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i; iG | ee 15 Fe res Corrado Veneziano Manuale di dizione, voce e respirazione Le foro degli eserciei di muscolariti mimico Facciale sono di Donatella Lopee Inpaginazione ideesaltimediali Art Director Nino Petrone © 1998 BESA Editrice via Duca degli Abruzzi, 13/15 73048 Nardo (LE) tel.fax (0833) 561243 - 571588 Uff. Stampa Tel/Fax (080) 5235762 besa@mail3.clo.it F Inpice INTRODUZIONE PARTE PRIMA Gli esercizi di voce e respirazione 1, Le furzioni delta voce 1.1 Gli organi di produzione dellaria 1.2 Gli organi di produzione del suono 12.1 La baringe 1.222 Le corde vocali 1.2.3 Lepigloride 13 Gli organi di risonanza 14 Gli organi di articolazione della parola 14.1 Le labbra 1.4.2 Palato e velo palace 1.4.3 La lingua 15 Gli organi di sicezione nervosa e cerebrale 2. Gl exerced delle voce 2.1 La respirarione 2.2 La zona della maschera 23 Varmonizzazione respiratione-voce 2°4 Ta muscolarith mimico-facciale 2.5 Vorganizzavione del suone vacalicn 3. Le canuilena 3.1 Gli esercai della cantilena 3.2 Gili exerci di controllo intonativo 4, Ritmo, pause, imonasioni 4.1 Gili eserci di contello rismico 4.2 Gli exerci di contiollo di volume ed expresivid dela vove 5. La dicione 5.1 Le promesse storiche 5.2 Le tappe dellunificaione linguistica ¢ fonetica in lala 533 La flessibilih fa varices della lingua 5:4 Vocal apertee chiuse 515 Gil ervri di divi 1s 15 18 9 20 24 26 30 31 3 33 36 38 a 48 33 55 7 60 60 63 65 65 o 70 PARTE SECONDA Gili esercizi di dizione Escrito ns 1: La ree aceata vaiazionalofnichs) 7 sercnion, 2: 1 babe (feo “eto tasitctazione dal latino} a Berczi n. 3: La vgilese principe (sufi "ego's “Forme, “Sio") 83 Esercizio m4 dl comvegnomane als “cpa” eogno”, 0", one’, “ore) 8 Eserizion. 5: Ceare Hione ui “mento” “ment, “ees, “cans 3 preposzioniserplici e atcoate;pronomi dimen) Erion. 6 sar del pace Gulf ele ae ec, “sim 4 a Paola Eserciio n, 7: Le rdicicommese(verbi “meat, "poire’ “corten”) %6 Fserciion. 8: H/ Manse Rondo (slo “onde” stoi deriva) 9 Fsercition. 9: Lob (aceentazione in finale di 102 src m1: carbine fis "ie 104 Eserciiom. 11: La server telefon (sufi 107 compost com “tona’ “Tana’) Eserciai n. 12: Mauro Fexatereare (uff “ésnao, “ello, “stre”) no Escriion. 13: Le capri (uli “ola, ela", compost con *ee) M3 Esercisi n. 14: Hniniero in quaramcena (ull “eno-ena “er0",“ieto") 115 Fsercitio n. 15: 1 guadero (sulfisi “erno’y "ous", "or0") 118 Eserciion. 16: Lincendadaloo (leera "asp 0 sonora) 120 Esercvion, 17: [a zingar(erera"P pta) 123 serio m. 18: I/ premio superpanca (lettera “2” aspra 0 sonora) 135, Esercicion. 19: 14 sreghing (desinenzee formazione dei verb) 129 Vocab ioki obslaice, BI Fsercitio n, 20: Abele ¢ Carmela (gruppo “l") 132 Esercitio n.21: Moreno (gruppo “et 133 serio n.22: Amie (gruppo et") Ba Esetccion. 23: Nicola (rappo “ol BS Eserciio n. 24 Taadro (gruppo "or" 136 Esetcinio n. 25: La lia di Capore (gruppo “ot) 1B? “et 9 ont Meld Be Escrito n. 26: Ledera (tonics inizialechiusa) 139 Fsctcizion, 27: Le onde 0" tones iniiale chiusa) v1 Grup cosonantic comport 142 Fscciion, 28: La cic rica gruppo “<) 143 Esecinion. 29: Idem condominial(grappi nd” ene) 45 Eserisio n. 30: IT guento mancante(grupps ch’, “eh” "ne, “ng”) M4? Exercidio n. 31: Lago (gruppo “el 9 Esercirio n. 32: aviregp(gruppts” es) 150 Vécboliconclusin ricspitolatns 132 servo n. 33 I fro a eopo 153 Eserciio n. 34: Le parole seca senso 156 anrexDict ergo di dione (ui tonici 161 Busuiocearia 179 INTRODUZION Il presente Manuale di Dizione, Voce ¢ Respirazione riprende, integra ¢ amplia due miei precedenti volumi ~ Giochi di parble ¢ Manuale di Dizione ~ pubblicati nel 1988 € nel 1989. 1 dieci anni che separano le differenti edizioni, oltre che rive- larsi salutari nel correggere ¢ puntualizzare alcune regole ¢ alcu- ni aspetti della pronuncia della lingua italiana, mi hanno offerto tuna serie di ulterior’ opportunita: prima tra tutte quelle di arric~ chire il lavoro segnalando gli errori di dizione pitt ricorrenti, le varianti regionali pitt (erroneamente) diffuse, le difformit’ sulla pronuncia di calune parole manifestate dai nostri vocabolari. ‘Aceanto a una serie di raccontini da m al solo scopo di includervi precisi suffissi della lingua italiana, ne ho composti molti aleri che invece si impegnano a descrivere tendenze € ter minazioni, omogeneiti € concordanze fonetiche: il caso del suf- fisso “ondo” (¢ delle conseguenti terminazioni in “ont, “omp", “omb”, ¢ delle tendenze in “on’); @ il caso dei verbi “correre”, ide: “mettere” ¢ “porte” (che, variamente prefissati, si moltiplicano trasformandosi in centinaia di verbi e sostantivi) ra, delle particelle “ero”, *icro", “ero”, “ena”, “ “Forme”, del tutto exc subblicazioni La novita sostanziale del volume & perd legata al capitolo riguardante la voce: il suo uso, la sua correcta emissione, la sua centraliti nei processi di correcta fonazione. Con Pausilio di schemi, spero chiari e ordinati, tento di offrire una ricostruzione tanto delle funzioni ¢ degli organi coinvolti quanto, pitt concre- tamente, una elencazione degli escrcizi pitt efficaci per respirare coinvolgendo diaframma e addome, per parlare evitando ingola- menti € nasalizeazioni, per gestire una frase con la pit alta capa cith di controllarne volume, ritmi, pause. si dalle precedenti 9 Se risaputo che una buona voce & legata al corretto uso del- apparato fonatorio e alla capacita di conttollo vocale, € meno accertata 'idea che essa si costruisce a partire da una buona tespi- sazione. Per quanto infatti possa apparite paradossale, respirare in modo costantemente integrato (con Papporto dell'apparato diaframmale) & vantaggioso quanco il parlare in modo imposta- to e corretto, Per essere ancora pili chiati e nett: se si dovesse, in una ingenua decisione, scegliere tra il parlare bene (respirando pero male) e, al contrario, respirare in modo corretto (ma par- Jando in modo scorretto), sarebbe forse pit opportuno propen- dere per la seconda opzione. Una errata respirazione, infatti, attenua la forza muscolare sotrocostale, affatica lorganismo peril continuo lavoro di innal- zamento della cavita toracica e logora — comunque ~ anche in assenza di produzione sonora, le corde vocali Questa contrapposizione & owviamente fittizia — scopo del volume & quello di insegnare a parlare bene, a respitare bene ¢ 2 pronunciare bene frasi e parole ~ ed & per questo che il Manuale di Dizione, Voce e Respirazione si impegna, infine, a descrivere alcuni esercizi tesi ad eliminare quello che forse va considerato il difetto vocale pitt pericoloso ¢ sedimentato: la cantilena e la cadenza regionale. Anche in questo caso ricorro a un esemnpio astratto e forzato, ma credo fermamente che tra una accentazione errata di singole parole (in frasi perd prive di cadenze dialettali) ¢, al contrario, luna esatta pronuncia delle parole (ma all'interno di una intona- zione chiaramente regionale), non si possa che propendere per la prima ipotesi Per colmare la lacuna imposta dalla forma-libro (che non per- mette alcuna interazione tra docente e allievo ~ ¢ tra autore ¢ et- tore) ho fatto ticorso a esercizi decisamente “autocontrollabili” csercizi ciot che permettano una facile sorveglianza e una conti- nua autovalutazione della propria produzione vocal. 10 1 cutto nella speranza che il parlare bene (operazione com- a cognitive ¢ muscolari, musicali ¢ into- plessa, che implica abi native, accentuative, ritmiche ¢ respiracorie) possa diventare un obicttivo perseguibile ¢ concrecamente praticabile Corrado Veneziano PARTE PRIMA Gli esercizi di voce e respirazione 1. Le funzioni della voce Lessere umano @ in grado di parlare grazic all'azione combina- ta di almeno cinque, fondamentali furcioni: quella di producione dell aria (i oui. protagoni produzione del suono, selizzata grazie alla laringe e alle corde voca- lis quella di risonanza (sopratcuto legata agli organi del naso ¢ dei seni paranasali), capace di riorganizaare © amplificare il suono laringeo; quella di articolazione della parol, garancita dalla presen- za del'apparato fonarorio (faringe, kabbra, denti, lingua, palaco etc.) ¢ quella, infine, di ricezione nervoste cerebrale delle informa- uditive, ¢ di conseguente risposta e formulazione verbale. ti sono sena’altro i polmoni); quella di 1.1 Gli organi di produzione dell’aria Prioritaria e preliminare a tutto questo & perd, come gid sot- tolineato nell’introduzione, la respiratione: per la corretta orga nizzazione del suono ogni essere umano ha cio necessita di pro- durre, per mezzo dell’apparato polmonare, Paria. In assenza di questo ~ di una corretta respirazione, di un correcto alternarsi tra movimenti espiratori e inspiratori, di un pieno coinvolgimento degli organi toracici e diaftammatici ~ a risentirne & proprio la qualita ¢ quantiti della nostra fonazione. Prerequisito fonda- mentale per una buona produzione del suono vocalico &, quin- di, un corretto ¢ coerente uso dell'apparato respiratorio. 5 Questo assomiglia, com'é usuale ripetere, a un albero rovescia- to: con il troneo costivuito dalla “trach: pali corrispond: con i due rami princi- i ai “bronchi primari”, con i molti ra secon- dari denominati “tronchi di primo, secondo ¢ terz‘ordine” e con, infine, i polmoni e il torace, paragonabili alle ftonde di un albero. fig. Apparat polmonare e aches La cassa toracica 2 strutturata in dodici costole. Dieci di que- ste sono fissate davanti allo sterno ¢ dietro alla colonna verte- brale, mentre le altte due costole, per garantize un’alta flessibi- lita nella parte inferiore del torace, non sono fisse ma, al con- trario, fluttuanti A separate il torace dall’addome @ il diaframma, un organo a forma di cupola che, durante Vinspirazione, si contrae e si appiattisce e, durante 'espirazione, al contrario, sale verso l'alto per riprendere la sua composizione cupolare. 16 fig. 2 Inupinazione, “rigonfiamento” e conseguente © pperimene del muscel dfranmate fig. 3 Eipinazionee comsequente innalzamento del muscole diaframmale y Per una maggiore puntualizzazione, schematizzando, si pud dire che i muscoli inspiratori sono il diaframma, i muscoli inter- costali esterni ¢, ancora, i muscoli sternocleidomastoidei, scale- no, grande ¢ piccolo pertorale, gran dorsale, elevatori della sca- pola, erettori della colonna vertebrale I muscoli espiratori sono divisi, invece, in intercostal incerni, nel muscolo dentato postero-inferiore, in quello trasverso del torace € nei muscoli cosidderti addominali: retto, traverso, obli- quo interno ed estemno. 1.2 Gli organi di produzione del suono __ Pet venir fuori dalla bocca, Varia deve passare attraverso un ‘apparato di emissione”, al cui interno sono presenti la laringe, Vepiglotcide e, soprattutto, le corde vocali. palato epiglottide densi lingua mee corde vocal polmoni iaframma 18 1.2.1 La laringe Posta al di sopra della trachea, la laringe &, da ogni punto di vista, paragonabile a uno strumento a fiato e, pitt precisamente, ad ancia. La laringe manca, naturalmente, in tutti gli animali che respirano in modo diverso da quelli provvisti di polmoni (grazie alla trachea, come negli insetti, con apparati bronchial, etc.) € tutto questo perché la fonagione & strettamente dipendente da atti espiratori polmonari. Pit: schematicamente, si pud afferma- re che in assenza di polmoni non & possibile ipotizzare in aleun ‘modo la presenza della laringe. ‘Questo organo, assente negli invertebrati, comincia a mani- festatsi negli anfibi adulti, nei rectilie negli uccelli, e assume nel- Puomo un clevatissimo grado di sviluppo. Differente nelle sue dimensioni, a seconda del tipo di sesso degli individui, la larin- ge non ha perd rapporti di proporzione con la mole degli stessi Essa, in maniera pitt empirica, & determinata dallaltezza sonora € dall’intonazione — dal “diapason” — del soggetto: nelle voci molto gravi avremo una laringe sviluppata mentre in quelle alte, al contrario, la laringe sari pitt minuca Una seconda pitt importante base di differenziazione & rela- tiva all'erd dell’individuo, Sostanzialmente inalterata fino alla puberta, la laringe, nell'arco di due-tre anni raggiunge il suo grado di sviluppo pitt maturo. In questo periodo, essa si attesta sulle dimensioni della persona adulta; si rafforzano le corde vocali, si allarga 'epiglottide, e wutto cid concorre a dete re quello che viene chiamato “cambiamento di voce”: quel pas- saggio obbligato della voce dal suo timbro infantile a quello adulto, con i primi centativi ~c le prime incapacita ~ di utiliz- zazione del nuovo strumento sonoro (voce sorda e rauca, diffor- mee Un processo analogo, ma molto pittactenuato, si registra nel- eri puberale dello sviluppo femmini nina- iscontinua). sso & perd meno evi- i) dente ¢ fa conservare alla donna, anche in eta adulta, un timbro di voce alto e per certi aspetti leggetmente infantile, Al di la della differenza di sesso, va segnalato che, comunquc, lo sviluppo della laringe prosegue, anche se molto lentamente, fino all'eta di venticinque anni circa, periodo’in cui comincia il suo interno e progressivo processo di ossificazione La laringe @ inolcee formata da numerose cartlagini e da molte- plici muscoli. Alcuni di essi (posti sia all'interno sia alllestemo) petmettono di spostare la laringe verso Palto (producendo suoni pitt acuti:& il caso dei muscoli “tiroide’”) o verso il basso, oon la produzione di suoni pit gravi: 2 il caso dei muscoli“sternotiroid 1.2.2 Le corde vocali Nella regione mediana della laringe & invece presente una sorta di strettoia denominata “glottide”: & proprio allinterno di questa regione che si svolge, pitt specificatamente, il processo di fonazionc ed 2 all'interno di tale zona che si registra, soprattut- ‘0, Ia presenza dellaltro, fondamentale organo di emissione del corpo umano: le “corde vocali” In questa zona infatti, alcune cartlagini, quelle “aritenoidee”, sempre grazie alla presenza di muscoli inseriti su di un prolun. gamento della stessa cartilagine, determinano i movimenti di awicinamento (di “adduzione’) di allontanamento (di “abdu- zione”) delle corde vocali 20 SS fig. 5 Corde vocal in poszione fontoria (addvzione) fig, 6 Corde vocal in posizione respiratoria (abduzione) En Organi delicatissimi centtali nel processo di fonazione, que- ste sono del tutto aperte nel momento dellinspirazione mentte, durante Pespiratione, tendono a chiudersi e a vibrare, Visiva. mente, le corde vocali si presentano come due fasce chiare di un centimetro © mezzo circa nelle donne e di due centimetti circa negli uomini La dimensione varia inoltre in finzione del tipo di voce di ogni singola persona. Nettamente separate ta loro, le corde vocali fur tionano come una doppia ancia, membranosa ¢ morbida, in uno strumento musicale a fato. Durante la posizione di normale respi razione ~ a riposo — esse sono sostanzialmente distanziate una dal- Taltra mentre, per la produzione di suoni articolat, le corde si avvie ri, ides dictro, spidgo, nia be Tra le parole che non sispettano questa diffusissima tendenza, segnaliamo vi, ndi gidrno, giévane, saétta, chidrico, 106 tomate La segreteria telefonica 2", “orio”; composti con “tono”, “fono") Esercizio n. 1 (suffissi “ente” € La segreteria telefOnica aspettava che inserissero la memétia, che il micrdfono interno scattase e lei porsserisentire quella voce, puntuale, sincera e dolce: quella del dottor Cafdtio, amico e con- sulente del suo capo-padrone-proprietario. Si era abituata malvo- entieri a quel rudlo, obbligandesi a sopportare informazioni sva- riare, balzane © spesso Wisartimte, slidtumenti di appuntumenti, ipotesi di ritardi, mistrie personali, cancellézioni e vuoti; ma quel a voce, trata flla interminabile di voci, sort im lei Uefferto di wna molla, una calla che Vattaccava, cosi pensava, per sempre, al nastro regisrato. “Sono il dottor Cafastio e voleve avvisare della mia pre- stnza in studio...”: per quella voce, la segreteria telefinica si era innamorata, pur consapevole del suo esere filo, nastro, meccanica innocénte ¢ inanimata ma tremendamente certa, perdutamente certa del suo unico, microfenico amore. Ipotizzava il viso e il nome ¢, sentendosi git innamorata, come tutti gli innamonat, aspertava il rrillo del tel®fono, lo stacco del tast, il giallo della memoria ¢ la sua voce: il dottor Caferio. Pensava al possibile primo inconero, lei che, per parlare, gli sfaderava con diliggnza tutti i nastri e le combinazioni registrate ¢ lui che le raccomtava la 107 sua storia; poi, staccato il telefono, accendeva il vecchio gramméfono ¢ insieme bevevano, lui gin tonico, lei acqua elet- trdnica. Sapeua inolire,e nom ne ena gelosa, che Cafdrio ere spose- 10 (una vita, figuriamoci, aveva anche dovuto mandare allaria Vappuntamento per la moglie e qualche suo accideate), ma tutto «questo, per davoero, non le interesava. suo era wn rapporto voca- ‘e, certa, comiera, la gioviale segreteria, che il senso della terra é nella voce, nella parola, finica 0 radiofenica: che cadenza e ritmo, intensiticesimbro forniscono le intere indicazioni per eapive Luomo, ¢ lei avevn capito che Luomo Cafisio ena, tra tutti, Puomo, E fe cos che, per lunghe noni di lunghi giorni, mesi e anni, quando tutti eran vi, lei trascorreva tutto il tempo altomn, a sentir, regierata, 4a sua di lui doleissima perdurante voce Un giorno, perd, come gli altri, tesa a rincorrere se stesa e ilsuo rastro, la segreteria telefonica inceppi. Era Cafdio che, per un lavoro grosso e ricco lasciava, ¢ non si sapeva quanto sarebbe stato via © quando sarebbe, coentualmente, ritornato, lsciav per intero 4a citté. Fu allora che Ia segreteria singhiozzd rantolante ed inghiots, dentro se sess, il nastro registrato, Da allora il uo capo- padrone-proprietario cerca Caforio mentre lei, mnemonica voce del suo addio nella sua gola, non lo cerca affatio perché sa, sincéna, di non trovarlo pit, Mai pit 108 Il sulisso entecortisponde in lines di massima, al participio pre- sente dei verbi della seconda ¢ terza coniugazione. Derivante dal lati- no “ens”, ¢ fortemente usato in maniera autonoma per forme aggetti- vali e sostantivali (ored2nte, consulénte)e ha allargato sempre di pitt la sua utilizzazione con alte temi e forme (tagline, silene, maggiorénte) Discorso unitario, per cert vrai contiguo ad ente da farsi per enea a cuiy inalteratamente, corrisponde da un punto di vista sostamtivale (consulenza, prerinza, diligenza). Exeditato dal latino “entia’, diventa suffisso, sempre in forma aperta, anche per termi- ni scientifici (imped?nea). Variante tendenzialmente colta del suffisso ofa, orto si lega, in linea di massima, a verbi di natura leteraria. Da pronunciarsi in an d rio, si & attestata, forma aperta fonatirio, dormitirio, oratorio, refettorio, anche, come terminatione strutcumle di aki sostantiv (aria, biria, gloria. Con tinico e fonico (cosi come cen rono ¢ fon), pitt che di suf- fiss, & corretto parlare di aggettivi ¢ sostantivi autonomi, dorati ‘quindi di una propria completa specifica valenza e che perd, nel lin- guaggio corrente, sempre piit sono andati a legarsi a prefissi o ad altri sostantivi (cardiosinico, telefonice); hanno consentico perd, per oxi dire, di offrire una linea di tendenza foneticaa parole ed agget- tivi con identica terminazione (mneménico, Ménica). Mantengono, anche in forma composta, la propria accentazione aperta. 109 Esercizio n, 12: Mauro Vextraterrestre (suffissi “esimo”, “ello”, “estre”) Ena il penultimo giro — liandictsimo ~ e poi la corsa campe- stre, col suo dodictsimo giro, si sarebbe conclusa. Mauro lextra- terrdstre, cost lo chiamavano per via della sua forza e della sua tenacia era, come prevedibile, saldamente in testa. Aveva dato la sua vita per la corsa campestee, Mauro lextraterréstre, sacrificando le sue giornate e 1 suot sogni: ad ogni pasto niente dolei ma solo carne di agnéllo ¢ minestra; in ogni giornata, nove-dieci ore di chissa, massacrante palestra Non era stanco, Mauro (avrebbe corso anche un teedicésimo, forse un quattordicdsimo giro) ed eva pronto a salire Pultima alru- rarupdstre, superare ilruscéllo,ilsuo ponticéllo di legno e, dopo, consegnarsi vincente al traguardo, Durante la corsa campestre, le nuvole dense ¢ asserragliate nel cielo, embravano voler coprire V'in- sera volta terréstre, Molti spettatori avevano portato con sé ombrélli emantélli ma ora, grazie a un venticello leggero ¢ pene- irante— un po’ ‘alpestre” — cominciavano ad affacciarsi nellavia i primi raggi di sole, qualche chiaeza d'azzurro, i riflesi dorati del verde delle valli. Mauro accelerd la sua corsa. Strine i denti, foce leva sui musco- 110 Ii delle gamnbe e dei fianchi e non si acconse che un wccello — per Fe- sattezea wn fringuello — gli ssava roteando, allegramente, attorno. Mauro fece per seacciarla, il fringulle improvvis) wna delisiosa piroctta ¢ il tenace corridore campestre, per un attimo, brevissimo ¢ bello, gi sorrise. Liaccdllo sopravanzi ¢ lo guardd come chiedese “che fai, featallo, giocherélli con me?” ‘Mauro tentennd (era il suo ultimo, dodictsimo giro) ma poi vide il gialla gfolgorante di una ginestra e decise — tanto era comun- que in vantaggio ~ di fermarsi un momento. 1 fiari della ginestra dal fiumicdllo sul sembravano gioi@lli incastonati sui ramosc® ponticallo si repinava il profiemo dei muschio e della rugiada e qualche contadino stava servendo sulla tavola, accompagnato da un Leggero vinéllo, mozrarélla ¢ rucola campestre. Il fringuéllo beccd la morzarilla ¢ Mauro, diméetico della corsa, asiaggid il delicato vineMo. Poi, dimentico di tute, mangid la mozzarella. Gli altri corridori proseguirono la corsa ¢ conclusero, fiacchi e sudati, il loro dodicesimo giro. Qualcuno ~ nessuno ricorda chi ~ vinse la corsa campstre ma tutti, giacché la notizia corse pite velo cedelventicéllo, raggiunsero Mauro. £ b, srafringuelli¢ ginestre, mozzarélle ¢ sentieri rupistei, cantarono le lodi di Mancro, cam- ipione indiscusso ma non pite soggetto rigido ed extraterréstre. um Esercizio n, 12: Mauro l'extraterrestre (suflissi “esimo”, “ello”, “estre”) Era il penultimo giro — landicesimo ~ ¢ poi la corsa campi- stre, col suo dodicésimo giro, si sarebbe conclusa. Mauro Textrae terréstre, cosi lo chiamavano per via della sua forza e della sta tenacia era, come prevedibile, saldamente in testa. Aveva dato la sua vita per la corsa campestre, Mauro Vextraterréstre, sacrificando Le sue giornate ei suoi sogni: ad ogni pasto niente dolei ma solo carne di agnéllo minestra; in ogni giornata, novecdieci ore di chica, massacrante palestra, Non era stanco, Mauro (avrebbe corso anche un tredictsimo, forse un quattordicésimo giro) ed era pronto asalire l'wtima altu- rerupestre, superare ileuscillo, il swo ponticéllo di legno e, dopo, consegnarsi vincente al traguarde. Durante la corsa campestre, le rnuvole dense e asserragliate nel cielo, sembravano voler coprire Vine tera volta terréstee. Molti spettatori avevano portato con sé ombrélli emantalli ma ora, grazie a un venticéllo leggero ¢ pene- srante — un po’ “alpdstee” ~ cominciavano ad affacciarsi nel aria i primi raggi di sole, qualche chiazza dazzurro, riflesi dorati del verde delle vali Mauro accelerd la sua corsa. Strinse i denti,foce leva sui musco- 110 I delle gambe e dei fianchi e non si accorse che un wccélle — per Ve- sattezza un fringuéllo ~ gli stava roteando, allegramente, attorno. Mauro fice per scacciarlo, il fringuélle improvvisd una deliziosa piroctta e il tenace corridore campestre, per un attimo, brevissimo ¢ bello, gli sorrse. Liacetllo sopravanzd e lo guardd come chiedesse “che fai, fratello, giocherdlli con me?” Mauro tentennd (era il suo ultimo, dodicesimo giro) ma poi vide il giallo sfolgorante di wna ginestra e decise — tanta era com gue in vantaggio — di fermarsi un momento. I fiori della ginestra sembravano gioidlli incastonati sui ramosedlli; dal frumicéllo sul ponticallo si respirava il proftumo del muschio e della rugiada ¢ qualche contadino stava servendo sulla tavola, accompagnato da un eggero vinéllo, mozzarella ¢ rucola campistre. I! fringudllo becci la moraardlla ¢ Mauro, diméntico della corsa, assaggid il delicato vindllo. Poi, dimentico di tutto, mangid la mozzarilla Gili altri covridori proseguirono la coma e conclusera, fiacchi e sudati, il loro dodicésimo giro. Qualeuna — nessuno ricorda chi vinse la corsa camapastee ma tutti, giacché la notizia corse pite velo~ ce delventicéllo, raggiunsero Mauro. £ li, tra fringuallie ginestre, mozzarille ¢ sensieri rupéstei, cantarono le lodi di Mauro, cam- pione indiscusso ma non pit soggetto rigido ed extraterréstre. um Derivante dal latino “ellus”, proveniente quest'ultimo da “ulus” i sulffisso ello aveva inizialmente un valore unicamente diminutivo (agrtllo,cappelto); col cempo & diventato perd anche un alterativo che esprime partecipazione ¢ simpatia (somaréllo, stupidello). Pub trasfor- ‘marsi rafforzando la sua connorazione diminutive, in “icello” (cam picéllo, veticell). La vocale “e” risulta comunque sempre aperta, Estre® un suffisso latino di natura chiaramente aggettivale ripre- so, probabilmente senza alcuna variazione, nella lingua italiana cor- rente. La sua massima diffusione si regis nel legamento con la sua accentazione numerosi termini, nel tardo periodo medieval Baperta (eguostre, pedtstre, rapt). Lutilizzo latino di eximo in qualita di suflisso numerale ordinale, & poco frequente: accanto alla prima decina, auronoma e priva di ter- minazioni (dal “primo” al “decimo”, in sostanca), nella seconda si preferiva indicare Ja sequenza numerica componendo i pr numeral decimoguinto © decimosesto per guindictsimo e sedicesimo); per le altre sequenze, il ricorso, inevitabile, al sufisso veniva comun- ue legato con la prima decina (ventéximo terzo per venitredsimo) Nell'ultimo secolo il suffisso exima, in forma aperta e con la “S” dolce & invece il sistema connotativo numerale maggiormente uti- lizzato in lingua italiana, mm Esercizio n. 13: Le capriole (suffisso “olo”, “ela”, composti con “teca”) Con Roberto mi divertivo poco; mi accompagnava in balera, era un bravo figliudlo, diverso dae euti gli altri ma non mi divertiva. Eva anche bello, sincéro, tuto casa ebibliottca; io, capite bene, con la miaclient&la, mi sarebbe servito pure avere una buona parenté- Ia, diverse dalla solita, ma proprio non riusciva a divertirmi. Una sera, perd, mi venga un accidente, eravamo a casa sua ¢ si & person “pli venga un cOrmo”, ripetevo, quando sento allimprovviso, dalla stanza del su leto, una musica spagndla; mi avvicino e vedo muo- versi lelenzudta, Per il resto silenzio, nemmeno una parola, la fint- stra chinsa ¢ le luci spente; poi la testa, allimprowviso, fuori dalle Tenzudla, qualche gesto strano e Roberto, tutta intero, contento, fel ce, a giocare e fare cap Ripeto, capridle, salt, risa ¢ giochi. Anchio ho givcato ¢ lo con- fess, mi son divert ‘mi som ritrovata,allegramente, tut'a wn trat- 10, a rincorvere lelenzudla, a cercarto sotto il letto e sopra il lume, «a spogliarmi, rimanere in camicidla ¢ a fare in due, dolcissimo cavaidla. E anche quando, interrompenda il gioco, ho pensato alla mia dientdla sotto la mia casa a far li fla e la spila, allipoteca sulla casa e al guadagno perso inutilmente, nonostante tutto questo, 13 ho continuato a giocare e a fare le captidle: a ridere della mia clientéla. Poi Roberto mi ha lasciata (sacrilegio!) per una esperta ballerina spagnola e io, purtroppo, ho perso tutto; la mia clientéla non mii «anita, la mia parentéla mi si cela e, soprattutto, non ritso pitt a fare le capridle. Derivante dalle forme latine “colus” e “ious”, il sufisso olo (wold), con valore diminutivo, si # legato, nel corso dei sccoli, intimamente, a una serie di termini, diventandone unita indivisible (caprdla e aprile, lenzwile, da capra e da lino-lenza) & possibile, comunque, Ficonoscere il tradizionale valore suffissale in rapporto a nomi di abi. fanti come campagnile, romagnolo, spagndlo (ma anche “cavaidla” significa, etimologicamente, abicante del centro campano Caua dei Tirrem) cin exmini comuni della lingua italiana (ghiaciba, fill). sua accentazione, anche quando, legandosi ad aleti suffiss! “aiuolo” ¢ “icciuolo”, & comunque sempre aperta, Derivante dal latino “clam”, il suffisso ela segnala, in linea di massima, un rapporto direrto, gerarchico 0 comunque riconosciuto € precisato con il termine che accompagna. E normalmente da pro. unciarsi in modo aperto (clientdla, parentela), anche nel suo utiliz- 20 pilt genericamente aggettivale o sostantivale (cautela, eu). Per ecw il discorso, come visto in alcuni casi precedenti, non & di tipo suflisale ma unicamente compositivo ¢ integrative: si lega io, come sostantivo dorato di un suo autonomo significato, con altri termini come discoeca, ipottca (conservato sotto), paninoteca La pronuncia, come in sostanza @ la pronuncia del semplice sostantivo femminile “teca”, ® aperta, Esercizio n. 14: Il ministero in quarantena (suffissi“eno-ena”, “ero”, “iero") Iministero era stato messo in quaranténa. Bloccati gli ingres- sie le uscite, un ciaslitxo portavoce infarmava che, forse, il mini- stro e i suoi vice avevano ecceduto in incontri e riunioni: che la situazione era come sempre lusinghitra ma che, per prudenza, sta- vano verificando Vinsorgenza di una eventuale caneréna. Al di la dell ambigua e insincera dichiarazione, il mondo politi- co era in subbuglio. Cera un serio rischio di contagio, di un molti- plicarsi della caneréna, di un protvarsi della quarantina. Medici feni, sloveni, arméni ¢ madriléni (y:isterioso ena stato il erite- rio selettivo) furono convocati al minister0, cost come fiarono chia- ‘mati in soccorso frati, monaci e badesse ds tutti pia diversi mona- stéri nazionali. Medici e monaci discussero. Per i prim la causa era mentale-comportamentale: troppo stres, troppo impegno mattinid- 10, poco spirito vacanaiteo: peri secondi la motivazione era diver- sa: scarso pensitxo spirituale, nessun sensiero di fede da percorrere, nessuna dimensione esterna ~ ‘frontiera” ~ ai propri immediati,cir- coscritti interes. Nel frattempo, dagli altri ministesi si chiedeva la chiusura del ministéro in quaranténa, lavocazione dele relative competenze e, us nellipotesi extrema, la trasformazione del ministdso malato in cimitéro popolare, con tanto di battistero, La simazione era sull’orlo dello sfacelo quando il medico madriléno chiese — ¢ ottenne ~ che, a trovarl, arrivasero moglie ¢ Parenti, amici e conoscenti. Giusto il tempo per la iraversata dell’ae- reo ~ di un suo volo etereo leggero — che il ministéxo fiu inondato a simpatici tore, musiciti col sombrero ¢ aitanti caballéti Grazie a loro, come depo aver pascato una dura quaranténa, i ministéro si rivitalized. Ministro, viceministri e badesse comincia- rono a ballare frenetici: burocratie funszionari si alternarono a can- tare coi musicisti col sombrero mentre monaci e medici, caballére ecaballéri inventarono nuove, ¢ pitt piacevoli, novene ¢ terapie. A guardia del ministdxo, per sua scelta, ci andd iltoréro, ansio- 40 di vedere, negli altri ministaxi, womini con corna pity terribili e insincere dei suoi odiati tori madileni. Ena’ un suffisso aggettivale con valore numerale. Variante meno ricorrente della terminazione “ina” (cinquina, quindicina, trentina, etc.), esprime i numerali collettivi della lingua italiana, E il caso di novenae di quarantena, La sua pronuncia ® sempre aperta Eno & invece un sulfisso, nel suo senso pitt etnico e geografico, chiaramente riconducibile a “ino”. Molto diffuso, quest ultimo, nel Nord dell'Italia (forentino, vicentino, triestino, etc.), un po’ meno 6 nel Sud (tarantino, brindisino, etc.), nella sua trasformazione in eno si & actestato in forma aperca legandosi a nazioni (irakeno, cileno) e a cited (madrileno). A un valote di somiglianza, tipico del suffisso “ino” (come ad esempio in “cervino”), deve essere ricondotta la parola cancreua, anch'essa da pronunciarsi in forma aperta. Tero & una variante del suffisso “iere”. Successive 4 questo, iero izzarne il suono (come & gid rappresenta forse il tentativo di italiani i stato ricordato, “iere” & un suflisso di oxigine francese, diffusost i Italia a partire dal tredicesimo secolo). A differenza di “iere", qua sempre sostantivale, iro ha un ilizzo pitt aggettivale: mattiniero, ciarliero, guerriero, etc, La sua promuncia é in ogni caso aperta. Ero deriva dal latino “erium’, un suffisio molto usato (dal quale deriva il suffisso “eo”, incontrato in precedenza) ¢ ancora oggi rinve- nibile in parole come “improperio” o “desicerio”. La sua funzione ricorrente & di natura logistica ~ & il caso di monastero (il posto dei monaci), di minitero (dei ministsi) e di dicastero (anticamente, Iuogo dei giudici”, ora un sinonimo di ministero). Una buona diffusione di ev, infine, @ in parole con evidente influsso spagnolo: pistolero, caballero, treo, sombrero, La pronun- cia comungue sempre aperca uy Esercizio n, 15: Il quaderno (suffissi “crno”, “otto”, “ozz0”) Un quadézno 2 quatcosa di etteno ¢ di matéeno. E un cap- potto tenero.e discreto all interno del quale puoi, come in una calda cavirna, sficggire a ogni tipo di invérno o di infeeno, Un quadimno ¢ un oggetto soffice ¢ malleabile: come un maritdzzo a colazione, come una carrdrza che ti orienta net tuoi sogni. come wna grande tindeza, nelle yuate, senza timore alcuno, puoi agitare i tuoi pedi, le tue braccia, il tuo corpo inter Un quadéeno 2 un cerdtto per le tue ferite, un palareatto di pensicri galedtti, un raganzdtto scanzonato e irriverente: ti pren- de per mano e ti obbliga a svelargli i tuoi rimbroti, i offi il suo spazio nudo chiedendo di riempirlo di segni e di parole: scanabocchi, gabbideti, mori, stramborti Un quadérno @ qualcosa di etéeno e di immediato: di matte no ma anche di lerale: un ossacchidtio che ti accompagna nella ‘tua incertezza e, allo stesso tempo, un caurdtto lanciato contro qualeosa di terrbile. Da neusralizeare attraverso la indefinita rsi- stenza di una pagina, Emo & un suffisso usato, in lingua italiana, in modo vatio © diversficato, Si lega infatti con sostantivi (eterna, materne), con preposizioni (interna, inferno) ¢, infine, con aggetivi: externa, inver- ‘no (quest ultimo termine proveniente dz urtantica radice ~ *hiber = chiaramente rintracciabile nel verbo “ibernare”). La pronuncia & sempre aperta 7 Otto proviene anch’esso da una tasformazione di “ito-etto, gia incontrato nellesercizio n. 2. La sua funzione pit ricorrente & di tipo diminutivo (cart, cero, cappote) ma, in alcuni casi, questo suffisso conferisce una caratterizzazione ironica ¢ irriverente alle role con cui si unisce: ragazzotto, palaczotto, signorotto PitCon Paggiuna del suffiso“acchi”, valve di ott cambia, en- dendo pit affeteuoso ¢ vezzeggiativo il termine con cui si accompa- gna: lupacchiotto, orsacchiotto. . . Ce da segnalare, infine, una componente di “onomatopeicic® che rende otro fortemente adatto al gioco linguistico e verbsale: rim- brotto, roto, strambotio, bot La sua pronuncia & comunque, in ogni caso, aperta. mente recente, di -oceus”, La stia Ozzo ¢ quasi sicuramente una variant, relati “occio”: un derivato, quest ulcimo, dal latino funzione & diminutiva (rinozza, carrozza) ma anche, in parte, & zonatoria ¢ scherz0sa: maritozza (la colazione che le donne fioren- tine portavano ai propri mariti), bacherozzo, Va pronunciato sem- pre in forma aperta a9 Esercizi (leccera *s . 16: Lincendio doloso spra o sonora) Si desumeva fesse doloso: disgustoso, sovrumana é, sicuramente, colposo, Aveva raso al suolo i boschi ele riserve, spingendosi fin quast 4 ridasso del paewe, in mistra esasperata, minacciosa, pericolosa Lausore, era palese, era Césare il tarinese, perso d'amore per la sua Teresina e per il suo viso, la sua bocca, il suo naso: tutto di ei Aveva raso al suolo, non casualmente, tusti gli alberi su cud insie~ ‘me, Cesare ¢ Teresina, avevano inciso e disegnato le loro reciproche, innamoratisime, frasi d'amore. Ventisei, cost diceva il resoconto, susini incendiati a cui il caso aveva imposto la sfortuna di sentirsi appoggiati, felic, i due ex innamorati Si erano conosciuti in un caseificio: lui le disse: “buonasera” ¢ lei prima gli rispase e poi sorvie; lei dissertd del peso esatto, della bilan- cia e dell asiago stagionato,¢ lui la vide gia come sua spose. E Centre era come risorto. Interi mesi, dolcssime attese ¢ baci, pianti, risa e corse per prati rigogliosi ¢ per maggési. Poi Uesito comune ati pit dopo i primi mes, le prime fas, lei disatese le sue aspettative e lui, dso dalla gelosia, la accusd. Cosi fin. Adeso lui vive sopra unisola. A volte riposa, altre, pit spesso, confess, nelle roge sere d'estate, senza mescuna cust, ogni cost e ogni caso, Senza pina. 0 Si ® gid accennato, nella prima parte del libro, alla differenza, sonora ¢ fonetica, interna alla lettera “s” in lingua italiana: la sua pronuncia @ infatti dolce-sonora oppure aspra-sorda, a seconda che sileghi (0 non) a talune consonanti, E facilmente intuibile, infatti, che la “s? che precede le conso- nanti sonore (quelle nella cui fonazione intervene il totale coinvol- gimento delle corde vocali: 6 d, gh, gi, bm, m,n 4 % z, com sbadato, sdoppiato, sgherra), impone la produzione di un suono dif- ferente da quando, iniviale di parola, sia seguita da qualsiasi vocale (sapone, sedia, signore), dalle consonanti prima non clencate, aspre, (ch, ci, F py a, 5% 2: scherzo, sfarzo, etc.), ¢ sia doppia interna a sostantivi (gers, uss, pass). 11 discorso sulla °s” appena un po’ pit complicato e meritevo- e di approfondimento quando, invece, si riferisce alla sua posizio- ne intervocalica, preceduta ¢ seguita, cio’, da una o pid vocal, E forremente probabile che la “s” intetvocalica del latino colto, nel periodo romano, fosse pronunciata sempre in maniera aspra sorda ma nella seconda meti del periodo medievale, con forte rife- rimento al modello linguistico toscano, si afferma una duplice valenza, una doppia maniera di pronuncia: sorda, corrispondente al segno grafico-fonetico “s’; e sonora a quello di “s". Questa & sorda, per esempio, in vocaboli come asino, eaua, mese, cosa, peso, naso; & sempre aspra nel suffisso oso (smenioso, scontroso), & quasi sempre aspra nel suflisso ese (genovese, ateniere); fanno eccezione le parole francese ¢ marcheye, borghese, cortese, paese, de spetcivamente da “abitante delle marche” (cioe delle zone di confine di un territorio), abitanti del borgo, della corte, del villaggio (dal latino pago-pagensis). E: inoltre aspra nelle desinenze dei predicati verbali terminanci in es (chiesi), is (rit), os (posi), us (hits) “s* dolce si rif&, invece, anche se molto generalmente, a influssi lerterari interni alla realta curcense ¢ a quella ufficialmente ecclesiastica, nel tardo petiodo medievale (XIII - XIV secolo), La pronuncia con la °s” intervocalica dolce avrebbe mostrato, subico, la “dignita” di un determinato vocabolo prescelto ed emancipato, ridetto e quindi nobilitato a rappresentare,ripetiamo, la “nascente” rr classe intellettuale. E evidente, infatti, che, nella loro utilizzazione popolare, termini pitt diffusi, pitt *masticati” da fasce sociali pit ampie, abbiano pitt specificatamence la “s”sorda, cosl come i voca- boli precedenti esemplificano, mentre nel linguaggio e nei vocabo~ li “ale”, risulta al contrario consolidata la pronuncia della “s” sono- ra, Esempi di questo tipo si hanno con termini di tipo curtense (fantasia, musica, cortese spose) ed ecclesiastico (panadiso, battesimo, crvistianesimo, quaresima). B.invece del tutto cetto che quando ia “s” corrisponde alla “s" latina, la sua pronuncia & chiaramente e dichia- ratamente sonora (esame, esigere, esercito,esibire). In ultimo & da ricordare che & ovviamence aspra la lettura della “s” in parole compo- ste o precedute da prefissi (Buonasera,vensivt,risentive, risollevare), Va segnalata, pero, una crasformazione, avviata soprattutto gra- zie alla abitudine fonetica settentrionale e consistente nell’addolci- re sempre le “s” intervocaliche. F. andata emergendo, nelPultimo ventennio, a cavallo degli anni '70, con l'aumento massiccio di pro- dotti cinemacograficie televsiv, su larga scala e, con il conseguen- te aumento di figure legate alla utilizzazione professionale della parola (speaker, attori, doppiatori), una semplificazione e una stan- dardizzazione fonetica. Questa andava, in sostanza, a stabilire come regola concreta ¢ operativa che ogni tipo di "s” intervocalica si dovesse pronunciare in maniera sonora ¢ dolce. “S” dolce, quindi, sia nelle aggettivazioni, sia nelle desinenze verbali ¢ in numerosi termini cui prima si accennava Questa semplificazione @ velocemente, navionalmence, andata a sostituire una consolidata tradizione fonetica (esemplificata prece dentemente) che, come si pud intuire, arricchiva ¢ impreziosiva di diversificazioni la pronuncia della lingua it In realtd, il rispetto della diversificazione dolce-aspro nella “” intervocalica non 2 un‘operazione semplicissima giacché non sempre ta opposizione colto-popolare & dedlucibile, Noi consigliamo di pro- nunciare la “s” aspra perlomeno nei suflissi in exe e oso, nelle desi- nenze ¢s, és, os, use in una serie di termini che abbiamo evidenziato nell appendice finale del volume. Nel dubbio, ¢ preferibile comun- que pronunciare il suono “s" intervocalico in modo dolce. 2 Esercizio n, 17: Lo zingaro (leccera “2” aspra) Era lo timbello del pacse: ogni sers, in piazza, con la rampo- gna, suonava l'avemaria. Accanto alla jontana, lo rampillo dellac- aga gli faceva da controcanto, Molti pensavano fosse uno vingato, Non era bello, un po'zoppo, ma vantava una parentela altoloca- ta: sua via, unValteratitella, proprietaria di olle sterminate di ter- reno, era contesa. Da lei, a sera, senza una parola, sempre titto, rimediava un po' di nappa di fagioli, fave, ameche lessee il gelato auccherato. Non le voleoa bene: fase ato per lui, 'evrebbe cospar- sa di volfo ¢ avrebbe dato fuoco. Ma per amore dei past (in special ‘modo dello rampone, la domenica), desisteva Per lavovare si arrangiava in campagna: zappava la terra, un pezzo di podere pieno veppo delle cose pite varie. La notte sognavt luna zattera; né zat o principesse, né vecche o zecchini, ma solo unisola sperduta, un cavallo con gambe robuste e occoli efficac. Quattro rampe capaci di tuto, un eefante con ranne lunghe ¢ pericolose, capaci di difenderlo da ogni agguato. Pai, alla fine, come sempre, si svegliava, “La vita ~ diceva — 2 una zampata funesta”. E nella piazza, accanto allo rampillo della Jfontana, tornava a suonare lo vufolo. 123 iali di parola hanno, in lingua italiana, due distinti matrici: una di tipo greco ¢ attestatasi con la pronuncia dolce ¢ sonora (zelo, zero, zerbino, zigomo, zona) ¢ Valera (trasformazione della *s” latina, o di origine germanica, di mediazione longobarda), legata soprattutto, come centro di diffusione, all'area settentriona- le italiana ed espressa, foneticamente, con la “ appa, zal). Molti tra i vocaboli inconteati nel presente racconto hanno, come si pud intuire, una derivazione germanica. Tutti, nonostante sia ricorrente una tendenza “addolcente” in tutta la nazione (spe- cialmente nel sud Italia, dove & pitt forte l'influenza fonetica greca), sono da pronunciatsi in forma aspra ¢ sorda. Gli altri termini che iniziano per “2” non presenti ucl racconto sono evidentemente da pronunciarsi in modo dolce. aspra (zanna, 4 Esercizio n. 18: Il premio superpanza (leteera “z” aspra 0 sonora) Ce ne erano a bizzeffe. Forzatie richiamati dalla fragranca del premio serano precipitati, nella piazza, tutti i pite ambiziosi possi ili vincitori. IL super panza dell'anno avrebbe premiato, era facile intuirlo, la circonferenca pitt preparata e avanzata: la pitt larga- mente fortemente spaparanzata, Si erano preparati per mesi, con cucrenaa € costinces, sovruppesande ogni pranse, claticigzande indumenti, garze e cinghie, per allargarsi a dismisura, per obesig: zarsi e orecere, per allargarsi e vincere il super panca premio del- Vanno. Banditi dai pasti blandisie, inezie e fronzoli culinari, ave- sano, chi pit chi meno, puntato sulla quantite pesante: niente frul- lati, pane azzimo e insalate, in quelle panze in concorrenza si intui- sano chili di manzo, di piaze, pesck nuotanti, verdure galleggianti, traffici di pietanze, di pasti a prezei fisi ea prenzi pazzi La piazza frendvica rumoreggiava mentre i panzoni, vietato ogni tipo di pasto aggiuntivo, nervos, ozianti, mangiavano unghie ¢ pl- lici in aitesa della valutazione che una terroriczata, disgraziata bilancia avrebbe sentenziato I gioco dei volumi portava all inganno: il concorrente altisimo jpareva avere immagazzinato meno panaa, quello tappo il contrario. 135 A vincere, era precsato, sarebbe stata solo la proporzione massima ‘ma peso e circonferenza della panza. Azalee e canzoni, pectegolessi e danze amazzoniche facevano da strabuszente corallario all organizgezione generale il pubblico, i giu- rati, la tifoseriae eli scertici da lontano, externi alla piazza, aspet- tavano Vinizio del riscontro, La bilancia disgraziata fi ulterior- ‘mente rafforaata mentre un giudice azzimato e scapestrato rinnovd lobbliga all’assenea di pietanze nei calzoni dei panzoni: sole una pompa diacqua per allontanare eventuali sudori e odori ena conces- sa fissata frizzante ¢ con rozzezza al censro della piazea. Nel fras- rempo, la puzza di pance sudate miste a sanza cancellava ta brezae della piazza, aumentava a oltranza e paz furiosi i panzoni she- vazzavano senza ritegno né decenza. La fame, sinitra e spettrale, dopo un po’ si profilo perfida ai panzonis stanchi dellatesa del gin- dice azz imato sbranarono feroci, sriscioni, addobbi e le timide azilee 2eppe di fragranza e di innocenza, La piazza, miracolosi- mente, sembrava rinsecchirsie rimpicciolirsi mentre lore, smaniosi e affianti, sembravano allargarsi. La piazza rivelava Voggettiva insufficienza mentre le circonferenze allargate, incastnate e sgomi- tanti, a ridosso di muri e pareti, rivendicavano spazio a oltranza, Dall'ako dei palazzi uno spettacolo avvilente: obesi e ciccioni, sto- 126 maci giganteschi e molli non riuscivano, paralizeati, a muoversi ea ordinarsi mentre il giudice azzimato scompariva, azzannato senza grasa dalla frocia delle panze. Ena successo Uirreparabile e a furia di bere serano rozzamente gonfiati, Paonazsi pur di piazzarsi nei posti primari, avevano bevuto e sbranato allimpazeata; la gonza super panca fia azzenata ¢ annullata: il paese rutto fia evacuato, a piazza dell azzardato pre- mio fu velegata, cinica, nella woluta dimenticanza ¢ da allara, in ogni zona della terra, ogni panzone porta con sé, con penitenza, il segreto della piazza spiazzata dalle circonferenze allargate, strozza- tee incastrate dalla gaudente incontinence scorso rignardante la pronuncia intervocalica della lettera “rt ae ceaatpletce eam Bnd adres Rocce uacen- denze spesso varie, contrastanti ¢ alteme: accanto alla primaria diversificazione tra la sua origine greca e germanica, per il resto risulta estremamente tortuoso stabiline uno schema esplicativo onnicomprensivo di utilizzo. (Risultera strano a molti che, ad esempio, parole come brezza, Amazzoria, frizzante, pettegolezz0 vadano correctamente pronunciati con la “2” dolce.) Per puntualizzare gli esti della promuncia della consonante que utile precisare che le mediazionilacine si iallacciano ad rnaaza, “atio” (aces), es.: schiamazzo, “oceus , “antia” (anzd), es: speranza, “entia” (enza), es: accoglienza, “tia” (dzia, ezea), es.: bel- lezza, “atione” (azione), es.: ramificazione. In tutti questi casi for- ¢ suflisali la pronuncia della “2” sara sicuramente aspra, mat 27 Dal punto di vista verbale si pud notare che il suffisso “izzare” (quello “ezzare’) & pronunciato in maniera dolce (analizeare, pun- tualizzare, batteqzare) ed ® espressione probabilmente di termini pit “alt € rice ‘Analoga pronuncia dolce prevedono evidentemen- te le forme aggettivalie sostantivali derivanti dalle precedenti forme verbali (analizzatore, battezzato) 128 Esercizio n. 19: La streghina (desinenze ¢ formazione dei verbi) “Se qualcuno di voi mi avésse date retta, avréste potuto fare una bella festa, ma cost non sardl”. La strega che si tra appropriata del giardino avrdbbe volentieri infierita ulteriormente, Non porki ‘fare diversamente, né ho potuto, né—concludéva ambigua e sibil- lina — porsei” 1 bimbi avebbero volute scappare, tra come se i loro occhi avéssero gid contemplato il disastro, avéssero gid vissuto per inte- 10 Vincubo che si andava dipingendo. "ene andrémo cosi, a cuore aperto, — dissero lamentosi di una festa gid pronea in ogni suo dettaglio, ~ ce ne andrémo ¢ non titornerémo”, Innumerevoli ‘potsémmo” tuonarono nel mormorio infantile e i*facémmo bene a fare si” ¢ i“poteémmo fare no”, si confero ‘fastidiosi ¢ inconcludenti. Nessuno si muovéva, la streghina era come se sidésse, i ragazzini tra come se o. Cominciarono a piangé- re per primi i pitt piccinis poi doveeero affiancarsi, nel pianto, i itt grandi e poi soccomberte alla fine anche lei, la streghina. Qualeuno la prése per mano, lei sorrise e tutti capirono che bra wna nonnina e non una streghina, Voléva, avrebbe voluto, in definiti- ta, che qualeuno Vavésse invitata alla festa ¢ lei sartbbe accorsa: dolce, bella, nullatenénte vecchina. 9 {a grossa irregolaritd dei temi e delle desinenze verbaliin lingua italiana @ espressione di un percorso, per cosi dire, fortemente tor. mentato, contraddittorio e obliquo, che ha, come base di partenza, {a lingua latina, Esso si traduce in una varieta di utlizzo delle voea Iie delle conseguenti accentazioni: moti sono, in sostanza, i parti colarismi fonetici interni alle strutcure di appartenenza, si da ren. derne disomogenee le corrispondenti pronunce e accentuazioni Sara utile, allora, puntualizzae e specificare quei passagei tema desinenza immodificabili e ripetuti nel nostro linguaggio E possibile innanzicutto rilevare che sia i gerundi sia i participi Presenti (gid incontrati nella funzione aggertivale e sostantivale) sono da pronunciarsi sempre, nella terminazione “endo” ed “ente”, in modo aperto: avendo, dicéndo, facéndo ¢ quiindi avemte, dicinte, factate; Is pronuncia della “e” continua ad essere aperta nella desi nnenza “cbbe", avribbe, direbbe, farebbe: avrebbero, direbbero, fare bero € nel passato remoro tesminante in “ete” pottie, ripetete: otetiero, riperstere. E possibile inolure segnalare i passaggi tema-desinenza “em” ed 3", con Ia vocale “e” sempre, diffusamente chiusa: questi si rea- lizzano, nel primo caso (“em”), nel futuro indicativo (aoréma, faré- mo), nel passato remoto (avémmo, facémma) ¢ nel condizionsle (aurénme, farémmo); nel secondo caso (“es"), nel passato remota (auéste, facét), nel condisionale (avréte, faréte) © nei congiuntivi (avési, facés); tisulta chiusa, ancora, nella forma imperfetta in “evo” facevo, potéroe in “ete” del presente (fa eccezione siote, che si adegua all apertura tipica dei dittonghi) e del futuro indicative Sarkte, potréte 1 due dittonghi_ pit diffusamente riscontrabili, nella generale struttura dei verb, si pronunciano al condizionale in maniera aperta ‘aunt, fart, in maniera chiusa al passato temoto port, eméi Sempre aperta risulta la pronuncia della vocale “o” nelle forme verbali quando si wovi in finale di parola (andro, ards io hi: cantd, 00i):la“e" va pronunciata, invece, aperta, nel presente (lui & cine), chiusa nel passato remoto indicativo (pote, ripet) tn ultimo, quando, allnfinito, Paccento tonico cada sulla ter- minazione “ere’, questultima & da pronunciarsi sempre in form, chiusa: bére, cadére, voléve : ° Vocaboli sciolti o bisillabici Lapporto vantaggioso, per certi aspetti risolutivo, delle partic celle finali ¢ dei suffissi, steuttura porcante di una langa serie di parole, finisce con lessere di scatso sostegno se rapportato alla Junghissima serie di vermini bisillabici irterni alla lingua iralia- na, La possibilita di riconoscere l'accentatione di parole per cost dire “sciolte”, come rage, topo, ereta, sera, etc, ma anche come cometa, catena, balena, etc., sono da ricercarsi evidentemente fica ¢ diretta conoscenza del singolo vocabolo. Per scmplificate la memorizzazione di una parte di questi ter- mini si & pensato, perd, a una seric di racconti brevissimi, molto simili tra loro e con uno sviluppo estremamente semplificato, che abbracciano alcuni gruppi consonantico-vocalici tra i pit ricchi di parole nella lingua italiana: “el”, “en”, “et”, “ol”, “or”, “oe” Nei racconti che seguono vedremo, quindi, la linea di ten- denza di alcuni gruppi bisillabici ricavando, conseguenzialmen- te, la diretta conoscenza della loro accentazione. E importante perd veder confermato, nei prossimi racconti, quel livello di “ingentilimento sonora”, & cui si & accennato in precedenza con la traslitterazione dal latino. Existe cio® una rico- nosciuta tendenza all utilizzo delle vocali aperte per segnalare termini pid important, nobili, impegnativi; questo tipo di aper- ‘ura sara particolarmente evidente nei termini medici,filosofici, letterario-poctci Anche stavolta bisogna perd riconfermare il generalismo di questa tendenza, troppo ampia e per certi aspetti astratta, per adattarsi alla multiforme varieta delle singole parole. BI Esercizio n. 20: Abele ¢ Carmela (gruppo “e) Abéle ¢Carméla comprarono uniintera partta di téla ma den- 170 ck rovarono una chéla, una candéla ¢ tanta ragnatéla. Con molto 2810 andarono al negocio e fecero pélo e contropé- lo al venditore il quale borbottd: “Io non dla la mia merce, e que- sto non é mica wn vélo, questa ® una téla autentica arvivatami sra altro con una ricca barca avéla”. Carméla divenne una miscéla cxplosiva, raga in tasca, tind fuori una miéla la spiaccicd nella fa: cia dal negoziante; Able, meno crudéle, gli recitd un verso sulle ‘pecore, del vangilo; eda guel momento, nella terra sotto ilo, il negoziante & lt che, beato, bala, ‘Tendenzialmente aperto, il gruppo “el” & gia stato incontrato nella sua wtlizeazione suffissae aperta la (clienrila, parentéla); & da so lincare il termine vangéle, derivante dalla composizone tra “eu (buono) ¢ “ingelos” (annunzio), aperto anche nella sua variazione aggettivale evangelico, misctla (da mescetee poi incrementato con ela) eil nome Carmela, derivante dal monte biblico Carmelo e quest ul- timo probabilmence da “carmen” (cart). Candéla, proveniente da “candere” (brillare) & da pronunciarsi méla, téla, vélo, Tea i vocaboli con accentazione aperta, cé da ricordare il verbo belare (io belo etc: derivante dal verso caratteristico delle pecore. chiuso, cosi come i term 132 Esercizio n. 21: Moreno (gruppo “en”? Non sono in véna e non vengo a cna! La péna di Moréno fic infiniva (ancor oggi, da lontano, e la méea per il rifiuto sopporta- to) ¢ preparo, sbagliandola, la risposta “Bane — rispose — io andrd a ckna a Gtnova ¢ in vacanza in Val Gardena, con Filoména /i siréna!”. Maddaléna, molto seré- na, alzando la voce, a mo’ di cantiléna gli gridd: “E chi 2 Filomana, quella baléna senza séno ¢ senza lena che abita in rou- lotte, nell’Axtna, a cui manca un rene, che il fratello la riempie di ott, la picchia nelle véni, che ha la fuccia color di xéna, 2 quella a rua Filoména con cui vai a eéna a Genova ¢ in val Gardena? ¢ 4 mangiare che, poi, avéna? che scbna!” Moreno, con la cancréma ormai nel cuore prese il primo tr’no, ne tagliofréni ecaténe e nessuna baléna osirena mai pit lo aspetto. Eno spesso, come gia evidenziato nel'sercizio n. 14, un sufis- so di natura geografica ed etnica (ciléno) =a volte di tipo medico (cancrina); nel racconto sono da notate le parole sciolte réni (il fondo schiena) ¢ rene (la ghiandola deputata alla secrezione), Faré- na-réna (sabbia) e U'aréna (luogo interno agli anfiteatri). 2 sare che essa, nel Per quanco riguarda Ia parol fiéno, @ use precisare che essa nel suo uso verbale, va pronunciata in modo chiuso: jo fréno, tu fréni, etc. 33 Esercizio n. 22: Amleto (gruppo “et” Amlato (ilveto & che non si sciolga mai questo dolcissimo segeé- to) un giorno raggiunse la sua meta: nell'antinomica, contraddit- toria impostazione “essere o non essere”, Amaleto centrd, come dico- no gli atleti, la réte, Amato aveva scoperto il método e il segréto per vivere in un mondo pulito, scenes cinuluzione di monéte, senza fame né séte, senza puzza di acéto né distinzioni di classi 0 di cet; insomma unlarmonia di vita, un concerto a cui, partecipando un esttta 0 un teoréta, avvolgese di séta Vintero pianéta Amléto perd ent anche molto concrete ¢ sapeva che avrebbe ribaltato il metodo del libro, avrebbe cambiato dalla beta alla zeta lesito del suo racconto; Amnléto allora, malinconico e disceé- to tenne con sé, come la mamma col suo fo, ¢ per sempre, il suo puiitissimo segréto. Gi8 incontrato con funzione suffisale “arborea” (oliveto, vigné- 4), come terminazione eta risulta molto spesso interno a vocaboli “colti” (teoréta, estéra)¢ in tal caso la pronuncia ? aperta, cosi come aperca & la conscguente aggettivazione in etico (estético, teorttico). ‘Tra i termini in forma chiusa (rete, acéto, diseréto, pianéta) si pud notare cegréto, derivante dal verbo “secernere”. 134 Esercirio n. 23: Nicola (gruppo “ol”) Nicdla era uno di quelli pigndli, sempre attento sblo a sée alla sua gola, Destate, sul malo, sotto ilsble, alla prima fola di vento, manifestava il suo ddlo. Lala, la sua amica, ripeteva: ‘Nicdla, con re ci siimmala, non puoi pensare solo alla rua g6la, non eswere pigndlo, pensa a quelli che vivono al palo, pensa a.chi corre, chi suda, chi volal”. Ma Nicdla niente, nemmeno una pardla; e allora Lola compri una grossa mole di-tivdlo, la mise sulla piazzdla , quando lo vide passare, Niedla volo Olo & un suffisso gia analizzato nel suo valore diminutive (pizzila). Nel soo aspesco pis “sciolo", vocalico-consonantico, SEr" compat, in forma chiusa, in poche parole (gla él, slo, vélo) e in tutte le altre, come si ¢ potuto notare, in forma aperta. Tia queste 8 da registrare pardla, forma contratta e derivante dal- antica “parabola” 135 Esercizio n. 24: Teodoro (gruppo “or") Teodéro partecipa al concorso candto con la sora Nora ¢ col cugino moro; era un piccolo cdro, con Teodoro al centro, urlan- te, cantante rock violento, tro che spacca i fori, ritmo che rabbri- vidisee i pari. La séra Nora ¢ il cugino mdro Lo consideravano un tesdro (il ebro con Teoddro) ¢ quando fu lea di cantare, tutti ero, ban- dendo amére ¢ decdto, lanciarono, trepidi, la propria musica strappacdre. Mvemtilatére, originale termometra della giuria-gradimento (se ventilava poco il verdétto era piacente, se molto, dispiacente), senza molto onbte corse in avaria, ¢ il canto steappacdre, con iledro ¢ con Teodoro, ahi loro, si smaterialized. Nel presente racconto, accanto al suffisso ove, gid incontrato (amire, onére), & possibile notare Ia forma contratta di signora (Ora). Inoltre, c' da segnalare il dotto suffisso in “oro” — candro, sondro, decoro (da “decente") — e, per finite, il vocabolo fro che, accentato, al contrario, in modo aperto, fora acquisisce il significa to di “tribunale’, “centro giurisprudenziale”, 136 Esercizio n, (gruppo “or + La figlia di Capoce ) Era la figlia di Capdte ed ebbe in dite una foro di cardta: arrosi, la sua gota si infiammé e un mato spontanco, pildta di un entusiasmo raggelato, si rasformd in bizza, A lei era nba la profon- da avarizia paterna, non si aspettava perd quella date la foto, la cardta, un remato ricordo di antiche, perdute riccheaze la siord; chiamé parents e nipoti, fece il voto ai suoi santi e finse di offrire, ca tutti, infisi bollenti a base di dolei fori dito. In realtd era un ‘potente veleno alfaaoto Fortemente direzionato in modo aperto, il racconto mostra i vocaboli nipétee wéto come uniche forme chiuse del gruppo “ot”. Il cognome Capize, chiaramente privo di significato e riscontro, & da ricondusre allora a quella serie di vocaboli (rancesismi) esterni € stranieri alla lingua nazionale la cui pronuncia, per tradizione € consuerudine, si é attestata in forma aperta. u7 “BE” ed “6 toniche iniziali di parola 1 due racconti che seguono, “Ledera” e “Le onde”, sono una piccola, necessatia ricognizione su tutti i termini della lingua ita- liana in cui la prima sillaba coincide con le vocali “é” ed “6” accentate toni Esiste, nel nostro vocabolario terminologico, un centinaio di parole che cominciano con laccentazione su queste due vocali. Nella strageande maggioranza dei casi si trata di w mente, ed “o” toniche iniziali di parola, aperte. Si pensato, quindi, pit opportuno, evidenziare quelle parole che sfuggono a questa maggioranza e che possono rappresentare una implicita clenca- zione esterna alla maggioranza prima accennata, Ogni racconto accorpa in sé, come vedremo, la totalita delle parole con la vocale “é” e con quella “6”, ripetiamo, toniche iniziali. 138 Esercizio n. 26: Ledera (“e” tonica iniziale chiusa) “E ridicole, 2 unikdera, ¢ mi si 2 attaccata éssa stessa addosso: sono un uomo, io, ¢ non una parete e, glielo ripeto, tuto questo non 2 affatto naturale!” “Si mravesta — consigld lesto lo psicologo — ed, éntxo stasera, le assicuro, Lédera sparird”. Mi propose, quindi, genialmente, niente- meno che di infilarmi addosso un émo ¢ untlsa, a mo’ di statua; la mia édera, a suo parere, exendo un tipo originale, capendomi banale marmo statuale, si sarebbe allontanata da me perché priva- ta del mordente necessario, Io, succubo, foci cost ma cost non fi Lémmpio scienziato, allora, non raggiungendo in questo modo aleun risultato, si superd e mi costrinse a stazionare, osiante, accanto a una sfilea di émbrici, un muro di cinta possente ¢ alletante che sicuramente, splendida ésca, avrebbe catturato lédera colpevole. Fa B che, riempito di élsa, di édera e di élmi, accanto agli Eri tett, piansi a lungo, antenna umana goffa, ridicola e senza onore ‘Ma non resister ed Ala lo intui e fie csi che di notte, a gola aperta, mentre mi. cingeva il call, ripetutamente la morsi; Vedera ccdete, io la agguantai ¢ la addentaie lei allora, dsperata, corse via Ona, originale ¢ fierba, ha preso di mira lo cienciato cerebrale ¢ 139 pare che insieme, égli ed Ella, facciano innamorata, modernissima, travolgente, sravolgente e soprattutto avvingbiata vita. Jo, & evidente, non li frequento affateo. 40 Esercizio n, 27: Le onde (0 tonica iniziale chiusa) In bgni énda che si ange sulle navi c® sempre undmbra di infinita tristezza, Lo sanno i marinai che contano le bre che li se- ‘parano dalla terra, rincorrende érme sempre uguali e identiche, lanciando, nelle acque ¢ nei ciel, timide siepide 6nce di speranza, di pace e di vita Di notte, éltse Lignoro, sono stagliasi € mitici sui leyni delle navi, delle 6rche ¢ dei velier, edi giorno, solitarie accighiati come brsi, ubriacati da btei di anemici ligquori, ripetono a se stessi poche, Laceranti, cupe parole. Onde proviene questa rabbia sinuosa, Ove si placa la folla di sensazioni e nostalgie, offse, onte e paure nascoste nellérdine com- posto della truppa, della stiva, della coperta? Ciascuno rincorre un segreto scordato, una promessa allentasa, und meta spiazzata, Lontano dai boschi di élmi.¢ di querce, Sltee il cielo e i mari, alla deriva, sullétlo emaciato della vita i lors gesti ei loro sguardi ten- gono svegli sirene, nuvole e orizzonti. In 6gni énda che si frange sulle navi. 4 Gruppi consonantici composti Pitt che esercizi ne nel senso stretto, cio’ di rapporto specifico con le accentazioni, i racconti che seguono propongo- no problemi di pronuncia risolti, in alcune aree geografico-lin- guistiche, in modo errato e sgradevole. Esiste ciot in certe regio- ni italiane, maa volte in numerosi soggetti ¢ per difficolta arti- colatoric indipendenti dall'area geografica di appartenenza, una oggettiva errata impostazione dell’apparato fonatorio che com- prometce la pulizia sonora di taluni gruppi consonantici 0 con- sonantico-vocalici. Sono gruppi, quelli che andremo a vedere, ‘oggettivamente pitt complicati: suoni composti che abbisognano di una perfetta armonizzarione tra corde vocali, lingua, palato ¢ labbra; i racconti sono giocati,allora, sulle assonanze fortemen- te simili che, 2 volte, nella velocita discorsiva, ribaltiamo ed extiamo (ch ¢ gh, cie gi, die ti, nde nt) ma anche su gruppi, dicevamo prima, pit difficoltosi a “masticarsi”, perché pitt biso- grosi di clasticicd complessiva fonatoria: gli-gli, ei, ste str: Racconti, quindi, che proprio nella lettura (owviamente ad alta voce) tradiscono l'eventuale implicita difficolta articolatoria. 142 Esercizio n. 28: La ciuecia riccia (gruppo “ci") “Cerco un acconciatore che mi faccia le ciacche riece. Ho un ciue- cio reuccio che mi ricever’ a braccia aperte la mia criniera 2 tutta eccitata e abbacinata: che qualeuno si spice!” A recitare questa minaccia era una ciuccia capricciosa e incami- ciata nel centro del salone dell'acconciatore Ciccia; liemti di succes- 50, principesse accigliate e corrucciate guardavano, acctdtose, la crne~ cia. Arrivo Uacconciatore Ciccio, cianotica,e, velocemente, cerci un accidente che gli toglisse Vimpaccio dellimpiccio della ciuccia ¢ le spiaccicd la sua risposta: “Ho un codice preciso: non faccio ciocche a ciucci e poi, che capriccio, rice!” Alla ciuccia luccicavano gli acchi, era un po' acciaccata dal rifiuto ma dokcissima, con voce scivolosa ¢ Languida, gli dise: “Sa, io som cineca; se le dice che la ciocea riecia 2 disdicevole, non importa, mi faccia una treccia 0 fuccia pure lei: io accetterb cib che lei scegler® per mel” Lacconciatore Ciccio, nella celeste cornice del suo ufficio, ena una goccia di sudore e pensaua, cinico, al suo file da caccia, al macete ¢.4 sciogliere un cinghiale che aveva conservato, nella cella, per le cone di dicembre, mentre le donne dialto cto e certo céppo, clienti dell acconciatore, ritirarono Vanticipo della mancia ¢ uscirono alla 143 ricerca, in citta, di acconciatori pita lucidi e tenaci. La ciuccia, nella circostanza, piangeva ¢ tremava, dai polpacci alla capocciae fit cosi che, senza cerebralismi, gli disse: "Cid che ti brucia, Ciccio, il eruccio certo 2 che, semplicemente, non sei capace 4 far ciocche riece. E poi, &® dell’ altro: sei geloso del reuccio!” Punto sul vivo, Lacconciatore cerco comungue acido e shampoo preciso, alzando le cioeche, comincid a fargielericees¢ fi cos che, per sun istante, per la prima volta, vide con giia il luccichia dei suoi occhi riflesso negli occhi della ciuccia. La ciuccia, era vero, gli piaceua. Anche la ciuccia non pensava pitt al reuccio ma cominciava a far breccia, nel suo cuore, Facconciatore Ciccio: le piaceva quel suo cipi- lio sincero e pensava a piacevoli giacigl, a aceani di ciucci, Cicci e ciocche. Poi, la ciuccia fu ricci, fece un inchino, boccid il suo com- portamento precedente, in parte ammise il capriccio e diede un bacio vorace, felice, al dolcissimo acconciatore Ciecio Adesso Ciccio ¢ la ciuecia, senza smancerie, fanno cieci-cice, senza fréni né laci; leelienti principessee le donne di succeso, d'al- 10 ceto ¢ certo ceppo, invidiano la riccia ciuccia, Il reuccio 3 rin- chiuso, cinereo, in una cuccia, Centoquaransa densi, stanchi di essere presenti in tante bocche di gente diversa e distante tra di loro, si accamparono nella cantina delle scale condominiali e comtrassero wn patto: tutte le sere, di inver- no e distate, avrebbera conosciuto, ndle relative bocche, peceati ¢ incombenze dei loro posestori. Poi, dopo un lungo intervallo di rempo, avrebbero sentenziato Cuscita » Uinglubamenty definitive interno alla bocca con, owiamente, tutti i restanti, definitivi, comandamenti. Avrebbero anche, comungue, rilettuto esi sarebbe ro vicendevolmente consigliati: tutto ena printo, ovviamente, senza i complimenti degli asenti. Si divisero: quattro gruppi di trénta raggiunsero il quarto, il quinto ¢ il ses piano, mentre i restanti, ultimi venti, ordinata- ‘mente, conteggiarono gli altri piani, le terrazze ¢ i sottoscala, Lappuntamento, a causa dell estréma dovisia dei denti ad analiz- zare e registrare, fs stabilito a néste inalerata e cosi, infatti, a mee -zanotte e venti, fu fatta totalizzante adunanza. Dopo i convenevo- Fi di prammatica, si entrd nel vivo del dibattito, I dente del tenen- te del sottoscala lamentd Varroganza della fidanzata: indagava, all interno, troppo, méntre it dente del portiere, imparentato col 45 tenente, ricordava la triste latitanza di diversivi e conflittuali inat- tendenze. H dente dello studente accusd questultimo di essere incoe- vente ¢ farneticante: studente poco, seranocchiante (patate, fontine e focacce), tanto, Le incompunte baraonde succedentesi furono molte- lici ma solo il dente del capocondomino, ragionando per difitto cesplici: “Non i comportamenti, quanta gli scannamenti interni ai rapporti matrimoniali, riprenderemo!”. Parlando pi semplicemente, avrebbero, secondo hui, specifican- do il contesto e il campo di intervento, galuanizeato Voperato e gli implicit, conseguenti resocont. Videa fue subito resa operativa ¢ da allora, quotidianamente, a notte inoltrata, tuti i denti si incontrana e si divertono un rdndo, organizzando minute orchestrine, cantanti € musicanti, cene con avanzi dei pasti precedenti e tanti, piccoli o lunghi, piccanti o mediocri, matrimoniali raceénti. Col tempo hanno perfecionato gli incontri ¢ raggiunto gross livell' di intendimento, E, per il resto, ogni tanto qualche carie, qualche mal di denti ma pie mai nessuna lacerante, dentale, solitudine interna. Esercizio n. 30: Il guanto mancante (gruppi “ch”, “gh”, “ne”, “ng”) Mancava un guanto: dopo il conteggie finale, il banchetto ormai perfetto, languidamente appareechiato, tuto il conturbante incastro di piattiriccamente ancheggianti nella gonfia rovaglia, alla rsa dei conti, tutto era pronto ma mancava un guanto, Contati ricontati, la somma finale dava quindici: otto convitati ma quindici guanti. “Meglio aver sostiturtorl vino bianco delle langhe con Uinchiostro del Congo, meglio lingue di cani al posto delle vangole campane: tutto, piuttosto che il bancheteo senza un guanto!”. La raccomandazione del conte Galeone era stata d'alero canto apidaria: "Un ealice peril cocktail, una coppa per lo champagne: piatto concavo grande per la suppa di Danimarca, concavo piccolo per Uantico piatto inglese ma, sopratsutto, a ogni convitato i propri guantit" Una hunga inchiesta avrebbe avviato il conte vendicatore e non avrebbe estato a drogarli, purgarli e appiceargli fuoco sui eapelli, per il quanto mancante. “Svengo” —diceva il capacameriere, — “mancol”— igh rispondeva il vice e cost via, una sequela lacerante di “wengo, ‘manco” ¢ poi “ini impiceo, mi sprango, mi tronco, piango!” Cercarono in ogni canto della casa, ogni angolo scandaghiato, ogni cosa scostata, vagliata, guardata, Scrostarono i lunghi corridoi, 147 scavarono nel sottescalas sgomenti allungarona il giro nel cortile ma niente, neanche Lunghia di un guanto!” Trascorsero, rasecolanti, gli ultimé singhiozzanti secondi ¢ poi, allora convensita, sfolgoranti sulle scale, comparvero i commensali col conte Galeone, mentre cuochi ¢ camerieri, scheletri angusti nel salone magno, sacramente bianchi di vergogna, si bloccarono, Gli otto grandi convitati,caldamente grati al conte Galeone, si ancora rono al posto previsto ¢ cantarone, coerenti, il pasto; i camerieri ebbero un singuto, le mani infingarde deli orto commensali si agi- tarono in cerca dei guanti ¢ § camerieri ebbero ancora gross, com temporanci singulti. Le mani convitate sparirono nei guanti, sorri- se il conte Galeone ¢, col collo ¢ le ganasce protee, salutd la prima e la seconda contesst il terzoe il quarto conte, quindi il conte Ugone, il conte greco, la settima contessa¢, in ultimo, ma non meno ealda mente, il galante conte monco, il quale con la sua unica mano, gra- tificatamente guantats, inforcd il gremito cristallinen bicchiere € ringrazid curt: conti, Galeone, cuochi ecamerier 148 6 Esercizio n. 31: Laglio (gruppo “gli”) A mia moglie piaceva Vaglio e ogni sera, con una foglia di miglio che coglieva su uno scoglio dictro cast, lo mangiava. Avreste dovuto chiederglielo: in quegli attimi era raggiante, sembrava un foglio di cielo, una paglia donata. Non ent una bella figtiola: tartagliavs, senza cilia, aveva caviglie _grosiec poco vogtione, piene cli snugliaturec pois non ei erederct, regia va. Diestate, da luglio a settembre, spigliata e sorridente, raglava. Io shagliavo: invece di vegliarla avrei dovuto spogliarla etagliar La, darla in pasto a cani e conigli, come una sogliola, ¢ io a ridere a far vento col ventaglio, a mia moglie eal suo aglio. Negli anni successivi, cogli ultimi sbadigli, alle soglie della morte, al cglio estremo, mi limitavo « sorvegliarla e a fare, allc- correnca, parapiglia. Ona che sono spirato, niente di meglio che al danno aggiungere il resto: mi ha seppelito, mi ha sepolio ¢ son fini 0 qui, nel cimitero pite spogliato e vemtilato: in un campo squall doe deserto, colrivato ad agli. 149 Racconto n. 32: Lo streap (gruppi “st” © “ste") “Stop con lo streap"— disse la star, e V'atmasfena, stepitosa e stre- ‘gata della sala, si trasformé e si prostrb, “Cost mi incastri” ~ gli url® in fondo, sulla destra il gestore del bistrot e subito dopo, involga- rendo lo strale, straripd: “Che vuoi, che mi suicidi, mi butti dalla Jfinestra, che stramazzi, stecchito, al suolo? lo ti strangolo, ti scon- ‘guasso, 1 stramazzo e ti strappo il resto, costd quel che costit” Stranita e prostrata, la star, strenuamente, si bloccd: mancava _giusto un nerastro nastrino che dalla stérno scendeva, strambo, verso lo stdmaco e subito lo streap si sarebbe concluso ma la star, col suo astracismo, ristagnd. Gli spettatori si divisero: la parte destra, pit sprezeante, esigeva la restituzione dei soldi dell ingresso; dall ala nda, pitt stratificata ma pitt frustrata, si sperava in una ricuci- sera dello strappo. I pit estremisi nel bistrot ipotizzarona il seque- stro della star mentre i piie stravaganti mostravano di gradire Lim- previsea distrazione La star nel contesto straripé in singhioazi, sorappo le sue segrete costrizioni 6, stupendo gli astanti, srilld: “Voglio uno sposo, son Lustri che mi aspetto un gesto; mi basterebbe un maestro, un pastic- cere, un sarto, un impiegato delle poste!”. Liarmosfera, assurdamen- 150 te, si frastornavas gli spetratori con gli vechi, sottécchi srabuczati, cercavano, indiscreti, un antistresante trastullo: di disineastrare, in sostanza, Vinsricata questione, Solo uno, stavolta dalla sinistra, tri: minaito e struggente, con un pastrano sulla testa, si presenti “Signora star, io costruisco gioste, sono scapolo e, come vede, anche strabico, mi intereso di catasti edi capesris non russo, mangio solo minestra e pollo arrosto ho solo un piccolo acciacco: starnutisco”. E cos} dicendo sorrise, starnuti, risarrise @ strenuo. riprostrandasi, recitd la strofa: “Ts sei la mia ginestra ¢ il mio astro, mostrami chi sci, ricosruiscimi!", H silenzio successive ft stragiante il cotrutto re di giostre,lesto, ripeté la filastrocea Steite straniata la star per un istante, poi, istrionica si ricompo se sensuale; Vorchestrina, alle sue spalle, riattacch il suo pezzo soffy Latmosfora si surviscalds e la star, straordinaria e splendida, strapp), con estrema gra il nastro, ultimo, etremo stadio dello streap, 1st Vocaboli conclusivi e ricapitolatori I furto al ropo ¢ Le parole senza tempo sono gli ultimi raccon- ti interni al libro: qui, come si potra intuize, non appaiono accorpamenti specifici ¢ ditezionati ma si evidenzia, in parte, la lunga serie di vocaboli, regole, precisazioni fonetiche ¢ bisillabi- che dei ra conti precedenti: raceonti conclusivi, come git acc na il titolo, e, per cost dire, onnicomprensivi, per la multiforme variets di termini che abbracciano ¢ segnalano. 452 Esercizio n, 33: Il furto al topo Un tipo subi un grdsso dolo: le doi di formaggio e di gazzésa, ini dei sudi amici, 2rano state rubate, sparite in vélo dalla sua stanza, “Che brusto célpo ~ pensava i! topo — avrdi preferito cbnto vialte perdere la mia dose, la visa d'argento di mio género, quél cono bro un po giffo comprato in una bortéga, in centro; meglio sareb- be stato prondere un po' di botte da qualche cagnétta 0 cagnacio, un calcio alle réni, sul findo schiona ma, abime, proprio il peggio!” 1 tipo era pigndlo e cercd quindi di indagare: ditde appun taménto, nélla piazzala di sista dito casa, a un tetimione, un topo célto € raffinato che sembrava avére capito tutto délla vita, avéva colto al vélo Lintimo ndcciolo delle cise e pér dgni informaziéne prendéva wn soldo: nitnte pér nitmte. Gli ditde tré monéte e seppe che, primo, si srattava di un udmo cin una gota virde; secondo, che abitava in un brto, in un pisto fuori dal paésee terzo che bra il nino di dédici farlli gemelli, Il topo gli moserd una foro pér saperne di pitt ma il rstimane non rispése: avrdibe voluto ancéra una moné: ta, Cosi andd via Sotto il sble, da silo, il topo ripetéva: “Se lo trovo gli rémpo la _gbla, io lo annégo, in qualche modo lo smembrers”. Nél frastimpo 153 arvivo Fior di Lato, il topo-sacerdote che gli disse: “Ho saputo della riba rubata e di tutto il résto: io condsco un certo Nicola che corri- sprinde ai ségni che ti ba dato il testimane: sembra un tipaccio, non & molto noto nélla zdna ma, se ti mudvi adésso stéso, lo trdvi al bar Arina, nélla sala gidchi, didsro Uuleimo véero 11 topo frodato ando sul molo e prise i subi amici pitt in véna ~ Michdle, Amedeo ¢ Lola ~ spiegd liro il remoxo accadiménto e subi to dipo si diressero al har Arena, pér uno sfrégio al lésco Nicila. F Lo srovarono subito, in effetti, ditsro il véero. I ropi bévvero un toni- 0, uno di lira chitse una déppia dise di aleol e poi allimprovviso si lanciarono, tutti quanti, éssi stéssi, céntvo il reo, Quésti tremo pér un moménto ma poi afferri in tutta frétta la pistola e comincio a fir fri cOntvo tutti Uno déi clitmt, avvocato del foro paesano, urlando, consiglio a Nicola di pisare la pistila. “Partéggia cin i ropi”, consigliava il dottére in legge, “eedi qualedsa a loro e liro faranno lo stéso a té, agli incénsro!” Nicdla avéva la ménte offiscata e una grissa angi- scia interibre; bra da parkechio (ormai lui bra veechio) che non gi capitavano scontri del genere ma, ciononostante, con un mito coerbnte e altoro, riusci a fermare i topi. Poi, di colpa, svénne, qualcuno gli roccd la fronte ¢ capi che 154 cvbva una forte febbre. I 1opi, poverée, cominciarono a pentirsi pér eccessivo attacco, sproporzionato, tutto sommato, a quanto éra suc- cesso ¢ fe cosi che lo accompagnarono nell’srto. Fu lt che, con Vay- acato dél foro, col Topo Fior di Lovo, Lola, Amedoe gli altri, rico- siruendo la faccenda, scoprirono che Nicola odiava ogni forma di formaggio € di gazzosa ¢ che mai ¢ poi mai Lavrebbe comprata, rubaata, tenuta, ¢ che anzi tutto quésto iva da lui temuto. Scoprirono anche € quésto lo sappiamo, 2 avvilente, che fie proprio Nicbla a edére il sdpo-testimine, il flo topo-testimane frodare il formaggio ¢ poi, dopo un gosto sconcio, sinza aleuna onta, mangiarlo e darsi al largo. I tbpi capirano che Puimo, in fondo in fondo pud anche esse- re budno e che anche i tipi, dentro dentro, possono esser laschi (Négli arti, sotto le parte, néi boschi ¢ in ogni lusgo.) 155 Esercizio n, 34: Le parole senza senso “Se la quércia non si séeca, sotto c® un tesiro, quello delle pari- le: un mondo dolce ¢ sondro, adorno e dénso di misteis se si seeca, invece,allora molla tutto e corri via: B dentro ci sono tombe in ferro colme di schiletri di brchi, ci sono bowt di liguore edi veleno, ci sono ragnatéle e tansie srippi ricirdi, fundsti e doloros. Alla quercia che non si séeca chiesi,allora, il segreto delle parole senza timpo, sospése e non capite, perce e vuote, di quelle solee lent, senza direzione aleuna e senza movente, ¢ lei mi fece il racconto, tener, dei messaggi nel naufiagio, dei tanti bigléeei chiusi nel vétro di una bouiglia ¢ che nessuno pite, mat, avrebbe letto, Volle parlar- smi poi, delle parole in eérca di un soccorso ¢ di un compagno, di quelle che uno cova dietro il retro di wna stanza, ¢ delle parole dei ppotti di cui mai si sippe il nome: poche frasi sul foglio, il tentativo i una strife, di un motto ¢ di una rima e guindi, di colpo, Vinso- lenza della vita; di chi proga senza un dio e delle parole del pre all'uomo che gid mirto. Lei si accorse della tristézea del mio vito e provi allora, allegra, a ripetermi i ritornell della ndnna al bimbo che dirme, le parole di chi balbetta e da solo maldestro, si zittisce, délle formule ¢ delle cabale dele sréghe e delle frasi che i incéppano, come un velo, alla luce di due occhi, sinedri, a sb di frint. Mi disse dellimmensa festa di giochi che le parole fanno in cielo quando gli uomini, nél segréto dei baschi e sb1t0 i ménti, chiedono allco un magico, irragionévole, raddéppio. Era come se tutte que- ste parole le déssero conforto, quasi fasser il suo interno nutrimen- to: torrente e vdnto, siffioe respira per le sue radici Fis quello della quercia che on si secca il raccomto di un mando oro, un wniverso terso e sereno in cui le stelle erano le pardle, le _frasi le comete eil tino della voce illoro intimo colore. Jo, per scher- 20, nonostante orésca e mi invecchi, eréda per intero a queste storie spéso, lo confesso, mi ritrovo con gli acchi svegti e le oecchie aper- te ra il sénno e i ségni, a sentire il magico fruscio delle frénde della quercia che non si seca, Alere volte azo lo sguardo al cielo e élre il trénco, tra i rami e le fogli, védo lunghissime sequenze di parole, incastrate e inafferabili,profonde e libere, un dolee corteo senza voci e senza guida:sicure e bille del loro destino, innocenti e austere nel loro impenetrabile cammino. sy APPENDICE Le regole di dizione Per conowere con esatterza la pronuncia delle parole della Jin gua italiana, come gid anticipato, bisogna ricorrere al vocabolario, allincerno del quale sempre (quando la ‘e" ¢ la “o” sono in posi- ione tonica) viene evidenziato Paccento da usate. Per le “e” € per pars tutti, sempre, le pronunceremo in modo correrto (la pronuncia di Je “o” non toniche, non bisogna assolutamente preoe queste vocal, quindi, varia solo se collocate in posizione tonica). Per evitare di ricorrere sempre al voczbolatio e per padroneg- giare senza problemi una larga quantiti di parole, & possibile perd ricorrere ai “suffissi”, cio’ a quelle particele che legandosi alle parole gia esistenti ne altcrano ¢ modificano il senso. Non bisogna pensare che cid costituisca un aiuto poco significative. La presenza dei sufis gini avendo essi rappresentato, nel corso dei secoli, il modo pit ripetuto per incrementare ¢ diversificar: il lessico. Non sembri unfesagerazione ma la maggior parte delle parole con tre (0 pit) sillabe gode quasi sicuramente di un arricchimenco suffissale. Molte vole il suffisso pit: mimetizzato all’interno delle parole, ¢ una attenzione fone- tica (incuire se le stesse parole abbiano o no unlaggiunta suffi le) potta rilevarsi utile anche nella loro comprensione etimologi ca. Va allora sottolineato che ogni suffisso ha una sua particola- re, precisa accentazione. Una volta imparato a riconoscetli, ne si pud riutilizzare Paccentazione per la cortetta pronun le parole che si awalgono del suffisso. Se, ad esempio, imparo che il suffisso “ore” (un suflisso di natura comparativa, professionale 9 nominale) si ¢ attestato nel cotso dei secoli in forma chiusa “6”, allora non avrd dubbi a pro- nunciare parole come migliore, minore, maggiore (rispettivamente molto piit alta di quanto non si imma- amente visibile mentre altre volte & di cutee 161 | derivanti da “meglio”, “meno”, “magno” (pitt grande). Non sha- glicrd a dive, inoltze, astore, muratore, calciatore, amore, dolore calore, organizeatore, acconciatore, né parole in cui “ore” & sicura- mente pith nascosto (colore, sapore, signore) e di cui vi invitiamo a dedurre, anche grazie al vocabolario, 'esatta derivazione. Bisogna fare attenzione, perd, a non confondere i suffisi con le terminazioni Solo raramente i suflissi coincidono con semplici terminazio- ni delle parole (quando questo succedc lo evidentrieremo) € quin- di non bisogna confondere la pronuncia di “amore” con quella, ad esempio, di “cuore”. Quest'ultima parola, infatti termina in “ore” ma non contiene il suffisso “ore”, Allora, purtroppo, per verificarne la pronuncia bisogneri ancora una volta ricorrere al vocabolario 0 andranno sfruttate altre “piste” di comprensione fonetica, comunque, nelle pagine della appendice, evidenziate. (E infatti, cudre va pronunciato in modo aperto per la presenza del diwongo “uo”: giacck “c" ele “o" dei ditonghi sono sempre aperte.) Sempre per evitare questo continuo fastidio, indicheremo quindi in queste pagine aleune tendenze della lingua italiana che si comportano nella loro pronuncia sempre nello stesso modo, , tranne che in rarissime eccezioni, le Se leggeremo con attenrione (e ricorderemo) uso cortetto di questi suffiss, delle “tendenze” ricorrenti ¢ di qualche altro obbligo fonetico ricorrente nel nostro linguageio riusciremo a pronunciare correttamente una percentuale altissima di parole della lingua italiana e il vocabolario sara da noi utilizeato (in rela- zione alla conoscenza della pronuncia delle parole) sempre pitt Regole generali di dizione Suflissi tonici (elementi formativi di parole composte). La vocale “e” registra il suono aperto “2” nei seguenti suf- fissi: (“Eo”) “ea’: suffiso soprattutto sostantivale usato anche per Ia formazione di nomi di cita e di abitantis cs. assemblta, maréa; Maratéa, Tropa; ragusto, Romo (da Roma), etnéo, atendo. “Bl”: presuppone un rapporto, riconosciuto, con il sostanti- vo a cui succede; : clientdla, lamentela, rurela (da “curore”), parentéla, seque- Ja, Carmela (da “carmen”, canto). “Ello” (0, anche, “erello”, “icello”): diminutivo c/o vezzeggia- tivo utilizzato anche nelle formazioni di verbis cs: anéllo, battéllo, eappello, gioielle, pennarello, Grazidllas canteréllo; campicello, venticilo. “Endo” (enda): gerundio anche con fanzione sostantivale; es. dividéndo, reverendo, faccénda, leggenda Questo suffisso & spesso sovrapponibile alla terminazione “endo”, In tal caso, ogni volta che si incontreranno parole con, all’interno, la particella “end” potremo pronunciarle in modo aperto, (I verbi “vendere” e “scendete” vanno detti perd in modo chiuso.) “Enne” (‘ennio”): indica let in relazione al numero che lo precede; cs. dodictnne, nevanténne; dectnnio, millénnio. 163 “Eno”: suffisso di natura prevalentemente geografica ¢ terri- coriale; ¢s.: ciléno, arméno, slovéno, madriléno, “Ente”: participio con funzione aggettivale ¢, talora, anche sostantivale; es indulggnte, tenénte; fluoresctnte, iridescente, imper- tinénte, invadénte. “Enza aggettivale; €6.: parténva, sovrintendénza, eminenaa, diligenza, indica l'azione espressa dal verbo: a volte & invece “Erno”: indica qualica, con funzione aggettivale; ¢5.: etérno, matérno, quadérno, patérno, inferno. “Ero” (“icra”): suffisso aggettivale e sostantivale legato, in prevalenza, a funzioni o a luoghi di riconosciuta importanza; spesso 2 legato a termini di derivazione spagnolas 2: ministéxo, monastéro; guerritxo, mactinitro; pistoléro, toréro; caballéro, sombrero. “Errimo”: suffisso con funzione accrescitiva superlativas cs. celebérrimo, aspérrimo, misérrimo. “Esimo”: suffisso di aggettivi numerali ordinalis es. dodicésimo, novantésimo, ennesimo, millesimo, “Estre”: manifesta la qualicd del vocabolo che lo precede; quéstre, pedéstre, rupéstre, extraterréstre. “Evolo”: indica una predisposizione di tipo generale; ¢s.: benévolo, malévolo. 164 “Jera’: recipiente 0 arnese il cui contenuto & indicato nel sostantivo a cui 2 unito; talora suffisso genericamente sostantivale; es: fruttidra, teiéra, zuppiéra; bandie-a, preghiera, “Jere”: individuo che si occupa, quasi sempre professional- mente, di quanto precisato nel temas es. carabinitre, pasticciére, salumitre, carrozzitre, bersaglitre La vocale “e” 2 da pronunciarsi in maniera chiusa “é” nei seguenti suffissi: “Ecchio": diminutive poco usato, in genere legato alla for- mazione di nomi di cite’; €s.: Casalecchio, Montecchio; otecchio, parecchio, rispettiva- mente derivanti da “bocca” (piccola bocca) e da “pari” (di ugua- le genere) “Becio”: suffisso di scatsa utilizzarione, & usato nella forma- zione di alcuni aggettivi e anche con funzione accrescitiva; «s.: figlieréccio, pecoréccio; pescherécio, caseréccio. “Efice”: esprime qualita, generalmente con funzione profes- sionale ¢ lavorativa; es. artefice, oréfice, carnéfice, pontéfice (anticamente, colui che faceva costeuire il ponte sul flume). “Eggo” Ceggiare”): suffisso sostantivale e verbale che indica modi e atti della parola a cui & legatos es.: fraséggio, sortéggio; io manéggio, io parchéggio, cu pat teggia. “Esco”: dotato del segno caratteristico di cid che manifesta; 165 €s.: Franeésco (della Francia), grotésco, parzésco, settecenté- ‘sco, manésco. “Ese” (solo in alcuni casi “ese”): suffisso che specifica la pro- venienza geograficas es. atenise, inglése, svedése ma anche cortex, borghes, mar- chese, letterariamente abitante della corte, del borgo, delle mar- che. “Esimo”: sistema, dottrina, situazione astratta; €s.: crocianésimo, incantésimo, paganésimo, protestantesimo. “Essa’: femminilizzante, anche di natura nobiliare ¢ profes- sionale; es: dottoréssa, principéssa, leonéssa, vigilessa, badéssa (deri- vante da “abate”). “Eto”: suffisso utilizzato generalmente per indicate riferimen ti di tipo arboreos es frunéto, ulivéto, vignéto. Anche le Rovereto usufruiscono di tale suffisso, giacché derivano dag alberi di “alloro” e di “rovere”. itta di Loreto ¢ “Exo”: dimi elo verzeggiativos es. brunétta, fossétta sigarétta, Fumetto, caminetto, cofanet- to, gabinerto (da “cabina’). “Evole”: toa temi suffisso con funzione aggettivale ¢ sostantival, lega- natura astratta; ¢s.: amor¢vole, disdicévole, onorévole, arrendevole, miscrevole. 222": indica una qualita espressa nell aggettivo a cui suceede; ¢s.: bellézza, certézza, sicurézza, tristézza, ebbrézza. 166 “Mente”: suflisso avverbiale, si lega a pronomi, aggettivi, pro- posizioni; es: medesimaménce, pariménti, sapienteménte. “Mento”: si lega a temi verbali, di natura astratta ¢ di natura conereta © materiale; « C’ da segnalare che la nasalita delle consonanti ‘n” e “m” ha condizionato la pronuncia della “e”, chiudendola anche in paro- le sciolte ¢ prive di suffisso. Diremo quindi méntre, complimén accogliménto, avviliménto; induménto, struménto. ménta, sgoménto, cc, Solo tre parole non si sono piegate a qu sta tendenza ¢ vanno pronunciate in forma aperta: deménte, mibntore, entire. io mento, 1 ment, ee La vocale “o” ¢ da pronunciarsi in maniera aperta “6” nei seguenti sulffissi di parole composte: “Occhio”: diminutive ormai poco scomponibile dalle parole a cui legato € quindi scarsamente riusilizearo; ¢s.: papdcchio, Pindcchio, randcchio. “Occio”: con valore diminutivo-vezzeggiativo, spesso attri- buisce un che di grossolano ¢ scherzoso all'aggettivo che accom- pagna: €s. bellaccio, figlidccio, grassdccio, fantdccio. “Olo” (“uolo”, “icciuolo”): diminusive ma anche suffisso di natura etnica ¢ territoriale: s.: capriolo, cannudlo, ghiacciolo; ‘igliolos omicciuolo, cam- pagnolo, spagnolo, raglidla 167 “Orio”: indica una funzione o una atti di luogo; . spesso in termi ¢s.1 parlatorio, refettorio, conservatdrio, oratorio; vittoria, baldoria “Ogi”: connotativo di natura patologica e/o medic cs: cifosi, osteoporosi, scolidsi, lorddsi, nevrdsi. “Ota”: indica, in buona sostanza, abitanté di luoghi in cui permane un influsso linguistico greco; cs. italiota, iscariora, patriota. “Otico”: poco utilizzato, indica bizzarria ¢ alterazione agget- tivale; ¢s.: cervellotico, marzotico, nevrotico, dispotico. “Otto”: diminutivo, a volte anche con funzione parzialmente spregiativas con l'aggiunta del suffisso “acchio” esprime, al con- trario, una sostanziale componente di affettuosit’; cs. cappdtto, cerdto; palazzdtto, ragazzdtto; lupacchiorto, “Oz20": alterativo € diminutivo di natura tendenzialmente popolares es. bacherozzo, tindzza, carrozza, matitozzo. La vocale “o” ha Paccentazione chiusa “6” nei seguenti suffissi: “Ognolo”: sulfisso normalmente legato a colori o sapori ren- dendone anche le sfumacures es: azzurrégnolo, verd6gnolo, asprégnolo. 168 “Oio": si accompagna ad un vocabolo per indicare il ogo in cui si svolge Pazione; altre volte ha funrione aggettivale o espri- me uno strumento c/o utensiles es: corridéio, galoppatdio, mattaroio, annaffiatsio, rasoio, accappatoio. “One”: accrescitivo o semplicemense connotativo, si lega con tutta unlaltra serie di suffissi e desinenze verbali, mantenendo sempre 'aceentazione chiusa; ¢s.: grasséne, macchinéne, cet i panctréne, tclevisidne; partecipaziénes pianificaziéne, ottimizzaziéne; narione (da “naco”), regione (dal verbo “reggere”). “Oni”: suffisso di natura esclusivamente averbiale, si riferi- sce a posizioni di tipo spaziale o di movimento; €s. bocedni, ginocchidni, tasténi, cazponi (dal verbo “carpire”) “Onzolo”: che altera 0 peggiora il verbo o il so: ¢s.: medicénzolo, paperdnzolo; io girénzolo. tivo; “Ore”: spe inoltre funzione comparativa sensazioni, attitudini ¢ ruoli professionali; ha Some gi visto con si con altri suffiss, mantiene comunque «3.1 attéte, calciatore, dottore, caldrc, pallorc, dolore; migliore, maggiore, signore (da senex, senior: il pit vecchio), verificatére. ne”, unendo- iccentazione chiusa; “Oso”: ha le stesse particolarita del vocabolo che lo precedes 5. fortundso, meravigliéso, spoceridso, noioso, studioso. Anche geloso ¢ mimosa usufruiscono di questo suflisso: il primo deriva dal veneziano “zelo”, la seconda dal verbo “mimarc” “Forme”: caratteriazato dalla forma esplicirata nel coma della parola; 169 es: filiférme, proteiférme, vermiférme, multiforme. Le vocali “ec” ed “o” hanno il suono chiuso nei seguenti casi In tute le preposizioni semplici e/o articolate: “con”, “pér”, “c6i”, “c6l”, “del”, “délle”, “née”, etc In tutti i pronomi dimostrativi “quésto”, “codésto”, “quello”, “quéi”, “quelli”, etc. Ogni volta che siano seguite dal gruppo consonantico “gh”: «s, “ogni”, “sogno”, “Bologna”, “vergogna’, “legno”, “segno”, “tegno”, “degno” Le parole “incognita”, “prognosi” e “spegnere” (e le sue coniu- garioni) non seguono questa tendenza e si attestano in forma aperta, Nel suffisso “ondo” ¢ nella particella “ond” (“rotondo”, “gio- condo”, “rubicondo”, “onda’, “sonda’, etc.) € nelle sue “asso- nnanze” in “ont”, “omp” ¢ “omb” s. “conto”, “ponte”, “monte”; “rompo", “compro”, “compi- to", “ombra”, “rombo”, “bomba". La parola “complice” sfugge a questa omogeneita fonetica Le vocali “e” ed “o” registrano invece il suono aperto: Nei francesismi e comungue in tutti i vocaboli “stranieri” riu lizzati in lingua italiana, nelle sigle ¢ nei vocaboli di natura astratta; es.: “bign’”, “caffe”, “the”; “march (métch)”, “goal”, “sport”; “Coni”, “Onu”; “Capote”. 170 Nelle desinenze e nei temi verbali é possibile rilevare: La vocal ‘e” & aperta: negli iati del condizionale; es.: “avedi”, “direi”, nella desinenza “ebbe”, “ebbera”; es. “avrebbe”, “direbbe”, “farebbe”; “avrebbero”, “direbbero”, rebbero”, in tutti i gerundi e i participi al tempo presente; es: “avéndo", “dictndo”, “facéndo”; “avente”, “dicénte” “facente” La vocale “e” & chiusa nei passaggi “tema-desinenza” che attra versino “es” ed “em” ¢, pitt precisamente, nei congiuntivi perfet- tie imperfet, nel condizionale, alla seconda persona singolare € nel passaro remoro del tempo indicative, relativi ad “es” wvésse”, “divésse”, “facésse”; “avéssero avuro”, “poréssero fare”, etc “avréste”, “faréste”, “diréste”, etc. “avéste’, “facéste”, “dicéste”, exc nel fururo indicativo, nel passato indicativo e nel condizio- nale, alla prima persona singolare, relativi ad “em”: “aveémo”, “dirémo”, “farémo”; “avémmo", “dicémmo”, “facémmo"; 7 “avrémmo”, “dirémmo”, “farémmo”. La vocal to remoto (¢s.: “potéi”, “teméi"), nonché nelle forn tronche del passato remoto, quando cio? la vocale corrisponde alla uleima lettera accentata “e” ha, inoltre, il suono chiuso negli iati del passa- verbali ce”, “riperé”, “seme”, “dove” I suono “e” & chiuso nelle desinenze che contengono il geup- po “et” ¢, pitt precisamente, nel presente e nel futuro indicative ¢allimperativo: “avete”, “poréte”; “avrete”, “potréte”, “voi poréte”, “voi avéte”, “voi diréte”. B inyece aperto nel passato remoto del modo indicativo: “porétre”, “ripereete”. Nella sua posizione intervocalica, la letras” registra, diffu samente, il suono dolee € sonor0; €s. caso, fantasia, musica, rosa, spogo, paradiso, isola, filosofia Bano eceezione, tendenvialmente, numerosi vermini eredita- ti dalla lingua popolare, pitt masticata nel linguaggio volgares ¢s.: asino, casa, naso, tiso, pisello, susino, cosi; Sono inoltre aspre: Je aggettivazioni in “ese”; es.: ateniese, inglese, torinese, catanese (non francese, mar- lolei); chese, borghese, cortese, cut le alterazioni in “oso”; ¢s:: ansioso, fascinoso. Sono tendenzialmente aspre (ma in modo disomogeneo) le desinenze verbali ese: prese, chiese isis ris, mis osiz posi, rosi tsi chiusi,fusi Falsamente intervocalica @ infine, la sta posizione in nume- rosi termini composti che vanno qtindi pronunciati in modo aspro: es.: buonasera, risolvere, ventisei. Per una presentazione pitt ampia de. term dole, si rinvia comunque alle p: i aspri o al contrario, conclusive dell appendice Ta lercera “2” risulta aspra nelle seguenti terminazioni: “anza’: ignoranza; “azione”: infrazione; “azza”: terrazza; 20": schiamazz0; iia”: amici in quell, gid indicate nella specificazione delle vocal “e” ed “os “ezza: bellezzas “ouzo": maritozzo. La pronuncia della “2” & invece dolce ¢ sonora nelle forme verbali nelle desinenze in: “izzate”: ammortizzare; “cxzare”: battezzare. 173 a sore ‘casa (casella, casello, casellario, casino, casind), caserma = “Rha (chun dl een ei fui, chinsura sto desidetio (la variance dotta ¢ “desio"), desistere discgno, desumere, desumibile 'S" intervocalica dolce ilo plas xa ’ copii mos base , Bore pind hic re a Presidio, presicdre,prsidenaa seione presentimento presa Presupporre condisione cemcaudle ‘hele ae ae = disertare disertore Himrere desolaco resister, resistera diflusione, diffuso 174 175 deciso, decisione divis, divisione dose, dosaggio dioces enfesi clemosina eplosione fase frase fantasia Filosofia fiso, fusione ‘gencsi ginnasio iis, ncsione, incisive isola, solace lesinare musica, musicance, musicsta etc Marchese obeso, obesia ese, pacsaggio palese paradiso poesia preposizione presente, presentarione prosopopea previsione preciso, precisione prosa presuntuoso, presumzione postive rognosi proves quasi Sp0s0, sposaliria televisivo "7

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