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L' Elettrone Nella Scatola PDF
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pag
Richiami di Matematica 1
Capitolo 1 L’atomo 8
Prime Teorie 8
Teoria di Bohr 9
Dualismo onda corpuscolo 12
Trattazione Ondulatoria 13
Gli Orbitali 15
Massa atomica e mole 25
Aufbau 26
Tavola Periodica 28
Capitolo 2 Le Molecole 34
Termini e simboli 34
Teoria VB 34
Teoria Orbitali Molecolari 36
LCAO 36
Orbitali Ibridi 48
Teoria Vsepr 54
I Legami 58
Legame Covalente 58
Legame Dativo o di coordinazione 60
Legame Ionico 61
Legame ad elettroni delocalizzati 63
Legame Metallico 64
Legami intermolecolari 65
Colore 68
Nomenclatura 70
a/b=(a•c)/(b•c) a/b=(a/c)/(b/c)=(a/c)•(c/b)
(a+b)/(a-b)=(c+d)/(c-d)
am x an = a(m + n ) am / a n = a(m − n)
(am)n = am × n (ab)n = an x bn an / b n = an / b n
Logaritmi
logaritmo
antilogaritmo=(base)
y=10x x=log y
log 1=0
log 10=1
log 102=2
Log 103=3
Equazioni
I grado
ax +b= 0 x=-(b/a)
II grado
ax² + bx + c= 0
______
-b+√(b²-4ac)
x(1,2)=
2a
2
Equazione di una retta
y = mx + q
Rappresentazione grafica:
Funzioni
y=f(x)
Limiti
Consideriamo un funzione tipo y- x³-6x²+15x -14 essa esiste per ogni valore di x
X-2
Diverso da 2, per x = 2 assume la forma 0 che è priva di significato,diamo allora ad
0
x dei valori sempre più prossimi a 2(sia a destra che a sinistra di 2) e riportiamo in
una tabella i dati es x y
1,83 3,0289
1,96 3,0016
2,15 3,0225
2,07 3,0049
Possiamo dire allora che
lim x³-6x²+15x -14 = 3
x→2 X-2
trigonometria
senα - tg α
cosα
Derivate
Quando vogliamo vedere come varia una funzione f(x) per una variazione
infinitesima dx della variabile x ricorriamo alle derivate
df(x)
dx
Quando una funzione f dipende da due variabili x e y fra loro indipendenti, per
indicare la variazione di una di essi tenendo costante l’altra si ricorre alla derivata
parziale:
Integrali
∫ f(x)dx = x + c
Esempi: ∫ xdx = 1x² +c ; ∫ 1dx = log x | + c
2 x
b b
∫ f(X)dx = [f(x)] = f(b)-f(a) questo è un integale definito,si usa ad esempio per
a a calcolare un’area
Equazioni differenziali
Un'equazione dfferenziale è un'equazione in cui compaiono la funzione incognita y(x) assieme
ad alcune sue derivate
y‘(x) = a(x)y(x) + b(x)
Detto in parole molto semplici,risolvere (o integrare) una equazione differenziale significa trovare
la funzione che soddisfa l’equazione differenziale(il procedimento richiede buone conoscenze
matematiche).
Ad esempio, per
y′ + 3y = 6 con y(0) = 4
−3x
la funzione che soddisfa l’equazione è y(x) = 2 e + 2
6
Tabella Unità di Misura (S.I.)
Grandezza Fisica Sistema S.I.
Lunghezza metro (m)
Massa chilogrammo (kg)
Tempo secondo (s)
Velocità m/s
Accelerazione m/s2
Lavoro od Energia joule (J)
Potenza watt (W)
Potenziale elettrostatico volt (V)
Carica elettrica coulomb (C)
Intensità di corrente ampere (A)
Intensità del campo elettrico V/m
Resistenza ohm ()
Capacità farad (F)
Induzione elettrica C/m2
Flusso magnetico weber (Wb)
Induzione Magnetica tesla (T)
Intensità del campo magnetico A/m
Mutua induzione e autoinduzione henry (H)
CAPITOLO 1
L’ Atomo
1.1 Prime teorie
Acqua,aria,terra e fuoco secondo i “chimici primitivi“,erano i costituenti della materia.Dalton nel
1800 sosteneva che l’atomo ne fosse la più piccola parte .In seguito, Thompson, disse che l’atomo si
presenta neutro perché contiene particelle positive e negative in ugual numero.
fig 1
Il primo modello atomico si deve a Rutherford,che nel 1911 , a conclusione delle sue ricerche
propose per l’atomo una struttura “planetaria”(fig 2),dato che somigliava ad un sistema di pianeti .
Egli rappresentò l’atomo nel seguente modo:
a) al centro un nucleo nel quale risiede la quasi totalità della massa dell‘atomo,a carica elementare
positiva , in numero costante per ogni specie atomica(numero atomico)
b)ruotanti attorno al nucleo ci sono gli elettroni,con carica negativa in numero uguale a quello delle
cariche elementari positive del nucleo in modo da avere neutralità:
Fig 2
Questo è un modello dinamico,poiché considera gli elettroni in moto intorno al nucleo.non si
poteva ammettere un modello statico dato che un sistema di cariche elettriche libere e ferme non
può essere in equilibrio.
Questo modello spiegava alcune cose ma era in disaccordo con la teoria elettromagnetica
classica,infatti secondo questa ultima,gli elettroni che si muovono nel campo elettrico del
nucleo,dovrebbero irradiare onde elettromagnetiche e cadere in tempo breve sul nucleo.
Invece dallo spettro di emissione dell’idrogeno si vedeva che ciò non avveniva.
La scoperta del neutrone si deve al fisico inglese James Chadwick nel 1932. Era un collaboratore di
Rutherford
La scoperta del neutrone si deve al fisico inglese Chadwick (Nobel 1935), il quale fornì una nuova interpretazione degli esperimenti effettuati da
Bothe e Becker (1930) e dai coniugi francesi Joliot-Curie (1932), bombardando bersagli di boro e di berillio con le particelle α (nuclei di elio)
emesse dal radio.Bothe e Becker e Joliot-Curie pensavano che il bombardamento con particelle α determinasse l'emissione di fotoni α di alta
energia da parte dei nuclei di B e Be; invece le prove teorico-sperimentali prodotte da Chadwick, evidenziarono l'esistenza del neutrone nei nuclei
atomici, che anteriormente al 1932 si riteneva fossero costituiti da protoni ed elettroni.Il neutrone è privo di carica elettrica ed ha una massa circa
uguale a quella del protone
Vito Ribecco
h
mvr = n (1)
2π
1 qq’
F= • (2)
4π e° r²
e²/r²=mv²/r (5)
Ricavando dalla (1) il valore r² sostituendolo nella (5) si ha
r= n² ___h²___ (6)
π²me²
4π
Abbiamo che per n=1 r= 0,53•10-8 cm =0,053nm(raggio di Bohr)
per n=2 r= 0,212 nm
per n=3 r= 0,477 nm
Fig 3
Perciò l’unico elettrone dell’idrogeno può ruotare attorno al nucleo solo a queste
distanze(quantizzazione del raggio).Queste “orbite” sono quindi circolari.Ad ogni orbita
corrisponde un valore dell’energia(anche questa quantizzata) dell’elettrone che la percorre :
E=T+V (7)
Dove T è l’energia cinetica 1/2 mv² (m= massa v= velocità) che in base alla (5) si può scrivere
e²/2r
e V è l’energia potenziale -e²/r (e = carica dell’elettrone r= raggio dell’orbita)
L’energia cinetica è dovuta al movimento,quella potenziale(rappresenta la capacità di compiere
lavoro) origina dalla posizione di un corpo rispetto ad un ‘altro,nel nostro caso dell’elettrone
rispetto al protone,si mette il segno - perché da distanza infinita a distanza r l’energia potenziale
diminuisce:immaginate un libro che cade dalla scrivania ,e uno che cade dal terzo piano della
scuola,quale ha più energia potenziale?
La ( 7) diviene
E= -e²/r + e²/2r
Sostituendo ad r il valore ricavato dalla (6),e ri arrangiando la (7) diviene
1 π²me4
2π
E= - •
n² h²
10
n sappiamo che è il numero quantico principale(n=1,2,3.….solo valori interi),se forniamo energia
all’elettrone che si trova ad esempio nello stato stazionario caratterizzato da n=1 questa sarà
assorbita solo se è sufficiente a far saltare l’elettrone allo stato energetico caratterizzato da n con
valore intero definito..
L’elettrone poi torna spontaneamente allo stato con minor energia riemettendo sotto forma di
radiazione l’energia precedentemente assorbita .
Poiché Einstein dimostrò che ad una radiazione di frequenza ν è associato un quanto di energia ε
meglio detto fotone ,definito da
ε =hνν (8)
Dove h è la costante di Planck = 6,63•10-34 J•s
Per fornire energia radiante all’elettrone è necessario servirsi di una radiazione di opportuna
frequenza.
Successivamente Sommerfeld analizzando gli spettri di emissione dell’ atomo dell‘idrogeno(fig 5),
per giustificare alcuni “segnali“(righe spettrali),ipotizzò che le orbite non fossero solo circolari ma
anche ellittiche,e fu necessario introdurre un secondo numero quantico l,numero quantico
angolare,che determinasse la forma dell’ellisse. Sommerfeld dimostrò che il valore di l può
assumere valori interi compresi fra 0 ed n-1.
Quindi per n(numero quantico principale) = 2
l può assumere i valori 0 ed 1 a cui corrispondono due orbite di diversa forma. e di diversa energia
.
Fig 4
In seguito si vide che comparivano altri “segnali”nello spettro di emissione dell‘idrogeno ,se
Fig 5
11
durante l’eccitazione gli atomi venivano sottoposti ad un campo magnetico esterno(effetto
Zeeman)Si introdusse quindi il terzo numero quantico,numero quantico magnetico, che può
assumere valori 0 ,+1,+2,….,+ l.In fine altri “segnali” indussero a ritenere che l’elettrone ruotasse su
se stesso e fu introdotto il quarto numero quantico numero quantico magnetico di spin o
semplicemente spin che può assumere solo valori di +½..Si arrivò alla conclusione che in un
atomo,o in una molecola costituita da più atomi, non vi possono essere due elettroni con gli stessi
numeri quantici, cioè su un livello energetico vi possono essere al massimo due elettroni con spin
opposti Principio di esclusione di Pauli.
1.3 Dualismo onda corpuscolo
Qualcuno suggerì, su basi puramente teoriche, che anche fasci di particelle in moto
potessero dar luogo a fenomeni di tipo ondulatorio
Gli aspetti corpuscolare e ondulatorio delle particelle non sono contemporanei,
ma complementari, ovvero si rivela l’uno o l’altro aspetto a seconda delle
condizioni :Vediamo prima cos’è un onda(fig 6)
Fig 6
La definizione più semplice possibile di un'onda è questa: qualcosa che "si agita" nel tempo e nello
spazio. . Tutte le onde hanno le seguenti caratteristiche:
Ampiezza: l'intensità della vibrazione. Frequenza: il numero di volte che vibra nell'unità di tempo.
Lunghezza d'onda: la distanza percorsa dall'onda tra due punti ripetitivi di una forma d‘onda(es
massimo del picco). Una delle proprietà più interessanti delle onde è che quando due onde passano
l'una attraverso l'altra, i loro effetti si sommano(interferenza. ).
Data un'onda che si propaga con una certa velocità attraverso un materiale, se si aumenta la
frequenza dell'onda, la distanza tra i picchi diminuisce (cioè diminuisce la lunghezza d'onda). In
termini matematici, frequenza e lunghezza d'onda sono inversamente proporzionali.
12
Per un fotone,
E = hν = mc² (9)
Ma poichè, ν = c/λ (10)
λ = h/mc (11)
dove E è l’energia, c è la velocità della luce, h la costante di Planck ν la frequenza ed m la massa
Ad ogni particella in moto che abbia una quantità di moto , è associata una lunghezza d’onda, λ:
Bombardando un cristallo di Nichel ,con un fascio di di elettroni di apposita energia, o con dei
raggi X,si ottenevano gli stessi effetti di diffrazione
La Diffrazione , è un fenomeno tipicamente ondulatorio per il quale un'onda che attraversa una
piccolissima fenditura o che supera lo spigolo vivo di un corpo, anziché procedere nella direzione
iniziale, si sparpaglia seguendo percorsi diversi. Perché la diffrazione sia evidente è necessario che
le dimensioni della fenditura siano paragonabili a quelle della lunghezza d’onda della radiazione
incidente.In quegli anni si era scoperto anche l’effetto fotoelettrico :Emissione di elettroni (detti
fotoelettroni ) da un metallo irradiato con radiazione di frequenza opportuna (fig 7)
Fig 7
Aumentando l’intensità della radiazione incidente,l’energia massima dei fotoelettroni non cambia.
ma aumenta il numero dei fotoelettroni. Aumentando la frequenza della radiazione incidente
vengono emessi fotoelettroni esclusivamente al superamento di
una frequenza caratteristica (soglia).Questi fenomeni si spigano solo ammettendo il dualismo onda
corpuscolo.
1.4 Trattazione ondulatoria
Quindi l’elettrone,entità ben definita nella teoria quantistica,nella teoria ondulatoria perde la sua
individualità e risulta delocalizzato in un onda..Le leggi della fisica classica non andavano bene per
l’atomo nacque così una nuova disciplina: la meccanica quantistica.
Nel 1927 Werner Heisenberg dimostrò che esiste un limite alla precisione con la quale possiamo
misurare contemporaneamente coppie di grandezze collegate
quali posizione e velocità di una particella :Principio di indeterminazione di Heisenberg
∆x•∆v >h / π4m (12)
Dove ∆x è la variazione dello spazio e ∆v è la variazione della velocità di una particella durante una
traiettoria
Per una particella di massa “grande” (ad es. una palla da biliardo) la precisione
raggiungibile sia nella misura della posizione che di quella della velocità è molto elevata;
Per una particella di massa “piccola” (ad es. un elettrone), se si effettua la
misurazione della posizione (o della velocità) con una precisione “accettabile”,
13
la precisione sulla misurazione della velocità (o della posizione) sarà molto più grande
del risultato della misurazione stessa : non è possibile definire la traiettoria della
particella, cioè conoscere in ogni istante posizione e velocità della particella stessa.
Il modello ondulatorio permette di stabilire le zone dello spazio intorno al nucleo di un atomo,dove
è massima la probabilità di trovare l’elettrone.Come si può razionalizzare il tutto? Immaginiamo di
mettere un elettrone in una scatola *
Fig 8
Fig 9
l 0 1 2 3
Simbolo s p d f
ψ (n, l, m)
Un orbitale può ospitare al massimo due elettroni,e noi già sappiamo che avranno spin opposto(
Principio di esclusione diPauli)
Esiste quindi il quarto numero quantico, riferito però solamente all’elettrone:ms (numero quantico
di spin) = ± ½ :definisce il moto di rotazione su se stesso dell’elettrone
Fig 10
Tanto che a seconda del senso di rotazione dell’elettrone, nel caso dell’atomo di idrogeno si parla
di idrogeno orto e idrogeno para.
16
Ricapitolando i numeri quantici
Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n².La funzione d’onda non è altro
che una funzione matematica , che può assumere valori positivi, negativi, nulli o immaginari. Di
conseguenza, non le si può attribuire alcun significato fisico.
La funzione d’onda contiene tutta l’informazione che si può avere circa la posizione della particella
e il moto che essa descrive. Dove la funzione d’onda, o meglio il suo quadrato, ha
un valore elevato, la probabilità di trovare la particella è alta; dove invece il quadrato della funzione
d’onda ha un valore basso, la particella si trova di rado
In realtà ψ² esprime una densità di probabilità, dato che per ottenere la probabilità bisogna integrare
sul volume poiché l’elettrone (se c‘è), si trova comunque sempre in qualche parte dello spazio,la
probabilità
totale, cioè estesa a tutto lo spazio (V = ∞) deve essere uguale a 1:
V=+∞
∫ψ²dV = 1 (20)
V= -∞
Questa condizione pone dei vincoli alla forma della funzione d’onda; in
particolare spiega il motivo per cui ψ deve annullarsi all’infinito.
Bene ora risolvete l’equazione di Schrödinger !!!
17
Fig 11
esse
servono a identificare un punto nello spazio, una volta fissata una terna di assi cartesiani (x, y e z).
Un punto P è individuato dalla terna r, θ e ϕ dove:
r è chiamato raggio vettore (distanza PO)
θ è chiamato distanza zenitale o colatitudine (angolo formato da PO con l'asse z, dove O è l'origine
degli assi)
ϕ si chiama azimut o longitudine (angolo formato da OH con l'asse x dove H è la proiezione
ortogonale del punto P sul piano xy)
La terna (r,θ , ϕ) è legato alla terna delle coordinate cartesiane(x, y, z) dalle seguenti espressioni:
x=r senθ cos ϕ (21)
y=r senθ sen ϕ (22)
z=r cosθ (23)
r = 0…∞ θ= 0…π ϕ = 0…2π,
In definitiva trasformando le coordinate cartesiane in coordinate polari, la ψ sarà espressa in
funzione di r, θ, ϕ:
ψ(r, θ, ϕ) = R(r) Θ(θ) Φ(ϕ ϕ) (24)
La funzione ψ si compone quindi di due parti:1) R(r) parte radiale della funzione d’onda,che dà la
dipendenza di ψ dalla distanza dell’elettrone dal nucleo;
2) Θ(θ) Φ(ϕ): parte angolare della funzione d’onda, dà la dipendenza di ψ dalla direzione lungo la
quale l’elettrone viene “visto” dal nucleo. Nella tab1vengono riportate le funzioni d’onda soluzioni
dell’equazione di Schrödinger(per l’atomo di idrogeno)
18
Tab 1
Quindi per n=1 l=0 m=0 c’è un’unica funzione(polinomio di grado zero) che soddisfa
l’’equazione di Schrödinger : questo è l’orbitale 1s ψ(1,00)
Fig 12
Nella figura 12 a sinistra abbiamo la funzione d’onda ψ in funzione del raggio,a destra abbiamo il
quadrato della funzione d’onda ψ² in funzione del raggio.
Nella fig 13 invece c’è la funzione di distribuzione radiale che ci fornisce la probabilità di trovare
l’elettrone in funzione della distanza dal nucleo e delimita la forma dell’orbitale
4πr²ψ²
Fig 13
la distanza r = 0.53 Å è la stessa dell’atomo di Bohr, ma qui è la distanza a cui si ha la massima
probabilità di trovarlo,il modello di Bohr prevedeva che l’elettrone potesse trovarsi solo a questa
distanza
20
Quindi l’orbitale 1s che forma ha?
Fig 14
Fig 15
21
Per n =2 (Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) abbiamo 4 Funzioni che soddisfano
l’’equazione di Schrödinger e sono:
l=0 m=0 ψ(2,00) (polinomio di grado zero)
Che è l’orbitale 2s .Esso a differenza dell 1s presenta uno zero nella curva di probabilità
Fig 16
Ogni zero della curva genera una superficie nodale, cioè una zona in cui la probabilità di
trovarel’elettrone è zero. Ecco che esso sarà sempre di forma sferica ma un pò più grande
dell’1s
Fig 17
Altre tre funzioni (polinomi di primo grado ) si hanno per l=1 dove i valori di m= 1, 0 , -1
ψ(2,1,1) ψ(2,1,0) ψ(2,1,-1)
22
Sono gli orbitali 2p di forma simile tra loro,a due lobi, ma con tre diverse orientazioni.:Come
vediamo dalla curva di probabilità fig n 18 ,presentano un nodo per r=0,quindi ognuno di loro
presenta un piano nodale, hanno distribuzione simmetrica , quindi la loro forma è ad 8
22
Fig 18
le tre orientazioni spaziali possibili lungo i tre assi
Fig 19
23
Fig 20
Per n=3(Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) avremo 9 funzioni che soddisfano
l’’equazione di Schrödinger e sono:
n=3 l=0 m=0 l’orbitale 3s ,( che presenta due nodi ed è quindi più grande del 2s ed è sempre un
polinomio di grado zero) ψ(3,0,0)
Per n=3 l= 1 m= 1 ,0 -1 3 orbitali 3p(anch’eesi più grandi dei 2p,polinomi di primo grado )
ψ(3,1,1) ψ(3,1,0) ψ(3,1,-1)
Per n= 3 l= 2 m= 2,1,0 -1,-2 le 5 funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger sono i 5
orbitali 3d (polinomi di secondo grado )
ψ(3,2,2) ψ(3,2,1) ψ(3,2,0) ψ(3,2,-1) ψ(3,2,-2)
essi hanno 4 lobi
Fig 21
Notare che le funzioni che danno vita agli orbitali dx²-y² e dx² derivano da una combinazione
matematica di 3 funzioni tra loro correlate ecco perché hanno una forma in apparenza diversa dagli
altri 3; 3dxy 3dxz 3dyz e 3dx² -y² hanno ognuno 2 piani nodali, mentre il dx² ha una superficie
nodale conica con il vertice all'incrocio degli assi cartesiani
Per n = 4 (Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) avremo 16 funzioni che soddisfano
l’’equazione di Schrödinger e sono:
n=4 l=0 m=0 l’orbitale 4s (con dimensione maggiore del 3s ,polinomio di grado zero) ψ(4,0,0)
Per n=4 l= 1 m= 1 ,0 -1 3 orbitali 4p(anch’essi più grandi dei 3p,polinomi di primo grado )
ψ(4,1,1) ψ(4,1,0) ψ(4,1,-1)
Per n= 4 l= 2 m= 2,1,0 -1,-2 5 orbitali 4d(anch’eesi più grandi dei 3d,polinomi di secondo
grado)
ψ(4,2,2) ψ(4,2,1) ψ(4,2,0) ψ(4,2,-1) ψ(4,2,-2)
Per n= 4 l= 3 m= 3.2,1,0 -1,-2 ,-3 le funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger , sono i
7 orbitali 4f(polinomi di terzo grado)
Fig 22
Per n=5(Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) 25 funzioni.…………………….ci saranno
in più 9orbitali 5g ecc
Il gioco va avanti all’infinito…………………………
In un atomo di idrogeno,in assenza di campi esterni,magnetici o elettrici ,è essenzialmente il valore
del numero quantico n che determina il valore dell’energia degli elettroni..Chiaramente essa và
in ordine crescente all’aumentare di n.Spesso per indicare n=1,n=2,n=3 ecc si usano le lettere K
L M ecc.
1.6 Massa atomica e mole
Come indichiamo un atomo
A
quindi 2s e 2p non sono degeneri e l’elettrone nel Litio occuperà quello a più bassa energia : il 2s,
(2s1 )Nell’atomo succesivo(sempre col giochetto aggiungiamo elettrone protone neutone),il Berillio
l’ulteriore elettrone occuperà con spin antiparallelo il 2s(2s²),Nel succesivo atomo,il Boro l’
ulteriore elettrone potrà occupare indifferentemente uno dei 3 orbitali 2p(sono degeneri) 2s² 2p1.Nel
Carbonio un altro dei 2p(con Spin parallelo) 2s²2p²,Idem per l’azoto2s²2p3.L’elettrone
successivo,nell’ossigeno,dato che gli orbitali 2p sono tutti e 3 pieni a metà ,si disporra in uno dei tre
con spin antiparallelo 2s²2p4.Stessa cosa farà l’ulteriore elettrone nel Fluoro 2s²2p5,e l’ulteriore
ancora nel Neon.2s²2p6.Abbiamo quindi completato il secondo livello energetico (con n=2).Il
Successivo atomo, il sodio avrà un elettrone nel 3s e così via:Gli orbitali ,3d sempre per il discorso
della penetrabilità verranno riempiti non dopo i 3p ma dopo l’orbitale 4s .
26
4p ___
3d _____
4s _
3p ___
3s _
2p _ __
2s _
1s _
Fig 23
L’ordine di riempimento in definitiva sarà:
27
Fig 24
Esempi:
Elemento n. elettroni Configurazione elettronica
He 2 1s2
Li 3 1s22s1
Be 4 1s22s2
O 8 1s22s22p4
Cl 17 1s22s22p63s23p5
K 19 1s22s22p63s23p64s1
Ca 20 1s22s22p63s23p64s2
Sc 21 1s22s22p63s23p64s23d1
Tab 2
29
Fig 26
I gruppi in tutto sono 8 ;nella tavola periodica da sinistra a destra abbiamo I(metalli
alcalini),II(metalli alcalino terrosi),III,IV,V VI(calcogeni),VII(alogeni),.gruppo zero( gas nobili),per
la distinzione metalli, non metalli, metalloidi, ecc vedi fig 25 .Il numero del Gruppo indica il
numero di elettroni presenti nella configurazione elettronica esterna degli atomi del gruppo
stesso.Dato che sono gli elettroni esterni di un atomo quelli che entrano in gioco nei fenomeni
chimici,le propietà chimiche degli atomi di un medesimo gruppo presentano analogie.Gli elementi
di uno stesso periodo,i cui atomi hanno configurazione elettronica esterna che varia con regolarità
lungo il periodo,sono caratterizzati da una parallela variazione regolare delle proprietà
chimiche.Notiamo anche che poiché aumentando le dimensioni degli atomi diminuisce l’energia
con cui gli elettroni esterni sono legati al nucleo,man mano che si scende in uno stesso gruppo
diminuiscono i valori dell’elettronegatività.L'elettronegatività è una misura della capacità di un
atomo di attrarre elettroni quando prende parte ad un legame chimico.Essa dipende dalla seguente
relazione:
Elettronegatività Zeff/r²,dove per Zeff è la carica nucleare effettiva ed r il raggio.Si indica come
carica nucleare effettiva per un dato elettrone,quel valore di carica nucleare che eserciterebbe la
stessa forza attrattiva sullo stesso elettrone,in assenza degli elettroni di schermo(interposti tra esso
ed il nucleo) .Quindi la carica nucleare effettiva rappresenta una misura del campo elettrico esterno
di un atomo:
l’elettronegatività nello stesso gruppo diminuicse dall’alto in basso e nello stesso periodo aumenta
andando verso destra fino al VII gruppo(alogeni),con eccezione dei gas nobili che sappiamo essere
molto stabili
La scala più usata per l’elettronegatività è quella di Pauling:
30
Atomo Elettronegatività
F 3,98
O 3,5
Cl 3,15
N 3,05
C 2,60
S 2,60
P 2,15
H 2,2
Si 1,9
Li 1,00
Tab 3
Invece i valori dell’energia di ionizzazione ,cioè l’energia minima richiesta per strappare ad un
atomo un elettrone e portarlo a distanza infinita,man mano che si scende lungo uno stesso gruppo
divengono minori;mentre nello stesso periodo andando ,verso destra diventano maggiori
31
Fig 27
Gli elementi che si trovano tra il secondo gruppo(alcalino terrosi) ed il terzo gruppo prendono il
nome di elementi di transizione:
Prima serie dallo scandio allo zinco(sono 10,passando da uno a l’altro osserviamo il riempimento
degli orbitali 3 d)
Seconda serie dall’ittrio al cadmio (riempimento degli orbitali 4 d)
Terza serie dal Lantanio al Mercurio (riempimento degli orbitali 5 d)
Essi manifestano proprietà chimiche molto simili
32
Elementi chimici e simboli in ordine alfabetico
AFNIO Hf ALLUMINIO Al AMERICIO Am ANTIMONIO Sb ARGENTO Ag
ARGO Ar ARSENICO As ASTATO At ATTINIO Ac AZOTO N BARIOBa
BERILLIO Be BERKELIO Bk BISMUTO Bi BORO B BROMO Br
CADMIO Cd CALCIO Ca CALIFORNIO Cf CARBONIO C CERIO Ce
CESIO Cs CLORO Cl COBALTO Co CRIPTO Kr CROMO Cr
CURIO Cm DISPROSIO Dy EINSTENIO Es ELIO He ERBIO Er
EUROPIO Eu FERMIO Fm FERRO Fe FLUORO F FOSFORO P
FRANCIO Fr GADOLINIO Gd GALLIO Ga GERMANIO Ge IDROGENO H
INDIO In IODIO I IRIDIO Ir ITTERBIO Yb ITTRIO Y LANTANIO La
LAWRENZIO Lr LITIO Li LUTEZIO Lu MAGNESIO Mg
MANGANESE Mn MENDELEVIO Md MERCURIO Hg MOLIBDENO Mo
NEODIMIO Nd NEON Ne NETTUNIO Np NICHEL Ni NIOBIO Nb
NOBELIO No OLMIO Ho ORO Au OSMIO Os OSSIGENO O
PALLADIO Pd PIOMBO Pb PLATINO Pt PLUTONIO Pu
POLONIO Po POTASSIO K PRASEODIMIO Pr PROMEZIO Pm
PROTOATTINIO Pa RADIO Ra RADON Rn RAME Cu RENIO Re
RODIO Rh RUBIDIO Rb RUTENIO Ru SAMARIO Sm SCANDIO Sc
SELENIO Se SILICIO Si SODIO Na STAGNO Sn STRONZIO Sr
TALLIO Tl TANTALIO Ta TECNEZIO Tc TELLURIO Te
TERBIO Tb TITANIO Ti TORIO Th TULIO Tm TUNGSTENO W
URANIO U VANADIO V XENO Xe ZINCO Zn ZIRCONIO Zr
ZOLFO S
Vito Ribecco CAPITOLO 2
Grazia Maria Putignano
Le Molecole
2.1 Termini e simboli
Nelle condizioni usuali, solo raramente gli elementi esistono come atomi isolati, essi piuttosto si
uniscono fra loro dando molecole in cui il numero degli atomi può variare da due (ad es.
azoto e ossigeno molecolare) a un numero estremamente grande(ad es. diamante, silice, cloruro di
sodio).Le interazioni che portano gli atomi a formare molecole vengono dette legami
chimici(vedremo in avanti i vari tipi)
Il legame fra due atomi X e Y viene indicato con un trattino ,se doppio con due trattini =,se triplo
con tre = ,di ogni atomo vengono indicati solo gli elettroni dello strato esterno, Le coppie di
elettroni si chiamano doppietti elettronici(lone pairs).I doppietti eletronici non condivisi si indicano
con 2 puntini .. o con un trattino - (formule di Lewis) es
..
:X Y:
Gli atomi X e Y mettendo in comune ognuno un elettrone formano il legame, x ha due doppietti
elettronici non condivisi y uno.Una volta scritta la molecola si procede con la conta degli elettroni:
ogni atomo deve avere intorno a se lo stesso numero di elettroni che aveva prima del legame,se ne
ha uno in più si aggiunge,all’elemento in questione un segno -,se ne ha uno in meno si aggiunge il
segno +(se la differenza è di due ,due segni …)chiaramente dei due elettroni impegnati in un
legame,nella conta, se ne attribuisce uno per atomo es
+ -
:X=Y:
Per capire quello che succede nelle molecole ci serviamo di due teorie VB e OM.
2.2 Teoria VB
VB (valence bond, )La “valenza” di un atomo rappresenta il numero di elettroni del livello
energetico più esterno*, che risultano spaiati, e che possono quindi essere coinvolti nella
formazione di legami con altri atomi.
H (Z = 1) 1s1 ↑ H 1 legame
---------------------------------------------------------------------
He (Z = 2) 1s² ↑↓ He nessun legame(gas nobile stabile)
---------------------------------------------------------------------
↑ ↑ C 2 legami
C (Z = 6) [1s2]2s² 2p 2 ↑↓
-----------------------------------------------------------------------
↑ ↑ ↑ N 3 legami
N (Z = 7) [1s2]2s² 2p³ ↑↓
--------------------------------------------------------
↑↓ ↑ ↑ O 2 legami
O (Z = 8) [1s2]2s² 2p 4 ↑↓
Tab 1
HA: HB ↔ HA : HB
(queste si chiamano formule di risonanza vedi oltre) ,quindi
r r
A B
+ +
R
B
A Fig 1
L' equazione di Schrödinger per le molecole, anche per quelle pù semplici, appare notevolmente
complicata
Le funzioni d'onda Ψ soluzioni dell'equazione di Schrödinger sono in funzione di tutte le variabili
elettroniche e nucleari,tutto troppo complicato….
Bisogna quindi ricorrere a metodi approssimativi,secondo l’approssimazione di Born-Oppenheimer
tutti gli elettroni della molecola risentono dell’attrazione di tutti i nuclei, che si considerano fissi
nelle loro posizioni di equilibrio Tale approssimazione è una tecnica usata in chimica quantistica
fatta al fine di disaccoppiare i moti di nuclei ed elettroni ,per separare le variabili corrispondenti al
moto nucleare e le coordinate elettroniche nella equazione di Schrödinger .
Essa si basa sul fatto che le tipiche velocità elettroniche sono molto maggiori di quelle nucleari.
Quindi gli elettroni di una molecola vengono descritti da funzioni d’onda dette orbitali molecolari
le cui superfici limite si estende su tutta la molecola.Le superfici limite degli orbitali molecolari
sono sempre policentriche, abbracciando tutti i nuclei della molecola, a differenza di quelle degli
Orbitali Atomici che sono monocentriche, ovvero riferite a un solo nucleo Gli elettroni sono,
almeno in linea di principio, delocalizzati su tutta la molecola; secondo questo modello ciascun
elettrone contribuisce a tenere insieme tutti i nuclei della molecola..
Comunque, ad ogni orbitale molecolare sono associati tre numeri quantici n, l, λ (quest’ultimo
sostituisce il quanto magnetico m che si aveva nel caso di orbitali atomici), i quali ne definiscono
l'energia e la forma; inoltre ad ogni elettrone in un dato orbitale molecolare è associato il quarto
numero
quantico, di spin ms, che può assumere i due valori ± ½.
2.3.1 LCAO
Il metodo della combinazione lineare di orbitali atomici (Linear
Combination of Atomic Orbitals, LCAO),è il più usato, consiste nel ricavare le funzioni
d’onda monoelettroniche Ψ di una molecola combinando linearmente le
funzioni d’onda ψ degli atomi che formano la molecola.
Dalla combinazione di due orbitali atomici si ottengono sempre due orbitali
molecolari. Dalla combinazione di n OA si ottengono n OM, i cui livelli energetici
possono essere tutti distinti o anche in parte coincidenti (orbitali degeneri)
Requisiti fondamentali per LCAO
1) gli orbitali atomici devono avere energie molto simili
2) gli orbitali atomici devono sovrapporsi il più possibile alla distanza di legame (criterio della
massima sovrapposizione)
3) gli orbitali atomici devono avere la stessa simmetria rispetto all’asse internucleare
Fig 2
La forza di un legame dipende dalla misura in cui si realizza la sovrapposizione dei due
orbitali;matematicamente in un certo punto r si calcola l’integrale di sovrapposizione
S= ∫ψΑ(r) ψ Β(r) dτ (8)
Prendiamo ad esempio il caso in cui un orbitale 1s si sovrappone al fianco di un orbitale 2p(primo
caso in alto a sinistra),dove la funzione ψ del 2p è positiva ,il prodottoΨ1s(r) Ψ2p(r) può risultare
apprezzabile,ma nel punto simmetrico dove la ψ del 2p è negativa, il prodotto presenta la stessa
grandezza,ma di segno opposto ,per cui i due contributi si sommano ed il risultato è zero:quindi non
c’è sovrapposizione.
E’ necessario ribadire, che i segni + e - che compaiono ad esempio nelle fig 2 sono segni che
indicano se la funzione d'onda è positiva o negativa (non c'entrano assolutamente nulla con
questioni di
carica elettrica)
Nel caso di una molecola biatomica AB si ottiene
Ψ+AB = ψA + ψB (9)
Ψ-AB = ψA - ψB (10)
cui corrispondono i due orbitali molecolari:
ψ+ = ψA + ψB (11)
ψ− = ψA − ψB
l'orbitale molecolare ψ+ , corrispondendo ad un addensamento degli elettroni nella zona
Internucleare
con conseguente schermaggio delle stesse cariche positive dei nuclei, sarà un
orbitale molecolare legante a cui corrisponde un valore energetico
minore di quello dei singoli orbitali atomici ψA e ψB .
Al contrario, l'orbitale molecolare ψ− sarà antilegante ed avrà un
valore energetico maggiore di quello dei singoli orbitali atomici ψA e ψB;
a questa maggiore energia ,corrisponderà una posizione degli elettroni non
più nello spazio internucleare, con la conseguenza che non c'è più un
efficace schermaggio alla repulsione tra le cariche positive dei nuclei.
Un confronto qualitativo fra le energie degli orbitali atomici ψA e ψB
dell'orbitale legante ψ+ e di quello antilegante ψ− è mostrato in figura 3
Fig 3
In definitiva, poiché ad energia più bassa corrisponde una più elevata stabilità, nella formazione di
una molecola, o gli elettroni occupano un orbitale molecolare di tipo ψ+ , oppure gli elettroni che
eventualmente si venissero a trovare nell'orbitale ψ− tenderebbero a tornare nella situazione di
maggiore stabilità: tornerebbero cioè nei loro orbitali atomici ψΑ e ψΒ a cui compete minore
energia di ψ− con conseguente non formazione della molecola.
Ricordiamo che nel caso atomico gli orbitali vengono indicati con s, p,d, f, ... a seconda del valore
del numero quantico secondario l:
l 0 1 2 3 ...
nome s p d f ...
Nel caso molecolare gli orbitali vengono indicati con σ, π, δ, φ, ... (leggi: sigma, pi greco, delta,
fi, ...) a seconda del valore assoluto (cioè: indipendentemente dal segno) del numero quantico
magnetico λ che, corrisponde al numero quantico m del caso atomico:
λ 0 ±1 ±2 ±3 ...
Nome σ π δ φ ...
L'ulteriore distinzione dell'orbitale in legante o antilegante la si fa ponendo
un asterisco in alto a destra del simbolo dell'orbitale antilegante(si legge star). La tavola
precedente può così venire integrata considerando la suddetta divisione
38
degli orbitali in leganti o antileganti:
λ 0 ±1 ±2 ±3 ...
orbitali leganti σ π δ φ ...
orbitali antileganti σ∗ π∗ δ∗ φ∗ ...
Gli orbitali molecolari sono orbitali a tutti gli effetti ,quindi anche per loro vale quanto detto per gli
orbitali atomici,per lo spin e per tutto il resto per cui ψ+(n,l,λ) e ψ−(n,l,λ) .(in alcuni testi potete
trovare ψ e ψ∗ anziché ψ+ e ψ−).
Quali orbitali atomici si sono combinati per originare questi orbitali molecolari ? Ad esempio, per
avere un orbitale σ quali orbitali atomici si devono combinare ? e per avere un orbitale π ?
Se si combinano due orbitali atonici di tipo 1s si ottengono orbitali molecolari di tipo σ e σ∗ che,
proprio per la loro origine da orbitali atomici 1s, vengono indicati con σ1s σ∗1s (poiché per λ = 0
si hanno orbitali molecolari di tipo σ e σ∗ ) :
σ 1s ~ ψΑ (1s) + ψΒ (1s)
σ∗ 1s ~ ψΑ (1s) - ψΒ (1s)
Gli orbitali σ hanno
simmetria assiale( coassiale con l'asse di legame)
Fig 4
(idem per orbitali 2s ,solo che parleremo di σ 2s e σ∗ 2s )
Se si combinano due orbitali atomici di tipo 2px si ottengono due orbitali molecolari di tipo σ e σ∗
con simmetria cilindrica. Essi vengono indicati con σ 2px e σ∗2px(poiché per λ = 0 si hanno
orbitali molecolari di tipo σ e σ∗):
σ 2px ~ ψΑ (2px) + ψΒ (2px)
σ∗ 2px ~ ψΑ (2px) - ψΒ (2px)
Fig 5
Nei legami σ la rotazione è libera(legami semplici)
Se si combinano due orbitali atomici di tipo 2py si ottengono orbitali
molecolari di tipo π e π∗. Essi vengono indicati con π2py e π∗2py (poiché
per λ = ± 1 si hanno orbitali molecolari di tipo π e π∗) :
39
π 2py ~ ψΑ (2py) + ψΒ (2py)
π∗ 2py ~ ψΑ (2py) - ψΒ (2py)
gli orbitali π hanno un piano nodale contenente l'asse di legame.
Fig 6
(idem per orbitali2pz ovviamente parleremo di π 2pz e π∗ 2pz)
fig7
Fig 8
La rotazione intorno al legame π romperebbe il legame,per cui si dice che il legame π non ruota (i
legami doppi e tripli non ruotano).
È possibile anche il Legame σ tra orbitali s e orbitali p (fig 9)
fig 9
40
E π tra orbitali p e orbitali d
Fig 10
Da orbitali atomici tipo d originano gli orbitali molecolari δ che hanno due piani nodali
perpendicolari intersecatesi lungo l'asse di legame. Gli orbitali σ 2p presentano miglior
penetrabilità rispetto ai π 2p,per cui hanno energia minore,mentre per gli orbitali di antilegame
sono i π ∗ 2p ad avere miglior penetrabilità rispetto ai σ ∗2p.
Fig 11
41
Vediamo la molecola dell’ idrogeno
Fig 12
Fig 13
Quando due atomi di idrogeno si avvicinano l'uno all'altro (fig 12)vi è un momento in cui
l'elettrone di un atomo comincia a risentire, oltre che dell'attrazione del proprio protone, anche di
quella del protone dell'atomo che gli sta a fianco, e viceversa. La nuvola elettronica che prima si
trovava simmetricamente distribuita intorno a ciascun nucleo, ora si comincia a spostare nella zona
compresa fra i due, in quanto, a mano a mano che gli atomi si avvicinano, la probabilità di trovare
gli elettroni in prossimità dell'uno o dell'altro nucleo va aumentando. Esiste una distanza precisa
(0,75 Å nel caso dell'idrogeno) fra i nuclei dei due atomi, in cui si ha il bilanciamento perfetto fra
attrazioni e repulsioni: questa distanza è detta "lunghezza di legame" (o distanza di legame). I due
elettroni della molecola H2 si muovono ora entro la regione di spazio che prende il nome di orbitale
molecolare . La struttura così raggiunta è stabile come lo è quella dell'atomo di elio. Per l'elio la
condizione di stabilità è imposta infatti dalla presenza di solo due elettroni nel primo livello
energetico, perché questo è il numero massimo di elettroni possibili su quel livello. Nel momento in
cui si è formato il legame è avvenuto che una certa quantità di energia è stata ceduta all'ambiente. E'
ovvio che se ora si volessero separare i due atomi uniti nella molecola si dovrebbe fornire ad essa
una quantità di energia equivalente a quella che era stata ceduta nella formazione del legame
(energia di legame)
Analizziamo la situazione degli orbitali molecolari dell’idrogeno:
Fig 14
In figura 14 viene rappresentato l’orbitale molecolare di legame.Esso si forma per addizione
(interferenza costruttiva) dei due orbitali atomici
Ψ+ = ψA(1s) + ψB(1s)
Ψ+² = (ψA(1s) + ψB(1s))2 = ψA(1s)²+ 2ψA(1s)ψB(1s) + ψB(1s)²
43
Fig 15
In fig 15 viene rappresentato l’orbitale molecolare di antilegame.Esso si forma per sottrazione
(interferenza distruttiva) dei due orbitali atomici
Ψ- = ψA(1s) – ψB(1s)
La differenza fra orbitali leganti ed antileganti è data dal termine 2ψA(1s)ψB(1s) , nel caso degli
orbitali leganti si somma con aumento della probabilità di trovare l’elettrone nella zona
internucleare,dove c’è appunto aumento di densità elettronica ,negli orbitali antileganti si
sottrae,quindi sottrae densità elettronica e la probabilità di trovare l’elettrone nella zona
internucleare diventa nulla .
44
Fig 16
Nelle rappresentazioni a diagramma,gli orbitali si indicano indifferentemente con dei cerchi,dei
quadrati o dei trattini
Nel caso in cui un elettrone occupasse un orbitale antilegante,esso sarebbe escluso dalla regione
delegata ad assicurare il legame, ed avrebbe energia maggiore di quella posseduta dall’elettrone
quando fa parte di un atomo di idrogeno isolato, per cui demolirebbe il legame.
45
Vediamo a tal proposito la molecola dell’elio He2,
Fig 17
ogni atomo di elio ha due elettroni nel 1s quindi nel He2 una coppia di elettroni occuperebbe
l’orbitale σ e l’altra coppia l’orbitale σ*,per cui la molecola non si forma (l’elio è un gas nobile)
Per poter fare delle “previsioni”ci è utile l’ordine di legame
L’ordine di legame, definito come la semidifferenza fra il numero n di elettroni negli MO leganti e
∗)/2
il numero n∗ di elettroni negli MO anti-leganti , (n - n∗
Quando è zero la molecola non si forma
Quando è 1, vi è un singolo legame covalente tra una coppia di atomi.
L'ordine di legame è =2 quando due coppie di elettroni sono condivisi tra due atomi, come avviene
nel doppio legame tra carbonio e ossigeno nella molecola di anidride carbonica
È uguale a 3 quando due atomi sono connessi da triplo legame e quindi mettono in
compartecipazione 3 coppie di elettroni. Esempi di triplo legame si trovano nel monossido di
carbonio o nella molecola biatomica di azoto.
Quando una molecola e' descritta da più formule di risonanza, può accadere che l'ordine di legame
non sia intero (Per l'ozono O3 ci sono tre coppie di legame coinvolte in due legami ossigeno-
ossigeno, cosicché l'ordine di legame è 1,5).
Nel caso del Litio:
46
Fig 18
L’ordine di legame è : (4-2)/2=1 quindi legame singolo
Passiamo all’ossigeno:non riportiamo per semplicità gli orbitali 1s (in genere,ci si limita a
rappresentare lo strato più esterno, ricordate però che secondo la lcao anche gli orbitali degli strati
interni si uniscono a formare orbitali molecolari, come nel caso del litio visto prima)
Fig 19
*Il paramagnetismo è una forma di magnetismo che alcune sostanze mostrano solo in presenza di campi magnetici, polarizzandosi nello stesso
senso rispetto al campo applicato.
47
L'ordine di legame e' una proprietà molto importante perché consente di fare delle previsioni anche
sulla lunghezza e l'energia dei legami
La lunghezza di un legame dipende prima di tutto dalle dimensioni atomiche; tuttavia, a parità di
dimensioni atomiche, la lunghezza di un legame e' funzione dell'ordine di legame: in particolare
come si può facilmente intuire, la lunghezza di legame diminuisce all'aumentare dell'ordine di
legame,cioè un legame triplo è più corto di uno doppio,che a sua volta è più corto di un legame
singolo.L'aumento del raggio covalente aumenta la lunghezza di legame:
Quando si legano atomi con diversa elettronegatività ,bisogna tener presente che
grandi differenze di elettronegatività fanno diminuire le distanze di legame.
Come accennato quando abbiamo visto la molecola dell’idrogeno
L'energia di legame è l'energia richiesta per rompere il legame .
Passiamo ad una molecola un po’ più complessa: L’acqua H2O(formula bruta)
L’ossigeno ha configurazione 2s² 2p4 quindi per la regola dell’ottetto elettronico gli servono 2
elettroni per completare lo strato esterno, quelli dei 2 atomi di idrogeno,quindi ogni idrogeno
formerebbe un legame σ s-p con l’ossigeno.Gli orbitali 2p sappiamo che sono fra loro a 90° e quindi
ci aspetteremmo angoli di legame di 90°.Ma non è così:la misura sperimentale(diffrazione raggi x
allo stato cristallino) dell’angolo di legame dell’acqua ci dice
Che esso è di 105°.Come mai?
.. _
: O---H o | O----H
| |
H H
Fig 20
Per capire quello che succede dobbiamo ricorrere agli orbitali ibridi che ci consentono di spigare
molte proprietà delle molecole e di stabilirne la geometria.(formule di struttura)
2.4 Orbitali Ibridi
L’ibridazione è una trattazione matematica ,mediante la quale più orbitali di uno stesso atomo,di
tipo diverso ma con contenuti energetici vicini,vengono prima mescolati(con combinazioni lineari
delle Ψ) e poi ridivisi facendo una equipartizione dell’energia totale:ciò rende i nuovi orbitali
energicamente equivalenti tra loro..Ad esempio ibridiamo l’orbitale 2s dell’ossigeno con i suoi 3
orbitali 2p.Partiamo da 4 orbitali quindi otteniamo 4 orbitali sp³(1 s e 3 p la simbologia dovrebbe
essere facilmente intuita a questo punto)
Nella formazione di orbitali ibridi un elettrone deve essere promosso dall’orbitale 2s all’orbitale
2p,l’energia necessaria a tale promozione si produce proprio dall’ibridazione.Gli orbitali ibridi
presentano una maggior concentrazione delle nubi elettroniche in direzioni ben definite dello
spazio.I 4 orbitali sp³ formano fra loro angoli di 109° e sono diretti verso i vertici di un
tetraedro,con al centro il nucleo dell’atomo(fig 21).
Fig 21
E’ possibile anche ibridare 2 orbitali 2p con l’orbitale 2s cioè ottenere 3 orbitali sp²; i tre orbitali
formano tra loro angoli di 120° e sono diretti verso i vertici di un triangolo con al centro il nucleo
dell’atomo fig 22 .
Fig 22
E’ ’ il caso ad esempio del trifluoruro di boro BF3,dove il Boro ha configurazione(1s²)(2s²2p1) che
con l’ibridazione diviene:
(1s2)(2sp2)3
Il Boro ha quindi un’ibridazione sp² e ciascuno dei 3 orbitali sp²,avendo un elettrone spaiato, lega
un atomo di fluoro, dato che ogni atomo di Fluoro( 1s2)(2s2)(2p5) ha un elettrone spaiato in un
orbitale 2p .Si formano quindi tre legami σ orbitali molecolari σ sp²p, fig 23 (chiaramente si
formano anche gli orbitali di antilegame,che non vengono qui rappresentati)
Fig 23
L’angolo di legame sarà quindi di 120°
F
|
B
/ \
F F
L’ottetto non si raggiunge,il Trifluoruro di boro sarà un ottimo accettore di elettroni(vedi legame di
coordinazione).
Le molecole che “usano” questa ibridazione,avendo anche un orbitale p non ibridato,disponibile per
formare un legame π, possono formare legami doppi come avviene ad esempio nel caso dell’etilene
fig24
E’anche possibile ibridare 1 orbitale 2p con il 2s per ottenere 2 orbitali sp; i due orbitali formano
tra loro angoli di 180° e sono allineati in posizione simmetrica rispetto al nucleo dell’atomo (fig 25)
Fig 25
Questo è ad esempio il caso di una molecola come BeCl2
Il Berillio ha configurazione (1s²)(2s²) con ibridazione sp diviene (1s²)(2sp)²,quindi lega 2 atomi di
cloro, dato che ogni cloro(1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 ) ha un elettrone spaiato in un orbitale 3p si formano
due legami σ (orbitali molecolari σ sp-p,e chiaramente gli orbitali di antilegame)
Cl---Be---Cl
Con angolo di legame a 180°
Le molecole che “usano” questa ibridazione,avendo anche due orbitali p non ibridati,disponibili per
formare due legami π, possono formare tripli legami,come avviene ad esempio nel caso
dell’acetilene
Fig 26
Sono possibili anche ibridazioni che coinvolgono orbitali d:
dsp3
in orbitale s un orbitale d e 3 orbitali p,
Formano 5 orbitali sp³d :una bipiramide trigonale,con angoli da 90° e 120° vedi fig 27
51
Fig 27
Ad esempio PCl5,Il fosforo P ha configurazione (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 )(3s²3p3),con ibridazione sp³d
diviene (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 )(4sp³d)5
cloro(1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 ), quindi un fosforo può legare 5 atomi di cloro:
Cl
|
Cl P Cl
/ \
Cl Cl
52
Fig 28
..
È il caso ad esempio del tetrafluoruro di xenon Xe F4
Lo xenon è un Gas nobile,quindi stabile con scarsa tendenza a reagire(ciò non significa che non
reagisca affatto);configurazione elettronica (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p63d10)(4s²4p64d10)(5s²5p6)* ,con
l’ibridazione sp³d² diviene (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p63d10)(4s²4p64d10)(5 sp³d² )8
Quindi ci sono 4 elettroni spaiati che si legano con 4 atomi di fluoro ognuno con un elettrone
spaiato (1s2)(2s2)(2p5)
53
Con gli atomi di fluoro a 90 °fra loro ed i 2 doppietti elettronici a 180°fra loro (il più lontano
possibile)(fig 29)
Possiamo fare previsioni sulla geometria delle molecole,tutto viene razionalizzato dalla teoria
VSEPR
2.5 Teoria VSEPR
Un atomo è circondato da elettroni di valenza che possono formare legami singoli, doppi, tripli o
restare non condivisi. In ciascuna di tali situazioni si creano attorno al nucleo delle regioni di
densità elettronica che si tengono il più distanti possibili per minimizzare le repulsioni e che
determinano la geometria della molecola
Come determinare un modello VSEPR?
1. Disegnare la struttura della molecola secondo Lewis.
2. Contare il numero totale di coppie elettroniche intorno all’atomo centrale. Disporre le coppie
in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica.
3. Descrivere la geometria della molecola in termini di disposizione angolare delle coppie
elettroniche di valenza coppie di legame (condivise dagli atomi nel legame)
coppie non leganti (lone pairs o coppie solitarie)
Ricapitolando sappiamo che:
4 regioni di densità elettronica TETRAEDRO
3 regioni di densità elettronica TRIGONALE
2 regioni di densità elettronica LINEARE
5 regioni di densità elettronica BIPIRAMIDE TRIGONALE
6 regioni di densità elettronica OTTAEDRICA
54
Dall’alto in basso
Lineare
Trigonale
Tetraedrica
Fig 30
55
Bipiramide trigonale (sp³d)
Ottaedrica(sp³d²)
Fig 31
Per prevedere correttamente la geometria di una molecola ricordate che
a parità di geometria, l’angolo sarà determinato dalla natura delle coppie elettroniche.
Una coppia di NON LEGAME avrà un effetto repulsivo maggiore rispetto ad una coppia di legame.
Se le coppie di NON legame si respingono di più, le coppie di legame sono più ravvicinate. Pertanto
l’angolo può variare in funzione del tipo di molecola,
Ad esempio per un ibrido sp³
109° (nessuna coppia solitaria) Metano
107°(una coppia solitaria)Ammoniaca
105°(due coppie solitarie)Acqua (fig 32)
56
Fig 32
Altri esempi:
a)AlCl3,Alluminio atomo centrale 3 regioni di densità elettronica quindi sp² TRIGONALE con
angoli a 120°
Fig 33
.. ..
O=C=O
.. .
57
c) Acido nitrico : HNO3
Azoto atomo centrale lega 2 ossigeni ed un ossidrile OH,quindi 3 regioni di densità elettronica
quindi Trigonale a 120°(sp²)
O-
N+
⁄⁄ \
O OH
I segni vengono fuori dalla conta degli elettroni(fatela)L’azoto forma un legame dativo(vedi oltre)
con un atomo di ossigeno
2.6 Legami
Ne esistono vari tipi ,andiamoli a conoscere
δ+ δ−
H−F
Fig 35
59
2σ∗ antilegante
1s H
1π non legante 2p
F
2σ legante
2s
F
1σ non legante
Fig 36
per orbitali non leganti (si indicano con n) si intendono gli orbitali che non hanno formato nuovi
orbitali molecolari ,nel caso del HF dato che l’idrogeno ha un solo elettrone,avremo 3 orbitali n
(contengono i 3 doppietti elettronici del Fluoro ).Rivedendo la molecola dell’acqua,alla luce di
quanto si è detto,capiamo che i due legami O-H dell’acqua sono covalenti polari, e che quindi
l’acqua è una molecola polare.
Altro esempio:
Formazione dell'addotto ammoniaca-trifluoruro di boro
Il triflururo di boro,come abbiamo visto, é una specie carente di elettroni (ottetto non raggiunto),
secondo Lewis ha carattere acido ( possiede un orbitale p non ibridizzato sull'atomo di boro in
grado di accettare una coppia di elettroni.) Dopo che si forma il legame, la struttura del boro da
planare che era, diventa tetraedrica(sp³)
Fig 38
I segni - sul boro e + sull’azoto sono dovuti al fatto che Il boro ha accettato un elettrone dal
doppietto ,l’azoto lo ha “perso”
Fig 39
Nella formazione dei cristalli ionici, si libera energia di origine elettrostatica indicata come energia
reticolare.L’energia reticolare di un cristallo è l’energia che si libera quando ioni positivi e
negativi,partendo da distanza infinita si uniscono per formare una mole di cristallo
Se la differenza tra energia di ionizzazione ed affinità elettronica è elevata l’energia reticolare può
non essere sufficiente ed il composto ionico non si forma.In altre parole l’atomo del non metallo
libera energia quando accetta l’elettrone(affinità elettronica),tale energia deve essere sufficiente a
ionizzare l’atomo del metallo,altrimenti il composto ionico non si forma.
Come potete vedere(fig 39) ogni catione è circondato da anioni ed ogni anione è circondato da
cationi (in questo modo le repulsioni tra ioni dello stesso segno vengono minimizzate) e cationi e
anioni sono in ugual numero perchè il composto nel suo complesso deve essere elettricamente
neutro(il legame ionico è un legame elettrostatico). La disposizione nello spazio degli ioni
determina anche la forma esterna, cubica, di questi cristalli. In questo come in tutti gli altri composti
ionici non esistono molecole in quanto non esistono delle unità NaCl distinte dalle altre, la formula
NaCl (formula minima)mi indica invece che nel cristallo c'è un rapporto tra gli ioni di 1:1 cioè che
+ -
per ogni ione Na esiste uno ione Cl .
Possiamo ricordare che tutti i composti ionici hanno in comune le seguenti caratteristiche:
si presentano allo stato solido
sono duri ma fragili
non conducono la corrente allo stato solido ma la conducono allo stato liquido
le loro soluzioni acquose conducono la corrente elettrica
62
La distanza a cui si trovano due ioni adiacenti in un cristallo,determinata dalle attrazioni-
repulsioni di tutti gli ioni che costituiscono il cristallo.Tale distanza si può determinare
sperimentalmente mediante spettroscopia a raggi X( è anche calcolabile teoricamente)
Altri tipi di cristalli ionici
Fig 40
Tuttavia, non c'è nessun motivo particolare per cui il doppio legame N-O sia con l'ossigeno di
sinistra. Una rappresentazione dello ione, altrettanto valida e corretta, è infatti quella che segue:
63
Tutto ciò implica che il doppio legame N-O della formula (I) sia in realtà intermedio ad un legame
semplice e un legame doppio (ordine di legame 1.5) e che il legame semplice della stessa formula
sia anch'esso intermedio a un legame semplice e un legame doppio. Lo stesso discorso vale per la
formula (II).
In sostanza, i due legami N-O sono perfettamente equivalenti, come è dimostrato anche dai dati
sperimentali circa lunghezze e energie di legame.
Nel caso dello ione nitrito, quello che si definisce il "contributo" di ogni singola formula di
risonanza all'ibrido, è paritario; lo si può intuire facilmente, considerando la perfetta equivalenza
delle due formule.
Ma non sempre è così: spesso ogni singola formula limite dà un contributo diverso all'ibrido ;come
abbiamo visto per la molecola di idrogeno ,quando abbiamo trattato la teoria VB,in quel caso il
contributo delle forme ioniche,avendo i due idrogeni stessa elettronegatività è trascurabile. Inoltre è
assai comune il caso in cui le formule limite siano più di due.
Fig 41
questa geometria deriva dalla ibridizzazione sp2 degli atomi di carbonio e dalla successiva
localizzazione dei doppi legami che si dispongono alternati per sovrapposizione degli orbitali p di
ogni atomo di carbonio rimasti non ibridizzati .
Ma é pur vero che la sovrapposizione può avvenire diversamente, localizzando i doppi legami in
posizioni diverse:
Fig 42
Nessuna delle due strutture(di Kekulè) può essere quella vera. Infatti i doppi legami hanno una
lunghezza minore dei legami semplici carbonio-carbonio e questo impedirebbe al sistema di essere
rappresentato come un esagono regolare. Per definire la reale struttura del benzene si usa invocare il
concetto di risonanza, considerando il benzene come l'ibrido di risonanza tra le due formule limite:
64
(gli atomi di carbonio non vengono indicati)
in questa maniera i legami sono tutti uguali con un ordine unico (1.5) rispetto ai due diversi presenti
nelle formule limite (1 e 2 ovvero legame semplice e doppio)
Come ultimo caso di interazione forte esistente tra gli atomi consideriamo il legame metallico.
Questo legame è responsabile dell'attrazione tra atomi di elementi metallici e della conseguente
costituzione di aggregati cristallini; anche in questo caso infatti, come per il legame ionico, non
abbiamo la formazione di molecole vere e proprie.I bassi valori dell’energia di ionizzazione e
dell’affinità elettronica,per i metalli,fa si che essi abbiano poca tendenza a formare legami atomici.I
metalli presentano strutture cristalline compatte,nelle quali ogni atomo si lega con 8 atomi o con
12.Queste strutture non si spiegano con i legami visti sin ora perché non sono compatibili con
l’esistenza di legami atomici nel metallo perchè il numero di legami non trova rispondenza nel
numero di elettroni disponibili per formarli:Come fa un atomo di Litio a formare 8 legami avendo
solo un elettrone 2s?
Pertanto è stato necessario introdurre un nuovo tipo di legame ,il legame metallico appunto
I metalli hanno tendenza a cedere i loro pochi elettroni di valenza e a trasformarsi in cationi
(possiedono bassi valori di elettronegatività e di energia di prima ionizzazione). Questo è dunque
ciò che fanno tutti gli atomi, per esempio di argento, quando costituiscono un pezzetto di argento
puro. In questo processo si creano ovviamente tante cariche positive quanto negative e perciò anche
nei metalli è rispettata l'elettroneutralità.
I cationi formatisi occupano posizioni fisse e ordinate nei cristalli metallici mentre gli elettroni
ceduti vengono messi in comune e costituiscono una nuvola elettronica molto mobile responsabile
delle proprietà macroscopiche di questi elementi. Questa nuvola elettronica si muove facilmente tra
i cationi e funge da "collante" poiché esiste un'attrazione reciproca tra cationi e nuvola elettronica in
quanto portatori di carica elettrica di segno opposto.
65
Fig 43
Insomma immaginate un atomo di sodio vicino ad un altro e poi un altro ancor e così via fino a
6,023•10n23 atomi di sodio
Alla fine praticamente ogni elettrone ha a disposizione un mare di orbitali dove “circolare”ed ecco
che allora i metalli conducono la corrente elettrica ed il calore ,sono duttili(deformabili) e
malleabili(trasformabili in lamine anche sottili),provate con un pezzo di plastica si spacca proprio
perché non ha questo mare di orbitali a disposizione:
Finora abbiamo considerato le interazioni che tengono insieme gli atomi per formare le molecole. In
aggiunta a questo tipo di legame esistono le forze responsabili dell’interazione fra le molecole, cioè
le forze intermolecolari. Pur essendo molto più deboli dei legami covalenti e ionici, queste forze
sono decisive nel determinare proprietà chimico-fisiche e sono le Forze di Van der Wals
Con tale termine si indicano le attrazioni
a)Ione-Dipolo
b)Ione-Dipolo indotto
c)Dipolo-Dipolo
d)Dipolo-Dipolo indotto
Le molecole presentano dipoli,come abbiamo visto per il legame covalente polare, perché non
hanno una uniforme distribuzione di carica elettrica Due cariche separate da una distanza d
costituiscono un dipolo.Il momento dipolo µ è un vettore la cui intensità è il prodotto della carica e
per la distanza delle cariche d: µ =e•d (12)
L'unità di misura comunemente utilizzata in chimica per quantificare un dipolo elettrico è il Deby
(simbolo D)
66
Vediamo perché avvengono queste attrazioni:
Un’attrazione ione-dipolo si verifica ad esempio se mettiamo un sale come NaCl in acqua(l’acqua è polare
dato che H ed O hanno diversa elettronegatività):le molecole di acqua si orientano in maniera
differente intorno agli ioni Na + e Cl -
.
Fig 44
Un attrazione Dipolo -dipolo si verifica tra molecole polari (es. acqua, acido
cloridrico, alcol, ecc. ). tra di loro ci saranno delle forze di attrazione dovute al fatto che una parte
della molecola ha una carica positiva mentre l'altra ha una carica negativa e quindi tutte le molecole
si disporranno in modo da massimizzare le forze di attrazione.
Osserveremo anche che le sostanze polari si sciolgono bene tra loro: infatti le forze dipolo-dipolo
vengono conservate
Hδ +
Fig 46
2.7 Colore
Fig 47
Torniamo agli orbitali molecolari,un elettrone può”saltare”,da un orbitale di legame(o da uno di
non legame n)ad uno di antilegame,assorbendo una radiazione con la giusta quantità di energia
(un quanto),se l’energia della radiazione è maggiore o minore la transizione elettronica,come
già sapete non ha luogo.Non tutte le transizioni elettroniche sono possibili,esistono delle regole
di selezione,che (con un criterio analogo a quello visto per la sovrapposizione degli orbitali
atomici a dare orbitali molecolari)stabiliscono se una transizione avrà luogo o meno.
Transizioni tipo σ→π* ; π→ σ * sono proibite
Transizioni permesse sono σ→σ * ;n →σ * ; π→ π* ;n →π* .
L’ occhio umano è in grado di vedere solo le radiazioni che hanno lunghezza d’onda compresa
tra 400-700 nm* e che vengono appunto chiamate radiazioni visibili( sono solo una parte dello
spettro elettromagnetico fig 47)
Le transizioni elettroniche che interessano gli orbitali σ avvengono nell’ultravioletto(richiedono
maggior energia),e quindi il nostro occhio non percepisce nulla.
Quindi le molecole che ci appaiono colorate sono quelle che possono dare luogo a transizioni
π→ π* ;n →π* che avvengono nel visibile(sono molecole che hanno doppi o tripli legami).Vi
chiederete allora, come fanno gli elementi di transizione(Oro Argento,Rame,Ferro ecc),dato che
parliamo di atomi e che non hanno questi tipi di orbitali ad apparire colorati?La risposta è che
gli elementi di transizione hanno elettroni in orbitali d ed f,che possono dare transizioni nel
visibile.
Con il termine cromoforo si definisce, in senso ampio, un gruppo di atomi capaci di conferire
colore ad una sostanza .Più specificamente, un cromoforo rappresenta un gruppo la cui
configurazione degli orbitali molecolari consente transizioni elettroniche dovute all'assorbimento
di radiazione visibile.
La luce bianca è l’insieme di tutte la radiazioni visibili,se una sostanza non assorbe nessuna
radiazione ci apparirà di colore bianco;se invece assorbe una radiazione di una opportuna
lunghezza d’onda,corrispondente ad un dato colore,la sostanza ci apparirà con il colore risultante
dalla sovrapposizioni dei colori non assorbiti:Il circolo cromatico di Ostwald fig 48 ci è utile per
dedurre il colore di una sostanza sapendo a che lunghezza d’onda assorbe nel visibile.Ad esempio
Una sostanza che assorbe a 530 nm (nel verde),ci apparirà del colore ad esso complementare :il
viola.I colori che su questo circolo sono situati in posizione diametralmente opposte sono
appunto una coppia di colori complementari.Illuminando uno schermo con due luci distinte e di
colori complementari vedremo lo schermo di colore bianco.
69
Fig 48
Se invece illuminiamo lo schermo con luce bianca,interponendo sul cammino due filtri che
assorbono colori complementari,il raggio di luce risulterà interdetto e lo schermo apparirà nero.
Una sostanza che assorbe tutte la radiazioni visibili(quindi tutti i colori) ci appare nera.
Le molecole dopo aver assorbito una radiazione hanno acquistato energia(quella della radiazione
appunto) che perdono con urti ,vibrazioni e rotazioni .Alcune molecole hanno un comportamento
appena differente :perdono solo una parte dell’energia assorbita con questo rilassamento
interno,un’altra parte la perdono con emissione di luce spontanea sottoforma di radiazione, che avrà
energia minore di quella incidente e, se l’assorbimento è avvenuto nell’ultravioletto,l’emissione
avverrà nel visibile.Questo fenomeno và sotto il nome di fotoluminescenza che può essere distinta
in fluorescenza se la ri emissione di luce(luminescenza)cessa quasi subito dopo aver eliminato la
radiazione eccitante,fosforescenza se la radiazione continua ad essere emessa , almeno per un breve
lasso di tempo, anche dopo aver eliminato la sorgente eccitante(l‘elettrone nello stato di eccitazione
cambia spin) .
2.8 Nomenclatura
Un organismo internazionale IUPAC,provvede periodicamente ad emanare modifiche riguardanti la
nomenclatura chimica ,ma la nomenclatura più usata è quella tradizionale dato che molti composti
dai chimici vengono indicati con tali nomi.Prima di parlare di nomenclatura ,devo dirvi cosa si
intende per ossidazione e per riduzione:
L'ossidazione e la riduzione sono processi chimici complementari che comportano una perdita di
elettroni (ossidazione) da parte di un reagente e un corrispondente acquisto di elettroni (riduzione)
da parte di un altro: i due processi devono quindi aver luogo contemporaneamente e in quantità
corrispondenti.
Il numero di ossidazione si può definire come:
"La carica che assumerebbe un elemento in un composto, se si attribuissero gli elettroni di legame
all'elemento più elettronegativo".Gli atomi possono avere più di un numero di ossidazione
Vediamo alcune importanti regole
Nel caso di un legame fra due atomi uguali si assegna un elettrone a ciascun elemento (nessun
conteggio di carica).In generale : gli elementi del primo gruppo della tavola periodica hanno n.o.
1;quelli del secondo gruppo 2;quelli del terzo gruppo 1-3;quelli del quarto gruppo 2-4;quelli del
quinto gruppo 1-3-5;quelli del sesto gruppo 2-4-6;quelli del settimo gruppo 1-3-5-7;gas
nobili(gruppo zero) 0; per gli elementi di transizione non si può stabilire una regola, vediamo i più
comuni di essi :
Ferro +2,+3
Mercurio +1,+2
Rame+1,+2
Zinco+2
Cobalto +2,+3
Cromo +2,+3,+6
Manganese +2,+3,+4,+6,+7
Oro +1+3
Platino +2+4
Nichel +2,+3
Argento +1
Palladio +2,+4
Cadmio +2
Molibdeno+2,+3,+4,+5,+6
Osmio+2,+3,+4,+6,+8
Tungsteno+2,+3,+4,+5,+6
La carica che l'elemento "assume", si determina dal confronto con la configurazione elettronica
esterna dell'elemento, nel suo stato fondamentale
Gli elementi allo stato fondamentale hanno numero di ossidazione zero.
L'ossigeno nei composti ha sempre numero di ossidazione -2, tranne che nei perossidi (-1), nei
superossidi (-1/2) e nell'ossido di fluoro (+2).
L'idrogeno nei composti ha sempre numero di ossidazione +1, tranne che negli idruri
metallici (-1)
Negli ioni monoatomici il numero di ossidazione coincide con la carica (valenza ionica) dello
ione.
La somma algebrica dei numeri di ossidazione degli elementi di un composto deve risultare pari
alla carica del composto. Zero se il composto è una specie neutra.
Es: H2O
Ossigeno ha n.o -2,l’idrogeno +1 per atomo di ogni ossigeno ci sono 2 atomi di idrogeno
La somma algebrica è zero: (-2•1) + (+1•2)=0
idruri metallici: gli idruri dei gruppi IA e IIA sono detti idruri metallici.
Negli idruri metallici, l'idrogeno ha no. ox. -1.
Ad eccezione degli idruri di Li e Be, gli altri hanno caratteristiche nettamente ioniche.
In essi l'idrogeno è presente come ione idruro (H:-).
Idruri covalenti: gli idruri degli elementi dal IV gruppo in avanti hanno natura
molecolare.l'idrogeno ha no. ox. +1.
Esempi:
CH4, metano; SiH4, silano
NH3, ammoniaca; PH3, fosfina
Idracidi: gli idruri del VI e del VII gruppo sono definiti più esattamente idracidi.(in questi
composti l'idrogeno ha no. ox. +1).
Per la loro nomenclatura si premette il termine acido e di aggiunge la desinenza -idrico al
nome dell'elemento caratteristico Esempi:
H2S, acido solfidrico; HF, acido fluoridrico; HCl, acido cloridrico; HBr, acido bromidrico;
HI, acido iodidrico.
Si noti come la formula degli idruri acidi sia scritta anteponendo l'idrogeno all'altro
elemento
Un non metallo reagisce con l’ossigeno per dare ossidi essi si scrivono anteponendo il simbolo del
non metallo all’ossigeno(XO)
Gli ossidi dei non metalli hanno proprietà acide.vengono detti ossiacidi o anidridi
La maggior parte di essi, reagendo con l'acqua (talvolta solo formalmente), generano infatti acidi
ossigenati (detti ossiacidi).
Questi ossidi sono sostanze che tipicamente, presentano legami covalenti.
Le formule degli ossiacidi seguono lo schema HXO, idrogeno - elemento caratteristico - ossigeno.
Le formule degli idrossidi si scrivono secondo lo schema XOH, metallo - ione idrossido.
Per la nomenclatura degli idrossidi,valgono le stesse regole adottate per gli ossidi, con la sola
differenza che il termine ossido di si sostituisce con idrossido di
75
Vito Ribecco Grazia Maria Putignano CAPITOLO 3
Stati di Aggregazione
Prima di parlare degli stati di aggregazione voglio farvi prendere familiarità con le grandezze fisiche
Temperatura,Volume e Pressione e con le loro unità di misura.
L’unità di misura del volume nel SI è il metro cubo m³,ma in chimica si usa il litro l (1
ml=1,000028 cm³) , misuriamo il volume con vetreria graduata(es.cilindri).
La densità ( ,rho) è uguale alla massa /volume (l’unità di misura della massa è il grammo g)
(1)
La densità dipende dalla temperatura in quanto, generalmente, il volume di un solido varia al variare
della temperatura :con l’aumentare della temperatura la densità diminuisce. Un'eccezione notevole è
costituita dall'acqua a temperatura compresa tra 0°C e circa 4°C; in questo intervallo un aumento di
temperatura provoca una diminuzione del volume e quindi un aumento della densità(anomalia
dell’acqua).
Nel Sistema Internazionale la densità si misura in kg/m³; in chimica si adotta g/ml
La temperatura nel S.I. si esprime in K(Kelvin).Un Kelvin viene formalmente definito come
1/273,16 della temperatura del punto triplo dell'acqua (il punto in cui acqua, ghiaccio e vapore
coesistono in equilibrio,vedi capitolo 4 stati di aggregazione).Il Kelvin in quanto unità SI, non è mai
preceduto dalle parole "grado" o "gradi", o dal simbolo °.
La temperatura di solidificazione dell’acqua,nella scala Kelvin, è di 273,16 K;la temperatura di
ebollizione è di 373,16 K. La graduazione risulta quindi suddivisa in 100 parti uguali(come per la
Celsius)
.Per trasformare la temperatura espressa in °C(scala Celsius) in K bisogna aggiungere 273,16
K=°C +273,16 (2)
( es 25°C =25+273,16=298,16 K)
La temperatura 0 K viene detta zero assoluto e corrisponde al punto in cui le molecole e gli atomi
hanno la minore energia termica possibile.Nessun sistema macroscopico può avere temperatura
inferiore allo zero assoluto.Lo strumento per misurare la temperatura è il termometro.
Altre scale di temperatura sono la scala Reamur e la scala Fahrenheit,La scala Reamur prevede
come punti fissi, la temperatura del ghiaccio che fonde, corrispondente
0°R. e la temperatura dell’acqua che bolle 80°R. La graduazione risulta, in questa scala, divisa in 80
intervalli uguali. L’unità di misura e il grado Reamur °R.
K= 1,25•°R+273,16 (3)
Nella scala Fahrenheit, la temperatura del ghiaccio che fonde = 32°.F La temperatura dell’acqua che
bolle =212°.F . La graduazione risulta quindi suddivisa
in 180 parti uguali. L’unità di misura e il grado Fahrenheit °F .
K= 0,56•(°F-32) +273,16 (4)
Per temperatura ambiente, si intende 25°C (298,16 K)
La pressione P=F/A (5)
cioè forza su superficie(unità di misura della forza è il Newton N,della superficie è il m²),
lo strumento di misura è il manometro(per la P atmosferica il barometro)
l’unità di misura della pressione è il Pascal P (1P=1N/m²) ma in chimica si preferisce usare le
atmosfere atm (1 atm =1,013•105 P) ;1 atm =760mmHg (1 torr).
Cosa significano 760 mmHg ?
76
Fig 1
Nel 1643 Evangelista Torricelli ideò un sistema per la misurazione della pressione atmosferica: il
barometro a mercurio(fig 1).
Questo è formato da un tubo in vetro alto circa 850 mm, chiuso ad una estremità e che deve essere
accuratamente riempito di mercurio. L'apparecchio deve essere rovesciato in posizione verticale
con l'estremità aperta immersa in una bacinella contenente anch'essa mercurio(sulla quale agisce la
pressione atmosferica), badando a non far entrare aria.
Nello spazio che si forma sopra la colonna di mercurio sono, perciò, presenti solo vapori di Hg, la
cui pressione può essere, a condizioni standard di temperatura, considerata insignificante.In termini
molto semplici l’altezza della colonnina di mercurio è proporzionale alla pressione atmosferica. E
nell’esperienza di torricelli a livello del mare l’altezza della colonnina è 760 mmHg(ρHg= 13,60
g/cm³)
Fig 2
Nel diamante gli atomi di carbonio hanno tutti ibridazione sp3; il cristallo ha quindi una struttura
tetraedrica. È caratterizzato da estrema durezza, un punto di fusione elevatissimo e pessima
conducibilità elettrica.
78
La grafite è una forma allotropica* del diamante. Nella grafite ogni atomo di carbonio ha
ibridazione sp2quindi struttura trigonale; nel cristallo si può riconoscere un'organizzazione in
strati sovrapposti, tenuti insieme da interazioni di Van der Wals. Questo spiega la facile
sfaldabilità della grafite e il suo uso come lubrificante. Per la presenza di numerosi elettroni
delocalizzati su ciascuno strato, la grafite è un buon conduttore di corrente.
3. Solidi molecolari
I nodi reticolari sono occupati da molecole, che possono essere tenute insieme da forze di Van
der Wals (ad esempio lo iodio I2 cristallino e molti altri cristalli molecolari di elementi non
metallici) o da legami a idrogeno (ad esempio il ghiaccio).
Per la natura dei legami che tengono insieme le particelle, i solidi molecolari sono caratterizzati
da: consistenza tenera ,bassi punti di fusione ,bassi punti di ebollizione (volatilità) ,cattiva
conducibilità elettrica .
4. Solidi metallici
I nodi reticolari sono occupati da cationi
I solidi formati dagli elementi metallici allo stato elementare hanno proprietà decisamente
diverse da quelle degli altri solidi. Fra tutte spiccano:
elevata conducibilità elettrica e termica ,capacità di emettere elettroni in seguito all'interazione
con radiazioni elettromagnetiche(effetto fotoelettrico), malleabilità e duttilità (rispettivamente
la capacità di lasciarsi ridurre in lamine e in fili sottilissimi)
Queste caratteristiche si giustificano ammettendo che nel metallo gli elettroni siano
completamente liberi di muoversi e che il solido sia organizzato in strati capaci di slittare con
relativa facilità l'uno sull'altro.Tutto ciò si può spiegare supponendo che nei solidi metallici gli
atomi siano tenuti insieme dal legame metallico.
I solidi metallici,come abbiamo già visto, sarebbero quindi costituiti da un insieme ordinato di
cationi, immersi in "un mare" di elettroni, formato da tutti gli elettroni di valenza disponibili,
uniformemente distribuiti (delocalizzati) e in grado di muoversi liberamente in tutto il cristallo.
Nel reticolo cristallino metallico, gli atomi tendono a impacchettarsi nel modo più compatto
possibile.
Solidi amorfi
Esistono sostanze che dal punto di vista della incompressibilità e della rigidità potrebbero essere
definiti solidi ,ma che non lo sono perchè prive di struttura cristallina.Si dicono solidi amorfi,
un nobile esempio di questa categoria è il vetro (si indica spesso,questo stato della materia come
stato vetroso),Nel vetro gli atomi formano una rete tridimensionale che manca di simmetria ed
ha un contenuto energetico maggiore rispetto alla ipotetica struttura cristallina.I solidi hanno
temperature di fusione esattamente definite,i vetri prima rammolliscono e poi passano
gradualmente allo stato liquido(vedi fig 3)
Fig 4
Per le molecole che si trovano in superficie figura 4 a destra, la situazione è diversa: esiste solo
l'interazione con le molecole inferiori (trascurando le interazioni con l'aria e le pareti del recipiente),
la risultante è diversa da zero ed è diretta verso l'interno del liquido. E' chiaro che le molecole che
costituiscono lo strato superficiale del liquido sono attirate verso l'interno e tendono così ad
occupare la minima superficie possibile; il risultato di questa attrazione è che la superficie di un
liquido si comporta come una membrana elastica in tensione. Questa membrana ha lo spessore del
raggio d'azione entro cui si manifesta l'effetto delle forze intermolecolari e la tensione a cui è
sottoposta, prende il nome di tensione superficiale.
Una goccia d'acqua che cade da un rubinetto assume una forma sferica proprio a causa della
80
tensione superficiale: le molecole interne della goccia, infatti, attraggono quelle più esterne in modo
da disporle sulla superficie di area minima, vale a dire su una sfera. Una goccia di mercurio assume
una forma sferica anche quando è posta su un piano d'appoggio, perché la sua tensione superficiale
è molto grande.La tensione superficiale diminuisce all’aumentare della temperatura..
Le molecole raramente hanno una uniforme distribuzione di carica,ad esempio la molecola
dell’acqua,come abbiamo già visto,è un dipolo,dal punto di vista delle cariche all‘interno del
liquido, avremo un campo elettrico* di una certa entità,nella sovrastante fase gassosa dato il diverso
numero di dipoli presenti,il campo elettrico avrà entità diversa ;la superficie del liquido è sede
quindi di una discontinuità di campo elettrico a cui è legata una certa energia,detta appunto energia
superficiale.
Quando poniamo un liquido in un recipiente la superficie superiore del liquido(menisco),può essere
concava o convessa a seconda delle forze di adesione
Le forze di adesione sono le forze tra le particelle del liquido e la superficie del recipiente.
L'acqua forma un menisco concavo( forze di coesione minori delle forze di adesione )mentre il
mercurio forma un menisco convesso(forze di coesione maggiori delle forze di adesione )fig 5
Fig 5
La viscosità di un liquido invece rappresenta l’attrito interno ,ed esprime la maggiore o minore
facilità di scorrimento di uno strato di liquido rispetto ad uno strato adiacente(diminuisce con
l’aumentare della temperatura)
Affinché una particella si allontani dalla massa di liquido di cui fa parte(evapori),è necessario che
essa abbia energia sufficiente per sottrarsi all’azione attrattiva delle particelle.Chiaramente sono le
particelle a più alto contenuto di energia cinetica(più calde) quelle che possono passare allo stato di
vapore .
Quando un liquido è introdotto in un recipiente chiuso ad una data temperatura, all'interno del
recipiente si crea un equilibrio dinamico a seguito del quale il numero di molecole che nell'unità di
tempo si allontanano dalla superficie del liquido (n1) è uguale al numero di molecole che dal vapore
rientrano nel liquido (n2). La pressione che il vapore esercita sulle pareti del recipiente quando si
trova in equilibrio dinamico con il liquido ad una data temperatura è chiamata tensione di vapore .o
pressione di vapore(aumenta esponenzialmente all‘aumento di temperatura).
In un liquido in recipiente aperto aumentando la temperatura ,quando la sua pressione di vapore
raggiunge il valore della pressione esterna (che agisce sulla sua superficie) bolle,si ha formazione di
vapore non solo in superficie,ma in tutta la massa.La temperatura di ebollizione ,varia quindi al
variare della pressione esterna , per convenzione si intende come temperatura di ebollizione , la
temperatura alla quale la pressione di vapore del liquido vale 1 atm (e quindi anche la pressione
esterna).
* Una certa zona dello spazio è sede di un campo elettrico quando è possibile individuare azioni meccaniche di
"attrazione" o "repulsione" tra le varie cariche elettriche.
81
Liquidi con pressione di vapore alta a temperatura ambiente,hanno maggior tendenza ad
evaporare(sostanze volatili).*
Le ipotesi precedenti descrivono accuratamente il comportamento dei gas ideali. I gas reali si
avvicinano all'ideale sotto condizioni di bassa densità o alta temperatura (lontani dalla
condensazione).
Fig 6
La pressione è spiegata dalla teoria cinetica come conseguenza delle forze esercitate dalle collisioni
delle molecole del gas con le pareti del recipiente.Supponiamo dunque una molecola di massa m che
urta contro la parete del recipiente come in figura.6, essa trasmette alla parete un impulso che è
82
*Per poter percepire l’odore di una sostanza,essa deve essere volatile
84
85
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88
3.4 Regola delle Fasi
La fase di un sistema è un qualcosa che si presenta perfettamente omogeneo(uguale, a differenza di
eterogeneo che vuol dire diverso) ,sia dal punto di vista fisico che chimico,distinguibile(anche ad
occhio),separabile con mezzi fisici dalle altre fasi.Ad esempio se mettete in un bicchiere acqua ed
olio,poiché non sono miscibili ed è possibile anche separarli con un imbuto separatore,avete un
sistema a 2 fasi;se in un altro bicchiere mettete un po’ di zucchero in acqua,lo zucchero si scioglie
in acqua avete quindi 1 fase ;se in un altro bicchiere mettete ghiaccio, acqua ed olio,avete un
sistema a 3 Fasi..In fig 7 esempio di 2 fasi
Fig 7
La zona dove 2 fasi vengono a contatto è detta interfaccia.
Le variabili di stato che definiscono un sistema(vedi prossimo capitolo), si distinguono in
a)Variabili estensive o fattori di capacità,sono indipendenti dalle dimensioni del sistema(come
volume e numero di moli) e sono additive per lo stesso sistema ,ad esempio unendo 2 ml di acqua
con 3 ml di acqua il volume del sistema risulta di 5 ml(I volumi di specie chimiche diverse non sono
additivi cioè mescolando 5 ml di acqua e 10 di alcool il volume totale non sarà precisamente di 15
ml)
b)Variabili intensive o fattori di intensità,sono indipendenti dalle dimensioni del
sistema(temperatura, pressione,concentrazione) e non sono additive,ad esempio unendo due diverse
quantità di acqua a 25°C la temperatura del sistema risultante è di 25°C (non la somma delle
temperature)
Con la dizione di grado di libertà o Varianza di un sistema,si indica il numero di parametri
intensivi i cui singoli valori possono essere variati indipendentemente l’uno dall’altro senza alterare
l’equilibrio(vedi capitolo 4) del sistema:Per un sistema in equilibrio a certi valori di temperatura e
pressione costituito da C specie chimiche ,vale la regola delle fasi:
V=C+2-f (34)
dove V è la varianza, C il numero di specie chimiche, ed f le fasi.
89
3.5 Passaggi di stato
Fig 8
Riscaldando un solido aumenta l’energia cinetica di vibrazione delle particelle fino ad una certa
temperatura(temperatura di fusione) alla quale il solido inizia a liquefare,fornendo ulteriormente
calore al sistema solido/liquido,come vedete dal “pianerottolo” in fig 8, non si ha aumento di
temperatura perché l’energia fornita è usata per rompere i legami reticolari.il calore fornito da
quando il solido inizia a fondere fino alla totale fusione,viene detto calore latente di fusione,se
riferito ad una mole si parla di calore latente molare di fusione
Il passaggio da stato da solido a liquido si chiama liquefazione,il passaggio inverso si chiama
solidificazione(in questo caso si parla di calore latente di solidificazione)
Quando tutto il solido è fuso,il sistema è costituito da solo liquido,continuando a fornire calore si ha
nuovamente aumento dell’energia cinetica delle particelle di liquido e quindi della temperatura,fin
quando il liquido inizia a bollire(temperatura di ebollizione),a questa temperatura avremo
un’energia cinetica media delle particelle tale che la pressione di vapore del liquido,raggiunge il
valore della pressione esterna ed il liquido bolle:Continuando a fornire calore evapora nuovo liquido
e la temperatura resta costante ,aumenta il moto caotico delle particelle cioè il loro
disordine(aumenta l’ entropia),fimo a quando tutto il liquido è evaporato e la temperatura continua a
salire,il calore necessario alla evaporazione di una mole di liquido prende il nome calore latente
molare di evaporazione
Il passaggio di stato da liquido a vapore si chiama evaporazione,il passaggio inverso si chiama
liquefazione(in questo caso si parla di calore latente di liquefazione).
Un solido in opportune condizioni di temperatura e pressione può passare direttamente allo stato di
vapore il passaggio di stato si chiama sublimazione;al contrario il passaggio di stato da vapore a
solido è detto brinamento.
Fig 9
3.6 Diagramma dell’acqua
Immaginiamo di riempire parzialmente con acqua un recipiente trasparente,munito di termometro e
di manometro,chiuso,nel quale sia stato fatto precedentemente il vuoto.Lo raffreddiamo ad una
temperatura di -50°C,in queste condizioni l’acqua è presente negli stati di solido e vapore(ora capite
perché quando aprite il freezer vedete il vapore). Iniziamo a dare piccole successive quantità di
calore ,aspettando ogni volta che sia raggiunto l’equilibrio prima di rilevare Pressione e
temperatura.Man mano che la temperatura sale il sistema,inizialmente costituito da solido/vapore,si
trasforma in solido/liquido/vapore prima,e poi in liquido/vapore,fino alla temperatura
critica(374,1°C),oltre questa temperatura avremo solo gas.I dati in nostro possesso;riportando in un
diagramma cartesiano,sull’asse delle ascisse i valori della temperatura e sull’ asse delle ordinate i
valori di pressione ;ci permettono di costruire un diagramma.
In tale diagramma si individuano tre zone, , che caratterizzano le tre fasi (solida(S), liquida(L) e
vapore(G)) per la sostanza H2O. Se una coppia di valori (T,P) produce un punto che ricade dentro
una specifica zona, significa che per quei valori di temperatura e pressione, lo stato fisico stabile è
90
quello indicato dal diagramma
Fig 10
ll diagramma di stato dell'acqua in fig 10 tiene conto del variare della pressione e della temperatura.
La pressione è espressa in mmHg e la temperatura in gradi Centigradi. Il punto triplo(Pt) è un punto
localizzato a circa 4,5mmHg con 0,01°C ed è l'intorno in cui l'acqua presenta conformazione di
solido di liquido e di gas(coesistenza delle tre fasi). E' un punto difficilmente osservabile, se non in
laboratorio, a causa della particolare pressione che equivale a porre il composto sotto vuoto. Anche
minimi sbalzi di temperatura potrebbero spostare il punto in altri luoghi del diagramma rendendo
l'acqua solida, liquida o vapore. E' interessante notare che a 760mmHg (corrispondenti ad 1atm) di
pressione e a 0°C esatti( dove la linea tratteggiata orizzontale,incrocia la linea tratteggiata verticale
più a sinistra) l'acqua è in equilibrio tra stato solido e stadio liquido. Un’altro equilibrio lo si ha a
760mmHg e 100°( dove la linea tratteggiata orizzontale,incrocia la linea tratteggiata verticale più a
destra) con l'acqua egualmente presente come liquido e vapore.
A differenza della maggior parte delle altre sostanze, per le quali la forma solida è più densa di
quella liquida, il ghiaccio è meno denso dell'acqua liquida. La densità dell'acqua è infatti massima a
4 °C(anomalia dell‘acqua). Ciò è dovuto al fatto che il volume molare dell'acqua aumenta
all'abbassarsi della temperatura, con conseguente diminuzione della densità, e galleggiamento per
spinta di Archimede.. La densità dell’acqua = 1g/ml.
91
Vito Ribecco Grazia Maria Putignano
Vito Ribecco Grazia Maria Putignano
CAPITOLO 4
Equilibrio Chimico
4.1 Generalità
In chimica nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma,come recita la legge di
Lavoisier,e come dice la legge di Proust quando due o più elementi reagiscono, per formare un
determinato composto, si combinano sempre secondo proporzioni in massa definite e costanti.
In una reazione chimica a moli di A e b moli di B,reagiscono per dare c moli di C e d moli di D,
a b c d sono i coefficienti stechiometrici (sono dei numeri ) ,ci dicono quante a moli della specie A
si combinano con quante b moli della specie B a dare c moli della specie C e d moli della specie
D,ci indicano in parole povere in che rapporto matematico(in chimica correttamente si dice
stechiometrico) le molecole reagiscono e si formano.
Quasi tutte le reazioni chimiche sono reversibili , perciò si usa una doppia freccia e si
Scrive :
Reversibilità di una reazione significa che quando le specie C e D si sono formate, c moli di C
reagiscono con d moli di D a dare a moli di A e b moli di B.Tutto ciò continua fino a che non si
raggiunge uno stato di equilibrio,in cui saranno presenti tutti i componenti, ognuno con una
concentrazione che non cambia nel tempo (sempre che non cambino i parametri: pressione p,
numero di moli dei singoli componenti ni, temperatura T),tale equilibrio non è statico ma dinamico:
A e B continuano a reagire per dare C e D che a loro volta reagiscono a dare A e B,in modo tale che
la loro concentrazione non cambi.,e che i loro rapporti restino costanti, tant’è vero che possiamo
scrivere la costante di equilibrio K
fig1
La termodinamica considera sistemi in equilibrio.Un sistema può essere:
a)Sistema isolato non può scambiare con l’esterno né materia né energia
b)Sistema chiuso può scambiare energia ma non materia
c)Sistema aperto può scambiare energia e materia
La materia si può aggiungere,con degli opportuni calcoli prelevo n moli di sostanza e li aggiungo ad
un sistema aperto. L’energia come può essere scambiata da un sistema chiuso o aperto che sia?
L’energia può essere trasferita ma mai creata o distrutta.L’operazione mediante la quale l’energia
viene trasferita da un sistema meccanico ad un altro ,si chiama lavoro e si indica w
w=F• ds (1)
F è la forza ed ds lo spostamento infinitesimo*
Possiamo riscrivere la (1) in funzione delle variabili di stato che sono più pertinenti alla chimica:
F
w= • A •d s =P • dV (2)
A
F/A è forza/superficie e sappiamo che si chiama Pressione P,ed è la pressione esterna (la pressione
che l’ambiente esercita sul sistema) ;A •d s è una superficie • variazione infinitesima di
lunghezza,che corrisponde ad una variazione infinitesima di Volume dV .
Quindi integrando la (2) a pressione costante :
V2
w=∫ PdV=P•(V2-V1)=P•∆V (3)
V1
Cioè Pressione P per variazione di Volume ∆V(delta V)
Quindi w = P • ∆V l’unità di misura sarebbe atm x litro,si usa un’altra unità di misura:
l'unità di misura del lavoro e dell’energia in generale ,nel S.I.(il più diffuso tra i sistemi di unità di
misura) è il joule (J);un atm x litro(o litroatmosfera) è equivalente a 101,3 J
Una unità di misura largamente utilizzata in chimica è la caloria (cal): quantità di energia
necessaria per aumentare di l°C la temperatura di 1 g di acqua.
1 cal = 4.184 J
Resistenza
Fig 2
Abbiamo un gas in un cilindro la parte superiore del cilindro è mobile,le altre pareti non sono
isolate dall’ambiente, la pressione è mantenuta costante dal peso della sabbia sulla parte mobile cioè
dalla pressione P ,manteniamo fisso il pistone mobile fin che non abbiamo aumentato la quantità di
sabbia,poi lo lasciamo muovere ad agire ora è la pressione (P+dP),il gas viene compresso,il sistema
subisce lavoro
w=Pf •(V2-V1)
dove Pf è = (P+dP) questa volta dato che V2 < V1 il lavoro sarà negativo, il sistema in virtù della
compressione subisce un aumento di temperatura(a livello microscopico aumenta l’energia cinetica
delle molecole,gli urti fra esse) e quindi cede calore all’ambiente(calore negativo perché
ceduto).Abbiamo ottenuto calore dal lavoro
Fig 4
L’energia posseduta dalle particelle presenti in un campione è nota come energia interna E (alcuni
testi riportano il simbolo U)Essa è una funzione di stato .Il Valore dell’energia interna di un
sistema non è noto,ma ciò non rappresenta una difficoltà per la termodinamica,perché essa non si
interessa ai valori assoluti,ma solo alle differenze,che indichiamo con la lettera ∆(Delta maiuscolo,)
fra i valori del sistema stesso,prima e dopo una trasformazione.
l'energia interna di un sistema isolato si mantiene costante
∆Ε =q-w (5)
La variazione dell’energia interna di un sistema è pari alla differenza fra le quantità di calore e
lavoro scambiate
Calore e lavoro non sono funzioni di stato, mentre l’energia interna E lo è
Calore q viene considerato positivo quando risulta aggiunto al sistema,negativo se ceduto dal
sistema
Lavoro w viene considerato positivo quando viene eseguito dal sistema,negativo quando viene
subito dal sistema(es. compressione di un gas)
Considerando la (2)
∆Ε =q - (P• ∆V) (6)
Fig 5
Il nostro sistema è costituito da un gas contenuto in un cilindro con pistone mobile sul quale c’è
sabbia
Nell’esempio in fig 5 ,riportiamo un diagramma PV, partiamo dal punto F il gas ha P2 e
V1,vogliamo portarlo al punto indicato J(P1,V2);abbiamo 3 strade possibili a)riduciamo la pressione
del sistema al valore P1:in maniera calcolata diminuiamo la quantità di sabbia,ma mantenendo
fermo il pistone,in modo che il volume non vari ,abbiamo effettuato una trasformazione isocora e
siamo arrivati al punto D,a questo punto eseguiamo una trasformazione isobara:somministriamo
calore(calcolato) e lasciamo libero il pistone: il gas compierà lavoro(si espande) e si porterà al punto
J,
V2
l’area sottesa dalla line DJ è uguale al lavoro w= ∫ P1dV=P1(V2- V1) (8)
V1
b) riprendiamo il sistema dal punto F,forniamo calore a pressione costante(sempre calcoli alla
mano),facciamo quindi una trasformazione isobara,il sistema compie lavoro ed arriviamo al punto
U(P2 eV2),fermiamo il pistone, riduciamo la quantità di sabbia (trasformazione isocora) ,il sistema
compie lavoro(si espande) ed arriviamo al punto J.
V2
l’area sottesa dalla linea FU è uguale al lavoro w= ∫ P2dV=P2(V2- V1) (9)
V1
c)riprendiamo il sistema dal punto F facciamo una trasformazione isoterma:procedendo per stadi
successivi (senza somministrare calore,) togliamo piccole quantità di sabbia dal pistone,in tempi
successivi lentamente, in modo tale che la temperatura non vari, la
pressione diminuisce ed il volume aumenta(il sistema compie lavoro) fino ad arrivare al punto J.
V2
l’area sottesa dalla curva FJ è uguale al lavoro w= ∫ PdV (10)
V1
P e V sono cambiati continuamente quindi non possiamo sostituire P nell’integrale con un valore
noto(come abbiamo fatto per a) e b) ),poiché abbiamo operato in modo reversibile(togliendo piccole
quantità per volta,in modo da avere una situazione di equilibrio ogni volta)in ogni momento la P
esterna,sarà uguale a quella del gas,dall’equazione di stato dei gas sappiamo che :
nRT
P= e sostituendo nella (10) essa diventa
V
V2
w= ∫ nRTdV =nRT ln V2 (10‘)
V1 V V1
Mentre per ognuno dei 3 percorsi il lavoro è diverso,i valori dell’energia interna ∆Ε =q-w
( e rispettivamente delle altre funzioni di stato) sono identici .
Infatti dove il sistema ha svolto un lavoro maggiore,abbiamo somministrato anche maggiore
quantità di calore,infatti nel caso a dobbiamo far muovere il pistone da V1 a V2 contro una pressione
P1,nel caso b,dobbiamo far muovere il pistone da V1 a V2 contro una pressione P2 > P1 quindi serve
una maggiore quantità di calore(per identica variazione di volume).
97
4.2.2 Entalpia
Le reazioni chimiche vengono più comunemente eseguite in recipienti aperti non a volume costante
ma a pressione costante .Allo scopo di discutere le reazioni a pressione costante introduciamo una
nuova funzione di stato: L’entalpia H
H = E + PV (11)
Quindi per variazioni infinitesime avremo :
dH=dE+PdV+VdP (12)
Praticamente H è funzione delle variabili E,P,V;per una variazione di esse, per vedere di quanto è
variata la funzione, bisogna fare una operazione matematica :dobbiamo integrare ,per chi non ha
dimestichezza con gli integrali,do una breve spiegazione:
-----------------------------------------------------------------------
-----------------------------------------------------------------------
Il sistema passa da un volume V1 ad un volume V 2, e da avere energia interna E1 ad E2 ,e quindi da
un Valore di entalpia H1 a valore di entalpia H2,per calcolare la variazione si usano gli integrali
H2 E2 V2 P 2 =P 1
∫ dH=∫ dE +P∫ dV +V∫ dP (13) P2=P1,perché la pressione è costante
H1 E1 V1 P1
integrando otteniamo
(H2-H1)=(E2-E1)+P(V2-V1)+V(P1-P1),
Indichiamo i valori delle differenze al solito con la lettera ∆ cioè (H2-H1)=∆Η; (E2-E1)=∆Ε ;
--------------------------------------------------------------------------------
-------------------------------------------------------------------------------
L'entalpia è una funzione di stato, le sue variazioni sono indipendenti dal modo in cui i reagenti di
una determinata reazione si trasformano nei prodotti,dipende solo dallo stato iniziale e dallo stato
finale.Neanche i valori delle entalpie sono noti( proprio perché non è noto il valore E) ma come
abbiamo già detto non è un problema. Ci interessano le variazioni ∆Η .
Il ∆Η se si riferisce allo stato standard cioè pressione di 1 atmosfera temperatura di di 298,16 K
viene indicato come ∆Η°.Il ∆Η di una reazione che partendo dagli elementi , porta alla formazione
di una mole del composto in condizioni standard,viene indicata come entalpia molare di
formazione ∆Η°f
L’entalpia di una reazione è data dalla differenza fra la somma delle entalpie molari di formazione
delle specie ottenute nella reazione(prodotti),e la somma delle entalpie molari di formazione delle
speci reagenti
Un processo esotermico è un processo che cede calore all’ambiente, ∆H negativo (l'entalpia del
sistema diminuisce perché una quota di questa viene liberata nell'ambíente esterno),
le combustioni *sono reazioni esotermiche.
Un processo endotermico è un processo che assorbe calore dall’ambiente ∆H positivo (l'entalpia
del sistema aumenta a causa dell'assorbimento di calore dall‘ambiente esterno.)
*La combustione è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente - l'ossigeno, in genere quello
presente nell'aria - con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui e spesso anche la luce. Perché avvenga la combustione sono
necessari tre elementi: il combustibile, il comburente e l'innesco. (Combustibile e comburente devono essere in proporzioni adeguate). Vedi cap 10
99
4.2.3 Entropia
Il primo principio della termodinamica non offre alcun aiuto nel comprendere perché certe specie
chimiche reagiscano fra loro e perché diano luogo a certi prodotti di reazione e non ad altri.Per far
ciò bisogna introdurre una nuova funzioni di stato :l’entropia .
Consideriamo la fig 6 il recipiente 1 contiene gas,mentre il recipiente 2 è vuoto.I due recipienti sono
collegati da una valvola,se essa viene aperta,parte delle molecole del gas passano dal recipiente 1 al
recipiente 2 ,aumentando il loro disordine.Il sistema resta a temperatura costante(trasformazione
adiabatica con w=0 il sistema non compie o subisce lavoro)
Fig 6
Esiste una quantità S,chiamata entropia legata al disordine del sistema, essa è una funzione di
stato .In un processo irreversibile l’entropia dell’universo aumenta;in un processo reversibile
l’entropia dell’universo resta costante.In nessun caso è possibile una diminuzione di
entropia,.Matematicamente la differenza di entropia tra gli stati 1 e 2
È : 2 dqrev
∆S= ∫ (17)
1 T
100
L’entropia di una parte dell’universo (∆Stot )può diminuire a patto che vi sia compensazione per
mezzo di un simultaneo aumento di entropia di un’altra parte dell’universo
∆Stot =∆ssist + ∆samb (19)
Per un processo reversibile ∆Stot=0
Per un processo irreversibile ∆Stot > 0
Ag 10,20
Diamante 0,6
Fe2O3 21,5
Metanolo 30,3
-
OH -2,52
Tab 2
G = H - TS (21)
per un cambiamento infinitesimo abbiamo :
dG=dH-TdS-SdT (22)
poiché le nostre condizioni di equilibrio sono valide a T e P costanti
dG=dH-TdS (23)
E quindi ∆G=∆H - T∆S (24)
La (24) deriva dalla(19),perchè
∆Stot =∆ssist + ∆Samb =∆S- ∆H/T (25)
cioè a T e P costanti ed in assenza di lavoro opzionale ∆H/T rappresenta la variazione di entropia
dell’ambiente, ∆ssist la chiamiamo ∆s e la (25) riarrangiata diventa
-T∆Stot=∆H-T∆S -T∆Stot la chiamiamo ∆G
ed ecco che otteniamo la (24) ∆G=∆H - T∆S
Se il valore di ∆G > 0 la reazione chimica si dice endoergonica essa per avvenire ha bisogno di
energia
Quando ∆G = 0 il sistema è all’equilibrio
102
Esempi di energie libere di formazione
H20 -54,64
HBr -12,72
ZnO - 76,05
F(gassoso) 14,2
++
Ag 18,43
Tab 3
considerando la( 12) e la (22) per una variazione infinitesima la funzione dell’energia libera diviene:
dG=dE+PdV+VdP-TdS-SdT+∑iµi dni (28)
Per un processo reversibile ,per il quale l’unico lavoro possibile è di tipo PV:
dE=dq rev-dw rev ,poiché TdS= dq rev e dw rev=PdV la forma completa della (28) diviene
(considerando che in un sistema possono esserci più specie chimiche a,b…..i, e quindi na moli di a
,nb moli di b,…. ni moli di i)
dG=VdP-SdT +∑iµi dni (29)
Il potenziale chimico µi viene anche detto energia libera parziale molare(parziale perché è una
parte dell’energia libera totale,della fase,molare perché riferita ad una mole della specie considerata)
4.3 Cinetica Chimica
Con la termodinamica siamo in grado dire in quale direzione si svolge un processo grazie
all’entropia e l’energia libera ma non siamo in grado di dire in quanto tempo avviene questo
processo.
C(diam)+ O (gas) →CO (gas) ∆G0= -389 cal/mole
Fig 7
Cosa succede quando A e B si urtano?
A e B si avvicinano e formano un qualcosa che dà origine a C e D:
A+B→(A•B)→C+D
(A•B) si chiama complesso attivato,la formazione di esso avviene a spese dell’energia cinetica
delle molecole;infatti quando A e B si avvicinano tanto da dare luogo al complesso attivato,le forze
elettrostatiche repulsive tra A e B devono essere vinte a spese della loro energia cinetica.Se tale
energia non consente la formazione del complesso attivato,A e B non reagiscono;se invece le due
particelle possono avvicinarsi tanto da formare il complesso attivato,la reazione ha luogo ,e quindi
una volta che si è formato il complesso attivato si ha un arrangiamento degli atomi che lo
costituiscono,in nuove strutture con il minimo contenuto di energia(prodotti)
104
Fig 8
Guardiamo la fig 8 L’energia Ea ,si chiama Energia di Attivazione ed è l’energia che va fornita
alle molecole A e B affinche si formi il complesso attivato., i reagenti(A e B) man mano che la
reazione procede attraversano uno stato di transizione,nel quale si forma appunto il complesso
attivato(A•B), e quindi si ottengono i prodotti(C e D),però man mano che i prodotti si formano,
reagiscono tra loro ,formano loro stessi il complesso attivato e producono A e B,fino a raggiungere
un equilibrio in cui per n molecole di A e di B che reagiscono a dare C e D ci saranno n molecole di
C e D che reagiscono a dare A e B(equilibrio dinamico)
b
V1 = k1 [A] a · [B](30) ove V = velocità della reazione diretta, k1 = costante della velocità
diretta ,[A] e[B] sono le concentrazioni dei reagenti a e b i coefficienti stechiometrici
c d
V-1 = k-1 [C] ·[D] (31) ove V = velocità della reazione inversa, k1 = costante della velocità
inversa, [C] e[D] sono le concentrazioni dei reagenti , c e d i coefficienti stechiometrici
All’equilibrio le due velocità saranno uguali perché tante moli di A e B reagiscono quante di C e D
e quindi
b
k1 [A] a · [B] = k-1 [C] c ·[D] d (32)
Per cui
c d
[C] ·[D] k1
= =K (33)
a b
[A] · [B] k-1
Si definisce ordine di reazione il numero che esprime la somma degli esponenti con cui le
concentrazioni delle singole specie chimiche compaiono nell’espressione della velocità di reazione
es
Ordine zero V= k1 (in questi casi la velocità è indipendente dalle concentrazioni dei reagenti)
Primo ordine V= k1 [A]
Secondo ordine V= k1 [A] ² o V= k1 [A] [B]
E così via ….
Reazione totale
A + 2B C
2) B +I C
106
A+B B+ I C
Fig 9
4.3.2 Catalisi
La catalisi è un fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica, viene
cambiata drasticamente per l'intervento di una sostanza, detta catalizzatore
Un catalizzatore , interviene in una reazione chimica aumentandone la velocità ,ma rimanendo
inalterato al termine della stessa. L'aumento di velocità viene reso possibile grazie alla diminuzione
dell'energia di attivazione fig 10
A + catalizz →ACatalizz
ACatalizz + B → AB + Catalizz
Fig 10
La reazione netta è sempre A + B → AB , mentre il Catalizzatore viene rigenerato alla fine di ogni
ciclo e non si consuma.Nel caso in cui un composto presente nell'ambiente di reazione (prodotto,
solvente, ecc.) si lega al catalizzatore in modo permanente, si parla di avvelenamento del
catalizzatore, che perde così la sua efficacia..I catalizzatori sono detti.catalizzatori omogenei: quando
si trovano nello stesso stato fisico dei reagenti. ,si parla di Catalizzatori eterogenei: quando si
trovano in uno stato fisico diverso da quello dei reagenti (es. spugne di platino in reazioni in
soluzione)
Dei catalizzatori molto importanti sono gli enzimi Fig 11
Fig 11
Una reazione con catalisi enzimatica è :
Se si osserva l'andamento della velocità di una reazione enzimatica in funzione della concentrazione
del substrato, notiamo che la Velocità tende ad un valore limite, Vmax
Tale limite è dovuto al fatto che nella catalisi enzimatica vi è un passaggio "obbligato", costituito
dalla formazione del complesso enzima-substrato, ES, come è indicato nello schema più sotto.
(Si faccia attenzione a non identificare questo intermedio, stabile e isolabile, con il complesso
attivato della teoria dello stato di transizione.)
109
Vito Ribecco Grazia Maria PutignanoCapitolo 5
Cenni di Chimica Nucleare
protone → neutrone + π +
Protone 1 → protone 2 +π °
Dalle trasformazioni (1)prenderebbero origine le forze di scambio a cui sono dovute le energie
nucleari
Le energie nucleari possono essere determinate,ad esempio con la relazione di Einstein (ed in altri
modi) tra massa m (in grammi) ed energia ε (in erg),
ε =mc² (2)
dove c è la velocità della luce≅3•1010cm/s
Confrontando il valore della massa di un nucleo determinata sperimentalmente con il valore teorico
calcolato come somma delle masse dei neutroni e dei protoni che lo costituiscono,il valore teorico
risulta maggiore di quello sperimentale,la differenza dei due valori si chiama difetto di massa e
mediante la (2),ci permette di determinare la quantità di energia liberata nella formazione del nucleo
considerato,cioè dell’energia di legame.
5.2 Gli Isotopi
Si chiamano isotopi due o più atomi di una stessa specie chimica,quindi con stesso numero atomico
Z,ma che differiscono fra loro per la massa atomica A,ciò avviene per la presenza di un numero
diverso di neutroni nel nucleo.
110
Nel caso dell’idrogeno ai tre isotopi che conosciamo,sono stati dati nomi e simboli diversi.
1
H (idrogeno costituisce il 99,985 % dell’idrogeno totale )
1
2
D (deuterio costituisce 0,015 % dell’idrogeno totale )
1
1
T (tritio percentuale trascurabile )
1
Poiché gli isotopi di uno stesso elemento hanno tutti uguale struttura elettronica,hanno proprietà
chimiche praticamente identiche,ad esempio l’acqua pesante D20 bolle a101,42°C e congela a
3,82°C,l‘acqua bolle a 100°C e congela a 0°C..
Talvolta gli isotopi di un elemento possono essere radioattivi(vedi prossimo paragrafo).Il Tritio ad
esempio emette raggi β-
Gli isotopi possono anche essere preparati artificialmente
Due nuclei invece si dicono isobari se hanno uguale numero di massa ma diverso numero atomico
5.3 Radioattività
La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei, non stabili, si trasformano in altri emettendo
particelle. La radioattività non è stata inventata dall'uomo, anzi, al contrario, l'uomo è esposto alla
radioattività fin dal momento della sua apparizione sulla Terra. La radioattività è antica quanto
l’Universo ed è presente ovunque: nelle Stelle, nella Terra e nei nostri stessi corpi.
La scoperta della radioattività avvenne alla fine dell’800 ad opera di Henry Bequerel e dei coniugi
Pierre e Marie Curie , che ricevettero il Premio Nobel per la Fisica per le loro ricerche. Essi
scoprirono che alcuni minerali, contenenti uranio e radio,avevano la proprietà di impressionare delle
lastre fotografiche poste nelle loro vicinanze. Le lastre fotografiche, una volta sviluppate,
presentavano delle macchie scure.
Per questa loro proprietà, elementi come l’uranio, il radio e il polonio (gli ultimi due scoperti
proprio da Pierre e Marie Curie) vennero denominati radioattivi e il fenomeno di emissione di
particelle venne detto radioattività. Da allora sono stati identificati altri elementi radioattivi.
Gli elementi radioattivi hanno acquistato notevole importanza in campo scientifico,medico e
tecnico.
5.3.1 Unità di misura della radioattività
L'unità di misura della radioattività è il becquerel (Bq). 1 Bq corrisponde a 1 disintegrazione al
secondo. Poiché questa unità di misura è assai piccola, la radioattività si esprime molto spesso in
multipli di Bq: il kilo-becquerel (kBq) = 103 Bq, il Mega-becquerel (MBq) = 106 Bq e il
Gigabecquerel (GBq) = 109 Bq.
L'unità di misura usata in precedenza era il Curie (Ci) definita come la quantità di radioattività
presente in un grammo di radio. Questa unità è immensamente più grande del Bq, perché in un
grammo di radio avvengono 37 miliardi di disintegrazioni al secondo. Perciò:1 Ci = 37 GBq = 37
miliardi di Bq.
Il contatore Geiger (fig 1)è il più comune strumento utile per misurare radiazioni di tipo
ionizzante,essenzialmente è costituito da due elettrodi tra i quali è posto un gas,e tra i quali esiste
una differenza di potenziale;gli ioni che si formano nel gas per il passaggio della particella
provocano un passaggio di corrente tra i due elettrodi,che opportunamente amplificato,comanda un
numeratore meccanico che conta il numero di particelle entrate nel contatore
111
.
Fig 1
5.4Decadimento Radioattivo
La trasformazione di un atomo radioattivo porta alla produzione di un altro atomo, che può essere
anch'esso radioattivo oppure stabile. Essa è chiamata disintegrazione o decadimento radioattivo
Considerando N atomi di una specie radioattiva,si è notato sperimentalmente che il numero delle
disintegrazioni nell’unità di tempo è proporzionale ad N,(processo di primo ordine )
- dN/dt= λN (3)
Dove λ è la costante di decadimento ed è un valore caratteristico per ogni specie radioattiva
Si indica t½ il tempo necessario affinché il 50% degli atomi considerati decadano
t½ =0,693/ λ (4)
Anche il t½ è un valore caratteristico per ogni specie radioattiva
Le radiazioni che si liberano nei processi radioattivi sono dette radiazioni ionizzanti perché dotate
di sufficiente energia da poter ionizzare gli atomi (o le molecole) con i quali vengono a contatto.
A seconda del tipo di radiazione emessa,si distinguono tre diversi tipi di decadimento
radioattivo(α,β,γ)
5.4.1Decadimento α
Consideriamo un nucleo con numero atomico Z e numero di massa A. In seguito ad un decadimento
alfa, il nucleo emette una particella α, cioè un nucleo di elio composto da due protoni e due
neutroni (ricordate particella onda associata?), e si trasforma in un nucleo diverso, con numero
atomico (Z - 2) e numero di massa (A – 4). Un esempio è il decadimento dell’uranio-238 in torio-
234 . Le radiazioni alfa, per la loro natura, sono poco penetranti e possono essere completamente
bloccate da un semplice foglio di carta.
94
(5)
112
5.4.2Decadimento β
Questo tipo di decadimento produce isobari
Una particella beta è un elettrone ad alta velocità che fuoriesce da un nucleo in disintegrazione.
Tale particella può avere carica negativa unitaria (ß-, decadimento beta negativo), o carica positiva
unitaria (ß+, decadimento beta positivo). In ogni caso la massa è identica a quella dell'elettrone
Quando il nucleo è instabile per eccesso di neutroni, un neutrone in eccesso si trasforma in protone
Le radiazioni beta sono più penetranti di quelle alfa, ma possono essere completamente bloccate da
piccoli spessori di materiali metallici (ad esempio, pochi millimetri di alluminio).
Quando il nucleo è instabile per difetto di neutroni, un protone in eccesso emette una particella ß+,
chiamata positrone**, e si trasforma in neutrone
5.4.3Decadimento γ
In questo tipo di decadimento radioattivo,il nucleo non si trasforma ma passa semplicemente in uno
stato di energia inferiore ed emette un fotone. La radiazione gamma accompagna solitamente una
radiazione alfa o una radiazione beta. Infatti, dopo l'emissione alfa o beta, il nucleo è ancora eccitato
perché i suoi protoni e neutroni non hanno ancora raggiunto la nuova situazione di equilibrio: di
conseguenza, il nucleo si libera rapidamente del surplus di energia attraverso l'emissione di una
radiazione gamma. Per esempio il cobalto-60 si trasforma per disintegrazione beta in nichel-60, che
raggiunge il suo stato di equilibrio emettendo una radiazione gamma
(8)
Al contrario delle radiazioni alfa e beta, le radiazioni gamma sono molto penetranti, e per bloccarle
occorrono materiali ad elevata densità come il piombo ;sono radiazioni molto energetiche.
*il neutrino è una particella ad elevata energia,carica nulla e massa praticamente nulla,la sua importanza è teorica per il bilancio energetico .
** Il positrone (detto anche positone o antielettrone) è l'equivalente di antimateria dell'elettrone. Ha carica elettrica pari a +1, e la stessa massa
dell'elettrone. Le particelle ß+ dopo circa 10-9 secondi vanno incontro ad ANNICHILAZIONE, interagendo con un elettrone. Le due particelle
scompaiono e la loro massa è trasformata in 2 fotoni gamma di 0.511 MeV, emessi in direzioni contrapposte.
113
5.5 Fissione Nucleare
La fissione nucleare interessa prevalentemente nuclei con numero di massa superiore a 100, ma è
molto più facilmente osservabile in nuclei con numero di massa intorno a 230. Es Uranio 235*
Nella fissione nucleare indotta, un neutrone incide sul nucleo e ne viene assorbito cedendo la
propria energia al nucleo stesso, aumentandone l'energia interna dei suoi componenti; il nucleo
acquista, in tal caso, un'anomala forma allungata..
235 236
U + neutrone → U (9)
92 92
Questa è una situazione instabile e, nel giro di una frazione di secondo (meno di 10-12''), il nucleo
si divide in due emettendo due o tre neutroni.
235 236 90 140
U + neutrone → U → Sr + Xe +2,5 neutroni + energia (10)
92 92 38 54
Fig 2
La massa totale dei due nuclei prodotti nella fissione nucleare è inferiore a quella del nucleo di
partenza: questa differenza di massa è l'origine dell'energia prodotta nella reazione, perché la massa
"persa" si trasforma in energia secondo l'equazione di Einstein.
L’85% è energia cinetica il restante 15% e costituito da raggi β e γ.
Questo tipo di reazioni avvengono nei reattori nucleari a fissione.
Se dei 2,5 neutroni prodotti in media da ciascun atto di fissione 1,5 vanno dispersi ed 1 provoca la
fissione di un altro nucleo,la reazione nucleare a catena si mantiene(condizione critica);se il numero
di fissioni conseguente alla singola fissione è in media minore di 1 la reazione si arresta,se è
maggiore di 1 tende ad accelerarsi progressivamente e rapidamente cioè diverge.
Per il verificarsi di una di queste possibilità(condizione critica, arresto ,divergenza)ha grande
importanza la dimensione del blocco di uranio;infatti aumentando questa aumenta la probabilità che
i neutroni diano luogo a fissioni successive prima di abbandonare lo stesso blocco di uranio.
Esiste però una dimensione critica( 12 cm di diametro per l’uranio ) oltre la quale la reazione a
catena diventa esplosiva.
*
La miscela di isotopi dell ‘uranio, nota come uranio arricchito, differisce dall' uranio nativo estratto dalle miniere, perché il contenuto di 235U è
stato incrementato attraverso il processo di separazione degli isotopi. L'uranio nativo consiste principalmente dell'isotopo 238U, con una percentuale
di circa 0,711 % in peso come 235U, l'unico isotopo esistente in natura in quantità apprezzabili che possa essere sottoposto a fissione
nucleare,L'uranio impoverito è il termine con il quale si definisce la miscela di uranio più povera rispetto alla concentrazione naturale 0,7% circa
dell'isotopo di numero di massa 235 (235U).
L'uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio.
114
Così si crea una bomba atomica ,in essa infatti sono contenuti più pezzi di uranio 235,di dimensioni
inferiori a quella critica,l’esplosione si provoca sparandoli l’uno contro l’altro (usando esplosivi
convenzionali),in modo da formare un unico blocco di dimensioni superiori alla dimensione
critica.Tutto ciò avviene in milionesimi di secondo,e produce nel centro della deflagrazione
temperature di 10 milioni di °C
Nei reattori nucleari invece
Per innescare la reazione di fissione dell'uranio, il neutrone deve essere di bassa energia (neutrone
lento) e ottenuto con particolari sostanze dette "moderatori" che rallentano i neutroni più veloci. In
genere, si usano come moderatori l'acqua, la grafite o l'acqua pesante.
Al centro del reattore,nel nocciolo, si trovano barre di uranio 235 di dimensione critica, i cui atomi
subiscono la fissione in reazioni nucleari a catena.Nelle centrali nucleari l'energia liberata viene
usata per riscaldare acqua o anidride carbonica con generazione di vapore, che a sua volta alimenta
delle turbine.I reattori a fissione nucleare generano quindi energia .
.
Fig 3
In queste reazioni si formano grandi quantità di rifiuti radioattivi. In funzionamento normale una
centrale nucleare emette radioattivitá all'esterno in piccole dosi, che però possono ugualmente
provocare gravi danni agli esseri viventi quando questi vi rimangono esposti per lunghi periodi. .
Le centrali sono opportunamente schermate(con piombo o con altri materiali ad alta densità),per
evitare fughe di radiazioni e per proteggere chi vi lavora.
Ma gli incidenti ai reattori(e gli attentati terroristici) possono sempre avvenire ; è impossibile
pensare di poter eliminare al 100% fughe radioattive e le conseguenze possono essere catastrofiche.
Si pensi al disastro di Chernobyl.
115
L'effetto dannoso è dovuto in massima parte alle proprietà ionizzanti dei raggi γ : distruggendo i
legami fra molecole, le radiazioni danneggiano le cellule generando radicali liberi, ma soprattutto
alterano le molecole del DNA e dell'RNA, causando danni somatici e genetici.
Il momento in cui le cellule sono più vulnerabili in assoluto alle radiazioni, è quello della
riproduzione (mitosi o meiosi), in cui il DNA è in fase di duplicazione, le strutture del nucleo sono
dissolte e gli enzimi che assicurano l'integrità del materiale genetico non possono operare. L'effetto
macroscopico più vistoso della radioattività sulle cellule, quindi, è il rallentamento della velocità di
riproduzione: e le popolazioni di cellule che si riproducono molto rapidamente sono più vulnerabili
di quelle che lo fanno lentamente. In virtù di questo fatto, gli organi più sensibili alle radiazioni
sono il midollo osseo emopoietico e il sistema linfatico ( i raggi γ causano quindi tumori quali
leucemie e linfomi).
5.6 Fusione Nucleare
La fusione nucleare consiste nel fondere due nuclei leggeri per formarne uno nuovo.
La fusione che avviene nel Sole e nelle altre stelle, consistente nell'unione dei nuclei di due atomi
leggeri, isotopi dell'Idrogeno( deuterio e trizio), in uno più pesante(elio). In questo tipo di reazione il
nuovo nucleo costituito, ed il neutrone liberato, hanno una massa totale minore della somma delle
masse dei reagenti con conseguente liberazione di un'elevata quantità di energia che conferisce al
processo caratteristiche fortemente esotermiche.
2 3 4
D + T → He + neutrone + energia (11)
1 1 2
L’energia da spendere per far avvenire la reazione è ∼ 0,01 MeV,l’energia che si libera dalla
formazione dei nuclei di elio ∼3,5 MeV e l’energia cinetica dei neutroni è ∼ 14,1 MeV;il rapporto di
energia consumata /prodotta e quindi ≅(14,1+3,5)/0,01=1760
Fig 4
Le reazioni di fusione nucleare richiedono enormi energie di attivazione,per via della repulsione
elettrostatica fra i nuclei(i due nuclei devono avvicinarsi a tal punto da fondersi).Soltanto a
temperature dell’ordine del centinaio di milioni di °C le forze repulsive fra i nuclei vengono
superate dall’energia cinetica degli stessi nuclei e possono aver luogo reazioni nucleari a fusione.
A temperature così elevate gli atomi si dissociano in nuclei ed elettroni,e a questo stato gassoso si è
dato il nome di plasma.
Nello stato di plasma riusciamo a raggiungere le temperature di ignizione necessarie ad avviare un
processo termonucleare.
L’energia necessaria per portare il plasma costituito da deuterio e tritio,può essere fornita in vari
modi.
116
Alla temperatura necessaria per la fusione non resiste però alcun materiale a noi noto,ed il plasma
può esistere solo all’interno di un potentissimo campo magnetico generato da un elettromagnete
toroidale(Tokamak fig 5) ,il plasma caldo è racchiuso in una camera a vuoto, ed una opportuna
configurazione di campi magnetici esterni e prodotti da correnti circolanti nel plasma impedisce il
contatto con le pareti del recipiente.Le particelle di plasma si avvitano intorno alle linee di forza del
campo., ed essendo cariche elettricamente non possono fuoriuscire da esso.
Fig 5
La fusione nucleare, appena vista è in forma controllata, (ancora in fase sperimentale);la fusione
nucleare in forma incontrollata si usa nelle bombe a idrogeno (bomba H)
All'interno di un reattore, i neutroni devono essere frenati in un mantello di Litio che ne riveste le
pareti.
In una centrale da 1GigaWatt basata sulla reazione(11) ciclo , per produrre circa 300 milioni kWh
(kiloWattora) dovrebbero essere utilizzati, come combustibili, 37 kg di Deuterio e 125 kg di Litio
all’anno.
Le riserve stimate di Deuterio ammontano a 4,6 x 1016 kg nell’acqua di mare, Il Tritio può esser
formato a partire dal Litio
Il litio è distribuito in modo uniforme sul pianeta costituisce circa 6•10-3 % della litosfera ,ed è
costituito da due isotopi ,il più abbondante è il Litio 7(92,6 %),il meno abbondante è il Litio 6 (7,4
%)
Le reazioni che portano alla formazione del Tritio sono :
7 4 3
a) Li +neutrone (veloce)= He + T+neutrone(lento) - 2.5 MeV (12)
3 2 1
6 4 3
b) Li + neutrone(lento) = He + T +4.86 MeV (13)
3 2 1
A differenza della fissione, la fusione nucleare non è un processo a catena e il combustibile deve
essere fornito continuamente per sostenere le reazioni; le scorie prodotte sono costituite da Elio,
elemento inerte non radioattivo. Si tratta quindi un processo intrinsecamente sicuro.
La disponibilità illimitata di combustibile e i limitati problemi di gestione delle scorie rendono
molto interessante la via della fusione nucleare.
118