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Il Volume è stato pubblicato con un contributo del

Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente


Università Ca’ Foscari Venezia

© S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria


Via Induno 18b I-35134 Padova
SAR.GON@libero.it
I edizione Padova 2005
Proprietà letteraria riservata

ISBN 88-901286-9-0
42934

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HERDER Editrice e Libreria, Piazza Montecitorio 117-120,
00186 Roma

Stampa a cura di
Centro Copia Stecchini
Via S. Sofia 58
I-35100 Padova
Tel. 049-8752328

In copertina: Unicorno (Bodleian Library, Oxford: MS. Barocci 145, f. 246 v.) XII/XIII sec. L’illustrazione è tratta
dal volume Greece, Books and Writers, National Book Centre of Greece 2001 (Ministry of Culture), p. 33.
1 – Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente –
Università Ca’ Foscari Venezia

ANIMALI
TRA ZOOLOGIA, MITO E LETTERATURA
NELLA CULTURA CLASSICA E ORIENTALE

Atti del Convegno


Venezia, 22-23 maggio 2002

A cura di

ETTORE CINGANO, ANTONELLA GHERSETTI, LUCIO MILANO

––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria
Padova 2005
INDICE

PRESENTAZIONE

PIER FRANCESCO GHETTI


Il ruolo dei proverbi sugli animali nella cultura contadina.......................................p. 1

ELENA ROVA
Animali ed ibridi nel repertorio iconografico
della glittica del periodo di Uruk............................................................................p. 13

PAOLA CORÒ
Il “bestiario” di Mari. I. Le valenze simboliche .....................................................p. 33

LUCIO MILANO
Il nemico bestiale. Su alcune connotazioni animalesche del nemico
nella letteratura sumero-accadica ...........................................................................p. 47

EMANUELE M. CIAMPINI
Il coccodrillo e il cosmo in un testo tardo-ramesside .............................................p. 69

FILIPPO CARINCI
Scimmie egee..........................................................................................................p. 85

ALBERTO CAMEROTTO
Cinghiali eroici .....................................................................................................p. 117

ETTORE CINGANO
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica ..................................................p. 139

ALBERTO FURLANETTO
I linguaggi degli animali in storie di iniziazione profetica...................................p. 155

CARLO ODO PAVESE


Il gatto in greco.....................................................................................................p. 165

CATERINA CARPINATO
Topi nella letteratura greca medievale .................................................................p. 175

STEFANIA DE VIDO
Belve, scimmie, uomini nella Libia erodotea ....................................................... p. 193
ANNA MARINETTI
Cavalli veneti........................................................................................................ p. 211

CARLO FRANCO
L’animale e l’eletto: segni di regalità nel mondo antico ...................................... p. 233

GIOVANNELLA CRESCI MARRONE – FRANCESCA ROHR VIO


Muli e mulattieri tra pregiudizi sociali e polemiche politiche..............................p. 249

ADRIANO SAVIO
L’evoluzione degenerativa della raffigurazione animale
nei Plagia Barbarorum.........................................................................................p. 267

LUIGI SPERTI
Un bestiario in marmo: le protomi colossali da Palazzo Valentini
al Museo Nazionale Romano................................................................................p. 275

MARIO GEYMONAT
Pecore e capre nelle ‘Bucoliche’ virgiliane..........................................................p. 291

LUCA CADILI
Il mondo animale tra realtà e mito nelle Georgiche di Virgilio ...........................p. 299

LUCA MORISI
Transizioni metonimiche in Virgilio: dall’animale all’uomo (e viceversa)..........p. 309

GIOVANNI CANOVA
Il cavallo nella tradizione e nell’epica araba ........................................................p. 321

ANTONELLA GHERSETTI
Animali e intelligenza: il cane nella letteratura d’Adab .......................................p. 339

ROSELLA DORIGO
Sull’asino e le sue virtù, nella letteratura araba....................................................p. 353

MARIA PIA PEDANI


Convergenze mediterranee: la rotta del leone ......................................................p. 365
IL CAVALLO “AIUTANTE MAGICO” NELLA GRECIA EROICA

Ettore Cingano

“Sembra probabile ... che nella somma delle fiabe di tutto il mondo [gli] aiutanti
animali abbiano una parte anche più grande di quella degli aiutanti umani o
soprannaturali ... Fra tutti gli animali soccorrevoli il più popolare è stato il cavallo ... i
particolari riguardano il modo in cui l'eroe ottiene il cavallo magico, il genere d'impresa
che egli deve compiere ...”1. Le affermazioni di Stith Thompson trovano indiretta
conferma quando dalla fiaba si passa al mondo degli eroi nella poesia epica: “... perhaps
more important even than [a hero's] armour, is his horse ... the hero's more trusted
friend, which may often save him in dangerous situations and provide inestimable
service in overcoming his enemies”2. Da questi enunciati generici vorrei partire per
indagare sia la figura del cavallo quale aiutante magico nell'epos arcaico, sia come
questo motivo fiabesco abbia potuto conciliarsi con le regole di verisimiglianza storica
dell'epica omerica riguardo all'utilizzo del cavallo montato da un cavaliere. Gli animali
dei quali intendo parlare _ i prodigiosi cavalli Pegaso e Arione e le vicende di cui sono
protagonisti _ mostrano come alcuni racconti si pongano all' incrocio tra vari generi e
funzioni, sviluppando una combinazione di temi e motivi che rendono a volte difficile
un tentativo di differenziazione tra mito e fiaba.

Coprotagonista del mito di Bellerofonte è il cavallo alato Pegaso, figlio di Posidone


hippios, nato dalla testa di Medusa decapitata da Perseo; Pegaso è noto già nella
Teogonia di Esiodo quale aiutante magico di Bellerofonte: “... con lei sola (Medusa) si
giacque l’Azzurrocrinito ... E quando Perseo le mozzò la testa dal collo, balzarono fuori
Crisaore grande e il cavallo Pegaso…” (vv. 278-81); “…Chimera che spira fuoco
invincibile, terribile e grande … Pegaso la tolse di mezzo e il nobile Bellerofonte” (vv.
319-25, trad. di E. Vasta)3; grazie alle sue ali, Pegaso trasporta Bellerofonte nell'aria, e

1
Thompson 1967, 90, 95 (ved. anche 98); Propp 1990, 363, indica nel totemismo l' origine del motivo
dell'animale come aiutante magico; per la definizione di “mezzo magico” e i modi di ottenerlo ved.
Propp 1966, 49.
2
Così Bowra 1952, 157. Troppo generico sul ruolo del cavallo nel mondo eroico è Miller 2000, 74-76.
3
Hes. Theog. 278-83: …th'/ de; mih'/ parelevxato Kuanocaivth" /…th'" o{te dh; Perseu;" kefalh;n
ajpedeirotovmhsen, / ejxevqore Crusavwr te mevga" kai; Phvgaso" i{ppo". / tw'/ me;n ejpwvnumon h\n,
o{t'a[r'’Wkeanou' para; phga;" gevnq' / ... 319-325: hJ de; Civmairan e[tikte pnevousan ajmaimavketon
Ettore Cingano

da questa posizione privilegiata, “dai gelidi recessi del cielo deserto” (così Pind. Ol.
13.88-9), l'eroe vinse la Chimera e altri avversari che, secondo la tradizione attestata sia
nei racconti di fiaba sia in numerosi miti, un re (Iobate) gli aveva imposto come fatiche
da superare.
Il mito di Bellerofonte presenta molti dei motivi fondamentali di un racconto di
fiaba: l'animale aiutante prodigioso; l'oggetto magico (pharmakon) concesso dal
donatore con cui l’eroe riesce a domare l'aiutante (il morso d'oro donatogli da Atena:
cfr. Pindaro, Ol. 13.63-86); il mostro da vincere (Chimera) e altre difficili prove da
superare (le battaglie contro i Solimi e le Amazzoni), alla fine delle quali vi sarà la figlia
del re Iobate da conquistare; infine, la regina cattiva Antea (o Stenebea), moglie di
Preto, che tentò di sedurre l’eroe; dalle sue calunnie hanno origine le imprese di
4
Bellerofonte . L'esito infelice delle vicende di Bellerofonte – adombrato in modo oscuro
nell’Iliade (6.200 ss.) _ è causato, come spesso secondo la morale greca, da un atto di
hybris: nel celebre episodio narrato da Pindaro nell’Istmica 7.42-47, l’aiutante magico
Pegaso si trasforma in giustiziere, punendo l’arroganza del padrone _ che tentava di
salire fino al cielo divino _ disarcionandolo e facendolo precipitare sulla terra.
L’intervento risolutore di Pegaso inserisce nel mito narrato da Pindaro l'elemento etico-
paradigmatico rivolto al committente dell’epinicio e all'uditorio, che esprime la
necessità di conoscere i limiti dell'umana natura e di respingere la tentazione di
oltrepassarli: “Chi mira lontano è troppo limitato per raggiungere la bronzea dimora
degli dei: Pegaso alato sbalzò di sella il padrone Bellerofonte, che voleva recarsi nelle
sedi del cielo al concilio di Zeus”5. Un diverso tipo di censura, sulla quale tornerò in
seguito, si riscontra in quella che è _ insieme ai due passi della Teogonia esiodea citati _
la testimonianza più antica del mito: nel sesto libro dell'Iliade Omero narra estesamente
le vicende di Bellerofonte (vv.152-202), ma a differenza di Esiodo e di Pindaro (Ol.
13.63 s., 84-90) tace sulla partecipazione di Pegaso nelle tre imprese contro la Chimera,
contro i Solimi e le Amazzoni, alle quali si aggiunge un quarto atto di valore contro i
più forti dei Licii (Hom. Il. 6.178-90).

pu'r, .../ deinhvn te megavlhn... / th;n me;n Phvgaso" ei|le kai; ejsqlo;" Bellerofovnth". Ved. anche Hes.
fr. 43 a 80-87 M.-W., cit. infra; Apollod. Bibl. 2.3.2; 2.4.2.
4
Cfr. F. Bertolini, «Dal folclore all’epica: esempi di trasformazione e di adattamento», in Il
meraviglioso e il verosimile tra Antichità e Medioevo, a cura di D. Lanza e O. Longo, Firenze 1989,
140 (con bibliografia): “Nel suo nucleo la storia di Bellerofonte si ripresenta in numerose varianti
nella fiaba popolare: un giovane eroe riceve un cavallo fatato grazie al quale supera tre prove e ottiene
così in sposa la figlia del re”. Su questi aspetti ved. anche l'analisi di R. Strömberg, «Die
Bellerophontes-Erzählung in der Ilias», Classica et Medievalia 22, 1961, in part. 1-10.
5
Pind. Isthm. 7.43-47: ... ta; makra; d' ei[ ti" / paptaivnei, bracu;" ejxikevsqai calkovpedon qew'n /
e{dran: o{ toi pterovei" e[rriye Pavgaso" / despovtan ejqevlont' ej" oujranou' staqmouv" / ejlqei'n meq'
oJmavgurin Bellerofovntan / Zhnov". Ved. anche schol. Pind. Ol. 13.130c Drachm. Nell’Olimpica 13,
destinata a un atleta di Corinto, Pindaro narrava estesamente il mito (vv. 60-92), ma taceva la misera
fine di Bellerofonte, eroe corinzio, per non offendere l'uditorio locale (Ol. 13.91, “io tacerò la sua
fine”); l’Istmica 7 fu invece composta per un atleta tebano. Sullo sviluppo del mito ved. ora Curnis
2004, 16-29.

140
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

Vorrei ora soffermarmi su un “fratello minore” di Pegaso, il cavallo Arione, figlio


anch’esso di Posidone hippios e parimenti ricevuto in dono da un eroe: Eracle lo aveva
infatti donato al re di Argo Adrasto, che in aiuto al genero Polinice guiderà la
spedizione dei Sette contro Tebe. Arione ha per madre Demetra/Erinni _ oppure,
secondo una tradizione attribuita dal grammatico alessandrino Aristarco ai Neoteroi,
Harpya6.
Oltre alla parentela, un dato che accomuna Arione e Pegaso è la prodigiosa velocità:
Arione era irraggiungibile (cfr. Hom. Il. 23.346 s., cit. infra), e anche Pegaso è definito
wjkuvtato" da Hes. fr. 43 a 85 M.-W.; tuttavia, non essendo provvisto di ali, Arione non
si libra nell'aria; inoltre, Arione è un aiutante che passa più volte di mano come può
7
accadere agli oggetti magici, ad es. all'arco di Filottete, donatogli da Eracle . Nella
versione narrata nel ciclo epico tebano, il padre Posidone aveva donato Arione al re di
Aliarto Copreo, il quale a sua volta _ secondo una versione di origine beotica _ lo offrì
in dono a Eracle che poi lo cedette ad Adrasto. Arione servì Eracle in alcune imprese:
con il suo aiuto, l'eroe uccise Cicno in duello, come narrava Esiodo nello Scudo, oppure
_ secondo un'altra versione _ lo vinse in una gara ippica nel recinto di Apollo
Pagasaios8; in un'altra impresa ricordata da Pausania (8.25.10, ved. infra) Eracle
conquistò con Arione l'Elide; in seguito, l'eroe donò a sua volta il cavallo ad Adrasto.
Va osservato per inciso che il consenso unanime delle fonti su quest'ultimo passaggio di
proprietà non elimina un punto oscuro e tuttora poco indagato, ovvero la natura e le
ragioni di una qualche relazione tra Eracle e Adrasto: a mia conoscenza, i due eroi non

6
Ved. schol. T Hom. Il. 23.347 Erbse (= Theb. fr. 8 B. / 6B D.) cit. infra, n. 9; Apollod. Bibl. 3.6.8:
Demetra generò Arione da Posidone, al quale si era unita in sembianza di Erinni, adirata perché
costretta all'unione, presso la fonte Tilfussa in Beozia; per potersi unire a lei, anche Posidone si era
mutato in stallone: ved. Paus. 8.25.5; schol. ABDGenav. Hom. Il. 23.346, cit. infra. Sui prodigiosi
cavalli generati da Posidone e sui paralleli indoeuropei ved. Puhvel 1987, 131-32, 269-70; sulla
genealogia di Arione e su Demeter/ Erinys/ Tilphossa in Arcadia e in Beozia ved. Bethe 1891, 89 ss.;
Immerwahr 1891, 113-14; RE II 1 (1895) s.v. ‘Areion', col. 621-23 (K. Tümpel); Wilamowitz 1959,
391 ss.; Schachermeyr 1950, 16-41, 139; Dietrich 1965, 124 ss.; Stiglitz 1967, 110-22; L. Breglia
Pulci Doria, «Demeter Erinys Thilphussaia tra Poseidon e Ares», in AA.VV., Les grandes figures
religieuses, Paris 1986, 107 ss.; Burkert 1989, 127, che sottolinea l'affinità tra le madri dei due cavalli.
Il nome di Arione è interpretato come “il migliore” dallo schol. ABDGenav. Hom. Il. 23.346 Dindorf
(= Theb. fr. 8 B. / 6C D.), che narra la genealogia del cavallo: Poseidw'n ejrasqei;" jErinuvo",
metabalw;n th;n aujtou' fuvsin eij" i{ppon, ejmivgh kata; Boiwtivan para; th'/ Tilfouvsh krhvnh/. hJ de;
e[gkuo" genomevnh, i{ppon ejgevnnhsen, o}" dia; to; kratisteuvein, ’Areivwn ejklhvqh. Tuttavia la forma
corretta del nome era A j rivwn, non ’Areivwn: cfr. P. Kretschmer, Zeitschr. f. vergleich. Sprachforsch.
29, 1888, 164; E. Maass, Indogerm. Forsch. 1, 1892, 166; nella monetazione di Telfusa in Arcadia il
nome è jErivwn: cfr. Bethe 1891, 89 n. 17; LIMC II 1 (1984) s.v. 'Areion', § A , 477 s. (I. Krauskopf).
7
“The passage of a gift or possession from the gods through various mortal hands to its present owner
is a frequent motif in epic (compare the sceptre of Agamemnon)”; così Davies 1989, 27.
8
Per le due versioni dello scontro tra Eracle e Cicno cfr. schol. ABDGenav. Hom. Il. 23.346 Dindorf;
schol. T Hom. Il. 23.347 Erbse citt. infra, n. 9 (= Theb. fr. 8 B. / 6BC D.); sul luogo della gara ved.
Janko 1986, 52 n. 75.

141
Ettore Cingano

sono mai associati altrove nel mito, come parrebbe ovvio se si considera inoltre che non
appartenevano alla stessa generazione9.
Arione è noto già all'Iliade come il veloce cavallo dalla genealogia divina che svolse
il ruolo di aiutante magico sottraendo Adrasto alla morte: cfr. Hom. Il. 23.346-47
... !Arivona di'on ... / !Adrhvstou tacu;n i{ppo", o}" ejk qeovfin gevno" h\en. I versi
alludono all’episodio saliente narrato nel poema epico Tebaide, la battaglia finale dei
Sette contro Tebe che causò la morte di sei degli eroi argivi: solo il settimo, Adrasto,
riuscì a fuggire grazie alla velocità soprannaturale di Arione. Pausania (8.25.8) cita un
verso della Tebaide sul quale si fondavano gli abitanti di Telpusa per ribadire la
discendenza del prodigioso cavallo da Posidone: “(Adrasto fuggì dal campo di battaglia)
indossando vesti luttuose ... con (l'aiuto di) Arione dalla scura criniera”, ei{mata lugra;
10
fevrwn su;n !Areivoni kuanocaivth/ (Theb. fr. 7 B. = 6A D.) . Preso alla lettera, il verso
implica che nella versione della Tebaide Adrasto fuggì verso la salvezza indossando (o
trasportando) vesti di lutto11: un fatto, questo, a ben vedere incomprensibile, o
vagamente surreale. Non risulta chiaro per quale motivo dovesse essere specificato
l'abbigliamento di Adrasto nel culmine dello scontro finale a Tebe, quando caddero tutti
gli altri eroi argivi né, sopratutto, perché Adrasto avrebbe dovuto perdere tempo
prezioso sul campo di battaglia, per indossare una nuova veste adatta all'esito luttuoso
dello scontro.

Per queste ragioni, i commentatori moderni di Pausania e della Tebaide hanno tentato
varie spiegazioni dell’espressione ei{mata lugra; fevrwn. Interpretando gli ei{mata lugrav
come Trauergewänder, “vesti di lutto”, F. Welcker aveva ipotizzato che con questo
abbigliamento appropriato Adrasto avesse tenuto sul campo di battaglia un discorso
funebre in onore dei compagni caduti: un monologo deducibile, secondo Welcker, dalla
testimonianza di Pindaro, Ol. 6.16-17, ma che doveva già appartenere alla Tebaide

9
Su questo punto ved. Wilamowitz 1959, 393. Sui proprietari di Arione cfr. schol. ABDGenav. Hom. Il.
23.346 Dindorf = Theb. fr. 8 B. / 6C D.: … Kopreu;" d! @Aliavrtou basileuvwn povlew" Boiwtiva",
e[labe dw'ron aujto;n para; Poseidw'no", ou|to" de; aujto;n @Hraklei' ejcarivsato, genomevnw/ par! aujtw'/.
touvtw/ de; diagwnisavmeno" @Hraklh'" pro" Kuvknon ]Areo" uiJo;n kaq! iJppodromivan, ejnivkhsen
ejn tw'/ tou' Pagasaivou !Apovllwno" iJerw',/ o{ ejsti pro;" Troizh'ni. ei\q! u{steron au\qi" oJ @Hraklh'",
!Adravstw/ to;n pw'lon parevscen ... ; ved. anche schol. T Hom. Il. 23.347 Erbse = Theb. fr. 8 B. / 6B
D.: oiJ de; newvteroi Poseidw'no" kai; @Arpuiva" aujto;n (sc. !Arivona) genealogou'sin, oiJ de; ejn tw'/
Kuvklw/ Poseidw'no" kai; jErinuvo". kai; Poseidw'n me;n aujto;n Koprei' tw'/ @Aliartivw/ divdwsin, oJ de;
Kopreu;" @Hraklei', ‹o}"› kai; Kuvknon ajnei'len ejn Pagasai'" ejp j aujtou' macovmeno". e[peita aujto;n
divdwsin !Adravstw/. Secondo una versione arcade recepita da Antimaco di Colofone (frr. 31-32
Matthews, apud Paus. 8.25.9-10), Arione era invece figlio della Terra e i suoi padroni furono Onco,
figlio di Apollo, Eracle e Adrasto: ved. V. J. Matthews, «The Parentage of the Horse Arion: a Reason
for Plato Liking Antimachos?», Eranos 85, 1987, 1-7; Matthews 1996, 139-49.
10
Kuanocaivth" è epiteto di Arione anche in Hes. Scut. 120, di Ade in hymn. Hom. Dem. 347, di Borea
assimilato a un cavallo in Hom. Il. 20.224; altrove nell'epos è epiteto di Posidone (ved. p. es. Hom. Il.
13.563; Hes. Theog. 278), e questo spiega le pretese degli abitanti di Telpusa nel racconto di
Pausania.
11
Gli interpreti traducono generalmente con “indossando” il participio fevrwn, ma un'altra traduzione
possibile è “recando, trasportando” (ved. infra).

142
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

epica12. Questa elaborata ipotesi, ripresa ora da G. Hutchinson13, non pone la dovuta
attenzione al contesto e al testo della citazione, e suscita due forti obiezioni: 1) pace
Hutchinson, Pausania riferisce esplicitamente il verso alla fuga di Adrasto dal campo di
battaglia (8.25.8: e[feugen ejk Qhbw'n ei{mata...kuanocaivth/, afferma il Periegeta
nell'introdurre la citazione), e non a una cerimonia funebre sul luogo della battaglia14; 2)
è sfuggito a Welcker e Hutchinson che il primo emistichio è strettamente connesso a
quanto segue dalla preposizione su;n: che l'intero verso vada riferito al momento della
fuga è confermato dalla puntuale menzione di Arione (su;n !Areivoni kuanocaivth/), che
permise ad Adrasto di sottrarsi alla morte; la sua presenza nel verso si giustifica solo in
relazione all' episodio della fuga, non certo di una cerimonia sul campo, la cui esistenza
resta peraltro da dimostrare. A queste osservazioni si aggiunga che l'unico esempio
omerico cui rinvia Hutchinson per confermare per ei{mata lugrav il valore di “clothes
put on specially” è poco pertinente: la consonanza con Od. 16.457 riguarderebbe la sola
intenzione di cambiare vesti. In Omero l'espressione allude infatti al travestimento da
mendico di Odisseo, e va interpretata nel senso di “misere vesti”, e non di “vesti adatte a
una particolare cerimonia funebre”15. Va quindi esclusa la possibilità che Adrasto si
fosse fermato sul campo dopo la battaglia indossando vesti di lutto, per officiare una
cerimonia funebre: il verso è riferito al modo in cui Adrasto fuggì verso la salvezza.
Proprio dal passo dell'Odissea partiva la diversa proposta di Bethe, il quale rilevava
la scarsa plausibilità che Adrasto cambiasse abito dopo la sconfitta, e interpretava
ei{mata lugrav come “zerrissene, befleckte Gewänder”: vesti lacere, in cattive
condizioni a seguito della battaglia16.

In effetti, il senso della preposizione su;n (!Areivoni) e la funzione di Arione quale


aiutante magico si colgono appieno soltanto accettando nel verso l’emendazione
shvmata proposta di recente da W. Beck in luogo di ei{mata dei codici, sulla base del
confronto con il celebre episodio omerico di Preto e Bellerofonte in Il. 6.168, dove
appare il nesso shvmata lugrav, “segni, simboli luttuosi”: pevmpe dev min Lukivhnde,
17
povren d! o{ ge shvmata lugrav . In questo caso, il verso della Tebaide recitava shvmata

12
Welcker 1882, 369-70.
13
Hutchinson 2001, 383.
14
Omettendo il contesto di Pausania, Hutchinson afferma (loc. cit.): “since these will be clothes put on
specially (cf. e.g. Od. 16.457), he will not be fleeing the battlefield, despite S Hom. Il. 23.346”.
15
Proprio sulla base dell'unico (poiché Od. 17.203 è solo una ripresa del nostro passo) esempio omerico,
chi scrive aveva tentato in passato _ prima di cambiare idea (ved. infra, n. 17), _ di cogliere
nell'espressione la possibile allusione a una qualche forma di travestimento: ved. E. Cingano, RFIC
119, 1991, 497.
16
Bethe 1891, 93 n. 25, seguito da ultimo da Torres-Guerra 1995, 41.
17
Ved. W. Beck, «Thebais Fr. 6A Davies (Pausanias 8,25,5)», MH 58, 2001, 137-39, che rinvia a Hom.
Il. 6.176-78 e Hes. Op. 450 per il nesso sh'ma fevrein, e traduce il verso della Tebaide “leidevolle
Zeichen bringend mit dunkelmähnigen Arion”. L'emendazione di ei{mata in shvmata in Theb. fr. 7 B.
/ 6A D. era stata proposta indipendentemente anche da chi scrive nel corso di alcuni seminari a Londra
e a Oxford, prima che uscisse il convincente articolo di Beck. Nella sua recente edizioni dei frammenti
di poesia epica M. L. West (= Theb. fr. 11 W.) conserva la lezione dei codd., e cita in apparato la
proposta di Beck.

143
Ettore Cingano

lugra; fevrwn su;n !Areivoni kuanocaivth/, la cui traduzione appropriata è “(tras)portando


simboli di lutto con Arione dalla scura criniera”; il significato del nesso shvmata lugrav
è chiarito dal confronto con il prologo dei Sette a Tebe di Eschilo, dove il messaggero
riferisce a Eteocle di aver visto i Sette, consapevoli del loro destino di morte e del fatto
che solo Adrasto si sarebbe salvato (grazie ad Arione), appendere al carro di Adrasto dei
segni personali, mnhmei'a (ciocche di capelli, fibbie), con funzione di ricordo funebre
affinché Adrasto li consegnasse ai loro congiunti quando fosse tornato ad Argo:
“Ricordi di sé per i genitori a casa appendevano come offerte votive con le loro mani al
carro d'Adrasto, versando lacrime, ma senza che alcun lamento uscisse dalle loro
bocche” (trad. di R. Sevieri)18. A questo si aggiunga che: 1) gli scolii ad loc. chiosano
19
con shvmata, shmei'a la parola mnhmei'a nel testo di Eschilo ; 2) il valore pregnante
della preposizione suvn (= “con l'aiuto di, per mezzo di”) nel fr. 7 B. della Tebaide è
confermato dal confronto con analoghi contesti riferiti al ruolo dell'altro prodigioso
cavallo, Pegaso, quale aiutante magico di Bellerofonte contro la Chimera e in altre
imprese: cfr. Hes. fr. 43 a 85-87 M.-W.: Phvgaso[n i{ppon / wjkuvtaton ... / su;n tw'i pu'r
[pneivousan ˘ … ˘ ˘ … ˘ (pevfne ?) Civmairan. Pind. Ol. 13.87 ss., su;n de; keivnw/ (i.e.
Pegaso) kaiv pot! !Amazonivdwn / aijqevro" yucrw'n ajpo; kovlpwn ejrhvmou / toxovtan
bavllwn gunaikei'on stratovn / kai; Civmairan pu'r pnevoisan kai; Soluvmou" e[pefnen...
Le testimonianze fin qui esaminate inducono a ritenere che nella Tebaide Adrasto si
assicurasse la salvezza fuggendo a cavallo di Arione: l'immagine è confermata dalla
testimonianza dello storico Arieto di Tegea, di incerta epoca ellenistica, secondo il quale
Adrasto fuggì trasportato da Arione: ... !Areivoni ejpocouvmeno" [Adrasto" ejn tai'"
Qhvbai" ejxevfugen (FGrHist 316 F 5); alla sella di Arione saranno dunque stati appesi i
“simboli luttuosi” consegnati ad Adrasto dagli altri eroi argivi20. Ancora più incisiva la
testimonianza dello scolio mitografico omerico in parte già citato, che probabilmente
attingeva alla stessa Tebaide, come lascia credere il riferimento al Ciclo epico posto in
chiusura: (!Areivwn,) uJf! ou| movno" oJ [Adrasto" ejk tou' Qhbai>kou' polevmou dieswvqh,
tw'n a[llwn ajpolomevnwn. hJ iJstoriva para; toi'" Kuklikoi'"21.
Così come nel verso della Tebaide, anche nel passo dello Scudo pseudoesiodeo
relativo allo scontro del precedente proprietario del cavallo, Eracle, con Cicno, Arione è

18
Eschilo, Sept. 49-51: mnhmei'av q j aujtw'n toi'" tekou'sin eij" dovmou" / pro;" a{rm! !Adravstou cersi;n
e[stefon, davkru / leivbonte", oi\kto" d j ou[ti" h\n dia; stovma.
19
Ved. scholl. Aeschyl. Sept. 49-50a; 49c; 49e; 50e Smith.
20
L'ipotesi di una fuga di Adrasto sul dorso di Arione resta valida anche qualora non si accolga
l'emendazione shvmata proposta da W. Beck.
21
Schol. ABDGenav. Hom. Il. 23.346 Dindorf, così tradotto da Severyns 1928, 221: “Et c'est sur son
dos qu'Adraste échappa de la guerre thébaine...” (corsivo mio: il testo dello scolio utilizzato da
Severyns reca uJf! ou| ... in luogo di ejf! ou|). Il resto dello scolio è citato supra, nn. 6, 9; la sua
attribuzione al ciclo epico, e precisamente alla Tebaide, è accolta tra gli altri da Bethe 1891, 90 ss.;
Janko 1986, 54 s. L'immagine di una fuga di Adrasto sul dorso di Arione è adombrata anche nel
riassunto di Apollod. Bibl. 3.6.8: [Adraston de; movnon i{ppo" dievswsen !Areivwn. Va dunque
rettificata l'affermazione di Murray 1934, 152 n. 1 secondo il quale “... tradition always gives chariots
to the heroes of the Thebais Adrastos, Amphiaraos, Tydeus and c...” (corsivo mio). Fondandosi anche
sulla versione di Antimaco (fr. 31 Matthews), C. Robert riteneva invece che Adrasto fuggisse su di
una biga (ved. Robert 1915, I 227, 247 e nn. ad loc.).

144
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

nominato da solo e non sembra a prima vista aggiogato a un carro insieme ad altri
cavalli, secondo quella che era invece la norma consueta delle rappresentazioni epiche.
Rivolgendosi al compagno Iolao, Eracle esclama “non è lontano il momento della
battaglia con Cicno: ora fa volteggiare da tutte le parti il forte destriero Arione dalla
scura criniera”22. Tuttavia, i versi precedenti dello Scudo informano che Arione era
aggiogato assieme ad altri cavalli (privi di nome proprio) al carro guidato da Iolao23; nel
prosieguo del racconto, nella fase del duello, i due eroi salgono e scendono “sui/dai carri
ben connessi” per affrontarsi (cfr. vv. 321, 352, 370).
Quella della vittoria col carro parrebbe essere anche la versione riportata dal già
citato schol. ABDGenav. ad Hom. Il. 23.346, che rinvia come si è visto ai 'poeti del
Ciclo', secondo il quale Eracle “vinse Cicno dopo aver gareggiato con lui nella corsa dei
cavalli”, diagwnisavmeno" ... kaq j iJppodromivan ejnivkhsen Kuvknon. Il termine
iJppodromiva è ambiguo, perché può riferirsi sia a una corsa con i carri che a quella con il
cavallo montato. Sulla versione di un agone ippico in luogo di duello tra Eracle e Cicno
si dividono gli studiosi, alcuni dei quali ritengono falsa la notizia, che sarebbe originata
da una goffa ed erronea interpretazione dei versi dello Scudo operata dallo scolio
omerico24; per converso, coloro che _ a mio avviso giustamente _ la giudicano
attendibile fanno risalire alla Tebaide l'informazione dello scolio, e propendono per una
gara con il carro piuttosto che con il cavallo montato25. In effetti, nonostante riceva _
come altri eroi _ il generico epiteto iJppovdamo" (Hes. fr. 33 a 27 M.-W.), tra i tratti
distintivi di Eracle non figura quello di essere un buon cavaliere26. Una possibile
conferma dell'impiego di Arione nel contesto di un agone con i carri può venire dalla
Tebaide di Antimaco di Colofone (V-IV sec. a.C.), dove si narrava che Adrasto vinse ai
giochi di Nemea nella corsa del carro a due cavalli, uno dei quali era Arione27. Se
torniamo all'episodio della fuga di Adrasto nella Tebaide epica (fr. 7 B. / 6A D.) occorre
notare che anche nell'arte figurata arcaica, prima di Antimaco, Arione soggiaceva al
vincolo del carro: nei non molti vasi relativi all'episodio Arione è infatti aggiogato a
una quadriga28. Una sua fuga al galoppo ‘in solitario', montato da Adrasto, è invece
attestata una sola volta nell'arte figurata, in un boccale omerico da Tanagra (III-II sec.

22
Hes. Scut. 119-121: su; ... / w}" kai; nu'n mevgan i{ppon !Arivona kuanocaivthn / pavnth ajnastrwfa'n
kai; ajrhgevmen w{" ke duvnhai.
23
Hes. Scut. 95-97, Eracle rivolto a Iolao: w\ fivlo", ... / ... mevga de; fresi; qavrso" ajevxwn / ijqu;" e[cein
qoo;n a{rma kai; wjkupovdwn sqevno" i{ppwn, “o caro, ... accrescendo il coraggio nel petto mantieni dritto
il celere carro e la forza dei veloci cavalli”.
24
Ved. Vürtheim 1919, 25; van der Valk 1963, 330, 367 s.; Russo 1965, 102, 218 ad v. 121.
25
Per l'interpretazione complessiva dello schol. ABDGenav. Hom. Il. 23.346 Dindorf ved. le
convincenti argomentazioni di Janko 1986, 51-55, con bibliografia. Severyns 1928, 220, traduce
iJppodromiva con “course de chevaux”.
26
Cfr. Janko 1986, 54; sulle molteplici relazioni di Eracle con i cavalli ved. da ultimo F. Bader,
«Héraclès et le cheval», in AA.VV., Le bestiaire d'Héraclès, Kernos Suppl. 7, 1998, 151-72 (cfr. 155
su Cicno).
27
Ved. Antim. fr. 31 Matthews, da integrare con Apollod. Bibl. 3.6.4.
28
Ved. l'idria di Würzburg a figure nere del 510-500 a.C., recante i nomi di Arione e di un altro cavallo,
Cholargos, e frammenti di altri vasi in LIMC II 1 (1984) s.v. ‘Areion’ (I. Krauskopf), 477 s.

145
Ettore Cingano

a.C.) che rappresenta in verità non la fuga di Adrasto, ma il suo scontro con Creonte a
Tebe, chiara contaminazione di momenti diversi dello stesso episodio29.
D'altra parte, un significativo indizio dell'affrancamento di Arione dal giogo - è il
caso di dirlo - della quadriga (o biga) epica, per enfatizzare le sue prerogative di aiutante
magico individuale al pari di Pegaso, affiora nella versione dello scontro tra Eracle e
Cicno fornita da un altro scolio omerico _ che a sua volta menziona oiJ de; ejn tw/'
Kuvklw/, ‘i poeti del ciclo’ _ dove si afferma che Eracle “uccise Cicno combattendo in
sella ad Arione”, ajnei'len Kuvknon ejp jaujtou' macovmeno"30. Questa descrizione rende
piena ragione della funzione di aiutante magico svolta da Arione, equiparando il suo
ruolo a quello di Pegaso, il cui contributo _ come si è visto _ fu essenziale alle imprese
di Bellerofonte. Del resto, lo stesso modo di avvalersi delle doti di Arione, ovvero
cavalcandolo, è ricordato in relazione a un precedente episodio nella ‘biografia' del
prodigioso cavallo: Pausania (8.25.10) afferma che Eracle conquistò l’Elide “trasportato
alla battaglia in sella ad Arione”, ejpi; tw'i jAreivoni ojcouvmeno" ej" ta;" mavca"31, con la
stessa espressione che caratterizzava la fuga da Tebe di Adrasto secondo Arieto di
Tegea, e non diversamente dallo scolio omerico che attinge al Ciclo epico32; l'insistenza
sul solo cavallo Arione con l'uso della preposizione ejpiv o uJpov non avrebbe senso, se
in questi quattro casi fosse sottinteso l'uso di un carro trainato da più cavalli.

Come si vede, a fronte di rappresentazioni iconografiche e letterarie di Arione


aggiogato a un carro (Eschilo e Antimaco, forse preceduti da Omero33) ne emergono
altre forse più significative (il Ciclo epico, Arieto, Pausania, il boccale omerico) nelle

29
Boccale omerico pubblicato da C. Robert in «Homerische Becher», in Fünfzigstes Programm zum
Winckelmannsfeste …, Berlin 1890, 81-85 (ved. in part. 84-85), conservato a Berlino, ora scomparso.
30
Schol. T Hom. Il. 23.347 Erbse. Così interpreta anche Janko 1986, 51 (“riding upon him”), senza
soffermarsi sulla divergenza tra questa versione e quella dell'altro scolio omerico (cit. supra e alla n.
9) che presuppone invece una gara con il carro; cfr. anche Severyns 1928, 221: “Héraclès..., monté sur
Arion, tua Cycnos à Pagasae”. Nelle loro edizioni dei frammenti epici (rispettivamente Poetae Epici
Graeci I, Leipzig 19962; Epicorum Graecorum Fragmenta, Göttingen 1988), A. Bernabé e M. Davies
assegnano anche questo scolio omerico alla Tebaide epica, come secondo testimone del fr. 8 B. = fr. 6B
D.; in questo caso è necessario intendere il termine iJppodromiva del primo testimone (schol.
ABDGenav. ad Il. 23.346 D.) nel senso di ‘corsa col cavallo montato’ (keles): pur divergendo sulle
modalità dello scontro tra Eracle e Cicno, i due scolii omerici che formano Theb. fr. 8 B. (= fr. 6B + 6C
D.) coinciderebbero dunque nel rappresentare Eracle a cavallo di Arione. Più cauto nel riferire
entrambi gli scolii omerici alla Tebaide epica West 2003, 52, apparato a Theb. fr. 11.
31
Così intende anche Janko 1986, 54: “Yet there is an old Peloponnesian variant of his possession of
Arion, which also has him (i.e. Eracle) ride the horse to take Elis”.
32
Cfr. FGrHist 316 F 5: !Areivoni ejpocouvmeno" [Adrasto" ... ejxevfugen φ schol. ABDGenav. Hom. Il.
23.346 Dindorf = Theb. fr. 8 B. / 6C D. (!Areivwn) ... uJf! ou| movno" oJ [Adrasto"... dieswvqh. Per
Pegaso cfr. Apollod. Bibl. 2.3.2, ajnabibavsa" ou\n eJauto;n oJ Bellerofovnth" ejpi; to;n Phvgason.
33
Nei versi dell'Iliade (23.346-47) citati in precedenza Arione è menzionato nel contesto di una gara di
quadrighe ai giochi funebri in onore di Patroclo; tuttavia per Delebecque 1951, 77, e Wiesner 1968, F
111, il rinvio ad Arione presuppone comunque la sua rappresentazione come “Einzelpferd”, cavallo
montato: contra Schachermeyr 1950, 32 n. 59. Per Janko 1986, 54 s., sarebbe più antico il motivo di
Arione aggiogato al carro quale appare in Hes. Scut. e nello scolio mitografico a Omero (= Theb. fr. 8
B. / 6C D.).

146
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

quali il prodigioso cavallo galoppa in solitario trasportando sul proprio dorso il


cavaliere; in sintonia con lo scolio omerico, il verso di Theb. fr. 7 B. lascia presumere la
seconda tipologia, e concordo con Kj. Matthiessen quando afferma che Arione “ist
seinem Ursprung nach ein Einzelpferd ... Er war daher zum Reit-, nicht zum
Wagenpferd prädestiniert und ist so auch in der Szene der Thebais zu denken”34. Del
resto, le descrizioni di Arione aggiogato a un carro a due o quattro cavalli, e nominato
quindi da solo come pars pro toto perché il più illustre dei cavalli aggiogati, contrastano
con la rappresentazione che riesce naturale immaginare anche grazie al modello di
Pegaso montato da Bellerofonte. E' plausibile che un aiutante magico al quale va
attribuito il merito di imprese vittoriose (nel caso di Eracle) e della salvezza grazie a una
veloce fuga (nel caso di Adrasto) dovesse agire individualmente; inoltre, come quella di
Pegaso, la velocità di Arione risulta più efficace se liberata dal giogo del carro insieme
ad altri cavalli meno veloci, che ne avrebbero limitato la portentosa dote. A sostegno di
quest’affermazione va ricordato che nella letteratura e nell'arte figurata greca
Bellerofonte non appare mai aggiogato a una quadriga, ma è sempre saldamente in sella
a Pegaso a partire dalla Teogonia esiodea (ved. v. 325, th;n (sc. Civmairan) me;n
Phvgaso" ei|le kai; ejsqlo;" Bellerofovnth") e nelle molteplici raffigurazioni della
ceramica protocorinzia, orientalizzante, e attica a partire dalla prima metà del VII sec.
a.C.35
Come spiegare la differente contestualizzazione nell’epica dei due aiutanti magici,
entrambi figli di Posidone, l'uno costantemente libero, l'altro aggiogato alla quadriga,
perlomeno in un filone importante della tradizione letteraria e prevalente in quella
iconografica? In primo luogo va rilevata una sua specifica peculiarità: essendo alato (a
differenza di Arione), Pegaso era più difficilmente aggiogabile a un carro insieme ad
altri cavalli36; prima che in territorio greco, il motivo del cavallo alato è attestato
nell'arte ittita e assira del XIV-XIII sec. a.C.37 La diversa rappresentazione dei due
cavalli, figli entrambi di Posidone, va anche cercata nella diversa area di origine del
mito di Bellerofonte, che solo in un secondo momento è legato a Corinto; nel periodo
geometrico e altoarcaico la città era il punto di arrivo e diffusione di tradizioni
provenienti dal Vicino Oriente, nel nostro caso dalla Licia, dove il mito è ambientato già
in Omero (Il. 6.168, 188), ed è superfluo ricordare gli influssi di tradizioni provenienti
dal Vicino Oriente sulla Teogonia di Esiodo, il primo testo greco in cui Pegaso è

34
Kj. Matthiessen, in LfgrE s.v. !Arivwn , col. 1304, che sviluppa le osservazioni di Wiesner 1968, F 111-
13, 130 (“Adrastos ist ein Einzelreiter mit einem Pferd”).
35
Per la documentazione iconografica di età arcaica rinvio a Yalouris 1977, 18 ss.; Schefold 1993, 88-
94, 227 s.; LIMC VII 1 (1994) s.v. ‘Pegasos', 214 ss.; VII 2, 142-71 (C. Lochin), e num. 90-91, 99-
105, 197-200, 212-19.
36
Questo punto è stato rilevato da Schachermeyr 1950, 185.
37
Per il motivo del cavallo alato e della Chimera nell’arte vicino-orientale del II millennio a.C. ved.
Yalouris 1977, 15; W. Burkert, «Oriental Myth and Literature in the Iliad», in R. Hägg (ed.), The
Greek Renaissance in the Eight Century B.C.: Tradition and Innovation, Stockholm 1983, 52;
Frankfort 1996, 141 fig. 158.

147
Ettore Cingano

menzionato38. In sostanza, il motivo delle ali e l'origine orientale del mito sembrano
avere protetto l'indipendenza iconica di Pegaso, permettendogli di essere rappresentato
come cavallo montato anche nell'epos greco, perlomeno in quello non omerico.
Se torniamo ad Arione, è ora più agevole cogliere il motivo della sua diversa
caratterizzazione _ letteraria e iconografica _ rispetto a Pegaso. Nella sua dipendenza
dalla quadriga si avverte il peso arcaizzante della tradizione epica, omerica in
particolare, la quale ammetteva soltanto la possibilità che gli eroi combattessero sul
carro trainato da cavalli, censurando quasi senza eccezioni come anacronistica la
presenza del cavallo montato: come ha osservato Greenhalgh39, il cantore epico – che
pur viveva in un’epoca in cui l’uso del cavallo montato si era ormai affermato _ mirava
ad arcaizzare ed eroicizzare il racconto delle vicende passate; il prezzo di questa
operazione poetica era il silenzio sull'uso del cavallo montato da un cavaliere, peraltro
noto già in epoca micenea in Grecia e nel Vicino Oriente40. Per motivi di status e
prestigio i nobili carri epici erano impiegati sistematicamente in luogo dei cavalli
montati; è stato osservato che “Très souvent le vocabulaire qui s' […] applique
[nell'Iliade] au cheval attelé semblerait mieux convenir ... au cheval monté”41. Alla luce
di queste considerazioni, sarà da attribuire al silenzio sull'uso del cavallo montato – e
non, come ritenuto da molti, a un atto di censura che elimina in ‘Omero’ gli elementi
magici nella storia _ il motivo dell’omissione di Pegaso nel racconto omerico delle
imprese di Bellerofonte42; l’omissione è tanto più sorprendente in quanto contrasta con
le altre fonti di età arcaica e classica, che ricordano in modo unanime il contributo di
Pegaso43. Piuttosto che cercare nei testi qui trattati la prova della maggiore antichità del
cavallo aggiogato al carro rispetto a quello del cavallo montato, credo si debba rilevare
la divergenza tra Omero e il ciclo epico, che appare anche nel trattamento di molti altri

38
Sull’originaria ambientazione in Licia e in Caria di Bellerofonte ved. L. Malten, «Bellerophontes»,
JDAI 40, 1925, in part. 126 ss., 145 ss.; idem, «Homer und die lykischen Fürsten», Hermes 79, 1944,
4 s.; Schachermeyr 1950, 174 ss.; Lorimer 1950, 473.
39
Ved. Greenhalgh 1973, 53 ss., che (senza peraltro trattare i cavalli mitici qui esaminati) si fonda sullo
studio di Delebecque 1951; Wiesner 1968, F 110-35.
40
Per la documentazione archeologica sul cavallo montato in epoca micenea ved. Wiesner 1968, F 114-
16; Greenhalgh 1973, 44-46; Worley 1994, 7 ss.
41
Così Delebecque 1951, 81 (ved. in generale cap. III); cfr. Greenhalgh 1973, 53.
42
Ved. Hom. Il. 6.178-90; il silenzio di Omero su Pegaso è rilevato anche da Aristarco, schol. Hom. Il.
6.183a Erbse: o{ti oujde;n peri; th'" kata; to;n Phvgason iJstoriva" ejmfaivnei.
43
Ved. Hes. Theog. 325; fr. 43a 82-87; Pind. Ol. 13.60-92; Isthm. 7.43-47, citt. supra; Apollod. Bibl.
2.3.2. Per l’opinione qui espressa ved. anche Lorimer 1950, 474; Kirk 1990, 184. Il silenzio di Omero
su Pegaso è stato altrimenti spiegato – a mio avviso in modo non convincente _ come versione
alternativa anteriore a quella canonica nota già a Esiodo, oppure come omissione dell’elemento
magico (il cavallo alato) in Omero, o infine dettato da motivi di opportunità (nominare Pegaso
avrebbe alluso anche al disarcionamento). Ved. Murray 1934, 175 n. 2; J. H. Gaisser, «Adaptation of
Traditional Material in the Glaucus-Diomedes Episode», TAPhA 100, 1969, 170-73; de Jong 1987,
162 s.; Bertolini, art. cit. (supra, n. 4) 140; Renno Assunção 1997, 56 ss.; Calame 2000, 86; Drews
2004, 72.

148
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

temi e aspetti44: in altre parole, il motivo del cavallo quale aiutante magico lascia
scorgere il contrasto tra la rigidità dell'epos omerico, legato al carro, che rifiuta di
rappresentare gli eroi a cavallo, e la maggiore flessibilità della poesia ciclica ed esiodea,
come mostrano l'esempio di Arione montato da Adrasto nella Tebaide, e di Pegaso
montato da Bellerofonte nella Teogonia esiodea. A questo si aggiunga che la fuga di
Adrasto sul dorso di Arione doveva restare un episodio eccezionale nella tradizione
epica anche non omerica, che non escludeva ovviamente Adrasto dalla guida di un carro
in altre occasioni.
Nella raffigurazione del mondo eroico non vi è spazio per il cavaliere, iJppeuv", se
non in rari casi: in Omero le eccezioni che testimoniano la possibilità di montare un
cavallo occorrono là dove nel quadro eroico irrompe il tempo presente del cantore,
ovvero nelle similitudini, per le quali egli attinge all'epoca in cui vive: è il caso di Hom.
Od. 5.371, dove Odisseo “montò su un tronco, come chi guidi un cavallo da corsa”
(kevlhq j wJ" i{ppon eJlauvnwn), segno di una notevole familiarità con l'arte del cavalcare,
e più ancora di Il. 15.679-84, dove Aiace è paragonato a un uomo che, “...abile a
cavalcare, aggioga insieme quattro cavalli... e, saldo e sicuro, salta continuamente
dall'uno all'altro mentre vanno al galoppo”45. Del resto, lo scolio al verso citato
dell'Odissea osserva che “il poeta conosce il corsiero (keles), ma non lo rappresenta mai
impiegato dai suoi eroi, tranne per necessità con Diomede nella Doloneia”46. In questi
versi Diomede è di fatto costretto a montare (uno de)i cavalli (cfr. Il. 10.513, 529 “balzò
sui cavalli”) perché li ha rubati insieme a Odisseo dal campo dei Traci, ed essi sono
troppo numerosi per poter essere aggiogati al carro47.
A questi passi credo sia possibile aggiungere un'altra implicita testimonianza, Il.
24.257, dove Priamo ricorda ad Achille, tra i figli che ha perso in battaglia,
Trwivlo" iJppiocavrmh"; sfugge il preciso valore dell'epiteto, che occorre sempre nella
stessa sede metrica: “che combatte a cavallo” (da cavrmh, “battaglia”), oppure “che si
allieta dei cavalli” (da cavrma, “gioia”)48; Aristarco, strenuo difensore del dogma
omerico contro i Neoteroi e quindi avverso alla presenza del cavallo montato nell’Iliade,
non poteva che interpretarlo come “abile/valoroso con il carro”, rimproverando i poeti

44
Si vedano al riguardo le diverse prospettive di J. Griffin, «The Epic Cycle and the Uniqueness of
Homer», JHS 97, 1977, 39-53, e di Burgess 2001, 157-71.
45
Hom. Il. 15.679ss.: wJ" d! o{t! ajnh;r i{ppoisi kelhtivzein eju` eijdwv"...; cfr. Janko 1992, 302. Sui due
passi omerici ved. anche la puntuale analisi di Wiesner 1968, F 110 s., 131; Greenhalgh 1973, 53-55.
46
Schol. Hom. Od. 5.371 Dindorf (Aristonico); cfr. anche schol. Hom. Il. 15.679a Erbse (Aristonico) e
ved. Severyns 1928, 128.
47
Hom. Il. 10.513: karpalivmw" d j i{ppwn ejpebhvseto; notare che Diomede non ha fatto in tempo a
rubare il carro dei Traci (503-05); sul passo ved. Delebecque 1951, 65 s., 78-80; Wiesner 1968, F 112
s., 130 s.; Greenhalgh 1973, 56-58, con altri esempi. Un altro passo omerico nel quale traluce in
filigrana l'allusione a un cavallo montato è in Il. 5.263-64; 323-24: ved. Greenhalgh 1973, 55, sulle
orme di Delebecque 1951, 78.
48
Così lo schol. D Hom. Il. 24.257 Dindorf: H [ toi ajf! i{ppwn macovmenon, h] i{ppoi" caivronta (ved.
anche schol. Pind. Ol. 1.35a, d Drachm.); per altre occorrenze dell’epiteto nell’epica ved. Hom. Od.
11.259; Hes. frr. 7.2; 9.2 M.-W.: nessuno degli altri eroi cui è riferito è mai specificamente connotato
in rapporto ai cavalli. Ved. anche Pind. Ol. 1.23; Pae. 2.104 M. e la mia nota in Pindaro. Le Pitiche, a
cura di B. Gentili, P. Angeli Bernardini, E. Cingano, P. Giannini, Milano 1995, 365.

149
Ettore Cingano

neoteroi che rappresentavano Troilo a cavallo come un giovinetto (pai'": cfr. anche
Ibyc. S 224 D., 7-10), inseguito da Achille, mentre con l'epiteto iJppiocavrmh" Omero
ne faceva un uomo49. Rispetto a “fighting from horses and chariot” (così, sulla scia di
Aristarco, LfgrE s.v. [J. O' Sullivan], e molti traduttori moderni) è tuttavia meglio
svincolare l'epiteto dall'uso del carro e intenderlo come un riferimento all'abilità nel
montare i cavalli. Quest'interpretazione è suffragata dall'intera produzione iconografica
che già dalla seconda metà del VII sec. a.C. mostra _ per la probabile influenza dei
Cypria _ grande interesse per il tema della morte di Troilo, rappresentato mentre fugge
sul dorso di un cavallo, inseguito da Achille; nell’iconografia arcaica Troilo non è mai
rappresentato sul carro, e neanche mentre combatte a cavallo, ma sempre mentre sprona
il cavallo per fuggire ad Achille, oppure mentre addestra i cavalli presso la fonte fuori
50
Troia .

Per concludere con Arione e Adrasto, una significativa testimonianza della difficoltà
che gli stessi antichi provavano nel conciliare due realtà diverse 'occultate' dalla
censura dell'epica omerica sul cavaliere – l’uso del carro e la fuga grazie all'intervento
di un animale prodigioso _ è offerta da Strabone 9.2.11 (404), il quale informa che in
Beozia si trovava la località di Harma, dove un altro dei Sette a Tebe, l'indovino
Anfiarao, venne inghiottito con il carro in una voragine apertasi nel terreno (oppure
venne sbalzato dal carro, che proseguì la corsa da solo); quanto ad Adrasto _ prosegue
Strabone _ secondo alcuni durante la fuga il suo carro si sfasciò, ma egli poté proseguire
e salvarsi grazie ad Arione (suntribh'nai to; a{rma feuvgonto" ejntau'qa, to;n de; dia;
!Areivono" swqh'nai). Possiamo qui individuare un chiaro tentativo di compromesso tra
la forza della tradizione epica sancita da Aristarco, che esigeva l'uso del carro da parte
degli eroi, e la forza della tradizione folclorica, che richiedeva un solo cavallo come
aiutante magico51; in questa chiave vanno anche rilette nello Scudo esiodeo la
discrepanza tra le allusioni al carro di Eracle con generici cavalli al v. 95 ss., e la
focalizzazione su Arione al v. 120, che sarà montato da Eracle anche quando muoverà
contro l’Elide; va riletta anche la versione della Tebaide epica (Theb. fr. 8 B. / 6C D. =
schol. ABDGenav. ad Hom. Il. 23.346), dove nella vittoria di Eracle “nella corsa dei
cavalli”, kaq j iJppodromivan, grazie ad Arione è più facile scorgere una gara col keles, il
cavallo montato.

Le osservazioni qui svolte mi sembrano sostanziare l'ipotesi di Wiesner, il quale


osservava che Adrasto nell'epica era immaginato come cavaliere, anche se le sue
rappresentazioni non riflettono questo dato, e che Arione era sostanzialmente un
‘Einzelpferd’ (al pari di Bellerofonte), giungendo poi a postulare una contrapposizione
tra Anfiarao che combatteva con il carro e con esso viene inghiottito, e Adrasto quale

49
Schol. Hom. Il. 24.257b Erbse e le osservazioni di Severyns 1928, 72-73, 128, 306 s.
50
Ved. schol. Hom. Il. 24.257a Erbse. “The epithet iJppiocavrmh" is given point by later versions of the
story”: così Richardson 1993, 299 s. Per le raffigurazioni arcaiche del tema ved. Friis Johansen 1967,
45, 53; Zindel 1974, 30 ss.; Schefold 1993, 137 s., 303-308; R. Olmos apud A. Bernabé, Poetae Epici
Graeci I, Leipzig 19962, 214 s., con bibliografia.
51
Ved. anche LfgrE s.v. !Arivwn , col. 1304 (Kj. Matthiessen).

150
Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica

‘Reiter’ che sopravvive52. Nella giustapposizione, attestata nei racconti di Apollodoro


(Bibl. 3.6.8) e di Strabone (9.2.11) della battaglia finale tra argivi e tebani, tra Anfiarao
che sprofonda nella terra con il carro e Adrasto che si salva fuggendo sul dorso di un
prodigioso destriero sarebbe suggestivo leggere il passaggio dall’uso del carro da
combattimento alla formazione della più agile cavalleria militare, anticipata dalle
cavalcate solitarie di Adrasto e Bellerofonte53. Proprio la sorte infelice di questi due eroi
nell’ultima fase della loro esistenza, nonostante avessero goduto del privilegio di un
aiutante magico, permette infine di recuperare quella demarcazione tra mito e fiaba che
in apertura avevo lasciato sfumata. Se nella fiaba al superamento di una serie anche
reiterata di ostacoli e prove segue il lieto fine per i protagonisti, l’esito del mito procede
in altra direzione; si impongono la necessità di esprimere un valore paradigmatico (la
hybris di Bellerofonte dev’essere punita), e la sua maggiore specificità: il mito possiede
coordinate etiche e spazio-temporali assenti nella fiaba, parla di un luogo preciso (p. es.
i Sette da Argo contro Tebe), di un tempo preciso nell’arco delle generazioni dell’età
eroica che è destinata a estinguersi54, ed esprime un sistema di valori che non contempla
l’obbligo del lieto fine. Il destino dei cavalli dalla genealogia divina si separa da quello
dei loro cavalieri, eroi mortali, a maggior ragione se si ricorda – nel caso di Bellerofonte
– che egli è destinato ad “abitare nelle case di Zeus portando il tuono e il fulmine a Zeus
prudente”55.

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52
Wiesner 1968, F 111 ss.
53
Cfr. quanto osserva Yalouris 1977, 15, su Pegaso e Bellerofonte: “Moderne gelehrte erkennen im
Bellerophon-Mythos den übergang vom Wagenfahren zum Reiten, der sich in der Kriegkunst etwa
zwischen dem Ende der Mykenischen periode und dem 8. Jahrhundert v. Chr. vollzog”.
54
Ved. Graf 1987, 5-6. La scarsa consonanza del mito di Bellerofonte con il finale delle fiabe è osservata
anche da Renno Assunção 1997, 50 s.
55
Hes. Theog. 285 s. (trad. di E. Vasta); ved. anche Pind. Isthm. 7.44-47 cit. supra (n. 5) e cfr.
Schachermeyr 1950, 186 s.: “Pegasos war als Zeusroß unsterblich, Bellerophon hingegen ein
sterblicher … Ahnherr. Also mußte der Held sein Flügelroß wiederum verlieren”.

151
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