)
Troiane classiche e contemporanee
173
SPUDASMATA
BAND 173
Band 173
TROIANE CLASSICHE E CONTEMPORANEE
2017
a cura di
Francesco Citti, Alessandro Iannucci,
Antonio Ziosi
2017
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Umschlagentwurf: Inga Günther, Hildesheim
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Printed in Germany
© Georg Olms Verlag AG, Hildesheim 2017
www.olms.de
ISBN 978-3-487-15373-5
ISSN 0548-9705
INDICE
Pittaluga 1998.
3
Fra il 1307 e il 1317 (ben prima dunque, si badi, del 1314-15) il car
dinale Niccolò da Prato volle infatti che le tragedie fossero commentate
da quello che riteneva il migliore esegeta per quei tempi: il domenicano
inglese Nicolas Treveth – che aveva già commentato i Padri, Agostino in
particolare, Boezio, le Declamationes di Seneca il Vecchio e che commen
terà poi Tito Livio, addirittura per il papa Giovanni XXII. Treveth per
il suo commento alle tragedie attinse anzitutto ad uno degli esemplari
della diversa famiglia A. Il codice, siglato C nello stemma, conservato a
Cambridge (Corpus Christi College Library 406) fu ritenuto l’esemplare
utilizzato dal domenicano. Al riguardo sono da osservare anzitutto alcune
cose, preventivamente e a margine: la lettera del cardinale Niccolò –
colui che aveva incoronato al Laterano Arrigo VII imperatore – fu scritta
in Francia, a Valence. Mi si passi l’apparente tautologia: per richiederne
al Treveth il commento, il cardinale doveva dunque conoscere già un
codice delle tragedie, vient de paraître che aveva probabilmente destato
qualche scalpore. La data di conclusione del commento non è viceversa
fissata con esattezza: ci sono giunte le relative epistole, per così dire,
di incarico e di accettazione4 e sappiamo che già il 31 luglio 1317 un
esemplare manoscritto commentato si trovava nella biblioteca papale
di Avignone, verosimilmente il ms. Città del Vaticano, BAV, Vat. Lat.
16505 che appunto ha già il commento del Treveth ed è corredato anche
di un interessante sistema di rimando fra il testo del classico latino e la
sua medievale spiegazione; oltre a numerose spie di collazione testuale,
segno di un lavorìo significativo quanto precoce.
Meriterebbe certo un ritratto in piedi questo Treveth inglese, scri
veva Billanovich in un suo celebre saggio. Personaggio sorprendente
«perché, se misuriamo con i parametri di quella generazione, sembra
provenire da una contrada ancora più remota delle contrade dalle quali
si presentarono al presepio i re magi o davanti a Carlo Magno e ai suoi
baroni la principessa Angelica»6. In effetti Nicolas Treveth era un in
tellettuale singolare. Coetaneo di Dante, era nato anche lui attorno al
1265-68, ma in Inghilterra, da Thomas Trevet, giustiziere sotto i re Enrico
III ed Edoardo I. Sappiamo pochissimo purtroppo dei suoi primi anni di
4
Sul punto mi permetto di rimandare a un lavoro recente, che comprende anche la
bibliografia pregressa: Brunetti 2013.
5
Palma 1973.
6
Billanovich 1981, 34.
7
Nauta 1997. Hechich 1958, 21-22. Fondamentali e benemeriti restano i lavori di Ehrle
1921, di Kaeppeli 1959 e 1980 e di Franceschini 1938.
8
Ibidem.
9
Brunetti 2013, 363. Della miniatura, pure richiamata in molte pubblicazioni, manca di
fatto una illustrazione critica esauriente, cf. ad es. in Rey-Flaud 1973, 32; Sinisi – Innamorati
2003, 28. Si ricordi il valore che si attribuisce all’edificio ancora alla fine del XV secolo: nei
disegni per la ricostruzione del teatro antico (1490) di Leonardo da Vinci si appunta soltanto:
‘Teatro da predicare’ e ‘Teatri per udire messa’, mentre sensibilmente diverse restano le
(poche) rappresentazioni miniate: quelle rinvenibili in codici di Terenzio (segnatamente
il ms. BAV, Vat. Lat. 3305, c. 8v ove si raffigura il prologo dell’Andria, e nel ms. Tours,
Bibl. Municipale 924, f. 13 il prologo dell’Eunuchus- ringrazio Gianni Guastella per la
segnalazione di quest’ultimo) o in più rare miniature raffiguranti teatri in legno (cf. Libro
d’ore di Etienne Chevalier, Chantilly, Musée Condé, c. 121r, col martirio di S. Apollonia).
sepolcro del padre Ettore, per sottrarlo alla caccia dei greci e di Ulisse,
prima di tutti.
L’assetto del testo proposto nell’edizione critica è con ogni evidenza
frutto di congettura, ricomposto di fatto secondo iudicium (il primo in
tervento se non ho visto male si deve a Friedrich Leo) e ad ogni modo
l’assetto testuale del colloquio fra Andromaca e il vecchio, si legge
461 An. O nate, magni certa progenies patris [...]
488 omen tremesco misera feralis loci.
489 Sen. Miser occupet praesidia, securus legat.
490 An. Quid quod latere sine metu magno nequit,
491 ne prodat aliquis? Sen. Amove testes doli.
492 An. Si quaeret hostis? Sen. Urbe in eversa perit:
493 haec causa multos una ab interitu arcuit,
494 credi perisse. An. Vix spei quicquam est super:
495 grave pondus illum magna nobilitas premit;
496 quid proderit latuisse redituro in manus?
497 Sen. Victor feroces impetus primos habet.
498 An. Quis te locus, quae regio seducta, invia
499 tuto reponet?
Andromaca: Figlio, erede di tanto padre [...] questo luogo di morte è di
pessimo auspicio… Vecchio: Il misero si rifugia dove capita, chi è sicuro
dove più gli piace. Andr.: Come farlo stare nascosto, senza il timore
che qualcuno lo scopra? Vecchio: Allontana i testimoni. Andr.: E se
i nemici lo cercano? Vecchio: Scomparso mentre cadeva la città molti
hanno evitato la morte perché creduti già morti. Andr.: C’è ben poco
da sperare. Su di lui pesa il nome illustre che porta. Perché nasconderlo,
visto che cadrà comunque nelle loro mani? Vecchio: Chi vince è spietato
all’inizio. Andr.: Ci sarà pure un luogo, una terra remota, inaccessibile
Dove tu possa stare al sicuro?
Nel caso delle Troiane, l’unica postilla di Petrarca che si rinviene nel
ms. dell’Escorial è la seguente:
ms. El Escorial, Biblioteca del Real Monasterio T III 11, c. 30va: nota
autografa di Petrarca (anni ’40) riferibile ai vv. 405-406: Pulcre ex per
(son)a m.s. Graffa m. d.
13
Monti 2012, 551.
14
Per l’importanza di tali note di attenzione e le riprese delle tragedie senecane nel
Canzoniere rimando a Fiorilla 2012 ove appunto si segnalano queste postille dell’Esco
rialense.
forse da quel Pietro da Moglio, allievo di Giovanni del Virgilio (noto com
mentatore non solo di Seneca ma anche delle Egloghe di Dante e delle
Bucoliche del Petrarca), durante il periodo degli studi bolognesi (1340-1350
ca.). Tale circolo riuscì poi di stimolo al Salutati per la composizione del
suo De laboribus Herculis, immaginato dapprima come pura spiegazione
del significato dell’Hercules furens. Il codice delle tragedie, autografo di
Coluccio, è l’unico sottoscritto e risale probabilmente al 1370 circa. Nel
1371 egli proponeva nella lettera a Tancredi Vergiolesi la distinzione fra
il Seneca morale e Seneca autore delle Tragedie (che compare nella I e
nell II redazione dei De laboribus Herculis ove si attribuisce appunto il
nome di Marcus Seneca all’autore dell’Hercules furens (De Lab. II, li
bro IV, 549), aderendo all’identificazione proposta da Boccaccio nelle
Esposizioni sulla Commedia e negando la sua proposta che si trattasse
di Anneo Mela. Cosa che lascerà ad esempio una significativa traccia sul
manoscritto. La storia delle tradizioni si complica se andiamo a leggere
meglio i manoscritti medievali. E quel semplice stemma di MacGregor
viene a complicarsi via via al cospetto delle ricerche più recenti e alla
luce di una contaminazione che in alcuni casi appare molto importante16.
Concludo col terzo esempio, ritornando al manoscritto Urbinate
355, un manoscritto che meriterebbe dicevo una cura maggiore antico
com’è, bellissimo e fitto di postille diverse, alcune delle quali davvero
ampiamente significative. Della postilla all’Hercules furens che riguarda
il gigante Tifeo e la sua sepoltura sotto l’Etna, e dell’altra apposta sul
l’Octavia che riguarda Nerone e Messalina, mi sono occupata in altra
sede e dunque non vi ritornerò17. Vorrei invece attirare l’attenzione su
questi tre passaggi:
Chor. an frequens rivis levibus Mothone (v. 822)
«la difficoltà è che Motone (o Metone) è sì in Tessaglia, ma sulla penisola
di Magnesia, e certo non è ricca di ruscelli» (Stok, p. 133, in nota)
ms. BAV, Urb. Lat. 355, c. 121 il postillatore corregge (inserendo una s)
rivis in ruscis e appunta: genus fructicis (sic!) spinosum
Chor. semper Euripo properante Chalcis (v. 838)
ms. BAV, Urb. Lat. 355, c. 121 euripus est deductio maris vel aquarum
luna crescente… (che parrebbe presupporre Plin. nat. 2, 219)
16
Si paragoni istruttivamente lo stemma di MacGregor 1971, 129, quello di Zwierlein
1988, xx-xxi, e quello di Marchitelli 1999.
17
Brunetti 2013, 365 ss.
Stok 1999, ad l.
18
19
Gronovius 1828, adn. ad v. 825: «Frequens ruscis levibus Methone: Methone civica lit
toralis est Peloponnesi in magnesiae regione: quam cum obsideret Philippus rex Mace
donum, Alex. M. pater, oculum amisit ictu sagittae etc. Hodie vocatur Modona et est via
peregrinantium Hierosolymam a Venetiis. Vocatur h. l. frequens ruscis levibus i. e. my
rto sylvestri. Est enim ruscus planta, quae et myrtus sylvestris, arcendis muribus aptis
simus....».
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