Paolo Rossi, Parole, scritture, libri, schermi pagina 1 di 16
FOIS (Formal Ontology in Information Systems) Torino, 4 novembre
2004
PAROLE, SCRITTURE, LIBRI, SCHERMI di Paolo Rossi
1. Graffiti, gesti, parole Al Museo di storia naturale di Verona conservato il realistico profilo di un bisonte che stato graffito su un ciottolo di calcare circa 12.000 anni fa. Il ciclo dellarte paleolitica che documentato dai molti e celebri graffiti delle caverne della Francia e della Spagna va (allincirca) da 30.000 a 10.000 anni fa. Ma l homo sapiens sapiens molto pi antico. Assumiamo unantichit umana di 50.000 anni, che pecca certo per difetto e proviamo a fare insieme uno sforzo di immaginazione. Collochiamo in una grande libreria immaginaria 50 immaginari volumi di 1.000 pagine ciascuno. Abbiamo 50.000 pagine e ogni pagina corrisponde a un anno. Immaginiamo che in quellopera sia scritta tutta la storia delluomo. In quale di questi volumi gli uomini cominciano a scrivere ? Allincirca nel volume 44. Nei primi 43 parlavano e tracciavano segni. E quando si comincia a parlare della stampa ? Solo nel 50 volume. E quando della Televisione ? A pagina 954 del 50 volume. E del computer ? Solo a pagina 970 di quello stesso ultimo volume. Quando parliamo di storia parliamo sempre di storia recente e di pezzi molto piccoli del nostro passato. Come diceva alla met del Settecento Giambattista Vico dietro il tempo che chiamiamo nostro si estende lo sterminato deserto dei tempi oscuri e favolosi della storia. Fra la parola e la scrittura intercorrono moltissimi di quei volumi. Ma per il fatto che abbiamo imparato a scrivere non abbiamo smesso di parlare. Chi parla davanti ad una persona o a molte persone (come sto facendo in questo momento) ha principalmente a che fare con il senso delludito e con lo svolgersi del tempo. Devo dire alcune cose entro un certo tempo. Se il discorso fatto in modo decente deve avere (come si usa dire) un filo o una linea. Poich devo parlare per quaranta minuti si tratta non solo di un filo logico, ma anche di un filo o di una linea temporale. Vico pensava che i primi uomini si esprimessero principalmente mediante i gesti. Si d il caso che la parola (che i nostri lontani antenati conquistarono migliaia di anni fa) non abbia cancellato o
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sostituito il gestire. Cerco di non gesticolare troppo, come facciamo, agli occhi degli inglesi, noi italiani. E tuttavia gesticolo un po e muovo le mani accompagnando ci che dico. Alcuni dei nostri gesti (come il sorridere e il ridere o il guardare un avversario ad occhi sbarrati) sono innati ed hanno un significato evidente per tutti. Altri sono culturalmente codificati ed hanno un significato solo allinterno di una o di pi culture o un significato diverso fra una cultura e laltra. Chi parla (salvo che non comunichi mediante un linguaggio concepito per i tamburi o i segnali di fumo o non parli oggi per telefono o alla radio) viene spesso anche guardato e visto. Anche per questo (direi soprattutto per questo) gesticola in pubblico e (si pu aggiungere) non ci facciamo in genere unidea molto positiva di quelli che gesticolano in assoluta solitudine. I manuali di retorica si occupavano ampiamente dellarte del trasmettere o del porgere, di quella teatralit che connessa ad ogni pubblico discorso (cfr. Mortara Garavelli, 1988). Questultima, come sapete, nata a nuova vita nellepoca delle comunicazioni di massa che hanno ripreso in considerazione i gesti, le posture, la mimica necessarie non solo agli attori di teatro, ma agli uomini politici e ai grandi condottieri dellindustria. Un oratore, si pensa in genere, tanto pi bravo quanto meno guarda i suoi appunti. Se si presenta al pubblico senza nessun appunto e parla per pi di mezzora pu essere considerato bravissimo. Chi si limita a leggere viene considerato un pessimo oratore. Per parlare senza schede o appunti testi scritti necessario una buona memoria. Bisogna aver chiaro nella mente quel filo di cui parlavo prima. Soprattutto bisogna ricordarsi i vari punti che lo costituiscono e i passaggi che giustificano e rendono accettabili agli ascoltatori i passaggi da un punto allaltro. Larte della memoria (che una parte della retorica dallet di Cicerone fino a quella di Francis Bacon) serviva appunto a questo. Era, come ripetuto in innumerevoli trattati, una forma di scrittura mentale che si serviva di immagini capaci di eccitare limmaginazione e collocate in luoghi facilmente enumerabili e rammemorabili : per esempio le colonne di un portico o le finestre di un edificio. Le colonne di una chiesa venivano indicate a coloro che praticavano lars predicandi. Il principale problema di un buon oratore era (ed ancora) la capacit di tirare fuori con destrezza dal patrimonio di conoscenze presenti nella mente ci che appare pertinente ed utile alla questione di cui si tratta. La promptuaria e la topica servivano a raccogliere nella mente (per
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servirsene al momento opportuno) un gran numero di argomenti composti in anticipo sul maggior numero possibile di casi (Rossi, 1974 : 255). Cicerone, nel De oratore (II, 32-34) afferma che di qualsiasi cosa un uomo debba parlare pu averla gi trattata e meditata in tesi onde, di fronte al caso particolare, non dovr far altro che inserire nomi e tempi e luoghi (Bacon, 1975 :261). In una cultura orale la memoria assai pi importante che in una cultura che fa uso della scrittura. Come sapeva Vico e come ha ripetuto Walter Ong nel nostro secolo, le formule, i proverbi, le metafore, i modi di dire ricorrenti (e condivisi da unintera comunit) sono fondamentali e costituitivi di una cultura trasmessa solo mediante le parole. Quelle formule e la loro ricorsivit nel discorso consentono, a chi non sa leggere e scrivere, di sapere, di sapere ci che deve dire e di ricordarselo. Pu darsi, come dice Ong, che chi si esprime prevalentemente mediante formule anche pensi mediante formule, che quei pensieri siano pensati in modo da poter essere ricordati e siano quindi mnemonici fin dallinizio (W. Ong, 1989 :113, 115 ; cfr. Fumagalli, 1988 ; Havelock, 1987). E dato sempre pi raramente (per fortuna) di incontrare persone che non sanno leggere n scrivere. Ci che ci colpisce, quanto parliamo con loro, sono due cose : la grande quantit di frasi fatte di cui si servono e la grande prolissit dei loro discorsi.
2. Scrittura Abbiamo certo cominciato a gestire prima di cominciare a parlare. Sia come individui singoli, sia come specie. Ma come colui che parla continua a gesticolare, anche chi sa leggere e scrivere continua a parlare. Ma quando compare la scrittura la parola sembra distaccarsi da coloro che la pronunciano. Dietro le cose che ci appaino ovvie sono spesso presenti grandi mutamenti o grandi rivoluzioni. Non ci pensiamo mai, ma la trasformazione davvero radicale: la parola diventa una realt visibile invece che una realt udita. Non resta nellaria per un tempo breve, cos come accade ai suoni. Si fissa ad una superficie piatta che pu essere la superficie di una pietra o di una tavoletta di argilla o una tavoletta cerata o una lamina di piombo o un materiale assai pi morbido ricavato dal midollo di unerbacea rizomatosa chiamata papiro (che consente quel libro in forma di rotolo che rester in vita per secoli) o una pergamena ricavata da pelli ovine o bovine (Cavallo, 1989 : 35, 43 ; Cohen, 1953) o un foglio di carta ricavato dalle fibre della cellulosa, o anche uno schermo. Le parole scritte - espresse mediante
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simboli tracciati su un supporto materiale - vengono viste e non udite. Linformazione viene rappresentata, conservata e trasmessa mediante un insieme finito di significanti visivi o grafemi convenzionalmente usati da una comunit. La rappresentazione avviene in modi molto diversi : nelle scritture ideografiche i segni corrispondono alle immagini e sono in qualche modo simili a disegni stilizzati. Nelle scritture alfabetiche i segni corrispondono ai suoni : o solo alle consonanti (come per esempio nel semitico che privo di segni che indicano le vocali) e sia alle consonanti sia alle vocali come avvenne per la prima volta nel greco che perfeziona lalfabeto fenicio e usa alcuni segni dellalfabeto fenicio per indicare le vocali. Non mancano lingue che sono insieme ideografiche ed alfabetiche (come il giapponese che una complicata mescolanza di ideogrammi cinesi pronunciati in modo diverso dal cinese - e di fonogrammi) e tutti sanno che imparare qualche migliaio di ideogrammi un serio problema per ogni cinese. Champollion arriv a decifrare i geroglifici egiziani quando si rese conto che quella forma di scrittura era un sistema insieme figurativo, simbolico e fonetico (David, 1965 : 126 ; ma cfr. Cohen, 1953). La scrittura non rappresenta soltanto. Conserva. Una quantit smisurata di informazione pu essere conservata. E come memorizzata e memorizzata per sempre, almeno finch non andranno in polvere le superfici sulle quali si scritto (come avverr in breve tempo per i libri di questi nostri anni). Disponendo della scrittura c meno bisogno di ricordare ci che si deve dire, di usare formule gi codificate e memorizzate. Si pu anche pensare senza far continuo ricorso alle formule e quindi, in questo senso, pi liberamente. Invece che udire, vedo. Ma, quando scrivo, sono solo e non ho davanti il mio (o i miei) interlocutori. Se sono certo di non essere capito, smetto di parlare o modifico il mio discorso cercando di renderlo comprensibile. Ma quando scrivo sono solo e non so se gli altri capiscono quello che scrivo. (Cardona, 1989 : 15) (Molti filosofi scrivono senza alcuna preoccupazione di questo tipo). Posso scrivere lingue non effettivamente parlate e intese da un numero ristrettissimo di persone. Ci sono lingue (come il sumero, l'accadico e altre lingue dellAsia minore) che hanno smesso di essere parlate e sono state invece scritte ancora per molti secoli. Ci sono lingue che nessuno ha mai imparato a parlare da sua madre (come il latino umanistico, lebraico rabbinico, il cinese classico, larabo classico) e che sono state invece fondamentali veicoli di comunicazione scritta per molti e molti secoli.
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Invece che alludito e al tempo la scrittura mi lega alla vista e allo spazio. Ascoltando una lezione non potete tornare indietro per capire meglio. Ma la scrittura presente in superfici e posso tornare indietro senza fatica e rileggere ci che ho gi scritto o che altri hanno gi scritto. Posso recuperare quando voglio ci che mi stato trasmesso o il messaggio che presente nei manoscritti che ho a disposizione. Il prodotto dellattivit dello scrivere tuttavia unico ed molto difficile disporre di molti manoscritti. Ho una sola copia di ci che scrivo. Per averne due copie devo ricopiare la prima. Gli amanuensi si sono dedicati, nei secoli del Medioevo, a questo gigantesco lavoro di copiatura. I manoscritti non sono sempre oggetti duso. Sono cose rare e preziose (un manoscritto medievale rapportato ai prezzi di oggi costava alcuni milioni di euro) custodite, come il vasellame prezioso, fra i beni della comunit dei monaci.
3. Stampa I caratteri mobili alfabetici fanno la loro comparsa in Europa alla met del Quattrocento. Francis Bacon vedeva nella scoperta della stampa (e in quella della bussola e della polvere da sparo) una di quelle scoperte che hanno segnato per sempre il destino del genere umano e che hanno provocato nel modo di vivere (e di conseguenza anche nel modo di pensare degli esseri umani) mutamenti maggiori di quelli esercitati da un qualunque impero, da una qualunque setta filosofica, da una qualunque stella (cfr. Rossi, 1974 : 89-79, 91). Sul carattere rivoluzionario dellinvenzione della stampa hanno insistito nel nostro secolo Marshall MacLuhan con il suo celebre saggio The Gutenberg Galaxy del 1962 ed Elizabeth Eisenstein in un poderoso volume pubblicato nel 1979 (Eisenstein, 1985). Il libro a stampa non affatto una semplice copia del libro scritto a mano, non la riproduzione di un manoscritto. Possiede alcune caratteristiche essenziali e specifiche : non un oggetto raro nel senso che ne esistono molte copie e non comunque mai (al momento della pubblicazione) cos raro come il manoscritto. La comunicazione viene diversamente distribuita. C rispetto al manoscritto una assai maggiore ricchezza di spazio. Gli amanuensi avevano capacit straordinarie (come sanno assai bene tutti i frequentatori di manoscritti medioevali), e anche gli scribi dellet pi antiche raggiungevano livelli di perfezione non facilmente immaginabili. Si conoscono tavolette di pochi centimetri quadrati (pi o meno come un grosso francobollo), come quella
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conservata al Louvre, dove gli scribi mesopotamici allinearono molte centinaia di caratteri. La stele di basalto, su cui inciso il codice di Hammurabi, porta 3.500 linee di testo su appena 140 centimetri di altezza. In quel tipo di testi ardua e difficile ogni localizzazione grafica e del tutto assente il tipo di organizzazione visiva che propria di una nostra pagina a stampa (Cardona, 1989 : 16,17). I capoversi, la divisione in paragrafi, i capitoli, gli indici modificano in profondit il modo di presentare i pensieri e di rintracciarli sulle pagine. Per tutte le copie esiste un solo indice e per la prima volta nella storia un maestro pu dire ai suoi scolari di andare a quella certa pagina, a quel certo capoverso che (a differenza di quanto accadeva con i manoscritti) assolutamente eguale in tutte le copie (Ong, 1989 : 99). A differenza del manoscritto, il libro frutto del lavoro di pi persone che collaborano insieme nello stesso luogo : nella tipografia si incontrano operatori intellettuali e meccanici. Nelle tipografie (anche se probabilmente vero che la stampa a caratteri mobili sia stata una tecnologia sottoutilizzata in tutte le nazioni europee) inizia un inarrestabile e rapido processo di perfezionamento tecnologico. Dopo il 1520-30 il libro a stampa, nelle sue innumerevoli variet, conosce una diffusione straordinaria. Sullimportanza decisiva che ebbero le illustrazioni nella rivoluzione scientifica del 600 si sono fermati molti e autorevoli storici della scienza. Le edizioni crescono in modi impressionanti : dai mille titoli di libri francesi del 1720 si passa ai 3.500 del 1770 (Petrucci, 1989 : 138, 143, 145, 147, 158). Si stampano libri che - come avviene per i trattati e i manuali tecnici - sostituiscono in gran parte la trasmissione orale fra il maestro di bottega e lapprendista. Come scriveva Leibniz alla fine del Seicento necessario registrare in libri quella enorme quantit di conoscenze non scritte che sono disperse fra gli uomini che esercitano tecniche di varia natura. Quelle tecniche superano di gran lunga, ai suoi occhi, tutto ci che stato finora stampato nei libri (Rossi, 1962 : 132). La conservazione e la classificazione dei libri danno luogo a discipline che si insegnano nelle universit. Nella Library of Congress di Washington sono oggi presenti pi di 90 milioni di volumi. Alla British Museum Library ce ne sono circa 15 milioni. Molti milioni di libri sono anche presenti alla Biblioteca Nazionale di Firenze e di Roma.
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4. Computer La storia dei calcolatori una storia affascinante che inizia con le macchine aritmetiche costruite da Pascal e da Leibniz. Lelettronica ha dato un impulso decisivo alle macchine informatiche. La microelettronica ha dato luogo ad una rivoluzione nella rivoluzione. Di essa frutto il personal computer che stato definito il bambino prodigio delle varie generazioni di elaboratori che si sono succedute dal 1950 ad oggi. Si tratta di un oggetto che entrer in tutte le case come il telefono, la radio o la televisione. Negli ultimi decenni le linee di sviluppo hanno assunto alcune caratteristiche : dal lato dellhardware (i materiali e le tecniche costruttive) c stato : 1) un aumento crescente della potenza di calcolo e della capacit di memoria ; 2) una riduzione progressiva dellingombro e dei costi ; 3) un prodigioso aumento della capacit di impiego che a sua volta dipende dai progressi realizzati dal lato del software o dei linguaggi impiegati. Allinizio della rivoluzione dei personal computer fu osservato che se lindustria automobilistica si fosse sviluppata con gli stessi ritmi, una Rolls-Royce sarebbe costata 4.400 lire e avrebbe potuto viaggiare per 3 milioni di miglia con un gallone di benzina (il paragrafo che precede per intero ricavato da Martinotti, 1989). Sullo schermo dei computer ci sono immagini e parole, con un largo predominio delle parole. Tanto che Umberto Eco ha potuto affermare che la civilt del computer una civilt dellalfabeto (Eco, 1991). Il computer consente di avere contemporaneamente sulla stessa pagina (diversamente da quanto accade in un libro) pezzi diversi di testi attinti a libri (o testi) differenti. Possiamo richiamare testi, spostarli, rifonderli, riutilizzarli in contesti nuovi. Molti affermano che con il computer si scrive in modo diverso che con la penna, che si organizzano le idee e quindi si pensa in modo diverso. La cosiddetta gestione non sequenziale, ma associativo-reticolare delle informazioni (che una approssimativa definizione dell ipertesto) consente il collegamento di un punto qualunque del testo con qualunque altro argomento. La disponibilit immediata di una pluralit di livelli e di tipi di informazione attorno ad uno stesso argomento pu spingere al superamento dei comparti disciplinari, condurre ad immaginare possibili nuove associazioni. Arthur Koestler pensava che i processi che sono alla base della creativit sono nella sostanza attivit combinatorie, consistenti nel combinare aree di conoscenza e di esperienza precedentemente separate e
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riteneva che le scoperte non creano qualcosa dal nulla, ma combinano, mettono in relazione e integrano idee, fatti contesti associativi (Koestler, 1980 : 155, 160 ; Koestler, 1970 : 88-100). Assumendo questo punto di vista facile rendersi conto che gli ipertesti offrono possibilit che, negli anni in cui Koestler scriveva, erano del tutto impensabili. I problemi maggiori sembrano essere due. Il primo legato alla quantit dellinformazione : se vero che le bibliografie sono utili una bibliografia di 100.000 titoli del tutto inutilizzabile se non al costo (che richiede una fatica notevole) di ricavarne unaltra di dimensioni pi accessibili. La stessa decifrazione dellarchivio individuale (anche da parte della persona che lo ha creato) diventa sempre pi difficile. La macchina informatica pu creare un suo specifico disordine proprio per la grande facilit con la quale in grado di produrre informazione trattata razionalmente (Martinotti, 1989 : 377). Sappiamo tutti come uno scandalo nuovo sia largamente propagandato al preciso scopo di cancellare dalla memoria la notizia di uno scandalo precedente. Ma il vero modo di cancellare una notizia, come ha affermato Umberto Eco, consiste oggi nel seppellirla in mezzo ad una montagna di altre notizie. Il secondo problema, che ci introdurrebbe entro la dimensione un po angosciante delloblio (cfr. Rossi, 1991), invece legato, nel caso specifico, alla deperibilit dei supporti. La carta di cellulosa molto fragile e i libri stampati su quella carta non sono certo destinati a durare come le pergamene medievali, ma le pellicole sbiadiscono, i supporti magnetici si smagnetizzano e i dischi ottici non durano pi di un decennio (Martinotti, 1989 :376). Comunque, giunti alla fine di questa che assomiglia un po ad una cavalcata, sembra di dover sottolineare un punto. La scrittura non ha fatto scomparire la trasmissione orale e si pu legittimamente pensare che la gente che sa leggere e scrivere sia incoraggiata a parlare di pi. Allo stesso modo la stampa rafforza la scrittura per il fatto stesso di facilitare e spingere verso la alfabetizzazione. Ora ci sembra necessario che tutti sappiano stampare e usare la tastiera del computer. Walter Ong ha formulato queste tesi dando ad esse la forma di un ipotesi generale che chiamer qui la Legge di Ong : un nuovo mezzo di comunicazione di massa non distrugge il mezzo vecchio : i mezzi si rafforzano a vicenda ; i mezzi gi in uso vengono profondamente trasformati dalluso del nuovo mezzo (Ong, 1989 :93).
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5. Epoca delle immagini ? Se apro una delle pi lette e pi diffuse (anche perch molto economica) enciclopedia filosofica vi trovo scritto, sotto la voce Immaginazione, 1) che dagli inizi dellet moderna limmaginazione viene relegata al campo della poesia e separata in modo definitivo da ogni rapporto con il vero sapere e la conoscenza razionale ; 2) che questa esclusione dellimmaginazione dallambito della conoscenza ... accentua e rende definitivo ed esclusivo il nesso tra immaginazione e arte ; 3) infine che nellet moderna laffermarsi delle scienze matematiche della natura accentua lopposizione fra sapere scientifico e immaginazione e questultima finisce con lessere identificata con la facolt che presiede alla poesia (Enciclopedia Garzanti di filosofia, voce Immaginazione). Sempre pi mi convinco, via via che passano gli anni, che ladesione a modelli rigidi, limpiego di modi di pensare fondati su grandi dicotomie danno principalmente luogo a soluzioni troppo semplici, riescono solo ad attenuare o a cancellare il significato e il fascino delle avventure di idee. Lidea di una rimozione collettiva delle immagini dalla cultura che segnerebbe la scomparsa di unepoca e linizio di unepoca nuova unidea (o unimmagine ?) cos seducente che molti lhanno considerata vera. Che cos esattamente, il pensare ? Quando si ricevono impressioni sensoriali ed emergono immagini mnemoniche (Erinnerungsbilder), questo non ancora pensare. E quando tali immagini si raggruppano in serie, ciascuna delle quali ne richiama unaltra, anche questo non ancora pensare. Ma quando una certa immagine (Bild) salta fuori in molte di tali serie, allora - esattamente grazie a questo riemergere - diventa un elemento ordinatore di tali serie in quanto unisce serie che in se stesse non sarebbero collegate. Perch mai dovrei credere allesistenza di un sapere per immagini caratteristico del Medioevo e del Rinascimento e ad un sapere per concetti e astrazioni che sarebbe proprio delle modernit e che la caratterizzerebbe come tale ? Perch mai (su queste fragili basi) dovrei considerare come problemi reali le domande che sono state poste da studiosi anche insigni ? Molte delle affermazioni e dei luoghi comuni che si sono diffusi su questo tema mi appaiono del tutto inaccettabili. Il personaggio che ha scritto le righe sopra citate non appartiene allepoca del sapere fondato sulle immagini e sulle analogie, non un contemporaneo di Agrippa e di Paracelso : il professor Albert Einstein. Il quale anche affermava che gli
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oggetti della geometria non gli sembravano di tipo differente dagli oggetti della percezione sensoriale che possono essere visti e toccati. Egli pensava anche che le parole e il linguaggio, cos come sono scritti e parlati non sembrano giocare alcun ruolo nel meccanismo del pensiero. Riteneva che le entit psichiche che sembrano servire come elementi del pensiero sono certi segni o immagini pi o meno chiari che possono essere volontariamente riprodotti e combinati. Riteneva che, dal punto di vista psicologico, questo gioco combinatorio fosse il tratto principale nel pensiero produttivo. Aggiungeva che tali elementi, nel suo caso, erano principalmente di tipo visuale (Holton, 1983 : 282-283 e cfr. Hadamrd , 1945 : 142-143). Einstein, come stato sottolineato da molti, aveva una potente immaginazione visiva ed una straordinaria capacit di visualizzazione. Tale capacit, com stato autorevolmente detto, ebbe un ruolo cruciale nella sua grande costruzione scientifica : Si pensi per esempio - ha scritto Gerald Holton - ai passi in cui sono descritti esperimenti mentali che implicano compiti fantasiosi come coordinare la lettura di orologi, larrivo di segnali luminosi, le posizioni di locomotive e quelle di fulmini lampeggianti (...) Questa abilit di visualizzazione evidente nel ricorrente esperimento mentale del raggio di luce e anche nellesperimento mentale proposto nel suo primo saggio del 1894-95 in cui si propone di provare lo stato delletere in vicinanza di un conduttore percorso dalla corrente. Non ho molti dubbi sul fatto che labilit di compiere visualizzazioni cos chiare di situazioni sperimentali ebbe un ruolo cruciale nell' impresa di giungere al cuore della teoria della relativit (Holton, 1983: 283).
6. Conclusioni Di frontre ai nostri problemi abbiamo assai pi domande che risposte. Se vero che la mente delluomo storico un prodotto, relativamente recente, dellinvenzione della scrittura ; se vero che i computer non forniscono pi solo banche-dati, ma basi di modelli, sistemi di supporto alle decisioni, tecniche per effettuare scelte comparate fra i modelli davvero pensabile (come ha scritto Luciano Gallino) che ci non avr un qualche effetto sui modi in cui la mente associa, organizza, interpreta le conoscenze ? Quelle protesi della mente che sono i calcolatori non sono forse una nuova
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forma di mente collettiva diffusa che sta seguendo un percorso analogo a quello evolutivo della mente umana ? E questo percorso premier di pi le capacit analitiche dellemisfero sinistro o quelle intuitive, associative, olistiche dellemisfero destro ? (Gallino, 1986 ; Bolter, 1985). Per occuparsi di informazione e di "reti" non indispensabile conoscere ci che separa le culture orali e le civilt della scrittura, n le abissali differenze che intercorrono tra il nostro "leggere" e la "lettura" dei medievali, n le molte discussioni che ebbero luogo in Europa attorno ai rapporti tra scrittura alfabetica e una scrittura per immagini o "geroglifici", n i progetti (numerosi assai prima di Leibniz) di una lingua perfetta o universale che fosse anche una perfetta "ars memorandi". Ogni scienza tende a dimenticare il suo proprio passato e si pu ottenere un Nobel in fisica senza aver mai letto una pagina di Galilei o Kepler o Newton. L'informatica non sembra fare eccezione. Gli storici, professionalmente, si oppongono alla dimenticanza. Spesso nutrono anche la discutibile convinzione che "guardare indietro" possa servire a qualcosa nel presente. Far solo un paio di riferimenti: Nel Fedro di Platone, Socrate affronta il problema se sia opportuno ovvero inopportuno servirsi della scrittura. Il dio egiziano Teuth presenta al sovrano dellEgitto linvenzione della scrittura alfabetica: Questa scienza, o re, render gli Egiziani pi sapienti ed arricchir la loro memoria, perch questa scoperta una medicina per la sapienza e per la memoria. Ma il re non daccordo e difende accanitamente la cultura orale. Afferma che bisogna distinguere fra la potenza di una nuova tecnica e il giudizio sulla utilit o sui danni che essa pu provocare e ritiene che il giudizio di Teuth sia lesatto contrario della verit:
Lalfabeto produrr oblio nelle anime di chi lo imparer: essi cesseranno di esercitare la memoria, perch, fidandosi dello scritto, richiameranno le cose alla mente non pi dallinterno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei.
La scrittura non d vera sapienza, d solo lapparenza della sapienza. Sar possibile apprendere senza il contatto con un maestro. I giovani si
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crederanno tutti sapienti e sar una sofferenza discorrere con loro, perch saranno imbottiti di opinioni, invece che sapienti. Non possibile tramandare unarte affidandosi alla scrittura. Questultima simile alla pittura, i cui prodotti ci stanno davanti come se vivessero, ma se li interroghi stanno in silenzio. Le parole scritte si comportano allo stesso modo, crederesti che potessero parlare, ma esse manifestano una cosa sola e sempre la stessa. (Platone,I, p. 790-792) La scrittura disumana, uccide la memoria, stupida, sa solo ripetere (ovvero non creativa), distrugge la vita interiore. Non c, in queste lontane affermazioni, qualcosa che vi familiare? Senza aver mai letto Platone, non avete sentito ripetere in treno o per la strada o nei salotti e a proposito dei computer - queste stesse, assolutamente identiche affermazioni? Che effetto vi fa se vi garantisco che qualcuno le ripet pari pari, duemila anni pi tardi, a proposito del libro a stampa? affermando per esempio (nel 1477) che labbondanza dei libri rende gli uomini meno studiosi, distrugge la memoria e indebolisce lintelligenza? (Lowry, pp. 31-32). Ognuna delle grandi invenzioni che caratterizzano gli inizi dellet moderna suscit non solo entusiasmi e speranze, ma anche angosce e timori. Nel 1612, lanno successivo alla scoperta galileiana delle nuove stelle (che erano poi i satelliti di Giove) un grande poeta inglese che si chiamava John Donne scrisse versi che sono diventati il simbolo dello smarrimento, che molti condivisero, di fronte alla improvvisa caduta di tutte le rassicuranti certezze delle quali era intessuto quel presente:
La nuova filosofia richiama tutto in dubbio l'elemento Fuoco per intero spento, il Sole perduto e la Terra; e in nessun uomo la mente gli insegna pi dove cercarla. Spontaneamente gli uomini confessano che consumato questo mondo, quando nei pianeti e nel firmamento cercano in tanti il nuovo. E vedono che il mondo sbriciolato ancora nei suoi atomi. Tutto va in pezzi, ogni coerenza scomparsa, ogni giusta provvidenza, ogni relazione: principe, suddito, padre, figlio son cose dimenticate, perch ogni uomo pensa d'esser riuscito, da solo, a essere una Fenice ... (Donne, 1933, p. 202)
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Anche oggi, di fronte alle nuove invenzioni, non sappiamo se temere o sperare. Proprio l dove molti filosofi hanno visto presente uningenua e sanguigna fiducia nellideologia del dominio, il tema dellambiguit costitutiva della tecnica appare sottolineato con forza singolare. La figura del mitico Dedalo, nel De sapientia veterum di Francis Bacon, il simbolo della tecnica. Dedalo un essere che insieme ingegnosissimo ed esecrabile e che viene celebrato a causa delle sue illecite invenzioni. Allo scopo di consentire a Pasife di soddisfare la sua mostruosa libidine, Dedalo costru una macchina che le permetteva di accoppiarsi con un toro. Dalla scellerata industria di Dedalo trasse cos la sua infame origine il Minotauro. Ma Dedalo aggiunse male al male e protesse il male con il male. Costru il celebre Labirinto, che opera meravigliosa dal punto di vista tecnico, ma che serve ad un fine nefando. Il labirinto ha infatti lo scopo di nascondere e proteggere il Minotauro che divora i giovani che si perdono nel Labirinto. Al fine di non restare nella memoria degli uomini soltanto per le sue arti malvagie, Dedalo fu per anche autore dellespediente del filo di Arianna, che in grado di mostrare la via delluscita a chi si sia addentrato nei meandri del Labirinto. Le invenzioni della tecnica sono, agli occhi di Bacon, come Dedalo: possono migliorare lesistenza degli uomini e tuttavia sono anche strumenti di vizio e di morte. I veleni e le macchine da guerra superano in crudelt lo stesso Minotauro. Dedalo offre agli uomini,contemporaneamente e congiuntamente, le vie della perdizione e le vie della salvezza: Una stessa persona ha costruito il Labirinto ed ha costruito il Filo utilizzato da Arianna per uscire dal Labirinto. La tecnica ambigua per essenza: produce il male e offre i rimedi al male. Sono passati quattrocento anni da quando furono pensati questi pensieri. Abbiamo realizzato cose stupefacenti. Stiamo costruendo il Labirinto e contemporaneamente tentiamo di costruire il Filo d Arianna. Quel filo non ci verr regalato. Non possibile produrlo senza far ricorso anche (sottolineo la parola anche) ad una pi raffinata tecnologia. Possiamo fare affidamento solo su Dedalo. Il che vuol dire che, su questo problema, siamo ancora fermi a quel punto. Tutti i presenti che si sono succeduti nella storia, per gli uomini e per le donne che li hanno vissuti, sono stati maledettamente complicati e pieni di problemi disperatamente difficili. Scrisse una volta Walter Benjamin : la lucida coscienza disperata di stare nel mezzo di un crisi decisiva qualcosa di cronico nell umanit (Benjamin, p. 701). Per quanto mi riguarda, sono
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fermamente persuaso di una verit che fu enunciata da uno dei grandi teorici del disagio della civilt: la perdita delle illusioni non deve coincidere con il desiderio di una regressione.
Riferimenti
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