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L'Ipnosi nel dolore

L'effetto dell'ipnosi nel controllo del dolore noto da tempo, in era preanestesiologica, ha permesso di eseguire interventi
chirurgici e di salvare vite umane. Attualmente il suo ruolo non ridimensionato anche se le indicazioni sono cambiate.
Gli studi degli ultimi cinquant'anni, dimostrano che l'ipnosi in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori,
sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente
(generalmente in modo ancora pi indicativo). L'ipnosi si dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche
psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.
Parlando di fenomenologia ipnotica si accennato che la sensibilit pu essere modulata sia in eccesso (iperalgesia), sia
qualitativamente (parestesie), sia in difetto (analgesia, anestesia). L'anestesia ipnotica stata documentata nella sua forma
pi eclatante in interventi chirurgici quali la tonsillectomia, l'appendicectomia, nella plastica per ernia inguinale, nella
piccola chirurgia ambulatoriale, nel dolore procedurale (esami strumentali dolorosi), in numerosi interventi odontoiatrici,
nel taglio cesareo, ma anche in interventi di cardiochirurgia. Si dimostrata in grado durante l'intervento chirurgico di
ridurre l'emorragia, per l'intensa vasocostrizione e successivamente di abbreviare il decorso postoperatorio, di favorire la
cicatrizzazione delle ferite, di ridurre il dolore ed altri sintomi associati (ad es. nausea, vomito, prurito).
La marcia a piedi nudi sui carboni ardenti, con temperature generalmente superiori ai 600C, un altro esempio
d'anestesia ipnotica, indipendentemente dalle modalit con cui stata indotta.
De Benedittis ed al. hanno dimostrato in un esperimento con dolore ischemico che soggetti altamente ipnotizzabili
presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza di solo il 26% in soggetti
scarsamente ipnotizzabili.
L'ipnosi si dimostrata capace di alleviare sia la componente sensoriale discriminativa dell'esperienza dolorosa, sia la
componente affettiva, cio la sofferenza ed in particolare nei soggetti altamente ipnotizzabili stato osservato un maggior
effetto sulla componente motivazionale affettiva dell'esperienza stessa.
Una scissione tra la componente sensoriale - discriminativa e quella motivazionale affettiva risulterebbe responsabile della
normale attivazione d'indicatori involontari del dolore quali un aumento della frequenza cardiaca, della pressione
arteriosa, della frequenza respiratoria, della sudorazione, ecc. E' stato dimostrato che l'analgesia ipnotica non dipende da
sistemi neuroumorali, come quelli endorfinergici, non influenzata dalla somministrazione di naloxone, inoltre la sua
instaurazione pu essere praticamente immediata, cos come il suo effetto pu essere immediatamente abolito con la sola

verbalizzazione dell'operatore. Il sistema endorfinergico necessiterebbe di tempi dell'ordine dei minuti per instaurare la
sua azione. Secondo Wall ed al. la condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare alcuni sistemi sensoriali afferenti
come la via paleospinotalamica, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali.
Olness, Waing e Ng (1980) hanno pubblicato una ricerca pilota sul livello ematico delle endorfine in quattro bambini con
malattie croniche, ben addestrati all'uso dell'autoipnosi in sede clinica per il controllo del dolore. Il training era
cominciato quando i soggetti avevano dai 6 agli 8 anni e al monumento della ricerca era trascorso da un minimo di 2 ad
un massimo di 7 anni, durante i quali tutti i quattro bambini si erano sistematicamente esercitati nella tecnica di controllo
del dolore nel corso di regolari sedute di gruppo.
L'esperimento consisteva nel sottoporre i soggetti a puntura in vena prima allo stato di veglia e poi dopo induzione di
autoipnosi con suggerimento di analgesia del braccio, eseguendo la puntura solo una volta ottenuto, a detta dei soggetti,
l'effetto analgesico. I risultati dell'esame radioimmunologico non hanno rilevato alcuna presenza misurabile di endorfina
nel sangue, n in ipnosi n allo stato di veglia. Goldstein e Hilgard (1975) hanno affrontato il problema da un'angolatura
un po' diversa, usando Naloxone, un farmaco di cui nota l'azione inibitoria degli effetti analgesici della morfina e delle
endorfine. L'ipotesi di lavoro era che se l'analgesia ipnotica fosse mediata dalle endorfine, il Naloxone dovrebbe
impedirla. E' risultato comunque che la somministrazione di Naloxone non interferiva con l'analgesia ipnotica nei loro
soggetti adulti.
Varni, Katz e Dash (Russo e Varni, 1982) riassumono le strategie di ricerca usate per tentar di chiarire le implicazioni
fisiologiche, neurochimiche e comportamentali delle endorfine nell'uomo. fra i metodi impiegati ci sono i seguenti:
somministrazione di sostanze antagoniste dei narcotici per dislocare gli oppiati dai loro recettori; somministrazione
diretta di endorfine sintetiche con osservazione delle alterazioni comportamentali concomitanti; analisi diretta di varie
endorfine nel sangue e in altri liquidi biologici; misurazione diretta delle endorfine prima e dopo interventi che
dovrebbero influire sull'esperienza del dolore. Finora nessuna di queste strategie ha dato prove definitive quanto al fatto
che la liberazione di endorfine sia influenzata dall'ipnoterapia.
E' merito dei coniugi Hilgard la dimostrazione di una correlazione diretta fra il grado d'ipnotizzabilit ed il livello
d'analgesia raggiungibile ed inoltre che l'effetto analgesico dell'ipnosi non riconducibile all'effetto placebo, alla paura o
alla suggestione, ma un effetto specifico. Il contributo degli Hilgard alla spiegazione dell'ipnoanalgesia partito da una
dimostrazione didattica del fenomeno della sordit ipnotica, che non aveva assolutamente nulla a che fare col problema
del dolore. Nel corso della dimostrazione il soggetto sperimentale, cui era stata impartita la consegna di sordit ipnotica,
non reagiva a forti rumori e non rispondeva alle domande dei compagni. Un altro studente, notando che ovviamente il

soggetto non aveva alcun problema con l'udito, chiese se non potesse esserci una qualche parte di lui che in realt sentiva
tutto quello che veniva detto. Il docente che guidava l'esercitazione chiese allora al soggetto di alzare un dito nel caso che
una parte di lui, diversa da quella ipnotizzata, sapesse quello che stava succedendo in quel momento: il soggetto sollev il
dito e subito dopo chiese al docente di spiegargli questo suo movimento involontario.
La "parte ipnotizzata" rimase all'oscuro di tutto, mentre l' "altra parte" quando aveva il sopravvento veniva evocata da
un apposito segnale, toccando il braccio del soggetto - era in grado di riferire tutto per filo e per segno. Una volta
svegliato, il soggetto ricevette il segnale di sblocco dell'anestesia postipnotica e a quel punto pot ricordare tutto quello che
era successo (Hilgard e Hilgard, 1975).
Hilgard ipotizz che un meccanismo simile potesse agire nel caso del controllo ipnotico del dolore e in una serie di
esperimenti dimostrarono che le cose stanno proprio cos. Ai soggetti capaci di analgesia ipnotica si chiedeva se una
qualche "altra parte" di loro si rendesse conto di quello che stava succedendo. In circa met dei casi, mentre la parte
ipnotizzata riferiva di non avvertire alcun dolore o quasi, l'"altra parte" denunciava un dolore pi intenso. Gli Hilgard
descrivono questa "altra parte" come un "osservatore nascosto", avvertendo per che questa "una metafora di qualcosa
che avviene a livello intellettuale ma non accessibile alla coscienza della persona ipnotizzata. Non significa che ci sia una
sorta di personalit secondaria che vive di vita propria - una specie di homunculus annidato nelle ombre della personalit
cosciente" (Hilgard e Hilgard, 1975, pp168-169).

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