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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA IN PSICOLOGIA

QUALI PROBLEMATICHE
PRESENTA L’INTRODUZIONE
DELLE I.C.T. NELLA DIDATTICA?

POSSIBILI SOLUZIONI…

Relatore: Tesi di Laurea:


Prof.ssa Maria Pietronilla Penna Gianfranco Mariano

Anno Accademico 2007 - 2008


.....A mio padre
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Indice

Introduzione pag. I

Capitolo 1
Educazione e multimedialità: excursus storico pag. 1
1.1. Le origini pag. 1
1.2. La nascita delle telecomunicazioni e delle tecnologie dell’immagine pag. 2
1.3. L’era informatica pag. 4
1.3.1. L’ipertesto pag. 6

Capitolo 2
Le tecnologie didattiche pag. 10
2.1. Le differenti definizioni di TD pag. 10
2.2. Le teorie dell’apprendimento e il loro rapporto con lo sviluppo
tecnologico pag. 14
2.2.1. Introduzione alle teorie dell’apprendimento pag. 14
2.2.2. Lo sviluppo tecnologico e i principali approcci teorici pag. 14
2.2.3. La teoria dell’apprendimento significativo pag. 18
2.2.3.1 L’apprendimento significativo: “formazione”
contro “selezione” pag. 20
2.2.4. La teoria delle mappe concettuali pag. 22
2.2.5. La teoria dell’ipertesto: definizione di ipertesto pag. 24
2.2.5.1. Multilinearità e multisequenzialità pag. 24
2.2.5.2. La multimedialità pag. 26
2.2.5.3. L’interattività pag. 27
2.2.5.4. La polifonia pag. 28
2.2.5.5. L’indefinitezza pag. 29
2.2.6. La teoria dell’apprendimento cooperativo pag. 30
2.2.6.1. Tecnologie per l’apprendimento collaborativo
supportato dal computer pag. 31
2.3. T.I.C. e innovazione scolastica: cambiamento del fuoco;
dalla scuola dell’insegnamento a quella dell’apprendimento pag. 33
2.3.1. Ruolo delle T.I.C. come agenti di cambiamento pag. 33
2.3.2. Cambiamento del ruolo degli insegnanti pag. 34
2.3.3. Rapporto tra T.I.C. e ambiente di apprendimento pag. 35
2.4. Politiche nazionali: iniziative e programmi pag. 39
2.4.1. Gli obiettivi della riforma pag. 39
2.4.2. Formazione degli insegnanti pag. 42

Capitolo 3
Metodologia nell’applicazione delle T.I.C. e fattori di
accettazione/resistenza alle tecnologie didattiche pag. 44
3.1. Relazione tra uso delle tecnologie didattiche e mondo dell’istruzione pag. 44
3.2. Riflessioni sui diversi esiti dell’approccio tecnologico in ambiente
scolastico pag. 46
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3.3. Fattori di accettazione/resistenza alle tecnologie scolastiche pag. 50

Capitolo 4
Indagine sperimentale sull’introduzione delle tecnologie nel sistema
scolastico italiano; un’esperienza in Sardegna pag. 56
4.1. Introduzione alla ricerca pag. 56
4.2. La ricerca pag. 57
4.2.1.Le ipotesi pag. 57
4.2.2. Il campione pag. 57
4.2.3. Gli strumenti pag. 58
4.2.4. Il metodo pag. 64
4.2.5. Analisi dei dati e discussione pag. 64
4.2.6. Conclusioni della ricerca pag. 72

Conclusioni pag. 74

Bibliografia pag. 77

Appendici pag. 91
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INTRODUZIONE

L'elevato dinamismo che caratterizza la nostra società , definita sempre più spesso
"Società dell'Informazione”, pone come elemento centrale l'informazione stessa,
attribuendole il ruolo di risorsa strategica che condiziona l'efficienza dei sistemi,
divenendo fattore di sviluppo economico, di crescita e di ricchezza culturale; all'interno
di organismi pubblici e privati (fabbriche, aziende, scuole , uffici, enti di ogni tipo) la
gestione dell'informazione e la sua trasmissione caratterizzano ogni momento
produttivo: in ogni settore della società è cambiato il rapporto dell'uomo con i propri
strumenti di lavoro; questo rapporto non è più diretto, ma mediato tramite l'elaboratore
elettronico ed è determinato da programmi, sistemi, computer, supporti, memorie, etc. il
tutto però mediante il medesimo codice e in base agli stessi principi logici.

La nuova Società dell'Informazione, nata dall'impatto delle nuova tecnologie


nell'organizzazione sociale, permette la disponibilità simultanea di conoscenze tecniche,
sociali e umane e la sua innovazione può essere spiegata attraverso le sue principali
caratteristiche: innanzitutto velocità delle comunicazioni, dei processi produttivi e
decisionali; poi l'interconnessione tra persone e informazioni; infine la malleabilità delle
informazioni e la trasformazione dei tradizionali canali di trasmissione del sapere.

Questo radicale cambiamento comporta e comporterà sempre più un enorme sforzo di


formazione che non era mai stato affrontato dalle società precedenti e che riguarderà sia
la formazione delle nuove generazioni sia le persone già inserite in ambito lavorativo e
infine quelle che ne sono state estromesse e che hanno quindi bisogno di riqualifica
professionale.

L’istituzione scuola diventa, in tale trasformazione, attore principale del cambiamento: a


essa viene richiesta una riconsiderazione dei propri percorsi formativi attraverso
un’efficace integrazione delle nuove tecnologie con le tradizionali metodologie di
trasmissione del sapere.

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Un siffatto compito non è, naturalmente, esente da problematiche di varia natura: un


elevato numero di fattori quali la formazione degli insegnanti (sempre più in difficoltà
se abbandonati a se stessi di fronte al cambiamento e ad una relazione invertita
discente/docente in cui l’alunno ha, a volte, maggiori competenze informatiche
dell’insegnante), la dotazione di supporti informatici multimediali, le richieste del
mondo lavorativo e le iniziative nazionali devono amalgamarsi in uno sforzo sinergico
teso ad un effettivo ammodernamento della scuola.

Lo scopo di questo lavoro è, appunto, quello di affrontare il complesso tema


dell’integrazione delle tecnologie nella didattica; di essa si è cercato di argomentare sia i
benefici sia i rischi, legati, da una parte, al suo rifiuto e dall’altra a una sua accettazione
indiscriminata a causa di un neoconformismo tecnologico o, come dice Calvani, di
un’"ipertrofia tecnologica" ( Calvani A., 1998).

Su questi due fronti si è sviluppato, e continua a svilupparsi, un dibattito tra


contrapposte tendenze di pensiero: alcune, di matrice allarmista diffondono
preoccupazioni sui possibili rischi d’utilizzo (G. Rota, 1999-2005; G. De Rosa, 2003);
altre (David Lupo, Zippy Erlich, 2001;D. G. Livraghi 2001;), al contrario, manifestano
un forte entusiasmo per gli effetti benefici.

Nonostante l’attualità di questo dibattito, si sente parlare sempre più spesso di


multimedialità nelle scuole o di “computer in classe”, e il fuoco del discorso sembra
spostarsi da una contrapposizione sull’uso o meno delle nuove tecnologie verso una
ricerca delle corrette metodologie d’applicazione delle stesse per la realizzazione di una
“buona didattica”, in cui il computer possa essere considerato un semplice, anche se
innovativo, strumento per la trasmissione delle conoscenze.

Per poter affrontare in maniera sistematica la complessità di questo argomento, il lavoro


di tesi presenta inizialmente una breve introduzione allo sviluppo delle nuove tecnologie
volte a supportare il processo di apprendimento ed in particolar modo sull’ipertesto;
ricostruisce una panoramica sulle teorie dell’apprendimento e i nuovi modelli di
apprendimento, con particolare attenzione ai modelli derivanti dal costruttivismo;
analizza alcune teorie di riferimento per la comprensione del comportamento di
accettazione/rifiuto delle nuove tecnologie; infine, a supporto delle teorie analizzate,
II
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presenta i risultati di una indagine sperimentale sull’uso effettivo del computer nelle
scuole. Tale indagine ha avuto come obiettivi la rilevazione di:

1) la rappresentazione della tecnologia in insegnanti e studenti,

2) l’esistenza o meno di una differenza tra contesti tradizionali e contesti


tecnologici nell’ambito della formazione ed in particolar modo per i processi di
apprendimento e insegnamento.

Il lavoro propone, pertanto, una riflessione aperta sull’argomento, in quanto presenta i


risultati ottenuti tenendo conto dei diversi punti di vista e delle proposte alternative,
senza ignorare le tematiche ancora aperte, e auspica una progettazione esplorativa nel
sistema scuola attraverso ricerche longitudinali che possano far luce sulle tipologie e
sugli sviluppi dell’integrazione nella didattica delle nuove tecnologie informatiche.

In considerazione dei risultati di questa indagine, oggi il sistema scolastico italiano


potrebbe iniziare a riconsiderare i propri obiettivi e processi formativi e così ridefinirli,
sia capitalizzando le esperienze acquisite, anche grazie alla sperimentazione, sia
spingendo oltre l'innovazione, affinché sia in grado di rispondere, nel più breve tempo e
ai più alti livelli di qualità, alle esigenze dello sviluppo sociale ed economico del Paese..
Il rinnovamento, tuttavia, non è dato dall’introduzione delle tecnologie didattiche, bensì
da uno sforzo che richiede la partecipazione di tutti gli agenti, dal Ministero della
Pubblica Istruzione, al Circolo Didattico, dal Ministro ai genitori degli studenti, affinché
si crei consapevolezza su quanto si impara e sulla competenza nell’uso degli strumenti.

Il computer può forse migliorare la didattica e l’apprendimento, ma solo se usato in


sinergia con il contesto in cui si applica. Le tecnologie sono strumenti e come tali
devono essere utilizzate: il computer può essere un supporto didattico che, se utilizzato
nel modo corretto, può contribuire a migliorare l’istruzione.

I risultati di questa indagine fanno infatti emergere un problema: forse le aspettative sia
degli insegnanti che degli studenti nei confronti del computer sono eccessivamente
ottimistiche e questa percezione distorta potrebbe minare alla base l’efficacia di
qualsiasi progetto di introduzione nella scuola di nuove tecnologie.

III
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Non è dunque l’uso della tecnologia a poter migliorare il sistema scolastico, quanto il
corretto utilizzo della stessa in maniera funzionale agli obiettivi formativi. Ma, affinchè
questo sia possibile, l’integrazione della tecnologia dovrebbe essere accompagnata da
corsi di formazione ad hoc al fine di responsabilizzare insegnanti e studenti ad un
corretto utilizzo degli strumenti informatici. Tali corsi, se progettati e supportati da un
team di psicologi, pedagogisti ed educatori esperti del settore, potrebbero davvero
facilitare l’integrazione efficace della tecnologia nel sistema scolastico.

IV
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CAPITOLO I

EDUCAZIONE E MULTIMEDIALITA’: EXCURSUS STORICO.

1.1. LE ORIGINI

"Su ciascuna arte, dice la storia, Thamus aveva molti argomenti da dire a Theuth sia
contro che a favore, ma sarebbe troppo lungo esporli. Quando giunsero all’alfabeto:
"Questa scienza, o re - disse Theuth - renderà gli Egiziani più sapienti e arricchirà la
loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria". E
il re rispose: "O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove,
altra cosa è giudicare qual grado di danno e di utilità esse posseggano per coloro che
le useranno. E così ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei inventore, hai
esposto il contrario del suo vero effetto. Perché esso ingenererà oblio nelle anime di chi
lo imparerà, essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto
richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di se stessi, ma dal di fuori,
attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria ma
per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo
l’apparenza perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza
insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non
sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece
che sapienti". (Platone, Fedro, 274c - 276a).

Nel Fedro, Socrate indirizza una serie di critiche specifiche al medium alfabetico a
partire dalla narrazione del mito di Theuth e, al pari del re di Tebe, afferma che la
scrittura non ha, in sé, una funzione conoscitiva: essa è utile nella misura in cui aiuta chi
già sa a ricordare.

Come si può dedurre da queste parole di 2400 anni fa, la nascita di ogni nuovo medium
porta inevitabilmente con sé lo sviluppo della sua critica, i cui toni a volte aspri
diventano evidenti in un campo delicato come quello dell'educazione.

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Il secondo grande passaggio nella storia delle tecnologie della scrittura è stato
l'invenzione della stampa da parte di Gutenberg alla metà del 1400.

Gli effetti sociali della nuova tecnologia furono imponenti: la stampa aumentò in
maniera esponenziale la diffusione dei testi, oltrepassando la ristretta cerchia di
specialisti che detenevano l'accesso ai mezzi e ai luoghi della conoscenza.

Il sapere ebbe una diffusione fino allora sconosciuta, le nuove classi sociali, di recente
formazione, poterono progressivamente acculturarsi e si assistette a una
normalizzazione della lingua sia dal punto di vista ortografico che contenutistico.

Inevitabilmente, anche l'introduzione di questa nuova tecnologia trovò forti resistenze in


alcuni campi; illuminante è il caso dell’Università di Parigi, di cui un editto vietava l'uso
della stampa a scopo educativo.

1.2. LA NASCITA DELLE TELECOMUNICAZIONI E DELLE


TECNOLOGIE DELL'IMMAGINE

A partire dall'Ottocento la storia dei mezzi di comunicazione si legò in modo definitivo


allo sviluppo tecnologico ed industriale, subendo un’accelerazione impressionante. La
radio e il telefono, i primi sistemi di comunicazione a distanza, e le tecnologie
dell'immagine furono le maggiori innovazioni prodotte nel XIX secolo.

Per la prima volta nella storia, un segnale poteva essere trasmesso a grandi distanze in
tempo reale.

Inoltre, grazie alla nascita della fotografia per merito di Louis Daguerre, le immagini
della realtà si poterono riprodurre grazie a un apparato meccanico; l'importanza di
questa invenzione non mancò di colpire le più grandi menti del tempo: Charles
Baudelaire, pur presagendo pessimisticamente la fine della funzione dell'artista, esaltò
la nuova tecnologia per la capacità di diffusione sociale della rappresentazione visiva
(Baudelaire C., 1859).

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Ma una vera e propria esplosione nelle tecnologie della comunicazione si verificò


nell'ultimo ventennio del secolo.

Nel 1876 Graham Bell brevettò il telefono, rendendo possibile la comunicazione vocale
a distanza, Thomas Edison inventò i primi sistemi per la registrazione e la riproduzione
meccanica del suono: il fonografo e il grammofono.

Il vero e proprio ingresso trionfale nel secolo dei media si colloca nel 1895, anno in cui i
fratelli Lumiere a Parigi riuscirono a sviluppare un sistema per la creazione e la
riproduzione di immagini in movimento: era nato il cinema. In pochi anni intorno a
questa tecnologia di produzione e riproduzione di immagini in movimento si sviluppò la
prima vera forma di industria dello spettacolo, dando inizio ad un processo che percorre
tutto il Novecento per arrivare fino alla odierna differenziazione tra industria delle
comunicazioni e industria dello spettacolo.

L'entusiasmo per le nuove tecnologie si ritrova in un'affermazione dello stesso Thomas


Edison, risalente agli anni ’20, secondo la quale il cinematografo avrebbe rimpiazzato i
libri di testo nelle classi: “Ritengo che il cinema sia destinato a rivoluzionare il nostro
sistema scolastico e che in pochi anni soppianterà in gran parte, se non del tutto, l'uso
del libro di testo” (Wise H., 1939).

Questa frase è stata citata molte volte in letteratura e ne sono state date letture diverse:
lo stesso Rosenberg sostiene che si tratti di un esempio di previsione errata, dettata da
un’eccessiva fiducia nelle tecnologie; altri, come coloro i quali hanno lavorato allo
sviluppo delle tecnologie audiovisive per la formazione, sostengono che si tratti di una
previsione lungimirante.

In effetti, prima e durante la seconda guerra mondiale tutti i regimi autoritari avevano
intuito con estrema chiarezza l’entità dell’impatto del cinematografo nella divulgazione
di messaggi a contenuto propagandistico, a grandi masse di popolazione sparse su vaste
aree di territorio.

Ma il vero utilizzo del cinema come prima tecnologia di formazione moderna avvenne
per opera delle forze armate americane, per formare i soldati in patria e oltremare sugli
argomenti più vari, dalla manutenzione delle armi, all'igiene personale, agli elementi di
conoscenza delle culture dei paesi che li ospitavano. Le esperienze di quegli anni e degli
anni immediatamente successivi costituirono un’efficace modalità di veicolazione di
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informazioni e di messaggi. Ciò che mancava era, naturalmente, la possibilità di


interazione, la possibilità cioè, da parte dei destinatari di quei messaggi, di instaurare un
ciclo di comunicazione con chi quei messaggi produceva.

Tale innovativa possibilità fu resa realtà, nell'immediato dopoguerra, dall'avvento di un


medium destinato a provocare profonde trasformazioni in tutti gli aspetti della vita
umana: il computer.

1.3. L'ERA INFORMATICA

Probabilmente, le profonde implicazioni della nascita dei computer non furono


comprese appieno neppure da chi ne accompagnò i primi passi: "Penso che ci sia un
mercato mondiale per, forse, cinque computer"; queste parole sono state attribuite a
Thomas J. Watson, fondatore dell'IBM, e risalgono al 1943.

Il primo computer programmabile funzionante della storia fu lo Z1. Lo Zuse Z1 era un


computer meccanico inventato da Konrad Zuse nel 1937. Si trattava di un calcolatore
meccanico binario ad azionamento elettrico, limitatamente programmabile. L'input e
l'output avvenivano tramite nastri perforati di celluloide.

Contemporaneamente alla diffusione dei computer si ebbe un parallelo affermarsi di


applicazioni alla didattica dei principi della scienza comportamentista (Skinner B. F.,
1954), e il computer si rivelò essere una base ideale per lo sviluppo di tale incontro.

La possibilità di utilizzo del nuovo medium in campo didattico fu permessa dalle basi
teoriche sottostanti al comportamentismo, nel quale si ebbe il capovolgimento più
radicale nell'assunzione dell'oggetto di studio della psicologia, che diventò il
comportamento osservabile e non la coscienza. L'oggetto psiche (dal gr. , connesso
con “respirare, soffiare”) fu espresso nei contenuti psicologici (emozione,
abitudine, apprendimento, personalità) e per essi si propose lo studio attraverso la loro
manifestazione osservabile nei termini di comportamenti emotivi, abitudinari,
d'apprendimento, costitutivi della personalità.

Il risultato di questi nuovi sviluppi in campo educativo fu la cosiddetta Istruzione


Programmata, che si ispirava agli studi condotti dallo psicologo Skinner negli anni '30.

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Nacquero così le prime "teaching machines" in cui l’apprendimento venne considerato,


sulla scia comportamentista, come effetto dell' associazione tra stimolo,effetto e
risposta.

I contenuti che erano proposti allo studente venivano articolati su un percorso didattico
lineare ed erano suddivisi in unità minime di apprendimento, dette frames. Il materiale
era organizzato in modo tale da permettere allo studente di avvicinarsi al
comportamento desiderato attraverso una serie di piccoli passi. Al termine della
presentazione dell'unità minima di contenuto, allo studente veniva posta una domanda;
previa correttezza della risposta il programma sarebbe passato al frame successivo,
predeterminato dall'autore. La valutazione delle risposte dello studente era molto povera
e si limitava a fornire la risposta “sbagliato” e a riproporre la domanda.

Un modello successivo di teaching machine, ispirato agli studi di Crowder (Crowder N.,
1960) prevedeva che il percorso didattico si sviluppasse lungo una struttura ramificata:
la risposta scorretta provocava un ritorno all'indietro o l'avvio di un percorso alternativo
al percorso principale, volto a recuperare la conoscenza mancante.

In questo caso i frames erano più ampi, poiché gli autori non dovevano garantire
necessariamente che lo studente rispondesse correttamente. Potevano essere presentate
domande a scelta multipla, alle cui risposte venivano attribuiti pesi diversi.

Al comportamentismo si contrappose ben presto la psicologia cognitivista.

Il cognitivismo pose, infatti, l'accento non più sui comportamenti esterni del soggetto
che apprende, quanto sui suoi processi interni, sugli atteggiamenti e sugli stati mentali.

A partire da queste teorie, negli anni 80, si svilupparono le idee del costruttivismo, le
cui ricadute a livello educativo furono molteplici.

Il costruttivismo, che affonda le sue radici nell’opera di studiosi come Dewey,


Vygotsky, Piaget, segna il passaggio da un approccio oggettivistico, centrato sul
contenuto da apprendere (che esiste ed è dato, al di fuori del soggetto, e va travasato, nel
miglior modo possibile, nella mente dello studente), ad uno soggettivistico, centrato su
chi apprende e sull’idea che la conoscenza non sia un dato separabile dal soggetto che
apprende, ma che ogni sapere sia un sapere personale frutto di un processo di
costruzione autonoma di nuova conoscenza, basata anche sulle competenze pre-
esistenti.

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Di qui il ruolo di docente come facilitatore del processo d’apprendimento piuttosto che
come depositario della conoscenza, l’attenzione all’apprendimento attivo e
all’importanza del contesto (situated learning).

La crescita di conoscenze circa i meccanismi cognitivi e il mutamento nei paradigmi


psico-pedagogici di riferimento (dal comportamentismo al cognitivismo-costruttivismo)
determinò un passaggio da una logica di computer come semplice veicolo di
informazioni ad una logica di computer come ambiente di apprendimento in cui lo
studente costruisce, sperimenta, programma.

Tale nuova concezione nell'utilizzo del computer in campo didattico si concretizzò a


metà degli anni '80, periodo questo in cui divennero commercialmente disponibili gli
ipertesti.

1.3.1. L'ipertesto.

"… avrà detto qualche volta: "Mi ritiro a scrivere un libro". E qualche altra volta: "Mi
ritiro a costruire un labirinto". Tutti pensarono a due opere; nessuno pensò che libro e
labirinto fossero una cosa sola.” (Borges J. L., 1956).

Tradizionalmente la storia dell'ipertesto comincia con la pubblicazione, nel luglio del


1945, di un articolo intitolato "Come possiamo pensare" di Vannevar Bush (Bush V.,
1945), consulente scientifico di Roosevelt.

Bush è passato alla storia come l'inventore di una macchina immaginaria, il Memex:

"Un Memex è un dispositivo in cui un individuo memorizza tutti i suoi libri, documenti e
comunicazioni, e che è meccanizzato in modo che può essere consultato con estrema
rapidità e flessibilità. È un'estensione personale della sua memoria. Un'informazione ne
seleziona immediatamente e automaticamente un'altra. Questa è la caratteristica
essenziale del Memex. La cosa importante è il processo che permette di collegare due
informazioni" (Bush V., 1945, p. 55).

Nella teorizzazione del memex troviamo le caratteristiche essenziali di quello che


diverrà l'ipertesto.

Il primo ad utilizzare il termine "ipertesto" fu Teodor Nelson, negli anni ‘60, riferendosi
ad un insieme di materiale scritto e/o iconico interconnesso in maniera molto complessa
e, quindi, non adeguatamente rappresentabile su supporto cartaceo:

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"Con "ipertesto" intendo un testo scritto, non sequenziale che si ramifica e permette
scelte al lettore, letto al meglio su uno schermo interattivo" (Nelson T., 1972).

Negli anni '70, Nelson annuncia la nascita del “progetto Xanadu”, per mezzo del quale
le idee di V. Bush trovano una prima concreta realizzazione attraverso il computer. Il
sistema era una struttura aperta e modificabile dall'utente che comprendeva un apparato
di ipertesti ampliato da un sistema di editing elettronico.

La prima vera diffusione dell’ipertesto si ha nel 1987, con la presentazione da parte


della Apple di Hypercard, un software caratterizzato da semplicità e potenza ma in
grado di funzionare su un normale personal computer: mediante il suo utilizzo un
programmatore poteva facilmente adattare e sviluppare una serie di scritti in modo
ipertestuale.

Negli anni seguenti i software per la costruzione degli ipertesti si sono moltiplicati e,
grazie all’ incremento della potenza d’elaborazione dei nuovi supporti informatici, sono
divenuti progressivamente più sofisticati.

Uno dei tanti ricercatori che pensava che le strutture ipertestuali fossero quelle ideali per
memorizzare informazioni non strutturate e molto parcellizzate era Tim Berners-Lee,
che lavorava al CERN di Ginevra come consulente e programmatore; durante i suoi
anni in Svizzera, egli si era concentrato sulle tecniche di memorizzazione delle
informazioni prodotte (non solo al CERN, ma in tutto il mondo) in modo che fosse
possibile ritrovarle e rivederle secondo modalità non lineari e non predefinite.

Nel 1989 Tim Berners-Lee scrisse un memorandum, in cui proponeva un modello di


interconnessione delle informazioni in una struttura a ragnatela, che avrebbe permesso
di navigarle in modo non lineare tramite hyper-links (ipercollegamenti).

La ragnatela di ipercollegamenti doveva travalicare i limiti del singolo sito, e


interconnettere tutti i siti del mondo che memorizzavano informazioni; si pensò pertanto
a server di informazioni, cui si potesse accedere tramite un client (detto browser). Le
pagine di informazioni erano richieste dal browser al server, e il server le forniva in un
formato standardizzato chiamato HTML (Hyper-Text Markup Language) e tramite un
protocollo di trasferimento chiamato HTTP (Hyper-Text Transfer Protocol).

Dato che la ragnatela di collegamenti era da estendere a tutto il mondo, Berners-Lee


chiamò il suo sistema World Wide Web, presto abbreviato in WWW [Berners-Lee
1993].
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La nascita del World Wide Web e l’utilizzo del formato HTML hanno sancito
definitivamente il successo dell’ipertesto.

Attualmente, l’ipertesto può essere definito come: “…qualsiasi forma di testualità -


parole, immagini, suoni - che si presenti in blocchi o lessie o unità di lettura collegate
da links. Si tratta, essenzialmente, di una forma di testo che permette al lettore di
abbracciare o di percorrere una grande quantità di informazione in modi scelti dal
lettore stesso e, nel contempo, in modi previsti dall'autore […]L'ipertesto è una forma
di testo composta da blocchi di "scrittura" e immagini collegati da links, che permette
una lettura multilineare: non una lettura non lineare o non sequenziale, ma una lettura
multisequenziale.” (Landow G. P., 1996).

Nel campo delle tecnologie didattiche, l’ipertesto ha avuto un notevole impatto:


diversamente dalle "teaching machines", relativamente trascurate dal mondo
dell’educazione; esso è stato protagonista di numerose sperimentazioni da parte dei
docenti (Grion V., 2000).

Tale successo è da addebitare principalmente alla logica sottostante alla navigazione


ipertestuale, che ricalca fedelmente la logica costruttivista della formazione della
conoscenza: “nella logica dell'ipertesto è lo studente a costruire il percorso, a scegliere
dove andare, cosa approfondire, dove ritornare. L'autore nel caso dell'ipertesto non
progetta più un insieme di percorsi, ma progetta una rete di risorse per
l'apprendimento; è l'utente (o studente) a definire un percorso sulla rete.” (Olimpo G.,
1993).

L’esistenza dell’ipertesto parrebbe dunque ridurre drasticamente il ruolo del docente nel
processo di insegnamento/apprendimento. In realtà è stato dimostrato che una logica
puramente ipertestuale ha il limite di lasciare abbandonato a se stesso chi non ha
maturità sufficiente, conoscenze disciplinari adeguate e metacapacità cognitive idonee
per costruirsi una adeguata struttura concettuale nel corso del processo di navigazione
(Frau E., Midoro V., Pedemonte G. M., 1992).

A conferma di questo, alcuni dei più recenti sviluppi del costruttivismo, come la teoria
della flessibilità cognitiva (secondo cui l’apprendimento, in particolar modo quello
caratterizzato da complessità medio/alta, si basa in parte sulla capacità di
rappresentazione delle informazioni secondo ottiche e prospettive differenti) quando
fanno riferimento al processo di costruzione della conoscenza attraverso la navigazione

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ipertestuale, dichiarano esplicitamente di riferirsi all'acquisizione di conoscenza


avanzata (post-introductory) (Spiro R. J., Feltovich P. J., Jacobson M. J., Coulson R. L.,
1991).

Di seguito sarà approfondita l’evoluzione storico-teorica delle tecnologie didattiche e


degli approcci psico-pedagogici che, come vedremo, le accompagneranno lungo tutto il
loro sviluppo e nella fattispecie nella loro integrazione all’interno del sistema scolastico.

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CAPITOLO II

LE TECNOLOGIE DIDATTICHE

2.1. LE DIFFERENTI DEFINIZIONI DI TECNOLOGIE DIDATTICHE

La data di nascita delle tecnologie didattiche, secondo Olimpo (Olimpo G., 1985), risale
al 1954, anno di pubblicazione del famoso articolo di Skinner “The science of learning
and the art of teaching” (Skinner B.F., 1954). Da allora, il connubio tra didattica e
tecnologia ha attraversato momenti di alterna fortuna, in un susseguirsi di successi e
fallimenti; nella sua analisi storica all’introduzione delle tecnologie nella scuola,
Calvani parla di “strano paradosso”, e afferma che : “è una storia tanto densa di
fallimenti quanto di esaltazioni; tanto più eccitata appare la frenesia del momento
innovativo tanto più estemporanea appare la durata dell’innovazione.” (Calvani A.,
2000).

Inizialmente, le tecnologie didattiche si svilupparono secondo due linee distinte,


parallele, ma non sempre comunicanti: da un lato come scienza dei mezzi utilizzabili
nella didattica (all’epoca prevalentemente audiovisivi), e dall’altro come applicazione
alla didattica dei principi dell’istruzione programmata, o più in generale delle teorie
comportamentiste (Ferraris M., Olimpo G., 1985).

L’istruzione programmata, ispirata agli studi condotti dallo psicologo Skinner negli anni
’30, fu resa possibile dall’avvento dei computer con il parallelo affermarsi della scienza
comportamentista nella progettazione didattica. Fu proprio Skinner, intorno agli anni
Cinquanta, a introdurre nel mondo dell’istruzione il concetto e lo strumento della
“macchina per insegnare”, convinto di aver individuato un sistema adeguato per un
insegnamento efficace e individualizzato, basato sulla scia neo-comportamentista
stimolo-rinforzo-risposta. Si trattava di una procedura articolata per favorire
l’apprendimento di tecniche e contenuti culturali attraverso la loro scomposizione in
unità semplici, concatenate secondo una sequenza che va dal semplice al complesso: la
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presentazione delle singole unità didattiche (frame) in forma di problema ed un apparato


di verifica delle risposte in grado di fornire il rinforzo sotto forma di avanzamento nel
programma, oppure di recupero.

Un modello successivo, ispirato agli studi di Crowder (Marinensi G., 2002), prevedeva
che il percorso didattico si sviluppasse lungo una struttura ramificata: la risposta
scorretta provocava un ritorno all’indietro o l’avvio di un percorso alternativo al
percorso principale, volto a recuperare la conoscenza mancante.

Parallelamente, le tecnologie didattiche, intese come scienza dei mezzi, si


concentrarono in un primo momento sullo studio delle caratteristiche e delle possibilità
dei vari mezzi audiovisivi: l’attenzione si focalizzò dapprima sull’audiovisivo inteso
come strumento (hardware) e poi sul materiale didattico relativo (software) (Dale E.,
1969).

Successivamente, con le prime formulazioni di modelli di comunicazione sorgente-


ricevitore, si ebbe un allargamento del campo di studio: l’attenzione, che era
inizialmente centrata sulla macchina, le sue caratteristiche, il suo impatto nei processi
formativi, il confronto fra l’istruzione tradizionale e quella tecnologica, si estese così al
processo di comunicazione uomo-macchina (Berlo D., 1968).

In una terza fase ci fu un ulteriore allargamento del campo ed i modelli di


comunicazione sviluppati iniziarono ad essere considerati come componenti di un vero
e proprio sistema didattico (Hoban C.F., 1974).

Queste due linee iniziarono a convergere verso la fine degli anni ‘60, quando
comparvero i primi modelli di progettazione di interi corsi non orientati soltanto
all'istruzione programmata. Gradualmente si arrivò a una visione sistemica (implicante
un tutto organizzato) e sistematica (basata su procedure logiche organizzate in fasi)
dell'istruzione e delle tecnologie didattiche, e si determinò il passaggio da un’istruzione
programmata a una programmazione dell'istruzione.

Verso la fine degli anni sessanta ci fu quindi un primo assestamento del dominio delle
tecnologie didattiche: non più soltanto scienza dei mezzi ed istruzione programmata ma
“applicazione sistematica di conoscenze scientifiche (mediate dal campo della
psicologia, della teoria della comunicazione...) ai compiti pratici dell’educazione”
(Saettler P., 1968): “Le TD si occupano dello sviluppo, applicazione e valutazione di
sistemi, tecniche e mezzi per migliorare il processo di apprendimento umano” (National

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Council for Educational Technology, UK, 1969).

Nel 1970 il direttore della Commissione Instructional Technology, istituita dal Governo
Federale USA, scriveva nel suo rapporto al Congresso: “...le tecnologie didattiche
[sono una disciplina che studia] l'approccio sistematico al progetto, allo sviluppo, alla
valutazione di processi di insegnamento/apprendimento in termini di obiettivi specifici
basato sia su risorse umane che tecnologiche e finalizzato ad una istruzione più
efficace” (Governo Federale USA, 1970).

Questo paradigma verrà espanso e arricchito negli anni successivi senza tuttavia subire
sostanziali modifiche: all’inizio degli anni 80, le Tecnologie Didattiche, sono state così
definite dalla Association for Educational Communication and Technology (USA): ”Le
tecnologie didattiche ... hanno come oggetto processi complessi ed integrati che
coinvolgono persone, procedure, idee, mezzi ed organizzazione per l'analisi di problemi
relativi all'apprendimento e per l'elaborazione, l'implementazione, la valutazione e il
controllo di soluzioni a quei problemi in situazioni in cui l'apprendimento è finalizzato e
controllato”.

Tale atteggiamento ha condotto in tempi abbastanza recenti alla nascita di una


terminologia di sapore ingegneristico (courseware engineering) (Ferraris M., Midoro V.,
Olimpo G., 1984).

E’ così sottolineata l’esigenza di un approccio allo sviluppo e alla gestione di interventi


formativi orientato all’integrazione e all’utilizzazione coordinata di conoscenze
esistenti, basato sul riconoscimento delle diverse fasi in cui si articola lo sviluppo di un
intervento formativo riconosciuto nella sua totalità. Non si tratta di voler ricondurre la
formazione a un puro fatto tecnologico, bensì di sottolineare l’importanza per l’autore-
progettista di una struttura concettuale di riferimento all’interno della quale organizzare
il proprio lavoro e la propria creatività. (G. Olimpo, 1993).

Sulla stessa linea, Seels e Richey, definiscono le Tecnologie Didattiche come “…la
teoria e la pratica del progetto, lo sviluppo, l’uso, la gestione e la valutazione dei
processi e delle risorse per l’apprendimento” (Seels B. B., Richey R. C., 1994).

In senso ampio e sintetico, il settore delle tecnologie didattiche non è ristretto


esclusivamente alle applicazioni di queste tecnologie digitali, ma coinvolge anche e
soprattutto aspetti di metodo, di organizzazione e di progetto in relazione alle diverse
fasi dei processi didattici ed allo studio dell'innovazione didattica attraverso la

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tecnologia nella varietà degli ambiti disciplinari.

Con l’espandersi del settore informatico, le Tecnologie Didattiche si identificano in


maniera sempre più evidente con l’utilizzo del computer che ha sostituito le macchine
per insegnare rendendole infinitamente più ricche e flessibili; dopo i primi tentativi di
integrazione multimediale pre-informatica il computer ha incorporato o sta
incorporando i mezzi audiovisivi come proprie periferiche; anche il settore della
telematica si presenta sempre più come un capitolo dell’informatica piuttosto che delle
telecomunicazioni (Sanna R., Bozzo E., Gemma A., 1974).

Dall’utilizzo del termine “Tecnologie Didattiche” si passa così all’uso del termine
“Tecnologie dell’informazione e della comunicazione”.

“La Tecnologia dell'Informazione e della Comunicazione (T.I.C.) è la tecnologia


richiesta per l'elaborazione delle informazioni. In particolare, l'uso di computer e di
software per la conversione, l'immagazzinamento, la protezione, l'elaborazione, la
trasmissione e il recupero delle informazioni da ogni dove e in qualsiasi momento”
(Stevenson D., 1997).

Il termine Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione è usato con un


significato differente da quello del termine Tecnologie Didattiche. Esso si riferisce,
infatti, a quelle tecnologie utilizzate o utilizzabili nella didattica ed ha una connotazione
prevalentemente tecnologica, mentre il termine Tecnologie Didattiche identifica un
settore interdisciplinare centrato sui processi didattici (Masuelli E., 2003).

Dopo aver brevemente ricostruito lo sviluppo della nozione di Tecnologia Didattica, nei
prossimi paragrafi saranno presentate alcune teorie del processo di apprendimento
utilizzate nel corso degli anni come supporto concettuale a tali tecnologie.

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2.2. LE TEORIE DELL’APPRENDIMENTO E IL LORO RAPPORTO


CON LO SVILUPPO TECNOLOGICO

2.2.1. Introduzione alle teorie dell’apprendimento.

Per quanto il concetto di apprendimento sia utilizzato comunemente e nonostante la


psicologia se ne sia occupata fin dai suoi primi passi, non si è mai arrivati ad una
definizione certa (Pessa E., 1992). La nozione corrente, associa l’apprendimento
all’esplicazione di un’attività di studio; di contro, la nozione scientifica, spiega il
concetto in termini di acquisizione di nuove modalità di comportamento in reazione a
stimolazioni ambientali. Secondo quest’ultima accezione allora l’apprendimento è
un’acquisizione tipica di ogni organismo reattivo, sia esso umano, animale o artificiale-
meccanico.

L’apprendimento, pertanto, potrebbe essere definito come quella modifica


comportamentale che consegue o è indotta da un’interazione con l’ambiente ed è quindi
il risultato di esperienze che conducono allo stabilirsi di nuove configurazioni di
risposta agli stimoli esterni, favorendo in tal modo l’adattamento dell’individuo alle
richieste dell’ambiente circostante. Ma, in realtà, in che modo ha luogo
l’apprendimento? Quali sono i fattori che lo determinano e lo influenzano?

Le teorie che cercano di fornire un’interpretazione della fenomenologia


dell'apprendimento sono molteplici, ma in questo lavoro si farà diretto riferimento a tre
approcci teorici: comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo.

2.2.2. Lo sviluppo tecnologico e i principali approcci teorici

Ispirata dalla teoria del condizionamento classico di P. Pavlov (1908) e dal


condizionamento strumentale di E. L. Thorndike (1911), l’ipotesi comportamentista
descrive l’apprendimento in termini di connessioni stimolo-risposta. All’interno di tale
approccio il condizionamento operante di B.F.Skinner (1938), ha un’importante
applicazione in campo scolastico per quanto riguarda l’istruzione programmata e le
macchine per insegnare (di cui si presenta una panoramica nel Capitolo I). Skinner
(1938), nell'osservazione del comportamento e della sua relazione con le “contingenze

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di rinforzo” (occasioni in cui ad una determinata risposta ha seguito una ricompensa),


formulò l'ipotesi per cui una risposta seguita da un rinforzo, tende a ripresentarsi con
maggiore frequenza.

In tal modo, la stabilità dell'apprendimento dipendeva dalla frequenza con cui veniva
somministrato il rinforzo (poteva essere dato un rinforzo ogni N risposte o con
frequenza casuale) e dalla distanza temporale tra i rinforzi (che poteva essere ad
intervalli fissi o variabili).

Con la nascita dell'informatica nel corso degli anni '50, il comportamentismo individuò
nel calcolatore il supporto perfetto per l'istruzione programmata.

Nel 1954, Skinner scriveva che un buon insegnamento è il frutto di alcuni semplici
principi:

iniziare dal punto in cui si trova l’allievo senza dare nulla per scontato;

non avere troppa fretta nel proseguire con un ritmo che l’allievo non è in grado
di sostenere, ma rispettare il suo personale ritmo di apprendimento;

non permettere mai che le risposte sbagliate restino senza correzione, né quelle
giuste senza gratificazione.

Partendo da simili presupposti, Skinner arriva a sostenere che le macchine per insegnare
possono svolgere agevolmente questi compiti e rispettare queste regole precise, per certi
aspetti anche meglio di un insegnante tradizionale, e sono dunque destinate a diventare
strumenti essenziali nel campo dell’educazione. Spinge anzi la sua profezia fino ad
affermare che se gli elaboratori elettronici fossero meno complicati, meno cari e meno
ingombranti, potrebbero diventare un aiuto molto potente per l’insegnamento. (Celi F.,
Romani F., 2002,).

Un processo didattico che segue questo tipo di percorso, senza tener conto di eventuali
risposte sbagliate da parte dello studente, corrisponde alla cosiddetta “istruzione
programmata lineare”.

Sulla scia degli studi skinneriani furono realizzati alcuni prototipi di macchine capaci di
gestire questo tipo di istruzione. Ben presto tuttavia, la constatazione che i processi di
istruzione programmata lineare proponessero agli studenti il medesimo percorso di
apprendimento, nello stesso ordine e senza tener conto delle risposte fornite agli stimoli,

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portò un’importante variazione rispetto allo schema skinneriano. Nacque così


l’istruzione programmata “ramificata”, che mirava a rendere il processo didattico
individualizzato e meno frammentario.

In un tipico percorso di istruzione programmata ramificata, alla presentazione di una


pagina di informazione segue una domanda a scelte multiple, che consente di indirizzare
lo studente a una nuova pagina di informazione, se la risposta è corretta, e a
un’informazione di rimedio differente secondo il tipo di risposta errata. Dopo il
percorso di rimedio, lo studente torna alla domanda a cui non aveva risposto
correttamente. Il rapido susseguirsi di tecnologie che permettevano di immagazzinare e
di trattare un numero sempre maggiore di informazioni, comportò l’adozione e la
sperimentazione di programmi che facevano propri i modelli complessi di
apprendimento: i modelli cognitivisti.

Al contrario del comportamentismo, il cognitivismo pose l'accento sui processi interni


alla mente ed ebbe come oggetto di studio le sequenze mentali che portano alla
decodifica e all'elaborazione di risposte durante i "processi cognitivi". In virtù di ciò, i
cognitivisti diedero risalto alle differenze individuali ipotizzando che ogni individuo
avesse un proprio “stile cognitivo”. A titolo d’esempio alcuni autori sostengono che
l’individuo apprenda in maniera “unica”, dato che tra infiniti stimoli e infinite risposte,
il processo di apprendimento segue dei “percorsi unici”, differenti da individuo a
individuo (Estes W. K., 1950).

Il cognitivismo adotta un’impostazione più elaborata rispetto a quella assunta dal


comportamentismo; difatti essa assegna all’organismo, ovvero al suo stato interno, un
ruolo determinante nella mediazione tra stimolo e risposta e rifiuta qualsiasi spiegazione
dei fenomeni osservati in termine di semplici associazioni tra queste due entità.

A tal proposito, Varisco sostiene che “Il cognitivismo H.I.P. (Human Information
Processing), attraverso l’applicazione delle tecnologie dell’Intelligenza Artificiale alla
pratica dell’insegnamento, ha prodotto sistemi intelligenti tesi a replicare, nella mente
dell’allievo, conoscenze e abilità esperte in domini specifici, attraverso l’attivazione di
strategie di dialogo socratico intercorrenti tra l’utente e il sistema artificiale il quale,
ancora una volta, gestisce l’interazione, e il cui modulo teacher assume, nei confronti
dell’allievo, ora funzioni di coacher, ora funzioni di adviser”. (Varisco B. M., 1995).

Rispetto agli approcci comportamentisti e cognitivisti, che considerano l’istruzione

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come un processo individuale, l’orientamento costruttivista, il cui assunto base è che la


conoscenza non esiste in modo indipendente da chi impara ed è costruita (Jonassen D.
H., 1991), considera l’istruzione come un processo collaborativo.

E’ proprio dalla collaborazione e dalla negoziazione sociale che sono favoriti i processi
d’apprendimento, perché, attraverso il dialogo e l’esame delle diverse prospettive, il
discente diventa ben informato, in grado di pianificare e di prendere decisioni e
coinvolto (Jonassen D.H., 1994).

La costruzione dei significati va, quindi, negoziata e condivisa all’interno di una


comunità di discorso, dove gli studenti, per esempio, nel lavoro di gruppo, discutono
sulle strategie necessarie per la risoluzione di un problema, esaminano le difficoltà
incontrate e le possibili soluzioni alternative, si confrontano con diversi punti di vista,
discutono ed esplicitano il proprio pensiero. L’apprendimento collaborativo, inoltre,
offre la possibilità di fruire della zona di funzionamento psicologico, detta zona di
sviluppo prossimale (Vygotskij L., 1990), zona cognitiva metaforica entro la quale uno
studente riesce a svolgere con il sostegno (scaffolding) di un adulto o in collaborazione
con un pari più capace, attraverso la mediazione degli scambi comunicativi, compiti che
non sarebbe in grado di svolgere da solo. È nel momento in cui agisce socialmente con
il linguaggio, che egli si appropria di nuovi strumenti cognitivi che gli serviranno ad
alimentare “quell'agire linguistico interiore che gli permetterà di risolvere in maniera
autonoma problemi analoghi a quelli precedentemente affrontati con altri” (Varisco B.
M., 1998).

Nei paragrafi successivi saranno analizzate, nello specifico, alcune delle teorie che
hanno fornito un riferimento concettuale all’utilizzo delle tecnologie didattiche nel
processo di insegnamento/apprendimento:

La teoria dell'apprendimento significativo;

La teoria delle mappe concettuali;

La teoria dell'ipertesto;

La teoria dell'apprendimento collaborativo;

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2.2.3. La teoria dell’apprendimento significativo

La teoria di Ausubel dell'apprendimento significativo appare per la prima volta nel


1962, con il libro “A subsumption theory of meaningful learning and retention”. Nel
1963, nel libro “The psychology of meaningful verbal learning”, egli approfondisce il
discorso iniziato nel saggio precedente, ma la presentazione più completa si ritrova in
“Educational Psychology: a cognitive view, pubblicato nel 1968”.

Secondo la teoria dell'apprendimento di Ausubel, l'apprendimento ha luogo mediante


diversi processi:

assimilazione

differenziazione progressiva

integrazione conciliativa

apprendimento sovraordinato

Ausubel, si può definire, insieme a Piaget, un "costruttivista interazionista" in virtù del


fatto che entrambi hanno il merito di aver riconosciuto il ruolo attivo ed intenzionale del
soggetto nel processo di costruzione della conoscenza (Varisco B. M., 2002).

La teoria di Ausubel fa riferimento ad un modello di memoria semantica di tipo


gerarchico e sostiene che l'uomo conosce attraverso la sua struttura cognitiva la quale,
interagendo con l'ambiente circostante, crea la conoscenza. Questa interazione avviene
mediante l'apprendimento significativo: quando i nuovi concetti (le costanti che l'uomo
percepisce in eventi o oggetti) esperiti dal soggetto conoscente assumono significato in
virtù della sua struttura cognitiva e vengono incorporati in essa si ha apprendimento
significativo. Quando questo processo di attribuzione di significato e di incorporazione
non avviene, l'apprendimento è puramente meccanico, menemonico, non destinato a
modificare stabilmente le strutture cognitive del soggetto. E' quindi fondamentale, per
poter costruire nuova conoscenza in modo significativo, sapere quali concetti sono già
stati incorporati nella struttura cognitiva preesistente, al fine di collegare a questi le
nuove informazioni mediante opportune relazioni.
Ausubel parla di contenuti di conoscenza (informazioni nuove) che per essere
incorporate nella struttura cognitiva del soggetto conoscente, devono essere logicamente
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significativi. Tali contenuti sono logicamente significativi, in virtù delle relazioni che
potenzialmente questi possono stabilire con la struttura cognitiva preesistente.
Le condizioni d'attualizzazione di tali relazioni sono tre:

i contenuti da apprendere devono avere una coerenza interna (le parti di tali
contenuti sono legate le une alle altre, non in modo arbitrario, ma da una
struttura d'insieme non contraddittoria);

il soggetto conoscente deve possedere una struttura cognitiva la qual contenga


delle informazioni che potenzialmente, per similitudine, analogia o continuità,
possono entrare in relazione con il nuovo contenuto di conoscenza;

il soggetto conoscente deve essere motivato a mettere in relazione la sua


struttura cognitiva con le nuove informazioni; in tal modo il nuovo contenuto di
conoscenza viene investito anche di un significato psicologico.

I concetti vengono incorporati attraverso le quattro fasi precedentemente menzionate:

l'assimilazione avviene nel momento in cui un nuovo concetto si lega in modo


significativo ad un concetto preesistente nella struttura cognitiva,
ristrutturandola in parte o interamente;

la differenziazione progressiva avviene quando un nuovo concetto viene


innestato nella struttura cognitiva e la struttura si riorganizza: essa si differenzia,
differenziando i livelli di conoscenza ed i modi di conoscere precedenti;

la conciliazione integrativa, avviene al momento in cui un nuovo concetto


assimilato cambia la struttura cognitiva preesistente: non è possibile che tutti i
concetti vengano ricordati così come sono appresi (esempio: come sono scritti su
un libro, o come sono spiegati in aula), ma vengono modificati a seconda del
significato che assumono per il soggetto conoscente, dunque ogni nuova
conoscenza viene integrata nella vecchia conoscenza, e tale integrazione porta
ad un cambiamento anche della conoscenza precedente;

l'apprendimento sovraordinato o cognizione complessa, avviene quando per


mezzo dell'assimilazione di un nuovo concetto è possibile collegare un certo
numero di concetti già appresi o/e da apprendere.

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Le mappe concettuali, in virtù della loro capacità di rendere esplicite le relazioni che,
secondo il soggetto che le costruisce, legano tra loro i concetti, sono strumenti atti a far
emergere le conoscenze di un individuo o di gruppi di individui. Le conoscenze che
emergono possono essere oggetto di riflessione da parte del soggetto stesso o di altri
soggetti, quindi esse possono essere strumenti metacognitivi: con il loro impiego il
discente impara a riflettere su ciò che sa e su "come" lo sa. Esse trovano quindi impiego
negli interventi didattici nella valutazione diagnostica e formativa in itinere, e in quella
sommativa.
Il pensiero di Ausubel fu ignorato per lungo tempo dalla psicologia comportamentista.
E' per merito del biologo Joseph D. Novak e della sua equipe che la concezione di
conoscenza di Ausubel, resa operativa attraverso lo strumento della mappa concettuale,
viene rivalutata e assume notorietà a livello mondiale.

2.2.3.1. L'apprendimento significativo: "formazione" contro "selezione"

Secondo Ausubel, l’obiettivo di qualunque intervento formativo, con annesse relative


valutazioni sull’apprendimento, non dovrebbe essere la selezione di chi ha le
competenze rispetto a chi non le ha, ma la formazione (appunto perché intervento
formativo) di queste competenze nel soggetto che apprende. In un modello formativo
che mira alla selezione, gli allievi che risulteranno "migliori" al termine dell'intervento
formativo saranno quelli che si accostano all'intervento stesso con un bagaglio di
conoscenze preliminari già strutturate, sulle quali l'intervento formativo farà leva in
modo più o meno consapevole (Ausubel D., 1978).

Seguendo questa linea logica, si potrebbe considerare la selezione degli allievi migliori
come una selezione che opera non sulle capacità innate degli allievi, ma sulle loro
opportunità di base: allievi che crescono in un contesto culturale più ricco e stimolante
sviluppano strutture cognitive più ricche e articolate, quindi si trovano in vantaggio
ancor prima di iniziare la formazione; allievi che crescono in contesti deprivati,
scarsamente stimolati sul piano culturale si troveranno in difficoltà all'atto di assimilare
concetti complessi in una struttura semplice e non adeguata (Ausubel 1968).

“Lo sviluppo del pensiero critico, del pensiero divergente, della creatività sarà del tutto
precluso ad allievi abituati a ragionare per strutture semplici, anche alla presenza di
interventi formativi di ottimo livello, ma non pensati per incidere, in modo efficace

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(significativo, come direbbe Ausubel) sulla struttura cognitiva preesistente. Interventi


formativi siffatti non faranno che perpetuare le differenze esistenti. In un modello
selettivo gli allievi migliori sono quelli le cui performance ricalcano esattamente i
modelli proposti dai docenti, in cui i concetti sono ripetuti mnemonicamente basandosi
su quanto ha esattamente detto il docente. La creatività e la libera costruzione sono
penalizzate in favore dell'adesione ai "modelli di sapere" proposti dal docente che
vanno memorizzati senza critiche di sorta” (Costamagna C., 2004).

“L'apprendimento significativo non si limita alla sfera cognitiva del soggetto ma tocca
aspetti molteplici, quali le emozioni ed i sentimenti del soggetto (apprendimento
emotivo) e le sue abilità motorie (apprendimento psicomotorio); esso è alla base
dell’integrazione costruttiva di pensieri, sentimenti ed azioni e induce all’empowerment
finalizzato, all’impegno e alla responsabilità.” (Novak J. D., Gowin D. B., 1989).

L’empowerment è il raggiungimento della capacità di controllo (produzione, raccolta,


condivisione e creazione) di nuove conoscenze, uno stato di emancipazione, sensazione
di padronanza, derivante dalla capacità di applicare all’esperienza tutto ciò che
conosciamo in un campo del sapere.

Empowerment è quindi un termine che va ben oltre la semplice acquisizione cognitiva,


ma che tocca tutti gli aspetti della crescita personale del soggetto che apprende; tendere
all'empowerment significa integrare in modo costruttivo pensieri, sentimenti e azioni,
finalizzandoli all'impegno e alla responsabilità (Novak J. D. 2001).

A partire dal concetto di apprendimento significativo, Novak enuncerà una vera e


propria teoria dell'educazione.

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2.2.4. La teoria delle mappe concettuali

Novak sostiene (Novak J. D., 2001, pp. 22-23) che gran parte di ciò che si verifica
nell'insegnamento e/o nell'apprendimento dipende dai metodi di valutazione utilizzati.
La valutazione è significativa nella vita delle persone, poiché anch'essa può provocare
dei cambiamenti nelle diverse dimensioni umane, come quella cognitiva, emotiva,
psicomotoria: un test d'ingresso per l'università, un test d'intelligenza, un test per
un'assunzione, il voto di maturità o la laurea, la patente di guida; ognuno di questi
momenti di valutazione e molti altri, sono dei momenti significativi nella vita degli
esseri umani.

La valutazione formativa svolta attraverso la costruzione di mappe concettuali e la


riflessione su di esse, permette al docente di avere una panoramica della mappa
cognitiva del discente e della sua evoluzione nel tempo, di apprezzare i suoi spunti
creativi, di cogliere i nodi irrisolti nel suo pensiero, le misconoscenze e le conoscenze
ingenue. Basandosi su ciò che vede nella mappa concettuale il docente può capire dove
ancorare i concetti che egli proporrà ai discenti, in modo da favorire processi di
apprendimento significativo. Il docente può utilizzare le mappe concettuali al fine di
permettere agli studenti di avere uno strumento di rilevazione del loro stesso
apprendimento, finalizzato all'automonitoraggio. Le mappe concettuali aiutano lo
studente a prendere coscienza delle proprie conoscenze e, nella loro revisione guidata, a
sviluppare le proprie abilità metacognitive (Varisco B. M., 1995).

Per mezzo di questo semplice strumento egli non si sente vincolato ad eseguire una
performance limitativa del suo apprendimento (ad esempio: la risposta ad una domanda
di un test a risposta chiusa), ma è libero di esprimere la propria particolare acquisizione
di conoscenza e rappresentarla come meglio crede; in questo modo lo strumento funge
da guida anche per l'insegnante, che può ad ogni lezione auto-monitorare il proprio
insegnamento. Le mappe, usate come strumento di valutazione formativa, permettono
all'insegnante di venire a conoscenza dei diversi stili cognitivi di ciascuno studente,
poiché la struttura della mappa tende a riprodurre il particolare stile cognitivo di
ciascuno studente (Varisco B. M., 1995) : esse possono avere struttura gerarchica o a
grappolo (stellare), sequenziale (a catena) o narratologica; solo in parte la particolare
conoscenza da rappresentare può influenzare lo stile della mappa:

delle misconoscenze o delle conoscenze ingenue, che precedono l'insegnamento.

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delle aree concettuali problematiche, seguite alla lezione, facilmente


identificabili nei collegamenti mancanti o scorretti.

Dal confronto con i test deriva un'ulteriore conferma di tali aree e la possibilità di
cercare nelle mappe l'origine della risposta errata ad un dato item.
Rispetto ai test a risposte multiple o aperte o alle prove orali, le mappe ovviano ai
cosiddetti "difetti di comunicazione", sia da parte degli studenti (mancata o scorretta
comprensione della consegna/domanda), sia da parte del docente (interpretazione
arbitraria delle risposte verbali e scritte, mancanza di indizi semantici sulle motivazioni
delle non risposte); in particolare, a differenza delle risposte agli item, le loro
"omissioni" sono ricche di informazioni.

Inoltre, le mappe concettuali:

ovviano alla scelta arbitraria e limitata delle unità di conoscenza sondate dagli
item e dalle prove orali;

evolvono nel tempo, in relazione a quanto trattato nei diversi interventi


formativi;

usate come strumento di valutazione formativa di gruppo, incentivano la


costruzione intersoggettiva di significato;

sono un ottimo strumento di introduzione al colloquio orale, per mezzo del


quale, lo studente chiarisce a se stesso ed all'insegnante le aree concettuali
problematiche della propria mappa cognitiva.

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Possibili soluzioni…

2.2.5. La teoria dell'ipertesto: definizione di ipertesto

Secondo la definizione di Nelson (1992) l’ipertesto è “una scrittura non sequenziale, un


testo che si dirama e consente al lettore di scegliere; qualcosa che si fruisce al meglio
davanti a uno schermo interattivo” e lo analizza fino a ricavarne due forme distinte:

ipertesto a brani, ossia una semplice connessione fra brani di testo;

ipertesto composito o a finestre, cioè brani non sequenziali collegati al materiale


archiviato (Nelson T. H., 1992).

Tre sono gli elementi di base di ogni ipertesto: i blocchi di informazioni (i nodi), le
interconnessioni tra blocchi (i link) e i collegamenti associativi del fruitore: “L'ipertesto
è un testo composto da blocchi di parole (o immagini) connesse elettronicamente
secondo percorsi molteplici in una testualità aperta e perpetuamente incompiuta
descritta dai termini collegamento, nodo, rete, tela, percorso” (Landow G., 1993).

Dal confronto con il cosiddetto “testo tradizionale” emergono alcune caratteristiche


della struttura dell’ipertesto: la “multilinearità” e la “multisequenzialità”, la
“multimedialità”, l’“interattività”, la “polifonia” e l’“indefinitezza”.

Landow (1998) precisa, infine, che i termini ipertesto e ipermedia sono intercambiabili,
poiché “Il concetto di ipermedia semplicemente estende la nozione di testo
nell’ipertesto, fino a includere immagini, suoni, animazioni e altri generi di dati”
(Landow G. P., 1998).

2.2.5.1. Multilinearità e multisequenzialità

Come appena accennato, definire strutturalmente l’ipertesto significa, per opposizione,


caratterizzarlo accostandolo al concetto di “testo tradizionale”.

Rispetto al testo, l’ipertesto è una forma più generale di scrittura in quanto include come
possibilità specifiche anche la scrittura “lineare” e “sequenziale”.

Come afferma Fileni, “L'ipertesto ci avvicina ad una forma di pensiero non-lineare, ad


una forma analogica più interessata a studiare i fatti in maniera globale” (Fileni F.,
1992).

Fileni sottolinea come la nostra educazione sia troppo spesso impostata in funzione

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della soluzione di problemi e non alla ricerca "di una corretta posizione scientifica con
la capacità di porre problemi nuovi e interconnessioni tra campi diversi del Sapere. Un
addestramento intelligente all'uso e all'apprendimento delle tecniche
informatiche[....]può, a mio avviso, facilitare questi passaggi interdisciplinari" (Fileni,
1992)

Inoltre, l’ipertesto è una forma di documento che permette una lettura multilineare e
“multisequenziale” - non una lettura “non-lineare” e “non-sequenziale” (Nelson T.,
1992).

Certamente, alcuni tipi di pubblicazioni, quali le enciclopedie, i manuali, i testi


scientifici, ecc. presentano le note a pié pagina o a fine capitolo, le immagini e le
didascalie che ci fanno interrompere la lettura e indicano dei percorsi che prevedono un
numero di alternative accessorie al testo (“multisequenzialità”). Ciò li differenzia, ad
esempio, da un articolo di rivista il cui contenuto viene letto in maniera “sequenziale” -
dall'inizio alla fine, paragrafo per paragrafo, pagina per pagina - e “lineare” - da sinistra
a destra e poi alla riga successiva – seguendo l’ordine delle parole che sviluppano
l’intreccio narrativo o esplicativo. (Antinucci F., 1998).

Nelle versioni più semplici (HyperCard, ToolBook, Storyspace), un collegamento è un


rimando monodirezionale e statico che conduce l’utente da un punto di un nodo a un
altro nodo nella rete, anche se in alcuni sistemi ipertestuali (Intermedia) sono previsti
dei tipi di collegamento più complessi, pluridirezionali e dinamici (Nielsen J., 1990, p.
107).

I testi linguistici sono, di solito, sequenziali, così come i filmati o le sequenze di suoni.

La multisequenzialità emerge, invece, dalla molteplicità dei collegamenti. Questa


rappresentazione è simile alla concezione post-strutturalista del testo come un insieme
frammentato di blocchi - i “lessie” di Barthes (Barthes R., 1969).

Un ruolo particolarmente importante è svolto dagli strumenti di navigazione disponibili;


sistemi progettati per facilitare l’individuazione delle informazioni e ridurre il rischio
che il lettore si smarrisca all’interno della rete testuale. In particolare, alcuni sistemi
ipertestuali offrono al lettore una mappa dell’ipertesto, basata sulle richieste esplicite
degli utenti e suoi percorsi preferenziali di lettura.

Per orientarsi nel groviglio di interconnessioni è, infatti, presente un indice - la mappa


generale - che si trova, di solito, sulla prima pagina del documento. Esso può presentarsi
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in diverse varianti, ma in genere è composto da bottoni di tipo testuale o iconico i quali


indicano i vari argomenti del documento. Attivando questi bottoni, si accede
all’informazione ricercata o si è indirizzati a dei sottoindici - le mappe locali - strutturati
più o meno come l’indice precedente.

I titoli sono correlati in modo interattivo tramite dei link che danno la possibilità di
ritorno alla partenza e di riavvio della lettura da altri punti del documento. Questa
maniera di procedere nella lettura dell’ipertesto è detta navigare.

Nell’ambito delle possibilità offerte dalla piattaforma, ogni documento costituisce


un’unità accessibile e riordinabile in una sequenza e a diversi livelli di approfondimento
secondo gli interessi specifici e le capacità del fruitore. In tal modo, la rete dei
collegamenti tra documenti di un ipertesto si avvicina allo sviluppo del pensiero
dell’uomo la cui conoscenza non si forma seguendo una chiara logica lineare e chiusa
bensì tramite delle complesse associazioni: “L'ipertesto cerca di riprodurre più
fedelmente il sistema con cui le conoscenze sono organizzate nella nostra mente,
piuttosto che adeguarsi a quella forma particolare di sistemazione che è il libro. […]
Provate a pensare: quando ricordate qualche cosa, quando volete accedere a qualche
informazione che già avete, voi sfogliate un libro avanti e indietro nella mente, magari
in ordine alfabetico? Assolutamente no. Se portate alla coscienza un po' questo
processo, vedete che questo processo consiste nel trovare degli agganci. C'è una cosa
che ne ricorda un'altra e poi me ne ricorda un'altra ancora, magari saltando dall'una
all'altra, è con questo sistema che si arriva all'informazione” (Antinucci F., 1998).

2.2.5.2. La multimedialità

La presenza di più media nell’ipertesto costituisce un argomento approfondito da


Nicholas Negroponte.

Nel 1995 questo studioso pubblica”Being digital” nel quale precisa che ”L’insieme di
audio, video e dati è chiamato multimedia; sembra complicato, ma non è altro che una
mescolanza di bit.” e che “gli ipermedia sono una estensione degli ipertesti, un
termine, questo, per indicare testi altamente interconnessi o informazioni tra loro
collegate” (Negroponte N., 1997, p.67).

Negroponte quindi condivide la tesi di Landow secondo cui ipertesto e ipermedia sono
intercambiabili visto che un ipermedia “è come una raccolta di messaggi elastici che
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possono essere allungati o ristretti secondo i desideri del lettore” (Negroponte N.,
1997, p.68).

Infatti, mentre un libro è limitato dalla sua dimensione fisica, l’ipertesto e l’ipermedia
non lo sono, poiché essi possono essere dotati di “un insieme multidimensionale di
puntatori, che consentono ulteriori elaborazioni o sintesi” (Negroponte, 1997, p.67).
Egli afferma che la multimedialità stessa dovrebbe prevedere un facile passaggio fra più
media.

Negroponte mostra quindi le potenzialità e le possibilità che il mondo digitale offre


all’autore e all’utente di ipertesti e ipermedia, evidenziando la centralità che ha
l’interazione nel concetto di multimedialità.

2.2.5.3. L’interattività

I principali aspetti interattivi specifici dell’ipertesto sembrano essere da un lato


l’accesso diretto, immediato, ai testi collegati a ciascun singolo nodo ipertestuale, e
dall’altro la possibilità di inserire testi propri nella base di dati, collegandoli a quelli già
esistenti. (Bassi B., 1994).

Una narrazione propone al lettore una sorta di viaggio interno al testo guidato
dall’autore a partire dall’inizio alla conclusione attraverso tappe intermedie.
Presuppone, dunque, un autore molto attivo, impegnato a predisporre tutti gli aspetti del
racconto e un lettore disposto a farsi accompagnare nel percorso.

L’ipertesto fornisce diverse possibilità di lettura tra le quali anche quella di procedere,
in un primo momento, lungo il tracciato consigliato dall'autore. Tuttavia, il lettore si
trova nella condizione di indirizzare più consapevolmente il proprio atto di lettura,
sfruttando l’interattività degli strumenti a disposizione. Secondo Aarseth, mentre la
lettura testuale richiede al lettore un’azione strumentale - il movimento degli occhi e il
girare le pagine – e una comunicativa – l’interpretazione del testo -, il documento
ipertestuale richiede come impegno aggiuntivo la scelta dei collegamenti tra i blocchi.

( Aarseth E. J., 1994).

Nel quadro della piattaforma predisposta dall’autore o dagli autori, l’ipertesto è


incentrato sul lettore, perché è il lettore che decide cosa vuole leggere e come vuole

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fruire dell’informazione.

Certamente l’autore dell'ipertesto ha progettato e realizzato materialmente i singoli


blocchi di testo, ma è chi legge che, poi, determina “l’ordine delle cose”; per
sottolineare questo stretto legame che intercorre tra l’autore e il lettore così tipico dei
documenti ipertestuali è stato coniato il neologismo “scrilettore”. (Landow G., 1993, p.
252.)

Si ha, dunque, un ampliamento delle possibilità compositive per l’autore e di visione per
il lettore: “Non più limitati alla sola sequenza, con un ipertesto possiamo creare nuove
forme di scrittura che riflettano la struttura di ciò di cui scriviamo; e i lettori possono
scegliere percorsi diversi secondo le loro attitudini, o del corso dei loro pensieri, in un
modo finora ritenuto impossibile” (Nelson T., 1992, p. 3).

Si consideri che esistono tipi di ipertesto che, oltre alla lettura “multilivello” e
“multisequenziale”, consentono di intervenire sul documento con la creazione di nuovi
blocchi di informazioni e nuovi collegamenti. Negli ultimi anni, infatti, si stanno
moltiplicando i progetti di “costruzione ipertestuale aperta” nei quali i naviganti
possono contribuire alla creazione e all’aggiornamento del prodotto. Questa tendenza
mette in evidenza appieno altre due particolarità dell’ipertesto.

2.2.5.4. La polifonia

“Un iperlibro 'rigido', ovvero non modificabile e plasmabile dall'utente, è un vero


ipertesto? [...] La risposta non può che essere negativa: solo la continua e incessante
plasticità interattiva si addice all'ipertesto. Una struttura immutabile è solo un
intelligente e interessante travestimento del caro vecchio libro” (Rovelli C., 1994, p.
72).

Un’ulteriore proprietà dei documenti ipertestuali è il loro aspetto corale. La possibilità


di attivare dei collegamenti esterni a documenti creati da altri autori, infatti, permette al
lettore di allargare lo spettro degli argomenti affrontati e di attingere a molteplici punti
di vista e a diverse forme di linguaggio verbale e non.

“La dissoluzione dell'autore singolo come autorità immanente al testo lascia spazio a
una concezione altamente dialogica e interattiva della testualità. L'ipertesto, che
frammenta il testo e incoraggia forme di scrittura cooperativa (Greif I., 1988), si
presenterebbe come una ideale materializzazione di una società di conversazioni
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ispirata al concetto bachtiniano di polifonia (Bachtin M.,1929) e alla filosofia


edificante di Rorty (Rorty R., 1979)” (Bassi B., 1994).

L’ipertesto è un sistema di gestione di testi non sequenziali che può essere orientato allo
sviluppo di:

“ipertesti d’autore”, siano gli autori singoli o collettivi (“iper-libro”);

“ipertesti aperti” di difficile attribuzione (“iper-biblioteca”).

L’iper-libro è caratterizzato da una “unità testuale organica” in quanto si presenta come


una singola opera che consente solo dei collegamenti intra-testuali. (Bassi B., 1994)

Questo è il caso degli ipertesti sviluppati in HyperCard, ToolBook e altri sistemi.

L’iper-biblioteca è orientata allo sviluppo di un grande ipertesto che accolga e renda


immediatamente disponibili e collegabili testi e ipertesti di molti autori in ambienti che
non pongono limitazioni ai contributi esterni. Il modello è l’universo informatico
globale Xanadu rimasto incompiuto (1980) di Nelson. (Landow G., 1994, p. 116).

2.2.5.5. L’indefinitezza

Un’altra caratteristica dell’ipertesto è la sua “indefinitezza” in quanto i documenti in


esso contenuti sono concepiti per essere modificati. Mentre un libro rimane lo stesso nel
tempo, un ipertesto è un cantiere in costruzione che si può integrare con altri elementi,
cambiare di struttura o nella sua veste grafica. Questa considerazione è congrua,
soprattutto, riguardo ai “sistemi aperti” in cui il lettore entra come soggetto attivo nel
lavoro di scrittura ipertestuale e il significato dell’opera non si lascia più ricondurre alle
motivazioni dei primi autori.

Certamente ogni testo ha bisogno della “cooperazione interpretativa del lettore” al fine
di attualizzare la “catena di artifici espressivi sintattici, semantici, pragmatici” che
l’autore ha congeniato nella propria struttura narrativa (Eco U., 1985, p. 24).

Ma rispetto al testo tradizionale, l’ipertesto è sottoposto a quello che J. Derrida


descriveva come “una sorta di straripamento” (debordement) che confonde tutti quei
confini che formano la linea di demarcazione corrente di ciò che veniva chiamato testo,
di ciò che un tempo pensavamo fosse designato da tale termine, cioè i presunti inizio e
fine di un'opera, l'unità di un corpus, il titolo, i margini, le segnature, l'ambito di
riferimento al di là della cornice e così via (Derrida J., 1967, p. 31).
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2.2.6. La teoria dell'apprendimento cooperativo

“Ciò che distingue le comunità collaborative dalla gran parte delle comunità è il
desiderio di costruire nuovi significati del mondo attraverso l'interazione con altri. La
comunità collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per esprimere se
stessi” (Schrage M., 1990, p. 48).

Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione di
compiti, e un’esplicita intenzione di "aggiungere valore" per creare qualcosa di nuovo o
differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in contrasto con
un semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni.

Un'ampia definizione di apprendimento collaborativo potrebbe essere l'acquisizione da


parte degli individui di conoscenze, abilità o atteggiamenti che sono il risultato di
un'interazione di gruppo, o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come
risultato di un processo di gruppo (Kaye A. R., 1992, pp. 1-24).

Una collaborazione di successo prevede un qualche accordo su obbiettivi e valori


comuni, il mettere insieme competenze individuali a vantaggio del gruppo come un
tutt'uno, l'autonomia di chi apprende nello scegliere con chi lavorare e la flessibilità
nell'organizzazione di gruppo. I fattori identificati da Schrage (Schrage M., 1990) che
determinano il probabile successo di qualsiasi forma di collaborazione sono
indubbiamente rilevanti per le attività di apprendimento collaborativo; questi includono:
la competenza tra i membri del gruppo, un obiettivo condiviso e compreso; mutuo
rispetto e fiducia; la creazione e la manipolazione di spazi condivisi; molteplici forme di
rappresentazione; costante, ma non continua, comunicazione; ambienti formali e
informali; chiare linee di responsabilità, ma non confini restrittivi; l'accettazione che le
decisioni non devono essere basate sul consenso e che la presenza fisica non è
necessaria; l'uso selettivo di persone al di fuori del gruppo; la consapevolezza che la
collaborazione termina, quando i suoi obiettivi sono stati raggiunti.
Hooper (Hooper S., 1992) chiama "apprendimento cooperativo" l'approccio in cui
ciascun membro esegue un compito diverso e riserva il termine "apprendimento
collaborativo" per i casi in cui ciascun membro lavora in parallelo sullo stesso compito,
nello stesso tempo condividendo le proprie acquisizioni e le difficoltà con gli altri
membri del gruppo.

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2.2.6.1. Tecnologie per l'apprendimento collaborativo supportato dal computer

“...I computer possono fornire un ambiente conversazionale in cui chi apprende può
applicare conoscenza a problemi e considerare le sue azioni come eventi riusabili. Chi
apprende può controllare il proprio apprendimento, apprendere da altri, sviluppare
abilità metacognitive come il riflettere sulle proprie azioni ... Crediamo che una
costruzione collaborativa della conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti
dovrebbe essere supportata da opportuni ambienti didattici” (Jonassen D., Mayes T.,
McAleese R., 1993).

Ci sono tre classi di tecnologie che, combinate, possono fornire ambienti software per
supportare attività di gruppo (gruopware) adatti per l'apprendimento collaborativo
(Eijkelenberg K., Heeren E., Vermeulen L. 1992):

sistemi di comunicazione (sincroni: testo, audio, audio grafica e comunicazione


video; asincroni: posta elettronica, computer conferencing messaggi sonori e
fax);

sistemi per la condivisione di risorse (sincroni: condivisione dello schermo e


lavagna elettronica, strumenti per la rappresentazione di progetti; asincroni:
accesso ai sistemi di file e banche dati);

sistemi di supporto a processi di gruppo (sistemi per la gestione dei progetti,


calendari condivisi, sistemi per la produzione, strumenti di votazione, strumenti
per la generazione di idee e per discussioni a ruota libera).

Prima, questi strumenti per lo più erano usati in modo indipendente e naturalmente i
classici sistemi audio, audio grafici e di videoconferenza erano usati molto prima
dell'avvento dei personal computer multimediali. Tuttavia, la maggiore differenza
qualitativa nel potenziale educativo dell'apprendimento collaborativo e del lavoro di
gruppo supportati dal computer deriva dall'aver integrato queste tre classi di tecnologie
in un ambiente unico basato sul computer, o in centri di risorse educative. Questa
affermazione è confortata dall'evidenza delle sperimentazioni di ambienti collaborativi
sui luoghi di lavoro: per esempio gli esperimenti condotti allo Xerox PARC dal 1985-
1987, quando fu usato un "media space" basato su collegamenti video per il
coordinamento di lavoro di gruppo tra i membri di un laboratorio suddiviso su due
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diverse località: Palo Alto in California e Portland in Oregon (Bly S.A., Harrion S.R,
Irwin S., 1993, pp. 28-47).

Sebbene il sistema presentasse un’elevata funzionalità e consentisse di mantenere i


contatti tra i membri del gruppo, uno dei problemi incontrati è stata la mancanza di
strumenti condivisi.

Il lavoro svolto alla Hewlett-Packard, che ha affrontato questo aspetto da una differente
prospettiva, cioè attraverso l'aggiunta di un collegamento audio e video a una lavagna
elettronica su una rete telematica locale, ha mostrato il valore del video nel mantenere la
comunicazione (spesso inconscia) durante la realizzazione di un compito del gruppo e
per le comunicazioni informali non di lavoro (Gale S., 1991, pp. 121-130).
Come ha dimostrato Vallée (Vallée O., 1992), è elevato il numero possibile delle
configurazioni di groupware multimediale ottenute combinando queste varie tecnologie:
la sfida per i progettisti di sistemi risiede nel mettere insieme specifiche combinazioni in
sistemi integrati che forniscano un supporto adeguato ai processi sociali, educativi e di
gruppo implicati in attività di CSCL (Computer Supported Collaborative Learning). A
questo proposito, molti concetti e idee utili riguardo al software possono essere derivate
dalla precedente ricerca nel settore del lavoro collaborativo supportato dal computer,
CSCW (Computer Supported Collaborative Work).

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2.3. T.I.C. E INNOVAZIONE SCOLASTICA: CAMBIAMENTO DEL


FUOCO; DALLA SCUOLA DELL'INSEGNAMENTO A QUELLA
DELL'APPRENDIMENTO

Dopo un’evoluzione, avvenuta a livello globale, finalizzata alla diffusione


dell’hardware (anni’60), ad una successiva riduzione delle T.I.C. alla disciplina
dell’informatica (anni ’70) e a strumento da inserire occasionalmente nelle singole
discipline (anni ’80), dagli anni ’90 in poi ingenti investimenti economici sono stati
previsti in numerosi piani nazionali, che hanno visto le T.I.C. come una disciplina
potenzialmente in grado di trasformare il tradizionale paradigma dell’insegnamento-
apprendimento e come oggetto di formazione dei docenti.

2.3.1. Ruolo delle T.I.C. come agenti del cambiamento

Secondo l’UNESCO “In qualsiasi modo vengano introdotte le nuove tecnologie nella
didattica delle scienze, queste porteranno sicuramente ad un cambiamento nel
paradigma tradizionale dell’insegnamento-apprendimento, e tale cambiamento è
condizione necessaria perché le potenzialità dell’informatica possano essere sfruttate
appieno” (UNESCO, 2004).

Sembra più opportuno pensare alle tecnologie come a potenziali agenti del
cambiamento, in grado di influenzare il setting didattico nel suo complesso (l’ambiente
fisico, i comportamenti e le relazioni fra i vari attori, i compiti e le attività, il clima
relazionale e operativo, le motivazioni e le aspettative) e, in ultima istanza, il processo
di apprendimento. Ma perché ciò avvenga occorre che le nuove tecnologie “vengano
adeguatamente situate ed integrate con particolari condizioni extratecnologiche che
vanno appositamente allestite, senza le quali la pura introduzione di tecnologica è
destinata ad inaridirsi nel breve tempo” (Calvani A., 2000).

Anche R. Maragliano auspica che “lo shock che inevitabilmente comporta


l’introduzione delle macchine e dei loro linguaggi favorisca un ripensamento generale
dei contenuti e dei modi della formazione” e descrive due possibili approcci alla
tecnologia:

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il modello strumentale, che prevede l’uso del computer per rendere più efficace
la didattica e per ottenere, quindi, migliori risultati (insomma, il computer come
ulteriore supporto didattico);

il modello filosofico, grazie al quale la multimedialità permette di ripensare e


costruire il mondo e il modo di agire in esso.

Nel primo caso il PC è uno strumento neutro, che non altera gli equilibri esistenti, ma si
appiattisce in essi; nel secondo caso, invece, si trasforma in una chiave di volta in grado
di sostenere una nuova pedagogia più adatta all’epistemologia della complessità, alla
pluralità degli stili di apprendimento, alla logica della reticolarità e all’infinita
componibilità della conoscenza (Maragliano R., 1998).

Attore fondamentale in questo processo non può che essere il docente che, nel suo ruolo
di ideatore, costruttore e regista di situazioni di apprendimento, deve saper integrare
sinergicamente le indicazioni della didattica costruttivista con le potenzialità che la
tecnologia offre, riconquistando alla scuola il suo ruolo di ambiente privilegiato e
protetto di ricerca-azione sulle metodologie didattiche (Maragliano R., 1998).

Un aspetto critico dell’introduzione delle nuove tecnologie nella didattica è che queste
devono adattarsi al concetto che il docente ha della didattica stessa. Alcuni studi svolti
in Inghilterra hanno dimostrato come pochi professori si servono delle T.I.C. a scuola, e
come la maggior parte di questi mettano già in pratica metodi didattici innovativi
(BECTA, 2002), mentre altri scelgono quegli strumenti che meglio si adattano alla
propria concezione dell’apprendimento (Moseley D. et al., 1999).

2.3.2. Cambiamento del ruolo degli insegnanti

“Insegnare e apprendere non sono sinonimi: possiamo insegnare - insegnare bene -


senza che gli studenti imparino”. (Bodner G. M., 1986).

Secondo Pellerey, un primo principio sottolineato da molti è che la tecnologia non


debba essere vista come disciplina a sé stante, né come oggetto della formazione, in
termini autoreferenziali. Sia nella formazione dei docenti, sia in quella dei ragazzi, la
tecnologia merita di essere usata, dove e quando serve, anche e soprattutto per

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perseguire obiettivi di natura “non tecnologica”, ponendo in primo piano lo sviluppo di


quei saperi, saper fare e saper essere che danno forma e significato a competenze di
elevato livello cognitivo (Pellerey M., 2001).

Un secondo principio che dovrebbe ispirare i percorsi di formazione dei docenti, iniziali
o meno, è quello di porre le basi per costruire capacità autonome di sviluppo
professionale, che tipicamente vedono le TIC protagoniste. La capacità di accedere alle
informazioni, la capacità di organizzarle, manipolarle, gestirle, e soprattutto la capacità
di creare nuove competenze e di condividerle con altri docenti ed esperti del settore
formazione, costituiscono un insieme di competenze ormai indissolubilmente legate
all’uso della rete intesa sia come rete fisica di comunicazione sia come struttura
dinamicamente costituita da individui che interagiscono all’interno di comunità di
pratica. Questa autonomia del docente è doppiamente necessaria, in primis perchè resa
tale dalla rapida evoluzione delle tecnologie, secondariamente in quanto “insegnare”
non è un saper fare di tipo procedurale, perciò non esistono ricette né tanto meno
soluzioni corrette o errate (Olimpo G., 2004).

Le TIC comportano, quindi, un mutamento del ruolo del docente in linea con la
trasformazione dell’ambiente di apprendimento che queste esigono. Il nuovo modello
cessa di essere “teacher-centered, il docente perde la tradizionale funzione di centro
d’autorità, di trasmettitore delle conoscenze, per assumere le vesti di regista e
facilitatore, conformemente a quello che è il ruolo del docente in contesti non direttivi
di apprendimento” (Rucci A., 2005).

Certo è che in qualche maniera le TIC aprono all’imprevisto e richiedono al docente


nuove forme di flessibilità e anche “il coraggio dall’abbandono di tracciati didattici in
cui tutto è programmato ed offre l’illusione di portare con sé conseguenze prevedibili”
(Rucci A., 2005).

2.3.3. Rapporto tra T.I.C. e ambiente di apprendimento

L’introduzione del libro di Calvani “Elementi di didattica” contiene due frasi chiave per
cogliere il significato di ambiente di apprendimento:

“Oggi […] si affacciano due cambiamenti: da un lato l’attenzione della didattica si


sposta dal versante dell’insegnamento a quello dell’apprendimento, dall’altro, i
contesti in cui la didattica si trova ad operare si vengono articolando. […] In generale
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possiamo […] definire la didattica come un ambito conoscitivo che si occupa


criticamente dell’allestimento, consolidamento e valutazione di ‘ambienti di
apprendimento’, cioè di specifici contesti, risultanti da opportune integrazioni di
artefatti culturali, normativi, tecnologici e di specifiche azioni umane, ritenuti atti a
favorire processi acquisitivi”

"Il concetto di ambiente di apprendimento si affianca e in parte sostituisce il concetto di


curricolo. L'ambiente è definito come un luogo in cui coloro che apprendono possono
lavorare aiutandosi reciprocamente, avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti
informativi di attività di apprendimento guidato o di problem solving.Gli ambienti
possono offrire rappresentazioni multiple della realtà, evidenziare le relazioni e fornire
così rappresentazioni che si modellano sulla complessità del reale, focalizzare sulla
produzione e non sulla riproduzione, offrire ambienti vissuti dal mondo reale, basati su
casi piuttosto che su sequenze istruttive predeterminate" (Calvani A., 2000).

Perkins (Perkins D. N., 1991) distingue gli ambienti tecnologici in ricchi o minimalisti
da un punto di vista costruttivista. Nei primi prevarrebbero gli strumenti che consentono
simulazioni e costruzione di modelli, i sistemi-autore ipermediali e gli ambienti di
collaborazione telematica. I secondi sarebbero caratterizzati da banche di informazioni
off o on line e da strumenti per la loro elaborazione.

Un punto di vista “meccanicistico”, invece, con Varisco (Varisco B.M. 2002), sostiene
che “pur credendo nella non neutralità cognitiva delle singole tecnologie (ognuna di
esse, infatti, possiede implicite e specifiche potenzialità), non riteniamo sia la presenza
o la predominanza quantitativa o l’assenza o povertà dicerte categorie di strumenti a
fare di un ambiente d’apprendimento un ambiente ricco o minimalista, piuttosto la
qualità del progetto educativo che orchestra il tutto. Crediamo infatti che anche dei
“comuni” information banks e simbol pads (strumenti per l’elaborazione e
l’archiviazione di dati), se inseriti in progetti co-gestiti dagli studenti dove lo scopo sia
quello della costruzione di significati negoziati e condivisi di cose, fatti ed eventi,
possano diventare parte integrale e irrinunciabile di un ambiente d’apprendimento
ricco e costruttivista”.

In altre parole, le diverse caratteristiche di ogni ambiente tecnologico possono rimanere


latenti finché un docente non le valorizza attraverso il suo progetto didattico. Anzi, in
alcuni casi il loro utilizzo è del tutto superfluo e non pertinente, rispondendo solamente
ad un bisogno di neoconformismo tecnologico o come dice Calvani, di "ipertrofia
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tecnologica" ( Calvani A., 1998). Salomon (Salomon G., 1996) così sistematizza gli
elementi che compongono un ambiente di apprendimento:

ambiente fisico;

insieme di attori che agiscono al suo interno;

set di comportamenti concordati;

serie di regole o vincoli comportamentali;

compiti ed attività;

tempi;

set di strumenti o artefatti, oggetto di osservazione, lettura, argomentazione,


manipolazione;

insieme di relazioni fra i vari attori;

clima relazionale e operativo; aspettative;

assunzione del ruolo di studente;

sforzo mentale profuso.

Un’ulteriore suddivisione dell’ambiente di apprendimento, da una prospettiva


ecologica-sistemica, è proposta dal pedagogista americano Brofenbrenner
(Brofenbrenner U., 1989), partendo dall’assunto che gli individui sono innestati in un
contesto ambientale che presenta vari livelli di complessità e che influisce sul processo
evolutivo del soggetto e sui prodotti. In particolare si distinguono 5 livelli del sistema:

Micro sistema (sistema-classe), in cui sul soggetto influisce la relazione


studente-insegnante, studente-studente;

Meso-sistema (sistema-scuola), sul soggetto influiscono la relazione con i pari e


il contesto scolastico in generale;

Exo-sistema (sistema-società), ovvero il contesto esterno che influisce


sull’educatore/insegnante e quindi ha effetti indiretti sullo studente;

Macro-sistema rappresentato dal livello culturale;

Crono-sistema ovvero il livello temporale scandito dagli eventi che accadono


nella vita di ciascun individuo.
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Chiaramente, un approccio di questo tipo (qualitativo) applicato all’analisi delle


variabili che intervengono sul processo di apprendimento, all’interno del contesto
classe, consente l’emergere di dinamiche che altrimenti resterebbero invisibili. Prima fra
tutte la motivazione degli studenti e la dimensione relazionale docente-studente,
docente-classe, studente-studente. La componente relazionale, costitutiva del clima
della classe, se supportata da una costante interazione crea un contesto sociale che
favorisce i processi emozionali e socio-comunicativi e “contribuisce alla creazione di
un sapere che va oltre l’ambito del singolo individuo” in classe (Ponti M., 2006).

Per affrontare l’esigenza d’aggiornamento nelle metodologie


d’insegnamento/apprendimento dovuta all’introduzione delle T.I.C. (nonché dei nuovi
contenuti alle T.I.C. correlati), all’interno della riforma Moratti (2003) sono state
indicate linee guida sulla politica da seguire a livello nazionale.

Nel prossimo paragrafo verranno analizzate tali indicazioni e la loro attuazione con
particolare riferimento alle scuole elementari.

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2.4. POLITICHE NAZIONALI: INIZIATIVE E PROGRAMMI

Il 23 gennaio 2004 è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri (dopo il

parere favorevole delle Regioni, degli Enti locali e delle Commissioni parlamentari) il
primo decreto attuativo della riforma Moratti, relativo al funzionamento della scuola
dell'infanzia (triennale) e del primo ciclo dell'istruzione: scuola primaria (quinquennale)
e scuola secondaria di primo grado (triennale).

Con la legge n. 53 del 28 marzo 2003 è stato ridisegnato il sistema scolastico dalla
scuola dell'infanzia fino alle scuole superiori.

2.4.1. Gli obiettivi della riforma

L’obiettivo fondamentale della riforma è quello di realizzare un disegno di


modernizzazione che dovrà essere garantito attraverso:

investimenti nella professionalizzazione dei docenti;

investimenti nell’innovazione didattica;

investimenti nella definizione di percorsi formativi di elevata qualità;

La Legge Finanziaria 2004 ha stanziato (art. 3, 92° c.) 90 milioni di Euro per
l’attuazione del piano programmatico previsto nella Legge n° 53/2003, con specifiche
destinazioni tra cui lo sviluppo di tecnologie multimediali.

Per l'insegnamento dell'informatica nelle prime classi della scuola primaria, ben
170.000 insegnanti hanno seguito nel 2003 corsi di specializzazione. Nelle scuole sono
attualmente presenti 52.000 computer, uno ogni 15 studenti.

Grazie a una alla convenzione con la Rai è stato creato il canale DivertiPC, come
supporto all'insegnamento dell'informatica nelle scuole elementari.

Vengono elencati di seguito gli obiettivi specifici di apprendimento per i vari cicli.

Classe prima:

I bisogni primari dell’uomo, gli oggetti, gli strumenti e le macchine che li

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soddisfano;

I principali componenti del computer: pulsante d’accensione, monitor, tastiera,


mouse;

Osservare e analizzare gli oggetti, gli strumenti e le macchine d’uso comune


utilizzati nell’ambiente di vita e nelle attività dei fanciulli classificandoli in base
alle loro funzioni (di raccogliere, sostenere, contenere, distribuire, dividere,
unire, dirigere, trasformare, misurare, trasportare…);

Utilizzare il computer per eseguire semplici giochi anche didattici;

Accendere e spegnere la macchina con le procedure canoniche, attivare il


collegamento a Internet;

Accedere ad alcuni siti Internet (ad esempio quello della scuola).

Seconda e terza classe

Al termine delle classi seconda e terza, la scuola ha organizzato per lo studente attività
educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in
competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari:

Le principali caratteristiche dei materiali.

La costruzione di modelli.

Concetto di algoritmo (procedimento risolutivo).

La videoscrittura e la videografica.

Ricorrendo a schematizzazioni semplici ed essenziali, realizzare modelli di


manufatti d’uso comune, indicando i materiali più idonei alla loro realizzazione.

Classificare i materiali in base alle caratteristiche di: pesantezza/leggerezza,


resistenza, fragilità, durezza, elasticità, plasticità.

Individuare le funzioni degli strumenti adoperati per la costruzione dei modelli,


classificandoli in base al compito che svolgono.
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Accedere ad Internet per cercare informazioni (per esempio, siti meteo e siti per
ragazzi).

Scrivere piccoli e semplici brani utilizzando la videoscrittura e un correttore


ortografico e grammaticale.

Riconoscere l’algoritmo in esempi concreti.

Disegnare a colori i modelli realizzati o altre immagini adoperando semplici


programmi di grafica.

Inserire nei testi le immagini realizzate.

Quarta e quinta classe

Il significato elementare di Energia, le sue diverse forme e le macchine che le


utilizzano.

Le principali vie di comunicazione utilizzate dall’uomo via terra, via acqua,via


aria.

Le telecomunicazioni

Progettare e costruire modelli di macchine che utilizzano diverse forme di


energia per scoprirne problemi e funzioni.

Individuare, classificare e rappresentare (con schizzi e modelli tridimensionali),


per ognuna delle tre categorie di trasporto, i mezzi corrispondenti, indicando il
tipo d’energia utilizzata (termica, elettrica).

Individuare, analizzare e riconoscere potenzialità e limiti dei mezzi di


telecomunicazione.

Individuare, riconoscere e analizzare le macchine e gli strumenti in grado di


riprodurre testi, immagini e suoni.

Adoperare le procedure più elementari dei linguaggi di rappresentazione:


grafico/iconico e modellistico tridimensionale.

Approfondire ed estendere l’impiego della videoscrittura.


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Utilizzare semplici algoritmi per l’ordinamento e la ricerca.

Utilizzare programmi didattici per l’insegnamento del calcolo e della geometria


elementare.

Creare semplici pagine personali o della classe da inserire sul sito web della
scuola.

Consultare opere multimediali.

Nel prossimo paragrafo verranno trattati gli aspetti legislativi riguardanti la formazione
degli insegnanti in Italia. Tutte le informazioni e i dati citati hanno come fonte il
Ministero dell’Istruzione.

2.4.2. Formazione degli insegnanti

La circolare ministeriale n. 55 del 21 maggio 2002 ha previsto l'organizzazione di corsi


a vari livelli sull'utilizzo delle tecnologie rivolti al 20% del personale docente (Piano
Nazionale di Formazione degli Insegnanti sulle Tecnologie dell'Informazione e della
Comunicazione). Nella circolare viene delineato il progetto del Ministero, articolato in
tre tipologie di percorsi formativi aventi diversi obiettivi:

A. l'uso del computer nella didattica e nella gestione della scuola;

B. il coordinamento e l'orientamento all'uso delle risorse tecnologiche e multimediali


nella didattica;

C. la configurazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche nelle scuole.

In particolare, nei percorsi formativi A e B è previsto un approfondimento sul rapporto


tra tecnologie didattiche e teorie dell’apprendimento, in cui viene descritto come le
diverse teorie dell’apprendimento influenzino le modalità di utilizzo delle nuove
tecnologie, quindi vengono individuate le strategie migliori da adottare nell’uso delle
T.I.C. per migliorare le abilità e le potenzialità degli studenti. È un passo importante
nelle giusta direzione per un corretto e produttivo utilizzo delle nuove tecnologie nella
scuola, non basato semplicemente su un dato numerico (il numero minore di studenti
per ogni computer), ma su un valido approccio pedagogico (circolare ministeriale n. 55
del 21 maggio 2002).

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Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha svolto nel 2001 e nel


2002 un’indagine conoscitiva riguardante le risorse tecnologiche per la didattica nella
scuola. Mentre il monitoraggio svolto nel 2001 ha mirato ad ottenere un dato aggiornato
sulle dotazioni multimediali destinate alla didattica presenti nella scuola, puntando
quindi l’attenzione sul rapporto computer/studenti, quello del 2002 ha cercato di andare
oltre, analizzando le percezioni e le attese dei soggetti coinvolti (presidi, docenti,
studenti, ecc.).

Dall’indagine del 2002 emerge come il rapporto computer/studenti sia aumentato


rispetto all’anno precedente da un PC ogni 28 studenti a uno ogni 15 (MIUR, 2002).

Un dato importante per capire come viene concepito l’utilizzo del computer nella
didattica è l’ubicazione dei PC: prevale la collocazione in aule informatiche (86%),
seguita da quella in aule studio e biblioteche (30%), dove il p.c. viene messo a
disposizione per uso bibliotecario e non degli studenti, mentre solo il 3% dei computer è
presente nelle classi. Tale collocazione evidentemente impedisce l’utilizzo del computer
come strumento abituale nella didattica, confinandone l’utilizzo in momenti particolari:
dal questionario emerge inoltre come secondo la metà dei presidi intervistati (le
percentuale è uguale nei diversi livelli scolastici, dalle elementari fino alle scuole
superiori) la collocazione ideale dei computer dovrebbe essere in classe, indicando
quindi l’esigenza di utilizzare il pc secondo modalità diverse da quelle attuali. Nei
processi scolastici le tecnologie informatiche vengono utilizzate in primo luogo per
servizi di segreteria, l’organizzazione delle risorse, le comunicazioni, mentre l’uso delle
T.I.C. per la didattica si trova solamente al quarto posto della graduatoria.

La legge finanziaria 2004 prevede che i docenti delle scuole pubbliche di ogni ordine e
grado, e il personale docente presso le università statali, complessivamente circa 850
mila persone, potranno acquistare un Pc portatile da utilizzare nella didattica,
usufruendo di una riduzione di costo e della possibilità di rateizzare il pagamento. Con
questo provvedimento continua l'azione di sviluppo dell'informatica nella didattica.
Nell’anno 2005, sono stati formati oltre 170 mila docenti a tre livelli di alfabetizzazione
tecnologica, affinché possano garantire questo insegnamento in ogni ordine e grado di
scuola. Si sta inoltre svolgendo un ulteriore corso di formazione per 50 mila docenti, in
maniera specifica per le scuole elementari, in modo che, quando i ragazzi avranno
acquisito le prime basi per iniziare ad utilizzare un computer, avranno insegnanti
preparati.
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QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
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CAPITOLO III

METODOLOGIA NELL’APPLICAZIONE DELLE T.I.C. E


FATTORI DI ACCETTAZIONE/RESISTENZA ALLE
TECNOLOGIE DIDATTICHE

3.1. RELAZIONE TRA USO DELLE TECNOLOGIE DIDATTICHE E


MONDO DELL’ISTRUZIONE

La comparsa di nuovi ausili tecnologici nella didattica, sta determinando un


cambiamento nel mondo dell’istruzione, sempre più indirizzato ad un allontanamento
dall’utilizzo esclusivo della sola didattica tradizionale nel processo formativo.

Si è soliti definire “didattica tradizionale” quella didattica che fa prevalente uso di


materiale cartaceo in cui le conoscenze si presentano standardizzate.

Nella “Didattica audiovisiva” si utilizzano, invece, i linguaggi visivi; generalmente


questi ausili sono stati utilizzati per lo studio di determinati ambiti disciplinari, in
particolare quelli scientifici.

A seguito di questa ultima tipologia, sono entrati nelle scuole, con difficoltà, alcuni
prodotti informatici che hanno proposto nuovi codici simbolici e nuovi ambienti di
apprendimento. L’integrazione degli ausili informatici, inizialmente, era diretta
all’individuazione di una metodologia applicabile alla didattica per la documentazione.

In tempi recenti, hanno fatta la loro comparsa i prodotti multimediali, caratterizzati da


software ipermediali e ipertestuali, la cui influenza sulle metodologie e
sull’organizzazione dei contenuti porta il mondo della didattica a un sempre maggiore
interessamento verso essi. (Cerri Musso, 1995).

Se in passato il termine multimedialità designava un utilizzo contemporaneo di più


strumenti, quali, ad es., il televisore, il videoregistratore e la telecamera, oggi per
multimedialità si intende la gestione di più sistemi simbolici all’interno di uno stesso
ambiente: il computer:
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“Un ambiente formativo multimediale […] è un ambiente nel quale operano secondo
rapporti integrati media diversi - audiovisivi, informatici, telematici - e quindi
linguaggi diversi - analogici, digitali, virtuali . […] il pc multimediale, grazie alla sua
straordinaria polivalenza comunicativa, è destinato ad occupare la scena sempre più
massicciamente. In un'accezione più recente, un ambiente multimediale è costituito da
un software ipermediale che coordina congiuntamente più sistemi simbolici” (Battaggia
A., 2003).

All’interno dello stesso mezzo vengono così utilizzati e integrati diversi canali
comunicativi (testi, suoni e immagini); tale possibilità introduce nella didattica delle
potenziali innovazioni metodologiche e processuali che potrebbero adeguare l’assetto
educativo alle trasformazioni socioculturali in atto (cfr. C. Musso, 1995), aprendo, in
primo luogo, un nuovo spazio di lavoro cognitivo e comunicativo nel quale il processo
di apprendimento del discente potrebbe esprimersi attraverso molteplici facoltà e
competenze; verrebbe così promossa una maggior scelta delle competenze richieste e, di
conseguenza, una ricerca di nuovi percorsi conoscitivi e un’implementazione
dell’attività creativa del discente.

Ancora, secondo la teoria dell’elaborazione dell’informazione (H.I.P.), ci sarebbe un


avvicinamento tra il discente e il mezzo della conoscenza, in quanto il computer
rispecchierebbe la struttura della mente di chi apprende. Questo punto di vista è
sostenuto da autori come Olson e Bruner, i quali, sin dai primi anni della seconda metà
del’900, sostenevano che i nuovi media fossero più vicini alla struttura reticolare dei
processi di pensiero di quanto non lo fossero i vecchi media, come i libri o i filmati, che
seguivano una successione di tipo lineare.Infine, si ha un maggior rispetto delle
differenze ed una maggiore attenzione al potenziamento delle facoltà individuali.

Grazie al parallelismo tra struttura degli artefatti tecnologici e processi mentali, si è


assistito ad un graduale decadimento delle barriere architettoniche tra macchine e
soggetto; in virtù di queste considerazioni, la scuola sta tendendo ad un’apertura verso
l’esterno e sempre più frequenti si fanno le proposte e le sperimentazioni al suo interno;
questa esigenza di cambiamento potrebbe trovare, almeno in parte, risposta
nell’introduzione delle tecniche e delle nuove tecnologie.

Il focus dell’attenzione passerebbe dal sistema scolastico all’individuo, grazie alle


potenzialità dei supporti informatici: le caratteristiche dei nuovi media, quali la pluralità
dei percorsi conoscitivi e la loro reticolarità, la velocità nella fruizione delle
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informazioni, la molteplicità dei codici di rappresentazione e la motivazione che ne


scaturisce dall’uso, rappresenterebbero una svolta nel nuovo modo di concepire
l’istruzione.

Tramite i nuovi media, è possibile che ogni alunno segua l’itinerario formativo più
rispondente alle proprie esigenze, ai propri tempi e modi d’apprendere. Gli insegnanti, a
loro volta, con l’uso appropriato di diversi programmi possono promuovere e approntare
il percorso di apprendimento degli alunni che deve facilitare il più possibile la
comprensione. I percorsi di apprendimento mediati dal computer propongono anche
quelle attività che l’alunno normalmente effettua tramite l’osservazione diretta, l’azione
e la manipolazione di materiale concreto. L’ideale sarebbe integrare l’insegnamento
tradizionale proprio con l’attività di ricerca in modo tale da preparare gli alunni a gestire
e organizzare l’enorme massa di informazioni offerta dalle nuove tecnologie e aiutare il
bambino a formarsi pienamente (Papert S., 1994).

Attraverso l’attività di ricerca dell’informazione l’alunno diventa, infatti, protagonista


dei processi di apprendimento sfruttandone appieno i suoi vantaggi.

3.2. RIFLESSIONI SUI DIVERSI ESITI DELL’APPROCCIO


TECNOLOGICO IN AMBIENTE SCOLASTICO

Parallelamente alla sempre maggiore diffusione delle nuove tecnologie e del loro
utilizzo in ambito scolastico, continua a svilupparsi il dibattito scientifico sull’effettiva
validità di tali strumenti nel processo di insegnamento-apprendimento. Diverse ricerche
tendono ad esaltare il ruolo della tecnologia come supporto educativo, mentre altri
continuano a esprimere delle riserve sull’effettiva prevalenza dei supporti informatici
rispetto alle metodologie tradizionali.

Kim S., Yoon M., Whang S., Tversky B. e Morrison J. B. sostengono che uno dei
vantaggi nell’utilizzo delle tecnologie informatiche in classe è l'incremento, nell'alunno,
dell'attenzione e della comprensione dei contenuti educativi (Kim S., Yoon M., Whang
S., Tversky B., Morrison J. B. 2007).

Rollo D. e Perini S. affermano che l’apprendimento di concetti a contenuto metaforico

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possa essere implementato tramite la Task Analysis (analisi del compito), e come tale
strategia educativa trovi il terreno ideale d’applicazione negli strumenti ipermediali,
grazie alla possibilità di organizzare un percorso didattico modulato sull’esperienza via
via accumulata dal discente che, supportato dall’insegnante, ha la possibilità di
monitorarne lo svolgimento. (Rollo D., Perini S. 2000)

Eliane Segers e Ludo Verhoeven Blackwell (2005) rilevano che il supporto informatico,
grazie ad alcuni fattori quali la ripetizione senza fine e il feedback diretto, si rivela un
utile strumento nell'implementazione delle abilità linguistiche degli studenti. (Segers E.,
Verhoeven L. 2005).

Johannes C. Cronjè (2001), sostiene che per rendere più interattiva e interessante
l’esperienza di imparare, si possono usare altre vie in cui diverse tecniche d’istruzione
come discussione, studi e laboratori potrebbero essere messe in atto creando delle classi
virtuali su Internet.

Philip Barnes (2002) ha apportato i suoi studi in ambito formativo, promuovendo l’ uso
delle tecnologie nelle scuole, in quanto fattibilmente in grado di migliorare la qualità
dell’insegnamento.

Una visione positiva sull'utilizzo del computer in classe per l'implementazione del
processo d'apprendimento è stata sostenuta anche da Terry Goodison (2002) a patto che
vengano rispettati una serie di fattori ambientali quali, ad es., un adeguato supporto
tecnico e una predisposizione positiva verso l'uso delle tecnologie informatiche sia dei
discenti che dei docenti.

Per quanto riguarda le differenze di genere, dalla letteratura analizzata in merito


emergono posizioni contrastanti;

Lily Shashaani e Ashmad Khalili (2001) hanno portato avanti una ricerca in ambito
scolastico sull’uso del computer soffermandosi in particolar modo sulle differenze di
genere. Il risultato è stato positivo per entrambi nel senso che sia i maschi che le
femmine hanno dimostrato un ottimo approccio all’uso del computer sia
individualmente che cooperativamente con l’unica differenza che le femmine esprimono
una minor confidenza di contatto individuale con il mezzo. Nessuna differenza di
genere è stata trovata in risposta al gradimento o all’utilità dei computers o della
credenza negli effetti positivi di questi sulla società.

La differenza di genere è stata spiegata da Peter McKenna (2000) come differenza nello
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stile d’approccio: mentre i maschi riescono ad utilizzare il computer anche nelle


operazioni abbastanza complesse adattandosi a qualsiasi programmazione, per le donne
le difficoltà sono state maggiori.

In realtà oltre al genere anche gli stili cognitivi, considerati come "impronte" particolari
indicanti le modalità in cui le persone utilizzano i processi cognitivi (percezione,
attenzione, memoria, comprensione) e più in generale come gli individui elaborano le
informazioni, giocano un ruolo importante (Huey-Wen Chou 2001).

I sistemi ipermediali basati sugli stili cognitivi potrebbero essere usati per migliorare il
sistema di istruzione, rendendolo effettivamente più efficiente (Evangelos Triantafillou,
Andreas Pomportsis, Stavros Demetriadis, 2003) grazie ai processi di
collaborazione/cooperazione.

Secondo Simona Arnone (Progetto N.U.V.O.L.A. 2005), l’apprendimento collaborativo


può essere realizzato mediante le Nuove Tecnologie, utilizzate come strumenti per
l’apprendimento, il lavoro di gruppo, la comunicazione e la collaborazione; qualsiasi sia
l’approccio o la combinazione di metodologie di apprendimento adottati in un contesto
di formazione in rete, dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti elementi
metodologici per favorire il successo formativo:

l’utente dovrebbe essere coinvolto in un ambiente d’apprendimento dove può


sperimentare nuove soluzioni, andare alla scoperta del suo percorso
trasformandolo dall’interno.

il processo di apprendimento dovrebbe diventare un atto di partecipazione, un


momento in cui l’utente percepisce con chiarezza ciò che deve fare in una
determinata situazione per produrre nuovo sapere.

A sostegno del fatto che gli studenti preferiscono lavorare in maniera cooperativa Amy
L. Baylor e Donn Ritchie (2002) rilevano come i soggetti che lavorano singolarmente,
hanno un impatto negativo nei confronti della tecnologia.

Di integrazione e apprendimento a distanza si è occupato anche Panagiotes S.


Anastasiades (2002) che in una ricerca condotta in alcune scuole elementari conclude a
favore di una combinazione delle nuove tecnologie educative con il modello
tradizionale per un miglior apprendimento.

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Jessamyn M.O et all (2001) sostengono, ulteriormente, un’integrazione efficace tra i


metodi faccia a faccia e quelli on-line.

Nonostante queste “vedute” entusiaste, altrettante evidenze sperimentali, non


testimoniano differenze significative tra contesti tradizionali di
apprendimento/insegnamento e contesti mediati dalla tecnologia.

Tra gli scettici, infatti, Graham Shaw e Nigel Marlow (1999) in uno studio
sull’apprendimento assistito dalla tecnologia non trovano nessuna differenza dal punto
di vista del genere per quanto riguarda gli stili di apprendimento, ma è stata trovata
qualche differenza solo da un punto di vista attitudinale a favore dei maschi rispetto alle
donne. Nessuna importanza è stata attribuita al mezzo dal punto di vista dell’interazione
e dell’auto-soddisfazione. Anche Jane K. Seale e Alan J. Cann (2000), nella loro ricerca
non ottengono grossi risultati a favore della tecnologia: l’insegnamento tecnologico
agevola alcuni studenti, ma altri non traggono alcun vantaggio. Probabilmente ciò è
dovuto: al modo in cui è utilizzato l’insegnamento tecnologico; alle diverse
caratteristiche degli studenti; al ruolo del tutor e infine alle preferenze degli stessi
studenti.

C’è anche chi sostiene, inoltre (Rosamund Sutherland, Keri Facer, Ruth Furlong, John
Furlong, 2000), che l’immagine costruita dai bambini sulla tecnologia digitale, dipenda
molto dalla base socio-culturale all’interno della famiglia. In tal senso sarebbe
funzionale al miglioramento delle capacità personali, avere un computer a casa e
comunicare con esperti del settore.

Studi longitudinali sull’uso del computer a scuola, presentano risultati deludenti dovuti
al fatto che il computer è utilizzato pochissimo (Paul Newhouse, Leonie Renne, 2000)
rispetto alla didattica tradizionale. Tuttavia, i bambini dimostrano notevoli difficoltà in
caso di apprendimento a distanza in un ambiente computerizzato, preferendo imparare
faccia a faccia con un insegnante (Moti Frank, Nurit Reich, Keith Humphreys, 2002).

In realtà in questo lungo dibattito la controversia è ancora aperta; non si è arrivati a delle
conclusioni o ad un punto d’incontro se non, forse, quello di integrare nel miglior modo
possibile il “mondo tradizionale” con il “mondo delle nuove tecnologie”.

Nel prossimo paragrafo saranno analizzate alcune delle principali teorie che analizzano i
fattori influenzanti l’accettazione, e di conseguenza l’integrazione, degli strumenti
tecnologici nella pratica didattica.

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3.3. FATTORI DI ACCETTAZIONE/RESISTENZA ALLE TECNOLOGIE


SCOLASTICHE

La presenza dei computer e delle tecnologie informatiche si è ormai estesa


pervasivamente nelle organizzazioni e nella vita quotidiana di ogni persona (Lyytinen e
Yoo 2002), tuttavia la sola diffusione delle nuove tecnologie, permessa dalla
disponibilità di nuovi strumenti a costi decrescenti, sembra non essere sufficiente ad
assicurare una rapida adozione dei medesimi strumenti. Il fenomeno considerato
rappresenta uno dei temi cruciali su cui porre attenzione per tentare di ridurre il forte
divario che si registra tra la diffusione dei nuovi strumenti informatici ed il loro effettivo
utilizzo (Pontiggia 2001).

Le ricerche in quest’area hanno fornito numerosi modelli teorici, alla cui base vi sono
diversi studi di natura psicologica e sociologica (Venkatesh et al. 2003).

Il TAM (Davis, 1989; Davis et al., 1989 ) rappresenta uno degli strumenti
maggiormente utilizzati nell’analisi e nella comprensione dei motivi per cui i singoli
individui scelgono di utilizzare o meno una data tecnologia, sia in ambito lavorativo che
privato.

Esso venne introdotto nel 1989 (Davis; Davis, et al.), con lo scopo di fornire un buon
strumento di previsione d’utilizzo delle applicazioni informatiche da parte di classi
particolari di utenti sulla base di due caratteristiche fondamentali di un sistema: l’utilità
e la facilità d’uso percepite dal suo utente. La prima dipende dal modo in cui un’
applicazione contribuisce al miglioramento della performance lavorativa (ad esempio
gli permette di portare a termine un compito particolare; gli permette di ottenere un
risultato di migliore qualità, etc.); la seconda invece è relazionata allo sforzo richiesto
per beneficiare dell’applicazione (Davis 1989).

Secondo tale teoria le persone, quindi, tenderebbero a scegliere se usare o meno uno
strumento tecnologico basandosi sulle loro credenze, in relazione al fatto che tale
strumento sia in grado di aiutarle a completare i propri compiti, quindi compiere meglio
il proprio lavoro, e che non sia troppo difficile da utilizzare.

La Teoria Unificata dell'Accettazione e dell'Uso della Tecnologia (UTAUT), proposta


da Venkatesh et al. (2003), estende il modello TAM arricchendolo di due nuovi
costrutti: l’influenza sociale e le condizioni facilitanti, conferendo in tal modo notevole
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Possibili soluzioni…

rilevanza ai fattori sociali. (vedi figura 1 ).

Figura 1. La Teoria Unificata dell'Accettazione e dell'Uso della Tecnologia ( Venkatesh


et al., 2003).

Il modello è stato inoltre completato con apporti derivanti da altre teorie, alcune
correlate concettualmente, altre basate su somiglianze concettuali ed empiriche.
Tuttavia il suo fondamento teorico si ritrova in alcuni modelli, tra loro in competizione,
di accettazione della tecnologia. In particolare si collega in modo preminente a una serie
di modelli tra i quali:

Il Modello dell'Accettazione della Tecnologia di Davis (TAM) (Davis 1989;


Davis, Bagozzi & Warshaw, 1989), di cui si è già discusso e che compone il
nucleo principale del modello UTAUT;

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QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
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la Teoria della Diffusione dell'Innovazione di Roger (IDT) (Rogers 1995):

estendendo le teorie e gli studi empirici di Ryan e Gross (1943) sulla diffusione
dell’innovazione come processo sociale, Rogers cercò di identificare le
caratteristiche distintive di ciascuno dei cinque tipi di “utenti” individuati da
Ryan e Gross: innovatori, anticipatori, maggioranza anticipatrice, maggioranza
ritardataria e ritardatari.

Rogers mostrò empiricamente, tra l’altro, come gli “anticipatori” e coloro che
appartenevano alla maggioranza anticipatrice fossero maggiormente inseriti nei
meccanismi di comunicazione locale e avessero una più elevata capacità di
assumere un ruolo di opinon leaders. Questo spinse Rogers a identificare il
processo di diffusione come essenzialmente di natura comunicativa, in cui
entrano in gioco caratteristiche e orientamenti personali.

la Teoria dell' Azione Ragionata (TRA) (Fishbein & Ajzen 1975) e la Teoria del
Comportamento Pianificato (TPB) (Ajzen 1991):

sviluppata negli anni ’60 ed estesa e completata con la Teoria del


comportamento pianificato, la teoria dell’azione ragionata di Fishbein & Ajzen
sostiene che il comportamento di un soggetto dipende dalla sua predisposizione
verso un comportamento, dalle sue convinzioni, dalle norme soggettive (la
considerazione delle aspettative altrui rispetto al proprio comportamento), dalle
sue intenzioni comportamentali (la decisione di impegnarsi in un determinato
comportamento) e dalla percezione di poter esercitare un controllo su quel
comportamento. Nella Teoria del Comportamento Pianificato si assume inoltre
che gli esseri umani sono generalmente razionali e fanno uso delle informazioni
disponibili in un determinato contesto prima di decidere se agire o meno un dato
comportamento.

il modello motivazionale (MM) (Davis, Bagozzi & Warshaw 1992);

Le diverse teorie prodotte riguardanti la motivazione possono essere raggruppate


in due approcci principali:

o Teorie del contenuto, che tentano di individuare i bisogni primari, quindi

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i motivi che spingono le persone all’azione

o Teorie del processo, che focalizzano l'attenzione sul processo psicologico


implicato nella motivazione

Del primo approccio fanno parte, tra le altre, le teorie di Maslow (Maslow A.,
1954) e di Herzberg (Herzberg F., 1973), del secondo la teoria di Vroom
(Vroom V. H., 1964); Vallerand (1997) presenta un eccellente riesame dei
fondamentali capisaldi di queste basi teoriche.

Seguendo le teorie del contenuto, Davis et al. (1992) hanno applicato la teoria
motivazionale, adattandola allo specifico contesto tecnologico per comprendere
l'uso e l'adozione delle nuove tecnologie.

Nel Modello Motivazionale trova particolare rilevanza teorica la suddivisione


delle motivazioni in estrinseche ed intrinseche:

o Motivazioni estrinseche:

la percezione degli utenti di voler svolgere un'attività "Perché è percepita


come uno strumento per conseguire dei risultati che si distinguono
dall'attività stessa, come ad esempio il miglioramento delle prestazioni nel
posti di lavoro, della retribuzione o la possibilità di future promozioni"
(Davis et al,. 1992, p. 1112).

o Motivazioni intrinseche:

La percezione degli utenti di voler svolgere un'attività "Senza nessun


rinforzo apparente se non quello dato dal processo di svolgimento delle
attività di per sé "(Davis et al., 1992, p. 1112).

il Modello di Utilizzazione del PC (MPCU) (Thompson, Higgins & Howell


1991; Triandis 1977);

Creato inizialmente come modello di base per l’automazione di un ambiente di


lavoro manuale e derivato in gran parte dalla teoria sul comportamento umano di
Triandis (Triandis, 1977), questo modello, adattato e perfezionato da Thompson
et al. (Thompson, Higgins & Howell; 1991) per permetterne l’uso nel campo
delle tecnologie informatiche, presenta una prospettiva concorrente a quella
proposta dalla TRA e dalla TPB, a differenza delle quali le previsioni sono
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incentrate, piuttosto che sull'intenzione, sul comportamento di utilizzo del


computer.

Il modello MPCU fa un'analisi approfondita sull’uso individuale del computer


focalizzandosi sul comportamento individuale e includendo fattori quali le
conseguenze a lungo termine nell'uso del computer, l’implementazione
dell’attività lavorativa, la complessità di utilizzo, i fattori emozionali, i fattori
sociali e le condizioni facilitanti

la Teoria Sociale Cognitiva (Bandura 1986; Compeau & Higgins 1995a;


Compeau & Higgins 1995b; Compeau, Higgins & Huff 1999):

con gli studi di Albert Bandura e collaboratori sull’apprendimento per


osservazione assistiamo alla nascita di uno dei pilastri fondanti del cognitivismo
sociale. Bandura, partendo da una base teorica di tipo comportamentista se ne
distacca in seguito per orientare i suoi studi verso i processi cognitivi che
determinano l’adattamento dell’individuo all’ambiente nel quale vive e opera.
Mentre i behavioristi studiano i comportamenti solo attraverso l’osservazione
delle reazioni agli stimoli dati, egli analizza i processi mentali attivi che si
verificano quando l’individuo interagisce con l’ambiente, sottolineando come
l'apprendimento non avvenga solo per contatto diretto con gli elementi che
influenzano la condotta, ma come esso possa essere mediato con l'osservazione
di altre persone attraverso un processo di “modellamento”.

Lo stesso psicologo tuttavia, pur collegandosi ai cognitivisti, i quali si


interessano alle dinamiche mentali che rendono l’uomo capace di elaborare le
informazioni ed essere libero di scegliere e decidere, riesce ad ampliare e
integrare questi presupposti teorici sottolineando l’importanza delle strutture
sociali come prodotto delle persone che le costituiscono.

Entro questa prospettiva, l'accento inizia ad essere posto sulle strutture cognitive
alla base dei comportamenti, in termini di aspettative, attribuzioni causali,
valutazioni sulle capacità proprie ed altrui.

La riflessione di Bandura segna il punto di approdo degli sviluppi della teoria


dell’apprendimento sociale e la nascita della teoria sociale cognitiva (Bandura,
1997).
54
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Venkatesh e Davis estesero il modello originale TAM per spiegare l'utilità percepita e i
propositi d'uso in termini di influenza sociale e di processi strumentali cognitivi
(Venkatesh e Davis, 2000), formulando la Teoria Unificata dell'Accettazione e dell'Uso
della Tecnologia (UTAUT). Essi affermarono che quattro elementi hanno un ruolo
significativo come determinanti diretti dell'accettazione dell'utente e del comportamento
d'uso: l’aspettativa di rendimento, l’aspettativa di sforzo, l'influenza sociale e le
condizioni facilitanti.

Le variabili di genere, età, esperienza e volontarietà d'uso moderano le relazioni chiave


descritte nel modello.

L'UTAUT include, inoltre, due meccanismi teorici supplementari tramite i quali le


norme soggettive possono influenzare indirettamente l'intenzione attraverso l'utilità
percepita: l’interiorizzazione e l’identificazione.

Le norme soggettive influenzeranno positivamente l'immagine della tecnologia perché,


se i membri significativi ed autorevoli del gruppo sociale o lavorativo di una persona
credono che debba avere un atteggiamento positivo nei confronti della nuova
tecnologia, questo fatto condurrà l'utente ad accettarla. (Venkatesh & Davis, 2000).

Infine, il modello UTAUT è stato convalidato empiricamente fra 4 società operanti in


vari settori e validato in maniera incrociata usando i dati da altre 2: i risultati hanno
indicato che tale modello era capace di spiegare il 70% del comportamento
d'accettazione della tecnologia, un miglioramento considerevole rispetto ai modelli
precedenti che spiegano di solito circa il 40% dell'accettazione (Venkatesh et al., 2003).

Tramite l’applicazione sul campo delle teorie sull’accettazione della tecnologia,


dovrebbe essere possibile implementare l’utilizzo delle T.I.C. in campo didattico,
attualizzando così il sistema formativo alle nuove trasformazioni sociali, in cui
l’effettivo utilizzo delle nuove tecnologie rappresenta sia un indicatore dell’avvenuta
trasformazione che un fattore propulsivo della trasformazione stessa.

In realtà, tali ausili teorici, uniti agli sforzi promossi dalla riforma del sistema
d’istruzione, hanno veramente prodotto un miglioramento della scuola?

Per dare una risposta a tale domanda, nel prossimo capitolo, si presenteranno i dati
emersi da una rilevazione che mira a verificare lo stato attuale dell’ utilizzo delle nuove
tecnologie ai fini del processo di insegnamento/apprendimento.
55
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CAPITOLO IV

INDAGINE SPERIMENTALE SULL’INTRODUZIONE DELLE


TECNOLOGIE NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO;
UN’ESPERIENZA IN SARDEGNA

4.1. INTRODUZIONE ALLA RICERCA

Sulla base delle riflessioni emerse nei capitoli precedenti, lo scopo di questa indagine
sperimentale è stato quello di rilevare:

1) la rappresentazione della tecnologia in insegnanti e studenti;

2) l’esistenza o meno di una differenza tra contesti tradizionali e contesti tecnologici


nell’ambito della formazione e in particolar modo per i processi di apprendimento e
insegnamento.

Negli ultimi anni, infatti, c’è stata una vera e propria esplosione dell’interesse
scientifico riguardo ai nuovi media e alle loro potenzialità come supporto dell’attività
educativa. Il dibattito scientifico si è spesso acceso su questioni di assenso o diniego in
merito all’utilizzo del supporto tecnologico come medium didattico, dando vita a visioni
antitecnologiche o filotecnologiche.

Le questioni forse più spinose vertono sui seguente interrogativi: le nuove tecnologie
aprono la via a nuove forme di apprendimento? In che modo le tecnologie didattiche
integrate nel sistema “scolastico tradizionale” possono essere di supporto al processo di
insegnamento in ambito educativo e formativo?

Oggi più che mai si sente la necessità di dare una risposta a questi interrogativi per
trovare una giusta soluzione, così da riuscire a scorgere nuovi orizzonti
nell’integrazione delle nuove tecnologie nel mondo della scuola, facendo sempre
particolare attenzione alle esigenze che il sistema formativo si trova a dover
continuamente soddisfare in una società in continua evoluzione come la nostra.

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4.2. LA RICERCA

4.2.1. Le ipotesi

Lo scopo dell’ indagine sperimentale è stato di rilevare:

la rappresentazione della tecnologia in insegnanti e studenti;

rilevare se esiste una differenza tra contesti tradizionali e contesti tecnologici


nell’ambito della formazione per i processi di apprendimento e insegnamento.

In particolare, le ipotesi dell’indagine sono state le seguenti:

1) come sostenuto dalla letteratura (Terry Goodison, 2002;) esiste una


rappresentazione della tecnologia in insegnanti e studenti che può influenzare
l’uso del computer?

2) rispetto a quanto si evince dalla letteratura in merito (Hakkarainen et all 2003;


Taplin et all 2001; Davies J., et all 2001; Newmarch et all 2000), esistono
differenze di genere in tale rappresentazione nel campione studenti?

3) come sostenuto dalla letteratura, (Demetriadis et all 2003; McKay et all 2000),
esiste una differenza tra contesti tradizionali e contesti tecnologici (didattica
mediata dall’uso del computer) nell’ambito della formazione per quanto riguarda
le modalità comunicative utilizzate dagli insegnanti durante la propria lezione?

4) in accordo con la letteratura (Evangelos Triantafillou, Andreas Pomportsis,


Stavros Demetriadis, 2003), esiste una differenza tra contesti tradizionali e
contesti tecnologici nell’ambito della formazione per quanto riguarda i processi
di apprendimento negli studenti?

4.2.2 Il campione

Alla ricerca hanno partecipato 279 bambini (m = 141, f = 138), frequentanti le classi III,
IV, e V elementare, di cui 138 hanno fatto lezione “ipertestuale” e 141 lezione
“tradizionale”; Il campione docente era composto da N = 18 di cui tutte donne ed
equamente distribuite nei due tipi di lezione.

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CLASSE

TERZA
QUINTA 28%
39%

QUARTA
33%

Grafico n. 1 – Suddivisione del Campione per Classe

GENERE

FEMMINE MASCHI
49% 51%

Grafico n. 2 – Suddivisione del Campione per Genere

MODALITA'

IPERTESTUALE
TRADIZIONALE
49%
51%

Grafico n. 3 – Suddivisione del Campione per Modalità di Lezione fruita

4.2.3. Gli strumenti

Per il rilevamento dei dati sulla rappresentazione della tecnologia in bambini ed


insegnanti, si sono costruiti 2 questionari di cui uno rivolto agli studenti e l’altro diretto
agli insegnanti.

Il questionario studenti (Appendice A) è composto da 12 domande relative a: Interesse


di genere verso la tecnologia; Percezione della Difficoltà nell’uso della tecnologia;
Integrazione del computer nel curriculum scolastico.

Il questionario docenti (Appendice B), è composto da 16 domande corrispondenti alle

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domande del questionario studenti, ed una categoria relativa all’uso effettivo del
computer nel curriculum scolastico comprendente domande filtro rivolte esclusivamente
ai docenti della scuola con laboratorio informatico.

In entrambi i questionari le domande si presentano in una successione “ad imbuto”


nell’ipotesi che studenti ed insegnanti possano essere portatori di attitudini e pregiudizi
nei confronti dell’uso della tecnologia. Le risposte prevedono l’uso di scale verbali e
numeriche. Si è prevista una somministrazione Consegna/Ritiro all’intero collettivo
indagato.

Per rilevare se esistono differenze tra contesti tradizionali di


apprendimento/insegnamento e contesti tecnologici, si è costruita una lezione sullo
studio degli alberi in due differenti modalità:

Una modalità di tipo “tradizionale” in cui l’insegnante conduce la lezione


secondo un approccio “face to face” utilizzando nel caso specifico un tabellone;

Una modalità di tipo “ipertestuale” in cui l’insegnante conduce la lezione


secondo un approccio “computer based” utilizzando nel caso specifico un
ipertesto didattico.

La strutturazione dell’ipertesto è stata guidata dalla considerazione che interfaccia e


contenuti non possono prescindere da una perfetta aderenza con i processi cognitivi del
soggetto attivi durante la visione e la manipolazione del prodotto: ogni aspetto, sia esso
grafico o testuale deve essere adeguato alle dinamiche di percezione, attenzione,
memorizzazione ed apprendimento.

Ciò ha comportato ovviamente una preventiva scelta di tipo comunicativo e visuale che
ha guidato il progettista nella definizione delle caratteristiche dell’interfaccia nel
tentativo di generare quella circolarità auspicabile tra il set di apprendimento attraverso
lo strumento informatico ed il suo stesso utilizzo.

In considerazione dell’utenza e dello specifico contesto di utilizzo, il prodotto è stato


realizzato seguendo delle “specifiche di buon senso” riconducibili ai seguenti punti
chiave:

il carattere grafico deve essere facilmente leggibile e deve favorire la


comprensione, prevenendo, per quanto possibile, il sovraccarico cognitivo e
l’affaticamento;

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le scelte cromatiche devono rispettare le esigenze di percezione visiva;

vi deve essere un opportuno bilanciamento tra i vari canali comunicativi previsti


rispetto ai contenuti presenti;

lo stile di navigazione deve essere intuitivo;

ogni metafora utilizzata deve essere condivisa con l’utente.

L’architettura ipertestuale scelta è di tipo misto: una prima sezione è di tipo chiuso, ed
accompagna l’utente alla fruizione di una seconda sezione di tipo aperto. Tale scelta è
stata determinata da ragioni puramente didattiche: l’esposizione dell’argomento
presuppone una introduzione alla tematica in cui vengono definiti gli obiettivi della
lezione e si avvicina l’utente ai principi base che rappresentano il background
conoscitivo da supporto alle successive informazioni presenti nelle varie pagine
dell’ipertesto. La presentazione dei contenuti e degli obiettivi è inoltre fondamentale per
l’avvicinamento consapevole e progressivo dell’utente alla tematica: in tal modo si attua
una sorta di calibrazione dello sforzo cognitivo richiesto e si struttura un percorso
mentale da perseguire alla ricerca del raggiungimento del proprio fine formativo.

60
Figura 8 – Struttura dell’ipertesto
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Tale rappresentazione è stata rafforzata dall’identificazione visiva di un Logo all’interno


dello spazio dell’interfaccia che accompagna il lettore in ogni step di navigazione.

La metafora visuale è stata scelta in riferimento all’argomento della lezione in virtù di


un rafforzamento tra contenuto-interfaccia-utente, ossia i tre poli di qualsiasi prodotto
informatico a valenza educativa.

La lettura dei contenuti è costantemente accompagnata da “instructional strategies


design” attraverso l’utilizzo di domande di introduzione (preinstructional strategies).

All’inizio di ogni pagina, il lettore entra nell’argomento attraverso brevi domande che
inducono alla riflessione e/o stimolano il ricordo qualora fossero informazioni
conosciute.

Al fine di migliorare la percezione della struttura del testo, sono stati introdotti differenti
strategie di rappresentazione del testo rispetto allo sfondo ed ai differenti elementi
costantemente presenti nell’interfaccia; in particolare ogni pagina presenta le sue parole
chiave con carattere e dimensioni differenti mettendo in rilievo il concetto target
dell’area visualizzata.

L’utilizzo di immagini nei formati gif e jpeg come decorazioni e come rappresentazione
di contenuto.

I contenuti sono stati curati considerando l’organizzazione del testo nel suo complesso e
le frasi nel loro contesto di lettura.

Il testo si presenta come una struttura gerarchica che procede dal semplice al complesso
facendo calare gradatamente l’attenzione del lettore nei dettagli dell’argomento.

Le singole frasi mantengono una configurazione coerente con la struttura gerarchica


attraverso diversi tipi di relazioni ricorrenti che concorrono all’organizzazione delle
frasi stesse all’interno del testo complessivo: le relazioni previste nel prototipo sono di
tipo “risposta”, “specifico”, “spiegazione”, “successione”, “causa” (Meyer 1985).

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Tipo di Relazione Descrizione

Risposta Presentazione di una domanda cui segue una risposta

Specifico Presentazione di una specifica informazione

Spiegazione Spiegazione di un punto

Successione Presentazione di più punti nella loro successione temporale

Causa Presentazione di eventi causa-effetto

Tabella 1 – Organizzazione linguistica delle frasi utilizzate per i contenuti dell’ipertesto


secondo il modello di Meyer (1985)

Le relazioni forniscono al lettore indicazioni (clues) su come utilizzare la frase.

L’attenzione rivolta all’architettura dell’informazione dell’interfaccia, alle instructional


strategies design ed alla struttura del linguaggio scritto, dovrebbe contribuire
all’usabilità del prodotto finale, che è stata monitorata in corso di progettazione facendo
ricorso principalmente ai parametri di una buona stabilità informativa ed una facile
leggibilità attraverso un adeguato rapporto figura/sfondo.

Prima della fruizione delle due differenti tipologie di lezione, all’intero campione
“bambini” osservato è stato somministrato un test di apprendimento (Appendice C) per
monitorare se successivamente alla lezione si ha un diverso livello di prestazioni in
termini di apprendimento.

Il pretest di apprendimento è composto da 24 domande di tipo chiuso (con modalità di


riposta Si-No-Non So), con una modalità di somministrazione del tipo Consegna/Ritiro
all’intero collettivo indagato precedentemente alla presentazione della lezione.

A ciascun insegnante è stata lasciata libera conduzione della lezione secondo tempi e
modalità proprie.

Per lo studio della variabile “direzionalità della comunicazione educativa” è stata


costruita una griglia di osservazione (Appendice D) composta da quattro aree e quindici
categorie per la rilevazione di comportamenti orientati alla sinergia tra aspetto ludico,
studio, collaborazione ed incontro favorenti la coesione di classe, nonché il
raggiungimento di obiettivi didattici, nell’ipotesi che il computer come supporto per
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docenti e discenti (Schimmenti et Al. 1996), migliori la comunicazione nel contesto


scolastico ed la orienti verso dinamiche di tipo multidirezionale.

La costruzione della griglia, ispirandosi ad una classificazione di Buxton (1996) risulta


divisa nelle seguenti quattro aree:

“La comunicazione unidirezionale” (low dialogue), descritta tramite quattro


categorie o momenti in cui la comunicazione è direzionata dall’insegnante agli
studenti;

“La comunicazione bidirezionale” (medium dialogue), descritta tramite quattro


categorie o momenti in cui la comunicazione è attiva tra insegnante e studenti;

“La comunicazione multidirezionale” (high dialogue), descritta tramite quattro


categorie o momenti in cui la comunicazione è attiva tra insegnante e studenti e
tra studenti;

Varie: quest’area comprende tre categorie descrittive dei momenti di pausa,


silenzio e confusione.

Per lo studio del comportamento di navigazione nella modalità ipertestuale si è costruita


una seconda griglia (Appendice E) che consente di annotare il comportamento docente
in situazione di computer based instruction rilevando tutte le azioni effettuate sulle
pagine dell’ipertesto nel corso della navigazione del docente.

Le azioni categorizzate sono:

uso di link testuali interni o esterni al testo;

utilizzo dei menù;

utilizzo delle funzioni del browser durante la navigazione;

utilizzo delle funzioni attive nell’ipertesto;

azioni scorrette.

A conclusione della lezione all’intero campione “bambini” è stato somministrato il post-


test di apprendimento, composto dalle stesse 24 domande del pre-test.

Diversamente, al campione “docente” che ha utilizzato la modalità “computer based” è

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stato somministrato un questionario (Appendice F) composto da 12 domande su:


Sicurezza/Impegno/Fatica nell’uso dell’ipertesto, Rappresentazione delle strategie
utilizzate, Rappresentazione delle capacità necessarie per l’utilizzo.

Le risposte prevedono l’uso di scale verbali e numeriche con una somministrazione di


tipo Consegna/Ritiro non all’intero collettivo indagato, ma una parte di esso (docenti
della scuola con laboratorio informatico).

4.2.4. Il metodo

La ricerca si divide nelle seguenti fasi:

1) Rilevazione delle attitudini nel campione studenti e docenti sull’uso della


tecnologia a scuola;

2) Pre-test di apprendimento;

3) Predisposizione e fruizione della lezione nelle due differenti modalità, con


concomitante rilevazione osservativa del comportamento comunicativo
dell’insegnante nelle due modalità e rilevazione osservativa del comportamento
di navigazione nella modalità ipertestuale;

4) Post-test di apprendimento;

5) Rilevazione della Sicurezza/Impegno/Fatica e Rappresentazione delle strategie


utilizzate dai docenti nell’uso dell’ipertesto.

4.2.5. Analisi dei dati e Discussione

Dall’analisi di frequenze e attraverso l’utilizzo del test del chi-quadro e dell’analisi della
varianza si evince quanto segue:

La rappresentazione della tecnologia nel campione indagato:

In accordo con la letteratura (Hakkarainen et all 2003; Taplin et all 2001;


Davies J., et all 2001; Newmarch et all 2000), esistono differenze di genere nella
rappresentazione della tecnologia nel campione studenti (grafico n. 4), ed in
particolare i maschi tendono a credere di avere maggiori competenze relative
all’IT ( 2=30,289; df=3;p=.01 item 8 x genere),

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Chi Sa Più Cose Sulla Tecnologia?


(Chi Square=30,289;df=3;p<.001)
120

100

80

% 60

40

20

0
maschio femmina
Genere

per tutti e due per i maschi per le femmine

Grafico n. 4

e sperano di trovare un lavoro nel campo della tecnologia ( 2=7,258; df=2;


p<.03 item 10 x genere) (grafico n. 5)

Sceglierò Un Lavoro n Cui Si Usa La Tecnologia?


(Chi Square=7,258, df=2;p=.027)

80
70
60
50
% 40
30
20
10
0
maschio femm ina
Genere

non so no si

Grafico n.5

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QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
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Possibili soluzioni…

Inoltre, i maschi ritengono che per le femmine sia più difficile utilizzare un
computer ( 2 = 25,664; df=2; p < .01 item 7 x genere) (grafico n. 6)

Per Chi è Più difficile usare Un Pc?


(Chi Square=25,664; df=2; p<.001)
120

100

80

% 60

40

20

0
maschio femmina
Genere

per tutti e due per i maschi per le femmine

Grafico n. 6

L’influenza dell’esperienza si riscontra nella capacità di attribuire un giudizio


positivo al le proprie capacità ( 2 = 14,915; df=5; p = .01 item 5 x modalità), ma
solo nel campione studenti, qualora i soggetti facciano uso costante dei laboratori
informatici (grafico n. 7)

Se Dovessi DAre Un Voto Alla Mia Capacità Di Usare Il Pc, Direi:


(Chi Square=14,915; df=5;p=0,011)

100
90 scarso
80 insufficiente
70
sufficiente
60
% 50
bravo
40
bravissimo
30 66
20
10
0
tradizionale Modalità ipertestuale
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
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Grafico n. 7

L’autostima dei soggetti, relativa alla percezione d’autoefficacia nell’uso del


computer, aumenta chiaramente passando dalla classe terza alla classe quinta
( 2 = 33,044; df = 10; p = .01 item 5 x classe) (grafico n. 8).

Se Dovessi Dare Un Voto Alla Mia Capacità Di Usare il Pc, Direi:


(Chi Square=33,044;df010;p<,001)
80

70

60
scarso
insufficiente
50
sufficiente
% 40
bravo
30
bravissimo
20

10

0
terza quarta quinta
Classe

Grafico n.8

L’interesse relativo alla conoscenza del Personal Computer risulta


significativamente prevalente ( =8,213; df=2; p<0.05) nel campione dei
soggetti che possono disporre della presenza di un pc a casa (grafico n.9)

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Grafico n.9

Modalità di insegnamento.

Indipendentemente dalla modalità di insegnamento i docenti utilizzano maggiormente


strategie comunicative di tipo unidirezionale (35,09%), seguite da quelli
multidirezionali (27,20%), bidirezionali (20,17%) e) ed i momenti di pausa, silenzio,
confusione (17,54%). In accordo con la letteratura (Demetriadis et all 2003; McKay et
all 2000) nonostante la consapevolezza che l’uso del computer come strumento
didattico possa migliorare il proprio lavoro, non si è rilevato un comportamento
differente nella conduzione della lezione nelle due modalità. (grafico n. 10)

68
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
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Grafico n.10

Navigazione Ipertestuale.

L’analisi delle frequenze evidenzia come il 67,1% degli insegnanti ha utilizzato


prevalentemente i link interni al testo, mentre il 32,9% dei casi ha fatto ricorso al main
menù di navigazione.

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Apprendimento.

Non si rilevano differenze significative nei test di apprendimento per il fattore modalità
e genere, mentre chiaramente vi è una differenza significativa per il fattore età:
passando dalla classe terza alla quinta le prestazioni aumentano sia per il pre-test
(F=13,272; gdl= 2;27 p< 0.001) che per il post-test (F=9,68 gdl= 2;266 p<0.001).
(grafico n. 11)

25
CLASSE*MODALITA'*TEST

20

15

10

0
preTest posTest preTest posTest

tradizionale ipertestuale

III IV V

Grafico n.11

Performance.

Gli insegnanti che hanno fatto lezione ipertestuale hanno valutato la propria
performance d’insegnamento con il computer attribuendosi un voto sufficiente (25,7%)
e considerando le proprie capacità in una scala da 1 a 5 con un valore compreso tra 2 e 4
(28,6% per entrambi i punteggi). Inoltre, l’85,7% dei casi non ha avuto difficoltà ad
utilizzare il pc durante la lezione e non ritiene di aver speso un grosso impegno nel
corso della navigazione (grafico n.12)

70
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Grafico n.12

Per quanto riguarda la rappresentazione delle strategie utilizzate durante la computer


based instruction gli insegnanti dichiarano di aver fatto ricorso all’esperienza
elaborando un piano strategico di navigazione, attivando processi cognitivi come
attenzione, memoria, ragionamento e intuito (85,7%) e utilizzando, in minor percentuale
(71,4%), processi attentivi e decisionali (grafico n.13)

Grafico n.13

71
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4.2.6. Conclusioni della ricerca

Dai risultati dell’indagine sperimentale emerge, all’interno del sistema scolastico, una
probabile difficoltà nel processo di integrazione dei mezzi e delle procedure offerti dalle
T.I.C. all’interno del processo di insegnamento/apprendimento nel campione indagato.

Nonostante discenti e docenti abbiano un orientamento positivo ed accettante


dell’integrazione del computer come strumento didattico, in accordo con la letteratura
(Jane K. Seale e Alan J. Cann, 2000), non si è riscontrata un’influenza di tale
rappresentazione sul processo di apprendimento e insegnamento.

Inoltre, sempre in accordo con la letteratura (Lily Shashaani e Ashmad Khalili; 2001),
negli alunni non è stata rilevata una significativa differenza di genere relativamente alla
rappresentazione della tecnologia, che mostra generalmente un approccio positivo sia
individuale che di gruppo, se non una minor confidenza di contatto individuale con il
mezzo che le femmine esprimono e un atteggiamento di maggior apertura dei maschi
verso i nuovi mezzi tecnologici.

Dai dati analizzati relativi al campione insegnanti e al campione studenti sembra


emergere la mancanza di uno spirito critico nei confronti di un corretto utilizzo della
tecnologia all’interno del sistema scolastico. Sembra in tal modo emergere una
considerazione: la sola integrazione della tecnologia nel mondo della formazione non è
sufficiente per determinare un miglioramento in termini di apprendimento e/o
insegnamento. Al campione esaminato, in particolar modo a quello degli insegnanti,
sembrerebbe mancare la consapevolezza, frutto di un’analisi critica, in merito a quelle
che potrebbero essere le effettive potenzialità e gli effettivi svantaggi che l’utilizzo dei
nuovi mezzi educativi potrebbe comportare. Sembrerebbe così necessario promuovere,
all’interno del sistema scolastico, una disamina critica sui vantaggi, gli svantaggi e sulla
corretta applicazione metodologica delle nuove tecnologie.

Questi risultati conducono ad una domanda: Come rendere e consapevoli alunni ed


insegnanti di potenzialità e limiti dello strumento?

Nonostante i piani didattici e le normative presenti nelle recenti riforme del sistema
scolastico italiano (Moratti-Stanca, 2003), sembra non essersi diffusa
un’alfabetizzazione didattico/informatica che possa rendere consapevoli gli attori del
processo educativo in merito ad un utilizzo funzionale delle nuove tecnologie, rispetto
agli obiettivi formativi dell’istruzione scolastica e attraverso lo sviluppo di una capacità

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critica del “mezzo innovativo”. Ciò sarebbe auspicabile non solo per gli insegnanti, ma
anche per gli stessi studenti, chiamati in tal senso a riconoscere al computer qualcosa di
più della sola valenza ludica. Ma è specialmente sull’insegnante che ricade la
responsabilità del percorso didattico, che deve essere realizzato tenendo presenti quelle
che potrebbero essere le conseguenze sul processo di apprendimento. A tal fine sarebbe
necessaria la rivalutazione del docente in modo tale da non essere più visto come un
semplice “trasmettitore” di contenuti, ma come operatore attivo della conoscenza
utilizzando le potenzialità offerte dalle moderne tecnologie e rendendo gli stessi alunni
parte attiva di tale processo.

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CONCLUSIONI

L’utilizzo delle nuove tecnologie nel mondo della formazione può essere fatto risalire
alla prima metà del secolo scorso, ma a tutt’oggi non si è ancora avuta una integrazione
efficace nel sistema scolastico italiano, tale almeno da rendere manifesti i benefici, in
termini di facilitazione dei processi didattici e formativi, che in altri campi della
conoscenza le medesime tecnologie hanno indubbiamente trasfuso (Chiappini G.,
Manca S., 2006).

In particolar modo gli artefatti tecnologici, computer, strumenti audiovisivi e


multimediali in genere, sembrano aver avuto come prerogativa una mera funzione di
supporto al complesso processo dell’apprendimento, affrontando un lento e delicato
processo di integrazione all’interno del sistema scolastico tradizionale.

La Comunità Europea ha da tempo dato un poderoso impulso alla costruzione di


politiche pubbliche comuni in favore della crescita di una Società dell’informazione
inclusiva e costruita sull’innovazione (Summit di Lisbona, 2000). Uno dei mezzi
utilizzati per raggiungere tale obiettivo è appunto l’uso delle nuove tecnologie in ambito
didattico. Anche le politiche nazionali sembrano adottare tali indirizzi. La Legge 28
marzo 2003, n. 53, (Moratti-Stanca) ha indubbiamente fornito in tale direzione.

In questo lavoro, pertanto, si è tentato di individuare un quadro della realtà italiana post-
riforma, tramite la quale si è rafforzata l'introduzione delle nuove tecnologie didattico-
educative nel sistema formativo (ex legge 28 marzo 2003, n.53). Grazie a tale
normativa, ogni scuola dispone oggi di aule di informatica in modo da integrare i
vantaggi offerti dalla tecnologia nei processi di insegnamento-apprendimento.

Nonostante lo sforzo progettuale ed economico necessario per tramutare in realtà la


legge, essa sembra non aver permesso il superamento di alcuni problemi:

1) l’alfabetizzazione tecnologica,

2) l’approccio all’artefatto.

Il mondo della scuola si trova a dover affrontare una rivoluzione interna al suo sistema.
Le nuove tecnologie richiedono un cambiamento di prospettiva e mentalità nella pratica
scolastica, mettendo in crisi sia gli ordinamenti disciplinari sia gli stessi insegnanti che
si ritrovano così costretti a ridefinire il proprio ruolo.

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E’ proprio sulla formazione degli insegnanti che sarebbe opportuno lavorare: si


renderebbe necessaria una rivalutazione della figura del docente, in modo tale da
permettergli di avere le giuste armi per soddisfare le richieste high tech nel mondo della
scuola. Ma, nonostante tali esigenze, nel mondo dell’istruzione si continuano a
prediligere i mezzi tradizionali, o addirittura ad applicare in maniera invariata ai mezzi
tecnologici gli stessi metodi di formazione.

Il secondo problema è invece legato all’approccio degli alunni al nuovo “strumento


didattico”. Nonostante una propensione favorevole verso la tecnologia da parte della
maggioranza degli alunni, molto spesso in ambito educativo non si assiste ad un
miglioramento del processo di apprendimento qualora si faccia uso della Computer
Based Instruction ( Jane K. Seale e Alan J. Cann , 2000; Paul Newhouse, Leonie Renne,
2000; Moti Frank, Nurit Reich, Keith Humphreys, 2002). L'eguaglianza tra metodi
tradizionali e metodi computer based potrebbe forse essere dovuta ad una mancanza di
consapevolezza da parte degli allievi, circa i benefici che potrebbero trarre dai nuovi
strumenti tecnologici ai fini del proprio apprendimento. A questa ipotesi si potrebbe,
inoltre, aggiungere la considerazione che, nonostante aule informatiche attrezzate e
funzionali, all'interno della scuola italiana tutt'oggi si ha uno sporadico utilizzo dei
computer, il che potrebbe far considerare la multimedialità come la domenica della
didattica o come un tributo ormai inevitabile ai nuovi strumenti di comunicazione (M.
Gineprini, 2000).

I dati emersi dall'indagine condotta nelle scuole elementari della provincia di Cagliari,
fanno peraltro emergere queste ultime considerazioni: applicare la tecnologia al mondo
didattico-educativo non è sufficiente. Sarebbe, invece, necessario accompagnare
l'integrazione dell'informatica alla formazione attraverso un vademecum specifico per
insegnanti e studenti. Esso potrebbe portare, infatti, allo sviluppo di forme di pensiero
diverse da quelle veicolate dalle forme tradizionali di apprendimento-insegnamento, che
integrate alla multimedialità porterebbero ad un effettivo miglioramento dell’intero
sistema formativo.

Sia da parte degli insegnanti che da parte degli alunni manca infatti uno spirito critico
nei confronti di un corretto utilizzo della tecnologia all’interno del sistema scolastico.
L’alfabetizzazione informatica, in tal senso, potrebbe sviluppare la consapevolezza di
quelli che potrebbero essere i vantaggi offerti dagli strumenti del mondo della
tecnologia, rendendoli disponibili per un uso funzionale rispetto agli obiettivi
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dell’istruzione scolastica e infine attraverso lo sviluppo di una conoscenza critica degli


stessi. Per andare incontro a queste esigenze il primo passo da compiere potrebbe essere
quello di guardare oltre il metodo tradizionale, non superandolo, ma integrandolo in
maniera ottimale con i nuovi mezzi di cui il mondo della scuola dispone oggigiorno
(Panagiotes S. Anastasiades , 2002). Perché tale integrazione divenga effettiva e
funzionale occorre che si crei una sinergia tra più figure professionali del mondo
scolastico (insegnanti, psicologi, pedagogisti, educatori, tecnici informatici ecc.);
occorre cioè una trasformazione dei ruoli tradizionali verso una nuova visione sistemica
che interconnetta in maniera produttiva gli attori del processo formativo.

Occorre inoltre analizzare con cura i tentativi d’integrazione già effettuati nella
didattica, attraverso la progettazione di ricerche longitudinali che possano fare luce sui
successi e sulle problematiche riscontrate a livello applicativo, così da individuare i
fattori cruciali per l’implementazione di nuovi percorsi didattici.

Con la nuova cultura informatica, la nostra società, in particolar modo il mondo


dell’istruzione, non può far finta che nulla sia cambiato mettendo in secondo piano la
formazione e la trasformazione delle sue figure professionali, poiché sono proprio loro a
ricoprire un ruolo fondamentale nell’utilizzo delle nuove tecnologie verso un
rinnovamento della didattica, integrando la conoscenza con nuovi mezzi di acquisizione.

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apprendimento universitario? Una ricerca pilota. In Vertecchi B. (a cura di), Per una
nuova qualità della scuola, Tecnodid, Napoli.

VARISCO B.M. (1998). Nuove tecnologie per l’apprendimento. Roma.

89
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

VARISCO B. M. (2002) Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi


psico-pedagogici, applicazioni didattiche. Carocci, Roma.

VOLK K., YIP W.M., LO T.K., (2003). Hong Kong Pupils’Attitudes Toward
Technology: the impact of design and technology programs. Journal of Technology
Education, Vol.15.

VROOM V. H. (1964). Work and motivation. New York: Wiley.

VYGOTSKIJ L. (1990). Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, Roma -Bari,


Laterza.

WISE H. (1939). Motion Pictures as an Aid in Teaching American History. Yale


University Press, New Haven, Connecticut.

YASON J. M. O., MAYER-SMITH J. A., REDFIELD R. J., (2002). Does the medium
change the message? The impact of a web-based genetics course on university students’
perspectives on learning and teaching. Computers & Education 38, 267-285.

ZHAO, Y., & CZIKO, G. A. (2001). Teacher adoption of technology: a perceptual


control theory perspective. Journal of Technology and Teacher Education, 9(1), 5–30.

90
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice A
CODICE STUDENTE
Il questionario che ti stiamo per sottoporre prevede una serie di domande relative all’uso della tecnologia.
E’ importante compilare correttamente il questionario e rispondere alle
domande tenendo in considerazione che non ci sono risposte giuste o
sbagliate. Devi dare una sola risposta per ogni domanda, mettendo una
crocetta sulla casella che risponde al tuo giudizio.

SESSO

femmina maschio
CLASSE

I elementare II elementare III elementare IV elementare V


elementare

A CASA MIA C È UN COMPUTER

si no non so
QUANTO USO IL COMPUTER DI CASA?
sempre spesso qualche volta raramente mai
SE DOVESSI DARE UN VOTO ALLA MIA CAPACITÀ DI USARE IL COMPUTER, DIREI:

scarso insufficiente sufficiente bravo bravissimo


VORREI SAPERE MOLTE COSE SUI COMPUTER

si no non so

6.1 Se si, quanto? (1=pochissimo, 5=moltissimo) 1 2 3 4 5

PER CHI E’ PIU DIFFICILE USARE UN COMPUTER

per i maschi per le femmine per tutti e due

CHI SA PIÙ COSE SULLA TECNOLOGIA

maschi femmine tutti e due

LA TECNOLOGIA SARÀ IMPORTANTE PER IL MIO FUTURO

si no non so

9.1 Se si, perché? (segna solo una motivazione)

Perché alleggerirà il mio lavoro

Perché mi aiuterà a fare del mio meglio

Perché mi farà divertire sempre

SCEGLIERÒ UN LAVORO IN CUI SI USA LA TECNOLOGIA

91
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

si no non so

A SCUOLA QUANTO SENTO PARLARE DI TECNOLOGIA ?

sempre spesso qualche volta raramente mai

VERREI MOLTO PIÙ VOLENTIERI A SCUOLA SE USASSIMO SPESSO IL COMPUTER

si no non so

12.1 Se si, perché? (segna solo una motivazione)

Perché imparerei più facilmente

Perché mi divertirei di più

Perché starei più attento

Grazie per la collaborazione!

92
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice B
CODICE DOCENTE

Il questionario che Le stiamo per sottoporre prevede una serie di domande relative all’uso della
tecnologia.
I dati che raccoglieremo non saranno in alcun modo divulgati e saranno analizzati nel
rispetto della privacy ai sensi dell'art.10 L. 675/96 recante disposizioni a tutela delle persone e degli
altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali.
E’ importante compilare correttamente il questionario e rispondere alle
domande tenendo in considerazione che non ci sono risposte giuste o
sbagliate.
Dovrà dare una sola risposta per ogni domanda, mettendo una crocetta sulla casella che risponde al
suo giudizio

SESSO

femmina maschio
A CASA MIA C È UN COMPUTER

si no non so
SE DOVESSE QUANTIFICARE DA 1 A 5 LA FREQUENZA CON CUI USO IL COMPUTER DI CASA, DIREI:
sempre spesso qualche volta raramente mai

SE DOVESSE DARE UN VOTO ALLA MIA CAPACITÀ DI USARE IL COMPUTE R, DIREI:

scarso insufficiente sufficiente bravo


bravissimo

VORREI SAPERE MOLTE COSE SUI COMPUTER

si no non so

6.1 Se si, quanto? (1=pochissimo, 5=moltissimo) 1 2 3 4 5

PER CHI E’ PIU DIFFICILE USARE UN COMPUTER

per gli uomini per le donne per entrambi

CHI SA PIÙ COSE SULLA TECNOLOGIA

uomini donne entrambi

LA TECNOLOGIA SARÀ IMPORTANTE PER IL MIO FUTURO

93
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

si no non so

8.1 Se si, perché?

Perché alleggerirà il mio lavoro

Perché mi aiuterà a fare del mio meglio

Perché mi farà divertire sempre

LA TECNOLOGIA PERMETTE A TUTTI DI LAVORARE MEGLIO

si no non so

A SCUOLA QUANTO SENTE PARLARE DI TECNOLOGIA?

sempre spesso qualche volta raramente mai

VERREI MOLTO PIÙ VOLENTIERI A SCUOLA SE USASSIMO SPESSO IL COMPUTER

si no non so

11.1 Se si, perché? Perché i ragazzi imparerebbero più


facilmente si no non so

Perché mi divertirei di più si


no non so

Perché i ragazzi starebbero più attenti si


no non so

HO NOTATO GRANDI DIFFERENZE ( IN TERMINI DI DISPENDIO DI ENERGIE ), QUANDO UTILIZZO AUSILI


TECNOLOGICI ( PC, TV, RADIO, REGISTRATORI, ETC) NEL MIO LAVORO QUOTIDIANO

si no non so

12.1 Se si, quanto? sempre spesso qualche volta


raramente mai

94
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

L’ALFABETTIZZAZIONE INFORMATICA È STATA SUFFICIENTE A RENDERMI SICURA NELL ’USO DEL


COMPUTER

si no non so

13.1 Se si, quanto? (1=pochissimo, 5=moltissimo) 1 2 3 4 5

IN PRESENZA DI UN COMPUTER (O IN LABORATORIO INFORMATICO), LA CLASSE RISULTA MENO


GESTIBILE

si no non so

14.1 Se si, quanto? (1=pochissimo, 5=moltissimo) 1 2 3 4 5

SE UTILIZZA IL COMPUTER NELL’ INSEGNAMENTO, DURANTE LE LEZIONI CON QUALE FREQUENZA


SCEGLI LE SEGUENTI MODALITÀ DI IMPIEGO DEL PC

GLI STUDENTI SEGUONO SUL LORO PC LA MIA PRESENTAZIONE

sempre spesso qualche volta raramente mai


LAVORO DI GRUPPO AL COMPUTER

sempre spesso qualche volta raramente mai


GLI STUDENTI LAVORO AL COMPUTER A COPPIE

sempre spesso qualche volta raramente mai


OGNI STUDENTE LAVORA DA SOLO AL COMPUTER

sempre spesso qualche volta raramente mai


QUANDO UTILIZZA IL COMPUTER NELL’INSEGNAMENTO, FAR SVOLGERE AGLI STUDENTI LE SEGUENTI
ATTIVITÀ

CONSULTARE CD- ROM

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai

NAVIGARE IN INTERNET

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai

95
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

COSTRUIRE IPERTESTI

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
USO DI PROGRAMMI DI VIDEOSCRITTURA O CALCOLO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
ESEGUIRE ESERCIZI

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!

96
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice C
Test di apprendimento

CODICE STUDENTE

SESSO

FEMMINA MASCHIO

CLASSE

I elementare II elementare III elementare IV elementare V


elementare

Le domande di questo test ci servono per valutare quante cose conosci sugli
“Alberi”, tu devi semplicemente leggere con attenzione le domande e mettere
una croce sulla risposta che credi giusta, hai tre risposte su cui decidere:

Si (se credi che la risposta giusta alla domanda sia Si),

NO (se credi che la risposta giusta alla domanda sia No),

Non so (se non sai qual è la risposta giusta metti una croce sul simbolo non lo
so!),

ma ricordati che puoi dare solo una risposta per domanda.

È importante indicare che classe frequenti, la tua sezione, se sei maschio o


femmina.

Buon lavoro!

1) L’albero è:
un essere vivente? SI NO Non so

appartiene al regno dei vegetali? SI NO Non so

ha delle radici, un fusto e delle foglie? SI NO


Non so

2) Le radici:

97
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

consentono all’albero di nutrirsi? SI NO Non so

ancorano l’albero al terreno? SI NO


Non so

permettono all’albero di ricevere più luce dal sole? SI NO Non so

3) Sono tipi di alberi:


l’abete? SI NO Non so

l’ontano? SI NO Non so

le pigne? SI NO Non so

4) L’abete:
è un albero sempreverde? SI NO Non so

può vivere per secoli ? SI NO


Non so

ama il clima molto caldo? SI NO Non so

5) La quercia:
produce un frutto, le pigne? SI NO Non so

è un albero sempreverde? SI NO Non so

produce un frutto, le ghiande? SI NO


Non so

6) L’olivo:
può essere coltivato? SI NO
Non so

esiste l’olivo selvatico? SI NO


Non so

cresce in Italia? SI NO Non so

7) Dagli alberi si può ottenere:


del buon legno? SI NO Non so

98
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

l’ossigeno? SI NO Non so

a volte dei frutti gustosi? SI NO Non so

8) Tutti gli alberi:


amano il clima freddo? SI NO
Non so

hanno le radici? SI NO Non so

hanno le pigne? SI NO Non so

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!

99
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice D

CODICE DOCENTE

GRIGLIA DI OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO DOCENTE IN SITUAZIONE DI :


“LEZIONE IPERTESTUALE” “LEZIONE TRADIZIONALE”

Scuola …………. Classe/Sezione ……. Data ………..

Inizio osservazione h…….. Fine osservazione h………..

Tempo
3’ 6’ 12’ 15’ 21’ 24’ 27’ 30’
Tipo di 9’ 18’ 33’ 36’ 39’ 42’ 45’ 48’ 51’ 54’ 57’ 60’
Azione

A 1. 0

A 1. 1

A 1. 2

A 1. 3

A 2. 0

A 2. 1

A 2. 2

A 2. 3

A 3. 0

A 3. 1

A 3. 2

A 3. 3

B 1. 0

100
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

B 1. 1

B 1. 2

La griglia consente di annotare i comportamenti comunicativi del docente nel corso


dell’attività didattica, per un tempo di osservazione compresa tra i 3’ ed i 60’.
Riporta in orizzontale il tempo ed in verticale le possibili modalità di interazione.

L’osservatore annoterà allo scadere dei 2.50’ il comportamento medio tenuto dal
docente osservato. E’ sufficiente tracciare un segno sulla casella, che si trova
all’incrocio tra la colonna in cui è indicato il tempo e la riga che corrisponde ad una
determinata Azione. Le Azioni categorizzate sono:

Comunicazione Unidirezionale

A1. 0 Richiama l’attenzione della classe sul testo


A1. 1 Richiama l’attenzione di un alunno sul testo
A1. 2 Riprende un concetto spiegato
A1. 3 Integra tra loro i concetti spiegati

Comunicazione Bidirezionale
A2. 0 Risponde alle sollecitazioni della classe
A2. 1 Coinvolge la classe nel discorso
A2. 2 Risponde a curiosità e domande
A2. 3 Organizza il discorso tenendo conto delle richieste della classe

Comunicazione Multidirezionale
A3. 0 Si attivano discussioni
A3. 1 Ci si confronta su alcuni concetti
A3. 2 Viene data importanza all’esperienza degli alunni
A3. 3 Si risolve un problema (es. di comprensione)

Momenti di “non comunicazione”


B1. 0 Momenti di pausa
B1. 1 Momenti di silenzio
B1. 2 Momenti di confusione

101
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice E
CODICE DOCENTE

GRIGLIA DI OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO DOCENTE IN SITUAZIONE DI


“NAVIGAZIONE IPERTESTUALE”

Scuola …………. Classe/Sezione ……. Data ………..

Inizio osservazione h…….. Fine osservazione h………..

Tipo di Azione sulla pagina


Link Link M M M M F F F F F Scroll Avanti Indietro H E
1 5
Struttura testo icona 2 3 4 1 2 3 4
Ipertesto

Presentazione

Amici Alberi

Alberologia

Qui 1

Incontro di
Gruppo

Betullacee

Ontano

Betulla

Fagacee

Quercia

Faggio

Oleacee

Olivo

Frassino

102
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Pinacee

Abete

Qui1

Pino

Salicacee

Pioppo

Qui 1

Salice

Qui2

La griglia consente di annotare le azioni effettuate sulle pagine dell’ipertesto nel corso
della navigazione del docente.
Riporta in orizzontale la Struttura dell’ipertesto (diverse pagine da cui è composto), ed
in verticale i tipi di Azione possibile in ogni pagina dell’ipertesto.

L’osservatore annoterà il comportamento tenuto dal docente osservato. E’ sufficiente


tracciare un segno sulla casella, che si trova all’incrocio tra la colonna in cui è indicato
il tipo di Azione e la riga che corrisponde ad una determinata pagina dell’ipertesto. Le
Azioni categorizzate sono:

Link Testo: l’utente clicca su un link testuale

Link Icona: l’utente clicca su un link iconico

M1: l’utente clicca sul Menu 1 (Presentazione)

M2: l’utente clicca sul Menu 2 (Amici Alberi)

M3: l’utente clicca sul Menu 4 (Alberologia)

M4: l’utente clicca sul Menu 4 (Incontro di Gruppo)

F1: l’utente clicca sul Menu Famiglia 1 (Betullacee)

F2: l’utente clicca sul Menu Famiglia 2 (Fagacee)


103
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

F3: l’utente clicca sul Menu Famiglia 4 (Oleacee)

F4: l’utente clicca sul Menu Famiglia 4 (Pinacee)

F5: l’utente clicca sul Menu Famiglia 5 (Salicacee)

Scroll : l’utente utilizza lo scrolling del browser

Avanti: l’utente clicca sul bottone “Avanti” in fondo alla pagina

Indietro: l’utente clicca sul bottone “Indietro” in fondo alla pagina

: l’utente clicca sull’icona “torna indietro”del browser

: l’utente clicca sull’icona “avanti”del browser

H: l’utente clicca sul bottone “Home” in fondo alla pagina

E: l’utente clicca su una immagine che interpreta come collegamento ipertestuale

104
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

Appendice F
CODICE DOCENTE

Il questionario che Le stiamo per sottoporre prevede una serie di domande


relative all’uso del computer nell’attività didattica di oggi. I dati che
raccoglieremo non saranno in alcun modo divulgati e saranno analizzati nel
rispetto della privacy ai sensi dell'art.10 L. 675/96 recante disposizioni a tutela
delle persone e degli altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. E’
importante compilare correttamente il questionario e rispondere alle domande
tenendo in considerazione che non ci sono risposte giuste o sbagliate.

Dovrà dare una sola risposta per ogni domanda, mettendo una crocetta sulla
casella che risponde al suo giudizio

105
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

SE DOVESSI DARE UN VOTO ALLA MIA PERFORMANCE DI OGGI , DIREII:

scarso insufficiente sufficiente bravo


bravissimo

SE DOVESSI QUANTIFICARE DA 1 A 5 QUANTO MI SONO SENTITA “CAPACE” NELLA SITUAZIONE VISSUTA ,


DIREI:

1 2 3 4 5

HO NOTATO UN MAGGIOR DI DISPENDIO DI ENERGIE, UTILIZZANDO IL COMPUTER OGGI NEL MIO


LAVORO

si no non so

3.1 Se si, quanto? (1=pochissimo, 5=moltissimo) 1 2 3 4 5

OGGI, QUANTO È STATO DIFFICILE UTILIZZARE IL COMPUTER? (1=POCHISSIMO, 5=MOLTISSIMO)

1 2 3 4 5

QUANTO IMPEGNO E FATICA HA COMPORTATO L’UTILIZZO DEL COMPUTER NELLA DIDATTICA?


(1=POCHISSIMO, 5=MOLTISSIMO)
1 2 3 4 5

QUANTO MI SONO SENTITA DISORIENTATA DURANTE LA NAVIGAZIONE DELL ’IPERTESTO?

sempre spesso qualche volta raramente mai


QUANTO MI SONO SENTITA A MIO AGIO NEL FARE QUESTA LEZIONE UTILIZZANDO IL COMPUTER ?

(1=POCHISSIMO, 5=MOLTISSIMO)
1 2 3 4 5

VORREI ESSERE MENO “IMPACCIATTA” UTILIZZANDO IL COMPUTER

sempre spesso qualche volta raramente mai

L’UTILIZZO DEL COMPUTER A SCUOLA PUÒ ESSERE UN’ ESPERIENZA PIACEVOLE SIA PER I BAMBINI CHE
PER NOI INSEGNANTI

sempre spesso qualche volta raramente mai

106
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

RIPENSI A QUANDO HA INIZIATO AD USARE L ’IPERTESTO: QUALI STRATEGIE DIREBBE DI AVER


UTILIZZATO:

HO PROCEDUTO A CASO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
MI SONO FATTA GUIDARE DAL “FIUTO”

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
HO RICHIAMATO ESPERIENZE PRECEDENTI

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
HO SEGUITO UN MIO PIANO (PER IPOTESI E VERIFICA)

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
QUALI FUNZIONI MENTALI PENSA DI AVER MAGGIORMENTE IMPIEGATO USANDO L’IPERTESTO:

ATTENZIONE

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai

MEMORIA

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
DECISIONE

SI NO

Se si, con quale frequenza?


Sempre spesso qualche volta raramente mai
PERCEZIONE

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
RAGIONAMENTO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
107
QUALI PROBLEMATICHE PRESENTA L’INTRODUZIONE DELLE I.C.T.
NELLA DIDATTICA? Dott. Gianfranco Mariano
Possibili soluzioni…

INTUITO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
ALTRO __________________________________________________________________

PER USARE L’IPERTESTO SONO NECESSARIE LE SEGUENTI CAPACITÀ :

RICORDARE LE MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
AVERE UNA RAPPRESENTAZIONE GLOBALE DELL’IPERTESTO

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
AVERE “DIMESTICHEZZA” CON IL COMPUTER

SI NO

Se si, con quale frequenza?


sempre spesso qualche volta raramente mai
ALTRO_________________________________________________________________

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!

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