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Il diritto sindacale quella parte del diritto del lavoro contenente un insieme di norme, poste dallo Stato o dalle stesse organizzazioni di lavoratori ed imprenditori, che nelle economie di mercato disciplina il conflitto di interessi derivante dallineguale distribuzione del potere nei processi produttivi. Esso nasce insieme al movimento operaio nel XIX secolo, quando la rivoluzione industriale da luogo ad una contrapposizione di interessi ben nota tra capitale e lavoro, ossia tra chi detiene i mezzi di produzione, e pertanto legittimato ad organizzarli ed utilizzarli a propria discrezione (gli imprenditori), e chi, non detenendoli, mette la propria forza-lavoro al servizio di chi li detiene (i lavoratori). Per lungo tempi si cercato un parallelismo tra il diritto autonomo dei gruppi professionali del Basso Medioevo ed il moderno diritto sindacale: tale paragone non pu esistere, in quanto le corporazioni medievali rappresentavano delle coalizioni di soggetti (artigiani o mercanti) con gli stessi interessi, mentre nel diritto sindacale si vanno a contemperare interessi opposti e confliggenti. Lorganizzazione sindacale nasce proprio, infatti, per contrastare lo strapotere degli imprenditori nei confronti dei lavoratori. Per conflitto industriale deve intendersi il conflitto tra capitale e lavoro, tipico dei sistemi produttivi moderni (non solo industriali). Esso considerato come elemento della lotta di classe tra chi ha la propriet dei mezzi di produzione e chi offre la propria forza-lavoro. In realt il conflitto in questione non riguarda solo chi detiene la propriet dei mezzi produttivi, ma soprattutto chi gestisce gli stessi, lautorit che ha il vero potere sui mezzi (pensiamo ad una societ in cui i dirigenti hanno un potere molto pi ampio rispetto agli azionisti). Il diritto sindacale si inquadra proprio allinterno del conflitto industriale, apprestando la massima tutela a favore dei lavoratori in esso coinvolti.
Lordinamento intersindacale
Abbiamo gi detto che il sistema di relazioni industriali scaturisce dalle interazione tra imprenditori, organizzazioni dei lavoratori e pubblici poteri. Sotto il profilo giuridico-normativo possiamo affermare che le relazioni industriali sono rette da un ordinamento stabile, definito come ordinamento intersindacale, distinto dallordinamento statale. I due ordinamenti convivono allinterno del nostro sistema, regolando molto spesso le medesime materie: qualora confluiscano verso una stessa valutazione normativa, non si crea alcun problema, ma qualora differiscano tra loro la norma di un ordinamento sar ineffettiva nellaltro e viceversa. Altre volte le valutazioni normative dei due ordinamenti, pur essendo diverse, non entrano in contrasto: prendiamo ad esempio il contratto collettivo, che per lordinamento statale un semplice accordo tra le parti disciplinato dal codice civile, mentre per lordinamento intersindacale un atto fondamentale che regola i rapporti tra imprenditori e sindacati. Altro esempio quello degli accordi triangolari tra le parti sociali (sindacati ed imprenditori) ed il Governo, in forza dei quali questultimo si impegna a disciplinare legislativamente una determinata materia oggetto dellaccordo. In realt il Governo, secondo lordinamento statale, non pu obbligare il Parlamento in nessun modo ad approvare una legge, ma allinterno dellordinamento intersindacale un simile accordo assume una rilevanza notevole.
Il diritto comunitario
Il diritto comunitario risulta, ancora oggi, indifferente rispetto al diritto sindacale: ne troviamo prova nel nuovo TFUE (trattato sul funzionamento dellUnione Europea) il quale, allart.153, dopo aver riconosciuto il diritto alla rappresentanza ed alla difesa collettiva degli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, nega che rientrino allinterno della competenza comunitaria
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temi quali il diritto di sciopero, di serrata ed il diritto di associazione. Eppure lintegrazione economica al quale lUnione giunta non pu prescindere da questi aspetti del diritto sindacale e tale concetto stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia, che sembra orientata verso unintegrazione della materia sindacale nelle competenze dellUnione. Va aggiunto che con lentrata recente di Paesi pi poveri ed arretrati (anche per ci che concerne i diritti dei lavoratori) allinterno dellUE, stato attuato un sistema di concorrenza al ribasso (dumping sociale), ossia una tendenza delle imprese ad utilizzare le condizioni del mercato del lavoro di questi Paesi per poter ridurre i costi ed aumentare i guadagni. E, per ora, impossibile capire come la situazione si evolver, ma sicuro che diritto comunitario e diritto sindacale non potranno restare indifferenti ed indipendenti per molto tempo ancora.
Abbiamo detto che la libert di organizzazione sindacale sancita dallart.39 della Costituzione. La pi generale libert di associazione, invece, tutelata allinterno dellart.18 Cost, ma questultima risulta vincolata, e pertanto non illimitata, nel caso in cui persegua fini vietati dalla legge penale. La libert sindacale priva, invece, di vincoli di qualsivoglia genere, in quanto la sua stessa previsione costituzionale ne legittima lesercizio. Inoltre va sottolineata la differenza tra i due termini: organizzazione ed associazione. Se il legislatore ha utilizzato la parola organizzazione in merito allattivit sindacale, vuol dire che essa pu essere esercitata sia in forma associativa, sia in altre forme (es. consigli di fabbrica). Oggetto del riconoscimento costituzionale quindi lorganizzazione sindacale, con essa intendendosi non solo lattivit svolta in forma collettiva e coinvolgente una pluralit di soggetti organizzati, ma anche la stessa attivit che a ci conduce ( lesempio di un soggetto singolo che promuove la costituzione di unorganizzazione sindacale).
La normativa comunitaria
Nonostante la Carta fondamentale dei diritti dellUnione Europea, proclamata a Nizza nel 2000, riconosca la libert sindacale come una semplice libert di associazione senza conferirgli il peso specifico che nel nostro ordinamento le viene attribuito dallart.39 della Costituzione, e nonostante il TFUE, allart.153, escluda la libert sindacale dalla competenza comunitaria, sia la previsione di un Comitato economico e sociale con funzioni consultive rispetto alle Istituzioni UE, sia il riconoscimento del ruolo della contrattazione collettiva previsto in molte norme dello stesso TFUE, ci fanno capire come sia inevitabile che il diritto sindacale assume una valenza comunitaria e venga disciplinato anche in ambito UE. Il principio di sussidiariet, uno dei principi cardini in materia di competenza dellUnione e degli Stati membri e previsto dallart.5 TUE, prevede che lUnione, nei settori di competenza concorrente, debba intervenire solo qualora ravvisi che un intervento sulla stessa materia dei singoli Stati membri sia insufficiente. Se, come abbiamo detto, il TFUE esclude tale competenza, vuol dire che lUnione ritiene che il livello qualitativo della disciplina sindacale dei singoli Stati sia sufficiente. Ma gli ordinamenti dei singoli Stati membri hanno validit ed efficacia solo allinterno dei territori degli stessi ed hanno, comunque, un effetto indiretto anche sullassetto comunitario, dovendo lUnione rispettare i diritti fondamentali comuni alla tradizione giuridica dei singoli Paesi: in poche parole il principio di sussidiariet stata applicato in maniera errata ed il principio di rispetto delle tradizioni giuridiche non stato rispettato. Il diritto sindacale riconosciuto, allinterno di tutti gli Stati, come diritto fondamentale, e pertanto un tale peso specifico dovrebbe assumere anche a livello comunitario.
La normativa legislativa interna che pi di tutte tutela la libert sindacale sicuramente rappresentata dalla L.300/1970, contenente lo Statuto dei lavoratori, il cui titolo II dedicato, appunto, alla libert sindacale. Lo Statuto, in linee generali, persegue 3 obiettivi: Tutela della libert e della dignit del lavoratore allinterno dellimpresa: dato il potere di gestione e direzione del datore di lavoro, era necessario tutelare il prestatore di lavoro nel caso di atti lesivi dei valori suddetti (si pensi alla polizia privata nelle fabbriche, alle perquisizioni personali ecc); Vietare i comportamenti dellimprenditore lesivi della libert sindacale dei lavoratori sul posto di lavoro; Prevedere una legislazione di sostegno che promuova lattivit sindacale. Per ognuno dei 3 obiettivi suddetti sono previste norme distinte, che analizzate nel complesso tendono a rafforzare i 3 obiettivi contemporaneamente. Della tutela della libert e dignit del lavoratore si parler in seguito. Analizziamo ora il titolo II dello Statuto, dedicato appunto alla libert sindacale. Lart.14 tutela il diritto di costituire e aderire ad associazioni sindacali, nonch di svolgere attivit sindacale sul luogo di lavoro: si ribadisce, in pratica, quanto detto in precedenza in merito allart.39 della Costituzione, rafforzando leffettivit della norma. Lart.15 dello Statuto riproduce ed integra la Convenzione 98 OIL, prevedendo la nullit di qualsiasi atto discriminatorio, posto in essere dal datore di lavoro, che vincoli lassunzione del lavoratore alla partecipazione o meno ad associazioni sindacali e prevedendo sanzioni penali per limprenditore che ponga in essere un tal comportamento. Sempre lart.15 prevede la nullit anche di atti discriminatori volti a licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attivit sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero: in tal caso non sono previste sanzioni penali, ma solo civili e possiamo notare come la dicitura recargli altrimenti pregiudizio ricomprenda, negli atti discriminatori, uno svariato numero di comportamenti del datore di lavoro, senza neanche la necessit di tipicizzarli tramite unelencazione. Lart.16 vieta, poi, i trattamenti economici discriminatori, che si configurano nel caso in cui un datore di lavoro, per la mancata partecipazione del lavoratore ad uno sciopero o per la mancata adesione ad unassociazione sindacale o per ladesione ad unassociazione sindacale specifica affine allimpresa, premi in un certo senso il lavoratore con un compenso in denaro o di altro tipo valutabile in termini economici (es. giorni di ferie). In tal caso il giudice, su domanda dei lavoratori lesi da tali trattamenti a favore di altri ed accertati i fatti, pu stabilire che il datore versi al Fondo pensioni INPS una somma pari ai trattamenti economici discriminatori di un anno. Inoltre gli artt.15 e 16 si applicano, in base anche a recenti modifiche legislative, a discriminazioni di tipo sessuale, politico, religioso, di razza o lingua, basate anche su motivi di handicap, di et, di orientamento sessuale o convinzioni personali. Non esiste, tuttavia, un apparato sanzionatorio unico, bench fosse stata disposta una delega al Governo in tal senso dalla L.246/2005.
Sindacati di comodo
Lart.17 dello Statuto vieta la costituzione dei c.d. sindacati gialli o di comodo, ossia di sindacati costituiti e sostenuti dai datori di lavoro o dalle loro associazioni. Ovviamente i comportamenti che possono far desumere un sostegno di tal genere non sono tipicizzati, ma devono manifestare uno stato di asservimento del sindacato al volere dei datori di lavoro (o loro associazioni). Ovviamente bisogna prestare attenzione al fatto che lasservimento non si manifesta con la semplice dialettica delle relazione industriali, bench essa possa comportare laccettazione di rivendicazioni del datore di lavoro. Tra laltro lintervento di un giudice sulla questione non comporta lo scioglimento del sindacato giallo, ma semplicemente il divieto per il datore di lavoro di continuare con la propria azione di sostegno, comunque si sia concretizzata.
alla tutela degli interessi dei lavoratori autonomi in questione: il caso dei lavoratori parasubordinati o degli agenti di commercio. Qualora, invece, non vi sia alcuna controparte ( il caso degli avvocati) sar garantita la libert di associazione in forza dellart.18 Cost., ma non si potr parlare di libert sindacale.
Lavoro), dal Cpo-Uil (Coordinamento per loccupazione) e dalla Felsa-Cisl (Federazione lavoratori somministrati autonomi ed atipici).
Lorganizzazione
In Italia operano 3 Confederazioni sindacali di lavoratori: la Cgil (Confederazione generale italiana del lavoro), la quale conta quasi 6 milioni di iscritti, la Cisl (Confederazione italiana sindacati liberi), che conta 4 milioni e mezzo di iscritti, e la Uil (Unione italiana del lavoro), che conta poco pi di 2 milioni di iscritti. Esse si articolano in 2 linee organizzative: una verticale, che tiene conto delle categorie produttive delle imprese in cui operano i lavoratori, ed una orizzontale, basata sul criterio territoriale (provinciale e regionale) ed intercategoriale. Per ci che concerne la linea verticale, sono previste struttura sul luogo di lavoro, a cui i lavoratori possono accedere direttamente, strutture territoriali di categoria, strutture regionali di categoria e la struttura nazionale di categoria. In base alla linea orizzontale, invece, si tratta di strutture regionali e provinciali intercategoriali (definite come Camera del lavoro per la Cgil, Unione sindacale territoriale per la Cisl e Camera sindacale per la Uil). Le strutture regionali intercategoriali e le federazioni nazionali di categoria danno vita alla Confederazione.
Le affiliazioni internazionali
Vi sono anche organizzazioni sindacali a livello internazionale che riuniscono i sindacati presenti nei vari Paesi: il caso della Ces (Confederazione europea dei sindacati), che svolge unintensa attivit nei confronti degli organi dellUnione Europea: ad essa aderiscono le tre Confederazioni italiane. Altro esempio la Cisl internazionale: anche ad essa aderiscono le nostre 3 Confederazioni. N.B. paragrafo inutile
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SEZIONE B: LA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA Sindacato e categoria professionale e la libert di scelta tra i vari modelli organizzativi
Abbiamo analizzato i vari modelli organizzativi tra i quali i sindacati possono scegliere. La scelta, appunto, inerisce alla categoria professionale di lavoratori da tutelare ed importante, anche sotto il punto di vista dello studio, in quanto ci fa capire quali interessi il sindacato andr a salvaguardare. La scelta del criterio organizzativo, allinterno del sistema corporativo fascista, era eteronoma, ossia imposta dallo Stato, che individuava le categorie e riconosceva un sindacato per categoria. Oggi, invece, la scelta, lo ribadiamo ancora una volta, del tutto priva di vincoli. Talune volte pu accadere che, proprio in forza di tale libert, lo stesso interesse sia tutelato da vari sindacati: la questione andr risolta o tramite un accordo tra gli stessi, o tramite il rapporto di forza di unorganizzazione rispetto allaltra.
Lart.39 Cost., dopo aver previsto nel primo comma che lorganizzazione sindacale libera, e che quindi i sindacati possono regolarmente esercitare la propria attivit e prevedere, tramite la scelta dei lavoratori/categorie professionali da tutelare, quale sar il proprio campo di applicazione, prevede nei commi 2,3, e 4 che i sindacati siano sottoposti a registrazione, per la quale necessaria la democraticit degli statuti e che, in forza della registrazione, essi acquisiscano personalit giuridica, potendo stipulare contratti con efficacia ne confronti di tutti, erga omnes. Il disposto dellart.39 riflette anzitutto la volont di una parte politica che voleva salvare il sistema corporativo, modificandolo nel punto della libera elezione dei dirigenti, ed in secondi la volont di unopposta parte politica che non voleva intromissioni da parte dello Stato. I commi in questione, infatti, rimangono tuttora inattuati: essi, non essendo dotati di efficacia diretta nellordinamento, necessitavano di un intervento da parte del legislatore, intervento che non mai arrivato per una serie di ragioni: La registrazione avrebbe potuto essere un mezzo di intromissione dello Stato ed avrebbe comportato un controllo degli iscritti ai vari sindacati, il che avrebbe inciso, in una ipotetica fase di contrattazione, sulla rappresentanza negoziale del sindacato: la Cisl, a quel tempo minoritaria, avrebbe visto il proprio ruolo sminuito rispetto allantagonista di sempre, la Cgil, e pertanto si oppose alla allattuazione della norma costituzionale; lidea, tipica del sistema corporativo, che un sistema sindacale di diritto dovesse prevedere obbligatoriamente la personalit giuridica dei sindacati e lefficacia erga omnes dei contratti, stata via via abbandonata; il sistema sindacale di fatto esistente ha assunto sempre maggiore importanza, tramite lo strumento della contrattazione collettiva, e lo stesso legislatore ha, nella prassi, accettato lidea di un sistema di tal genere. Bench i sindacati abbiano evitato, in forza della mancata attuazione dellintero articolo 39, di contarsi, cio di scendere in campo con il numero dei propri iscritti ben chiaro, essi hanno perso il potere, ben pi ampio rispetto alla mera contrattazione collettiva attuale, di stipulare contratti valevoli per le intere categorie rappresentate. N.B. leggendo poche pagine del libro o di questa rielaborazione si intuisce bene landamento pro sindacale dellautore ed il suo orientamento politico. Il sottoscritto, per, invita i propri colleghi studenti ad una riflessione che esuli dal proprio credo politico: lautore sottolinea, in linea con altri autori prima di lui, che lapplicazione data dellart.39 non costituisce inadempimento costituzionale. Basta leggere lart.39 al comma 2 per capire che le cose non stanno esattamente come ce le raccontano: il codice parla di obbligo dei sindacati alla registrazione, non di mera facolt per garantire la possibilit di stipulare contratti con efficacia erga omnes, come invece dice il libro. Il comma 2, infatti, si presenta indipendente rispetto al comma 4. Vi invito alla riflessione, al di l, ripeto, di quale sia la vostra idea politica ed al di l della simpatia che tutti nutriamo per i sindacati che spesso, ma non sempre, tutelano i lavoratori.
La scelta privatistica
Abbiamo visto come la scelta di non emanare una legge sindacale per la corretta attuazione dellart. 39 Cost. sia stata il frutto di un compromesso tra, da un lato, le forze politiche e dallaltro quelle sociali. Tramite tale scelta si manifestata la volont di non collocare lattivit sindacale allinterno del diritto pubblico, ma di assoggettarla alla disciplina del diritto privato: lo Stato non deve interferire con lattivit autonoma dei gruppi.
quanto in tal periodo lunico partito legittimo era il P.N.F. ed i sindacati erano inquadrati come personalit di diritto pubblico. E utile rammentare la disciplina codicistica in materia di associazioni non riconosciute: esse si costituiscono tramite un atto di volont dei propri fondatori ed in forza della propria struttura aperta, permettono ladesione ad uno svariato numero di soggetti. Lassociazione autonomo centro di imputazione, essendo un soggetto di diritto, ma non ha personalit giuridica, il che comporta unautonomia patrimoniale imperfetta: delle obbligazioni sociali risponde lassociazione con il proprio patrimonio, solidalmente con i soggetti che hanno agito in nome e per conto di essa. Il patrimonio dellassociazione non riconosciuta costituito dal c.d. fondo sociale, il quale cessa di esistere solo al momento dello scioglimento dellassociazione. Gli associati godono del diritto di recesso, ma nel momento in cui scelgono di esercitarlo, non hanno diritto ad alcuna quota sul fondo sociale: ricordiamo, infatti, che le associazioni non riconosciute sono enti senza finalit economiche, disciplinati dal libro I del codice, che pertanto non possono attuare un sistema di ripartizione degli utili, pur potendo esercitare (la disciplina originaria non lo prevedeva) attivit dimpresa. Le associazioni, in giudizio, sono rappresentate dalle persone del presidente o del direttore.
interesse di parte, linteresse collettivo appunto. Tuttavia, essendo linteresse collettivo indivisibile, i sindacati non possono tutelare solo le prerogative dei propri iscritti, ma anche quelle di coloro che hanno scelto di non aderirvi: il sindacato dei metalmeccanici, per esempio, non potr salvaguardare linteresse dei soli metalmeccanici iscritti, ma dovr tutelare anche i non iscritti. Tra laltro questa forma di tutela totale giova anche allo stesso sindacato: i datori di lavoro, infatti, qualora fossero tutelati solo gli interessi dei lavoratori iscritti ai sindacati, preferirebbero sicuramente assumere lavoratori, di uguale categoria professionale, che non godono di tali diritti.
SEZIONE A: MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA NELLO STATUTO DEI LAVORATORI La ratio della selezione tra i sindacati
Allinterno del Titolo III dello Statuto dei lavoratori, introdotto nel nostro ordinamento con la L.300/1970, viene trattata lattivit sindacale. Il legislatore, in tale titolo, riconosce alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative una serie di diritti che favoriscono i rapporti tra le stesse organizzazioni ed i lavoratori, imponendo di fatto una serie di imposizioni a carico dellimprenditore: basti pensare allobbligo di mettere a disposizione dei lavoratori dei locali per le assemblee. Proprio perch in molti casi va imposto un sacrificio allimprenditore, i diritti sindacali sono riconosciuti solo alle associazioni sindacali pi rappresentative: se infatti le organizzazioni in questione non godessero di rappresentativit, non ci sarebbe motivo di imporre sacrifici, in tal caso superflui, allimprenditore.
I criteri di selezione
Lart.19 dello Statuto, rubricato come costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nella sua formulazione originaria, attribuiva la titolarit dei diritti sindacali sia alle associazioni aderenti
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alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sia alle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unit produttiva. Occorreva, quindi, che un sindacato facesse parte di una delle tre grandi Confederazioni o che avesse concluso contratti collettivi nazionali o provinciali, in quanto in caso contrario non poteva godere di alcun diritto. Il primo criterio viene definito come della rappresentativit storica, in quanto basato sul dato storico delleffettiva maggiore partecipazione delle confederazioni, o anche della rappresentativit presunta, in quanto il fatto stesso di basarsi su un fatto storico, delinea il fatto che non ci sia nessun dato quantitativo di maggiore rappresentativit. Sono indici di maggiore rappresentativit di un sindacato: La consistenza del numero di iscritti; La presenza in vari settori produttivi e territoriali; Lo svolgimento di unattivit di contrattazione con continuit e sistematicit. Anche la legge di riforma del CNEL, organo consultivo allinterno del nostro ordinamento, ha previsto che siano i sindacati pi rappresentativi, in base ai criteri suddetti, a designare i rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio Nazionale dellEconomia e del Lavoro.
facolt di riconoscere la rappresentativit o meno di un sindacato, accettandolo o meno come controparte contrattuale. La Corte ha respinto entrambe le eccezioni riguardo la costituzionalit dellart.19.
SEZIONE B: ULTERIORI IPOTESI DI RILEVANZA DELLA MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA Le altre leggi che dispongono una selezione tra i sindacati
Una selezione tra i vari sindacati, simile a quella descritta fin ora, attuata anche da leggi ordinarie in due casi: nel caso di organi collegiali, come ad esempio il CNEL di cui abbiamo gi parlato, o nel caso di legittimazione a stipulare contratti collettivi o contratti con particolari effetti. Gli interventi legislativi in questi due sensi sono stati molteplici, ma gli esempi del CNEL nel primo caso e della rappresentativit nel settore pubblico nel secondo, sono sufficienti a rendere lidea.
N.B. per lo studente: sarebbe bastato che i sindacati fossero registrati secondo la previsione costituzionale per eliminare il problema.
CAPITOLO QUINTO LA RAPPRESENTANZA DEI LAVORATORI SUI LUOGHI DI LAVORO Lorganizzazione sindacale sui luoghi di lavoro
I lavoratori, per tutelare i propri interessi, si organizzano sia allinterno dei luoghi di lavoro, sia allesterno ed il movimento sindacale non rappresenta altro che il rapporto intercorrente tra questi due livelli. La rappresentanza dei lavoratori pu essere a CANALE DOPPIO, qualora coesistano due organismi, uno elettivo di rappresentanza generale, ed uno associativo, a rappresentanza volontaria e con potere negoziale, esplicazione dei sindacati esterni nei luoghi di lavoro, o a CANALE UNICO, in cui la struttura di rappresentanza sindacale/associativa tanto allinterno quanto allesterno dei luoghi di lavoro.
collegamento tra RSA e sindacati, tale che i secondi quanto meno riconoscano i primi. Per tal motivo le RSA potranno essere delle SAS o dei Consigli di fabbrica.
verranno ripartiti in base ai voti ottenuti. Inoltre mentre per partecipare alle elezioni delle RSU private occorre, ai soli sindacati non firmatari del ccnl, la sottoscrizione da parte del 5% dei lavoratori aventi diritto, per le RSU pubbliche tale sottoscrizione, sebbene richieda percentuali inferiori, necessaria per tutti i sindacati.
comunitarie si intendono quelle imprese che hanno almeno 1000 lavoratori sparsi nel territorio di vari Stati membri e che siano presenti significativamente in pi di uno Stato. Si ha, invece, un gruppo di imprese quando unimpresa dominante esercita un potere di controllo su altre imprese. Ecco che quindi si configura la previsione di un organo di rappresentanza dei lavoratori, il CAE (comitato aziendale europeo), i cui componenti sono eletti o designati a seconda delle decisioni dei vari Stati membri, istituito tramite accordo scritto tra la direzione dellimpresa ed una delegazione speciale di negoziazione, che rappresenti uniformemente i lavoratori di tutti gli Stati membri coinvolti. Listituzione del CAE, tra laltro, non obbligatoria, essendo possibile prevedere ulteriori procedure dinformazione e consultazione dei lavoratori. LItalia ha attuato la direttiva tramite il D.Lgs.74/2002, prevedendo che i componenti italiani del CAE siano designati per un terzo dalle organizzazioni sindacali che abbiano stipulato il ccnl e per 2/3 dalle RSU. Il legislatore comunitario, poi, con il regolamento 2157/2001 ha preso in considerazione lipotesi di Societ europee, ossia societ di capitale disciplinate a livello europeo e non vincolate agli ostacoli del diritto commerciale dei vari Stati membri. Anche in tal caso previsto un coinvolgimento dei lavoratori, tramite un accordo tra i vertici societari ed una delegazione speciale di negoziazione, che costituisca un organo di rappresentanza dei lavoratori per le procedure dinformazione e consultazione. Una terza direttiva, la 2002/14, ha previsto, infine, che in tutte le imprese operanti allinterno del territorio dellUnione, gli Stati membri, tramite un proprio intervento attuativo, assicurino il diritto dinformazione e consultazione dei lavoratori. Lo Stato italiano, con il D.Lgs.25/2007 ha affidato tale compito alle RSU, rinviando ai contratti collettivi la determinazione delle modalit di esercizio.
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CAPITOLO SESTO ATTIVITA SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO SEZIONE A: I DIRITTI SINDACALI Lo statuto dei lavoratori come legislazione di sostegno
Abbiamo a lungo parlato della libert sindacale garantita allinterno del Titolo II dello Statuto dei lavoratori, il quale impone un obbligo allimprenditore di astenersi dal ledere tale libert. Il titolo III, per garantire una maggior efficacia della libert sindacale, non si limita ad imporre un divieto, a carico dellimprenditore, di interferire nelle attivit sindacali, ma, tramite una legislazione che viene definita di sostegno, limita di fatto il diritto dello stesso ad ottenere la prestazione lavorativa, per poter garantire ai prestatori di lavoro di esercitare i propri diritti. Abbiamo avuto modo di analizzare come lart.19, che apre il titolo III, attribuisca tali diritti SOLO alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) che, sebbene costituite dai lavoratori, operino nellambito dei sindacati selezionati secondo quanto dispone lo stesso articolo.
Lassemblea
Primo diritto sancito dal Titolo III dello Statuto che prendiamo in considerazione quello relativo allassemblea, previsto dallart.20 ed inerente la possibilit dei lavoratori di riunirsi. Anzitutto limprenditore deve garantire dei locali per effettuare tali assemblee, lenergia elettrica in tali locali, il libero accesso ad essi anche per quanto concerne lavoratori in CIG, in sciopero o sospesi. Le assemblee devono avere ad oggetto materie di interesse sindacale e del lavoro, il che ricomprende uno svariato numero di temi inerenti lattivit lavorativa. In realt, in forza dellart.1 dello Statuto inerente la possibilit di manifestare il proprio pensiero ed in applicazione del quale stato previsto lart.20, le assemblee potrebbero avere ad oggetto anche altri temi, senza godere, per, della tutela apprestata dallart.20. Le assemblee devono svolgersi fuori dallorario di lavoro o comunque allinterno di esso nel limite di 10 ore annue normalmente retribuite (ridotte a 3 per il settore privato), e devono essere convocate dalle RSA individuate dallart.19, nonch dalle organizzazioni sindacali, ossia dalle RSU, che ricordiamo essere la forma assunta dalle RSA dei sindacati aderenti. Ovviamente occorre un preavviso, inerente lassemblea, dato al datore di lavoro, il quale non pu prendere parte, se non previo invito, allassemblea, alla quale invece possono partecipare dirigenti sindacali, anche provinciali e di confederazioni. La contrattazione collettiva, infine, pu derogare, solo in meglio, la disciplina legale per ci che concerne la fruibilit del diritto e la possibilit di esercitarlo, anche se possibile, talune volte, andare incontro alle necessit dellimprenditore, come avvenuto nellAccordo 7 agosto 1998, il quale ha consentito allamministrazione di differire lassemblea in caso di condizioni eccezionali e motivate.
Il referendum
Ai lavoratori , poi, concesso il diritto allo svolgimento di referendum inerenti lattivit sindacale: essi devono, secondo quanto prevede lart.21, svolgersi al di fuori dellorario di lavoro ed essere indetti da tutte le RSA unitariamente. Limprenditore, tra laltro, deve collaborare per la disponibilit dei locali, laccesso agli stessi, luso dei servizi e cos via. Altri referendum possono essere svolti, ma senza tale collaborazione.
I permessi sindacali
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I dirigenti delle RSA hanno diritto, in forza dello Statuto dei lavoratori, a permessi sindacali per lo svolgimento della propria attivit sindacale, ossia hanno diritto ad assentarsi dal posto di lavoro entro i limiti consentiti dagli artt.23 e 24 dello stesso Statuto, i quali attuano una distinzione tra permessi retribuiti e permessi non retribuiti. I dirigenti di cui si parla, tra laltro, sono quelli nominati secondo le procedure previste dalla statuto dellorganizzazione al quale sono riconducibili: tale nomina deve essere comunicata anche al datore di lavoro. La contrattazione collettiva, tra laltro, ha previsto che possano godere di tali diritti anche i componenti delle RSU. Lart.23 disciplina i permessi retribuiti, prevedendo che essi siano concessi ai dirigenti per lespletamento del loro mandato, ossia per lo svolgimento di tutte quelle attivit inerenti le RSA (rappresentanza, partecipazione a trattative, funzioni organizzative). Il dirigente che voglia esercitare il proprio diritto deve comunicarlo al datore di lavoro almeno 24 ore prima. Il numero dei dirigenti che pu esercitare tale diritto varia in base alle previsione dellart.23: un dirigente solo per le unit produttive con 200 dipendenti, un dirigente ogni 300 dipendenti per ogni RSA in unit produttive fino a 3000 dipendenti, un dirigente ogni 500 dipendenti per ogni RSA in unit produttive con pi di 3000 dipendenti. Nel primo caso viene garantita unora allanno di permesso retribuito, negli altri due casi 8 ore mensili. .Lart.24 disciplina, poi, i permessi non retribuiti, prevedendo che essi vengano riconosciuti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi/convegni di natura sindacale, in misura non inferiore ad 8 giorni allanno e con un preavviso di almeno 3 giorni. Nella prassi sono le RSA richiedenti a scegliere tra i due tipi di permessi. I lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali nazionali o provinciali possono essere posti in aspettativa non retribuita per tutta la durata del proprio mandato, dando luogo ad unipotesi di sospensione del rapporto di lavoro: la norma si applica a tutti i dirigenti e non solo a quelli delle organizzazioni sindacali pi rappresentative. Gli artt.31 e 32 dello Statuto garantiscono medesimi diritti anche a coloro che ricoprono cariche politiche.
La condotta antisindacale
La condotta antisindacale si configura come un comportamento lesivo della libert sindacale, dellattivit sindacale o del diritto di sciopero. Essa pu essere attuata tanto dal datore di lavoro, tanto da soggetti che, allinterno dellimpresa, esercitino i poteri dellimprenditore (dirigenti, capi reparto ecc). Il comportamento antisindacale viene individuato non in base alla sua struttura, bens in base alla lesione degli interessi tutelati. Tra laltro, anche un comportamento posto in essere nei confronti del singolo, e che abbia a che fare con la libert/attivit sindacale, pu configurare un caso di violazione dellart.28: in tal caso il singolo potr intraprendere unazione giudiziaria in solitudine, mentre il sindacato potr esperire lazione giudiziaria privilegiata prevista dallart.28. E il caso della c.d. plurioffensivit del comportamento, che si concretizza quando un atto del datore di lavoro, bench rivolto al singolo, colpisce anche linteresse collettivo (es. trasferimento punitivo di un sindacalista, come se il datore stesse dicendo trasferisco lui, ma attenti voi). Lantisindacalit, su cui il testo si sofferma fin troppo, si ha nel momento in cui il comportamento dellimprenditore mira a reprimere la libert sindacale o lattivit sindacale, e non semplicemente a contrastarla; mira, cio, ad evitare il conflitto con i sindacati (licenziamento, allontanamento, negazione dellassemblea), piuttosto che muoversi dentro il conflitto: rifiutare una trattativa con i sindacati non condotta antisindacale, perch il datore di lavoro sta semplicemente manifestando che su quel particolare tema non c nulla da discutere; negare unassemblea in cui si discuter della trattativa, invece, un comportamento antisindacale. Lantisindacalit di alcuni comportamenti, inoltre, spesso prevista specificatamente dalla legge.
Legittimazione attiva
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Legittimato attivamente, nellazione giudiziaria di cui abbiamo parlato, il sindacato. Esso, per poter esperire tale azione, deve essere un organismo locale di unassociazione nazionale. Sono pertanto esclusi i singoli lavoratori e le organizzazione prive di valenza nazionale, che potranno ricorrere alle azioni giudiziarie ordinarie. Ribadiamo che, secondo lart.28, sufficiente che si tratti di unassociazione sindacale nazionale, non gi di una che abbia stipulato un contratto collettivo applicato nellunit produttiva, requisito richiesto, invece, dallart.19. La Corte costituzionale, inoltre, stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimit costituzionale dellart.28 nella parte in cui non permette ai singoli ed alle associazioni prive di un peso nazionale di ricorrere al procedimento accelerato di cui allart.28: la Corte ha precisato come tali diritti siano solo ulteriori ed aggiuntivi rispetto a quelli concessi ai singoli ed alle associazioni sindacali non nazionali. Esse potranno ricorrere agli strumenti di tutela apposti dallordinamento, ma non vi discriminazione priva di fondamento.
Linteresse ad agire
Lart.28 dispone che il ricorso possa essere presentato dalle associazioni che vi abbiano interesse. Tuttavia va notato come raro che un interesse a ricorrere, in tali casi, sia assente. Legittimate allinteresse, infatti, possono essere anche associazioni sindacali diverse da quella cui abbiano aderito i lavoratori lesi. La tutela dellart.28, infatti, riguarda tutti i lavoratori, non lavoratori aderenti a determinati sindacati e difendibili solo dagli stessi. La carenza di interesse si avr nellunico caso in cui il ricorrente sia un sindacato tipico di un gruppo professionale, come ad esempio quello dei metalmeccanici, per sollevare lantisindacalit di un comportamento posto in essere nellambito di un diverso gruppo professionale, come ad esempio i chimici.
Lapparato sanzionatorio
Abbiamo visto come il decreto nella prima fase del procedimento dinanzi al giudice del lavoro, cos come leventuale sentenza durante la seconda fase, mirano a far cessare il comportamento antisindacale ed a rimuoverne gli effetti. Tuttavia il datore di lavoro potrebbe non adeguarsi a tale decisione. Data la complessit di un eventuale processo di esecuzione, per far rispettare la sentenza lo stesso art.28 ha introdotto una sanzione penale a carico del datore di lavoro che non rispetti la decisione del giudice: oggetto del reato linottemperanza, non lazione antisindacale, punibile con lammenda o con larresto fino a tre mesi. Inoltre ultimamente stata prevista un ulteriore sanzione: vengono meno tutte le agevolazioni fiscali di cui il datore di lavoro godeva in merito alla nuova occupazione.
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Una volta venuto meno lordinamento corporativo, venne subito ristabilita la libert sindacale e si ripropose nuovamente il problema dellinderogabilit del contratto collettivo stipulato dalle parti sociali. Il legislatore costituente, in realt, credeva di aver risolto tale problema tramite la previsione del comma 4 dellart.39 Cost., il quale prevedeva che i sindacati registrati potessero stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes per lintera categoria rappresentata. In realt la mancata attuazione dellintera norma costituzionale, per i motivi gi esaminati, port non pochi problemi, in quanto limitava di fatto il potere del legislatore ordinario.
diritto: il caso del D.Lgs.40/2006 che ha introdotto, tra i motivi di ricorso per cassazione, oltre alla violazione o falsa applicazione delle norme di diritto, anche la violazione o la falsa applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Notiamo, quindi, come i contratti collettivi siano, in questo caso ma non lunico, equiparati alle norme di diritto.
La funzione normativa
Il contratto collettivo, per la sua importanza in ambito sociale, pur non godendo di una disciplina codicistica specifica, ha assunto un ruolo fondamentale allinterno del nostro ordinamento. Inizialmente esso serviva a fissare solo e solamente le condizioni minime normative ed economiche da applicare nei contratti individuali di lavoro. Per questo sempre stato definito come contratto normativo, ossia come contratto che fissa i contenuti di una futura produzione contrattuale, vincolando le parti ad attenersi a quanto concordato. Unaltra parte della dottrina, invece, ha sempre visto il contratto collettivo come un contratto tipo, ossia come un contratto che fissa delle clausole ordinatamente raccolte in uno schema. Sembra pi plausibile la teoria del contratto normativo, in quanto il contratto tipo non obbliga le parti ad attenersi allo schema di clausole previsto, prevedendo una possibilit di deroga.
Linderogabilit in pejus
Abbiamo visto come il contratto collettivo fissi, quindi, delle clausole normative ed economiche generali alle quali il contratto individuale dovr attenersi. Il rapporto tra contratto collettivo ed individuale regolato dal meccanismo dellINDEROGABILITA IN PEJUS DI NATURA REALE: qualora le parti, nella stipulazione del contratto individuale, dovessero prevedere un trattamento economico/normativo peggiore per il lavoratore rispetto a quello previsto dal contratto collettivo di riferimento, vedrebbero disapplicati i propri accordi, che verrebbero sostituiti automaticamente dalle clausole del contratto collettivo. Ci vuol dire che linderogabilit ha natura reale, conducendo alla sostituzione automatica, e non semplicemente obbligatoria, il che comporterebbe una mera obbligazione risarcitoria. Per molto tempo la dottrina si scervellata su come fornire una motivazione alloperativit della natura reale dellinderogabilit, senza addivenire, nonostante lapporto di vari autori di notevole rilievo, ad una conclusione (pagina 136 e 137 se vi interessano le varie teorie). Il problema dellinderogabilit in pejus ha trovato, finalmente, una precisa definizione legislativa con la modifica dellart.2113 c.c. ad opera della L.533/1973 di riforma del processo del lavoro: allinterno di tale articolo previsto che le rinunzie e le transazioni, che hanno ad oggetto diritti inderogabili del lavoratore attribuiti allo stesso dalle legge o DAI CONTRATTI COLLETTIVI concernenti i rapporti di cui allart.409 c.p.c., non sono valide. Il legislatore, quindi, ha sancito linvalidit degli atti con i quali il prestatore dispone di propri diritti riconosciuti dagli accordi collettivi.
La derogabilit in melius
Mentre nel contratto individuale prevista linderogabilit in pejus delle clausole del contratto collettivo, esiste la possibilit che le parti, allinterno del proprio accordo, stabiliscano clausole di maggior favore per il lavoratore rispetto a quelle del contratto collettivo. Una previsione di tal genere possibile non solo in forza dellart.2077 c.c. che lo prevede esplicitamente, ma anche in forza dellart.2113 c.c. che prevede linderogabilit in pejus. Di difficile soluzione , invece, il problema della comparazione dei trattamenti: pu capitare, infatti, che nel confronto tra contratto collettivo e contratto individuale, si riscontrino alcuni elementi di maggior favore per il lavoratore ed altri peggiori rispetto al contratto collettivo. In tal caso la dottrina, per trovare una soluzione a
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come si debba operare in questo caso, si divide tra i sostenitori della tesi del conglobamento, secondo cui occorre tener conto del trattamento complessivo del lavoratore, ed i sostenitori della tesi del cumulo, secondo cui andrebbero raffrontate la varie clausole e dovrebbero prevalere solo le migliori per il lavoratore. Sono state prese in considerazione, inoltre, soluzione mediane, che non tengano conto n dei trattamenti complessivi, n delle singole clausole, ma solo dellambito di ciascun istituto.
collettiva e qualora ci non avvenga, un provvedimento della pubblica amministrazione revocher i benefici e, nei casi pi gravi, escluder il responsabile da agevolazioni ed appalti per un periodo di tempo fino a 5 anni. Il legislatore, inoltre, allinterno del D.Lgs.163/2006 in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ha previsto che limprenditore che stipuli contratti di tal tipo con la pubblica amministrazione, sia tenuto ad osservare il trattamento economico e normativo, nei confronti dei propri dipendenti, previsto dalla contrattazione collettiva. Egli risulta, tra laltro, responsabile in solido con i sub-appaltatori qualora essi non si attengano a tale previsione. Mentre, quindi, con lart.36 dello Statuto viene posto un obbligo a carico della pubblica amministrazione di inserire una clausola, in questo caso lo stesso imprenditore che deve attenersi al rispetto del contratto collettivo. La Corte di Giustizia dellUnione Europea ha, per, espresso parere negativo nei confronti di una legge simile allinterno dello Stato tedesco: la Corte ha precisato che, in tal caso, ci sarebbe una violazione delle norme in tema di libera circolazione di servizi, in quanto unimpresa di uno Stato membro non potrebbe applicare, ai propri lavoratori, le condizioni economiche e normative di maggior favore del proprio Paese dorigine, ritrovandosi cos a dover applicare le condizioni del contratto collettivo. In realt sia la dottrina, quanto il PE, si sono opposti a tale pronuncia giudiziale: va sottolineato come, se si dovesse osservare la previsione della Corte, si andrebbe incontro ad un regime discriminatorio, in quanto limpresa dello Stato membro si troverebbe ad osservare le condizioni del contratto collettivo, mentre limpresa di uno Stato diverso potrebbe continuare ad applicare una normativa maggiormente favorevole.
stipula di un contratto collettivo quello di influenza: le parti firmatarie devono fare in modo che i propri associati applichino il contratto, senza discostarsene in alcun modo.
principio di eguaglianza di cui allart.3 Cost., perch, come abbiamo visto in precedenza, il legislatore attribuisce maggior poteri alle organizzazione sindacali pi rappresentative, ma non lede in alcun modo la libert sindacale delle organizzazioni minori. Quando la legge rinvia al contratto collettivo per la deroga di una determinata fattispecie, si pu parlare di RINVIO PROPRIO; quando, invece, il legislatore si astiene totalmente dal disciplinare una fattispecie, rimettendola alle decisioni della contrattazione collettiva, si parla di RINVIO IMPROPRIO: in realt, imprenditori e sindacati, in forza della stessa libert di contrattazione collettiva, potrebbero accordarsi sulla materia, anche in assenza di unautorizzazione del legislatore. Va detto, per, che tale potere deve essere garantito a tutte le organizzazioni sindacali, anche a quelle minori, perch qualora fosse garantito solo a quelle pi rappresentative, tale attribuzione sarebbe incostituzionale, violando la libert sindacale di porre in essere una contrattazione.
CAPITOLO OTTAVO LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA SEZIONE A: EVOLUZIONE STORICA: SOGGETTI, LIVELLI E PROCEDURE Premessa
Per contrattazione collettiva sintende il processo attraverso il quale i sindacati dei lavoratori e le associazione dei datori di lavoro (o i singoli datori), luno difendendo le prerogative dei lavoratori, laltro resistendo alle pressioni sindacali, definiscono la regolamentazione dei rapporti, individuali o collettivi, di lavoro. Nel contratto collettivo che ne scaturisce, dunque, vengono contemperati i vari interessi in gioco nel conflitto industriale. La contrattazione collettiva pu ricomprendere solo la stipulazione del contratto in se stesso, ed in tal caso si parla di contrattazione statica, oppure pu anche prevedere la disciplina di attuazione del contratto, e si parla di contrattazione dinamica. La contrattazione collettiva, inoltre, si svolge a pi livelli organizzativi dei soggetti collettivi: si parla in tal caso di struttura contrattuale. Solitamente i livelli sono 3 e portano a diversi tipi di accordi:Accordo interconfederale: con esso vengono disciplinati singoli istituti quando si renda necessaria una regolamentazione unitaria da applicare a tutti i lavoratori di diverse categorie produttive. Prendono parte a tale accordo le tre grandi Confederazioni sindacali e, solitamente, Confindustria;Contratto collettivo nazionale di categoria (ccnl): viene stipulato con periodicit fissa, solitamente ogni 3 o 4 anni, e riguarda singole categorie produttive. In esso vengono fissati i trattamenti minimi economici e normativi da applicare in quel settore, oltre ad essere previste le relazioni tra stipulanti e loro articolazioni organizzative;Contratto decentrato: si tratta di un contratto stipulato dai soggetti collettivi a livello territoriale, solitamente provinciale o regionale, oppure, addirittura, di un contratto stipulato a livello aziendale, che vada ad integrare e completare la disciplina dettata nel contratto collettivo di categoria. Una struttura contrattuale, quindi, si dice centralizzata o decentrata quando vi una ripartizione pi o meno ampia di competenze e di materie trattate rispetto allambito di applicazione; al contrario una struttura si dice bipolare, quando entrambi i livelli dellambito di applicazione hanno funzioni rilevanti e distinte. Ovviamente facile dedurre che quanto pi in crisi il mondo del lavoro, tanto pi occorrer una centralizzazione della contrattazione, per far fronte ai problemi di crisi dellindustria, di disoccupazione, di recessione economica, di arretratezza tecnologica; se, invece, il mondo del lavoro procede nel migliore dei modi, o comunque riesce a mantenersi stabile in un determinato arco di tempo, si attuer maggiormente un sistema decentralizzato.
Evoluzione della contrattazione collettiva. Dal dopoguerra ai primi anni 60: la contrattazione articolata
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Dopo la caduta del sistema corporativo, sappiamo bene che venne ristabilita la libert sindacale, che operava, inizialmente, tramite una struttura contrattuale del tutto centralizzata: essa tendeva, pi che altro, a fissare i trattamenti minimi ed essenziali a livello economico e normativo dei rapporti di lavoro. Si trattava, appena il caso di dirlo, di una contrattazione meramente interconfederale, che dur fino allinizio degli anni 60, quando il contratto nazionale di categoria inizi a diventare, grazie anche al boom economico, il perno centrale della contrattazione collettiva. Tuttavia rimaneva un po isolata la contrattazione a livello aziendale, attuata dalle sole commissioni interne. Il livello aziendale venne del tutto riconosciuto allinterno di un apposito Protocollo del 5 luglio 1962, firmato dalle federazioni di categoria dei metalmeccanici, dallIntersind e dallAsap (associazioni che rappresentavano aziende a partecipazione statale), che diede luogo alla c.d. contrattazione articolata, fondata su una struttura contrattuale composta da 3 livelli, quello nazionale di categoria, quello di settore e quello aziendale. Il contratto nazionale di categoria avrebbe dovuto fissare le materie e gli istituti di competenza dei livelli inferiori, tramite apposite clausole di rinvio; il secondo livello, quello inerente il settore, non venne mai applicato; il terzo livello, quello aziendale, era rappresentato dal sindacato provinciale di categoria, e non pi dai lavoratori interni dellazienda. Il riconoscimento del livello azienda comport laccettazione delle c.d. clausole di tregua, per tenere a bada gli imprenditori ed accontentarli.
sperimenter, per un periodo di 4 anni, un nuovo modello contrattuale comune al settore privato ed a quello pubblico, sebbene con qualche differenza. La durata dei contratti viene riportata a 3 anni, ma permangono i due livelli di contrattazione, nazionale di categoria ed aziendale/territoriale, con la previsione da parte di quello nazionale delle competenze di quelli territoriali. Tra laltro la clausola di ripetibilit viene estesa alla totalit degli istituti e non solo a quelli retributivi, come avveniva in precedenza. Per ci che concerne le retribuzioni, si abbandona il tasso di inflazione programmata come indicatore di crescita dei prezzi al consumo, e si prende in considerazione un nuovo indice previsionale, stabilito da un soggetto terzo ed estraneo alle parti sociali, costruito sulla base dellIPCA (indice prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per lItalia). Tale IPCA, per le amministrazioni pubbliche, assume il ruolo di mero parametro di riferimento. Vengono confermati i premi di risultato o per obiettivi, previsti dai contratti decentrati, ma viene previsto che la contrattazione nazionale definisca lelemento economico di garanzia, una somma che le aziende devono erogare in mancanza della previsione di un premio di risultato. Alla contrattazione decentrata viene concesso il potere di derogare in pejus la disciplina economica e normativa prevista dai contratti nazionali, qualora ci sia necessario per fronteggiare situazioni di crisi territoriali o aziendali (clausole di uscita o di apertura).
tra loro. Inoltre, come abbiamo precisato, i contratti collettivi hanno una propria scadenza, al verificarsi della quale si attua un rinnovo, il che pu dar luogo a problemi di disciplina contrattuale, inerenti lapplicazione di una disciplina piuttosto che di unaltra.
contrasto che pu nascere tra contratti collettivi di livelli diversi, per il mancato rispetto delle clausole di rinvio o per mancanza della ripartizione di competenze. Pu capitare, infatti, che i diversi contratti vadano a disciplinare la medesima materia. In tal caso bisogna individuare quale debba prevalere ed in che modo. Anzitutto tale contrasto non si crea quando la stessa legge a prevedere che la disciplina di un istituto o di una materia debba essere dettata da un contratto nazionale di categoria: in tal caso il contratto decentrato risulter invalido ed inefficace. Non vi contrasto nemmeno nellipotesi in cui il contratto nazionale prevede delle clausole di uscita, ossia clausole che permettono, in determinati e specifici casi, al contratto aziendale/territoriale una deroga rispetto alla disciplina dello stesso contratto nazionale. Il contrasto, invece, esiste qualora non ricorrano i casi di cui sopra. La giurisprudenza degli anni 70 credeva che i conflitti andassero risolti tramite lapplicazione dellart.2077c.c. contenente il principio dellinderogabilit in pejus; in seguito, a partire dagli anni 80, la stessa giurisprudenza ha previsto che dovesse prevalere il contratto posteriore nel tempo, fosse esso di livello superiore o inferiore, migliorativo o peggiorativo, fatti salvi i diritti quesiti dal lavoratore. Per risolvere il problema del conflitto di regolazione ( questo il nome dei conflitti tra contratti di diverso livello) venne elaborata anche una teoria dottrinale: avrebbe dovuto prevalere il contratto pi speciale, ossia quello pi vicino alla situazione da regolare. Ci sarebbe stato possibile, per, solo nel caso di contratto decentrato stipulato dalle medesime organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale, perch solo in tal caso il contratto decentrato avrebbe assunto il carattere di specialit. A partire dal Protocollo del 1993, tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che la generalizzazione delle clausole di rinvio e la previsione di una clausola di non ripetibilit, renda invalido il contratto decentrato contenente disposizioni in contrasto con quello nazionale di categoria. In realt una parte consistente della dottrina non riconosce una tale efficacia reale alle clausole di rinvio, il che comporterebbe la piena validit del contratto decentrato. Inoltre va tenuto conto della mancata partecipazione della Cgil allAccordo quadro del 2009, il che comporta che la suddetta confederazione rimane ancora alle previsioni del Protocollo del 1993: non trattandosi, quindi, di una disciplina unitariamente condivisa, quella del 2009 non pu considerarsi come definitivo criterio di giudizio del conflitto-concorso tra contratti collettivi di diverso livello.
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Qualora il legislatore assicuri alla contrattazione collettiva la possibilit di integrare, sostituire o derogare in pejus quanto dalla legge stabilito, si parla di garantismo collettivo, attuato: O garantendo alla contrattazione collettiva la possibilit di derogare ad una norma di legge;O permettendo ad una norma suppletiva di legge di operare solo in caso di mancanza dellaccordo collettivo;O permettendo alla contrattazione collettiva di integrare (e non derogare) le norme legali;O permettendo alla contrattazione collettiva di derogare o integrare una norma legale, ma prevedendo, in mancanza di un accordo collettivo, che lintegrazione venga disposta dal Ministro del lavoro (il che in taluni casi pu anche disincentivare il ricorso alla contrattazione collettiva);O permettendo alla contrattazione collettiva la regolamentazione di una materia, prevedendo che in assenza di tale contrattazione intervenga unautorit amministrativa indipendente (la quale, in realt, interviene anche per vigilare sulla conformit delloperato dei contratti collettivi rispetto alle previsioni legislative).
CAPITOLO NONO LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NEL LAVORO PUBBLICO Diritto pubblico e rapporto di pubblico impiego
La privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, allinterno del nostro ordinamento, si avuta solo a partire dagli anni 90 del secolo scorso. Fino ad allora era prevalsa lidea che i lavoratori pubblici, essendo alle dipendenze delle pubblica amministrazione chiamata a garantire interessi di tutti i cittadini, dovessero essere sottoposti a norme di diritto pubblico ed alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo. Il rapporto di lavoro pubblico non veniva visto in termini contrattuali, bens in termini di supremazia ed autorit dellamministrazione sui propri dipendenti. Eppure gi unautorevole dottrina amministrativistica degli anni 70 aveva attuato una netta distinzione tra il rapporto organico ed il rapporto di servizio, individuando il primo come il rapporto di preposizione allufficio del lavoratore, il quale deve essere regolato obbligatoriamente secondo norme di diritto pubblico, in quanto tali norme sono poste a tutela dellinteresse pubblico per cui
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lufficio stato creato, ed il secondo come il rapporto di scambio tra attivit lavorativa e retribuzione. Bisognava, semplicemente, attuare una distinzione tra lattivit dellamministrazione pubblica ed i singoli atti dei dipendenti, i quali non potevano essere assoggettati a norme pubblicistiche: eppure anche il Consiglio di Stato, nel parere fornito nel 1992 sul primo progetto di riforma, evoc lart.97 Cost. contenente norme in materia di pubblici uffici, non comprendendo la distinzione pocanzi descritta.
Accordi sindacali e disciplina del rapporto attraverso il loro recepimento in atti regolamentari
Il rapporto di lavoro pubblico, quindi, non aveva natura contrattuale e la P.A. datrice di lavoro aveva un ruolo di supremazia tale da non ammettere che il rapporto fosse disciplinato da una fonte contrattuale e privatistica, il contratto collettivo. Tuttavia, sulla spinta dei dipendenti pubblici e delle associazioni rappresentative degli stessi, nel 1968 il legislatore riconobbe il ruolo degli accordi sindacali (praticamente la contrattazione collettiva), ma non come autonome fonti di disciplina del rapporto di lavoro, ma come momento di un procedimento amministrativo che avrebbe portato la P.A. allemanazione di un atto regolamentare, che avrebbe a sua volta disciplinato il rapporto di lavoro. La legge quadro sul pubblico impiego del 1983 conferm questo schema, in cui laccordo sindacale rappresentava semplicemente un punto di partenza da tenere in considerazione. Negli anni 90, per, questo sistema mostr tutte le proprie lacune, determinando una riflessione sulla natura contrattuale del rapporto di lavoro pubblico, al pari di quello privato. Va sottolineato come il modello della L.93/1983 stato, di recente, adottato per alcuni casi specifici: personale diplomatico, forze di polizia e forze armate, corpo dei vigile del fuoco. Il particolare vincolo gerarchico di queste amministrazioni spiega la ratio di tale adozione.
Dopo la privatizzazione del pubblico impiego, gli accordi sindacali, di cui avevamo gi parlato, si sono trasformati in veri e propri contratti collettivi, potendo disciplinare direttamente la materia del rapporto di lavoro pubblico, senza un provvedimento da parte della P.A., la quale potr intervenire, nello stesso limite previsto per il datore di lavoro privato, solo nel momento in cui non sia stato raggiunto un accordo e senza poter corrispondere trattamenti economici superiori rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi. La contrattazione collettiva stata, per, ridimensionata da un recente intervento del legislatore: il D.Lgs.150/2009, noto come riforma Brunetta ed attuativo della L.15/2009 in materia di ottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, ha disciplinato direttamente alcuni aspetti del rapporto di lavoro pubblico, che appartenevano alla competenza della contrattazione collettiva. Il processo di delegificazione iniziato con la L.421/1992 si , quindi, interrotto per dar luogo ad una rilegificazione. E stato previsto, inoltre, che i contratti collettivi possano regolare diversamente la materia del rapporto di lavoro pubblico solo su espressa autorizzazione della legge. Dettagliatamente sono stati, poi, regolati i meccanismi di valutazione dei dipendenti, di incentivazione della produttivit e della qualit delle prestazioni lavorative ai fini della progressione in carriera, nonch la responsabilit disciplinare del dipendente.
Chiarito a chi spetta la rappresentanza dei lavoratori nellambito di accordi contrattuali sia nazionali che decentrati, dobbiamo sottolineare cha la rappresentanza delle amministrazioni pubbliche spetta, a partire dal 1992 e dalla riforma dello stesso anno, allAran, agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. In precedenza, invece, spettava a particolari delegazioni formate da rappresentanti politici di governo, molto spesso incompetenti e sottoposti a pressioni di tipo elettoralistico. LAgenzia, invece, rappresenta tutte le pubbliche amministrazioni nella conclusione di contratti nazionali ed assiste le singole amministrazione nella conclusione di contratti integrativi (solo le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno diritto a costituire proprie agenzie). LAran, per, nella sua azione non libera del tutto, in quanto vincolata ad atti di indirizzo dei comitati di settore: il primo comitato costituito nellambito della Conferenza delle Regioni, per ci che concerne le stesse Regioni, gli enti regionali ed il Servizio Sanitario nazionale; il secondo comitato, invece, costituito nellambito dellAnci (associazione nazionale comuni italiani), dellUpi (unione province italiane) e dellUnioncamere, per ci che riguarda gli Enti locali, le Camere di commercio ed i segretari comunali/provinciali; il terzo comitato rappresentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e linnovazione, di concerto con il Ministro delleconomia, che rappresenta tutte le altre amministrazioni pubbliche. Inoltre lAran, per sottoscrivere definitivamente un contratto collettivo, deve ottenere il parere favorevole del comitato di settore interessato sullipotesi di accordo, ossia sullaccordo gi predisposto a cui manca soltanto la firma.
Il procedimento contrattuale
Per ci che concerne la contrattazione nazionale, vi una fase preliminare alla vera e propria contrattazione, che consta di 3 momenti: la legge finanziaria stabilisce gli oneri di spesa per lo Stato, mentre quelli a carico delle altre amministrazioni vengono fissati dai propri bilanci; il comitato di settore o il Presidente del Consiglio impartiscono gli indirizzi allAgenzia;Si individuano i sindacati abilitati alla trattativa.Spetta, poi, allAran portare avanti la trattativa con i sindacati e trovare un accordo, su cui dovr esprimere parere favorevole il comitato di settore interessato (trattasi di parere favorevole e non di autorizzazione, in quanto lAran ed il comitato curano il medesimo interesse). Per sottoscrivere il contratto collettivo, tra laltro, lAran non necessita SOLO del parere favorevole di cui sopra, ma anche della certificazione di compatibilit dellaccordo con il bilancio, emessa dalla Corte dei conti, che in poche parole va a verificare la copertura finanziaria del contratto. In caso di esito negativo, lAran deve riaprire il tavolo delle trattative con i sindacati per ridurre i costi; in caso di esito positivo, invece, pu sottoscrivere il contratto. Per ci che concerne, invece, i contratti integrativi, la disciplina rimessa interamente alla contrattazione nazionale ed il controllo sui costi viene svolto dal collegio dei revisori dei conti o dai servizi interni.
CAPITOLO DECIMO SINDACATI E SISTEMA POLITICO SEZIONE A: LA CONCERTAZIONE Lazione politica del sindacato ed il ruolo dei pubblici poteri nelle relazioni industriali
Il sindacato nasce come forma organizzativa di pi soggetti per garantire le condizioni minime economiche e normative ai lavoratori, in modo da ottenere una vasta tutela soprattutto sotto il profilo della retribuzione. Col tempo, per, il concetto di sindacato, ed i poteri ad esso connessi, sono accresciuti, affiancando allazione economica quella politica. Possiamo distinguere due modelli sindacali: il sindacalismo economico/negoziale (business unionism), tipicamente statunitense, che privilegia gli obiettivi di carattere economico, senza avere rapporti di alcun tipo con il potere politico, e che sfrutta come unico strumento la contrattazione collettiva; ed il sindacalismo competitivo (competitive unionism), tipicamente britannico ed italiano, che pone in essere unazione tanto economica quanto politica, intrattenendo relazioni con i partiti politici e con i vari governi, e che auspica riforme di carattere economico-sociale. A partire dalla crisi petrolifera degli anni 70, come abbiamo gi detto, si ebbe una crisi dellintero mercato del lavoro, soprattutto sotto il punto di vista occupazionale. Lo Stato, pertanto, necessitava dellappoggio delle associazioni sindacali per portare avanti una politica socio-economica volta a risanare la situazione di crisi: per tal motivo, pian piano, esso assunse la veste di terza parte negoziale, assumendo in tal modo impegni politici allinterno della contrattazione, un tempo svolta solo tra le parti sociali (nacquero i c.d. accordi triangolari).
appoggio ai sindacati, non riscontrando alcun beneficio in tali accordi triangolari.Il secondo concetto vede la concertazione come un vero e proprio metodo decisionale degli obiettivi economico-sociali comuni, cui partecipano tanto lo Stato, quanto le parti sociali, cui viene, pertanto, attribuita una quota di autorit e di responsabilit. Tale concetto, quindi, prevede un sistema di compartecipazione alla vita del Paese, il che lo rende pi stabile: lo Stato, in tal caso e differentemente dal concetto precedente, non deve disporre di risorse economiche da scambiare, il che rende tale concertazione pi stabile. Il primo tipo di concertazione si avuto in Italia negli anni 80, mente nel decennio successivo si concretizzato il secondo tipo. Talune volte lo Stato italiano giunto, addirittura, alla consultazione delle parti sociali prima dellapprovazione di un provvedimento, e si parlato in tal caso di leggi negoziate, o ad autorizzare il contratto collettivo alla deroga o allintegrazione della disciplina legislativa, e si avuta la c.d. contrattazione delegata. Allinterno della XIV legislatura (2001-2006), si assistito alla creazione di un nuovo modello di dialogo sociale, pi che altro di matrice comunitaria: gli obiettivi di politica economico-sociale non sono pi pattuiti consensualmente dalla Stato con le parti sociali, bens sono fissati dallo Stato stesso, che si impegna solo alla consultazione ed allinformazione delle parti sociali (presentazione del Libro Bianco sul mercato del lavoro del 2001 e conseguente consultazione).
dovuto tenere conto dellesito del confronto. Il Protocollo del 93, quindi, non si basava sullo scambio politico tra vincoli (previsti per le parti sociali) e benefici (erogati dallo Stato), ma coinvolgeva le parti sociali nelle decisioni di politica economica, sulla base di obiettivi condivisi.
SEZIONE B: IL DIALOGO SOCIALE NELLORDINAMENTO DELLUNIONE EUROPEA Unione europea e attivit negoziale delle organizzazioni sindacali
Abbiamo visto come, in Italia ed in altri Paesi europei, sia cresciuta, col tempo, lesigenza dei poteri pubblici di ottenere lappoggio delle parti sociali per la propria azione politica di carattere economico-sociale. Tale esigenza stata avvertita anche a livello europeo e ci ha indotto il legislatore comunitario a riconoscere alle organizzazioni sindacali ed a quelle degli imprenditori un ruolo importante nella formazione delle politiche europee in materia sociale. Tuttavia, mentre nei vari Paesi europei, stata la forza delle organizzazioni sindacali ad ottenere riconoscimenti nellambito della contrattazione collettiva, prima, e della procedura di concertazione, poi, in ambito comunitario avvenuto un processo inverso: stato lo stesso legislatore comunitario a chiedere la partecipazione delle organizzazioni rappresentative alla politica sociale dellUnione. Ci non ha incontrato pochi ostacoli: le stesse organizzazioni sindacali dei vari Stati membri hanno tentennato per lungo tempo nellattribuire dei propri poteri ad organizzazioni, dello stesso genere, sovrannazionali. Inoltre per lungo tempo mancato un riconoscimento giuridico dei diritti sociali fondamentali, che invece si avuto con la Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea del 2000 e, pi concretamente, con il Trattato di Lisbona del 2007, entrato in vigore il 31 dicembre 2009. Il dialogo sociale europeo, superando gli ostacoli di cui sopra, si comunque sviluppato dallalto verso il basso, a differenza del dialogo sociale interno a singoli Stati. Tuttavia, dobbiamo comunque ricordarci che lart.153 TFUE nega la competenza dellUnione in materia sindacale,
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Il dialogo sociale e gli accordi sindacali europei: procedure ed attuazione secondo il diritto dellUnione europea
Al dialogo tra le parti sociali, e tra queste e le Istituzioni, sono dedicati gli artt.151-155 TFUE in materia di politica sociale.Lart.151 TFUE sottolinea come il dialogo sociale, al pari della promozione delloccupazione, del miglioramento del tenore di vita, dellaumento delloccupazione e dello sviluppo delle risorse umane, sia uno degli obiettivi principali di politica sociale dellUnione.Lart.152 TFUE riconosce, poi, valore istituzionale al Vertice sociale trilaterale per la crescita e loccupazione, organo formato dai rappresentanti dei lavoratori, degli imprenditori e del Consiglio, assicurandogli un ruolo di partecipazione attiva alle azioni comunitarie. Lart.153 TFUE indica, invece, le materie di competenza concorrente con gli Stati membri dellUnione, escludendone alcune di ampia rilevanza, quali il diritto allo sciopero, la serrata, il diritto di associazione e le retribuzioni. Solo nelle materie indicate da questo articolo sar ammesso un intervento dellUnione. Lart.154 TFUE attribuisce alla Commissione il compito di consultare le parti sociali a livello europeo, sia prima che durante la formulazione di una proposta legislativa da presentare in seguito al Consiglio (ricordiamo che la Commissione listituzione con potere diniziativa legislativa); sulla proposta le parti sociali esprimeranno una raccomandazione, sebbene non vincolante. Lart.155 TFUE prevede, poi, la facolt delle parti sociali, sulla materia oggetto di proposta, di comunicare alla Commissione che esse stesse intendono regolare la materia tramite la contrattazione collettiva, il che congela lazione della Commissione per un periodo di nove mesi. Gli accordi raggiunti in fase di consultazione o quelli posti in essere, autonomamente, dalle parti sociali, possono essere attuati tramite due procedure diverse: una prima procedura, definita come debole e che da luogo ad accordi liberi, prevede che allattuazione della disciplina provvedano gli Stati membri, il che ci fa ben capire che la stessa non risulter semplice, dato che dovranno provvedervi 27 Paesi diversi; la seconda procedura, definita come forte e i cui accordi sono definiti vincolati, prevede unazione dellUnione, tramite una proposta della Commissione e lapprovazione da parte del Consiglio (trattasi di procedura abbreviata, in cui il Parlamento non ha alcun ruolo), che provvede allemanazione di una decisione, che nella prassi viene considerata una direttiva.
di rafforzamento della coesione economica e sociale dellUnione. Inoltre stato previsto tutto un apparato di riconoscimento delle relazioni industriali transnazionali, realizzate tramite la contrattazione transnazionale collettiva, la quale esula dalloperato delle istituzioni.
Gli sviluppi pi recenti del dialogo sociale:nuove tecniche regolative e contrattazione collettiva europea Vedi libro pag.227
CAPITOLO UNDICESIMO LAUTOTUTELA ED IL DIRITTO DI SCIOPERO Lautotutela degli interessi collettivi
Lautotutela degli interessi collettivi la manifestazione di gran lunga pi importante delloperato sindacale. Essa pu manifestarsi tramite lo sciopero dei lavoratori, che la forma pi importante e tipica, ma vi sono tutta una serie di altre forme che analizzeremo nellultimo capitolo, sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro. Grazie allautotutela una parte del conflitto sindacale riesce a far pressione sullaltra e manifesta, in tal modo, il proprio potere allinterno delle trattative (pensate allo sciopero dei lavoratori ILVA nei confronti del proprio datore di lavoro per rivendicare alcuni diritti: se a tale sciopero partecipa il 70%/75% dellILVA, il datore di lavoro potr riconsiderare la propria posizione. Se egli nota, invece, che a tale sciopero prende parte un numero modesto di lavoratori, egli non far altro che rafforzare il proprio potere al tavolo delle trattative). Tuttavia lo sciopero pu essere mirato a far pressione anche su un soggetto diverso, lo Stato, per spingerlo ad unazione di Governo pi rapida o migliore. Tra laltro vi sono forme di autotutela che formano oggetto di un diritto, addirittura costituzionalmente garantito, sebbene esercitato entro i limiti legali. Vi sono altre forme che costituiscono espressione della mera libert di una parte (pensiamo alla serrata dei datori di lavoro) ed infine vi sono manifestazioni di autotutela che configurano un illecito civile, amministrativo e nel peggiore dei casi penale. N.B. la parte che segue di fondamentale importanza, quindi se fino ad ora avete studiato mettendoci il 60% del vostro impegno, siete invitati, per vostro stesso interesse, ad aumentare tale percentuale nellanalisi dei capitoli dallundicesimo al quattordicesimo. Il diritto sindacale anzitutto diritto di sciopero. Senza di esso i sindacati non avrebbero alcun potere e non avrebbero, storicamente, acquisito alcun diritto.
amministrazione tutti i mezzi di lotta sindacale, sia nel settore privato, sia in quello pubblico in merito, soprattutto, ai servizi essenziali. La L.146/1990 ha abrogato definitivamente le norme penali riguardanti lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, disciplinando direttamente la materia.
corrisponda una mancata retribuzione da parte del datore di lavoro, non essendoci prestazione lavorativa.
Sciopero e retribuzione
Abbiamo gi detto che lo sciopero, sospendendo lattivit lavorativa oggetto del contratto di lavoro, fa venire meno anche la controprestazione retributiva del datore di lavoro. Ad essere sospesa, in base alla durata dello sciopero, la retribuzione nella sua interezza, ossia comprensiva di tutti gli elementi accessori, quali la tredicesima mensilit, altre mensilit aggiuntive, premi ecc. Inoltre lo sciopero comporta anche la diminuzione delle ferie: se esse rappresentano la possibilit per il lavoratore di recuperare le energie spese durante un anno di lavoro, non potranno essere erogate totalmente qualora il lavoratore non abbia speso alcun energia, appunto scioperando. Una dottrina meno accreditata, prevede invece che lo sciopero non debba ricadere n sulle ferie, n sugli elementi accessori della retribuzione, il che, per, non concepibile alla luce della sospensione dellattivit lavorativa. Caso particolare quello degli scioperi brevi, ossia quelli di durata inferiore alla giornata di lavoro. In tal caso bisogna tener conto dellunit tecnico-temporale infrazionabile della prestazione lavorativa, prevedendo che una sospensione della retribuzione in tal caso, inerente lintera giornata lavorativa, concepibile solo nel momento in cui lattivit lavorativa perda di significato: al di sotto dellunit tecnico-temporale, infatti, sar ammessa la sospensione della retribuzione.
SEZIONE A: GLI INTERVENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLE NORME PRECOSTITUZIONALI INCRIMINATRICI DELLO SCIOPERO Sciopero-diritto e sciopero-reato
Abbiamo gi avuto modo di precisare come, anteriormente alla Costituzione, fossero in vigore norme del codice penale che definivano lo sciopero come reato, residuo dellordinamento corporativo fascista. In realt tali norme rimasero in vigore anche dopo lemanazione della Costituzione, entrando cos in contrasto con lart.40. La L.146/1990, che ha disciplinato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, ha abrogato gli artt.330 e 333 c.p. che vietavano lo sciopero in tali servizi. Sono rimasti, per, in vigore gli artt.502 al 508 c.p. Solo lart.502 venne dichiarato incostituzionale dalla Corte , il quale puniva la serrata e lo sciopero per fini contrattuali, ma la Corte non ha esteso, pur potendo farlo, lillegittimit ai successivi articoli, limitandosi alla manipolazione degli stessi, attraverso dichiarazioni dincostituzionalit parziale.
Lo sciopero politico
Soffermiamoci ora sugli art.503 e 504 del codice penale. Il primo prevede il reato di sciopero politico, mentre il secondo prevede il reato di sciopero volto a costringere lautorit ad emanare o a non emanare un provvedimento, o comunque ad influire su di essa. Secondo la tecnica definitoria giurisprudenziale sopra descritta e in forza dellorientamento dottrinale secondo cui lo sciopero potesse essere posto in essere solo come diritto potestativo nei confronti del datore di lavoro, gli artt.503 e 504 c.p. erano pienamente legittimi e compatibili con lart.40 Cost. In seguito, per, abbiamo visto come sia lorientamento dottrinale di questo genere, sia la tecnica definitoria, siano venuti meno, dando luogo ad una nuova linea dottrinale che concep la distinzione tra sciopero politico in senso stretto, ossia inerente alle linee politiche generali di un Governo in materie differenti da quelle del lavoro, e sciopero economico-politico, posto in essere al fine di rivendicare i diritti dei lavoratori e riguardante le condizioni socio-economiche degli stessi. Inizialmente la Corte costituzionale abbracci questa nuova teoria, prevedendo che legittimo fosse lo sciopero politico posto in essere al fine di tutelare gli interessi collettivi dei lavoratori, per spingere, quindi, lo Stato ad intervenire su una materia o ad evitare interventi sulla stessa. In seguito si comprese come anche lo sciopero politico puro (non solo, quindi, economico-politico), sebbene non fosse direttamente tutelato dallart.40 Cost., fosse ugualmente un mezzo di partecipazione allorganizzazione politica, sociale ed economica del Paese, al pari di quanto previsto in tema di uguaglianza sostanziale dallart.3 comma 2 Cost., e che quindi fosse comunque una libert, sebbene non un diritto. Si giunse, quindi, a dichiarare quasi totalmente incostituzionale lart.503 c.p.: la Corte costituzionale lo lasci in vigore per i soli casi in cui lo sciopero politico avesse tentato di sovvertire lordinamento costituzionale o laddove, oltrepassando i limiti di una legittima forma di pressione, avesse impedito il libero esercizio dei diritti e poteri nei quali si manifesta la sovranit popolare. La questione rimane, tuttora, incerta, in quanto non si ben capito, in quanto non precisato, quale siano i limiti di una legittima forma di pressione e cosa debba intendersi per impedimento del libero esercizio, laddove sarebbe necessario anche il dolo degli scioperanti (es. sciopero del settore dei trasporti impedisce una riunione parlamentare: non c dolo, quindi il reato non dovrebbe sussistere). Il medesimo ragionamento, comunque, venne adottato anche per lart.504 c.p. Concludiamo dicendo che, comunque, i due articoli sono ancora in vigore allinterno del nostro ordinamento, sebbene particolarmente manipolati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
Lo sciopero di solidariet
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Allinterno del nostro ordinamento risulta ancora in vigore lart.505 c.p., il quale vieta il c.d. sciopero di solidariet. La Corte costituzionale, con la sentenza 123/1962 ha legittimato tale sciopero, che ricorre quando alcuni lavoratori scioperino senza avanzare pretese inerenti il proprio rapporto di lavoro, ma semplicemente per solidarizzare con le rivendicazioni di altri gruppi oppure contro la lesione di interessi di un singolo lavoratore, solo nel caso in cui vi sia una comunanza di interessi, ossia degli interessi condivisi, tra chi sciopera e chi vede lesi i propri diritti/interessi. Qualora questa comunanza manchi, si applica lart.505 c.p.
trattava, in sostanza, di contemperare linteresse tutelato dallart.40 Cost. ed altri interessi costituzionali. Uno di questi interessi, che possono limitare lesercizio del diritto di sciopero, quello inerente la libert diniziativa economica dellimprenditore, contenuto allinterno dellart.41 Cost. Lo sciopero, in pratica, non deve recare un DANNO ALLA PRODUTTIVITA, ossia non deve pregiudicare irreparabilmente la produttivit, la capacit di produrre dellazienda, ossia la possibilit per limprenditore di continuare a svolgere la propria attivit economica. Non si tratta, quindi, di una DANNO ALLA PRODUZIONE, ossia alla possibilit di trarre ricavo/guadagno dalliniziativa economica, che invece pu essere arrecato proprio per danneggiare limprenditore al fine di ottenere una maggior tutela dei diritti dei lavoratori.
Trattato e solo a patto che sia giustificato da ragioni dinteresse generale, qualora, tra laltro, risulti impossibile una diversa azione volta allo stesso scopo e non limitativa delle libert economiche, in quanto questa stessa azione (lo sciopero) potrebbe travalicare ci che necessario per raggiungere lo scopo. In poche parole lo sciopero va posto in essere per limitare tali libert solo entro certi limiti e solo in casi estremi. Punto primo: quale Trattato attribuisce alla Corte di Giustizia il potere di limitare il diritto di sciopero, dato che lUnione Europea non ha competenza in materia, proprio in forza dellart.153 TFUE??? e detto ci, la Corte non dovrebbe esprimersi solo sullosservanza delle norme del Trattato e dei principi generali comunitari, ma solo nelle materie di competenza, esclusiva e concorrente, dellUnione?Punto secondo: perch viene dato per scontato che la Viking stia esercitando semplicemente la libert di stabilimento e non stia manipolando la stessa per un fine distorto o fraudolento???Punto terzo: perch la Corte di Giustizia, pur ponendo sullo stesso piano le libert economiche e la libert di intraprendere azioni collettive (come lo sciopero), permette alle seconde di prevalere???
I servizi essenziali
Sono servizi essenziali secondo lart.1 della L.146/1990 quelli volti a garantire i diritti della persona costituzionalmente tutelati, enunciati nello stesso articolo, ossia il diritto alla vita, alla salute, alla libert ed alla sicurezza, alla libert di circolazione, allassistenza ed alla previdenza sociale, allistruzione ed alla libert di comunicazione. Sempre lart.1 precisa che la definizione di servizi essenziali esuli dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, pubblico o privato. Lart.2 contiene, poi, un elenco esemplificativo dei servizi essenziali.
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Abbiamo avuto modo di dire, nei precedenti capitoli, che titolare del diritto di sciopero non solo il lavoratore subordinato, ma anche quello parasubordinato, con lesclusione dei lavoratori autonomi. Nella L.146/1990 vi era gi la volont del legislatore di estendere la normativa oltre il confine del lavoro subordinato, ma il legislatore non era stato abbastanza chiaro ed esplicito, nonostante in seguito la dottrina lo avesse appoggiato.La Corte Costituzionale, in una sentenza del 1994, aveva ribadito come fosse necessaria unintegrazione della disciplina legislativa, dato che la L.146 comprendeva solo il diritto di sciopero, di cui non godevano (e non godono) i lavoratori autonomi. In una successiva pronuncia, due anni pi tardi, la Corte aveva ritenuto incostituzionali due commi dellart.2 della legge 146, prevedendo che un congruo preavviso inerente lastensione dallattivit lavorativa dovesse essere dato anche da coloro che non godevano del diritto di sciopero, sebbene erogassero servizi essenziali. La L.83/2000 ha colmato la lacuna della legge 146, prevedendo dei limiti anche allastensione dalla propria attivit di lavoratori autonomi esercenti servizi pubblici essenziali.
Le prestazioni indispensabili
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Uno dei limiti imposti al diritto di sciopero, in ambito di servizi pubblici essenziali, costituito dallobbligatoriet di garantire i servizi indispensabili anche in costanza dello sciopero: si parla, in tal caso, di prestazioni indispensabili. Il compito di individuare le prestazioni indispensabili e di organizzarle spetta alla contrattazione collettiva, per ci che concerne i lavoratori subordinati, ed ai codici di autoregolamentazione delle associazioni di categoria, per ci che riguarda i lavoratori autonomi, i professionisti ed i piccoli imprenditori. Sia gli accordi che i codici di autoregolamentazione devono, non solo, individuare le prestazioni indispensabili, ma anche prevedere delle misure per lerogazione delle stesse: pu trattarsi di misure che prevedano lo sciopero solo di alcune quote di lavoratori, con lesercizio dellattivit lavorativa da parte di altri, oppure di misure che prevedano unerogazione periodica dei servizi nella loro totalit ed un assenza in altri periodi. Non va dimenticato, inoltre, lobbligo di rarefazione, il quale prevede che gli accordi debbano indicare periodi minimi di tempo tra uno sciopero e laltro, onde evitare una mancata continuit dei servizi pubblici. Va sottolineato come tali accordi si applichino anche ai lavoratori non iscritti ai sindacati firmatari dellaccordo collettivo inerente le prestazioni indispensabili. Tra laltro, un organismo appositamente costituito, ossia la Commissione di garanzia dellattuazione della legge, deve valutare lidoneit dellaccordo e la sua conformit alle previsioni legislative, oltre a poter prevedere regole provvisorie in mancanza dellaccordo stesso.
Le sanzioni
La Commissione di garanzia per lattuazione della legge possiede, inoltre, un elevato potere sanzionatorio, accresciuto dalla modifica apportata dalla L.83/2000. Essa, anzitutto, pu valutare il comportamento delle parti di un conflitto sindacale ed aprire, nei loro confronti, un procedimento, dufficio o su istanza di una delle parti; tale procedimento va notificato alle parti, che hanno trenta giorni per chiedere di essere sentite. Entro e non oltre 60 giorni, comunque, la Commissione deve pronunciarsi sul comportamento della parte sociale interessata, deliberando una sanzioni ed indicando un termine entro il quale la decisione deve essere eseguita. Per ci che concerne i lavoratori aderenti ad uno sciopero illegittimo, la Commissione pu deliberare sanzioni in proporzione allinfrazione, escluso, per, il licenziamento. I dirigenti dellamministrazione/impresa per cui lavorano tali lavoratori devono eseguire la decisione della Commissione, dovendo una somma pecuniaria, a titolo di sanzione, per ogni giorno di ritardo nellapplicazione. Nei confronti,
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invece, delle organizzazioni sindacali che proclamino uno sciopero in violazioni delle disposizioni inerenti il preavviso, la comunicazione scritta, lindicazione della durata e delle modalit dello sciopero, lesperimento obbligatorio della procedura di raffreddamento, la Commissione pu prevedere:La sospensione dei permessi sindacali retribuiti;Il mancato recepimento dei contributi sindacali, girati allINPS;Lesclusione dalle trattative;In assenza di benefici patrimoniali e di partecipazione alle trattative, pu essere prevista una sanzione amministrativa pecuniaria a carico dellorganizzazione sindacale. Anche per le organizzazioni dei lavoratori autonomi, dei professionisti e dei piccoli imprenditori, possono essere previste sanzioni in caso di violazione dei codici di autoregolamentazione o della regolamentazione provvisoria prevista dalla Commissione. Unico particolare, meritevole di essere citato, lo ritroviamo nel fatto che della sanzione rispondono solidalmente i lavoratori e le proprie organizzazioni: di fatto, quindi, qualora lorganizzazione dovesse adempiere al pagamento della sanzione, i lavoratori ne uscirebbero indenni.
quindi effettivamente necessarie per il raggiungimento del fine. Il provvedimento va comunicato 48 ore prima dellastensione, portato a conoscenza degli interessati tramite comunicazione ed affisso nei luoghi di lavoro, nonch diffuso tramite mass-media. Lordinanza pu essere impugnata, dalle parti interessate, entro 7 giorni dalla comunicazione o dallaffissione, presso il TAR competente. Sono previste delle sanzioni pecuniari per chi non ottemperi al provvedimento di precettazione, irrogate dallAutorit precettante ed applicate dallispettorato del lavoro.
CAPITOLO QUATTORDICESIMO ALTRE FORME DI LOTTA SINDACALE E LA SERRATA SEZIONE A: ALTRE FORME DI LOTTA SINDACALE Premessa
Vi sono tutta una serie di forme di lotta sindacale che non sono identificabili con lo sciopero, o perch vanno oltre di esso:Sciopero bianco;Occupazione di fabbrica;Blocco delle merci;o semplicemente perch non consistono in unastensione dal lavoro:Boicottaggio;Sciopero delle mansioni;Ostruzionismo; Rallentamento concertato della produzione;Non collaborazione. Nonostante si faccia spesso confusione, non confondiamo mai tutte queste forme di lotta sindacale con lo sciopero.
anche ricorrendo alla violenza: in tal caso il comportamento deve cessare e possono ricorrere gli estremi per lapplicazione dellart.610 c.p. (violenza privata).
Il boicottaggio
Lultima forma di lotta sindacale, che esula dallo sciopero, che andiamo ad analizzare il boicottaggio: esso si attua quando, mediante propagando o valendosi della forza di gruppi sociali, si inducono una o pi persone a non stipulare patti di lavoro, e a non somministrare materie prime o strumenti necessari al lavoro, oppure a non acquistare gli altrui prodotto agricoli o industriali. La Corte costituzionale ha ritenuto legittimo lart.507 c.p. che punisce tale reato.
SEZIONE B: LA SERRATA E LE ALTRE FORME DI AUTOTUTELA DEL DATORE DI LAVORO Il silenzio della Costituzione
Allinterno della nostra Carta costituzionale non previsto, in alcun modo, la libert di serrata da parte dei datori di lavoro: esso consiste nella chiusura totale o parziale dellimpresa, rifiutando le prestazioni dei lavoratori e non corrispondendo le retribuzioni. E una forma di autotutela degli imprenditori. In realt la Costituzione lha volutamente esclusa, in quanto non voleva in alcun modo porre sullo stesso piano i datori di lavoro ed i lavoratori, tutelando in tal modo questi ultimi come categoria socialmente sottoprotetta e degna di un apposito strumento di autotutela.
sarebbero detraibili i guadagni del lavoratore fatti altrove. Unaltra teoria dottrinale, invece, prevede che lobbligazione retributiva permanga anche in stato di mora credendi e, pertanto, il datore di lavoro dovrebbe ugualmente corrispondere le retribuzioni.
La serrata di ritorsione
Lart.1206 c.c., in tema di mora credendi, prevede che il creditore non sia in mora nel momento in cui rifiuta la prestazione per un motivo legittimo: il caso della c.d. serrata di ritorsione (o messa in libert), la quale si verifica quando venga posto in essere uno sciopero articolato (a singhiozzo o a scacchiera). Infatti nella prassi italiana la serrata non mai stata posta in essere per rivendicare qualcosa, ma solo come risposta a forme di lotta sindacale dei lavoratori. Si cercato in vari modi di giustificare la serrata dei datori di lavoro nel caso di sciopero articolato: un orientamento giurisprudenziale ha sostenuto che la legittimit della serrata derivasse dallillegittimit dello sciopero, di fatto prevedendo una responsabilit collettiva dei lavoratori che nel nostro ordinamento non esiste; un altro orientamento ha valutato la legittimit della serrata, precisando che, nel momento in cui al datore viene offerta la prestazione lavorativa, egli non ha interesse ad ottenerla in quanto non pi utilizzabile e non proficua: questo, per, comporterebbe il passaggio del rischio della produttivit sul lavoratore, da sempre, invece, gravante sullimprenditore. Possiamo concludere che la serrata di ritorsione ammissibile solo:Quando la prestazione, offerta nellintervallo di uno sciopero a singhiozzo, sia tanto breve da non consentire alla prestazione stessa di realizzare la sua minima unit tecnicotemporale: in sostanza la prestazione perde di significato, essendo diversa da quella contrattualmente prevista;Quando, in uno sciopero a scacchiera, lastensione di un gruppo di lavoratori, comporti limpossibilit degli altri di eseguire la prestazione: la prestazione diviene impossibile ed legittimo il rifiuto dellimprenditore.