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Giurisprudenza

Processo, arbitrato e mediazione


S.r.l.

Sequestro di quota offerta


in prelazione, fumus
e preannuncio della causa
di merito
Tribunale di Busto Arsizio, sez. dist. di Gallarate, ord., 9 marzo 2012 - Giudice Di Lorenzo
Societa` - Societa` di capitali - Clausola di prelazione - Denuntiatio cumulativa - Accettazione parziale - Ammissibilita` Esclusione
(Cod. civ. artt. 1326, 1349, 1473, 2469)
Ove lo statuto di una societa` a responsabilita` limitata rechi una clausola di prelazione, in caso di denuntiatio
cumulativa non e` conforme alla proposta laccettazione formulata con riguardo alla sola quota che garantisce
il controllo della societa`, per cui ne va negato il sequestro per difetto di una controversia sulla proprieta`.
Procedimenti cautelari - Sequestro giudiziario - Ricorso ante causam - Preannuncio della causa di merito - Domanda ex
art. 2932 c.c. - Avvenuta conclusione del contratto - Incompatibilita`
(Cod. civ. artt. 2932; Cod. proc. civ. artt. 670, n. 1, 669 bis, 669 octies)
Qualora risulti che il contratto sia gia` concluso, non e` ammissibile listanza di sequestro giudiziario ante causam del bene che ne forma oggetto quando sia prospettata come futura azione di merito lesecuzione in forma
specifica dellobbligo di contrarre ex art. 2932 c.c.

Il Tribunale (omissis).
1. Tizia, premettendo di essere socia della Gamma s.r.l.;
che soci della societa` in questione sono Caio, il quale
vanta una partecipazione pari al 25% del capitale sociale, nonche Sempronio, il quale vanta una partecipazione
del 5%, e appunto Tizia, con una partecipazione del
70%; che Caio e Sempronio, intendendo congiuntamente cedere a Mevio la propria partecipazione nella societa`
che ammonta complessivamente al 30% del capitale sociale, in adempimento della clausola di prelazione prevista nellart. 6 dello Statuto sociale le hanno comunicato
denuntiatio contenente i termini dellaccordo con Mevio,
indicando il prezzo pattuito nel valore di mercato della
partecipazione pari a E 450.000,00; che, in particolare,
lart. 6 dello Statuto prevede una prelazione in favore
degli altri soci in caso di vendita a terzi di partecipazione
societaria, ad un prezzo non superiore al valore di mercato, e con previsione della possibilita` di ricorso al Presidente del Tribunale per la nomina di stimatore in caso
di disaccordo sulla valutazione del valore della partecipazione; di avere comunicato a Caio la volonta` di esercita-

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re la prelazione sulla sua partecipazione pari al 25% del


capitale sociale, previa determinazione del prezzo in misura non superiore al reale valore di mercato cos` come
previsto dalla clausola statutaria di prelazione, con stima
da effettuarsi da parte di un esperto nominato dal Presidente del Tribunale, come previsto dallart. 6 dello Statuto in caso di contestazione sul valore della partecipazione; che Caio, dopo avere ricevuto tale comunicazione
di Tizia, ha dichiarato di revocare la propria proposta,
non intendendo piu` vendere la propria partecipazione;
che la propria accettazione e` pervenuta al resistente prima che questo revocasse la proposta, per cui la revoca e`
inefficace; tutto cio` premesso, ha chiesto il sequestro
giudiziario della partecipazione di Caio nella Gamma
s.r.l., prospettando la sussistenza di una controversia sulla proprieta` e il possesso della partecipazione societaria
oggetto di prelazione.
Si e` costituito Caio, che ha chiesto il rigetto del ricorso
in quanto laccettazione di Tizia non e` conforme alla
proposta formulata da Caio e Sempronio, e in quanto la
propria proposta di vendita e` stata revocata.
2. In ordine al fumus boni juris necessario per la conces-

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sione del sequestro giudiziario, secondo un primo orientamento la norma di cui allart. 670 c.p.c. richiede solo
lesistenza di una controversia, nella specie vertente sulla
proprieta` o sul possesso, cos` che laccertamento del Giudice e` limitato alla verifica della sussistenza di tale dato
oggettivo e non discrezionale. Secondo la preferibile impostazione, invece, non vi e` deroga ai principi generali
in tema di tutela cautelare, e quindi occorre la delibazione in ordine alla prevedibile fondatezza della domanda
di merito che il ricorrente intende poi proporre. Nel caso in esame, il ricorrente ha dichiarato che intende proporre domanda di adempimento dellobbligo a contrarre
ai sensi dellart. 2932 c.c. (con riguardo a cui generalmente e` ammessa la tutela cautelare di cui allart. 670,
n. 1, c.p.c.: Cass. 21 luglio 1994, n. 6813).
2.1. Cio` detto, e venendo alla verifica della sussistenza
del presupposto in questione, parte ricorrente afferma
che, avendo Sempronio e Caio comunicato la denuntiatio in adempimento del patto di prelazione statutario, e a
fronte della propria risposta positiva alla denuntiatio limitatamente alla vendita della partecipazione di Caio, non
e` legittima la successiva revoca della proposta effettuata
dal resistente. In particolare, avendo il resistente e Sempronio effettuato la denuntiatio comunicando lintenzione di vendere a Mevio in base a un determinato prezzo,
e avendo la ricorrente dichiarato di voler comprare la
partecipazione del solo Caio in base alleffettivo valore
di mercato (ritenendo che il valore dichiarato dal resistente sia superiore al valore di mercato) e di volere ricorrere agli arbitri per la determinazione del valore corretto di cessione (come previsto dallo stesso art. 6 dello
Statuto per lipotesi di disaccordo sulla determinazione
del prezzo di vendita), la revoca della proposta comunicata da Caio dopo la conclusione del contratto e` inefficace perche tardiva, per cui il rifiuto di Caio e` illegittimo; sulla scorta di tali rilievi, parte ricorrente ha dichiarato che nel successivo giudizio di merito azionera` la tutela di cui allart. 2932 c.c. al fine di ottenere il trasferimento della quota del resistente
2.2. Come anticipato, lart. 6 dello Statuto della Gamma
s.r.l. prevede che il socio che intendere cedere la propria
quota a terzi deve comunicare la propria intenzione agli
altri soci, indicando il valore di cessione che non puo` essere superiore al valore reale della partecipazione, e in
caso di contestazione del prelazionario sulla determinazione di tale valore, e` prevista la possibilita` di ricorso ad
un arbitrato.
Tale clausola statutaria e` qualificabile come prelazione
c.d. impropria, o impura, connotata dal fatto che per
lindividuazione del prezzo si fa riferimento non solo alla
libera determinazione delle parti a seguito di trattative,
ma anche a parametri oggettivi, quali la determinazione
da parte di arbitri, o il prezzo di mercato, o il c.d. giusto
prezzo, ecc.
La ratio della clausola e` evitare manovre a danno degli
altri soci prelazionari, che potrebbero essere scoraggiati
dallacquisto tramite la fissazione fraudolenta di prezzo di
prelazione in misura notevolmente superiore al valore
reale della partecipazione.

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In dottrina e giurisprudenza si e` discusso della validita` di


tali clausole.
Secondo un orientamento minoritario tale clausola e` nulla per difetto di causa, perche la funzione della prelazione
e` solo quella di fissare lobbligo di preferire il prelazionario
a parita` di prezzo (Trib. Trieste 19 dicembre 1993).
Viceversa, e` condivisibile lorientamento della dottrina e
della giurisprudenza prevalenti, secondo cui e` valida tale
forma di prelazione, sussistendo una causa meritevole di
tutela, consistente nella tutela sostanziale dei soci prelazionari a fronte di manovre fraudolente (Trib. Alba 14
gennaio 1998).
Daltra parte, argomento per affermare la validita` di tali
clausole puo` trarsi anche dalla previsione codicistica dellarbitraggio per la determinazione del prezzo (artt. 1349
e 1473 c.c.).
2.3. Cio` detto, occorre esaminare la sussistenza del fumus
della pretesa della ricorrente, secondo cui, a seguito della
denuntiatio inviata dal resistente e avendo la ricorrente
prelazionaria dichiarato di volere acquistare la partecipazione sociale pur se in base a determinazione del prezzo
da parte di arbitri, vi e` stato incontro di proposta e accettazione conforme, per cui e` inefficace la successiva revoca della proposta ed e` illegittimo il rifiuto del promittente, con conseguente esperibilita` del rimedio di cui allart. 2932 c.c.
2.4. Preliminarmente, e` opportuno delineare linquadramento sistematico del patto di prelazione, di cui e` dibattuta la natura giuridica e lefficacia.
2.4.1. Secondo un primo orientamento emerso in dottrina e giurisprudenza, il patto di prelazione e` qualificabile
come contratto preliminare unilaterale, il cui contenuto
e` individuabile per relationem nelle condizioni di acquisto del futuro ed eventuale contratto offerte dal terzo; tale contratto preliminare unilaterale e` sottoposto alla
condizione sospensiva della decisione del promittente di
concludere il contratto.
La denuntiatio del promittente, cioe` la dichiarazione dellintenzione di contrarre con il terzo, indirizzata al prelazionario, fa avverare la condizione sospensiva, e ha natura di proposta irrevocabile, cos` che, in caso di accettazione del prelazionario e di rifiuto del promittente, e` invocabile la tutela di cui allart. 2932 c.c.
Infatti, la S.C. ha affermato che Ladesione allinvito
ad esercitare la prelazione di un preliminare di vendita
determina la conclusione del contratto preliminare
(Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 1992, n. 13282).
Parte ricorrente sembra aderire a tale indirizzo interpretativo.
Secondo il preferibile orientamento della dottrina e della
giurisprudenza piu` recente, invece, in capo al promittente
non grava un obbligo di contrarre, ma solo due obblighi:
quello positivo di rendere edotto il prelazionario della
volonta` di contrarre con il terzo rendendo note le condizioni del futuro contratto; quello negativo di non stipulare il contratto con il terzo prima o in pendenza della denuntiatio (Cass. civ., sez. II, 12 aprile 1999, n. 3571; conf.
Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2002, n. 14645).
Insomma, come chiarito da autorevole dottrina, la denuntiatio puo` anche contenere una proposta - comunque

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revocabile - (esame che linterprete deve svolgere di volta in volta in base al contenuto concreto della dichiarazione), ma di regola essa costituisce solo un invito ad offrire, cos` che, a fronte delladesione del prelazionario, il
contratto non si conclude automaticamente, ma solo in
un secondo momento, quando promittente e prelazionario lo perfezioneranno.
Ne consegue che, a fronte della manifestazione di volonta` del prelazionario che dichiari di volere stipulare alle
condizioni indicate nella denuntiatio, e a fronte del rifiuto del promittente, non e` azionabile il rimedio di cui allart. 2932 c.c., ma al piu` la tutela risarcitoria.
Anche le Sezioni Unite della S.C., nel solco di tali principi, hanno affermato che La domanda giudiziale volta
ad ottenere laccertamento dellesistenza di un patto di
prelazione in caso di vendita di un bene immobile, in assenza di una specifica previsione normativa al riguardo,
non e` suscettibile di essere trascritta; il patto di prelazione, infatti, non puo` essere assimilato al contratto preliminare, in quanto in questultimo e` individuabile unobbligazione gia` esistente, rispetto alla quale ha senso assicurare leffetto di prenotazione della trascrizione, effetto
che non e` invece collegabile al patto di prelazione, che
non prevede alcun obbligo di futuro trasferimento
(Cass. civ., sez. un., 23 marzo 2011, n. 6597).
2.4.2. Tali principi trovano applicazione anche con riferimento a quella particolare forma di prelazione volontaria, costituita dalla previsione nello statuto societario del
diritto di prelazione in favore dei soci in caso di trasferimento della partecipazione sociale a soggetti terzi rispetto la compagine sociale.
Lart. 2469, comma 1, c.c. prevede la libera trasferibilita`
delle partecipazioni della societa` a responsabilita` limitata, salva contraria disposizione dellatto costitutivo; il
comma successivo stabilisce poi che, qualora latto costitutivo disponga lintrasferibilita` delle partecipazioni o ne
subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali,
di soci o di terzi senza prevedere condizioni e limiti, o
ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscano il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi
eredi possano esercitare il recesso ai sensi dellart. 2473
c.c. In tali ipotesi latto costitutivo puo` stabilire un termine non maggiore di due anni dalla costituzione della
societa` o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima
del quale non puo` essere esercitato il recesso.
Quindi, la norma riconosce espressamente la possibilita`
di pattuizione di clausole di gradimento, mentre non
viene espressamente richiamata la clausola di prelazione,
che quindi resta unipotesi di prelazione volontaria, e
non legale; comunque, la possibilita` di inserire nello statuto il patto di prelazione e` implicitamente presupposta
dallart. 2469, comma 1, c.c., che, come detto, prevede
la possibilita` di stabilire nellatto costitutivo vincoli alla
circolazione della partecipazione.
2.4.2.1. In dottrina si e` a lungo dibattuto circa lefficacia
della clausola di prelazione statutaria.
Secondo un primo indirizzo, linserimento della clausola
nello statuto non muta la natura di prelazione volontaria
e quindi non cancella la sua efficacia meramente obbligatoria, e cio` anche perche e` principio generale, sancito

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anche dagli artt. 1379 e 1372, comma 2, c.c., che non


lautonomia negoziale, ma solo la legge puo` prevedere limitazioni alla circolazione dei beni con efficacia reale.
Secondo altro orientamento emerso in dottrina e giurisprudenza, la clausola di prelazione, inserita nello statuto
della societa` a responsabilita` limitata, ha efficacia reale,
sia perche una volta inserita nellatto costitutivo o nello
statuto essa diviene regola organizzativa dellente, sia
perche gode della pubblicita` derivante dallinserimento
nel Registro delle Imprese con conseguente opponibilita`
a terzi.
Tuttavia, va evidenziato che non puo` essere la forma di
pubblicita` a determinare la natura giuridica della clausola, trasformando lefficacia obbligatoria in quella reale.
In secondo luogo, linserimento nello statuto o nellatto
costitutivo, con conseguente asserita elevazione della
clausola a regola organizzativa dellente, non e` argomento dirimente al fine di affermarne lefficacia reale anche
nei rapporti tra i soci, ma al piu` puo` incidere sullopponibilita` alla societa` del trasferimento avvenuto in violazione del patto di prelazione.
E sulla scorta di tali ultimi rilievi si inserisce un terzo
orientamento, intermedio, secondo cui le clausole in
questione hanno efficacia reale qualora siano azionate
dalla societa` che intende lamentare la loro violazione,
mentre lefficacia e` obbligatoria qualora ad agire siano i
soci pretermessi (Trib. Catania 20 novembre 2002).
2.4.2.2. La qualificazione giuridica in chiave di efficacia
reale o obbligatoria ha chiare ricadute in tema di individuazione degli strumenti di tutela azionabili dai soci pretermessi e dalla societa`. Affermando lefficacia obbligatoria, le conseguenze in caso di violazione sarebbero solo
di tipo risarcitorio; piu` variegate e complesse sono le soluzioni offerte da chi afferma lefficacia reale della clausola, in quanto, se nei confronti della societa` e` pacifica
la conseguenza della inopponibilita`, piu` dibattuta e` lindividuazione della tutela azionabile dai soci pretermessi.
Sotto tale ultimo profilo, non e` condivisibile la tesi della
nullita` del trasferimento contra pactum, in quanto, trattandosi di prelazione di fonte pattizia e non legale (non
prevista espressamente dalla legge), non si comprende
sul piano sistematico come si possa giustificare tale tipo
di sanzione, sia sotto il profilo di violazione di norma
imperativa difettando una norma (tantomeno imperativa) che prevede espressamente tale prelazione (Cass.
civ., sez. II, 16 dicembre 2010, n. 25468, che esclude il
vizio di nullita`), sia sotto il profilo della nullita` per impossibilita` delloggetto per la asserita indisponibilita` della
partecipazione ceduta, in quanto il patto di prelazione
non crea alcun vincolo di indisponibilita`, limitandosi a
prevedere solo un obbligo di denutiatio e un obbligo di
non vendere in pendenza o in difetto di denuntiatio.
Non e` condivisibile lorientamento secondo cui sarebbe
possibile il riscatto della partecipazione da parte del socio pretermesso, in quanto il potere di riscatto deve essere previsto dalla legge.
Non puo` essere accolta, in quanto foriera di eccessive
incertezze applicative, la tesi secondo cui lefficacia reale
o obbligatoria dipende dalla natura dellinteresse protet-

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to, se cioe` e` quello individuale del socio oppure quello
della societa`.
La tesi preferibile e` quella della inefficacia relativa della
cessione avvenuta contra pactum: essa ha efficacia inter
partes, ma non nei confronti della societa` ai fini della legittimazione allesercizio dei diritti sociali dellacquirente, impedendo anche liscrizione del cessionario nel libro
soci e impedendogli di acquistare lo status di socio; tale
cessione non e` inefficace anche nei confronti del socio
prelazionario pretermesso, che puo` esercitare non gia`
azione di adempimento di obbligo a contrarre o il riscatto (Trib. Verona, sez. IV, 20 ottobre 2006, n. 3011;
Trib. Brindisi 17 marzo 2006), ma puo` solo ottenere dallalienante il risarcimento dei danni per responsabilita`
contrattuale e dal terzo acquirente, ricorrendone i presupposti, il risarcimento per responsabilita` extracontrattuale (chiaramente nessuna conseguenza risarcitoria e`
prospettabile per chi sostiene la tesi della nullita` o inefficacia assoluta del trasferimento contra pactum, in quanto,
non producendosi valido ed efficace trasferimento, non
vi sarebbe danno risarcibile in capo al socio pretermesso).
2.5. Venendo al caso concreto in esame, difetta il fumus
boni juris sotto piu` profili.
2.5.1. In primo luogo, va evidenziato che il resistente,
pur ammettendo che la sua denuntiatio e` qualificabile come proposta contrattuale (quindi essa, nel caso in esame,
non e` mera invitatio ad offerendum, ma e` vera e propria
proposta rivolta al prelazionario), ha rilevato che laccettazione della prelazionaria Tizia non e` conforme alla
proposta.
Effettivamente, la proposta-denuntiatio proviene non solo
da Caio, ma anche da Sempronio, e ha ad oggetto la
partecipazione sociale di entrambi (il 25% di Caio, e il
5% di Sempronio), per il valore complessivo del 30%
del capitale sociale.
Tuttavia, laccettazione di Tizia e` rivolta solo a Caio, e
ha ad oggetto solo la sua partecipazione del 25%, e non
anche la partecipazione del 5% di proprieta` di Sempronio.
Orbene, come condivisibilmente affermato in giurisprudenza, lart. 1326 c.c., secondo il quale il contratto si deve intendere concluso nel momento in cui chi ha fatto
la proposta ha conoscenza dellaccettazione dellaltra
parte, ed il principio che unaccettazione non conforme
alla proposta equivale a nuova proposta, nel caso di esercizio del diritto di prelazione per la cessione di partecipazioni sociali impongono al prelazionario di accettare lofferta alle precise condizioni contenute nella denuntiatio;
quindi, nel caso di offerta complessa di piu` partecipazioni sociali con unica denuntiatio, il diritto di essere preferiti puo` essere esercitato dal socio solo in parte e non
per lintero quando la proposta sia scindibile e cioe`
quando lintenzione del proponente possa riguardare ipotesi tra loro dissociabili benche comunicate congiuntamente (Trib. Milano 14 novembre 2000).
Tuttavia, come condivisibilmente prospettato da parte
resistente, nel caso in esame la proposta dei promittenti
Caio e Sempronio concerne posizioni non scindibili.
Linteresse dei promittenti alla inscindibilita` della cessio-

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ne si evince dal rilievo che nella societa` in esame, su


molte e importanti materie, e` previsto il quorum costitutivo e deliberativo dell85% del capitale sociale (cfr.
doc. 2 di parte resistente), per cui e` chiaro che la cessione in blocco delle partecipazioni di Caio e Sempronio
pari al 30% del capitale sociale e` in grado di incidere in
modo decisivo sugli equilibri della societa`, visto che la
quota del 70% in mano a Tizia non e` sufficiente a garantire a questultima il controllo della societa` (mentre
acquistando la quota del resistente la ricorrente si assicurerebbe il riferito controllo); insomma, la cessione congiunta delle due partecipazioni di Caio e Sempronio (e
non del solo Sempronio, pari al 5%, che non e` in grado
di spostare gli equilibri societari), per i motivi illustrati,
anche sul piano economico puo` fruttare di piu` agli alienanti e puo` risultare piu` appetibile sul mercato, mentre
tale vantaggio non si verificherebbe in caso di cessione
separata della quota minoritaria del 5% di proprieta` di
Sempronio, in quanto il potenziale acquirente comprerebbe una partecipazione insufficiente ad evitare il controllo in capo a Tizia.
Tali considerazioni sono confermate dal contenuto della
comunicazione (datata 21 settembre 2011) del terzo Mevio interessato allacquisto, in cui questo ha chiarito a
Caio e Sempronio lintenzione di acquistare la quota di
entrambi senza possibilita` di scissione (cfr. doc. 3 di parte resistente).
Insomma, per i motivi illustrati, laccettazione di Tizia
non e` conforme alla proposta, per cui non si e` concluso
il contratto, e legittimamente Caio ha revocato la propria proposta - doc. 4 di parte resistente- (proposta revocata con distinto atto anche da Caio e Sempronio congiuntamente: cfr. doc. 5 di parte resistente).
2.5.2. Aldila` di tale assorbente rilievo, va evidenziato
che il fumus boni juris difetta anche con riguardo al tipo
di azione che parte ricorrente afferma di volere intraprendere nel giudizio di merito, in quanto, per le ragioni
esposte, non sussiste un obbligo di contrarre in capo al
promittente, e quindi non e` azionabile la tutela di cui allart. 2932 c.c.
3. Il difetto del fumus boni juris rende superfluo laccertamento della sussistenza del periculum in mora.
4. Il ricorso va quindi rigettato.
(omissis).

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IL COMMENTO
di Giuseppe della Pietra
Il commento analizza in chiave processuale i motivi che hanno condotto a negare il sequestro: linesistenza
del fumus per la difformita` fra proposta cumulativa e accettazione parziale e lincongruenza fra la vicenda
sostanziale e lazione di merito prefigurata nel ricorso.

1. Il fuoco della lite


Degna dinteresse lordinanza in epigrafe, passibile di lettura con lente bifocale.
Il sostanzialista vi avra` trovato ricchi spunti di riflessione: la natura (reale o obbligatoria) della prelazione; il rango che le conferisce linserimento nello statuto sociale; il contenuto dellobbligo in cui si
sostanzia la preferenza dovuta ai soci; le peculiarita`
della prelazione c.d. impropria; la sanzione generata
dal trasferimento in violazione del patto; i rimedi
accordati ai soci penalizzati dallinfrazione (1).
Il filtro del processualista e` piu` selettivo. Ciascuno di questi temi, pur toccato con efficace sintesi dal giudice gallaratese, suona soverchio al suo
orecchio finalistico. Sarebbero stati rilevanti, quei
profili, se la ricorrente si fosse doluta della mancanza di preventiva denuntiatio, o dellincapacita`
di questa (per vaghezza, difformita` pattizie, difetto
di legittimazione) di rappresentare la futura, effettiva vendita: se avesse lamentato, insomma, linfrazione del patto di prelazione in qualunque forma avvenuta.
Nulla di cio` nel caso concreto. Lofferta era stata
puntuale; la divergenza sul prezzo superabile con
larbitraggio contemplato dalla clausola statutaria; il
trasferimento al terzo non ancora eseguito. I promittenti si erano dunque scrupolosamente attenuti
allobbligo di preferire laltro socio, e questi era in
condizione di acquistarne le quote al prezzo corrispondente al valore di mercato.
Avevano fatto anche di piu`, a onor del vero, gli
aspiranti venditori. Avevano formulato la dichiarazione non in termini di mera denuntiatio, ma di
concreta proposta contrattuale (e il resistente laveva anche riconosciuto in giudizio!), sicche alloblata non restava che saldare alla proposta dei consoci
la propria conforme accettazione. Ed invece, ha
preferito limitare ladesione alla sola quota di uno
dei due, sul presupposto - tacito, ma nitido - che la
proposta fosse soggettivamente scindibile e percio`,
di riflesso, oggettivamente scorporabile.
Il fuoco della lite e` tutto qui: se hanno combaciato (sia pur pro quota) proposta e accettazione, la
successiva revoca degli offerenti e` senza effetto; se

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lofferta era invece infrazionabile, il contratto non


si e` mai concluso, per cui il socio che ha mal aderito non puo` dolersi del ripensamento dei sodali di
compagine.
Il punto non era dunque la violazione della prelazione, ma leventuale formazione del negozio, cui
gli altri pur intriganti temi societari restano in tutto
estranei. Lindagine rilevante era proprio e solo
quella che ha condotto a negare il fumus della misura.
Su questo piano, ragioni di convenienza economica escludono, per il giudice bustocco, che laccettazione dellofferta potesse limitarsi a una sola delle
due quote, sicche la revoca della proposta fu tempestiva perche trasmessa a negozio non ancora concluso. Con il riflesso che la ricorrente non ha diritto sulla quota del socio resistente da proteggere in
via cautelare. Senza considerare - per lo stesso giudice - che lazione cui listante dichiara strumentale
la misura (quella ex 2932 c.c.) e` un fuor dopera in
difetto di un obbligo a contrarre in capo a socio ex
promittente.
2. Il dubbio sul fumus
Ambo i passaggi forniscono spunti di sia pur rapida riflessione.
E` lapidario in punto di fumus il provvedimento
in epigrafe. Lofferta soggettivamente plurima - ritiene il giudicante - non era scomponibile perche,
detenendo la ricorrente il 70% del capitale sociale
e fissando lo statuto quorum assembleari dell85%,
soltanto la quota di uno dei due proponenti, quella
pari al 25%, e` capace dinfluire sul controllo della
compagine, e dunque riesce appetita dal mercato.
La residua quota in mano al terzo socio (5%) ha invece speranza di essere venduta solo in unione con
laltra, perche non in grado di alterare da sola gli
equilibri societari.
Nota:
(1) Su molti di questi spunti, v. A. Maccarrone, La clausola di
prelazione impropria negli statuti della societa` a responsabilita` limitata: natura giuridica e efficacia tra i soci, in Corr. giur., 2012,
791, che, nel commentare la medesima ordinanza, ne condivide
gli approdi.

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Ragionamento artimeticamente ineccepibile (2),
di cui colpisce, piu` che lesito cui approda, lassertivita` dei toni, di per se poco frequente nelle prognosi dei giudici cautelari, e francamente incompatibile
con lindagine svolta in concreto.
Chi scrive va assumendo ormai da tempo che il
procedimento delineato dallart. 669 sexies c.p.c.,
benche calato nello stampo sommario-cautelare, sia
neutro quanto ad ampiezza della cognizione, potendo aspirare a livelli di pienezza non minori di quelli
assicurati dal giudizio ordinario (3). Cio` che rende
solitamente (e, direi anche, doverosamente) superficiale la cognizione non e` allora la peculiare struttura del processo cautelare, ma la funzione per cui e`
impiegato: sopperire con rapidita` ad istanze con le
quali e` incompatibile lo svolgimento di indagini
piu` approfondite.
E` questa la ragione per cui il giudice puo` (ma,
per certi versi, deve) arrestarsi alla soglia del fumus:
non ve` margine alla cautela se non ce` urgenza, e
non e` dato fronteggiare lemergenza se non nei modi spicci della cognizione sommaria. Ma se la cifra
della sede cautelare e` la superficialita`, al giudice
della misura conviene esprimersi in termini di probabilita` (o di verosimiglianza), evitando di assumere toni di ferma persuasione che avra` pure attinto
nel segreto del suo animo, ma che non puo` ostentare nel corpo del provvedimento (4).
Con questa visione stride la sicurezza ostentata
dal giudice di Gallarate. Non manifesta dubbi, quel
giudice, sulla dissonanza fra proposta e accettazione
e, dunque, sullefficacia della revoca, non essendosi
per lui il contratto giammai perfezionato. Eppure
tanto granitica persuasione mal si sposa con la natura tipicamente dubitativa della cognizione cautelare.
Certo, alla fin fine anche il giudice della cautela
una decisione deve pur renderla. Nel farlo, pero`,
non puo` trascendere dal piano della verosimiglianza
a quello della certezza. E pur quando la celerita` propria della sede non gli avesse impedito unindagine
s` sommaria nelle forme, ma dilatata nei mezzi e approfondita nei risultati, egualmente non potrebbe
abbandonare la soglia della probabilita` in favore degli assertivi accenti cui e` intonata lordinanza in
epigrafe.
Il discorso, naturalmente, non e` di mero stile: ragionare in termini di verosimiglianza avrebbe probabilmente ampliato langolo visuale del giudicante. Gli avrebbe forse potuto suggerire che lindagine
sui motivi (della proposta congiunta, in questo caso) e` delicata e complessa, tale da non ridursi alla
lettura puramente meccanica e esteriore della dichiarazione; che lesame passa di norma per vicen-

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de, condotte, circostanze di troppo elaborato intrico


perche possa farsene anche solo unidea in sede
cautelare; che, in un quadro tanto nebuloso, la scelta dei soci di procedere ad ununica comunicazione
puo` sia alludere allinscindibilita` intravista dallordinanza, sia riposare su ragioni di mera praticita`,
che non sottraggono frazionabilita` a proposte solo
per economia versate nellunico atto.
E chissa` che, ragionando in questa maniera piu`
addolcita, il giudice - che, come detto, un partito
doveva pur prendere - non potesse pervenire a soluzione diversa, semmai spigolando sul fatto che il
mero e non nitido segno dellunicita` dello scritto
non depone da se per lindivisibilita` dellofferta;
che chi sceglie la via della proposta congiunta per
conferirle inscindibilita` si premura di scandirlo a
chiare lettere (5); che nel silenzio della denuntiatio
sul punto, lonere di provarne linscindibilita` incombeva sugli autori, e non poteva ridursi alla missiva di un terzo che, anche a volerle prestare il credito che ha riscosso presso il giudice, non puo` eleggersi a chiave interpretativa dellaltrui dichiarazione; che se la clausola di prelazione fosse concepita
in funzione dellacquisto individuale da ciascun soNote:
(2) Per il quale v. gia` Pernazza, Clausola compromissoria binaria
e arbitrato multiparti; clausole di prelazione statutarie e parasociali: tutela reale e tutela risarcitoria, in Riv. arb., 2001, 305 ss.
(3) Il procedimento possessorio - Contributo allo studio della tutela del possesso, Torino, 2003, 219 ss. Sul tema, v. anche Tiscini, Laccertamento del fatto nei procedimenti con struttura
sommaria, in Giusto proc. civ., 2010, 1204 ss. Mi piace, inoltre,
qui ricordare la proposta rilanciata in tempi non lontani da Cipriani, Il procedimento cautelare tra efficienza e garanzie, ivi, 2006,
29 s., di un impiego del modello cautelare anche in sede ordinaria, che con il procedimento sommario di cognizione (in particolare, con lart. 702 ter, comma 5, c.p.c.) ha trovato sostanziale
accoglimento.
(4) E` su questa base, del resto, che la Corte costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimita` costituzionale dellart. 51 c.p.c., nella parte in cui non prevede lobbligo di astensione nella causa di merito per il giudice che abbia concesso
una misura cautelare ante causam: Cost. 7 novembre 1997, n.
326, in Foro it., 1998, I, 1007, con nota di Scarselli, Terzieta` del
giudice e Corte costituzionale; in Giur. it., 1998, 410, con nota di
Consolo, Il giudice civile cautelare non diviene in via generale incompatibile a statuire sul merito secondo la Consulta; in Giust.
civ., 1998, I, 20; Cost., ord., 26 maggio 1998, n. 193; Cost.,
ord., 21 ottobre 1998, n. 359 (per il processo amministrativo).
Su queste (e altre) pronunzie, si veda, se si vuole, anche il mio
Limparzialita` del giudice civile nel riflesso del novellato procedimento possessorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, in partic.
471 ss.
(5) Come nel pur diverso caso rimesso a Trib. Milano 14 novembre 2000, in questa Rivista, 2001, 873, con nota di Platania, Diritto di prelazione, contenuto dellonere di denuntiatio e sorte
del contratto in violazione, in cui il socio aveva espresso con
chiarezza lintenzione di alienare per intero la propria partecipazione, per cui non poteva valere accettazione la dichiarazione di
altro socio di volerne acquistare solo il 40%.

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Giurisprudenza

Processo, arbitrato e mediazione


cio, giammai sarebbe indivisibile unofferta plurima
ad un prezzo globale (6). Nessuno di questi argomenti e` qui risolutivo, mi rendo conto; ma nel
complesso non paiono meno decisivi del semplice
fattore percentile che ha condotto con nettezza al
diniego del sequestro. E, soprattutto, mostrano come forse il rilascio della misura sarebbe stato piu`
opportuno proprio in ragione del dubbio circa lavvenuta conclusione del contratto: tema la cui soluzione il giudice avrebbe dovuto rimettere allindagine piana e distesa della cognizione ordinaria, e non
anticipare nei toni assertivi e irrevocabili che si leggono in fine dellordinanza di rigetto.
3. Il preannuncio della causa di merito
Anche altro e` il motivo per cui il giudice sente
di dover negare il sequestro.
Avendo proposto listanza cautelare ante causam,
la ricorrente aveva prospettato la misura come strumentale a una futura azione ex art. 2932 c.c. La
corretta lettura della vicenda esclude, pero`, lesistenza di un obbligo a contrarre in capo ai soci offerenti. Delle due, luna: o laccettazione parziale era
ammessa, ed allora il contratto, benche per una sola
partecipazione, e` gia` perfetto; o ladesione non rispecchio` lofferta, ed allora fu tempestiva la revoca
della proposta, con il riflesso che non ve` diritto in
capo alla socia oblata.
Ineccepibile torna a suonare il provvedimento per
il sostanzialista, avendo il giudice bustocco ben amministrato i principi in punto di teoria del negozio
giuridico. Ferma la base sostanziale, la lente del processualista si appunta, invece, su un fuoco diverso.
Non e` dubbio che la ricorrente abbia errato nel
prefigurare lo scenario del futuro giudizio a cognizione piena. La prospettiva di unaccettazione conforme - benche pro quota - alla proposta schiudeva
la via non a unazione costitutiva, ma a una domanda di mero accertamento dellacquisto gia` perfetto. Su questa premessa ha avuto gioco facile il
giudice di Gallarate a concludere che la causa
preannunciata dalla ricorrente avrebbe riscosso sicuro insuccesso, sicche la misura neppure si profilava strumentale a un fruttuoso giudizio di merito.
Eppure anche qui una diversa via era forse percorribile.
E` giustamente tetragona la Cassazione nellescludere il passaggio dalla domanda di esecuzione dellobbligo di contrarre a quella di accertamento del
contratto gia` concluso (e viceversa), diversi essendone, a monte, la base negoziale (a effetti obbligatori nel primo caso, ad efficacia reale, nel secondo), e,

332

a valle, la natura della pronunzia (7). Non sarei, pero`, cos` sicuro che la regola, espressa per domande
in atto nel giudizio ordinario, sia valevole anche per
la domanda in potenza recata dallistanza cautelare, e
cio` in virtu` di un discorso di piu` largo respiro.
Fra gli elementi del ricorso ante causam figura
senzaltro il preannuncio della successiva causa di
merito (8). Il requisito e` rivolto non tanto al giudice
della cautela, che a rigore neppure ha i mezzi per
scrutinare ammissibilita` ed esito di una domanda destinata alla cognizione piena, quanto al giudice delleventuale inefficacia, chiamato a sindacare la congruita` fra lazione prefigurata e quella concretamente
innescata in via ordinaria. La dichiarazione e` allora
s` essenziale nelleconomia dellistanza, ma piu` che
godere oggi di una proiezione futura, offrira` domani
una visuale retrospettiva, se e quando colui che ha
sub`to la misura denuncera` lo scollamento fra il giudizio di merito concretamente avviato e quello virtualmente imposto dalla misura conservativa.
In questo quadro, il vincolo che al giudice deriva
dalla prospettazione del ricorrente si libera a mio
avviso dai rigori del principio della domanda, dellobbligo di corrispondenza tra chiesto e pronunciaNote:
(6) Cos` nel caso risolto da Cass. 29 agosto 1998, n. 8645. Non
distante Trib. Cassino 9 settembre 1997, in questa Rivista,
1998, 415, con nota adesiva di Terenghi, Requisiti dellofferta in
prelazione di vendita di azioni, che ha ritenuto invalida la denuntiatio concernente le partecipazioni di piu` soci per un prezzo unitario in un caso di prelazione propria: ne traggo che, ove la prelazione sia invece impropria, linvalidita` scali in scindibilita` dellofferta, dal momento che in questo caso larbitraggio sul valore di
mercato rende praticabile lacquisto parziale. Nel senso che,
ove la clausola di prelazione non autorizzi espressamente la vendita in blocco, la denuntiatio cumulativa non e` consentita, v. anche App. Bologna 18 aprile 1996, in Giur. comm., 1997, II, 707,
con nota di Binni, Vendita congiunta di azioni e clausola di prelazione.
(7) Cass. 29 maggio 2012, n. 8564; Cass. 8 febbraio 2010, n.
2723; Cass. 9 novembre 2009, n. 23708; Cass. 25 gennaio
2008, n. 1740; Cass., 26 ottobre 2007, n. 22494; Cass. 12 settembre 2003, n. 13420; Cass. 29 gennaio 2002, n. 1063; Cass.
8 ottobre 2001, n. 12323; Cass. 7 dicembre 2000, n. 15541;
Cass. 27 gennaio 1998, n. 790; Cass., sez. un., 5 marzo 1996,
n. 1731, in Giust. civ., 1996, I, 1294; in Corr. giur., 1996, 639,
con nota di Guarnieri, Contratto preliminare, contratto definitivo
e mutatio libelli; in Arch. civ., 1996, 1134; Cass. 13 gennaio
1995, n. 375; Cass. 12 febbraio 1993, n. 1782. Riesce cos` definitivamente abbandonata lidea che possa trattarsi di una semplice emendatio, consentita un tempo anche in appello: Cass.
30 maggio 2001, n. 7383: Cass. 29 dicembre 1999, n. 14643;
Cass. 6 novembre 1991, n. 11840.
(8) E cio` tanto nei casi, come quello in esame, in cui sia domandata una misura conservativa, quanto in quelli in cui si aspiri a
una tutela di tipo anticipatorio: sul tema, v. Querzola, La tutela
anticipatoria fra procedimento cautelare e giudizio di merito, Bologna, 2006, 13 ss. In senso diverso, pero`, v. Trib. Milano 7 giugno 2006, in Giur. mer., 2006, 2691, con nota di Diaferio, Provvisorieta` facoltativa del provvedimento durgenza.

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to, del divieto di mutatio libelli, per approdare a lidi
in cui per un verso piu` fluida e` la formulazione del
requisito, per laltro piu` fattiva la cooperazione dellufficio.
Per il primo aspetto, si puo` ritenere che la parte
che domanda la cautela non sia tenuta a descrivere
la successiva azione di merito con la medesima accuratezza che impiegherebbe nella sede ordinaria.
Anche la generica rappresentazione del futuro scenario sostanziale, che permetta di cogliere le linee
essenziali delliniziativa in funzione della quale si
sollecita la cautela, dovrebbe di regola bastare a
soddisfare il requisito (9). Perfino la qualificazione
della futura azione, o la sua ascrizione a una precisa
norma, possono mancare, a condizione che la narrazione consenta a posteriori di controllare che la
misura fu sollecitata proprio in vista delle istanze di
protezione sostanziale rappresentate nel ricorso, e
solo con la successiva introduzione del giudizio di
merito calate nello stampo rigido e immodificabile
degli artt. 2907 c.c., 99, 112, 183, comma 6, n. 1,
c.p.c.
Su questa piu` diluita base sinnesta il secondo versante, che poi piu` attiene alla vicenda in epigrafe.
Appurato che nelleconomia dellistanza ante
causam la prefigurazione del giudizio di merito si
sottrae ai vincoli propri della domanda, con riguardo al pur essenziale requisito compete, a mio parere,
al giudice della cautela non solo un lato potere
dinterpretazione, ma anche una doverosa attivita`
dintegrazione. E se la funzione ermeneutica e` coltivata con larghezza anche nel giudizio ordinario (10), il margine dintervento del giudice della
cautela attinge unampiezza sconosciuta alla sede
piena.
Descrittivita` sul punto della domanda cautelare
e potere suppletivo del giudice, anzitutto, si saldano. In uno scenario di tanta liberta` mi pare perfettamente lecito che, a fronte di unistanza che si limiti a narrare la protezione sostanziale cui la parte
aspira nella sede piena, sia il giudice a fissare la specie concreta di azione che il ricorrente sara` tenuto
a coltivare. Si delinea in tal modo per lufficio una
mansione collaborativa che, fuor dellipotesi delineata dallart. 316, comma 2, c.p.c., sfugge alla logica della cognizione ordinaria, ma e` armonica a un
requisito sottratto al vincolo che discende dal principio della domanda.
Ne lintervento del giudice si arresta alla sola integrazione. Una volta allentato il rigido legame con
listanza di parte, non vedo ragioni per non accordare allufficio anche una funzione correttiva dellerrore del ricorrente. Non violerebbe a mio avviso

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alcuna regola - ed eserciterebbe, anzi, un doveroso


compito - il giudice che, cogliendo lo sbaglio dellistante nella scelta del futuro mezzo a cognizione
piena, ne emendasse lintenzione, prospettandogli
lazione effettivamente dovuta, semmai con lo stesso provvedimento con cui accorda la misura.
Naturalmente il giudice non e` in tutto libero
nella gestione di questo potere. Lesercizio della
funzione correttiva deve sempre conservarsi nei
confini della tutela sostanziale cui il ricorrente ha
dato mostra di aspirare. Nellambito di questa traccia, pero`, il giudice della sede cautelare non conosce i vincoli del collega della cognizione piena.
Questi, costretto dal severo ancoraggio alla domanda, non puo` permettersi di sostituire alla pretesa
concretamente azionata altra dotata di diversi oggetto o titolo. Quello, libero nellindividuazione
della futura azione di merito, ha il dovere di indicare che la lite da coltivare e` diversa da quella immaginata dal ricorrente.
Note:
(9) Cos` anche Trib. Torino 9 luglio 2008, in Dir. ind., 2008, 593;
Trib. Napoli 5 maggio 2001, ivi, 2002, 31; Trib. Roma 29 settembre 2004, in Dir. fall., 2005, II, 818; Trib. Rovereto 14 giugno
2004, in Giur. mer., 2004, 2481, con nota di Pedrelli, Sulla necessita` di individuare la domanda di merito nel cautelare ante
causam proposto secondo il nuovo rito societario; Trib. LAquila
23 ottobre 2003, in Foro it., 2004, I, 1262; in Corr. giur., 2004,
219; in Giur. it., 2004, 767; in Giust. civ., 2004, I, 499; Trib. Milano 28 gennaio 2002, in Riv. crit. dir. lav., 2002, 365; Trib. Trieste
24 luglio 1999, in Giust. civ., 2000, I, 1851. Piu` rigorosa Trib. Milano 10 aprile 2004, in Giur. comm., 2006, II, 134, che, pur marcando la diversa consistenza rispetto alla domanda introduttiva
del giudizio a cognizione piena, esige comunque lindicazione di
petitum e causa petendi della futura pretesa. In questa prospettiva Trib. Salerno, 30 marzo 2009, in Giur. it., 2009, 2489, con
nota sostanzialmente critica sul punto di Frus, Sulla sanabilita`
della domanda cautelare ante causam priva dellindicazione della futura causa di merito e sulle modalita` della relativa sanatoria,
ritiene leventuale difetto sanabile in via analogica con le tecniche dellart. 164, commi 4 e 5, c.p.c. Invece, per Trib. Napoli 30
aprile 1997, in Giur. it., 1998, 269, e Pret. Vallo della Lucania 19
marzo 1997, in Giur. mer., 1998, 674, questa disposizione non
sarebbe compatibile con le caratteristiche del processo cautelare.
(10) Cass. 14 novembre 2011, n. 23794; Cass. 26 settembre
2011, n. 19630; Cass. 10 febbraio 2010, n. 3012; Cass. 28 agosto 2009, n. 18783; Cass. 17 settembre 2007, n. 19331; Cass.
26 giugno 2007, n. 14751; Cass. 28 maggio 2007, n. 12402;
Cass. 20 dicembre 2006, n. 27285; Cass. 29 settembre 2006,
n. 21244; Cass. 4 agosto 2006, n. 17760, Cass. 6 aprile 2006,
n. 8107; Cass. 14 marzo 2006, n. 5491; Cass. 14 marzo 2006,
n. 5442; Cass. 2 marzo 2006, n. 4598; Cass. 13 dicembre 2005,
n. 27428; Cass. 2 novembre 2005, n. 21208; Cass. 20 ottobre
2005, n. 20322; Cass. 28 luglio 2005, n. 15802; Cass. 2 dicembre 2004, n. 22665; Cass. 16 settembre 2004, n. 18653; Cass.
8 settembre 2004, n. 18068; Cass. 1 settembre 2004, n. 17610;
Cass. 28 agosto 2004, n. 17250; Cass. 22 luglio 2004, n. 13740;
Cass. 14 maggio 2004, n. 9215; Cass. 29 aprile 2004, n. 8225;
Cass. 28 aprile 2004, n. 8128; Cass. 23 aprile 2004, n. 7766;
Cass. 9 aprile 2004, n. 6972; Cass. 16 febbraio 2004, n. 2916:
ma la ricerca potrebbe ancora risalire nel tempo.

333

Giurisprudenza

Processo, arbitrato e mediazione


Insomma, fermo per ogni altro il principio della
domanda (11), in merito al particolare requisito il
potere conformativo inverte la polarita`. Compete
al giudice di segnalare allistante lerrore in cui e` incorso nel prefigurare la domanda e di condurre per
questa via lincipiente giudizio di merito nel suo
corretto solco. Si produce in tal modo una cooperazione fra ufficio e litiganti proficua non solo per il
ricorrente, ma per lintero sistema, che vede emendato il vizio addirittura prima che liniziativa giudiziale sia avviata.
A chi volesse condividere questa visione potrebbe allora riuscire inappagante la soluzione attinta in
fine dellordinanza (benche ad abundantiam, nelleconomia del provvedimento). E` troppo sbrigativo
concludere che, non essendo concepibile una pronunzia ex art. 2932 domani, non ve` margine per la
concessione del sequestro oggi. Tanto geometrica
soluzione non si giustifica con riguardo al requisito
che, deducibile nelle forme plastiche di cui se` detto, meritava lintervento manipolativo-correttivo
del giudice della misura.
E` verosimile che laver gia` appurato linesistenza
del fumus per altra via abbia distolto il tribunale
dal porre in atto la tecnica salvifica, e che, ove se
ne fossero profilate le basi, il sequestro non sarebbe
stato negato per il solo errore nella prospettazione
del merito. Anche per evitare lantieconomica ripetizione di procedimenti sullo stesso oggetto (respinta la prima domanda, una seconda, emendata del
vizio, avrebbe superato senzaltro il filtro dellart.

334

669 septies, secondo comma), voglio credere che il


giudice gallaratese non si sarebbe astenuto da unindagine volta dapprima ad appurare lassetto sostanziale concretamente avuto di mira dalla ricorrente,
e poi a segnalare - in luogo di quella preannunciata
- la domanda confacente allaspirazione espressa (o
anche solo tradita) nellistanza cautelare, suscettibile con questo restyling di essere accolta.
In questo modo avrebbe reso un buon servizio
non solo alla causa (in senso stretto) della ricorrente, ma anche a quella (in senso lato) dellordine
giudiziario che, sovente interventista in ambiti in
cui non ne ha il potere (12), non puo` rinunciare ai
suoi compiti di supplenza in quei casi (rari, per fortuna) in cui ne ha il dovere.

Note:
(11) Per questo aspetto, v. Recchioni, Il processo cautelare uniforme, in Chiarloni - Consolo (a cura di), I procedimenti sommari
e speciali - II. Procedimenti cautelari, Torino, 2005, 267 ss.
(12) Un esempio su tutti: la riesumazione dellautorizzazione alla
chiamata in causa del terzo: Cass., sez. un., 23 febbraio 2010, n.
4309, in Foro it., 2010, I, 1775, con nota di Caponi - Dalfino - Proto Pisani - Scarselli, In difesa delle norme processuali; in Giur. it.,
2010, 2381, con nota di Amendolagine, La chiamata in causa del
terzo formulata dal convenuto ai sensi dellart. 269, 28 comma,
c.p.c.: il giudice puo` rigettarla nellipotesi di litisconsorzio facoltativo?; in Riv. dir. proc., 2010, 973, con nota di E. F. R.(icci), Nooo!
(la tristissima sorte della ragionevole durata del processo nella
giurisprudenza della cassazione: da garanzia in cerca di attuazione a killer di garanzie), e di C. C.(onsolo), Ragionevole durata, giusto processo e nuovo sperimentale art. 360 bis, n. 2, c.p.c.; in
questa Rivista, 2010, 1361, con nota di Dalfino su altro profilo.

Le Societa` 3/2013

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