Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
• Fisica sperimentale
Meccanica. Termodinamica. Elettromagnetismo
II edizione
ISBN 978-88-916-2086-6
Queen
Prefazione
Questo testo è una raccolta delle lezioni svolte in aula dal sottoscritto in questi
anni durante i corsi di Fisica Sperimentale a Ingegneria presso il Politecnico di
Milano. Il testo è organizzato con una sequenza che bene o male segue quella
tenuta in aula.
Consigli: nel testo sono contenuti degli esercizi d’esempio per le diverse
tematiche, evidenziati con un segno a lato come il seguente
Esercizio d’esempio
Ogni termine o definizione importante compare in grassetto nel testo, e viene poi
riportato per comodità nell’indice degli argomenti a fondo libro; è presente
anche un indice degli autori richiamati nel testo, un indice delle costanti e un
indice delle unità di misura.
Errori: ne è piena la Terra, figurarsi qui dentro!! Che dire, vi sarei grato, e con
me gli studenti futuri, se voleste segnalarmeli, così che questo strumento possa
essere continuamente migliorato nelle successive edizioni
(maurizio.zani@polimi.it)
Ora basta essere così seri (chi ha seguito le mie lezioni sa a cosa mi
riferisco): prendete carta, penna e calamaio e... buon lavoro!
Maurizio Zani
Marzo, 2017
Sommario
Metrologia
Metodo sperimentale
Scienza
Fisica
Grandezze fisiche
Unità di misura
Grandezze fondamentali e derivate
Grandezze adimensionali
Sistemi di unità di misura
Conversioni di unità
Operazioni tra grandezze con unità
Analisi dimensionale
Notazione
Notazione scientifica
Notazione ingegneristica
Errori e cifre significative
Errore sistematico
Errore statistico
Propagazione degli errori
Cifre significative
Arrotondamenti
Esempi di forze
Forza d’inerzia
Peso
Appoggio
Forza d’attrito
Attrito radente
Attrito volvente
Attrito viscoso
Tensione
Filo ideale
Filo reale
Carrucola
Forza elastica
Moto armonico libero
Moto armonico smorzato
Moto armonico forzato
Meccanica relativa
Cinematica relativa
Posizione
Velocità
Accelerazione
Dinamica relativa
Forze apparenti
Sistemi inerziali
Sistemi non inerziali
Statica relativa
Meccanica relativistica
Metrologia relativistica
Misure indipendenti
Simultaneità
Lunghezza trasversale
Intervallo di tempo
Lunghezza longitudinale
Cinematica relativistica
Cinematica inerziale relativa
Cinematica inerziale relativistica
Principi di relatività
Principi semplici
Principi speciali
Principi generali
Relazioni integrali
Impulso
Impulso
Impulso angolare
Lavoro e potenza
Lavoro
Potenza
Energia
Energia cinetica
Energia potenziale
Statica del punto
Energia meccanica
Principi di conservazione
Gravitazione
Cinematica gravitazionale
Prima legge di Kepler
Seconda legge di Kepler
Terza legge di Kepler
Dinamica gravitazionale
Forza gravitazionale
Massa gravitazionale
Campo gravitazionale
Energia potenziale gravitazionale
Orbite planetarie
Energia potenziale efficace
Energia totale
Bibliografia
Indice
Indice degli autori
Indice delle costanti
Indice delle unità di misura
Indice degli argomenti
Metrologia
Metodo sperimentale
Poiché non ci si vuole più basare sulle sensazioni personali, oggetto di studio
della fisica saranno delle grandezze: da qui il nome di grandezze fisiche, delle
quali dovremo dare una definizione operativa, ossia le regole di come le si
misura, così da sostituire alla sensazione un numero inequivocabile.
Scienza
Al modello deve poi seguire una verifica, e a tal scopo si eseguono degli
esperimenti: se il risultato è concorde col modello proposto (inferenza deduttiva)
abbiamo costruito una teoria, esprimibile attraverso un certo numero di principi
(relazioni fra le grandezze fisiche, sono le basi della teoria) e di leggi (ricavabili
a partire dai principi o da altre leggi). La teoria così costruita va poi verificata,
con la possibilità che essa possa predire il risultato di ulteriori esperimenti;
inoltre deve essere generale (abbracciare più ambiti possibile) e accurata (predire
il risultato con una certa precisione), e può essere superata da una successiva
teoria quando quest’ultima migliora uno di questi due aspetti.
Questa metodica permette alla fisica di passare dallo status di filosofia naturale a
quello di scienza, un complesso di conoscenze acquisite in modo sistematico: si
è soliti distinguere gli ambiti scientifici in
• scienze naturali (o applicate), delle quali la fisica è la scienza principale,
che studiano la natura, i fenomeni materiali, ossia tutto ciò che si può
misurare;
• scienze sociali (o umane) che trattano l’essere umano in relazione alle
interazioni sociali, come la storia o la psicologia.
Visto che l’oggetto di studio sono delle grandezze, la presenza dei numeri risulta
fondamentale nella scienza, proprio per quantificare le misure effettuate: la
matematica, come affermato da Galilei2,è il linguaggio con il quale è scritto il
libro della natura, ed è importante conoscere tale “lingua” sotto le varie forme
della trigonometria, del calcolo vettoriale, dell’analisi di funzione. Detto in altre
parole, la fisica di Newton3 è descritta dalla matematica di Leibniz4.
Le teorie che si riescono a costruire sono comunque teorie provvisorie (come
ricorda Popper5 parlando della falsificabilità della scienza: un solo esperimento
può falsificare un’intera teoria), non potendosi dimostrare rigorosamente la loro
verità. Come diceva Einstein6: “Per quanto le proposizioni della matematica
[utilizzate in fisica, N.d.A.] facciano riferimento alla realtà, esse non sono certe”.
Le verifiche delle teorie non finiscono mai, ed è questo che affascina ancor più il
gioco.
Fisica
La fisica ha come fine ultimo lo studio dei costituenti della materia, e come
questi interagiscono tra loro. A seconda dell’ambito di interesse al quale si
possono ricondurre le grandezze fisiche studiate, nascono nel tempo varie
discipline fisiche, che possiamo suddividere in due grandi filoni: la fisica
classica e la fisica moderna.
Fu solamente nel secolo scorso, da cui il nome di fisica moderna, che alcune
osservazioni sperimentali (proprio loro, il ragionamento talvolta portava da
tutt’altra parte...) mostrarono come alcune discipline andassero perfezionate e
meglio investigate: l’ottica venne fatta rientrare nell’ambito
dell’elettromagnetismo (la classificazione che qui si riporta è quella del
fenomeno fisico, e non delle discipline che tutt’ora sussistono), in quanto si
scoprì come la luce altro non era che radiazione elettromagnetica di una
particolare lunghezza d’onda.
Ciò che però fece cambiar passo alla scienza furono un paio di evidenze che
mostrarono come la natura non si comportasse esattamente come la fisica
classica prevedeva:
• se i corpi in studio avevano velocità decisamente elevate (oggi diciamo
prossime alla velocità della luce, c = 299 792 458 m/s) la meccanica
falliva nel tentativo di spiegare tale moto, e si dovette a quel punto
ricorrere a una teoria più raffinata, la fisica relativistica di Einstein7. La
fisica relativistica è il classico esempio di come la scienza sia fallibile: la
meccanica classica, al tempo ritenuta in grado di spiegare tutti i fenomeni
naturali, fallisce nel tentativo di spiegare il comportamento propagativo
della luce;
• allo stesso modo, quando si tentava di osservare fenomeni che
avvenivano su scale dimensionali molto piccole (in tale ambito una
costante caratteristica è la cosiddetta costante di Planck8, h = 6.6256·10-
34 Js) fu necessario ricorrere a una raffinatezza maggiore con la fisica
A tali discipline va poi aggiunta la fisica atomica, che penetra nell’intimo della
materia per analizzare cosa vi accade: il progresso scientifico consentì di
investigare meglio la materia, arrivando a identificarne i costituenti
fondamentali: la materia intorno a noi è fatta di atomi (quelle parti che un tempo
si credevano indivisibili9), ognuno dei quali è costituito da un nucleo, fatto di
protoni e neutroni, e da una nube di elettroni che vi “gravitano” intorno (in un
modo ben più complicato di quanto l’assonanza col termine planetario possa far
supporre).
Spero di avervi affascinato mostrando che il menù per capire il mondo è ampio e
ghiotto (e non concluso), quindi eviteremo di abbuffarci subito e cominceremo
dall’inizio: il nostro antipasto (terminato l’ambito metrologico) sarà lo studio
della meccanica.
Grandezze fisiche
Unità di misura
Negli anni i campioni di riferimento delle diverse grandezze sono cambiati, per
tener conto della possibilità che il campione si deteriorasse e variasse questa sua
proprietà; riportiamo come esempio la storia del metro:
• nel 1799 il metro era definito come 1/10 000 000 del quadrante della
Terra (sicuramente non proprio comodo...);
• nel 1889 si scelse di costruire una sbarra di una lega di platino-iridio (Pt-
Ir), dalle robuste caratteristiche meccaniche e poco incline a deformarsi.
Ne vennero fatte 29 copie da distribuirsi ai vari paesi, di cui la n° 1,
consegnata all’Italia, è tuttora custodita a Roma presso l’Ufficio Metrico
Centrale;
• nel 1892 si perfeziona il riferimento scegliendolo come un multiplo della
lunghezza d’onda rossa del cadmio (Cd), misurabile grazie
all’interferometro di Michelson11-Morley12;
• nel 1960 si passa a un multiplo della lunghezza d’onda in vuoto della luce
rosso-arancione relativa a una transizione tra due livelli energetici del
kripton (86Kr);
• nel 1983 si fissa la velocità della luce in c = 299 792 458 m/s, e si pone il
riferimento del metro come lo spazio percorso dalla luce in 1/299 792
458 1/s. In questo modo il campione non è più migliorabile, a meno di
migliorie nella misura degli intervalli di tempo.
Data una generica grandezza (ad esempio la lunghezza L), ci riferiremo alla sua
unità di misura (nel caso dell’esempio il “metro”, simbolo m) scrivendo il
simbolo della grandezza tra parentesi quadre seguita dal simbolo dell’unità di
misura
[L] = m
Nel 1960 l’XI Conferenza Generale di Pesi e Misure, riunitasi per trovare un
accordo sulle unità di misura da utilizzarsi e definire quali fossero le diverse
grandezze fondamentali, ha ritenuto (anche con le riunioni negli anni a seguire,
fino ai nostri giorni) di istituire un sistema internazionale (SI) di unità di misura,
basato sulle grandezze di seguito elencate:
Non meno importanti sono però le grandezze derivate, quelle per cui l’unità di
misura si ottiene a partire dalle unità di misura di grandezze fondamentali. Un
esempio è l’area di una figura piana, definita dal prodotto di due lunghezze, e
quindi avente come unità di misura il metro al quadrato (m2), oppure la velocità,
data dal rapporto tra spostamento (che si misura in metri) e intervallo di tempo
(che si misura in secondi), così da ottenere come unità di misura corrispondente
il metro al secondo (m/s).
Grandezze adimensionali
Vengono definite grandezze adimensionali quelle grandezze che non hanno una
unità di misura, ma anche quelle grandezze la cui definizione prevede il rapporto
fra grandezze omogenee (ossia aventi la stessa unità di misura). Un esempio è
dato dalle due seguenti definizioni:
Ciò non impedisce che i restanti sistemi siano inclusi nell’uso quotidiano, ma
quando si tratta di comunicare in ambito scientifico si preferisce adottare un
linguaggio comune. Tanto per citarne qualcuno, relativamente alle prime 3
grandezze fondamentali (quelle utilizzate in meccanica) abbiamo:
Sistema CGS:
Sistema FPS:
Altri sistemi:
3 m + 5 m = 8 m
6 m / 4 s = 1.5 m/s
• gli argomenti delle funzioni trigonometriche/esponenziali/logaritmiche
devono essere adimensionali, senza unità di misura
Analisi dimensionale
Notazione
Notazione scientifica
Per poter esprimere in modo compatto sia numeri molto piccoli sia numeri molto
grandi si è soliti scrivere tali valori in una forma esponenziale detta notazione
scientifica, del tipo
a·10b
Notazione ingegneristica
Di seguito si riporta una tabella con i prefissi utilizzati a seconda del valore
dell’esponente e relativo nome:
Non è consentito usare più prefissi in cascata, per evitare confusione.
Errore sistematico
Errore statistico
L’errore statistico o casuale è dovuto all’inevitabile imperfezione dello
strumento, dello sperimentatore e a fattori esterni poco controllabili e
prevedibili, per cui si presenta ogni volta differente, con segni e valori variabili.
Si ottiene quindi una migliore stima della misura ripetendo più volte la stessa
misura e facendone una media, proprio perché l’errore si presenta con valori
statisticamente differenti.
E’ utile introdurre il concetto di errore relativo εr, definito come il rapporto tra
l’errore assoluto e il valore medio della misura
L’errore medio non è quindi un buon indice (essendo nullo!) per stimare lo
scostamento delle misure dal loro valore medio; definito il valore quadratico
medio di una serie di misure, e a seguire la varianza (che è pari al valore
quadratico medio dell’errore)
l’indice utilizzato per valutare l’errore in una serie di misure (e non più in una
singola misura) è la deviazione standard o scarto quadratico medio18, definita
come la radice quadrata della varianza
Per tener conto dello scostamento medio relativamente al valore medio delle
misure, si introduce la deviazione standard relativa o coefficiente di variazione,
definita come il rapporto tra la deviazione standard e il valore medio delle
misure
Ora che sappiamo come stimare l’errore in una serie di misure, ci chiediamo
come fare a valutare l’errore nel caso in cui tra le misure vengano eseguite delle
operazioni matematiche; ecco alcune semplici regole relative alla propagazione
degli errori nel caso le due serie di misure siano indipendenti o non correlate:
• se l’operazione da eseguirsi tra le misure è una somma o una differenza,
la varianza del risultato dell’operazione sarà dato dalla somma delle
varianze delle singole misure;
• se l’operazione da eseguirsi tra le misure è un prodotto o un rapporto, la
deviazione standard relativa del risultato dell’operazione sarà dato dalla
somma delle deviazioni standard relative delle singole misure.
Abbiamo visto come la misura di una grandezza venga o effettuata con uno
strumento o calcolata a partire da altre misure effettuate; poiché lo strumento
avrà una certa sensibilità, definita come lo scostamento minimo che lo strumento
è in grado di apprezzare, questo impone di esprimere la grandezza con un
numero limitato di cifre, dette cifre significative.
Di un numero,
• la cifra meno significativa è la prima da destra diversa da zero (se il
numero ha una parte decimale, anche lo zero va bene), e rappresenta
l’incertezza nel valore della grandezza;
• la cifra più significativa è la prima da sinistra diversa da zero;
• le cifre significative sono tutte quelle comprese tra i due estremi (inclusi)
sopra definiti.
Alcuni esempi:
• se vogliamo sommare tra loro 3.147 e 53.6, osservando che il primo
numero ha 3 decimali e il secondo una, il numero inferiore di decimali è
uno e quindi dovremo mantenere una cifra significativa nel risultato
dell’operazione, per cui il risultato sarà 56.7;
• se vogliamo moltiplicare tra loro 2.48 è 0.93, osservando che il primo
numero ha 3 cifre significative e il secondo 2, il numero inferiore di
cifre significative è 2 e quindi dovremo mantenere due cifre
significative nel risultato dell’operazione, per cui il risultato sarà 2.3;
Arrotondamenti
1
Galileo Galilei (Pisa, Italia 1564 - Firenze, Italia 1642)
2
Il saggiatore (1623)
3
Isaac Newton (Woolsthorpe, Inghilterra 1643 - Londra, Inghilterra 1727), Philosophiae naturalis
principia mathematica (1687)
4
Gottfried Wilhelm von Leibniz (Lipsia, Germania 1646 - Hannover, Germania 1716)
5
Karl Popper (Vienna, Austria 1902 - Londra, Inghilterra 1994)
6
Albert Einstein (Ulm, Germania 1879 - Princeton, Stati Uniti 1955)
7
Annalen der Physik 17, 891 (1905); 49, 769 (1916)
8
Karl Ernst Ludwig Marx Planck (Kiel, Germania 1858 - Gottinga, Germania 1947)
9
dal greco ατομος, indivisibile
10
il valore potrà essere a una (scalare) o più (vettoriale o tensoriale)dimensioni
11
Albert Abraham Michelson (Strzelno, Polonia 1852 - Pasadena, Stati Uniti 1931), American Journal of
Science 3, 22, 120 (1881)
12
Edward Williams Morley (Newark, Stati Uniti 1838 - West Hartford, Stati Uniti 1923)
13
in francese Bureau International des Poids et Measures, http://www.bipm.org
14
Giovanni Giorgi (Lucca, Italia 1871 - Livorno, Italia 1950), Unità razionali di elettromagnetismo (1901)
Atti AEI
15
la iarda è la distanza tra la punta del naso e la punta delle dita del braccio teso
16
in questo caso la “g” si riferisce all’accelerazione di gravità, e non all’unità di misura grammo
17
è il peso di un campione di massa pari a un kilogrammo misurato a livello del mare e 45° di latitudine
18
in inglese RMS, root mean square
Cinematica del punto
Una delle prime discipline studiate è stata sicuramente, essendo tra le percezioni
che l’uomo ha della natura, il movimento: come descriverlo (cinematica),
capirne le cause (dinamica) ed eventualmente impedirlo (statica). La disciplina
scientifica che tratta del moto in tutti i suoi aspetti prende il nome di meccanica,
che viene suddivisa per comodità nelle tre branche sopra riportate in parentesi.
Cinematica scalare
Sistema di riferimento
Posizione
[s] = m
1) Ora che sappiamo misurare la posizione di un punto, possiamo ripetere questa
misura in diversi istanti temporali t, e segnarci in una tabella le diverse posizioni
s assunte dal punto P; se il corpo manterrà una posizione costante nel tempo
parleremo di quiete, se la posizione varierà nel tempo avremo un moto.
Nell’esempio in figura,s0 sarà la posizione iniziale assunta dal punto materiale
all’istante iniziale t0 (posto per convenienza pari a 0), mentre s4 sarà una
posizione negativa.
3) Un terzo modo di rappresentare i dati, se questi sono presi con una certa
continuità, è tramite una funzione analitica: riprendendo il grafico e pensando di
riuscire a misurare la posizione in istanti temporali che variano in modo
continuo, scriveremo che la posizione del punto P varia secondo la legge
s = s(t)
Traiettoria e legge oraria sono concetti disgiunti, possiamo avere la stessa legge
oraria per diverse traiettorie, così come la stessa traiettoria percorsa con
differenti leggi orarie: un moto è univocamente definito quando se ne conosca la
traiettoria e la legge oraria.
Δs = s2 - s1 [Δs] = m
L’unità di misura dello spostamento risulta essere, come quella dei 2 membri, il
metro. Osserviamo che ciò che è “finale” è ciò che è “iniziale” nella relazione
scritta sopra è relativo, a discrezione dell’utente: infatti non è necessario che in
questa differenza ci si riferisca agli istanti di tempo in cui le posizioni sono
assunte, anche se spesso e volentieri questo è il caso, così che un’ovvia
estensione di scrittura possa essere
Δs = s(t2) - s(t1) = s2 - s1
Ciò detto, può succedere di avere uno spostamento negativo, a significare che la
posizione finale è inferiore a quella iniziale (ossia il punto avanza in verso
contrario rispetto a quello arbitrario positivo scelto inizialmente).
Nel caso in cui la traiettoria seguita sia circolare (di centro C e raggio R), è
possibile servirsi di una coordinata angolare anziché lineare4: in questo caso la
posizione angolare del punto Pè definita come la misura dell’angolo θ che, a
partire dall’origine O, arrivi al punto P, con la medesima convenzione della
posizione lineare per quel che riguarda il segno. L’unità di misura della
posizione angolare è quella di un angolo, e quindi espressa in radianti.
Dato il raggio della traiettoria, potremo conoscere la legge oraria del punto
dandone indifferentemente la legge lineare o angolare, osservando che la misura
di un angolo è definita a meno di 2π rad (angolo giro).
Δθ = θ2 - θ1 [Δθ] = rad
Velocità
Possiamo anche visualizzare la velocità nel grafico della posizione nel tempo: la
velocità media risulta la pendenza (in opportune unità di misura di cui tener
conto per mezzo della costante5 k) del segmento che unisce i punti che
rappresentano le 2 posizioni in esame
Come talvolta si usa, una derivata svolta rispetto alla variabile temporale si
scrive anche ponendo un punto sopra la funzione da derivare
Quiete: in tale caso, per definizione, la posizione del corpo è costante
Dai dati delle velocità medie contenuti nel grafico, possiamo ricavare lo
spostamento complessivo subito dal corpo
dove
Se la nostra conoscenza della velocità assunta dal corpo è più precisa (se ne
conosce il valore istante per istante) e ne abbiamo una funzione analitica,
possiamo riferirci a degli spostamenti infinitesimi. Il generico spostamento
infinitesimo sarà legato alla velocità istantanea dalla relazione
così che lo spostamento complessivo sarà dato dalla somma dei singoli
spostamenti infinitesimi: è l’integrale temporale della velocità
riportata nel grafico a lato. Ancora una volta, la conoscenza della velocità non è
sufficiente per ricavare la posizione, è necessario conoscere un’ulteriore
condizione: la posizione iniziale.
Il legame tra velocità lineare e angolare è ancora una volta legato al raggio R
della traiettoria circolare; ricordando il legame tra posizione lineare e angolare,
ricaviamo
Se abbiamo un moto periodico, ossia un moto che si ripete identico dopo ogni
giro (con stessa legge oraria), possiamo definire il periodo T come il tempo
necessario per compiere un intero giro: essendo un intervallo di tempo, l’unità di
misura del periodo è il secondo
[T] = s
L’unità di misura della frequenza è l’inverso del secondo, definita nel sistema
internazionale come hertz (simbolo Hz).
Facendo un discorso duale a quello già svolto per il moto uniforme, anche per
il moto circolare uniforme la posizione angolare cresce linearmente nel tempo,
e la legge oraria risulta
Possiamo migliorare le informazioni sul moto del nostro corpo valutando come
varia la sua velocità nel tempo; si definisce quindi una nuova grandezza, la
accelerazione lineare media, come il rapporto fra la variazione di velocità e il
tempo necessario per effettuare tale variazione
I due punti sopra la funzione posizione indicano una derivata di ordine due (una
derivata seconda) rispetto al tempo.
Dal grafico della legge oraria è anche facile verificare che la pendenza della
funzione nell’istante iniziale corrisponde alla velocità iniziale
Dai dati delle accelerazioni medie contenuti nel grafico, possiamo ricavare la
variazione di velocità complessiva subita dal corpo
così che la variazione complessiva di velocità sarà ancora una volta la somma
delle singole variazioni infinitesime: è l’integrale temporale dell’accelerazione
Ovviamente si devono specificare gli estremi (iniziale e finale) di integrazione,
che indicano dove iniziare e terminare la somma dei vari termini infinitesimi:
• se l’estremo finale è definito, il risultato dell’integrale sarà la variazione
complessiva di velocità;
• se lo lasceremo indefinito, potremo ricavare l’andamento della variazione
complessiva di velocità in funzione dell’istante finale scelto (e quindi la
funzione velocità).
Il legame tra accelerazione lineare e angolare è ancora una volta legato al raggio
R della traiettoria circolare; ricordando il legame tra velocità lineare e angolare,
ricaviamo
Con un discorso simile a quello già presentato per il moto circolare uniforme,
la velocità angolare risulta
Il moto di un corpo in caduta libera che non si discosta dalla verticale è detto
moto del grave: in tale situazione, se la quota non è troppo elevata, durante il
moto il corpo è soggetto a un’accelerazione costante detta accelerazione di
gravità (g = 9.80665 m/s2), che risulta essere costante e diretta verso il basso9.
Scegliendo di prendere un sistema di riferimento verticale orientato verso l’alto,
otteniamo quindi per le grandezze cinematiche le espressioni
Un proiettile viene sparato verso l’alto da una quota pari a y0 = 100 m con una
velocità v0 = 98 m/s. Trovare:
• la massima altezza raggiunta dal proiettile;
• il tempo impiegato per raggiungere tale quota;
• il tempo totale per arrivare a terra.
Moto armonico
Nel moto armonico la legge oraria è espressa da una funzione armonica, ossia
una funzione trigonometrica10 del tipo
Quali sono i parametri coinvolti:
• poiché la funzione sinusoidale è limitata ad assumere valori tra -1 e +1, la
posizione si estenderà tra -A e +A: la grandezza A è detta ampiezza del
moto;
• l’ultimo termine che compare nella legge oraria è φ, la fase iniziale, ossia
l’argomento della funzione sinusoidale nell’istante iniziale.
Possiamo ricavare i parametri del moto (ampiezza e fase iniziale) una volta note
le condizioni iniziali di posizione s0 e velocità v0; dall’equazione sopra
ricaviamo infatti
Cinematica vettoriale
Posizione
Tali coordinate, necessarie alla descrizione della posizione del corpo, prendono
anche il nome di componenti; in tale contesto la posizione non è più uno scalare,
ma risulta una grandezza vettoriale (ossia una grandezza a più componenti).
Ora che sappiamo come descrivere la posizione del punto, ripetendo tale
descrizione in diversi istanti di tempo saremo in grado di descriverne il moto: la
posizione diventa una funzione del tempo, e tali sono anche le sue componenti
Calcoliamo la traiettoria nel caso in cui le leggi orarie delle due componenti del
moto siano
così da ottenere la traiettoria, che nel nostro caso risulta una parabola a
concavità negativa
La legge oraria invece ci indicherà come tale punto si stia muovendo sulla
traiettoria (aspetto cinematico); poiché la posizione è individuata da due
parametri, serviranno due grafici (tre se ci muoviamo nello spazio) per mostrare
la legge oraria assunta, che descrivano come cambiano tali parametri nel tempo.
Ognuno dei due grafici ricorda quindi la descrizione della legge oraria data con
la cinematica intrinseca.
L’unità di misura dello spostamento risulta essere, come quella delle due
posizioni, il metro. Possiamo visualizzare lo spostamento anche nel piano
cartesiano.
Velocità
Come si evince dalla definizione, la velocità media avrà la stessa direzione del
vettore spostamento (ovviamente nel grafico i due vettori spostamento e velocità
media non sono confrontabili come dimensione, in quanto non omogenei avendo
unità di misura differenti).
Anche la velocità istantanea è un vettore, che in questo caso risulta tangente alla
traiettoria; infatti, sapendo che il rapporto tra il modulo dello spostamento
vettoriale e lo spostamento scalare tende all’unità nel caso in cui tenda a zero la
distanza tra i punti finale e iniziale
e idem per gli altri spostamenti. Partendo dalla posizione iniziale r1 possiamo
ricavare le altre posizioni assunte dal corpo dopo i diversi intervalli temporali
Discorso analogo nel caso in cui si conosca la velocità istante per istante; in tal
caso lo spostamento infinitesimo legato a un particolare istante sarà dato da
e orientato in modo tale che la sua direzione sia normale al piano della
circonferenza e con verso che segue la regola della mano destra (se il pollice
indica la velocità angolare, le rimanenti quattro dita indicano il verso di
percorrenza del moto circolare). In termini vettoriali possiamo scrivere
Come si nota, tale definizione è congruente con quella già data in cinematica
scalare (anche se l’origine O del sistema di riferimento non coincide con il
centro della circonferenza di raggio R relativa al moto circolare, purché però
appartenga all’asse della circonferenza); calcolando infatti la velocità del punto
P, troviamo che
Ricordando come la velocità sia la derivata della posizione nel tempo, e che nel
nostro caso il moto sia circolare (quindi la distanza del punto dall’origine non
cambia nel tempo), possiamo riscrivere l’espressione come enunciata nella
relazione di Poisson
Accelerazione
Passando alla terza grandezza cinematica, in analogia con quanto visto per la
velocità possiamo definire una accelerazione media come il rapporto tra la
variazione di velocità e il tempo necessario per effettuare tale variazione
Discorso analogo nel caso in cui si conosca l’accelerazione istante per istante; in
tal caso la variazione infinitesima di velocità legata a una particolare istante sarà
data da
Studiamo ora alcuni casi particolari, per arrivare poi a una formulazione generale
delle componenti dell’accelerazione.
E’ immediato osservare, per mezzo del prodotto scalare, che i due vettori sono
ortogonali
Valutiamo ora il caso più generale, in cui la traiettoria possa essere varia e
percorsa con un moto anche non uniforme. In questo caso, partendo dalla
definizione già enunciata cerchiamo di determinare i due termini a secondo
membro
• il primo termine è la derivata della velocità nel caso in cui il versore non
cambi nel tempo, e perciò riconducibile al moto rettilineo mostrato in
precedenza
• il secondo termine è la derivata della velocità nel caso in cui sia il suo
modulo a non variare, ma lo possa fare la sua direzione e quindi il suo
versore. Abbiamo ricavato nell’esempio precedente di moto vario
uniforme quanto valga in questo caso l’accelerazione, e come essa sia
diretta in direzione ortogonale alla traiettoria
Perciò nel caso più generale l’accelerazione scritta in termini intrinseci sarà data
da
Il moto del proiettile è il moto relativo ad oggetto avente una certa velocità (non
necessariamente verticale come nel caso del moto del grave) e lasciato libero di
muoversi in prossimità della superficie terrestre.
Sappiamo che il moto complessivo sarà una composizione di moti lungo gli assi,
per cui scomporremo il moto nelle due direzioni ognuna delle quali con la
propria caratteristica
Ora si tratta semplicemente di combinare i due moti, il cui risultato porta (come
l’esempio sotto mostra) ad ottenere un complessivo moto parabolico con
concavità negativa.
otteniamo l’equazione della traiettoria del masso, una parabola con concavità
negativa.
Calcoliamo ora la gittata, ovvero lo spazio percorso dal masso in orizzontale
alla stessa quota di partenza (quindi non l’arrivo al castello), cioè per y = 0
da cui vediamo come il tempo di salita sia la metà dell’intero tempo di volo, il
che ci fa dedurre che tempo di salita e di discesa coincidono (come l’esperienza
poi ci insegna...)
Moto piano
Il moto di un punto P nel piano può essere descritto anche con coordinate
differenti, ad esempio quelle polari, soprattutto nei casi di moti circolari o curvi.
In tal caso il moto piano sarà funzione dei termini radiale e tangenziale, ossia
della lunghezza r (detta modulo) della posizione del punto e l’angolo θ che essa
forma con l’asse delle ascisse individuandone la direzione orientata.
Nel caso in cui il moto piano sia circolare, le coordinate polari si possono
facilmente ricondurre a quelle intrinseche relative alla traiettoria, e si ha
Abbiamo quindi visto come lo stesso vettore possa essere descritto diversamente
a seconda del sistema di coordinate di scelto; relativamente ad un medesimo
vettore accelerazione, vengono mostrate nelle figure sotto tre rappresentazioni
differenti: cartesiana, intrinseca e polare, ma altre ne potremmo introdurre...
1
quello che chiamiamo futuro
2
non è così in meccanica relativistica, in cui spazio e tempo sono due concetti tra loro collegati
3
in cinematica scalare la traiettoria è un sottoinsieme della linea scelta come sistema di riferimento
4
le grandezze lineari sono comode per studiare i moto traslatori, mentre quelle circolari lo sono per i moti
rotatori
5
la costante k, avente come unità di misura m/s, rappresenta la scala del grafico cartesiano
6
fate attenzione a non confondere l’accelerazione con la velocità: accelerazione negativa non vuol dire che
il corpo procede nel verso negativo del sistema di riferimento!
7
la costante k, avente in questo caso come unità di misura m/s2, rappresenta la scala del grafico cartesiano
8
ne vedremo un esempio quando studieremo il moto armonico
9
il motivo di tale accelerazione sarà chiaro quando tratteremo della dinamica e della gravitazione in
particolare
10
poco importa che come funzione trigonometrica si usi sin o cos, le due funzioni hanno la medesima
forma e sono solo ritardate di π/2 rad
11
la soluzione di un’equazione differenziale non è un numero, come per una semplice equazione, ma una
funzione: nel nostro caso tale funzione è proprio la legge oraria s(t)
12
in effetti l’equazione differenziale è del II ordine, per cui per risolverla sono necessarie due condizioni
iniziali
13
per semplicità di rappresentazione grafica, la descrizione che segue si rifà al moto in un piano;
l’estensione al caso tridimensionale è ovvia
14
ne vedremo uno sviluppo parlando del moto piano
15
stiamo rappresentando la stessa situazione in modi alternativi
16
più propriamente la posizione è un vettore applicato, nel nostro caso nell’origine
17
è l’ascissa curvilinea
18
se possiamo scrivere r(t)come r[s(t)], allora la sua derivata risulta r’(t) = r’[s(t)]·s’(t)
19
nell’operazione di derivazione del prodotto abbiamo considerato che i versori degli assi siano costanti nel
tempo, così da poterli “estrarre” dall’operazione di derivazione
20
un vettore è invariante rispetto al sistema di riferimento: cambiano le componenti, ma il vettore resta il
medesimo
21
nell’ultimo passaggio consideriamo che i versori degli assi siano costanti nel tempo
22
nome dato da Leibniz, circulum osculans, che significa “circonferenza che bacia” (la traiettoria)
23
proprio come nel caso particolare di moto circolare uniforme mostrato nell’esempio precedente
Dinamica del punto
Sinora abbiamo studiato come descrivere il moto; ora vorremmo conoscere quale
ne sia la causa, così da sapere come crearlo o, più in generale, come modificarlo.
Il problema generale della dinamica consiste nel determinare il moto del punto
materiale una volta noto il suo stato meccanico iniziale (posizione e velocità) e
quali siano le forze in gioco. I principi che descriveremo sono stati
analiticamente formulati da Newton, e perciò la meccanica del punto è nota
anche come meccanica classica o newtoniana.
Fu questa la scoperta che, nel XVI secolo, fece Galileo2: prese due piani inclinati
consecutivi, e dalla sommità del primo fece scendere una palla, osservando come
la palla non risalisse completamente lungo il secondo. Galileo levigò sia la palla
sia il piano inclinato e riprovò l’esperimento, giungendo alla conclusione che la
perdita di quota in risalita fosse dovuta all’attrito tra i due, e che se fosse stato
possibile eliminarlo completamente la palla sarebbe risalita alla stessa quota di
partenza.
Abbiamo imparato studiando la cinematica che ogni moto va descritto solo dopo
aver scelto il sistema di riferimento (se pensiamo a quale sistema scegliere per
descrivere il moto di un corpo, la prima risposta che ci viene in mente è il
laboratorio nel quale effettuiamo la misura, che possiamo ritenere saldamente
fissato al suolo terrestre), e tale scelta pone una domanda: il primo principio
risulta valido in ogni sistema di riferimento che scegliamo?
Tutti noi abbiamo esperienza di un treno nel momento della partenza o che
rallenta il suo moto; in entrambi i casi il passeggero, magari fermo in piedi a
causa dell’affollamento della carrozza (...), si sente come tirato (indietro nel
primo caso, avanti nel secondo) anche se nessuna mano è presente. La presenza
di un’accelerazione (che modifica lo stato di quiete nel quale si trovava il
passeggero) in mancanza di una forza reale (l’assenza di interazione) non è
coerente col primo principio della dinamica, e quindi in questo caso il sistema
di riferimento (ossia il treno) non risulta essere (alla partenza o quando
rallenta) un sistema di riferimento inerziale.
Alcune osservazioni:
• esiste nella realtà almeno un sistema di riferimento inerziale? Si
presuppone di sì, anche se non si è in grado di dimostrarlo;
• esistono più sistemi di riferimento inerziali? Sì, lo sono tutti quelli che,
rispetto a un sistema di riferimento inerziale (e ora abbiamo ipotizzato
che ve ne sia almeno uno), sono spostati o traslano di moto rettilineo
uniforme, e sono tutti fra loro equivalenti: questo principio, detto
principio di relatività galileiana, afferma come non esista un sistema di
riferimento inerziale privilegiato del quale si possa rilevare il moto
assoluto.
Forza
Per parlare delle cause del moto abbiamo bisogno di introdurre una nuova
grandezza fisica, la forza, della quale abbiamo già un concetto intuitivo: basti
pensare alla fatica che dobbiamo compiere per spostare un oggetto o cambiarne
il moto, o allo sforzo necessario per deformarlo, e così via. Le precedenti sono
esempi di forze a contatto, ma esistono anche forze non a contatto, come la forza
attrattiva che una calamita esercita su un pezzetto di ferro, o la forza peso che
sperimentiamo tutti i giorni e che è responsabile della caduta libera degli oggetti.
La forza risulta una grandezza che dipende dall’orientazione che noi diamo ai
corpi: agganciare un oggetto a una molla che è posta orizzontalmente su un
tavolo non produce alcuna deformazione in essa (d = 0 =>F = 0). Da ciò
deduciamo il carattere vettoriale della forza, della quale dovremo perciò darne
modulo, direzione e verso.
Sappiamo cos’è una forza, e la sappiamo misurare: ora chiediamoci come una
forza modifica lo stato di un moto di un punto materiale. L’esperienza ha
permesso di enunciare il secondo principio della dinamica, il quale come
formulato da Newton4 afferma che
Quella appena citata è una relazione vettoriale, essendo vettori sia la forza
applicata sia l’accelerazione misurata. Espressa in forma analitica si ha
Massa
Quando applichiamo una forza, ci aspettiamo che i vari corpi non reagiscano
nello stesso modo a tale interazione, potendo risultare più o meno propensi a un
cambio di stato di moto a parità della forza applicata.
La costante m che abbiamo prima introdotto è infatti relativa al corpo che stiamo
studiando: dato un certo corpo, la relazione tra forza applicata e accelerazione
subita è costante al variare della forza applicata, ma ciò non vuol dire che se
cambiamo corpo la costante risulti la medesima. Tale costante viene detta massa
(grandezza che Newton chiamava erroneamente quantità di sostanza5) o massa
lineare.
La massa misura l’inerzia del corpo a cambiare stato di moto, da cui anche il
nome di massa inerziale dato alla stessa: a parità di forza risultante applicata,
maggiore è la massa del corpo minore risulta l’accelerazione subita dallo stesso.
Nel sistema CGS, l’unità di misura della forza è la dina (simbolo dina)
L’espressione del secondo principio così come l’abbiamo scritta mostra che la
conoscenza della massa del corpo e delle forze a esso applicato consentono di
ricavare l’accelerazione cui istante per istante sarà soggetto il corpo, e da questa
derivare il suo stato meccanico in ogni istante successivo6 per mezzo delle leggi
della cinematica: questo è il problema fondamentale della meccanica, e il
secondo principio viene perciò anche chiamato legge fondamentale della
dinamica del punto.
La legge fondamentale può anche essere una definizione dinamica della massa:
dato un corpo, possiamo definire la sua massa come il rapporto fra la forza a
esso applicata e l’accelerazione cui è sottoposto. Daremo anche una definizione
statica della massa quando tratteremo della forza peso.
La massa è una grandezza invariante nel tempo e durante il moto. In realtà tale
osservazione è corretta solamente quando la velocità cui è soggetta la massa
risulta ben inferiore alla velocità della luce;questa branca della fisica è trattata
compiutamente in meccanica relativistica. Quando la velocità della massa non
può essere trascurata, la teoria di Einstein ci dice che la massa varia con la
velocità secondo la legge
dove c = 299 792 458 m/s indica la velocità della luce ed m0 la massa a riposo
del corpo, ossia la massa che attiene al corpo quando questo è fermo:
quest’ultimo è il valore utilizzato in meccanica classica.
Si può osservare come la massa tenda asintoticamente all’infinito man mano che
la velocità si avvicina a quella della luce: ciò fa intuire come non si riesca a
superare tale valore di velocità, in quanto aumentando la massa aumenta la forza
necessaria per imporre una certa accelerazione, un certo cambio di velocità, sino
ad arrivare a una condizione limite in cui risulterebbe necessaria una forza
infinita per raggiungere la velocità c.
Tale forza è detta centripeta: la forza centripeta non è il nome di una particolare
forza, ma della componente normale alla traiettoria della forza risultante, ossia
diretta verso il centro della traiettoria.
Se il moto circolare non viene percorso in modo uniforme, avremo anche una
componente tangenziale dell’accelerazione (e quindi una componente
tangenziale della forza) che farà accelerare il sistema lungo la traiettoria.
Se gli atomi che costituiscono il corpo rigido sono disposti in modo disordinato,
il solido si dice solido amorfo; se invece gli atomi si ripetono in configurazioni
ordinate, ripetitive, a costituire un reticolo regolare, abbiamo un solido
cristallino. Naturalmente esistono situazioni intermedie: quando il corpo è
costituito da porzioni granulari, ognuna delle quali è una struttura cristallina, si
ha un policristallo.
e = 1.602176·10-19 C
Quantità di moto
Definiamo ora una nuova grandezza, che meglio della sola massa descrive la
capacità di un corpo di interagire dinamicamente con altri (affronteremo tale
argomento di mutua interazione parlando degli urti). La nuova grandezza è la
quantità di moto
ossia
anche detto teorema della quantità di moto7 (sebbene più che un teorema
sappiamo essere un principio).
Questa formulazione della legge fondamentale si riconduce alla precedente nel
caso in cui la massa sia costante durante il moto; svolgendo l’operazione di
derivazione si ha infatti
Nel caso invece in cui la massa possa variare (pensate ad esempio a un camion
che perda sabbia durante il suo moto, o ad corpo materiale che viaggi a una
velocità prossima a quella della luce per cui la massa possa variare per effetti
relativistici), la semplificazione precedente non è consentita, e derivando la
legge fondamentale otteniamo
Nello spazio non vi sono forze esterne, per cui si conserva la quantità di moto
dell’astronave; consideriamo la massa complessiva (astronave + gas) in un
istante generico costituita da
• una parte m1 che si muove a velocità v1;
• una parte m2 relativa al gas residuo espulso alla velocità v2.
Scriviamo la conservazione della quantità di moto in termini differenziali
La velocità dei gas espulsi è legata, come dice il testo dell’esempio, alla
velocità dell’astronave tramite la velocità relativa di espulsione dei gas, per cui
dalla meccanica relativa (con la legge di composizione delle velocità) possiamo
scrivere
Inoltre la massa si deve conservare prima e dopo l’espulsione dei gas; la massa
m1 (la massa totale) sarà diminuita di una certa quantità dm1, proprio pari alla
massa dm2 dei gas espulsi
per il quale la quantità di moto del corpo rimane costante. E’ questo uno dei
principi chiave di conservazione di una grandezza fisica, al quale si
aggiungeranno altre grandezze nei capitoli a seguire, e che troveranno ancora
maggiore applicazione quando tratteremo dei sistemi di punti materiali.
Reazioni vincolari
Ogni volta che un corpo si trova a contatto con un altro corpo, quest’ultimo
esercita sul primo una certa interazione, detta reazione vincolare. Tale reazione
limita il moto del corpo in analisi, e costituisce perciò un vincolo.
Il valore della reazione vincolare dipende dal tipo di contatto tra i corpi:
• la direzione e il verso dipendono dal vincolo;
• l’intensità della reazione dipende dalle condizioni meccaniche, e va
determinata caso per caso.
Azione e reazione
La coppia di forze (azione e reazione) può essere sia attrattiva sia repulsiva, vale
per corpi a contatto e non, fermi o in movimento. Comunque, come dice
Feynman10, se è presente anche un terzo corpo non allineato con i primi due, il
principio non implica che la risultante sul primo corpo sia uguale e contraria alla
risultante sul secondo, poiché il terzo corpo esercita a sua volta un’interazione.
La conclusione è che le due risultanti saranno differenti, e non uguali e opposte.
Inoltre, sebbene sembra che lo stesso Newton non l’abbia scritto (anche se
probabilmente lo ha tacitamente assunto), azione e reazione hanno la medesima
retta d’applicazione11 (ma con verso opposto).
Questi presupposti non sono però rigorosamente veri, come mostrato dalla teoria
della relatività (meccanica relativistica), ma finché trattiamo di situazioni in cui
le velocità sono ben inferiori a quella della luce (con cui si propaga
l’interazione) possiamo trascurare questa differenza.
Anche la Terra sarà soggetta alla medesima forza, ma l’effetto prodotto sulla
stessa sarà diverso, in quanto diversa è la massa sulla quale agisce; detta m2 la
massa della Terra, si ha
Grandezze angolari
Sappiamo che differenza esista nell’aprire una porta spingendo vicino allo
spigolo esterno o vicino ai cardini: nel secondo caso, rispetto al primo,
l’efficacia è decisamente inferiore. Abbiamo applicato la stessa forza, ma il
momento della forza risulta differente, e differente è quindi l’efficacia nel far
compiere alla porta la rotazione voluta. Vedremo nel prosieguo di quantificare
la relazione tra causa (momento della forza) ed effetto (movimento rotatorio),
così come abbiamo fatto col secondo principio della dinamica nel caso lineare.
Momento d’inerzia
Nel caso particolare in cui il corpo sia in rotazione attorno a un asse, possiamo
introdurre un’altra grandezza, il momento d’inerzia
Momento angolare
Tale relazione costituisce il teorema del momento angolare, duale del teorema
della quantità di moto per i moti lineari.
Abbiamo così espresso le equazioni che regolano il moto del punto materiale
sia in termini lineari sia in termini angolari
Una forza è detta forza centrale se la sua direzione è radiale e il suo modulo
dipende solo dal raggio
Il moto risultante, detto moto centrale, risulta un moto piano; infatti dato un
generico istante, il vettore posizione e il vettore velocità identificano un piano
(nella figura è il piano xy). Poiché la forza e quindi l’accelerazione sono vettori
diretti come il vettore posizione, anche la variazione di velocità apparterrà a
tale piano, e ugualmente la velocità finale.
La statica altro non è che una particolare applicazione della dinamica in cui non
si ha alcun moto: se inizialmente il corpo è fermo, l’equilibrio è assicurato se
esso non trasla (e quindi non è soggetto a una forza risultante non nulla) e non
ruota (e quindi non è soggetto a un momento risultante non nullo).
Nel caso di un punto materiale, la sola condizione necessaria è la prima (nessuna
traslazione), in quanto non si “apprezza” una rotazione del corpo su sé stesso per
definizione di punto materiale; la seconda condizione sarà invece parimenti
necessaria quando tratteremo del corpo rigido.
Equilibrio
Una posizione si dirà di equilibrio quando in tal punto la risultante delle forze è
nulla; vi sono due tipi di equilibrio:
• nell’equilibrio meccanico si ha equilibrio delle forze, quindi il corpo
potrà essere fermo o muoversi di moto rettilineo uniforme (in base al
principio d’inerzia);
• nell’equilibrio statico si ha ancora equilibrio delle forze, e in più il corpo
ha quantità di moto iniziale nulla, per cui inizialmente non si sta
muovendo.
Forze
Questo è un problema di statica, nel quale la somma vettoriale delle forze che
agiscono sul sistema dev’essere nulla, e in questo caso abbiamo vari sistemi da
studiare.
e infine
1
Aristotele (384 - 322 a.C.)
2
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica e i
movimenti locali (1638)
3
René Descartes (La Haye en Touraine, Francia 1596 - Stoccolma, Svezia 1650), Principia
philosophiae(1644)
4
Philosophiae naturalis principia mathematica (1687)
5
la massa non va confusa con la quantità di sostanza contenuta nel corpo, che è misurata dal numero di
moli
6
una volta che sia noto lo stato meccanico iniziale, ossia le due condizioni iniziali di posizione e velocità,
come abbiamo visto in cinematica
7
tale relazione vale anche in meccanica relativistica, diversamente dalla legge fondamentale formulata in
precedenza
8
ecco perché parliamo di interazione, di azione reciproca
9
fate attenzione, azione e reazione sono applicate a corpi diversi!
10
vedi bibliografia
11
così da dare un momento complessivo delle forze nullo, come studieremo tra poco
12
mentre l’origine O del sistema di riferimento è fissa, il polo O’ può anche essere mobile
Esempi di forze
Forza d’inerzia
In queste serie di esempi vogliamo partire proprio con la forza d’inerzia che una
forza non è, ma una grandezza fittizia introdotta allo scopo di semplificare la
scrittura del secondo principio della dinamica. Definita da d’Alembert1 come
considerando le forze agenti sul corpo e la forza d’inerzia alla stessa stregua.
Non ne faremo uso nel nostro studio.
Peso
Il peso è uno dei primi tipi di forza di cui abbiamo esperienza: un oggetto,
lasciato libero di muoversi, cade verso il basso con una certa accelerazione
costante. In base a ciò che abbiamo studiato, ora sappiamo che a tale
accelerazione deve corrispondere una forza che ne è la causa: il peso P
dell’oggetto
Naturalmente perché si realizzi tale moto con pari accelerazione non dobbiamo
prendere in considerazione l’attrito dell’aria, che frena il corpo durante la
discesa: a tal scopo, possiamo
• scegliere due corpi della medesima forma (così facendo l’attrito dell’aria
agirà nel medesimo modo su entrambi): una sfera di alluminio e una di
piombo, aventi massa notevolmente differente;
• fare in modo che non vi sia aria (ad esempio lasciando cadere gli oggetti
all’interno di una campana in cui precedentemente si sia fatto il vuoto): in
tal caso anche una piuma e una sfera cadranno con la stessa legge oraria.
Appoggio
Ovviamente, per il terzo principio della dinamica, sul piano agirà una
forza uguale e contraria a R, ed entrante nel piano stesso: l’appoggio
ideale può sopportare qualsivoglia valore della reazione vincolare, quello
reale no.
Abbiamo scelto queste due direzioni in quanto il moto del frigorifero avviene
solo lungo la direzione tangenziale (supponiamo la pedana impenetrabile), così
che an = 0; unendo i termini dell’equazione di Newton otteniamo
Forza d’attrito
L’attrito è una forza necessaria e inevitabile nella nostra vita, che si esercita tra
due corpi a contatto tra loro opponendosi al moto relativo dei due. Ve ne sono di
vario tipo:
• radente (per il moto traslatorio, lo strisciamento);
• volvente (per il moto rotatorio, il rotolamento);
• viscoso (per il moto di un solido all’interno di un fluido).
Attrito radente
I primi studi sulle forze d’attrito e relative relazioni sono state formulate da
Leonardo da Vinci3, che studiò in modo sistematico il problema, distinguendo tra
le diverse tipologie (radente e volvente). Note sono poi le osservazioni empiriche
di Amontons4: la forza d’attrito, sia per il valore massimo di quella statica sia per
quella dinamica
• è proporzionale alla forza ortogonale a contatto tra i due corpi (ossia alla
reazione vincolare dell’appoggio prima introdotta);
• non dipende dall’estensione della superficie.
L’origine dell’attrito radente è da ricercarsi nella fusione dei punti di contatto tra
il corpo e la superficie, causa le forze elettriche: il movimento rompe e ricrea le
saldature, e quindi il corpo subirà dei “saltelli” lungo il suo moto, dovuti al
formarsi e al rompersi di tali legami. In base a tale comportamento, possiamo
osservare come aumentando la superficie del corpo a parità di massa aumenti il
numero dei punti di fusione, ma contemporaneamente diminuisca la forza che
agisce su ogni punto (perché il peso, che è il medesimo, si distribuisce su una
superficie maggiore diminuendo la pressione di contatto), così che la forza
complessiva dovuta ai punti di fusione risulta indipendente dalla superficie del
corpo.
Fu poi Coulomb5 a scoprire che
• il coefficiente d’attrito dipende dai due materiali a contatto;
• la forza d’attrito non dipende dalla velocità di strisciamento6.
Attrito dinamico: c’è differenza tra spingere o tirare un corpo con una
medesima forza Fext inclinata di un angolo α rispetto all’orizzontale, facendo sì
che il corpo si muova di moto uniforme?Se il moto è uniforme, vuol dire che la
componente orizzontale della forza esterna deve compensare la forza d’attrito;
proiettando le forze agenti nelle due direzioni orizzontale e verticale otteniamo
• se spingiamo si ha
da cui
• se tiriamo si ha
da cui
Possiamo trovare qual sia l’angolo ottimale di tiro per il quale si ha la minima
forza d’applicazione
e quindi
Come per il caso traslatorio, anche nel moto rotatorio un corpo è soggetto a una
forza d’attrito detta attrito volvente; si riscontra anche in tal caso una relazione di
proporzionalità tra la forza d’attrito e la forza ortogonale
Attrito viscoso
dove C è una costante geometrica che dipende dalla forma del corpo, S è
la proiezione della superficie incontrata e ρ è la densità del fluido: come
si nota, non compare la viscosità del fluido!
ossia un’alta velocità di impatto. Se non ci fosse l’attrito viscoso della goccia
con l’aria, correremmo il rischio che la pioggia ci perfori!
Tensione
Filo ideale
Le forze presenti sono il peso del corpo appeso e la tensione del filo a cui è
collegato: poiché il moto che avviene nel piano è circolare uniforme (con raggio
R), l’unica accelerazione cui è soggetta la massa è quella centripeta.
Tenendo conto di ciò, scomponiamo l’equazione del moto lungo la verticale e
lungo l’orizzontale:
ossia
Filo reale
Se il filo non è più ideale, e possiamo associare a esso una massa non più
trascurabile, le forze cui sarà soggetto dovranno tener conto anche di tale
grandezza per mezzo della legge fondamentale della dinamica, e parleremo di
filo reale.
scopriamo che
• la forza esterna F è necessaria a spostare sia il corpo sia il filo [F = (m1 +
m2) a];
• la tensione T non si trasmette inalterata lungo il filo, ma deve presentare
un gradiente tra i suoi estremi proprio a causa della massa del filo [F≠T].
Carrucola
Forza elastica
Definiamo
• il carico o lo sforzo normale σ come il rapporto fra la forza applicata F
sulla superficie S e l’area della superficie stessa
Un corpo si dirà tanto più rigido quanto più presenta un elevato valore del
modulo di Young (retta con elevata pendenza), altrimenti si dirà elastico.
che risulta determinata dal tipo di materiale (E) e dai parametri geometrici del
corpo (S ed x0). Ad Hooke mancò comunque l’intuito di collegare lo sforzo
alla deformazione relativa e non alla semplice deformazione per ricavare la
legge che porta il suo nome: il risultato finale fu invece ottenuto da Cauchy13.
La molla lavora sia in trazione sia in compressione, per cui risulta essere un
vincolo bilatero.
ossia vince la molla più debole, quella con la costante elastica più piccola (vi
immaginate cosa succederebbe se incollaste insieme la sospensione di un TIR e
la molla della BIC? La deformazione totale sarebbe praticamente tutta dovuta
alla molla della BIC)
Nel caso di un corpo di massa m sottoposto a una forza elastica avente costante
elastica k, qual è il tipo di moto che ne risulta? Sappiamo che la forza elastica è
una forza di richiamo, e nel caso in cui questa sia la sola forza presente si ha (per
semplicità trattiamo il caso monodimensionale)
otteniamo
Dalle condizioni iniziali x0 e v0 ricaviamo il valore dei parametri A1 e A2 del
moto
che può essere scritta, utilizzando le formule di addizione, come la legge del
moto armonico
Infatti, essendo
si ha
Il pendolo semplice è costituito da un corpo appeso a un filo privo di massa e
lasciato libero di oscillare: il moto risultante (come mostra l’esempio sotto) è
periodico. Osservando l’isocronismo delle oscillazioni, Galileo pensò di
utilizzarlo proprio come sistema di riferimento per la misura degli intervalli di
tempo. Nel caso di piccole oscillazioni, il moto del pendolo semplice risulta
armonico.
Una corpivendola (chi ha orecchie per intendere...) è ferma a lato della strada
mentre “aspetta l’autobus”, e nell’attesa la sua borsetta oscilla avanti e indietro.
A un certo punto si ferma una macchina, si abbassa il finestrino e un signore
all’interno chiede: “Ehi, bella... qual è l’equazione del moto della tua
borsetta?”. Certe gente non ha proprio nient’altro da fare!
Possiamo esprimere l’arco che va dalla verticale alla borsetta come s = Lθ,
dove L è la lunghezza della tracolla della borsetta; da cui, per passare alla
velocità lungo la traiettoria e ancora all’accelerazione sempre lungo la
traiettoria (che è l’accelerazione tangenziale) il passo è breve:
Se oltre alla forza elastica14 è presente anche una forza d’attrito viscoso (regolata
dalla legge di Stokes: per velocità non elevate la forza dipende linearmente dalla
velocità), il moto armonico subirà uno smorzamento delle oscillazioni
per cui entrambe le costanti di tempo sono più grandi della costante di tempo
critica.
L’attraversamento o meno dell’asse delle ascisse (al massimo una volta) dipende
dal segno del rapporto dei coefficienti
Ora valutiamo cosa accade nel caso in cui sia presente anche una forza esterna; il
moto non evolve in modo spontaneo, ma è guidato e “forzato” da quest’ultima
Il caso di un soprano lirico che rompe un bicchiere di cristallo con il suo acuto
è un caso di sistema in risonanza: i legami tra gli atomi del materiale possono
essere modellizzati con forze elastiche aventi proprie costanti elastiche, per cui
trovando la giusta frequenza della forzante esterna (in questo caso una forza
acustica) l’ampiezza di oscillazione può raggiungere valori così ampi da
rompere i legami stessi, e frantumare il bicchiere.
così come l’occhio, che vede nell’intervallo di frequenze della luce visibile
1
Jean Baptiste Le Rond d’Alembert (Parigi, Francia 1717 - ivi 1783), Traité de dynamique (1743)
2
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica et i
movimenti locali (1638)
3
Leonardo da Vinci (Vinci, Firenze 1452 - Amboise, Francia 1519)
4
Guillaume Amontons (Parigi, Francia 1663 - ivi 1705), Histoire et Mémoires de l’Académie Royale des
Sciences 112 (1699)
5
Charles Augustin de Coulomb (Angoulême, Francia 1736 -Parigi, Francia 1785)
6
diversamente dall’attrito viscoso, come vedremo
7
George Gabriel Stokes (Skreen, Irlanda 1819 - Cambridge, Inghilterra 1903), 1851
8
dal latino modulum, misura
9
Thomas Young (Milverton, Somerset, Inghilterra 1773 - Londra, Inghilterra 1829)
10
Claude-Louis Navier (Dijon, Francia 1785 - Parigi, Francia 1836)
11
Robert Hooke (Isola di Wight, Inghilterra 1635 - Londra, Inghilterra 1703), De potentia restitutiva
(1678)
12
Robert Boyle (Lismore Castle, Irlanda 1627 - Londra, Inghilterra 1691)
13
Augustin Louis Cauchy (Parigi, Francia 1789 - Sceaux, Francia 1857)
14
nel caso di un pendolo, la forza elastica è data dalla componente tangente della forza peso, che per angoli
piccoli ha espressione lineare con l’angolo
15
in quanto forza il moto del sistema
16
Peter Josephus Wilhelmus Debye (Maastricht, Olanda 1884 - Ithaca, New York, Stati Uniti 1966),
Annalen der Physik 39, 4, 789 (1912)
Meccanica relativa
Uno stesso fenomeno può essere osservato da differenti punti di vista, e quindi
presentare descrizioni differenti; ovviamente il fenomeno in sé non cambia, ma è
probabile che cambi il modo di descriverlo. Il nome meccanica relativa indica
che una certa descrizione della meccanica del punto sarà valida solo
relativamente al sistema di riferimento che avremo preventivamente scelto.
Cinematica relativa
Abbiamo già osservato come i concetti di quiete e moto siano legati alla
definizione di un sistema di riferimento, così come (di conseguenza) lo studio
dei fenomeni meccanici.
Per secoli si è pensato che lo spazio fosse riempito d’etere, una sostanza
immaginaria rispetto a cui riferire il moto: un corpo si sarebbe detto in quiete se
fosse risultato fermo rispetto all’etere, e ogni altro sistema di riferimento avrebbe
dovuto esser descritto relativamente a esso. Tale supposizione è risultata poi
falsa, portando alla conclusione che non vi sia un sistema di riferimento assoluto
rispetto al quale descrivere ogni moto.
Gli esperimenti hanno mostrato come in alcuni casi la scelta del sistema di
riferimento non influenzi le leggi fisiche che descrivono un certo fenomeno:
fissato un primo sistema di riferimento rispetto al quale svolgere le misure, se ne
scegliamo un secondo anch’esso fisso che, rispetto al primo, risulti spostato o
inclinato, il risultato ottenuto dalle misure non cambia, mostrando quindi lo
stesso comportamento per i due sistemi di riferimento fissi.
Per comodità, anche se nessuno dei due sistemi avrà un ruolo preferenziale,
chiameremo
• grandezze assolute quelle che si riferiscono al primo sistema di
riferimento, pensato fisso e inerziale;
• grandezze relative quelle che si riferiscono al secondo sistema di
riferimento, generalmente mobile rispetto al primo.
Cerchiamo ora le relazioni cinematiche tra la descrizione del moto del punto nel
sistema relativo e quella riferita al sistema assoluto: di ciò si occupa la
cinematica relativa.
Posizione
La posizione del punto rilevata nel sistema di riferimento relativo risulta quindi
Velocità
Deriviamo ora i singoli termini; ricordando che i versori degli assi del sistema di
riferimento assoluto sono fissi, otteniamo la velocità assoluta
Come possiamo meglio esprimere i due termini restanti contenuti nella seconda
parentesi? Sappiamo dall’analisi vettoriale che possiamo scrivere la derivata di
un vettore c di modulo costante per mezzo della relazione di Poisson
La velocità del punto rilevata nel sistema di riferimento relativo risulta quindi
Se in particolare il corpo non si muove (va = 0), il suo moto osservato dal
sistema relativo risulta un moto rotatorio opposto al moto di rotazione del
sistema relativo stesso
Accelerazione
Forze apparenti
per cui possiamo ricavare l’accelerazione relativa per mezzo di una relazione che
ha la stessa forma della legge fondamentale, purché si includano altri termini nel
computo della forza risultante detti forze apparenti
per cui anche in questo caso non sono presenti forze apparenti
per cui sono presenti la forza apparente di trascinamento (diretta nel verso
opposto alla forza centripeta) e di Coriolis
Statica relativa
Vi sono alcune condizioni per cui due sistemi di riferimento in moto relativo
mostrano le medesime leggi della dinamica (lo abbiamo già osservato per i
sistemi di riferimento inerziali): in tal caso non è possibile stabilire quale dei due
sistemi sia in quiete e quale in moto, e perciò non ha senso parlare di sistema di
riferimento assoluto o privilegiato. In questo ambito, quando le leggi risultano le
medesime indipendentemente dal sistema scelto, si parla di meccanica relativa
(nella visione ristretta alla fisica classica), o di meccanica relativistica qualora si
tenga conto dei limiti imposti dalla velocità della luce.
Metrologia relativistica
Dalla visione meccanica del mondo dei fisici del secolo scorso, considerando
che le onde acustiche si propagano in un mezzo materiale sembrava ragionevole
che anche le onde elettromagnetiche dovessero seguire tale comportamento, e al
mezzo ipotizzato venne dato il nome di etere. L’etere doveva essere senza massa
(perché le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto) e doveva essere
elastico (per trasmettere le vibrazioni elettromagnetiche e consentire quindi la
propagazione, come per le onde acustiche).
Misure indipendenti
Dovremo perciò fare attenzione a indentificare con chiarezza quale sia il sistema
di riferimento rispetto al quale stiamo riferendo le nostre misure.
Simultaneità
Dobbiamo quindi rivedere la descrizione degli eventi (intesi come fenomeni che
accadono in un particolare punto dello spazio e in un particolare istante
temporale) e come due eventi siano correlati tra loto, in particolare due eventi
simultanei (ossia che avvengono in punti differenti, ma nel medesimo istante
temporale).
Per il sistema O, invece, dobbiamo tener conto del moto complessivo della barra
e del raggio di luce; scriviamo quindi le equazioni del moto dei punti C e D
(moto traslatorio uniforme con velocità vO’)
e le equazioni del moto dei raggi luminosi che partono dal punto medio rivolti
verso gli estremi (moto traslatorio uniforme di velocità c), rispettivamente a
sinistra verso C e a destra verso D
Valutiamo quando i due raggi di luce incontreranno gli estremi della barra
I due eventi non sono quindi simultanei per O, come invece risultava a O’, e
l’intervallo di tempo Δt che trascorre tra i due eventi è pari a
Unendo a questa informazione la misura che O effettua della distanza Δx tra le
posizioni dei due eventi
si ottiene
Lunghezza trasversale
Ora diamo una barra a ognuno dei due sistemi di riferimento, ma ruotate
verticalmente in direzione trasversale rispetto al moto relativo dei due sistemi,
che questa volta poniamo (per comodità) in avvicinamento l’un l’altro.
Per il sistema O’ la barra CD appare ferma, e quindi (come già discusso) una sua
misura porterà ad ottenere il valore L.
Ora ragioniamo per assurdo, valutando cosa possa accadere quando le due barre
si incrociano (così come faranno le loro origini):
• per il sistema O, l’altro sistema (O’) si sta avvicinando con velocità vO’
(vedi figura), e ipotizziamo che vi sia una contrazione delle lunghezze,
ossia O misuri per CD una lunghezza inferiore a quella L della sua barra
AB.
• Anche per O’ l’altro sistema (O) si sta avvicinando, con medesima
velocità; se vale l’ipotesi di contrazione delle lunghezze egli misurerà per
AB una misura inferiore a quella L della sua barra CD.
Intervallo di tempo
dove d indica lo spazio obliquo percorso all’andata (e idem al ritorno) dal raggio
di luce, Δy la lunghezza verticale della barra misurata da O, Δx la misura della
distanza orizzontale percorsa dal sistema di riferimento sia durante l’andata sia
durante il ritorno del raggio di luce. Risolvendo, possiamo mettere in relazione le
due misure temporali
Quindi per O il tempo scorre più lentamente che per O’, si ha una dilatazione dei
tempi.
Lunghezza longitudinale
Per il sistema O’ la misura della barra è pari a L, come già ricavato, e l’intervallo
temporale perché il raggio compia il doppio percorso è pari a
Per il sistema O scriviamo come prima le equazioni del moto del punto D (moto
traslatorio uniforme con velocità vO’)e del moto del raggio luminoso che parte da
C verso D (moto traslatorio uniforme di velocità c)
Valutiamo quando il raggio luminoso incontra il punto D
Allo stesso modo, a partire da tale istante scriviamo l’equazione del moto del
punto C (moto traslatorio uniforme con velocità vO’) e del moto del raggio
luminoso che parte da D per ritornare in C (moto traslatorio uniforme di velocità
c)
da cui
Quindi il tempo impiegato dal raggio per andata e ritorno è la somma dei due
intervalli di tempo parziali
si ottiene
Quindi per O l’oggetto appare essere più piccolo che per O’, si ha una
contrazione delle lunghezze detta contrazione di Lorentz4-Fitzgerald5.
Cinematica relativistica
dove gli apici indicano, come in precedenza, che la misura delle coordinate è
riferita al sistema di riferimento relativo. Le leggi di composizione di velocità e
accelerazioni lungo l’asse delle x risultano
e poiché in tal caso le accelerazioni misurate dai due osservatori sono le
medesime, le leggi della meccanica risultano invariate.
Per velocità elevate, le leggi della meccanica risultano però non invarianti
rispetto a una trasformazione di Galileo; in realtà ora sappiamo che ciò che si
conserva non è lo spazio e il tempo, ma la velocità della luce, che quindi va
inclusa nelle leggi di trasformazione.7
Principi di relatività
I vari principi di relatività affermano che le leggi fisiche restano invariate (non
necessariamente i valori delle grandezze) anche se cambia la prospettiva con la
quale si osserva il fenomeno: essendo principi non hanno dimostrazione, ma si
basano sull’evidenza, dalla quale dedurre tali proprietà.
Principi semplici
Principi speciali
I principi speciali affermano che le leggi fisiche sono le stesse in ogni sistema di
riferimento inerziale (riguarda i sistemi in moto relativo uniforme):
• in meccanica classica l’analisi cinematica è svolta per mezzo delle
trasformazioni di Galileo, in cui spazio e tempo sono considerati assoluti;
• in meccanica relativistica speciale (o ristretta) l’analisi cinematica è
svolta per mezzo delle trasformazioni di Lorentz, in cui si assume che la
velocità della luce sia costante per ogni osservatore.
Principi generali
I principi generali affermano che le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi
di riferimento (riguarda i sistemi in moto relativo accelerato):
• in meccanica relativistica generale l’analisi dinamica è svolta
introducendo le forze apparenti.
1
nel vuoto
2
Annalen der Physik 17, 891 (1905)
3
d’ora innanzi utilizzeremo l’origine per identificare il sistema di riferimento; sarà chiaro dal contesto se ci
si sta riferendo all’origine o al sistema
4
Hendrik Hantoon Lorentz (Arnhem, Olanda 1853 - Haarlem, Olanda 1928)
5
George Francis Fitzgerald (Dublino, Irlanda 1851 - ivi 1901) The Ether and the Earth’s Atmosphere
(1889)
6
attenzione, non i valori misurati delle grandezze, ma le leggi che contengono tali grandezze
7
solitamente le velocità in gioco nei fenomeni quotidiani sono ben inferiori a quelle della luce, per cui è
difficile osservare effetti relativistici, e la fisica che si utilizza è quella classica di Newton anziché quella
relativistica di Einstein
8
Hendrik Hantoon Lorentz (Arnhem, Olanda 1853 - Haarlem, Olanda 1928)
9
Joseph Larmor (Magheragall, Irlanda 1857 - Holywood, Irlanda 1942)
10
Amalie Noether (Erlangen, Germania 1882 - Pennsylvania, Stati Uniti 1935), 1918
Relazioni integrali
Impulso
Cerchiamo di valutare ciò che avviene tra l’istante iniziale e finale del fenomeno,
dando perciò una valutazione integrata nel tempo.
Impulso
Una forza debole applicata per lungo tempo o una forza intensa applicata per un
breve periodo danno lo stesso risultato in termini di variazione di quantità di
moto.
La forza media Fm, definita come la media temporale della forza F in studio,
risulta essere quella forza costante che se agisse per il medesimo intervallo
temporale di F ne produrrebbe lo stesso impulso; graficamente ciò corrisponde a
osservare come l’area del rettangolo ombreggiato in figura sia pari all’area della
curva a campana che riporta l’andamento nel tempo della forza F, mentre
analiticamente si ha
così che possiamo valutare l’impulso di una forza anche conoscendo la sola
forza media nell’intervallo di tempo considerato
Impulso angolare
In base alla relazione integrale del secondo principio della dinamica scritto in
termini angolari, dove L è il momento angolare del punto materiale, possiamo
ricavare il teorema dell’impulso angolare
così da poter valutare l’impulso angolare della forza anche conoscendo il solo
momento medio nell’intervallo di tempo considerato
Lavoro e potenza
Dopo aver lavorato nel tempo ora cerchiamo di valutare ciò che avviene tra la
posizione iniziale e finale del fenomeno, dando perciò una valutazione integrata
nello spazio.
Lavoro
La sua unità di misura è il joule (simbolo J), in onore del fisico inglese Joule2
che svolse esperimenti a riguardo: fu lui a porre le basi del primo principio della
termodinamica e poi a dimostrare tale principio di conservazione dell’energia.
Nel sistema CGS, l’unità di misura del lavoro è l’erg (simbolo erg)
Sviluppando il prodotto scalare fra i due termini, tra i quali vi sia un angolo θ
Calcoliamo il lavoro svolto dalla forza peso su un oggetto in caduta libera per
un tratto h; in questo caso forza e spostamento hanno stessa direzione e verso,
per cui è immediato ricavare
Il lavoro è quindi dato dal prodotto della componente della forza nella direzione
dello spostamento (o della componente dello spostamento nella direzione della
forza).
Calcoliamo ora il lavoro della forza peso per spostare un oggetto lungo un
piano inclinato α, lungo d e alto h; dalla definizione
Se la forza può cambiare valore e orientazione (quindi una forza variabile punto
per punto), il calcolo del lavoro viene suddiviso in tanti tratti infinitesimi, per cui
il lavoro complessivo svolto risulta dalla somma dei singoli contributi, un
integrale di linea
Per fare un’analogia, date due differenti posizioni tra le quali spostarsi
• lo spazio percorso (o il tempo trascorso, o il lavoro della forza d’attrito)
non è un differenziale esatto, perché ovviamente dipende dal percorso
effettuato tra le due posizioni;
• la differenza di quota (o di temperatura, o di pressione) tra le due
posizioni è un differenziale esatto, essendo il suo valore indipendente
dal percorso.
Il lavoro risulta essere una grandezza additiva
Per un moto circolare possiamo esprimere il calcolo del lavoro in una forma
alternativa, utilizzando grandezze angolari; riconoscendo che una forza
tangenziale Ft genera un momento della forza diretto come l’asse di rotazione
(in questo caso z) si ha
Potenza
e la sua unità di misura è il watt (simbolo W), dal nome dell’ingegnere scozzese
Watt3 che definì la grandezza nel sistema di misura britannico nell’ambito delle
macchine a vapore
Energia
Energia cinetica
Ricordando che
otteniamo
otteniamo
detto teorema dell’energia cinetica, dimostrato da Leibniz5 nel 1686 (era detto
teorema delleforze vive dallo scienziato, in quanto riferito a forze associate al
movimento).
indipendente dalla pendenza del piano inclinato, ma solo dalla sua altezza,
perché tale era anche il lavoro svolto dalla forza peso.
Nel caso in cui il corpo compia un moto rotatorio con velocità angolare ω,
possiamo alternativamente calcolare la sua energia cinetica come
Energia potenziale
Esistono particolari forze tali per cui il calcolo del lavoro non dipende dal
percorso, ma solo dalle posizioni iniziale e finale del corpo: tali forze son dette
forze conservative. Se invece il calcolo del lavoro dipende dal percorso
effettuato, la forza in questione si dirà forza non conservativa: il caso per
antonomasia è quello della forza d’attrito.
Quali sono le condizioni perché il lavoro non dipenda dalla traiettoria, ma solo
dai punti iniziale e finale (che sono gli estremi di integrazione)? Presi due
qualsiasi percorsi di integrazione, richiediamo che il lavoro calcolato lungo
entrambi i percorsi sia il medesimo
Questa relazione implica che la circuitazione della funzione integranda sia nulla,
ossia sia nullo il lavoro compiuto nello svolgere un qualsiasi percorso chiuso,
infatti
dove U viene detta energia potenziale;il segno meno è una convenzione, e viene
inserito perché si presume che un lavoro svolto da un sistema ne diminuisca la
sua energia. L’energia potenziale è perciò un campo scalare, ossia una funzione
scalare della posizione.
Se, nel caso di forza conservativa, siamo in grado di risalire alla relativa energia
potenziale
come possiamo, conoscendo l’energia potenziale, ricavare la forza che l’ha
generata? Scriviamo il contributo elementare dell’energia potenziale,
evidenziando le componenti della forza
Il lavoro che dovremmo fornire noi (quindi un lavoro esterno) per far compiere
al corpo il medesimo percorso, supponendo di applicare posizione per posizione
una forza esterna Fext uguale e contraria a quella interna, sarà uguale e opposto a
quello appena calcolato
Il lavoro (interno) svolto dalla forza F è anche pari al lavoro (esterno) che
dovremmo compiere, supponendo sempre di applicare posizione per posizione
una forza Fext uguale e contraria ad F, per riportare il sistema nella posizione
iniziale
L’energia potenziale è una grandezza additiva, per cui se abbiamo più forze
conservative l’energia potenziale cui è soggetto il punto materiale è pari alla
somma delle energie potenziali delle singole forze considerate separatamente
Cerchiamo innanzitutto quali siano i vari punti x0 di equilibrio del corpo in base
all’andamento dell’energia potenziale cui è soggetto; in tali posizioni la forza
dev’essere nulla, per cui dev’essere nulla la derivata prima dell’energia
potenziale
Una posizione sarà di equilibrio instabile anche nel caso in cui sia di
equilibrio stabile in una direzione e instabile in un’altra, per cui la forza
avrà un effetto diverso a seconda di come ci si sposti dalla posizione di
equilibrio (dal grafico, spostandoci di poco a destra di x3 la derivata
dell’energia è negativa, quindi la forza è positiva e orientata verso destra
e perciò tende ad allontanarci dalla posizione di equilibrio; spostandoci
invece di poco a sinistra, la derivata dell’energia è ancora negativa,
quindi la forza è positiva e orientata verso destra e perciò tende ad
avvicinarci alla posizione di equilibrio. Quello considerato è quindi un
punto di flesso). Analiticamente, ciò equivale ad affermare che la derivata
seconda dell’energia potenziale nel punto di equilibrio è differente a
seconda del dominio considerato
• la posizione è di equilibrio indifferente, per cui se ci spostiamo di poco la
forza è sempre nulla, e quindi non cambia la condizione di equilibrio (dal
grafico, spostandoci di poco a destra o a sinistra di x4 la derivata
dell’energia è sempre nulla, quindi la forza è anch’essa nulla).
Analiticamente, ciò equivale ad affermare che anche la derivata seconda
dell’energia potenziale nel punto di equilibrio è nulla
Energia meccanica
Nel caso in cui si abbiano solo forze conservative (pedice c), possiamo calcolare
il lavoro complessivo come la variazione negativa dell’energia potenziale
complessiva (data dalla somma delle singole energie potenziali), e applicando il
teorema dell’energia cinetica otteniamo
Nel caso di una molla posta in verticale che oscilla di moto armonico libero, si
ha conversione continua tra energia cinetica, potenziale del peso e potenziale
elastica.
Se invece siamo in presenza di forze varie, conservative e non (pedice nc), parte
dell’energia meccanica potrà variare (solitamente diminuire a causa dell’attrito,
che svolge un lavoro negativo)
Nel caso di un corpo che scivola lungo un piano scabro inclinato, l’energia
meccanica non si conserva, e la sua diminuzione viene dissipata dal lavoro non
conservativo (negativo, e quindi produce una variazione negativa dell’energia
meccanica) della forza d’attrito.
Sappiamo che un corpo si dice isolato quando su di esso non agiscono forze; in
tal caso possiamo associare alla descrizione del moto del corpo alcuni principi di
conservazione.
Utilizzando il secondo principio della dinamica, abbiamo ricavato in precedenza
come in tale situazione valga il principio di conservazione della quantità di moto
1
il simbolo W per il lavoro deriva dal nome inglese della grandezza, work
2
James Prescott Joule (Salford, Inghilterra 1818 - Sale, Inghilterra 1889)
3
James Watt (Greenock, Scozia 1736 - Handsworth, Inghilterra 1819)
4
utilizzata quando si devono pagare le bollette!
5
Acta eruditorum 3 (1686), Brevis demonstratio
6
la forza di Coriolis non compie lavoro, perché ortogonale alla velocità e quindi allo spostamento:
7
questa operazione è svolta da una forza che è diversa da quelle che hanno generato l’energia potenziale
rappresentata
8
ricordate che la forza ha segno opposto a quello della derivata prima dell’energia potenziale
9
ad esempio l’energia dissipata nell’attrito, come sarà evidenziato in termodinamica, è stata convertita in
calore
Meccanica dei sistemi
Centro di massa
La localizzazione del centro di massa (in quanto punto geometrico) non dipende
dalla scelta dell’origine del sistema di riferimento, ma ne dipendono invece le
componenti della sua posizione (che ne danno la descrizione).
Il centro di massa gode inoltre della proprietà distributiva: presi due sistemi, il
centro di massa dell’insieme dei due coincide col centro di massa di due punti
(pari ai centri di massa dei sistemi originari) nei quali sono poste le masse dei
due sistemi originari
Densità
o lineari di lunghezza L
Nella tabella seguente sono riportati alcuni valori di densità di sostanze comuni
in condizioni ambiente3 (temperatura T = 25 °C e pressione p = 1 atm):
Quantità di moto
Cominciamo col definire la quantità di moto del sistema come la somma delle
quantità di moto delle singole parti costituenti il sistema
Possiamo ora suddividere le forze che agiscono su ogni punto del sistema in
forze interne (esercitate dai restanti punti del sistema) e forze esterne (esercitate
da punti esterni al sistema). Bisogna perciò prestare attenzione a quale sia il
sistema di masse scelto, per stabilire se una forza sia interna o esterna.
Scriviamo la forza risultante che agisce sul generico punto i-esimo come la
somma di una risultante interna e una esterna
Poiché per il principio di azione e reazione a ogni forza interna Fi che agisce su
un punto i-esimo corrisponderà una forza interna Fj uguale e contraria che agirà
su un altro punto j-esimo, la somma di tutte le sole forze interne è, a due a due (e
quindi complessivamente), nulla
simile a quella per il punto materiale. Se poi il sistema è a massa costante, vale il
secondo teorema del centro di massa
Per un corpo lanciato libero in aria, il centro di massa si muove soggetto alla
sola forza peso complessiva, e quindi di moto parabolico, come per il punto
materiale. Nulla ancora sappiamo della eventuale componente rotatoria del
moto, né cosa accade alle parti del corpo nel caso in cui questo si divida (a
causa di forze interne) mentre si trova in aria.
Come per la dinamica del punto, anche per i sistemi di punti possiamo scrivere
nel caso di un sistema isolato, ossiaa massa costante e non soggetto a una forza
netta esterna, un corrispondente principio di conservazione della quantità di
moto
Momento angolare
Sia O’ il polo, che può essere fisso o mobile, rispetto al quale riferire il calcolo
dei vari momenti; definiamo il momento angolare del sistema come la somma
dei momenti angolari delle singole parti del sistema
dove il vettore ri indica la posizione del punto materiale i-esimo rispetto al polo
O, r’i indica la posizione del punto materiale i-esimo rispetto al polo O’, mentre
rO’ indica la posizione del polo O’.
Legando tale valore del momento angolare a quello calcolato rispetto all’origine
O (fissa) del sistema di riferimento come già visto in dinamica, si ha
Anche i momenti delle forze relativi a ogni punto del sistema possiamo dividerli
in momenti delle forze interne (dovuti alle sole forze interne) e momenti delle
forze esterne (dovuti alle sole forze esterne) al sistema.
Scriviamo il momento risultante che agisce sul generico punto i-esimo come la
somma di una componente interna e una esterna
Poiché per il principio di azione e reazione a ogni forza interna Fi che agisce su
un punto i-esimo corrisponderà una forza interna Fj uguale e contraria che agirà
su un altro punto j-esimo e che avrà la medesima retta di applicazione della
prima, ognuna di queste due forze fornirà un momento uguale e contrario a
quella dell’altra, per cui la somma di tutti i soli momenti interni è, a due a due (e
quindi complessivamente), nulla
per cui la risultante M di tutti i momenti delle forze (interni ed esterni) applicati
al sistema si riduce alla somma dei soli momenti delle forze esterne.
Ricaviamo il legame che c’è tra il momento delle forze ed il polo scelto per il
calcolo; partendo da quanto già ricavato per il singolo punto materiale possiamo
scrivere
Ora deriviamo rispetto al tempo l’espressione del momento angolare, ricordando
che il punto O è fisso
ottenendo la seconda equazione cardinale della dinamica dei sistemi. Tale legge
identifica il moto rotatorio del sistema.
Nel caso in cui si scelga come polo un punto fisso O’, la sua velocità è
identicamente nulla, per cui possiamo semplificare l’espressione della seconda
equazione cardinale scrivendo
Lo stesso dicasi nel caso in cui il polo O’ coincida col (o abbia la stessa velocità
del) centro di massa C del sistema, perché in tal caso, sfruttando il teorema del
centro di massa,
Un esempio in tal senso ci è offerto dall’orbita di un pianeta intorno al Sole;
come vedremo in gravitazione, la forza di attrazione gravitazionale è centrale
(se prendiamo il Sole come origine del sistema di riferimento), e quindi in tal
caso è nullo il momento della forza in gioco; se aggiungiamo la considerazione
che il centro di massa del sistema Sole-pianeta si può pensare localizzato al
centro del Sole, vista che la massa di quest’ultimo è enormemente più grande
di quella di un qualsiasi pianeta, allora possiamo ricondurci all’equazione
semplificata di cui sopra, e concludere che si conserverà il momento angolare
del pianeta orbitante.
Come per la dinamica del punto, anche per i sistemi di punti vale un analogo
principio di conservazione del momento angolare
Equazioni cardinali
Abbiamo così ottenuto le due leggi o equazioni cardinali che legano la risultante
di forze e momenti esterni agenti sul sistema con le grandezze dinamiche del
sistema, ossia quantità di moto e momento angolare
Il problema del moto relativo tra 2 corpi (tra i quali si presume vi sia come
interazione una forza centrale) è determinato, in quanto servono 6 equazioni
per le 6 coordinate del moto dei 2 punti; studieremo questo problema nel
capitolo relativo agli urti.
Il problema del moto relativo tra 3 corpi (tra i quali si presume vi sia come
interazione una forza centrale) non ha soluzione analitica, perché servono 9
equazioni per le 9 coordinate del moto.
Dalla definizione, è chiaro che il centro di massa del sistema di punti e relative
grandezze cinematiche valutate proprio rispetto a tale origine (i due punti
coincidono, come riportato sopra) risultano semplificate e in particolare nulle
e di conseguenza risulterà nulla anche la quantità di moto del sistema
Non è così però per altre grandezze, come i paragrafi seguenti mostreranno.
Partendo dalla relazione sulla composizione delle velocità ricavata per il sistema
di riferimento del centro di massa, per ogni punto i-esimo del sistema possiamo
scrivere
da cui ricavare l’energia cinetica totale del sistema di punti
I due teoremi, dovuti al matematico tedesco König6, mostrano perciò come non
sia corretto pensare tutta la massa concentrata nel centro di massa (come già
visto per la quantità di moto) ai fini del calcolo del momento angolare e
dell’energia cinetica, che risultano quindi due grandezze (quelle riferite al solo
centro di massa) non sufficienti per studiare e riassumere tali proprietà del
sistema.
Relazioni integrali
Come per il punto materiale, anche in questo caso possiamo scrivere delle
relazioni integrali (temporalmente o spazialmente).
Impulso
Scriviamo la forza risultante che agisce sul generico punto i-esimo come la
somma di una componente interna e una esterna
da cui
Come già descritto, poiché per il principio di azione e reazione a ogni forza
interna Fi che agisce su un punto i-esimo corrisponderà una forza interna Fj
uguale e contraria che agirà su un altro punto j-esimo, la somma di tutte le sole
forze interne è, a due a due (e quindi complessivamente), nulla
Impulso angolare
Passiamo ora a definire la grandezza duale dell’impulso, utile nel caso di moto
rotatorio; l’impulso del sistema è definito come la somma degli impulsi angolari
relativi alle singole parti costituenti il sistema
Scriviamo il momento risultante che agisce sul generico punto i-esimo come la
somma di una componente interna e una esterna, rispettivamente dovute alle
forze interne ed esterne
da cui
Poiché per il principio di azione e reazione a ogni forza interna Fi che agisce su
un punto i-esimo corrisponderà una forza interna Fj uguale e contraria che agirà
su un altro punto j-esimo, ognuna di queste due forze contribuirà con un
momento uguale e contrario, per cui la somma di tutti i momenti interni è a due a
due, e quindi complessivamente, nulla
Energia cinetica
Come per la quantità di moto e il momento angolare, anche l’energia cinetica del
sistema è definita come la somma delle energie cinetiche di tutti i punti del
sistema
Sia Fi la risultante di tutte le forze che agiscono sull’i-esimo punto materiale;
scomponendo tale forza in una componente esterna e una interna, possiamo
scrivere il lavoro svolto sul singolo punto materiale e applicare a esso il teorema
dell’energia cinetica
Collegando i lavori delle risultanti agenti sui punti i-esimi alle relative variazioni
di energia cinetica, ritroviamo il teorema dell’energia cinetica applicato
all’intero sistema
Il lavoro delle sole forze interne dipende dalle mutue distanze tra i vari punti;
infatti, dal terzo principio della dinamica (azione e reazione) applicato per ogni
coppia di punti i e j si ha
Nel calcolo del lavoro complessivo non possiamo perciò trascurare le forze
interne, perché il loro lavoro non è nullo (a meno che le mutue distanze tra i
punti non varino, come per il corpo rigido).
Energia potenziale
dove l’energia potenziale potrà esser scomposta in una parte dovuta alle forze
interne e una alle forze esterne
Se invece solo alcune forze sono conservative, la relazione andrà modificata per
tenere conto del lavoro delle forze non conservative
Energia propria
L’energia meccanica non rappresenta una caratteristica del solo sistema, perché
contiene anche termini (causa le forze esterne) dovuti all’ambiente; se quindi
riconsideriamo la suddivisione dei termini di energia potenziale fra quelli dovuti
a forze interne e quelli a forze esterne
A livello microscopico, tutte le forze interne sono conservative, per cui dalla
definizione di lavoro otteniamo per il lavoro delle forze esterne
così che il lavoro delle forze esterne va a incrementare l’energia propria del
sistema.
Energia interna
e non contiene l’energia del movimento del centro di massa: l’energia interna è
l’energia propria del sistema nel sistema di riferimento del centro di massa (nel
quale l’energia propria assume valore minimo, come l’energia cinetica).
Abbiamo ricavato come il lavoro delle forze interne sia dipendente dalle mutue
distanze tra i vari punti; infatti per ogni coppia di punti i e j si ha, come già
evidenziato, che
dove nell’ultima sommatoria (diversamente dalla prima) si tiene conto dei doppi
termini: essendo questi uguali a due a due, l’½ iniziale risolve il risultato
dell’espressione.
Principi di conservazione
Come già accennato, per un sistema isolato (ossia un sistema a massa costante e
sul quale non agiscono forze esterne)scelto un polo fisso O’ (che per comodità
non indicheremo a pedice del momento delle forze e del momento angolare)
dalle equazioni cardinali otteniamo il principio di conservazione della quantità di
moto
Urti
Un urto è un’interazione fra due o più punti, relativamente intensa e che avviene
per un intervallo di tempo relativamente breve, e perciò detta forza impulsiva;
l’interazione può essere
• a contatto (urto classico fra corpi, come nel gioco del biliardo);
• non a contatto (forza a distanza, come la forza gravitazionale o la forza
elettrica).
Lo stesso dicasi nel caso in cui non vi siano forze esterne (quanto meno
impulsive) lungo una direzione; in tal caso si conserverà la componente della
quantità di moto lungo quella direzione.
La quantità di moto si conserva anche nel caso di forza esterna non impulsiva,
per la quale il suo valore medio valutato nell’intervallo temporale Δt dell’urto sia
molto inferiore alla forza interna media Fm (vedi figura sopra) nel medesimo
intervallo. Se supponiamo un sistema costituito da due punti materiali, per
ognuno dei due punti possiamo scrivere l’impulso dovuto alla risultante delle
forze, con l’approssimazione di cui sopra sull’impulso delle forze esterne
Ricordando che per le forze interne vale il terzo principio della dinamica8
Durante l’urto, nel caso di forze esterne nulle o non impulsive, si conserva anche
il momento angolare del sistema, ma questo non aggiunge informazioni se
stiamo considerando solo le componenti traslatorie e non rotatorie tra i punti
materiali.
Possiamo ora avere due situazioni, in base a ciò che avviene per l’energia
potenziale interna:
• durante l’urto non si ha una variazione dell’energia potenziale interna, e
quindi dovendosi conservare l’energia meccanica totale si conserva
l’energia cinetica del sistema (avremo un urto elastico);
• durante l’urto si ha una variazione dell’energia potenziale interna (in
aumento o in diminuzione), e quindi di riflesso deve variare l’energia
cinetica del sistema per conservare l’energia meccanica (avremo un urto
anelastico).
Urti elastici
Come abbiamo appena osservato, in un urto elastico oltre alla quantità di moto si
conserva l’energia cinetica del sistema.
in cui con l’apice sono indicate le variabili cinematiche dopo l’urto. Possiamo
risolvere il sistema, ricavando v2’ dalla prima equazione e sostituendolo nella
seconda
da cui ottenere
Se in particolare il secondo corpo era inizialmente fermo (v2 = 0), dopo l’urto il
primo corpo si fermerà, mentre il secondo ripartirà con una velocità uguale a
quella che aveva il primo corpo prima dell’urto.
Nel caso aggiuntivo in cui m1 < m2, dopo l’urto il primo corpo tornerà indietro
dopo l’urto
Se poi m1 << m2, dopo l’urto il primo corpo tornerà indietro con la medesima
velocità, mentre il secondo rimarrà fermo
da cui
Nel caso di urto pluridimensionale, il numero di equazioni è sempre inferiore al
numero di variabili (le componenti delle velocità dopo l’urto)
• nel piano abbiamo 3 equazioni (2 per la quantità di moto e 1 per l’energia
cinetica) e 4 incognite (le 2 componenti delle velocità per ogni punto
materiale)
• nello spazio abbiamo 4 equazioni (3 per la quantità di moto e 1 per
l’energia cinetica) e 6 incognite (le 3 componenti delle velocità per ogni
punto materiale)
per cui serve qualche informazione aggiuntiva.
Urti anelastici
Le forze presenti durante l’urto sono i due pesi, verticali, e la tensione del filo:
questa, per come è stato definito il filo o la fune, ha componente solo lungo la
direzione del filo. Diverso è invece il caso in cui si abbia un’asta, ma di questo
si parlerà nei corpi rigidi.
dove abbiamo raccolto il termine costante (le due velocità iniziali sono date)
perciò le due velocità dopo l’urto risultano le medesime, come risulta essere in
un urto perfettamente anelastico in cui i due corpi procedono insieme nel moto.
Da notare come l’espressione trovata della velocità dopo l’urto corrisponda alla
velocità del centro di massa.
1
un asse si dice disimmetria materiale se a ogni punto materiale ne corrisponde un secondo avente stessa
massa e posto in posizione opposta rispetto all’asse
2
un asse si dice disimmetria geometrica se a ogni porzione ne corrisponde una seconda avente stessa
misura (lunghezza nel caso monodimensionale, superficie nel caso bidimensionale, volume nel caso
tridimensionale) e posta in posizione opposta rispetto all’asse
3
SATP, Standard Ambient Temperature and Pressure, in inglese
4
STP, Standard Temperature and Pressure, in inglese
5
va comunque ricordato che ai 6 parametri del moto vanno aggiunti i 6 parametri relativi alle condizioni
iniziali (per la posizione e 3 per l’inclinazione)
6
Johann Samuel König (Büdingen, Germania 1712 - Zuilenstein, Olanda 1757)
7
concetto che ritroveremo in termodinamica
8
le forze interne si elidono sempre a vicenda, anche se sono impulsive (come in uno scontro frontale o in
un’esplosione)
Gravitazione
Lo studio della gravitazione proseguì poi agli inizi del 1500 con Copernicus2
(italianizzato in Copernico), che propose una nuova teoria eliocentrica: il
modello non era migliore di quello tolemaico, ma esteticamente si mostrava più
elegante, seppur con la stessa accuratezza sulle osservazioni.
Cinematica gravitazionale
Il nostro studio si focalizza qui sui primi, cercando di studiarne il moto per poi
cercare di prevederlo.
Le posizioni dei vari corpi celesti erano state osservate inizialmente a occhio
nudo e annotate con cura dal nobile danese Brahe3, prima delle misure effettuate
poi da Galileo4 col cannocchiale a partire dal 1609. Su tali misure si basò poi
Kepler5 (italianizzato in Keplero), matematico allievo di Brahe, per costruire le
sue leggi che descrivono il moto dei pianeti intorno al Sole, Terra compresa.
La prima legge di Kepler o legge delle distanze, formulata nel 1609, dice che
Ciò significa che il centro del moto (il Sole) non coincide col centro geometrico.
In figura si mostra il Sole (S) e un pianeta (T) che vi ruota attorno, e il raggio
vettore (r) che unisce il primo al secondo (il Sole è quindi scelto come origine
del sistema di riferimento); sono riportati anche il semiasse maggiore (a) e
minore (b) dell’ellisse. L’afelio (A) è il punto di massima distanza di un pianeta
dal Sole, mentre il perielio (P) è il punto di minima distanza. Come è mostrato
anche in figura, all’afelio e al perielio la velocità del pianeta è ortogonale al
vettore posizione.
Ricordando l’espressione del momento angolare (che è costante per una forza
centrale, avendo questa momento nullo), possiamo sostituire nell’espressione
precedente
che risulta l’equazione scritta in termini polari di una conica, ossia delle
possibili intersezioni di un cono con un piano, in cui
• r è la distanza
• θ l’angolo
• e l’eccentricità (definisce la forma della conica)
• p il parametro di scala (definisce la dimensione della conica8)
corrispondono a
Nel punto B in cui il raggio vettore passa per l’intersezione col semiasse
minore b si ha
Da osservare che, come caso particolare in cui sia abbia un’orbita circolare (e =
0), i due semiassi coincidono e corrispondono al parametro di scala p, pari in
questo caso al raggio della circonferenza.
La seconda legge di Kepler o legge delle aree, formulata nel 160910, dice che
Ciò implica che in prossimità dell’afelio (A), punto in cui la posizione del
pianeta (T) è alla massima distanza dal Sole (S), la velocità sarà minima, mentre
al perielio (P), posizione alla minima distanza dal Sole, sarà massima, così che
nel medesimo tempo l’area spazzata dal vettore posizione (r) sia la stessa (tratti
ombreggiati in figura).
Quella richiamata da Kepler è la velocità areolare, già introdotta studiando il
moto centrale in dinamica
Questa legge è valida per ogni forza centrale, come già mostrato parlando della
velocità areolare, non necessariamente dipendente dall’inverso del quadrato
della distanza.
La terza legge di Kepler o legge dei periodi, formulata nel 1619, dice che
In tabella si riportano alcuni dati relativamente ai pianeti del sistema solare (la
massa m ed il raggio R) e della loro orbita (il periodo T, l’eccentricità e ed il
semiasse maggiore a), ordinati per distanza dal Sole: l’ultima colonna riporta il
calcolo richiamato nella terza legge, e come si nota risulta il medesimo per i vari
pianeti
Il basso valore dell’eccentricità registrato da tutti i pianeti indica che le ellissi
sono poco schiacciate e molto simili a circonferenze.
La legge è rigorosamente valida solo perché la massa del Sole è molto più
grande della massa di qualsiasi pianeta orbitante, così che il centro di massa si
possa considerare coincidente col Sole e si possa assumere che si conservi il
momento angolare del solo pianeta orbitante attorno al Sole: riprenderemo
questo concetto introducendo l’energia potenziale efficace gravitazionale.
Dinamica gravitazionale
Sinora abbiamo descritto l’aspetto cinematico dei pianeti per mezzo delle leggi
di Kepler senza soffermarci sul perché il loro moto sia proprio quello descritto
da tali leggi; ora passiamo all’aspetto dinamico per mezzo della legge di
Newton, ricavando la forza gravitazionale causa del moto planetario (e non
solo).
Prima degli studi di Newton12, si pensava che le leggi che governavano i moti
terrestri (ad esempio la caduta di un grave) fossero differenti da quelle che
governavano il moto celeste (ad esempio l’orbita della Luna intorno alla Terra);
lo scienziato intuì l’unificazione delle due cause, i cui effetti (le accelerazioni)
erano differenti solo perché erano diverse le distanze in gioco, e partendo dalle
leggi di Kepler nel 1666 formulò13 la legge di gravitazione universale, resa poi
nota solo nel 1687.
Forza gravitazionale
Cerchiamo di ricavare la forza che genera il moto dei pianeti descritto dalle leggi
di Kepler, partendo da una situazione semplificata; vi sia un corpo m1 che orbita
intorno a un corpo di massa m2. Ipotizziamo che il moto di rivoluzione sia
circolare di raggio r (è un caso particolare di moto ellittico, come dettato dalla
prima legge di Kepler: è il tipo di moto descritto ad esempio dalla Luna in orbita
attorno alla Terra).
Sappiamo dalla seconda legge di Kepler che tale orbita circolare avrà una
velocità areolare costante; per un moto circolare, in cui in ogni punto la
posizione è ortogonale alla velocità, l’area di un settore circolare vale
La forza sarà quindi centripeta e diretta verso il centro della traiettoria circolare
(la direzione è quella della congiungente tra le due masse)
γ = 6.67428·10-11 Nm2/kg2
Varie misure di tale costante si sono susseguite negli anni, la più famosa delle
quali è quella eseguita da Henry Cavendish14 nel 1798 con la bilancia di
torsione.
Essendo una forza centrale, il moto sarà contenuto in un piano (che contiene la
massa m2 intorno alla quale ruota il pianeta m1), detto piano orbitale (nel caso
della Terra, tale piano è detto eclittica).
Durante questo tempo, mentre si trova alla distanza r dalla superficie della
Terra, il satellite è soggetto alla forza gravitazionale terrestre, che è la forza
necessaria per mantenere il moto circolare uniforme e quindi fornire
l’accelerazione centripeta; questo significa che
e quindi otteniamo
contiene al suo interno una grandezza fisica caratteristica dei due corpi, che
abbiamo indicato con m e possiamo definire massa gravitazionale. A priori non
vi è nessun motivo per cui tale grandezza coincida con la massa inerziale
introdotta con la legge fondamentale della dinamica, e che esprime l’inerzia di
un corpo al movimento: sembrerebbe ragionevole che, riguardando aspetti fisici
differenti (inerzia e gravitazione), ogni corpo vi partecipasse con una grandezza
che possa risultare differente.
Dopo tutta una serie di esperimenti a partire da quello di Eötvös15 nel 1885 sino
ai giorni nostri, nessuno è stato sinora in grado di mostrare che tale rapporto
differisca dall’unità (quanto meno entro una precisione di 10-12), per cui
possiamo porre tale rapporto uguale a uno16 echiamare semplicemente massa la
grandezza in gioco.
Campo gravitazionale
Abbiamo ricavato la forza gravitazionale cui sono soggetti due corpi a causa
della loro massa
dove G2 risulta il campo creato dal corpo m2, ed F1 la forza cui è sottoposta la
massa m1 a causa del campo creato da m2.
da cui abbiamo ricavato che anche il campo gravitazionale, come la forza, gode
della proprietà additiva.
Come per altre forze già introdotte, anche la forza gravitazionale risulta una
forza conservativa, e quindi si può definire per essa un’energia potenziale
gravitazionale.
Un razzo viene lanciato verticalmente dalla Terra per essere messo in orbita.
Calcoliamo la velocità minima iniziale (velocità di fuga) del razzo per poter
sfuggire all’attrazione gravitazionale (trascurare ogni interazione con altri corpi
in orbita, e la rotazione terrestre).
Nel caso in cui la velocità di lancio sia inferiore, il razzo non riuscirà a sfuggire
all’attrazione gravitazionale, ma arriverà sino a una certa quota (che possiamo
calcolare applicando il principio di conservazione dell’energia meccanica) per
poi tornare sulla Terra.
Orbite planetarie
L’orbita di un pianeta è determinata dal valore della sua energia totale, che può
portare ad avere orbite chiuse (come per i pianeti intorno al Sole) o aperte (come
per le comete).
Nel caso in cui la massa M (ad esempio il Sole) attorno alla quale ruota la massa
m (ad esempio la Terra) è tale per cui M >> m, il centro di massa si può pensare
coincidere con la posizione della massa M, per cui se scegliamo tale posizione
come polo il momento angolare complessivo coinciderà col momento dalla sola
massa m, visto che il momento angolare relativo ad M sarà nullo.
per cui
Il primo termine a secondo membro dell’energia rappresenta la parte dell’energia
cinetica relativa alla componente radiale del moto, mentre i due termini finali
prendono il nome di energia potenziale efficace, e tale valore risulta dipendere
solo dalla posizione radiale.
da cui ricavare
Analizziamo ora i diversi tipi di orbite in funzione dell’energia totale.
Energia totale
Abbiamo già visto che i tipi di orbite per un corpo soggetto a una forza centrale
dipendente dall’inverso del quadrato della distanza sono delle coniche (iperbole,
parabole, ellissi); ora analizziamo per quali valori dell’energia abbiamo i tre tipi
di orbite.
Abbiamo visto che le equazioni cardinali della dinamica dei sistemi sono
condizioni necessarie per caratterizzare il moto del sistema di punti; nel caso in
cui tra ogni coppia di punti permanga sempre la stessa distanza, il sistema prende
il nome di corpo rigido, e le equazioni cardinali diventano anche condizioni
sufficienti per lo studio della dinamica.
Sistema equipollente
Possiamo poi scegliere il punto G in modo opportuno, tale per cui rispetto a tale
punto il sistema di forze si possa ridurre alla sola forza F applicata in G senza la
presenza della coppia di forze che genera il momento aggiuntivo M
e il momento risultante delle forze si può calcolare come il momento della sola
risultante F applicato nel punto G
Infatti
Possiamo anche scrivere il momento angolare del sistema come
Centro di gravità
Nel caso in cui le forze i-esime siano le forze peso, tale punto G prende il nome
di centro di gravità
M. Fazio, Manuale delle unità di misura e teoria degli errori, Istituto Editoriale
Internazionale (1976)
accelerazione di gravità
52; 106
carica del neutrone
89
carica del protone
89
carica dell’elettrone
89
carica elementare
89
costante di gravitazione universale
226
costante di Planck
13
massa del neutrone
89
massa del protone
89
massa dell’elettrone
89
numero di Avogadro
17
velocità della luce
13; 15; 87; 147; 221
ampere (A) 17
angstrom (Å) 21
anno luce (ly) 221
candela (cd) 17
cavallo vapore (CV) 21
centimetro (cm) 21
foot (ft) 21
grado
sessagesimale (°) 19
grain (gr) 21
grammo (g) 21
hertz (Hz) 42
horse power (hp) 21; 165
kelvin (K) 17
kilogrammo (kg) 17; 86
kilogrammo forza (kgf) 21
kilowattora (kWh) 165
radiante (rad) 19
secondo (s) 17
steradiante (sr) 19
yard (yd) 21
accelerazione
angolare 73
istantanea 49
media 49
assoluta 140
centrifuga 141
complementare vedi acc. di Coriolis
dell’origine 140
di Coriolis 141
di gravità 52; 106; 227
di trascinamento 140
istantanea 66
lineare
istantanea 45
media 44
media 66
accuratezza 26
afelio 219
ampiezza 54
analisi
dimensionale 23
angolo
piano 19
solido 19
apogeo 219
appoggio 107
arrotondamento 31
per difetto 31
per eccesso 31
ascissa
curvilinea vedi pos. lineare
asse
di simmetria
geometrica 184
materiale 182
atomo 89
baricentro 184
bilancia
di torsione 226
campione
di riferimento 15
campo
gravitazionale 229
scalare 170
carico 120
carrucola
ideale 119
reale 119
centro
delle forze parallele 236
di gravità 237
di massa 181; 237
cifre
significative 30
cinematica
relativa 135
circuitazione 169
coefficiente
d’attrito
radente 110
volvente 114
di restituzione 213
di variazione vedi dev. standard relativa
compressione 120
condizione
iniziale 39; 43; 46; 49
condizioni
ambiente 186
standard 186
conica 219; 221
contrazione di Lorentz-Fitzgerald 155
conversione
di unità 21
coordinate
cartesiane 56
estrinseche 56
intrinseche 56
polari 56
corpo
elastico 121
isolato 81
libero vedi corpo isolato
rigido 121; 235
corrente
elettrica 17
costante
di gravitazione universale 226
di Planck 13
di tempo
critica 128
elastica 121
curvatura 71
deformazione
relativa 120
densità
lineare 184
superficiale 184
volumica 184
derivata
parziale 172
deviazione
standard 27
relativa 28
diagramma
delle forze vedi diag. di corpo libero
di corpo libero 107
differenziale
totale 172
dinamica
relativa 142
dinamometro 84
eccentricità 221
eclittica 226
elettrone 89
energia
cinetica 166; 200
interna 203
meccanica 178; 201
potenziale 170; 201
del peso 171
efficace 233
elastica 171
gravitazionale 230
propria 202
equazione
cardinale, prima 188
cardinale, seconda 190
dell’oscillatore armonico 123
equazioni
cardinali 192
equilibrio 102; 175
indifferente 177
instabile 176
meccanico 102
stabile 176
statico 102
errore 26; 27
assoluto 27
casuale vedi errore statistico
di parallasse 26
medio 27
relativo 27
sistematico 26
statistico 26
esponente 24
etere 147
evento 149
fase
iniziale 54
fattore
di Lorentz 152
filo 117
ideale 117
reale 119
filosofia
naturale 11
fisica 13
atomica 14
classica 13
moderna 13; 180
quantistica 13
relativistica 13
sperimentale 180
teorica 180
fonone 133
formula
di Eulero 124
forza 84
apparente 142
centrale 101
centrifuga 144
centripeta 88
conservativa 169
d’attrito
radente 109
dinamico 109
statico 109
viscoso 115
volvente 114
di Coriolis 142
di trascinamento 142
d’inerzia 105
esterna 187
fondamentale 105
gravitazionale 226
impulsiva 205
interna 187
media 160
motrice 162
resistente 162
risultante 85
frequenza 42
futuro 33
gradiente 172
grandezza
adimensionale 19
derivata 18
fisica 11
fondamentale 17
omogenea 19
scalare 34
vettoriale 56
impulso 196
angolare 198
angolare della forza 161
della forza 159
inerzia 82
intensità
luminosa 17
interazione 81
istante 33
neutrone 89
notazione
ingegneristica 25
scientifica 24
numero
di Avogadro 17
opposizione
di fase 55
orbita 232
circolare 234
ellittica 234
iperbolica 234
parabolica 234
ordine
di grandezza 24
parametro
di scala 221
pendolo
balistico 214
conico 118
di Newton 209
semplice 126
perielio 219
perigeo 219
periodo 42; 54
peso 106
piano
orbitale 226
policristallo 89
polo 98
posizione 56
angolare 37
lineare 34
potenza
istantanea 165
media 165
precisione 26
prefisso 25
principi
di relatività 158
generali 158
semplici 158
speciali 158
principio 11
della dinamica, primo 82; 83
della dinamica, secondo 85; 92
della dinamica, terzo 96
di azione e reazione vedi terzo principio della dinamica
di conservazione
del momento angolare 100; 180; 191; 204
della quantità di moto 94; 180; 188; 204
dell’energia 180; 204
dell’energia meccanica 178
di Noether 158
di relatività 143
di relatività galileiana 83
di sovrapposizione
della massa 87
delle forze
dinamica 85
statica 82
d’inerzia vedi primo principio della dinamica
problema
dei 2 corpi 192
dei 3 corpi 192
fondamentale della meccanica 86; 90
protone 89
pulsazione 54
critica 128
eccitatrice vedi pulsazione forzante
forzante 132
naturale vedi pulsazione propria
propria 91; 123
punto
geometrico 33
materiale 33
quadratura
di fase 55
quantità
di moto 92; 187
di sostanza 17
quiete 34; 39; 45
raggio
di curvatura 71
reazione
vincolare 95
regione
elastica 120
plastica 120
relazione
di Poisson 65; 70; 137; 138
risonanza 132
rottura 120
satellite
geostazionario 227
scarto
quadratico
medio 27
scienza 11
naturale 12
sociale 12
sensibilità 30
sforzo
di rottura 120
di snervamento 120
normale 120
simultaneità 149
sistema
britannico vedi sistema FPS
CGS 20
di riferimento 33
inerziale 83
equipollente 235
FPS 20
isolato 94; 188
MKS 20
pratico vedi sistema tecnico
scientifico vedi sistema CGS
tecnico 20
snervamento 120
solido
amorfo 89
cristallino 89
spazio 33
percorso 36
spostamento 60
angolare 37
lineare 36
stabilità 176
statica 102
relativa 145
stato
di moto 92
meccanico 50
superficie
equipotenziale 175
temperatura 17
tempo 17; 33
tensione 117
teorema
del centro di massa, primo 187
del centro di massa, secondo 188
del centro di massa, terzo 194
del momento angolare 100
della quantità di moto 92
delle forze vive vedi teorema dell’energia cinetica
dell’energia cinetica 166; 200
dell’impulso 159; 197
dell’impulso angolare 161; 199
di Coriolis vedi legge composiz. accelerazioni
di Galileo vedi legge composiz. velocità
di König, primo 194
di König, secondo 195
teoria
eliocentrica 217
geocentrica 217
standard 14
traiettoria 35
trasformazioni
di Galileo 156
di Lorentz 157
trazione 120
unità
di misura 15
urto
anelastico 212
perfettamente 212
centrale 207
elastico 207
endogeno 212
esogeno 212
valore
medio 27
quadratico medio 27
varianza 27
velocità
angolare 65
istantanea 42
media 42
areolare 101; 223
assoluta 137
della luce 13; 15; 87; 147; 221
dell’origine 137
di fuga 231
di trascinamento 138
istantanea 61
lineare
istantanea 39
media 38
media 61
relativa 137
vettore
di Runge-Lenz 220
vincolo 95
bilatero 95
liscio 95; 109
monolatero 95
scabro 95; 109
viscosità 115