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Il libro

Sopravvivere alle prime quattro onde sembrava impossibile eppure Cassie Sullivan e i suoi compagni ci sono riusciti. Ora si
ritrovano in un mondo che non riconoscono pi, tutto stato distrutto, anche quello che ci teneva uniti, che ci rendeva umani: Non
c speranza senza fede, non c fede senza speranza, non c amore senza fiducia, non c fiducia senza amore. Togli una sola di
queste cose e lintero castello di carte umano crolla.
Con gli Altri alle costole, Cassie, Ben e Ringer si trovano di fronte a una scelta difficile: prepararsi ad affrontare linverno
sperando nel ritorno di Evan Walker o partire alla ricerca di altri sopravvissuti. Perch il prossimo attacco inevitabile e
imminente.
La Quinta Onda, infatti, continua implacabile la sua avanzata, e il nemico non si fermer fino a che la razza umana non sar
completamente annientata.
Dopo il successo di La Quinta Onda, diventato un film, Rick Yancey torna con il secondo capitolo della saga, e ci mostra fin
dove possa spingersi lumanit nella battaglia finale tra vita e morte, speranza e disperazione, amore e odio.

Lautore
Rick Yancey nato a Miami e ha iniziato ad amare la letteratura sin da piccolo, grazie ai libri che riceveva in regalo da suo padre.
Tra le sue letture preferite in assoluto ci sono Le avventure di Sherlock Holmes e Il signore degli anelli. Oltre a leggere molto,
fin da bambino ha iniziato a scrivere storie, attivit che non ha pi abbandonato.

Rick Yancey

LA QUINTA ONDA
Il mare infinito
Traduzione di Elisabetta Spediacci

IL MARE INFINITO
Per Sandy, guardiana dellinfinito

Il mio cuore, come il mare, non ha limiti


e il mio amore profondo quanto il mare:
pi te ne concedo pi ne possiedo, perch luno e laltro sono infiniti.
WILLIAM SHAKESPEARE

IL GRANO
Non ci sarebbe stata mietitura.
Le piogge primaverili avevano svegliato i semi dormienti e dalla terra umida erano spuntati
germogli verde acceso che si erano allungati verso lalto come chi si stiracchia dopo un bel
sonnellino. Man mano che la primavera lasciava il passo allestate, gli steli si erano scuriti,
abbronzati, tinti di un bruno dorato. Le giornate erano diventate lunghe e afose. Dense nubi
torreggianti dalle volute nere portavano frequenti rovesci e i gambi bruni luccicavano nel crepuscolo
perpetuo che regnava sotto quella cappa. Il grano intanto cresceva e le spighe in via di maturazione si
piegavano al vento della prateria simili a una tenda agitata dalla brezza, a un immenso mare
increspato che si perdeva allorizzonte.
Al momento di mietere non cerano agricoltori a staccare le spighe dagli steli, a sfregarsele tra le
mani callose e soffiarci sopra per liberare la parte buona dalla lolla. Non cerano braccianti a
mordicchiare i chicchi fino a romperne con i denti il delicato involucro. Lagricoltore era morto
nellepidemia e chi, tra i suoi familiari, era rimasto in vita era fuggito nella citt pi vicina e l, a sua
volta, era morto, andando a sommarsi ai miliardi di vittime della Terza Onda. La vecchia casa
costruita dal nonno dellagricoltore era ormai unisola deserta circondata da un infinito mare bruno.
Le giornate si erano accorciate e le notti si erano fatte fresche, e le piante frusciavano nel vento
secco.
Il grano era sopravvissuto alla grandine e ai fulmini dei temporali estivi, ma non poteva sperare in
un colpo di fortuna per salvarsi dal freddo. Quando i profughi avevano trovato riparo nella vecchia
casa, ormai era morto, ucciso dalla stretta morsa di unintensa gelata.
Cinque uomini e due donne, sconosciuti luno allaltro alla vigilia di quellultima stagione
agricola, erano adesso legati dal tacito giuramento che anche uno solo di loro contava pi di tutti
quanti messi insieme.
Gli uomini si avvicendavano sul portico per fare la guardia. Di giorno il cielo sereno era di un
vivido azzurro limpido e il sole basso allorizzonte accendeva di scintillanti riflessi dorati il bruno
spento del grano. Quando invece calava la notte, o meglio piombava sulla Terra come infuriata, la
luce delle stelle dava al grano il colore dellargento lucidato.
Il mondo meccanizzato era morto. Terremoti e tsunami avevano distrutto le coste. Lepidemia
aveva divorato miliardi di vite.
E gli uomini sul portico scrutavano il grano e si chiedevano cosa sarebbe seguito.
Un giorno, nel primo pomeriggio, luomo di guardia vide quel mare di spighe morte aprirsi e cap
subito che cera qualcuno o qualcosa che si faceva strada verso il vecchio casolare. Chiam i
compagni; una delle donne usc e, ferma accanto a lui, guard gli alti steli che scomparivano nel mare
bruno come risucchiati dalla Terra stessa. Chiunque fosse, era interamente nascosto dal grano.
Luomo scese i gradini. Spian il fucile in direzione del campo. E rimase in attesa: lui in cortile, la
donna sul portico e gli altri dentro casa, con la faccia attaccata al vetro delle finestre. In attesa, nel
silenzio generale, che la tenda di grano si schiudesse.
Quando alla fine sbuc un bambino, limmobilit di quellattesa and in frantumi. La donna scese
di corsa dal portico e spinse gi la canna del fucile. solo un bambino. Non vorrai mica sparare a
un bambino? Il volto delluomo era contratto in una smorfia di indecisione e di rabbia, perch tutte
le certezze di un tempo erano state tradite. Come facciamo a saperlo? le chiese brusco. Come
facciamo a essere ancora sicuri di qualcosa? Uscendo dal grano, il bambino inciamp e cadde. La

donna si precipit da lui, lo tir su e si strinse al seno il suo visetto sudicio. Luomo armato le si
piant davanti. Sta congelando. Dobbiamo portarlo dentro. E luomo avvert un forte senso di
oppressione al petto. Era schiacciato tra ci che il mondo era prima e ci che il mondo era allora, tra
il suo io passato e il suo io presente, e gli gravava sul cuore il prezzo di tutti i taciti giuramenti.
solo un bambino. Non vorrai mica sparare a un bambino? La donna gli sfil accanto, sal i gradini,
attravers il portico ed entr in casa, e luomo chin la testa come in una preghiera, poi la alz come
in una supplica. Aspett qualche minuto per vedere se dal grano sbucava qualcun altro, perch non
riusciva a credere che un bambino a malapena capace di camminare potesse essere sopravvissuto
cos a lungo, solo e indifeso, senza nessuno a proteggerlo. Comera possibile?
Quando entr nel soggiorno del vecchio casolare, vide che la donna teneva il bambino in grembo.
Laveva avvolto in una coperta e gli aveva dato un bicchiere dacqua, bicchiere che il piccolo
stringeva con manine arrossate dal freddo. Gli altri si erano raccolti nella stanza e lo fissavano
sbalorditi senza dire una parola. Comera possibile? Il bambino piagnucolava. Passava lo sguardo
da un viso allaltro, in cerca di una faccia familiare, ma per lui erano tutti estranei, cos come loro
erano stati estranei luno allaltro prima che il mondo finisse. Piagnucolava e ripeteva che aveva
freddo e che gli faceva male la gola. Aveva tanta bua alla gola.
La donna che lo teneva in grembo gli fece aprire la bocca. Si accorse del tessuto infiammato in
fondo al cavo orale, ma non del filo sottile come un capello fissato vicino alle tonsille. Non poteva
vedere n il filo n la minuscola capsula collegata allaltra estremit. Non poteva sapere, mentre si
chinava sul bambino per guardare meglio, che il dispositivo dentro di lui era calibrato per rilevare
lanidride carbonica del fiato umano.
Il fiato, linnesco.
Il bambino, larma.
Lesplosione polverizz il vecchio casolare allistante.
Per il grano ci volle di pi. Se del casolare o degli annessi o del silo che anno dopo anno aveva
ospitato un raccolto abbondante non rimaneva niente, gli snelli steli secchi, consumati dal fuoco, si
trasformarono invece in cenere, che al tramonto, quando un forte vento settentrionale spazz la
prateria, si sollev in aria e fu trasportata per centinaia di chilometri per poi cadere, una neve grigia
e nera, e posarsi indifferente sul terreno arido.

PRIMO LIBRO

Prima parte

IL PROBLEMA DEI RATTI

1
Il mondo un orologio sempre pi scarico.
Lo sento nel rumore delle dita ghiacciate del vento che grattano alla finestra. Nellodore della
moquette ammuffita e della carta da parati marcia del vecchio albergo. E lo sento nel petto di Teacup,
addormentata accanto a me. Il martellio del suo cuore, il ritmo del suo respiro, caldo nellaria gelida,
lorologio sempre pi scarico.
Dallaltra parte della stanza, Cassie Sullivan di guardia alla finestra. La luce della luna filtra dal
minuscolo spiraglio tra le tende illuminando gli sbuffi di fiato condensato che le escono di bocca.
Suo fratello dorme nel letto pi vicino a lei, un grumo piccolo piccolo sotto un ammasso di coperte.
Finestra, letto, di nuovo finestra: Cassie muove la testa avanti e indietro come un pendolo. Il
movimento della sua testa, il ritmo del suo respiro, al pari di quello del respiro di Nugget, di Teacup,
mio, segna il tempo dellorologio sempre pi scarico.
Scendo dal letto cercando di fare piano. Teacup geme nel sonno e si rinsacca nelle coperte. Il
freddo mi attanaglia penetrandomi nelle ossa anche se sono completamente vestita: mi mancano solo
scarponi e parka, che recupero dai piedi del letto. Sullivan mi segue con lo sguardo mentre mi infilo
gli scarponi e poi vado allarmadio a prendere zaino e fucile. La raggiungo alla finestra. Sento che
dovrei dire qualcosa prima di andarmene. Potremmo non rivederci pi.
Ci siamo, quindi fa. La sua pelle chiara risplende nella luce biancastra. La spruzzata di
lentiggini sembra sospesa su naso e guance.
Mi sistemo il fucile in spalla. Ci siamo.
Sai, a Dumbo ci arrivo. Le orecchie a sventola. E anche a Nugget: perch Sam piccino. Teacup,
uguale: minuta e delicata come una tazza da t. Con Zombi faccio gi pi fatica Ben non me lo
vuole dire e, a naso, Poundcake ha un nome da torta visto che cicciotto. Ma perch Ringer?
Ho gi capito dove vuole andare a parare. A eccezione di Zombi e di suo fratello, non si fida pi
di nessuno. Il fatto che mi chiami come quei fuoriclasse che vengono spacciati per altri e infilati dove
non dovrebbero stare risveglia la sua paranoia. Sono umana.
Certo. Sbirciando dallo spiraglio tra le tende, guarda il parcheggio che, un piano pi in basso,
luccica per via del ghiaccio. Questa lho gi sentita. E, come una scema, me la sono bevuta.
Non cos scema, date le circostanze.
Non fingere, Ringer sbotta. Lo so che non mi credi su Evan.
A te credo. la sua storia che non sta in piedi.
Vado verso la porta prima che mi salti addosso. Meglio non stuzzicare Cassie Sullivan sulla
questione Evan Walker. Non gliene faccio una colpa. Evan il rametto sulla parete del dirupo a cui
lei si aggrappa, e la sua scomparsa la spinge solo a tenersi ancora pi forte.
Teacup non fa il minimo rumore, ma mi sento i suoi occhi puntati addosso e capisco che sveglia.
Torno al letto.
Portami con te sussurra.
Scuoto il capo. Questa scena si gi ripetuta centinaia di volte. Non star via molto. Un paio di
giorni.
Me lo prometti?
Manco per sogno, Teacup. Le promesse sono lunica moneta rimasta. Vanno spese in maniera
oculata. Ha il labbro inferiore che le trema, gli occhi lucidi. Ehi mormoro. Cosa ti ho detto,
soldato? Resisto allimpulso di toccarla. Qual la priorit numero uno?

Niente brutti pensieri risponde ubbidiente.


Perch cosa fanno, i brutti pensieri?
Fiaccano.
E cosa succede a chi si lascia fiaccare?
Muore.
E noi vogliamo morire?
Fa cenno di no. Non ancora.
Le sfioro il viso. Guancia fredda, lacrime calde. Non ancora. Considerato che il tempo
dellorologio umano agli sgoccioli, probabilmente questa bambina ha raggiunto la mezzet. Io e
Sullivan, be, noi siamo vecchie. E Zombi? Matusalemme.
Zombi mi aspetta nellatrio. Porta una giacca da sci e una felpa giallo acceso con il cappuccio,
entrambe trovate rovistando tra le cose abbandonate nellalbergo: scappato da Camp Haven con
indosso solo una leggerissima divisa da inserviente. Il rossore del suo viso sotto la barba incolta un
chiaro indicatore della febbre. La ferita di proiettile della quale sono responsabile, riapertasi nella
fuga e rattoppata dal nostro medico dodicenne, si devessere infettata. appoggiato al bancone con
una mano premuta sul fianco, eppure cerca di far finta che sia tutto a posto.
Cominciavo a pensare che avessi cambiato idea dice, e gli occhi scuri gli luccicano come se
stesse scherzando, ma potrebbe anche essere per via del suo stato.
Scrollo la testa. Teacup.
Le passer. Per rassicurarmi sfodera il suo sorriso assassino. Non ha piena consapevolezza
della preziosit delle promesse o non le butterebbe qua e l con tanta nonchalance.
Non Teacup a preoccuparmi. Hai una gran brutta cera, Zombi.
questo tempo. Un disastro, per il mio colorito. Fa seguire la battuta da un secondo sorriso. Si
sporge verso di me per indurmi a contraccambiare. Un giorno o laltro, soldato Ringer, sorriderai
per qualcosa che ho detto e tutto quanto il pianeta schiatter di gioia.
Non sono pronta ad assumermi una responsabilit del genere.
Ride, e io ho limpressione di sentirgli un ronco nel petto. Tieni. Mi porge unaltra brochure
delle grotte.
Ce lho gi dico.
Prendi anche questa, metti caso che la perdi.
Non la perdo, Zombi.
Poundcake viene con te mi informa.
No che non viene.
Comando io. Quindi viene.
Poundcake fa pi comodo a voi qui che a me l fuori.
Annuisce. Sapeva che avrei detto di no, ma ci ha comunque provato unultima volta: non riuscito
a trattenersi. Magari dovremmo annullare la missione dice. Cio, non si sta mica cos male qui.
Un migliaio di cimici, qualche centinaio di ratti e una ventina di cadaveri, ma la vista fantastica
Continua a scherzare, continua a cercare di farmi sorridere. Guarda la brochure che ha in mano.
Ventitr gradi tutto lanno!
S, finch non restiamo bloccati dalla neve o finch non si abbassa di nuovo la temperatura. una
situazione insostenibile, Zombi. Ci siamo gi fermati troppo.
Non capisco. Ne abbiamo gi parlato fino allo sfinimento e lui ha ancora voglia di questionare.
Ogni tanto mi chiedo come sta.
Dobbiamo tentare e lo sai benissimo che non possiamo entrare alla cieca riprendo. Molto

probabilmente nascosti nelle grotte ci sono altri superstiti e dubito che intendano srotolarci il tappeto
rosso, soprattutto se hanno incrociato uno dei Silenziatori di Sullivan.
Oppure delle reclute come noi aggiunge.
Perci ora ci do una bella controllata e tra un paio di giorni sono di nuovo qui.
Vedi di mantenere la promessa.
Non era una promessa.
Non c pi niente da dire. C ancora un milione di cose da dire. Potrebbe essere lultima volta
che ci vediamo e se ne rende conto anche lui, perch mi fa: Grazie per avermi salvato la vita.
Ti ho cacciato una pallottola nel fianco e ora rischi di morire.
Scrolla la testa. Ha lo sguardo febbricitante. Le labbra grigie. Che bisogno cera di
soprannominarlo Zombi? come se portasse sfiga. La prima volta che lho visto stava facendo
flessioni sulle nocche nel cortile dove ci addestravamo, con una smorfia di rabbia e dolore sul viso e
macchie di sangue sullasfalto sotto i pugni. Chi quel tipo? ho chiesto. Si chiama Zombi. Ha
combattuto contro lepidemia e ha vinto, mi hanno detto, e io non ci ho creduto. Nessuno sconfigge
lepidemia. Lepidemia una condanna a morte. Il sergente istruttore Reznik, chino su di lui, strillava
con tutto il fiato che aveva in gola e Zombi, nella sua informe tuta blu, si spingeva oltre il punto
passato il quale anche solo unaltra spinta troppo. Non so perch mi sono stupita quando mi ha
ordinato di sparargli in modo che potesse mantenere la promessa immantenibile che aveva fatto a
Nugget. Quando guardi la morte in faccia e la morte sbatte gli occhi per prima, non esiste pi nulla
che sembri impossibile.
Neppure leggere nel pensiero. Lo so a cosa stai pensando dice.
No. Non lo sai.
Ti stai chiedendo se darmi o no un bacio daddio.
Perch? replico. Perch ti ostini a flirtare con me?
Si stringe nelle spalle. Il suo sorriso sbilenco quanto il suo corpo appoggiato al bancone.
Perch normale. Non ti manca la normalit? risponde. Mi fissa negli occhi, cercando come
sempre qualcosa che mi sfugge. Sai, i fast food e il cinema di sabato sera e i biscotti gelato e
controllare i messaggi su Twitter?
Scuoto la testa. Non avevo Twitter.
Facebook?
Comincio ad arrabbiarmi. A volte mi riesce difficile capire come ha fatto, Zombi, ad arrivare fin
qui. Struggersi per le cose perse uguale a sperare in cose irrealizzabili. Sono entrambi vicoli ciechi
che sfociano nella disperazione. Non ha importanza dico. tutta roba che non conta un fico
secco.
Zombi si lascia andare a una risata di pancia che affiora scoppiettando come laria surriscaldata di
una fonte termale. E larrabbiatura mi passa. So che sta facendo lo splendido eppure, per qualche
strana ragione, saperlo non attenua leffetto. Un altro dei motivi per cui Zombi mi rende un po
nervosa.
buffo dice quanto invece pensavamo che contasse. Sai cos che conta davvero? Aspetta
che risponda. Ho limpressione che voglia attirarmi in una battuta, perci sto zitta. La campanella
dingresso.
Ormai mi ha messa allangolo. Mi sento manovrata, ma non riesco a oppormi. La campanella
dingresso?
Il suono pi comune del mondo. E quando tutta questa storia sar finita, lo risentiremo. Insiste
sul punto. Forse ha paura che non ci arrivi. Riflettici! Quando suoner di nuovo una campanella

dingresso, sar tornata la normalit. Ragazzi che corrono a lezione, che si annoiano seduti ai banchi,
che aspettano lora di uscire e pensano a cosa faranno quella sera, nel fine settimana, nei
cinquantanni dopo. Proprio come noi, sentiranno parlare di catastrofi naturali, epidemie e guerre
mondiali. Allarrivo degli alieni, morirono sette miliardi di persone, e poi inizier la pausa pranzo
e tutti andranno a mangiare e si lamenteranno delle crocchette di patate rimaste mollicce. Tipo Uh,
sette miliardi di persone sono parecchi. Che tristezza. Ma le mangi tutte, quelle crocchette?. Ecco
cos normale. Ecco cos che conta.
Allora non era una battuta. Crocchette di patate rimaste mollicce?
Okay, va bene. Tutte cavolate. Sono un deficiente.
Sorride. Circondati dalla barba incolta, i suoi denti sembrano bianchissimi e, visto che lha
suggerito, mi chiedo come sarebbe baciarlo e se i peli sopra il suo labbro superiore pungerebbero.
Scaccio il pensiero. Le promesse sono preziose e, in un certo senso, anche un bacio una
promessa.

2
Incontrastata, la luce delle stelle perfora il nero velando la statale di un bianco perlaceo. Lerba
secca risplende; gli alberi spogli luccicano. Fatta eccezione per il vento che spazza la terra morta, il
mondo ha la calma dellinverno.
Mi accovaccio di fianco a un SUV in panne per dare unultima occhiata allalbergo. Un anonimo
parallelepipedo bianco a due piani in mezzo a un assembramento di altri anonimi parallelepipedi
bianchi. Si trova a poco pi di cinque chilometri dallenorme cratere che un tempo era Camp Haven
e labbiamo soprannominato Hotel Walker in onore dellarchitetto di quellenorme cratere. Sullivan
ci ha detto che lei ed Evan avevano prestabilito di ritrovarsi qui. Per me era un punto troppo vicino
alla scena del delitto e troppo difficile da difendere, e comunque Evan Walker era morto: bisogna
essere in due per ritrovarsi, ho ricordato a Zombi. Ma la mia obiezione stata respinta. Se davvero
Walker era uno di loro, poteva aver trovato il modo di mettersi in salvo.
Tipo? ho chiesto.
Cerano delle capsule demergenza ha risposto Sullivan.
E allora?
Ha aggrottato le sopracciglia e ha fatto un respiro profondo. E allora pu darsi che sia scappato
con una di quelle.
Lho guardata. Lei mi ha restituito lo sguardo. Nessuna delle due ha detto niente. Poi intervenuto
Zombi: Be, tanto da qualche parte dobbiamo rifugiarci, Ringer. Non aveva ancora trovato la
brochure delle grotte. E dovremmo dargli il beneficio del dubbio.
Il beneficio di che dubbio?
possibile che sia realmente chi dice di essere. Zombi ha lanciato unocchiata a Sullivan, che
continuava a guardarmi in cagnesco. Che mantenga la promessa.
Ha promesso che mi avrebbe trovata ha spiegato lei.
Laereo, lho visto ho detto. La capsula demergenza, no.
Sotto le lentiggini, Sullivan stava avvampando. Non che se non lhai visto te
Mi sono girata verso Zombi. assurdo. Una creatura migliaia di anni pi evoluta di noi che si
rivolta contro la sua specie per cosa?
Sul perch non ho avuto ragguagli ha risposto Zombi con un sorrisetto.
Lintera storia strana ho continuato. Pura coscienza che occupa un corpo umano: se non hanno
bisogno di corpi, non hanno bisogno di un pianeta.
Magari hanno bisogno del pianeta per qualcosaltro. Zombi le stava provando tutte.
Tipo? Per allevare bestiame? Per farsi una vacanza? Non era lunico aspetto a darmi da
pensare. C qualcosa che non torna, mi diceva una vocetta insistente, ma non riuscivo a capire
cosa fosse. Ogni volta che provavo ad acchiapparlo, il problema fuggiva via.
Non avevo tempo di perdermi in dettagli ha sbottato Sullivan. Ero, mettiamola cos,
concentrata a salvare il mio fratellino da un campo di sterminio.
Ho lasciato perdere. Avevo limpressione che stesse per caricarmi a testa bassa.
Testa di cui ora, mentre do unultima occhiata indietro, intravedo i contorni dietro una delle
finestre al primo piano dellalbergo. Male, molto male: un bersaglio facile per un cecchino. Il
prossimo Silenziatore in cui Sullivan si imbatter potrebbe non spasimare damore come il primo.
Mi infilo tra gli alberi radi che delimitano la strada. Irrigidite dal ghiaccio, le rovine dellautunno
mi scricchiolano sotto gli scarponi. Foglie accartocciate come pugni, immondizia e ossa umane

sparpagliate dagli animali in cerca di cibo. Il vento freddo porta con s un leggero odore di fumo. Il
mondo brucer per centanni. Il fuoco consumer le cose fatte di legno e plastica e gomma e stoffa,
poi lacqua e il vento e il tempo rosicchieranno pietra e acciaio fino a ridurli in polvere. E pensare
che ci immaginavamo le citt incenerite da bombe e raggi della morte quando di fatto gli alieni
avevano bisogno solo di madre natura e di secoli.
E di corpi umani, secondo Sullivan, bench, sempre secondo Sullivan, non abbiano bisogno di
corpi.
Unesistenza virtuale non richiede un pianeta fisico.
Quando ho accennato alla cosa, Sullivan non ha voluto starmi a sentire e Zombi si comportato
come se non importasse. Qualunque sia il motivo, ha detto, il punto che ci vogliono tutti morti. Il
resto solo aria fritta.
Forse. Io per la penso diversamente.
Per via dei ratti.
Mi sono scordata di parlare a Zombi dei ratti.

3
Allalba raggiungo la periferia meridionale di Urbana. Sono a met strada, perfettamente in linea con
la tabella di marcia.
Sono arrivati dei nuvoloni da nord; il sole sorge sotto quel baldacchino e ne tinge il ventre di un
lucente rosso cupo. Rester rintanata tra gli alberi fino al calare della notte, poi prender per i campi
a ovest della citt e pregher che la coltre di nubi resista un altro po, almeno finch non mi rimetter
sulla statale dallaltro lato. Girare intorno a Urbana vuol dire allungare di qualche chilometro, ma
lunica cosa pi rischiosa dellattraversare una citt durante il giorno provarci di notte.
Ed tutta una questione di rischio.
Dal terreno gelato si alza un velo di foschia. Il freddo intenso. Mi artiglia le guance e mi causa
dolori al petto ogni volta che respiro. Sento larcaica voglia di fuoco iscritta nei miei geni.
Addomesticare il fuoco stato il nostro primo grande balzo in avanti: il fuoco ci ha protetti, scaldati,
sostenuti nello sviluppo cerebrale consentendoci di passare da unalimentazione fondata su bacche e
noci a una dieta a base di carne e dunque ricca di proteine. Ora il fuoco unaltra delle armi
nellarsenale del nostro nemico. Man mano che linverno avanza, ci ritroviamo stretti tra due rischi
inaccettabili: morire assiderati o tradire la nostra posizione.
Seduta appoggiata a un albero, tiro fuori la brochure. Le grotte pi colorate dellOhio! Zombi ha
ragione. Senza un riparo non arriveremo a primavera e le grotte sono la nostra migliore se non
unica possibilit. Pu darsi che siano state conquistate o distrutte dal nemico. Pu darsi che siano
occupate da superstiti intenzionati a sparare a vista. Ma ogni giorno in pi che passiamo in
quellalbergo il rischio si decuplica.
Non abbiamo una seconda scelta se con le grotte ci va buca. Non sappiamo dove altro andare,
dove altro nasconderci, e lidea di combattere ridicola. Lorologio sempre pi scarico.
Quando glielho fatto notare, Zombi mi ha detto che penso troppo. Stava sorridendo. Poi ha smesso
di sorridere e ha aggiunto: Non lasciare che ti entrino in testa. Come se questa fosse una partita di
football e a me servisse un discorsetto di incoraggiamento nellintervallo. Ignorate il punteggio di
cinquantasei a zero. Giocate per lonore! in momenti del genere che mi viene voglia di prenderlo
a sberle: non che una sberla sarebbe di qualche aiuto, ma perlomeno mi farebbe sentire meglio.
Il vento si ferma. In aria c un silenzio carico di tensione, la quiete prima della tempesta. Se
nevica, resteremo intrappolati. Io, nel bosco. Zombi, nellalbergo. Alle grotte mancano ancora pi di
trenta chilometri: meglio rischiare passando per i campi di giorno o scommettendo che il tempo regga
se non altro fino a sera?
Siamo daccapo. tutta una questione di rischio. Non solo per noi. Anche per loro: inserirsi in
corpi umani, allestire campi di sterminio, addestrare ragazzini perch portino a termine il genocidio,
tutto rischioso al limite dellassurdo e della stupidit. Come Evan Walker, contraddittorio, illogico
e molto ma molto strano. I primi attacchi sono stati brutali nella loro efficienza hanno spazzato via
il 98% della popolazione e anche la Quarta Onda aveva un suo perch: difficile mettere insieme
una resistenza significativa se non ci si pu fidare luno dellaltro. Poi, per, la loro brillante
strategia ha cominciato a fare acqua. Diecimila anni a progettare lestirpazione degli umani dalla
Terra e questo il meglio che sono stati capaci di farsi venire in mente? Ecco cos che non riesco a
levarmi di testa, il punto sul quale mi arrovello dalla notte in cui io e Teacup abbiamo parlato dei
ratti.
Nel profondo del bosco, alle mie spalle sulla sinistra, un debole lamento lacera il silenzio.

Riconosco quel rumore allistante; lho sentito migliaia di volte dallarrivo degli alieni. I primi tempi
era quasi onnipresente, un sottofondo stabile, tipo il ronzio del traffico su una strada a grande
circolazione: il rumore di un essere umano che soffre.
Prendo il visore dallo zaino e mi sistemo ben bene la lente sullocchio sinistro. Con calma. Senza
panico. Il panico blocca i neuroni. Mi alzo, controllo il fermo dellotturatore del fucile e, mentre
avanzo furtiva tra gli alberi in direzione del rumore, passo lo sguardo intorno in cerca della luce
verde che segnala gli infestati. La foschia avvolge i tronchi; il mondo nascosto da un drappo
bianco. I miei passi sul terreno gelato rimbombano come tuoni. I miei respiri sono boati sonici.
La fine tenda bianca si apre e a una ventina di metri di distanza vedo una figura abbandonata contro
un albero, capo allindietro, mani in grembo. Non si illumina nel visore, il che significa che non un
civile: fa parte della Quinta Onda.
Gli punto il fucile alla testa. Le mani! Fammi vedere le mani!
Ha la bocca spalancata. Con sguardo assente fissa il cielo grigio oltre i rami nudi luccicanti di
ghiaccio. Mi avvicino. Posato accanto a lui, c un fucile identico al mio. Non accenna a prenderlo.
Dov il resto della tua squadra? chiedo. Non risponde.
Abbasso larma. Sono unidiota. Con questo freddo dovrei vedere la condensa del fiato, e non c.
Il lamento che ho sentito devessere stato lultimo. Giro pian piano su me stessa trattenendo il
respiro, ma tutto ci che vedo sono alberi e foschia, tutto ci che sento lo scorrere impetuoso del
mio stesso sangue. Poi scavalco il corpo sforzandomi di non correre, di prestare attenzione ai
dettagli. Niente panico. Il panico uccide.
Il mio stesso fucile. La mia stessa mimetica. A terra l vicino c il visore. di sicuro uno della
Quinta Onda.
Gli esamino il viso. Ha unaria vagamente familiare. Avr dodici o tredici anni, pi o meno let
di Dumbo. Mi inginocchio al suo fianco e gli premo la punta delle dita sul collo. Non ha battito. Gli
apro la giacca e sollevo la camicia intrisa di sangue per cercare la ferita. stato colpito alladdome
da un singolo proiettile di grosso calibro.
Un proiettile di cui non ho sentito la detonazione. O qui da un po o chi ha sparato ha usato un
silenziatore.
Un Silenziatore.
Secondo Sullivan, Evan Walker ha fatto fuori una squadra intera senza laiuto di nessuno, di notte,
ferito e in minoranza numerica, una specie di riscaldamento per la liquidazione in solitario di tutta
una base militare. Prima mi veniva difficile credere alla storia di Cassie. Ora ho davanti un soldato
morto. I suoi compagni sono scomparsi. E io sono sola con il silenzio del bosco e lo schermo bianco
latte della nebbia.
Quella storia non mi sembra pi tanto tirata per le orecchie, adesso.
Pensa alla svelta. Non farti prendere dal panico. Come a scacchi. Soppesa le probabilit. Misura
il rischio.
Ho due alternative. Stare buona qui fino a nuovi sviluppi o al calare della notte. Oppure
andarmene da questo bosco, e in fretta. Chi ha sparato potrebbe essere lontano chilometri o
acquattato dietro un albero, in attesa di avermi bene a tiro.
Le possibilit si moltiplicano. Dov la sua squadra? caduta sul campo? Sta dando la caccia alla
persona che ha premuto il grilletto? E se la persona che ha premuto il grilletto fosse una recluta che
ha dato di Dorothy? Al diavolo la squadra. Che succede se arrivano i rinforzi?
Tiro fuori il coltello. Sono trascorsi cinque minuti da quando ho trovato il corpo. Se qualcuno

sapesse che sono qui, sarei gi morta. Aspetter che faccia buio, ma devo prepararmi alleventualit
che mi stia per venire addosso un altro cavallone della Quinta Onda.
Tasto il retro del collo del soldato fino a localizzare il minuscolo rigonfiamento sotto la cicatrice.
Stai calma. come a scacchi. Mossa e contromossa.
Passo lentamente la lama sulla pelle ed estraggo il cilindretto con la punta del coltello, alla quale
rimane attaccato con una gocciolina di sangue.
Cos sapremo sempre dove siete. Cos potremo vigilare su di voi.
Rischio. Da una parte, il rischio che mi illumini in un visore. Dallaltra, il rischio che il nemico mi
frigga il cervello schiacciando un tasto.
Limpianto nel suo letto di sangue. La spaventosa immobilit degli alberi, il freddo penetrante e la
nebbia che si insinua tra i rami come a intrecciare le dita con loro. E la voce di Zombi in testa:
Pensi troppo.
Mi infilo il cilindretto tra la guancia e la gengiva. Che stupida. Prima avrei dovuto pulirlo. Sento
in bocca il sapore del sangue del ragazzino morto.

4
Non sono sola.
Non lo vedo n lo sento, ma ne avverto la presenza. Ogni centimetro del mio corpo pizzica:
qualcuno mi sta osservando. Comparsa fin da subito, ormai una sensazione sgradevolmente
familiare. bastata la silenziosa presenza in orbita dellastronave in quei primi dieci giorni a
causare crepe nelledificio umano. Un tipo di epidemia a s stante: incertezza, paura, panico.
Autostrade intasate, aeroporti deserti, pronto soccorso straripanti, governi barricati, emergenze cibo
e benzina, di qua legge marziale, di l anarchia. Il leone si acquatta nellerba alta. La gazzella annusa
laria. La tremenda calma prima dellattacco. Dopo dieci millenni abbiamo riscoperto come ci si
sente a essere prede.
Gli alberi sono pieni di corvi. Lucide teste nere, vitrei occhi neri, con il loro profilo ingobbito
ricordano dei vecchietti sulle panchine del parco. Ce ne sono centinaia, alcuni appollaiati sui rami e
altri in giro che saltellano. Do unocchiata al corpo accanto a me, gli occhi vuoti e senzanima come
quelli dei corvi. So perch sono arrivati. Hanno fame.
Ho fame anchio perci tiro fuori la bustina di carne essiccata e gli orsetti gommosi, scaduti ma da
poco. Mangiare un rischio, perch dovr togliermi di bocca limpianto, ma devo rimanere vigile e
per rimanere vigile ho bisogno di carburante. I corvi mi guardano, inclinando il capo come se
stessero cercando di sentirmi masticare. Brutti sfondati. Ma come fate a essere cos ingordi? Gli
attacchi hanno prodotto milioni di tonnellate di carne. Allapice dellepidemia il cielo veniva
oscurato da stormi giganteschi, la cui ombra passava rapida sul paesaggio fumante. I corvi e gli altri
uccelli necrofagi perpetuavano il ciclo della Terza Onda. Si nutrivano di corpi infetti, poi
diffondevano il virus portandolo l dove in seguito avrebbero trovato nuovo cibo.
Potrei sbagliarmi. Magari siamo soli, io e questo ragazzino morto. A ogni secondo che passa, mi
sento pi sicura. Se davvero qualcuno mi spia, pu trattenere il colpo per un unico motivo: vuole
vedere se spunter qualche altro idiota travestito da soldato.
Finisco di fare colazione e mi infilo di nuovo limpianto in bocca. I minuti passano lenti. Una delle
cose pi sconvolgenti dellinvasione dopo vedere tutti quelli che conosci e ami morire in maniera
orribile il modo in cui il tempo ha rallentato man mano che gli eventi acceleravano. Diecimila
anni per costruire la civilt, dieci mesi per demolirla, e ogni giorno dieci volte pi lungo di quello
prima, e la notte lunga dieci volte il giorno. Lunica cosa pi atroce della noia di quelle ore la
paura che nasce dal sapere che potrebbero terminare da un momento allaltro.
Met mattina: la foschia si dirada e comincia a nevicare in cristalli pi piccoli degli occhi dei
corvi. Non c un alito di vento. Il bosco avvolto in un irreale, luminoso biancore. Se la neve resta
cos sottile, sar a posto fino a sera.
Sempre che non mi addormenti. Non dormo da pi di venti ore e qui mi sento al caldo, comoda e
leggermente intontita.
In questa immobilit di garza a poco a poco la mia paranoia aumenta. Ha la mia testa al centro
esatto del mirino. su un albero; sdraiato immobile a terra come un leone tra la sterpaglia.
disorientato dal mio comportamento. Dovrei essere in preda al panico. per questo che non spara,
dando alla situazione modo di svilupparsi. Ci devessere un motivo se indugio accanto a un
cadavere.
Io per non mi faccio prendere dal panico. Non scappo come una gazzella terrorizzata. Sono pi
della somma delle mie paure.

Non con la paura che li sconfiggeremo. N con la paura, n con la fede, n con la speranza, e
nemmeno con lamore. Li sconfiggeremo con la rabbia.
Vaffanculo ha detto Sullivan a Vosch. lunica parte della sua storia che mi ha colpita. Non ha
pianto. Non ha pregato. Non ha implorato.
Pensava che fosse finita, e quando finita, quando lorologio si scarica e arriva allultimo
secondo, anche il tempo per piangere, pregare e implorare finisce.
Vaffanculo mormoro. Dirlo mi fa sentire meglio. Lo ripeto, pi forte. La mia voce si spande
nellaria invernale.
Un frullio di ali nere nel fitto degli alberi alla mia destra, le strida bizzose dei corvi e, attraverso
il visore, un minuscolo puntino che brilla verde tra il marrone e il bianco.
Beccato.
Il colpo sar difficile. Difficile, ma non impossibile. In vita mia non avevo mai toccato unarma da
fuoco prima che il nemico mi trovasse nascosta in unarea di sosta a due passi da Cincinnati, mi
portasse al campo e mi mettesse in mano un fucile, momento in cui il sergente istruttore si chiesto a
voce alta se il comando aveva sostituito di nascosto uno dei brocchi dellunit con un fuoriclasse. Sei
mesi dopo ho piantato un proiettile nel cuore di quello stesso sergente.
Ho un dono.
La luce verde fiammeggiante si sta avvicinando. Magari sa che lho avvistata. Non importa.
Accarezzo il metallo liscio del grilletto e guardo la macchia luminosa ingrandirsi nel visore. Magari
pensa di essere fuori tiro e si sta mettendo in posizione per poter sparare meglio.
Non importa.
Pu darsi che non sia uno dei silenziosi sicari di Sullivan. Pu darsi che sia solo un povero
superstite spaesato che spera di essere soccorso.
Non importa. Ormai importa una cosa sola.
Il rischio.

5
Allalbergo Sullivan mi ha raccontato di aver fatto fuoco contro un soldato nascosto dietro dei
frigoriferi per la birra e di esserci poi stata malissimo.
Non era unarma ha cercato di spiegare. Era un crocifisso.
E che importanza ha? ho chiesto. Poteva pure essere una bambola di pezza o un sacchetto di
M&Ms. Che scelta avevi?
Non ne avevo. proprio questo il punto.
Ho scosso la testa. Capita che uno si trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato e se succede
qualcosa non colpa di nessuno. Ci vuoi stare male solo per stare meglio.
Ci voglio stare male solo per stare meglio? Dalla rabbia diventata tutta rossa sotto le
lentiggini. Dici cose che non stanno n in cielo n in terra.
Ho ucciso un innocente, ma guardate come mi sento in colpa ho esplicitato. Intanto per quel
tipo morto uguale.
rimasta a fissarmi per un po. Bene. Ora capisco perch Vosch ti voleva dalla sua parte.
La macchia verde che indica la testa avanza verso di me zigzagando fra gli alberi e adesso, oltre la
neve fiacca, vedo il luccichio di unarma. Sono sicurissima che non si tratti di un crocifisso.
Imbracciando il fucile, appoggio la nuca al tronco come se stessi sonnecchiando o guardando i
fiocchi danzare tra i luccicanti rami spogli, una leonessa tra lerba alta.
Cinquanta metri. La velocit iniziale di un proiettile sparato da un M16 mille metri al secondo.
Dunque, cinquanta diviso mille, gli restano da vivere cinque centesimi di secondo.
Mi auguro che li spenda saggiamente.
Ruoto il fucile, raddrizzo le spalle e libero il proiettile che completa il cerchio.
I corvi assembrati tuttintorno spiccano il volo allistante, una confusione di ali nere e roche grida
di rimprovero. Il puntino di luce verde cade e non si rialza.
Aspetto. Meglio aspettare e vedere cosa succede. Cinque minuti. Dieci. Nessun movimento.
Nessun rumore. Niente se non il silenzio assordante della neve. Il bosco d una sensazione di grande
vuoto senza la compagnia degli uccelli. Con la schiena appiattita contro il tronco, mi tiro su e
rimango ferma un altro paio di minuti. Da qui vedo di nuovo la luce verde: a terra e non si muove.
Scavalco il corpo della recluta morta. Foglie ghiacciate mi crepitano sotto gli scarponi.
Ogni passo segna il tempo agli sgoccioli. A met strada mi rendo conto di cosa ho fatto.
Appallottolata vicino a un albero caduto c Teacup, il viso coperto di frammenti di foglie della
primavera scorsa.
Dietro una fila di frigoriferi vuoti, un ragazzo moribondo si stringeva al petto un crocifisso
insanguinato. La sua assassina non aveva scelta. Non glielavevano data. Per via del rischio. Per lei.
Per loro.
Mi inginocchio accanto a Teacup. Ha gli occhi spalancati per il dolore. Nella luce grigia allunga
verso di me mani cremisi scuro.
Teacup sussurro. Teacup, che ci fai qui? Dov Zombi?
Passo lo sguardo intorno, ma non vedo, e nemmeno sento, n lui n altri. Teacup ansima e sulle sue
labbra ribolle del sangue schiumoso. Sta soffocando. Le giro con delicatezza il viso verso terra per
liberarle la bocca.
Deve avermi sentita inveire. cos che mi ha trovata: con la voce.

Teacup grida. Il suono lacera il silenzio, rimbalza e riecheggia tra gli alberi. Inaccettabile. Le
premo la mano sulle labbra insanguinate e le ordino di smettere. Non so chi ha sparato a quel
ragazzino, ma in ogni caso non pu essere lontano. Se il mio colpo di fucile non sufficiente a farlo
tornare indietro a indagare, le sue grida lo saranno di sicuro.
Zitta, cazzo. Stai zitta. Che cavolo sei venuta a fare, brutta mocciosa, perdipi arrivandomi alle
spalle di soppiatto? Stupida. Stupida, stupida, stupida.
Sento i suoi denti grattare freneticamente contro il mio palmo. Dita minute mi cercano il viso. Ho
le guance tinte di rosso. Con la mano libera le apro la giacca. Devo comprimere la ferita o non le
rester una goccia di sangue.
Le afferro il colletto della camicia e tiro verso il basso, scoprendole il torso. Appallottolo un
lembo di stoffa e lo premo sul foro di proiettile subito sotto la cassa toracica. Come la tocco, sussulta
con un singhiozzo strozzato.
Cosa ti ho detto, soldato? sussurro. Qual la priorit numero uno?
Le sue labbra mi scivolano viscide sul palmo. Non ne escono parole.
Niente brutti pensieri le ricordo. Niente brutti pensieri. Niente brutti pensieri. Perch i brutti
pensieri fiaccano. Fiaccano. E noi non possiamo lasciarci fiaccare. Non possiamo. Cosa succede a
chi si lascia fiaccare?
Il bosco trabocca di ombre minacciose. Dal folto degli alberi arriva una specie di schiocco. Il
terreno gelato che scricchiola sotto uno scarpone? O un ramo incrostato di ghiaccio che si spezza?
Potremmo essere circondate da centinaia di nemici. Oppure potremmo essere sole.
Passo rapidamente in rassegna le alternative. Non ce ne sono molte. E fanno tutte schifo.
Prima alternativa: rimaniamo. Il punto a che pro. Lunit della recluta morta irreperibile.
Altrettanto chiunque abbia ucciso il ragazzino. E senza cure mediche Teacup non ha nessuna
probabilit di farcela. Le restano minuti, non ore.
Seconda alternativa: scappiamo. In questo caso, il punto dove. Lalbergo? Teacup morirebbe
dissanguata prima di arrivarci, e in pi c la possibilit che se la sia filata per un buon motivo. Le
grotte? Non possiamo arrischiarci ad attraversare Urbana quindi dovremmo passare per i campi
aggiungendo chilometri e ore a un viaggio che termina in un posto probabilmente nemmeno sicuro.
C una terza alternativa. Quella a cui non posso neanche pensare. E lunica che abbia senso.
Ora la neve cade pi fitta, il grigio si scurisce. Le metto una mano a coppa sul viso e premo laltra
sulla ferita, ma so che inutile. Il mio proiettile le ha perforato il ventre: il danno disastroso.
Teacup fregata.
Dovrei abbandonarla. Subito.
Ma non lo faccio. Non ci riesco. Come ho detto a Zombi la notte in cui Camp Haven saltato in
aria, nellistante in cui decideremo che una persona non conta, avranno vinto, e ora le mie parole
sono la catena che mi lega a lei.
La stringo tra le braccia nello spaventoso silenzio di tomba del bosco innevato.

6
La appoggio delicatamente sul terreno. Ormai privo di qualsiasi traccia di colore, il suo viso
appena pi scuro della neve. La bocca aperta, le palpebre sono agitate da spasmi. Ha perso
conoscenza. Non credo che si risveglier.
Mi tremano le mani. Fatico a controllarmi. Sono furiosa con lei, con me stessa, con i sette miliardi
di dilemmi irrisolvibili sorti con larrivo degli alieni, con le bugie, le esasperanti incongruenze e
tutte le ridicole, insensate, sciocche promesse tacite che sono state infrante dallinizio dellinvasione.
Non lasciarti fiaccare. Pensa a ci che conta, qui, ora: ti riesce bene.
Decido di aspettare. Non pu mancare molto. Magari, quando sar morta, la fiacchezza che sento
in questo momento passer e torner lucida. Ogni minuto senza brutte sorprese mi dice che ho ancora
tempo.
Ma il mondo un orologio sempre pi scarico e i minuti senza brutte sorprese non esistono pi.
Tutto dun tratto il ronzio ritmico dei rotori manda in frantumi il silenzio. Il rumore degli elicotteri
spezza lincanto. Sapere ci che conta: oltre a sparare, la cosa che mi riesce meglio.
Non posso lasciare che prendano Teacup viva.
Se la prendono, c il caso che riescano a salvarla. E se la salvano, la analizzeranno con
Mnemolandia. Esiste la remota possibilit che Zombi sia ancora al sicuro nellalbergo. Che Teacup
non stesse scappando da niente e che sia sgattaiolata via soltanto per cercare me. Una gita nella tana
del Bianconiglio, tocchi alluna o allaltra, e sono tutti condannati.
Estraggo la pistola dalla fondina sul fianco.
Nellistante in cui decideremo Magari avessi qualche istante per decidere. Magari avessi
trenta secondi. Trenta secondi sarebbero una vita. Un minuto, uneternit.
Spiano la pistola mirando alla testa di Teacup e alzo lo sguardo verso il grigio. La neve mi si posa
sulla pelle e l tremola per un attimo prima di sciogliersi.
Sullivan ha avuto il suo soldato con il crocifisso e ora io ho il mio.
No. Il soldato sono io. Teacup la croce.

7
In quel momento mi rendo conto che, immobile in mezzo agli alberi, c qualcuno che mi osserva.
Giro lo sguardo e lo vedo, unombra chiara dal profilo umano fra i tronchi scuri. Per un attimo
nessuno dei due si muove. So, senza capire come, che la persona che ha sparato al ragazzino e agli
altri membri della squadra. E so che non pu essere una recluta. La sua testa non si illumina nel
visore.
La neve scende vorticando, il freddo stringe la morsa. Sbatto gli occhi e lombra scompare. Se c
mai stata.
Mi stanno cedendo i nervi. Troppe variabili. Troppi rischi. Scossa da tremiti incontrollabili, mi
chiedo se alla fine non abbiano avuto la meglio su di me: dopo essere sopravvissuta allo tsunami che
si preso la mia casa, allepidemia che si presa la mia famiglia, al campo di sterminio che si
preso la mia speranza, alla ragazzina innocente che si presa il mio proiettile, sono al capolinea,
spacciata, finita, ma poi cera davvero la possibilit che andasse diversamente, oppure sempre
stata una questione di quando e non di se?
Gli elicotteri avanzano. Devo portare a termine quello che ho iniziato con Teacup o mi ritrover
come lei.
Seguendo la canna della pistola, guardo il pallido viso angelico ai miei piedi, la mia vittima, la
mia croce.
E il ruggito dei Black Hawk sempre pi vicini fa sembrare i miei pensieri deboli lamenti striduli
di un roditore in fin di vita.
come con i ratti, vero, Cup? Proprio come con i ratti.

8
Il vecchio albergo brulicava di bestiacce. Il freddo aveva ucciso gli scarafaggi, ma altri insetti erano
sopravvissuti, in particolare cimici dei letti e coleotteri dei tappeti. E avevano fame. Tempo un
giorno, eravamo tutti coperti di punture. Il seminterrato, dove durante lepidemia erano stati portati i
cadaveri, era il regno delle mosche. Al nostro arrivo moltissime erano gi morte. La prima volta che
siamo scesi, ce nerano cos tante stecchite a terra che i loro corpi neri formavano uno strato
crocchiante. La prima volta, e lultima.
Lintera struttura puzzava di marcio. Ho detto a Zombi che aprire le finestre avrebbe aiutato a
disperdere lodore e uccidere parte degli insetti. Lui ha risposto che preferiva farsi venire il vomito
e grattarsi che morire congelato. E intanto sorrideva per irradiarmi con il suo fascino irresistibile.
Tranquilla, Ringer. solo un giorno come tanti nel selvaggio mondo alieno.
Gli insetti e lodore non infastidivano Teacup. Erano i ratti che la facevano diventare matta.
Rosicchiando rosicchiando, si erano aperti un varco nei muri, e di notte il loro grattare con denti e
unghie la (e di conseguenza mi) teneva sveglia. Si girava e rigirava, piagnucolava e mugugnava e in
generale smaniava perch in pratica, comunque la si guardasse, la nostra situazione appariva
condannata a un finale tragico. Nel vano tentativo di distrarla, ho deciso di insegnarle a giocare a
scacchi usando un asciugamano come tavola e degli spiccioli come pezzi.
Gli scacchi sono un gioco stupido per gente stupida mi ha informata.
Non vero ho ribattuto. Sono molto democratici. Ci gioca anche gente sveglia.
Teacup ha alzato gli occhi al cielo. Ci vuoi giocare solo per potermi battere.
No, ci voglio giocare perch mi manca.
rimasta a bocca aperta. questo che ti manca?
Ho steso lasciugamano sul letto e ho sistemato le monete. Fai un tentativo prima di dare giudizi.
Avevo pi o meno la sua et quando ho cominciato. Il bel tavolino da scacchi in legno nello studio di
mio padre. I pezzi davorio luccicante. Il severo re. Laltezzosa regina. Lelaborato cavallo. Il sobrio
alfiere. E il gioco in s, il modo in cui ogni figura contribuiva allinsieme con le proprie capacit.
Era semplice. Era complesso. Era brutale; era elegante. Era una danza; era una guerra. Era finito ed
eterno. Era la vita.
Le monete da un centesimo sono i pedoni ho detto. Quelle da cinque le torri, quelle da dieci
cavalli e alfieri, quelle da venticinque re e regine.
Ha scosso la testa. Ringer unidiota. Come fanno le monete da dieci e da venticinque a essere
due cose contemporaneamente?
Testa: cavalli e re. Croce: alfieri e regine.
La freschezza dellavorio. Il modo in cui le basi rivestite di feltro scivolavano sul legno lucido,
simili a boati di tuono sommessi. Il viso di mio padre chino sulla scacchiera, magro e ispido di
barba, con gli occhi arrossati e le labbra contratte, incrostato di ombre. Lo stomachevole odore
dolciastro dellalcol e le dita che andavano su e gi frenetiche come ali di colibr.
Lo chiamano gioco dei re, Marika. Ti va di imparare a giocarci?
il gioco dei re ho detto a Teacup.
Be, io non sono un re. Ha incrociato le braccia. Cos altera. A me piace la dama.
Allora impazzirai per gli scacchi. Gli scacchi sono la dama sotto steroidi.
Mio padre che tamburellava con le unghie scheggiate sul tavolo. I ratti che grattavano allinterno
dei muri.

Lalfiere si muove cos, Teacup.


Il cavallo si muove cos, Marika.
Si ficcata in bocca una gomma stantia che, ormai secca, si sbriciolata sotto i suoi morsi
rabbiosi. Alito alla menta. Alito al whisky. E tutto quel grattare e grattare, quel tamburellare e
tamburellare.
Provaci una volta lho scongiurata. Ti piacer. Te lo assicuro.
Ha afferrato lasciugamano per un angolo. Ecco qua il mio giudizio. Ho capito subito cosa stava
per fare, eppure ho avuto un sussulto quando ha tirato via tutto mandando per aria gli spiccioli. Un
pezzo da cinque lha presa in fronte e lei non ha battuto ciglio.
L! ha gridato. Mi sa tanto che questo scacco matto, stronza!
Reagendo senza pensare, le ho dato uno schiaffo. Non mi chiamare mai pi cos. Mai pi.
Il freddo ha reso la pacca pi dolorosa. Le venuto il broncio e gli occhi le si sono riempiti di
lacrime, ma non ha pianto.
Ti odio ha detto.
Pazienza.
No, Ringer, ti odio sul serio. Cazzo, quanto ti odio.
Le parolacce non fanno di te unadulta, sai.
Allora vorr dire che sono una bambina. Merda, merda, merda! Vaffanculo, vaffanculo,
vaffanculo! Ha cominciato a massaggiarsi la guancia. Si bloccata. Non sono tenuta ad ascoltarti.
Non sei n mia madre n mia sorella: non sei nessuno.
Allora perch mi stai attaccata come una cozza da quando abbiamo lasciato il campo?
A quel punto una lacrima caduta, ununica goccia che le scesa gi per la guancia infuocata. Era
cos pallida ed esile, con la carnagione luminescente come i pezzi degli scacchi di mio padre. Mi
stupiva che lo schiaffo non lavesse mandata in mille pezzi. Non sapevo cosa dire n come
rimangiarmi quello che avevo detto, perci sono rimasta zitta. Le ho appoggiato una mano sul
ginocchio. Mano che lei ha spinto via.
Rivoglio il mio fucile ha sbottato.
Perch?
Per spararti.
In questo caso te lo puoi senzaltro scordare.
E per sparare ai ratti, posso riaverlo?
Ho sospirato. Non abbiamo abbastanza proiettili.
Allora avveleniamoli.
Con cosa?
Ha fatto un gesto esasperato. Okay, allora diamo fuoco allalbergo e bruciamoli tutti!
Ottima idea, peccato solo che viviamo qui anche noi.
Allora vinceranno loro. Contro di noi. Una massa di ratti.
Ho scosso la testa. Non la seguivo. Vinceranno in che senso?
Ha spalancato gli occhi incredula. Ringer limbecille. Non li senti? Stanno mangiando tutto. E tra
poco non vivremo pi qui perch non ci sar pi nessun qui dove vivere!
Questo non vincere le ho fatto notare. Resteranno senza casa anche loro.
Sono ratti, Ringer. Non sono capaci di pensare tanto in l.
Non solo i ratti mi sono detta quella notte dopo che finalmente lei si era addormentata al mio
fianco. Li ho ascoltati rosicchiare, grattare, squittire allinterno dei muri. Prima o poi, con laiuto
degli agenti atmosferici, degli insetti e del tempo, il vecchio albergo sarebbe crollato. Altri cento

anni e sarebbero rimaste solo le fondamenta. Altri mille e non sarebbe sopravvissuto niente di niente.
N qui n altrove. Come se non fossimo mai esistiti. Che bisogno c delle bombe usate a Camp
Haven quando basta scatenarci contro gli elementi?
Teacup si stringeva a me. Anche sotto montagne di coperte, faceva un freddo cane. Linverno:
unondata che non si erano neppure dovuti prendere la briga di progettare. Il gelo avrebbe ucciso
migliaia di persone.
Nulla di ci che succede insignificante, Marika, mi aveva detto mio padre durante una delle
sue lezioni di scacchi. Ogni mossa conta. La maestria sta nel capire, sempre e comunque, quanto.
Mi assillava. Il problema dei ratti. Non il problema di Teacup. Non il problema con i ratti. Il
problema dei ratti.

9
Fra i rami senza foglie vestiti di bianco vedo gli elicotteri avvicinarsi sempre di pi, tre puntini neri
su sfondo grigio. Ho pochi secondi.
Alternative: finire Teacup e giocarmela contro tre Black Hawk equipaggiati di missili Hellfire;
abbandonare Teacup perch la finiscano loro o, peggio ancora, la salvino; oppure, da ultimo, finire
tutte e due. Un proiettile per lei. Un proiettile per me.
Non so se Zombi sta bene. Non so per quale motivo se un motivo c Teacup ha lasciato
lalbergo. Quello che so che la nostra morte potrebbe essere la sua unica chance di sopravvivenza.
Cerco di convincermi a premere il grilletto. Se riesco a sparare il primo colpo, il secondo sar
molto pi semplice. Mi dico che ormai troppo tardi: troppo tardi per lei e troppo tardi per me. Non
abbiamo comunque modo di evitare la morte. Non forse questa la lezione che hanno provato a
inculcarci in testa martellandoci per mesi? Alla morte non c modo di sottrarsi, non c modo di
sfuggire. Rimandala pure di un giorno, ma stai sicuro che quello dopo ti trover.
Protetta da un frascato di neve, Teacup cos bella che non sembra nemmeno vera, con i capelli
neri che scintillano come onice e, nel sonno, lespressione di indescrivibile serenit di una statua
antica.
So che uccidere entrambe lalternativa con il minor grado di rischio per il maggior numero di
persone. E poi ripenso ai ratti e a come, ogni tanto, per far passare le ore interminabili, io e Teacup
macchinavamo la nostra campagna contro di loro, stratagemmi e tattiche, ondate di attacchi man mano
pi ridicole, tanto che alla fine lei scoppiava a ridere come una pazza e io le facevo lo stesso
discorsetto che avevo fatto a Zombi al poligono di tiro, una lezione che mi torna in mente ora, sulla
paura che accomuna il cacciatore alla preda e sul proiettile che li collega come un cordoncino
argentato. Adesso sono sia cacciatore che preda, un cerchio di tuttaltro tipo, e mi sento la bocca
secca come questaria sterile e il cuore ugualmente freddo: la temperatura della rabbia autentica lo
zero assoluto e la mia, di rabbia, pi profonda delloceano, pi vasta delluniverso.
Perci non la speranza a spingermi a rimettere la pistola nella fondina. Non la fede e di sicuro
non lamore.
la rabbia.
La rabbia, e il fatto che in bocca, infilato tra la guancia e la gengiva, ho ancora limpianto di una
recluta morta.

10
La sollevo da terra. La sua testa mi finisce contro la spalla. Mi infilo tra gli alberi. Sopra di noi
passa rombando un Black Hawk. Gli altri due elicotteri si sono staccati, uno andato a est, laltro a
ovest, tagliando ogni possibile via di fuga. I rami pi alti e sottili si piegano. La neve mi arriva in
faccia di traverso. Teacup non pesa niente: come portare in braccio una pila di vestiti da dare via.
Usciamo dagli alberi proprio mentre da nord sopraggiunge un altro Black Hawk. Lo spostamento
daria mi scompiglia i capelli con furia ciclonica. Lelicottero resta sospeso su di noi, che ora siamo
immobili in mezzo alla strada. Basta scappare. Basta.
Poso Teacup sullasfalto. Lelicottero cos vicino che riesco a vedere la visiera nera del pilota e,
dal portellone spalancato, i corpi stretti allinterno, dal che intuisco di essere al centro di una mezza
dozzina di mirini, io e la bambina ai miei piedi. Ogni secondo che passa mi dice che sono
sopravvissuta a quel secondo e che via via aumenta la probabilit che io sopravviva anche a quello
dopo. Pu darsi che non sia troppo tardi, non per me, non per lei, non ancora.
Non mi illumino nei visori. Sono una di loro. Non pu essere altrimenti, no?
Mi tolgo di spalla il fucile e infilo il dito nel guardamano.

Seconda parte

IL CUORE

11
Da prima ancora che imparassi a camminare per bene, mio padre mi chiedeva: Cassie, ti va di
volare?. E io, con le braccia gi tese verso lalto, gridavo: Mi prendi in giro, pap? S che mi va
di volare!.
Al che lui mi afferrava per la vita e mi lanciava in aria. Con la testa rovesciata indietro, sfrecciavo
verso il cielo come un razzo. Per un istante che durava mille anni, avevo limpressione che sarei
arrivata alle stelle. Urlavo di gioia, di quella paura folle che si prova sulle montagne russe, e intanto
cercavo di aggrapparmi alle nuvole.
Vola, Cassie, vola!
Anche mio fratello conosceva quella sensazione. Meglio di me, perch il ricordo era pi fresco.
Pap lo lanciava in orbita anche dopo lArrivo. Glielho visto fare al campo profughi qualche giorno
prima che Vosch spuntasse e lo uccidesse tra la polvere.
Sam, piccolo mio, ti va di volare? Nel dirlo scendeva sempre di tono passando da baritono a
basso come un imbonitore daltri tempi, bench il giro di giostra che proponeva fosse gratis, e
impagabile. Pap la piattaforma di lancio. Pap larea di atterraggio. Pap la fune che impediva a
Sams e a me di finire nel nulla dello spazio siderale, lui stesso ora ridotto a un nulla.
Aspettavo che Sam me lo chiedesse. il modo pi semplice di dare brutte notizie. E anche il pi
vile. Lui, per, non me lha chiesto. Me lha detto.
Pap morto.
Un grumo piccolo piccolo sotto un ammasso di coperte, occhioni castani rotondi e vuoti come
quelli dellorsacchiotto premuto contro la sua guancia. Gli orsacchiotti sono per i bambini, mi ha
reso noto la notte in cui siamo arrivati in quellalbergo infernale. Io ora sono un soldato.
Non era lunico a fissarmi. Rannicchiato nel letto accanto al suo, cera un altro austero soldato alto
un soldo di cacio: la bambina di sette anni soprannominata Teacup. Quella con ladorabile visino da
bambola e lo sguardo spiritato, che dormendo non teneva di fianco a s un peluche, ma un fucile.
Benvenuti nellera post-umana.
Oh, Sam. Ho lasciato la mia postazione vicino alla finestra e mi sono seduta accanto al bozzolo
di coperte in cui era fasciato. Sammy, non sapevo come
Mi ha colpita allo zigomo con un pugno bello stretto grande quanto una mela. Mi ha presa, in senso
figurato e non, con la guardia abbassata. Unesplosione di stelle mi ha offuscato la vista. Per un
attimo ho avuto paura che mi avesse staccato la retina.
Okay. Mi sono strofinata la guancia. Me lo meritavo.
Perch lhai fatto morire? mi ha chiesto autoritario. Non ha n pianto n strillato. Aveva la voce
bassa e decisa, vibrante di rabbia. In teoria lo dovevi tenere docchio.
Non lho fatto morire, Sams.
Mio padre insanguinato che strisciava a terra Dove stai andando, pap? e Vosch che,
torreggiando su di lui, lo guardava strisciare come un ragazzino sadico potrebbe guardare una mosca
a cui ha strappato le ali: con sinistra soddisfazione.
Dalle un altro cazzotto lha incitato Teacup.
Tu stai zitta ha ringhiato Sam.
Non stata colpa mia ho sussurrato.
Si lasciato fiaccare ha detto Teacup. Ed questo che succede a chi si lascia
In due secondi Sam le si gettato addosso. Poi stato tutto un caos di pugni e ginocchia e piedi e

polvere che si alzava dalle coperte finch SantIddio, l sopra c un fucile! non ho spinto
Teacup da una parte, non ho tirato su Sam e non lho tenuto stretto a me mentre lui agitava le braccia e
tirava calci, sputando e digrignando i denti, e Teacup urlava oscenit e gli prometteva che lavrebbe
accoppato come un cane se si fosse riazzardato a sfiorarla. A quel punto la porta si spalancata e
Ben ha fatto irruzione nella stanza con indosso quella ridicola felpa gialla.
Va tutto bene! ho gridato per superare il baccano. Me ne occupo io!
Cup! Nugget! Ordine!
Quasi avesse premuto un interruttore, appena Ben li ha richiamati, entrambi hanno fatto silenzio.
Sam si afflosciato. Teacup si lasciata andare contro la testiera del letto e ha incrociato le braccia.
Ha iniziato lei ha bofonchiato Sam. Poi ha messo il broncio.
Stavo giusto pensando di dipingere una crociona rossa sul tetto ha commentato Ben infilando la
pistola nella fondina. Grazie, ragazzi, per avermi risparmiato il disturbo. Mi ha sorriso. Finch
non torna Ringer, magari meglio se Teacup dorme in camera mia.
Ottimo! ha esclamato Teacup. saltata gi dal letto, andata difilato alla porta, ha fatto
inversione di marcia, tornata indietro, ha agguantato il fucile e ha tirato Ben per il polso. Vieni,
Zombi.
Tra un attimo ha risposto lui con gentilezza. Dumbo di guardia. Prendi il suo posto.
Il mio, ora. Non riuscita a trattenere una stoccata finale: Imbecilli.
Imbecille sarai te! le ha urlato dietro Sammy. La porta si chiusa sbattendo con violenza cos
come si chiudono tutte le porte dalbergo. Imbecille.
Ben mi ha guardata con il sopracciglio destro alzato. Che ti successo alla faccia?
Niente.
Le ho dato un pugno ha detto Sammy.
Le hai dato un pugno?
S, perch ha fatto morire pap.
A quel punto Sam ha ceduto. Alle lacrime, non alla violenza, e prima che io me ne rendessi conto
Ben si era inginocchiato e, stringendo tra le braccia mio fratello che piangeva, diceva: Ehi, si
sistemer tutto, soldato. Vedrai che si sistemer tutto. E gli accarezzava la testa dal taglio militare a
cui io non mi ero ancora abituata Sammy non sembrava Sammy senza la sua zazzera ripetendo
allinfinito lo stupidissimo soprannome che gli avevano dato al campo. Nugget, Nugget. Sapevo
che non era il caso, ma mi infastidiva essere lunica senza un nome di battaglia. A me sarebbe
piaciuto Defiance, sfida.
Ben lha preso in braccio e lha riportato al suo letto. Poi ha visto Orso sul pavimento e glielha
sistemato sul cuscino. Sam lha spinto via. Ben lha raccolto di nuovo.
Davvero vuoi congedare Winnie? ha chiesto.
Non si chiama Winnie.
Il soldato Orso ha tentato Ben.
Solo Orso, e non lo voglio pi vedere! Sam si tirato le coperte fin sopra la testa. Ora
andatevene! Tutti e due. An-da-te-ve-ne!
Ho fatto un passo verso di lui. Ben ha dato un colpetto di tosse e mi ha indicato la porta con un
cenno del capo. Lho seguito fuori dalla camera. Vicino alla finestra in fondo al corridoio si profilava
una grossa sagoma scura. Era Poundcake, il ragazzino massiccio e taciturno il cui silenzio non
rientrava per nella categoria inquietante: somigliava piuttosto alla calma profonda di un lago di
montagna. Ben si appoggiato al muro stringendo Orso; teneva la bocca leggermente aperta e sudava
malgrado si gelasse. Esausto dopo una discussione con due bambini, era nei pasticci, e di

conseguenza ceravamo anche noi.


Quindi non sapeva di vostro padre ha detto.
Ho scosso la testa. Lo sapeva e non lo sapeva. Sai, quelle cose cos.
Gi ha sospirato Ben. Quelle cose cos.
Tra noi piombato un silenzio pesante come un macigno, o una palla di piombo grossa quanto una
casa. Ben si messo ad accarezzare il capoccione di Orso con laria assente di un vecchio che liscia
un gatto mentre legge il giornale.
Forse meglio se torno da lui ho detto.
Ben si piazzato davanti alla porta bloccandomi la strada. O forse no.
Forse tu invece non dovresti ficcare il naso in cose che
Non la prima persona a lui vicina che muore. La superer.
Wow. Ci andiamo gi duri. Parliamo di uno che era anche mio padre, Zombi caro.
Lo sai cosa intendo.
Perch la gente dice sempre cos dopo essersene uscita con le robe pi spietate? Poi ho
aggiunto, perch potrei avere un problemino con le precisazioni: Si d il caso che sappia cosa vuol
dire superare la morte da soli. Completamente da soli, con nientaltro che un grande vuoto dove
prima cera tutto. Sarebbe stato bello, proprio, proprio bello, avere qualcuno l con me.
Ehi ha detto Ben sottovoce. Ehi, Cassie, non volevo
No, non volevi. Certo che non volevi. Zombi. Forse perch non aveva sentimenti, perch
dentro era morto al pari di un cadavere? Al campo profughi ce nerano, di individui del genere.
Strasciconi, li chiamavo, sacchi di polvere a forma duomo. In loro era andato in frantumi qualcosa
di insostituibile. Troppe perdite. Troppo dolore. Sguardo vacuo e bocca mezza aperta, si aggiravano
borbottando e strascicando i piedi. Anche Ben era cos? Era uno strascicone? Allora perch aveva
rischiato tutto per salvare Sam?
Qualunque cosa tu abbia passato ha ribattuto lentamente labbiamo passata anche noi.
Quelle parole bruciavano. Perch erano vere e perch, in pratica, gi qualcun altro mi aveva fatto
lo stesso discorso: Non sei lunica che ha perso tutto. Quel qualcun altro aveva poi perso lultima
cosa che gli restava. Tutto per amor mio, la cretina a cui andava ricordato, ancora una volta, che non
era la sola. La vita segnata da ironie, molte piccole e alcune grandi come quellenorme monolite
australiano.
Era ora di cambiare argomento. Ringer partita?
Ben ha annuito. E ha continuato con le carezze. Quellorsacchiotto mi stava infastidendo. Glielho
strappato dalle braccia.
Ho provato a mandare con lei anche Poundcake, ma niente ha detto. Si fatto una risatina.
Ringer. Chiss se si rendeva conto di come ne aveva pronunciato il nome. Sottovoce, tipo
preghiera.
Lo sai, vero, che se non torna non abbiamo piani di riserva?
Torner ha replicato fermo.
Perch ne sei tanto convinto?
Perch non abbiamo piani di riserva. Poi un sorriso pieno, senza maschere, e fa impressione
vedere il vecchio sorriso che illuminava le aule e i corridoi e gli scuolabus gialli sovrapposto alla
sua nuova faccia, rimodellata da malattia, proiettili e fame. Come girare un angolo in una citt mai
visitata prima e imbattersi in uno che conosci.
un ragionamento circolare gli ho fatto presente.
Sai, c chi si sente minacciato quando ha intorno gente pi sveglia. Io invece mi sento ancora pi

sicuro di me.
Mi ha stretto il braccio e poi, zoppicando, andato in camera sua. E io sono rimasta sola con
lorsacchiotto e il ragazzino in fondo al corridoio e la porta chiusa e me stessa di fronte alla porta
chiusa. Ho fatto un bel respiro e sono entrata. Mi sono seduta accanto alla montagna di coperte. Non
lo vedevo, ma sapevo che cera. Allo stesso modo, lui non vedeva me, ma sapeva che cero.
Come morto? Voce sepolta e attutita.
Gli hanno sparato.
Lhai visto?
S.
Nostro padre che strisciava, le mani che artigliavano il terreno.
Chi stato a sparargli?
Vosch. Ho chiuso gli occhi. Pessima idea. Nel buio la scena tornata a fuoco allistante.
E tu doveri in quel momento?
Nascosta.
Mi sono allungata con lintenzione di tirare gi le coperte. Poi per non ci sono riuscita.
Qualunque cosa tu abbia passato. In un bosco poco distante da una statale vuota, una ragazzina si
chiudeva nel sacco a pelo e rivedeva di continuo suo padre che moriva. Nascosta prima, nascosta
dopo, lo rivedeva di continuo che moriva.
Ha lottato?
S, Sam. Ha lottato con tutte le sue forze. Mi ha salvato la vita.
Ma tu ti sei nascosta.
S ho risposto stringendomi Orso alla pancia.
Come un coniglio.
No ho mormorato. Non andata cos.
Ha strappato via le coperte e si tirato su di scatto. Non lo riconoscevo. Non avevo mai visto quel
bambino. Faccia imbruttita e deformata dalla rabbia e dallodio.
Lo ammazzo. Gli faccio saltare la testa!
Ho sorriso. O, se non altro, ci ho provato. Scusa, Sams. Ci sono prima io.
Ci siamo guardati e il tempo collassato su se stesso il tempo che nel sangue avevamo perso e il
tempo che nel sangue avevamo guadagnato, il tempo di quando io ero solo la sorellona prepotente e
lui il fratellino rompiscatole, il tempo di quando io ero ci per cui valeva la pena vivere e lui ci per
cui valeva la pena morire e poi Sam mi crollato tra le braccia, lorsacchiotto schiacciato in
mezzo a noi cos come noi eravamo intrappolati tra il prima e il dopo.
Mi sono stesa al suo fianco e insieme abbiamo detto la preghiera: Angelo di Dio, che sei il mio
custode. E poi gli ho raccontato come morto pap. Come ha rubato la pistola a uno dei cattivi e,
senza laiuto di nessuno, ha ucciso dodici Silenziatori. Come ha tenuto testa a Vosch e gli ha detto:
Puoi distruggere il nostro corpo, ma non il nostro spirito. Come si sacrificato perch io potessi
fuggire e strappare lui, Sam, alla malvagia orda galattica. Per dargli modo, un giorno, di raccogliere i
resti sgangherati dellumanit e salvare il mondo. Cos, almeno, il suo ricordo degli ultimi attimi di
nostro padre non sar quello di un uomo vinto e insanguinato che striscia a terra.
Quando si addormentato, sono scesa pian piano dal letto e sono tornata alla finestra. Una striscia
di parcheggio, una tavola calda fatiscente (Tutti i mercoled buffet a volont!) e un tratto di statale
grigia che sfumava nel nero. La Terra buia e silenziosa, comera prima che comparissimo noi a
riempirla di luce e rumore. Qualcosa finisce. Qualcosa inizia. Quello era il momento di passaggio.
La pausa.

Sulla statale, accanto a un SUV bloccato sullaiuola spartitraffico, la luce delle stelle si riflessa
sulla forma inconfondibile di una canna di fucile. Per un secondo mi si fermato il cuore. Quando la
sagoma che aveva con s larma si infilata rapida tra gli alberi, ho visto lo scintillio dei capelli
nero corvino, lucidi e perfettamente, fastidiosamente lisci, e ho capito che quella sagoma era Ringer.
Io e Ringer siamo partite con il piede sbagliato e da l il nostro rapporto non ha fatto che
peggiorare. Trattava ogni cosa che dicevo con una specie di disprezzo glaciale, come se stessi
raccontando balle o fossi scema se non semplicemente matta. Soprattutto quando si toccava
largomento Evan Walker. Sei sicura? Non ha senso. Come faceva a essere sia umano che alieno?
Pi io mi accaloravo, pi lei si raffreddava, tanto che alla fine ci annullavamo a vicenda come i due
membri di unequazione. Tipo E=mc 2, lequazione che entra in gioco nelle esplosioni nucleari.
Le parole con cui ci siamo salutate ne sono un ottimo esempio.
Sai, a Dumbo ci arrivo le ho detto. Le orecchie a sventola. E anche a Nugget: perch Sam
piccino. Teacup, uguale: minuta e delicata come una tazza da t. Con Zombi faccio gi pi fatica
Ben non me lo vuole dire e, a naso, Poundcake ha un nome da torta visto che cicciotto. Ma perch
Ringer?
La sua risposta stata uno sguardo gelido.
Mi fa sentire un po esclusa. Cio, lunica del gruppo senza un nome di fantasia.
Un nome di battaglia mi ha corretta.
Lho fissata per qualche istante. Fammi indovinare, borsa di studio, club di scacchi, gare di
matematica, prima della classe? E suoni uno strumento, forse il violino o il violoncello, qualcosa a
corda. Tuo padre lavorava nella Silicon Valley e tua mamma insegnava al college, direi fisica o
chimica.
rimasta in silenzio per un tempo interminabile. Poi: C altro?.
Sapevo che avrei fatto meglio a fermarmi. Ma ormai avevo cominciato, e quando cominci vai fino
in fondo. lo stile Sullivan. Sei la pi grande no, anzi, sei figlia unica. Tuo padre era buddista e
tua mamma invece atea. A dieci mesi camminavi gi. Ti ha tirata su tua nonna perch i tuoi erano
sempre al lavoro. Ti ha insegnato il Tai Chi. Non hai mai giocato con le bambole. Parli tre lingue, una
delle quali il francese. Eri nella squadra che si allenava per le Olimpiadi giovanili. Ginnastica.
Una volta hai portato a casa una B e i tuoi ti hanno tolto il kit del piccolo chimico e ti hanno tenuta
chiusa in camera per una settimana, settimana durante cui ti sei letta tutte le opere di Shakespeare.
Stava scuotendo la testa. Okay, le commedie no. Non le trovavi per niente spiritose.
Perfetto ha commentato. Strabiliante. Aveva la voce piatta e uniforme come un foglio di carta
dalluminio appena laminato. Ora ci posso provare io con te?
Mi sono irrigidita un po preparandomi al peggio. S, s, provaci pure.
Sei sempre stata insicura riguardo al tuo aspetto, per prima cosa ai capelli. Seconde, staccate di
poco, le lentiggini. In mezzo alla gente ti senti a disagio perci leggi un sacco e tieni un diario da
quando eri alle medie. Avevi solo una buona amica e la vostra relazione era di codipendenza, vale a
dire che se per caso litigavate tu ti deprimevi. Eri la cocca di pap e non hai mai avuto molta
confidenza con tua mamma, cui sembrava non andasse mai bene niente di quello che facevi. E il fatto
che fosse pi bella di te non aiutava. Quando morta, ti sei sentita in colpa perch, sotto sotto, la
odiavi e perch, sempre sotto sotto, eri sollevata. Sei testarda, impulsiva e un po scalpitante, perci
i tuoi ti avevano iscritta a un corso che ti aiutasse con la coordinazione e la concentrazione, tipo
danza classica o karate, probabilmente karate. Vuoi che vada avanti?
Be, cosa potevo fare? Vedevo solo due alternative: ridere o darle un pugno in faccia. Okay, tre:
ridere, darle un pugno in faccia o restituirle uno dei suoi lunghi sguardi impassibili. Ho optato per

lalternativa numero tre.


Pessima idea.
Okay ha detto Ringer. Non sei un maschiaccio, ma neanche una tutta fru fru. Sei nellarea grigia
tra i due poli. Essendo una via di mezzo, hai sempre segretamente invidiato le ragazze meglio
definite, ma hai riservato il grosso del tuo rancore a quelle carine. Ti sei presa delle cotte, ma non
hai mai avuto storie. Fai finta di odiare quelli che ti piacciono e che ti piacciano quelli che odi. Ogni
volta che ti capita vicino qualcuno migliore di te per aspetto, intelligenza o qualsiasi altra cosa, ti
arrabbi e diventi sarcastica perch ti ricorda quanto, dentro di te, ti senti ordinaria. Continuo?
E io, con una vocetta acuta: Prego. Come ti pare.
Finch non comparso Evan Walker, non avevi mai tenuto per mano un ragazzo, tranne durante le
gite delle elementari. Evan era gentile e senza pretese; in pi, come bonus extra, cos bello che quasi
non si poteva guardare. Ti si offerto come una tela bianca, che tu hai potuto dipingere con la tua
voglia di un rapporto perfetto con un ragazzo perfetto in grado di placare le tue paure grazie alla sua
capacit di non ferirti mai. Ti ha dato tutto quello che, nella tua immaginazione, le ragazze carine
avevano sempre avuto e tu no, perci stare con lui lidea stessa di lui aveva a che fare
principalmente con la vendetta.
Mi stavo mordendo il labbro inferiore. Mi bruciavano gli occhi. Ho stretto i pugni cos forte da
conficcarmi le unghie nei palmi. Perch, oh, perch non avevo optato per lalternativa numero due?
Vuoi che la pianti ha detto. Non era una domanda.
Ho alzato il mento con aria di sfida. E che Defiance sia il mio nome di battaglia! Qual il mio
colore preferito?
Il verde.
Sbagliato. Il giallo ho mentito.
Ha scrollato le spalle. Sapeva che era una bugia. Ringer: Mnemolandia in versione umana.
No, di, sul serio, perch Ringer? Ecco fatto. Lavevo rimessa sulla difensiva. Be, in realt
lei sulla difensiva non cera mai stata. Quella ero io.
Sono umana ha detto.
Certo. Sbirciando dallo spiraglio tra le tende, ho guardato il parcheggio un piano pi in basso.
Perch poi? Pensavo davvero che lavrei visto l, appostato come al suo solito, con la faccia in su e
un sorriso sulle labbra? Visto? Te lavevo detto che ti avrei trovata. Questa lho gi sentita. E,
come una scema, me la sono bevuta.
Non cos scema, date le circostanze.
Oh, ora faceva quella gentile? Ora mi dava un po di tregua? Non sapevo cosa fosse peggio:
Ringer la principessa dei ghiacci o Ringer la regina della compassione.
Non fingere, Ringer ho sbottato. Lo so che non mi credi su Evan.
A te credo. la sua storia che non sta in piedi.
Poi ha preso la porta e se n andata. Cos, di punto in bianco. Nel bel mezzo della discussione,
prima che avessimo risolto alcunch. Chi, oltre a qualsiasi individuo di sesso maschile mai venuto al
mondo, fa una cosa del genere?
Unesistenza virtuale non richiede un pianeta fisico
Chi era Evan Walker? Passo lo sguardo dalla statale a mio fratello e poi di nuovo alla statale. Chi
eri, Evan Walker?
Io ero unidiota, visto che mi sono fidata di lui, ma ero ferita e sola (cos sola che mi credevo
lultimo essere umano delluniverso), nonch in un grave stato confusionale dal momento che avevo
ammazzato un innocente e che lui, invece, questo Evan Walker, non solo pur avendone avuto

loccasione non aveva messo fine alla mia vita ma, anzi, mi aveva salvata. Perci quando i
campanelli di allarme hanno preso a suonare, io li ho ignorati. In pi non guastava (non aiutava?) che
fosse incredibilmente meraviglioso e altrettanto incredibilmente votato a farmi sentire che teneva a
me pi che a se stesso in ogni modo possibile, dallaiutarmi con il bagno al darmi da mangiare,
dallinsegnarmi a uccidere al dichiararsi pronto a morire per me, cosa che poi ha dimostrato con i
fatti.
Era nato come Evan, tredici anni dopo si era svegliato e aveva scoperto di non esserlo pi, poi si
era svegliato unaltra volta, cos mi aveva detto, quando si era visto nei miei occhi. Si era trovato in
me e poi, in me, io avevo trovato lui e gli ero stata dentro e in quel momento tra noi non cerano
confini. Allinizio mi aveva detto le cose che volevo sentire e alla fine quelle che avevo bisogno di
sentire: larma principale per eliminare gli umani che ancora resistevano erano gli umani stessi. E
quando lultimo degli infestati fosse morto, Vosch e compagnia avrebbero staccato la spina alla
Quinta Onda. Epurazione finita. Casa pulita e pronta per il trasloco.
Quando ho raccontato tutto a Ben e Ringer meno la parte su Evan dentro di me, un po troppo
ricca di sfumature per Parish ci sono stati parecchi sguardi dubbiosi e scambi di occhiate eloquenti
da cui, con mio dispiacere, sono stata esclusa.
Uno di loro era innamorato di te? ha chiesto Ringer dopo che ho finito. Non come se noi ci
innamorassimo di uno scarafaggio?
Oppure di unefemera ho ribattuto. Magari hanno una passione per gli insetti.
Ci trovavamo in camera di Ben. Era la nostra prima notte allHotel Walker, come Ringer credo
fondamentalmente per irritarmi lha soprannominato.
Cosaltro ti ha detto? ha incalzato Ben. Era steso a braccia e gambe larghe sul letto. Tra Camp
Haven e lalbergo cerano poco pi di cinque chilometri e pareva che lui avesse appena corso una
maratona. Dumbo, il ragazzino che aveva rattoppato me e Sam, non si era voluto pronunciare quando
gli avevo chiesto di Ben. Non aveva voluto dire se sarebbe migliorato. Non aveva voluto dire se
sarebbe peggiorato. Certo, Dumbo aveva solo dodici anni. Risorse? Punti deboli?
Non hanno pi il corpo ho risposto. Evan mi ha detto che senn non potevano affrontare il
viaggio. Alcuni sono stati scaricati lui, Vosch, il resto dei Silenziatori e altri sono ancora
sullastronave, in attesa che ci leviamo di mezzo.
Ben si passato il dorso della mano sulla bocca. I campi sono stati allestiti per selezionare chi si
prestava meglio al lavaggio del cervello
E per eliminare i candidati scartati ho concluso. Una volta partita la Quinta Onda, non
dovevano fare altro che mettersi comodi e lasciare che quegli stupidi degli umani facessero il lavoro
sporco per loro.
Ringer era seduta accanto alla finestra, silenziosa come unombra.
S, ma perch usare noi? si chiesto Ben. Perch non scaricare in corpi umani tutti i soldati
che servivano per finirci?
Magari non ne hanno abbastanza ho ipotizzato. Oppure organizzare la Quinta Onda era il
rischio minore.
Che rischio? ha detto Ringer-Ombra infrangendo il suo silenzio.
Ho deciso di ignorarla. Per diverse ragioni, ma in primo luogo perch misurarsi con lei equivaleva
a esporsi volontariamente a un pericolo. Era capace di umiliarti con una sola parola.
Ceri ho ricordato a Ben. Lhai sentito, Vosch. Ci osservavano da secoli e secoli. Ma Evan la
prova che, nonostante le migliaia di anni di pianificazione, qualcosa pu comunque andare storto. A
quanto pare, non sono mai stati sfiorati dallidea che, diventando noi, potessero davvero diventare

noi.
Okay ha detto Ben. Quindi come possiamo approfittarne?
Non possiamo ha risposto Ringer. Niente di quello che ha detto Sullivan ci sar daiuto, a
meno che questo Evan non sia in qualche modo sopravvissuto allesplosione e possa darci le
informazioni che ci mancano.
Ben stava scuotendo la testa. Era impossibile sopravvivere
Cerano delle capsule demergenza ho detto, aggrappandomi al filo verso cui mi allungavo da
quando mi aveva salutata.
Ah s? Ringer non suonava convinta. Allora perch non ti ci ha messo su?
Senti ho replicato probabilmente farei meglio a non dirlo a una persona che ha in mano un
fucile semiautomatico a lunga gittata, ma stai proprio cominciando a darmi sui nervi.
Ha fatto una faccia sorpresa. Perch?
Dobbiamo arrivare a un punto intervenuto brusco Ben impedendomi di ribattere, il che era un
bene: Ringer aveva davvero in mano un M16 e, stando a Ben, al campo era quella che sparava meglio.
Qual il piano? Aspettiamo che Evan si faccia vivo o alziamo i tacchi? E in tal caso, dove
andiamo? Guance infiammate per la febbre, occhi luccicanti. A pochi secondi dalla fine del quarto
down mancavano ancora troppe iarde. Non c nientaltro, tra le cose che ti ha raccontato Evan, che
potrebbe tornarci utile? Coshanno intenzione di fare con le citt?
Di certo non le faranno saltare in aria ha detto Ringer. Non mi ha lasciato il tempo di
rispondere. E poi non mi ha lasciato il tempo di chiedere cosa cavolo ne sapeva lei. Se avessero
voluto, lavrebbero fatto subito. Pi di met della popolazione mondiale viveva in aree urbane.
Quindi le vogliono usare ha concluso Ben. Perch stanno usando corpi umani?
Non ci possiamo nascondere in una citt, Zombi ha detto Ringer. Qualunque sia.
Perch?
Perch non sicuro. Incendi, liquami, malattie causate dai cadaveri in decomposizione, altri
superstiti che ormai avranno capito che usano corpi umani. Se vogliamo sopravvivere un altro po,
dobbiamo muoverci di continuo. Muoverci di continuo e rimanere soli il pi a lungo possibile.
Oddio. Dov che avevo gi sentito quella regola? Mi girava la testa. Avevo un male cane al
ginocchio. Il ginocchio ferito dal proiettile di un Silenziatore. Il mio Silenziatore. Ti trover,
Cassie. Non ti trovo ogni volta? Questa no, Evan. Mi sento di escluderlo. Mi sono seduta sul letto
accanto a Ben.
Ha ragione ho ammesso. Indipendentemente da dove, fermarsi pi di qualche giorno non una
buona idea.
E nemmeno restare insieme.
Le parole di Ringer sono rimaste sospese nellaria gelida. Al mio fianco, Ben si irrigidito. Ho
chiuso gli occhi. Avevo gi sentito anche quella, di regola: Non fidarti di nessuno.
Scordatelo, Ringer ha detto Ben.
Io prendo Teacup e Poundcake. Tu gli altri. Le nostre chance si raddoppiano.
Perch fermarsi l? le ho chiesto. Perch non ci dividiamo tutti? Le nostre chance si
quadruplicano.
Si settuplicano mi ha corretta.
Be, non sono un genio della matematica ha ripreso Ben ma ho limpressione che dividersi
vada solo incontro alla loro strategia. Isolare, poi annientare. Ha lanciato unocchiataccia a Ringer.
E poi lidea di avere qualcuno che mi copre le spalle a me piace.
Si alzato dal letto e ha vacillato un istante. Ringer gli ha ordinato di rimettersi gi. Lui lha

ignorata.
Non possiamo rimanere, ma non sappiamo dove andare. Visto che per saperlo ci serve, dove
andiamo? ha chiesto.
A sud ha spiegato Ringer. Pi a sud possibile. Stava guardando fuori dalla finestra. Chiaro:
una nevicata un minimo seria e uno resta bloccato finch non si scioglie. Ergo, meglio spostarsi dove
non nevica.
In Texas? ha detto Ben.
In Messico ha risposto Ringer. O in America Centrale, quando lacqua si ritira. Ci si pu
nascondere nella foresta pluviale per anni.
Bello ha commentato Ben. Un ritorno alla natura. C solo un piccolo problema. Ha allargato
le braccia. Non abbiamo il passaporto.
rimasto a guardarla fermo in quella posizione come se stesse aspettando qualcosa. Ringer lha
guardato a sua volta, inespressiva. Al che lui ha lasciato cadere le mani con una scrollata di spalle.
Stai scherzando ho detto. Quella conversazione stava diventando ridicola. In America
Centrale? Nel bel mezzo dellinverno, a piedi, con Ben ferito e due bambini piccoli. Ci andr bene se
arriveremo in Kentucky.
Sempre meglio che restare qui ad aspettare che spunti il tuo principe alieno.
Quando troppo troppo. Non mi interessava se aveva in mano un M16. Lavrei agguantata per
quella sua chioma setosa e lavrei buttata gi dalla finestra. Ben ha intuito il pericolo e mi si parato
davanti.
Giochiamo tutti nella stessa squadra, Sullivan. Vediamo di stare calmi, okay? Si girato verso
Ringer. Hai ragione. Probabilmente Evan non ce lha fatta, ma gli daremo la possibilit di
mantenere la sua promessa. Io tanto non sono in condizione di mettermi in strada.
Non sono tornata indietro a recuperare te e Nugget perch potessimo, tutti insieme, fare da
bersaglio al tiro a segno ha replicato Ringer. Fai quello che ti sembra pi giusto, Zombi, ma se le
cose si mettono male io me ne vado.
Questo s che gioco di squadra ho detto rivolta a Ben.
Forse stai dimenticando chi ti ha salvato la vita ha ribattuto Ringer.
Ma vai a cagare.
Basta! ha tuonato Ben con la sua miglior voce da quarterback, per la serie sono io che
comando, qui. Non so come usciremo da questo casino, ma so per certo che non questo il modo.
Piantatela con le stronzate, tutte e due. un ordine.
Si lasciato andare sul letto, ansimando, con una mano premuta sul fianco. Ringer uscita per
andare a chiamare Dumbo e, di conseguenza, io e Ben siamo rimasti soli per la prima volta da
quando ci eravamo rincontrati nelle viscere di Camp Haven.
Da non credere ha detto Ben. Con il novantanove per cento dellumanit allaltro mondo
verrebbe da aspettarsi che il due per cento rimasto andasse un po pi daccordo.
Ehm, sarebbe lun per cento, Parish. Ero l l per farglielo notare quando lho visto sorridere in
attesa che lo correggessi, sicuro che non avrei saputo resistere. Giocava con lo stereotipo dello
sportivo demente come un bimbo dellet di Sammy avrebbe potuto giocare con i gessetti: in maniera
approssimativa e maldestra.
una psicopatica ho detto. Sul serio, ha qualcosa che non va. La guardi negli occhi e dentro
non ci vedi niente.
Non era daccordo. Per me, l dentro, roba ce n parecchia. Solo che in fondo in fondo.
Si lasciato sfuggire una smorfia mentre, con la mano infilata nella tasca di quella felpa oscena

quasi stesse facendo limitazione di Napoleone, comprimeva la ferita di proiettile opera di Ringer.
Una ferita che aveva voluto lui. Una ferita con cui aveva rischiato il tutto per tutto pur di salvare mio
fratello. Una ferita che ora poteva costargli la vita.
Non si pu fare ho sussurrato.
Certo che si pu ha ribattuto. Ha appoggiato la mano sulla mia.
Ho scosso la testa. Non capiva. Non parlavo di noi due.
Lombra dellArrivo era caduta su di noi e nel buio pesto di quellombra avevamo perso di vista
una cosa fondamentale. Ma il semplice fatto che non riuscissimo a vederla non significava che non ci
fosse. Mio padre che muovendo appena le labbra mi diceva di scappare quando lui non poteva. Evan
che mi tirava fuori dal ventre del mostro prima di arrendersi alla sua furia. Ben che si tuffava nelle
fauci dellinferno per mettere in salvo Sam. Cerano cose incontaminate dallombra, anzi,
probabilmente ce nera una sola. Incomprensibile. Instancabile. Invincibile.
Possono ucciderci, anche tutti, uno dopo laltro fino allultimo che resiste, ma non possono e mai
potranno uccidere quello che resiste in noi.
Cassie, ti va di volare?
Mi prendi in giro, pap? S che mi va di volare!

12
La statale argento che sfumava nel nero. Il nero perforato dallincontrastata luce delle stelle. Gli
alberi spogli con le braccia alzate come ladri colti sul fatto. Il respiro di mio fratello che condensava
nellaria gelida mentre lui dormiva. La finestra che si appannava mentre io respiravo. E, oltre il vetro
coperto di ghiaccio, accanto alla statale argento inondata dalla perforante luce delle stelle, una
figuretta che sfrecciava sotto le braccia alzate degli alberi.
Oh, merda.
Ho attraversato di corsa la stanza e sono sbucata in corridoio, al che Poundcake si voltato di
scatto con il fucile spianato Tranquillizzati, ciccio poi ho fatto irruzione in camera di Ben, dove
Dumbo se ne stava appoggiato al davanzale e Ben riverso sul letto pi vicino alla porta. Dumbo si
raddrizzato. Ben si tirato su. E io ho ruggito: Dov Teacup?.
Dumbo ha indicato il letto accanto a quello di Ben. L. E mi ha dato unocchiata del tipo questa
qua impazzita.
Sono andata al letto e ho strappato via il cumulo di coperte. Ben ha imprecato e Dumbo, tutto
rosso, ha fatto un passo indietro finendo contro il muro.
Era l, lo giuro su Dio!
Lho vista ho detto a Ben. Fuori
Fuori? Ha buttato le gambe gi dal letto grugnendo per lo sforzo.
Sulla statale.
Poi ha capito. Ringer. Sta seguendo Ringer. Ha dato uno schiaffo al materasso. Porco cane!
Vado io si offerto Dumbo.
Ben ha alzato una mano. Poundcake! ha urlato. Stava arrivando, e si sentiva. Il pavimento
protestava al suo passaggio. Come si affacciato, Ben gli ha detto: Teacup se l svignata. Dietro a
Ringer. Valla a cercare e falle riportare qui le chiappe cos gliele riempio di sculaccioni.
Pesante come prima, Poundcake si allontanato e dal pavimento giunto un: Grazie!.
Ben si stava mettendo la fondina. Che stai facendo? ho chiesto.
Prendo la postazione di Poundcake finch lui non torna con quella mocciosetta. Tu stai con
Nugget. Sam, cio. S, insomma. Dobbiamo scegliere un nome e stare fissi su quello.
Gli tremavano le dita. Febbre. Paura. Un po di entrambe le cose.
Dumbo ha aperto e chiuso la bocca senza per emettere suono. Ben se n accorto. Riposo, Bo.
Non stata colpa tua.
Vado io in corridoio ha proposto lui. Tu rimani qui, sergente. meglio se non stai in piedi.
uscito dalla camera di volata, prima che Ben potesse fermarlo. Ben, che ora mi guardava con
occhi lucidi e febbricitanti. Mi sa che non te lho detto, ma, dopo che a Dayton abbiamo preso a fare
di testa nostra, Vosch ci ha sguinzagliato dietro due squadre. Se erano ancora fuori quando il campo
saltato in aria
Non ha finito il concetto. O non gli sembrava necessario o non ci riusciva. Si alzato. Ha
barcollato. Lho raggiunto e lui mi ha messo un braccio sulle spalle senza imbarazzo. Non c una
maniera carina di dirlo: Ben Parish puzzava. Lodore acre dellinfezione e di sudore vecchio di
giorni. Per la prima volta da quando avevo scoperto che non era un cadavere, ho pensato che sarebbe
potuto diventarlo presto.
Torna a letto gli ho ordinato. Lui ha fatto cenno di no, poi gli sfuggita la mano dalla mia spalla
ed caduto allindietro, picchiando il sedere contro il bordo del materasso e poi scivolando a terra.

Un capogiro ha mormorato. Vai a prendere Nugget e portalo qui con noi.


Sam. Possiamo fare Sam? Ogni volta che sento Nugget, mi tornano in mente il McDonalds,
le patatine fritte belle calde, i frullati banana-fragola e i maxicappuccini con sopra la panna e una
spruzzata di cioccolato.
Ben ha sorriso. E mi ha spezzato il cuore, quel sorriso luminoso su quella faccia macilenta. Okay,
andata ha risposto.
Sam ha fatto appena un sospiro quando lho preso e lho portato in camera di Ben. Lho messo nel
letto lasciato vuoto da Teacup, ho rimboccato le coperte e gli ho sfiorato la guancia con il dorso della
mano, una vecchia abitudine risalente ai giorni dellepidemia. Ben, ancora seduto sul pavimento,
fissava il soffitto con la testa rovesciata allindietro. Come mi sono mossa verso di lui, mi ha
rispedita indietro con un cenno.
La finestra ha detto con voce strozzata. Ora siamo ciechi da un lato. Grazie tante, Teacup.
Perch se l filata cos?
da Dayton che sta attaccata a Ringer come una cozza.
Io le ho sempre e solo viste litigare. Stavo pensando alla baruffa sugli scacchi, alla moneta che
aveva colpito Teacup in fronte e a quel Cazzo, quanto ti odio!.
Ben ha ridacchiato. una linea sottile.
Ho guardato gi nel parcheggio. Lasfalto brillava come onice. Attaccata a Ringer come una
cozza. Mi venuto in mente Evan appostato dietro porte e angoli. Mi venuta in mente la cosa
incontaminata, la cosa che resiste, e ho capito che quellunica cosa con il potere di salvarci ha anche
il potere di ucciderci.
Non dovresti startene sul pavimento lho rimproverato. Sul letto c pi caldo.
S, di met della met di met grado. una roba da niente, Sullivan. Un raffreddore rispetto
allepidemia.
Ti sei ammalato?
Gi. Al campo profughi fuori dalla Wright-Patterson. Quando hanno preso il controllo della base,
mi hanno, nellordine, portato dentro, imbottito di antivirali, messo in mano un fucile e mandato ad
ammazzare un po di gente. Tu, invece?
Un crocifisso stretto nel pugno insanguinato. Puoi finirmi o aiutarmi. Il soldato dietro i
frigoriferi era stato il primo. No. Il primo era stato il tipo che aveva sparato a Crisco alla fossa
cineraria. Facevano gi due, e poi cerano i Silenziatori, uno subito prima che trovassi Sam e laltro
subito prima che Evan trovasse me. Quattro, quindi. Mi stavo dimenticando qualcuno? I corpi si
accumulano e uno perde il conto. Oddio, uno perde il conto.
Anchio ho ammazzato un po di gente ho risposto piano.
Mi riferivo allepidemia.
Ah. No. Mia mamma
E tuo padre?
Un flagello diverso ho detto. Ha girato la testa per lanciarmi unocchiata. Vosch. Lha ucciso
Vosch.
Gli ho raccontato del campo profughi. Dei fuoristrada e del grosso autocarro pieno di soldati.
Dellapparizione surreale degli scuolabus. Solo i bambini. C spazio soltanto per i pi piccoli.
Delladunata generale nella baracca e di quando pap mi ha mandata a cercare Crisco con la mia
prima vittima. Poi di pap a terra che mi diceva di scappare e di come Vosch torreggiasse su di lui
mentre io mi nascondevo nel bosco.
Strano che non ti abbiano fatta salire su uno degli scuolabus ha detto Ben. Se il loro scopo era

mettere su un esercito con tutti quelli che si prestavano al lavaggio del cervello.
Cerano soprattutto bambini dellet di Sam, altri persino pi piccoli.
Al campo quelli con meno di cinque anni li separavano e li tenevano nel bunker
Ho annuito. Li ho visti. Nella camera blindata, con i visi rivolti in su mentre io andavo in cerca
di Sam.
Quindi viene da chiedersi perch ha continuato Ben. A meno che Vosch non preveda una guerra
molto lunga. Dal modo in cui laveva detto sembrava dubitasse che il motivo era quello. Ha
tamburellato con le dita sul materasso. Che sta succedendo con Teacup? Dovrebbero essere gi
tornati.
Vado a controllare ho proposto.
Col cavolo. Questa storia si sta trasformando nel classico film dellorrore. Sai, no? I personaggi
fatti secchi uno alla volta. Uh-uh. Aspettiamo altri cinque minuti.
Siamo rimasti zitti con lorecchio teso. Ma si sentiva solo il fischio leggero del vento che entrava
dalla finestra male isolata e il lavorio incessante dei ratti che grattavano nei muri. Teacup ne era
ossessionata. Lavevo sentita fantasticare con Ringer su come sbarazzarsene per ore e ore. E che
irritante tono da maestrina aveva Ringer, mentre spiegava che la popolazione era fuori controllo: il
numero dei ratti nellalbergo superava quello dei proiettili a nostra disposizione.
Ratti ha detto Ben come se mi stesse leggendo nel pensiero. Ratti, ratti, ratti. Centinaia di ratti.
Migliaia di ratti. Ormai ci sono pi ratti che esseri umani. il pianeta dei ratti. scoppiato in una
risata roca. Magari stava delirando. Sai cos che mi ossessiona? Che a dare retta a Vosch ci hanno
osservati per secoli. Cio, ma com possibile? Nel senso, com possibile lo capisco: quello che
non capisco perch non ci hanno attaccati prima. Quanta gente cera sulla Terra quando abbiamo
costruito le piramidi? Perch aspettare che ci fossero sette miliardi di persone sparse su tutti i
continenti e con una tecnologia sempre primitiva ma comunque pi avanzata di clave e lance? Amano
le sfide? Se vuoi sterminare i parassiti che ti infestano la casa nuova lo fai prima di essere in
minoranza. Evan? Su questo non ti ha detto niente?
Mi sono schiarita la gola. Che erano divisi perch non tutti erano dellidea di ucciderci.
Uh. Allora forse hanno dibattuto la questione per seimila anni. Sono stati l a cincischiare
nellindecisione generale finch uno non ha sbottato: Oh, e che cavolo, ammazziamoli e via!.
Non lo so. Non sono un indovino. Ero un po sulla difensiva. Come se, visto che conoscevo
Evan, avessi dovuto conoscere tutto.
Pu anche darsi che Vosch abbia mentito ha continuato Ben parlando tra s e s. Che ne so,
magari per condizionarci con giochetti mentali, per mandarci in confusione. Con me ci ha provato fin
dallinizio. Mi ha guardata, poi ha distolto lo sguardo. Non lo dovrei ammettere, ma era il mio
idolo. Pensavo che fosse, tipo Ha agitato una mano in aria, cercando le parole. Il migliore in
assoluto.
Hanno preso a tremargli le spalle. L per l ho pensato che fosse per la febbre, poi mi venuto il
sospetto che ci fosse sotto dellaltro cos ho lasciato la finestra e sono andata da lui.
Per i maschi le crisi sono una cosa privata. Nessuno mai deve vederli piangere, perch se piangi
sei un debole, sei un rammollito, un bamboccio, un cacasotto. Non da uomini e stronzate simili. Non
riuscivo a immaginarmi il Ben Parish pre-Arrivo piangere di fronte a qualcuno, lui, il ragazzo che
aveva tutto, quello nei cui panni chiunque avrebbe voluto essere, quello che spezzava i cuori altrui
senza che nessuno spezzasse mai il suo.
Mi sono seduta al suo fianco. Non lho toccato. Non ho aperto bocca. Lui era dovera e io uguale.
Scusa.

Ho scosso la testa. Di che?


Si passato il dorso della mano prima su una guancia e poi sullaltra. Sai cosa mi ha detto? Anzi,
cosa mi ha promesso. Mi ha promesso che mi avrebbe svuotato. Che mi avrebbe svuotato e poi
riempito di odio. Ma ha infranto la promessa. Non mi ha riempito di odio. Mi ha riempito di
speranza.
Lo capivo. Nella camera blindata, una distesa persa allinfinito di visi rivolti in su, di occhi che
cercavano i miei, e in quegli occhi una domanda troppo orribile da tradurre in parole: Me la
caver?. tutto collegato. Gli Altri se nerano resi conto, se nerano resi conto meglio della
maggior parte di noi. Non c speranza senza fede, non c fede senza speranza, non c amore senza
fiducia, non c fiducia senza amore. Togli una sola di queste cose e lintero castello di carte umano
crolla.
Era come se Vosch volesse che Ben scoprisse la verit. Come se volesse insegnargli quanto
senza speranza la speranza. Ma a che pro fare una cosa del genere? Se volevano annientarci, perch
non ci hanno annientati senza tante storie? Ci devessere almeno una decina di modi per spazzarci via
in fretta; loro per lhanno tirata per le lunghe con cinque ondate di atrocit crescente. Perch?
Fino a quel momento avevo sempre pensato che gli Altri non provassero per noi nulla se non
disprezzo, magari misto a una punta di disgusto, quello che noi proviamo per ratti, scarafaggi, cimici
e altre sgradevoli forme di vita inferiori. Niente di personale, umani, ma dovete sparire. Non mi
era mai venuto in mente che potesse invece essere proprio una questione personale. Che ucciderci e
basta non fosse sufficiente.
Ci odiano ho detto, rivolta quasi pi a me stessa che a lui. Ben mi ha guardata allarmato. E io
lho guardato a mia volta, impaurita. Non c altra spiegazione.
Non ci odiano, Cassie ha risposto in tono dolce, come si parla a un bambino spaventato. solo
che abbiamo quello che vogliono.
No. Ora avevo le guance bagnate di lacrime. La Quinta Onda aveva solo e soltanto una
spiegazione. Qualunque altra ipotesi era assurda.
Qui non si tratta di strapparci il pianeta, Ben. Qui si tratta di strapparci il cuore.

13
Basta cos ha detto Ben. Tempo scaduto.
E si alzato, ma non andato molto lontano. Non ha fatto in tempo a tirarsi su che gi era
ripiombato sul sedere. Gli ho messo una mano sulla spalla.
Vado io.
Si dato una gran pacca sulla coscia. Non ci sto ha borbottato mentre aprivo la porta e mi
affacciavo fuori. A far che, non ci stava? A perdere Teacup e Poundcake? A perdere pezzo dopo
pezzo tutta la squadra? A perdere la battaglia contro le sue ferite? Oppure a perdere la guerra in
generale?
Il corridoio era vuoto.
Prima Teacup. Poi Poundcake. Ora Dumbo. Stavamo davvero scomparendo pi velocemente di
campeggiatori in un film splatter.
Dumbo! ho chiamato piano. Quel nome ridicolo ha echeggiato nellaria fredda e stagnante. La
mia mente ha passato in rapida rassegna le possibilit. Dalla meno alla pi probabile: lavevano
neutralizzato nel pi totale silenzio e avevano nascosto il corpo; lavevano catturato; aveva visto o
sentito qualcosa ed era andato a indagare; gli scappava la pip.
Ho indugiato sulla soglia un paio di secondi, giusto in caso fosse stata vera lultima possibilit.
Poi, siccome non tornava, sono rientrata in camera. Ben era in piedi che controllava il caricatore del
suo M16.
Non costringermi a indovinare ha detto. Non importa. Tanto non mi serve.
Stai qui con Sam. Ci penso io.
Mi si avvicinato strascicando i piedi e, a un centimetro dal mio naso, ha risposto: Mi dispiace,
Sullivan. Il fratello tuo.
Mi sono irrigidita. La camera era gelida; il mio sangue di pi. Aveva la voce dura, piatta, priva di
qualsiasi emozione. Zombi. Com che ti chiamano Zombi, Ben?
Poi ha sorriso, un sorriso del tutto sincero, alla Ben Parish. I ragazzi l fuori invece sono i miei,
di fratelli.
Mi ha girato intorno e si diretto alla porta zoppicando. In un attimo la situazione era passata da
inverosimilmente pericolosa a pericolosamente inverosimile. Non vedevo altra soluzione: ho
superato alla belle meglio il letto di Ben, ho preso Sam per le spalle e gli ho dato uno scrollone. Lui
si svegliato con un gemito. Gli ho tappato la bocca per soffocare il rumore.
Sams! Stammi a sentire! C qualcosa che non va. Ho estratto la Luger dalla fondina e glielho
messa in mano. Lui ha spalancato gli occhi per la paura e per qualcosa che somigliava in modo
inquietante alla gioia. Io e Ben dobbiamo controllare. Tu metti il chiavistello sai cos il
chiavistello? Sbigottito fece cenno di s. E sistema una sedia sotto la maniglia. Guarda dal buco
della serratura. Non fare Cera davvero bisogno che spiegassi tutto quanto per filo e per segno?
Ascolta una cosa, Sams: importante, molto importante. Molto, molto importante. Sai come si fa a
distinguere i buoni dai cattivi? I cattivi ci sparano. La lezione migliore che mio padre mi avesse mai
insegnato. Ho dato a Sam un bacio sui capelli e lho lasciato l.
La porta mi si chiusa alle spalle con uno scatto. Ho sentito il chiavistello scorrere ed entrare nel
fermo. Bravo, piccolo. Ben era a met corridoio. Mi ha fatto segno di raggiungerlo. Mi ha
appoggiato allorecchio le labbra roventi per la febbre.
Assicuriamoci che le stanze siano vuote, poi scendiamo.

Abbiamo proceduto insieme. Io davanti e Ben dietro, a coprirmi le spalle. LHotel Walker aveva
una politica porte aperte: non cera serratura che, man mano che arrivavano superstiti in cerca di
riparo dalle ondate, non fosse stata fatta saltare. Daiuto era anche la conformazione dellalbergo,
progettato per le famiglie al risparmio. Le camere erano grandi suppergi quanto la casa di Barbie.
Trenta secondi per controllarne una. Quattro minuti per controllarle tutte.
Quando siamo tornati in corridoio, Ben mi ha riappiccicato le labbra allorecchio.
La tromba dellascensore.
Si inginocchiato davanti alle porte. Mi ha mostrato laccesso alle scale perch lo tenessi sotto
tiro, poi ha preso il coltello da combattimento e ha cacciato la lama da trenta centimetri nella fessura.
Ah, ho pensato il vecchio trucco del nascondersi in ascensore! Allora perch io stavo tenendo
sotto tiro le scale? Ben ha forzato le porte e mi ha chiamata a gesti.
Ho visto dei cavi arrugginiti in mezzo a una marea di polvere e ho sentito lodore di quello che
presumevo fosse un ratto morto. O, almeno, speravo. Quando Ben ha indicato il buio che si
addensava in basso, ho capito. Non dovevamo controllare la tromba dellascensore: la dovevamo
usare.
Io do unocchiata alle scale mi ha alitato nellorecchio. Tu rimani in ascensore. Aspetta il mio
segnale.
Ha messo il piede contro una delle porte e si appoggiato di schiena allaltra per tenerle aperte.
Ha battuto la mano sul minuscolo spazio tra il suo fianco e il ciglio. Forza, ha scandito muto. Lho
scavalcato con cautela, mi sono seduta su quello spazietto e ho buttato gi le gambe. Il tettuccio
dellascensore sembrava lontano chilometri. Ben ha sorriso con aria rassicurante: Tranquilla,
Sullivan. Non ho intenzione di farti cadere.
Centimetro dopo centimetro, sono andata avanti fino a sporgere il sedere. No, cos non poteva
funzionare. Ho ritirato su le gambe e poi, con unattenta manovra, sono passata in ginocchio. Ben mi
ha presa per un polso e ha alzato il pollice della mano libera. Tenendomi al bordo e puntellandomi
con le ginocchia contro il muro, mi sono calata gi fino a ritrovarmi con le braccia completamente
distese. Okay, Cassie. ora di mollare la presa. Ti tiene Ben. Gi, zucca vuota, solo che Ben
ferito e avr s e no la forza di un bambino di tre anni. Vedrai che, come tu ti lasci andare, il tuo peso
lo sbilancer e cadrete tutti e due. Lui ti finir addosso spezzandoti losso del collo e poi morir
dissanguandosi pian piano sopra il tuo corpo paralizzato
Oh, che cavolo!
Mi sono lasciata andare. Ben ha grugnito piano, ma non mi ha fatta cadere n mi capitombolato
addosso. Piegandosi a livello della vita mi ha calata gi: ormai vedevo solo la sua testa in controluce
nellapertura, la faccia avvolta nellombra. Con le punte dei piedi sfioravo il tettuccio
dellascensore. Per quanto dubitassi che sarebbe risultato visibile, ho tirato su il pollice in segno di
ok. Tre secondi. Quattro. E poi mi ha mollata.
In ginocchio, ho cominciato a cercare a tastoni la botola di soccorso. Cera dellunto, dello sporco
e parecchio sporco unto.
Prima dellelettricit, misuravano la luce in candele. L sotto cera allincirca lequivalente di
met di met candela.
Poi le porte sopra di me si sono chiuse e lintensit di quella luce scesa a zero.
Grazie, Parish. Potevi almeno aspettare che trovassi la botola.
Quando alla fine ci sono riuscita, ho scoperto che il chiavaccio era bloccato, probabilmente per
via della ruggine. Ho fatto per prendere la Luger con lintenzione di usarne il calcio come martello,
ma poi mi sono ricordata di aver affidato la mia pistola semiautomatica alle cure di un bambino di

cinque anni. Allora ho estratto il coltello dal fodero alla caviglia e ho dato al chiavaccio tre bei colpi
con limpugnatura. Dal metallo si levato un gemito stridulo. E assordante. Tanti saluti alla
furtivit. La chiusura per ha ceduto. Come ho aperto la botola, partito un altro gemito assordante,
stavolta dal cardine arrugginito. Be, per te che ci sei vicina certo che assordante. Ma da fuori
sembrer giusto un topo che squittisce. Non essere paranoica! Mio padre faceva sempre una battuta,
a proposito della paranoia. Non lavevo mai trovata molto divertente, soprattutto dopo averla sentita
duemila volte: Sono paranoico soltanto perch ho tutti contro. Solo una spiritosaggine, pensavo
allepoca. Non un presagio.
Sono piombata nel buio fitto della cabina dellascensore. Aspetta il mio segnale. Che segnale?
Ben aveva tralasciato un dettaglio. Ho appoggiato lorecchio alla fessura tra le fredde porte di
metallo e ho trattenuto il respiro. Ho contato fino a dieci. Ho fatto un bel respiro. Ho contato di
nuovo fino a dieci. Ho fatto un altro bel respiro. Dopo sei conte e cinque respiri senza sentire niente,
ho cominciato ad agitarmi un po. Che stava succedendo? Dovera Ben? Dovera Dumbo? Il nostro
gruppetto si assottigliava una persona alla volta. Grosso errore dividersi, ma in nessuno dei casi
avevamo scelta. La persona l fuori stava giocando molto meglio di noi. E lo faceva anche sembrare
una sciocchezza.
La persona o le persone: Dopo che a Dayton abbiamo preso a fare di testa nostra, Vosch ci ha
sguinzagliato dietro due squadre.
Ecco. Non poteva essere altrimenti. Una o magari tutte e due le squadre avevano trovato il nostro
nascondiglio. Avevamo aspettato troppo.
Esatto, e perch hai aspettato, Cassiopea Defiance Sullivan? Oh, gi, perch uno ormai bello
che morto ha promesso che ti avrebbe trovata. Quindi tu hai chiuso gli occhi e ti sei buttata nel vuoto
saltando dal ciglio del dirupo, e adesso ti stupisci perch sul fondo non c un bel materassone?
Colpa tua. Qualunque cosa capiti ora. Sei tu la responsabile.
Lascensore non era grande, ma in quel buio pesto sembrava delle dimensioni di uno stadio da
football. Mi trovavo in unenorme fossa sotterranea, un posto dove non si vedeva n si sentiva niente,
un vuoto privo di vita e luce, inchiodata a terra, paralizzata dalla paura e dal dubbio. Sapendo
senza intuire come che il segnale di Ben non sarebbe arrivato. E intuendo senza sapere come
che non sarebbe arrivato neppure Evan.
impossibile prevedere quando cadr il velo. Non puoi scegliere il momento. il momento che
sceglie te. Avevo avuto giorni per prendere di petto la verit che adesso prendeva di petto me, in
quel buco freddo e tetro, e mi ero rifiutata di farlo. Non la volevo affrontare. Cos era stata la verit a
pararmisi di fronte.
Quando Evan mi aveva toccata durante la nostra ultima notte insieme, tra noi si era annullato
qualsiasi tipo di distanza, qualsiasi tipo di confine, una sensazione che ora mi dava anche loscurit
della fossa. Aveva promesso che mi avrebbe trovata. Non ti trovo ogni volta? E io gli avevo
creduto. Dopo aver dubitato di tutto quello che mi aveva detto dallistante in cui ci eravamo
presentati, gli avevo creduto per la prima volta davanti alle sue ultime parole.
Ho appoggiato il viso al metallo freddo delle porte. Mi sentivo cadere, con chilometri e chilometri
di aria sotto di me. Non avrei mai smesso di cadere. Sei unefemera. Qui per un giorno e poi
svanita. No. Io ero ancora l. A svanire era stato lui.
Sapevi cosa sarebbe successo dal momento in cui abbiamo lasciato la fattoria ho sussurrato al
nulla intorno a me. Sapevi che saresti morto. E sei venuto lo stesso.
Non riuscivo pi a stare in piedi. Non avevo scelta. Sono scivolata in ginocchio. Cadevo. Cadevo.
Non avrei mai smesso di cadere.

Lascia andare, Cassie. Lascia andare.


Lasciar andare? Sto cadendo. Sto cadendo, Evan.
Ma sapevo cosa voleva dire.
Non lavrei mai lasciato andare. Non davvero. Mi dicevo che era impossibile fosse sopravvissuto
un migliaio di volte al giorno. Mi ripetevo che starcene rintanati in quel pulciosissimo albergo era
inutile, rischioso, assurdo, suicida. Ma mi aggrappavo alla sua promessa perch lasciarla andare
significava lasciar andare lui.
Ti odio, Evan Walker ho mormorato rivolgendomi al vuoto.
Da dentro il vuoto e dal vuoto dentro silenzio.
Non posso tornare indietro. Non posso andare avanti. Non posso restare aggrappata. Non posso
lasciar andare. Non posso, non posso, non posso, non posso. C qualcosa che posso fare?
Ho alzato la testa. Okay. Quello lo posso fare.
Mi sono rimessa in piedi. Anche quello.
Ho raddrizzato le spalle e ho infilato le dita nel punto in cui le porte si toccavano.
Sto uscendo ho detto alle profondit silenziose. Sto lasciando andare.
Ho aperto lascensore a forza. La luce ha inondato il vuoto divorando fino allultima e alla pi
piccola ombra.

14
Sono sbucata nellatrio, il nostro mondo nuovo in miniatura. Vetri frantumati. Rifiuti ammonticchiati
negli angoli come foglie autunnali accumulate dal vento. Insetti morti distesi sul dorso, le zampe
rattrappite. Un freddo pungente. E un silenzio cos assoluto che quello del mio respiro era lunico
rumore: svanito il ronzio, solo quiete.
Di Ben, nessuna traccia. Tra il primo piano e lo sbocco al pianoterra doveva essergli successo
qualcosa, e non poteva trattarsi di nulla di buono. Mi sono avvicinata cauta alla porta delle scale,
combattendo listinto di tornare di corsa da Sam prima che scomparisse come Ben, Dumbo,
Poundcake e Teacup, e come il 99,9% della popolazione terrestre.
Macerie scricchiolanti sotto gli scarponi. Aria fredda su viso e mani. Dita strette intorno al fucile e
occhi pressoch sbarrati nella luce delle stelle, debole ma simile a un faro dopo il buio pesto
dellascensore.
Piano. Piano. Niente errori.
Porta delle scale. Per trenta secondi buoni, mentre stringevo la maniglia di metallo, ho tenuto
lorecchio appoggiato al legno, ma non ho sentito che il battito del mio cuore. Poco alla volta ho
abbassato limpugnatura e ho tirato il battente verso di me per creare uno spiraglio sufficiente a
sbirciare dallaltra parte. Buio e silenzio assoluti. Accidenti a te, Parish. Dove cavolo sei?
Si poteva solo salire. Mi sono infilata nel vano scale. Clic: la porta mi si chiusa alle spalle. Ero
ripiombata nelloscurit, ma stavolta ero determinata a tenerla al di fuori, l dove doveva stare.
Allodore di chiuso si mescolava quello acre della morte. Un ratto, mi sono detta. Oppure un
procione o qualche altra creatura del bosco rimasta intrappolata l dentro. Ho posato lo scarpone su
qualcosa di molliccio. Ossa minuscole hanno crocchiato. Mi sono pulita i resti appiccicosi sul bordo
di un gradino: non volevo scivolare, ruzzolare gi, rompermi losso del collo e restare inerme ad
aspettare che qualcuno mi trovasse e mi piantasse una pallottola in testa. Sarebbe stata una gran brutta
fine.
Appena sono arrivata sul minipianerottolo, Unaltra rampa, un bel respiro, ci sono quasi,
risuonato uno sparo, seguito da un secondo colpo, poi da un terzo e infine da unintera scarica, mentre
la persona che faceva fuoco svuotava il caricatore. Sono partita a razzo su per i gradini che
restavano, sono sbucata in corridoio e mi sono fiondata verso la stanza a cui ora mancava la porta, la
stanza dove si trovava mio fratello, inciampando cos in qualcosa qualcosa di morbido che nel mio
folle sprint verso Sam non avevo notato e atterrando dopo un gran volo sulla moquette inesistente
con una violenza tale che mi schioccata la mandibola, poi sono balzata in piedi, ho girato la testa e
ho visto Ben Parish disteso a terra inerte, con le braccia in fuori e una chiazza di sangue scuro che
filtrava da quella ridicola felpa gialla, momento in cui Sam ha lanciato un grido e io pensando Non
troppo tardi, non troppo tardi e Ora arrivo, gran figlio di puttana, ora arrivo sono corsa in
camera, dove unalta sagoma incombeva sulla figura minuta che con dita minute premeva e premeva
impotente il grilletto di una pistola scarica.
Ho fatto fuoco. La sagoma si voltata di scatto, poi caduta in avanti allungandosi verso di me.
Le ho bloccato il collo con un piede e le ho conficcato la bocca del fucile nella nuca.
Mi spiace ho detto senza pi fiato. Ma hai sbagliato stanza.

Terza parte

LULTIMA STELLA

15
Da piccolo sognava spesso gufi.
Erano anni che non ci pensava. Ora, mentre la sua vita scivolava via, il ricordo riaffior.
Non era un ricordo piacevole.
Luccello, appollaiato sul davanzale della finestra, fissava dentro camera sua con occhi giallo
acceso. Di tanto in tanto, lentamente, ritmicamente, sbatteva le palpebre; per il resto, era immobile.
Lui guardava il gufo che lo guardava, paralizzato dalla paura senza capire perch e incapace di
chiamare la madre. Ogni volta al sogno seguivano una fase di malessere generale, con nausea,
capogiri e agitazione febbrile, e giorni con lansiogena e snervante sensazione di essere osservato.
Quando aveva compiuto tredici anni, i sogni erano scomparsi. Si era svegliato: non cera pi
bisogno di nascondergli la verit. Al momento opportuno il suo s ridesto avrebbe sfruttato i doni
ricevuti dal gufo. Ora che gli era stato svelato il suo, capiva anche lo scopo dei sogni.
Prepara. Spiana la strada.
Il gufo era una menzogna necessaria a proteggere la fragile psiche del corpo ospite. Al suo
risveglio a quella menzogna se nera sostituita unaltra: la sua vita. La sua umanit era una finzione,
una maschera, come il sogno del gufo nel buio.
Adesso stava morendo. E la menzogna stava morendo insieme a lui.
Non sentiva alcun male. Non avvertiva il freddo pungente. Aveva limpressione di galleggiare in
uno sconfinato mare tiepido. I segnali di allarme normalmente inviati dai nervi ai centri cerebrali del
dolore erano stati bloccati. La dolcezza priva di tormenti con cui il suo corpo scivolava
nellincoscienza sarebbe stata il dono finale.
E poi, dopo la morte dellultimo essere umano, la rinascita.
Un corpo nuovo sgravato dal ricordo della propria umanit. E lui non avrebbe conservato memoria
degli ultimi diciotto anni. I ricordi e le emozioni a questi associate sarebbero andati perduti per
sempre e non cera niente che si potesse fare per la sofferenza legata a quella consapevolezza.
Perduti. Tutti perduti.
Il viso di lei. Perduto. Il tempo con lei. Perduto. La guerra dichiarata tra chi era e chi fingeva di
essere. Perduta.
Nella quiete del bosco velato dallinverno, mentre galleggiava in un mare sconfinato, si allung
verso di lei, che fugg via.
Sapeva come sarebbe andata a finire. Laveva sempre saputo. Avrebbe pagato con la vita la
decisione di portarla in salvo e rimetterla in sesto dopo averla trovata imprigionata nella neve. La
virt era un vizio, ormai, e la morte il prezzo dellamore. Non la morte del suo corpo. Il suo corpo
era una menzogna. La morte vera. La morte della sua umanit. La morte della sua anima.
Nel bosco, nel freddo pungente, sulla superficie di un mare sconfinato, sussurr il suo nome
affidandone il ricordo al vento, allabbraccio degli alberi erti a mute sentinelle e alle cure dei fidi
astri e della sua omonima, pura ed eterna, lincontenibile universo contenuto in lei.
Cassiopea.

16
Si svegli in preda al dolore.
Un dolore lancinante alla testa, al petto, alle mani, alla caviglia. Un bruciore fortissimo ovunque.
Si sentiva come se lavessero immerso in acqua bollente.
Un uccello appollaiato sul ramo di un albero, un corvo, lo guardava con regale indifferenza. Ormai
il mondo apparteneva ai corvi, pens. Gli altri erano intrusi, creature con i giorni contati.
Un filo di fumo si attorcigliava intorno ai rami spogli sopra di lui: un fal. Cera anche odore di
carne rosolata in padella.
Era appoggiato a un albero, avvolto in una pesante coperta di lana e con un parka arrotolato come
cuscino. Sollev la testa pian piano, giusto di due o tre centimetri, e si rese subito conto che qualsiasi
movimento era una pessima idea.
Nel suo campo visivo ora cera una ragazza alta con una fascina di legna, che svan un istante
quando si chin ad alimentare il fuoco.
Buongiorno. La sua voce, bassa e melodiosa, gli era vagamente familiare.
La ragazza gli si sedette accanto, si port le ginocchia al petto e si abbracci le gambe. Anche il
suo viso gli era familiare. Carnagione chiara, capelli biondi, lineamenti nordici: ricordava una
principessa vichinga.
Ti conosco mormor. Gli bruciava la gola. Lei gli appoggi limboccatura della borraccia alle
labbra spellate e lui bevve un lungo sorso.
Bene disse la ragazza. Ieri notte stavi delirando. Temevo che avessi qualcosa di pi grave di
una commozione cerebrale.
Si alz e scomparve di nuovo. Torn reggendo una padella. Si rimise seduta e la pos a terra in
mezzo a loro. Lo studiava con la stessa altezzosa indifferenza del corvo.
Non ho fame disse lui.
Devi mangiare. Non lo stava pregando. Enunciava un fatto. Coniglio fresco. Ho preparato uno
stufato.
il caso che mi preoccupi?
No. Cucino bene.
Lui scosse la testa e si sforz di sorridere. Sapeva cosa intendeva.
Forse un po disse lei. Sedici ossa rotte, frattura del cranio, ustioni di secondo grado su buona
parte del corpo. I capelli per si sono salvati. Ce li hai ancora. la buona notizia.
La ragazza affond un cucchiaio nello stufato, se lo avvicin alle labbra, ci soffi leggermente
sopra e pass pian piano la lingua sul bordo.
E qual la cattiva notizia? chiese lui.
Hai una caviglia fratturata. messa maluccio. Ci vorr del tempo perch si sistemi. Per il
resto Scroll le spalle, poi assaggi lo stufato e storse le labbra. Manca il sale.
La guard frugare nello zaino in cerca del condimento. Grace sussurr. Ti chiami Grace.
Anche rispose lei. Poi disse il suo nome vero, quello che portava da diecimila anni. Devo
essere sincera, per. Mi piace di pi Grace. cos facile da pronunciare!
Gir lo stufato. Gliene offr un po. Lui strinse le labbra. Il pensiero del cibo Al che, con
unalzata di spalle, lei si port il cucchiaio alla bocca. Pensavo fossero detriti dellesplosione
riprese. Non mi sarei mai immaginata di trovare una delle capsule demergenza, tanto meno con te
dentro. Cos successo al sistema di guida? Lhai disattivato?

Lui riflett attentamente prima di rispondere. Un malfunzionamento.


Un malfunzionamento?
S, un malfunzionamento ripet pi forte. Gli stava andando a fuoco la gola. Di nuovo, lei gli
tenne la borraccia per farlo bere.
Non troppa lo ammon. Se no poi ti senti male.
Dellacqua gli col sul mento. Lei lo asciug.
La base era compromessa.
Sembrava sorpresa. In che modo?
Lui scosse la testa. Non lo so.
Tu che ci facevi l? questo che mi pare strano.
Stavo seguendo una persona. La conversazione stava prendendo una brutta piega. Considerato
che tutta la sua vita era stata una menzogna, mentire non gli veniva per niente facile. Sapeva che
Grace non avrebbe esitato a sopprimere il corpo che lo ospitava se avesse sospettato che la
compromissione si estendeva a lui. Erano tutti ben consapevoli del rischio insito nellindossare il
mantello umano. A condividere il corpo con una mente terrestre cera il pericolo di prendere i vizi
degli uomini, oltre che le virt. E ancora pi pericoloso dellavarizia, della lussuria, dellinvidia o
di qualsiasi altra cosa era lamore.
Tu cosa? Stavi seguendo una persona? Un essere umano?
Non avevo scelta. Quello, perlomeno, era vero.
La base era compromessa. Da un essere umano. La ragazza scroll il capo per lo stupore. E tu
hai piantato il servizio di pattuglia per fermarlo.
Lui chiuse gli occhi. Magari avrebbe pensato che era svenuto. Lodore dello stufato gli dava il
voltastomaco.
Certo che curioso disse Grace. C sempre stato il rischio di compromissione, ma
dallinterno del centro operativo. Come faceva un essere umano del tuo settore a sapere
dellepurazione?
Fingersi privo di sensi non serviva a molto. Apr gli occhi. Il corvo non si era mosso. Stava l e lo
fissava, il che gli fece tornare in mente il gufo sul davanzale, se stesso bambino a letto e la paura che
provava. Per me entrata senza saperlo
Entrata?
S. Era una femmina.
Cassiopea.
Non riusc a trattenersi e la squadr. E tu come?
Te lho sentito dire diverse volte, negli ultimi tre giorni.
Tre giorni?
Il suo cuore acceler. Doveva chiederglielo. Ma in che modo? Cera il rischio di insospettirla
ancora di pi. Fare domande dirette sarebbe stato sciocco. Perci disse: Mi sa che scappata.
Grace sorrise. Be, in tal caso sono sicura che la troveremo.
Lui tir un lungo sospiro di sollievo. Grace non aveva motivo di mentire. Se avesse trovato
Cassie, lavrebbe uccisa e non avrebbe avuto problemi a dirglielo. Il fatto che non lavesse trovata
non bastava per a dimostrare che Cassie era viva: era comunque possibile che non ce lavesse fatta.
Grace frug di nuovo nello zaino e prese un flacone di crema. Per le ustioni spieg. Tir gi la
coperta con cautela, esponendo allaria gelida il corpo nudo di lui. Sopra di loro, il corvo inclin il
lucido capo nero e osserv la scena.
La crema era fredda. Le mani, calde. Grace aveva salvato lui dal fuoco; lui aveva salvato Cassie

dal ghiaccio. Attraversando un increspato mare bianco, laveva portata alla fattoria e l le aveva tolto
i vestiti e laveva immersa semicongelata nellacqua calda. Come le mani di Grace, untuose di
pomata, vagavano sul suo corpo, cos le sue dita si erano fatte strada fra il ghiaccio incrostato nei
folti capelli di Cassie. Mentre lei galleggiava nellacqua tinta di rosa dal suo stesso sangue, lui le
aveva estratto il proiettile. Il proiettile indirizzato al cuore. Il proiettile di cui era unico responsabile.
Poi, dopo averla tirata fuori dallacqua e averle bendato la ferita, laveva portata al letto della
sorella e, distogliendo lo sguardo, le aveva infilato una camicia da notte, sempre della sorella:
Cassie si sarebbe vergognata da morire nel rendersi conto che lui laveva vista senza niente addosso.
Gli occhi di Grace fissi su di lui. Gli occhi di lui fissi sullorsacchiotto sul cuscino. Lui aveva
coperto bene Cassie. Grace stava coprendo bene lui.
Te la caverai, aveva detto a Cassie. Pi una preghiera che una promessa.
Te la caverai gli disse Grace.
Devi, aveva aggiunto rivolto a Cassie. Devo rispose rivolto a Grace.
Il modo in cui inclinava la testa mentre lo guardava: come il corvo sullalbero, come il gufo sul
davanzale.
Come tutti conferm Grace annuendo lentamente. Siamo qui per questo.
Si sporse in avanti e gli diede un leggero bacio sulla guancia. Fiato caldo, labbra fresche, e il
lieve odore di fumo proveniente dalla legna. Le labbra di lei scivolarono verso la bocca. Lui si
volt.
Come facevi a sapere come si chiamava? gli sussurr allorecchio. Cassiopea. Dove lhai
incontrata?
Ho trovato il suo accampamento. Abbandonato. Teneva un diario
Ah. Quindi cos che hai scoperto che voleva attaccare la base.
S.
Be, ma allora tutto chiaro. E nel diario diceva anche perch?
Per via di suo fratello tipo che lavevano portato alla Wright-Patterson da un campo
profughi e lei invece era scappata
Per, niente male. Poi supera le nostre difese e distrugge lintero centro di comando. Davvero
niente male. Rasenta lincredibile.
Prese la padella, lanci gli avanzi tra gli sterpi e si alz in piedi. Da quella posizione torreggiava
su di lui, un colosso biondo da un metro e ottanta. Aveva le guance arrossate, forse per il freddo,
forse per il bacio.
Riposati disse. Ormai sei abbastanza in forze per viaggiare. Partiamo stanotte.
Per andare dove? chiese Evan Walker.
Grace sorrise. A casa mia.

17
Al tramonto Grace spense il fuoco, si mise in spalla zaino e fucile, poi sollev Evan da terra per i
venticinque chilometri di cammino che li separavano dalla sua base nella periferia meridionale di
Urbana. Per fare prima, si sarebbe tenuta sulla statale. A quel punto della partita il rischio era
minimo: erano settimane che non vedeva esseri umani. Quelli che non aveva ucciso erano stati portati
via dagli scuolabus o si erano messi al riparo dallassalto dellinverno. Era un periodo di passaggio.
Tempo un anno, forse due, comunque non pi di cinque, e non ci sarebbe pi stato bisogno di agire di
nascosto perch non ci sarebbero pi state prede a cui tendere agguati.
Con il sole cal anche la temperatura. Nuvole sfilacciate correvano nel cielo indaco, sospinte da
un vento settentrionale che si divertiva con la frangia di Grace e le alzava giocosamente il bavero
della giacca. Comparvero le prime stelle, si lev la luna e la strada davanti a loro prese a brillare, un
nastro dargento che serpeggiava sullo sfondo nero dei campi morti, degli appezzamenti vuoti e degli
scheletri sventrati di case abbandonate da tempo.
Grace si ferm una volta per riposarsi, bere e spalmare altra pomata sulle ustioni di Evan.
C qualcosa di diverso in te disse riflettendo a voce alta. Non riesco a metterlo a fuoco. E
intanto gli metteva le mani dappertutto.
Non ho avuto un risveglio semplice butt l lui. Lo sai.
Lei fece un verso ironico. Tu rimugini troppo, Evan, e non sai perdere. Lo riavvolse nella
coperta. Gli pass le lunghe dita tra i capelli. Lo guard nel profondo degli occhi. Mi stai
nascondendo qualcosa.
Lui non rispose.
Lho sentito continu. La prima notte, quando ti ho tirato fuori dai rottami. C una Cerc le
parole giuste. Una stanza segreta che prima non cera.
Macch stanza segreta. La sua stessa voce gli suon falsa, infida come il vento.
Grace rise. Non ti avrebbero mai dovuto inserire in un corpo, Evan Walker. Ce li hai troppo a
cuore per essere uno di loro.
Lo tir su con la stessa facilit con cui una madre tira su il figlio appena nato. Alz lo sguardo
verso il cielo notturno e per un istante le manc il fiato. Eccola l! Cassiopea, la regina della notte.
Pos la guancia sulla testa di lui. La caccia finita, Evan.

18
La base di Grace era una vecchia casa a un piano e con struttura in legno sulla Statale 68,
perfettamente al centro del settore di quindici chilometri quadrati a lei assegnato per il servizio di
pattuglia. A parte chiudere con assi le finestre rotte e riparare le porte esterne, aveva lasciato la casa
come laveva trovata. Cerano ancora foto di famiglia alle pareti e, in giro, cimeli e ricordi troppo
grandi per essere portati via, pi mobili sfasciati, cassetti aperti e i tanti pezzi delle vite degli
occupanti ritenuti privi di valore dai saccheggiatori. Grace non si era disturbata a mettere in ordine.
Allarrivo della primavera e allesaurirsi della Quinta Onda, se ne sarebbe andata.
Port Evan nella cameretta sul retro dellabitazione, la stanza dei bambini, con una carta da parati
azzurro vivido, giocattoli sparsi sul pavimento e un modellino del sistema solare che pendeva triste
dal soffitto. Lo sistem in uno dei due letti identici. Un bambino aveva inciso le proprie iniziali nella
testiera: K.M. Kevin? Kyle? Si sentiva odore di epidemia. Non cera molta luce Grace aveva
chiuso la finestra anche l ma, dato che la sua vista era molto pi acuta di quella di un normale
essere umano, Evan riusciva a vedere le macchioline scure del sangue schizzato sui muri azzurri
durante gli ultimi spasimi di qualcuno.
Grace usc e torn qualche minuto dopo con altra pomata e un rotolo di garza. Fasci le ustioni in
fretta, come se avesse impegni urgenti altrove. Nessuno dei due parl finch lei non lo ebbe coperto
di nuovo.
Cosa ti serve? chiese Grace. Qualcosa da mangiare? Il bagno?
Dei vestiti.
Lei scosse la testa. Non una buona idea. Per le ustioni ci vorr una settimana. Per la caviglia,
due o anche tre.
Non ho tre settimane. Tre giorni sono troppi.
Per la prima volta pens che forse sarebbe stato necessario neutralizzare Grace.
Lei gli sfior la guancia. Chiamami, se hai bisogno di qualcosa. Lascia in pace quella caviglia. Io
devo rimpolpare le scorte: non aspettavo visite.
Quanto starai via?
Un paio dore al massimo. Cerca di dormire.
Mi serve unarma.
Evan, non c nessuno nel raggio di cento chilometri. Sorrise. Oh, hai paura della sabotatrice.
Lui annu. Esatto.
Grace gli mise in mano la sua pistola. Non mi sparare.
Lui strinse le dita sullimpugnatura. Stai tranquilla.
Prima busso.
Lui annu di nuovo. Mi sembra unottima idea. Grace si ferm vicino alla porta. Quando la
base caduta, abbiamo perso i droni.
Lo so.
Perci siamo irrintracciabili. Dovesse capitare qualcosa a uno dei due, oppure a tutti e due
Che importa ormai? Siamo praticamente alla fine.
Grace convenne con un cenno del capo, lespressione pensierosa. Secondo te, ci mancheranno?
Gli umani? Si chiese se non fosse una battuta. Non gliene aveva mai sentite fare: scherzare non
era nella sua natura.
Non quelli l fuori. Grace fece un gesto a indicare il pi vasto mondo oltre le pareti. Quelli qui

dentro. Mano sul petto.


Non ti pu mancare quello di cui non hai memoria rispose lui.
Oh, io credo che i suoi ricordi li terr disse Grace. Era una ragazzina felice.
Allora non potr mancarti niente, no?
Lei incroci le braccia. Prima stava per andarsene e ora invece indugiava. Perch non si levava di
torno?
S, ma non tutti puntualizz, sottintendendo i ricordi. Terr solo quelli belli.
questo che mi ha sempre dato da pensare, Grace: pi giochiamo a fare gli umani, pi umani
diventiamo.
Lei lo guard con aria interrogativa e, per un attimo molto lungo e molto imbarazzante, non disse
nulla.
Chi che gioca a fare lumano? chiese.

19
Aspett che il rumore dei passi si affievolisse. Il vento fischiava dalle fessure tra il compensato e il
telaio della finestra; a parte quello, non si sentiva niente. Cos come la sua vista, il suo udito era
estremamente acuto. Se Grace fosse stata seduta sul portico a pettinarsi, se ne sarebbe accorto.
Prima la pistola. Estrasse il caricatore. Proprio come sospettava: non cerano proiettili. Gli era
parso che fosse troppo leggera. Si lasci andare a una risata sommessa. Ironia della sorte. Il loro
obiettivo principale non era uccidere, bens seminare diffidenza tra i sopravvissuti in modo da
spingerli come pecore impaurite in macelli tipo la Wright-Patterson. Che succede quando chi semina
diffidenza si ritrova a mieterne i frutti? Si immagin con una falce stile Morte. Soffoc un attacco di
ridarella isterica.
Prese un bel respiro. Avrebbe sentito parecchio male. Si mise seduto. La stanza girava. Chiuse gli
occhi. No. Era anche peggio. Li riapr e si augur di rimanere dritto. Il suo corpo era stato potenziato
in vista del risveglio. Era quella la realt mascherata dal sogno del gufo. Il segreto che il ricordo di
copertura gli impediva di vedere e dunque di rammentare: una notte, mentre dormivano, lui, Grace e
decine di migliaia di bambini come loro avevano ricevuto dei doni. Doni che sarebbero tornati utili
negli anni a venire. Doni che avrebbero trasformato i loro corpi in armi finemente regolate, perch i
progettisti dellinvasione avevano capito una semplice, sebbene controintuitiva, verit: se il corpo
andava da una parte, la mente lo seguiva.
Dai a qualcuno il potere degli dei e diventer indifferente come loro.
Il dolore si attenu. Il capogiro diminu. Evan mise le gambe gi dal letto. Doveva testare la
caviglia. La caviglia era la chiave. Le altre ferite erano gravi ma trascurabili: le poteva gestire. Fece
delicatamente pressione sullavampiede e una fitta terribile gli risal per la gamba. Ricadde sulla
schiena ansimando. Appesi in alto, i pianeti polverosi erano congelati in orbita intorno a un sole
ammaccato.
Si rimise seduto e aspett che gli si schiarisse la testa. Non sarebbe riuscito a evitare il dolore.
Avrebbe dovuto trovare il modo di affrontarlo.
Si cal sul pavimento usando il bordo del letto per sostenere il suo peso. Poi si costrinse a
riposare. Non cera bisogno di correre. Se fosse tornata Grace, le avrebbe spiegato che era caduto.
Lentamente, un centimetro alla volta, spost il sedere sulla moquette fino a mettersi lungo disteso
sulla schiena, posizione da cui vedeva il sistema solare dietro una pioggia di meteore incandescenti.
La stanza era gelida, ma lui grondava di sudore. Fiato corto. Battito accelerato. Pelle a fuoco. Si
concentr sul modellino, sullazzurro scolorito della Terra, sul rosso polveroso di Marte. Il dolore
arrivava a ondate: ora galleggiava in un tipo di mare diverso.
Le assi sotto il letto erano fissate con chiodi e gravate dalla pesante struttura e dal materasso.
Amen. Si infil in quello spazio ristretto facendo scricchiolare i corpi degli insetti in via di
putrefazione, in mezzo ai quali spiccavano una macchinina giocattolo cappottata e gli arti contorti di
un pupazzetto di plastica del tempo in cui le fantasticherie dei bambini erano popolate di eroi. Liber
una delle assi sferrandole tre colpi con la parte bassa del palmo, poi torn indietro e liber laltra
estremit. Gli fin in bocca della polvere. Toss: un altro tsunami di dolore gli attravers il petto, gli
scese lungo il fianco e gli si strinse come unanaconda intorno allo stomaco.
Dieci minuti dopo stava di nuovo contemplando il sistema solare, preoccupato allidea che Grace
lo trovasse svenuto con unasse di quasi un metro e mezzo stretta al petto. Spiegare quello sarebbe
stato forse un po pi difficile.

Il mondo prillava. I pianeti stavano immobili.


C una stanza segreta Lui ormai cera entrato, in quella stanza, e l dentro una semplice
promessa vincolava con mille catene: Ti trover. Quella promessa, come tutte le promesse, creava
una morale a s stante. Per mantenerla, avrebbe dovuto attraversare un mare di sangue.
Il mondo fuori controllo. I pianeti in ceppi.

20
Era ormai scesa la notte quando Grace rientr, il suo arrivo annunciato da un chiarore crescente in
corridoio. Appena pos la lampada sul comodino, il suo viso fu avviluppato dalle ombre proiettate
dalla fiamma. Evan non protest quando lei tir gi le coperte e sciolse le bende che gli coprivano le
ferite, lasciandolo nudo nonostante il freddo.
Ti sono mancata, Evan? mormor mentre gli faceva scivolare sulla pelle le dita cosparse di
pomata. Non intendo oggi. Quanti anni avevamo, allepoca? Quindici?
Sedici rispose lui.
Hmm. Mi hai chiesto se avevo paura del futuro. Te lo ricordi?
S.
Una domanda cos umana.
Con le dita di una mano lo massaggiava mentre con quelle dellaltra si sbottonava lentamente la
camicia.
Sempre meno dellaltra.
Lei inclin la testa con aria interrogativa. I capelli le caddero sulla spalla. Viso perso nellombra;
camicia scesa da un lato, simile a una tenda scostata.
Che domanda era? sussurr.
Se non ti eri sentita, per tantissimo tempo, indicibilmente sola.
La freschezza delle dita di lei. Il calore della carne bruciata di lui.
Hai il cuore che ti batte allimpazzata disse Grace sottovoce.
Si alz. Evan chiuse gli occhi. Per la promessa. Poco oltre lalone di luce, Grace sfil i piedi
dai pantaloni che si era lasciata cadere alle caviglie. Lui non guard.
Sola? No, non tanto disse Grace, solleticandogli lorecchio con il fiato. Essere rinchiusi in
questi corpi ha i suoi vantaggi.
Per la promessa. E Cassie lisola, affiorante da un mare pieno di sangue, verso cui nuotava.
No, non tanto, Evan ripet Grace. Gli sfior la bocca con le dita, il collo con le labbra.
Non aveva scelta. La promessa che aveva fatto non gliene lasciava. Grace non lavrebbe mai
mollato, n avrebbe esitato a ucciderlo se lui avesse provato a mollare lei. Sfuggirle seminandola o
nascondendosi era impossibile. Non aveva scelta.
Apr gli occhi, allung la mano destra e le pass le dita tra i capelli. Poi infil la sinistra sotto il
cuscino. In alto vedeva il sole che, spogliato della sua progenie, brillava solitario nella luce della
lampada. Credeva che Grace si sarebbe accorta della sparizione dei pianeti. Si aspettava che gli
chiedesse che bisogno aveva di toglierli, anche se in realt non era dei pianeti che aveva bisogno.
Aveva bisogno del filo.
Ma Grace non si era accorta di niente. Stava pensando ad altro. Toccami, Evan mormor.
Lui si gir di scatto sul fianco destro e le diede un colpo sulla mandibola con lavambraccio
opposto. Mentre lei indietreggiava barcollando, lui si alz dal letto piantandole la spalla nel tronco.
Lei gli conficc le unghie nelle ustioni sulla schiena e tir. Per un attimo la stanza divent nera, ma a
Evan non serviva la vista: gli serviva solo la vicinanza.
Forse Grace gli aveva scorto in mano laggeggio improvvisato con due pezzi di legno e il filo del
modellino, oppure era stata semplicemente fortunata, ma il suo pugno ci si chiuse intorno e lo
respinse mentre lui stringeva. Evan le diede un calcio alla gamba con lesterno della caviglia buona e
la gett a terra, dove la segu ficcandole, nel momento dellimpatto, il ginocchio nella parte bassa

della schiena.
Non aveva scelta.
Chiam a s ogni briciolo della forza potenziata che gli restava per stringere il filo, finch questo
non le tagli il palmo arrivando allosso.
Grace scalciava sotto di lui. Evan port su di slancio il ginocchio destro e glielo premette sulla
testa. Pi stretto. Ancora pi stretto. Sentiva odore di sangue. Il proprio. Quello di lei.
La stanza girava.
Mentre sprofondava nel sangue, il proprio, quello di lei, Evan Walker resistette immobile.

21
A cose fatte, si trascin fino al letto e tir fuori lasse rotta. Un po lunga come stampella la doveva
tenere a un angolo scomodo ma si sarebbe dovuto accontentare. Zoppicando and nellaltra camera,
dove trov dei vestiti da uomo: un paio di jeans, una camicia a quadrettoni, un maglione fatto a mano
e un giubbotto di pelle con il nome della squadra di bowling del proprietario, Le teste di serie di
Urbana, ricamato sulla schiena. La stoffa sfregava e strusciava contro la sua carne viva rendendo
ogni movimento una dimostrazione di cosa fosse il dolore. Poi pass in soggiorno, dove trov lo
zaino e il fucile di Grace. Se li mise in spalla entrambi.
Ore dopo, mentre si riposava lungo la Statale 68 in un bozzolo di lamiere contorte al centro di un
maxitamponamento di otto macchine, apr lo zaino per fare linventario e trov decine di piccole
buste di plastica etichettate con un pennarello nero, ciascuna delle quali conteneva ciuffetti di capelli.
L per l rimase perplesso. Di chi erano quei capelli e perch si trovavano dentro delle bustine, tutte
accuratamente contrassegnate da una data? Poi ci arriv: Grace prendeva trofei dalle sue vittime.
Se il corpo andava da una parte, la mente lo seguiva.
Con due pezzi di metallo rotto e quello che avanzava del rotolo di garza si fabbric una stecca per
la caviglia. Bevve qualche sorso dacqua. Il suo corpo aveva un disperato bisogno di sonno, ma Evan
non aveva intenzione di dormire finch non avesse mantenuto la promessa. Alz lo sguardo verso i
puntini di luce pura fermi su di lui nel buio illimitato. Non ti trovo ogni volta?
Il fanale anteriore dellauto accanto esplose in una pioggia di vetro e plastica polverizzati. Evan si
tuff sotto il veicolo pi vicino portandosi dietro il fucile.
Grace. Doveva essere lei. Grace era viva.
Se nera andato troppo in fretta. Aveva fatto troppo affidamento sulle supposizioni, sulle speranze.
E adesso era in trappola, inchiodato senza via duscita. In quel momento si rese conto che a volte le
promesse vengono mantenute nei modi pi inaspettati: aveva trovato Cassie diventando lei.
Ferito, bloccato sotto una macchina, incapace di correre, incapace di alzarsi, alla merc di un
cacciatore senza volto e senza piet, un Silenziatore progettato per far cessare il rumore degli uomini.

22
Aveva incontrato o, pi precisamente, ritrovato Grace lestate in cui entrambi avevano compiuto
sedici anni, alla fiera della contea di Hamilton. Lui era fuori dal tendone che ospitava il serraglio
insieme a Val, la sua sorellina, che voleva vedere la tigre bianca da quando erano arrivati di primo
mattino. Era agosto. La fila era lunga. Val era stanca, imbronciata e appiccicosa di sudore. Lui aveva
rimandato fino a quel momento. Non gli piacevano gli animali in cattivit. Aveva limpressione che,
quando li guardava negli occhi, qualcosa nei loro occhi guardasse lui.
Fu Evan a notare Grace, ferma accanto al camioncino delle frittelle con una gocciolante fetta di
cocomero in mano. Capelli biondi lunghi fino a met schiena e lineamenti dalla freddezza quasi
artica, in particolare gli occhi azzurro ghiaccio e la piega cinica della bocca luccicante di succo.
Quando lei si volt, lui si affrett a distogliere lo sguardo e riportarlo sul viso della sorella, che
sarebbe morta da l a due anni scarsi. Un fatto che Evan si portava sempre dietro, chiuso in unaltra
stanza segreta. A volte gli era difficile scrollarsi di dosso la consapevolezza che qualsiasi faccia
vedesse era la faccia di un futuro cadavere. Il suo mondo era popolato di morti viventi.
Che c? chiese Val.
Lui scosse la testa. Niente. Prese un bel respiro e lanci unaltra occhiata verso il camioncino.
Lalta ragazza bionda era sparita.
Allinterno, oltre la rete in acciaio che fungeva da recinzione, la tigre bianca ansimava per il
caldo. I bambini le si accalcavano davanti. Alle loro spalle risuonavano scatti di macchine
fotografiche e cellulari. La tigre rimaneva regalmente indifferente allattenzione.
Bella mormor una voce roca allorecchio di Evan. Lui non si volt. Sapeva, senza bisogno di
guardare, che era la ragazza dai lunghi capelli biondi e dalle labbra luccicanti di succo di cocomero.
Il tendone era pieno zeppo; il braccio nudo di lei sfior quello di lui.
E triste disse Evan.
No ribatt Grace. Potrebbe squarciare quella recinzione in due secondi. Strappare il viso a un
bambino in tre. Stare l una sua scelta. questa la cosa bella.
Lui la guard. Da vicino i suoi occhi erano ancora pi impressionanti. Grace rispose allo sguardo
e, in un istante che per poco non lo fece stramazzare a terra, Evan riconobbe lentit nascosta dentro
di lei.
Dovremmo parlare sussurr Grace.

23
Al crepuscolo le luci della ruota panoramica si accesero, la musichetta aument di volume e la folla
nel viale centrale si ingross: pantaloncini strappati, infradito, profumo di crema solare al cocco e
ondeggiare di uomini panciuti con il berretto della John Deere Macchine Agricole, le mani indurite
dai calli e il portafoglio rigonfio attaccato con una catenella a un passante della cintura e infilato
nella tasca posteriore dei calzoni. Evan consegn Val alla madre, poi and alla ruota ad aspettare
nervosamente Grace. Lei sbuc dalla ressa allimprovviso, portando con s un maxipeluche: una
tigre del Bengala bianca con occhi di plastica di un azzurro vivido solo di poco pi scuro di quello
dei suoi.
Evan, piacere.
Grace.
Guardarono lenorme ruota girare sullo sfondo violaceo del cielo.
Pensi che ci mancher, tutto questo, quando non ci sar pi? chiese lui.
A me no. Grace arricci il naso. Hanno un odore terribile. Non riesco a farci labitudine.
Finora non mi era mai capitato di incontrare
Lei annu. Nemmeno a me. Credi che sia una coincidenza?
No.
Oggi non dovevo venire, ma stamattina, quando mi sono svegliata, ho sentito una voce. Vai.
Lhai sentita anche tu?
S rispose lui con un cenno del capo.
Bene. Sembrava sollevata. Sono tre anni che mi chiedo se sono pazza.
Ma figurati.
Tu non te lo chiedi?
Non pi.
Gli sorrise con aria maliziosa. Ti va di andare a fare una passeggiata?
Girovagando arrivarono allarena per le gare e le esposizioni, in quel momento deserta, e si
sedettero sulle gradinate. Spuntarono le prime stelle. La notte era calda, laria umida. Grace portava
un paio di pantaloncini e una camicetta bianca sbracciata con il colletto di pizzo. Standole seduto
accanto, Evan sentiva odore di liquirizia.
Eccolo l le disse indicando con il mento il recinto vuoto impiastricciato di segatura e letame.
Cosa?
Il futuro.
Lei rise come se Evan avesse fatto una battuta. Il mondo finisce. Il mondo finisce e poi
ricomincia. cos da sempre.
Non hai mai paura di quello che ci aspetta? Sincera.
No, mai. Stava abbracciando la tigre di peluche posata sulle sue gambe. Sembrava che i suoi
occhi prendessero il colore di ci che guardava. In quel momento, mentre osservava il cielo che si
scuriva, erano di un nero senza fondo.
Per qualche minuto parlarono nella loro lingua madre, ma era difficile e ci rinunciarono quasi
subito. Tantissime parole erano impronunciabili. Evan not che, dopo, lei era molto pi calma e si
rese conto che a spaventarla non era il futuro, bens il passato, il pensiero che lentit al suo interno
potesse essere linvenzione della mente danneggiata di una ragazzina. Incontrare Evan aveva
confermato la sua esistenza.

Non sei sola le disse. Abbass lo sguardo e si vide in mano la mano di lei. Una per lui, una per
la tigre.
stato laspetto peggiore convenne Grace. Avere la sensazione di essere soli nelluniverso.
Che fosse tutto qui disse toccandosi il petto e da nessunaltra parte.
Anni dopo Evan avrebbe letto qualcosa di molto simile sul diario di unaltra sedicenne, quella che
trov e perse, che ritrov e perse di nuovo.
Forse, penso a volte, sono lultimo essere umano sulla Terra.

24
Il telaio della macchina contro la schiena. Lasfalto freddo contro la guancia. Linutile fucile stretto in
mano. Era in trappola.
Grace aveva diverse alternative. Lui ne aveva due.
No. Se voleva che gli restasse qualche chance di mantenere la promessa, ne aveva solo una: la
scelta di Cassie.
Anche lei aveva fatto una promessa. Una promessa insensata e suicida allunica persona sulla
Terra che ancora contasse per lei, e pi della sua stessa vita. Quel giorno si era alzata per affrontare
il cacciatore senza volto perch la sua morte era nulla rispetto alla morte di quella promessa. Se
cera ancora una speranza, stava nelle promesse senza speranza dellamore.
Strisciando, oltrepass il paraurti anteriore e usc allo scoperto; poi, come Cassie Sullivan, Evan
Walker si alz.
Si irrigid in attesa del colpo finale. Quando Cassie si era alzata quel terso pomeriggio dautunno,
lui, il suo Silenziatore, era scappato. Non pensava che Grace avrebbe fatto altrettanto. Grace avrebbe
portato a termine ci che aveva iniziato.
Ma non arriv nessun colpo finale. Nessun proiettile che lo riducesse al silenzio, che lo collegasse
a Grace come un cordoncino argentato. Sapeva che era l. Sapeva che lo vedeva in piedi sbilenco
davanti alla macchina. E si rese conto che non cera modo di sfuggire al passato, di sottrarsi alle sue
inevitabili conseguenze: la paura, lincertezza e il dolore di Cassie ora gli appartenevano.
In alto, le stelle. Dritto di fronte a lui, la strada che brillava alla luce di quelle stelle. La morsa
impietosa dellaria gelida e lodore medicinale dellunguento che Grace gli aveva spalmato sulle
ustioni. Hai il cuore che ti batte allimpazzata.
Non ha intenzione di ucciderti si disse. Non a questo che mira. Altrimenti non ti avrebbe
mancato.
Poteva esserci una sola spiegazione: Grace voleva seguirlo. Per lei era un mistero e seguirlo era
lunico modo di risolvere quel mistero. Era sfuggito alla trappola soltanto per finire in un guaio
peggiore. Adesso mantenere la promessa non era pi un gesto di fedelt: era un atto di tradimento.
Non poteva seminarla, non con la caviglia in quello stato. Non ci poteva ragionare: ormai riusciva
a malapena ad articolare i propri pensieri. Poteva aspettare che si stufasse. Rimanere l, non fare
niente e rischiare che Cassie venisse sorpresa da soldati della Quinta Onda o abbandonasse
lalbergo prima che la situazione tra lui e Grace si fosse sbloccata. Poteva cercare un confronto, ma
aveva gi fallito una volta ed era probabile che succedesse di nuovo. Era troppo debole, troppo
malandato. Aveva bisogno di tempo per guarire, ma tempo non ce nera.
Si appoggi al cofano dellauto e alz lo sguardo verso il cielo tempestato di stelle, non pi
offuscato dalle luci degli uomini e dalla patina dellinquinamento. Quelle erano le stesse stelle che
brillavano sul mondo prima che ci mettessero piede gli esseri umani. Le stesse identiche stelle, l da
miliardi di anni: che cosera per loro il tempo?
Efemera sussurr Evan. Efemera.
Si mise in spalla il fucile e si fece strada fra i rottami per tornare allo zaino con le scorte, che poi
si butt sullaltra spalla. Si infil la stampella di fortuna sotto il braccio. Il cammino sarebbe stato
lento, penosamente lento, ma avrebbe costretto Grace a scegliere tra lasciarlo andare e seguirlo,
abbandonando cos il territorio che le era stato assegnato in un momento in cui una diserzione poteva
comportare una grave battuta darresto rispetto a tempistiche ben definite. Avrebbe piegato a nord

dellalbergo, cio verso la base pi vicina. Dove il nemico era riparato, si era nuovamente trincerato
e avrebbe atteso la primavera in vista dellultimo, definitivo assalto.
Era l che era riposta la speranza, l dove si trovava fin dallinizio: sulle spalle degli ignari
bambini soldato che formavano la Quinta Onda.

25
Pi tardi, quella sera destate di due anni prima, Evan e Grace passeggiarono lungo il viale centrale
illuminato a giorno, zigzagando tra la gente in mezzo a due file di baracconi dove si potevano
lanciare anelli, tirare freccette e tentare canestri. La musica usciva a tutto volume dalle casse montate
sui pali dellelettricit, sotto le quali ribolliva il suono di mille conversazioni, una specie di corrente
a livello del fondale, e anche il flusso della folla ricordava un fiume che mulinava e vorticava,
rapido qui, languido l. Slanciati, atletici e belli da lasciare a bocca aperta, Evan e Grace attiravano
lattenzione dei passanti, il che metteva lui a disagio. Non gli era mai piaciuta la calca: preferiva la
solitudine del bosco e dei campi della fattoria di famiglia, uninclinazione che gli sarebbe tornata
utile a tempo debito, con lavvio della fase di epurazione.
Gi, il tempo. Seppure con una gradualit impercettibile allocchio umano, le stelle sopra la loro
testa si erano accese e ormai erano identiche alle lucine della ruota panoramica che incombeva sul
luna park, lancette dellorologio universale che aveva cominciato a scaricarsi nellistante in cui era
partito. A segnare il tempo insieme a loro cerano i volti della gente di passaggio. Gli unici a non
essere prigionieri degli anni erano Evan e Grace, che avevano conquistato linconquistabile, negato
linnegabile. Lultima stella sarebbe morta, luniverso stesso sarebbe scomparso, ma loro avrebbero
continuato a vivere per sempre.
A cosa stai pensando? chiese Grace.
Il mio spirito non rester sempre nelluomo, perch egli carne.
Come? Intanto sorrideva.
Viene dalla Bibbia.
Lei spost la tigre di peluche sullaltro lato in modo da potergli prendere la mano. Non essere
lugubre. una notte bellissima e non ci rivedremo finch non sar tutto finito. Il tuo problema che
non sai vivere nel presente.
Tirandolo, lo port dalla via principale alla zona in ombra tra due tendoni e l lo baci,
spingendosi forte contro il suo corpo. Qualcosa dentro Evan si schiuse. Lei entr in lui e il terribile
senso di solitudine che laveva accompagnato fin dal suo risveglio si attenu.
Grace si ritrasse. Aveva le guance arrossate, gli occhi accesi da un fuoco pallido. Ogni tanto mi
capita di pensarci. Alla prima volta che uccider qualcuno. A come sar.
Lui annu. Anche a me. Di solito, per, mi capita di pensare allultima.

26
Lasci la statale e tagli per i campi, attraversando desolati viottoli di campagna, fermandosi a
riempire la borraccia con lacqua di un ruscello gelido e orientandosi con la Stella Polare alla
maniera degli antichi. Le ferite lo costringevano a riposarsi spesso e ogni volta la vedeva in
lontananza. Grace non si prendeva la briga di nascondersi: voleva sapesse che era l, appena oltre la
portata del fucile. Allalba aveva gi raggiunto la Statale 68, la pi importante fra le strade che
collegavano Huber Heights e Urbana. In una piccola macchia di alberi lungo la via, raccolse la legna
necessaria ad accendere un fuoco. Gli tremavano le mani. Si sentiva la febbre. Aveva paura che gli si
fossero infettate le ustioni. Il suo organismo era stato potenziato, ma cera comunque il rischio che
raggiungesse il punto di non ritorno. La caviglia si era gonfiata fino a diventare il doppio del
normale, la pelle scottava e il punto lesionato pulsava a ogni battito del cuore. Decise di passare l
un giorno, magari due, e tenere acceso il fuoco.
Un faro per attirarli e usarli. Se cerano. Se potevano essere attirati.
Davanti a lui, la strada. Dietro di lui, il bosco. Sarebbe rimasto allo scoperto. Grace si sarebbe
tenuta tra gli alberi. Avrebbe aspettato con lui. Fuori dal territorio a lei assegnato, ormai pienamente
coinvolta, senza modo di fare retromarcia.
Si scald davanti al fuoco. Grace non lo accese. A lui, luce e calore. A lei, buio e freddo. Evan si
scroll di dosso il giubbotto, si sfil il maglione, si tolse la camicia. Le ustioni stavano gi facendo
la crosta, ma avevano cominciato a prudergli terribilmente. Per distrarsi, si fabbric una stampella
nuova con un ramo recuperato nel bosco.
Chiss se Grace si sarebbe arrischiata a dormire. Sapeva che le forze di lui aumentavano di ora in
ora e che pi aspettava pi le sue probabilit di avere la meglio calavano.
La vide a met pomeriggio del secondo giorno, unombra tra le ombre, mentre raccoglieva altra
legna per il fuoco. Ferma in mezzo agli alberi a una cinquantina di metri di distanza, reggeva un fucile
di precisione a lunga gittata, con una benda insanguinata avvolta intorno alla mano e unaltra intorno
al collo. Nellaria sottozero sembrava che la sua voce potesse propagarsi in tutto luniverso.
Perch non mi hai finita, Evan?
L per l lui non rispose. Continu a raccogliere rametti per il faro. Pensavo di averlo fatto disse
dopo un po.
No. Non ci credo.
Magari sono stanco di uccidere.
Che significa?
Lui scosse la testa. Non capiresti.
Chi Cassiopea?
Evan si alz in piedi. L in mezzo agli alberi e sotto una coltre di nuvole grigio ferro, la luce era
debole. Ci nonostante, vedeva la posa cinica delle labbra di Grace e il fuoco azzurro chiaro dei
suoi occhi.
Una che si alzata quando chiunque altro sarebbe rimasto a terra disse. Una a cui non riuscivo
a smettere di pensare nemmeno quando ancora non sapevo chi fosse. Lultima, Grace. Lultimo essere
umano sulla Terra.
Segu un lungo silenzio. Lui rimase dovera. Lei rimase dovera.
Sei innamorato di unumana. La voce di Grace traboccava di stupore. E poi lovvio: Non
possibile.

Pensavamo la stessa cosa dellimmortalit.


come se uno di loro si innamorasse di una lumaca di mare. Ora sorrideva. Sei pazzo. Ti sei
bevuto il cervello.
S.
Le volt la schiena, invitando il proiettile. Era pazzo, daccordo, e la pazzia aveva in dotazione
unarmatura.
Non pu essere! gli grid dietro Grace. Perch non mi dici cosa succede davvero?
Evan si ferm. I rami finirono sul suolo ghiacciato. La stampella vacill e cadde. Lui ruot il capo
senza per girarsi del tutto.
Mettiti al riparo, Grace mormor.
Le dita di lei si contrassero sul grilletto. A dei normali occhi umani sarebbe potuto sfuggire. A
quelli di Evan no. Altrimenti? chiese Grace. Mi aggredisci di nuovo?
Lui fece cenno di no. Non ho nessuna intenzione di aggredirti, io. Loro s.
Grace lo guard inclinando la testa come luccello che lo osservava dallalbero quando si era
risvegliato nellaccampamento.
Sono arrivati disse Evan.
Il primo proiettile la centr nella parte alta della coscia. Grace barcoll allindietro, ma rimase in
piedi. Il colpo successivo le si conficc nella spalla sinistra facendole sfuggire di mano il fucile. La
terza pallottola, molto probabilmente sparata da unaltra persona, fin nellalbero accanto a Evan,
mancandogli la testa di pochi millimetri.
Grace si tuff a terra.
Evan cominci a correre.

27
Correre era una parola grossa. Pi che altro cominci a saltellare in maniera frenetica, facendo
fare un giro ampio alla gamba andata in modo da appoggiare la maggior parte del peso su quella
buona, e ogni volta che il tallone toccava terra gli esplodevano davanti girandole di luce accecante.
Super il fuoco ormai ridotto a brace, il faro rimasto acceso per due giorni, il cartello Siamo qui!
appeso nel bosco. Non si ferm nemmeno a recuperare il fucile; non aveva intenzione di difendere il
territorio. Sarebbe stata Grace il bersaglio di quella pattuglia di due, o forse pi, reclute. Sperava
fossero di pi. Cos avrebbero tenuto Grace occupata per un bel pezzo.
Quanto mancava? Quindici chilometri? Trenta? Non sarebbe riuscito a mantenere quella velocit,
ma, a patto che continuasse a muoversi, sarebbe dovuto arrivare nei pressi dellalbergo entro lalba
del giorno dopo.
Alle sue spalle, intanto, sentiva risuonare gli spari. Colpi sporadici, non raffiche, dunque Grace
stava procedendo con metodo. Probabilmente i soldati indossavano il visore, il che riequilibrava un
po le forze in campo. Non molto, ma un po.
Lasci perdere ogni cautela e, presa la statale, si affrett restando nel bel mezzo della strada, una
figura solitaria sotto limmensit di un cielo di piombo. Uno spaventoso stormo di corvi da un
migliaio di esemplari gli sfrecci sopra la testa e cambi rotta, dirigendosi a nord. Evan continu a
camminare, grugnendo per il dolore, ogni passo una lezione, ogni fitta un promemoria. La febbre gli
era schizzata alle stelle, i polmoni gli bruciavano, il cuore gli martellava nel petto. Lo sfregamento
dei vestiti fece aprire le croste, ancora fragili, e ben presto Evan inizi a sanguinare. Il sangue gli
appiccic la camicia alla schiena, gli inzupp i jeans. Stava spingendo troppo, lo sapeva. Rischiava
di mandare in tilt il sistema installato per garantire al suo fisico una resistenza sovrumana.
Collass quando, sotto la cupola del cielo, collass il sole. Fu una specie di caduta al rallentatore:
prima incespic, poi piomb gi sulla spalla e infine rotol sul bordo della strada, dove si ferm
disteso sulla schiena, a braccia aperte, intorpidito dalla vita in gi, in preda a un tremore
incontrollabile, rovente nellaria gelida. Loscurit si srotolava sulla superficie terrestre ed Evan
Walker precipit nelle viscere tenebrose del globo finendo in una stanza segreta inondata di luce, e la
fonte di quella luce era il viso di Cassie, e lui non sapeva spiegarselo, non sapeva spiegarsi come
facesse il viso di Cassie a illuminare quel posto tetro dentro di lui. Sei pazzo. Ti sei bevuto il
cervello. Il dubbio in effetti gli era venuto. Aveva combattuto per tenerla in vita anche se poi ogni
notte la lasciava per uccidere gli altri. Che senso aveva salvare una persona quando il mondo
sarebbe morto? Cassie illuminava il buio: la sua vita era la lampada, lultima stella in un universo
morente.
Sono lumanit aveva scritto. Egocentrica, testarda, sentimentale, infantile, vanesia. Sono
lumanit. Cinica, ingenua, gentile, crudele, morbida come velluto, dura come acciaio al tungsteno.
Si doveva rialzare. Se non ci fosse riuscito, quella luce si sarebbe spenta. Il mondo sarebbe stato
inghiottito da un buio opprimente. Ma latmosfera nella sua interezza lo schiacciava e lo teneva gi,
cinque biliardi di tonnellate di forza spezzaossa.
Il sistema era andato in tilt. Sollecitata oltre il limite, la tecnologia aliena che era stata installata
nel suo corpo umano quando aveva tredici anni aveva ceduto. Ora non cera pi niente a sostenerlo o
proteggerlo. Pieno di ustioni e fratture, il suo organismo non era diverso da quello della sua preda di
un tempo. Fragile. Delicato. Vulnerabile. Solo.
Non era uno di loro. Era in tutto e per tutto uno di loro. Interamente Altro. Pienamente umano.

Si gir su un fianco. Aveva i crampi alla schiena. Gli fin in bocca del sangue. Lo sput.
Sullo stomaco. Poi sulle ginocchia. Poi ancora sulle mani. I gomiti tremarono, i polsi minacciarono
di piegarsi sotto il suo peso. Egocentrica, testarda, sentimentale, infantile, vanesia. Sono lumanit.
Cinica, ingenua, gentile, crudele, morbida come velluto, dura come acciaio al tungsteno.
Sono lumanit.
Avanz carponi.
Sono lumanit.
Cadde.
Sono lumanit.
Si rialz.

28
Uneternit dopo, dal suo nascondiglio sotto il cavalcavia della statale, Evan osserv la ragazza dai
capelli scuri attraversare svelta il parcheggio dellalbergo, imboccare la rampa di accesso della
Statale 68, percorrere qualche centinaio di metri in direzione nord, poi fermarsi accanto a un SUV per
guardare ledificio alle sue spalle. Segu il suo sguardo: puntava a una finestra del primo piano, dove
per un istante si intravide una sagoma.
Efemera.
La ragazza dai capelli scuri svan tra gli alberi che fiancheggiavano la strada. Dire perch se ne
fosse andata e dove fosse diretta era impossibile. Forse il gruppo si stava dividendo avrebbe
aumentato leggermente le probabilit di sopravvivenza o forse aveva mandato lei alla ricerca di un
nascondiglio pi sicuro in cui passare linverno. In ogni caso, aveva la sensazione di averli trovati
giusto in tempo.
La ragazza dai capelli scuri era sola, quindi dentro cerano almeno altre quattro persone, quelle
che aveva visto di guardia alle finestre. Non sapeva se erano reduci dallesplosione. Non era
nemmeno sicuro che fosse di Cassie la sagoma che aveva visto oltre il vetro.
Comunque non aveva importanza. Aveva fatto una promessa. Doveva entrare.
Non poteva andare da loro come se nulla fosse. La situazione era complicata da troppe incognite.
E se, anzich Cassie, ci fosse stata una squadra di soldati della Quinta Onda rimasta isolata quando
era esplosa la base, tipo quella che aveva lasciato alle cure di Grace? Sarebbe morto senza aver
avuto il tempo di fare cinque passi. Daltronde, se anche Cassie fosse stata con un gruppo di
superstiti, non sarebbe cambiato molto: probabilmente lavrebbero eliminato prima di rendersi conto
di chi era.
Entrare in quel momento poneva una serie di rischi. Non sapeva quante persone ci fossero. Non
sapeva se sarebbe riuscito a gestire quattro, ma forse neanche due, ragazzini armati di tutto punto e
dal grilletto facile carichi di adrenalina e pronti a far fuori qualunque cosa si muovesse. Il sistema
che potenziava il suo corpo era andato in tilt. Io sono umano aveva detto a Cassie. Adesso era pi
che mai vero.
Stava ancora soppesando le alternative quando nel parcheggio comparve una figuretta. Una recluta
con indosso la mimetica della Quinta Onda. Non Sam Sam portava la tuta bianca dei nuovi arrivati
e di chi non aveva let per combattere ma comunque piccola. A occhio e croce, sei o sette anni.
Fece la stessa strada della ragazza dai capelli scuri, compresa la sosta accanto al SUV per guardare
lalbergo. Stavolta alla finestra non si intravide nessuna sagoma: chiunque fosse, la persona di prima
non cera pi.
Erano gi due. Stavano abbandonando lalbergo uno alla volta? Dal punto di vista tattico, poteva
avere senso. Doveva quindi limitarsi ad aspettare che Cassie uscisse anzich rischiare la vita
entrando?
Intanto, alte nel cielo, le stelle giravano segnando il tempo agli sgoccioli.
Fece per alzarsi, poi si ributt gi. Dallalbergo usc una terza figura, piazzata molto meglio di
quella precedente, un ragazzino con il testone e un fucile in spalla. Tre, dunque, e nessuno di loro era
Cassie, Sam o il compagno di liceo di Cassie comera che si chiamava? Ken? A ogni nuova uscita
le probabilit che Cassie non facesse parte di quel gruppo aumentavano. Doveva entrare oppure no?
Il suo istinto gli diceva di s. Era senza risposte, senza armi e, in pratica, senza forze. Listinto era
lunica cosa che gli rimaneva.

Entr.

29
Per pi di cinque anni aveva potuto contare su doni che lo rendevano superiore agli umani
praticamente sotto ogni aspetto. Udito. Vista. Riflessi. Agilit. Forza. Quei doni lavevano viziato. Si
era scordato cosa volesse dire essere normali.
Gli tocc un corso accelerato in quel momento.
Si infil in una delle camere al pianoterra passando per una finestra con il vetro rotto. Zoppiconi,
and alla porta e ci appoggi lorecchio, ma non sent altro che il battito assordante del suo cuore.
Apr con cautela, sgattaiol fuori e si mise in ascolto, aspettando invano che i suoi occhi si
abituassero al buio. Percorse il corridoio e sbuc nellatrio. Il suo respiro che condensava nellaria
gelida; per il resto, silenzio. A quanto pareva, il pianoterra era deserto. Sopra, per, di guardia alla
finestrella del corridoio qualcuno cera: laveva intravisto mentre si avvicinava di soppiatto
alledificio.
Scale. Due rampe. Arriv sul secondo pianerottolo senza fiato per lo sforzo e con la testa che gli
girava dal dolore. In bocca sentiva il gusto del sangue. Non cera luce. Era intrappolato nelloscurit
pi assoluta.
Se dallaltra parte della porta cera solo una persona, aveva qualche secondo. Se ce nera pi di
una, il tempo non faceva differenza: era morto. Listinto gli diceva di aspettare.
Non gli diede retta.
Davanti a lui in corridoio cera un ragazzino dalle orecchie gigantesche che spalanc la bocca per
lo stupore lattimo prima che Evan, premendogli lavambraccio sulla carotide per bloccare lafflusso
di sangue al cervello, lo imprigionasse in una morsa e poi lo trascinasse, mentre si dibatteva, nel
pozzo nero delle scale. Il ragazzino si afflosci prima che la porta si richiudesse.
Evan attese qualche secondo. In corridoio non aveva visto nessun altro e la cattura era stata rapida
e relativamente silenziosa. Poteva volerci un po perch gli altri se ce nerano si accorgessero
che la sentinella era scomparsa. Trascin il corpo privo di conoscenza del ragazzino gi per le scale
e lo infil nello spazietto tra i gradini e il muro. Poi torn su. Scost appena il battente. A met
corridoio si apr una porta e ne sbucarono due figure indistinte. Le vide attraversare il passaggio ed
entrare in unaltra camera. Dopo un attimo ricomparvero e andarono a una nuova porta.
Stavano controllando le stanze. Poi sarebbe stato il turno delle scale. O dellascensore: si era
dimenticato dellascensore. Si sarebbero lasciate cadere gi per la tromba per poi prendere le scale
dal basso?
No. Se sono sole, si divideranno. Una di qua, laltra di l, e poi si rincontreranno nellatrio.
Le guard uscire dallultima camera e andare allascensore, dove la prima tenne aperte le porte e
la seconda si cal gi scomparendo. Quella rimasta faceva fatica a stare in piedi: si teneva la mano
sullo stomaco e grugniva piano per lo sforzo mentre zoppicava verso le scale cercando di non
caricare troppo sul fianco.
Evan aspett. Cinque metri. Tre. Due. Con la destra la figura stringeva il fucile, con la sinistra si
comprimeva il fianco. Fermo dietro la porta, Evan sorrise. Ben. Non Ken. Ben.
Trovato.
Limitarsi a sperare che Ben lo riconoscesse e non gli sparasse allistante era troppo pericoloso.
Usc di scatto e gli diede un pugno allo stomaco con tutta la forza che aveva. Pur senza fiato per la
botta, Ben si rifiut di andare a terra. Barcollando allindietro, sollev il fucile. Evan scagli via
larma e lo colp di nuovo, nello stesso punto, e stavolta a terra Ben ci and eccome, piombando in

ginocchio di fronte a lui. Rovesci la testa allindietro e i loro sguardi si incrociarono.


Lo sapevo che eri un bugiardo disse con voce strozzata.
Dov Cassie?
Evan si inginocchi, lo agguant per la felpa con due mani e avvicin il viso al suo.
Dov Cassie?
Se fosse stato il suo vecchio s, se il sistema non fosse andato in tilt, avrebbe visto la forma
sfocata della lama in arrivo, ne avrebbe sentito il fischio sottilissimo mentre fendeva laria. Invece
non si rese conto del coltello finch Ben non glielo conficc nella coscia.
Cadde allindietro trascinando con s Ben. Mentre questultimo estraeva la lama, Evan lo spinse
via, poi gli blocc il polso con il ginocchio in modo da neutralizzare la minaccia e gli premette forte
le mani sul viso tappando naso e bocca. Il tempo scorreva. Sotto di lui, Ben si dibatteva, tirava calci,
girava la testa da una parte allaltra e, intanto, con le unghie della mano libera cercava di agganciare
il fucile a meno di un centimetro dalla punta delle sue dita. Alla fine il tempo si ferm.
Ben rest immobile ed Evan si lasci cadere al suo fianco boccheggiando, fradicio di sangue e
sudore, con la sensazione che gli stesse per andare a fuoco il corpo. Non ebbe tempo di riprendersi,
per: lungo il corridoio, dallo spiraglio di una porta, un visino a forma di cuore si affacci a
guardarlo.
Sam.
Si alz in piedi, perse lequilibrio, and a sbattere contro il muro, cadde. Si ritir su, ormai certo
che fosse Cassie la persona che si era calata nella tromba dellascensore, ma prima doveva mettere
al sicuro Sam, che per aveva chiuso la porta e gli stava urlando parolacce. Lattimo dopo, mentre lui
afferrava la maniglia, apr il fuoco.
Evan si butt contro la parete l accanto aspettando che Sam svuotasse il caricatore. Quando ci fu
una pausa, non ebbe esitazioni. Doveva bloccarlo prima che ricaricasse larma.
Aveva due possibilit: aprire la porta dandole un calcio con il piede malmesso o appoggiare tutto
il peso su questultimo e tirare il calcio con laltro. Nessuna delle due alternative era il top. Decise
di calciare con il piede rotto: non poteva rischiare di perdere lequilibrio.
Tre calci forti e secchi. Tre calci che gli causarono un dolore mai provato prima. Ma la serratura
cedette di schianto e la porta si spalanc sbattendo dal lato interno. Sbilanciato, Evan piomb in
camera e vide il fratellino di Cassie che, muovendosi allindietro come un gambero, andava verso la
finestra. In qualche modo riusc a restare in piedi; qualcosa lo sostenne e lo spinse verso il bambino
con le mani tese in avanti: Sono qui, ti ricordi di me? Ti ho gi salvato, ti salver ancora.
E poi, alle sue spalle, lultimo essere umano, lultima stella, la ragazza che aveva portato in
braccio per un infinito mare bianco, la cosa per cui era pronto a morire, fece fuoco.
E quando and a segno, il proiettile li colleg come un cordoncino argentato.

Quarta parte

MILIONI

30
Smise di parlare lestate dellepidemia.
Suo padre era scomparso. La loro scorta di candele si stava assottigliando e una mattina lui usc
per cercarne altre. Non torn pi.
Sua madre non stava bene. Le faceva male la testa. Aveva dolori dappertutto. Anche ai denti, gli
diceva. La notte era il momento peggiore. La febbre le schizzava alle stelle. Era un continuo
vomitare. La mattina si sentiva sempre meglio. Magari mi sta passando, buttava l. Si rifiutava di
andare in ospedale. Avevano sentito troppe storie, storie terribili, sugli ospedali, gli ambulatori e i
ricoveri demergenza.
Uno alla volta, i loro vicini avevano levato le tende. I saccheggi stavano aumentando e di notte le
strade pullulavano di bande. Il signore che viveva due case pi in l era stato ucciso con un colpo di
arma da fuoco alla testa perch non aveva voluto cedere parte dellacqua potabile della sua famiglia.
Ogni tanto capitavano nel quartiere sconosciuti che raccontavano storie di terremoti, muri dacqua
alti centocinquanta metri e allagamenti fino a Las Vegas. I morti erano migliaia. Milioni.
Quando sua madre divent troppo debole per scendere dal letto, il piccolino divenne
responsabilit sua. Lo chiamavano cos, ma in realt aveva quasi tre anni. Non lo portare qui, diceva
sua madre. Senn si ammala. Non dava molto da fare. Dormiva un sacco. Giocava poco. Era solo un
bambino: non capiva. A volte chiedeva dovera pap o cosa aveva mamma. Ma perlopi chiedeva da
mangiare.
Stavano esaurendo le provviste di cibo. Ma sua madre non gli permetteva di uscire. troppo
pericoloso. Finisce che ti perdi. Che ti rapiscono. Che ti sparano. Lui controbatteva. Aveva otto anni
ed era ben messo per la sua et, tanto che a scuola lo prendevano di mira con sfott e insulti crudeli
da quando di anni ne aveva sei. Era in grado di cavarsela. Sapeva badare a se stesso. Ma lei non lo
lasciava andare. Io tanto vomito tutto e tu puoi anche buttare gi un po di peso. Non lo diceva con
cattiveria: cercava di metterla sul ridere. Lui, per, non ci trovava niente da ridere.
E cos arrivarono alla loro ultima lattina di zuppa condensata e al loro ultimo pacchetto di cracker
stantii. Scald la zuppa nel camino con un fuoco alimentato da pezzi di mobili rotti e da vecchi
numeri della rivista di caccia del padre. Il piccolino si spazzol i cracker, ma disse che non voleva
la zuppa. Voleva la pasta al formaggio. Non ce labbiamo, la pasta al formaggio. Abbiamo zuppa e
cracker, nientaltro. Il piccolino inizi a piangere e rotolarsi per terra davanti al camino gridando che
voleva la pasta al formaggio.
Lui port una scodella di zuppa alla madre. Aveva la febbre alta. La notte prima aveva cominciato
a vomitare una roba nera e grumosa formata dal rivestimento dello stomaco misto a sangue, cosa che
per allepoca lui non sapeva. Lei lo guard entrare in camera con occhi vitrei, inespressivi, lo
sguardo fisso della Morte Rossa.
Ma che stai facendo? Come se la potessi mangiare. Portala via.
Lui la port via e la mangi in piedi al lavandino di cucina mentre suo fratello si rotolava per terra
gridando e, adesso che il virus le invadeva il cervello, sua madre sprofondava sempre pi
nellalienazione. Nelle ultime ore sarebbe scomparsa. La sua personalit, i suoi ricordi, la sua
coscienza di s si sarebbero arresi al corpo. Fin la zuppa ormai tiepida e poi lecc ben bene la
scodella. Il giorno dopo sarebbe uscito. Non cera pi cibo. Avrebbe detto a suo fratello di non
muoversi per nessuna ragione e non sarebbe rientrato finch non avesse trovato da mangiare per tutti.
Sgattaiol fuori di mattina. Cerc in negozi e supermercati in stato di abbandono. Cerc in

ristoranti e fast food depredati. Trov cassonetti puzzolenti di frutta e verdura marce e traboccanti di
sacchi della spazzatura strappati in cui, prima delle sue, avevano gi rovistato molte altre mani. A
pomeriggio ormai inoltrato lunica cosa commestibile che era riuscito a scovare bastava giusto per
un boccone: una merendina grande quanto un palmo, ancora nellinvolucro di plastica, sotto uno
scaffale vuoto presso un distributore di benzina. Era gi tardi; il sole stava calando. Decise di tornare
indietro e riprovare la mattina dopo. Magari, merendine o no, nascosto o perso cera dellaltro:
doveva guardare meglio.
Quando arriv a casa, trov la porta dingresso accostata. Si ricordava di essersela chiusa alle
spalle perci cap subito che cera qualcosa che non andava. Corse dentro. Chiam il fratello. And
di stanza in stanza. Guard sotto i letti, dentro gli armadi e nelle macchine parcheggiate fredde e
inutili in garage. Sua madre lo costrinse a raggiungerla in camera. Dovera andato? Il piccolino non
la smetteva di piangere. Lui le chiese dovera e lei, brusca, rispose: non lo senti?
Ma lui non sentiva niente.
Usc e si mise a chiamarlo per nome. Controll in giardino, and alla casa dei vicini e buss alla
porta. Buss a ogni porta lungo la strada. Non rispose nessuno. O erano troppo spaventati per
affacciarsi, o erano malati, morti o anche solo partiti. Percorse diversi isolati prima in una direzione
e poi nellaltra, gridando il nome del fratello fino a diventare rauco. Unanziana usc barcollante sul
portico e gli strill di andarsene; aveva unarma. Torn a casa.
Il piccolino era sparito. Decise di non dirlo alla madre. Tanto cosa poteva farci? Non voleva che
desse la colpa a lui. Avrebbe potuto portarlo con s, ma pensava che lasciarlo a casa fosse pi
sicuro. Casa il posto pi sicuro del mondo.
Quella notte sua madre lo chiam. Dov il mio piccolino? Le disse che stava dormendo. Era la
notte peggiore in assoluto. Fazzoletti intrisi di sangue appallottolati sul letto. Altri ammassati sul
comodino, sparsi sul pavimento.
Portami il mio piccolino.
Sta dormendo.
Voglio vedere il mio piccolino.
Rischi di farlo ammalare.
Lo maledisse. Gli url di andare allinferno. Gli sput addosso muco sanguinolento. Lui rimase
sulla soglia, muovendo nervosamente le mani in tasca, e linvolucro della merendina scricchiol, la
plastica danneggiata dal caldo.
Dove sei stato?
A cercare da mangiare.
Ebbe un conato. Non pronunciare quella parola!
Lo guard con occhi rossi e iniettati di sangue.
E perch sei stato a cercare da mangiare? Non hai bisogno di mangiare. Sei la pi disgustosa palla
di lardo che abbia mai visto. Potresti arrivare fino allinverno solo con il grasso che hai sulla pancia.
Lui rimase in silenzio. Sapeva che era la malattia a parlare, non sua madre. Sua madre gli voleva
bene. Quando le prese in giro dei compagni erano peggiorate, era andata dal direttore per dirgli che,
se non avesse messo fine a quelle angherie, avrebbe fatto causa alla scuola.
Cos questo rumore? Questo rumore terribile?
Lui rispose che non sentiva niente. Lei si arrabbi moltissimo. Ricominci a maledirlo e gli
schizzi di saliva e sangue arrivarono fino alla testiera del letto.
Sei tu che lo fai. Con cosa stai giocherellando l in tasca?
Non aveva modo di evitarlo. Doveva fargliela vedere. Quando estrasse la merendina, lei gli url

di metterla via e non tirarla mai pi fuori. Non cera da stupirsi che fosse cos grasso. Non cera da
stupirsi che suo fratello morisse di fame mentre lui si ingozzava di merendine e caramelle e pasta al
formaggio. Che razza di mostro era a mangiare tutta la pasta al formaggio di suo fratello?
Cerc di difendersi. Ma ogni volta che apriva bocca, lei gli strillava di stare zitto, zitto, zitto. La
sua voce le dava il voltastomaco. Lui le dava il voltastomaco. Era stato lui. Era stato lui a fare del
male al padre, lui a fare del male al fratello e sempre lui a fare del male a lei, a farla ammalare, ad
avvelenarla: ecco, s, la stava avvelenando.
E ogni volta che lui cercava di rispondere, lei gli gridava contro. Zitto, zitto, zitto.
Mor due giorni dopo.
Lui la avvolse in un lenzuolo pulito e la port in giardino. Annaffi il corpo con il liquido che un
tempo il padre usava per accendere la carbonella e gli diede fuoco. Finito con quello, bruci tutta la
biancheria del letto. Per una settimana aspett che il fratello tornasse, cosa che non avvenne. Lo
cerc, e cerc anche da mangiare. Trov da mangiare, ma non il fratello. Smise di chiamarlo. Smise
di parlare. Rest, semplicemente, zitto.
Un mese e mezzo dopo stava camminando lungo una statale punteggiata di veicoli in panne e
rottami di macchine, camion e moto quando vide in lontananza del fumo nero e, dopo pochi minuti, la
fonte di quel fumo, uno scuolabus giallo pieno di bambini. A bordo cerano dei soldati e i soldati gli
chiesero come si chiamava e di dovera e quanti anni aveva, e poi si ricordava di essersi messo le
mani in tasca per lagitazione e di aver trovato la vecchia merendina, ancora nellinvolucro.
Palla di lardo. Fino allinverno solo con il grasso che hai sulla pancia.
Che coshai, ragazzo? Non sei buono a parlare?
Al sergente istruttore giunse voce del suo arrivo al campo con solo i vestiti che aveva indosso e
una merendina in tasca. Prima di sentire quella storia, lo chiamava Cicciobombo. Dopo aver sentito
quella storia, lo ribattezz Poundcake, come la torta.
Mi piaci, Poundcake. Mi piaci perch sei un talento naturale, a sparare. Scommetto che sei
schizzato fuori da mammina tenendo di qua una pistola e di l una ciambella. Mi piaci perch hai la
faccia di Taddeo e il cuore di Mufasa, porca vacca. E, soprattutto, mi piaci perch non parli. Nessuno
sa da dove vieni, che hai fatto, cosa pensi e come stai. Non lo so e me ne sbatto, cazzo, e mi sa che te
ne sbatti pure te. Sei un assassino muto e freddo come il ghiaccio, uscito dalle tenebre con un cuore
di tenebra, non cos, soldato Poundcake?
No, non era cos.
Non ancora.

Quinta parte

IL PREZZO

31
La prima cosa che volevo fare quando si fosse svegliato era ucciderlo.
Se si fosse svegliato.
Dumbo aveva i suoi dubbi. messo male ha detto dopo avermi aiutata a spogliarlo e aver dato
una bella occhiata al danno. Ferita da taglio a una gamba, ferita da arma da fuoco allaltra, ustioni
dappertutto, ossa rotte, febbre alta e tremori: nonostante la montagna di coperte, Evan era scosso da
brividi cos violenti che pareva stesse vibrando il letto.
Setticemia ha mormorato Dumbo. Poi, vedendo che lo fissavo come unebete, ha aggiunto:
quando linfezione ti passa nel sangue.
Cosa facciamo? ho chiesto.
Antibiotici.
Che non abbiamo.
Mi sono seduta sullaltro letto. Sam si spostato verso il fondo stringendo la pistola scarica. Si
rifiutava di lasciarla. Ben, appoggiato al muro, teneva in braccio il fucile e guardava Evan
circospetto, come se fosse sicuro che da un momento allaltro sarebbe saltato su e avrebbe
nuovamente tentato di ucciderci.
Non aveva scelta gli ho detto. Non poteva mica presentarsi in piena notte contando sul fatto che
nessuno gli sparasse
Voglio sapere dove sono Poundcake e Teacup ha sibilato lui digrignando i denti.
Dumbo gli ha suggerito di mettersi seduto. Aveva cambiato la fasciatura, ma la perdita di sangue
era stata notevole. Ben lha zittito con un gesto. Si spinto via dal muro, andato zoppicando al letto
di Evan e gli ha rifilato un manrovescio.
Svegliati! Ciaf. Svegliati, figlio di puttana!
Mi sono alzata di scatto e lho afferrato per il polso prima che lo colpisse ancora.
Ben, non serve a
Daccordo. Si liberato con uno strattone e si diretto alla porta. Li trovo da solo.
Zombi! ha strillato Sam. balzato in piedi e lha raggiunto. Vengo anchio!
Piantatela, tutti e due ho sbottato. Nessuno va da nessuna parte finch non
Cosa, Cassie? ha gridato Ben. Finch non cosa?
Ho aperto la bocca, ma non sono riuscita a spiccicare parola. Sam stava tirando Ben per il
braccio: Andiamo, Zombi!. Un bambino di cinque anni che brandisce una pistola scarica: ecco una
bella metafora.
Ben, stammi a sentire. Mi stai a sentire s o no? Esci ora
Io sto uscendo ora
e c il caso che perdiamo anche te! ho finito alzando il volume. Non sai cos successo l
fuori. Magari Evan li ha stesi come ha fatto con te e con Dumbo, ma magari no, magari stanno
tornando in questo istante e uscire solo un rischio stupido
Risparmiami le lezioncine sui rischi stupidi. So gi tutto sui
A quel punto ha ondeggiato. sbiancato ed caduto in ginocchio mentre Sam lo teneva inutilmente
per la manica. Io e Dumbo labbiamo tirato su e portato al letto vuoto, dove si lasciato andare
inveendo contro di noi, contro Evan Walker e contro tutta quanta quella situazione di merda. Dumbo
mi guardava come un cerbiatto davanti ai fari di unauto in corsa, unespressione tipo Tu hai una
soluzione, vero? Tu sai cosa fare, vero?.

Sbagliato.

32
Ho tirato su il fucile di Dumbo e glielho sbattuto sul petto.
Siamo ciechi. Scale, le due finestre del corridoio, stanze a est, stanze a ovest, spostati da un punto
allaltro e tieni gli occhi aperti ho detto. Io rimango qui con i maschi alfa a cercare di impedire che
si ammazzino a vicenda.
Dumbo annuiva come se capisse, ma non si schiodava. Gli ho messo le mani sulle spalle e lho
guardato fisso negli occhi tremolanti. Muoversi, Dumbo. Ricevuto? Muoversi.
Ha fatto un s secco con la testa, tipo sparacaramelle PEZ umano, ed uscito di camera tutto mogio.
Andarsene era lultima cosa che aveva voglia di fare, ma ormai era da parecchio che si trovava in
quella condizione, la condizione di fare lultima cosa che aveva voglia di fare.
Alle mie spalle, Ben stava mugugnando: Perch non lhai preso in testa? Perch al ginocchio?.
Per la legge del contrappasso ho mormorato. Mi sono seduta accanto a Evan. Gli vedevo
guizzare gli occhi dietro le palpebre. Lavevo creduto morto. Gli avevo detto addio. Adesso era l
vivo e cera il rischio che non riuscissi nemmeno a dirgli ciao. Siamo solo a cinque chilometri da
Camp Haven, Evan. Perch ci hai messo cos tanto?
Non possiamo rimanere qui ha decretato Ben. Ho fatto male a mandare avanti Ringer da sola.
Lo sapevo che non ci dovevamo dividere. Domattina alziamo i tacchi.
In che modo? ho chiesto. Sei ferito. Ed Evan
La cosa non lo riguarda ha ribattuto. Be, per te s, immagino
grazie a lui che sei qui libero di rompere, Parish.
Non sto rompendo.
S invece. Stai rompendo come la principessa sul pisello.
Sammy scoppiato a ridere. Che ricordassi, non succedeva da quando era morta mamma. Mi ha
fatto fare un balzo, quasi mi fossi imbattuta in un lago in mezzo al deserto.
Cassie ti ha dato della principessa sul pisello lha informato Sam nel caso gli fosse sfuggito.
Ben lha ignorato. Prima non cera e dovevamo aspettarlo, ora c e siamo comunque intrappolati
qui. Fai quello che ti pare, Sullivan. Domattina io me ne vado.
Anchio! ha gridato Sams.
Ben si alzato, rimasto un attimo fermo sbilenco accanto al letto per riprendere fiato e poi si
avviato alla porta. Sam lha seguito. Non ho nemmeno provato a trattenerli. A che pro? Ben ha
scostato il battente e a mezza voce ha urlato a Dumbo di non sparargli: stava uscendo per aiutarlo.
Poi io ed Evan ci siamo ritrovati soli.
Mi sono spostata sul letto appena lasciato da Ben. Conservava ancora il calore del suo corpo. Ho
preso lorsacchiotto di Sam e me lo sono messo in grembo.
Mi senti? gli ho chiesto. A Evan, non allorsacchiotto. Direi che adesso siamo pari, no? Tu mi
hai sparato al ginocchio, io ti ho sparato al ginocchio. Tu mi hai vista a culo nudo, io ti ho visto a
culo nudo. Tu hai pregato per me, io
La camera si sfocata. Ho afferrato Orso e lho usato per dare una botta sul petto a Evan.
E poi cosera quel giubbotto ridicolo che avevi indosso? Le teste di serie, come no. Le teste di
rapa, semmai. Lho colpito di nuovo. Testa di rapa. Ancora. Testa di rapa. Ancora. E adesso
hai intenzione di schiattarmi davanti? Eh?
Le sue labbra si sono mosse e ne uscita lentamente una parola, come aria che esce da una gomma.
Efemera.

33
Ha aperto gli occhi. Quando mi tornato in mente che scrivendo li avevo paragonati a caldo
cioccolato fuso, dentro di me partito un oddio. Perch mi faceva quelleffetto? Non ero io,
quella. Perch avevo lasciato che mi baciasse e coccolasse e pi in generale mi gironzolasse intorno
come un cucciolo alieno triste e smarrito? Chi cavolo era? Da che versione distorta della realt si
era trasportato nella mia personale versione distorta della realt? Non cera niente che quadrasse.
Niente che avesse senso. Okay, forse il suo ipotetico amore per me era paragonabile al mio ipotetico
amore per uno scarafaggio, ma come definire le reazioni che mi scatenava? Come?
Se non stessi morendo e bla bla bla, ti direi di andare al diavolo.
Non sto morendo, Cassie. Palpebre sfarfallanti. Faccia sudata. Voce tremante.
Okay, allora vai al diavolo. Mi hai lasciata, Evan. Al buio, di colpo, e poi mi hai fatto saltare in
aria la terra sotto i piedi. Avresti potuto ucciderci tutti quanti. Mi hai abbandonata proprio
quando
Sono tornato.
Ha allungato la mano. Non mi toccare. Ora basta con i tuoi inquietanti trucchetti fondimente da
vulcaniano.
Ho mantenuto la promessa ha sussurrato.
Be, che rispostaccia avevo per quello? Era stata proprio una promessa a portarmi da lui
allinizio. Certo che era davvero strano ritrovarsi a ruoli invertiti. La sua promessa al posto della
mia. Il mio proiettile al posto del suo. Persino lo spogliarci a vicenda perch non cera altra scelta:
aggrapparsi al pudore dopo lavvento degli Altri era come sacrificare una capra per far piovere.
Per poco non ti beccavi una pallottola in testa, imbecille gli ho detto. Non ti venuto in mente
che potevi gridare su per le scale: Ehi, sono io! Non sparate!?
Ha scosso il capo. Troppo pericoloso.
Oh, giusto. Molto pi pericoloso che rischiare un buco in fronte. Dov Teacup? E Poundcake?
Ha scosso di nuovo il capo. Chi?
La bambina che se l svignata per la statale. Il ragazzino che le corso dietro. Devi averli visti
per forza.
A quel punto ha annuito. Sono andati a nord.
Be, lo so anchio da che parte sono andati
Non li seguire.
Al che mi sono bloccata. Scusa?
Non sicuro.
Non esistono posti sicuri, Evan.
Aveva gli occhi mezzi rovesciati allindietro. Stava per svenire. C Grace.
Che hai detto? Grace? Grace chi? Che significa C Grace?
Grace ha mormorato, e poi ha perso i sensi.

34
Sono rimasta con lui fino allalba, seduta al suo fianco come lui sedeva al mio alla fattoria. Mi ci
aveva portata contro la mia volont e poi la mia volont aveva portato lui l, il che forse voleva dire
che eravamo luno dellaltra. Oppure che eravamo, pi semplicemente, in debito luno con laltra. A
ogni modo, i debiti non si ripagano mai del tutto, non per davvero, non quelli che contano sul serio.
Sei stata tu a salvare me mi aveva detto, e allepoca non avevo capito a cosa alludesse. Era stato
prima che mi raccontasse chi era realmente, e poi avevo pensato che intendesse che lavevo salvato
dalla storiaccia delle stragi e del genocidio umano. Ora invece cominciavo a pensare che intendesse
che lavevo salvato non da qualcosa, bens per qualcosa. La parte difficile, quella senza risposta,
quella che mi spaventava a morte, era cosa mai fosse quel qualcosa.
Si lamentava nel sonno. Conficcava le unghie nelle coperte. Delirava. Ci sono passata anchio,
Evan. Gli ho preso la mano. Piena di ustioni, lividi e fratture, e io mi ero chiesta perch ci avesse
messo cos tanto a trovarmi? Probabilmente era arrivato strisciando. Scottava e aveva il viso lucido
di sudore. Per la prima volta mi sono resa conto che poteva morire, e per giunta di l a poco, dopo
essere tornato dal mondo dei morti.
Te la caverai gli ho detto. Devi. Promettimelo, Evan. Promettimi che te la caverai.
Promettimelo.
Poi ho un tantino esagerato. Ho cercato di trattenermi. Non ci sono riuscita.
Cos si completer il cerchio e ne saremo fuori; ne saremo fuori tutti e due, sia io che te. Tu hai
sparato a me e io sono sopravvissuta. Io ho sparato a te e tu sopravvivi. Capito? cos che funziona.
Chiedilo a chi vuoi. In pi considera che sei Mister Diecimillenni, il supereroe scelto dal destino per
salvare noi poveri umani dallorda intergalattica. il tuo compito. La cosa per cui sei nato. O sei
stato allevato. Quel che , insomma. Sai, come piano per la conquista del mondo il vostro fa piuttosto
schifo. passato quasi un anno e noi siamo ancora qui, e chi quello cappottato come un insetto con
la bava sul mento?
In effetti un filino di bava sul mento ce laveva. Glielho asciugato tamponandolo con un angolo
della coperta.
La porta si aperta ed entrato il buon vecchio Poundcake. Dietro di lui, Dumbo, con un sorriso
da orecchio a sventola a orecchio a sventola, poi Ben e infine Sam. Infine nel senso che Teacup non
cera.
Come sta? ha chiesto Ben.
Scotta ho risposto. Prima delirava. Continuava a parlare di una certa Grace.
Ben ha aggrottato le sopracciglia. Grace chi?
Magari sua parente ha suggerito Dumbo. Sar morta.
Poundcake andato alla finestra e si messo a fissare il parcheggio ghiacciato. Lho seguito con lo
sguardo mentre attraversava la camera con la sua andatura da Ih-Oh, poi mi sono girata verso Ben.
Cos successo?
Non vuole parlare.
Allora costringilo. Sei il sergente, no?
Secondo me, non capace.
Quindi Teacup scomparsa e noi non sappiamo n dove andata n per quale motivo.
Avr raggiunto Ringer ha ipotizzato Dumbo. E Ringer avr deciso di portarla alle grotte senza
sprecare tempo a riaccompagnarla qui.

Ho indicato Poundcake con la testa. E lui dovera?


Lho trovato fuori ha detto Ben.
A far che?
Niente gironzolava.
Gironzolava? Davvero? Vi siete mai chiesti per che squadra gioca Poundcake?
Ben ha scosso il capo con aria stanca. Sullivan, non iniziare
Sul serio. Questa del mutismo potrebbe essere tutta scena. Per non dover rispondere a domande
scomode. E poi calcola che sarebbe furbo piazzare qualcuno in ogni squadra, metti che dopo il
lavaggio del cervello una recluta cominci ad aprire gli occhi
Certo, e prima di Poundcake questo qualcuno era Ringer. Ben stava perdendo la pazienza. Il
prossimo sar Dumbo. Oppure sar io. Quando il tipo che ha ammesso di essere il nemico se ne sta l
a tenerti la mano.
Per la precisione, sono io a tenergli la mano. E lui non il nemico, Parish. Mi sembrava che ne
avessimo gi parlato.
Come facciamo a sapere che non ha ucciso Teacup? Oppure Ringer? Eh, come facciamo?
Oh, santo cielo, guardalo. Non potrebbe uccidere una una Ho cercato di pensare a cosa
avrebbe avuto la forza di uccidere, ma lunica parola che il mio cervello affamato e bisognoso di
sonno riuscita a partorire stata efemera, e sarebbe stata una scelta davvero pessima. Una specie
di malaugurio involontario, se un malaugurio pu essere involontario.
Ben si girato di scatto verso Dumbo, che ha sussultato. Credo preferisse che lira di Ben fosse
diretta ad altri. Si riprender?
Con la punta delle orecchie che virava al rosa shocking, Dumbo ha scrollato la testa. ridotto
male.
Appunto. Quanto male? Quanto ci vorr perch possa viaggiare?
Un po.
Porco cane, Dumbo, quanto?
Un paio di settimane? Un mese? Ha una caviglia rotta, ma non quello il problema. C
linfezione, poi il rischio di cancrena
Un mese? Un mese! Ben scoppiato in una risata per nulla divertita. Prende dassalto questo
posto, mette te fuori gioco, suona me come un tamburo e un paio di ore dopo non si pu muovere per
un mese!
Allora vattene! gli ho gridato dallaltro capo della stanza. Andatevene tutti. Di lui mi occupo
io. Vi seguiremo appena possibile.
La bocca di Ben, fino a quel momento spalancata, si chiusa di botto. Sam stazionava accanto a
lui, un ditino agganciato a un passante della cintura del suo amico grande e grosso. Di fronte a quella
scena qualcosa nel mio cuore ha avuto un piccolo cedimento. Ben mi aveva detto che al campo
chiamavano mio fratello il cane di Zombi perch gli era sempre fedele al fianco.
Dumbo stava annuendo. A me pare ragionevole, sergente.
Avevamo un piano ha detto Ben senza muovere le labbra o quasi. E lo rispetteremo. Se Ringer
non torna entro domani a questora, sloggiamo. Mi ha guardata truce. Tutti quanti. Ha indicato
Poundcake e Dumbo con il pollice. Se ce n bisogno, il tuo ragazzo lo portano loro.
Poi si girato, andato a sbattere contro il muro, rimbalzato tipo pallina da flipper, ha preso la
porta ed uscito barcollando in corridoio.
Dumbo lha seguito. Sergente, dove stai?
A letto, Dumbo, a letto! Mi devo stendere o finisco in terra. Fai tu il primo turno di guardia.

Nugget cio, Sam comunque ti chiami, che stai facendo?


Vengo con te.
Resta con tua sorella. Aspetta. Hai ragione. Ha le mani occupate. Letteralmente. Poundcake! Qui
ci pensa Sullivan. Tu fatti una dormita, brutto muto che non sei
La sua voce si spenta. Dumbo tornato indietro e si fermato ai piedi del letto di Evan.
Il sergente teso ha spiegato come se ce ne fosse bisogno. Di solito piuttosto calmo.
Anchio sono un tipo tranquillo ho detto. Non c problema.
Non se ne voleva andare. Mi guardava con le guance infuocate come le orecchie. Ma davvero il
tuo ragazzo?
Chi? No, Dumbo. solo uno che un giorno ha cercato di uccidermi. Ci siamo conosciuti cos.
Oh. Meno male. Sembrava sollevato. Sai, uguale a Vosch
Non affatto uguale a Vosch.
Nel senso che uno di loro. Ora parlava sottovoce, quasi mi stesse confidando un oscuro
segreto. Zombi dice che non sono degli esserini nel nostro cervello, ma che, non si sa bene come, si
sono scaricati in noi tipo virus del computer.
Gi. Allincirca.
Che strano.
Be, immagino che avrebbero potuto scaricarsi in gatti domestici, ma prendendo quella strada ci
avrebbero messo di pi, a sterminarci.
Mah, forse un mese o due ha detto Dumbo, e io ho riso. Il che mi sorprendeva al pari della risata
di Sammy. Per privare gli umani dellumanit, pensavo, uccidere le risate sarebbe stato un buon
punto di partenza. Non sono mai stata una cima in storia, ma sono abbastanza sicura che i tiranni del
passato non ridessero molto.
Io per ancora non capisco ha continuato lui. Perch uno di loro dovrebbe stare dalla nostra
parte?
Credo che nemmeno lui capisca del tutto la risposta a questa domanda.
Dumbo ha annuito, ha raddrizzato le spalle e ha fatto un bel respiro. Era stanco morto. Lo eravamo
tutti. Lattimo prima che uscisse, lho chiamato piano.
Dumbo. La domanda di Ben, ancora senza risposta. Se la caver?
rimasto a lungo in silenzio. Se fossi un alieno e potessi scegliere qualsiasi corpo ha detto
lentamente ne sceglierei uno bello forte. E poi, giusto per assicurarmi di sopravvivere alla guerra,
lo immunizzerei da ogni virus e batterio terrestre. O perlomeno lo renderei resistente alle malattie.
Un po come vaccinare il cane contro la rabbia.
Ho sorriso. Lo sai, Dumbo, che sei proprio sveglio?
Lui arrossito. Dumbo solo un soprannome dovuto alle orecchie.
Se n andato. Avevo linquietante sensazione di essere osservata. Perch di fatto lo ero:
Poundcake mi fissava dalla sua postazione accanto alla finestra.
E tu? ho detto. Che mi racconti? Perch non parli?
Si voltato e il suo fiato ha appannato la finestra.

35
Cassie! Cassie, svegliati!
Sono scattata a sedere. Testa contro testa, mano nella mano, mi ero raggomitolata vicino a Evan
comera potuto succedere? Sam, in piedi accanto al letto, mi tirava per un braccio.
Alzati, Sullivan!
Non mi chiamare cos, Sams ho borbottato. La luce stava scomparendo dalla stanza: era tardo
pomeriggio. Avevo dormito tutto il giorno. Che?
Si messo un dito sulle labbra e con un altro ha indicato il soffitto. Ascolta.
Lho sentito: il rumore inconfondibile dei rotori di un elicottero, debole ma in aumento. Sono
saltata gi dal letto, ho afferrato il fucile e ho seguito Sam in corridoio, dove Poundcake e Dumbo si
stringevano intorno a Ben, accovacciato come un quarterback che chiama il gioco.
Pu darsi che sia solo una pattuglia stava sussurrando. E che non stia neppure cercando noi.
Quando saltato in aria il campo, cerano due squadre fuori. Potrebbe essere una missione di
soccorso.
Ci rileveranno con il termografo ha fatto notare, in preda al panico, Dumbo. Siamo spacciati,
sergente.
Non detto ha risposto Ben fiducioso. Aveva recuperato un po del suo carisma. Sentito? Sta
diminuendo
Non se lo stava immaginando: il rumore era davvero meno intenso. Bisognava trattenere il respiro
per avvertirlo. Siamo rimasti l in corridoio per dieci minuti, passati i quali era scomparso del tutto.
Poi altri dieci, e non tornato. Ben ha gonfiato le guance e buttato fuori laria.
Siamo salvi, direi
Fino a quando? ha chiesto Dumbo. Non dovremmo passare la notte qui, sergente. Io dico che
meglio andare subito alle grotte.
E rischiare cos di mancare Ringer che rientra? Ben ha scosso la testa. Oppure che lelicottero
torni mentre siamo allo scoperto? No, Dumbo. Atteniamoci al piano.
Si alzato in piedi. Gli caduto locchio su di me. Come va con Buzz Lightyear? Nessun
cambiamento?
Si chiama Evan e no, nessun cambiamento.
Ha sorriso. Non lo so, forse il pericolo imminente lo faceva sentire pi vivo, ragion per cui gli
zombi sono carnivori con ununica portata sul menu. Non si mai sentito di morti viventi vegetariani.
Che divertimento c ad attaccare un piatto di asparagi?
Sams ha ridacchiato. Zombi ha dato al tuo ragazzo dello space ranger.
Non uno space ranger, e poi perch dite che il mio ragazzo?
Il sorriso di Ben si allargato. Come, non il tuo ragazzo? Ma se ti ha baciata
Baciata baciata? ha chiesto Dumbo.
Oh, s. Due volte. Davanti ai miei occhi.
Con la lingua?
Uh. Sammy ha contratto le labbra come se avesse dato un morso a un limone.
Sono armata ho comunicato, scherzando ma non del tutto.
Io, lingue, non ne ho viste ha continuato Ben.
Ti andrebbe? E lho tirata fuori a mo di sberleffo. Dumbo ha sghignazzato. Persino Poundcake
ha sorriso.

stato allora che spuntata la bambina, arrivando in corridoio dalle scale, e da l ogni cosa
diventata molto strana molto in fretta.

36
Maglietta rosa di Hello Kitty sbrindellata e macchiata di fango (ma poteva anche essere sangue).
Calzoncini un tempo beige, forse, e ormai di un bianco sporco. Infradito chiare tutte rovinate, con un
paio di strass testardi ancora attaccati alle fascette. Visino da folletto dominato da occhi enormi e
sormontato da una massa di capelli scuri aggrovigliati. Piccola, allincirca dellet di Sam, anche se,
da tanto era magra, pareva una vecchina.
Nessuno ha detto niente. Eravamo sotto shock. Vederla in fondo al corridoio con quelle ginocchia
ossute, che batteva i denti e tremava per il freddo, stato come veder arrivare al campo profughi gli
scuolabus gialli quando ormai era chiaro che non sarebbero pi esistite scuole. Qualcosa di
semplicemente assurdo.
Poi Sammy ha sussurrato: Megan?.
E Ben ha detto: Chi diavolo Megan?. Ovvero pressappoco quello che pensavano tutti quanti.
Sam partito cos a razzo che nessuno ha avuto il tempo di bloccarlo. A met strada ha rallentato.
La bambina non si mossa. Non ha quasi battuto ciglio. Nella luce calante sembrava che i suoi occhi
risplendessero, brillanti e da uccello, simili a quelli di un gufo rinsecchito.
Sam si voltato a guardarci e ha esclamato: Megan!. Come se stesse dicendo una cosa ovvia.
Megan, Zombi. Era sullo scuolabus con me! Si rigirato verso di lei. Ciao, Megan. Con
naturalezza, come se si fossero dati appuntamento al parco giochi.
Poundcake ha detto Ben sottovoce controlla le scale. Dumbo, occupati delle finestre. Poi
perlustrate il pianoterra insieme. impossibile che sia sola.
A quel punto la bambina ha parlato con una vocetta acuta, lamentosa e stridula che ricordava il
rumore delle unghie su una lavagna.
Mi fa male la gola.
Ha rovesciato gli occhioni allindietro. Le hanno ceduto le ginocchia. Sam corso da lei, ma
arrivato troppo tardi: piombata gi, picchiando la fronte sulla moquette ultrasottile, un secondo
prima che lui la raggiungesse. Siamo andati anche io e Ben, che si subito chinato per tirarla su. Lho
spinto via.
Non devi sollevare pesi lho redarguito.
Ma lei non pesa niente ha protestato.
Lho tirata su io. Non aveva tutti i torti. Megan pesava poco pi di un sacco di farina: oltre a ossa,
pelle, capelli e denti, cera ben poco. Lho portata in camera di Evan, lho adagiata sul letto vuoto e
ho messo sei strati di coperte sul suo corpicino tremante. Poi ho chiesto a Sam di andarmi a prendere
il fucile in corridoio.
Sullivan ha detto Ben dalla porta. Questa storia non quadra.
Ho annuito. Che potesse essere capitata nellalbergo per puro caso era decisamente improbabile,
ma che potesse essere sopravvissuta a quel clima con indosso una simile tenuta estiva era
assolutamente impossibile. Io e Ben stavamo pensando la stessa cosa: venti minuti dopo il passaggio
dellelicottero, ecco apparire sulla nostra soglia la piccola miss Megan.
Non era arrivata l da sola. Era stata consegnata.
Sanno che siamo qui ho detto.
Ma invece di bombardare ledificio, mandano lei. Perch?
Sam tornato con il fucile. Cassie, ti presento Megan. Ci siamo conosciuti sullo scuolabus
mentre andavamo a Camp Haven.

Piccolo il mondo, eh? Lho allontanato dal letto spingendolo verso Ben. Idee?
Lui si grattato il mento. Io mi sono grattata il collo. Ci frullavano in testa troppi pensieri. Io ho
fissato lui che si grattava il mento e lui ha fissato me che mi grattavo il collo, dopodich ha risposto:
Un dispositivo di localizzazione. Le hanno messo un impianto.
Certo. Devessere per questo che lui il capo. luomo dei colpi di genio. Ho passato la mano
sul retro del collo a stecchino di Megan in cerca del rigonfiamento rivelatore. Niente. Ho guardato
Ben e ho scosso la testa.
Sapevano che lavremmo cercato l ha detto spazientito. Controllala. Dappertutto, Sullivan.
Sam, tu vieni con me.
Perch non posso restare? ha piagnucolato lui. Dopotutto aveva appena ritrovato unamica persa
da tempo.
Vuoi vedere una ragazza nuda? gli ha chiesto Ben con una smorfia. Che orrore.
Ha spinto Sam fuori dalla porta ed uscito camminando allindietro. Mi sono stropicciata gli
occhi. Santo cielo. Santissimo cielo. Ho tirato gi le coperte esponendo il suo corpo emaciato alla
luce morente di quella sera di met inverno. Coperta di croste e lividi e piaghe e strati di sporcizia,
ridotta a pelle e ossa dalla tremenda crudelt dellindifferenza e dalla brutale indifferenza della
crudelt, era una di noi ed era tutti noi. Era il capolavoro degli Altri, il loro magnum opus, il passato
e il futuro dellumanit, ci che avevano fatto e ci che promettevano di fare, e ho pianto. Ho pianto
per lei e ho pianto per me e ho pianto per mio fratello e ho pianto per tutti quelli troppo stupidi o
sfortunati per non essere gi morti.
Fattene una ragione, Sullivan. Ora qui e lattimo dopo no, ma era cos anche prima. cos da
sempre. Gli Altri non hanno inventato la morte: lhanno solo perfezionata. Le hanno dato un volto da
mettere al posto del nostro perch sapevano che era lunico modo per schiacciarci. Non finir su un
continente o su un oceano, su una montagna o su una piana, in una giungla o in un deserto. Finir dove
iniziata, dove stata fin dal principio, sul campo di battaglia dellultimo cuore umano in grado di
battere.
Le ho tolto i vestiti sudici e logori. Le ho aperto braccia e gambe mettendola come quel tizio nudo
iscritto nel quadrato e nel cerchio del disegno di Leonardo. Mi sono sforzata di procedere
lentamente, metodicamente, partendo dalla testa e poi scendendo lungo il corpo. Le sussurravo:
Scusami, per favore scusami e intanto premevo, tastavo, sondavo.
Non ero pi triste. Pensavo al dito di Vosch che calava sul tasto che avrebbe fulminato il cervello
di Sam e avevo una tale voglia di assaggiare il suo sangue che mi venuta lacquolina in bocca.
Dici di sapere come pensiamo, no? Allora saprai anche cosa ho intenzione di fare. Ti strapper la
faccia con un paio di pinzette. Ti tirer via il cuore con un ago da cucito. Ti lascer morire
dissanguato dopo averti fatto sette miliardi di taglietti, uno per ciascuno di noi.
il costo. il prezzo. Preparati, perch se a forza di colpi elimini lumanit dagli umani, resti
con umani privi di umanit.
In altre parole, avrai quello che volevi, grandissimo bastardo.

37
Ho chiamato Ben.
Niente ho detto. E ho controllato ovunque.
Anche in gola? ha chiesto in tono calmo. Sentiva la rabbia residua nella mia voce. Aveva capito
che stava parlando con una schizzata e che doveva muoversi con delicatezza. Subito prima di
svenire ha detto che le faceva male la gola.
Ho annuito. Ci ho guardato. Non ha impianti, Ben.
Ne sei proprio sicura? molto strano che una bambina denutrita e mezza assiderata se ne esca
con mi fa male la gola nel momento stesso in cui arriva.
Si avvicinato al letto con grande cautela. Non lo so, magari aveva paura che gli saltassi addosso
in un attimo di furia male indirizzata. Non che sia mai successo nulla del genere. Le ha posato una
mano sulla fronte e con laltra le ha aperto la bocca. Si chinato aguzzando la vista. Non si vede
niente ha borbottato.
Ragion per cui ho usato questa ho detto porgendogli la minitorcia elettrica che Sam aveva
ricevuto in dotazione al campo.
Glielha puntata in gola. parecchio rossa ha commentato.
Esatto. Appunto per questo ha detto che le faceva male.
Ben si grattato il mento ispido, riflettendo sulla questione. Non aiuto o ho freddo, e
nemmeno ogni resistenza vana. Solo mi fa male la gola.
Ho incrociato le braccia. Ogni resistenza vana? Ma sei serio?
Sam gironzolava sulla soglia. Occhioni castani sgranati. Sta bene, Cassie? ha chiesto.
viva ho risposto.
Lha ingoiato! ha esclamato Ben. Rieccolo, luomo dei colpi di genio. Non lhai trovato perch
ce lha nello stomaco!
Quei dispositivi di localizzazione sono grandi quanto un chicco di riso gli ho ricordato. Perch
ingoiarne uno dovrebbe far male alla gola?
Non sto dicendo che colpa del dispositivo se le fa male la gola. La gola non centra niente.
Allora perch ti preoccupa tanto che sia infiammata?
Ecco cos che mi preoccupa, Sullivan. Ce la stava mettendo tutta per rimanere calmo perch
qualcuno doveva provarci. Il fatto che sia comparsa allimprovviso in questo modo potrebbe voler
dire un sacco di cose, e non ce n una bella. Anzi, sono tutte pessime. Pessime e ancora pi pessime
perch non sappiamo il motivo per cui lhanno mandata qui.
Pi pessime?
Ah ah. Lo sportivo idiota che non sa parlare. Lo giuro su Dio, il prossimo che mi corregge la
grammatica si prende un pugno in faccia.
Ho sospirato. La rabbia stava scivolando via: di me non restava che un guscio vuoto ed esangue
dalle fattezze umane.
Ben ha guardato Megan. La dobbiamo svegliare ha deciso dopo un po.
In quellistante sono arrivati Dumbo e Poundcake. Non mi dire ha detto Ben rivolto a
Poundcake, che ovviamente non aveva nessuna intenzione di farlo. Immagino che non avete trovato
niente.
Che non abbiate lha corretto Dumbo.
Ben non gli ha mollato pugni. Ma ha comunque teso la mano. Dammi la borraccia. Ha svitato il

tappo e ha inclinato il contenitore sulla fronte di Megan. Una goccia dacqua rimasta appesa
tremolante allimboccatura per uneternit.
Prima che leternit finisse, si udita una voce roca alle nostre spalle. Se fossi in te, non lo
farei.
Evan Walker si era svegliato.

38
Ci siamo immobilizzati tutti. Anche la goccia dacqua rimasta ferma dovera. Dal suo letto Evan ci
guardava con occhi rossi e febbricitanti, in attesa che qualcuno facesse la domanda pi ovvia. Quel
qualcuno stato Ben: Perch?.
Se la svegliate cos, c il rischio che risucchi aria, e non il caso.
Ben si voltato. Lacqua gocciolata sulla moquette. Di che cavolo stai parlando?
Evan ha deglutito facendo una smorfia per lo sforzo. Aveva il viso bianco come il cuscino. Ha un
impianto, ma non un dispositivo di localizzazione.
Le labbra di Ben si sono strette a formare una linea dura e cerea. Aveva capito prima di noi. Si
girato di scatto verso Dumbo e Poundcake. Fuori. Sullivan, anche tu e Sam.
Io non vado da nessuna parte ho replicato.
Invece dovresti intervenuto Evan. Non so a che livello sia calibrato.
Livello? E calibrato cosa? ho chiesto secca.
Lordigno incendiario attivato dallanidride carbonica. Ha distolto lo sguardo. Quello che
seguiva non era facile da dire. Dal nostro fiato, Cassie.
A quel punto avevamo capito tutti. Ma c una differenza tra capire e accettare. E lidea era
inaccettabile. Malgrado quello che avevamo passato, esistevano ancora cose che le nostre menti si
rifiutavano di prendere in considerazione.
Scendete subito, tutti quanti ha ringhiato Ben.
Evan ha scosso la testa. Non basta. Dovreste andarvene.
Ben ha agguantato Dumbo da una parte e Poundcake dallaltra e li ha scagliati verso la porta. Sam
indietreggiato, finendo in bagno con un pugnetto premuto sulla bocca.
E poi qualcuno dovrebbe aprire quella finestra ha aggiunto Evan in un rantolo.
Ho spinto Sam in corridoio, sono corsa alla finestra e ho cominciato a fare pressione per tirarla su,
ma probabilmente era bloccata dal ghiaccio perch non si muoveva di un millimetro. Ben mi ha
scostata senza tanti complimenti e ha frantumato il vetro con il calcio del fucile. La camera stata
invasa allistante da aria gelida. Poi tornato al letto di Evan e dopo averlo studiato un secondo lha
preso per i capelli e lha sollevato.
Figlio di puttana
Ben! Gli ho messo una mano sul braccio. Mollalo. Non ha
Oh, giusto. Dimenticavo. un perfido alieno buono. Lha lasciato andare. Evan ricaduto gi:
non aveva la forza di stare dritto. Poi Ben lha invitato a fare una cosa anatomicamente impossibile.
Evan ha cercato il mio sguardo. Lordigno in gola. Attaccato appena sopra lepiglottide.
una bomba ha detto Evan con la voce che gli tremava per la rabbia e lincredulit. Hanno
preso una bambina e ci hanno improvvisato una bomba.
Lo possiamo togliere? ho domandato.
Evan ha scosso la testa. E come?
quello che ti ha chiesto, deficiente ha abbaiato Ben.
Lesplosivo collegato a un rilevatore di anidride carbonica fissato alla gola. Se si interrompe il
collegamento, scoppia tutto.
Okay, per non mi hai risposto gli ho fatto notare. Lo possiamo o no togliere senza saltare in
aria?
fattibile

Fattibile. Fattibile. E poi Ben ha cominciato a ridere: una risata strana, simile a un singhiozzo.
Temevo che stesse per dare i proverbiali numeri.
Evan ho detto cercando di usare un tono dolce e pacato. Lo possiamo fare senza Non
riuscivo a finire la frase ed Evan mi ha tolta dallimpaccio.
Le probabilit che non esploda sarebbero molto pi alte se lo faceste.
Se facessimo cosa? Ben faticava a seguirci. Non era colpa sua. Si stava ancora dibattendo in
quella realt inconcepibile come un nuotatore maldestro risucchiato dalla corrente.
Se la uccideste ha spiegato Evan.

39
Io e Ben abbiamo convocato in corridoio unassemblea per decidere come affrontare quellennesima
situazione disperata. Ben ha ordinato a tutti di andare alla tavola calda dallaltra parte del parcheggio
e restare nascosti l finch lui non avesse dato il via libera oppure, a seconda del caso, finch
lalbergo non fosse saltato in aria. Sam si rifiutato. Ben si fatto serio. Sam, a cui erano gi venuti i
lucciconi agli occhi, ha messo il broncio. Ben gli ha ricordato che era un soldato e che i bravi soldati
eseguono gli ordini. E poi, se fosse rimasto l, chi avrebbe protetto Poundcake e Dumbo?
Prima di andarsene, Dumbo ha detto: Sono il medico. Aveva intuito cosa aveva in mente Ben.
Dovrei occuparmene io, sergente.
Ben ha scosso la testa. Pussa via ha tagliato corto.
E cos siamo rimasti soli. Ben non riusciva a tenere gli occhi fermi. Uno scarafaggio in trappola.
Un ratto allangolo. Un uomo in caduta libera, precipitato nel dirupo e senza nemmeno un cespuglietto
striminzito a cui aggrapparsi.
Be, direi che abbiamo la soluzione del grande enigma, no? ha commentato. Solo che non
capisco perch non ci hanno semplicemente fatti fuori con un paio di missili Hellfire. Lo sanno che
siamo qui.
Non nel loro stile ho risposto.
Che stile?
Non hai notato quanto personale? cos fin dallinizio. Ci godono proprio, a ucciderci.
Ben mi ha guardata con stupore disgustato. Gi. Bene. Ora capisco perch ti va di stare con uno
di loro. Non era la cosa giusta da dire. Se n reso conto subito e ha fatto rapidamente marcia
indietro. Chi stiamo prendendo in giro, Cassie? Non c niente da decidere se non chi lo far.
Magari dovremmo lanciare una monetina.
Magari dovrebbe essere Dumbo. Non mi hai detto che al campo lhanno addestrato come
chirurgo?
Ha aggrottato la fronte. Chirurgo? Stai scherzando, vero?
Senn com che? Poi ho capito. Non riuscivo ad accettarlo, ma lavevo capito. Mi sbagliavo
su Ben. Era sprofondato in quella realt inconcepibile molto pi di me. Era diecimila metri sotto di
me.
Ha decifrato lespressione sul mio viso e ha chinato la testa. Era diventato tutto rosso. Non tanto
per limbarazzo quanto per la rabbia, una rabbia tremenda, impossibile da esprimere a parole.
No, Ben. Non possiamo.
Ha rialzato il capo. Gli luccicavano gli occhi. Gli tremavano le mani. Io s, posso.
No, non puoi. Ben Parish stava annegando. Era andato cos sotto che non ero sicura di poterlo
raggiungere, di avere la forza di riportarlo in superficie.
Non lho chiesto io ha detto. Non lho chiesto io!
Nemmeno lei, Ben.
Si sporto in avanti e nei suoi occhi ho visto ardere una febbre diversa. Me ne frego, di lei.
Unora fa per me non esisteva. Capito? Non era niente, niente di niente. Avevo te, e avevo tuo
fratello, e avevo Poundcake e Dumbo. Lei era affare loro. Appartiene a loro. Non sono stato io a
prenderla. Non sono stato io a farla salire con linganno su quello scuolabus, a dirle che era
perfettamente al sicuro e poi a cacciarle una bomba gi per la gola. Non mia la colpa. Non mia la
responsabilit. Di mio c solo il dovere di tenere in vita me e te il pi a lungo possibile, e se per

questo qualcuno che mi indifferente muore, be, pace.


Non lo stavo aiutando molto. Era troppo in basso, cera troppa pressione, non riuscivo a respirare.
deciso ha detto in tono aspro. Piangi, Cassie. Piangi per lei. Piangi per tutti i bambini. Non ti
sentono, non ti vedono e non sanno quanto ci stai male, ma tu piangi pure per loro. Una lacrima per
ognuno di loro, riempi tutto loceano, su.
E poi: Lo sai che ho ragione. Lo sai che non ho scelta. E sai anche che Ringer ci aveva visto
giusto. tutta una questione di rischio. sempre stato cos. E se una persona, fosse pure una
bambina, deve morire perch altre sei possano vivere, il prezzo. il prezzo.
Mi ha spinta da parte e, zoppicando, andato verso la porta sfondata. Io non riuscivo a muovermi,
non riuscivo a parlare. Non ho sollevato un dito n ho provato ad argomentare per fermarlo. Ero
rimasta senza parole e i gesti sembravano inutili.
Fermalo tu, Evan. Per favore, fermalo tu, perch io non sono capace.
Nella camera blindata sotto terra, tutti quei visi rivolti in su e la mia preghiera silenziosa, la mia
promessa insensata: Salite in groppa, salite in groppa, salite in groppa.
Non le avrebbe sparato. Per via del rischio. Lavrebbe soffocata. Le avrebbe messo un cuscino
sulla faccia e lavrebbe tenuto fermo fino a quando non ce ne fosse stato pi bisogno. Non avrebbe
lasciato il corpo l in camera: il rischio. Lavrebbe tolto di mezzo, ma non lavrebbe seppellito n
bruciato: il rischio. Lavrebbe portato nel folto del bosco e gettato sul terreno indurito dal ghiaccio
come un sacco di spazzatura, per la gioia di avvoltoi, corvi e insetti. Il rischio.
Spalle al muro, mi sono lasciata andare in terra e ho tirato le ginocchia al petto, poi ho chinato la
testa e lho coperta con le braccia. Mi sono tappata le orecchie. Ho chiuso gli occhi. E ho visto il
dito di Vosch che calava sul tasto, le mani di Ben che stringevano il cuscino, il mio indice sul
grilletto. Sam, Megan. Il soldato con il crocifisso. E la voce di Ringer che da un posto buio e
silenzioso diceva: Capita che uno si trovi nel posto sbagliato al momento sbagliato e se succede
qualcosa non colpa di nessuno.
E quando Ben fosse uscito, distrutto e svuotato, mi sarei alzata e sarei andata da lui e lavrei
consolato. Avrei preso le mani che avevano ucciso una bambina e avrei pianto con lui per noi e per
le scelte non scelte che eravamo costretti a fare.
Poi Ben uscito per davvero. Si seduto con la schiena appoggiata alla parete qualche porta pi
in l. Dopo un attimo mi sono alzata e sono andata da lui. Non ha sollevato lo sguardo. Ha posato gli
avambracci sulle ginocchia piegate e ha abbassato il capo. Mi sono seduta al suo fianco.
Ti sbagli ho detto. Lui ha fatto un gesto come a dire: Vabb. Apparteneva a noi. Ci
appartengono tutti.
Ha appoggiato la testa al muro. Li senti? Ratti del cazzo.
Ben, meglio se vai. Subito. Non aspettare domattina. Prendi Dumbo e Poundcake e raggiungi le
grotte pi in fretta che puoi. Magari Ringer sarebbe riuscita ad aiutarlo. A lei dava retta; in sua
presenza sembrava sempre un po intimidito, se non addirittura in soggezione.
esploso in una risata di pancia. In questo momento mi sento un po sottosopra. A pezzi. Sono a
pezzi, Sullivan. Mi ha guardata. E Walker non in condizione di farcela.
In condizione di fare cosa?
Di estrarre quel cavolo di aggeggio. Sei lunica qui che ha mezza possibilit.
Non lhai?
Non ce lho fatta.
Ha riso di nuovo. riemerso in superficie e ha preso una boccata daria che gli ha ridato vita.
Non ce lho fatta.

40
La stanza era pi fredda di una cella frigorifera. Evan si era tirato su, e mi guardava. Sul pavimento,
l dove Ben laveva lasciato cadere, cera un cuscino. Lho raccolto e mi sono seduta ai piedi del
letto di Evan. Intanto il nostro fiato congelava e i nostri cuori battevano e il silenzio si addensava.
Fino a quando non ho detto: Perch?.
E lui non ha risposto: Per mandare in frantumi ci che resta. Per distruggere lultimo,
indistruttibile legame.
Stringendomi il cuscino al petto, mi sono dondolata lentamente avanti e indietro. Fa freddo. Fa
tanto freddo.
Non ci si pu fidare di nessuno ho ripreso. Nemmeno di un bambino. Il gelo mi penetrato
nelle ossa e si accoccolato nel midollo. Cosa sei, Evan Walker? Cosa sei?
Non voleva guardarmi. Te lho detto.
Ho annuito. S, certo. Mister Grande Squalo Bianco. Io per non sono uno squalo. Non ancora.
Non la uccideremo, Evan. Tirer fuori quellarnese e tu mi aiuterai.
Non ha ribattuto. Se n guardato bene.
Ben mi ha dato una mano a mettere insieme loccorrente e poi uscito per raggiungere gli altri
nella tavola calda dallaltra parte del parcheggio. Pezzuola di spugna. Asciugamani. Una bomboletta
di deodorante per ambienti. Il kit di pronto soccorso di Dumbo. Ci siamo salutati davanti alla porta
delle scale. Gli ho detto di stare attento a non scivolare: scendendo avrebbe trovato delle budella di
ratto.
Prima ho svalvolato ha detto abbassando gli occhi e passando il piede sulla moquette,
imbarazzato come un bambino sorpreso a dire una bugia. Non stato un bel vedere.
Con me il tuo segreto al sicuro.
Ha sorriso. Sullivan Cassie se per caso non volevo dirti
Ho aspettato. Non gli ho messo fretta.
Hanno fatto un errore madornale, quei bastardi ottusi, a non ucciderti allistante ha detto tutto
dun fiato.
Benjamin Thomas Parish, questo il complimento pi dolce e bizzarro che abbia mai ricevuto.
Gli ho dato un bacio sulla guancia. Lui me lha dato sulla bocca.
Sai ho sussurrato un anno fa avrei venduto lanima per una cosa del genere.
Ha scosso la testa. Non ne sarebbe valsa la pena. E, per un decimillesimo di secondo, svanito
tutto sconforto, tristezza, rabbia, dolore, fame e il vecchio Ben Parish tornato dal regno dei
morti. Gli occhi che trapassavano. Il sorriso che stendeva. Ancora un attimo e sarebbe sfumato,
riassorbito nel nuovo Ben, quello che di nome faceva Zombi, e ho capito una cosa che fino a quel
momento mi era sfuggita: era davvero morto, loggetto dei miei desideri di scolaretta, cos come era
morta la scolaretta che lo desiderava.
Su, vai lho esortato. Ma sappi che, se succede qualcosa a mio fratello per colpa tua, ti dar la
caccia fino in capo al mondo.
Sar anche tardo, ma non fino a questo punto.
scomparso nel buio pesto delle scale.
Sono tornata in camera. Non potevo farlo. Dovevo farlo. Evan si tirato indietro fino ad
appoggiare il sedere alla testiera del letto. Ho infilato le braccia sotto Megan e lho sollevata pian
piano, poi mi sono girata e lho messa gi con cautela sistemandole la testa in grembo a Evan. Ho

preso la bomboletta (Un delicato mix di essenze!) e ho impregnato la pezzuola di deodorante. Mi


tremavano le mani. Non ce la potevo fare. Non ce la potevo non fare.
Un uncino a cinque punte ha detto Evan con voce pacata. Fissato sotto la tonsilla destra. Non
cercare di tirarlo via. Afferra bene il filo e taglialo il pi vicino possibile alluncino, poi estrai
luncino. Con calma. Se il filo si stacca dalla capsula
Ho annuito impaziente. Badaboom! Lo so. Me lhai gi detto.
Ho aperto il kit medico e ho preso un paio di pinzette e uno di forbici chirurgiche. Piccole, ma
sembravano enormi. Ho acceso la minitorcia e me la sono infilata tra i denti.
Ho passato a Evan la pezzuola al fetore di pino. Lui lha premuta sul viso di Megan coprendo naso
e bocca. Il corpo di lei ha avuto una serie di spasmi. Le palpebre si sono schiuse, gli occhi hanno
ruotato allindietro. Le mani, posate con garbo sul ventre, si sono irrigidite e poi immobilizzate. A
quel punto Evan ha lasciato andare la pezzuola, che caduta gi.
Se si sveglia mentre sono allopera ho detto senza togliermi di bocca la torcia. Sembravo un
pessimo ventriloquo: Se si seia.
Evan ha fatto un cenno con il capo. Pu andare male in cento modi diversi, Cassie.
Le ha rovesciato la testa e le ha aperto la bocca. Di fronte a me cera un luccicante tunnel rosso
largo quanto un rasoio e lungo un chilometro. Pinzette nella sinistra. Forbici nella destra. Mani grandi
come palloni da football.
Gliela puoi aprire un altro po?
Se gliela apro un altro po, le slogo la mandibola.
Be, nel grande schema del mondo, una mandibola slogata era meglio di due corpi in frammenti
raccoglibili con quello stesso paio di pinzette. Ma comunque
Questa? ho chiesto toccando leggermente una tonsilla con la punta.
Non ci vedo.
Quando hai detto tonsilla destra, intendevi la sua destra, non la mia, vero?
Esatto. La sua destra. La tua sinistra.
Okay ho sospirato. Volevo giusto essere sicura.
Non vedevo quello che facevo. Le avevo infilato in gola le pinzette ma non le forbici, e non avevo
idea di come avrei fatto a ficcare sia le une che le altre nella boccuccia di quella bambina.
Aggancia il filo con le pinzette mi ha consigliato Evan. Poi sollevalo pian piano in modo da
avere la visuale libera. Non dare strattoni. Se il filo si scollega dalla capsula
Mamma mia, Walker, non serve che mi ricordi ogni due secondi cosa succede se questo cavolo di
filo si scollega da questa cavolo di capsula! Ho sentito la punta delle pinzette sbattere contro
qualcosa. Okay, mi sa che ci sono.
finissimo. Nero. Lucido. Ci si dovrebbe riflettere la luce
Ti prego, stai zitto. O in lingua ventriloqua: Ti pego, sai sitto.
Tremavo tutta, ma le mie mani, miracolosamente, erano diventate salde come rocce. Le ho infilato
in bocca anche la destra e, facendo forza contro linterno della guancia, ho portato le forbici in
posizione. Era quello? Lavevo trovato davvero? Il filo, se a rilucere era proprio il filo in questione,
era sottile come un capello.
Piano, Cassie.
Ta. Ci.
Se lo ingoia
Ora ti ammazzo, Evan. Sul serio. Stretto tra le punte delle pinzette, avevo il filo. Tirandolo
appena, vedevo il minuscolo uncino fissato alla carne infiammata. Piano, piano, piano. Assicurati di

tagliare il capo giusto del filo. Quello ad artiglio.


Sei troppo vicina mi ha ammonita. Smetti di parlare e non respirarle dritto in faccia
Daccordo. Quasi quasi, dritto in faccia, do anzi un pugno a te.
Poteva andare male in cento modi diversi, mi aveva detto. Ma c male, molto male e molto ma
molto male. Quando Megan ha aperto gli occhi e si messa a scalciare sotto di me, ho capito subito
che avevamo preso la terza strada.
sveglia! ho strillato, bench non ce ne fosse alcun bisogno.
Non lasciare il filo! ha gridato a sua volta Evan, e in quel caso il bisogno cera eccome.
Megan mi ha conficcato i denti nella mano e si messa ad agitare la testa di qua e di l. Avevo le
dita intrappolate nella sua bocca. Cercavo di non muovere le pinzette, ma uno strattone un po pi
forte e la capsula si sarebbe staccata
Evan, fai qualcosa!
Ha provato a recuperare la pezzuola intrisa di deodorante.
No, bloccale la testa, deficiente! ho urlato. Non farla
Lascia il filo. Non aveva pi fiato.
Cosa? Mi hai appena detto di non lasciarlo
Le ha tappato il naso. Lasciare? Non lasciare? Se lo lasciavo, cera il rischio che il filo si
attorcigliasse intorno alle pinzette e si staccasse. Se non lo lasciavo, quello che venisse via con tutto
quel girarsi e contorcersi e dibattersi. Megan roteava disperatamente gli occhi. Dolore, spavento e
confusione: il mix collaudato che gli Altri non mancavano mai di provocare. Quando alla fine ha
aperto la bocca, le ho ricacciato in gola le forbici.
Non sai quanto ti odio in questo momento ho sibilato rivolta a Evan. Ti odio pi di chiunque
altro al mondo. Mi sembrava che dovesse esserne informato prima che io procedessi. In caso
venissimo disintegrati.
Ce lhai? ha chiesto.
Non ne ho la pi pallida idea!
Avanti ha detto. Poi ha sorriso. Sorriso! Taglia il filo, efemera.
E io lho tagliato.

41
un test ha detto Evan.
Laggeggio, simile a un medicinale in capsula molle verde, era al sicuro sulla scrivania o cos
speravamo sigillato in una bustina di plastica trasparente di quelle che, nei bei tempi andati, le
mamme usavano per mantenere freschi fino allora di pranzo il sandwich e le patatine fritte dei figli.
Cos, in quanto a bombe umane sono ancora nella fase di ricerca e sviluppo? ha chiesto Ben.
Era appoggiato al davanzale della finestra rotta; tremava, ma qualcuno doveva tenere docchio il
parcheggio, e non voleva che nessun altro corresse il rischio. Perlomeno si era tolto quella schifosa
felpa gialla intrisa di sangue (schifosa gi prima di essere intrisa di sangue) e se nera messa una
nera che lo riportava quasi al suo periodo di splendore precedente allArrivo.
Sam, seduto sul letto vuoto, ha ridacchiato esitante, non del tutto sicuro che il suo amato capo
Zombi stesse facendo una battuta. Non sono uno strizzacervelli, ma credo che in lui fosse scattato un
qualche transfert a causa di gravi problemi irrisolti con pap.
Un test, s, ma non per la bomba ha risposto Evan. Per noi.
Ottimo ha bofonchiato Ben. il primo che passo in tre anni.
Dacci un taglio, Parish ho detto. Dove stava scritto che gli sportivi dovevano per forza
comportarsi da stupidi per essere fighi? So per certo che lanno scorso sei arrivato tra i finalisti di
una borsa di studio per cervelloni.
Sul serio? Dumbo ha drizzato le orecchie. Okay, dovrei evitare di fare commenti in proposito,
ma lui sembrava davvero tuttorecchi.
S, sul serio ha confermato Ben con un sorriso alla Parish cento per cento originale. Ma stato
un anno decisamente scarso. Abbiamo avuto uninvasione aliena. Ha guardato Evan. Il suo sorriso si
spento, il che capitava spesso quando guardava Evan. E per cosa ci starebbero testando?
Per sapere.
S, in genere quello lo scopo di un test. Sai cosa sarebbe davvero di aiuto in questo momento?
Se la piantassi con questa farsa dellalieno enigmatico e fossi un po pi concreto. Perch a ogni
secondo che passa senza che quellaffare esploda faccio un cenno verso la bustina di plastica il
rischio raddoppia. Presto o tardi, e inclino verso il presto, torneranno e qua andr tutto a ramengo.
Ramengo? ha squittito Dumbo. Non aveva capito e la cosa lo agitava. Quale Ramengo?
solo un paesino dei paraggi, Dumbo ha risposto Ben. Dicevo cos per dire.
Evan stava annuendo. Ho dato unocchiata a Poundcake: fermo sulla soglia in tutta la sua stazza,
seguiva la conversazione a bocca leggermente aperta girando il testone ora a destra ora a sinistra
come se guardasse una partita di ping-pong.
Torneranno ha detto Evan. A meno che non possano risparmiarselo perch abbiamo cannato il
test.
Cannato? Ma noi labbiamo passato, no? ha chiesto Ben rivolgendosi a me. Io dico che
labbiamo passato. Tu?
Cannato nel senso che abbiamo accolto Megan a braccia aperte ho risposto e poi siamo
partiti felici e contenti alla volta di Ramengo.
Ramengo ha ripetuto Dumbo perplesso.
Lassenza di esplosioni si pu spiegare solo in tre modi ha ripreso Evan. Uno, lordigno era
difettoso. Due, lordigno era calibrato male. Tre
Ben ha alzato la mano. Tre, qualcuno nellalbergo sa dei bambini-bomba ed riuscito a

rimuovere lordigno, metterlo in una bustina di plastica e condurre un seminario su come si fa a


instillare panico e paranoia in quegli allocchi degli umani. Il test serve a scoprire se tra noi c un
Silenziatore.
S, c! ha strillato Sam puntando il dito contro Evan. Sei tu il Silenziatore!
Cosa di cui non potrebbero mai avere la certezza radendo al suolo questa stamberga con un paio
di missili Hellfire ben mirati ha concluso Ben.
Il che fa sorgere una domanda ha detto Evan a bassa voce. Perch dovrebbero sospettare una
cosa del genere?
In camera calato il silenzio. Ben si messo a tamburellare con le dita sul suo avambraccio.
Poundcake ha chiuso la bocca. Dumbo ha cominciato a tirarsi un lobo. Io ho preso a dondolarmi
avanti e indietro sulla sedia tormentando una zampa di Orso. Non sapevo come me lero ritrovato in
mano. Magari lavevo agguantato mentre Poundcake portava Megan nella stanza accanto. Mi
ricordavo di averlo visto cadere per terra, ma non di averlo raccolto.
Ma ovvio ha detto Ben. In un modo o nellaltro devono pur sapere che sei qui. No?
Altrimenti rischierebbero di far fuori chi gioca per loro.
Se lo sapessero, non ci sarebbe stato bisogno di test. Lo sospettano e basta ha replicato Evan.
Poi mi si accesa la lampadina. E la cosa non mi stata di nessun conforto.
Ringer.
Ben si girato di scatto verso di me. Un alito di vento e sarebbe caduto dal suo trespolo.
Lhanno catturata ho detto. Lei o Teacup. Oppure tutte e due. Ho cercato lo sguardo di Evan,
perch lespressione sul viso di Ben era troppo da sostenere.
Mi sembra lipotesi pi plausibile ha convenuto.
Stronzate! Ringer non ci tradirebbe mai gli ha urlato Ben.
Non volontariamente ha detto Evan.
Mnemolandia ho sussurrato. Hanno scaricato i suoi ricordi
A quel punto Ben si staccato dal davanzale, ha perso lequilibrio e, barcollando in avanti,
andato a sbattere contro il letto di Sammy. Stava tremando, e non per il freddo. Oh, no. No, no, no.
Ringer non stata affatto catturata. al sicuro e Teacup al sicuro, e io di questo non voglio
nemmeno sentir parlare
Be ha detto Evan ormai tardi.
Mi sono alzata e ho raggiunto Ben. Era uno di quei momenti in cui sai che devi fare qualcosa ma
non sai minimamente cosa. Evan ha ragione. Il motivo per cui siamo vivi lo stesso per cui hanno
mandato Megan.
Ma che coshai in testa? mi ha chiesto lui. Ti bevi tutto quello che dice manco fosse Mos
sceso dalla montagna. Se pensano che qui, a prescindere dal perch, sanno anche che un traditore
e quindi, comunque, preparati perch finiremo a Ramengo.
Ci siamo voltati tutti verso Dumbo, in attesa.
Non vogliono uccidere me ha detto Evan dopo un po. Aveva unaria triste e sbattuta.
Giusto, dimenticavo ha commentato Ben. A voler uccidere te sono io. Mi ha piantata in asso
ed tornato alla finestra; da l, con le mani appoggiate sul davanzale, ha studiato il cielo notturno.
Se restiamo, siamo spacciati. Se tagliamo la corda, siamo spacciati. Sembriamo dei bambini di
cinque anni che giocano a scacchi contro Bobby Fischer. Si rigirato verso Evan. Magari, mentre
venivi qui, una pattuglia ti ha visto e ti ha seguito. Ha indicato la bustina. Quellaffare non significa
che hanno Ringer o Cup. Significa solo che non abbiamo pi tempo. Non possiamo nasconderci e non
possiamo scappare, perci gira che ti rigira il punto quello di sempre: non se moriremo, ma come.

Come abbiamo intenzione di morire? Dumbo, tu come vuoi morire?


Imbaldanzito, Dumbo ha raddrizzato le spalle e tirato su il mento. In piedi, signore.
Ben ha guardato Poundcake. E a te, Cake, va di morire in piedi?
Gi sullattenti, Poundcake ha annuito pronto.
A Sam, Ben non lha neanche dovuto chiedere. Mio fratello si alzato e, con un movimento lento e
controllato, ha fatto il saluto al suo ufficiale in comando.

42
Oh, ma fatemi il piacere. Tutti quanti.
Ho lanciato Orso sulla scrivania. Ci sono gi passata ho detto alla Brigata Macho. Scappare
equivale a morire. Restare anche. Perci prima di precipitarci allO.K. Corral, consideriamo una
terza possibilit: far esplodere noi lordigno.
Il suggerimento ha risucchiato via laria dalla stanza. Evan, che aveva capito al volo, stava
annuendo piano, ma chiaramente non impazziva di gioia allidea. Troppe variabili. Poteva andare
male in mille modi diversi, bene in uno solo.
Ben andato dritto al cuore pulsante del problema: In che modo? Chi si assume lincarico di
respirarci sopra e farsi disintegrare?
Ci penso io, sergente ha detto Dumbo. Aveva le orecchie rosse, come se fosse stato in imbarazzo
per il suo stesso coraggio. Sorrideva timido. Ci era finalmente arrivato: Ho sempre voluto vedere
Ramengo.
Il fiato umano non lunica fonte di anidride carbonica ho fatto presente al finalista della borsa
di studio per cervelloni.
La Coca-Cola! ha gridato a buon diritto Dumbo.
In bocca al lupo a chi deve cercarla ha detto Ben. Aveva ragione. Insieme agli alcolici di
qualsiasi genere, le bevande gassate erano state tra le prime vittime dellinvasione.
In lattina o in bottiglia, s, in effetti intervenuto Evan. Tu per, Cassie, non mi hai detto che
qui vicino c una tavola calda?
Le bombole di anidride carbonica per le bibite alla spina ho iniziato io.
Probabilmente sono ancora l ha finito lui.
Basta attaccare lordigno alla bombola
Manomettere lerogatore in modo che rilasci il gas
In modo lento
In uno spazio ristretto
Lascensore! abbiamo esclamato allunisono.
Wow ha mormorato Ben. Geniale. Ma non ho ben capito com che questo risolva il
problema.
Ci crederanno morti, Zombi ha detto Sam. Ci era arrivato a soli cinque anni, ma gli mancava
lesperienza accumulata da Ben nel fregare Vosch e compagni.
S, poi per controllano, non trovano corpi e siamo daccapo ha ribattuto Ben.
Ma intanto avremo guadagnato tempo ha fatto notare Evan. E secondo me quando si renderanno
conto della verit, sar ormai troppo tardi.
Perch ovviamente siamo troppo svegli per loro? ha chiesto Ben.
Evan ha sorriso cupo. No. Perch ci nasconderemo nellultimo posto in cui gli verr in mente di
cercare.

43
Non cera tempo di discutere oltre: dovevamo far scattare loperazione Check-out Anticipato e dare
laddio allalbergo prima che la Quinta Onda desse laddio a noi. Ben e Poundcake sono usciti per
andare a prendere una bombola alla tavola calda. Dumbo si accollato la guardia in corridoio. Ho
detto a Sam di tenere docchio Megan, visto che era una sua vecchia amica dei tempi dello
scuolabus. Mi ha chiesto se potevo ridargli la pistola. Gli ho ricordato che lultima volta era servita
a poco: aveva svuotato il caricatore senza nemmeno scalfire lobiettivo. Ho cercato di dargli anzi
Orso. Lui ha alzato gli occhi al cielo. Orso era roba di sei mesi prima.
Poi io ed Evan siamo rimasti soli. Io, lui e il terzo incomodo della piccola bomba verde.
Sputalo gli ho ordinato.
Cosa? Occhioni innocenti come quelli di Orso.
Il rospo, Walker. Stai nascondendo qualcosa.
Perch pensi?
Perch il tuo stile. Il tuo modus operandi. Come un iceberg, tre quarti sotto la superficie. Ma
non ti illudere: non ti permetter di trasformare questo albergo nel Titanic.
Ha sospirato evitando il mio sguardo. Carta e penna?
Scusa? lora di una bella poesia damore? Anche quello era il suo stile: ogni volta che mi
avvicinavo troppo a qualcosa, sviava il discorso dicendomi quanto mi amava o ringraziandomi per
come lavevo salvato o uscendosene con qualche altra osservazione svenevole e pseudoprofonda
sulla natura del mio splendore. Ma ho preso comunque un blocco e una penna dalla scrivania e glieli
ho passati perch, in fin dei conti, a chi che dispiace ricevere una bella poesia damore?
Lui, invece, ha disegnato una cartina.
Un piano solo, bianca o perlomeno prima lo era struttura in legno; non mi ricordo lindirizzo,
ma proprio sulla Statale 68. Vicino a una stazione di servizio. Appesa sulla facciata c una di
quelle vecchie insegne di metallo, Havoline Oil o gi di l.
Ha staccato il foglio e me lha messo in mano.
Perch lultimo posto in cui gli verr in mente di cercare? Stavo per ricaderci e lasciarmi
distrarre, per quanto la Havoline Oil non avesse niente di eccessivamente poetico. E poi perch
disegni una cartina quando verrai con noi?
In caso succeda qualcosa.
A te. E se invece succede a tutti e due?
Hai ragione. Ne faccio altre cinque.
Si rimesso a disegnare. Lho guardato per due secondi, dopodich gli ho strappato di mano il
blocco e glielho tirato in testa.
Brutto bastardo. Ho capito, sai, cosa stai facendo.
Sto disegnando una cartina, Cassie.
Quindi, tipo Mission: Impossible, improvvisiamo un detonatore con una bombola, vero? E
intanto corriamo tutti quanti a rotta di collo verso linsegna della Havoline Oil, con te in testa con la
caviglia rotta e la gamba pugnalata, pi la febbre a quarantuno
Se avessi la febbre a quarantuno, sarei morto ha osservato.
No, invece, e vuoi sapere perch? Perch i morti non hanno la febbre!
Stava annuendo pensieroso. Dio, quanto mi sei mancata.
Oh, l! Rieccoci! La stessa identica cosa che hai fatto alla tenuta Walker, al campo profughi e a

Camp Haven. Ogni volta che ti metto alle strette


Mi hai messo alle strette nellistante in cui ti ho posato
Piantala.
Lha piantata. Mi sono seduta accanto a lui sul letto. Magari affrontavo la questione nel modo
sbagliato. Si prendono pi mosche con una goccia di miele che con un barile daceto, diceva sempre
mia nonna. Il problema era che le astuzie femminili non facevano parte del mio armamentario. Gli ho
stretto la mano. Lho guardato nel profondo degli occhi. Ho valutato lidea di sbottonarmi un pochino
la camicia, ma poi ho pensato che avrebbe potuto scorgere la mia astuta macchinazione. Non che le
mie macchinazioni fossero cos astute.
Non mi farai scherzi come a Camp Haven ho detto con un tono sommesso che speravo risultasse
seducente. Scordatelo. Verrai con noi. Ti possono portare Poundcake e Dumbo.
Ha allungato la mano libera e mi ha toccato la guancia. Conoscevo quel tocco. Mi era mancato.
Lo so ha risposto. Nei suoi occhi cioccolatosi (oddio) cera unespressione infinitamente triste.
Conoscevo anche quella. Lavevo gi vista nel bosco, quando mi aveva confessato chi era realmente.
Tu per non sai tutto. Non sai di Grace.
Grace gli ho fatto eco mentre spingevo via la mano, gi dimentica della storia del miele. Ero
giunta alla conclusione che il suo tocco mi piaceva troppo. Dovevo impegnarmi a far s che non mi
piacesse pi cos tanto. E che non mi piacesse neppure il modo in cui mi guardava, e cio quasi fossi
stata lunica persona sulla Terra, cosa che in effetti prima che mi trovasse pensavo. una cosa
terribile, un carico tremendo da rovesciare addosso a qualcuno. Legare tutta la propria esistenza a un
altro essere umano equivale a cercare guai. Basti pensare alle tante storie damore dal finale tragico
che sono state scritte. E io non volevo essere la Giulietta di qualche Romeo, non se potevo evitarlo.
Anche se il candidato disponibile, lunico, era pronto a morire per me e, seduto al mio fianco, mi
teneva la mano e mi fissava con occhi color cioccolato fuso, in quel momento gi meno oddio. E
anche se sotto quelle coperte era praticamente nudo e aveva il fisico di un modello della Hollister
ma non mi addentrer nellargomento.
Di nuovo questa Grace. Continuavi a nominarla dopo che ti ho sparato ho detto.
Non una come le altre.
Quelle parole bruciavano. Non lo facevo tanto passionale o donnaiolo. Sono due cose che
spesso vanno a braccetto, eppure
Cassie, ti devo dire una cosa.
State insieme?
Quel giorno, sulla statale, dopo che ti ho lasciata andare, mi ha preso il panico. Non capivo
cosera successo, perch non ero riuscito a fare quello che ero venuto a fare. Quello per cui sono
nato. Non ci trovavo un senso. E, per certi versi, ancora cos. Uno pensa di sapere chi . Di
conoscere la persona che vede nello specchio. Io ho trovato te e, nello stesso istante, ho perso me
stesso. Non cera pi niente di chiaro. Non cera pi niente di semplice.
Ho annuito. Ah, la semplicit. Me la ricordo.
Allinizio, subito dopo che ti avevo portata da me, non ero per niente sicuro che ce lavresti fatta.
Ti stavo seduto vicino e pensavo: Magari meglio se muore.
Mamma mia, Evan. Quanto sei romantico.
Conoscevo i loro piani ha detto, e quello s che era chiaro e semplice. Mi ha presa per le mani e
mi ha tirata verso di lui, e io sono precipitata in quegli accidenti di occhi, ragion per cui la tecnica
del miele non adatta a me: quando c lui, la mosca sono io. Gi, conosco i loro piani, Cassie, e
ho sempre pensato che i pi fortunati fossero i morti. Ma ora lo vedo. Lo vedo.

Cosa? Cosa vedi, Evan? Mi tremava la voce. Mi stava spaventando. Magari era la febbre a
parlare, ma quel comportamento non era affatto da lui.
Il modo di uscirne. Il modo di chiudere la partita. Il problema Grace. Grace troppo per te e
anche per gli altri. Grace la via daccesso e io sono lunico che sa come imboccarla. Te lo posso
spiegare. E posso darti tempo. Due cose, Grace e tempo, e poi avrai la possibilit di chiudere la
partita.

44
In quellistante, con un tempismo perfetto, Dumbo ha fatto capolino in camera. Sono tornati,
Sullivan. Zombi ha detto Si zittito. Era evidente che aveva interrotto un momento privato.
Grazie al cielo non mi ero sbottonata la camicia. Ho sfilato le mani da quelle di Evan e mi sono
alzata.
Hanno trovato la bombola?
Dumbo ha annuito. La stanno mettendo in ascensore. Ha dato unocchiata a Evan. Quando vuoi,
noi ci siamo.
Evan ha fatto un cenno con il capo. Okay. Ma non si mosso. Io non mi sono mossa. Dumbo
rimasto l qualche secondo.
Ottimo ha detto alla fine. Evan non ha risposto. Io non ho risposto. Allora ha aggiunto: Ci
vediamo dopo, ragazzi a Ramengo! Eh eh. Ed uscito indietreggiando.
Mi sono girata di scatto verso Evan. Bene. Ti ricordi quello che ti ha suggerito Ben riguardo a
questi modi da alieno enigmatico?
A quel punto Evan Walker ha fatto una cosa che non gli avevo mai visto fare o, per essere precisi,
ha detto una cosa che non gli avevo mai sentito dire.
Merda.
Dumbo era di nuovo sulla porta. Faccia ebete e orecchie paonazze, era tenuto fermo da una
stangona con una cascata di capelli biondo miele, splendidi lineamenti da modella norvegese,
penetranti occhi azzurri e labbra carnose dallaria rifatta e dallespressione imbronciata, nonch il
fisico flessuoso di una regina delle passerelle.
Ciao, Evan ha detto la ragazza Cosmo. E, com naturale, aveva la voce profonda e leggermente
graffiata delle pi perfide maliarde di hollywoodiana concezione.
Ciao, Grace ha risposto Evan.

45
Eccola, dunque: non era no come le altre. Neppure a livello di armi: oltre allM16 di Dumbo, aveva a
tracolla un potente fucile di precisione. Ha spinto Dumbo in camera e poi mi ha abbagliata con il suo
sorriso a un milione di watt.
E tu devi essere Cassiopea, la regina del cielo notturno. Sono sorpresa, Evan. completamente
diversa da come me lero immaginata. Quei capelli rossicci Non sapevo che ti piacessero.
Ho guardato Evan. Ma chi cavolo ?
Una come me ha risposto.
Ci conosciamo da sempre. Dieci millenni, anno pi anno meno. Prima che mi scordi Grace ha
indicato il mio fucile. Glielho buttato ai piedi. Anche la pistola. E il coltello legato alla caviglia,
sotto la mimetica.
Lasciali andare, Grace ha detto Evan. Non ci servono.
Lei lha ignorato. Ha dato un leggero calcio al fucile e mi ha detto di gettarlo dalla finestra insieme
alla Luger e al coltello. Evan mi ha fatto un cenno come a dire: Meglio assecondarla. Perci ho
ubbidito. Mi girava la testa. Non riuscivo a formulare pensieri coerenti. Grace era un Silenziatore
come Evan: su quello non ci pioveva. Ma perch conosceva il mio nome e per quale motivo era l e
come faceva Evan a sapere che stava arrivando e cosa intendeva con Grace la via daccesso? La
via daccesso a cosa?
Che era umana, lo sapevo. Era tornata al suo argomento preferito. Ma non immaginavo
quanto.
Prevedendo la mia reazione, Evan ha tentato di frenarmi. Cassie
Fanculo a te e a tutti i tuoi simili, stronza aliena dei miei stivali.
Colorito. Fantasioso. Caruccio. Mi ha invitata a sedermi facendo un gesto con il fucile di
Dumbo.
Evan mi ha lanciato unaltra occhiata: Fai come dice. Cos mi sono seduta sul letto accanto al
suo, di fianco a Dumbo, che respirava dalla bocca tipo malato dasma. Grace rimasta sulla soglia
in modo da poter tenere docchio il corridoio. Magari non sapeva di Sam e Megan nella camera
accanto, o di Ben e Poundcake in attesa nellascensore fermo al pianoterra. L ho capito la strategia
di Evan: Tergiversa. Prendi tempo. Quando Ben e Poundcake fossero saliti per vedere cosa stava
succedendo, avremmo avuto la nostra chance. Poi per, ricordandomi che nel buio pi completo
Evan aveva liquidato unintera squadra di soldati della Quinta Onda pur avendo meno armi ed
essendo in inferiorit numerica, ho concluso: No, quando arriveranno, avr lei la sua chance.
Lho osservata il modo in cui si appoggiava allo stipite con una caviglia buttata con noncuranza
sullaltra, la fluente chioma dai toni dorati su una spalla, la testa di tre quarti per consentirci di
ammirare il suo meraviglioso profilo nordico e ho pensato: Certo, non fa una piega. Se uno ha la
possibilit di scaricarsi in qualsiasi corpo umano, perch non dovrebbe sceglierne uno impeccabile?
Lo stesso per Evan. Da questo punto di vista non era nientaltro che un tarocco. A pensarci, faceva
ben strano. Sotto sotto, il tipo che trasformava le mie ginocchia in gelatina era un falso, una maschera
su un volto senza volto che probabilmente diecimila anni prima somigliava a un calamaro.
Be, in effetti ce lavevano detto che era rischioso vivere cos a lungo come umani tra gli umani
ha ripreso Grace. Dimmi una cosa, Cassiopea: non pensi che a letto sia la perfezione assoluta?
Perch non me lo dici tu ho ribattuto. Grandissima zoccola extraterrestre.
Che bisbetica ha commentato Grace rivolgendosi a Evan con un sorriso. Proprio come la sua

omonima.
Loro non centrano niente le ha detto lui. Lasciali andare.
Evan, non sono nemmeno sicura di capire in cosa dovrebbero o no entrare. Ha lasciato la sua
postazione e fluttuando non c altro termine per descrivere il suo modo di muoversi gli si
avvicinata. Comunque nessuno va da nessuna parte finch non ci vado io. Si sporta in avanti e,
tenendogli il viso con entrambe le mani, gli ha dato un lungo bacio voluttuoso sulla bocca. Lui ha
fatto resistenza si vedeva ma lei lha immobilizzato con le berastuzie marziane di cui, a
differenza del mio, il suo armamentario era stracolmo. Glielhai detto? ha mormorato senza
staccare le labbra dalla guancia di lui ma assicurandosi che sentissi. Sa come andr a finire?
Cos ho urlato, e mi sono avventata su di lei lanciandomi, come mia abitudine, di testa, con
lintenzione di darle una craniata secca nella morbida zona della tempia. Limpatto lha mandata a
sbattere contro le porte dellarmadio. Io sono finita scomposta in braccio a Evan. La perfezione
assoluta ho pensato in modo vagamente sconnesso.
Appena mi sono sollevata, lui mi ha stretta per la vita e mi ha risbattuta gi. No, Cassie.
Ma era debole e io invece forte perci mi sono liberata senza problemi e dal letto sono saltata
addosso a Grace, ancora di spalle. Grosso errore: mi ha presa per il braccio e mi ha scagliata
dallaltra parte della stanza. Ho cozzato contro il muro vicino alla finestra e sono piombata a terra
sul sedere. Da l mi partita su per la schiena una fitta dolorosissima. Ho sentito una porta che si
spalancava in corridoio e ho gridato: Scappa, Sam! Vai a chiamare Zombi! Vai.
Grace scomparsa prima che io avessi il tempo di finire la frase. Lultima volta che avevo visto
qualcuno muoversi in modo cos fulmineo era stato al campo profughi, quando i finti soldati della
Wright-Patterson mi avevano individuata nel bosco. Fulmineo come nei cartoni animati e, non fosse
stato per il motivo, in un certo senso buffo.
Oh, no, stronza. Il mio fratellino no.
Passando davanti a Dumbo ed Evan, che si era strappato di dosso le coperte e cercava di mettere
gi dal letto il suo corpo malconcio, mi sono precipitata in corridoio, che era vuoto, male, molto
male, e in due balzi ho raggiunto la camera di Sam. Come ho appoggiato le dita sulla maniglia, mi
arrivata sulla nuca una specie di sfera per demolizioni che mi ha sbattuta contro la porta di naso.
Qualcosa ha fatto crac, e non era il legno. Sono indietreggiata con il sangue che mi colava sulla
faccia. Me lo sentivo in bocca e in qualche modo era proprio quello a tenermi in piedi: prima
dallora non mi ero mai resa conto che la rabbia avesse un sapore, un sapore identico a quello del
sangue che scorre in noi.
Dita fredde si sono strette intorno al mio collo. Ho visto i miei piedi staccarsi da terra oltre una
pioggia di gocce rosse e, dopo aver percorso in volo tutto il corridoio, sono atterrata su una spalla
per poi rotolare e fermarmi a trenta centimetri dalla finestra in fondo.
Resta l mi ha intimato Grace.
Era in piedi davanti alla porta di Sammy, una sagoma slanciata in un tunnel male illuminato ma
scintillante dietro il velo delle lacrime che, mio malgrado, mi erano salite agli occhi e mi scendevano
per le guance mescolandosi al sangue.
Lascia in pace mio fratello.
Quel bambino adorabile? Tuo fratello? Mi dispiace, Cassie, non lo sapevo. Ha scosso la testa
fingendosi rattristata, latteggiamento di scherno con cui trattavano tutto ci che di sacro esisteva al
mondo.
gi morto.

46
In quellistante sono successe tre cose contemporaneamente. Quattro, calcolando anche il mio cuore
che andava in pezzi.
Sono partita di corsa, e non per scappare. Le avrei tirato via quella sua faccia da top model. Le
avrei strappato quel suo cuore pseudoumano da sotto quelle tette umane dalla forma perfetta. Lavrei
aperta a met con le unghie.
E questa una.
Due. La porta che dava sulle scale si spalancata ed comparso Poundcake con la sua aria da IhOh, che con un braccio mi ha spinta indietro e con laltro ha spianato il fucile. Colpire Grace non
sarebbe stato per niente facile, ma, a sentire Ben, Poundcake era il miglior tiratore della squadra
dopo Ringer.
Tre. Un Evan Walker vestito solo di un paio di boxer sbucato di soppiatto alle spalle di Grace.
Bravo o no a sparare, se Poundcake sbagliava o se Grace si tuffava a terra allultimo secondo
Perci mi sono tuffata io, bloccando Poundcake per le caviglie. Lui caduto lasciando partire il
colpo. A quel punto ho sentito la porta delle scale che sbatteva di nuovo e Ben che gridava: Fermi
dove siete! come una volta si usava nei film, ma nessuno gli ha dato retta, n io, n Poundcake, n
Evan, e tanto meno Grace, che sparita. Lattimo prima era l e quello dopo non cera pi. Ben ha
scavalcato me e Poundcake e, con il suo passo da sciancato, si diretto alla stanza davanti a quella
di Sam.
Sam.
Mi sono tirata su e sono corsa alla sua camera. Ben, intanto, gesticolando diceva a Poundcake:
qui dentro.
Ho dato uno strattone alla maniglia. Chiusa. Dio, ti ringrazio! Ho battuto sulla porta. Sam! Sam,
apri! Sono io!
E dallaltro lato una voce non pi forte dello squittio di un topo ha risposto: un trucco! Mi vuoi
imbrogliare!.
Non ho retto. Ho appoggiato la guancia insanguinata alla porta e ho avuto un minicrollo in piena
regola che mi ha fatta stare molto meglio. Avevo abbassato la guardia. Mi ero scordata quanto
potessero essere crudeli gli Altri. Non si accontentavano di trapassarti il cuore con un proiettile. No,
prima dovevano calpestarlo, prenderlo a pugni e spappolarlo fino a vedere il tessuto filtrare tra le
loro dita come plastilina.
Okay, okay, okay ho piagnucolato. Rimani l, va bene? Qualsiasi cosa succeda, Sam. Non
uscire finch non torno.
Poundcake era a fianco della porta davanti. Ben stava aiutando Evan a rimettersi in piedi, o
perlomeno ci provava. Ogni volta che allentava la presa, le ginocchia di Evan cedevano. Alla fine
Ben ha deciso di metterlo appoggiato al muro, dove Evan rimasto a boccheggiare traballante, la
pelle grigia come le ceneri del campo in cui era morto mio padre.
Ha girato gli occhi dalla mia parte e con il poco fiato che gli restava ha detto: Andatevene da
questo corridoio. Ora.
La paretina in cartongesso di fronte a Poundcake si sbriciolata in una pioggia di fine polvere
bianca e pezzetti di carta da parati ammuffita. Lui ha barcollato allindietro perdendo il fucile.
andato a sbattere contro Ben, che lha afferrato per una spalla e lha buttato nella stanza in cui si
trovava Dumbo. Poi si allungato verso di me, ma io lho scacciato e, dopo avergli detto di prendere

Evan, ho recuperato il fucile di Poundcake e ho aperto il fuoco contro la porta della camera di Grace.
In quel corridoio angusto il rumore era assordante. Ho avuto giusto il tempo di svuotare il caricatore
che Ben mi ha acciuffata e tirata dentro.
Non fare lidiota! ha gridato. Mi ha messo in mano un caricatore pieno e mi ha ordinato di
sorvegliare luscita ma stando bassa.
Ho seguito la scena successiva come se passasse in TV in unaltra stanza: solo con le voci.
Sdraiata in terra a pancia in gi, con il busto sorretto dai gomiti, tenevo il fucile puntato contro la
porta di fronte. Forza, principessa dei ghiacci. Ho un regalino per te. Intanto mi passavo la lingua
sulle labbra insanguinate, odiando e amando quel sapore. Forza, svedese degenere.
Ben: Dumbo, com messo? Dumbo!
Dumbo: Male, sergente.
Ben: Male quanto?
Dumbo: Abbastanza
Ben: Oh, santo cielo. Questo lo vedo anchio!
Evan: Ben, stammi a sentire, importante. Ce ne dobbiamo andare. Subito.
Ben: Perch? Labbiamo bloccata
Evan: Non per molto.
Ben: Sullivan perfettamente in grado di occuparsi di lei. Che poi chi cavolo ?
Evan: (incomprensibile)
Ben: S, vabb, ciao. Comunque pi siamo meglio . Direi che ora di passare al piano B. Con te me
la sbrigo io, Walker. Dumbo, tu prendi Poundcake. Sullivan penser ai bambini.
Ben si abbassato e mi ha messo una mano sullincavo della schiena. Ha indicato la porta con il
mento.
Non ce ne possiamo andare finch la minaccia non stata neutralizzata ha sussurrato. Ehi, che
ti successo al naso?
Ho scrollato le spalle. Una passata di lingua in un verso, una nellaltro. Come ci muoviamo?
Dalla mia voce sembrava che avessi un brutto raffreddore.
Niente di complicato. Qualcuno sfonda la porta, uno sta a terra, uno in piedi, uno a destra, uno a
sinistra. La parte peggiore sono i primi due secondi.
E quella migliore?
Gli ultimi. Pronta?
Cassie, aspetta. Evan, in ginocchio alle nostre spalle come un pellegrino su un altare. Ben non
sa con chi ha a che fare, ma tu s. Diglielo. Digli di cosa capa
Zitto, Casanova ha ringhiato Ben. Mi ha tirata per la camicia. Sbrighiamoci.
Guarda che non c pi, te lo garantisco ha detto Evan alzando il volume.
Cos, ha fatto un salto di quattro metri? ha ribattuto Ben ridendo. Ottimo. Cos ora che ha le
gambe rotte basta che scenda e le spari.
S, probabile che sia saltata gi, ma stai certo che non si rotta niente. Grace come me. Evan
parlava a tutti e due, ma guardava fisso dalla mia parte con aria disperata. Come me, Cassie.
Ma tu sei umano nel senso, il tuo corpo lo ha insistito Ben. E nessun corpo umano pu
Il suo s. Il mio non pi. Il mio andato in tilt.
Tu lo capisci? mi ha chiesto Ben. Perch io ho limpressione che stia sparando altre delle sue
stronzate da Mister E.T.

Secondo te, Evan, cosa dovremmo fare? ho detto. Nonostante il forte sapore di sangue che
avevo in bocca, la mia rabbia stava scemando, rimpiazzata dalla spiacevolissima e ormai
familiarissima sensazione di avere diecimila metri dacqua sopra la testa.
Andatevene. Ora. Non voi che vuole.
Una vittima sacrificale ha detto Ben con un sorriso maligno. Lidea mi piace.
E lei ci lascer andare via cos? ho chiesto perplessa. La sensazione di annegamento si stava
acutizzando. E se Ben avesse avuto ragione? Cosa pensavo di ottenere, affidando a Evan Walker la
vita mia e di mio fratello? Cera qualcosa che puzzava. Qualcosa di sbagliato.
Non lo so ha risposto lui, il che era un punto a suo favore. Avrebbe potuto dire: Certo, una
persona a modo, fatta eccezione per il problemino del sadismo. Ma so cosa succeder se restate.
Per me pi che sufficiente ha annunciato Ben tornando indietro. Cambiamento di piani,
ragazzi. Poundcake lo porto io. Dumbo, tu prendi Megan. Sullivan ha suo fratello. Piantate tutto e
tirate fuori le palle: sta per iniziare la festa!
Cassie. Evan mi si avvicinato. Mi ha costretta a girare il viso e mi ha passato il pollice sulla
guancia insanguinata. lunico sistema.
Io non ti lascio, Evan. E non permetto a te di lasciare me. Non di nuovo.
E Sam? Hai fatto una promessa anche a lui. Non le puoi mantenere tutte e due. Grace un
problema mio. Spetta a me occuparmene. Non nel modo in cui a te spetta occuparti di Sam, non
questo che intendo
Davvero? Mi sorprendi, Evan. Di solito sei cos chiaro.
Mi sono messa seduta, ho preso un bel respiro e gli ho mollato un ceffone su quel viso bellissimo.
Avrei potuto sparargli, ma ho deciso di essere clemente.
stato allora che lo abbiamo sentito, come se quello schiaffo fosse stato il segnale atteso: il
rumore di un elicottero da combattimento che ci piombava addosso.

47
Poi stata la volta del proiettore: una luce fortissima ha inondato il corridoio, si riversata in
camera, ha gettato ombre nette sui muri e sul pavimento. Ben si precipitato da me e mi ha obbligata
ad alzarmi; io ho afferrato Evan per il braccio e gli ho dato uno strattone. Lui si liberato scuotendo
il capo.
Lasciatemi solo unarma.
Eccotela, amico ha detto Ben allungandogli la sua pistola. Sullivan, vai a prendere tuo
fratello.
Ma che avete in testa? ho replicato incredula. Non possiamo scappare ora.
Tu cosa suggerisci? ha gridato Ben. Doveva gridare per forza. Il rombo dellelicottero copriva
qualsiasi cosa: a giudicare dallangolazione della luce e dal rumore, era proprio sopra lalbergo.
Evan si aggrappato allo stipite irto di schegge e si issato in piedi, o meglio su un piede, visto
che non poteva mettere peso sullaltro. Dimmi una cosa e per una volta, nei tuoi diecimila anni di
vita, sii sincero gli ho urlato allorecchio. Non hai mai avuto intenzione di fabbricare una bomba e
scappare con noi. Sapevi che stava arrivando Grace e volevi farti saltare in aria con
In quel momento Sammy schizzato fuori dalla sua stanza tenendo Megan stretta per il polso. A un
certo punto Orso era passato a lei. Probabilmente glielaveva dato Sams: faceva sempre cos quando
vedeva qualcuno in difficolt. Cassie! Mi corso incontro e mi ha piantato la testa nello stomaco.
Lho tirato su per appoggiarmelo su unanca Mamma mia, sta diventando pesante e, appena ho
ritrovato lequilibrio, ho preso per mano Megan.
Tra gli ululati del vento gelido che entrava turbinando dalla finestra rotta, ho sentito Dumbo che
strillava: Stanno atterrando sul tetto!.
Lho sentito solo perch mi si stava praticamente arrampicando addosso nel tentativo di andare in
corridoio. Subito dietro di lui cera Ben che sorreggeva Poundcake con il fianco tenendosi il suo
braccio sulle spalle.
Sullivan! ha urlato. Spicciati!
Evan mi ha afferrata per il gomito. Aspetta. Ha alzato lo sguardo in alto. Ha mosso le labbra
senza emettere suono, o forse ero solo io che non riuscivo a sentirlo.
Cosa? ho gridato. Il generico senso di panico era diventato piuttosto specifico. Aspetta cosa?
Occhi ancora al cielo: Grace.
Un gemito che non preannunciava nulla di buono si levato sopra il frastuono dei rotori,
aumentando di volume e altezza fino a diventare un grido sinistro cos acuto da spaccare i timpani.
Lintero edificio ha tremato. Sul soffitto si formata una crepa. Le orrende stampe dellalbergo nelle
loro cornici da quattro soldi si sono staccate dai muri. La luce del proiettore ha sfarfallato e si
spenta. Un attimo dopo c stata unesplosione ed entrato in camera un getto di aria surriscaldata.
Si sbarazzata del pilota ha detto Evan con un cenno del capo. Mi ha tirata in corridoio insieme
a Sams e Megan, dopodich girando appena la testa ha urlato a Ben: Ora!. Poi, rivolto a me: La
casa sulla cartina. Adesso di Grace, ma dopo stanotte non lo sar pi. Non uscite. Ci sono cibo,
acqua e scorte a sufficienza per tutto linverno. Parlava molto in fretta, come se il tempo stesse per
finire: magari la Quinta Onda non sarebbe arrivata, ma Grace s. L dentro sarete al sicuro, Cassie.
Allequinozio
Dumbo, Ben e Poundcake avevano gi raggiunto le scale. Ben si sbracciava per chiamarci:
Forza!.

Cassie! Mi ascolti? Allequinozio lastronave mander una capsula per prelevare Grace dalla sua
base
Sullivan! Vieni subito qui! ha sbraitato Ben.
Se riesci a trovare il modo di manometterla Mi stava spingendo addosso qualcosa, ma avevo
le mani occupate. A occhi sbarrati ho visto mio fratello strappargli la bustina di plastica con dentro
la bomba.
Poi Evan Walker mi ha preso il viso tra le mani e ha premuto le labbra sulle mie.
Puoi chiudere la partita, Cassie. Tu. E sarebbe giusto cos. Dovresti essere tu. Tu.
Mi ha baciata di nuovo, e il mio sangue si stampato sul suo viso, le sue lacrime si sono stampate
sul mio.
Stavolta io non posso fare promesse ha continuato rapido. Ma tu s. Promettimelo, Cassie.
Promettimi che chiuderai la partita.
Ho annuito. Chiuder la partita. E con quella promessa ho emesso la mia condanna, mi sono
chiusa alle spalle la porta della cella e mi sono appesa al collo la pietra che mi avrebbe trascinata
sul fondo di un mare infinito.

48
Mi sono fermata mezzo secondo sulla porta delle scale sapendo che con ogni probabilit quella era
lultima volta, o pi precisamente la seconda ultima volta, che lo vedevo. Poi, un po come la prima
ultima volta, mi sono tuffata nel buio pesto e, sussurrando a Megan di stare attenta a non scivolare
sulle budella di ratto, sono sbucata nellatrio, dove i ragazzi che mi avevano trascinata a quella festa
mi aspettavano davanti alluscita, i loro corpi stampati in controluce sullo sfondo dei bagliori
arancio spento dellelicottero in fiamme. Scappare dallingresso principale era una mossa cos
contraria a ogni aspettativa da risultare geniale. Grace probabilmente immaginava che fossimo
barricati in una delle stanze al piano di sopra e sarebbe entrata dalla finestra frantumata sullaltro
lato dellalbergo camminando sul muro stile Matrix.
Cassie mi ha detto Sam allorecchio. Hai un naso gigantesco.
Perch rotto. Come il mio cuore, piccolo. Fanno pendant.
Ben non sorreggeva pi Poundcake con il fianco. Lo portava sulle spalle tipo pompiere. E non
aveva laria di uno che si diverte.
Guarda che cos impossibile lho informato. Non farai cento metri.
Lui mi ha ignorata. Bo, occupati di Megan. Sam, tu devi scendere: tua sorella ora si mette in testa.
Io sto in coda.
Mi serve una pistola! ha strillato Sam.
Ben ha ignorato anche lui. Procediamo a tappe. Prima tappa: il cavalcavia. Seconda: gli alberi
sullaltro lato del cavalcavia. Terza
Est ho detto. Ho messo gi Sammy e ho tirato fuori dalla tasca la cartina stropicciata. Ben mi
guardava come se avessi perso la ragione. Andiamo qui. Ho indicato il quadratino che
rappresentava la base di Grace.
Nooo, Sullivan. Andiamo alle grotte da Ringer e Teacup.
A me non interessa dove andiamo: basta che non sia Ramengo! ha gridato Dumbo.
Ben ha scosso la testa. Ora hai rotto, Dumbo. Ora hai proprio rotto. Okay, andiamo dove volete.
Ci siamo messi in marcia. Nevicava leggermente: i minuscoli cristalli vorticavano infiammati
dalla luce arancione. Insieme alla puzza di grasso del carburante che bruciava, si sentiva un intenso
calore proveniente dallalto. Sono passata alla guida come suggerito be, ordinato da Ben, con
Sammy aggrappato a un passante della cintura e Dumbo subito dietro con Megan, che non aveva detto
una parola, e chi poteva fargliene una colpa? Probabilmente era sotto shock. Arrivata a met
parcheggio, poco distante dalla striscia di terra che delimitava la rampa di accesso alla statale, ho
dato unocchiata dietro in tempo per vedere Ben che crollava sotto il peso del suo carico. Ho spinto
Sammy verso Dumbo e, slittando sullasfalto scivoloso, sono corsa da Ben. Sul tetto dellalbergo
vedevo i resti di lamiera contorta del Black Hawk.
Te lavevo detto che cos era impossibile! gli ho urlato a mezza voce.
Non lo abbandono Ben era carponi, senza fiato e in preda a conati di vomito. Nella luce
dellincendio le sue labbra scintillavano di un rosso vivo: tossiva e sputava sangue.
Mi comparso accanto Dumbo. Sergente. Ehi, sergente?
Qualcosa nel suo tono ha attirato lattenzione di Ben, che ha alzato lo sguardo. Dumbo ha scosso
piano la testa come a dire: Non ce la far.
E Ben Parish ha preso a battere la mano sullasfalto ghiacciato, inarcando la schiena e gridando
cose incomprensibili, al che ho pensato: Oddio, no, non il momento per una crisi esistenziale. Se

crolla, siamo spacciati. Spacciati.


Mi sono inginocchiata vicino a lui. Aveva il viso contorto in una smorfia di dolore, paura e rabbia,
una collera radicata nel passato immutabile e sempre presente in cui sua sorella lo chiamava e lui la
abbandonava al suo destino di morte. Lui aveva abbandonato lei, ma lei non avrebbe abbandonato
lui. Gli sarebbe stata accanto per sempre. Gli sarebbe stata accanto finch non avesse esalato
lultimo respiro. Gli era accanto sanguinante anche in quel momento, e non cera niente che lui
potesse fare per salvarla.
Ben ho detto accarezzandogli la nuca. Punteggiati di cristalli di neve, i suoi capelli
scintillavano. finita.
Unombra ci sfrecciata di fianco puntando verso lalbergo. Sono balzata in piedi e ho cominciato
a rincorrerla perch a gettare quellombra diretta alle porte dingresso era mio fratello. Lho
acciuffato e sollevato da terra, al che lui ha preso a scalciare, a divincolarsi e, pi in generale, a fare
il matto. Ero certa che da un momento allaltro avrebbe sbarellato anche Dumbo, e tre pazzi erano
troppi da gestire per chiunque.
Mi preoccupavo per niente, per. Tenendo Megan per mano, Dumbo ha rimesso Ben in piedi e ha
spronato entrambi a correre verso la strada, cavandosela molto meglio di me con Sammy infilato
sotto il braccio a faccia in gi che si agitava e strillava: Dobbiamo tornare indietro, Cassie!
Dobbiamo tornare indietro!.
Abbiamo imboccato la rampa e siamo scesi per il ripido terrapieno che portava sotto il
cavalcavia. Solo a quel punto, completata la prima tappa, ho messo gi Sammy e gli ho dato un bello
sculaccione dicendogli di piantarla o ci avrebbe fatti ammazzare tutti quanti.
Ma poi si pu sapere che ti prende? ho chiesto.
Stavo cercando di dirtelo! ha singhiozzato. Tu per non mi hai voluto ascoltare. Non mi ascolti
mai! Mi caduta!
Ti caduta?
La bustina, Cassie. Mentre correvo mi caduta!
Mi sono girata a guardare Ben. Schiena curva, testa china, avambracci sulle ginocchia piegate. Ho
lanciato unocchiata a Dumbo. Spalle cadenti e occhi sbarrati, continuava a tenere per mano Megan.
Ho una brutta sensazione ha sussurrato.
Il mondo ha trattenuto il fiato. Persino la neve sembrava sospesa immobile in aria.
Lalbergo esploso in unaccecante palla di fuoco color verde neon. Il suolo ha tremato. Lo
spostamento daria causato dal risucchio del vuoto ci ha gettati a terra. Poi, con un boato, sono
arrivati i detriti, e io mi sono buttata su Sammy. Unondata di frammenti di cemento, vetro, legno e
metallo (nonch, ebbene s, di quei ratti del cavolo) non pi grandi di granelli di sabbia ci
piombata addosso dal terrapieno, una caldissima massa grigia che ci ha completamente avviluppati.
Benvenuti a Ramengo.

Sesta parte

IL GRILLETTO

49
Al campo non gli piaceva stare con i bambini. Gli ricordavano il fratellino, quello che aveva perso.
Quello che la mattina in cui era uscito per cercare da mangiare era l e, al suo rientro, non cera pi.
Quello che non aveva mai ritrovato. Durante laddestramento, quando non doveva esercitarsi,
mangiare, dormire, passare lo straccio in caserma, lucidare gli scarponi, pulire il fucile, prestare
servizio in cucina o lavorare nellHangar C&S, dava una mano come volontario negli alloggi dei pi
piccoli o allarrivo degli scuolabus. Non gli piaceva stare con i bambini, ma lo faceva lo stesso.
Sperava ancora di potere, un giorno, rincontrare il fratello. Quel giorno sarebbe entrato nellhangar
adibito alla prima accoglienza e lavrebbe trovato seduto in uno dei grandi cerchi rossi dipinti in
terra, o lavrebbe visto dondolarsi sul vecchio copertone appeso allalbero nel campo giochi
allestito alla belle meglio accanto alla piazza darmi.
Ma non era mai successo.
Allalbergo, quando aveva scoperto che il nemico impiantava bombe nei bambini, si era chiesto se
era quella la fine fatta dal fratello. Se lavevano trovato, preso, costretto a ingoiare la capsula verde
e rimandato fuori perch lo trovasse qualcun altro. Probabilmente no. Moltissimi bambini erano
morti. Solo pochi, una manciata, erano stati tratti in salvo e portati al campo. Verosimilmente, dopo la
scomparsa, suo fratello non era sopravvissuto che qualche giorno.
Ma era comunque possibile che lavessero preso. Che lavessero obbligato a mandare gi la
capsula verde. Che lavessero rispedito fuori e lasciato a vagare finch non si era imbattuto in un
gruppo di superstiti che gli aveva dato da mangiare e aveva poi saturato di fiato il riparo in cui
laveva accolto. Poteva essere andata cos.
Cos che ti tormenta?, gli aveva chiesto Zombi. Avevano appena attraversato il parcheggio per
cercare una bombola di anidride carbonica nella vecchia tavola calda. Zombi ormai aveva rinunciato
a rivolgergli la parola se non per dargli ordini, e ancor pi a tentare di strapparlo al suo mutismo.
Quando gli aveva fatto quella domanda, non si aspettava una risposta.
Si vede quando c qualcosa che ti tormenta. Ti viene unaria costipata. Come se stessi cercando
di cagare un mattone.
La bombola non era molto pesante, ma Zombi era ferito e per tornare indietro si era messo davanti.
Era nervoso, sobbalzava a ogni ombra. Continuava a dire che cera qualcosa che non andava.
Qualcosa che non andava in quellEvan Walker e qualcosa che non andava nella situazione in
generale. Sentiva puzza di fregatura.
Una volta in albergo, Zombi aveva mandato Dumbo di sopra a chiamare Evan. Poi avevano
aspettato che scendesse nascosti in ascensore.
Capisci, Cake, questo ci riporta dritti dritti al mio punto. Impulsi elettromagnetici, tsunami,
epidemie, alieni mascherati, ragazzini rincretiniti e adesso bambini bomba. Perch cazzo la fanno
tanto complicata? come se volessero lo scontro. Oppure come se volessero che lo scontro fosse
interessante. Ehi. Magari proprio cos. Magari con levoluzione si arriva a uno stadio in cui la noia
la minaccia pi grande alla sopravvivenza. Magari non vogliono assolutamente impossessarsi del
pianeta: vogliono giocare. Come quando i bambini strappano le ali alle mosche.
Via via che i minuti passavano, Zombi diventava pi nervoso.
E ora che c? Dove cavolo finito? Oh, porco cane, non sar mica? Meglio se sali, Poundcake.
Se ce n bisogno, caricatelo in spalla e portalo gi.
A met scale aveva sentito una gran botta al piano di sopra, poi un colpo pi leggero e poi ancora

delle grida. Era arrivato alla porta giusto in tempo per vedere il corpo di Cassie passare in volo e
piombare in terra. Dopodich, ripercorsa la traiettoria allindietro, aveva visto la spilungona in piedi
vicino alla stanza con la porta sfondata. E non aveva esitato: era uscito in corridoio con la certezza
che quella tipa non sarebbe sopravvissuta. Era bravo a sparare, il migliore della squadra fino
allarrivo di Ringer, e sapeva che non avrebbe fallito il bersaglio.
Solo che Cassie laveva placcato e la ragazza si era volatilizzata. Non fosse stato per lei,
lavrebbe uccisa. Ne era sicuro.
Poi la ragazza gli aveva sparato attraverso la parete.
Dumbo gli aveva aperto la camicia e gli aveva compresso la ferita con un lenzuolo appallottolato.
Gli aveva detto che non era grave, che se la sarebbe cavata, ma non era vero, e lui lo sapeva
benissimo. Aveva avuto a che fare con la morte troppe volte. Ne conosceva lodore, il gusto,
leffetto. La portava dentro di s nel ricordo della madre, delle pire funerarie alte tre metri, delle
ossa lungo la strada e del nastro trasportatore che, al campo, convogliava centinaia di corpi
nellinceneritore della centrale elettrica, dove i morti venivano bruciati per illuminare le caserme,
scaldare lacqua e combattere il freddo. Morire non era un grosso problema. Morire senza sapere che
fine avesse fatto suo fratello, s.
Mentre moriva, era stato portato di sotto. Mentre moriva, era finito sulle spalle di Zombi. E poi nel
parcheggio Zombi era caduto e gli altri si erano raccolti l intorno e Zombi aveva battuto la mano
sullasfalto coperto di ghiaccio fino a lacerarsi la pelle del palmo.
Dopodich lavevano lasciato. Non se lera presa. Capiva. Stava morendo.
E lui si era alzato.
Non subito. Prima si era trascinato.
La ragazza si trovava nellatrio quando lui entr strisciando. Ferma accanto alla porta che dava
sulle scale, impugnava una pistola con entrambe le mani e teneva la testa china come se stesse
cercando di sentire qualcosa.
Si alz in quel momento.
La ragazza si irrigid. E si volt. Sollev larma, ma quando si rese conto di avere davanti un
moribondo la riabbass. Sorrise e gli disse ciao. E cos, nel guardare lui vicino allingresso, le
sfugg lascensore, e anche Evan che ci saltava dentro dalla botola di soccorso. Appena lo vide,
Evan rest bloccato, come indeciso sul da farsi.
Ti conosco. La ragazza and verso di lui. Se si fosse girata, se avesse dato anche solo unocchiata
alle sue spalle, si sarebbe accorta di Evan, perci lui tir fuori la pistola per distrarla, pistola che
per gli cadde finendo in terra. Aveva perso un sacco di sangue. La sua pressione stava precipitando.
Il cuore non pompava a sufficienza e la sensibilit degli arti diminuiva.
Si butt in ginocchio allungandosi a riprendere larma. Lei gli spar alla mano, ferendolo. Mentre
piombava sul sedere, lui se la mise in tasca come a proteggerla.
Accipicchia, sei proprio un ragazzone forte, vero? Quanti anni hai?
Attese la risposta.
Che c? Il gatto ti ha mangiato la lingua?
Gli spar a una gamba. Poi rimase ad aspettare che gridasse, piangesse o dicesse qualcosa.
Siccome non lo faceva, gli spar anche allaltra.
Alle sue spalle, intanto, Evan si era sdraiato a pancia in gi e aveva cominciato ad avanzare.
Ansimante, lui cerc di dissuaderlo scuotendo la testa. Non sentiva pi niente. Non cera dolore: gli
era semplicemente calata sugli occhi una tenda grigia.
La ragazza si avvicinava. Ormai era a met strada. Gli punt contro la pistola mirando in mezzo

alla fronte.
Parla o ti spappolo il cervello. Dov Evan?
Poi fece per girarsi. Forse aveva sentito Evan che strisciava. Allora lui si alz unaltra volta per
distrarla. Non ci riusc subito. Ci mise pi di un minuto, tra gli scarponi che scivolavano sulle
mattonelle bagnate per via della neve sciolta, i mezzi successi, le ricadute, il fatto che continuava a
tenere la mano in tasca rendendo tutto pi complicato. La ragazza lo guardava e ridacchiava, proprio
come un tempo facevano i suoi compagni di scuola. Era grasso. Era goffo. Era stupido. Era una palla
di lardo. Quando alla fine fu in piedi, lei gli spar di nuovo.
Spicciati, per favore. Sto sprecando munizioni.
La plastica che avvolgeva la merendina era rigida e scricchiolante; faceva sempre rumore quando
ci giocherellava. Era cos che sua mamma aveva scoperto quello che aveva in tasca il giorno in cui il
fratello era scomparso. E cos che se nerano resi conto i soldati sullo scuolabus. Il sergente
istruttore laveva ribattezzato Poundcake perch adorava la storia del ragazzino in carne arrivato al
campo con nientaltro che i vestiti che aveva indosso e una vecchia merendina ormai in briciole ma
ancora nellinvolucro.
La plastica della bustina trasparente che aveva trovato davanti allingresso dellalbergo invece
non scricchiolava. Era molto pi molle. Non fece rumore quando la tir fuori dalla tasca. Usc in
silenzio, lo stesso silenzio in cui era rimasto chiuso lui dopo che la madre gli aveva ordinato di stare
zitto, zitto, zitto.
Il sorriso della ragazza svan.
E Poundcake ricominci a muoversi. Non verso di lei e non verso lascensore, bens verso la porta
laterale in fondo al corridoio.
Ehi, coshai l, ragazzone? Allora? Che roba ? Non mi sembra un antidolorifico.
Il sorriso della ragazza torn al suo posto. Era cambiato, per. Era un sorriso gentile. Era proprio
bella quando sorrideva cos. Probabilmente era la ragazza pi bella che avesse mai visto.
Devi stare molto attento con quellaggeggio. Mi capisci? Ehi. Ehi, sai una cosa? Voglio fare un
patto con te. Io metto gi la pistola se tu metti gi quello. Okay? Che te ne pare?
E poi lo fece davvero. Pos la pistola sul pavimento. Dopodich si tolse di spalla il fucile e pos
anche quello. Per finire, tir su le mani.
Ti posso aiutare. Mettilo gi e io ti aiuto. Non devi morire per forza. So come rimetterti in sesto.
Sono sono diversa da te. Di certo poi non ho la tua forza e il tuo coraggio, questo sicuro.
incredibile che tu sia ancora in piedi.
Stava prendendo tempo. Avrebbe aspettato che svenisse o stramazzasse a terra morto. Non doveva
far altro che continuare a parlare e sorridere e fingere di trovarlo simpatico.
Lui apr la bustina.
Ora la ragazza non sorrideva pi. Gli si stava avventando contro, e in vita sua lui non aveva mai
visto nessuno correre cos veloce. Il velo grigio tremolava. Quando gli fu vicina, spicc un salto e lo
colp a gamba tesa in uno dei punti in cui laveva ferito, scaraventandolo indietro e mandandolo a
sbattere contro il telaio metallico della porta. Per un istante il velo da grigio divent nero. La bustina
gli scapp dalle dita mezzo addormentate e scivol sulle mattonelle come un disco da hockey. La
ragazza si gir da quella parte con leleganza di una ballerina. Lui le fece lo sgambetto e la sped
lunga distesa a terra.
Lei era troppo rapida e lui era troppo malmesso. Ci sarebbe comunque arrivata prima. Perci
raccolse la pistola che gli era sfuggita di mano in precedenza e le spar alla schiena.
Poi si alz per lultima volta. Gett via larma. Scavalc il corpo in preda agli spasmi della

ragazza e subito ricadde.


Si trascin verso la bustina. Lei fece altrettanto. Non riusciva a sollevarsi. Il proiettile le aveva
trapassato la colonna vertebrale. Era paralizzata dalla vita in gi. Ma era pi forte di lui e aveva
perso molto meno sangue.
Lui raccolse la bustina. Lei lo afferr per il braccio e lo tir verso di s come se non pesasse
niente. Lavrebbe finito con un pugno a quel suo cuore gi agonizzante.
Ma lui doveva semplicemente respirare.
Con un gesto deciso si port lapertura della bustina alla bocca.
E respir.

SECONDO LIBRO

Settima parte

LA SOMMA DI TUTTE LE COSE

50
Sono seduta da sola in unaula senza finestre. Moquette azzurra, pareti bianche, lunghi tavoli bianchi.
Monitor bianchi e tastiere bianche. Ho indosso la tuta bianca delle nuove reclute. Campo diverso,
addestramento identico, fino allimpianto nel collo e al viaggio in Mnemolandia. Lo sto ancora
scontando, quel viaggio. Dopo che ti hanno risucchiato i ricordi, non senti un vuoto. Senti un male
cane dappertutto. Anche i muscoli conservano la memoria. per questo che per un simile giro di
giostra ti devono legare.
La porta si apre ed entra il comandante Alexander Vosch. Ha con s una cassetta di legno, che poi
mi posa davanti sul tavolo.
Ti vedo bene, Marika dice. Molto meglio di quanto pensassi.
Mi chiamo Ringer.
Annuisce. Capisce benissimo cosa intendo. Mi capitato pi volte di chiedermi se le informazioni
raccolte da Mnemolandia vadano in entrambe le direzioni. Se si pu scaricare il vissuto di qualcuno,
perch non dovrebbe essere possibile caricarlo in qualcun altro? Forse la persona che mi sta
sorridendo contiene i ricordi di ogni singolo essere umano analizzato dal programma. Pu darsi che
non sia umano io ho i miei dubbi al riguardo ma pu anche darsi che sia la somma di tutti gli
umani che hanno varcato i cancelli di Mnemolandia.
Certo. Marika morta. Si siede dallaltra parte del tavolo. E ora eccoti qui, risorta come una
fenice dalle sue ceneri.
Sa cosa sto per domandargli. Lo vedo dal luccichio nei suoi occhi azzurri. Perch non me lo dice e
basta? Perch glielo devo chiedere?
viva Teacup?
Di che risposta ti fideresti di pi? S o no?
Rifletti prima di controbattere. Gli scacchi insegnano. No.
Perch?
S potrebbe essere una bugia per manipolarmi.
Annuisce: daccordo. Per darti false speranze.
Per tenermi in pugno.
Inclina la testa e mi guarda da sopra il naso affilato. E perch uno come me dovrebbe avere
bisogno di tenere in pugno una come te?
Non lo so. Evidentemente vuoi qualcosa.
Altrimenti?
Altrimenti sarei morta.
Rimane in silenzio per un po. Il suo sguardo penetrante mi arriva fino alle ossa. Indica la scatola
di legno.
Ti ho portato una cosa. Aprila.
Guardo in basso. Poi di nuovo lui. Non mi va.
solo una scatola.
Qualunque cosa tu voglia, non ho intenzione di farla. Stai sprecando tempo.
E il tempo lunica valuta rimasta, vero? Il tempo e le promesse. Picchia sul coperchio con il
dito. Mi c voluto un sacco di quel primo prezioso bene per trovare una di queste. Spinge la
scatola verso di me. Aprila.
La apro. Lui va avanti. Ben non voleva giocare con te. E nemmeno la piccola Allison Teacup,

cio. Anche Allison morta. Non fai una partita a scacchi da quando se n andato tuo padre.
Scuoto la testa. Non in risposta alla sua domanda. Scuoto la testa perch non capisco. Il sommo
artefice del genocidio vuole giocare a scacchi con me?
Rabbrividisco. La tuta sottile come un foglio di carta e la stanza freddissima. Vosch mi guarda
sorridendo. No. Non si limita a guardarmi. Non come Mnemolandia. Non al corrente solo dei
ricordi. al corrente anche dei pensieri. Mnemolandia un apparecchio. Registra, mentre invece
Vosch interpreta.
Se ne sono andati dico di getto. Hanno lasciato lalbergo. E tu non sai dove sono. Devessere
questo. Non mi viene in mente nessunaltra ragione che spieghi perch non mi ha uccisa.
Una ragione pietosa, comunque. Con questo clima e con le sue risorse, quanto mai sar difficile
trovarli? Mi infilo le mani gelate tra le ginocchia e mi sforzo di fare respiri lenti e profondi.
Lui solleva il coperchio, tira fuori la tavola e prende la regina bianca. Bianco? Preferisci il
bianco.
Dita lunghe e sciolte preparano la scacchiera. Dita da musicista, scultore, pittore. Appoggia i
gomiti sul tavolo e intreccia quelle dita a formare un ripiano per il mento, come faceva mio padre
ogni volta che giocava.
Cosa vuoi? chiedo.
Alza un sopracciglio. Voglio fare una partita a scacchi.
Mi fissa in silenzio. Cinque secondi diventano dieci. Dieci diventano venti. Dopo trenta, mi
sembra che sia passata uneternit. Credo di sapere cosa sta facendo: un gioco allinterno del gioco.
Solo che non capisco perch.
Opto per unapertura spagnola. Non la mossa pi originale della storia, ma mi sento un po sotto
pressione. Per tutto il tempo lui canticchia stonato a bocca chiusa: lo fa apposta per scimmiottare mio
padre. Ho il voltastomaco dal disgusto. Per sopravvivere ho costruito dei muri, una fortezza emotiva
che mi ha protetta e mi ha permesso di conservare la salute mentale in un mondo pericolosamente
uscito di senno, ma anche la persona pi aperta ha in s un luogo privato sacro a cui non vuole che
nessun altro acceda.
Ora capisco il gioco allinterno del gioco: non c niente di privato, niente di sacro. Non c
nessuna parte di me che lui non conosca. Il voltastomaco peggiora. Ha violato pi dei miei ricordi.
Mi sta molestando lanima.
Il mouse e la tastiera alla mia destra sono senza fili. Ma il monitor accanto a lui, no. Un balzo
dallaltra parte del tavolo, un colpo secco alla nuca e una passata di cavo intorno al collo.
Esecuzione in quattro secondi, fine in quattro minuti. A meno che non ci osservino, e probabilmente
cos. Vosch vivr, io e Teacup moriremo. E, supponendo che quanto sosteneva Evan Walker sia vero,
se anche riuscissi a eliminarlo, sarebbe una vittoria di Pirro. Allalbergo lho fatto notare a Sullivan
quando ha detto che Evan si era sacrificato per far saltare in aria la base: se si possono scaricare in
corpi umani, possono anche fare copie di loro stessi. In tal caso la serie di Evan e di Vosch
sarebbe potenzialmente infinita. Evan poteva uccidersi. Io potrei uccidere Vosch. Non avrebbe alcuna
importanza. Le entit al loro interno sarebbero, per definizione, immortali.
Fai molta attenzione a quello che sto per dirti ha risposto Sullivan con finto tono paziente. C
un essere umano che si fuso con la coscienza aliena. Evan non n luna n laltra cosa: linsieme
delle due. Perci pu morire.
Comunque non morirebbe la parte che conta.
Giusto, ha ribattuto acida. Morirebbe solo linsignificante parte umana.
Vosch sporto sulla scacchiera. Ha lalito cha sa di mela. Mi premo le mani in grembo. Alza un

sopracciglio. Problemi?
Perder dico.
Lui si finge sorpreso. Cosa te lo fa pensare?
Sai che mossa far prima che la faccia.
Lo credi per via di Mnemolandia. Ma ti dimentichi che siamo pi della somma delle nostre
esperienze. Gli umani possono essere meravigliosamente imprevedibili. Guarda, per esempio, il
modo in cui hai salvato Ben Parish mentre Camp Haven collassava. Un gesto contrario a ogni logica
e al primo istinto di tutti gli esseri viventi: continuare a vivere. Oppure la tua decisione di ieri,
quando ti sei arresa perch hai capito che la bambina avrebbe avuto la possibilit di cavarsela solo
se ti fossi fatta catturare.
E se l cavata?
Conosci gi la risposta a questa domanda. Tono spazientito, da insegnante severo a un alunno
promettente. Fa un gesto verso la scacchiera: Gioca.
Chiudo una mano sullaltra serrata a pugno e stringo pi forte che posso immaginando che quel
pugno sia il suo collo. Quattro minuti per soffocarlo e ucciderlo. Solo quattro minuti.
Teacup viva dico. Minacciare me servirebbe a poco: preferirei farmi fulminare il cervello
che ubbidirti. Ma sai che per lei mi convincerei.
Ormai siete una cosa sola, vero? come se foste collegate da un cordoncino argentato. Sorride.
A ogni modo, oltre a diverse lesioni gravi da cui potrebbe o no essersi ripresa, ti deve unaltra
cosa: il dono inestimabile del tempo. C un proverbio latino che dice: Vincit qui patitur. Sai che
significa?
Ho passato lo stadio del freddo. Ho raggiunto lo zero assoluto. No, e lo sai.
Chi la dura la vince. Pensa ai ratti della povera Teacup. Cosa ci insegnano? Te lho detto la
prima volta che ci siamo visti: si tratta di distruggere non tanto la possibilit dellavversario di
contrattaccare quanto la sua volont di farlo.
Di nuovo i ratti. Un ratto senza speranza un ratto morto.
I ratti non sanno cosa sia, la speranza. O la fede. O lamore. Avevi ragione in proposito, soldato
Ringer. Non saranno queste cose a salvare lumanit dalla tempesta. Sulla rabbia per ti sbagliavi.
Nemmeno la rabbia la risposta.
E qual la risposta? Non voglio fare domande, non voglio dargli questa soddisfazione, ma non
riesco a trattenermi.
Ci sei vicina dice. Credo che ti sorprenderebbe sapere quanto.
Ovvero? Ho la voce acuta, da ratto.
Scuote la testa, nuovamente spazientito. Gioca.
inutile.
Un mondo in cui gli scacchi non contano un mondo in cui non mi interessa vivere.
Smettila. Smettila di fare il verso a mio padre.
Tuo padre era un bravuomo in balia di un problema terribile. Non dovresti essere cos dura nel
giudicarlo. E neppure nel giudicare te stessa per averlo abbandonato.
Per favore, non te ne andare. Non mi lasciare, Marika.
Dita lunghe e sciolte che mi ghermiscono la maglietta, dita da artista. Viso segnato dallo scalpello
impietoso della fame, il maestro infuriato con largilla indifesa, e occhi rossi bordati di nero.
Poi torno. Te lo prometto. Senza, morirai. Te lo prometto. Poi torno.
Vosch sorride senza partecipazione, un sorriso da squalo o un ghigno da teschio, e se la risposta
non la rabbia, allora cos? Stringo il pugno cos forte da conficcarmi le unghie nel palmo. Ecco,

cos che me lha descritto Evan ha detto Sullivan chiudendo la mano intorno al pugno. Questa
Evan. E questo lessere allinterno. La mia mano la rabbia, ma cos il mio pugno? Che c sotto
lo strato di rabbia?
Una mossa allo scacco matto annuncia Vosch sottovoce. Perch non la fai?
Le mie labbra si muovono a stento. Perch non mi piace perdere.
Tira fuori dal taschino un apparecchio argenteo grande quanto un cellulare. Ne ho gi visto uno
simile. So a cosa serve. Comincio a sentire un prurito al collo, tuttintorno al minuscolo cerotto che
copre il punto dinserimento del cilindretto.
Questo ormai conta poco dice.
Sangue sul palmo del pugno che dentro la mano che stringe il pugno. Premi pure il tasto. Non
me ne frega niente.
Annuisce in segno di approvazione. Ora sei vicinissima alla risposta. Ma non tuo limpianto
collegato. Vuoi ancora che lo prema?
Teacup. Abbasso lo sguardo sulla tavola. Una mossa allo scacco matto. La partita era finita
prima di iniziare. Quando un incontro truccato, come si fa a evitare la sconfitta?
A suggerirmi la risposta stata una bambina di sette anni. Infilo la mano sotto la scacchiera e gli
scaravento tutto in faccia. Mi sa tanto che questo scacco matto, stronza!
Lui lo capisce in tempo e si scosta senza fatica. I pezzi ricadono sul tavolo sbattendo, rotolano
pigri sul ripiano e alla fine cadono in terra. Non avrebbe dovuto dirmi che lapparecchio collegato
allimpianto di Teacup: se preme il tasto, perde il potere che ha su di me.
Vosch preme il tasto.

51
La mia reazione lentissima. E istantanea.
Scavalco il tavolo e gli do una ginocchiata al petto che lo manda a terra sulla schiena. Gli finisco
addosso e gli sbatto la base del palmo insanguinato su quel naso aristocratico. Nel farlo ruoto le
spalle in modo da massimizzare limpatto: un colpo da manuale, proprio come mi hanno insegnato a
Camp Haven. Allenamento dopo allenamento dopo allenamento, alla fine non c pi bisogno di
pensare: anche i muscoli conservano la memoria. Il naso gli si rompe con uno scrocchio appagante. A
questo punto, dicevano gli istruttori, un soldato saggio batte in ritirata. Il corpo a corpo
imprevedibile e ogni secondo di scontro aumenta il rischio. Meglio, amavano ripetere, tagliare la
corda. Vincit qui patitur.
Ma qui non c modo di tagliare la corda. Lorologio si avvicina allultimo tic: finito il tempo.
La porta si spalanca e la stanza viene invasa da soldati. In un lampo mi afferrano, mi strappano da
Vosch e mi gettano a faccia in gi sul pavimento. Ho uno stinco premuto sul collo. Sento lodore del
sangue. Non il mio. Quello di Vosch.
Mi deludi mi sussurra allorecchio. Te lavevo detto che la risposta non era la rabbia.
Mi rimettono in piedi. La met inferiore del viso di Vosch coperta di sangue. Gli imbratta le
guance come una pittura di guerra. Gli occhi, gi un po gonfi, gli danno un bizzarro aspetto da
maiale.
Si gira verso il capo della squadra fermo l accanto, una recluta slanciata dalla pelle chiara con
capelli biondi ed espressivi occhi scuri.
Preparala.

52
Corridoio: soffitti bassi, neon che sfarfallano, pareti a blocchi di cemento. La pressione dei corpi
intorno a me, uno davanti, uno dietro, due ai lati a tenermi per le braccia. Lo stridere delle scarpe
dalle suole di gomma sul pavimento grigio in calcestruzzo, una leggera puzza di sudore e laroma
dolciastro dellaria riciclata. Scale: ringhiera dipinta dello stesso grigio dei pavimenti, ragnatele che
tremolano negli angoli, polverose lampadine gialle dentro gabbie di filo di ferro e, via via che
scendiamo, sempre pi caldo e odore di chiuso. Un altro corridoio: porte non contrassegnate, larghe
strisce rosse che corrono lungo i muri grigi e cartelli che dicono VIETATO LACCESSO e SOLO
PERSONALE AUTORIZZATO. Stanza: piccola, senza finestre. Armadietti lungo una parete, un letto da
ospedale al centro e, accanto, un monitor per i parametri vitali con lo schermo nero. Ai lati del letto,
due persone con indosso un camice bianco. Un uomo di mezzet e una donna pi giovane, entrambi
con un sorriso forzato.
La porta si chiude con un rumore metallico. Sono sola con i Camici Bianchi, fatta eccezione per la
recluta bionda ferma alle mie spalle vicino allingresso.
Con le buone o con le cattive dice luomo. A te la scelta.
Con le cattive rispondo. In un attimo mi volto e stendo il ragazzo con un pugno alla gola. La
pistola gli cade sulle mattonelle. La tiro su e mi rigiro verso i Camici Bianchi.
Non puoi fuggire dice luomo calmo. Lo sai.
S, lo so. Ma non per fuggire che mi serve la pistola. Non nel senso in cui lo intende lui. Non ho
intenzione di fare ostaggi n di uccidere nessuno. Uccidere esseri umani lobiettivo del nemico.
Dietro di me, il ragazzo si contorce emettendo suoni a met tra singhiozzi e gorgoglii. Potrei avergli
danneggiato la laringe.
Lancio unocchiata alla telecamera montata nellangolo al capo opposto della stanza. Mi sta
guardando? Grazie a Mnemolandia mi conosce meglio di chiunque altro al mondo. Sono certa che sa
per quale motivo ho preso la pistola.
Sono sotto scacco. Ed troppo tardi per abbandonare la partita.
Mi punto larma fredda alla tempia. La donna spalanca la bocca, incredula. Fa un passo verso di
me.
Marika. Occhi gentili. Voce dolce. viva perch lo sei tu. Se muori, morir anche lei.
Ecco, ora ci sono. Mi ha detto che la risposta non la rabbia, e la rabbia lunica cosa che pu
spiegare il fatto che ha premuto il tasto del soppressore quando ho rovesciato la scacchiera. O
perlomeno questo che ho pensato sul momento. Non ho neppure considerato lidea che potesse
essere un bluff.
E invece avrei dovuto. Non avrebbe mai rinunciato al suo strumento di potere. Perch non lho
capito? Sono io quella accecata dalla rabbia, non lui.
Mi gira la testa; la stanza non vuole stare ferma. Bluff dentro bluff, finte dentro controfinte. Sono in
un gioco di cui non conosco le regole e nemmeno lo scopo. Teacup viva perch lo sono io. Io sono
viva perch lo lei.
Portami da lei dico alla donna. Voglio la prova che quellassunto fondamentale sia vero.
Scordatelo interviene luomo. Quindi?
Bella domanda. Ma devo insistere, insistere con pi forza, la stessa con cui mi premo la pistola
alla tempia. Portami da lei o giuro su Dio che lo faccio.
Non puoi dice la donna. Voce dolce. Occhi gentili. Mano tesa.

Ha ragione. Non posso. Potrebbe essere una bugia: Teacup potrebbe essere morta. Ma resta
comunque una possibilit che sia viva, e se io muoio non hanno motivo di risparmiarla. Il rischio
inaccettabile.
questo il pasticcio. questa la trappola. qui che la strada delle promesse impossibili si
trasforma in un vicolo cieco. qui che porta lantiquata convinzione che la vita insignificante di una
bambina di sette anni conti ancora.
Mi dispiace, Teacup. Avrei dovuto mettere fine a questa situazione nel bosco.
Abbasso la pistola.

53
Il computer si accende. Battito, pressione sanguigna, respiro, temperatura. Il ragazzo che ho messo al
tappeto di nuovo in piedi; appoggiato alla porta, con una mano si massaggia il collo e con laltra
tiene la pistola. Mi guarda torvo. Io sono a letto.
Una cosa per farti rilassare mormora la donna con la voce dolce e gli occhi gentili. Una
piccola iniezione.
La puntura dellago. Le pareti scompaiono in un nulla incolore. Passano mille anni. Vengo ridotta
in polvere sotto il tacco del tempo. Le loro voci si fanno strascicate, le loro facce si dilatano. Il
materassino di gommapiuma su cui sono sdraiata si dissolve. Galleggio in uno sconfinato oceano
bianco.
Dalla nebbia filtra una voce senza corpo. E ora torniamo al problema dei ratti, ti va?
Vosch. Non lo vedo. La sua voce non ha fonte. Arriva da ogni parte e da nessuna, come se fosse
dentro di me.
Hai perso casa tua. Ne hai trovata unaltra, una sola, che bella ma infestata da ratti. Cosa puoi
fare? Che scelte hai? Puoi rassegnarti a vivere in pace con quelle bestiacce in grado solo di far
danni, o sterminarle prima che distruggano tutto. Ti dici: I ratti sono creature disgustose, ma pur
sempre esseri viventi con i miei stessi diritti? Oppure: Siamo incompatibili, io e questi ratti. Se
voglio vivere qui, devono morire?
Da migliaia di chilometri di distanza sento il bip bip del monitor che controlla il battito del mio
cuore. Il mare si increspa. Mi alzo e mi abbasso a ogni movimento della superficie.
Ma il punto non sono i ratti. La sua voce mi martella, pastosa, cupa come un tuono. Non lo sono
mai stati. Che sia necessario sterminarli un dato di fatto. il metodo che ti tormenta. La questione
vera, il nodo fondamentale, riguarda la roccia.
La tenda bianca si scosta. Sto ancora galleggiando, ma ora mi trovo sopra la Terra in un vuoto nero
inondato di stelle e il sole che bacia lorizzonte tinge la superficie del pianeta di uno scintillante
colore oro. Il bip bip del monitor diventa frenetico. Sento una voce che esclama: Oh, merda e poi
quella di Vosch che dice: Respira, Marika. Sei perfettamente al sicuro.
Perfettamente al sicuro. Allora per questo che mi hanno sedata. Altrimenti, con ogni
probabilit, il mio cuore si sarebbe fermato per lo shock. Leffetto tridimensionale, indistinguibile
dalla realt, solo che nello spazio vero non potrei respirare. N sentire la voce di Vosch l dove il
suono non esiste.
Questa la Terra comera sessantasei milioni di anni fa. Bella, eh? Un eden incontaminato. Laria
prima che la avvelenaste. Lacqua prima che la insozzaste. La terra lussureggiante di vita prima che
voi, roditori che non siete altro, ne faceste scempio per nutrire i vostri voraci appetiti e costruire le
vostre luride tane. Si sarebbe potuta conservare intatta per altri sessantasei milioni di anni, salva
dalla vostra ingordigia di mammiferi, non fosse stato per un incontro casuale con un visitatore alieno
grande un quarto di Manhattan.
Lasteroide mi sfreccia accanto, rugoso e butterato, coprendo le stelle nella sua corsa verso il
pianeta. Quando entra nellatmosfera, la met inferiore diventa incandescente. Giallo acceso, poi
bianco.
E cos il destino del mondo deciso. Da una roccia.
Ora mi trovo sulla riva di un mare poco profondo ma immenso e guardo lasteroide che cade, un
puntino minuscolo, un sassetto insignificante.

Quando la polvere creata dallimpatto si posata, delle forme di vita presenti sulla Terra solo un
quarto era sopravvissuto. Il mondo finisce. Il mondo comincia di nuovo. Lumanit deve la propria
esistenza a un capriccio del cosmo. A un macigno. Fa davvero specie, se ci pensi.
Il suolo trema. Unesplosione distante, poi un silenzio innaturale.
E qui sta il rompicapo, lenigma che hai sempre evitato, perch confrontarsi con il problema
scuote le fondamenta stesse, vero? Si sottrae a qualunque spiegazione. Rende tutto ci che successo
confuso, assurdo, insensato allinverosimile.
Il mare si agita e fuma. Lacqua ribolle ed evapora. Unenorme massa di polvere e pietra
sbriciolata avanza verso di me tuonando e offuscando il cielo. Laria piena di suoni acuti come le
grida di un animale morente.
Non c bisogno che dica ovviet, no? La questione ti tormenta da tantissimo tempo.
Non riesco a muovermi. Lo so che non reale, ma il mio panico s, mentre la massa di vapore e
frammenti mi piomba addosso con un brontolio cupo. Un milione di anni di evoluzione mi ha
insegnato a fidarmi dei miei sensi e la parte primitiva del mio cervello sorda a quella razionale che
le strilla: Non reale non reale non reale non reale.
Impulsi elettromagnetici. Gigantesche barre di metallo che piovono dal cielo. Epidemia
virale A ogni parola la sua voce si alza e le parole sono come rombi di tuono o colpi violenti
assestati dal tacco di uno scarpone. Agenti inattivi inseriti in corpi umani. Eserciti di bambini
sottoposti al lavaggio del cervello. Che razza di storia ? questo il punto centrale. Lunico che conti
davvero: perch darsi tanta pena quando non serve altro che una roccia molto, molto grossa?
Londa mi sommerge, e io annego.

54
Rimango sepolta per millenni.
Chilometri sopra di me, il mondo si sveglia. Nelle ombre fresche che si raccolgono come pozze ai
piedi degli alberi della foresta pluviale, una creatura simile a un topo scava in cerca di radici tenere.
I suoi discendenti addomesticheranno il fuoco, inventeranno la ruota, scopriranno le leggi della
matematica, creeranno la poesia, devieranno fiumi, spianeranno selve, costruiranno citt,
esploreranno lo spazio. Ma per ora lunica cosa che conta trovare da mangiare e rimanere in vita
almeno quanto basta a generare altre creature simili a topi.
Annientato dal fuoco e dalla polvere, il mondo rinasce sotto forma di roditore affamato che scava
nella terra.
Lorologio ticchetta. Nervosa, la creatura annusa laria calda e umida. Il battito da metronomo
dellorologio accelera e io risalgo verso la superficie. Quando spunto dalla polvere, la creatura si
trasformata: seduta su una sedia accanto al mio letto, con indosso un paio di jeans irrigiditi dallo
sporco e una maglietta strappata. Con le spalle curve, la barba incolta e lo sguardo assente, c
linventore della ruota, colui che ha ereditato, malgestito e dissipato le proprie ricchezze.
Mio padre.
Il bip bip del monitor. La flebo che gocciola e le lenzuola rigide e il cuscino duro e i tubicini che
mi escono serpeggiando dalle braccia. E luomo seduto accanto al letto, sudato e giallognolo, coperto
da una patina di sudiciume, irrequieto, che si tormenta la maglietta, con gli occhi iniettati di sangue e
le labbra umide e gonfie.
Marika.
Chiudo gli occhi. Non lui. il farmaco che Vosch ti ha iniettato.
Di nuovo: Marika.
Stai zitto. Non sei reale.
Marika, devo dirti una cosa. Una cosa che giusto tu sappia.
Non capisco perch mi fai questo dico rivolta a Vosch. Lo so che mi guarda.
Ti perdono dice mio padre.
Non riesco a respirare. Sento un dolore acuto al petto, come se mi ci avessero piantato un coltello.
Per favore imploro Vosch. Per favore, smettila.
Dovevi andare continua mio padre. Non avevi altra scelta e comunque quello che successo
solo colpa mia. Non sei stata tu a farmi diventare un ubriacone.
Istintivamente mi tappo le orecchie con le mani. Ma la sua voce non nella stanza: dentro di me.
Non ho resistito molto, dopo che te ne sei andata cerca di consolarmi lui. Solo un paio dore.
Eravamo a Cincinnati. Avevamo fatto centocinquanta chilometri abbondanti. Poi la sua scorta
finita. Mi ha pregata di non lasciarlo, ma sapevo che se non avessi trovato subito dellalcol sarebbe
morto. Ne ho rimediato un po una bottiglia di vodka infilata sotto un materasso dopo essermi
intrufolata in sedici case diverse, che poi intrufolata per modo di dire, visto che erano tutte case
abbandonate e che mi era bastato passare da una finestra rotta. Ero cos felice quando ho visto quella
bottiglia che lho baciata.
Ma era troppo tardi. Tempo di tornare allaccampamento e mio padre era morto.
So che te lo rimproveri, ma sarei morto comunque. Sarei morto comunque. Hai fatto quello che
credevi fosse necessario.
Sottrarsi alla sua voce impossibile. Altrettanto scappare. Apro gli occhi e guardo dritto nei suoi.

tutta una menzogna. Non sei reale.


Sorride. Lo stesso sorriso di quando, durante una partita, facevo una mossa particolarmente bella.
Linsegnante soddisfatto.
proprio questo che sono venuto a dirti! Si passa le dita affusolate sulle cosce, e io vedo lo
sporco incrostato sotto le unghie. questa la lezione, Marika. questo che vogliono tu capisca.
Mano calda su pelle fredda: mi sta toccando il braccio. Lultima volta che ho sentito il contatto di
quella mano stato sulla guancia, mentre mi schiaffeggiava e con laltra mi teneva ferma. Stronza!
Non mi lasciare. Non ci provare neanche, stronza! E ogni stronza era sottolineato da uno schiaffo.
Aveva perso la ragione. Nel buio assoluto che calava ogni notte, vedeva cose che non esistevano.
Oppure le udiva nel silenzio spaventoso che ogni giorno minacciava di sopraffarci. La notte in cui
morto si svegliato gridando e cacciandosi le unghie negli occhi. Ci sentiva brulicare dentro degli
insetti.
Quegli stessi occhi gonfi mi fissano in questo momento. E i graffi sulla pelle sottostante sono
ancora freschi. Un altro cerchio, un altro cordoncino argentato: ora sono io a vedere, udire e sentire
cose che non esistono nel silenzio spaventoso.
Prima ci hanno insegnato a non fidarci di loro sussurra. Poi ci hanno insegnato a non fidarci
luno dellaltro. Ora ci stanno insegnando a non fidarci nemmeno di noi stessi.
Non capisco rispondo sussurrando a mia volta.
Sta scomparendo. Mentre io scivolo dentro profondit senza luce, lui svanisce in una luce senza
profondit. Mi bacia sulla fronte. Una benedizione. Una maledizione.
Adesso appartieni a loro.

55
La sedia tornata vuota. Sono sola. Poi ricordo a me stessa che ero sola anche quando la sedia non
era vuota. Aspetto che il martellio del mio cuore si plachi. Mi impongo di mantenere la calma, di
controllare il respiro. Il farmaco terminer il suo circolo nellorganismo e poi star bene. Sei al
sicuro mi dico. Perfettamente al sicuro.
Entra la recluta bionda a cui ho dato il pugno alla gola. Ha in mano un vassoio con del cibo: una
fetta di carne grigiastra di misteriosa provenienza, patate, una montagnola di fagioli mollicci e un
bicchierone di succo darancia. Appoggia il vassoio accanto al letto, schiaccia un tasto per portarmi
in posizione seduta, ruota il supporto per sistemarmi davanti il piatto e poi resta l fermo in piedi a
braccia incrociate, come se fosse in attesa di qualcosa.
Dimmi se buono mormora con voce roca. Io non potr mangiare niente di solido per ben tre
settimane.
Ha la pelle chiara, il che fa sembrare i suoi profondi occhi castani ancora pi scuri. Non lo
definirei grosso: non n palestrato come Zombi n tozzo come Poundcake. alto e asciutto, un
fisico da nuotatore. C unintensit pacata in lui, nel modo in cui si comporta, ma in particolare negli
occhi, una forza attentamente tenuta a freno appena sotto la superficie.
Non so di preciso cosa si aspetti che dica. Scusa.
stato un colpo basso. Tamburella con le dita sul braccio. Non mangi?
Faccio segno di no. Non ho fame.
reale questo cibo? E il ragazzo che me lha portato? Questa incertezza sulle mie sensazioni
sconfortante. Sto annegando in un mare infinito. Sprofondo lentamente, trascinata gi dal peso delle
profondit senza luce, mentre la pressione mi svuota i polmoni di aria e il cuore di sangue.
Bevi il succo mi sgrida. Dicono che dovresti almeno bere il succo.
Perch? chiedo con voce strozzata. Cosa c, nel succo?
Un po paranoica?
Un po.
Ti hanno appena tolto mezzo litro di sangue. Ecco perch si sono raccomandati che almeno
bevessi il succo.
Io non me lo ricordo. stato mentre parlavo con mio padre? Perch mi prelevano il sangue?
Sguardo fisso e inespressivo. Dammi un attimo che ci penso. Di solito mi informano su tutto.
Cosa ti hanno detto? Che ci faccio qui?
In teoria non dovrei neanche rivolgerti la parola risponde. Poi: Ci hanno detto che sei una
prigioniera di riguardo. Una specie di VIP . Scuote la testa. Bah. Nei bei tempi andati chi dava di
Dorothy spariva e basta.
Io non ho dato di Dorothy.
Scrolla le spalle. Non mi interessa fare domande.
A me, per, interessa ottenere risposte. Sai cos successo a Teacup?
TK? un nome in codice?
No.
Era una battuta.
Non lho capita.
Okay. Vattene a fanculo.
La bambina che arrivata in elicottero con me. Aveva una brutta ferita. Ho bisogno di sapere se

viva.
Annuisce serio. S, s, aspetta, ora te lo dico.
Sono partita con il piede sbagliato. Non sono mai stata brava con le persone. Alle medie il mio
soprannome era Sua Maest Marika. Ne esisteva una decina di varianti. Magari dovrei cercare di
stabilire un rapporto che vada oltre il vaffanculo. Io, comunque, mi chiamo Ringer.
Stupendo. Ne andrai molto fiera, immagino.
Hai unaria familiare. Eri a Camp Haven?
Fa per rispondere. Poi si blocca. Non sono autorizzato a parlarti.
Per poco non mi scappa detto: E allora perch lo fai?. Ma mi freno in tempo. In effetti mi pare
una buona idea. Non vogliono che tu sappia cosa so.
Oh, lo so cosa sai: tutta una balla, siamo stati infinocchiati dal nemico, ci stanno usando per
fare piazza pulita dei sopravvissuti, bla bla bla. Tipiche stronzate alla Dorothy.
S, era quello che credevo ammetto. Ora non ne sono pi tanto sicura.
Ci salterai fuori.
Senzaltro. Rocce e ratti e forme di vita cos evolute da non avere pi bisogno di corpi. Ci
salter fuori, certo, ma probabilmente troppo tardi. Anzi, probabilmente gi troppo tardi. Perch mi
hanno prelevato il sangue? Perch Vosch mi tiene in vita? Cosa posso mai avere che gli faccia
comodo? Perch hanno bisogno di me, di questo ragazzo biondo o di qualsiasi altro umano? Se con le
loro manipolazioni genetiche sono riusciti a mettere a punto un virus capace di uccidere nove persone
su dieci, perch non dovrebbero riuscire a metterne a punto un secondo capace di ucciderne dieci su
dieci? O, come ha detto Vosch, perch darsi tanta pena quando non serve altro che una roccia bella
grossa?
Mi fa male la testa. Mi gira tutto. Ho la nausea. Mi manca la capacit di pensare lucidamente. Era
la cosa che mi piaceva di pi in assoluto.
Bevi quel cavolo di succo cos poi me ne vado dice.
Tu dimmi come ti chiami e io lo bevo.
Esita, poi: Razor.
Bevo il succo. Lui prende il vassoio ed esce. Se non altro, gli ho strappato il nome. Una piccola
vittoria.

56
Arriva la donna con il camice bianco. Si presenta come dottoressa Claire. Capelli scuri e ondulati
tirati indietro a lasciare scoperto il viso. Occhi del colore del cielo autunnale. Sa di mandorle amare,
che anche lodore del cianuro.
Perch mi avete prelevato il sangue?
Sorride. Perch sei cos dolce, Ringer, che abbiamo deciso di clonarti in almeno cento copie.
Nella sua voce non c traccia di sarcasmo. Stacca la flebo e arretra in tutta fretta: sembra abbia
paura che io salti gi dal letto e la strangoli. Per un attimo, in effetti, ho considerato lidea, ma
preferirei pugnalarla con un temperino. Non so quante volte dovrei colpirla per ucciderla. Parecchie,
probabilmente.
Ecco unaltra delle cose che non hanno senso dico. Perch scaricare la vostra coscienza in un
corpo umano quando potreste ottenere tutti i cloni che volete standovene sulla vostra astronave? Con
zero rischi. Soprattutto considerato che qualcuno dei vostri compari pu combinarvene una alla
Evan Walker e innamorarsi di una ragazza umana.
unosservazione valida. Annuisce seria. Ne parler durante la prossima riunione strategica.
Magari dobbiamo ripensare tutta questa storia della conquista ostile. Fa un cenno verso la porta.
Cammina.
Per andare dove?
Lo scoprirai. Non ti preoccupare. Poi aggiunge: Ti piacer.
Non andiamo molto lontano. Due stanze pi in l. Larredamento sobrio. Un lavandino e un
armadietto, un water e una doccia.
Da quant che non ti lavi come si deve? chiede.
Da Camp Haven. Dalla notte prima che sparassi al cuore del mio sergente istruttore.
Ma di? risponde tutta tranquilla, come se le avessi detto che un tempo abitavo a San Francisco.
Lasciugamano l. Spazzolino, pettine e deodorante sono nellarmadietto. Mi trovi subito fuori
dalla porta. Se hai bisogno di qualcosa, bussa.
Rimasta sola, apro larmadietto. Deodorante roll-on con antitraspiranti. Pettine. Tubetto di
dentifricio mini taglia. Spazzolino ancora chiuso nella plastica. Niente filo interdentale. Uffa, ci
avevo sperato. Spreco qualche istante a chiedermi quanto ci vorrebbe a fare la punta al manico dello
spazzolino in modo da renderlo acuminato. Poi mi sfilo la tuta ed entro nella doccia, al che mi viene
in mente Zombi, non perch sono nuda nella doccia, ma perch una volta ha attaccato a parlare di
Facebook e fast food e campanelle e di tutta una serie infinita di altre cose che abbiamo perso, tipo le
patatine unte e bisunte, le librerie con lodore di chiuso e le docce calde. Alzo la temperatura al mio
massimo e lascio che lacqua mi piova addosso finch i polpastrelli non mi si aggrinziscono.
Saponetta alla lavanda. Shampoo alla frutta. Il rigonfiamento duro del minuscolo impianto mi si
muove sotto le dita. Adesso appartieni a loro.
Scaglio il flacone dello shampoo contro la parete della doccia. Colpisco con il pugno le piastrelle
finch non mi si spellano le nocche. La mia rabbia pi grande della somma di tutte le cose perse.
Vosch mi aspetta nella stanza di prima. Mentre Claire mi benda la mano, non dice niente. Rimane in
silenzio finch non siamo soli.
Coshai ottenuto? chiede.
Volevo dimostrare una cosa a me stessa.

Perch il dolore sarebbe la sola prova certa che sei viva?


Accenno un no con la testa. Lo so che sono viva.
Annuisce pensieroso. Ti andrebbe di vederla?
Teacup morta.
Cosa te lo fa pensare?
Perch non c motivo di tenerla in vita.
esatto se partiamo dallassunto che lunico motivo per farlo sia manipolare te. Per, il
narcisismo dei giovani doggi!
Schiaccia un tasto sul muro. Dal soffitto si abbassa uno schermo.
Non mi puoi costringere ad aiutarti. Soffoco un senso di panico crescente: mi sembra di perdere
il controllo su qualcosa che per in realt non ho mai controllato.
Vosch mi mostra la mano. Sul palmo ha un lucido oggetto verde della forma e delle dimensioni di
una grossa capsula di gel. Da una delle estremit esce un filo sottile come un capello. Questo il
messaggio.
Calano le luci. Lo schermo si accende. La telecamera passa rapida su un campo di grano ucciso
dallinverno. In lontananza, un casolare con un paio di annessi e un silo rugginoso. Una figurina
spunta inciampando dal filare di alberi che delimita il campo e, a fatica, avanza tra gli steli secchi e
spezzati verso il gruppo di costruzioni.
Quello il messaggero.
Da quellaltezza non riesco a dire se si tratta di un maschio o di una femmina, ma di sicuro un
bambino. Dellet di Nugget? Pi piccolo?
Kansas centrale prosegue Vosch. Ieri, allincirca ore tredici.
Sugli scalini del portico adesso si scorge unaltra figura. Dopo un attimo, ne compare una terza. Il
bambino comincia a correre verso di loro.
Non Teacup sussurro.
No.
Aprendosi un varco tra la lolla fragile, va incontro agli adulti che lo guardano immobili, e uno di
loro ha un fucile. Manca il sonoro e questo, non so perch, rende la scena ancora pi terribile.
un istinto antico: in tempi di grande pericolo, sii prudente con gli sconosciuti. Non fidarti di
nessuno che non faccia parte della tua cerchia.
Mi irrigidisco. So gi come va a finire la storia: lho vissuta in prima persona. La figura con il
fucile: io. Il bambino che gli corre incontro: Teacup.
Il bambino cade. Si rialza. Si affretta. Cade di nuovo.
Ma c un altro istinto, molto pi antico, vecchio come la vita stessa, quasi impossibile da
reprimere per la mente umana: proteggere i piccoli, costi quel che costi. Preservare il futuro.
Mentre sbuca dal grano ed entra in cortile, il bambino cade di nuovo. La prima figura non abbassa
larma, ma la seconda corre da lui e lo tira su dal terreno gelato. Quando si avvia verso casa, si trova
la strada bloccata dallaltra. Il confronto dura diversi secondi.
tutta una questione di rischio commenta Vosch. Lhai capito da un bel po. Perci saprai chi
lavr vinta. Dopotutto, che rischio potr mai rappresentare un bambino? Proteggere i piccoli.
Preservare il futuro.
La persona che ha in braccio il piccolo si scosta per superare quella armata e sale di corsa i
gradini che portano in casa. Laltra china la testa come in una preghiera, poi la alza come in una
supplica. Dopodich si volta e va dentro. I minuti passano lenti.
Accanto a me, Vosch mormora: Il mondo un orologio.

Il casolare, gli annessi, il silo, i campi bruni e i numeri che si sfocano mentre il display in basso
sullo schermo mostra il tempo che scorre a partire dai centesimi di secondo. So cosa sta per
succedere eppure sussulto quando il lampo silenzioso riempie di bianco la scena. Poi vortici di
polvere e detriti, e spire di fumo: il grano brucia, foraggio tenero per il fuoco, consumandosi nel giro
di pochi secondi, e dove sorgevano le costruzioni ora c un cratere, un buco nero scavato nella terra.
La spia dellalimentazione si spegne. Lo schermo torna al suo posto. Le luci rimangono basse.
Volevo che capissi dice Vosch in tono gentile. Dato che ti sei chiesta spesso per quale ragione
tenevamo i bambini ancora troppo piccoli per combattere.
Io per non capisco. La figurina tra acri di marrone, con indosso una salopette di jeans, scalza,
che corre in mezzo al grano.
Lui fraintende la mia perplessit. Lordigno inserito nel corpo del bambino calibrato in modo
da rilevare anche le pi minute fluttuazioni di anidride carbonica, il principale componente del fiato
delluomo. E quando lanidride carbonica raggiunge una certa soglia, il che indica la presenza di pi
obiettivi, esplode.
No sussurro. Lhanno portato dentro, lhanno avvolto in una coperta calda, gli hanno dato
dellacqua, gli hanno lavato il viso. Si sono raccolti intorno a lui inondandolo del loro respiro.
Sarebbero morti anche se gli avessi sganciato in testa una bomba.
Non questo il punto scatta spazientito. Non lo mai stato.
Le luci si riaccendono, la porta si apre e Claire entra spingendo un carrello di metallo. Dietro di
lei vengono il suo amico in camice bianco e Razor, che mi lancia unocchiata e poi distoglie lo
sguardo. Mi spaventa pi quel particolare che il carrello con la sua gamma di siringhe: proprio non
ce lha fatta a guardarmi.
Non cambia niente. Ho la voce acuta. Non mi interessa cosa fai. Non mi interessa pi nemmeno
di Teacup. Anzich aiutarti, mi ammazzo.
Scuote la testa. Non mi devi aiutare.

57
Claire mi lega un laccetto di gomma intorno al braccio e mi picchietta linterno del gomito per far
affiorare la vena. Razor dallaltra parte del letto. Luomo in camice bianco non ho mai capito
come si chiami accanto al monitor con un cronometro in mano. Vosch mi guarda appoggiato al
lavandino. I suoi occhi, freddi e brillanti, luccicano come quelli dei corvi che affollavano il bosco il
giorno in cui ho sparato a Teacup, curiosi ma curiosamente indifferenti, e l capisco che ha ragione:
la risposta al loro arrivo non la rabbia, ma il suo contrario. Lunica risposta possibile il contrario
di tutto quanto, come la voragine l dove una volta cera il casolare: il nulla assoluto. N odio, n
rabbia, n paura: niente di niente. Spazio vuoto. Lindifferenza senzanima degli occhi dello squalo.
Tachicardica mormora Signor Camice Bianco fissando il monitor.
Prima qualcosa per farti rilassare. Claire mi infila lago nel braccio. Mi giro verso Razor. Lui
distoglie lo sguardo.
Meglio dice Camice Bianco.
Non mi interessa cosa mi fai informo Vosch. Mi sento la lingua gonfia, impacciata nei
movimenti.
Poco male. Fa un cenno a Claire, che prende unaltra siringa.
Pronta a inserire lunit centrale nel punto contrassegnato annuncia lei.
Lunit centrale?
Oh oh dice Camice Bianco. Attenta. Osserva il monitor mentre il mio battito cardiaco
accelera.
Non avere paura interviene Vosch. Non pericoloso. Claire gli lancia unocchiata stupita. Lui
scrolla le spalle. Be, abbiamo fatto dei test. Poi alza il pollice: Avanti.
Peso dieci milioni di tonnellate. Le mie ossa sono di ferro; il resto di pietra. Non sento lago che
mi penetra nel braccio. Claire dice: Mark e Camice Bianco fa partire il cronometro. Il mondo un
orologio.
I morti si godono il meritato riposo dice Vosch. Sono i vivi, quelli come me e te, che hanno
ancora del lavoro da fare. Chiamalo come ti pare: fato, caso, provvidenza. Mi sei capitata in mano
per diventare il mio strumento.
Fase di aggancio alla corteccia cerebrale. Claire che parla. La sua voce suona attutita, come
se qualcuno mi avesse riempito le orecchie di cotone. Giro la testa verso di lei. Passano secoli.
Ne hai gi visto uno dice Vosch, e sembra lontano mille chilometri. Nella stanza delle
esecuzioni, il giorno in cui sei arrivata a Camp Haven. Ti abbiamo detto che era uninfestazione, una
forma di vita aliena abbarbicata a un cervello umano. Abbiamo mentito.
Sento il respiro di Razor, pesante, simile a quello di un sub attraverso lerogatore.
In realt una microscopica unit di controllo fissata allarea prefrontale del cervello spiega
Vosch. Una CPU, se vuoi.
Si sta avviando comunica Claire. Sembra che vada tutto bene.
Non per controllare te dice Vosch.
Introduco il primo polielemento. Lago scintilla sotto la luce dei neon. Puntolini neri sospesi in
un liquido ambra. Non sento niente mentre me lo inietta in vena.
Ma per coordinare i quarantamila e pi ospiti automatizzati a cui darai alloggio.
Trentasette e mezzo di temperatura dice Camice Bianco.
Al mio fianco Razor ha il respiro affannoso.

Ai topi preistorici sono serviti milioni di anni e una miriade di generazioni per raggiungere lo
stadio attuale dellevoluzione umana continua Vosch. A te servir solo qualche giorno per
conquistare quello successivo.
Allaccio con il primo polielemento completato dice Claire chinandosi di nuovo su di me. Alito
alle mandorle amare. Introduco il secondo polielemento.
La stanza calda come una fornace. Sono fradicia di sudore. Camice Bianco segnala che la mia
temperatura di trentanove gradi.
una faccenda caotica, levoluzione dice Vosch. Molte false partenze e tanti vicoli ciechi.
Alcuni candidati non sono adatti. Il loro sistema immunitario collassa, oppure sviluppano una
dissonanza cognitiva permanente. In parole semplici, diventano matti.
Sto bruciando. Nelle vene ho il fuoco. Dagli occhi mi scendono rivoli che mi scivolano gi per le
tempie e mi finiscono nelle orecchie. Sulla superficie del mare increspato delle mie lacrime vedo
sporgersi il viso di Vosch.
Ma confido in te, Marika. Non sei passata attraverso fiamme e sangue solo per cadere ora. Sarai
il ponte di raccordo tra quello che era e quello che sar.
La stiamo perdendo grida Camice Bianco con la voce che trema.
No mormora Vosch, la mano fresca sulla mia guancia umida. Labbiamo salvata.

58
Non esistono pi n il giorno n la notte; c solo il chiarore sterile delle luci al neon, luci che non si
spengono mai. Misuro le ore che passano con le visite di Razor, tre volte al giorno per portarmi pasti
che non mi stanno nello stomaco.
Non riescono ad abbassarmi la febbre. Non riescono a stabilizzarmi la pressione. Non riescono a
ridurmi la nausea. Il mio corpo sta rigettando gli undici polielementi progettati per potenziare i miei
sistemi biologici e composti da quattromila unit ciascuno: in totale, dunque, mi scorrono nel sangue
quarantaquattromila microscopici invasori robotici.
Mi sento uno schifo.
Ogni mattina, dopo colazione, Claire entra per visitarmi, armeggia con i farmaci e fa commenti
criptici tipo meglio se cominci a dare segni di miglioramento. La finestra si sta chiudendo.
Oppure sarcastici come Sai che forse lidea di una roccia bella grossa era davvero azzeccata?.
Sembra risentita perch ho reagito male al fatto che mi ha imbottita di congegni alieni.
Guarda che non ci puoi fare niente mi ha detto una volta. La procedura irreversibile.
Una cosa la posso fare.
Cio? Oh. Certo. Ringer linsostituibile. Ha preso il soppressore dalla tasca del camice e me
lha mostrato. Sei gi selezionata. Basta che io schiacci il tasto. Forza. Dimmi di schiacciarlo. E
intanto sorrideva tutta tronfia.
Schiaccialo.
Si fatta una risatina. strabiliante. Ogni volta che comincio a chiedermi cosa vede in te, salti
fuori con qualcosa del genere.
Chi? Vosch?
Il sorriso svanito. Gli occhi hanno preso uninespressivit da squalo. Se non rispondi,
interromperemo lupgrade.
Interromperemo lupgrade.
Mi ha tolto le bende dalle nocche. N una crosta, n un livido, n una cicatrice. Come se non fosse
successo niente. Come se non avessi preso a pugni il muro scarnificandomi fino allosso. Mi venuto
in mente Vosch, che entrato in camera mia completamente guarito pochi giorni dopo essersi
ritrovato con il naso rotto e gli occhi pesti. Ed Evan Walker, che, stando a quanto aveva raccontato
Sullivan, era stato trafitto da decine di schegge eppure, non si sa come, a distanza di ore era riuscito
a infiltrarsi in una base militare e distruggerla agendo da solo.
Prima hanno preso Marika e lhanno trasformata in Ringer. Ora hanno preso Ringer e, con un
upgrade, lhanno resa una persona completamente diversa. Una persona simile a loro.
O una cosa simile a loro.
Non esistono pi n il giorno n la notte; c solo un costante chiarore sterile.

59
Cosa mi hanno fatto? chiedo a Razor un giorno, quando mi porta un altro pasto immangiabile. Non
mi aspetto una risposta, ma lui si aspetta la domanda. Deve sembrargli molto strano che finora non
glielabbia chiesto.
Scrolla le spalle evitando il mio sguardo. Vediamo cosa propone il menu oggi. Oooh. Polpettone!
Che fanciulla fortunata.
Sto per vomitare.
Strabuzza gli occhi. Davvero? Si guarda intorno disperato cercando la bacinella di plastica
approntata per casi simili.
Per favore, porta via il vassoio. Non ce la faccio.
Si incupisce. Sappi che ti piantano in asso se non ti ripigli.
Lavrebbero potuto fare a chiunque dico. Perch invece proprio a me?
Magari sei speciale.
Scuoto la testa e rispondo come se parlasse seriamente. No. Caso mai perch lo qualcun altro.
Sai giocare a scacchi?
Allarmato: Giocare a che?.
Potremmo fare una partita. Quando mi sentir meglio.
Sono pi un tipo da baseball.
Davvero? Avrei detto da nuoto. Oppure da tennis.
Inclina il capo e aggrotta le sopracciglia. Mi sa che stai male. Fai conversazione come se fossi
per met umana.
Io sono per met umana. Letteralmente. Laltra met Mi stringo nelle spalle. E gli strappo un
sorriso.
Oh, il Dodicesimo Sistema loro, su questo non ci piove dice.
Il Dodicesimo Sistema? Che significa di preciso? Non ne sono sicura, ma sospetto che ci sia un
nesso con gli undici sistemi normalmente presenti nel corpo umano.
Abbiamo trovato il modo di strapparlo dai corpi degli infestati e Lascia la frase in sospeso e
d unocchiata mortificata alla telecamera. Tu comunque devi mangiare. Li ho sentiti parlare di
alimentazione via sonda gastrica.
Quindi questa la versione ufficiale? Come con Mnemolandia: stiamo usando la loro tecnologia
contro di loro. E tu ci credi.
Si appoggia al muro, incrocia le braccia e canticchia a bocca chiusa il motivetto di un vecchio film
tratto da Il mago di Oz. Pfui. Pazzesco. Non che le menzogne siano cos belle da essere
irresistibili. che la verit cos brutta da risultare inaffrontabile.
Il comandante Vosch sta impiantando delle bombe nelle reclute. Sta trasformando dei bambini in
ordigni esplosivi dico. Lui alza il volume. I pi piccoli. Quelli che sanno a malapena camminare.
Quando arrivano li separano, no? Almeno cos facevano a Camp Haven. Chi ha meno di cinque anni
viene portato via e svanisce nel nulla. Tu ne hai visti, in giro? Dove sono, Razor? Dove?
Smette di canticchiare giusto il tempo che basta a dire: Stai zitta, Dorothy.
E ti sembra una cosa sensata equipaggiare una Dorothy con il meglio della tecnologia aliena? Se
il comando decidesse di potenziare qualcuno per la guerra, credi davvero che sceglierebbe i
pazzi?
Non lo so. Ma hanno scelto te, no? Prende il vassoio con il cibo che non ho neanche toccato e si

avvia alla porta.


Non te ne andare.
Si gira, sorpreso. Mi sento scottare la faccia. Devessere la febbre che sale. Non c altra
spiegazione.
Perch? chiede.
Sei lunica persona sincera con cui posso parlare.
Ride. Una risata bella, autentica, spontanea: mi piace, ma anche vero che ho la febbre. Chi ti
assicura che sono sincero? ribatte. Non eravamo tutti nemici sotto false spoglie?
Sai, mio padre raccontava sempre una storiella su sei uomini ciechi e un elefante. Il primo uomo
tocca una delle zampe e dice che lelefante somiglia a una colonna. Il secondo invece tocca la
proboscide: a me, fa, sembra un ramo. Il terzo, la coda: ma no, esclama, semmai una fune. Il quarto,
la pancia: macch, ricorda proprio un muro. Il quinto, un orecchio: a forma di ventaglio. Il sesto,
una zanna: ma se fatto a tubo?
Razor mi fissa inespressivo per qualche istante, poi sorride. Un sorriso luminoso: mi piace anche
questo.
Bella. La dovresti usare alle feste.
Il punto dico che, da quando arrivata lastronave, siamo tutti uomini ciechi che tastano un
elefante.

60
Nel costante chiarore sterile misuro i giorni che passano con i pasti che mi porta e che io salto. Tre
pasti, un giorno. Sei, due. Il decimo giorno, dopo che mi ha posato davanti il vassoio, gli chiedo:
Perch ti stai a sbattere?. Ormai ho la voce come la sua, roca e gracchiante. Sono sudata fradicia,
scotto per la febbre, ho un mal di testa martellante e il battito accelerato. Lui non risponde. Sono
diciassette pasti che Razor non mi parla. Sembra nervoso, assente, persino arrabbiato. Anche Claire
diventata silenziosa. Viene due volte al giorno per cambiarmi la flebo, guardarmi negli occhi con
una lente, controllarmi i riflessi, sostituirmi la sacca del catetere e svuotarmi la padella. Ogni sei
pasti mi lava con la spugna. Un giorno porta un metro da sarto e me lo fa passare intorno al bicipite,
immagino per controllare quanto muscolo ho perso. Non vedo nessun altro. N Signor Camice
Bianco, n Vosch, n padri morti ficcati nella mia testa da questultimo. Non sono cos disorientata da
non sapere cosa stanno facendo: restano allerta, in attesa di vedere se il potenziamento mi uccide.
Una mattina Razor entra per portarmi la colazione mentre Claire sciacqua la padella. Aspetta in
silenzio che lei abbia finito e poi sento che le chiede sottovoce: Sta morendo?.
Claire scuote la testa. Un gesto ambivalente: potrebbe essere sia no sia ne so quanto te.
Appena se ne va, dico: Stai sprecando tempo.
Lui lancia unocchiata alla telecamera montata sul soffitto. Mi limito a seguire gli ordini.
Prendo il vassoio e lo scaglio in terra. Lui stringe le labbra, ma non dice niente. Zitto, pulisce quel
disastro mentre io, esausta per lo sforzo, ansimo grondando sudore da tutti i pori.
S, tiralo su. Renditi utile.
Quando la febbre mi schizza alle stelle, qualcosa nella mia mente si allenta e io ho limpressione
di sentire i quarantaquattromila microrobot che mi formicolano nel sangue e lunit centrale con la
sua delicata trina di filamenti affondati ovunque, al che capisco cosa provava mio padre durante le
sue ultime ore di vita, mentre si graffiava per fermare gli insetti che immaginava gli brulicassero
sotto pelle.
Bastardo dico senza fiato. Razor, dal pavimento, alza lo sguardo sbigottito. Vattene, bastardo.
Nessun problema borbotta. A terra carponi, sta usando uno straccio umido per tirare su il mio
pasticcio. C un odore pungente di disinfettante. Subito.
Si alza. Le sue guance davorio sono arrossate. Nel mio delirio penso che quel colore gli mette in
risalto i riflessi ramati dei capelli biondi. Non funzioner dice. Lasciarti morire di fame. Perci
meglio se ti inventi qualcosaltro.
Ci ho provato. Ma non c alternativa. Riesco a malapena a sollevare la testa. Adesso appartieni
a loro. Vosch lo scultore, il mio corpo largilla, ma il mio spirito no, la mia anima mai. Impossibile
da domare. Da schiacciare. Da controllare.
Non sono condannata; loro s. Posso indebolirmi e morire, oppure riprendermi, ma la partita
finita, scacco matto al grande maestro Vosch.
Sai, Razor, a mio padre piaceva ripetere: Gli scacchi si chiamano gioco dei re perch, con gli
scacchi, uno impara a dominarli, i re.
Di nuovo con questi scacchi
Lascia andare il cencio sporco nel lavandino ed esce sbattendo la porta. Quando torna con il pasto
successivo, accanto al vassoio c una scatola di legno dallaria familiare. Senza dire una parola,
prende il cibo e lo getta nella spazzatura, poi butta il vassoio di metallo nel lavandino. Il colpo
assordante. Con un ronzio, il letto si piega portandomi in posizione seduta. A quel punto Razor spinge

la scatola verso di me.


Hai detto che non ci sapevi giocare sussurro.
Allora insegnami.
Scuoto la testa e, rivolta alla telecamera alle sue spalle, dico: Bel tentativo. Ma ficcatevelo in
culo.
Razor ride. Non stata unidea loro. Ma, a proposito di culi, ovvio che prima ho chiesto il
permesso.
Apre la scatola, tira fuori la scacchiera, armeggia con i pezzi. Abbiamo le regine e i re e i
predoni e degli affari a torre di guardia. Com che questi non sono a forma di persona?
Pedoni, non predoni. Un predone un bandito.
Annuisce. Nella mia unit c uno che sia chiama cos.
Bandito?
Predone. Non ho mai capito perch.
Stai mettendo male i pezzi.
Magari perch non so minimamente come si gioca. Fallo tu.
Non mi va.
Allora mi concedi la vittoria?
Allora abbandoni. Si dice abbandonare.
Buono a sapersi. Ho la sensazione che mi torner utile. Sta sorridendo. Non il sorriso ad alta
tensione di Zombi. pi contenuto, pi discreto, pi ironico. Quando si siede accanto al letto, sento
odore di gomma da masticare alla frutta. Bianco o nero?
Razor, sono cos debole che non riuscirei nemmeno a sollevare i
Allora indicami dove vuoi andare e poi ci penso io.
Non si arrende. Non mi aspettavo davvero che lo facesse. Ormai chi non ha carattere e idee chiare
stato eliminato. Non c pi traccia di pappamolle. Gli dico dove vanno sistemati e come vanno
mossi i pezzi. Gli spiego le regole base. Lui annuisce e fa versi rassicuranti, ma io ho limpressione
che mi assecondi tanto e mi capisca poco. Poi giochiamo e io lo sbaraglio in quattro mosse. Nella
partita successiva inizia a discutere e contestare: Non puoi! Ora dimmi se non la regola pi
stupida di tutti i tempi. Al terzo tentativo sono sicura che si gi pentito della proposta. Il mio
umore non migliorato e il suo gli finito sotto i tacchi.
il gioco pi cretino mai inventato dice mettendo il broncio.
Gli scacchi non sono stati inventati. Sono stati scoperti.
Come lAmerica?
Come la matematica.
Cerano delle ragazze uguali spiccicate a te, nella mia scuola. E, senza finire il concetto,
comincia a preparare di nuovo la scacchiera.
Lascia stare, Razor. Sono stanca.
Domani porto la dama. Detto come una minaccia.
Non lo fa, per. Vassoio, scatola, tavola. Stavolta sistema i pezzi in una strana configurazione: il re
nero al centro rivolto verso di lui, la regina sul bordo rivolta verso il re, tre pedoni dietro il re
rispettivamente a ore dieci, dodici e due, un cavallo alla destra del re, un altro alla sinistra, un alfiere
subito alle spalle e, accanto a questultimo, un altro pedone. Poi mi guarda con il suo sorriso da
angioletto.
Okay. Annuisco senza sapere perch.
Ho inventato un gioco. Sei pronta? Si chiama Batte le mani sulla sponda del letto per imitare

un rullo di tamburi. Bascaball!


Bascaball?
Baseball e scacchi messi insieme. Ba-sca-ball. Capito? Lascia cadere una moneta accanto alla
scacchiera.
Cos? chiedo.
Un quarto di dollaro.
Questo lo vedo.
Ai fini del gioco, la palla. Be, non che sia proprio la palla: la rappresenta. Anzi, rappresenta
cosa succede con la palla. Se stessi zitta un secondo, ti potrei spiegare le regole.
Non stavo parlando.
Ottimo. Mi fai venire il mal di testa quando parli. Offese di tutti i tipi, massime sugli scacchi stile
Yoda e storielle criptiche sugli elefanti. Vuoi giocare o no?
Non aspetta la risposta. Piazza un pedone bianco di fronte alla regina nera dicendo che lui, il
battitore.
Dovresti partire con la regina. il pezzo pi forte.
proprio per questo che batte per quarta. Scuote la testa. scioccato dalla mia ignoranza.
molto semplice: la difesa, cio te, lancia la moneta per prima. Testa strike. Croce, ball.
Una moneta non va bene gli faccio notare. Ci sono tre possibilit: strike, ball e valida.
Quattro, in realt, contando la palla mandata in territorio foul. Tu continua a occuparti degli
scacchi che al baseball ci penso io.
Al bascaball lo correggo.
Vabb. Se viene croce, ball e lanci di nuovo. Se invece viene testa, la moneta passa a me. Cos,
come vedi, ho la possibilit di fare una valida. Con testa colpisco la palla, con croce la manco. Se la
manco, primo strike. Eccetera eccetera.
Capito. E se ti viene testa, mi ridai la moneta cos io posso ritirare la palla. Con testa ti
elimino
Sbagliato! Sbagliatissimo! No. Prima io lancio altre due volte. Tre, se mi viene CC.
CC?
Croce croce. lequivalente di un triplo. Con CC puoi lanciare una volta in pi: testa
fuoricampo, croce solo triplo. Testa testa un singolo, testa croce un doppio.
Magari meglio se cominciamo a giocare e tu man mano
Solo a questo punto ti rid la moneta e tu puoi provare a ritirare il mio potenziale singolo,
doppio, triplo o fuoricampo. Con testa, sono eliminato. Con croce, arrivo in base. Prende un bel
respiro. A meno che non sia un fuoricampo, ovviamente.
Ovviamente.
Mi prendi in giro? Perch non so
Sto solo cercando di assimilare
S, a me pare proprio di s. Non hai idea di quanto mi ci voluto per inventarmelo. piuttosto
complicato. Okay, non al livello del gioco dei re, ma sai, no, come chiamano il baseball? Non tanto
sport quanto passatempo nazionale. Perch giocando uno impara a gestire il tempo. Che passa.
Ora sei tu che mi prendi in giro.
Perch, prima chi ti ci ha preso? Aspetta. So cosa aspetta. Non sorridi mai.
E allora?
Una volta, quando ero piccolo, ho riso cos tanto che mi sono fatto la pip addosso. Eravamo in
un parco divertimenti. Sulla ruota panoramica.

Cosera successo?
Non me lo ricordo. Mi infila una mano sotto il polso, mi solleva il braccio e mi mette sul palmo
il quarto di dollaro. Lancia questa cavolo di moneta cos possiamo giocare.
Non lo voglio offendere, ma come gioco non poi tanto complicato. Alla sua prima valida, tutto
entusiasta, esulta con i pugni al cielo, poi procede a muovere i pezzi neri sulla scacchiera
descrivendo la giocata con una voce roca e concitata da telecronista sportivo, tipo un bambino che
gioca con dei pupazzetti.
una palla tesa al centro del campo esterno! Il pedone centrale si fionda verso la seconda base,
lalfiere in seconda base e il pedone in interbase arretrano e il pedone sulla sinistra prende la
rincorsa, poi taglia verso il centro. Questo con una mano, mentre con laltra muove la moneta,
facendosela girare tra le dita come una palla a effetto e poi abbassandola al rallentatore fino a
posarla a centrosinistra. cos ridicolo e infantile che sorriderei, se fossi ancora in grado di
sorridere.
Il corridore salvo! urla Razor.
No. Non infantile. Da bambino. Occhi accesi, voce acuta per leccitazione, ha di nuovo dieci anni.
Non tutto andato perso, non ci che conta.
La sua valida successiva una palla debole che cade tra la prima base e la zona destra del campo
esterno. Razor d vita a uno scontro teatrale tra il giocatore interno e quello esterno, con il primo che
si butta indietro e il secondo che si butta in avanti, poi sbadabam! Allimpatto Razor ridacchia.
Ma non un errore? chiedo. una palla prendibile.
Una palla prendibile? Ringer, solo un gioco scemo che ho inventato in cinque minuti con
qualche pezzo degli scacchi e un quarto di dollaro.
Altre due valide; tre punti in vantaggio nella fase di attacco della prima ripresa. Ho sempre fatto
pena nei giochi di fortuna. Ragion per cui li ho sempre odiati. Razor evidentemente si accorto che il
mio entusiasmo sta calando perch alza il volume della telecronaca mentre muove i pezzi di qua e di
l (malgrado io gli faccia notare che sono i miei, dato che sono alla difesa). Unaltra palla tesa a
centrosinistra. Unaltra palla debole dietro la prima base. Un altro scontro tra il prima base e
lesterno. Non capisco: si ripete perch lo crede spassoso o perch ha un grave deficit di
immaginazione? Una parte di me convinta che dovrei sentirmi profondamente oltraggiata per conto
di tutti quelli che amano gli scacchi.
Alla terza ripresa, sono esausta.
Ricominciamo da qui stasera suggerisco. Oppure domani. Meglio domani.
Che c? Non ti piace?
No. divertente. Solo che sono stanca. Molto stanca.
Alza le spalle come se non gli importasse, e invece gli importa eccome senn non alzerebbe le
spalle. Si infila in tasca la moneta e rimette tutto nella scatola borbottando. Colgo la parola
scacchi.
Coshai detto?
Niente. Distoglie lo sguardo.
Qualcosa sugli scacchi.
Scacchi, scacchi, scacchi. Sei proprio fissata. Scusa se il bascaball non regge il confronto con il
brivido assoluto degli scacchi.
Si ficca sottobraccio la scatola e va dritto alla porta. Lultima stoccata prima di andarsene:
Pensavo che ti avrebbe tirata un po su di morale, tutto qui. Grazie tante. Non siamo mica costretti a
giocarci.

Sei arrabbiato con me?


Io agli scacchi una possibilit lho data, no? Mi hai sentito per caso brontolare?
No. E s. Parecchio.
Okay, tu per riflettici.
Su cosa?
Riflettici e basta! grida dallaltra parte della stanza.
Ed esce sbattendo la porta. Sono senza fiato, tremo e non riesco a capire perch.

61
Quella sera, quando la porta si apre, sono pronta a fargli le mie scuse. Pi ripenso a quella faccenda
con la mia mente febbricitante, pi mi sento un bullo che in spiaggia ha distrutto a calci il castello di
sabbia di un bambino piccolo.
Ehi, Razor, mi
Resto a bocca aperta. A tenere il vassoio c uno che non ho mai visto, un ragazzino di dodici o
tredici anni.
Dov Razor? Ho il tono di chi, pi che chiedere, pretende una spiegazione.
Non lo so squittisce lui. Mi hanno dato il vassoio e mi hanno detto di portartelo.
Di portarmelo gli faccio eco come una scema.
S. Di portartelo. Di portarti il vassoio.
Lhanno sollevato dallincarico. Magari il bascaball contro il regolamento. Magari Vosch si
incavolato: due ragazzi che si comportano da ragazzi per un paio dore. La disperazione dopo un po
non fa pi effetto, n a chi la guarda n a chi la prova.
O magari quello incavolato Razor. Magari ha chiesto di essere riassegnato, ha preso il suo
bascaball e se n andato a casa.
Quella notte non dormo bene, se si pu chiamare notte quel costante chiarore sterile. La febbre mi
schizza a quaranta mentre il mio sistema immunitario lancia il suo ultimo, disperato assalto ai
polielementi. Vedo i numeri verdi sfocati sul monitor che aumentano a poco a poco. Scivolo in un
torpore semidelirante.
Bastardo! Vattene. Sai, no, come chiamano il baseball? una palla tesa al centro del campo
esterno! Io ho finito. Stammi bene.
La sporca moneta color argento che gira tra le dita di Razor. una palla tesa. Una palla tesa.
Che scende al rallentatore verso la scacchiera, dove gli esterni avanzano, il seconda base e
linterbase indietreggiano, lesterno sinistro va a destra. Palla debole sulla linea di prima base!
Lesterno corre in avanti, linterno indietro, sbadabam. Esterni avanti, interno indietro, taglio a
destra. Prima base indietro, esterno destro avanti, sbadabam. Avanti, indietro, taglio. Indietro, avanti.
Sbadabam.
Ancora e ancora, rivediamolo alla moviola, avanti, indietro, taglio. Indietro, avanti.
Sbadabam.
Ora sono completamente sveglia e ho lo sguardo fisso al soffitto. No. Non lo vedo altrettanto bene.
Meglio a occhi chiusi.
Gli esterni centro e sinistro si precipitano in avanti. Quello sinistro taglia a novanta gradi:
H
Lesterno destro viene avanti. Il prima base corre indietro:
I
Oh, su. Ridicolo. Sei fuori di testa.
Quella notte, quando sono tornata allaccampamento con la vodka, ho trovato mio padre morto
rannicchiato in posizione fetale, con la faccia coperta di sangue nei punti in cui si era graffiato per
via degli insetti partoriti dalla sua immaginazione. Stronza, mi aveva detto prima che uscissi a
cercare il veleno che lavrebbe salvato. Mi aveva chiamata anche in un altro modo, con il nome della
donna che ci ha lasciati quando avevo tre anni. Pensava che fossi mia madre, che buffo. A quattordici
anni ormai ero pi che altro sua madre: gli facevo da mangiare, gli lavavo i vestiti, mi prendevo cura

della casa, mi assicuravo che non si facesse niente di irreparabilmente stupido. E ogni giorno andavo
a scuola con la mia uniforme perfettamente stirata e mi sentivo definire Sua Maest Marika e dire che
me la tiravo perch mio padre era un artista che aveva un po di successo, il tipo genio solitario,
quando la verit era che di solito mio padre non sapeva su che pianeta fosse. Allora in cui tornavo
da scuola era gi del tutto fuori di testa. E io lasciavo che la gente si tenesse le sue convinzioni.
Lasciavo che pensasse che me la tiravo, cos come ho lasciato che Sullivan credesse di avermi
inquadrata. Non mi limitavo a incoraggiare quelle convinzioni. Le vivevo. Ci sono rimasta
aggrappata anche quando il mondo intorno a noi crollato. Ma dopo la morte di mio padre, mi sono
detta basta. Basta mostrarsi intrepidi, nutrire false speranze e fare finta che tutto vada bene quando
invece non va bene niente. Pensavo di essere forte mentendo, raccontandomi che il mio era un
atteggiamento ottimista, coraggioso, signorile o qualsiasi altra stronzata sembrasse adatta al
momento. Ma quella non forza. la definizione stessa di debolezza. Mi vergognavo della sua
dipendenza ed ero furiosa con lui, ma mi sentivo anche in colpa. Ho recitato fino alla fine: quando mi
ha chiamata con il nome di mia madre, non lho corretto.
Fuori di testa.
Locchio vacuo e senzanima della telecamera mi fissa dallangolo.
Cos che ha detto Razor? Riflettici.
Non lunica cosa che hai detto, vero? gli chiedo, restituendo uno sguardo vacuo al vacuo
occhio nero. C dellaltro.

62
Trattengo il respiro quando la porta si apre la mattina dopo.
Per tutta la notte ho oscillato tra certezza e dubbio rimuginando su ogni aspetto della nuova realt.
Prima possibilit: Razor non ha inventato il bascaball pi di quanto io abbia inventato gli scacchi.
A concepire il gioco stato Vosch, per ragioni talmente oscure da risultare imperscrutabili.
Seconda possibilit: Razor, per motivi chiari solo a lui, ha deciso di mandarmi in confusione. Non
sono solo le persone resistenti e con il cuore di pietra ad aver passato la selezione della razza umana.
Sono sopravvissuti anche un sacco di stronzi sadici. cos che va in ogni catastrofe. I bastardi sono
praticamente indistruttibili.
Terza possibilit: tutto nella mia testa. Il bascaball un gioco sciocco ideato da un ragazzo per
distrarmi dal pensiero che forse morir. Non ci sono secondi fini, n messaggi segreti tracciati sulla
scacchiera. Il fatto che io veda lettere inesistenti frutto della tendenza del cervello umano a trovare
schemi anche dove non ce ne sono.
E trattengo il respiro anche per unaltra ragione: e se c di nuovo il ragazzino con la voce da
topo? E se Razor non torna, n oggi n mai? C la possibilit concreta che sia morto. Se stava
cercando di comunicare segretamente con me e Vosch lha capito, il risultato non pu che essere uno.
Quando Razor entra in camera, tiro un lungo sospiro di sollievo. Il bip bip del monitor aumenta
leggermente di frequenza.
Che c? mi chiede guardandomi a occhi stretti. Si accorto subito che tira unaria strana.
Lo dico. Hi. Ciao.
Lui gira lo sguardo a destra, poi a sinistra. Hi. Pronuncia quella parolina lentamente, come se
temesse di trovarsi in compagnia di una squilibrata. Hai fame?
Faccio di no con la testa. Non tanta.
Dovresti provare a mangiare. Sembri mia cugina Stacey. Era tossicodipendente, prendeva
metamfetamine. Non voglio dire che sembri davvero tossicodipendente. Solo che Arrossisce.
Be, come se ci fosse qualcosa che ti divora da dentro.
Preme il tasto accanto al letto. Mi sollevo. Sai da cosa sono dipendente io? chiede. Dalle
caramelle gommose. Al lampone. Quelle al limone invece non mi esaltano. Ne ho una scorta. Te ne
porto un po se vuoi.
Mi posa davanti il vassoio. Uova strapazzate fredde, patate fritte, un affare duro e annerito che
potrebbe, ma anche no, essere bacon. Mi si chiude lo stomaco. Alzo gli occhi.
Prova le uova suggerisce. Sono fresche. Da allevamento a terra, biologiche, senza additivi. Le
tiriamo su proprio qui al campo. Le galline, non le uova.
Espressivi occhi scuri e quel sorriso sereno, misterioso, appena accennato. Che significa la sua
reazione al mio hi? Era sorpreso perch gli ho rivolto un saluto quasi umano o era sorpreso perch
ho capito il vero scopo del bascaball? Oppure non era per niente sorpreso e io raccolgo indizi dove
non ce ne sono?
Non vedo la scatola.
Che scatola? Oh. Era un gioco stupido. Distoglie lo sguardo e mormora tra s e s: Mi manca il
baseball.
Rimane in silenzio per qualche istante mentre io giocherello con le uova fredde nel piatto. Mi
manca il baseball. Un universo di nostalgia in poche sillabe.
Ma a me piaceva dico. Era divertente.

Davvero? Unocchiata del tipo parli sul serio?. Non sa che lo faccio per il 99,99999 per
cento del tempo. Non sembravi tanto entusiasta.
Non che mi senta troppo bene ultimamente.
Ride e poi sembra stupito della sua stessa reazione. Okay. Be, lho lasciato nel mio alloggio. Se
non me lo fregano, uno di questi giorni lo riporto.
La conversazione cambia rotta. Scopro che Razor era il pi piccolo di cinque figli, che cresciuto
ad Ann Arbor, dove suo padre faceva lelettricista e sua madre la bibliotecaria in una scuola media,
che giocava a baseball e a calcio, e che adorava la squadra di football dei Michigan Wolverines.
Fino a dodici anni la sua pi grande aspirazione era aprire una partita come loro quarterback. Ma
crescendo era diventato alto, non grosso, e si era appassionato al baseball.
Mamma voleva che facessi il dottore o lavvocato, ma mio padre non mi credeva abbastanza
intelligente
Aspetta. Tuo padre non ti credeva intelligente?
Abbastanza intelligente. C differenza. Difende suo padre anche se non c pi. Le persone
muoiono; lamore resiste. Voleva che facessi lelettricista come lui. Era un pezzo grosso del
sindacato, il presidente della sezione locale o gi di l. Era questo il vero motivo per cui non voleva
che diventassi avvocato. Burattini in giacca e cravatta li chiamava.
Aveva un problema con lautorit.
Razor alza le spalle. Sii padrone di te stesso diceva sempre. Non essere schiavo di
nessuno. Cambia posizione, a disagio, come se stesse parlando troppo. E tuo padre?
Era un artista.
Che figata.
Era anche un ubriacone. Passava pi tempo a bere che a dipingere. Non era sempre stato cos,
per. Fotografie di mostre ingiallite e appese storte in cornici impolverate, studenti che ronzavano
nervosi per il suo studio pulendo pennelli e il religioso silenzio che scendeva quando entrava in una
stanza piena di gente.
Che roba dipingeva? chiede Razor.
Perlopi, appunto, roba. Nemmeno quello era sempre stato cos. Non quando era giovane e io
ero piccola e la mano che teneva la mia era macchiata dei colori dellarcobaleno.
Ride. Ah, il tuo modo di scherzare. Come se non te ne rendessi nemmeno conto.
Scuoto la testa. Non stavo scherzando.
Annuisce. Magari per questo che non te ne rendi conto.

63
Dopo la cena che non mangio, le battute forzate e i brevi attimi di silenzio imbarazzato tra una frase e
laltra, dopo che la scacchiera esce dalla scatola di legno e che lui sistema i pezzi, dopo che tiriamo
a sorte chi fa la squadra di casa e che lui vince, dopo che gli dico che credo di poter muovere i miei
giocatori da sola e che lui sogghigna, S, come no, andiamo, ragazza, dopo che lui si siede accanto
a me sul bordo del letto, dopo settimane passate a cercare di scrollarmi di dosso la rabbia e
abbracciare il vuoto ululante, dopo anni spesi a innalzare mura intorno al dolore, al senso di lutto e
alla sensazione che non avrei pi provato emozioni, dopo aver perso mio padre e Teacup e Zombi e
tutto tranne il vuoto ululante, e dopo tante, tante altre cose, in silenzio dico:
HI
Razor annuisce. Okay. Batte un dito sulla coperta. Sento i colpetti sulla coscia. Okay.
Colpetto. Non male, per pi figo fatto al rallentatore. Me ne d una dimostrazione. Capito?
Se proprio insisti sospiro. Okay. Batto un dito sulla sponda del letto. Anche se, a essere
sincera, non ne vedo la necessit.
No? Due colpetti sulla coperta.
No. Due colpetti sulla sponda.
Per tracciare la parola successiva ci vogliono pi di venti minuti.
AIUTO
Colpetto. Ti ho mai raccontato del mio lavoretto estivo di quando ancora cerano lavoretti
estivi? chiede. Facevo la toelettatura ai cani. La parte peggiore? Spremere le ghiandole
perianali
Gli sta andando alla grande. Quattro punti e nemmeno uneliminazione.
COME
Ottengo la risposta quaranta minuti dopo. Sono un po stanca e pi che un po frustrata. come
scambiarsi messaggi con una persona a mille chilometri di distanza usando un corriere con una
gamba sola. Il tempo rallenta; gli eventi accelerano.
PIANO
Non ho ben chiaro cosa intenda. Lo guardo, ma lui ha gli occhi sulla tavola. Sta rimettendo i pezzi
in posizione e intanto parla, riempie gli attimi di silenzio, colma di chiacchiere gli spazi vuoti.
La chiamano proprio cos: spremitura dice riferendosi sempre ai cani. Bagnare, insaponare,
sciacquare, spremere, ripetere. Una noia mortale.
E per tutto il tempo locchio nero e inespressivo della telecamera ci fissa dallalto senza battere
ciglio.
Non ho capito lultima giocata dico.
Il bascaball non un gioco per imbranati come gli scacchi risponde in tono paziente. Ci sono
complessit. Complessit. Per vincere, serve un piano.
E tu ce lhai, immagino. Il piano.
S, ce lho.
Colpetto.

64
Sono giorni che non vedo Vosch. La situazione cambia la mattina dopo.
Sentiamo dice rivolto a Claire, che in piedi accanto a Signor Camice Bianco con laria di una
ragazzina delle medie trascinata nellufficio del preside per aver fatto la prepotente con una
compagna mingherlina.
Ha perso quattro chili e il venti per cento della massa muscolare. Prende il Diovan per la
pressione alta, il Phenergan per la nausea, lamoxicillina e la streptomicina per tenere buono il
sistema linfatico, ma stiamo ancora lottando con la febbre riferisce.
Lottando con la febbre?
Claire abbassa lo sguardo. Laspetto positivo che fegato e reni funzionano ancora normalmente.
C un po di liquido nei polmoni, ma stiamo
Vosch la zittisce con un cenno e si avvicina al letto. Nei suoi brillanti occhi da uccello, un lampo.
Vuoi vivere?
Rispondo senza esitazioni. S.
Perch?
Per qualche strano motivo la domanda mi coglie alla sprovvista. Non lo so.
Non ci puoi battere. Non lo pu fare nessuno. Non avreste potuto nemmeno se allinizio, anzich
sette miliardi, foste stati sette volte tanti. Il mondo un orologio e lorologio arrivato allultimo
secondo perch mai vorresti vivere?
Non voglio salvare il mondo. Spero solo che mi capiti loccasione di ucciderti.
La sua espressione non cambia, ma i suoi occhi luccicano ed esultano. Ti conosco dicono. Ti
conosco.
Allora spera sussurra. S. Annuisce: soddisfatto di me. Spera, Marika. Aggrappati alla tua
speranza. Si gira verso Claire e Signor Camice Bianco. Levatele i farmaci.
Signor Camice Bianco diventa del colore della sua tenuta. Claire fa per replicare, poi distoglie lo
sguardo. Vosch si rigira verso di me.
Qual la risposta? chiede. Non la rabbia. Qual ?
Lindifferenza.
Riprova.
Il distacco.
Di nuovo.
La speranza. La disperazione. Lamore. Lodio. La collera. Il dispiacere. Sto tremando: devo
avere la febbre altissima. Non lo so. Non lo so. Non lo so.
Meglio dice.

65
La sera sto cos male che riesco a malapena ad arrivare in fondo a quattro riprese di bascaball.
NOCURA
Gira voce che ti abbiano levato i farmaci dice Razor agitando il quarto di dollaro nel pugno
chiuso. vero?
Lunica cosa rimasta nella sacca della flebo la soluzione salina. Cos evitano che mi si
blocchino i reni.
D unocchiata ai miei parametri vitali sul monitor. Si acciglia. Quando ha quellespressione, mi
ricorda un bambino che ha sbattuto lalluce ma si trattiene dal piangere perch pensa di essere troppo
grande.
Allora vuol dire che ti stai riprendendo.
Immagino di s. Due colpetti sulla sponda del letto.
Okay sussurra. La mia regina pronta. Stai attenta.
Mi si irrigidisce la schiena. Mi si sfoca tutto. Mi sporgo da un lato e svuoto lo stomaco, quel poco
che c dentro, sulle mattonelle bianche. Con un grido disgustato Razor balza in piedi rovesciando la
scacchiera.
Ehi! grida. Non ce lha con me. Ce lha con locchio nero in alto. Ehi, qui serve aiuto!
Non arriva nessuno. Razor guarda il monitor, guarda me e dice: Non so cosa fare.
Sto bene.
Come no. Stai bene, proprio bene! Va al lavandino, bagna un asciugamano pulito e me lo mette
sulla fronte. Bene, un par di palle! Perch cazzo ti hanno levato i farmaci?
Perch no? Sto combattendo limpulso di vomitare di nuovo.
Oh, non saprei. Magari perch senza farmaci morirai. Lancia unocchiata torva alla telecamera.
Magari dovresti darmi quella bacinella laggi.
Tampona lo schifo che mi rimasto appiccicato al mento, ripiega lasciugamano, prende la
bacinella e me la piazza sulle gambe.
Razor.
Cosa?
Non me lo rimettere in faccia, per favore.
Eh? Oh. Merda. S. Aspetta. Agguanta un altro asciugamano e lo passa sotto lacqua. Gli
tremano le mani. Sai qual il problema? Ora ho capito. Chiss perch non ci ho pensato prima. E tu
uguale. Evidentemente i farmaci interferiscono con il Sistema.
Che sistema?
Il Dodicesimo. Quello che ti hanno iniettato, Sherlock. Lunit centrale e i suoi quarantamila e
passa piccoli amici per pompare gli altri undici. Mi posa lasciugamano fresco sulla fronte. Sei
fredda. Vuoi che ti cerchi unaltra coperta?
No, sto andando a fuoco.
una guerra dice. Si batte la mano sul petto. Qui dentro. Devi concedergli una tregua, Ringer.
Scuoto la testa. Nessuna pace.
Annuisce stringendomi il polso sotto la coperta leggera. Si accovaccia per raccogliere i pezzi
caduti. Impreca perch non riesce a trovare la moneta. Decide che non pu lasciare l il vomito.
Prende lasciugamano sporco che ha usato per pulirmi il mento e lo passa in terra stando carponi. Sta
ancora imprecando quando si apre la porta ed entra Claire.

Tempismo perfetto! le urla contro Razor. Ehi, non potete almeno darle il siero contro la
nausea?
Claire gli mostra luscita con la testa. Fuori. Indica la scatola. E portati via quella.
Razor la fulmina, ma ubbidisce. Vedo di nuovo la forza ben tenuta a freno dietro i suoi lineamenti
angelici. Attento, Razor. Non questa la risposta.
Poi restiamo sole e Claire osserva il monitor in silenzio per un istante interminabile.
Dicevi la verit stamattina? chiede. Sul serio vuoi vivere per uccidere il comandante Vosch?
Non sei cos stupida. Ha il tono di una madre che sgrida il figlioletto.
Hai ragione rispondo. Non ne avr mai lopportunit. Ma avr lopportunit di uccidere te.
Sembra allarmata. Uccidere me? Perch dovresti? Siccome resto zitta, aggiunge: Non credo
che passerai la notte.
Annuisco. E tu non arriverai a fine mese.
Ride. Il suono della sua risata mi fa salire in gola la bile. La sento bruciare. E bruciare.
Cosa pensi di fare? dice sottovoce. Mi strappa lasciugamano dalla fronte. Di soffocarmi con
questo?
No. Di sbarazzarmi della guardia fracassandogli in testa qualcosa di pesante e poi di prendergli
la pistola e spararti in faccia.
Ride per tutto il tempo. Be, buona fortuna.
Non si tratter di fortuna.

66
A quanto pare, Claire si sbagliava sul fatto che non avrei passato la notte.
Quasi un mese dopo, stando ai miei calcoli basati sui tre pasti al giorno, sono ancora qui.
Non mi ricordo molto. A un certo punto mi hanno scollegata dalla flebo e dal monitor, e il silenzio
che piombato dopo il bip bip costante avrebbe potuto incrinare una montagna. Lunica persona che
ho visto in questo periodo stato Razor. Ormai si prende cura di me a tempo pieno. Mi d da
mangiare, mi svuota la padella, mi lava viso e mani, mi gira perch non mi vengano le piaghe da
decubito, gioca a bascaball con me quando non vaneggio e parla senza sosta. Parla di tutto, che un
altro modo di dire che non parla di niente. La sua famiglia morta, i suoi amici morti, i membri della
sua squadra, le fatiche del campo in inverno, le discussioni che nascono per la noia, la stanchezza e
la paura (anzi, soprattutto la paura), nonch le voci sulla grande offensiva che, sembra, gli infestati
vogliono lanciare in primavera come ultimo sforzo per liberare il mondo dal rumore degli uomini,
rumore a cui Razor contribuisce attivamente. Parla e parla e parla. Stava con una ragazza che si
chiamava Olivia, che aveva la pelle scura come un fiume fangoso, che suonava il clarinetto nella
banda della scuola, che voleva diventare dottore e che ce laveva con suo padre perch era convinto
che lui, Razor, non ce lavrebbe fatta. Butta l che il suo nome vero Alex, come il giocatore di
baseball Alexander Rodriguez, e che il suo sergente istruttore lha chiamato Razor non perch era
magro ma perch una mattina nel farsi la barba si era tagliato con il rasoio. Ho la pelle molto
sensibile. Le sue frasi sono senza punti, senza virgole e senza capoversi o, per la precisione, in un
unico lungo capoverso privo di margini.
Si zittisce solo una volta dopo quasi un mese di diarrea verbale. Mi sta raccontando di come, in
quinta elementare, ha vinto il primo premio nella gara di scienze con un progetto che permetteva di
trasformare una patata in una batteria quando si blocca a met frase. Il suo silenzio inquietante,
come la calma dopo limplosione di un edificio.
Che c? mi chiede guardandomi fisso negli occhi, e nessuno guarda pi fisso di Razor,
nemmeno Vosch.
Niente. Giro la testa dallaltra parte.
Stai piangendo, Ringer?
Mi lacrimano gli occhi.
Bugiarda.
Non darmi della bugiarda, Razor. Io non piango.
Stronzate. Un colpetto sulla coperta.
Due colpetti sulla sponda del letto. Funzionava? chiedo voltandomi di nuovo verso di lui. Che
mi importa se vede che piango? La batteria patata.
Certo che funzionava. scienza. Non ho mai avuto dubbi sul fatto che avrebbe funzionato.
Definisci un piano, segui i passi e non pu andare male. Mi stringe la mano attraverso la coperta:
Non avere paura. tutto pronto. Non ti deluder.
Comunque ormai troppo tardi per tornare indietro: i suoi occhi vanno al vassoio accanto al letto.
Ah, stasera hai mangiato tutto il budino. Hai idea di come fanno a fare il budino al cioccolato senza
cioccolato? Non lo vuoi sapere.
Fammi indovinare. Ex-Lax.
Ex-Lax? Che roba ?
Dici sul serio? Non lo sai?

Oh, scusa tanto se non so che cacchio lEx-Lax.


un lassativo al gusto di cioccolato.
Fa una smorfia. Bleah, far cagare.
Appunto.
Sorride. Appunto? Oddio, hai mica fatto una battuta?
Comunque no, non ne ho idea. Tu per giura che nessuno mi ci ha messo lEx-Lax.
Te lo giuro. Colpetto.
Resisto per qualche ora dopo che se n andato. il cuore di una notte dinverno, e ormai tutte le
luci del campo sono spente da un pezzo, quando la pressione si fa insopportabile. Non reggo pi:
inizio a chiamare aiuto sbracciandomi verso la telecamera, poi mi giro per appoggiare il petto alle
fredde sbarre di metallo e prendo a pugni il cuscino per la frustrazione e la rabbia finch la porta non
si spalanca e Claire si precipita dentro tallonata da una recluta grossa quanto un orso che si tappa
immediatamente il naso.
Cos successo? chiede Claire, anche se lodore dovrebbe dirle tutto ci che c bisogno
sappia.
Oh, merda! farfuglia la recluta con la mano sulla bocca.
Esatto rantolo.
Grandioso. Davvero grandioso dice Claire buttando coperta e lenzuolo in terra e chiamando a
cenni la recluta perch la aiuti. Ottimo lavoro, madamigella. Spero tu sia orgogliosa di te stessa.
Non ancora piagnucolo.
Che stai facendo? grida Claire alla recluta. La voce dolce scomparsa. Svaniti anche gli occhi
gentili. Dammi una mano.
Una mano a fare cosa, signora? Ha il naso camuso, gli occhi piccoli piccoli e la fronte rigonfia
al centro. La pancia gli sporge sopra la cintura e i pantaloni sono un filino troppo corti. enorme:
peser cinquanta chili pi di me.
Tanto non cambia molto.
Alzati mi dice brusca Claire. Forza. In piedi. Mi prende per un braccio, Jumbo mi prende per
laltro e insieme mi tirano gi dal letto. Il muso schiacciato della maxi recluta contratto in una
smorfia di disgusto.
Oddio. dappertutto! geme sottovoce.
Non credo di poter camminare dico rivolta a Claire.
Allora striscerai ribatte secca. Dovrei lasciarti cos. una metafora perfetta.
Mi portano nel bagno due porte pi in l. Jumbo in preda a tosse e conati, Claire mugugna e io
non faccio che scusarmi mentre mi toglie la tuta e la lancia al gigante dicendogli di aspettare fuori.
Non appoggiarti a me. Appoggiati al muro mi ordina imperiosa. Mi stanno cedendo le ginocchia.
Mi aggrappo alla tenda della doccia per stare su: un mese che non uso le gambe.
Con una mano stretta intorno al mio braccio sinistro, Claire mi spinge sotto lacqua piegandosi a
livello della vita per evitare di bagnarsi. Il getto ghiacciato. Non si scomodata a regolare la
temperatura. Lo schiaffo dellacqua fredda mi fa leffetto di una sveglia e mi strappa da un lungo
letargo invernale: mi allungo ad afferrare il tubo con il soffione che sporge dal muro e dico a Claire
che ci sono, credo di farcela a reggermi in piedi, mi pu lasciare.
Sei sicura? chiede senza mollarmi.
Sicurissima.
Tiro verso il basso con tutta la forza che ho. Il tubo si spacca con un gemito metallico nel punto di
giuntura; dal moncone erompe un getto di acqua fredda. Alzo il braccio sinistro per liberarmi dalla

presa, poi afferro Claire per il polso e, ruotando i fianchi per massimizzare limpatto, mi giro e le
pianto nel collo lestremit seghettata dello spezzone.
Non ero del tutto sicura di poter rompere un tubo di acciaio a mani nude, ma qualche speranza ce
lavevo.
Sono stata potenziata.

67
Claire indietreggia malferma mentre il sangue sgorga dal foro largo cinque centimetri che le ho fatto
nel collo. Vederla ancora in piedi non mi sorprende: avevo messo in conto che fosse stata potenziata
anche lei, ma speravo di avere un colpo di fortuna e reciderle la carotide. Fruga nella tasca del
camice in cerca del soppressore. Me lo aspettavo. Scaglio via il tubo rotto, mi aggrappo allasta
della tenda, la strappo dai sostegni imbullonati e colpisco Claire su un lato della testa.
Limpatto quasi non la smuove. In un millisecondo, talmente veloce che non riesco neppure a
seguirne i movimenti con lo sguardo, ha lestremit dellasta tra le grinfie. Altrettanto in fretta, io
lascio la presa cos, quando tira, non trova niente a opporre resistenza, si sbilancia allindietro e
finisce contro il muro, sbattendo cos forte da incrinare le piastrelle. Mi fiondo su di lei. Brandendo
lasta, prova a colpirmi sul cranio, ma mi aspettavo anche questo, o meglio ci contavo quando
ripassavo le mie mosse nelle centinaia di ore silenziose sotto il chiarore costante.
Afferro laltro capo quando ancora a met arco, prima con la destra, poi con la sinistra, e con le
mani a distanza spalle porto lasta verso il collo di Claire, allargando le gambe per avere
lequilibrio e la spinta necessari a schiacciarle la trachea.
Ho il suo viso a pochi centimetri dal mio. Sono cos vicina che sento lodore di cianuro del fiato
che le esce dalle labbra dischiuse.
Anche lei ha le mani sullasta, pi esternamente rispetto alle mie, e spinge in senso contrario. Il
pavimento scivoloso; io sono a piedi scalzi, lei no. Finir per perdere il vantaggio prima che
svenga. Devo metterla al tappeto, e alla svelta.
Le infilo un piede tra le gambe e le do un calcio a una caviglia. Perfetto: piomba a terra e io le
vado dietro.
Cade sulla schiena. Io le cado sulla pancia. La blocco stringendo le ginocchia e ricomincio a
spingere gi lasta.
Poi la porta alle mie spalle si spalanca e Jumbo entra con la pistola spianata gridando in maniera
incomprensibile. Tre minuti dallinizio di tutto e la luce negli occhi di Claire si va spegnendo, ma
presto per cantar vittoria e so che devo correre un rischio. I rischi non mi piacciono, non mi sono mai
piaciuti, ma ho imparato ad accettarli. Certe cose si possono scegliere e altre no, per esempio la
morte del soldato con il crocifisso per mano di Sullivan, il ferimento di Teacup o il tornare indietro
per Zombi e Nugget perch non farlo avrebbe voluto dire non dare pi valore a niente, n alla vita, n
al tempo, n alle promesse.
E io ho una promessa da mantenere.
La pistola di Jumbo: il Dodicesimo Sistema la punta e migliaia di microscopici androidi si
mettono allopera per potenziare cervello, occhi e mani a partire da muscoli, tendini e nervi in modo
da neutralizzare la minaccia. In una frazione di secondo lobiettivo identificato, linformazione
elaborata, il metodo stabilito.
Jumbo non ha speranza.
Lattacco troppo rapido per il suo cervello ordinario. Dubito persino che veda lasta della tenda
che sfreccia verso la sua mano. La pistola vola via. Lui si butta da una parte, verso larma, io
dallaltra, verso il water.
Il coperchio del serbatoio di ceramica spessa. E pesante. Potrei ucciderlo, ma non lo faccio. In
compenso gli do una gran botta alla nuca cos da metterlo fuori gioco per un bel po.
Jumbo stramazza. Claire si risolleva. Lancio il coperchio mirando alla testa. Il suo braccio si alza

a parare il proiettile. Il mio udito potenziato coglie il rumore di un osso che si spezza nellurto.
Lapparecchio argenteo che stringeva finisce sul pavimento. Mentre lei si tuffa a prenderlo, io faccio
un passo in avanti: con un piede le pesto la mano tesa e con laltro do un calcio allapparecchio
gettandolo lontano.
Fatto.
E lei lo sa. Guarda oltre la canna della pistola che le ho puntato in faccia oltre quel minuscolo
foro pieno di un nulla immenso e ora ha di nuovo gli occhi gentili e la voce dolce, la stronza.
Marika
No. Marika era lenta, debole, sentimentale, addormentata. Marika era una ragazzina che si
aggrappava a dita con i colori dellarcobaleno, che guardava impotente il tempo agli sgoccioli, che
vacillava sul ciglio sottile di un abisso senza fondo, nuda oltre le mura protettive di fronte alle
promesse che non era riuscita a mantenere. Io per manterr la sua ultima promessa a Claire, il
mostro che lha spogliata e battezzata con lacqua fredda che ancora scroscia nella doccia rotta.
Manterr la promessa di Marika. Marika morta e io manterr la sua promessa.
Mi chiamo Ringer.
Premo il grilletto.

68
Jumbo dovrebbe avere un coltello. Fa parte della dotazione standard di tutte le reclute. Mi
inginocchio e lo tiro fuori dal fodero, dopodich, mentre lui ancora privo di conoscenza, estraggo
con cautela il cilindretto impiantato alla base del collo, vicino alla spina dorsale. Me lo infilo tra la
guancia e la gengiva.
Ora il mio. Non sento male quando mi taglio e dallincisione esce solo qualche goccia di sangue.
Robot per attenuare il dolore. Robot per riparare il danno. per questo che Claire non morta
quando le ho conficcato il tubo rotto nel collo e che, subito dopo il fiotto iniziale, lemorragia si
fermata.
Sempre per questo che, dopo sei settimane passate sdraiata mangiando pochissimo e nonostante
lintenso sforzo improvviso, non sono nemmeno a corto di fiato.
Inserisco il mio impianto nel collo di Jumbo. Rintracciami ora, coglione dun comandante.
Tuta fresca di bucato dalla pila sotto il lavandino. Scarpe: quelle di Claire sono troppo piccole,
quelle di Jumbo troppo grandi. Ci penser pi tardi. La giacca di pelle del gigante per potrebbe
tornarmi utile. Addosso a me sembra una coperta, ma mi piace che le maniche siano belle comode.
Mi sto dimenticando qualcosa. Mi guardo intorno. Il soppressore, ecco cosera. Nella mischia il
vetro si incrinato, ma lapparecchio funziona ancora. C un numero illuminato sopra il tasto verde
lampeggiante. Il mio. Passo il pollice sul display e lo schermo si riempie di cifre, centinaia di
sequenze che rappresentano le reclute della base. Torno indietro per visualizzare di nuovo il mio
numero, ci clicco sopra e si apre una cartina che mostra la collocazione precisa dellimpianto.
Allargo limmagine e lo schermo si riempie di luminosi puntini verdi: la posizione di tutti i soldati
muniti di impianto della base. Bingo.
E scacco matto. Con un movimento del pollice e un clic posso selezionare qualsiasi numero. Il
tasto nella parte inferiore dellapparecchio si illuminer. Unultima pressione e la recluta di turno
neutralizzata, stecchita. In pratica posso andarmene passeggiando.
Posso, a patto che io sia disposta a passare sopra centinaia di cadaveri di esseri umani innocenti,
ragazzini che sono vittime quanto me e il cui unico misfatto aver peccato di speranza. Se il peccato
si paga con la morte, allora la virt diventata un vizio. Un bambino indifeso e affamato perso in un
campo di grano trova riparo. Un soldato moribondo grida aiuto dietro una fila di frigoriferi. Una
ragazzina ferita per errore viene consegnata al nemico perch si possa salvare.
E non so cosa sia pi disumano: gli esseri alieni che hanno creato questo nuovo mondo o lessere
umano che considera, anche se solo per un istante, di premere il tasto verde.
Tre grossi gruppi di puntini fermi sul lato destro dello schermo: la gente che dorme. Una decina,
isolati luno dallaltro, lungo il contorno: le sentinelle. Due al centro: il mio impianto nel collo di
Jumbo, il suo nella mia bocca. Altri tre o quattro molto vicini, su questo stesso piano: malati o feriti.
Un piano sotto, il reparto di terapia intensiva, dove brilla un unico puntino verde. Dunque: caserme,
postazioni di guardia, ospedale. Un paio dei puntini sentinella presidiano il deposito di armi. Non
dovr indovinare chi. Lo scoprir tra pochi minuti.
Forza, Razor, andiamo. Ho unultima promessa da mantenere.
Intanto lacqua sgorga dal tubo rotto.

69
Tu preghi? mi ha chiesto Razor una volta, dopo unestenuante notte di bascaball, mentre metteva a
posto scacchiera e pezzi.
Ho fatto di no con la testa. Tu?
Certo che prego ha detto sottolineando la risposta con un cenno del capo. Non ci sono atei in
trincea.
Mio padre lo era.
Una trincea?
Ateo.
Lo so, Ringer.
Come fai a saperlo?
Non lo sapevo.
Allora perch mi hai chiesto se era una trincea?
In realt stavo solo Ha sorriso. Okay, ho capito. So cosa stai facendo. A inquietarmi il
perch. come se stessi cercando non di essere divertente, ma di dimostrare quanto sei superiore. O
perlomeno credi. Be, non sei n una cosa n laltra. N divertente n superiore. Perch non preghi?
Non mi va di mettere Dio alle strette.
Ha preso la regina e lha esaminata. Lhai mai guardata bene? Ha una faccia da stronza che fa
paura.
Per me ha unaria aristocratica.
Somiglia alla mia maestra di terza elementare, una iena che la met basta.
Come?
S, sai, molto bastone e poca carota.
solo decisa. Una regina guerriera.
La mia maestra di terza elementare? Mi ha guardata. Ha aspettato. E aspettato. Scusa, ci avevo
gi provato. Un disastro su tutta la linea. Ha messo il pezzo nella scatola. Comunque mia nonna
faceva parte di un gruppo di preghiera. Sai cos un gruppo di preghiera?
S.
Davvero? Pensavo fossi atea.
Quello era mio padre. E poi perch un ateo non dovrebbe sapere cos un gruppo di preghiera? I
credenti sanno cos levoluzione.
Certo. Ci sono ha detto meditabondo, gli intensi occhi scuri fissi sul mio viso. Avevi, tipo,
cinque o sei anni e qualche tuo parente ha detto in tono ammirato che eri proprio una bambina seria e
tu da allora pensi che la seriet sia un pregio.
Che succedeva quindi nel gruppo di preghiera? ho chiesto tentando di riportarlo in carreggiata.
Ah! Allora non vero che sai cos! Ha posato la scatola e mi si avvicinato. Ormai con il
sedere mi toccava la coscia. Ho spostato la gamba. Con discrezione, speravo. Adesso te lo spiego.
Un giorno il cane di mia nonna si ammalato. Uno di quei cani da borsetta che mordono chiunque
capiti a tiro e campano venticinque anni, tutti passati a mordere. E mia nonna voleva chiedere a Dio
di salvare quel cagnetto malvagio, cosa che gli avrebbe dato la possibilit di continuare a mordere.
Met delle vecchie signore del gruppo ha acconsentito e met no, non so esattamente perch, cio un
Dio a cui non piacciono i cani non sarebbe Dio, ma a ogni modo partito un grosso dibattito sulle
preghiere sprecate, che poi diventato un diverbio sullammissibilit o meno del concetto di

preghiera sprecata, che a sua volta si trasformato in un litigio sullOlocausto. In poche parole, in
cinque minuti sono passate da un vecchio cagnolino ringhioso allOlocausto.
E alla fine? Hanno pregato o no per il cane?
Hanno pregato per le anime delle vittime dellOlocausto. E il giorno dopo il cane morto. Stava
annuendo pensieroso. Eppure mia nonna aveva pregato per lui. Aveva pregato per lui tutte le notti. E
aveva detto a noi nipoti di fare altrettanto. Perci io pregavo per un cane che mi odiava e mi
terrorizzava, e che perdipi mi ha fatto questa. Ha messo la gamba sul letto e si tirato su i
pantaloni per scoprire il polpaccio. Vedi la cicatrice?
Ho scosso la testa. No.
Be, c. Ha rispinto gi la gamba dei pantaloni, ma ha tenuto il piede sul letto. Quindi dopo
che morto, io ho detto a mia nonna: Ho pregato tantissimo e Flubby morto lo stesso. Dio mi
odia?.
E lei cosa ti ha risposto?
Ha sparato qualche stronzata sul fatto che Dio voleva Flubby in cielo, una roba con cui il mio
cervello di bambino di sei anni non riusciva a raccapezzarsi. In paradiso ci sono vecchi cagnolini
ringhiosi? Ma il paradiso non dovrebbe essere un posto piacevole? Questa cosa mi ha tormentato per
un sacco di tempo. Tipo, ogni notte, mentre recitavo le preghiere, non potevo fare a meno di
chiedermi se davvero volevo andare in paradiso e passare leternit con Flubby. Perci alla fine ho
concluso che devessere allinferno. Altrimenti crolla lintero sistema teologico.
Si stretto tra le braccia il ginocchio piegato, ci ha appoggiato sopra il mento ed rimasto a
fissare nel vuoto. Era tornato al tempo in cui le domande di un bambino sulle preghiere, Dio e il
paradiso contavano ancora.
Una volta ho rotto una tazza ha ripreso. Stavo giocando con le porcellane della vetrinetta di
mamma. Quella era tanto carina, faceva parte di un servizio da t, un regalo di nozze. Non lho
proprio rotta. Mi caduta in terra e ci venuta una crepa.
In terra?
No, non in terra. Sulla taz Ha sgranato gli occhi per lo shock. Non avrai mica appena fatto la
stessa?
Ho negato. Lui mi ha puntato contro il dito. Nooo, ti ho beccata! Un attimo di spensieratezza da
Ringer la regina guerriera!
Io scherzo di continuo.
Giusto. Ma in maniera cos sottile che uno ci arriva solo se sveglio.
La tazza lho pungolato.
Niente, quindi ho incrinato la preziosa porcellana di mamma. Lho rimessa nella vetrinetta con la
crepa dietro sperando che lei non se ne accorgesse, pur sapendo che era solo questione di tempo
perch prima o poi lavrebbe vista e io sarei finito nei guai. Sai a chi mi sono rivolto in cerca di
aiuto?
Non mi sono dovuta scervellare. Sapevo dove voleva andare a parare. A Dio.
Esatto. Ho chiesto a Dio di tenere mamma lontana dalla vetrinetta. Tipo, per il resto della sua
vita. O almeno finch non partivo per il college. Poi gli ho chiesto di guarire la tazza. Dio, no? Pu
guarire le persone: che ci vorr mai con una tazzetta made in China? Sarebbe stata la soluzione
ottimale ed per questo che c Dio, per le soluzioni ottimali.
Tua mamma ha scoperto tutto.
Ci puoi scommettere che ha scoperto tutto.
Mi sorprende che ancora preghi. Dopo Flubby e la tazza.

Ha scosso la testa. Non questo il punto.


Perch, c un punto?
Se mi lasciassi finire s, un punto c. Eccolo: dopo che ha trovato la tazza e prima che io lo
venissi a sapere, lha sostituita. Ne ha ordinata una nuova e ha buttato via quella vecchia. Un sabato
mattina quando ormai, mi sa, pregavo pi o meno da un mese sono andato alla vetrinetta per
avere la prova che, qualunque cosa ne pensassero le vecchiette del gruppo, le preghiere sprecate
esistevano eccome, e lho vista.
La tazza nuova ho detto. Razor ha annuito. Ma non sapevi che tua mamma laveva sostituita.
Ha alzato le mani al cielo. Miracolo! La crepa non pi una crepa! Ci che era rotto ora
intatto! Dio esiste! Per poco non me la faccio sotto.
La tazza da t era guarita ho detto lentamente.
Ha piantato gli occhi scuri nei miei. Mi ha messo una mano sul ginocchio. Una stretta. E poi un
colpetto.
S.

70
In bagno la cascata diventa un torrente, il torrente un rigagnolo, il rigagnolo un gocciolio anemico.
Lacqua rallenta e il mio cuore accelera. La paranoia sta avendo la meglio su di me. Ci vuole un
secolo perch lacqua si fermi del tutto: il segnale di via libera da parte di Razor.
Fuori il corridoio deserto. Lo sapevo gi grazie allapparecchio di Claire. So anche esattamente
dove sto andando.
Scale. Una rampa da scendere. Una promessa ancora da mantenere. Mi fermo sul pianerottolo
giusto il tempo necessario a infilarmi la pistola di Jumbo nella tasca della giacca.
Poi esco di colpo e comincio a correre per il corridoio. Davanti a me c la postazione delle
infermiere. Ci vado dritta incontro. Linfermiera si alza di scatto.
Al riparo! grido. Sta per esplodere!
Scarto il bancone e mi precipito verso le porte a spinta che conducono al reparto.
Ehi! urla la donna. L non si pu entrare!
Quando sei in comodo, Razor.
Preme il tasto di blocco che ha sulla scrivania. Poco male. Proseguo a tutta velocit e strappo i
battenti dai cardini.
Altol! grida.
Mi resta ancora tutto il corridoio: non ce la far. Sono stata potenziata, ma non posso correre pi
veloce di un proiettile. Rallento e freno.
Razor, dico sul serio. Questo sarebbe il momento giusto.
Mani sulla testa! Subito. Sta cercando di riprendere fiato. Bene cos. Ora vieni verso di me,
senza girarti. Piano. Molto piano, o giuro su Dio che ti sparo.
Ubbidisco arretrando verso il suono della sua voce. Mi ordina di fermarmi. Mi fermo. Io sono
immobile, ma i meccanismi dentro di me no. La sua posizione fissa: non ho bisogno di vederla per
sapere esattamente dov. Lunit centrale ha inviato i responsabili del sistema nervoso e muscolare
a compiere il loro dovere nellistante in cui saranno chiamati a farlo. Quando sar il momento, non
dovr pensare. Al mio posto subentrer lunit centrale.
Ma non dovr la vita solo al Dodicesimo Sistema: fregare la giacca a Jumbo stata unidea mia.
Il che mi ricorda una cosa.
Le scarpe mormoro.
Coshai detto? Le trema la voce.
Mi servono delle scarpe. Tu che numero hai?
Eh?
Il segnale dellunit parte alla velocit della luce. Il mio corpo non si muove altrettanto rapido, ma
comunque probabilmente al doppio della velocit necessaria.
Ficco la mano destra nella manica a fagotto di Jumbo, recupero il coltello da trenta centimetri che
ci ho infilato e, con uno scatto verso sinistra, lo lancio.
E linfermiera si accascia a terra.
Le estraggo la lama dal collo e la rimetto, ancora insanguinata, nella manica sinistra della giacca.
Poi controllo le scarpe. Sono quelle bianche classiche, con la suola spessa. Mezzo numero di troppo,
ma andranno benissimo.
Arrivata in fondo al corridoio, entro nellultima camera a destra. C buio, ma i miei occhi sono
stati potenziati: la vedo chiaramente nel letto, che dorme come un sasso. O magari intontita dai

sedativi. Dovr stabilirlo.


Teacup? Sono io. Ringer.
Le sue folte ciglia scure hanno un fremito. A questo punto sono cos carica che potrei giurare di
aver sentito il fruscio dellaria.
Sussurra qualcosa senza aprire gli occhi. Troppo piano perch una persona normale possa capire,
ma i robot progettati per migliorare le prestazioni dellorecchio trasmettono linformazione allunit,
che la riporta al collicolo inferiore, il centro delludito del cervello.
Sei morta.
Non pi. E nemmeno tu.

71
La finestra accanto al letto vibra nel telaio. Il pavimento trema. Una brillante luce arancione inonda
la stanza e si spegne. Segue un boato assordante. Dal soffitto si stacca una nebbiolina di intonaco
polverizzato. La sequenza si ripete. E ancora. E ancora.
Razor ha attaccato il deposito di armi.
Teacup, dobbiamo andare. Le passo le dita sotto la nuca e le sollevo leggermente la testa.
Andare dove?
Il pi lontano possibile.
Sostenendole il capo con la mano, la colpisco in fronte con la parte bassa dellaltra. La giusta
quantit di forza, n pi n meno. Teacup si affloscia. La tiro su dal letto. Un altro scoppio mentre le
bombe del deposito continuano a esplodere. Apro la finestra con un calcio. Nella stanza irrompe una
folata di aria gelida. Mi siedo sul davanzale rivolta verso linterno stringendomi Teacup al petto. La
mia intenzione allerta lunit centrale: mi trovo al primo piano. I rinforzi corrono verso i tendini e le
ossa di piedi, caviglie, stinchi, ginocchia e bacino.
Mi metto in posizione.
Nella discesa faccio una capriola, come un gatto che cade da un tavolo. Atterro sana e salva,
proprio come un gatto, non fosse che, quando tocco terra, la testa di Teacup mi va a sbattere di
rimbalzo contro il mento. Di fronte a me c lospedale. Dietro, il magazzino delle munizioni in
fiamme. E alla mia destra, esattamente dove Razor ha detto che sarebbe stato, il Dodge M882 nero.
Spalanco la portiera, spingo Teacup nel posto del passeggero, in un lampo mi metto al volante e
parto a razzo per il parcheggio, curvando brusca a sinistra per svoltare a nord in direzione
dellaerodromo. C una sirena che ulula. Le fotoelettriche sono accecanti. Negli specchietti
retrovisori vedo dei mezzi demergenza sfrecciare verso il deposito che brucia. I vigili del fuoco
dovranno penare parecchio dal momento che qualcuno ha chiuso limpianto di pompaggio.
Unaltra brusca curva a sinistra e ora dritto davanti a me ci sono i corpi massicci dei Black Hawk,
luccicanti come scarafaggi nella luce violenta delle fotoelettriche. Stringo il volante e faccio un bel
respiro. Ora viene il difficile. Se Razor non riuscito a rapire un pilota, siamo spacciati.
Quando sono a cento metri di distanza, vedo una figura che salta gi dalla pancia di uno degli
elicotteri. Indossa un parka e porta con s un fucile dassalto. Ha la faccia in parte oscurata dal
cappuccio, ma riconoscerei quel sorriso ovunque.
Salto gi dallM882.
E Razor dice: Ciao.
Dov il pilota? chiedo.
Con la testa indica la cabina. Io la mia parte lho fatta. Tu?
Recupero Teacup dal pick-up e salto sullelicottero. Seduto di fronte ai comandi c un tipo con
indosso solo una maglietta verde oliva e un paio di boxer in coordinato. Razor gli si siede accanto
nel posto del copilota.
Metti in moto, tenente Bob. Razor sorride al pilota. Oh. Che maniere. Ringer, il tenente Bob.
Tenente Bob, Ringer.
Non funzioner mai dice lui. Ci staranno attaccati dietro.
S? E questo cos? Razor tira su un ammasso di fili elettrici aggrovigliati.
Il pilota scuote la testa. Ha cos freddo che le labbra gli stanno diventando blu. Non lo so.
Nemmeno io, ma immagino che sia molto importante per il corretto funzionamento di un

elicottero.
Non capisci
Razor si inclina verso di lui: la sua aria giocosa svanita. I suoi occhi profondi brillano come se
fossero illuminati da dentro e la forza trattenuta che ho avvertito fin dal primo momento si libera con
una violenza tale da farmi trasalire.
Stammi bene a sentire, gran figlio di puttana alieno, o accendi questo cazzo di elicottero
allistante o io ti
Il tenente Bob si mette le mani in grembo e fissa il vuoto. La mia pi grande preoccupazione, dopo
come portare a bordo un pilota senza farsi scoprire, era come convincerlo a collaborare. Mi sporgo
in avanti, prendo Bob per il polso e gli piego il mignolo allindietro.
Te lo spezzo lo minaccio.
Prego!
Glielo spezzo davvero. Lui si morde con forza il labbro inferiore. Agita le gambe. Gli occhi gli si
riempiono di lacrime. C qualcosa che non torna. Gli premo le dita sul retro del collo, poi mi giro
verso Razor.
Ha limpianto. Non uno di loro.
Oh, be, e tu chi diavolo sei? protesta il pilota.
Tiro fuori dalla tasca lapparecchio. Ci sono lospedale e il deposito circondato da uno stuolo di
puntini verdi. E poi ci sono tre puntini che brillano sulla pista dellaerodromo.
Tu il tuo te lo sei tolto? chiedo a Razor.
Sta annuendo. E lho lasciato sotto il cuscino. Era il piano. Oppure no? Merda, Ringer, non era il
piano? Colgo un accenno di panico.
Prendo il coltello facendolo scivolare gi dalla manica. Tienilo fermo.
Razor capisce al volo. Afferra il tenente Bob e gli blocca la testa cingendola con il braccio. Bob
non oppone molta resistenza. Non vorrei che entrasse in stato di shock. In tal caso, sarebbe finita.
Non c molta luce e Razor non riesce a tenerlo perfettamente immobile perci invito Bob a
calmarsi se non vuole che gli danneggi la colonna vertebrale, aggiungendo la paralisi al problema del
dito rotto. Estraggo limpianto, lo butto sullasfalto, tiro indietro la testa di Bob e gli sussurro
allorecchio: Non sono il nemico e non ho dato di Dorothy. Sono uguale a te.
Solo un po meglio conclude Razor. Poi d unocchiata fuori dal finestrino e dice: Uh,
Ringer.
Li vedo: le luci dei fanali si ingigantiscono come due stelle che diventano supernove. Stanno
arrivando e una volta qui ci uccideranno dico a Bob. Tutti, te compreso. Non ti crederanno e ti
uccideranno.
Bob mi guarda con il viso rigato di lacrime di dolore.
Ti devi fidare di me.
Se no ti spezza un altro dito aggiunge Razor.
Un respiro profondo mentre, in preda a un tremore incontrollabile, si stringe al petto la mano ferita
e il sangue gli gocciola gi per il collo inzuppandogli il bordo della maglietta. inutile sussurra.
Ci abbatteranno.
Distinto mi allungo e gli poso la mano sulla guancia. Lui non si ritrae. Resta come impietrito. Non
so perch lho toccato n cosa stia succedendo ora che lho fatto, ma sento qualcosa che si apre
dentro di me, come un bocciolo che schiude i suoi petali delicati al sole. Sto congelando. Ho il collo
in fiamme. E il mignolo della mano destra pulsa al ritmo del mio cuore. Il dolore mi fa salire le
lacrime agli occhi. Il suo dolore.

Ringer! tuona Razor. Che cavolo stai facendo?


Tramite quel contatto riverso il mio calore nel tenente. Spengo il fuoco. Lenisco il dolore. Allevio
la paura. Il suo respiro si regolarizza. Il suo corpo si rilassa.
Bob, dobbiamo proprio andare dico.
E un attimo dopo, andiamo.

72
Mentre ci solleviamo, il pick-up inchioda facendo stridere le ruote. Scende un uomo alto: il suo viso
una perfetta illustrazione del gioco di fitte ombre creato dalle fotoelettriche, ma grazie alla mia
vista potenziata gli vedo gli occhi, brillanti e duri come quelli dei corvi nel bosco, ma se quelli dei
corvi erano neri i suoi sono di un azzurro fulgido, e devessere uno scherzo della luce o del buio ma
sulle sue labbra mi sembra di cogliere laccenno di un sorriso.
Restiamo bassi ordino a Bob.
Dove andiamo?
A sud.
Virando lelicottero si inclina; il terreno ci viene incontro rapido. Vedo il deposito in fiamme, i
lampeggianti dei camion dei pompieri e le reclute che corrono di qua e di l come formiche.
Sorvoliamo un fiume; lacqua nera scintilla nel chiarore diffuso dalle fotoelettriche. Alle nostre
spalle il campo ormai unoasi di luce in un deserto di buio invernale. Ci tuffiamo in quel buio
passando a due metri dalla cima degli alberi.
Mi infilo nel sedile accanto a Teacup, mi appoggio la sua testa sul petto e le scosto i capelli da una
parte. Spero sia lultima volta che mi tocca farlo. Quando ho finito, frantumo limpianto con la punta
del manico del coltello.
Forte e stridula nelle cuffie, mi arriva la voce di Razor: Come sta?.
Bene, direi.
E tu?
A posto.
Anomalie?
Niente di che. L?
Tutto liscio come il culo di un neonato.
Risistemo Teacup al suo posto, mi alzo e apro uno scomparto dopo laltro finch non trovo i
paracadute. Mentre controllo i componenti, Razor ciancia senza sosta.
C niente che vuoi dirmi? Tipo, non lo so, Grazie, Razor, per avermi salvata da una vita di
schiavit in mano agli alieni anche se ti ho dato un pugno al collo e pi in generale mi sono
comportata da stronza? Qualcosa del genere? Sai, non proprio una passeggiata inserire codici
segreti in giochi fasulli, mettere lassativi nel budino, far esplodere bombe, rubare pick-up, rapire
piloti con dita da spezzare Magari: Ehi, Razor, non ce lavrei mai fatta senza di te. Sei un
grande. O gi di l. Non devi ripeterlo pari pari, basta qualcosa che renda il senso generale.
Perch? chiedo. Cos che ti ha convinto a fidarti di me?
Quello che hai detto un giorno sui bambini che li trasformavano in ordigni. Ho fatto qualche
domanda in giro. Tempo zero, mi ritrovo sulla poltrona di Mnemolandia e poi mi trascinano dal
comandante, che se la piglia con me per una cosa che hai detto tu e mi ordina di smettere di parlarti
perch non mi pu ordinare di smettere di ascoltarti, e pi ci penso pi mi puzza. Ci addestrano a
eliminare gli infestati e poi imbottiscono di esplosivi di origine aliena bambini che tra un po manco
camminano? Chi sono i buoni qui? E poi, mi dico, io chi sono? stato davvero angosciante, una crisi
esistenziale bella e buona. Decisiva, per, stata la matematica.
La matematica?
S, la matematica. Voi asiatici non siete tutti bravi in matematica?
Non essere razzista. E poi io sono asiatica per tre quarti.

Tre quarti? Vedi? Matematica. Basta fare due conti. E ti accorgi che non tornano. Okay, magari
abbiamo una botta di culo e gli freghiamo Mnemolandia. Anche degli alieni supersuperiori possono
fare casini, nessuno perfetto. Ma mica finisce l. Abbiamo le loro bombe, i loro impianti per
rintracciare e uccidere i soldati, il loro ultrasofisticato sistema di nanorobot cio, cazzo, abbiamo
persino la tecnologia per distinguerli! Ma ti pare? Abbiamo pi armi noi di loro! Ma la vera perla
venuta il giorno in cui ti hanno fatto le iniezioni, quando Vosch ha detto che la storia dellorganismo
attaccato al cervello umano era una balla. Incredibile!
Perch se non vero quello
non vero niente.
Il paesaggio sotto di noi coperto da un manto bianco. Al buio lorizzonte indistinguibile, perso.
Non vero niente. Mi ritrovo a pensare a mio padre morto che mi dice che adesso appartengo a
loro. Distinto prendo la mano di Teacup nella mia: ecco la verit.
Sento in cuffia la voce di Bob: Non so cosa devo fare.
Rilassati, Bob dice Razor. Ehi, Bob. Non si chiamava cos anche il maggiore di Camp Haven?
Com che tutti gli ufficiali hanno lo stesso nome?
Scatta un allarme. Lascio la mano di Teacup e mi avvicino agli altri. Che succede?
Abbiamo compagnia risponde Bob. Ore sei.
Elicotteri?
Negativo. F-15. Tre.
Quanto tempo abbiamo prima di essere a tiro?
Scuote la testa. Nonostante il freddo, ha la maglietta fradicia di sudore. E il viso che luccica.
Cinque, forse sette minuti.
Saliamo ordino. Quota massima.
Prendo un paio di paracadute e ne getto uno sulle gambe di Razor.
Ci lanciamo? chiede.
Non li possiamo n affrontare n seminare. Tu stai con Teacup. Buttatevi insieme.
Con Teacup? E tu con chi stai?
Bob d unocchiata allaltro paracadute. Io non mi lancio dice. E poi, in caso non abbia sentito
o capito: Io. Non. Mi. Lancio.
Nessun piano perfetto. Avevo preventivato un Bob Silenziatore e quindi messo in conto di farlo
secco prima di abbandonare lelicottero. Ora complicato. Non voglio uccidere Bob per la stessa
ragione per cui non ho ucciso Jumbo. Ammazza oggi un Jumbo e domani un Bob e cadi in basso come
chi ficca bombe in gola a bambini.
Alzo le spalle per nascondere la mia incertezza. Gli mollo il paracadute in grembo. Allora
immagino che finirai incenerito.
Siamo a millecinquecento metri. Cielo scuro, suolo scuro, orizzonte assente, nero ovunque. Il
fondo di un mare senza luce. Razor sta guardando lo schermo del radar, ma dice: Dov il tuo
paracadute, Ringer?.
Lo ignoro. Mi puoi avvertire quando sono a sessanta secondi dalla possibilit di tiro? chiedo a
Bob. Lui fa cenno di s. Razor mi ripete la domanda. matematica rispondo. Cosa in cui, per tre
quarti, sono bravissima. Se noi siamo in quattro e loro individuano due paracadute, concluderanno
che a bordo c ancora minimo una persona. Uno, forse due di loro resteranno con lelicottero, se non
altro finch non riusciranno ad abbatterlo. Guadagneremo tempo.
Cosa ti fa pensare che resteranno con lelicottero?
Mi stringo nelle spalle. quello che farei io.

Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda sul tuo paracadute.
Ci stanno facendo dei segnali comunica Bob. Vogliono che atterriamo.
Tu mandali a fanculo dice Razor ficcandosi in bocca una gomma da masticare. Si batte un dito
sullorecchio. Per stappare. Si infila la carta in tasca. Quando si accorge che lo sto guardando,
sorride. Non mi ero mai reso conto di quanto schifo ci fosse nel mondo finch non rimasto nessuno
a raccoglierlo spiega. La Terra responsabilit mia.
Poi Bob grida: Sessanta secondi!.
Tiro Razor per il parka. Ora.
Lui alza lo sguardo e, scandendo lentamente le parole, insiste: Dove cavolo il tuo paracadute?.
Lo sollevo dal sedile con una mano sola. Lui caccia un urletto per la sorpresa e si avvia con passo
instabile verso il retro. Lo seguo, mi accovaccio davanti a Teacup e le sgancio la cintura di sicurezza.
Quaranta secondi!
Come facciamo a trovarti? strilla Razor, fermo accanto a me.
Andate verso il fuoco.
Che fuoco?
Trenta secondi!
Spalanco il portellone. Laria che invade linterno tira gi il cappuccio a Razor. Prendo Teacup e
gliela spingo contro il petto.
Non farla morire.
Lui risponde con un cenno.
Promettimelo.
Altro cenno: Te lo prometto.
Grazie, Razor. Di tutto.
Si sporge in avanti e mi bacia con forza sulla bocca.
Non ci provare mai pi dico.
Perch? Perch non ti piaciuto o perch ti piaciuto?
Tutte e due le cose.
Quindici secondi!
Razor si carica Teacup in spalla, afferra il cavo di sicurezza e indietreggia fino a portare i talloni
sulla piattaforma di lancio. Stagliati in controluce nellapertura, il ragazzo e la bambina sulla sua
spalla, e millecinquecento metri sotto il buio infinito. La Terra responsabilit mia.
Razor lascia il cavo. Non sembra che cada. come risucchiato dal vuoto famelico.

73
Torno alla cabina, dove trovo la portiera del pilota aperta e il sedile vuoto. Di Bob, nessuna traccia.
Mi ero chiesta perch avesse interrotto il conto alla rovescia e ora lo so: ha cambiato idea
riguardo al lancio.
Lelicottero devessere a tiro, il che significa che non hanno intenzione di abbatterlo. Hanno preso
le coordinate del punto in cui Razor si lanciato e mi rimarranno attaccati finch non mi butto, che
sia per scelta o perch finito il carburante. A questo punto Vosch avr ormai capito per quale
motivo limpianto di Jumbo qua sopra mentre il suo proprietario in infermeria a farsi curare un
gran brutto mal di testa.
Con la punta della lingua mi tolgo di bocca il cilindretto e me lo appoggio sul palmo.
Vuoi vivere?
S, e anche tu vuoi che io viva dico a Vosch. Non so perch e mi auguro di non scoprirlo mai.
Scrollo la mano lasciando cadere limpianto.
La risposta dellunit centrale immediata. La mia intenzione allerta il processore, che calcola
laltissima probabilit di un collasso fatale e blocca tutte le funzioni dei miei muscoli che non siano
strettamente necessarie. Il Dodicesimo Sistema ha lo stesso ordine che ho dato a Razor: Non farla
morire. La sua vita, come quella di ogni parassita, dipende dalla continuazione della mia.
Nellistante in cui ci ripenser Okay, daccordo. Prendo il paracadute lunit centrale mi
rilascer. Ma solo e soltanto allora. Non posso n mentire n contrattare. Non posso convincerla.
Non posso costringerla. A meno che io non cambi idea, non mi lascer andare. A meno che non mi
lasci andare, io non cambier idea.
Cuore in fiamme. Corpo di pietra.
Non c niente che lunit centrale possa fare per il mio panico che cresce e cresce a mo di
valanga. Pu rispondere alle emozioni; non le pu controllare. Attiva il rilascio di endorfine. Spinge
neuroni e mastociti a liberare serotonina nel mio flusso sanguigno. A parte queste correzioni a livello
fisiologico, paralizzata quanto me.
Ci devessere una risposta. Ci devessere una risposta. Ci devessere una risposta. Qual la
risposta? E vedo gli aristocratici, brillanti occhi da uccello di Vosch fissi nei miei. Qual la
risposta? Non la rabbia, non la speranza, non la fede, non lamore, non il distacco, non
resistere, non mollare, non combattere, non scappare, non nascondersi, non arrendersi, non
cedere, non niente di niente di niente.
Un attimo.
Qual la risposta? chiede.
E io dico: Il niente.

74
Sono ancora bloccata non posso nemmeno muovere gli occhi ma ho una buona visuale sugli
strumenti, compreso laltimetro e la spia del carburante. Sono a millecinquecento metri di quota e il
carburante non durer per sempre. Indurre la paralisi potr impedirmi di saltare, ma non mi eviter lo
schianto. In quel caso la probabilit di un collasso fatale del cento per cento.
Non ha alternative: lunit centrale mi rilascia e io ho la sensazione di essere scagliata da una
parte allaltra di un campo da football. Vengo ricacciata dentro il mio corpo, con violenza.
Okay, Ringer 2.0. Vediamo come te le cavi.
Afferro la maniglia della portiera del pilota e spengo i motori.
Parte un segnale di allarme. Spengo anche quello. Ora si sente solo e soltanto il vento.
Per qualche istante la spinta residua mantiene lelicottero alla stessa altezza, poi caduta libera.
Finisco contro il tettuccio e picchio la testa contro il vetro. Mi esplodono davanti delle stelle
bianche. Nel precipitare, lelicottero comincia a girare su se stesso e io perdo la presa sulla
maniglia. Mentre vengo scagliata di qua e di l come un dado in un bussolotto, annaspo nel vuoto
cercando un appiglio. Lelicottero ruota, a muso in gi, e io faccio un volo di quattro metri verso il
retro, poi, quando lelicottero gira in posizione opposta, verso la parte anteriore, dove sbatto di petto
contro lo schienale del sedile del pilota. Un coltello arroventato mi trapassa il fianco: mi sono rotta
una costola. La cintura di sicurezza del pilota, sciolta, mi colpisce in faccia; la afferro prima di
essere nuovamente gettata indietro. Unaltra capriola dellelicottero e la forza centrifuga mi ributta
nella cabina. Urto contro la portiera, che si apre. Punto un piede sul sedile e, facendo pressione sulla
mia scarpa bianca da infermiera, mi isso fuori per met. Lascio andare la cintura, mi afferro alla
maniglia e spingo con tutte le mie forze.
Rollio, beccheggio, rotazione, salto mortale, lampi di grigio e nero e bianco scintillante. Sono
ancora aggrappata alla maniglia quando lelicottero finisce di nuovo a muso in gi: la portiera si
chiude con il mio polso in mezzo, spezzando losso e facendomi perdere la presa. Rimbalzo
scompostamente per tutta la lunghezza del Black Hawk fino a picchiare sul sostegno dellelica
posteriore e, quando la coda ruota, vengo lanciata verso lorizzonte come un sasso con una fionda.
Non ho la sensazione di cadere. Sono sostenuta da una corrente ascensionale di aria calda, come
un falco che veleggi nel cielo notturno ad ali spiegate, e intanto dietro e sotto di me lelicottero
precipita prigioniero della gravit che io nego. Non sento lesplosione quando si schianta. Ci sono
solo il vento e il sangue che mi romba nelle orecchie. Non avverto dolore per i colpi presi. Sono
vuota e in preda a una folle euforia. Sono il niente. Il vento pesa pi delle mie ossa.
La Terra mi viene incontro a tutta velocit. Non ho paura. Ho mantenuto la mia promessa. Ho
riscattato il tempo.
Spalanco le braccia. Allargo le dita. Sollevo il viso verso la linea dove il cielo incontra la Terra.
La mia casa. La mia responsabilit.

75
Sto cadendo a velocit massima verso un paesaggio di un bianco uniforme, un vasto nulla che
inghiotte tutto ci che incrocia sul suo cammino, esplodendo allorizzonte in ogni direzione.
un lago. Un lago enorme.
Un lago enorme con la superficie ghiacciata.
Entrare di piedi la mia unica chance. Se il ghiaccio pi spesso di trenta centimetri, sono
spacciata. Nessun grado di potenziamento alieno baster a proteggermi. Le ossa delle gambe si
sbricioleranno. La milza si spappoler. I polmoni collasseranno.
Confido in te, Marika. Non sei passata attraverso fiamme e sangue solo per cadere ora.
In realt, comandante, s.
Il mondo bianco sotto di me riluce come una perla, una tela immacolata, un abisso di alabastro. Un
muro di aria sibilante preme sulle mie gambe mentre mi porto le ginocchia al petto per eseguire la
rotazione. Devo entrare a novanta gradi. Se mi raddrizzo troppo presto, il vento mi far perdere il
giusto assetto. Troppo tardi e sbatter di petto o di sedere.
Chiudo gli occhi: non mi servono. Finora lunit centrale ha funzionato perfettamente; ora che le
dia tutta la mia fiducia.
La mia mente si svuota: tela immacolata, abisso di alabastro. Sono il vascello, lunit centrale il
pilota.
Qual la risposta?
E io ho detto: Il niente. La risposta il niente.
Le mie gambe si allungano decise. Il mio corpo ruota portandosi in posizione. Le mie braccia si
flettono e si incrociano sul torace. La mia testa si piega allindietro, con il viso rivolto al cielo. La
mia bocca si apre. Inspiro a fondo, espiro. Inspiro a fondo, espiro. Inspiro a fondo, trattengo.
Sono in verticale, senza la resistenza dellaria vado pi in fretta. Colpisco il ghiaccio
perpendicolarmente, di piedi, a centocinquanta chilometri orari.
Non sento limpatto.
N lacqua fredda che si chiude sopra di me.
N la pressione di quellacqua mentre piombo nelloscurit di inchiostro.
Non sento niente. Devo avere i nervi spenti, o i recettori del dolore nel cervello disattivati.
Decine di metri sopra di me, una minuscola macchia di luce, una capocchia di spillo, debole come
la stella pi lontana: il punto di ingresso. E anche quello di uscita. Scalcio per risalire. Il mio corpo
intorpidito. La mia mente, muta. Mi sono del tutto abbandonata al Dodicesimo Sistema. Non pi
parte di me. me. Siamo una cosa sola.
Sono umana. E non lo sono. Vado verso la stella che splende nella volta incrostata di ghiaccio, un
semidio che si innalza da una profondit primordiale, pienamente umana, interamente aliena, e ora
capisco: conosco la risposta allenigma impossibile di Evan Walker.
Sfreccio verso il cuore della stella e mi slancio fuori, sulla calotta ghiacciata. Un paio di costole
rotte, un polso fratturato, un brutto squarcio in fronte dovuto alla cintura di sicurezza del pilota, totale
assenza di sensibilit e mancanza di fiato, vuota, intera, cosciente.
Viva.

76
Raggiungo i rottami fumanti dellelicottero poco prima dellalba. Trovare il luogo dello schianto non
stato difficile: il Black Hawk caduto nel bel mezzo di un campo coperto di neve fresca. Il
chiarore del fuoco si vedeva a chilometri di distanza.
Mi avvicino lentamente da sud. Alla mia destra il sole sbuca dallorizzonte e inonda di luce il
paesaggio invernale dando vita a un inferno di cristallo: sembra che siano caduti dal cielo miliardi di
diamanti.
I miei vestiti fradici sono congelati e mentre mi muovo crepitano come legna ardente. Mi tornata
la sensibilit. Il Dodicesimo Sistema prolunga la mia esistenza per prolungare la propria. Sta
chiedendo a gran voce riposo, cibo, aiuto con il processo di guarigione: per questo che mi ha
restituito il dolore.
No. Niente riposo finch non li avr trovati.
Il cielo sgombro. Non c vento. Volute di fumo salgono dal relitto straziato dellelicottero, nere
e grigie, simili alle colonne che si alzavano sopra Camp Haven cariche dei resti inceneriti degli
uccisi.
Dove sei, Razor?
Il sole continua la sua ascesa e il riflesso sulla neve si fa accecante. Il polielemento di rinforzo
alla vista mi regola gli occhi, velandoli con un filtro scuro indistinguibile, nella sensazione, da un
paio di occhiali neri. cos che noto un neo in quel bianco perfetto, circa due chilometri a ovest del
punto in cui mi trovo. Mi stendo sul ventre e usando braccia e gambe scavo una piccola trincea. Via
via che si avvicina, limperfezione nera prende forma umana. Alta, snella e imbacuccata in un parka,
si muove lentamente nella neve ad altezza caviglia stringendo un fucile. Passano trenta interminabili
minuti. Quando a cento metri, mi tiro su. Razor si butta a terra come se gli avessero sparato. Lo
chiamo per nome, ma senza alzare troppo la voce: nellaria invernale i rumori si propagano a grandi
distanze.
Risponde in tono acuto per lansia. Cazzarola!
Si trascina per qualche passo, poi prende a correre alzando le ginocchia e muovendo le braccia
come un risoluto patito del cardiofitness su un tapis roulant. Quando si ferma a mezzo metro da me,
dalla bocca aperta gli escono sbuffi di fiato caldo.
Sei viva sussurra. Nei suoi occhi vedo scritto: Impossibile.
Dov Teacup?
Indica con la testa un punto alle sue spalle. Sta bene. Insomma, forse si rotta una gamba
Lo scarto e comincio a camminare nella direzione da cui venuto. Lui arranca per starmi dietro e
protesta perch rallenti.
Ti stavo quasi dando per morta dice ansimando. Senza paracadute! Cos, ora sai volare? Che
ti successo alla fronte?
Ho preso un colpo.
Oh. Be, sembri unapache. Sai, le pitture di guerra?
laltro quarto: apache.
Sul serio?
In che senso forse si rotta una gamba?
Nel senso che mi sa che ha una gamba rotta. Con laiuto della tua vista a raggi X, magari puoi
fare la diagnosi definitiva

Che strano. Cammino e intanto osservo il cielo. Perch non ci stanno cercando? impossibile
che non abbiano preso le coordinate del lancio.
Io non ho visto niente. come se avessero lasciato perdere.
Scuoto il capo. Non sono tipi che lasciano perdere. Quanto manca, Razor?
Un paio di chilometri? Tranquilla, lho messa in un posto bello sicuro.
Perch lhai mollata l da sola?
Mi guarda male, ammutolito per un secondo. Ma solo per un secondo. Razor non sta mai zitto a
lungo. Per cercarti. Mi hai detto di andare verso il fuoco. Un po generica, come indicazione.
Potevi anzi dire: Ci vediamo dove mi schianto cercando di far atterrare questo elicottero. Quel
fuoco.
Camminiamo in silenzio per qualche minuto. Razor a corto di fiato. Io no. I polielementi mi
sosterranno finch non avr raggiunto Teacup, ma ho la sensazione che, quando ceder, ceder di
brutto.
Quindi ora che facciamo? chiede.
Ci riposiamo per qualche giorno o finch possiamo.
E poi?
Sud.
Sud. Questo sarebbe il tuo piano? Sud. Un tantino elaborato, non trovi?
Dobbiamo tornare in Ohio.
Inchioda come se fosse andato a sbattere contro un muro invisibile. Io continuo per un po,
dopodich mi giro. Razor mi guarda scuotendo la testa.
Ringer, hai presente dove siamo?
Annuisco. Circa trenta chilometri a nord di uno dei Grandi Laghi. Direi lErie.
Che stai Secondo te, come Ti rendi conto che lOhio a pi di centocinquanta chilometri da
qui? dice farfugliando per la foga.
Considerato dove dobbiamo andare noi, anche trecento. In linea daria.
In linea Be, proprio un peccato che non abbiamo le ali! Cosa c in Ohio?
I miei amici.
Riprendo a camminare seguendo le impronte lasciate nella neve dai suoi scarponi.
Ringer, non per smontarti, ma
Oh, tranquillo, sono tutta dun pezzo.
Questa mi sapeva tanto di battuta.
Lo so che probabilmente sono morti. E so anche che, nel caso non lo fossero, probabilmente
morir io ben prima di raggiungerli. Ma ho fatto una promessa, Razor. Non pensavo che lo fosse,
allepoca. Mi sono detta che non lo era. E lho pure detto a lui. Ma c quello che noi diciamo a noi
stessi sulla verit e quello che la verit dice su di noi.
Stai farneticando. Ne sei cosciente, vero? Devessere la botta in fronte. Di solito non lo fai.
Che botta in fronte?
Questa era una battuta di sicuro! Si acciglia. E poi a chi lhai fatta, questa promessa?
Al tipico sportivo immaturo e zuccone convinto di essere un dono che Dio ha fatto al mondo
quando non pensa che il mondo un dono che Dio ha fatto a lui.
Oh. Okay. Si trattiene per qualche passo strascicato, poi: Da quant quindi che stai con mister
Tipico Sportivo Immaturo e Zuccone?.
Mi fermo. Mi giro. Gli immobilizzo il viso e gli do un bacio sulla bocca. Ha gli occhi sgranati e
pieni di qualcosa che somiglia molto a paura.

A cosa lo devo?
Lo bacio di nuovo. I nostri corpi si toccano. Il suo viso freddo tra le mie mani ancora pi fredde.
Sento lodore di gomma da masticare del suo alito. La Terra responsabilit mia. Siamo due
pilastri che si alzano da un mare increspato di un bianco accecante. Un mare sterminato. Senza
barriere, senza confini.
Mi ha tirata fuori dalla tomba. Mi ha riportata indietro dal regno dei morti. Ha rischiato la vita
perch io potessi riavere la mia. Era pi facile girarsi dallaltra parte. Era pi facile lasciarmi
perdere. Era pi facile credere a una bella bugia che a una brutta verit. Alla morte di mio padre ho
costruito intorno a me una fortezza abbastanza sicura e solida da durare un migliaio di anni. Una
possente roccaforte che si sgretola con un bacio.
Ora siamo pari sussurro.
Non proprio dice roco. Io ti ho baciata una volta sola.

77
Via via che ci avviciniamo, il complesso sembra alzarsi dalla neve come un leviatano dalle
profondit marine. Silos, nastri trasportatori, bidoni, miscelatori, costruzioni adibite a deposito e a
uffici, pi un enorme magazzino grande quanto due hangar messi insieme, il tutto circondato da una
rete arrugginita. Ha un qualcosa di simbolico e inquietante, in un certo senso appropriato, che questa
storia finisca in una fabbrica di cemento. Il cemento lonnipresente firma delluomo, il nostro
principale mezzo artistico sulla tela bianca del mondo: ovunque abbiamo messo piede, poco alla
volta la terra ne stata ricoperta.
Razor scosta un tratto della recinzione marcia per farmi passare. Guance colorite, naso rosso
acceso per il freddo, occhi dolci ed espressivi che saettano di qua e di l. Magari allaperto, sotto
questo luminoso cielo terso, si sente in pericolo come me, un nano al confronto dei silos torreggianti
e delle apparecchiature imponenti.
Magari, ma ne dubito.
Dammi il fucile gli dico.
Eh? Tiene larma stretta a s, con il dito che tamburella nervoso sul grilletto.
Sono pi brava io a sparare.
Ringer, ho gi controllato tutto. Non c nessuno. Siamo perfettamente
Al sicuro finisco per lui. Certo. Tendo la mano.
Di, subito l nel magazzino
Non mi muovo. Lui fa una faccia esasperata, rovescia la testa allindietro per guardare un attimo il
cielo sgombro, poi torna a guardarmi.
Se fossero qui, saremmo gi morti, lo sai.
Il fucile.
E va bene. Me lo passa con un gesto brusco. Lo prendo e con il calcio gli do un colpo sul lato
del viso. Lui piomba in ginocchio senza staccare gli occhi dai miei, ma non c niente in quegli occhi,
niente di niente.
Cadi dico. Crolla a faccia in gi e resta immobile.
Non penso che sia nel magazzino. C un motivo se Razor voleva farmici entrare, ma non credo
abbia a che fare con Teacup. Non sar a meno di cento chilometri da qui. Non ho scelta, per. Con il
fucile e Razor fuori gioco ho un leggero vantaggio, ma tutto.
Si tradito quando lho baciato. Non so come faccia il potenziamento ad aprire un varco empatico
in un altro essere umano. Magari trasforma il vettore in una specie di macchina della verit che
raccoglie e accosta dati provenienti da una miriade di sensori per poi incanalarli verso lunit
centrale affinch questa li analizzi e interpreti. Comunque funzioni, ho avvertito in Razor un punto
cieco, un vuoto, una stanza segreta, e ho capito di essere in guai molto seri.
Menzogne dentro menzogne dentro menzogne. Finte e controfinte. Come un miraggio nel deserto,
che resta sempre lontano a prescindere da quanto uno si sforzi di raggiungerlo. Cercare la verit
equivale a inseguire lorizzonte.
Quando sto per addentrarmi fra le ombre delledificio, qualcosa in me si allenta. Cominciano a
tremarmi le ginocchia. Il petto mi fa male come se fossi stata colpita da un ariete. Non riesco a
respirare. Il Dodicesimo Sistema pu sostenermi e rafforzarmi, pu velocizzare i miei riflessi e
rendere i miei sensi dieci volte pi acuti, pu guarirmi e proteggermi da ogni pericolo fisico, ma non
c niente che i miei quarantamila ospiti imbucati possano fare per un cuore spezzato.

Non posso, non posso. Non posso lasciarmi fiaccare. Cosa succede a chi si lascia fiaccare? Cosa
succede?
Non posso entrare. Devo entrare.
Mi appoggio alla fredda parete di metallo del magazzino, accanto alla porta aperta, oltre la quale
regna loscurit, profonda come una tomba.

78
Latte avariato.
Come supero la soglia, il tanfo dellepidemia mi assale cos intenso da farmi venire il vomito. Il
polielemento che agisce sullolfatto blocca allistante tutti i recettori. Il mio stomaco si placa. La mia
vista si schiarisce. Il magazzino grande il doppio di un campo da football e diviso in tre livelli. Il
pianoterra, quello a cui mi trovo, stato convertito in un ospedale demergenza. Centinaia di letti,
biancheria appallottolata, carrelli di forniture mediche rovesciati. Sangue dappertutto. Scintilla nella
luce che entra dai buchi del tetto parzialmente crollato tre piani sopra di me. Sangue in strati
congelati sul pavimento. Sangue sbaffato sui muri. Sangue su lenzuola e cuscini. Sangue, sangue,
sangue ovunque, ma niente corpi.
Salgo le scale fino al primo piano. Qui ci sono le scorte: sacchi mezzi strappati di farina e altri
alimenti secchi, il contenuto disseminato in giro da topi e altri animali, pile di cibo in scatola, grossi
contenitori dacqua, barili di cherosene. Roba ammassata in previsione dellinverno da persone che,
per, prima che questo arrivasse, sono state sorprese e affogate nel loro stesso sangue dallo Tsunami
Scarlatto.
Continuo a salire e passo al secondo piano. Una colonna di luce simile al fascio di un riflettore
taglia laria polverosa. Sono arrivata in cima. lultimo livello. Il pavimento ingombro di
cadaveri: sono sistemati luno sullaltro, in certi punti in sei strati, quelli in basso avvolti con cura in
lenzuola, quelli pi in alto buttati l in fretta, a formare un caos di braccia e gambe, una massa
contorta di ossa, pelle disidratata e dita scheletriche piegate nel vano tentativo di afferrare laria.
Unarea in mezzo allo stanzone stata liberata. Al centro della colonna di luce c un tavolo di
legno. E, sul tavolo, una scatola sempre di legno con accanto una scacchiera. I pochi pezzi sono
sistemati in una posizione finale che riconosco allistante.
allora che da ogni parte e da nessuna mi giunge la sua voce, come il brusio di un tuono distante,
impossibile da localizzare.
Non abbiamo mai concluso la partita.
Mi allungo a rovesciare il re bianco. Sento un sospiro simile a una folata di vento tra gli alberi.
Perch sei qui, Marika?
Era un test mormoro. Il re bianco sulla schiena con lo sguardo vacuo, gli occhi un abisso di
alabastro fissi nei miei. Dovevi testare il Dodicesimo Sistema senza che io sapessi che era un test.
Dovevo credere che fosse reale. Era lunico modo per farmi collaborare.
E lhai passato?
S. Lho passato.
Mi giro dando le spalle alla luce. in cima alle scale, solo, con la faccia in ombra, ma giurerei di
poter vedere i suoi brillanti occhi azzurri da uccello rifulgere nel buio dellossario.
In realt non ancora, ma ci sei quasi dice.
Punto il fucile nello spazio tra quegli occhi luccicanti e premo il grilletto. Dal caricatore vuoto
esce riecheggiando una serie di scatti: clic, clic, clic, clic, clic, clic.
Hai fatto tanta strada, Marika. Non mi deludere adesso dice Vosch. Dovevi sapere che non
poteva essere carico.
Lascio cadere il fucile e indietreggio lentamente finch non vado a sbattere contro il tavolo.
Appoggio le mani al ripiano per stabilizzarmi.
Chiedimelo mi ordina.

Perch non ancora, ma ci sei quasi?


Conosci gi la risposta.
Afferro il tavolo e lo scaglio nella sua direzione. Lui lo respinge con un braccio, ma intanto io lho
raggiunto saltandogli addosso da due metri di distanza, lho colpito in pieno petto con la spalla e lho
immobilizzato in una stretta. Voliamo gi dal secondo piano e atterriamo sul primo. Le assi sotto di
noi gemono disperate. Nellimpatto allento la presa. Lui mi serra sul collo le lunghe dita di una mano
e mi lancia contro una pila di cibo in scatola che si trova a oltre cinque metri di distanza. Sono in
piedi in meno di un secondo, ma mi batte ancora. cos rapido che vedo i suoi movimenti in ritardo.
La povera recluta nel bagno dice. Linfermiera fuori dal reparto di terapia intensiva, il pilota,
Razor, persino Claire, la sfortunata Claire, in netto svantaggio fin dallinizio. Non basta, non basta.
Per passare davvero il test, devi superare ci che non pu essere superato.
Spalanca le braccia. Un invito. Volevi unoccasione, Marika. Bene. Eccola.

79
C poca differenza tra quello che segue e la nostra partita a scacchi. Sa come penso. Conosce i miei
punti forti e i miei punti deboli. Indovina ogni mossa prima che la faccia. Si concentra in particolare
sulle zone gi lesionate: il polso, le costole, il viso. Il sangue sgorga dalla ferita che mi si riaperta
sulla fronte e, fumando nellaria sottozero, mi finisce in bocca e negli occhi: velato da quella cortina,
il mondo diventa rosso vivo. Quando cado per la terza volta, Vosch dice: Basta. Resta l, Marika.
Mi tiro su. Mi stende per la quarta volta.
Sovraccaricherai il sistema mi avverte. Carponi, guardo intontita le gocce che dopo essersi
staccate dal mio viso finiscono a terra, una pioggia di sangue. Potrebbe andare in tilt. In tal caso
potresti morire per le ferite.
Sto gridando. La voce mi esce dal profondo dellanima: lestremo lamento di sette miliardi di
esseri umani massacrati. Il grido echeggia nello spazio cavernoso.
Poi mi alzo per lultima volta. Pur potenziati, i miei occhi non riescono a seguire i suoi pugni.
Come particelle elementari, non sono n in un punto n nellaltro, impossibili da localizzare,
impossibili da prevedere. Vosch getta il mio corpo floscio dal ballatoio: ho limpressione che il volo
verso il pavimento di cemento del pianoterra duri uneternit e che ad attendermi ci sia unoscurit
pi densa di quella che avvolgeva luniverso prima dellinizio del tempo. Mi giro sulla pancia e
spingendo sulle braccia mi sollevo. Vosch mi pianta uno scarpone sul collo e mi risbatte gi.
Qual la risposta, Marika?
Non c bisogno che mi spieghi nulla. Finalmente ho capito la domanda. Finalmente ho afferrato
lenigma: non mi sta chiedendo qual la nostra risposta al problema posto da loro. Non lha mai
fatto. Mi sta chiedendo qual la loro risposta al problema posto da noi.
Il niente dico. La risposta il niente. Non sono qui. Non ci sono mai stati.
Chi? Chi non qui?
Ho la bocca piena di sangue. Deglutisco. Il rischio
S. Molto bene. Il rischio la chiave.
Non sono qui. Non ci sono entit scaricate in corpi umani. Non ci sono coscienze aliene dentro
nessuno. Per via del rischio. Il rischio. Il rischio inaccettabile. un programma, unillusione. Un
qualcosa di inserito nella mente prima della nascita e attivato allarrivo della pubert una
menzogna, una menzogna. Sono umani. Potenziati come me, ma umani umani come me.
E me? Se tu sei umana, io cosa sono?
Non lo so
Lo scarpone spinge schiacciandomi la guancia contro il cemento.
Io cosa sono?
Non lo so. Quello che supervisiona. Che dirige. Non lo so. Quello scelto per Non lo so, non lo
so.
Sono umano?
Non lo so! E non lo so sul serio. Siamo arrivati a un punto oltre il quale non posso andare. Un
punto da cui impossibile tornare indietro. Sopra: lo scarpone. Sotto: labisso. Ma se tu sei
umano
S? Finisci. Se io sono umano cosa?
Sto annegando nel sangue. Non il mio. Il sangue dei miliardi di persone morte prima di me, un
mare infinito che mi avviluppa e mi trascina verso il fondo senza luce.

Se tu sei umano, non c speranza.

80
Mi tira su. Mi porta a uno dei letti da campo e mi ci posa delicatamente. Sei piegata, ma non rotta.
necessario fondere lacciaio prima di farne una spada. Tu sei quella spada, Marika. Io sono il fabbro
e tu sei la spada.
Mi prende il viso tra le mani. I suoi occhi brillano con un fervore da fanatico religioso, lo sguardo
di un folle che predica per le strade, solo che questo folle ha in pugno il destino del mondo.
Mi passa il pollice sulla guancia insanguinata. Ora riposati. Qui sei al sicuro. Perfettamente al
sicuro. Lascio lui a prendersi cura di te.
Razor. Tutto, ma questo no. Scuoto la testa. Per favore. No. Per favore.
E tra una, massimo due settimane sarai pronta.
Aspetta la domanda. molto soddisfatto di s. O di me. O di quello che ha ottenuto. Io, per, resto
zitta.
E lui se ne va.
Dopo un po sento un elicottero che lo viene a prendere. Poi compare Razor con una guancia cos
gonfia che sembra gli abbiano ficcato sotto pelle una mela. Non dice una parola. Io neppure. Mi lava
il viso con acqua calda saponata. Mi benda le ferite. Mi fascia le costole fratturate. Mi stecca il
polso rotto. Non si scomoda a offrirmi dellacqua, eppure deve sapere che ho sete. Mi infila una
flebo nel braccio e ci collega una soluzione salina. Poi se ne va e si piazza su una sedia pieghevole
accanto alla porta aperta, imbozzolato nel parka, con il fucile sulle gambe. Al tramonto accende una
lampada a cherosene e la posa in terra ai suoi piedi. La luce sale e gli inonda il viso, ma da dove mi
trovo non gli vedo gli occhi.
Dov Teacup? In quello spazio vasto la mia voce echeggia.
Non risponde.
Ho una teoria dico. Sui ratti. La vuoi sentire?
Silenzio.
Uccidere un ratto semplice. Non serve altro che un pezzo di formaggio stagionato e una
trappola. Ma ucciderne mille, un milione, un miliardo o sette miliardi un po pi difficile. Per
quello serve unesca. Un veleno. Non c bisogno di avvelenare ogni singolo animale: basta
avvelenarne alcuni, che poi porteranno il veleno allinterno della colonia.
Non si muove. Non so se mi ascolta; non so nemmeno se sveglio.
Noi siamo i ratti. Il programma scaricato nei feti umani lesca. Che differenza c tra un essere
umano che ha in s una coscienza aliena e un essere umano che crede di averla? Nessuna, ad
eccezione del rischio. Il rischio lunica differenza. Non per noi. Per loro. Cosa li obbliga a esporsi
a un pericolo del genere? La risposta niente. Non sono qui, Razor. Non ci sono mai stati. Ci siamo
solo noi. Ci siamo sempre stati solo noi.
Si china con deliberata lentezza e spegne la luce.
Sospiro. Ma come tutte le teorie, anche questa ha dei buchi. impossibile da riconciliare con la
questione della roccia. Perch affannarsi tanto quando sarebbe bastato tirarci una roccia bella
grossa?
Pianissimo, cos piano che non lo sentirei se non avessi ludito potenziato: Stai zitta.
Perch lhai fatto, Alex? Se poi vero che si chiama cos. Tutta la sua storia potrebbe essere
una menzogna studiata da Vosch per manipolarmi. altamente probabile.
Sono un soldato.

Ti sei limitato a seguire gli ordini.


Sono un soldato.
Ragionare non compito tuo.
Sono. Un. Soldato!
Chiudo gli occhi. Il bascaball. Anche quello unidea di Vosch? Scusa. Domanda stupida.
Silenzio.
Walker dico riaprendo gli occhi di scatto. Per forza. lunica cosa che ha senso. Evan,
vero, Razor? Vuole Evan e io sono la sola che pu condurlo da lui.
Silenzio.
Limplosione di Camp Haven e la pioggia di droni fuori uso: a che servivano i droni? Me lo sono
sempre chiesta. Quanto mai poteva essere difficile trovare sacche di superstiti considerato che erano
ben poche e che per localizzarle avevano a disposizione tecnologia umana a sfare? I sopravvissuti si
riunivano in gruppi. Si raccoglievano come api in un alveare. I droni non servivano per tenere
docchio noi. Servivano per tenere docchio loro, gli umani come Evan Walker, solitari e
pericolosamente potenziati, sparsi su tutti i continenti, armati di una conoscenza capace di far
crollare lintera struttura qualora il programma scaricato in loro avesse funzionato male, come
chiaramente successo nel suo caso.
Evan fuori dai radar. Vosch non sa n dov n se vivo o morto. Ma se vivo, Vosch ha bisogno
di un infiltrato, di qualcuno di cui Evan si fidi.
Io sono il fabbro.
Tu sei la spada.

81
Per una settimana la mia unica compagnia. Piantone, bambinaia, guardiano. Quando ho fame, mi
porta da mangiare. Quando sento male, mi allevia il dolore. Quando sono sporca, mi lava. assiduo.
fedele. l quando apro gli occhi e quando li chiudo. Non lo sorprendo mai a dormire: costante,
a differenza del mio sonno; di notte mi sveglio spesso e lui sempre l che mi guarda dalla sua
postazione vicino alla porta. taciturno, accigliato e stranamente nervoso, questo tizio che mi ha
ingannata senza il minimo sforzo spingendomi a credere alle sue parole e in lui. Come se volessi
provare a scappare, quando sa benissimo che pur potendo non lo far e che sono imprigionata da una
promessa pi vincolante di mille catene.
Il pomeriggio del sesto giorno si lega uno straccio su naso e bocca, sale al secondo piano e scende
con un corpo in spalla. Lo porta fuori. Poi torna su e la scena si ripete. Che sia a mani vuote o
gravato da un cadavere, il suo passo ugualmente pesante. Perdo il conto a centoventitr. Svuota il
magazzino di tutti i morti, ammassandoli in cortile, e al crepuscolo li d alle fiamme. I corpi si sono
mummificati e il fuoco, caldo e brillante, prende in fretta. La pira sar visibile a chilometri di
distanza, ammesso e non concesso che ci siano occhi pronti a vedere qualcosa. La sua luce illumina
lingresso, lambisce il pavimento, trasforma il cemento in un fondale marino fatto di piccole dune
dorate. Fermo sulla soglia, Razor osserva il fuoco, una sagoma snella circondata da un alone come in
uneclissi di luna. Si scrolla di dosso il parka, si toglie la camicia, si arrotola una manica della
maglietta per scoprire la spalla. La lama del coltello luccica nel bagliore giallo mentre, con la punta,
si incide qualcosa sulla pelle.
La notte avanza lenta, il fuoco si indebolisce, il vento gira e il mio cuore si riempie di una
dolorosa nostalgia: per i campeggi estivi, la caccia alle lucciole e i cieli dagosto inondati di stelle.
Per lodore del deserto e i lunghi, malinconici sospiri del vento che scende dalle montagne mentre il
sole si tuffa dietro lorizzonte.
Razor accende la lampada a cherosene e mi si avvicina. Sa di fumo, e anche un po di morte.
Perch lhai fatto? chiedo.
Sopra lo straccio, i suoi occhi sono pieni di lacrime. Chiss se per il fumo o per altro. Ordini
risponde.
Mi toglie la flebo dal braccio, avvolge il tubicino e lo fissa al gancio del sostegno.
Non ti credo dico.
Oh, che shock.
la prima volta che parla da quando Vosch se n andato. Il sollievo che provo nel sentire di
nuovo la sua voce mi stupisce. Mi sta esaminando la ferita sulla fronte e, data la luce fioca, tiene il
viso vicinissimo al mio.
Teacup sussurro.
Secondo te? chiede contrariato.
viva. lunico modo che ha per farmi pressione.
Okay, allora. viva.
Spalma una pomata antibatterica sul taglio. Un essere umano non potenziato avrebbe avuto bisogno
di diversi punti, ma tra qualche giorno nessuno sar in grado di individuare il segno.
Potrei costringerlo a mostrarmi che carte ha in mano dico. Come fa a ucciderla ora?
Razor scrolla le spalle. Forse perch se ne sbatte altamente di una bambina quando in gioco il
destino del mondo intero? Cos, tirando a indovinare.

Dopo tutto quello che successo, dopo tutto quello che hai sentito e visto, tu ancora gli credi.
Mi guarda con qualcosa che somiglia tanto a compassione. Devo credergli, Ringer. Smetto e sono
finito. Sono uno di loro. Fa un cenno verso il cortile, dove le ossa annerite finiscono di bruciare.
Si siede sul letto accanto al mio e si tira gi la maschera improvvisata. Ha la lanterna tra i piedi:
la luce gli inonda il viso e le ombre si addensano nei suoi occhi profondi.
Se per quello, troppo tardi dico.
Giusto. Siamo gi belli che morti. Quindi non c modo di farti pressione, no? Uccidimi, Ringer.
Uccidimi ora e scappa. Scappa.
Potrei saltare gi dal letto cos in fretta da non lasciargli il tempo di sbattere gli occhi. Un solo
pugno al petto e il colpo potenziato gli conficcherebbe una costola rotta nel cuore. E poi potrei
uscire, andarmene, infilarmi nella foresta e nascondermici per anni, decenni, fino a diventare troppo
vecchia e malconcia anche per il Dodicesimo Sistema. Potrei vivere pi a lungo di chiunque altro.
Un giorno potrei svegliarmi ed essere lultima persona sulla Terra.
E poi. E poi.
Avr freddo, seduto l con indosso nientaltro che una maglietta. Noto una traccia di sangue secco
sul bicipite.
Cosa ti sei fatto al braccio? chiedo.
Si tira su la manica. Le lettere sono tracciate un po alla buona, grandi e squadrate e incerte, con la
grafia di un bambino che sta imparando a scrivere.
VQP

Latino sussurra. Vincit qui patitur. Vuol dire


So cosa vuol dire rispondo sussurrando a mia volta.
Scuote la testa. Non credo proprio. Non suona arrabbiato. Suona triste.
Si gira verso la porta, oltre la quale i morti si sollevano nel cielo indifferente.
Ti chiami davvero Alex? chiedo.
Mi guarda di nuovo e vedo spuntare il suo sorriso ironico e giocoso. Come prima, quando ho
risentito la sua voce, mi sorprendo nel rendermi conto che mi mancato. Su quello sono stato
sincero. Ho mentito solo sulle cose che contavano.
E sul serio tua nonna aveva un cane di nome Flubby?
Ride piano. S.
Bene.
Perch?
Perch volevo che quella parte fosse vera.
Cos, ti piacciono i cagnolini ringhiosi e attaccabrighe?
Mi piace sapere che un tempo esistevano cagnolini ringhiosi e attaccabrighe di nome Flubby.
bello. una cosa che vale la pena di ricordare.
Prima che me ne accorga, si alzato dal letto e mi sta baciando, e io sprofondo in lui, dove pi
niente segreto. Mi ha aperto il suo intimo, la parte di lui che mi ha aiutata e quella che mi ha tradita,
quella che mi ha riportata in vita e quella che mi ha riconsegnata alla morte. La rabbia non la
risposta, no, e nemmeno lodio. Strato dopo strato, ci che ci separa cade e io arrivo al centro, alla
regione senza nome, alla roccaforte senza difese, un dolore senza inizio n fine, la solitaria unicit
della sua anima, non guastata dal tempo n dallesperienza, oltre il pensiero, infinita.
E sono l con lui: ci sono gi. Allinterno di quella unicit, ci sono gi.
Non pu essere vero mormoro. Al centro di tutto, dove c il niente, lho trovato stretto a me.
Le tue cavolate non me le bevo dice. Ma su un punto hai ragione: alcune cose, anche se

sembrano insignificanti, valgono quanto la somma di tutte le altre.


Fuori, lamaro raccolto brucia. Dentro, Alex tira gi le lenzuola, e queste sono le stesse mani che
mi hanno tenuta stretta, che mi hanno lavata e nutrita e sollevata quando non riuscivo a farlo da sola.
Mi ha consegnata alla morte; mi sta riportando in vita. per questo che ha liberato lultimo piano dai
morti. Li ha banditi, rimessi al fuoco, non per dissacrare loro, ma per consacrare noi.
Lombra che lotta con la luce. Il gelo che combatte con il fuoco. una guerra mi ha detto una
volta, e noi siamo i conquistatori di un paese ancora da scoprire, unisola di vita al centro di uno
sconfinato mare di sangue.
Il freddo pungente. Il calore bruciante. Le sue labbra mi sfiorano il collo mentre io passo le dita
sulla sua guancia segnata dalla ferita che gli ho inferto e sulle ferite VQP che si inferto da solo
sul braccio, poi lascio scivolare le mani lungo la sua schiena. Non mi lasciare. Per favore, non mi
lasciare. Lodore di gomma da masticare e lodore di fumo e lodore del suo sangue, e il modo in
cui il suo corpo si distende su di me e il modo in cui la sua anima penetra nella mia come un rasoio.
Il battito dei nostri cuori e il ritmo del nostro respiro e le stelle che, invisibili ai nostri occhi, girano
segnando il tempo, misurando lintervallo sempre pi breve che ci separa dalla fine, mia e sua e di
tutto il resto.
Il mondo un orologio e lorologio sempre pi scarico, e il loro arrivo con questo non ha nulla a
che fare. Il mondo sempre stato un orologio. Anche le stelle si spegneranno, a una a una, e non ci
sar pi n luce n calore, e questa una guerra, la guerra vana e perpetua contro il vuoto senza luce
n calore che avanza spedito verso di noi.
Alex intreccia le dita dietro la mia schiena e mi tira con forza verso di s. Tra noi non c distanza.
Tra noi non ci sono confini. Il vuoto riempito. Il nulla sconfitto.

82
Rimane al mio fianco finch il nostro respiro non si regolarizza e i nostri cuori non rallentano,
passandomi le dita tra i capelli e fissandomi come se non potesse lasciarmi prima di aver
memorizzato ogni aspetto del mio viso. Mi sfiora le labbra, le guance, le palpebre. Con la punta del
dito segue il profilo del naso, la curva dellorecchio. Il suo volto quasi del tutto in ombra, il mio
alla luce.
Scappa sussurra.
Scuoto la testa. Non posso.
Si alza dal letto e, nellistante in cui resta fermo, io ho la sensazione di cadere. Si riveste in fretta.
Non riesco a decifrare la sua espressione. Si richiuso. Il vuoto tornato ad assediarmi.
insopportabile. Mi schiaccer, lassenza che ormai con labitudine quasi non notavo pi. Almeno
fino a questo momento: riempiendolo, mi ha mostrato quanto quel vuoto fosse enorme.
Non ti prenderanno insiste. impossibile che ci riescano.
Vosch sa che non scapper finch avr Teacup.
Oh, Cristo santo. Ma chi per te, quella bambina? Vale quanto la tua vita? Come fa qualcuno a
valere quanto tutta la tua esistenza? una domanda di cui conosce gi la risposta. Daccordo. Fai
come ti pare. Tanto non mi interessa. Tanto non conta niente.
Invece s e ce lhanno insegnato proprio loro, Razor. Cosa conta e cosa no. Lunica verit in
mezzo a tante bugie.
Prende il fucile e se lo mette in spalla. Mi bacia sulla fronte. Un viatico. Una benedizione. Poi
raccoglie la lampada e si avvia a passo incerto verso la porta, il guardiano, il custode, colui che non
si riposa, non si stanca, non tentenna. Si appoggia allo stipite, rivolto verso la notte, e il cielo sopra
di lui arde della luce fredda di diecimila pire che segnano il tempo agli sgoccioli.
Scappa lo sento dire. Non credo che ce labbia con me. Scappa.

83
Lottavo giorno lelicottero torna a prenderci. Lascio che Razor mi aiuti a vestirmi, ma a parte un
paio di costole doloranti e un po di debolezza alle gambe, i dodici polielementi nellinsieme noti
come Ringer sono operativi al cento per cento. Il viso mi guarito alla perfezione: non rimasta
neppure una cicatrice. Durante il viaggio di ritorno alla base, Razor, seduto di fronte a me, studia il
pavimento e alza gli occhi solo una volta. Scappa, scandisce in silenzio. Scappa.
Terra bianca, fiume nero, lelicottero si inclina e gira intorno alla torre di controllo
dellaerodromo: passiamo cos vicino che, dietro i vetri oscurati, intravedo una figura alta e
solitaria. Atterriamo nello stesso punto da cui siamo decollati, un altro cerchio completo, dopodich,
spingendomi delicatamente per il gomito, Razor mi guida dentro la torre. Mentre saliamo, mi stringe
la mano per un istante.
Io lo so, cosa conta dice.
Vosch in piedi allaltro capo della stanza. Ci d le spalle, ma vedo il suo viso riflesso
debolmente nel vetro. Al suo fianco c una recluta corpulenta che si tiene il fucile al petto con la
disperazione di chi appeso per una stringa su una gola profonda diecimila metri. Seduta accanto
alla recluta, con indosso la tuta bianca standard, c la ragione per cui sono qui, la mia vittima, la
mia croce, la mia responsabilit.
Come mi vede, Teacup fa per alzarsi. La recluta le mette una mano sulla spalla e la risbatte gi.
Scuoto la testa e muovendo solo le labbra dico: No.
Nella stanza regna il silenzio. Razor alla mia destra, leggermente indietro rispetto a me. Non lo
vedo, ma cos vicino che lo sento respirare.
Dunque. Vosch strascica la parola: un preludio. Hai risolto lenigma della roccia?
S.
Lo vedo sorridere a labbra strette nel vetro scuro. E? Lanciare una grossa roccia non avrebbe
prodotto leffetto voluto.
E che effetto vogliamo?
Volete che qualcuno resti.
Il che non risponde alla mia domanda. Puoi fare di meglio.
Avreste potuto ucciderci tutti. Ma non lavete fatto. State dando fuoco al villaggio per salvarlo.
Un saggio. cos che mi vedi? Si gira per guardarmi in faccia. Spiegati meglio. Devessere
tutto o niente? Se lobiettivo salvare il villaggio dai suoi abitanti, una roccia pi piccola avrebbe
potuto dare lo stesso risultato. Perch una serie di attacchi? Perch tanti trucchi e inganni? Perch dei
burattini come Evan Walker, potenziati artificialmente e convinti di essere chi non sono? Una roccia
un metodo molto pi semplice e immediato.
Non ne sono sicura ammetto. Ma credo centri la fortuna.
Mi fissa per un lungo istante. Poi annuisce. Sembra compiaciuto. E ora che succede, Marika?
Mi portate nel punto in cui avete localizzato Evan lultima volta rispondo. Mi mollate l e io lo
devo trovare. unanomalia, unintollerabile falla del sistema.
Ah s? E come farebbe un pedone umano qualunque a costituire un pericolo?
Si innamorato e lamore lunico punto debole.
Perch?
Di fianco a me, il respiro di Razor. Di fronte, il viso rivolto in su di Teacup.
Perch lamore irrazionale spiego. Non segue le regole. Nemmeno le sue. Lamore la sola

cosa delluniverso a essere imprevedibile.


Su questo punto devo rispettosamente dissentire dice Vosch. Guarda Teacup. La traiettoria
dellamore del tutto prevedibile.
Si avvicina, incombente, una statua fatta di carne e ossa, con occhi chiari come un lago di
montagna che mi penetrano fin nel profondo dellanima.
Perch dovrei avere bisogno di te per trovarlo?
Hai perso i droni che monitoravano lui e tutti quelli come lui. una scheggia impazzita. Non
conosce la verit, ma ne sa abbastanza da causare guai seri se non verr fermato.
Vosch alza la mano. Sussulto, ma me la posa sulla spalla e stringe forte, il viso raggiante di
soddisfazione. Molto bene, Marika. Molto, molto bene.
E, accanto a me, Razor sussurra: Scappa.
Vicino al mio orecchio esplode un colpo di pistola. Vosch indietreggia verso la finestra, ma non
ferito. La recluta si butta in ginocchio mettendo in posizione il calcio antirinculo del fucile, ma
nemmeno lui ferito.
Lobiettivo di Razor era ci che, pur insignificante, per me rappresentava la somma di tutte le
cose, il suo proiettile la spada che spezza la catena che mi teneva legata.
Limpatto scaglia Teacup allindietro. La sua testa sbatte contro il bancone retrostante; le sue
braccia magroline volano in aria. Mi volto di scatto a destra, verso Razor, giusto in tempo per vedere
il suo petto lacerarsi per il colpo della recluta inginocchiata.
Si inclina in avanti e io, distinto, allungo le braccia, ma cade troppo in fretta. Non riesco a
prenderlo.
E i suoi occhi dolci ed espressivi si sollevano verso i miei, alla fine di una traiettoria che
nemmeno Vosch ha saputo prevedere.
Sei libera sussurra Alex. Scappa.
La recluta gira il fucile verso di me. Vosch ci si piazza davanti con un furioso grido gutturale.
Mentre lunit centrale attiva il polielemento collegato ai muscoli, io corro verso le finestre che
danno sulla pista di atterraggio e, a due metri di distanza dal vetro, spicco un balzo portando avanti la
spalla destra.
E poi sono allaria aperta e cado, cado, cado.
Sei libera.
Cado.

Ottava parte

RAMENGO

84
Coperti di cenere e polvere, cinque fantasmi grigi bivaccano nel bosco allalba.
Megan e Sam hanno finalmente preso sonno, anche se si trattato pi di uno svenimento che di un
abbandono graduale. Lei si stringe Orso al petto. Dove c qualcuno in difficolt dice Orso io
vado.
Ben guarda il sole che sorge con il fucile sulle gambe, muto, chiuso nella rabbia e nel dolore, ma
soprattutto nel dolore. Dumbo, il pi pragmatico, fruga nello zaino in cerca di qualcosa da mangiare.
E poi ci sono io, ugualmente chiusa nella rabbia e nel dolore, ma soprattutto nella rabbia. Ciao,
addio. Ciao, addio. Quante volte devo rivivere questo ciclo? Quello che successo non difficile da
immaginare: solo impossibile da accettare. Evan ha trovato la bustina caduta a Sam e, letteralmente
in un soffio, si fatto saltare in aria con Grace condannandosi a un oblio verde lime. Il che era il suo
piano fin dallinizio, deficiente ibrido, mezzo umano e mezzo alieno, nonch idealista incline al
martirio.
Dumbo viene da me e mi chiede se voglio che mi dia unocchiata al naso. Gli rispondo come fa a
non vederlo gi. Lui ride. Occupati di Ben dico.
Non vuole.
Be sospiro tanto i tuoi poteri medico-magici non possono niente per la ferita vera.
lui a sentirlo per primo (magari grazie alle orecchie?): lo scricchiolio del terreno gelato e delle
foglie cadute. Solleva la testa e guarda verso il fitto degli alberi oltre la mia spalla. Mi alzo e punto
il fucile in direzione del rumore. Tra le ombre dense vedo muoversi unombra pi chiara. Un
superstite del disastro che ci ha seguiti fin qui? Un altro Evan o unaltra Grace, un Silenziatore che ci
ha sorpresi nel suo territorio? No. Non pu essere. Nessun Silenziatore se ne andrebbe mai a spasso
per il bosco con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli. No, non lo farebbe manco morto
o morirebbe nel farlo.
Lombra porta le mani in alto e l capisco ancor prima di sentir pronunciare il mio nome che mi
ha trovata di nuovo, che ha mantenuto la promessa che non mi aveva potuto fare, dopo che ci eravamo
reciprocamente stampati sul viso sangue e lacrime, un Silenziatore, daccordo, ma il mio, che mi
viene incontro zoppicando nella luce incredibilmente pura di unalba di fine inverno che gi promette
la primavera.
Passo il fucile a Dumbo. E lo pianto l. La luce dorata e gli alberi scuri luccicanti di ghiaccio e
lodore dellaria tipico delle mattine fredde. Le cose che ci lasciamo alle spalle e le cose che non ci
lasciano mai. Il mondo finito una volta. Finir di nuovo. Il mondo finisce, s, ma poi risorge. Il
mondo risorge sempre.
A pochi passi da lui mi fermo. Si ferma anche lui, e ci guardiamo dai due capi di una distesa pi
ampia delluniverso, allinterno di uno spazio pi sottile della lama di un rasoio.
Ho una frattura al naso dico. Mannaggia a Dumbo. Colpa sua, se ora mi sento a disagio.
Io, alla caviglia risponde lui.
Allora vengo io.

RINGRAZIAMENTI
Nellinfilarmi in questo progetto, non mi sono davvero reso conto dei costi che la mia scelta poteva
avere. Uno dei miei difetti in quanto scrittore (uno dei tanti, come Dio solo sa) che tendo a calarmi
troppo nei miei personaggi. Ignoro il saggio consiglio di rimanere al di sopra della mischia e
sviluppare lindifferenza degli dei nei confronti delle sofferenze allinterno della mia creazione.
Quando scrivi una storia in tre volumi che parla della fine del mondo a noi conosciuto,
probabilmente te la passeresti meglio non prendendo la cosa troppo sul serio. Altrimenti ti aspetta
pi duna buia notte dellanima, oltre a stanchezza, malessere, improvvisi sbalzi dumore,
ipocondria, crisi di pianto e capricci puerili. Dici a te stesso (e alle persone a te vicine) che
comportarsi come un bambino di quattro anni che frigna perch non ha avuto quello che voleva per
Natale un modo assolutamente normale di reagire, ma sotto sotto sai di non essere sincero. Sotto
sotto sai che, quando lorologio si sar scaricato e il tempo sar finito, non dovrai solo
ringraziamenti: dovrai anche scuse.
Alle anime pie della Putnam, in particolare a Don Weisberg, Jennifer Besser e Ari Lewin: scusate
se mi sono perso nel bosco, se ho preso me stesso e i miei libri troppo sul serio, se ho dato ad altri la
colpa delle mie mancanze, se sono rimasto impantanato nelle buche fangose di dilemmi impossibili
dei quali io stesso ero artefice. Siete stati generosi, pazienti e incredibilmente daiuto.
Al mio agente, Brian DeFiore: dieci anni fa non avevi idea del guaio in cui ti stavi andando a
cacciare. Per la verit, neanchio, ma grazie per aver tenuto duro. bello sapere che c qualcuno a
cui posso telefonare a qualsiasi ora e con cui posso prendermela senza averne nessunissima ragione.
A mio figlio, Jake: grazie per aver sempre risposto ai miei SMS e per essere rimasto calmo mentre
io davo di matto. Grazie per aver interpretato i miei umori e per averli perdonati anche quando non li
comprendevi. Grazie per avermi ispirato, spronato e difeso dalle cattiverie in ogni occasione. E
grazie perch chiudi un occhio sulla fastidiosa abitudine del sottoscritto di condire ogni discorso con
oscure citazioni tratte da libri che non hai letto e da film che non hai visto.
Infine a Sandy, mia moglie da quasi ventanni, che si accorta del mio sogno irrealizzato e ha
capito meglio di me come trasformarlo in realt: amore mio, mi hai insegnato il coraggio a dispetto
dellimprobabilit e delle perdite incalcolabili. Mi hai mostrato la fede malgrado lo sconforto, la
forza danimo nei momenti di cupo smarrimento, la pazienza allombra del panico imminente per il
tempo e il lavoro buttati. Perdonami per le ore di silenzio che hai dovuto subire, per la rabbia e la
disperazione espresse in maniera confusa, per il mio inspiegabile oscillare tra attimi di euforia
(Sono un genio!) e attimi di angoscia (Non valgo niente!). Lunico sciocco che ti ho vista
sopportare serenamente sono io. Vacanze rovinate, impegni dimenticati, domande neppure sentite.
Niente pi doloroso della solitudine di chi si trova accanto una persona che non c mai del tutto.
Ho contratto un debito che non potr mai ripagare, ma prometto di provarci. Perch, alla fine, senza
amore tutti i nostri sforzi sono sprecati, tutte le nostre fatiche vane.
Vincit qui patitur.

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Il mare infinito
di Rick Yancey
Copyright 2014 by Rick Yancey
2016 M ondadori Libri S.p.A., M ilano
Titolo dellopera originale: The Infinite Sea
Ebook ISBN 9788852070662
COPERTINA || PROGETTO GRAFICO: ALLIED INTEGRATED M ARKETING

Table of Contents
Copertina
Limmagine
Il libro
Lautore
Frontespizio
IL MARE INFINITO
IL GRANO
PRIMO LIBRO
Prima parte. IL PROBLEMA DEI RATTI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Seconda parte. IL CUORE
11
12
13
14
Terza parte. LULTIMA STELLA
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
Quarta parte. MILIONI
30
Quinta parte. IL PREZZO

31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
Sesta parte. IL GRILLETTO
49
SECONDO LIBRO
Settima parte. LA SOMMA DI TUTTE LE COSE
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72

73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
Ottava parte. RAMENGO
84
RINGRAZIAMENTI
Copyright

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