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IL PROVVEDIMENTO
DEL TRIBUNALE DI ROMA
SULLE CLAUSOLE VESSATORIE
NEI CONTRATTI BANCARI
Tribunale di Roma, sez. II, 21 gennaio
2000 - Giud. Lamorgese - Movimento Federativo Democratico c. Associazione
Bancaria Italiana, Banca popolare di Milano soc. coop. a.r.l. e Banca Fideuram
s.p.a., con lintervento del Comitato consumatori Altroconsumo
Contratti in generale - Clausole vessatorie Condizioni generali di contratti utilizzati dalle banche - Azione inibitoria
riconosciuta la possibilit di chiedere al giudice linibizione delle clausole da considerarsi
vessatorie, anche in costanza dei parametri
stabiliti dalla legge n. 281/98, a tutte le associazioni che il giudice ritenga rappresentative
senza limitazioni particolari, nella particolare
materia dei contratti stipulati con i consumatori.
Contratti in generale - Clausole vessatorie Condizioni generali di contratti utilizzati dalle banche - Natura bilaterale della clausola di
recesso - Superamento dello squilibrio delle
parti - Esclusione
La caratteristica di bilateralit della clausola, in
sede di preventivo rimedio inibitorio, non comporta il superamento dello squilibrio tra le parti.
Contratti in generale - Clausole vessatorie Condizioni generali di contratti utilizzati dalle banche - Chiarezza della clausola - Mancanza
La mancanza di trasparenza della clausola pu
mascherare la funzione che determina il prezzo,
in modo tale da impedire laccesso alla valutazione del significativo squilibrio.
Contratti in generale - Clausole vessatorie Condizioni generali di contratti utilizzati dalle banche - Azione inibitoria - Estensione
Va estesa anche agli effetti perduranti dei contratti conclusi ante legem n. 52/96 lazione inibitoria, ci al fine di evitare una ingiusta disparit
di trattamento tra clienti con identici rapporti.
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legittimazione del MFD ad agire, in fase transitoria, per la tutela dei diritti e degli interessi dei
consumatori.
La contestazione dei convenuti circa la partecipazione del MFD alla Consulta dei consumatori e
poi al Consiglio nazionale, contraddetta dal
d.m. 11 novembre 1994 (v. doc. 4/attore) nel quale risulta che Giustino Trincia, vicesegretario nazionale del MFD (v. verbale notarile allegato allo
statuto del MFD in data 16 luglio 1993 ed atto costitutivo in data 3 aprile 1981, docc. 2-3), componente della Consulta.
Ulteriore argomento, di carattere generale, a sostegno dellaffermata irrilevanza, nella presente
controversia, dei parametri stabiliti dalla l. n.
281/98 in punto di legittimazione delle associazioni dei consumatori, deriva dal principio (che
pertinente richiamare data la premessa dei convenuti secondo cui la nuova legge sarebbe votata a
regolamentare lintera materia degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti) espresso dal
brocardo lex posterior generalis non derogat
priori speciali, in considerazione della specialit
della precedente normativa introdotta dallart.
1469 bis ss. (v. sexies), che, nella particolare materia dei contratti di cui siano parti consumatori,
ha attribuito a qualunque associazione, di cui il
giudice possa apprezzare la rappresentativit senza particolari limitazioni, il potere di chiedere al
giudice di inibire luso di clausole di cui sia accertata labusivit (a differenza della tutela inibitoria generale ed atipica azionata dalle associazioni rappresentative ex lege, ai sensi dellart. 3
della l. n. 281/98).
Una diversa interpretazione, che limitasse la legittimazione ex art. 1469 sexies cit. solo alle associazioni iscritte nellelenco di cui allart. 5 l. n.
281/98, finirebbe per frustrare lo spirito della
riforma introdotta dalla legge n. 52 del 1996 che
di tutelare il consumatore rispetto alle pratiche
negoziali illecite, obiettivo al quale ben pu contribuire lazione di associazioni non iscritte in
quellelenco, e porrebbe dubbi di costituzionalit
(in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.) in quanto finirebbe per incidere sfavorevolmente su situazioni giuridiche soggettive preesistenti, quali sono
quelle degli enti esponenziali che, pur essendo
rappresentative secondo parametri diversi, verrebbero ad essere private della tutela giurisdizionale, con ripercussioni sullinteresse dei singoli
associati; inoltre, sarebbe contraddittoria rispetto
alla stessa l. n. 281/98 che, allart. 1, comma 2,
lett. f), ha riconosciuto il fondamentale diritto
alla promozione e allo sviluppo dellassociazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti.
Si pu aggiungere che, nel nostro ordinamento, il
riconoscimento della legittimazione ad agire consegue direttamente alla titolarit di un interesse
giuridico in capo al soggetto, sia esso individuale
o soggettivo, che intende impugnare latto di cui
trattasi (v. gli artt. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n.
1054, che attribuisce al Consiglio di Stato di decidere sulle impugnative contro atti o provvedimenti che abbiano per oggetto un interesse di
individui o di enti morali giuridici..., e 9 della l.
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7 agosto 1990, n. 241, che nel prevedere lazionabilit degli interessi diffusi nellambito del
procedimento amministrativo estende la loro tutela a qualunque specie...: in tal senso, v. Tar Puglia, 19 maggio 1994, n. 958, Foro amm., 1994,
2209); anche significativo che, sulla base di
questa implicita premessa, il Consiglio di Stato
(sez. VI, 7 febbraio 1996, n. 182, Foro it., 1996,
496; conf. Tar Sardegna, 25 maggio 1992, n. 610,
in Rep. Foro it., 1994, voce Ambiente, n. 122),
annullando la sentenza di primo grado che aveva
ritenuto il difetto di legittimazione ad agire di
unassociazione di tutela dellambiente che,
allepoca del ricorso, non era riconosciuta in sede
amministrativa, abbia stabilito il seguente principio: Lart. 18, l. 8 luglio 1986 n. 349 ha introdotto un duplice sistema di accertamento della legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni ambientaliste, nel senso che lesistenza di
un potere di individuazione del ministro dellambiente, ai sensi dellart. 13 l. cit., non esclude il
concorrente potere del giudice di accertare, caso
per caso, la sussistenza della legittimazione di
una determinata associazione ad impugnare
provvedimenti lesivi di interessi ambientali.
2 b) La rappresentativit del MFD.
Per decidere sulla legittimazione ad agire del
MFD e del CCA occorre aver riguardo alla loro
rappresentativit, secondo quanto stabilito
dallart. 1469 sexies c.c, che, tuttavia, non precisa i criteri da adottare a tal fine ma rimette allinterprete il compito di effettuare tale valutazione
caso per caso.
La giurisprudenza ha elaborato i criteri sulla base
dei quali, come gi ritenuto da questo tribunale in
analoghi giudizi promossi dal MFD (in tal senso,
v. ord., 8 maggio 1998, Foro it., 1998, 1989; 27
luglio 1998 e 29 luglio 1998, ivi, 3331), pu essere affermata la legittimazione ad agire della
suddetta associazione, avendo riguardo, in particolare: alle previsioni statutarie, i cui artt. 2 e 43
evidenziano la tutela degli interessi dei consumatori tra gli scopi del MFD (il Movimento promuove e sostiene azioni individuali e collettive
dirette a prevenire, a limitare o a rimuovere posizioni di soggezione e di sudditanza, situazioni di
sofferenza, di disagio e di discriminazione, pericoli per le libert individuali e collettive, attentati allintegrit fisica e psichica e alla dignit delle
persone, che si producono, in particolare, negli
ambiti dei servizi pubblici e sociali, dellinformazione, dei consumi privati; Il Movimento pone
la sua azione nel contesto europeo e internazionale e allinterno del pi vasto movimento consumerista. Esso agisce per la tutela dei diritti dei
consumatori e degli utenti e a salvaguardia
dellambiente, del territorio e della salute individuale e collettiva), non potendosi attribuire rilievo negativo alla concomitanza con quello consumeristico di altri scopi, strettamente connessi
con quelli tradizionali di tutela del consumo, funzionali alla tutela dei diritti di cittadinanza in senso lato e di libert (anche economica) del cittadino; alla partecipazione ad organismi pubblici (si
detto della presenza del movimento alla Consulta dei consumatori e poi al Consiglio naziona-
le dei consumatori e degli utenti); al riconoscimento ottenuto da autorit pubbliche (la Direzione generale XXIV della Commissione europea
ha accordato al MFD il sostegno al progetto di
azioni giurisdizionali a tutela dei consumatori di
cui espressione anche la presente controversia:
v. docc. b, g, h); alla seriet, dimostrata anche
dallorganizzazione di convegni sui temi in questione, dellattivit di monitoraggio e controllo
svolta dal movimento a tutela degli utenti in vari
settori (postale, ferroviario, sanitario, del catasto
ecc.: v. docc. a, d, e, f), alla capillarit dellorganizzazione, al radicamento su gran parte del territorio nazionale e, seppur non vi sia prova del numero di iscritti, al numero consistente dei simpatizzanti (circa 350 mila il numero dei partecipanti alle elezioni primarie del movimento) (v.
doc. a).
2 c) La rappresentativit del CCA.
La generica contestazione al riguardo svolta
dallABI non condivisibile.
La legittimazione ad agire ex art. 1469 sexies cit.
stata riconosciuta al CCA in analoghi giudizi (v.
Trib. Torino, 4 ottobre 1996, 16 agosto 1996, 14
agosto 1996, in Foro it., 1997, 287 ss.; 7 giugno
1999, CCA c. Autoset s.a.s. e Citroen Italia s.p.a.;
16 aprile 1999, CCA c. Fiat Auto s.p.a. e Progetto s.p.a.); lo scopo di promuovere e difendere gli
interessi dei consumatori e degli utenti di beni e
servizi (...) espresso nello statuto (v. art. 2 doc. 1/CCA); si gi detto che la suddetta associazione stata recentemente iscritta nellelenco
delle associazioni rappresentative dei consumatori, di cui allart. 5 della citata l. n. 281/98; ha
fatto parte della Consulta dei consumatori ed attualmente del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti presso il Ministero dellIndustria; ha un numero rilevante di iscritti (300 mila); componente di importanti organismi internazionali competenti in materia di difesa degli interessi dei consumatori e degli utenti (es. il Bureau European des Unions de Consommateurs di
Bruxelles, lEuropean Consumer Law Group di
Bruxelles, il Consumers International - v. docc.
3, 4, 5).
3) La legittimazione passiva dellABI.
LABI ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva sul presupposto che le banche
associate sarebbero del tutto libere di utilizzare
gli schemi contrattuali da essa elaborati e diffusi
mediante circolari; difettando, quindi, il rapporto
con i consumatori, lABI non avrebbe interesse
rispetto a quellutilizzazione e non rappresenterebbe unassociazione di professionisti nei cui
confronti sia possibile pronunciare linibitoria di
cui allart. 1469 sexies c.c.
Leccezione infondata. Lart. 7, n. 3, della direttiva CE individuava come legittimati passivi
dellazione inibitoria in materia di condizioni
vessatorie i professionisti o le associazioni di
professionisti che utilizzano o raccomandano
linserzione delle clausole; lart. 1469 sexies cit.
ha stabilito che possono essere convenuti in giudizio il professionista o lassociazione di professionisti che utilizzano condizioni generali di
contratto....
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con il conseguente notorio effetto che per il cliente non esiste pratica possibilit di sottrarsi alle
condizioni generali che gli sono sottoposte, attesa luniformit delle condizioni proposte dalla totalit (o quasi) delle imprese bancarie ( significativo che tali condizioni generali siano adottate
dalle aziende di credito sotto gli auspici dellAssociazione bancaria italiana: v., ad es., i contratti di deposito titoli della BPM e di conto corrente
di corrispondenza e servizi connessi della BNL docc. 6, 16 MFD); la Banca dItalia ha invitato
lABI (v. provv. in data 3 dicembre 1994, n. 12, in
Banca e Borsa, 1995, II, 393) a modificare talune
disposizioni contenute nei contratti tipo che integravano gli estremi delle intese limitative della
concorrenza, con ci riconoscendo che le raccomandazioni rivolte alle imprese associate producono effetti sul mercato e, quindi, direttamente
nei confronti dei consumatori (n rilevante, per
negare la natura di raccomandazione delle norme
bancarie uniformi, che la Corte di Giustizia CE,
con sent. del 21 gennaio 1999, Foro it., IV, 130,
pur in realt implicitamente riconoscendo lesistenza nel caso di specie di unintesa tra imprese,
abbia negato la violazione degli artt. 85, n. 1, e 86
del Trattato CE da parte di alcune di queste norme riguardanti determinate operazioni bancarie);
lABI, inoltre, come riferito dalla convenuta
BPM, ha promosso un protocollo dintesa con alcune associazioni di consumatori e cio negoziazioni collettive per conto e nellinteresse delle
imprese bancarie, il che dimostra che trattasi di
schemi negoziali destinati ad essere recepiti dalle
imprese associate nella propria attivit negoziale
con i consumatori e gli utenti.
4) Il controllo di vessatoriet delle clausole impugnate (riguardanti il recesso unilaterale della
banca, lindividuazione del foro competente ed il
trattamento dei dati personali) nei contratti non
stipulati da consumatori, identificate dallattore
con i nn. 5 (art. 6, lett. c, delle norme BPM per i
conti correnti di corrispondenza e servizi connessi - mod. 2873, ed. 10/96 - doc. 5 MFD), 17 (art.
19 delle norme BPM citate), 30 (art. 19, erroneamente indicato come 18, dei contratti BPM di negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta ordini concernenti valori mobiliari - mod.
3785, ed. 9/96 - doc. 7), 38 (art. 28 delle norme
BPM per il servizio delle cassette di sicurezza mod. 3018, ed. 6/96 - doc. 9), 42 (punto 4 della
domanda BPM di finanziamento a medio termine
- mod. 5057, ed. 11/96 - doc. 11), 47 (art. 8, comma 1, delle norme BF sulla prestazione dei servizi bancari e finanziari - mod. 072N01, dal 16 settembre 1996 - doc. 12), 57 (art. 17 delle norme
BF citate).
Ad avviso del MFD e del CCA la tutela generalepreventiva, qual quella inibitoria prevista
dallart. 1469 sexies c.c. rispetto alle condizioni
generali abusive, sarebbe ammissibile anche indipendentemente dalle limitazioni soggettive stabilite per la tutela individuale dallart. 1469 bis
ss. c.c. che riferita, formalmente, solo ai contratti di cui siano parti il consumatore (persona
fisica che agisce per scopi estranei allattivit imprenditoriale o professionale eventualmente svol-
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ta) ed il professionista (persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua
attivit imprenditoriale o professionale, utilizza il
contratto...).
Tale assunto, a prescindere dal profilo concernente la legittimazione del MFD e del CCA ad
agire nellinteresse anche dei professionisti, non
condivisibile in considerazione dellintitolazione (dei contratti del consumatore) della disciplina in esame (v. capo XIV bis, tit. II, libro IV
c.c.), delle ragioni ispiratrici della direttiva
93/13/CE e della lettera dellart. 1469 sexies c.c.
che consente al giudice di inibire luso delle
condizioni di cui sia accertata labusivit ai sensi
del presente capo (v. Trib. Palermo, 22 ottobre
1997, in Foro it., 1997, 3387).
Seguendo la diversa interpretazione, laccoglimento dellazione inibitoria collettiva nei rapporti endocommerciali produrrebbe effetti anche sul
piano individuale, rispetto al quale, contraddittoriamente, non sarebbe invece ammessa la tutela
per il singolo professionista.
Si sostiene anche che non avrebbe avuto senso,
altrimenti, lattribuzione della legittimazione
allazione collettiva in questione alle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti e (...) Camere di Commercio... (art.
1469 sexies, c.c.).
Si pu replicare, tuttavia, come gi rilevato dalla
dottrina, che la legittimazione attiva delle associazioni di categoria dei professionisti allazione
collettiva si giustifica in considerazione dellinteresse ad ottenere la cessazione degli atti di concorrenza sleale tra professionisti concorrenti che,
per compensare luso di clausole inique nei confronti dei consumatori, potrebbero essere indotti
ad una sleale riduzione dei prezzi, cos come linteresse ad esercitare unattivit di stimolo e controllo sullo svolgimento dei rapporti concorrenziali giustifica la legittimazione delle camere di
commercio.
Si sostiene anche che la nozione di consumatore
dovrebbe essere valutata con riferimento alleffettiva debolezza del soggetto nel rapporto contrattuale, sicch dovrebbe essere considerato tale,
ed essere ammessa la tutela sia individuale che
collettiva, anche colui che, pur essendo professionista, non lo sia nello specifico ramo di attivit
cui si riferisce la contrattazione, cosa che si verifica normalmente nei rapporti con le banche.
La denuncia di vessatoriet in esame con riguardo a condizioni generali nellambito dei rapporti
contrattuali tra le imprese bancarie ed altri professionisti, non ammissibile neanche da tale
punto di vista, perch contraddittoria ed irrilevante: se presuppone, come sembra, i concetti di
professionista/consumatore e la loro reciproca distinzione, sarebbe volta ad ottenere uninterpretazione della nozione di consumatore (inteso come soggetto debole e meritevole di tutela contro
le pratiche negoziali abusive a prescindere da
qualificazioni formali) che potr essere rilevante
se effettuata caso per caso nellambito del giudizio individuale-successivo (nel quale si potr
controvertere sulla sussistenza delle condizioni
soggettive stabilite dallart. 1469 bis, commi 1-2,
c.c. per lammissibilit della tutela contro le pratiche negoziali abusive) ma non in quello collettivo ex art. 1469 sexies c.c., nel quale la qualificazione soggettiva del consumatore (rectius, della categoria dei consumatori) come parte sostanziale del rapporto (e beneficiaria dellordine di
inibitoria) effettuata a livello generale ed astratto e precede il giudizio di vessatoriet delle singole condizioni; qualora invece la denuncia in
esame miri ad eliminare la distinzione soggettiva
in questione, allora linfondatezza di tale prospettazione deriva dalle considerazioni gi fatte.
Pertanto, la domanda di inibitoria riguardante le
clausole sopra menzionate riguardanti rapporti
negoziali in cui siano parti soggetti non consumatori devessere rigettata.
5) La prova della vessatoriet con riguardo alle
altre clausole impugnate (nei contratti in cui sia
parte un consumatore).
I convenuti hanno eccepito linammissibilit della domanda sotto il profilo della mancanza di
prova in ordine alla vessatoriet delle clausole
impugnate, cio alla sussistenza a carico del
consumatore [di] un significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi derivanti dal contratto
(art. 1469 bis, comma 1, c.c.).
Leccezione infondata. Si premette che la denuncia del MFD e del CCA riguarda un numero
rilevante di clausole contrattuali standard (identificate con sufficiente chiarezza) considerate dal
punto di vista delloggetto e degli effetti con specifico ed argomentato riferimento alle ragioni per
le quali fatta valere la presunzione di vessatoriet stabilita dagli artt. 1469 bis, comma 3, e
1469 quinquies, comma 2, c.c. ovvero dedotta
caso per caso la violazione del principio di trasparenza (artt. 1469 ter, comma 2, e 1469 quater
c.c.) ovvero richiamato, non essendo il giudice
vincolato allelenco (indicativo e non esauriente): art. 3, n. 3, dir. 93/13/CE) delle clausole che
si presumono abusive, il significativo squilibrio
tra le parti dei diritti ed obblighi derivanti dal
contratto (art. 1469 bis, comma 1, c.c.).
Tale riferimento consente di ritenere assolto, in
via generale (salvo che per le clausole nn. 83-84),
lonere di allegazione che incombe allattore in
sede inibitoria ex art. 1469 sexies c.c., nel cui particolare ambito, trattandosi di una forma di tutela
generale-preventiva, la vessatoriet espressione
di un giudizio di carattere astratto pi che un fatto che deve essere dimostrato in concreto con riguardo alla dinamica e specificit del singolo
rapporto (a tale riguardo, la dottrina non ha mancato di rilevare la sostanziale inutilizzabilit nel
giudizio ex art. 1469 sexies c.c. dei medesimi parametri previsti e modellati con riferimento al
giudizio individuale e, in particolare, di quelli indicati nellart. 1469 ter, comma 1, c.c. - secondo
cui la vessatoriet valutata facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della (...)
conclusione [del contratto] -, nonostante che in
detto giudizio il giudice inibisca luso delle condizioni di cui sia accertata labusivit ai sensi del
presente capo). Inoltre, la rilevabilit dufficio
dellinefficacia della clausola a vantaggio del
consumatore (art. 1469 quinquies, comma 3,
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6 deve essere preceduto, nellambito dei contratti con i consumatori, dal preavviso, salvo che sussista un giustificato motivo): il rinvio richiama
anche la disciplina sul recesso di cui allart. 6 lett.
c) e la distinzione ivi contenuta tra i contratti stipulati con i consumatori ed i professionisti?
Lequivocit e non trasparenza della clausola (art.
1469 quater c.c.), accentuata dalla difesa BPM
(che, con considerazioni che attengono al contenuto intrinseco dellimpugnato art. 7, comma 6,
difende la clausola contestando la vessatoriet
del recesso ad nutum: v. pag. 37 della conclusionale), essa stessa fonte di squilibrio tra le parti
ed iniquit sostanziale aggravando lasimmetria
informativa gi presente nei contratti per adesione: la conseguenza che se ne deve trarre nellambito del procedimento collettivo, finalizzato ad
una tutela di carattere essenzialmente preventivo,
linibitoria delluso della stessa.
N pu obiettarsi che effetto dellintrasparenza
dovrebbe essere solo quello di dare ingresso ad
una valutazione dello squilibrio, con la possibilit per il consumatore di compensare, mediante
uninterpretazione adeguatrice (art. 1469 quater,
comma 2, c.c.), lo svantaggio determinato
dalloscura redazione della clausola con altri
vantaggi derivanti dallintero programma negoziale, avendo riguardo alla natura del bene o del
servizio oggetto del contratto, ad altre circostanze del caso concreto ovvero alla stessa contrattazione della clausola (art. 1469 ter, comma 1 e 4,
c.c.).
Tale orientamento pu essere condiviso nellambito del giudizio individuale-successivo, nel quale il consumatore pu far valere il suo interesse
alla conservazione della pur oscura clausola in
forza di uninterpretatio contra proferentem ma
non in quello collettivo ex art. 1469 sexies c.c., il
cui scopo, realizzato dallinibitoria preventiva,
di contrastare la diffusione delle clausole abusive, potenzialmente dannose nei confronti di tutti
i consumatori, anticipatamente rispetto alla loro
inserzione nei contratti individuali (si detto in
dottrina che, ai fini della valutazione di vessatoriet, la comprensibilit del testo contrattuale
devessere dal giudice considerata in modo diverso nel giudizio individuale ed in quello collettivo: nel primo avendo riguardo al consumatore
medio, nel secondo a quello meno avveduto).
Tale conclusione rende irrilevante lesame dei
motivi di censura della clausola con riferimento
agli altri parametri di valutazione della vessatoriet, indicati nellart. 1469 bis, comma 1 e 3, n.
8, c.c.
7 b) Cl n. 31: domanda BPM di concessione di fido (mod. 3385, ed. 3/94 - doc. 8).
Il sottoscritto (...) dichiara di accettare integralmente le seguenti clausole: (...) 2) facolt della
banca di revocare in qualsiasi momento la concessione con conseguente immediata sospensione dellutilizzo e con il diritto di pretendere limmediato rimborso di quanto dovuto per capitale,
interessi e spese (v. p. 6, n. 2, della domanda in
questione).
Il parametro di riferimento per la valutazione
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schema di contratto in questione) e, inoltre, difetta di chiarezza (art. 1469 quater c.c.) non specificando in quali condizioni, per quali motivi ed in
virt di quali criteri la banca possa decidere di avvalersi della facolt di non eseguire gli ordini. N
condivisibile il rilievo della difesa BPM, secondo cui nessun preesistente obbligo contrattuale vi
sarebbe per la banca e la predetta facolt altro
non sarebbe che espressione del generale principio di libert contrattuale. Il vincolo contrattuale
dal quale sorge lobbligo della banca di negoziare, sottoscrivere e raccogliere gli ordini, nasce
nel momento in cui il cliente le ha affidato lincarico, come si evince dal seguente testo contrattuale: premesso che (...) ho/abbiamo preso completa cognizione delle norme contrattuali qui di
seguito riportate che dichiaro/dichiariamo di accettare integralmente; vi conferisco/conferiamo
lincarico di (...) Prendo/Prendiamo atto che un
esemplare del presente contratto mi/ci viene rilasciato debitamente sottoscritto).
8 c) Cl. n. 32: art. 3, comma 2, delle norme BPM
per il servizio delle cassette di sicurezza (mod.
3018, ed. 6/96 - doc. 9).
8 d) Cl. n. 39: dichiarazione integrativa allegata
al contratto BPM per il servizio delle cassette di
sicurezza (doc. 9).
8 e) Cl. n. 72: art. 3, comma 2, delle norme ABI
per il servizio delle cassette di sicurezza (circ.
ABI serie legale n. 40 del 27 novembre 1995 doc. 14).
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, la banca
fosse tenuta ad un risarcimento verso lutente, essa non lo rimborser che del danno comprovato
ed obiettivo, escluso ogni apprezzamento del valore di affezione e tenuto conto di quanto disposto allart. 2, a norma del quale: Lutente tenuto a dichiarare il massimale assicurativo adeguato a coprire il rischio della banca medesima
per il risarcimento dei danni che dovessero eventualmente derivare allutente dalla sottoscrizione,
dal danneggiamento o dalla distruzione delle cose contenute nella cassetta; dichiarazione integrativa: Prendo atto che avrete titolo per richiederci il risarcimento di eventuali danni da voi subiti in conseguenza della mancata corrispondenza del massimale da me indicato alleffettivo valore delle cose contenute nella cassetta.
La clausola - censurata con riferimento ai parametri di cui allart. 1469 bis, comma 1 e 3, nn. 2,
16, 18 (e, si pu aggiungere, allart. 1469 quinquies, comma 2, n. 2) c.c. - stata in tal senso
modificata dallABI nel 1995 allo scopo di adeguarla allindirizzo giurisprudenziale (v. Cass. 7
maggio 1992, n. 5421 e 12 maggio 1992, n. 5617,
Foro it., 1993, 879; 1 luglio 1994, n. 6625, ivi,
1994, 3422) che aveva affermato il seguente principio: Con riguardo al contratto bancario inerente al servizio delle cassette di sicurezza, la
clausola, che contempli la concessione delluso
della cassetta per la custodia di cose di valore non
eccedente un determinato ammontare, facendo
carico al cliente di non inserirvi beni di valore
complessivamente superiore, e che, correlativamente, neghi oltre detto ammontare la responsabilit della banca per la perdita dei beni medesi-
mi, lasciando sul cliente gli effetti pregiudizievoli ulteriori, integra un patto limitativo non
delloggetto del contratto, ma del debito risarcitorio della banca, in quanto, a fronte dellinadempimento di essa allobbligo di tutelare il contenuto della cassetta (obbligo svincolato da quel valore, alla stregua della segretezza delle operazioni
dellutente), fissa un massimale allentit del
danno dovuto in dipendenza dellinadempimento
stesso. Tale clausola, pertanto, soggetta alle disposizioni dellart. 1229, comma 1, c.c. in tema
di nullit dellesclusione o delimitazione convenzionale della responsabilit per i casi di dolo o
colpa grave.
La nuova norma, secondo lABI, avrebbe leffetto di porre a carico del cliente, il quale sarebbe
pur sempre libero di utilizzare senza limiti la cassetta ed avrebbe diritto al risarcimento integrale
del danno ai sensi dellart. 1839 c.c., lobbligo di
dichiarare la misura della copertura assicurativa
che, a suo avviso, la banca dovrebbe attivare per
garantirsi nel caso fosse tenuta al risarcimento
dei danni conseguenti alla sottrazione, danneggiamento o distruzione delle cose contenute nella
cassetta; qualora la banca fosse tenuta a pagare
importi maggiori di quelli per i quali si era assicurata, potrebbe rivalersi in via riconvenzionale
nei confronti del cliente per la differenza fra il
danno quantificato dal giudice ed il massimale
assicurato individuato secondo le erronee informazioni rese dal cliente.
A parte i dubbi sulla conformit del nuovo testo
della clausola (la quale premette che la banca risarcir il danno comprovato ed obiettivo ma precisa tenuto conto di quanto disposto allart. 2
cio della dichiarazione del cliente in ordine al
massimale assicurato) allintento espresso dalla
circolare ABI cit., il che ne autorizzerebbe la censura anche sotto il profilo del difetto di trasparenza (art. 1469 quater c.c.), non sembra, tuttavia,
che tale modifica possa far superare i profili di illiceit gi evidenziati dalla giurisprudenza. Non
pu essere negato, infatti, che identico leffetto
di realizzare una limitazione convenzionale dei
danni e della responsabilit della banca nei confronti del consumatore (nellambito di un servizio, qual quello delle cassette di sicurezza, al
cui schema legale tipico estraneo il collegamento tra il corrispettivo ed il rischio assunto dalla banca: nel modulo della predetta dichiarazione
integrativa si prevede invece una variazione del
canone in relazione al massimale dichiarato) e di
determinare a carico del consumatore, con riferimento ai parametri normativi sopra citati, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
contrattuali che, indipendentemente dalleventuale invalidit della clausola, sufficiente a farla considerare vessatoria.
8 f) Cl. n. 41: punto 3 dello schema di domanda
BPM di finanziamento ipotecario (mod. 3618, ed.
11/96 - doc. 10).
il/i sottoscritto/i (...) autorizza/no irrevocabilmente la Banca Popolare di Milano al trattamento dei dati relativi sia a tutti i rapporti di affidamento/finanziamento, nonch eventuali carte di
credito (...) Acconsente altres che a tali dati ac-
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GIURISPRUDENZA
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te la rilevanza di circostanze che possano giustificare il ritardo nella comunicazione da parte del
cliente.
9) Cl. n. 23 di deroga alla competenza giurisdizionale (territoriale): art. 19 delle norme BPM
relative al contratto di deposito titoli (mod. 3657,
ed 7/95 - doc. 6).
Per qualunque controversia foro elettivo per
chiamare in giudizio la banca quello nella cui
circoscrizione si trova la dipendenza della banca
che ha effettuato loperazione mentre questultima potr chiamare in giudizio le altre parti a propria insindacabile scelta, sia dinanzi al foro di cui
sopra sia dinanzi al Foro di Milano.
La vessatoriet della clausola in questione, che
stabilisce come foro esclusivo della controversia
tra la banca ed il consumatore un luogo potenzialmente diverso da quello nel quale il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, si giustifica con riferimento allart. 1469 bis, comma 2,
n. 19, c.c., alla cui disposizione anche lABI, nella circ. del 1996 cit., ha invitato le banche ad adeguarsi (in senso conf., v. Trib. Palermo, 3 febbraio 1999, Foro it., 1999, 2085; 2 giugno 1998,
ivi, 358).
10) Clausole sulle modificazioni unilaterali (n. 7,
15, 37, 50, 52) o che vincolano il consumatore a
norme che non conosce (n. 40).
10 a) Cl. n. 7: art. 7, comma 3, seconda parte,
delle norme BPM per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi (doc. 5).
Qualora linteresse sia indicizzato, la modifica
sfavorevole al correntista derivante dalla modifica del parametro pattuito, non soggetta allobbligo di comunicazione al cliente (...).
La clausola stata censurata e la vessatoriet si
giustifica per lesclusione dellobbligo di comunicazione al consumatore delle variazioni sfavorevoli del tasso indicizzato di interesse. Non si discute qui dellammissibilit (riconosciuta, peraltro a condizione che le modalit di variazione
siano espressamente descritte, dallultimo comma dellart. 1469 bis c.c.) della modifica del tasso di interesse per effetto delle variazioni dellindice di riferimento cui sia agganciato (nel qual
caso la modifica non subordinata alla sussistenza di un giustificato motivo, com invece previsto in generale, in materia di tassi e condizioni
economiche del rapporto, dallart. 1469 bis, comma 5, c.c.). Tuttavia, la mancata comunicazione
aggrava a carico del consumatore lo squilibrio
delle posizioni contrattuali delle parti (art. 1469
bis, comma 1, c.c.), in considerazione del vantaggio di cui indubbiamente gode lazienda di credito nella possibilit di venire a conoscenza delle
variazioni dellindice di riferimento: tale squilibrio, dal quale pu risultare una compressione
(rilevante con riferimento anche ai parametri di
cui ai nn. 12, 13 - che riguardano le clausole che
consentono al professionista di modificare unilateralmente il prezzo del bene o servizio - e 18 gi
citato della lista) dei diritti di difesa del cliente
(che voglia, ad esempio, muovere contestazioni
ovvero recedere tempestivamente dal rapporto),
devessere compensato dallobbligo di informazione che espressione del principio generale di
buona fede ben conosciuto dal legislatore in materia bancaria (v. artt. 118, comma 1, del t.u. n.
385 del 1 settembre 1993 e 1469 bis, comma 5,
c.c.; significativo che la Corte di giustizia CE,
21 gennaio 1999 cit. al punto 3, con riguardo alla
clausola che, nellapertura di credito in conto
corrente, consente alle banche di modificare il
tasso dinteresse mediante affissione nei propri
locali, ha considerato opportuno che le banche
prevedano forme di comunicazione pi idonee).
10 b) Cl. n. 15: art. 16 delle norme BPM citate
sub 10 a).
La banca si riserva la facolt di modificare le
presenti Norme nel caso in cui si rendesse necessario adeguarle a nuove disposizioni di legge
ovvero a proprie necessit organizzative. Le comunicazioni relative saranno validamente fatte
dalla banca mediante lettera semplice allultimo
indirizzo indicato dal correntista ed entreranno in
vigore con la decorrenza indicata in tale comunicazione, fermo restando la possibilit da parte del
correntista di recedere dal contratto entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione. La banca si riserva la facolt di modificare le condizioni
economiche applicate ai rapporti regolati in conto corrente, rispettando, in caso di variazioni in
senso sfavorevole al correntista, le prescrizioni
del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385
e delle relative disposizioni di attuazione.
La clausola vessatoria sia nella prima parte, che
disciplina le modifiche unilaterali da parte della
banca delle condizioni giuridico-normative del
rapporto, che nella seconda, che riguarda le modifiche economiche (cio il tasso di interesse e
limporto originariamente convenuto degli altri
oneri relativi alla prestazione finanziaria).
La prima parte, nel consentire la modifica incondizionata, senza un giustificato motivo, in contrasto con lart. 1469 bis, comma 4, n. 2, c.c., che,
in deroga al n. 11 della lista, per i contratti aventi
ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a
tempo indeterminato, stabilisce che il professionista pu modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto (...);
inoltre, censurabile per le ragioni gi espresse
(v. p. 8 a, 8 h/3) a proposito del generico riferimento alle proprie necessit organizzative.
La seconda, nel subordinare la modifica alle sole
prescrizioni formali (peraltro non specificamente
richiamate) del d.lgs. n. 385 del 1993 - i cui artt.
117, comma 5 e 118, comma 2 e 3, stabiliscono
che il ius variandi deve essere previsto nel contratto con clausola specificamente approvata e
che le variazioni sfavorevoli devono essere comunicate al cliente il quale ha diritto di recedere
entro quindici giorni (cfr. artt. 124, comma 2 e 4,
del d.lgs. cit.) - in contrasto con lart. 1469 bis,
comma 5, c.c. che, in deroga ai nn. 12 e 13 della
lista, consente al professionista finanziario di
modificare, senza preavviso, semprech vi sia
un giustificato motivo (...) il tasso di interesse o
limporto di qualunque altro onere relativo alla
prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore (...) (anche lABI, del resto, ha invitato
le aziende di credito ad espungere dai propri for-
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GIURISPRUDENZA
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mulari le clausole che riservano alla banca la facolt meramente potestativa di modificare le norme che disciplinano il rapporto contrattuale: v.
circ. del 1995 e 1996 cit.).
10 c) Cl. n. 37: art. 27, comma 1-2, delle norme
BPM per il servizio delle cassette di sicurezza
(doc. 9).
La vessatoriet di tale clausola, che identica alla precedente (v. p. 10 b), risulta con riferimento
ai parametri di cui ai nn. 11 (che colpisce la clausola che consente al professionista di modificare
unilateralmente le clausole del contratto senza
un giustificato motivo indicato nel contratto stesso), 12 e 13 (che colpiscono quelle che consentono al professionista di modificare unilateralmente il prezzo del bene o servizio) della lista
contenuta nellart. 1469 bis c.c. A tale conclusione si giunge senza necessit di richiamare qui le
deroghe stabilite dallart. 1469 bis, comma 4 e 5,
c.c. per il professionista finanziario, qualora si ritenga che il servizio offerto dallazienda di credito nel contratto inerente al servizio delle cassette
di sicurezza non rientri nella nozione di prestazione di servizi finanziari (che sarebbe invece
quella destinata a procurare al soggetto un finanziamento, tramite lerogazione del credito, linvestimento in prodotti finanziari od operazioni
analoghe); interpretando, invece, la nozione di
operazione finanziaria come equivalente allattivit bancaria in genere, labusivit della clausola
n. 37 si giustifica per le stesse ragioni gi dette (v.
p. 10 b) a proposito della clausola n. 15 (a sostegno di tale interpretazione lart. 10, comma 3,
del t.u. n. 385/93: Le banche esercitano, oltre
allattivit bancaria, ogni altra attivit finanziaria
(...) nonch attivit connesse o strumentali, il riferimento generico, contenuto nel capo I del titolo VI del d.lgs. n. 385/1993, alle operazioni e
servizi bancari e finanziari e lart. 1, comma 2,
lett. f, del d.lgs. cit. che, nellelencare le attivit
ammesse al mutuo riconoscimento, comprende
la locazione di cassette di sicurezza.
10 d) Cl. n. 50: art. 10 delle norme contrattuali
BF sulla prestazione dei servizi bancari e finanziari (doc. 12).
La clausola vessatoria per le ragioni espresse al
punto 10 b) a proposito della clausola n. 15), alla
quale analoga (con la differenza che per la modifica delle condizioni normative del rapporto
non richiamata la necessit di adeguamento alle modifiche legislative ovvero alle esigenze organizzative della banca e, quanto alla comunicazione al cliente, ammessa la forma, che peraltro
non garantisce il raggiungimento dello scopo,
dellesposizione dellavviso nei locali della banca).
10 e) Cl. n. 40: punto 2 dello schema di domanda
BPM di finanziamento ipotecario (doc. 10).
La vessatoriet della clausola - Il/i sottoscritto/i
prende/ono atto che loperazione sar regolata
secondo le norme e le modalit in vigore presso
la banca (...) - si giustifica per intrasparenza (art.
1469 quater c.c.) e con riferimento ai parametri
di cui ai nn. 10 e 18 della lista contenuta nellart.
1469 bis, comma 3, c.c. (v. p. 8 h/cl. n. 52).
11) Clausole che introducono rinunce, limitazio-
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GIURISPRUDENZA
573
I CONTRATTI
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termini di cui agli artt. 52 della legge sulla cambiale e 47 della legge sullassegno, anche nei
confronti degli eventuali portatori successivi.
La vessatoriet si giustifica per leffetto della
clausola, non negoziata, di aggravare lo squilibrio delle parti e di limitare i diritti del consumatore (v. comma 1 e 3, n. 18, dellart. 1469 bis
c.c.), sotto il profilo, ad esempio, della conseguente rinuncia imposta al cliente allazione
(prevista dallultimo comma degli artt. 52 del r.d.
14 dicembre 1933, n. 1669 e 47 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736) di responsabilit verso la
banca, nonch per la discrezionalit del termine
per la restituzione dei titoli (v. p. 11 b).
11 e) Cl. n. 66: art. 35 delle norme BF citate sub
11 b).
Laddebito in conto delle somme prelevate viene eseguito dalla banca in base alle registrazioni
effettuate automaticamente dallo sportello automatico abilitato presso il quale stato effettuato
il prelievo e documentate dal relativo giornale di
fondo, le cui risultanze fanno piena ed esclusiva
prova nei confronti del correntista, anche nel caso di eventuale rilascio di comunicazione scritta
contestuale a ciascun prelievo.
La clausola in questione conferisce a determinate
scritture contabili della banca (il giornale di fondo degli apparecchi automatici) il valore di prova
legale nei confronti del cliente: la vessatoriet si
giustifica per le ragioni gi dette (v. p. 11 c/cl, n.
56).
11 f ) Clausole nn. 32, 39, 72, 56, 66: si rinvia, rispettivamente, ai punti 8 c), 8 d), 8 e), 11 c), 11 e).
12) Clausole sullanatocismo (n. 6, 59, 77).
12 a) Cl. n. 6: art. 7, comma 2-3, delle norme
BPM per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi (doc. 5).
I conti che risultino, anche saltuariamente, debitori vengono chiusi contabilmente con periodicit trimestrale e cio a fine marzo, giugno, settembre e dicembre di ogni anno applicando agli
interessi dovuti dal correntista ed alle spese e
commissioni previste dal comma precedente valuta data di regolamento del conto, fermo restando che a fine danno, a norma del precedente
comma, saranno accreditati gli interessi dovuti
dalla banca e operate le ritenute fiscali di legge.
Gli interessi (...) sono riconosciuti al correntista o
dallo stesso corrisposti (...) e producono a loro
volta interessi nella stessa misura.
La vessatoriet della clausola argomentata, in
modo condivisibile, nello squilibrio (rilevante ex
art. 1469 bis, comma 1, c.c.) che la diversit, non
negoziata dalle parti, dei termini di chiusura del
conto (trimestrale per i conti debitori ed annuale
per quelli creditori) determina nei confronti del
cliente, il quale tenuto a corrispondere interessi
anatocistici capitalizzati trimestralmente mentre
riceve dalla banca interessi capitalizzati annualmente, squilibrio destinato ad aggravarsi per effetto della maggior crescita che nel tempo subisce il debito per interessi del consumatore rispetto a quello della banca.
N condivisibile il rilievo che si tratterebbe di
clausola insuscettibile di sindacato, ai sensi
dellart. 1469 ter, comma 2, c.c., perch attinente
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
574
I CONTRATTI
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modificata dallABI con circolare in data 3 febbraio 1995 ed il nuovo testo, rispetto al quale
devessere effettuato il giudizio di vessatoriet,
il seguente: 1. I rapporti di dare e avere relativi
a conti creditori vengono chiusi contabilmente
con la periodicit pattuita ed indicata nel modulo
allegato (...) 2. I conti che risultino anche saltuariamente debitori vengono chiusi contabilmente
con la periodicit pattuita ed indicata nel modulo
allegato (...) 3. Gli interessi (...) sono riconosciuti al correntista o dallo stesso corrisposti nella misura pattuita ed indicata nel modulo allegato e
producono a loro volta interessi nella stessa misura.
Nonostante il riferimento alla periodicit pattuita, che farebbe escludere lesistenza di una raccomandazione o suggerimento dellABI alle banche nel senso di prevedere un termine diverso di
contabilizzazione degli interessi ed a prescindere
dallesistenza del predetto modulo allegato (non
prodotto in giudizio), la citata nota 2) richiama
(con pieno effetto di raccomandazione nei confronti delle associate) il punto 12) della Raccolta degli usi e consuetudini del settore del credito
accertati su base nazionale, revisione 19901995 nel quale prevista la capitalizzazione trimestrale degli interessi relativi ai conti correnti
debitori.
Pertanto, le ragioni di vessatoriet espresse al
punto 12 a) valgono anche per la presente clausola limitatamente al contenuto della predetta nota
2) al comma 3 dellarticolo in esame.
13) Clausole sulla garanzia patrimoniale della
banca sui beni personali dei coniugi (nn. 14, 44).
13 a) Cl. n. 14: art. 13, comma 3, delle norme
BPM per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi (doc. 5).
13 b) Cl. n. 44: art. 5, comma 4, delle norme BF
sulla prestazione dei servizi bancari e finanziari
(doc. 12).
In deroga allart. 190 c.c. la banca espressamente autorizzata ad agire in via principale, anzich sussidiaria, e per lintero suo credito, sui beni personali di ciascuno dei coniugi cointestatari.
La vessatoriet risulta dalla mancata negoziazione di una clausola che determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi contrattuali (rilevante ai sensi
dellart. 1469 bis, comma 1 e 3, n. 18, c.c.), in
considerazione dellinversione della regola legale, stabilita dallart. 190 c.c., che consente al creditore di agire sui beni personali dei coniugi solo
in via sussidiaria (in caso di incapienza di quelli
comuni) e nella misura della met del credito.
14) Clausole sul trattamento dei dati personali
(n. 41) e che consentono la compensazione unilaterale (n. 4, 46).
14 a) Cl. n. 41: si rinvia al punto 8 f).
14 b) Cl. n. 4: art. 5, comma 3-4, delle norme
BPM per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi (doc. 5).
Al verificarsi di una delle ipotesi di cui allart.
1186 c.c., o al prodursi di eventi che incidano negativamente sulla situazione patrimoniale, finanziaria o economica del correntista, in modo tale
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
575
I CONTRATTI
n. 6/2000
da porre in pericolo il recupero del credito vantato dalla banca, questultima ha altres il diritto di
valersi della compensazione ancorch i crediti,
seppure in monete differenti, non siano liquidi ed
esigibili e ci in qualunque momento senza obbligo di preavviso e/o formalit fermo restando
che dellintervenuta compensazione - contro la
cui attuazione non potr in nessun caso eccepirsi
la convenzione di assegno - la banca dar prontamente comunicazione al correntista. Se il conto
intestato a pi persone, la banca ha facolt di valersi dei diritti suddetti, sino a concorrenza
dellintero credito risultante dal saldo del conto,
anche nei confronti di conti e di rapporti di pertinenza di alcuni soltanto dei cointestatari.
La vessatoriet risulta dalla mancata negoziazione di una clausola, qual quella in esame, che determina a carico del consumatore un significativo
squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali
(rilevante ai sensi dellart. 1469 bis, comma 1 e 3,
nn. 2 e 18, non invece del n. 3 che riguarda la
clausola che vieta lopponibilit della compensazione da parte del consumatore), atteso che la deroga alla compensazione legale (che, a norma
dellart. 1243 c.c., pu operare solo tra debiti
ugualmente liquidi ed esigibili) ammissibile ai
sensi dellart. 1252 c.c. ma presuppone una negoziazione tra le parti che, nei contratti standard,
assente ( significativo che lart. 14, lett. c, delle
stesse norme consenta alla BPM di non onorare
gli assegni emessi successivamente alla ricezione
della dichiarazione con cui la banca d comunicazione al cliente di avvalersi della facolt della
compensazione tra crediti illiquidi ed inesigibili).
14 c) Cl. n. 46: art. 7, comma 4-5, delle norme
BF sulla prestazione dei servizi bancari e finanziari (doc. 12).
La banca ha altres il diritto di valersi della
compensazione ancorch i crediti non siano liquidi ed esigibili ed anche qualora il credito del
cliente derivi da rapporti di mandato, in qualunque momento senza obbligo di preavviso e di formalit, fermo restando che dellintervenuta compensazione, contro la cui attuazione non potr in
nessun caso eccepirsi la convenzione di assegno,
la banca dar prontamente comunicazione al
cliente (...) Per effettuare la compensazione la
banca altres autorizzata irrevocabilmente dal
cliente a chiedere in suo nome e per suo conto la
liquidazione, il riscatto od il rimborso di tutte le
attivit del cliente (...).
La vessatoriet si giustifica per le considerazioni
espresse al p. 14 b) a proposito della cl. n. 4).
15) Linibitoria.
A norma dellart. 1469 sexies, comma 1, c.c.
devessere inibito allABI, alla BPM ed all BF
luso delle trentadue clausole, contenute negli
schemi contrattuali unilateralmente predisposti e
riassuntivamente elencate in dispositivo, di cui
stata accertata labusivit: a tale ordine le convenute dovranno ottemperare rinunciando alluso di
tali clausole ovvero modificandole nel senso di
eliminare i profili di abusivit.
Non pu essere accolta, invece, la domanda
(svolta dal MFD nella memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c.) di positiva rettifica delle condizio-
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
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tempo in cui quegli effetti si realizzano, in applicazione del principio dellefficacia immediata
della legge in vigore (art. 11 disp. prel. c.c.), cui
fa eccezione quello, che pertanto avrebbe dovuto
essere espressamente previsto, dellultrattivit
della legge previgente. Tale soluzione coerente,
oltre che con la ratio della direttiva sopra citata, il
cui art. 8 conferiva agli Stati membri di adottare
disposizioni pi severe e protettive per i consumatori di quanto non lo fossero quelle contenute
nella stessa direttiva, con lorientamento giurisprudenziale secondo cui il principio di irretroattivit delle leggi non impedisce che la norma innovatrice disciplini gli effetti di un fatto generatosi anteriormente quando gli stessi effetti continuano a perdurare al momento della sua entrata in
vigore (in materia di fideiussione omnibus, a seguito della riforma dellart. 1938 c.c., v. Corte cost. 27 giugno 1997, in Foro it., 1997, 204, in motiv., e Cass. 28 gennaio 1998, n. 831, ivi, 1998,
779; in materia di intese restrittive della concorrenza derivanti da convenzioni concluse anteriormente allentrata in vigore dellart. 2 della l. n.
IL COMMENTO
di Vincenzo Mariconda
La legittimazione attiva
del Movimento Federativo
Democratico
Come emerge dalla motivazione
della pronuncia, il MFD non solo non stato iscritto nellelenco
istituito presso il Ministero
dellIndustria a seguito della entrata in vigore della legge 30 luglio 1998, n. 281 e del suo regolamento attuativo (D.M. 19 gennaio 1999, n. 20); ma, a quanto
eccepito dai convenuti, carente dei requisiti di rappresentativit stabiliti dallart. 5 della
menzionata legge n. 281/98.
Essendo la controversia decisa
con la pronuncia in commento
sorta prima della entrata in vigore della legge 30 luglio 1998,
n. 281 ed avendo i convenuti
sostenuto la natura interpretativa della stessa legge e la sua ef-
Note:
(1) In tal senso pare orientato, da ultimo, De Poli, Libero Mercato e controllo legale nei contratti del consumatore, in Riv. dir. civ., 1999, II, 757 ss., in
particolare, 798 ss..
(2) Fa riferimento a una vera e propria
mannaia per le condizioni generali di
contratto elaborate dallABI A. di
Majo, Trasparenza e squilibrio nelle
clausole vessatorie, a commento della stessa sentenza, in Corr. giur.,
2000, 527.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
577
I CONTRATTI
n. 6/2000
transitorio la sentenza ne ha fatto seguire altro, definito di carattere generale e sintetizzabile con il richiamo, espressamente operato dalla pronuncia,
al brocardo lex posterior generalis non derogat priori speciali: mentre le associazioni rappresentative ex lege, ai sensi
dellart. 3 legge n. 281/98,
avrebbero la possibilit di agire
per richiedere la tutela inibitoria generale ed atipica, la legittimazione ad agire nella materia
dei contratti di cui siano parte i
consumatori sarebbe attribuita
a qualunque associazione di
cui il giudice possa apprezzare
la rappresentativit senza particolari limitazioni risultando
altrimenti frustrato lo spirito
della riforma introdotta dalla
legge n. 52 del 1996 ed essendo la contraria interpretazione
contraddittoria rispetto alla
stessa legge n. 281/98 che,
allart. 1, secondo comma, lett.
f), ha riconosciuto il fondamentale diritto alla promozione e
allo sviluppo dellassociazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli
utenti. La sentenza del giudice romano ha quindi affermato
la legittimazione ad agire del
MFD fondandosi: a) sulle previsioni statutarie del Movimento, che enunciano, tra gli altri,
lo scopo di tutela degli interessi
dei consumatori; b) sulla relativa partecipazione ad organismi
pubblici e su ulteriori dati di
fatto, tra i quali la capillarit
della organizzazione e il suo radicamento su gran parte del territorio nazionale.
Analoghe, anche se pi sintetiche valutazioni, sono state dedicate allaltra associazione CCA,
la cui iscrizione nellelenco delle associazioni rappresentative
contemplato dallart. 5 della
legge n. 281/1998 vale per a
superare gran parte dei problemi
inerenti alla posizione del MFD.
Dei riportati argomenti, con i
quali stata riconosciuta la legittimazione del MFD, ce n
uno che merita particolare attenzione dal momento che va
oltre il problema di diritto transitorio collegato alle iniziative
sorte prima ma decise dopo
lentrata in vigore della legge n.
281/98: della quale difficile
sostenere la natura meramente
interpretativa e, quindi, la efficacia retroattiva, con la conseguenza che pare corretto rivendicare, cos come fatto dal Tribunale di Roma, lautonomia
del giudizio in ordine alla rappresentativit dellassociazione
che abbia promosso un procedimento ex art. 1469 sexies Codice civile prima dellentrata in
vigore della menzionata legge
o, secondo una tesi che d rilievo costitutivo alla istituzione
dellelenco di cui al citato art. 5
legge n. 281/98, prima del 31
dicembre 1999.
Pi difficile appare sostenere
che il giudizio sulla rappresentativit delle associazioni possa
prescindere del tutto, con riferimento alle azioni promosse prima dellentrata in vigore della
legge sui diritti dei consumatori
e degli utenti, dai criteri introdotti dalla menzionata legge.
In effetti la nozione di associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti, in
mancanza di altre indicazioni
da parte dellart. 1469 sexies
Codice civile, si presenta palesemente vaga e tale, pertanto,
da riproporre, enfatizzandole, le
numerose incertezze che hanno
caratterizzato gli interventi giurisprudenziali, sia del giudice
ordinario sia del giudice amministrativo, a far tempo dagli anni 70 e che si sono poi concentrate in particolare, dopo lentrata in vigore della legge 8 luglio 1986, n. 349, sulle disposizioni di cui agli artt. 13 e 18 di
detta legge (3).
Pare, in particolare, che non si
possa prescindere quanto meno
dal requisito gi enunciato nella
definizione di associazioni dei
consumatori e degli utenti,
quale emerge dallart. 2 della
legge 30 luglio 1998, n. 281,
che fa riferimento alle formazioni sociali che abbiano per
scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi
dei consumatori e degli utenti.
Lesclusivit dello scopo di tutela degli interessi dei consumatori costituisce pertanto, nella
disciplina della legge 30 luglio
1998, n. 281, oltre a uno dei requisiti espressamente richiesti
dallart. 5, lett. a), ancor prima,
un connotato identificativo che
il legislatore ha ritenuto imprescindibile ai fini della qualifica-
Note:
(3) Nella stessa sede (Corr. giur.
2000, 513) si trova lampio ed articolato commento di A. Orestano al quale
si rinvia per linquadramento generale
della problematica affrontata dal provvedimento. Detto commento per
dichiaratamente limitato allesame
delle linee guida emergenti dalla
pronuncia. Ritengo di maggior interesse legare le affermazioni di ordine
generale ad alcune delle clausole ritenute abusive potendo emergere solo
in virt di detto collegamento una pi
significativa presa di posizione delle
critiche che, a mio avviso, si possono
formulare nei confronti della sentenza.
(4) Quanto meno entro questi limiti
pare pienamente condivisibile quanto
scrive De Nova, I contratti dei consumatori e la legge sulle associazioni, in
questa Rivista, 1998, 545, in ordine al
fatto che i requisiti di cui allart. 5 ben
potrebbero essere utilizzati, al fine di
applicare lart. 1469 sexies, ad azioni
inibitorie promosse prima della nuova
legge, al fine di accertare se lassociazione attrice possa dirsi rappresentativa dei consumatori.
(5) ben vero che nello stesso senso,
della legittimazione dellMFD, si era
gi pronunciato il Tribunale di Roma
con le ordinanze in data 8 maggio
1998, in Foro it., 1998, I, 1989 ss. e in
data 27 e 29 luglio 1998, in Foro it.,
1998, I, 3331 ss.: ma facile constatare che queste pronunce sono tutte
precedenti lentrata in vigore della legge n. 281/1998 (29 agosto 1998) e
che non dedicano particolare sforzo
argomentativo al fine di fare emergere
la rappresentativit dellMFD quale
associazione dei consumatori.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
578
I CONTRATTI
n. 6/2000
Ma la critica pi rilevante al
provvedimento romano concerne lulteriore argomento con cui
si vorrebbe sostenere che, pur
con riferimento ai giudizi successivi al 29 agosto 1998, la
legge 30 luglio 1998, n. 281 sarebbe da considerare irrilevante
ai fini di risolvere il problema
della legittimazione della associazione che agisca ex art. 1469
sexies. Largomento legato al riportato brocardo lex posterior
generalis non derogat priori
speciali non presenta anzitutto
il pregio della chiarezza: non
chiaro in particolare se il riferimento alla specialit della disciplina previgente alla legge n.
281/98 sia fatto avendo riguardo allintera legge che ha introdotto il capo XIV bis nel titolo
II del libro IV del codice civile
in relazione allintera legge n.
281/98; ovvero se detto riferimento sia limitato al solo art.
1469 sexies in rapporto al solo
art. 3 della legge n. 281/98.
Sotto il primo profilo, che prenda in considerazione le due discipline complessivamente attuate dalla novella che ha introdotto gli artt. 1469 bis ss. Codice civile e dalla legge n. 281/98,
non pare corretto valutare luna
come speciale rispetto allaltra:
ed infatti la prima delle due leggi contiene la normativa generale dei contratti dei consumatori; e la seconda, cos come
emerge dalla stessa intitolazione, costituisce la disciplina generale dei diritti dei consumatori e degli utenti. Sicch pare
corretto affermare lesistenza di
un evidente rapporto di interferenza e di complementariet del
complesso delle due previsioni
normative. Quanto poi alla specifica disposizione di cui allart.
1469 sexies, vero che essa
contempla una inibitoria specifica, quella avente ad oggetto
luso delle condizioni di cui
sia accertata labusivit ai sensi
del presente capo; e ci a fronte della pi generale previsione
dellart. 3 della legge n. 281/98
che prevede la possibilit, per le
associazioni legittimate, di agire chiedendo tra laltro di inibire gli atti ed i comportamenti
lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti: ma non si
vede su quali argomenti di carattere sostanziale possa far le-
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
579
I CONTRATTI
n. 6/2000
Inibitoria e contratti
in corso
Sotto un ulteriore profilo al
provvedimento annotato pu
essere rivolta la medesima critica di avere sottovalutato la rilevanza dei rapporti tra la disposizione dellart. 1469 sexies Codice civile e la legge n. 281/98.
Nella parte finale della motivazione, il giudice, dopo avere
escluso la possibilit di procedere a positiva rettifica delle
condizioni generali di contratto, ha poi ritenuto estensibili
gli effetti della inibitoria pure ai
contratti in corso.
Non chiaro, dalla lettura della
sentenza, se leccezione dei
convenuti di inapplicabilit del
provvedimento richiesto ai contratti in corso si riferisse ai soli
contratti conclusi prima dellentrata in vigore della legge n.
52/96 o, pi in generale, a tutti i
contratti stipulati fino al momento delladozione del provvedimento. La motivazione del
Giudice romano prende in considerazione solo il primo dei due
profili e d quindi per scontato
che la sentenza di inibitoria contemplata dallart. 1469 sexies
Codice civile comprenda la possibilit di incidere sui contratti
stipulati prima della adozione
del provvedimento, limitandosi
ad affermare, a questo proposito, che la previsione normativa
riguarda non linserzione di
clausole vessatorie nelle condizioni generali di contratto ma
luso delle stesse, sicch al
predisponente deve ritenersi im-
Note:
(9) In tal senso Bellelli, in C.M. Bianca, Busnelli ed altri, Commentario al
capo XIV - bis del codice civile: dei
contratti del consumatore, in Nuove
leggi civ. comm., 1997, sub art. 1469
sexies, 1270.
(10) In tal senso, Giussani, La tutela,
cit., 1064.
(11) Possibilit che viene definita remota da Giussani, op. cit., 1064 ma
che vale, in linea di principio, a salvaguardare il momento della giurisdizione rispetto ai possibili abusi della amministrazione.
(12) La collocazione della tutela inibitoria quale tutela preventiva comune alla dottrina processuale: cfr.,
Mandrioli, op. cit., 72 che ricorda
lorientamento quasi unanime della
dottrina che fa riferimento alla tutela
preventiva come caratteristica funzionale comune a diversi tipi di tutela e
tra essi a quella attuata mediante le
inibitorie; cfr. altres C. Rapisarda, Inibitoria, in Dig. disc. priv., Sez civ., IX,
Torino, 1993, 474 ss. che, dopo avere
chiarito che linibitoria si distingue in
primo luogo dalle tutele di tipo successivo, che intervengono cio in seguito al verificarsi dellillecito per ripararne o rimuoverne le conseguenze
lesive, affronta poi il problema della
attuazione coattiva della condanna
inibitoria per sottolineare la necessit,
a tal fine, di specifici interventi legislativi che realizzino lattuazione coattiva
indiretta mediante limpiego di sanzioni civilistiche o pubblicistiche.
Pare orientata nel senso, condivisibile, della riferibilit della pronuncia inibitoria ex art. 1469 sexies ai soli contratti futuri, Trib. Torino 16 aprile
1999, in Danno e resp., 2000, 74, che
(segue)
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
580
I CONTRATTI
n. 6/2000
Difetto di trasparenza
delle clausole
e relativa inibitoria
Passando al secondo e terzo ordine di problemi che ho menzionato allinizio di queste brevi note, le affermazioni di principio di maggior rilievo che si
ritrovano nella sentenza impugnata sono nel senso che:
a) lequivocit e non trasparenza della clausola essa stessa fonte di squilibrio tra le parti
ed iniquit sostanziale, aggravando lasimmetria informativa
tra le parti, gi presente nel contratto per adesione, e ci massimamente nel giudizio collettivo
ex art. 1469 sexies ove non pu
ipotizzarsi lo interesse del con-
Note:
(segue nota 12)
attribuisce alla norma dellart. 1469
sexies Codice civile la finalit della
tutela del mercato commerciale, attuata attraverso linibitoria allutilizzo
delle clausole riputate vessatorie e ci
per prevenire e quindi limpedire il sorgere di rapporti contrattuali viziati da
uno squilibrio di forze. In precedenza
lo stesso Giudice aveva puntualizzato
che con lart. 1469 sexies Codice civile il legislatore ha disciplinato in attuazione dellart. 7 della direttiva
(93/13/CEE del 5 aprile 1993) (il) rimedio di carattere general preventivo
finalizzato a prevenire il futuro inserimento, nelle condizioni generali di
contratto predisposte ed utilizzate dal
professionista, di quelle clausole di
cui stata accertata labusivit (Trib.
Torino ord., 14 agosto 1996, in Foro
it., 1997, I, 287 ss., 304); ed ancora
che si tratta di un rimedio di tipo generale preventivo, che viene ad incidere sui formulari contrattuali considerati in modo generale ed astratto,
quale fonte normativa privata ed indipendentemente dal loro impiego concreto e dalla stipulazione di contratti
individuali con singoli consumatori
(Trib. Torino, 4 ottobre 1996, in Foro
it., 1997, I, 293). A sua volta il Tribunale di Roma fa riferimento a due forme di tutela, la seconda delle quali
avente la funzione di tutela dellinteresse collettivo della generalit dei
consumatori a che vengano preventivamente eliminate dai contratti che
verranno conclusi con il professionista o i professionisti le clausole, contenute in condizioni generali utilizzate
da questi ultimi, che risultino abusive (Trib. Roma ord., 28 maggio
1997, in Foto it., 1997, I, 2296).
(13) Ha scritto di grande occasione
mancata dal legislatore Giussani,
proprio in considerazione della mancata previsione di misure coercitive
idonee a dare maggiore effettivit a
pronunce quasi mai suscettibili di esecuzione in forma specifica.
(14) Per unampia analisi della problematica cfr. Rizzo, Trasparenza e contratti del consumatore, Napoli, 1997; e
id. in Commentario cit., Nuove leggi
civ. comm. 1997, sub art. 1469, quater, 1194 ss., ove ampi riferimenti dottrinari.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
581
I CONTRATTI
n. 6/2000
Le clausole dichiarate
vessatorie per mancanza
di chiarezza: i) la clausola
di rinvio in materia
di recesso; ii) la clausola
anatocistica
infatti logico affermare che il
primo segnale della mancanza
di chiarezza e trasparenza dovrebbe essere lesistenza di un
contrasto, nella lettura della
clausola, tra lente predisponente e lassociazione dei consumatori che chiede linibitoria: per contro, con specifico
Note:
(15) Rizzo, op. ult. cit., perviene alla
conclusione che il passaggio attraverso la vessatoriet appare ineliminabile al fine dellapplicazione del procedimento di inibitoria ai casi intrasparenza. Conforme, Cesaro, (cur),
Clausole vessatorie e contratto del
consumatore, Padova, 1996, 449 e
450.
(16) noto che secondo lart. 5 della
Direttiva la regola dellinterpretazione
pi favorevole al consumatore non
applicabile nei giudizi promossi ai
sensi dellart. 7, secondo comma, della stessa Direttiva (cio ai sensi
dellattuale art. 1469 sexies Codice civile). Si poteva sostenere che al medesimo risultato si dovesse pervenire
in Italia sia per una interpretazione
della nostra legge conforme alla Direttiva sia perch la regola della interpretatio contra stipulatorem riguarda per
sua natura un dubbio interpretativo
relativo ad un concreto contratto.
(17) Per i primi commenti sulla legge
21 dicembre 1999, n. 526 cfr. Maffeis,
in questa Rivista, 2000, 271 ss.; v.
Carbone, in Corr. giur., 2000, n. 4 in
corso di pubblicazione; De Cristofaro,
in Studium Iuris, 2000, 393 ss..
(18) Cfr., in tal senso, Bigliazzi Geri,
Linterpretazione del contratto, in,
Commentario cod. civ. diretto da Schlesinger, Milano, 1991, 347, ove leggesi che: carattere dominante dovrebbe invece essere assegnato alla
norma in esame rispetto allart. 1367
e ad unesigenza di conservazione
che dovrebbe quindi cedere di fronte
al significato che la prima impone che
sia adottato. Sicch tra due soluzioni,
luna che condurrebbe allefficienza,
laltra allinefficienza della clausola, la
scelta dovrebbe cadere, contro la regola dellart. 1367, sulla seconda tutte
le volte in cui tale soluzione dovesse
risultare pi favorevole alladerente.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
582
I CONTRATTI
n. 6/2000
nella ipotesi di apertura di credito a seconda che il cliente della Banca sia o non sia consumatore; e per la prima evenienza,
stabilisce che la banca ha la facolt di recedere dallapertura
di credito a tempo indeterminato, di ridurla o di sospenderla, al
ricorrere di un giustificato motivo, ovvero con un preavviso
non inferiore a quindici giorni;
ed aggiunge che nel caso di
apertura di credito a tempo determinato, la banca ha la facolt
di recedere, di ridurre o di sospendere laffidamento al ricorrere di una giusta causa.
Non si riesce francamente a
comprendere sulla base di quali elementi il provvedimento
annotato si ponga il seguente
quesito: il rinvio richiama anche la disciplina sul recesso di
cui allart. 6 lett. c) e la distinzione ivi contenuta tra i contratti stipulati con i consumatori ed i professionisti?. Ma,
vien fatto di chiedersi, chi mai
aveva sostenuto il contrario e
sulla base di quali argomenti?
E evidente che il solo senso
letterale e logico attribuibile
alla clausola che quando la
banca ha concesso credito o
sovvenzione al cliente e il
cliente un consumatore il recesso disciplinato in conformit della previsione espressamente richiamata.
Sicch: i) non pare che la clausola fosse di dubbia interpretazione; ii) non emerge dalla motivazione della sentenza quali
fossero le due interpretazioni
alternativamente proposte e non
si capisce pertanto come si sia
potuta dichiarare vessatoria una
clausola che, nella parte richiamata, addirittura riproduttiva
di una disposizione di legge; iii)
non pare che leliminazione
dellinciso fermo restando
quanto disposto nellarticolo
precedente per lipotesi di apertura di credito o di sovvenzione determini un mutamento
sostanziale della disciplina
complessiva della clausola, che
chiaramente finalizzata a dettare differenti condizioni per il
recesso dal contratto di conto
corrente a seconda che esso si
innesti o no su un affidamento
(apertura di credito o sovvenzione) operato dalla banca a favore del cliente.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
583
I CONTRATTI
n. 6/2000
Note:
(19) Qualora si ritenga che la finalit
dellart. 25, terzo comma, D.Lgs. 4
agosto 1999, n. 342 sia stata quella di
salvare retroattivamente le clausole
bancarie anatocistiche, cos come tutto
lascia ritenere malgrado la infelice formulazione della norma e la deprecabile tecnica legislativa di intervenire su
un contenzioso giudiziale in corso, non
pare che la precisione della validit ed
efficacia delle clausole, normativamente sancita, consenta di sottrarre le
stesse al giudizio di vessatoriet in
virt del disposto dellart. 1469 ter, terzo comma. Infatti difficilmente sostenibile che le clausole siano riproduttive
di una disposizione di legge avente efficacia retroattiva, cos come forse era
nellintenzione del legislatore, dovendosi in ogni caso ritenere che la disciplina anatocistica pur sempre negoziale e non deriva da una disposizione
di legge. Su tutta la problematica
dellanatocismo e sui riferimenti giurisprudenziali e dottrinari conseguenti al
revirement della Cassazione, cfr. Dolmetta, Le nuove modifiche al Testo
Unico Bancario, Commentario al
D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, 92 ss.;
cui adde Cass. 11 novembre 1999, n.
12507 e Trib. Palermo 17 dicembre
1999; Trib. Roma 17 dicembre 1999;
Trib. Brindisi 8 novembre 1999, in Foro
it. 2000, I, 451 (confermativa, la prima,
del nuovo corso giurisprudenziale; ed
espressive, le pronunce di merito, delle incertezze e dei dubbi di costituzionalit originanti dalla emanazione
dellart. 25, terzo comma, D.Lgs. n.
342/99. Cfr., per la manifesta infondatezza di ogni questione di legittimit
costituzionale sollevata in relazione al
citato art. 25, Trib. Milano 23 dicembre
1999, in Giur. mil., 2000, 130 ss.
(20) In tal senso si esprime, Roppo, La
definizione di clausola vessatoria nei
contratti dei consumatori, in questa Rivista, 2000, 83 ss., in specie 86, che,
nel ricordare il dibattito nel Workshop
3, sottolinea che nel sistema italiano
risultante dallattuazione della Direttiva
il senso della lista trasposta dallAllegato riguarda propriamente la distribuzione dellonere della prova. Se la clausola sotto esame corrisponde a una clausola della lista, essa non necessariamente abusiva, ma soltanto si presume abusiva: possibile che essa risulti in concreto non abusiva (dunque in
Italia la lista grigia); ma lonere di
provare che essa non presenta i caratteri dellabusivit grava sul professionista. Se invece la clausola sotto esame
non compresa nella lista, questo non
impedisce che essa sia dichiarata abusiva: ma questa volta spetta al consumatore lonere di provare che essa
presenta i requisiti dellabusivit. In relazione a queste puntualizzazioni lAutore aggiunge che i partecipanti alla
discussione hanno sostanzialmente
concordato con questa impostazione.
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
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chi, essa non pare contenere alcuna limitazione di responsabilit e costituisce per contro applicazione dei principi in materia di mandato.
Pare in conclusione che dal
provvedimento annotato emerga una linea argomentativa in
virt della quale ogni clausola
che non sia oggetto di trattativa
individuale o, secondo lespressione pi volte ricorrente, di
specifica negoziazione e che sia
modificativa del diritto dispositivo perci solo vessatoria se i
suoi effetti siano sotto qualche
profilo anche marginale potenzialmente peggiorativi della posizione dei clienti della banca:
pu anche darsi che la giurisprudenza si orienter in modo
conforme a questo criterio di
valutazione ma a me pare che
esso non riproduca le linee di
orientamento cui si attenuto il
legislatore italiano nel dare attuazione alla direttiva comunitaria in materia di clausole abusive.
La ritenuta irrilevanza
della bilateralit
della clausola di recesso
Una sottolineatura specifica
meritano, sotto il profilo da ultimo evidenziato, le conclusioni
in materia di vessatoriet della
clausola di recesso bilaterale e
di ius variandi.
Va premesso che la tecnica argomentativa seguita dal Giudice romano, col raggruppare tutte le clausole relative alla stessa
materia e motivare, con riferimento a ciascuna di esse, il profilo di abusivit ritenuto assorbente (tanto pi in dichiarata assenza di un potere di rettifica o,
il che fa lo stesso, di inibitoria
parziale), rende difficile una
analisi che proceda dallinizio
alla fine a verificare le applicazioni concrete delle enunciazioni di principio di carattere generale.
Cos, a voler continuare nella
lettura della clausola in materia
di recesso gi dichiarata abusiva per difetto di chiarezza e di
cui mi sono occupato in precedenza, essa si caratterizza, a differenza di altre riportate nel
provvedimento, per la sua bilateralit e per la previsione di un
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
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Note:
(21) Su tutta la problematica delle
clausole vessatorie nei contratti bancari cfr. Sirena, La nuova disciplina
delle clausole vessatore nei contratti
bancari di credito al consumo, in Banca, borsa e tit. credito, 1997, I, 354
ss.. Con specifico riferimento al servizio di cassette di sicurezza cfr. da ultimo, Cass. 10 settembre 1999, n.
9640, in Foro it., 2000, 532 ss. con
nota di Bellantuono, e in questa Rivista, 2000, 387 ss., con nota di Ambanelli, ove ampi riferimenti, in particolare, al problema della assicurazione
contratta dalla banca.
(22) Non manca chi, in dottrina, ha sostenuto che in materia possa continuare a trovare applicazione la disciplina dettata dal T.U.B. (cos Sesta,
Commentario cit., Le nuove leggi civili, 1997, 1105); ma la tesi di gran lunga dominante in senso contrario ed
argomentata dal fatto che il T.U.B.
non prevede un diritto legale di variazione delle clausole economiche del
rapporto ma consente semplicemente
la possibilit della previsione di clausole di variazione ponendo specifici
requisiti di forma (cfr. in tal senso Sirena, op. cit., 357; Gaggero, La modificazione unilaterale dei contratti bancari, Padova, 1999, in specie, 291
ss.).
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
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PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA
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I CONTRATTI
n. 6/2000
da L. 6.000
da L. 10.000
da L. 25.000
Socio ordinario
da L. 50.000
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e ho versato
sul c/c postale 307272
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