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1.

Lamministrazione, nellesercizio del potere di autotutela, non pu soltanto rivedere i


propri precedenti provvedimenti amministrativi e ritirarli, allorquando essi siano viziati o
inopportuni, ma pu altres medio tempore sospenderne, cautelativamente e
temporaneamente, gli effetti, qualora ci sia necessario proprio per consentire lo
svolgimento dellattivit istruttoria e delle verifiche indispensabili per la corretta
assunzione
della
determinazione
finale
di
riesame.
2. Affinch il potere cautelare di sospensione di provvedimenti adottati possa ritenersi
correttamente esercitato, come del resto previsto anche dal secondo comma dellart. 21
quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, indispensabile che sussistano gravi ragioni,
cio circostanze tali da rendere quanto meno inopportuno che un provvedimento
emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente riconoscibili, continui a svolgere
i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente alterare e compromettere
il substrato fattuale sul quale incide. Proprio il richiamo ai gravi motivi, che soli possono
legittimare la sospensione degli effetti di un provvedimento, implica peraltro che il
provvedimento di sospensione debba essere altres adeguato e proporzionato rispetto al
fine concreto che con esso lamministrazione intende perseguire, con puntuale
motivazione
al
riguardo.
3. In diritto amministrativo, mentre lannullabilit dei provvedimenti amministrativi
invalidi costituisce la regola generale, la nullit costituisce una forma speciale di
invalidit che si ha nei soli casi espressamente stabiliti dalla legge (art. 21 septies della
legge 7 agosto 1990, n. 241), quali la mancanza degli elementi essenziali, il difetto
assoluto di attribuzione, violazione ed elusione del giudicato ed in tutti gli altri casi di
cc.dd. nullit testuali.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - SENTENZA 18 dicembre 2012, n.6507 - Pres.
Baccarini est. Saltelli

SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2677 del 2002, proposto da:
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e
difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
contro
FOTI TERESA, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA, sez. staccata di Reggio Calabria, n. 51 del 24 gennaio 2001,
resa tra le parti, concernente corresponsione somme;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;


Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per
lamministrazione appellante lavvocato dello Stato Pisana;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
1. Con delibera di giunta n. 3744 del 6 luglio 1998 la Regione Calabria estendeva a tutti i dipendenti
interessati lefficacia delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale della Calabria n. 536,
538 e 539 del 1996, recanti il riconoscimento in favore di alcuni dipendenti della maggiore
retribuzione per il periodo di servizio pre ruolo svolto, ai sensi della legge regionale n. 9 del 1975.
Con decreto dirigenziale n. 1504 del 12 aprile 2000, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della
Regione Calabria del 29 maggio 2000, veniva disposta la liquidazione delle somme cos spettanti al
personale interessato, secondo lelenco allegato.
Tuttavia con successivo decreto dirigenziale n. 1846/14 dell8 giugno 2000, anchesso pubblicato
sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria del 13 giugno 2000, sul presupposto che nel corso
dellattivit di verifica disposta dal Settore Economato era emerso che numerosi dipendenti avevano
rilasciato dichiarazioni non veritiere ai fini della liquidazione delle somme in questione e che era
pertanto necessaria una puntuale attivit istruttoria per accertare gli effettivi aventi diritto, veniva
disposto che la pubblicazione del precedente decreto n. 1504 del 12 aprile 2000 era da ritenersi
come non avvenuta, con conseguente improduttivit di qualsiasi effetto giuridico ed economico del
decreto stesso, con riserva di emanare altro provvedimento allesito della necessaria attivit
istruttoria.
2. La sig. Teresa Foti, inserita nellelenco allegato al decreto n. 1504 del 12 aprile 2000, con ricorso
giurisdizionale notificato il 7 settembre 2000 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la
Calabria lannullamento del ricordato decreto n. 1846/14 dell8 giugno 2000, deducendone
lillegittimit per eccesso di potere e carenza di motivazione, in quanto privo di qualsiasi
giustificazione, giuridica e/o fattuale.
3. Ladito tribunale, nella resistenza dellintimata amministrazione regionale, con la sentenza n. 51
del 24 gennaio 2001, accoglieva il ricorso, rilevando, ex art. 116, comma 2, c.p.c., che
lamministrazione regionale non aveva neppure ottemperato allordinanza istruttoria volta a
conoscere se la ricorrente fosse ricompresa tra i soggetti che avevano presentato dichiarazioni non
veritiere, e che in definitiva latto impugnato era affetto da assoluto difetto di motivazione, potendo
eventualmente ritenersi legittimo latto impugnato solo con riguardo a coloro che avevano
presentato dichiarazioni non veritiere per ottenere il pagamento delle somme in questione.
4. La Regione Calabria con atto di appello notificato il 7 marzo 2002 ha chiesto la riforma di tale
sentenza, rivendicando la legittimit dellatto impugnato stante la macroscopica contrariet a norme
imperative (art. 1, comma 45, della legge n. 549 del 1995; art. 24 della legge n. 144 del 1999)
dellestensione del giudicato e dellattribuzione pecuniaria disposte con la delibera di giunta n. 3744
del 6 luglio 1998, con conseguente necessit e doverosit di disporre il recupero delle relative
somme, peraltro prescritte.

Lappellata, cui il gravame risulta ritualmente e tempestivamente notificato, non si costituita in


giudizio.
5. Alla pubblica udienza del 27 novembre 2012, dopo la rituale discussione, la causa stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. Lappello infondato.
6.1. Non vi dubbio che lamministrazione non solo possa nellesercizio del potere di autotutela, di
cui titolare e che trova fondamento nei principi di legalit, imparzialit e buon andamento,
postulati dallarticolo 97 della Costituzione, rivedere i propri precedenti provvedimenti
amministrativi e ritirarli, allorquando essi siano viziati o inopportuni, ma possa altres medio
tempore sospenderne, cautelativamente e temporaneamente, gli effetti, qualora ci sia necessario
proprio per consentire lo svolgimento dellattivit istruttoria e delle verifiche indispensabili per la
corretta assunzione della determinazione finale di riesame.
Tuttavia, affinch tale potere cautelare possa ritenersi correttamente esercitato, come del resto
previsto anche dal secondo comma dellart. 21 quater della legge 7 agosto 1990, n. 241,
indispensabile che sussistano gravi ragioni, cio circostanze tali da rendere quanto meno
inopportuno che un provvedimento emanato, non inficiato da vizi macroscopici o facilmente
riconoscibili, continui a svolgere i propri effetti per evitare che questi possano definitivamente
alterare e compromettere il substrato fattuale sul quale incide.
Proprio il richiamo ai gravi motivi, che soli possono legittimare la sospensione degli effetti di un
provvedimento, implica peraltro che il provvedimento di sospensione debba essere altres adeguato
e proporzionato rispetto al fine concreto che con esso lamministrazione intende perseguire, con
puntuale motivazione al riguardo.
6.2. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato non reca invece alcuna adeguata
giustificazione nei confronti della ricorrente, oggi appellata, delle ragioni che giustificano la
sospensione degli effetti del precedente provvedimento di liquidazione delle somme riconosciute
della stessa amministrazione per effetto della propria delibera di Giunta regionale n. 3744 del 6
luglio 1998.
Se vero infatti che non pu contestarsi la legittimit di un provvedimento con cui
lamministrazione persegue la finalit di evitare un danno allerario derivante dal pagamento ad un
proprio dipendente di somme non spettanti (situazione in presenza della quale anche la stessa
motivazione dellinteresse perseguito da considerarsi in re ipsa, cos giustificandosi lesercizio del
potere di autotutela e a maggior ragione anche quello cautelare, ex multis C.d.S., sez. III, 8 ottobre
2012, n. 5236; 20 giugno 2012, n. 3595; sez. V, 3 maggio 2012, n. 2548), nella controversia portata
allesame della Sezione lamministrazione regionale non ha minimamente provato, neppure a livello
di meri indizi, che la ricorrente fosse ricompresa fra quei dipendenti della Formazione Professionale
che si erano resi responsabili di dichiarazioni non veritiere per godere illecitamente della ricordata
favorevole delibera della Giunta regionale: in tal senso non pu sottacersi che anche lattivit
istruttoria ufficiosa svolta dai primi giudici rimasta ingiustificatamente priva di riscontro, non
avendo lamministrazione adempiuto allordine istruttorio rivoltole ed avendo pertanto
correttamente il tribunale valutato tale comportamento, ingiustificatamente omissivo, ai sensi
dellart. 116, comma 2, c.p.c..

In definitiva la circostanza che alcuni dipendenti regionali avessero posto in essere comportamenti
fraudolenti, attraverso dichiarazioni non veritiere, per conseguire vantaggi economici da una
deliberazione dellamministrazione, imponeva (ed impone) a questultima di adottare ogni
provvedimento utile ad evitare danni allerario ed alla sua stessa immagine individuando
direttamente ed esclusivamente i responsabili di tali comportamenti, non potendo invece legittimarsi
una generale sospensione dellefficacia dellatto di concreto riconoscimento e di liquidazione di
quel beneficio nei confronti di tutti i dipendenti destinatari del provvedimento.
6.3. Inammissibile il motivo di appello con cui lamministrazione regionale a giustificazione del
provvedimento impugnato invoca la nullit dello stesso provvedimento di riconoscimento del
beneficio (delibera n. 3744 del 6 luglio 1998) per asserita macroscopica violazione di legge.
Un simile argomento non si evince infatti, neppure implicitamente, dal provvedimento impugnato
(fondato, come accennato, sul diverso presupposto di dichiarazioni non veritiere dei beneficiari
della delibera) e costituisce pertanto una non consentita integrazione postuma, in sede giudiziale,
della sua motivazione (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2010, n. 8040; sez. VI, 18 ottobre 2011, n. 5598;
3 marzo 20120, n. 1241).
Ci senza contare che il motivo di appello rivolto a giustificare un provvedimento di ritiro (auto
annullamento o revoca) della delibera della Giunta regionale n. 3744 del 6 luglio 1998, piuttosto
che quello impugnato, di sospensione temporanea degli effetti delloriginario provvedimento di
liquidazione del beneficio economico riconosciuto nelle more degli accertamenti tesi alla esatta
determinazione delle somme spettanti agli aventi diritto, oltre che ragionevolmente anche alla esatta
individuazione di questi ultimi.
6.4. E poi appena il caso di segnalare che in diritto amministrativo, mentre lannullabilit dei
provvedimenti amministrativi invalidi costituisce la regola generale, la nullit costituisce una forma
speciale di invalidit che si ha nei soli casi espressamente stabiliti dalla legge (art. 21 septies della
legge 7 agosto 1990, n. 241), quali la mancanza degli elementi essenziali, il difetto assoluto di
attribuzione, violazione ed elusione del giudicato ed in tutti gli altri casi di cc.dd. nullit testuali
(C.d.S., sez. IV 2 aprile 2012, n. 1957; 17 maggio 2010, n. n. 3129; sez. VI, 15 febbraio 2012, n.
750), ipotesi che non si rinvengono nel caso di specie, tanto pi che le invocate disposizioni dellart.
1, comma 45, della legge n. 549 del 1995 e lart. 24 della legge n. 144 del 1999 vietano lestensione
al personale dipendente di giudicati favorevoli, ma non ne sanciscono espressamente la nullit (e
ci senza contare che nel caso di specie lamministrazione ad invocare a proprio vantaggio la
pretesa nullit di un atto da essa stessa emanato per sottrarsi alle sue conseguenze e sterilizzarne gli
effetti, anche ai fini di eventuali responsabilit).
7. Alla stregua delle osservazioni svolte lappello deve essere respinto.
Non vi luogo a provvedere sulle spese di giudizio, stante la mancata costituzione dellappellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando
sullappello proposto dalla Regione Calabria avverso la sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per la Calabria n. 51 del 24 gennaio 2001, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa.

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