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N. 4
ECA SARDA
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In copertina:
Carmelo Floris, Festaioli poveri, 1955
Giovanni Spano
CANZONI POPOLARI
DI SARDEGNA
IN DIALETTO SARDO CENTRALE OSSIA LOGUDORESE
VOLUME TERZO
Spano, Giovanni
Canzoni popolari di Sardegna in dialetto sardo
centrale ossia logudorese / Giovanni Spano ;
a cura di Salvatore Tola ; prefazione di Alberto
Maria Cirese. - Nuoro : Ilisso, c1999.
487 p. ; 18 cm. - (Bibliotheca sarda ; 46)
I. Tola, Salvatore II. Cirese, Alberto Maria
851.808
Scheda catalografica:
Cooperativa per i Servizi Bibliotecari, Nuoro
© Copyright 1999
by ILISSO EDIZIONI - Nuoro
ISBN 88-85098-96-7
INDICE
SERRA G. (SILIGO)
211 Ite rosa incarnada chi hapo idu III 66-70
AUTORE DI BORTIGALI
377 Su titulu singulare III 279-282
AUTORE DI BOSA
383 Vivo in continu penare III 174-175
AUTORE DI GHILARZA (?)
385 Novamente a Norghiddu hant battizadu V 309-313
POETESSA DI NULVI
389 Naralu, crudele amante III 319-320
AUTORE DI OSILO
391 So suspirende in secretu VI 80-82
AUTORE DI PAULILATINO
393 Amore, prite cambiadu V 270-272
AUTORE DI SORGONO
412 Dai su primu die III 191-194
AUTORE DI TORRALBA
420 Pastore, si fit lizita sa fura III 132-136
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sembra che sia tu fuori strada: esiste sì, si trovano da ogni parte
la fiducia buona e quella falsa.
6 Stai attento alla risposta, non cadere nell’equivoco e attento a
non sbagliare. Ascolta bene e cerca di afferrare la ragione per-
ché, se t’inganni, t’inganni di molto: entrambe esistono, certo, la
fiducia buona e la falsa, ma non sono unite; anzi aggiungo, e
credimi, amico mio, che quella buona dura quanto dura Dio.
7 Distinguile dunque correttamente e non ti ingannerai con gli in-
gannatori, perché un tale andò a un convento per ingannare i re-
ligiosi affinché lo tenessero nascosto, dicendo che era ricercato:
unì la fiducia buona con la falsa e per questo si trovò ingannato.
8 Si improvvisò poi servitore ma fece servizio da malandrino, si
resero conto che era un impostore, bugiardo, maligno, libertino;
l’inganno andò avanti come l’ingannatore e lo mandarono via
senza il becco di un quattrino, perché la verità ammonisce: chi
inganna resta ingannato.
9 Per mettere alla prova i religiosi si finse bandito e ricercato, li
credeva imbroglioni come lui, di fede finta e di cuore peloso,
ma loro lo scoprirono e subito lo fecero fuggire, tutto preoccu-
pato; così succede a chi è volpe con finto aspetto d’agnello.
10 Non gli bastò questo azzardo e continuò a comportarsi con tutti
da volpe: incontrò sacerdoti, signori e tanti altri che cercavano
di ingannare un imbroglione come lui, non era contento di nes-
suno, su tutti aveva qualcosa da dire. E mentre trattava male tut-
ti ci metteva anche la maldicenza.
11 Una lingua di fiele, lingua velenosa che intaccava la buona fama
di tutti, qualunque cosa santa e sacra era violata e s’inviliva per
colpa sua, basti dire, con accento di dolore, che il mondo per
lui non esisteva: se togliessimo da tutti la fiducia il mondo ver-
rebbe necessariamente a perire.
12 Ma il mondo esiste ed è in bella armonia, ordine e proporzione.
La fiducia non è morta ma esiste, la si trova sempre nella perso-
na buona; si accoppia ai buoni cuori, alle buone indoli, solo nei
cattivi non può albergare perché non ne hanno e non ne posso-
no trovare.
13 Per finire, ti ho dato gli strumenti per conoscere le cose che
convengono: la fiducia l’avrai, amico, se la vorrai, basta che ab-
bia delle virtù evidenti; la si trova in mariti e mogli, tra padri, fi-
gli e parenti; dunque ora chiudo questo discorso: la fiducia è vi-
va, fine dell’argomento».
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DE SAMBEN UN’ISCRITTURA*
1 De samben un’iscrittura
fatto pro t’assegurare
chi fidele t’hap’amare
finzas a sa sepultura.
2 Pro chi vivas in sussegu
chi eo amo a tie ebbia,
de su coro e vida mia
ti fatto totale intregu,
lassa ajò dogn’arrenegu,
lassa sa discumpostura.
Non vivas no in paura
già chi sorte nd’has tentu
de tenner pro istrumentu
de samben un’iscrittura.
3 Pro chi cuntenta resteres
ti fatto solenne votu:
t’intrego su coro totu,
narami, ite pius cheres?
A gustos e piagheres
pius non cherzo pensare
si non viver pro gustare
a tie fin’a sa morte;
custu nodu tantu forte
fatto pro t’assegurare.
4 Già chi sa sorte tenzesi
de su trattu tou e modu,
indissolubile nodu
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de t’istimare fattesi,
ogni fattu abbandonesi
pro ti poder cuntentare;
pro me est falt’a ti lassare
si tue ’e veras m’istimas,
vive segura e non timas
chi fidele t’hap’amare.
5 Cale rocca diamantina,
cale superbidu iscogliu
resister dep’a s’orgogliu
de ogni limba serpentina,
ogni tempest’e ruina
batter depo a sa segura
senza mai fagher cura
ne de vida ne de morte
si non pro te sempre forte
finzas a sa sepultura.
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1 Il passare del tempo non può più cambiare il mio destino: o fe-
dele a te soltanto o, senza di te, morire.
2 Dal momento in cui giurai affetto, fedeltà e costanza decisi di de-
dicarmi a te sola e solo per te potei sacrificare la mia vita; il tem-
po potrà cambiare, a seconda di come disporrà Dio, ma il mio
proposito non può più cambiare.
3 Come uno scoglio sempre saldo, resistente a tutti gli elementi,
un giuramento mi tiene impegnato su questo fino alla morte.
Cambi o non cambi la sorte non cambia il mio impegno anche
se la fortuna avversa inventa nuovi duri tormenti; né i pensieri
né il tempo cambiano il mio destino.
4 Non basta la durezza di una sorte incrudelita per dividere questa
coppia di innamorati, per il mio onore non mancherei mai alla
parola data e, anche se sarò vicino alla morte, potrò essere an-
che morto e sepolto ma fedele a te soltanto.
5 Anche se si armassero contro di me gli elementi del cielo io ri-
peterò notte e giorno che amo appassionatamente una donna,
senza nominarla; né potranno privarmi di colei che io devo
amare, quella che adoro, stimo e amo: lei sola servo e desidero,
senza di lei morirei.
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1 Che sei fedele lo so, continua pure nella sfida: anche se sono
donna non aver timore, io non cambio, no.
2 La terribile avversità delle malelingue del mondo non può man-
dare a fondo una giusta fedeltà: la cattiveria non riuscirà a farmi
cambiare, preferisco piuttosto dare la vita per vincere il destino,
e così se tu sei fermo nel tuo proposito io lo sarò fino alla morte.
3 Questo mio cuore l’ho impegnato dai più teneri anni e giurai di
sopportare solo per te pene e affanni: le contrarietà mi sono di
consolazione e mi esalta la cattiveria; e osservando io questa so-
la norma non potranno certo ingannarmi e tu mi troverai sem-
pre fedele al mio impegno.
4 Il sesso femminile è per noi qualcosa di manchevole: la debo-
lezza negli intenti mette a rischio qualsiasi virtù, ma a me serve
solo a ricordare che ero di uno solo, e per questo il mio destino
è vincolato da un nodo rigido, e così sino alla morte anche se
sono una donna.
5 Anche se il mare si solleva e si agita nella stagione migliore, que-
sto vincolo fermo e puro durerà fin quando io vivo; non chiedo
e non propongo novità che mi incantino: ero e sono dedita ad
uno soltanto per la vita, anni, ore e mesi; se tu sarai costante non
temere, io non cambierò.
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* [III 220-221]. Deghina glossa. Espone il modo con cui si portava in so-
cietà.
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1 Taccio con chi sta zitto e me ne sto nei miei limiti, a chi mi dice
“addio” rispondo sempre “salute”.
2 Mi sembra giusto e lecito vivere in questo modo, se qualcuno
mi volesse criticare deve avere un motivo, non può farlo senza
una ragione; io mi diverto in tempo di divertimento, parlo con
chi mi parla e rido con chi ride, taccio con chi non dice.
3 Mi sembra giusto rispondere a chi parla e fare buon viso a chi
lo fa a me. Così tratto tutti come te e ogni altra persona, senza
intenzione di privilegiare nessuno, lascio tutti dove sono e me
ne sto nei miei limiti.
4 Ballo con chi vuol ballare ma assicuro che non mi interesso di
nessuno e ballo per divertirmi, lascio andare tutti come voglio-
no; se molti mi criticano perché ho parlato con te ho risposto
sempre “salute” a chi mi diceva “addio”.
5 Me la spasso con tutti quanti ma resto indifferente verso tutti, non
ho mai avuto in mente d’incantare qualcuno e non spaccio santi
né promesse per farmi voler bene; io so stare bene in casa, nei
miei limiti, e giustamente agli addii rispondo sempre “salute!”.
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* [III 241-242]. Deghina glossa. Ricordo del dolce nome che adorava.
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FRANCESCO PIRAS
FIAMMAS, CUMPASSIONE*
* [III 70-75]. Sexta lira. Dialogo tra due disinteressati amanti per perse-
verare nella occulta stima.
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Francesco Piras
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ANTONIO GIUSEPPE PIRISINU
BENENNIDU, MASTR’ANTONI*
1 Poeta: Benennidu, mastr’Antoni,
ite novas mi attides?
Nade, et cando mi faghides
un’atera insoladura?
2 Sabatteri : Padre meu non paura,
so a su cumandu sou,
si b’hat niente de nou
già so prontu a lu servire.
3 Poeta: Però bos do a ischire
chi m’hazis male servidu,
unu taccone isdrijidu
si m’est dai coru a zella.
4 Sabatteri : Cust’est una cosa bella
chi non m’est suzzessa mai,
est possibile chi gai…?
Andet, no lu creo no.
5 Poeta: Su diaulu bos do,
edducas no lu creides?
Sos imbroglios chi faghides
non cherides cunfessare.
6 Sabatteri : Prite, padre, inchietare
como si cheret gasie?
Et no hat a crêr a mie
chi l’hapo bene servidu.
7 Poeta: Emmo chi no l’hapo idu,
gasie bos istet s’oju!
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Antonio Giuseppe Pirisinu
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Antonio Giuseppe Pirisinu
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PIETRO PISURZI
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de portare a mudadura.
Pro su preju chi ti costat
de zertu non l’has pagadu
mancu sa manifattura,
pius montat s’abbertura
de su pannu, però contat.
S’abbertura pius montat
pro culpa de su trapperi.
Pro su preju chi ti costat
de zertu no has pagadu
sa manifattura peri;
cant’has fattu ministeri
l’has comporadu barattu,
ministeri cant’has fattu
l’has tentu baratt’e giustu.
7 Bessi galana e pomposa
cun cussu pinzos d’apentu
chi non lu pagat dinari.
Sa robba est valorosa,
su sestu est a s’intentu,
su cosinzu est singulari:
baranta liras mancari
l’istiman, si ti lu miran,
mancari baranta liras
bastan pro similes pinzos,
sa robba est valorosa.
Su sestu est a s’intentu,
unicos sunt sos cosinzos,
no intr’in sos imbuddinzos
de similes laberintos,
in sos imbuddinzos no intro
pro pius che mai nd’este.
Sa robb’est valorosa,
su sest’est a s’intentu,
unicu su cosinzu este,
non lu endas ne l’impreste’
si cheres chi non m’offenda,
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6 Come sei elegante col busto lavorato a pizzo bianco: con quel
che ti costa non hai pagato certo neppure la lavorazione. Hai un
busto per pochi soldi e non lo cedi per il doppio. A buon prez-
zo hai un busto da metterti quando ti cambi. Con la cifra che ti
costa certo non hai pagato neppure la lavorazione, più aggiungi
il taglio del panno, che conta. Il taglio conta di più per colpa
del sarto. Con la cifra che ti costa non hai certo pagato neppure
la lavorazione; quando hai avuto bisogno l’hai comperato a buon
prezzo, quando bisogno hai avuto l’hai ottenuto a buon prezzo
e di giusta misura.
7 Esci pure elegante e superba con quel capo da festa che non ha
prezzo. Il tessuto è di gran pregio, il taglio è il più adatto, la
confezione è unica: anche quaranta lire te lo valutano, se lo ve-
dono, forse quaranta lire bastano per un capo del genere, i ma-
teriali sono di gran valore. Il taglio è come lo si vuole, le cucitu-
re sono uniche, e non entro nelle imbottiture di tali nascondigli,
nelle imbottiture non entro tanto più che mai ne vestirò. La stof-
fa è di pregio, il taglio come lo si vuole, la confezione è unica,
non venderlo né prestarlo se non vuoi che mi offenda, non pre-
starlo né venderlo perché c’è gente che ha buon gusto.
8 In molti lo desiderano: tutti quelli che te lo vedono cadere così
bene addosso. Assomiglia al raso ma non è raso assolutamente, è
panno di maggior prezzo. Non ci hanno messo rinforzi ma sol-
tanto occhielli e nastri, non ci hanno messo rinforzi che sarebbe
stato meglio. Assomiglia al raso ma non è assolutamente raso, è
un panno di maggior costo, non si era mai usato portarlo guarni-
to, non lo si era mai visto in uso e tu l’hai portato quest’anno.
Assomiglia al raso ma non è proprio raso, è un panno di più alto
costo. Non ti è piccolo né grande, te l’han fatto proprio a misura,
non ti è grande né piccolo, te l’han fatto proprio adatto e giusto.
9 Se vuoi dire che hai un busto dillo pure, poiché è vero.
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cant’intro a faeddare
a don Gavinu; non ch’hat chie l’avvisare?
Avvisa tue et bae,
tocca in cudd’appusentu de addae,
inie est missegnore».
«Olà! chi est?». «Su servidore
de sa vissignoria».
(Don Gavinu) «Iesùs, senor Antoni, a este dia
s’est puesto in camino!».
(Antoni Manuele ) «Pro narrer a missegnor Gavino
si permittit lissenzia
algunas cosas de cunseguenzia».
(Don Gavinu) «Nerzat cuddu chi cheret».
(Antoni Manuele ) «No isco si sa terra mi mantenet,
pro chi so peccadore,
però su puntu meu e i s’honore
sempre l’hapo mantesu.
Como sì chi m’incontro meda offesu,
però de tale modu
chi l’hap’a jugher sempre in bula a nodu
chena che l’ingullire.
Non potto faeddare ne bessire
intro de Uttieri,
si pro s’impleu meu est ministeri
de andare a sa Curia:
ministros et notarios totu in furia
si dent pesare a càntara
fattendesi de me sa beff’e zantara,
chi subitu mi cuo.
O renunzio s’impleu o mi che fuo
et lasso a Uttieri
pro chi non besse, s’hapo ministeri,
si no est a de notte,
pro culpa de un’indignu sazzerdotte,
francu su chi zelèbrat,
ch’est inoghe presente et sind’allegrat
d’haer postu cantone.
Pro cussu pedo satisfassione
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de grassia et de giustissa:
li ponzant suspensione ’e narrer missa,
silenziu perpettu.
Chi si non fit istadu pro rispettu
de sa vissignoria
mila dia haer leada a manu mia;
pro chi devat ischire
chi jughia coment’et lu servire
cando l’hap’incontradu;
beru ch’eo dia esser andadu,
commissu su delittu,
paschende s’erva dai littu in littu;
ma, santu pusillamine,
mi l’oghet dai testa et m’incamine’
in su bonu caminu!
Ai cuddu ch’hat a fagher don Gavinu
hap’esser cuntentu».
(Don Gavinu) «Signor Pesurzu, nerzat su cuentu,
et coment’est suzzessu?».
(Pesurzu) «A costu de mi fagher su prozzessu,
Antoni Manuele
no hat refertu su contu fidele
ne hat nadu su giustu.
Iscat chi passat custu, cust’et custu.
Ecco tota s’historia».
3 (Don Gavinu) «Custa fit sa cantone infamatoria?»
nesit a Manue’.
«M’ispanto ’e su giudissiu ’e vostè:
et da ue si fundat?
Cherzo chi si difendat et s’iscundat,
signor lissenziadu».
(Antoni Manuele ) «Sa cantone non m’hat tant’aggravadu,
però paret abbisu
chi sa cantone hapat dadu risu
de me in Uttieri,
chi si tenzo d’essire ministeri
dezzi si esso a cua;
e i sa culpa no est tota sa sua,
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prigonta lu cumandanti:
“Di cal’è, et di cal’è?”
“Di signò Antoni Manue’,
omu chi polta calzoni”.
10 Cabaddu di chissa solti
non ni nasci dugna bolta.
Mira abà, palchì lu polta
lu procuradori di Colti.
Si tu lu cabaddu polti,
et palchì polti l’ilproni?
11 Pal chissu cabaddareddu
megliu mi n’andu a pidoni».
1 Son qui che tremo come una canna, nel timore che faccia qual-
che sciocchezza: da molto tempo, e oggi peggio di prima, non
ha altri che non sopporti e non possa vedere al pari di me. Per il
mio cervello balzano mi trovo in questi guai, per compiacere i si-
gnori che pretendono le tasse per andare non a cavallo, né a
piedi, ma su un ronzino: e questa fu per me una grande tentazio-
ne. Per aver composto una canzone sul suo cavalluccio Antonio
Emanuele mi ha negato la parola ed il saluto, perché non può
uscire né proferir parola che in tutto il Montacuto sente subito
intonare da ogni bambino la canzone del cavalluccio: e da uomo
d’onore ha giurato che alla prima occasione mi citerà davanti al
superiore; e una volta che ci sarò anche io non mi lascerà andare
via sino a quando non gli avrò dato completa soddisfazione.
2 Così, non appena gli hanno riferito che don Gavino Cocco si era
avviato per andare a Pattada si è messo in agitazione: sale a ca-
vallo a tutta forza e subito si avvia con la parrucca, i capelli rac-
colti e ben armato. Arriva alla Fontana un giorno di neve e tra-
montana e quando passa a Suelzu non riesce ad andare avanti
né indietro, ma lui resistendo, un po’ a piedi un po’ a cavallo
giunge a Pattada che era passata l’una dopo mezzogiorno. Io
scendo da cavallo e lui era là. E percorre l’ultima curva con la
berritta calata sulla fronte, un’espressione feroce in viso e in
mano un pezzo di fucile rimediato chissà dove, con la baionetta
innestata: dà due, tre colpi alla porta ed esce la guardia.
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«Ben arrivato» gli disse «Ben trovato». «Lei chi è, e da dove viene?».
«Sono Antonio Emanuele, ozierese, procuratore di Corte. Ti rac-
comando il cavallo, caprone, tienilo con forza, ché non ti scappi:
perché se ti scappa, per quanti cavalli buoni ci siano a Pattada,
di questo non vedresti neppure la scia. Legalo ad un bastone ro-
busto se ti dà fastidio e parlagli, ragazzo! Intanto io entro per
parlare con don Gavino; non c’è qualcuno che lo possa avvisare?
Avvisalo tu, vai, raggiungilo in quella camera in fondo, dove si
trova». «Olà, chi è?». «Sono il servo di vossignoria». (Don Gavino)
«Gesù, singor Antonio, si è messo per strada in una giornata co-
me questa!». (Antonio Emanuele) «L’ho fatto per riferire a monsi-
gnor Gavino, se me lo permette, alcune circostanze». (Don Gavi-
no) «Dica pure quello che vuole». (Antonio Emanuele) «Non so
se la terra mi sosterrà, perché sono peccatore, però ho sempre
mantenuto il mio orgoglio ed il mio onore. Ma adesso sono stato
profondamente offeso, in un modo tale che mi resterà per sem-
pre in gola con un nodo che non potrò mandare giù. Non posso
parlare né uscire a Ozieri, se per il mio incarico devo andare al-
l’ufficio: impiegati e notai tutti eccitati si mettono a gridare facen-
dosi beffe di me e prendendomi in giro, tanto che io subito mi
nascondo. Ora o rinuncio all’impiego o me ne fuggo e lascio
Ozieri, perché sono costretto a uscire, se ne ho necessità, soltan-
to di notte, e tutto per colpa di un sacerdote indegno, salvi i riti
che celebra, che è qui presente e si compiace di aver composto
una canzone. Per tutto questo chiedo soddisfazione in grazia e in
giustizia: lo sospendano dal dir messa e gli impongano silenzio
perpetuo. Ché se non fosse stato per rispetto della signoria vo-
stra mi sarei aggiustato a modo mio: sappia che avevo un mio si-
stema per servirlo quando l’ho incontrato; anche se, una volta
commesso il delitto, avrei dovuto vagare per le campagne; ma,
viva l’indecisione, pensi lei a togliermelo dalla testa e a mettermi
sulla strada giusta! Qualunque cosa faccia don Gavino io sarò
contento». (Don Gavino) «Signor Pisurzi, riferisca i fatti: com’è an-
data?». (Pisurzi) «Pur di farmi il processo Antonio Emanuele non
ha riferito fedelmente i fatti e non ha detto il giusto. Sappia che
le cose stanno così e così. Ecco tutta la storia».
3 (Don Gavino) «E questa sarebbe la canzone infamante?» disse a
Emanuele. «Mi meraviglio molto del suo giudizio: su che cosa si
basa? Ordino che si difenda e si scagioni, signor diplomato». (An-
tonio Emanuele) «La canzone non mi ha tanto offeso ma sembra
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1 Poeti, state attenti alla storia che devo riferire. Stanotte ho visto
in sogno delle cose che sarà piacevole ascoltare: ho sognato che
stavo stanando un cinghiale e mai riuscivo a raggiungerlo; a
questo punto vedo un astore che si lancia ad afferrare una galli-
na ritardataria.
2 Vedo allora un astore rabbioso che come in una bufera trasporta
la gallina sotto una quercia piena di spine, una setola gli faccia
schizzar via il fiele! Corro con un sasso ed un bastone nodoso,
lo percuoto e resta senza la preda, non fosse che le aveva tolto
qualche piuma quando l’aveva raggiunta con le terribili unghie.
3 La gallina, non appena si vede libera, tremante e più fredda del-
la neve agita le ali tutta adirata e sfodera le unghie contro di me.
«Alla buon’ora, se avessi previsto il tuo comportamento saresti
ancora preda dell’astore e forse, a quest’ora, già divorata; non si
troverebbe di te nemmeno un filo di fumo!
4 Gallina balorda, dovresti pensare quanta è la gratitudine che mi
devi: non avevi il tempo né la forza di fuggire, né un luogo per
rifugiarti, ché l’astore era pronto a ucciderti; ma io fui più svelto
nel salvarti: sembrava perdessi gli scarponi tanto correvo, ti rin-
corra la volpe!
5 E non lo facevo neppure per cuocerti in brodo, o ripiena, o ar-
rosto, e neppure per metterti allo spiedo, ché le galline mi piac-
ciono poco; era solo perché i vicini vedessero in inverno, in pri-
mavera e d’agosto, volevo solo che vedessero che avevo una
chioccia coi pulcini.
6 Se uscirai di nuovo al margine del paese senza fare attenzione, o
ancora più lontano, e come oggi ti sorprenderà l’astore solitario, a
qualunque ora capiti, la mia mano ti sarà contraria e verrò anche
a darti la morte: resterai là morta e rigida, senza ali, coda e cresta.
7 E affinché te ne stia tranquilla in casa ti legherò una funicella al-
la zampa. Adesso sei tutta spennacchiata perché l’astore ti ha
raggiunto con i suoi artigli: ti terrò chiusa in casa, incatenata ad
un piede del letto o del tavolo e ti darò da mangiare vinacce e
orzo, e poi di notte a dormire sulla scaletta».
8 Mentre sto stanando il cinghiale vedo un muflone tra i prugni, in
un campo d’orzo: mi accovaccio dietro la siepe per sparargli alla
bell’e meglio; vado per mettere la polvere nel fucile e mi accorgo
che è un pungolo, mi arrabbio, m’infurio e divento inquieto, fac-
cio forza e cado dal letto!
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ne mi nd’enzeit gustu,
solu pro los mirare
m’accerei a sa janna,
et porto una toccada manna manna!
5 A Tula a Sant’Elene
andesi, trumb’et cojuada noa!
(De cantu istao bene
mi tiraio calches ad sa coa).
Eo macca che loa,
nende a isse “mantene”,
cherfende fagher proa
punghei su runzinu
et ambos che ruemus in su trainu.
6 Un’annu m’han giamada
a Santu Felis et andada sò.
Pregunto in sa passada
in sa buttega de patron Alò:
“Trumbas tenides?”. “No”.
“Giogulos?”. “Sì”; et mi dada
unu grande dindò
chi mi dent sepultare
senza mi poder de cussu olvidare.
7 In sos porziunculinos
fia cun bella Cortesa segunda
alzende a cappuzzinos
dae domo de zia Brutta Munda.
A tanta baraunda
benzesint sos gosinos
et tambene sa runda:
nos pigant et nos portan
et passamus sa notte in mes’e porta.
8 A Nughedu una borta
andesi a Sant’Antoni gloriosu,
et intrende in sa porta
gridaiant: “Zi zi, ischirigosu!”.
Isse tantu impidosu
cando pius no importa’
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Pietro Pisurzi
bettesit furiosu
su can’a s’archibusu
et non bi so juada mai piusu.
9 Ando a Portu una ’ia
cun ardaresos et de Ittireddu.
Torrend’a custa via
sutt’unu pagu ’e runaghe nieddu
binu o pagu carveddu
fattende a fantasia
pungo su cadditteddu,
ruet in sa luzana
et nos bogheint a fust’e campana.
10 Eo et chircadebolla
andamus a Turalva unu fiottu,
mi lassan et s’iscollan
sola in s’isterzu senz’ater connottu.
Ed ecco su devottu
subitu, voglia o non voglia,
et pro non dare a tottu
motivu de brigare
forzadu istesit suffrire et cagliare.
11 Cun zente meda andei
ad sa Costera a Santa Restituta:
eo ballende in Bultei
si nos istudat sa candela allutta,
mi bessit dai sutta
compare Giompe bei,
siat cussu o sa rutta
forzei a unu rene
chi mai pius mi so intesa bene.
12 Andei a Santu Lucca
ch’est una grande festa in Mamojada,
ch’intrendemi sa zucca
fit bisonzu de m’haer cuntentada;
et bido in sa passada
chi b’haiat lattucca,
eo ca fia impizada
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Pietro Pisurzi
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Pietro Pisurzi
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Pietro Pisurzi
1 Dal primo istante che per caso ti vidi, subito innamorato decisi
di servirti per sempre…
2 Penso sempre a te, giorno e notte, bella dea, e non c’è in me,
idolo mio, nessun’altra idea, credimi…
3 Da quando passo tra i tormenti il mio tempo, triste e pieno di
affanni, il mio cuore non ha più avuto un momento di riposo…
4 Se le mura della mia stanza potessero parlare, per quanto dure
direbbero di puri affetti…
5 Direbbero che i miei occhi s’affannano tanto per te e di tanto in
tanto versano rivi di lacrime…
6 Tu sei il tesoro, tu sei il mio bene, la mia vita, te sola adoro e ten-
go impressa nel cuore…
7 Per te, graziosa Elena, sopporto tanta pena e tanto disagio, muo-
viti a pietà, rendi la catena un po’ più leggera…
8 Non mostrarti, bella, superba ed altera né incostante: se vuoi
che io resti vivo mostrati compassionevole e generosa…
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GIOMMARIA PIU
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Giommaria Piu
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Giommaria Piu
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Giommaria Piu
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Giommaria Piu
e de torrare a su mundu
nd’hat perdidu su pregontu
si non li benit a prontu
sa lughe de sa libertade.
Como pro sa caridade
prego su plebanu meu,
comente chi esserat Deu
li supplico dai coro
dae attere no imploro
custa grassia lobrada.
Bene isco chi vostè hada
forzas de lu liberare
si lu cheret difensare
cun fagher su chi bi importa’,
l’isco chi attera orta
de miraculos nd’hat fattu
cun chie est benignu e grattu.
Naro ne santa ne santu,
distingo però intantu
meraculos de sa vida
ca est persona devida
amada in s’audienzia.
Cale si cherzat sentenzia
pro vostè dent atterrire,
signales chi hap’a ischire
pro custu est chi faedd’eo,
tengo isperanzia e creo
chi dep’essere iscultadu.
A pes mi li so bettadu
cun ordine de su chi es ruttu,
pro sa sorte chi l’hat giuttu
dimando calchi accunnortu
prite ch’est già cant’e mortu
e perdinde ogni respiru.
In cuddu occultu retiru
de una oscura presone
cun mortale afflissione
sa vida est passionende
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Giommaria Piu
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Giommaria Piu
1 Per te, bella mia, sto impazzendo ogni ora, ogni momento; avrei
voluto sentire da te belle parole, che mi vuoi bene.
2 Quando la stella si leva nel mattino sereno diffonde un grande
splendore; a te chiedo, bella, di stringermi la mano in segno
d’amore.
* [V 227-228]. Mutos, rispetti. L’amante manda alla sua amata queste due
sestine.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [VI 15]. L’amante manda alla sua bella il seguente mutu, taja.
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GREGORIO PULINA
* [VI 16-18]. Un giorno che si portò in campagna per guardare le sue ter-
re, vide una ragazza di 12 anni che pascolava il piccolo gregge (laghin-
za) del suo padre. Era molto bella e spirava innocenza, chiamavasi Maria
Antonia Cambone, morta di cholera nel 1855. Il poeta la guardò ed im-
provvisò la seguente deghina glossa.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Gregorio Pulina
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Gio. Maria Querqui
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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STANISLAO RUGIU
* [II 354-357]. Octava simple. Ravvedimento d’un vecchio per aver pas-
sato gli anni senza profitto, e suo pentimento.
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Stanislao Rugiu
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Stanislao Rugiu
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GAVINO LUIGI SALIS
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Gavino Luigi Salis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Gavino Luigi Salis
Non ti voglio più amare perché non mi vai a genio, anche se sei
cambiata mi voglio dimenticare di te. Adesso anche se mi paghi
non ti rivolgo uno sguardo, poiché ho capito come sei non ti tengo
più in mente, dato che ho capito come sei è finito l’amore, non ti
voglio più amare.
131
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
FILUMENA ISFORTUNADA*
1 Filumena isfortunada,
ti cumpiango sa sorte
ch’has turmentu et pena forte
in restare desolada.
2 Cudda dulze cumpagnia
et qual’entu hat trasportadu?
Qual’azzident’hat turbadu
sa suave melodia?
Ue est dada s’allegria
ch’in te continu regnàda?
3 Tue qui tantu consolos
in sas campagnas amenas
cun ateras filumenas
daisti ad sos russignolos,
in mesu de tantos dolos
bido qui ti ses istada.
4 Cuddos qui tantu t’amàna
bido qui ti sunt contrarios,
cuddos qui cun tonos varios
sa boghe ti accumpagnàna
bido qui lassadu t’hana
sola sola isconsolada.
Filumena isfortunada!
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IGNAZIO SANNA
OH TRISTA DISPEDIDA*
1 Oh trista dispedida
sa chi fatto dai te, columb’amada!
Est zerta sa partida
ma pius che inzerta sa torrada:
so zertu de andare
però no isco cand’hap’a torrare.
2 Cando torro no isco,
chie l’hat a ischire hat esser Deu;
ansiosu m’arrisco
cun sentimentos in su coro meu
ca pro lassare a tie
so dai com’a dismajos nott’et die.
3 Mi minettat sa morte,
resto cun grande pena et agonia,
contraria m’est sa sorte,
deponzo dogni ispassu et allegria;
non pius ispassu in me
zertamente, columba mi lu crê.
4 Columba, crê a mie,
ca ti cherzo s’affettu declarare:
su coro lasso a tie
in prenda fin’a cando hap’a torrare,
et eo, senza coro,
furisteras no amo et ne adoro.
5 No amo furisteras
ca senza coro non pott’istimare
sas bellas pius severas;
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Ignazio Sanna
* [III 286-287]. Sexta torrada. Due oggetti non si possono amare allo
stesso tempo.
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FRANCESCO SATTA
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Francesco Satta
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
ad su guvernadore de piaghere
li nesit chi m’haeret iscappadu.
«Non bides chi s’istanzia non chere’8
chi sa morte ’e su babbu l’hant proadu?».
Et si ponzesit su conte Altea,9
iscuru a chie da innanti lea’!
13 Sos consizeris istant isettende
da chi lis hana jutu sa notissia,
da chi m’idesint in sa porta intrende
nesint: «Deus mantenzat sa justissia».
Mastr’Antoni10 m’isolvet et m’isprende’
et a su frade narat: «Bae e isfriscia».
Et mi che ponent intro de secrettu
pro purgare su bruttu e i su nettu.
14 Sos chi no ischint ite sunt presones
no hant proadu ne males ne penas:
su die mi teniant in grigliones
e i su notte in musas et cadenas;
cando pensao in sas devotiones
si mi siccàt su samben de sas venas;
non bi hat tantas renas in su mare
cantos males so bennidu a parare!
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Francesco Satta
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TOMMASO SATTA
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FRANCESCANGELO SATTA MUSIO
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Francescangelo Satta Musio
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GIOVANNI MARIA SECHE
Di Ittiri [nella raccolta del 1865 (III p. 7) è detto che era di Gia-
ve]. Analfabeto. Era un gran poeta naturale ed improvvisatore.
Morì nei primi anni del secolo [Spano scriveva nel 1863].
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Giovanni Maria Seche
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Giovanni Maria Seche
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Giovanni Maria Seche
ILLUSTRISSIMU SEGNORE*
Illustrissimu segnore,
iscultemi cun affettu,
illustre ch’hamus isettu
d’esser metropolitanu,
benzo a basare sa manu
a don Battista Simone
cun d’una lamentassione
chi fatto, e supplica viva,
supplica trist’e cauttiva
chi fatto de pagamentos,
attendat a sos lamentos
chi fatto senza chi peche.
Eo Giommaria Seche,
iscultet cun attenzione,
cun Margarida Melone
pagamus unu sensale
a s’Ecclesia parrochiale
e a Vincula Santu Pedru,
post’in Itiri Cannedu
pro titulare avvocadu.
Nois sempr’hamus pagadu
a signor Pedru Maria,
tiu de connada mia
frade ’e sa mama carrale,
ca fit de custu sensale
legitimu collettore:
chimb’annos, senz’errore,
senza nos fagher rezzivu,
narendenos in s’arzivu
costat per appuntamentu
de su nostru pagamentu
ch’est otto liras ogn’annu.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giovanni Maria Seche
si meritant su perdonu.
Vossignoria est padronu,
fattat su chi li piaghet,
si custa grassia nos faghet
bi l’hat a pagare Deu,
illustre segnore meu,
in cudda vida e in custa:
sa conseguenzia est giusta,
non dudet nisciuna cosa
sa Ecclesia est piedosa
mama de sos cristianos.
Santu Pedru già hat in manos
sas giaes de Paradisu,
si l’importat nient’a issu
sa simile bagatella,
iss’istat in sa capella
non nezzessitat niente,
babbu, mama ne parente
non tenet de assistire,
non li bisonzat bestire
ne muzere hada, ne fizos,
non che deo cun fastizos,
pover’e sentimentosu,
in su chelu est gloriosu
chi hat sa suprema vittoria,
sos chi possedint sa gloria
non bisonzat de pensiones.
Non li ponzo pius rejones
solu Deu li diat vida;
li prego cun Margarida
chi custu nos lu perdone’,
cumandet chi nos l’abbone’
chena nisciuna disputa
cun voluntade assoluta
de sa giustissia noa
ch’est intradu a fagher roa
segnor Manuele Sogos,
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giovanni Maria Seche
Noi abbiamo avuto fiducia, visto che era zio di Margherita, e fin
quando è stato vivo non abbiamo mai mancato di pagare, per no-
stra disgrazia abbiamo confidato in lui, ma è giunta per lui la mor-
te, Dio lo ha fatto per noi! d’improvviso, senza che avesse fatto te-
stamento, per un colpo apoplettico.
Adesso ci chiedono il pagamento di cinque anni arretrati, noi di-
ciamo che abbiamo pagato ma non veniamo creduti perché non
abbiamo ricevuta e non troviamo gli appunti: la supplichiamo, illu-
stre, di guardarci con pietà perché siamo poveri, abbiamo vivi a
malapena gli occhi.
Io sono vedovo e Margherita non ha più marito, coloro che ave-
vano contrattato questi pagamenti passati Dio se li è presi e noi
siamo rimasti con cinque figli, tre io e due lei, e molte volte non
vanno neppure a messa perché non hanno i vestiti.
Per fare sedici scudi, quelli che adesso ci pretendono, non pos-
sono vendere le proprietà, non ne sono più padroni, né sono capa-
ci di andare a servizio, sono ancora piccoli, li guardi con benevo-
lenza, meritano il perdono.
Sua signoria è padrone, faccia quello che preferisce, se ci fa
questa grazia Dio gliela ricompenserà, illustre signore mio, in que-
sto e nell’altro mondo: è una decisione giusta, non abbia dubbi, la
Chiesa è una madre pietosa per i cristiani.
San Pietro ha nelle mani la chiavi del Paradiso, a lui non importa
nulla di una simile bazzecola, lui sta nella cappella e non ha bisogno
di nulla, non deve assistere padre, madre o parenti, non ha bisogno
di abiti e non ha moglie né figli, non è come me pieno di fastidi, po-
vero e addolorato, sta glorioso nel cielo dove gode della suprema
vittoria, quelli che hanno la gloria non hanno bisogno di pensioni.
Non dico altro, solo Dio le dia vita; la prego assieme a Marghe-
rita di condonarci questo pagamento, disponga che ce lo abbonino
senza discussioni e con decisione definitiva della nuova giustizia
perché è arrivato col suo rigore il signor Emanuele Sogos, non sta
a giocare, non dice altro che: pagare, pagare!
Tutte le mie suppliche le raggiungano il cuore; io imploro tutto
il cielo ed i beati, si impegnino con la Corte celeste che l’autorità
episcopale sassarese lo conceda, in essa speriamo.
Per questa grazia che chiediamo ricorriamo a lei come a un padre,
entrambi sconsolati e prostrati ai suoi piedi, non ci venga contro, insie-
me al parroco affinché ci conceda questo favore, illustrissimo signore.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
NO HAMUS FRADELIDADE*
1 No hamus fradelidade,
non ch’hamus pius unione,
totu sunt dados in presunzione
e superbia vana,
sa generassione nostr’humana
e chie la criesit?
Deus nostru Segnore la formesit
ind’unu corpusittu,
ch’istesit animadu e beneittu
cun tres alidos suos,
su Deus Babb’e Fizu totos duos
cun s’Ispiridu Santu,
ch’est cudda Trinidade a chie tantu
devimus adorare.
Adamu lu cherfesit battizare
pro primu Babbu nostru,
nade, subr’ue su macchine ostru
inue lu fundades?
Fizos de unu babbu e totu frades
carnales e costrintos,
edducas Deus non bos hat distintos;
cust’est su primu fundu:
chie bos hat distintos est su mundu
e in cue est s’ingannu,
prite unu frade s’hat a fagher mannu
de su matessi frade?
2 Dademi sas rejones,
supervos, si fiant duas nassiones
sas chi Deus formesit,
Adamu et Eva solu generesit
e i custu creimus
ch’est dai chie totu dependimus
* [II 226-237]. Cantada lira. Vedendo la discordia che regnava tra i grandi
del suo villaggio, li persuade alla fratellanza ed a dare il buon esempio.
160
Giovanni Maria Seche
sa nassione humana,
sa zent’e rangu e i sa basciamana,
sos poveros e riccos;
e i custos puntiglios e ispiccos
cun humana flacchesa,
chi dependimus da una bascesa
già l’isperimentamus
chi fimis terra e a terra torramus,
totu semus niente.
S’atera nassione differente
chi Deus hat criadu
sunt sos ch’a s’inferru hat disterradu
dae su Paradisu,
ca cheriant andare contr’a issu
in cherrer superare.
Si in su mundu nd’hat cherfidu restare
cando sunu passados
sos chi sunt a s’inferru cundannados
sunu sos discendentes;
s’est gasi edducas, già sunt differentes
e pius sublimados
pro ca fini in su Chelu collocados
cun sa manu divina,
como sunt de su mundu sa ruina
e de issos ancora.
Mai pius hant a bider cuss’hora
de torrare a sa gloria,
ca Deus lis hat privu sa vittoria
cun su eternu gosu,
mancu in su mundu dent haer reposu
ne hant a cumandare
ca già idimus chi si cherent dare
a totu sutta pese;
Adamu et Eva, nara, inue sese?
Beni a ti preguntare
si sos fizos ch’has cherfidu creare
fint totu fizos tuos,
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giovanni Maria Seche
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
e i sos furesados,
essende ch’issos si che sunt intrados
in cussa estimenta,
e a nois lu dana pro affrenta
ca furesi jughimus,
e in issos de fresi nde idimus,
e fatt’a longarinas
calzettas e calzones, casacchinas,
giubbitas e cabbanos,
non si distinghent dai passamanos
in cant’e a sos pannos.
E pro esser de gradu pius mannos
tanta animosidade
in cherrer sos de bascia calidade
dispressiare tantu,
e nois dare nos podimus bantu,
in cant’e a s’impreu
nos dizis adorare che a Deu,
bene consideradu
ca su massaju sempr’est impignadu,
discurridela a fundu,
pro fagher pane e mantenner su mundu.
Mirade cantu montada
ca su massaju in su mundu che contada
pro sa bandela prima,
si sa bandela nostra isterat firma
pro totu s’universu,
est unu casu pius che cunzessu
chi su mundu est cuntentu
pro chi su pane est su prim’alimentu
biad’a chi nd’hat sorte!
Ca fin’a Deus in su Padre nostre
l’hat ispezzificadu,
chi su pane haeremus dimandadu,
mira s’est importante?
Nade si podet esser triunfante
custa bandela nostra?
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
a immagine sua,
e devimus andare tot’in prua
a sa sua presenzia
senza b’haer nisciuna differenzia
inoghe ne inie,
senza distingher ne cale ne chie,
custu bene l’ischimus,
pro ca est abba, chi totu enimus
dae una funtana
sa generassione nostr’humana.
4 Supervos, faeddade,
cal’est sa mezus cristianidade
de sa fide catolica?
Est sa Ecclesia santa e apostolica
sa chi vivet e regnat,
sos sazzerdotes sunt chi la guvernant
sa Ecclesia santa,
sos sazzerdotes sunt chi nos dant tanta
bona educassione,
issos nos dana s’assolussione
cando nos cunfessamus,
sos sazzerdotes sunt sos ch’adoramus
in sa sagrada missa,
e cant’istamus adorende a issa
bi est Deus presente;
mira su sazzerdote si est potente
in cussu cunsagrare,
su veru Deus si faghet falare
in sas proprias manos!
Ecco sos verdaderos cristianos,
cant’e pro narrer meu,
ca finamenta su matessi Deu
l’est a s’obbedienzia,
e si lu faghet bene a sa presenzia
cun s’autoridade
ch’hat dadu sa divina magestade
a issos solamente.
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1 Non abbiamo fratellanza, non abbiamo più unità, tutti sono ca-
duti nella presunzione e nella superbia vana, ma la nostra stirpe
umana chi l’ha creata?
Fu Dio nostro Signore a darle forma in un piccolo corpo che fu
animato e benedetto da tre suoi aliti, quello del Padre e del Fi-
glio, tutti e due, con lo Spirito Santo, che è quella Trinità cui
dobbiamo dedicare tanta adorazione.
Il nostro Padre volle battezzare per primo Adamo, e dunque di-
te, sopra cosa fondate questa vostra pazzia?
Figli di un solo padre e quindi tutti fratelli carnali e imparentati,
Dio non vi ha fatto diversi; questa è la prima verità: è il mondo
che vi ha differenziati e qui sta l’inganno, perché un fratello de-
ve emergere a discapito del suo stesso fratello?
2 Ditemi per quali ragioni, superbi, sarebbero due le stirpi a cui
Dio diede origine, egli generò soltanto Adamo ed Eva e credia-
mo che derivi da loro tutta la razza umana, le persone di rango
e i popolani, i poveri e i ricchi; questi sono puntigli e gesti di
superbia propri della debolezza umana, mentre sperimentiamo
che deriviamo da una cosa umile, che siamo terra e terra torne-
remo, e tutti siamo nulla.
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e ben’accumpagnadu de soldados,
a dogni regnu intimest’a gherrare
mantenzende puntiglios ingannados;
edducas pro ti cherr’impossessare
de isulas, zittades e istados
non la miresti a Deus e ne a santos
chi che deo nd’has mortu battor tantos».
29 Est giust’e tale, comente lu nesi,
de chi totu benimus a su prou,
prinzipes, contes, ducas e marchesis,
gasi dognunu in cudd’istadu sou
det esser giudicadu, mi pensesi,
cun repugnanzias fattas dae nou,
e inie non bi hat eccezione
ch’est logu de giustissia e de rejone.
30 Inie inie si dent ispurgare
sas giustissias fattas ’e ingannos,
nos det a totu nois giudicare
sende accudidos minores e mannos;
lu det cuddu guvernu preguntare
coment’hat impleadu cuddos annos:
«In cuddu mundu bene ti portesti,
e comente devias guvernesti?».
31 Gasi det narrer su Deus eternu
a sas testas de bidda impleados,
però in primu logu a su Guvernu,
a zuighes comente a avvocados,
sos chi pariant giaros a s’esternu,
in su mundu che santos adorados,
su die si det bider e proare
si che santos potesint oberare.
32 Chie de cunsienzia est lezeri
a s’hora non det haer coidados,
su die Gesù Crist’est giustissieri
contra de cuddos male incaminados,
det contos dimandare a consizeris
coment’hant fattu in sos capitulados:
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1. Oladore, razzo.
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FILIPPO SERRA
Di Tiesi.
* [IV 5-7]. Octava torrada. Sotto metafora della mosca confessa i difetti
ed ammonisce gli altri per non incorrere negli stessi errori.
208
Filippo Serra
209
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
210
G. SERRA
* [III 66-70]. Octava torrada. La bellezza d’una donna figurata in una rosa.
211
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
212
G. Serra
1 Che rosa incarnata ho visto, ancora fresca pur non essendo più
primavera! Io di rose ne ho visto e tenuto in mano, fresche fre-
sche appena colte dalla pianta, ma una rosa migliore di questa
non si trova, è ancora vergine in agosto, una rosa che rimane
vezzosa e sempre bella come fosse aprile fiorito.
213
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
214
MAURIZIO SERRA
ISPIJU DE PURIDADE*
1 Ispiju de puridade
martir’inclit’e gloriosa,
Vittoria santa piedosa
sos afflittos consolade.
2 Pro sa grassia chi rezzezis
essend’ancora pagana,
cando a sa fide cristiana
in primu jamada istezis,
grassia chi bois sighezis
cun grande dozzilidade.
3 Pro cuddu santu tenore
de vida ben’ordinada
dae bois cominzada,
servend’a su Redentore,
creschida poi in fervore,
in lughe e in claridade.
4 Pro sa fide religiosa
donu ostru regaladu,
chi sa fama bos hat dadu
de santa miraculosa,
dispensadora amorosa
de grassias in castidade.
5 Pro cudda viva isperanzia
de consighire su Chelu
chi bos desit tantu zelu,
* [II 53-57]. Sexta torrada. Lodi alla vergine e martire Santa Vittoria.
215
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
216
Maurizio Serra
217
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
zente senz’humanidade.
18 Pro sas varias afflissiones
suffridas in su disterru,
pro bois logu de inferru,
logu ’e tribulassiones,
de aspras tentassiones,
de angustia e povertade.
19 Pro cudd’assediu violentu
chi cuddae bos poniant
cando viver bos faghiant
sidida e senz’alimentu,
longu horribile turmentu
de pius dura calidade.
20 Pro cudd’animu serenu,
tranchillu e mai jambadu,
aspettu mai turbadu,
visu pazzificu amenu
in d’unu mare pienu
de burrasca e tempestade.
21 Pro cuddos maltrattamentos,
insultos e finziones,
calunnias e derisiones,
incomodos e istentos,
e mill’ateros inventos
de s’astuta inichidade.
22 Pro su trattu tot’oppostu
chi soliazis usare:
sabiu e dulche faeddare,
risponder suav’e cumpostu,
pettus pazziente e dispostu
sempr’a sa benignidade.
23 Pro sos signos manifestos
chi dezis de veru amore
a dogni persecutore,
ancora a sos pius molestos,
cun sos solos immodestos
usende sa gravidade.
218
Maurizio Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Maurizio Serra
221
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
222
Maurizio Serra
A GESÙS LAUDEMUS*
1 A Gesùs laudemus
chi coronat de gloria
sa virgine Vittoria
martirizzada.
2 Oh anima biada
ch’amende a Gesùs
no ammittesti pius
ater’amore.
3 Oh lizu de candore
chi subra a sa bellesa
prezziesti sa puresa
constantemente.
4 Oh columb’innozzente
ch’in sa rocca abitende
vivesti suspirende
sempr’a s’isposu.
5 Colp’attrozz’e furiosu
ti passesit su coro,
coro chi fit tesoro
de caridade.
6 Piena de santidade
a ue fit s’amante
bolesti triunfante
e vittoriosa.
7 O santa gloriosa
a nois com’ampara
fin’a bider sa cara
de su Segnore.
8 Honra e gloria mazore
a Gesùs siat dada
chi t’hat tant’esaltada
in Paradisu.
223
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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PIETRO SERRA
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
9 Allora dice il ricco avaro, rinnovando le mie pene: «Se hai porta-
to il denaro contato prendine almeno un quarto altrimenti vatte-
ne subito e non star più a disturbare, né tutto il giorno a replica-
re. Io ho fretta, vai, ho da fare».
10 E allora il povero sofferente, che non riesce a parlare per la ver-
gogna: «Ho portato la metà del denaro, per l’altra metà mi dovrà
aspettare; ho fatto alcune giornate di lavoro, aspetti per vedere
se me le pagano, non appena me le pagano glielo porto, non
pensi che la voglia imbrogliare».
11 «Guarda, te lo chiedo per favore: non stare più qui a stancarmi;
adesso mi hai pagato quello dell’altra volta, e te ne vorresti por-
tar via dell’altro? Vai che io non ti seguo e non potrai farmela
un’altra volta, se non mi porti quel resto sarai presto sottoposto
a sequestro».
12 «Ormai non serve più che io mi dia da fare, sono nato tra le di-
sgrazie, noi tutti, con i figli e mia moglie, è da tre mesi che non
vediamo pane; ci vedranno al più presto morire per strada come
cani: ci siamo sostenuti con le erbe per tutta la primavera e non
abbiamo più faccia da cristiani».
13 «Anche se mi parli in questo modo oggi non mi trovi comprensi-
vo: hai una moglie che si dà poco da fare o tu devi essere fan-
nullone; quando mangi ti nutri da ricco e non pensi che sei un
poveraccio, e se hai in casa qualche cosa la consumi oggi senza
pensare al domani».
14 «Dunque sarei io che non so regolarmi! Per il povero non vale
nessuna ragione: un soldo di pane appena comprato viene divi-
so tra sette persone mentre il ricco mangia di nascosto, come un
bandito che teme le guardie, e si mette a tavola a porta chiusa
per non far parte ai poveri».
15 «Neppure il tuo modo di parlare è simpatico, è anche quello che
ti fa disprezzare, è meglio che ti cerchi padrone, sempre che tu
sia capace di servirlo, perché a nessuno ora può più riuscire di
mangiare gratis; per poterti vestire e per mantenerti cerca un pa-
drone, pensa a metterti a servizio».
16 «Che bel consiglio mi ha dato, mi sembra che lei si stia facendo
civile: se faccio quel che dice verrò criticato, sarò sulla bocca di
tutti nei cortili, io sarei a posto, i miei figli invece sparsi per le
case altrui. Io debbo restare coi miei figli perché non posso tra-
scurare le mie responsabilità».
232
Pietro Serra
233
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [II 35-53]. Octava rima serrada. Si espone il frutto delle missioni che
fra Gavino d’Ozieri diede nel 1803. [Per questo religioso vedi anche
vol. I, p. 103].
234
Pietro Serra
235
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
242
Pietro Serra
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Pietro Serra
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
250
Pietro Serra
251
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
SANTINO SERRA
252
Santino Serra
Dio cuce, Dio scuce, Dio opera notte e giorno: per voi vuole in
un modo, per me vuole così.
253
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
FRANCESCO SERRALUZZU
254
Francesco Serraluzzu
255
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
256
SALVATORE SIMULA
* [III 157-159]. Octava rima. Sogno del poeta che la sua amata era sep-
pellita.
257
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Salvatore Simula
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
Di Ottana.
260
Giuseppe Soru Madau
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giuseppe Soru Madau
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giuseppe Soru Madau
265
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
BERNARDINO SOTGIU
SI T’ISTIMAS, SOLITARIU*
1 Si t’istimas, solitariu,
fui de sa cobertura,
non ti ponzat in tristura
algun’azzidente variu.
2 Sa bidda, su popoladu
no est asilu ’e puzones,
s’homine pro sas persones
sas domos hat fabbricadu;
pro sas aves destinadu
s’est su saltu, sa campagna
ue cun manera istragna
bi tenent tota abbertura.
3 Non naro chi totalmente
de idda ch’essant sas aves
chi cun cantidos suaves
dilettant tota sa zente,
ma no est cumbeniente
in domos a si calare;
et cando pensant bolare
devent bolare in altura.
4 Et non bides puzoneddu
ch’in sa cobertura bassa
podes esser, corzu, cassa
266
Bernardino Sotgiu
267
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
268
Bernardino Sotgiu
269
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
9 Zentru ’e iniquidade
est ancora sa ira,
pro cussu la retira
cun passienzia.
10 Perdet sa innozzenzia
sa gula et intemperanzia,
faghet sa temperanzia
su coro castu.
11 Ti ponet in cuntrastu
s’imbidia in veridade,
paghe sa caridade
ti contribuit.
12 Dicciosu chie fuit
dai s’oziu feu
et hat servinde a Deu
diligenzia.
13 Purga sa cunsienzia,
o caru peccadore,
non mires cun rancore
algunu frade.
14 S’est cussu, libertade
no hapas ne attrivimentu
de custu sacramentu
a ti zibare.
15 Ma reconziliare
ti des cun iss’in prima,
et de coro l’istima
et de amigu.
16 Ca si non su castigu
provas eternamente
de s’anzone innozzente
profanadu.
17 Giudas disisperadu
de per se s’impicchesit
ca indignu rezzesit
cussu pane.
270
Bernardino Sotgiu
271
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
27 Et in issu restare
protesto eternamente,
et issu giuntamente
in custu coro.
28 O immensu tesoro!
O abissu de amore!
Intendes su Segnore
anima cara.
29 Cun pulizia rara
cun dezzent’echipaggiu
dispone s’ospedaggiu
a tant’isposu.
30 Cun attu fervorosu
de fide et de amore,
isperanzia et dolore
ti prepara.
31 E gasie li nara:
«O Babbu onnipotente,
bos creo firmamente
criadore.
32 Creo in su Redentore
unicu fizu bostru
et pro amore nostru
passionadu;
33 et in cue veladu
in cussu manantiale
lu cunfesso reale
che in su Chelu.
34 Creo senza rezelu
in s’Ispiridu Santu
et in s’Ecclesia cantu
per bois narat;
35 et proit’issa m’imparat
chi ame a bois Segnore
bos amo cun ardore
o summu bene!
272
Bernardino Sotgiu
36 Et intendo tambene
amare che a mie
pro bostr’amore a chie
m’hat offesu.
37 O dulzissimu Gesu!
mare totu bonanza!
cun firma cunfianza
su Chelu ispetto.
38 De coro mi penetto
de sos peccados mios,
sos ojos fettant rios
ai cust’ingratu.
39 E ite m’hazis fattu,
immensa bonidade,
chi tanta iniquidade
hapo oberadu?
40 Proite flagelladu
pro me hazis s’Egittu?
Bos ponzesi in conflittu
de sos azzottos.
41 Benefissios connottos
sunt custos, Gesus meu,
et eo ingrat’et feu,
et tantu duru.
42 Mi ghiestis seguru
in cuddu rubru mare,
lassende inie affogare
a faraone.
43 Et eo unu Nerone
a vista ’e tantas dotes
a impios sazzerdotes
bos portesi.
44 Cun sa cann’os ferzesi,
o coro disleale!
proit’iscettru reale
mi donestis.
273
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
274
Bernardino Sotgiu
275
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
63 Su presidiu propiziu
de Micheli arcangelu
imploro, ch’est prim’anghelu
in su Chelu.
64 E cun ardente anelu,
Virgine mama mia,
fizu ostru rezzia
dignamente:
65 su sussidiu potente
de bois interzedo
et de coro bos pedo
puridade;
66 bois purificade,
mama clemente et pia,
coro et anima mia
de ogni manzia
67 pro chi cun abbundanzia
de grassia et de virtude
s’abba de sa salude
guste inie.
68 Però da ue a mie
benner bois, Segnore,
a mie peccadore
iniqu et feu,
69 cando su corpus meu
in cant’a su complessu
no est si no un’ezzessu
de immundissia?
70 Et solu sa malissia
cust’anima hat nutrida
pro chi sempr’est vivìda
iniquamente.
71 O Babbu onnipotente,
o amabile Gesùs,
su coro pius et pius
mi limpiade.
276
Bernardino Sotgiu
72 Et tot’in caridade
cun bois cambiadu
no abbitet su peccadu
pius in me.
73 Ma chie, o bonu Re,
mi hat a poder dare
sas alas pro bolare
ai cussu thronu!
74 Benide, o Deus bonu,
a su coro languente
chi cun amore ardente
hazis amadu.
75 Benide ch’hazis nadu
d’esser bostr’allegria
viver in cumpagnia
de sos mortales.
76 Burrade tantos males
de cust’immundu coro,
pius puru de s’oro
lu faghide;
77 aumentade sa fide,
s’isperanzia et amore,
su disizu et ardore
de bos rezzire.
78 Et cun bois finire
pota sa vida mia
regnende in cumpagnia
ostra in su Chelu!».
277
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
278
Bernardino Sotgiu
279
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
280
Bernardino Sotgiu
281
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Caro Salvatore pieno d’amore, signore del Cielo e della terra, chi
è mai che vi ha fatto venire in persona dentro di me!
2 Quale immenso amore, quale miracolo, che un Dio si offra co-
me alimento; Gesù mio, Verbo eterno, vi adoro nel mio intimo e
invito per la mia fortuna tutta la corte celeste.
3 In ogni momento io canterò la vostra bontà e avrò sempre in
cuore e sulle labbra le vostre gentilezze così rare.
4 Concedete, o benigno re, una grazia a questo uomo indegno,
salvate la mia anima come fossi un’altra Maria. Quale amore im-
menso, quale miracolo, che un Dio si offra come alimento!
282
Bernardino Sotgiu
283
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
ne ros’atera pro me
si de issas una no.
5 Si det dare atera rosa
de nobile primasia
ma a sa voluntade mia
no est bella ne geniosa,
si a un’ateru est vistosa
a ojos mios est bruna,
sinde podet dare alguna
pius bella ma eo non l’amo,
ca foras de su chi bramo
non penso a rosa nissuna.
284
Bernardino Sotgiu
POVER’E ME SOLITARIU!*
1 Pover’e me solitariu!
Non pius no in cobertura,
mi ponet meda in tristura
un’emulu zertu e variu.1
2 Cantu pius vivo assoladu
mi bido male cherfidu
ne fussi a su mundu ennidu
pro esser gai tribuladu,
su nidu mi nd’hat furadu
columba, coro ’e arpia;
malaitta gelosia,
pover’e me solitariu.
3 Adios cara posada,
forza m’est de ti lassare
e in mi cherrer ritirare,
ah cantu ses lastimada!
Columb’e mala chizada
de te s’est impadronidu,
como inue fatto nidu?
Non pius no in cobertura.
4 Inue hap’a viver inue
senza paur’e cuidadu?
Persighidu ammenazzadu
devo timire ogni nue,
creinde non siat in cue
su chi mi tramat sa morte,
columba de coro forte
mi ponet tropp’in tristura.
285
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Che povero passero solitario sono! Non posso più stare sotto il tet-
to perché un concorrente forte e bizzarro mi getta nella tristezza.
2 Anche se vivo in solitudine trovo che sono odiato, non fossi mai
venuto al mondo per soffrire così tanto, il nido me lo ha rubato
la colomba, cuore di arpia; maledetta la gelosia e povero me,
passero solitario.
3 Addio caro rifugio, sono costretto a lasciarti e a ritirarmi, ah quan-
to ti rimpiango! Un colombo dal brutto aspetto si è impadronito
di te, e ora dove faccio il nido? Certo non più sotto il tetto.
4 Dove mai potrò vivere senza paura e preoccupazione? Persegui-
tato e minacciato dovrò temere anche una nuvola, nel timore
che sia lì colui che cerca la mia morte, una colomba dal cuore
duro mi getta in una grande tristezza.
5 Non avevo altro rifugio più lecito e onesto e tu me lo hai sottrat-
to e reso funesto, crudele colombo, ma bada che qualcun altro
non faccia la gobba a te e, chissà, non debba fuggire da me? Un
nemico forte e bizzarro.
286
GAVINO SOTGIU
O MIRACULU EZZELLENTE*
1 O miraculu ezzellente
chi sos Chelos hat pasmadu,
hoe in Maria incarnadu
s’est su Verbu onnipotente.
2 Sa Trinidade divina,
bidende pro su peccadu
su mundu disconsoladu
postu in eterna ruina,
cun prestesa peregrina
usat mediu cunveniente.
3 Pro remediu a tantu male
s’eternu Babb’increadu
prontamente hat imbiadu
un’anghelu zelestiale,
cun annunziu imperiale
a sa Virgine clemente.
4 A Nazaret arrivadu
s’anghelu de su Segnore
cun immensu risplendore
in forma human’est intradu
in s’appusentu sagradu
de sa Virgine potente.
5 «Ave, grassia plena», narat,
«Dominus tecum, Maria»,
e cun gosu e allegria
287
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
su misteriu li declarat,
Maria in dudas si parat
pro s’istadu continente.
6 Bidende su sant’anghèlu
a sa Virgine turbada
li narat: «Virgen sagrada,
foras paura e rezelu
ca so mandadu ’e su Chelu
e so anghelu innozzente».
7 Sa Virgine immaculada
preguntat pura e sinzera
a s’anghelu sa manera
de cust’opera sagrada,
pro ch’essende assegurada
prozzedat discretamente.
8 Su sant’anghelu intertantu
la cheret pront’ubbidire,
li nat chi det cunzebire
per su Ispiridu Santu
tale fizu pro ispantu
de totu s’humana zente.
9 «So s’anzilla» rispondesit
Maria cun humildade,
«si fettat sa voluntade
de cuddu chi mi criesit»;
s’ambasciadore bolesit
a sa zittade eminente.
10 Luego chi Maria desit
su cunsensu peregrinu,
s’eternu Verbu divinu
in sa propria s’incarnesit,
sa Trinidade fattesit
opera tant’ezzellente.
11 Luego fizis ammittida
pro mama, fiza e isposa,
cale nue prodigiosa
288
Gavino Sotgiu
de sa Trinidade unida,
de sos anghelos servida
istezis gloriosamente.
12 Si Eva pro su peccadu
totu su mundu perdesit,
in bois si recrobesit
cun pius grados illustradu
ca Deus bos hat criadu
pro fine tant’eminente.
13 Virgine santa sagrada,
refugiu ’e sos peccadores,
allargade sos favores
a dogn’anima affannada
pro non restare infettada
de s’infernale serpente.
14 Hoe in Maria incarnadu
s’est su Verbu onnipotente.
289
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
290
ANTONIO SPANO
291
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
292
Antonio Spano
293
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
PROTO STARA
* [II 27-30]. Octava rima torrada. Elogio ed affetti alla Vergine del Carmelo.
294
Proto Stara
295
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
296
BACHISIO SULIS
FANTASTICU PUZONE*
1 Fantasticu puzone,
importunu, indiscretu e attrividu,
vana presunzione
presumer in s’aera fagher nidu,
lassa cussa chimera,
chi ses tristu puzone considera.
2 Considera e discurre
ca sas chi jughes sunt bideas malas:
alzare in cussa turre
ti mancat su podere e i sas alas,
puzone senza piumas,
no est pro te ancora chi presumas.
3 Russignolu minore,
time pro calchi lampu o calchi tronu,
mira pro calchi astore
ca su olare in altu no est bonu,
e gasi non t’attrivas
si cheres chi in su mundu meda bivas.
4 Meda biver haias
si usaias cussas cautelas,
e prite naraias
chi dias a toccare sas istellas?
Ma jompere a igue
eo ti juro chi no est pro tue.
* [III 175-176]. Sexta lira serrada. Sotto metafora d’uccello avverte l’uo-
mo temerario ed orgoglioso.
297
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
298
Bachisio Sulis
* [III 291-295]. Octava torrada. Per la partenza della sua fidanzata a luo-
go straniero per volontà del padre.
299
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
300
Bachisio Sulis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
302
Bachisio Sulis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Bachisio Sulis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
306
Bachisio Sulis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
GIOMMARIA TANCHIS
308
Giommaria Tanchis
309
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
310
Giommaria Tanchis
1. Zoccu, rumore.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giommaria Tanchis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
GIUSEPPE TANCHIS
* [I 29-30]. Octava in glossa. L’amante deluso figurato nel suono d’una cetra.
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Giuseppe Tanchis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giuseppe Tanchis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Giuseppe Tanchis
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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FRANCESCO TEDDE
ILLUSTRISSIMU ZENSORE*
Illustrissimu zensore,
babbu de sa caridade,
cun benigna umilidade
prego d’esser iscultadu.
Franziscu Tedde so nadu
naturale turalvesu
e tenzo unu grande pesu
chi dae sè m’hat bogadu.
Dae babbu hap’eredadu
de su monte unu sensale
e i sa giunta locale
in trigu mi l’hat fundadu,
como in meda ch’est alzadu
e no hap’ite pagare,
creia parte de dare,
bettad’hapo e non regoltu,
tres somas nd’haia poltu
e non binde regogli’una.
Bido ch’est mala fortuna
però totu semus gai
ca non si creiat mai
de nos ruer cust’annada.
Sa vida est prestu accabbada
321
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
322
Francesco Tedde
323
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [II 134-135]. Sexta torrada. Lodi ed auguri per il capo d’anno fatti ai
Cappuccini della stessa villa.
324
Ciriaco Antonio Tola
325
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Ciriaco Antonio Tola
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
328
Ciriaco Antonio Tola
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Ditemi se avete visto mia figlia che manca tanti giorni da casa.
L’ho cercata e sono appena tornato, fatemi sapere se l’avete vi-
sta, se l’hanno portata via per farla divertire è proprio quello
che desideravo.
2 Io non sono di quei padri prepotenti che tengono la figlia col
cappio al collo, tengo conto anche dei bisogni altrui quando di
roba ce n’è in abbondanza, non sono mai stato stravagante nel
fare l’avaro nell’abbondanza.
3 Ditemi se avete visto mia figlia.
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Ciriaco Antonio Tola
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Ciriaco Antonio Tola
333
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
334
Ciriaco Antonio Tola
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Ciriaco Antonio Tola
5 Cudd’allegra villanella
ch’attraiat sa mirada,
dai su sole brujada
non fit che innanti bella:
si non si mustrat ribella
cando a messare est giamada
det perder istet segura
sa vida cun s’hermosura.
6 Massajottos iscultade:
si b’esseret su bisonzu
pius prestu a su messonzu
sas chi sunt bezzas leade
si puru non las lassades
intentas a su filonzu;
sa bezza, si b’hat premura,
messet cantu durat durat.
7 A sas piseddas li do
su consizu salutare:
si bos giamant a messare
lis rispondide chi no;
pro parte ostra eo so
impignadu a bos salvare,
si sa bellesa est perdida
in bois, adiu sa vida!
337
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
338
Ciriaco Antonio Tola
339
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 State lontani dalla strada dove passa il muflone, chi si mette sul-
la strada sarà preso dal batticuore, e a chi si presenta con l’asta
me lo ferisce più di una volta.
2 A chi indugia per la strada dà qualche fiero colpo, spostatevi
tutti da una parte ché non vi prenda con le corna, cerca sempre
di incornare chi lo tratta male, poveretto!
3 Tre corni sono arricciolati tanto che due sembrano lance, a quel-
li che aggredisce apre il ventre, state attenti, e quei corni che
non sono ancora spuntati gli crescono in continuazione.
4 Quando è inquieto ogni rumore gli dà fastidio, se gli fate le fi-
che vi aggredisce subito, passa nelle strade aperte e pulite e
provoca danni.
5 A misurarli i corni sono lunghi tre palmi e mezzo, fanno paura a
tutti sia da lontano che da vicino, quelle nobili corna sono ap-
puntite come un pino.
6 Muflone mio elegante, ricordati chi sei e che hai le corna come
un toro siciliano, con l’armatura a disposizione puoi distruggere
un fortino.
7 I cornetti, le corna e le corna grandi erano sempre apprezzati,
oggi che sono stati nobilitati meritano distinzione perché sono
oggetto d’ammirazione nel ceto dei signori.
340
Ciriaco Antonio Tola
* [V 293-294]. Octava torrada [ma sono strofe di sei versi]. Consiglio d’un
vecchio ad una giovinetta.
341
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
342
Ciriaco Antonio Tola
343
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
344
Ciriaco Antonio Tola
1 Si s’avverat chi su re
che bogat sos fraizzones
de ogni religione,
nademi, ite bos nde paret?
Pro me lu dia jurare
chi lis det fagher messè.
2 Sos padres sunt sempr’istados
de sos pobulos flagellu,
leggesi in unu libellu,
mancu in su muru pintados,
sunt canes incadenados
chi chircant de s’iscappare.
3 Si tenent sa libertade
de currer a brigl’isolta
attroppegliant custa olta
su votu de castidade,
si non buscant amistade
medas si dent cojuare.1
4 Sos padres sende isfrattados
si lis est in piaghere
podent leare muzere
tando sunt apostatados,
si podent ponner soldados
o piratas in su mare.2
5 Grande consolassione,
nisciunu b’hat discuntentu
qua bessint dai cunventu
che ladru dai presone,
* [VI 72-74]. Sexta torrada. Scherzo del poeta sopra la legge sull’abolizio-
ne delle corporazioni religiose, e si noti ch’egli era molto amico dei frati.
1. Si avverò quanto il poeta ha preveduto, ma pure nessuno dei frati pas-
sò a matrimonio, anzi molti servono le parrocchie e sono di buon esem-
pio al popolo.
2. Né uno né l’altro, quasi tutti hanno ritenuto l’abito vivendo nel secolo.
345
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
su re bona pensione
lis dat pro s’ispassiare.3
6 Su tempus bostru est bennidu
femineddas istimadas,
totu sezis preparadas
de buscare unu maridu,
su ch’hat s’abitu frundidu
prestu bos det consolare.
7 Su bene tentu pr’ezzessu
fit in s’edade passada,
ma como ite duda b’hada?
Cust’edade est de progressu,
ad ogni padre est cunzessu
de si secularizzare.4
8 Su ministru intelligente
custa legge hat progettada:
cando benzat approvada
dai su re sapiente
det esser eternamente
digna de l’incomiare.
346
Ciriaco Antonio Tola
347
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
COMENTE ACCOSTUMAIANA*
1 Comente accostumaiana
ogn’annu sos segristanos
honorare sos plebanos
cun versos chi cantaiana,
nois a dottor Diana1
faghimus sa poesia.
2 Sos versos non sunu dottos
ma de Bitti est su cantore,
et de issos s’autore
cun nois offerit votos
pro chi cust’annu trintotto2
su plabanu allegru siat.
3 Vivat su nostru plebanu,
vivat tranquillu et cuntentu,
vivat, vivat pro annos chentu3
et sempre giucund’et sanu!
4 Finzas a bezzu et canu
guvernet sa plebania,
nois cun sinzeru coro
adoremus su Messia.
5 Da iss’ogni veridade
imparat su filigresu,
dai ogn’ingannu attesu
dat lughe a sa zeghidade,
in sa nostra infirmidade
est un’ateru Tobia.
6 Cun apostolicu zelu
dai su pergamu intonat:
* [VI 77-80]. Auguri dei sacristi al loro pievano. Queste poesie si canta-
no nei villaggi nell’occasione della Natività, il Noël dei francesi. Si usano
anche in Sassari, e le chiamano gobbole.
1. Teologo Diana d’Oschiri.
2. L’anno 1838.
3. Non furono esauditi i voti, morì nel fior degli anni nel 1849.
348
Ciriaco Antonio Tola
349
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
350
Ciriaco Antonio Tola
* [VI 89-90]. Sexta lira. In lode dei ballerini di Orune. Frammento scher-
zoso.
351
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
GIUSEPPE TOLU
352
Giuseppe Tolu
Sto per dirti: «Stai secco!», perché te lo meriti, sappi che la mia
vita non la metto a repentaglio per te, se mi vuoi credere credi, al-
trimenti vai e impiccati!
353
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
ANTONIO VARGIU
ICARU PRESUMIDU*
1 Icaru presumidu
dai s’ambizione totu bintu,
mai fessit bessidu
Icaru dai su sou laberintu!
Chi cherfende olare
tropp’in altu ruesit in su mare.
2 Icaru si fit boladu
ne tropp’in altu ne tant’in altura
forsis si fit salvadu
senza tenner in s’abba sepultura,
ma ca in altu bolesit
in undas de su mare s’anneghesit.
3 Gasi est costadu a tue
in chirca de isposa ricca e dama,
chirchende in dogni ue
chi de bella e de ricca haperet fama,
ma nd’has una piticca
chi no est bella, no est dama e no est ricca.
4 Chirchesti tantos logos
e biddas de su regnu sas pius amenas
chi de ispassos e giogos
e de ogni delissia fessint pienas,
* [III 180-182]. Sexta serrada. Poeta ed amico del Marcello, risposta alla
sua presunzione perché finalmente, dopo aver girato villaggi e città, ca-
pitò di prender moglie nell’umile villaggio di Tetti.
354
Antonio Vargiu
cussas prerogativas
sunt istadas de totu pro te privas.
5 Chirchesti sas cittades
e biddas de su regnu cittadellas,
chirchende gravidades
giovanas troppu riccas, troppu bellas,
e inue ses paradu?
In Tetti biddizzolu arruinadu!
6 Amigu, cun perdonu,
narami tue, non ses ovoddesu?
E prite in logu bonu
giovanas tantu riccas has pretesu?
Non depias pensare
chi tottus ti depiana negare.
7 Ovodda disgrassiadu
cun Tetti non b’hat niuna differenzia,
pro cussu est chi t’hat dadu
su ‘sì’ senza ti fagher resistenzia,
unu sì senza honore,
unu sì de interessu, non de amore.1
8 Amigu, mi perdona,
non naro male de sa tua amante,
est de nascita bona
anzis tue de issa ses menguante,
ti naro solamente
chi de tantu presumer has niente.
355
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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GIOVANNI BATTISTA VASSALLO
357
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
7 Virgine in Chel’elevada,
distinta, sabia e bella,
sacrariu, dom’e capella
de su Segnore.
8 Sagrada mensa ’e amore
vivet pro amore cuntentu,
pro zibu e nutrimentu
de sos elettos.
9 Pro sos divinos decretos
istezis gai preservada
in esser santificada
divinamente.
10 Mama de s’Onnipotente
implorat pro chie l’amat,
de Giacob istella e mama
de sos viventes.
11 Amparu ’e penitentes
de s’humanu intendimentu,
in Gesùs e in bois s’intentu
istade ogn’hora.
12 Attiva pius protettora
de s’eserzitu pius duru,
refugiu e portu seguru
de sos cristianos.
13 S’aggiudu ostru imploramus,
arca de vera unione,
ispiju de ammirassione
su pius perfettu.
14 Iris bella ch’in effettu
annunziat serenidade,
de sa pius minore edade
miraculosa.
15 Fiamma maravigliosa
azzendet in ogni logu
sagradu ardente fogu
ne diminuida.
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Giovanni Battista Vassallo
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
360
Giovanni Battista Vassallo
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
GIUSEPPE ZICCONI
362
Giuseppe Zicconi
363
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
364
Giuseppe Zicconi
3 Nel mio orto ci sono pini e cipressi, tutti avranno sentito l’an-
nuncio: non do mai nulla per interesse perché non temo la giu-
stizia né l’inviato del duca. Anche se sembro un uomo rozzo
non c’è in me inganno né malizia; da questi ortaggi ricaverò per
lo meno il mio affitto.
4 Se ricavo l’affitto sono soddisfatto e vivo a pani interi, non a
fette. Ora che mi son fatto ortolano è facile che mi faccia buona
fama. Dispongo di ogni specie di cibo: carote, radici e cipolli-
ne, sedani bianchi, porri e rape, e in ogni stagione cavoli di ot-
tima qualità.
5 Ho dei cavolfiori che sono apprezzati dalle persone come si de-
ve, solo a vederli sono una meraviglia: forti, bianchi, belli e
compatti, li acquistano i signori che li fanno sia a zuppa che a
insalata, e quando mandano le loro domestiche io gliene riem-
pio tasche e grembiali.
6 Queste domestiche hanno un difetto: si voglia o non si voglia
chiedono che gli si dia, e poiché stanno in case rispettabili non
gli si può negare la merce; e anche io, per quanto nervoso, mi
lascio rovinare l’orto; mi dispiace dire di no, e lascio che il frutto
del mio lavoro venga depredato.
7 Dovrebbero considerarmi arrogante se fossi ingrato o avaro, un
Nerone, avendo di tutto in abbondanza, zucche allungate, ce-
trioli e meloni, perché l’orto è ben curato e produce frutto, vi si
ottiene ogni ben di Dio: peperoni, lattughe e ravanelli, indivia e
lattuga a cappuccio nel canale.
8 Nel canale c’è ogni tipo di verdura, specialmente in estate, la
parietaria c’è da mietere, buona per quando prescrivono il cli-
stere, cardo selvatico per i gonfiori, se ne può fare un cordiale,
e le erbe che sono dette del latte, a quante madri al primo figlio
ne ho dato!
9 Nell’orto ho anche una fontana dove bevono le persone stanche
e assetate, con quella benedetta acqua fresca e pura, desiderata
nei pranzi e nelle feste, alcuni ne muoiono dalla voglia tanto
che perdono forze e sensi, e quanti ne vengono fin là per bere
di quell’acqua notte e giorno!
10 Infine ci sono erbe da farmacia che a elencarle non vengono a
mente, ne trovate di tutte le specie, buone che curano alla per-
fezione: per chi ha la tigna c’è il cardo stellato, la strafisagria, e
la do per niente, e molte altre erbe medicinali le trovate nell’or-
to a dozzine.
365
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
366
Giuseppe Zicconi
367
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
campaneddas, ischiglias,
bei tenzo famosas istuppiglias
e tela de battista,
sos bonos sinde faghene provvista,
camijas de rispettu,
si cherides tambene iscardilettu
pro dogni tempus malu
m’obbligo darebollu de regalu
senza preju ne pattu.
Non dep’esser tirannu e ne ingrattu
cun tales eguales,
sende bois cun megus liberales
bastat chi mi cumpledas
crenzia bonde do canta cherfedas,
ma devides ischire
chi benzende su tempus de cumplire
torret nessi su meu,
ca diat esser unu modu feu
vilesa e tirannia.
Pannu pro las leare sas battias
già bi nd’hapo una chedda,
lana murada bi hat e niedda
nobeltà e iscottu,
in sa buttega mia b’hat de tottu
solu chi no est calta,
s’honore solamente bei falta’
puresa e castidade,
cun fittianas ch’hapo libertade
niente si lis nega’,
chi hat a cherrer benner a buttega.
3 Finis pro fittianas,
pro algunas battias e bajanas
cantu cherent agatta’:
pannos fines de lana, e oro e pratta,
pindula e zicchi zacca,
tabbaccheras, rolozos de busciacca,
istuzos, aguzeris,
368
Giuseppe Zicconi
369
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
370
Giuseppe Zicconi
371
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
372
AUTORI INCERTI
DEI QUALI SI CONOSCE LA PATRIA
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [III 290-291]. Sexta torrada. Tormento di un amante che non può mo-
strare alcun segno del suo amore alla sua amata.
374
Autori incerti dei quali si conosce la patria
375
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [VI 91]. Ad una giovinetta che non volle dar acqua a bevere ad un poe-
ta bittese.
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
AUTORE DI BORTIGALI
SU TITULU SINGULARE*
1 Su titulu singulare
d’istupponare l’han dadu,
pro nois potat pregare
Lenardu buchi brujadu.
2 Est zertu chi concu Pera
de l’ingendrare trattende
l’hat ingendradu biende
su binu sempr’a pissera,
restend’in custa manera
Lenardu a bin’impastadu.
3 Cando Lenardu naschesit
tremesit dogni chintina,
ogni cuba ogni mesina
fin’a sos chilscios seghesit
de modu ch’Iscanu istesit
in binu mesu annegadu.
4 Narant chi sa mamaetitta
sende minoreddu ancora
pro non li dare a dogn’hora,
si pianghiat, sa titta
a suzzare una zucchitta
de binu l’hat imparadu.
5 Già fit errore e fit dannu
chi porcarzende morzeret,
ne mezus sorte tenzeret
un’homine tantu mannu,
377
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
378
Autori incerti dei quali si conosce la patria
379
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
18 Si li negant sa rejone
bogat sos liberos suos,
e los bogat ambos duos,
s’aliredda e s’alirone,
e cun issos su muscone
argumentende hat leadu.
19 Aristoteles ezzedit
in bona filosofia,
sa palma in teologia
Santu Tomasu li zedit,
su chi cun isse si medit
si che torrat isfundadu.
20 Archi bancu de sienzia
sos de Oristanis lu jaman
e i sos populos l’acclaman
latrina de sapienzia,
pudit totu de passenzia
chi tenet foras de gradu.
21 Fervorosu missionista
faghet dottas istrussiones,
panegiricos e sermones
dignos de un’evangelista,
paret ateru Battista
però a binu battizadu.
22 Veru monstr’in sa presenzia,
de abilidades crastu,
de virtudes veru imbastu,
latranga de sapienzia,
muntonarzu de clemenzia
vasu de feghe impastadu.
23 Sa missa chi pro sa paga
narat isse dogni die
la prinzipiat gasie
e l’accabbat fraga fraga
de modu portat sa raga
cun su calzone imbruttadu.
24 Pro nois potat pregare.
380
Autori incerti dei quali si conosce la patria
1 Gli hanno dato il titolo singolare di colui che toglie i tappi, pos-
sa pregare per noi, Leonardo dalla bocca bruciata.
2 Certo è che zio Pietro al momento di generarlo lo ha generato
mentre beveva senza sosta vino a grandi boccali, e così Leonar-
do è stato impastato col vino.
3 Quando Leonardo nacque tremarono tutte le cantine, tutte le
botti e tutti i barili ruppero persino i cerchi così che Scano restò
annegato in mezzo al vino.
4 Dicono che la balia, quando era ancora piccolo, per non dargli
a ogni momento, quando piangeva, il latte del seno gli ha inse-
gnato a succhiare da una zucchetta di vino.
5 Sarebbe stato un errore e un danno se fosse morto facendo il
guardiano di porci, e che non avesse avuto un destino migliore
essendo uomo tanto grande, e così a ventun anni si è dato allo
studio.
6 Un prodigio così grande volle accompagnare la felice nascita di
questo eroe singolare: verrà celebrato in cento e cento epoche.
7 Si recò nella famosa città di Oristano e in breve tempo imparò
ogni dottrina, ogni cosa: pronto in versi e in prosa ha pensato
molto prima di parlare.
8 Nell’avanzare, questa stella, questo nuovo studente seguì il suo
corso nel bel San Martino a forza di moscato, a forza di cannonau.
9 Non appena lo ritennero degno di diventare sacerdote lo vollero
ordinare a mezzanotte con tre boccali, e gli ordini che gli diede-
ro fu di essere senza ordine.
10 Tornò a Scano col diploma e la patente, tutti si presentarono per
baciargli la mano e lui allegro, e come! perché l’avevano accom-
pagnato.
11 Le popolazioni e le cittadinanze lo vogliono come cittadino, co-
me fosse Dio, e gli offrono onorificenze perché conoscono le
qualità di cui è dotato.
12 Zuri ricorda con piacere che, avendolo come vicario, chiuso nel
locale della colletta non volle altro che mosto, e prima del mese
d’agosto era già bevuto a metà.
13 Ma favorito tra tutti sei tu, Bortigali, che lo hai avuto tuo ospite ot-
to anni e tre mesi, il giorno che l’hai accolto ti sei tutto spopolato.
14 Per poter essere contenti formarono due cortei con tutte le fila-
trici e quelli che erano cisposi, e gli hanno dato il benvenuto
cantando inni e lodi di santi.
381
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
AUTORE DI BOSA
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
POETESSA DI NULVI
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
AUTORE DI OSILO
SO SUSPIRENDE IN SECRETU*
1 So suspirende in secretu,
senza amante so ligada,
si mi creo fortunada
tenzo su coro inchietu.
2 Si Deus cheriat gai
toccaremi cussa sorte
so firma finza ad sa morte
senza mai cambiare,
però cherzo a mi jamare
pecorella desolada.
Sende sola e ritirada
riflettende a su dolore
disizesi unu puzone
daremi relatione
de cudda prenda istimada.
In vanu ogni pensamentu
jà si consighit in me,
solu lu naro ’e assentu
chi girat dogni incontrada.
Bella combinassione!
sa qui mi s’est presentada
cun bidermi separada
dai sa tua persone,
et cun giusta opinione
so a tie dedicada.
Faghe qui siat in breve
pro non m’ider sepultada,
vivende so cunservada
391
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
392
Autori incerti dei quali si conosce la patria
AUTORE DI PAULILATINO
393
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
394
Autori incerti dei quali si conosce la patria
395
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
396
Autori incerti dei quali si conosce la patria
allegro come un tempo perché non vive l’anima mia, sono sem-
pre accompagnato solo dalla malinconia.
13 Vorrei adorare, povero me, l’amore che mi fa guerra, ma un’ar-
ma mortale m’impedisce quel destino, e la mia rosa dovrà resta-
re sempre triste. Questa volta ho cantato per quella disgraziata.
14 Amore, perché sei cambiato e sei divenuto crudele?
397
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
* [III 147-149]. Octava torrada. L’amante sta fuori, aspettando che gli si
apra la porta.
398
Autori incerti dei quali si conosce la patria
399
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
400
Autori incerti dei quali si conosce la patria
INTENERIDEBOS COROS*
1 Inteneridebos coros,
cumpassione e piedade,
chelos providenzia dade,
defendide s’innozzenzia!
Chelos dade providenzia,
mustrade cara benigna
pro ch’est tenta sa Sardigna,
zente a diffender attenta
pro chi sa Sardigna est tenta
dae barbaros e moros.
2 Isula bell’ezzellente,
in custa confusione
ite pensas, ite trattas?
Isula bell’ezzellente
cun improvvis’azzidente
che barca senza timone
sola in su mare t’agatas,
sas isperanzias sunt fattas,
sunt finidas sas istanzias,
fattas sunt sas isperanzias,
sighida ses che crabola.
Isula bella ezzellente
cun improvvis’azzidente
che barca senza timone
in mare t’agatas sola,
sa tramuntana ti cola’,
sos bentos gherra ti dana,
ti colat sa tramuntana
401
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
ajosa, a cand’ispettades
e prestu non castigades
su ch’e unu ’e Barbaria
post’in man’hat sa Sardigna?
Cussu cun falsa disigna
essend’isula benigna
l’hat fatta cun faccia indigna
de moros fragilidade.
7 Finis, s’isula est in manu,
su coro in pettus mi ferit
dura e mortale ferida,
finis s’isul’est in manu,
in battaglia est su sultanu,
Marocco, Tunis, Algeri,
sa Turchia tot’unida,
sa fortalesa est rendida,
totu in vanu sa difesa,
rendid’est sa fortalesa
a manos de zent’ignota.
Finis s’isula est in manu,
in battaglia est su sultanu,
Marocco, Tunis, Algeri
sa Turchia unida tota,
giogada ses a pilota
isula ricca e famada,
a pilota ses giogada
d’una ingrata Barbaria.
Finis s’isul’est in manu,
in battaglia est su sultanu,
Marocco, Tunis, Algeri,
tota unida sa Turchia,
posta ses in tirannia
d’un’infidele Moria,
senza gosu ne allegria
priva d’ogni libertade!
8 Chelos, providenzia dade,
diffendide s’innozzenzia.
405
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
AUTORE DI SORGONO
* [III 191-194]. Sexta rima. Trasporto dell’amante per unirsi alla sua diletta.
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Dal primo giorno, bella mia, che ti guardai fisso, da quel primo
istante dedicai il mio cuore a te, col voto assoluto di amarti fe-
delmente fino alla morte.
2 Da quando mi sono indugiato ad amarti, credimi, bella, dal mo-
mento in cui ti vidi e fissai su di te i miei occhi fino al momento
presente io porto in cuore solamente te.
3 Sembra che tu mi abbia attratto con qualche magia o mi abbia
fatto un incantesimo, perché mi trovo legato con un nodo ben
preparato e molto forte, così che non posso infrangere l’affetto
che ho in cuore e mi induce ad amarti.
4 Se dici che non ti adoro o che il mio affetto è incerto aprimi il
cuore e vedrai quanta parte di me ti ama, e osserva come è tutto
acceso tra purissime fiamme.
5 Le fiamme di questo fuoco mi bruciano senza interruzione e mi
feriscono, e se tu non mi ami mi toglieranno al più presto la vita
tanto è ardente il fuoco che mi brucia violento da ogni parte.
6 Quelli che sono in prigione li legano, poi li fanno muovere in
catene, si prova compassione anche per i più temibili prigionie-
ri, anche un moro si muove a compassione per un cuore afflitto.
7 Suvvia bella, guardami almeno un po’ con uno sguardo d’amore
perché io soffro di un forte affanno se non ti vedo di continuo,
bella, credi amata Venere che questo mio cuore sta bruciando
per te.
8 Se vuoi verificarlo verrai ubbidita, non dubitarne, se le trovi nel
tuo cuore sarà bene che tu spenga le fiamme, spegni il fuoco e
tieniti in petto il mio cuore.
9 Dentro il tuo petto il mio cuore e il tuo associati vivranno uniti
da un vincolo perpetuo, senza mai separarsi, formeranno in due
un solo cuore per potersi amare per tutta una vita.
10 I due cuori saranno trasformati in uno da questa unione così bel-
la, gli affetti saranno regolati dalla stessa passione, con un nodo
tanto forte che non potrà sciogliere altri che la morte.
414
Autori incerti dei quali si conosce la patria
415
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
depo presentemente
viver in cust’istadu?
5 S’a domo mi ritiro
solamente suspiro
non mi poto allegrare,
a d’ogn’ala mi giro
ma totu su chi miro
servit pro m’attristare,
it’hap’a machinare
pro mi tranchillizare
miseru isfortunadu!
6 Si pro trattenimentu
calchi divertimentu
mi cherfera leare
de te solu s’ammentu,
non poto cun assentu
rier ne cunversare,
est forzosu pensare
pro cant’hap’a durare
viver incadenadu.
7 Ma si sa sorte mia
hat dezzisu chi sia
tota vida affliggidu
s’accabbent d’una ia
sos gustos, s’allegria
ch’in totu hapo perdidu,
et nara chi has ischidu
anzis chi mi has bidu
già mortu et sepultadu.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
AUTORE DI TORRALBA
* [III 132-136]. Octava torrada. Sotto figura d’un agnello piange il mal-
trattamento d’una giovine.
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
quando tornava alle greggi, tra tutti erano solo il suo comporta-
mento e il suo garbo quelli preferiti. Oggi è prigioniera e non
può più fuggire, fino a quando Dio non ne proverà pena.
10 È stata però una gran disgrazia da quando hanno pensato di
consegnargliela, fa male e fa soffrire tutti quello che le fa quel-
l’ingrato; al vedere una persona ci si inganna sempre ma quello
era già noto per il suo modo di fare, è lei sola a sopportarne i
maltrattamenti, gli affanni di ogni giorno sono gioia per lei.
11 L’amabile agnellina ebbe sin da piccola quella sorte disgraziata,
non riceve una parola amorevole e lo guarda sempre con orro-
re, per lei non si tratta di un pastore perché non si trova un ne-
mico maggiore, quando non lo vede è tranquilla, quando lo ve-
de non riesce a stare in sé.
12 Non ha quindi un momento per gioire mentre pascola per la
campagna, prega soltanto che finisca la sua vita, al vederlo le si
ferma il cuore, sia maledetto chi porta le cose buone tra le mon-
tagne! Al vedere lei e le compagne non c’è modo di metterla a
confronto.
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Autori incerti dei quali si conosce la patria
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Sei giudice e non sai governare, come hai potuto accettare questo
posto? Se tu vivi del tutto sregolato quale regola puoi dare a noi?
2 Lo sai che un giudice, come persona, può sedere sulla sedia di ba-
rone? È uguale allo stesso conte e ha tutta la giurisdizione, posso
dire dunque, e a ragione, che deve essere un uomo di carattere.
3 Dove è quella fermezza che noi desideriamo e che tu avresti usa-
to con noi nel comandare? Nel momento in cui stiamo aspettan-
do giustizia subentra una raccomandazione e viene cambiata, e
dunque la sedia è occupata da una persona che non la sa tenere.
4 Il nostro vino cannonau, che faccenda! a causa tua l’hanno por-
tato a cinque soldi, e tu intanto ti carichi sulle spalle un fiasco
che sembra un barile! Visto che sei fatto così ti mettiamo a go-
vernare una buona cantina piena di botti.
5 E modera infine quella passione che ti ha preso per il messo,
per uno come te non è bello accompagnarsi con quella persona,
impara ad usare fermezza e onora il barone se vuoi arrivare alla
fine del triennio.
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AUTORI INCERTI
DEI QUALI NON SI CONOSCE LA PATRIA
CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
CHIRCAD’HAPO SA FORTUNA*
1 Chircad’hapo sa fortuna
in terra tamben’in mare
ma non la poto incontrare
ancora in parte nisciuna.
2 So istadu in sa galera
in chirca peri su mare
ma non potesi incontrare
de sa fortuna un’ispera,
non b’hat modu ne manera
poderla a lughe bogare.
3 In Genova, Palma e Firenzia
so istadu et pius ulta
ma sa fortuna est occulta,
non tenet plus esistenzia
et gasi cun passienzia
mi dep’a domo torrare.
4 So istadu in s’Oriente
et tambene in su Levante
ma de fortuna un’istante
non nd’hap’hapidu niente,
sa Tramontana et Ponente
mi faltat solu a girare.
5 So istadu in Occidente
in s’astru de Barbarìa,
però sa fortuna mia
no l’incontro veramente,
et gai pro su presente
non mi servit su chircare.
6 So istadu in sa Toscana,
in Germania in sa Gallìa,
et tambene in Italìa
fiorentina et pisana
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Autori incerti dei quali non si conosce la patria
FATALE DISPEDIDA*
1 Fatale dispedida,
trista separassione e ausenzia;
dolorosa partida,
ite contraria sorte, ite dolenzia!
Ite diccia fatale!
Ite contraria sorte, ite pugnale!
2 Disdicciada ite sorte!
Impossibile est como su campare,
morte fiera morte
beni, so moribunda, a mi leare,
aves, de una orta,
tumulu mi formade, ca so morta!
3 Horrenda sepultura
prestu tue mi hasa a sepultare,
che moribunda oscura
de luttu bos bestide a m’attitare,
però nade attitende
chi no hapo su coro pianghende.
4 Cando hant accabbare
sas furibundas dies de amore,
tando dent abblandare
ogni pena, ogni dolu, ogni dolore,
ma passende sa vida
che fera solitaria e affliggida.
5 Peri sos buscos solu
in amena campagna delliriende,
trista e senza consolu
si non de bene meu preguntende,
cun boghes de agonia
giamende in sos litos a vida mia.
6 Che turturella iscura
sola sola in su rattu dep’istare,
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* [I 157-158]. Octava torrada. Sotto la figura d’una rosa canta gli inganni
e le spine nascoste nell’amore.
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Autori incerti dei quali non si conosce la patria
1 Bella, visto che non posso farti visita ti mando la colomba am-
basciatrice per sapere se stai bene, bella Flora, attraverso di lei
dammi notizie e tieni in serbo quella chiave del mio cuore che ti
diedi un giorno, occhi d’incanto, e perché tu sappia quanto e
quanto ti amo ti manderò i miei sospiri.
2 I miei sospiri sono sempre vivi, te li mando con questa colomba
fidata che ti riferirà di tutto e della vita che trascorro tormentata,
ma sempre costante in quella promessa senza mai dimenticarti, ti
prego di non essere preoccupata perché il destino può cambiare.
3 Io ho la speranza, e l’ho anche visto, che la sorte cambi tutt’a un
tratto: dapprima vivere triste e afflitto e poi essere in festa, lu-
cente luna; perciò non dispero, anche se sono perseguitato, di
venir preso di mira dalla fortuna, e allora sarai sempre e ancora
sempre tu, solo tu quella che io amerò.
4 Nel corso della mia vita dovrò mostrare fermezza e cuore forte
nelle sofferenze; non cambio né passo ad altra amante così co-
me ho fatto sino ad ora, in tanti anni, né mi sviano le lingue dei
maligni anche se dicono che trascorrerò male la vita, tra pene e
danni, sospiri, sofferenze e disinganni.
5 Graziosa, questo destino è molto amaro e mi fa soffrire molto
ma il dolore che mi affligge in ogni momento non mi abbatte
tanto, stella lucente, quanto l’affanno che provo per il forte do-
lore di trovarmi ancora a spasimare per te e per esserti lontano
come un caro amante che impazzisce a causa tua.
6 Né posso farti una carezza per colpa della gente invidiosa che
cerca con tanto odio e disprezzo di impedire che ti ami, grazio-
sa Elena, ma questo sforzo gli riuscirà vano se tu sarai fedele e
virtuosa durante la lontananza dolorosa che ho affrontato, bella
mia, per amor tuo.
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SU GIARDINU DELISSIOSU*
1 Su giardinu delissiosu
ch’hapo tantu dispressiadu
pro me como est in istadu
su pius trist’e dolorosu.
2 Su giardinu tant’amenu
gratu, bellu e fioridu
pro me como est cunvertidu
logu ingratu e de velenu,
s’erva frisca pro me est fenu,
frizzas su lizu doradu.
3 Riflettende seriamente
in cuddas diccias passadas,
pro me sunt tantas ispadas
chi mi ferint mortalmente
ca tenzo sempre presente
chi mi so tropp’abusadu.
4 In s’aera pius serena
ch’inie respiraia
como format pro me ebbia
una penosa cadena,
tristu e solu in terra anzena
so ad viver obbligadu.
5 Sos disaogos e gustos
chi tenia ogni momentu
hoe mi sunu lamentu,
inimigos sos pius giustos;
tantos fieros assustos
m’hant mesu mortu e turbadu.
6 Tando vivia in sa gloria
de delicados fiores,
hoe suffro sos dolores
de cussa grata memoria,
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Autori incerti dei quali non si conosce la patria
cumponinde cust’historia
de tantu bene gosadu.
7 Si calch’istante pro sorte
si mi cumparit su risu
unu piantu improvvisu
mi provocat a sa morte,
et est su dolore forte
chi mi hat tristu paradu.
8 Custu famosu giardinu
chi pagu lu connoschesi,
tantu in pena restesi
a viver solu mischinu,
ind’unu buscu ruinu
de feras solu abbitadu.
9 Pro me totu est in disusu,
inutile est chi pregonte
ca cussu bellu orizonte
non torro a bider piusu;
turbadu so e confusu
pro su bene abbandonadu!
10 Finalmente cussu logu
pius non torro a mirare,
solu mi restat penare
privu de su disaogu
brujende in mesu su fogu
chi gustosu hap’abbrazzadu.
11 Su giardinu delissiosu
ch’hapo tantu dispressiadu.
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andade divertimentos
a chie bos cheret gosare.
7 Sas penas solu a porfia
benzant a mi visitare
et penas pro m’allegrare
sempre tenza in cumpagnia
jà chi como s’allegria
m’hat cherfidu abbandonare.
8 Finis, sos gustos, adiu,
cuntentos, ite faghides?
Da unu ch’est male biu,
proite non bos dispidides?
Est deliriu si cherides
cun d’un’afflittu habbitare!
9 Bazi in bon’hora allegrias,
gustos lassademi istare.
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Autori incerti dei quali non si conosce la patria
podiat giudicare?
Bider tot’a revessu
cuddu ch’in prim’ingressu
promittit operare.
A chie hap’a clamare?
Devo a tie inculpare
o sorte disdicciada!
6 Sorte, intendo chi naras,
proite lu declaras
s’odiu contr’a mie?
A totu disamparas,
a morte mi preparas
pro non lassar’a chie!
Pianghe como ogni die
pro chi d’esser gasie
sa culpa ses istada.
7 Ahi! sa sorte mia,
chie narrer mi diat
d’esser goi parada?
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
1 Ahi la sorte mia, chi mi avrebbe detto che sarebbe finita così?
2 Ahi sorte, non promettevi certo di essere così dura e crudele!
Adesso puoi vantarti perché mi hai pagato con pianti, sofferenze e
tristezza. Così ho sepolto la mia giovinezza in una tomba oscura.
3 Sorte che mi hai condotto a una triste condizione nel fiore degli
anni. Avrei potuto pregare io stesso di ridurmi in queste condi-
zioni pur di conoscere l’amore. Tu il compenso me l’hai dato in
dolori, veleni e rancori.
4 Sorte che mi hai pagato a sufficienza con sofferenze, falsità e in-
ganni, io non badai al mio danno, amore tiranno, pur di poter
amare senza tregua, ma ora trascorro la vita tra sofferenze, dolo-
ri e sospiri.
5 E chi, di fronte a tali eccessi, poteva giudicare in un ingiusto
processo? Vedere tutto capovolto quello che all’inizio la sorte
aveva promesso di fare. Con chi devo lamentarmi? Devo incol-
pare te, sorte disgraziata!
6 Sento, sorte, che parli, perché dichiari il tuo odio contro di me?
Diseredi tutti e mi conduci alla morte perché non lascio chi so
io! E ora piangi, giorno dopo giorno, perché è tua la colpa se io
sono ridotto così.
7 Ahi la sorte mia, chi mi avrebbe detto che sarebbe finita così?
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CANZONI POPOLARI DI SARDEGNA
forsi de mi moderare.
5 Resolvedi, idolu caru,
mustradi pius che dura,
forsi chi ponza misura
a tant’affettu pius raru,
et gasi no hapas reparu
de mi fagher calchi tiru,
fina chi in tantu ammiru
m’idas limitadu, o cara,
mentras osserv’a sa jara
ch’est troppu tantu reziru.
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* [I 279-280]. Octava torrada. La sorte del ricco e del povero presso l’opi-
nione degli uomini.
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1 Il ricco lo toccano sul petto, tutti gli vogliono bene mentre il po-
vero ha il puzzo del corno.
2 Il ricco lo amano tutti, lo amano per il denaro, mentre il povero,
anche se è l’uomo più sapiente, non riceve mai un voto, ogni cosa
gli viene rimproverata, ed è perché gli si sente il puzzo del corno.
3 Al povero se per caso scoppia a ridere gli si dice ridendo: «Ti sta
davvero bene la pancia!»; mentre il ricco gioca tutto allegro, ride
e si diverte, ed è perché non gli si sente il puzzo del corno.
4 Del giovane benestante tutti si innamorano, tutte le ragazze lo
adorano, tutte lo vorrebbero come innamorato; mentre il povero
viene considerato fino alla morte un poco di buono, ed è per-
ché ha il puzzo del corno.
5 Una ragazza ricca, anche se ha la tigna, è brutta, sgraziata e criti-
cona viene considerata bella, mentre alla povera si fanno le fi-
che, se è bella passa per brutta, ed è perché le si sente il puzzo
del corno.
6 Il ricco entra nelle case a parlare con chiunque, e forse che non
lo ascoltano con una grande attenzione? Mentre se vedono un
povero entrare non gli porgono neppure la sedia, ed è perché
gli si sente il puzzo del corno.
7 Il ricco può entrare in qualsiasi luogo mentre il povero sembra fuo-
co che brucia alla prima scintilla, e come vedono che si avvicina lo
temono moltissimo, ed è perché gli si sente il puzzo del corno.
8 Nei ricchi la falsità diviene verità certa mentre nel povero viene
oscurata persino la verità, e fanno di tutto perché nessuno gli
creda, questo perché gli si sente l’odore del corno.
9 Il povero è sempre all’erta alla ricerca di qualche boccone, e il
ricco con un ceffone lo scaglia un miglio lontano, se poi se lo
trova in casa non vuole neppure che si sieda perché gli si sente
il puzzo del corno.
10 Il corno secco ha un puzzo terribile, sembra che al ricco procuri
tutti i mali; il povero muore come un animale con quel puzzo,
càpita infatti che gli si incarna addosso!
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su passadu mi turmentat
cantu pro te b’hat iscrittu
in custu desertu litu
ue m’incontro penende.
7 Finis pro me non b’hat vida,
allegria ne cuntentu,
sa notte m’est de turmentu
su die ’e azzerba ferida,
in sa trista dispidida
mi trattenzo meditende.
8 In sos affannos a tie
m’incontro sempre jamende.
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* [I 286-288]. Octava torrada. L’amante dimanda alla sua amata per sape-
re la di lei decisione.
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1 Proprio colei che guardo con odio e sdegno è il vero incanto dei
miei occhi, pur di non mostrare amore e affetto mi struggo, mi
sfinisco e muoio di pianto, corrispondo con amore e benevolenza
a colei che offendo e conduco sino a morte, colei che disprezzo,
detesto e aborro, ed è per questo che mi sfinisco e mi struggo.
2 Colei che non mi causa disturbo per vederla è per me solo ad
ascoltarla una melodia, quella che mi dà fastidio è il mio piace-
re, quella che sembra dolore è allegria, colei che disprezzo,
quella è il mio cuore, quella che trascino a morte è la mia vita,
quella che temo di amare con più intensità è proprio quella che
adoro e amo tanto.
3 Non voglio sentirla nominare e pretendo di vederla e di ascol-
tarla, non posso guardarla in viso e se la guardo mi trovo acce-
cato, non voglio sentirla parlare e se la sento mi trapassa da par-
te a parte l’anima, non mi curo di vederla ma se non la vedo
cerco di vederla.
4 Sembra che non l’abbia nella mente ed è sempre impressa nel
mio cuore, non concepisco mai un affetto per lei ma mi dispiace
se l’adoro poco, mi trovo prigioniero di una catena, pur essendo
libero sono come un moro imprigionato, a volte la disprezzo ma
impazzisco per tutto il tempo che non l’ho con me e non la vedo.
5 Non la voglio vedere e impazzisco ora che sono privato della
sua vista, sospiro se non le posso parlare e mi cerco delle racco-
mandazioni per poterle parlare, quando l’ho vicina mi allontano,
se sono lontano penso di avvicinarmi, quando non l’amo davve-
ro è allora che è più presente al mio cuore.
6 Quando mi do da fare per odiarla subito cambio l’odio in vero
affetto, se mi impegno nel corrisponderla dubito sempre che sia
lei a non corrispondermi, proprio da lei, che sembra che non
ami, accorro per servirla con diligenza, e dunque proprio quella
che sembra che io offenda è quella che io adoro e voglio.
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Finito di stampare nel
presso lo stab
Stampaco
mese di novembre 1999
bilimento della
olor, Sassari