Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione da parte dei giornali al tema del femminicidio, fatti
che in passato erano considerati di minore interesse pubblico. In Italia fino al 1981 l’uccisione
di un coniuge adultero era considerato “delitto d’onore”, come attenuante.
⇨Le trasformazioni culturali richiedono tempo: 38 anni sono un periodo medio-breve.
Ci si interroga su quali competenze narrative e regole implicite i giornalisti tendono ad
utilizzare per riportare al senso comune il resoconto dei delitti.
2. La ricerca
L’analisi si concentra sui femminicidi nel 2012 riportati dai tre maggiori quotidiani italiani:
Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa. Sono stati estratti il primo articolo pubblicato
per ogni giornale e sono state individuate le parole più usate per avere un indicatore macro
della retorica della narrazione, quindi per capire se si stesse parlando di un caso specifico o
di uno dei tanti casi di cronaca nera. Le parole sono diverse rispetto a quelle utilizzate per un
altro omicidio (es. mafia): malattia, psiche, raptus, gelosia prevalgono su “maltrattamenti”.
Ciò fa capire che la violenza sulla donna ancora viene considerata un problema privato.
L’obiettivo della ricerca era quello di comprendere in quali casi e attraverso quali modalità
narrative la violenza sulle donne riuscisse a raggiungere la cronaca nazionale uscendo dai
confini locali.
Il numero dei casi di femminicidio in Italia nel 2012 è di 124, tra cui 72 domestici → 166 sono
gli articoli che parlano di femminicidio. Il luogo della casa viene descritto come il luogo della
violenza estrema.
Due sono le principali strategie narrative utilizzate dalla cronaca:
1. l’amore romantico (92/166) → che racconta un amore tormentato e deluso; il delitto
viene descritto come passionale e il perpetratore come un uomo innamorato e geloso
della sua vittima, spesso incapace di accettare la fine della relazione.
ASPETTI RICORRENTI
● L’uccisione della partner viene quasi sempre presentato come evento legato a ragioni
individuali (psicologistiche) e non come risultato di rapporti asimmetrici.
● Si tende a riportare notizia di eventuali precedenti abusi o maltrattamenti.
● Tacita stigmatizzazione della vittima (rimprovero alla vittima: aveva ritirato la
denuncia) e delle istituzioni (dovevano proteggere la donna).
Per i giornalisti i casi di femminicidio possono costituire un terreno insidioso poiché
coinvolgono strumenti interpretativi che o fanno ricorso all’utilizzo di stereotipi che possono
rivelarsi obsoleti, o richiedono strategie narrative non necessariamente presenti nelle routine
professionali della cronaca.
I “valori notizia” (quanta importanza ha questa informazione perché venga inserita sul
giornale) non sono uguali per tutti (es. intera pagina o solo una parte). Non tutti i femminicidi
sono stati in grado di mobilitare allo stesso modo l’interesse della stampa e non tutte le
vittime e i perpetratori sono rappresentati in maniera univoca. Ad esempio, nonostante i
femminicidi perpetuati da cittadini di origine straniera siano numericamente meno rilevante
rispetto a quelli compiuti da cittadini italiani, i primi tendono a catturare maggiormente
l’interesse della cronaca. In questo modo si suggerisce implicitamente che in Italia i crimini
d’odio nei confronti delle donne siano crimini commessi per lo più da uomini stranieri, mentre
nei casi in cui ciò non accade, si ricercano metafore passionali comprensive.
Con questa analisi non si intende dire che i giornalisti inventano le notizie ma solo che non il
loro lavoro “fanno” le notizie stabilendo una relazione fra un certo accadimento e un sistema
simbolico dato. Da questo presupposto non si può neppure demarcare differenze fra un
giornalismo buono e uno cattivo: si limita a rendere espliciti gli effetti che le strategie
simboliche utilizzare delle storie possono produrre nella distribuzione della conoscenza
sociale. In altre parole, si possono considerare i giornalisti attori di un’arena sociale che
contribuisce a dettare i temi del dibattito pubblico