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Pieve 1944 il paese cancellato

Comune di Pieve Santo Stefano


Croce di Guerra al Valor Militare Citt Del Diario

Provincia di Arezzo

Facolt di Lettere e Filosofia di Arezzo

Pieve 1944 un progetto di Associazione Culturale Antiche Prigioni Centro Studi Storici e Ricerche Archeologiche - onlus Fondazione Archivio Diaristico Nazionale - onlus in collaborazione con Archivio Fotograco Livi Comune di Pieve Santo Stefano Pieve 1944. Il paese cancellato percorso narrativo a cura di Loretta Veri immagini dellArchivio Fotograco Livi realizzate da Lidio Livi frasi tratte dalle testimonianze orali raccolte dalle associazioni nellambito del progetto brani dai diari dellArchivio di Pieve Santo Stefano a cura di Bettina Piccinelli progetto graco e impaginazione: Chiara Bigiarini stampa: Al. Sa. Ba. Grache, Colle Val dElsa (SI) gennaio 2008

Associazione Culturale Antiche Prigioni Centro Studi Storici e Ricerche Archeologiche - onlus Fo n d a z i o n e A r c h i v i o D i a r i s t i c o N a z i o n a l e

Pieve 1944 il paese cancellato

c o n l e i m m a g i n i d e l l A r c h i v i o Fo t o g ra f i c o L i v i

Ogni luogo ha la sua storia. Quella di Pieve Santo Stefano ha un lieto ne. Il paese diventato per tutti la capitale del diario, il luogo che celebra, dal 1984, limportanza della conservazione dei ricordi e il culto della memoria. come una forma di restituzione per un paese che ha rischiato di essere cancellato per sempre, dalla geograa e dalla Storia, per la ferocia delluomo e linsensatezza delle guerre. Questo volume una specie di piccolo miracolo. Noi amministratori parliamo sempre di come le Associazioni e gli enti dovrebbero lavorare in sinergia, facendo rete e coinvolgendo il territorio. Grazie alla felice intuizione di Fioralba Errera, che nel 2004 ha presentato la sua idea allAmministrazione Comunale e a tutte le Associazioni di Pieve, si sviluppato un progetto dal titolo Pieve 1944. Liniziativa ha coinvolto lintero paese, ha fatto lavorare insieme tre associazioni di Pieve Santo Stefano sotto il patrocinio del Comune (unico della Provincia di Arezzo ad essere stato insignito della Croce di Guerra al Valor Militare), ha portato alla luce un patrimonio semisconosciuto di immagini straordinarie dellArchivio Fotograco Livi, che oggi diventa, grazie a questa pubblicazione, un bene collettivo. anche grazie al Consiglio Regionale della Toscana se questo libro prende forma. Proprio il Consiglio Regionale, infatti, ha sottolineato che limportanza della documentazione reperita andava al di l dellinteresse locale e aveva pieno diritto di trovare spazio in una pubblicazione. Le tre associazioni, come noto, sono le Antiche Prigioni, lArchivio diaristico nazionale e il Centro studi storici e ricerche archeologiche. Ognuna con la propria esperienza, ognuna con il proprio bagaglio artistico e culturale, queste tre associazioni hanno contribuito a rendere il progetto un elemento di identit per il paese di Pieve. Di pari passo allimpegno di valorizzare le immagini fotograche, c stato quello di recuperare i ricordi degli abitanti, attraverso le tracce di scrittura dei loro diari depositati presso lArchivio, ma anche attraverso il lavoro delle interviste realizzato in questi tre anni. Il progetto si sviluppato in una prima mostra, dal titolo Pieve 1944, tracce della memoria di Pieve Santo Stefano e dei suoi abitanti (agosto/settembre 2004), una seconda mostra dal titolo Il paese cancellato. Pieve, la memoria, il risveglio (aprile/maggio 2005) e si conclude con questa prestigiosa pubblicazione che vuole fortemente restituire a Pieve la dignit del recupero della sua memoria. un libro nel quale gli abitanti di Pieve potranno facilmente rispecchiarsi e riconoscersi. il racconto di unintera comunit attraverso la voce dei suoi protagonisti. Di chi stato costretto a lasciare la sua casa e non lha ritrovata al ritorno dallo sfollamento. La nostalgia del paese comera, lo strazio del ritorno con lo spettacolo delle macerie, i lutti terribili continuati anche molti anni dopo la guerra, la ricostruzione affrettata del dopo, per ridare una volto, totalmente diverso, al paese, adesso diventano un libro che un racconto corale, fatto di voci e immagini della nostra Pieve. Le fotograe straordinarie realizzate da Lidio Livi sottolineano perfettamente lincedere dei ricordi. Un doveroso grazie agli enti e agli sponsor che hanno creduto in questa pubblicazione e a tutti quelli che hanno lavorato in questo progetto, per la passione che li ha animati, per le felici intuizioni che hanno avuto e per la qualit del prodotto che hanno saputo realizzare.
Lamberto Palazzeschi Sindaco di Pieve Santo Stefano

A noi la casa ce la bruciarono di Camillo Brezzi 1. La ricorrenza del 60 della Liberazione ha sollecitato soggetti e istituzioni in unopera di studio e di riessione su quei tragici eventi che hanno coinvolto anche il territorio aretino. Vale la pena sottolineare, a tale proposito, quanto lArchivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, a partire da questo anniversario, abbia sviluppato un lavoro signicativo in tal senso. Sono state realizzate tre iniziative che si pongono in armonia con lo spirito e gli obiettivi che da anni lArchivio si dato, quello di sollecitare il ricordo, favorire la custodia della memoria, consolidare la nostra memoria individuale e collettiva, mettere in allarme rispetto ai rischi di una politica delloblo. Il diario di Orlando Orlandi Posti, scritto nel carcere di via Tasso nei primi mesi del 1944, il volume di Patrizia Gabrielli con il suo ampio e rafnato saggio storiograco interpretativo e Pieve 1944. Il paese cancellato, una pubblicazione che vede limpegno di tre associazioni pievane per dare voce e immagini ad alcuni momenti signicativi delle diverse stagioni della Resistenza e del rapporto tra la sua memoria, la costruzione dellidentit repubblicana e della cittadinanza democratica. Come noto, in quei drammatici venti mesi che vanno dall8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, uomini e donne di diverse et e di qualsiasi condizione sociale si sono impegnati con ogni mezzo per il ripristino dellindipendenza, per porre ne al fascismo e alloccupazione dellesercito tedesco e per la costruzione della democrazia. Fin dai primi anni Novanta, questi eventi hanno visto una rinnovata attenzione degli storici; tra questi Jacques Smelin che nel suo libro Sans armes face Hitler ha denito la categoria della resistenza civile come un impegno individuale contro il nazifascismo, fondato sul coraggio e sulla responsabilit. Un approfondimento in questa direzione venuto da Tzvetan Todorov, Di fronte allestremo, il quale - indagando sulle plurime strategie di resistenza attivate in condizioni estreme (campi di concentramento, ecc.) - ha posto in rilievo le diverse azioni compiute dai prigionieri per non soccombere al potere totalizzante dellesperienza concentrazionista. Una categoria, questa della resistenza civile che confuta limmagine della Resistenza, a lungo dominante, quale momento istituzionale, per sostenere, invece, molteplici forme di partecipazione che si espressero al di l delle consuete forme della politica. La resistenza civile ha lasciato emergere un panorama altrimenti inedito e ha favorito la messa a fuoco di diversi modi di essere nella Resistenza, che hanno nito per scompaginare - per dirla con le parole di Patrizia Gabrielli - lo stereotipo del partigiano uomo in armi per lasciare spazio ad una realt poliedrica. La categoria della resistenza civile ha approfondito lanalisi - come faceva assai acutamente e con molta nezza pi di dieci anni fa Pietro Scoppola nel suo 25 Aprile. Liberazione - delle condizioni di vita materiali e morali delle italiane e degli italiani in quei tragici venti mesi delloccupazione nazifascista. Riferendosi al vissuto degli italiani, Scoppola metteva in luce i disagi, la paura, la fame cos come il manifestarsi di una nuova tessitura di rapporti di solidariet, base imprescindibile per la formazione di una identit nazionale libera dalla retorica nazionalista del regime fascista, improntata sul rispetto dellindividuo, dei diritti e dei doveri del cittadino: questa la dichiarazione della nuova cittadinanza democratica e repubblicana. Dalla documentazione delle tre pubblicazioni, emerge con chiarezza il superamento del luogo comune, che ha dominato a lungo nellopinione pubblica, circa lattendismo degli italiani. Era andata circolando e consolidandosi negli anni limmagine di un insieme di cittadini e cittadine non schierati, rimasti alla nestra in attesa dellesito del conitto, ma ha sottolineato Scoppola molto opportunamente - non si poteva stare alla nestra quando la nestra stessa, con la casa, crollava. Come noto, il cambiamento di atteggiamenti degli italiani si lega strettamente a una data tra le pi tragiche della storia italiana: l8 settembre 1943. Dopo larresto di Mussolini, il 25 luglio del 1943, nel giro di poche ore si assiste alla dissoluzione del regime fascista, alla formazione del governo Badoglio, alla dichiarazione che la guerra continua a anco dei tedeschi. In quei terribili quarantacinque giorni scorrono ore di incertezze e di paure, poi giunge il comunicato sulla rma dellarmistizio con gli angloamericani da parte di Badoglio. La notizia - anche per le sue espressioni quanto mai criptiche - fa piombare il paese nel caos. Non ci sono ordini per i soldati, n indicazioni alla popolazione. Larmistizio vuol dire che la guerra nita; questa, per lo meno, la speranza dei soldati italiani sparsi nei territori dellUnione Sovietica, dellAfrica, della Grecia, e in Italia; questa la speranza, per pochi attimi la convinzione di uomini, donne, vecchi, giovani, bambini. Come sappiamo, invece, linizio di una nuova e pi terribile guerra. linizio di una nuova tragedia per il popolo italiano. Con la fuga del Re e di Badoglio dalla capitale, lItalia si trova divisa in due parti e occupata da due eserciti. la morte di quella patria che il fascismo e i suoi alleati avevano ipotizzato, ma il paese reale risponde diversamente. Proprio a partire dall8 settembre 1943, in pi parti dItalia si manifesta in modo esplicito la volont di opporsi allalleanza fascismo-nazismo e ci si batte per laffermazione della libert e della democrazia. Anzi, proprio con l8 settembre si ha un risveglio dellamor di patria, lo confermano - ad esempio - le forze armate a Porta S. Paolo a Roma, lesercito a Cefalonia e a Corf, la popolazione napoletana che mette in fuga i tedeschi. Un risveglio patriottico che cresce con il passare del tempo, con la nuova situazione politica: il territorio del centro e del nord Italia occupato dalle truppe tedesche e, sia pure formalmente, governato dalla Repubblica Sociale italiana. Dagli ufci postali iniziano a partire le cartoline precetto per la leva obbligatoria nel nuovo esercito repubblichino: molti non rispondono. Questo episodio costituisce un tassello delle memorie di un giovane cattolico aretino, Ferdinando Turchetti: Molti di questi giovani, in et tra i diciotto e i ventanni, si conoscevano gi tra loro o avevano fatto amicizia nei banchi di scuola o nei luoghi di lavoro. Una parte di loro decise di armarsi e resistere contro linvasore. Si trovarono a dover combattere contro altri amici e conoscenti della loro stessa et che invece scelsero, nonostante tutto, di rimanere fedeli al fascismo.

Con queste semplici e chiare parole, Ferdinando Turchetti ci presenta il dramma personale di molti italiani e italiane nei terribili venti mesi della guerra civile. Come schierarsi? Cosa scegliere? Quello della scelta un tema di grande rilevanza sul quale la ricerca storica si incentrata esaminando le ragioni ma anche le casualit che furono alla base delle scelte opposte cui giunsero gli italiani. La letteratura ha reso assai bene questo stato danimo che trova la sua pi chiara espressione nelle parole di uno dei pi grandi narratori del Novecento, Italo Calvino che cos scrive nel suo Il sentiero dei nidi di ragno: Basta un nulla, un passo falso, un impennamento dellanima, e ci si trova dallaltra parte. Tra i tanti meriti dellopera di Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralit nella Resistenza, vi lesame, attraverso fonti diverse, delle motivazioni che sostengono la scelta dei partigiani come di coloro che aderirono alla Rsi. Pavone offre un panorama molto vario di soggetti e di questioni, dalle motivazioni esistenziali a quelle politiche, segnalando il passaggio importante compiuto in quei mesi quando si prospetta una societ diversa; egli fa riferimento allo slancio utopico della Resistenza, allattesa di un mondo nuovo nutrita da molti partigiani, di una rottura con la tradizione italiana di autoritarismo. Proprio da questa intelligente e sensibile analisi, corredata da una straordinaria gamma di fonti, Pavone fa luce su due sistemi di valori opposti, quelli dei fascisti e degli antifascisti. Della scelta cos come lessere spettatori della tragedia che si abbatte in quei terribili mesi si parla in un documento assai diverso da quelli nora ricordati. Una canzone di Francesco De Gregori, un autore che spesso si misurato con la storia (Generale, Titanic, La storia siamo noi, Il bandito e il campione, Buffalo Bill, La leva calcistica della classe 1968, Viva lItalia) tanto da rappresentare, meglio di chiunque altro, il legame tra musica e storia. Ne Il cuoco di Sal (pubblicato allinizio del 2001) si ritrova la grande ispirazione che caratterizza molti brani di De Gregori, la sua profonda sensibilit per la dimensione esistenziale dei soggetti. Al di l delle pretestuose polemiche giornalistiche seguite alluscita del disco, mi sembra, invece, che vada sottolineato in vari passaggi, la poesia, lispirazione, la sensibilit di De Gregori coniugata alla pietas, che ben altra cosa dal revisionismo. Penso, per esempio al verso: Quindicenni sbranati dalla primavera. Ma in particolare, quella pietas, lho avvertita in due versi che sono ripetuti pi volte, quasi divenendo un refrain: Qui si fa lItalia e si muore./ Dalla parte sbagliata si muore. E il tono che De Gregori usa per sottolineare queste due parti del verso signicativo: forte, quasi roboante il primo, riecheggiando, fra laltro, una famosa frase storica riferita allepopea risorgimentale; mesto, triste il secondo (si sta parlando di morte), sommesso, in quanto la triste constatazione, che al contempo viene sottolineata, che molti giovani stanno morendo, appunto, dalla parte sbagliata. Anche Licio Nencetti compie la sua scelta. A differenza di tanti altri, Licio, data la sua et, non neppure costretto alla chiamata alle armi della Repubblica sociale italiana; quindi una scelta ideale la sua: Perch a 17 anni/ non si pu regalare/ n loggi n il domani/ la propria libert, come ci ricordano i versi della canzone Il comandante Licio nel bel disco della Casa del Vento, Sessantanni di Resistenza dedicata a personaggi e a episodi della guerra partigiana aretina. Rimanendo nel territorio aretino altri riferimenti si potrebbero fare con i nomi di Pio Borri, il primo caduto della Resistenza aretina, Modesta Rossi o Sante Tani. 2. Uscendo dal territorio aretino volti e nomi si moltiplicano. A Roma, un altro diciassettenne, Orlando Orlandi Posti, entra nella Resistenza e, nel febbraio 1944, viene arrestato, trasferito nel terribile carcere di via Tasso, poi ucciso il 24 marzo del 44 alle Fosse Ardeatine. Da via Tasso, Orlando riesce con alcuni stratagemmi a inviare dei brevi messaggi alla madre e alla amata danzata Marcella nascondendo i foglietti nei risvolti dei colletti delle camice che manda a lavare a casa. Nel settembre 2003 questi preziosi foglietti sono stati consegnati da un nipote di Orlando allArchivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano e pubblicati in Roma 44. Le lettere dal carcere di via Tasso di un martire delle Fosse Ardeatine. Proprio in occasione del suo diciottesimo compleanno, il 14 marzo - dieci giorni prima di venire ucciso alle Fosse Ardeatine - Orlando, disegna, sui pochi fogli a disposizione, una porta della cella e una nestra con sbarre, un gesto con il quale egli sembra voler trasporre sulla carta lo spazio angusto nel quale si trovava a vivere - in quello che lui deniva tomba dei vivi e luogo dove le giornate nivano senza nulla -, quasi che tale trasposizione possa rendere pi reale quella dimensione assurda per un giovane. Sempre su quel foglio Orlando annotava: lalba del mio 18 anno di vita la ho passata in carcere morendo di fame. Signore iddio fa che presto niscono le sofferenze umane che tutto il mondo sta attraversando, fa che tutti tornino alle loro case, fa che il lavoro ritorni in ogni dove e cos torni la pace in ogni famiglia e tutto torni nello stato normale. Signore sia fatta la tua volont. Ad uno scenario almeno in parte diverso conducono le ricche e variegate testimonianze raccolte nel volume di Patrizia Gabrielli, Scenari di guerra, parole di donne. Diari e memorie nellItalia della seconda guerra mondiale, che d voce ad una delle specicit di Pieve, la valorizzazione delle scritture e, nel caso di questo libro, chiara la scelta di conferire visibilit alla scrittura femminile, appunto alle parole di donne. La scrittura autonarrativa (diari, memorie, autobiograe, lettere) , del resto, un terreno privilegiato dalle donne che per lungo tempo non hanno avuto accesso alle carriera di scrittrici o di giornaliste, cio alla scrittura pubblica. Le loro scritture nate per lo pi tra gli interni domestici - ricorda Patrizia Gabrielli che ha privilegiato in precedenti suoi studi le fonti autonarrative - costituiscono un patrimonio avvolto in un cono dombra, almeno no a qualche decennio fa, quando la ricerca nel campo storico letterario si orientata verso il recupero e lanalisi di documenti no a quel momento esclusi dalla tradizione che hanno trovato un adeguato spazio di accoglienza in specializzati centri di raccolta e conservazione. Scenari di guerra, parole di donne si basa su una ricerca approfondita e pone i diari di Pieve in rapporto e nel quadro del dibattito storiograco e letterario sulle

scritture di guerra. Il volume composto da due parti che si intersecano assai bene fra di loro: un ampio saggio storiograco dellautrice che denisce lo stato dellarte circa la produzione storiograca sulla guerra e sulla Resistenza. La seconda parte raccoglie una antologia di brani tratti, dai diari dellArchivio di Pieve (ricerca alla quale hanno messo a disposizione le loro profonde conoscenze dellArchivio Natalia Cangi, Grazia Cappelletti, Bettina Piccinelli e Loretta Veri). Il saggio, assai equilibrato, si sviluppa intorno ad un dibattito che ha visto negli ultimi anni una ricca partecipazione ed ha richiamato lattenzione sulla resistenza civile, sulle stragi naziste, sul vissuto degli italiani. Al contempo queste pagine offrono un contributo sulla specicit della guerra in Toscana, una regione dove la guerra c stata, si fatta sentire in tutte le sue forme. Una regione che - ha ricordato Enzo Collotti - acquis un ruolo strategico negli scenari di guerra e, in particolare, nelle operazioni dellesercito tedesco. Tra i temi richiamati dal volume, la violenza della guerra e - come sottolinea Gabrielli - il suo segno di genere, nel senso che colpisce differentemente gli uomini e le donne. il caso delle violenze sessuali troppo a lungo taciute, sulle quali, ancora una volta, si sono espresse la letteratura e il cinema prima degli storici: il caso di Alberto Moravia che nel 1957 pubblic La ciociara, da cui trasse un bel lm Vittorio De Sica con Sophia Loren (1960). Anche in Toscana si sono avuti episodi di violenze e - sottolinea Patrizia Gabrielli - era diffuso un clima di timore e insicurezza. Le donne cercano di nascondersi, di rifugiarsi per sfuggire alle violenze degli eserciti prima occupanti e poi liberatori. La guerra totale, che caratterizza la seconda guerra mondiale, si ripercuote in questa regione: i due eserciti che lattraversano; la linea Gotica; i bombardamenti sulle citt e centri abitati; la guerra civile tra fascisti repubblichini e partigiani; la Liberazione di alcune citt, esemplare il caso di Carrara liberata dalle donne. Da qui la ricchezza della memorialistica e del materiale documentario prodotto nella regione, una produzione che ha conosciuto un decisivo impulso nellultimo quindicennio, grazie anche allimpegno della Regione Toscana. In questo contesto un ruolo particolare ha svolto Arezzo, territorio particolarmente martoriato dalle stragi naziste, il quale ha avuto una funzione di apripista nella ricerca su questi tragici eventi. 3. Pieve Santo Stefano custodisce centinaia di memorie sullesperienza della seconda guerra mondiale, voci diverse sulla tragicit di un evento che ha visto svolgimenti ed esiti diversi nelle singole regioni. Nellestate 2004 a Pieve Santo Stefano, stata organizzata la mostra Pieve 1944, con una bella documentazione di fotograe scattate da Lidio Livi sessantanni fa, che ci ha fatto conoscere un aspetto nuovo della politica di occupazione tedesca, non limitata ovviamente al solo centro della Valtiberina. Nei primi giorni di agosto, improvvisamente, giunge lordine del comando tedesco (come gi ricordava Antonio Curina, Fuochi sui monti dellAppennino toscano) secondo il quale tutta la popolazione, senza distinzione di et e di sesso, doveva abbandonare, in poche ore, tutto il territorio ed essere deportata al nord. [] Alla deportazione della popolazione, segu la sistematica distruzione delle abitazioni a mezzo di mine e con il fuoco. Pieve, oltre a dover contare e piangere decine di morti, assiste ad un evento che incide in maniera non secondaria anche sul piano psicologico sulla popolazione costretta con la forza ad abbandonare la propria casa, a sfollare dal paese poi, a distanza di mesi, tornare trovando solo macerie. E importante che, a distanza di sessantanni, proprio a Pieve Santo Stefano, nella localit che divenuto il luogo per eccellenza della memoria, si ricostruiscano, si analizzino gli atteggiamenti dei singoli soggetti prima e dopo la terribile ferita inferta ad unintera comunit, cos come si esamini lo sgomento di una popolazione e la sua reazione al dover ricostruire un intero paese. Anche questo ottimo libro, forse, non risponde allinterrogativo posto come titolo al diario di Omero Gennaioli, Perch la Pieve stata distrutta? Indubbiamente la posizione geograca e la vicinanza alla Linea Gotica pu rappresentare una motivazione, cos come da collocare - come spesso ha richiamato Ivano Tognarini - nella pi complessa e articolata dimensione europea della guerra tedesca e il contributo che a questo tipo di operazioni ha dato anche lesercito tedesco, la Wermacht, e non solo alcuni corpi speciali. Le stragi, i paesi minati, quindi, come conseguenza prioritaria dellideologia razziale del regime nazista, oltre che come strategia bellica per rallentare da una parte, la marcia dellesercito angloamericano e, dallaltra, per fare terra bruciata attorno ai partigiani sterminando la popolazione civile che sosteneva, in maniera pi o meno intensa, le bande dei partigiani. Le memorie familiari avevano custodito ricordi pi o meno vividi su quei tristi giorni del 44 e li avevano trasmessi da una generazione allaltra, ma con la mostra e con queste pagine quei ricordi rimasti per lo pi chiusi tra le pareti domestiche hanno trovato una nuova visibilit, hanno attraversato i territori del privato per fare la loro comparsa nella dimensione pubblica, per divenire un tassello signicativo intorno al quale si va costruendo la memoria collettiva. Disporsi allascolto delle testimonianze degli abitanti di Pieve aiuta a ricomporre quelle tragiche vicende. Talvolta ci si trova di fronte a vere e proprie istantanee sullestate del 44: Il 5 agosto del 1944 i tedeschi cominciarono a porta via la gente della Pieve, a deportarli su in Romagna, perch dovevono radere al suolo il paese per ragioni tecniche della Linea gotica. Allora ci portaron via e la sede era alle scuole elementari, diciamo il posto base, dove per caricare e porta via pi di tremila pievani ci volle tanti camion e allora noi si veniva caricati un po per giorno, cio un po per notte, perch di giorno non potevon viaggiare che cera lareoplani che bombardavano. (Omero Gennaioli)

Non diversa da quella di Omero Gennaioli - tra i principali custodi di quellevento - la testimonianza di Amelia Dalla Ragione. Uguali il ritmo serrato, landamento rapido che accompagna la narrazione degli eventi. Ma Amelia apre al lettore uno squarcio sulla declinazione di genere che gli atti di violenza assumono nello spazio della guerra: Noi quando ci portaron via, la sera, ci caricaron di notte perch di giorno avevon paura degli apparecchi. Ceran tre soldati in gabina e tutto pieno de persone di dietro. La mi sorella, che era pi piccina di me, aveva novanni. Uno de quei tedeschi mi faceva: Tu venire qua co mea, co mea. Voleva che andassi in mezzo a loro. Io ero grande, per let chavevo ero robusta, ero formata. E sicch la mi sorella, quando vide che mi voleva porta de l, lei mont su e gli pest le mani. I pestoni che gli diede in quel camion, roba da fasse ammazzare! Eppure non gli fece niente, e a me non mi ci port di l. (Amelia Dalla Ragione) Tanta la paura, lincertezza attraversa la vita di uomini, donne, bambini costretti a mettersi in salvo mentre le bombe cadono: Allora se stava l a Strazzano e se mangiava come se poteva, da mangiare fori se faceva coi fornelli, eravamo tante famiglie che il posto ncera in casa, allora se mangiava fori, ci sarrangiava come se poteva, io nme ricordo nemmen che se mangiava. [] Un po di provviste savevano alla Pieve. Dopo han buttato gi la nostra casa, tutto, e noi siamo rimasti senza niente. Io e la Marietta se veniva gi e cominci a saltare queste case. Non s preso niente. (Leonora Palazzeschi) La piccola citt conosce una trasformazione decisiva che altera il paesaggio architettonico; le esplosioni provocano una vera e propria mutilazione radendo al suolo intere zone: Quando era verso le cinque o le sei si sent delle forti esplosioni e se pensava che fossero cannonate e invece se vide un polverone in fondo al paese, se venne fuori, susc dalle scuole elementari. Ci furon due o tre scoppi grossi e allora se vide che erano gi in fondo al paese e cominciava a saltare la Pieve, i tedeschi cominciavano a farla saltare da Via Michelangelo. (Omero Gennaioli) Dopo i bombardamenti limmagine della propria citt profondamente alterata, non resta che lo sconforto: Entriamo in Pieve Santo Stefano che ci si presenta in una visione lugubre e spettrale. tutta un cumulo di macerie. (Michele Pilotti) Ritengo sia un dovere civile proseguire nel lavoro di ricerca, di studio, di riessione su quanto accaduto sessantanni or sono. E mi sembra si possa dire che oggi ampie aree della Toscana hanno una propria storia, o per lo meno hanno a disposizione molteplici e maggiori elementi per una pi approfondita conoscenza della guerra nel territorio. Ora anche Pieve Santo Stefano, grazie al volume Pieve 1944. Il paese cancellato, colma una lacuna della sua storia.

Indicazioni bibliograche - C. Brezzi, La Resistenza in Toscana, in Italia contemporanea, n. 246, marzo 2007. - I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Einaudi, 1946. - Casa del Vento, Il Comandante Licio, in Sessantanni di Resistenza, Provincia di Arezzo e Comunit Montana del Casentino, 2004. - A. Curina, Fuochi sui monti dellAppennino toscano, Arezzo, Tipograa Badiali, 1957. - F. De Gregori, Il cuoco di Sal, in Amore nel pomeriggio, Sony, 2001. - P. Gabrielli, Scenari di guerra, parole di donne. Diari e memorie nellItalia della seconda guerra mondiale, Bologna, il Mulino 2007. - P. Gabrielli, L. Gigli, Arezzo in guerra. Glia spazi della quotidianit e la dimensione pubblica, Roma, Carocci, Comune di Arezzo, 2006. - O. Orlandi Posti, Roma 44. Le lettere dal carcere di via Tasso di un martire delle Fosse Ardeatine, con una introduzione di A. Portelli e una nota editoriale di L. Veri, Roma, Donzelli, 2004. - A. Moravia, La ciociara, Milano, Bompiani, 1957 - M. Palla (a cura di), Storia della Resistenza in Toscana, volume primo, Roma, Carocci, Regione Toscana Consiglio Regionale, 2006. - C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralit nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1991. - P. Scoppola, 25 Aprile. Liberazione, Torino, Einaudi, 1995. - J. Smelin, Sans armes face Hitler. La rsistance civile in Europe 1939-1943, Paris, Payot, 1989, trad. it. Torino, Sonda 1993. - T. Todorov, Di fronte allestremo. Quale etica per il secolo dei gulag e dei campi di sterminio, Paris, Seuil, 1991, trad. it. Milano, Garzanti, 1992. - I. Tognarini, Kesserling e le stragi nazifasciste. 1944: estate di sangue in Toscana, Roma, Carocci, Regione Toscana Giunta Regionale, 2002. - F. Turchetti, Arezzo: dalla tragedia della guerra ai giorni nostri, Arezzo, Tipograa Artigiana Giovanni Ezechielli, 2004.

Vorremmo raccogliere testimonianze, documenti, fotograe, oggetti di quel periodo perch la memoria non venga dispersa. Il Centro Studi Storici e Ricerche Archeologiche nel 2004 lancia questo appello e lo rivolge alle persone di Pieve Santo Stefano che nel 1944 avevano almeno sei anni, unet in cui i ricordi sono immagini nitide. Con queste intenzioni, sotto il patrocinio del Comune di Pieve Santo Stefano, nasce il progetto Pieve 1944, la cui spinta essenziale data dalle celebrazioni per il 60 anniversario della Liberazione in Toscana promosse dal Consiglio Regionale. Il progetto appassiona subito altre due associazioni di Pieve, le Antiche Prigioni e lArchivio Diaristico Nazionale, e si concentra n dallinizio intorno allo straordinario patrimonio dellArchivio Fotograco Livi, messo a disposizione dagli eredi. Parallelamente inizia il lavoro di raccolta di testimonianze orali e gli abitanti di Pieve sono invitati a prendere parte a incontri collettivi, che vengono registrati e lmati. La prima iniziativa stata la mostra dal titolo Pieve 1944, tracce della memoria di Pieve Santo Stefano e dei suoi abitanti, allestita nellagosto e settembre 2004. Il punto di forza della mostra sono le fotograe di Pieve quasi completamente rasa al suolo dalle mine dei tedeschi. Queste eccezionali immagini, molte delle quali inedite, sono state scattate da Lidio Livi al suo rientro in paese dopo aver recuperato la macchina fotograca a lastre che aveva murato al momento dello sfollamento. La mostra si arricchisce dei documenti ritrovati dal Centro Studi nellArchivio Storico Comunale, di frasi tratte dalle memorie conservate presso lArchivio Diaristico e di una particolare installazione ideata dalle Antiche Prigioni che ha un grosso impatto emotivo sui visitatori. In una stanza riempita di macerie, alle pareti sono scritti i nomi di tutte le persone morte a Pieve a causa della Seconda guerra mondiale, nomi che i testimoni ci ripetono continuamente durante le interviste, e che vengono scritti e ripetuti allinnito sulle pareti bianche. Calpestando le macerie il visitatore sente il rumore del Tevere che scorre immutato sulla distruzione del paese. Abbiamo visto molti anziani uscire da quella stanza con gli occhi lucidi. Il lavoro di raccolta di testimonianze prosegue, gli incontri collettivi lasciano spazio a interviste singole. Si alimenta la ricerca di altro materiale dellArchivio Fotograco Livi che rivela molti tesori e molte sorprese: si cercano tracce del paese comera ed emergono una serie notevole di altre immagini, sul prima ma anche sul dopo guerra. La seconda mostra viene allestita nellaprile e maggio 2005, con il titolo Il paese cancellato. Pieve, la memoria, il risveglio. Vuole essere un omaggio a Pieve, un ricordo di come era prima del passaggio della guerra. Grazie alluso di gigantograe, ricordi scritti, racconti orali in sottofondo, fotograe in sequenza e installazioni, il paese rivive nel suo antico splendore: bei palazzi, vecchie mura, colonnati, antichi torrioni. Poi le mine dei tedeschi radono quasi tutto al suolo e, nella fretta della ricostruzione, viene distrutto qualche altro vessillo del passato. Soprattutto questo aspetto procura unanimata discussione nei visitatori della mostra. Laccostamento violento fra le mura antiche, abbattute negli anni Cinquanta, e i palazzoni moderni che le sostituiscono suscita stupore e perplessit. Se nella prima mostra il sentimento ricorrente quello del dolore, nella seconda prevale la nostalgia. Volevamo raccogliere il materiale delle due mostre e pubblicare un catalogo che sicuramente avrebbe restituito limpatto e le suggestioni delle immagini della distruzione di Pieve. Ma riprendendo organicamente le testimonianze emerso un racconto corale che ha condizionato la struttura del libro. La dimensione visiva e quella orale hanno prodotto una nuova narrazione che non semplicemente la somma dei due linguaggi e che restituisce con forza diversa gli eventi e le emozioni che li hanno accompagnati. un libro senza nomi in copertina, per scelta. Il protagonista assoluto Pieve, il paese cancellato, che rivive attraverso le immagini e i ricordi dei suoi abitanti. Immagini e ricordi che sono stretti da un legame forte, come quello che ogni testimone ha per la sua Pieve. Allinterno dei singoli capitoli, abbiamo accostato le fotograe alla narrazione, seguendo pi questa suggestione che il rigore della cronologia. Le voci narranti, gli autori di questa storia sono i cittadini di Pieve Santo Stefano, le cui frasi, alcune tratte dalle memorie dellArchivio diaristico, la maggior parte provenienti dalle interviste orali raccolte nellambito del progetto, sono riportate fedelmente con la semplicit e limmediatezza dellitaliano popolare. Per scelta allinterno del volume parlano solo le parole dei testimoni, che vengono usate anche per la titolazione dei capitoli. Non ci sono interventi esterni, non ci sono note e ci si limitati a tagliare qualche frase. Il compito pi arduo stato togliere: scegliere tra le fotograe quali inserire e quali scartare, scegliere le frasi tra le tante ore di registrazione accumulate. I capitoli del libro sono spezzoni di storia di Pieve: il ricordo pieno di nostalgia del paese comera prima della ferita della guerra, popolato da personaggi che sono entrati nel mito della narrazione orale, lascia spazio allevento tragico dello sfollamento coatto, nellagosto del 1944. In questo capitolo convulso, dove le voci si intrecciano e si rincorrono, non ci sono fotograe. Tutti sono concentrati a salvare qualcosa della propria roba prima di lasciare il paese, come fece lo stesso Lidio Livi con la sua macchina fotograca. Nel capitolo del ritorno, le immagini hanno invece uno spazio ingombrante, prepotente, e raccontano pi delle parole, che servono solo a descrivere il pianto agli occhi, elemento collettivo che ricorre in tutti i racconti. Subito la gente si organizza, si ricompone e si mette a lavorare per ridare un tetto alla propria famiglia, in mezzo alle macerie e ai tanti lutti che continuano a segnare la comunit, a causa delle costruzioni pericolanti e delle mine disseminate

ovunque dai tedeschi in ritirata. Avremmo voluto intervistare tutti i testimoni di quegli eventi. Ci non stato possibile, ma pensiamo che questa narrazione corale li possa rappresentare tutti. Uno di questi pievani ha seguito tutto il percorso del nostro progetto, dandoci indicazioni e consigli preziosi. stata una voce critica la sua, a volte fuori dal coro. Lo ricordiamo durante il periodo di apertura della seconda mostra quando, davanti alle immagini del Torrione dei Lamponi o dellArco di Porta Fiorentina, scuoteva la testa sconsolato. Alla ne di quella mostra, Omero Gennaioli ha scritto un diario dal titolo Perch la Pieve stata distrutta?. lultimo scritto che ha depositato in Archivio prima di lasciarci. Da quel documento abbiamo estratto la sua voce critica, per integrarla in una sorta di dialogo immaginario con i suoi concittadini che conclude il nostro libro. La memoria di Pieve rimasta per anni sepolta sotto il cumulo delle macerie che ha cancellato anche la sua identit. Nei tre anni del progetto Pieve 1944 abbiamo colto lurgenza di un recupero collettivo della memoria. Ci piace pensare che il nostro percorso sia un ulteriore passo verso questa riappropiazione.
Pieve Santo Stefano, dicembre 2007

l a c q u a d e l Te v e r e e r a b u o n a

I miei ricordi nascono dalla Piazza della Collegiata, piccolo palcoscenico creato dalla mano gigante di uno scenografo che ha allineato le piccole case, incastrandole fra loro per fare corona attorno alla Chiesa e al suo piccolo campanile. Le case erano piccole, povere, ma per dare loro una certa civetteria cerano tendine bianche alle finestre e qualche vaso di geranio e poi, bastava il piccolo porticato degli Olivoni a dare un certo tono alla Piazza.
Giulia Fabbri

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Il Monte dei Paschi era sopra il colonnato, poi cera la Egle con i generi alimentari, poi cerano i Siracusani con il ristorante, bar e albergo. Cera un negozio di frutta, per modo di dire, vendevano le noccioline e poi col baroccino il giorno passavano: Chi vuol le mele cotte? Chi vuol le pere cotte?. Le cuocevano al forno e poi le mettevano nel baroccino. La Ciocia, si chiamava noi.
Anna Maria Mencherini

Nella Piazza della Collegiata cera tutto: la farmacia con il signor Eugenio, il barbiere, la merceria con lAndreina, il Caff con lInes, la macelleria con la piccola Irene mia compagna dasilo, il negozio di stoffe dove cera la Bibi, il Ristorante dove cera la Edilia dai capelli rossi, il circolo dove si riunivano gli uomini a giocare, il Dottor De Luca un magro e distinto signore con baffi e capelli bianchi, il negozio di scarpe della zia Sofia che aspettava il giorno di mercato per vendere qualche scarponcello ai contadini che scendevano a Pieve per vendere o comprare le loro bestie.
Giulia Fabbri

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In quei anni, in particolare, si era acceso, in questo mio paese, una specie di vivace antagonismo di prepotente divaricazione ambiziosa, tra il prevalere dei ragazzini, ragazzi e anche adulti (che incitavano dietro le quinte), rivaleggianti del Ponte Nuovo contro quelli della parte cos detta alta del paese. Questo antagonismo che preoccupava non poco i genitori, aveva come scopo finale una specie di guerriglia che addirittura pretendeva con la prepotenza il prevalere di una fazione sullaltra. Dante Crescioli

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Conservo della Pieve un ricordo gioioso. Il corso affollato di gente; il vocio di tutte quelle persone, lodore del soffritto che faceva venire fame; lo scampanio della Collegiata a mezzogiorno; il Rucca, con il camice bianco, accanto al suo carretto sul quale spiccavano gli alti coperchi in acciaio o alluminio lucido e i gelati che preparava fra due cialde rettangolari, come piccole scatole che, avendo i lati scoperti mostravano il contenuto i cui cristalli brillavano al sole; le donne che prendevano lacqua con le mezzine, muovendo il lungo braccio della fontana in piazza.
Fabio Guerra

Quella Pieve dai colori stanchi ma caldi delle vecchie case cittadine, le docce spesso versanti lacqua sporgenti dalle gronde dei tetti, tutti sbalzanti a linee, a piani e altezze diverse, i tre Archi, il colonnato Farmacia Baldassarri, Perugini, Gamberone (negozio di cocci cotti e vecchio Trombone della Banda) il colonnato Olivoni con sotto la Barbieria di Bertino Santi con il suo orologio della Torre Comunale, il Vecchio ma bello Palazzo Comunale, quello Ortolani, del Santini, del Doge nella Piazza Plinio Pellegrini.
Dante Crescioli

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Nelle strade a latere del corso principale era tutto un indaffararsi destate a strucchiare il vinco e dinverno a spaccare la legna e dal Ponte Nuovo, Via Cellina alla Piazza delle Oche era tutto un sommesso vocio delle nostre donne e della vendita con il carretto a triciclo con il gelato del Rucca, alle mele cotte della Delasia, nel trascorrere estivo di quelle gioiose giornate di caluria, che cominciavano con la sveglia dei fischi, o canto, del merlo della De Rosa, accompagnato e seguito dal rumoroso ritmo trionfante del tamburo di Beppetto, e dal battere delle suole di Tonio di Cristo di Pero con il banchetto sulla strada di Via Cellina.
Dante Crescioli

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Al Ponte Nuovo cera Gildo Senesi che faceva il carrozziere. Da citti ci sandava sempre a giocare a campana perch cera un pochin de lastre. Cera questo distributore con questa cosa. Delle volte la Valentina, la moglie del Senesi, non laggangiava e allora noi ci se divertiva a vedella dondolare.
Adele Cangi

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Nei secoli scorsi, allultimo piano del palazzo esistevano locali adibiti alle prigioni, che allora servivano temporaneamente per i reclusi e i locali per il personale. Nei locali sottostanti ancora esiste la sala del Teatro che ora unentrata dal vicoletto. Ma chi erano quei ragazzi del vicolo Antiche Prigioni? Eravamo noi, della nostra generazione, che mantenne il nome alla Societ dato dai padri: Carlo Goldoni. Giovani e giovanissimi desiderosi di fare qualcosa per offrire spettacoli drammatici, e di arte varia, di cui la popolazione era ghiotta.
Onelio Pisani

Capitavano ogni tanto, ma di rado, qualche compagnia teatrale e per arrivare ad esibirsi a Pieve giungevano disperate e affamate, sebbene dei soldi ve ne erano pochi in giro, il teatro Comunale riusciva sempre con il modesto afflusso dei cittadini ad aiutarli. Vi erano inoltre alcuni pseudo artisti dilettanti locali che nel nostro teatro rappresentavano magistralmente meravigliose operette tanto gradite ed incoraggiate.
Dante Crescioli

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Dove adesso ci sono dei fondi cerano i telai. Facevamo molte coperte, tent vero che quando a noi ci rimaneva un etto o due di lana - allora la gente faceva tutti i golfi, tutta la roba, o in casa o a mano o a qualche macchina che cera - avanzavano sempre una matassa, due matasse, allora ci si faceva fare le coperte con tanti colori. Credo che qui alla Pieve tutti avevano quelle coperte fatte dalla pora Annita e dalla mamma di Savino. Cera la trattoria del postino. La moglie del postino si chiamava Faustina e faceva anche da mangiare il luned per la gente che veniva gi alla Pieve. Tant vero che noi, che il luned non si chiudeva mai, sandava a prendere i panini con laffettato dalla Faustina.
Anna Maria Mencherini

Cera il Caff subito dopo larco sempre pieno di fumo e di uomini che giocavano a biliardo. Il negozio di alimentari dei Cascianini, dove Attilio faceva le Gazzose in certe bottigliette con la pallina, che spinta verso linterno faceva uscire lacqua gassata. Il negozio del Pulci con i vecchi scaffali pieni di pezze di cambr, etamina, canapa, pelle duovo e seta. La Salumeria del Simiti con la Giulia grassa grassa.
Giulia Fabbri

Cera una bottega che si chiamava le Catola. Vendeva tutti i generi, vendeva la pasta, vendeva lo zucchero, vendeva le sardine sciolte. Ci dava un pezzettino cos, con dieci centesimi, ci metteva appena due goccine dolio e poi ci mandava via.
Adele Cangi

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Mi ricordo che lo zio ci mandava a sciacquare i fiaschi del vino nel Tevere e ci dava un quartino per misurare lacqua che dovevamo mettere nel fiasco dopo averlo lavato. S, annacquava il vino, ma lacqua del Tevere era buona da bere. Noi ragazzi la bevevamo sempre.
Damiano Mazzoli

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NON ESISTE TRA LE IMMAGINI SCANNERATE ALSABA PRIMA LOCANDINA PAESE CANCELLATO

c i t e d e s c h i a l l a p o r t a

Noi ragazzi da qualche tempo avevamo interrotto i nostri giochi osservando i grandi commettere violenze di ogni tipo, ci pu avere inciso nei nostri comportamenti. Io e Beppe a birbonate non si fu secondi a nessuno nella zona.
Luigi Camaiti

A scuola ci dicevon: Tutto bene perch l era il fascio, sicch andava sempre bene. Anche durante la guerra, andava tutto bene.
Livio Moraldi

Vedevo i mi genitori preoccupati e queste cose me son rimaste, perch ero piccolino, avevo ottanni, ottanni e mezzo. Li vedevo preoccupati perch cera la borsa nera, il mangiare non se trovava. Addirittura il mi babbo aveva nascosto na damigiana piena di grano in una concimaia, per poterla ritrovare se cera bisogno.
Alberto Gennaioli

Paura sera sempre avuta dei tedeschi, ma io cho vissuto che cera il comando a Cerbaiolo, quando sera sfollati. Quelli che erono l, erono delle degne persone. A parte che era la Wehrmacht e non erono le SS. Io me ricordo che venuto un tedesco in casa con una scatoletta di carne e, per piacere, se gli se cambiava con un ovo. Cera dei tedeschi che venivono, volevon lova e via, invece questo venuto con la scatoletta. Quello l era una persona per bene.
Livio Moraldi

Ogni granata che fischiava stesi per terra nei campi, fra i roghi, una cosa pazzesca. Scalzi, perch non avevamo pi le scarpe, arrivammo finalmente a Caprese Michelangelo. Eravamo affamati, la mia mamma travestita da vecchia, il mio babbo che faceva finta di essere zoppo perch senn lo portavano via.
Grazia Cappelletti

Le cannonate fischiavano rapide e fitte sopra di noi, si stringeva le spalle dicendo: questa passata! Anche questa passata! ma da una e laltra non rompevano fila. Oddio! che paura!
Umberto Santucci

Il mi babbo lo presero e lo volevono amazzare. Sempre con la pistola alla testa e lo accompagnarono nella cantina, si fecero dare il vino, poi si fecero dare il prosciutto e glielo facevano mettere tutto dentro un sacco. E gli dicevano: Tu porterai a grande strada. La mattina sera fatto il pane - allora il pane si faceva in casa per tutta la settimana - videro questo pane cos bello fresco, cosa fecero? Presero tutto il pane che sera fatto, lo fecero mettere su una sacca e anche quello alla strada. Poi quando ebbero raccolto tutto quello che gli pareva, presero questi sacchi, molti che riusciva il mi babbo a portarli, glieli misero sulle spalle e lo fecero venire alla nazionale. Ormai noi si pensava: Il babbo muore, ce lammazzano. E invece fortunatamente, dopo diverse ore, si vede il babbo che ritorna dal fondo della strada, piano piano per, porino, stanco e anche stremato dalla tensione. Dopo tanto dolore sebbe anche un po di gioia nel vedere tornare il babbo, per sera rimasti senza niente.
Elena Gori

Ci presero e ci portarono gi in cucina. Ma uno di questi aveva preso docchio la Elsa, quindi avevamo paura. Quando fummo gi in cucina, che cera la scala di legno, cominciarono a sparare come matti. Me lo ricordo: uno alto, moro, con i capelli tutti lisci, sopra la madia tagliava il lardo, un altro beveva sempre dal fiasco di paglia. Tra i tre o quattro che erano ubriachi fradici, uno non lo era. Ed era un tipo piuttosto grassottello, alto, con una faccia rubiconda e due occhi azzurri, il quale se ne accorse di quello che stava succedendo, perch quelli ci avrebbero assaliti tutti. Quelli non guardavano pi nessuno, n vecchi, n giovani. Ci apr lo spiraglio delluscio e ci fece scappare.
Grazia Cappelletti

Erono na ventina di tedeschi. Rimasi sorpreso, sembrava che se dovesson fermare, poi fecero cenno danda via davanti. Fatto altri cinquecento metri, seicento, lasciato la strada statale per anda gi verso lAncione si sent sparare. Dopo si seppe che i primi due a esse morti erano di Caprese, certi Romolini.
Pietro Gennaioli

A noi la casa ce la bruciarono. Quindici giorni c stato il foco, aveva colato perfino i vetri delle damigiane dal foco che cera stato. E noi sera l alla chiesa della Madonna dei Lumi e se vedeva. Dopo venne le cannonate quando sera l. La mi mamma era a Belmonte che faceva il pane. La mi cugina era poco pi in l di me, venne na cannonata proprio nel pozzo e la prese.
Laudomia Mormii

Quel giorno hanno ammazzato quattro persone insieme al mi fratello. Andavano su per questi poggi de Conchi. Cera un babbo, una mamma e il mi fratello. Erano insieme, lhanno fucilati tutti tre. Pi cera un figliolo di questi due genitori, indietro. Lui ha sentito che hanno sparato, andato avanti per vedere cosa era successo e hanno ammazzato anche lui.
Renata Lanzi

Due donne seran nascoste in un campo di grano, tant vero che un tedesco lha vedute che seran nascoste l. Questo Veri le salv, perch quel tedesco che aveva scoperto quelle du donne che seran nascoste in quel grano per non se fa vedere, lui, questo Veri, caveva unarma, na pistolona lunga cos, la teneva sempre nascosta. Questo tedesco and verso quelle donne, lui prese la su pistola, du botte e lamazz e salv tutte due queste donne. E il giorno dopo hanno amazzato lui.
Vittorio Rigoni

I Tedeschi non scherzavano, e una bella mattina fecero razzia nel Paese prendendo tutti a lavorare: Banchieri, Farmacista, Dottori, limpiegato di Posta, gli anziani pensionati senza discussione. Tutti raus arbaite.
Umberto Santucci

Quelli delle SS ci portarono dal Mercatelli, per nei refugi ci saveva poco e niente. Divisero le donne da s, le giovani da s e lomini da s. L omini gli facevon fa le buche della grandezza di una persona, le donne, come la mi mamma e la mi zia, le portarono a lavare i panni e a noi ci lasciarono in questa casa.
Laudomia Mormii

Il mi suocero vide arrivare sta figliola involtata in una coperta, era nuda cruda, era coperta de lividi da fa paura. Allora il mi suocero la prende e la porta gi, ch i suoi erano in un fosso che cera un rifugio. La porta gi dalla su mamma e la su mamma quando la vede arrivare disse: A me me portino ndo gli pare, io vado a casa. Non ci posso sta pi quaggi con una figliolina in quelle condizioni. Aveva sedici, diciassette anni. Infatti la porta su a casa e cerano i tedeschi alla Greppa. E allora questo tedesco quando lha vista - cera uno che faceva il dottore - lha messa a letto. Quello che non gli ha fatto questo tedesco a questa citta! L ha curata. Quello stato bravo.
Irene Gennaioli

Cera na tavolata tutta de tedeschi briaca e allora io avevo detto che stavo male. Allora lui ha detto: Ora lei la visita il dottore. La mi mamma ha detto: No, la mi figliola no!. Se n alzato uno, gli ha dato un pugno sul naso. Il sangue gli spriciolava da tutte le parti, non saveva niente per asciugalla. Chan portato su in questa stanza ultima, channo messo tutti ai muri, chan portato via tutto quello che saveva, ma tutto: valigie, tutto. Chan lasciato solo coi panni che saveva adosso.
Laudomia Mormii

Il 9 giugno del 1944 si scapp tutti dalla Todt perch sembrava che fosse vicino il fronte e perch saveva paura che ci portassero in Germania. Sicch si scapp quel 9 giugno, me ne ricordo, che ci si ritrov tutti... cio tutti, quelli della Pieve, su a quel podere che cavevo io alla Villa di Pietra Nera e si dormiva nel capanno, dalle pecore.
Dino Marri

La scuola fu messa allAsilo infantile e sandiede l. Io non finii perch la maestra ci diede la tessera del fascio e io gliela presi, andai al bagno e la strappai. Allora me mand dietro i citti per pigliamme e io dalla porticina dellAsilo traversai la curva del Nanni, ma era gennaio e dopo stetti a letto con la polmonite un mese. Dopo mespulsero per du anni dalle scuole del Regno. Allora, a primavera la pora Daria Giannini me trov sotto larco e me diede la pagella con tutti zeri. E lei me disse. Gino, tu nse passato. E io, - sa, a quellet - gli dissi: Io nso passato, ma glinglesi a Roma son passati. In casa mia se sentiva Radio Londra.
Gino Pellegrini

Venendo dal Ponte Nuovo le prime porte eron quelle. Il mi babbo che sapeva il tedesco - era verso le quattro e mezzo, le cinque, al mattino - disse: Figlioli, cercate dalzarvi perch c i tedeschi alla porta che bussono. Per non falla butta gi - che poi dopo ns manco pi rivista la casa noi - il mi babbo scese gi e gli dissero che volevono dormire e mangiare. Il mi babbo ci fece alzare a me e alla mi pora sorella, al mi Nino e Beppe. Quando se fece giorno la mi mamma caccompagn a Fognano, ci mand via, perch loro occuparono la casa.
Adele Cangi

Messi tutti in fila ci hanno contati (guai se uno avesse fatto la mossa per scappare!). Erano cos severi da non scherzare. Da qui inizia il tragico destino con destinazione ignota.
Umberto Santucci

Il 5 agosto del 1944 i tedeschi cominciarono a porta via la gente della Pieve, a deportarli su in Romagna, perch dovevono radere al suolo il paese per ragioni tecniche della Linea gotica. Allora ci portaron via e la sede era alle scuole elementari, diciamo il posto base, dove per caricare e porta via pi di tremila pievani ci volle tanti camion e allora noi si veniva caricati un po per giorno, cio un po per notte, perch di giorno non potevon viaggiare che cera lareoplani che bombardavano.
Omero Gennaioli

Cosi i Tedeschi, ripreser posto nella Gotica linia, in poco tempo. A noi, nel giorno tredici dAgosto, ordinato ci fu lo sfollamento. Voleo ridisertare a dogni costo, poi ch mio padre, non era contento? Alle parole sue diedi valore, sperando di imboccar la via migliore.
Remo Rosati

Noi quando ci portaron via, la sera, ci caricaron di notte perch di giorno avevon paura degli apparecchi. Ceran tre soldati in gabina e tutto pieno de persone di dietro. La mi sorella, che era pi piccina di me, aveva novanni. Uno de quei tedeschi mi faceva: Tu venire qua co mea, co mea. Voleva che andassi in mezzo a loro. Io ero grande, per let chavevo ero robusta, ero formata. E sicch la mi sorella, quando vide che mi voleva porta de l, lei mont su e gli pest le mani. I pestoni che gli diede in quel camion, roba da fasse ammazzare! Eppure non gli fece niente, e a me non mi ci port di l.
Amelia Dalla Ragione

Quando era verso le cinque o le sei si sent delle forti esplosioni e se pensava che fossero cannonate e invece se vide un polverone in fondo al paese, se venne fuori, susc dalle scuole elementari. Ci furon due o tre scoppi grossi e allora se vide che erano gi in fondo al paese e cominciava a saltare la Pieve, i tedeschi cominciavano a farla saltare da Via Michelangelo.
Omero Gennaioli

Dalla Gaburra sand via perch cera il comando dei tedeschi, sand alla Casella che cera i mi pori nonni. Dalla Casella passarono, ci presero tutti e ci portarono a Montalone. Se dorm lungo la strada. Me ricordo se sentiva le cannonate ci passavon sopra e scoppiavano nso dove. La mattina ci ripresero, tutti in processione, e ci portarono alle scuole qui alla Pieve. Alle scuole ci se stette fino alla sera. La sera ci caricarono nei camion e ci portarono a San Piero. Poi da San Piero su su, con i carri con le bestie. Eravamo quattro figlioli, il mi babbo, la mi mamma, io ero il pi grande sicch erano tutti pi piccini di me. O coi cavalli o coi bovi, insomma insomma sandette a finire a Canneto sullOglio, in provincia di Mantova, e ci siamo stati dieci mesi.
Gino Fontana

La massa di gente nelle scuole si era ridotta a qualche centinaio e mio padre sempre sperando in qualcosa andava dal piazzale alla finestra dicendo: chiss le cannonate potrebbero colpire un ponte, oppure non ci potrebbero avere pi camion? And a finire proprio cos, che per le ultime circa cento persone non arrivarono i camion alle ore dieci di sera, no alle undici, no a mezzanotte. Quando vennero s nelle aule due tedeschi, che dicono di scendere tutti nel piazzale (G.Marconi) cerano famiglie con i bambini, anziani e gente con balle, sacchi, zaini e valigie piene di roba. I militari stedescavano tra se, poi andarono con degli uomini al vicino magazzino della Cooperativa Operaia e presero diverse cariole, dieci o dodici per caricarci la roba di quella gente meno rimbambita di noi, mio padre, mia sorella e io solo la giacca con un pane e pantaloni corti. Si ud una voce; via! Partire.
Omero Gennaioli

Noi siamo venuti alle scuole, per non cera i camion, ci hanno rimandato a casa. Siamo ritornati lass, semo tornati nei refugi.
Laudomia Mormii

Gli ultimi tempi sera andati nascosti nel Fosso de Belmonte, chiamata la buca della morte. Ci sarebbe stato, ma circa trecento persone nascoste l, e sicch se veniva qualche volta, ma de rado. I tedeschi non ci vedevon l. Ma la mi mamma con quei de Strazzanella andarono su a mette fori la roba de casa ch dicevon che bruciavon le case e invece, erono in diciassette, le presero e le portaron via.
Stefano Graziotti

Io so stato sfollato a Strazzano. A Strazzano siamo stati l e un giorno venne una voce che bruciavano questa casa. Alora il mi babbo sotterr della roba e noi se prese e sandette a fare - alora cera la foglia delle pecore - con la foglia delle pecore fece una baracca nel Fosso de Belmonte. Dal Fosso de Belmonte dissero che ora bruciavano Strazzano - Sartorn l per arpiglia quella roba e portarono via il mi babbo, la mi mamma e il mi fratello e io rimasi con la mi sorella sordomuta. Da quel Fosso de Belmonte, io ero un cittotto, se venne al Falcone. Col mi zi Mario se prese con un baroccino e sandette alla Madonnuccia. Il mi zi Mario me mise a tracolla - il mi babbo caveva un prosciutto - e il mi zio me mise questo prosciutto alle spalle che poi quando savi cera na scheggia dentro. E alla Madonnuccia dopo sandette da Ido, che prese la mina quella mula, quella mula chavevo. Il Burligi era de dietro e scoppi questa mina e il Burligi, tutto sporco dogni ben dIddio, per se salv, e quella testa de quella mula ci venne a casca vicino a me e alla mi sorella.
Alberto Gennaioli

La fame tantissima perch da mangiare non cera proprio. Ci sarrangiava un pochino. Noi me ricordo che saveva una capra che la mi mamma sera portata dietro perch cavevo anche un fratellino piccino de pochi mesi, sicch quello prendeva solamente il latte, che poi mor, dopo tornati a casa de poco, perch era denutrito. Non poteva vivere solamente con quel latte de quella capra
Renata Lanzi

Cominciarono a devastare il paese e incendiare anche le case di campagna cos ci si dovette spostarsi nascondendoci in gran fosso eravamo circa 60 persone era un brutto stare.
Giuseppe Fiori

Se veniva su in vetta alla Pieve e se vedeva qualche cosa. Ho visto saltare il Ponte Nuovo, ho visto quando pass quellapparecchio che casc la bomba anche nel cimitero.
Stefano Graziotti

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Allora se stava l a Strazzano e se mangiava come se poteva, da mangiare fori se faceva coi fornelli, eravamo tante famiglie che il posto ncera in casa, allora se mangiava fori, ci sarrangiava come se poteva, io nme ricordo nemmen che se mangiava. Allora se veniva alla Pieve a prender qualcosa da mangiare, ci saveva un po di fornimento alla Pieve, allora ci presero, cominci a cascar le case... sera andati in casa, se trov i tedeschi con un bastone, quello che saveva in mano ci rompero gni cosa e noi via, se cerc danda su verso Strazzano e quando siamo stati su venivon le steggie vicino a noi, noi ci siamo buttati gi in un fosso, s aspettato unoretta, quando era calmo, siamo scappati via a Strazzano. Un po di provviste savevano alla Pieve. Dopo han buttato gi la nostra casa, tutto, e noi siamo rimasti senza niente. Io e la Marietta se veniva gi e cominci a saltare queste case. Non s preso niente.
Leonora Palazzeschi

Qualche volta se scese anche dentro la Pieve, e vedere come avevon messe queste bombe. Eron tre pel corridoio su nelle case e le facevon saltare... eron bombe dapparecchio che dopo gli mettevon la spoletta e le facevon saltare.
Stefano Graziotti

Per diversi giorni continuarono a fare saltare le nostre case in aria. Dopo lo scoppio si vedeva alzarsi in cielo delle enormi colonne di fumo e si sentivano i detriti ricadere per alcuni secondi. Era uno spettacolo devastante.
Franca Franceschetti

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col pianto agli occhi

Non cera niente, luce, negozi, scuole e botteghe. Solo la Collegiata lavevano lasciata in piedi. Una desolazione, barche di macerie, fili della luce e travi cadute per tutti i versi, muraglie pericolanti, vie e cantoni non esistevano, perch intasati dal materiale: non credo di essere capace di descrivere il tritio.
Omero Gennaioli

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Sono tornato, dunque, al mio paese - se cos poteva ormai chiamarsi quellammasso di cocci rotti, intrammezzato da qualche fortunato rimasuglio semisgangherato -, ed ho cercato tante cose fra quelle macerie: le persone care, la mia casa, le reliquie della mia infanzia e, naturalmente, fra queste, anche la mia scuola .
Terzilio Maidecchi

La tristezza nel vedere il paese in condizioni che... era impossibile chi che non lha vissuto, chi non ha avuto la possibilit di vederlo, era impossibile oggi crederci.
Dino Marri

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Entriamo in Pieve Santo Stefano che ci si presenta in una visione lugubre e spettrale. tutta un cumulo di macerie. Solo alcuni edifici il palazzo municipale, la chiesa ed alcune case della periferia sono state risparmiate.
Michele Pilotti

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Che lavoro quelle macerie alte! Noi sera piccini, gi, bassi bassi, e quelle macerie lass.
Amelia Dalla Ragione

Arrivati alla piazza mi ricordo che facemmo come se avessimo scavalcato una montagna e poi piano piano passammo larco. L arco ci indicava la strada dove dovevamo andare.
Grazia Cappelletti

Quando si fu davanti alla nostra casa - dovera, perch ncera pi - la mi sorella si mise a piangere.
Adele Cangi

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Quando di casa mia giunsi allingresso qualsiasi potea entrar senza permesso. Con rabbia maledii quelle persone, che fecion tutto ci senza diritto Smantellando, impiantiti ed affissione, che dalle stalle si vedea il soffitto.
Remo Rosati

Per venire in piazza si scendeva gi sul fiume, poi si risaliva, sempre sulle macerie e poi in piazza, sopra le macerie alte.
Anna Maria Mencherini

Dietro sentii la voce di un vecchietto che mi tocc la spalla e io mi vergognai, svelto ad asciugarmi gli occhi. Piangi, piangi pure. Io gli occhi li ho belle asciutti, che ho belle finito le lacrime.
Onelio Pisani

88

Tutti i giorni rientrava la gente, ma la gente rientravono col pianto agli occhi. Piangevano tutti che non cera un bucarino de ricoverasse in nessun posto, era tutto disastrato. Ma poi bisognava stare attenti perch cera le mine allora non splose.
Vittorio Rigoni

94

mettendo i sassi da una parte

Gli abitanti di Pieve Santo Stefano, avevano perso tutto, case, averi e in molte case, cerano dolorosi lutti. Ora dovevano ricominciare da zero, cercando di riprendere la loro attivit. Prima di tutto, bisognava sgomberare le macerie e cercare di rifare un tetto.
Plinio Simoncelli

Si scavava mettendo i sassi da una parte, mentre calcinaccio e detriti anche di stemmi si caricavano in un barroccio del cassettone e poi uno alle stanghe e due ai lati per spingere gi al giardino del Pontenuovo a rovesciare nel Tevere. Si proseguiva verso le macerie della torre.Vennero il Savelli, il Mimi, Dantino e Albo, quattro uomini coraggiosi (matti) dal Comune e lo spinsero a rotolo in San Girolamo Battistero della Collegiata. Non cerano altri posti, perch ogni piccolo spazio nelle macerie dove non ci pioveva, la gente ci arrangiava casa.
Omero Gennaioli

104

Io avevo il cuore secco, avevo visto tutto disastrato cos, e dicevo dentro di me: Io so giovane ancora. Io sapevo murare, io facevo il muratore, ho sempre fatto il muratore, fino da ottanni cominciai a lavorare. I primi che poi cominciarono a ricostruire vagliavano questi calcinacci chera cascato dalle case e muravon con quelli l, ma era come mura con la motta.
Vittorio Rigoni

Con Egidio sera sempre insieme. Quando si recuperato tutti quei libri che li buttavano nel Tevere! Venne lArciprete, disse - pioveva -: Guarda l, un peccato veder buttare via tutti quei libri. Li mettevano nelle carrette e poi li buttavano nel Tevere, cera la piena. Bisognava che sgombrassero le macerie, sopra le macerie cera anche tutti quei libri. Buttavan via ogni cosa. Noi dopo sand l, quelli che si riusc a recuperare si portarono in casa canonica.
Anna Maria Mencherini

Noi ns ritrovata la roba, lhan presa. La mi mamma caveva la macchina da cucire, faceva la sarta. Tanta roba, coi bauli, lavevamo seppellitta a Fontandrone. Ci saveva un contadino che sera amici, ci facevano i viaggi su col carretto. Ns ritrovato niente.
Amelia Dalla Ragione

Piano piano cominciarono a ricostruire, magari ricostruivono male perch non cera materiali, non cera niente. Sassi ce nera tanti, che da tutte le parti avevon rubato tra quello e quellaltro. Gridavono perch Mhai preso i mi sassi, quellaltro gridava Tu mha preso i mi sassi. Gridavon tra di loro perch glavevono preso i sassi cheron la su casa.
Vittorio Rigoni

106

La gioia del mio babbo che ritrov la sua bicicletta. Questa bicicletta - disse - questo lunico mezzo. Meno male che abbiamo questa bicicletta perch io con questa potr andare a cercare un po da mangiare. Cera tanto nelle campagne, cerano frutti, patate a non finire, per cera un pericolo gravissimo ch i campi erano tutti minati. La gioia grande di aver trovato questa vecchia bicicletta che ancora conservo. Con questa bicicletta lui and nei campi, prese le patate, le metteva sul manubrio e contento, entusiasta che ci aveva trovato da mangiare, ce lo portava a casa.
Grazia Cappelletti

Noi trovammo la casa gi, per in un muro maestro il mio babbo ci aveva infilato la roba, che loro facevano i commercianti ambulanti. Il mio babbo era un muratore.
Franca Franceschetti

Noi sarriv in tempo. Da Anghiari, dice Andiamo a vede la nostra roba, per era la strada minata, me ricordo che il tu babbo andava avanti: Mettete i piedi dove li metto io, e allora se metteva i piedi dove li metteva lui. Sarriv alla Pieve, la casa era cascata e il rifugio era gi aperto, se trov la gente gi che saccheggiava. Sarriv in tempo. Se se veniva il giorno dopo nse trovava pi niente.
Leonora Palazzeschi

Quando siamo tornati, io, i miei fratelli, il mio babbo e la mia mamma... sera creato un rifugio dove ci sera messo tutte quelle cose che potevano servire e che era impossibile portarle dietro, ma quando siamo tornati era stato aperto. Sicch non cera pi niente.
Dino Marri

Le prime persone che erano rientrate avevano fatto man bassa, impossessandosi di tutto. Infatti, mio padre vide indossato da un amico il suo vestito migliore che aveva lasciato nel rifugio e dovette pagare 500 lire per riaverlo, prezzo che mio padre aveva pagato acquistandolo da un altro. Era tutto un mercato nero.
Maria Guerrini

114

Il mi Romano prese la mina il 29 agosto. Il 30 se mise l in quel campo sportivo del prete, che cera lorto de Zucchino. Dopo la Triannina port la mi mamma a fa due passi. Io e il mi babbo sera dietro, quando si fu allaltezza l, dove parte il pullman, la vidi salta su pe laria cos, una quindicina di metri. Proprio davanti a me e al mi babbo.
Gino Pellegrini

Era rimasto il palazzo dellorologio, che caricato con una potente dose di esplosivo a orologeria, come la Villa di Dagnano dove cera il comando generale saltarono in aria dopo otto, nove giorni.
Omero Gennaioli

Ci davano una stanza ogni famiglia nel Palazzo Comunale. Senonch quando si usciva di chiesa ci dovevano dare questa assegnazione. Quando sera in chiesa gi si sent il botto: Ma cos successo? Cos successo?. Si venne quass e non cera niente. L sotto cera le poste e cera uno stanzino dietro, dove mettevano i pacchi che dovevano partire, che arrivavano eccetera. Avevan caricato quello stanzino di bombe a tempo, nessuno se nera accorto e dopo una diecina di giorni che gi i tedeschi erano andati via, saltato tutto. Sera tutti alla messa, per fortuna.
Anna Maria Mencherini

Il Comune s visto bene che andato a orologio, dopo qualche giorno qualche giorno chera saltato quellaltri. Noi sera allAcquaiola, che poi dopo saveva paura, dato che quella casa era in piedi. Dice: C caso che sia a orologio anche la nostra. Sicch se stava sempre con quel socch che saltasse anche quella.
Laudomia Mormii

Ci han dato in piazza, lAmelia, la mamma della Miranda, un piatto de zuppetta. Figurati: vedere la zuppetta a noi ci sembrava de rivedere langelo custode!
Adele Cangi

116

Cera rimasta la torre su, mezza rotta. Il Ponte Vecchio non cera pi, era caduto, ci avevano messo due fili di teleferica, cavevano messo le tavole. Era un ponte che ballava per passare.
Vittorio Rigoni

Siamo venuti su per il paese e lei ha messo le mani nei capelli: Oddio, la Pieve! Oddio la nostra casa che nc pi. Lei quando stata davanti alla casa... per prima siamo arrivati in Comune, quando siamo state l s trovato uno che cha detto: C il posto in Comune. Noi la casa nsaveva, nsaveva niente, sera anche scalzi e gnudi. Allora l in Comune, chi piangeva la roba, chi piangeva quellaltre cose, non ci se poteva stare. Allora ha detto la mi sorella: Andiamo a vedere che l ci devo ave le lettere del mi marito. E infatti se son trovate ste lettere e se son lette. Nel frattempo passato questo apparecchio, questo spostamento... sera tutti tre, il mi fratello intorno al muro che avevan levato i sassi per aprire la strada, cera un viottolino per passare. E io e lei sera l che se leggeva queste lettere del marito. In questo frattempo... lei lha presa proprio in pieno cos, a me mi strisci e basta.
Adele Cangi

Se and a vedere cosa succedeva. Questi du travi eron cascati gi e cera questa donna rannicchiata sotto, con le gambe... la rivedo ancora. Nino, il fratello, che se tirava i capelli Oddio, oddio, oddio!. Io e Pasqualino Pellegrini si prov a alzare quei du travi, poi venne altre persone. Quando se riusc a levare quei du travi, insomma a sollevarli un po e tirarla fuori, la testa era completamente schiacciata.
Pietro Gennaioli

120

Trovai la sala del teatro, dormitorio pubblico. Non sapeva dove andare la gente. Aprirono le porte e quelli che non avevano casa si adattarono a dormire dentro la sala. Il nostro teatro ha fatto anche da dormitorio per gli sfortunati.
Onelio Pisani

Se venne nel Teatro Comunale circa un mese finch non avessero liberato le baracche di legno. Avevamo fatto un piccolo recinto nel Teatro Comunale, sera una diecina di famiglie, un recinto un pochino per uno, cera letto, cucina, fornellino de quelli da poter scaldare qualche cosa, cera una stufa a legna. Infatti era tutto affumicato il teatro e dopo aiutai a rimbiancarlo anchio.
Stefano Graziotti

La cucina economica lavevano messa l in mezzo al teatro e l, in cento cristiani se doveva cucina tutti, sicch: chi gridava da una parte, chi da quelaltra.
Adele Cangi

Un fascista lo volevono picchiare subito dopo passata la guerra perch quello era veramente manifestato fascista prima. Se lo prendevano quel giorno lavrebbon trinciato. E allora la mi mamma, anche se non la pensava uguale ai fascisti - ma lei sempre stata de perdonare la gente - lha nascosto in camera sotto il letto. C stato tante ore nascosto.
Renata Lanzi

In piazza trov Egidio Capaccini, che quello stato il grandomo per la Pieve! Egidio gli disse: Maria, chha fatto? Sta peggio lAdele?. Oh! Egidio, male come ieri sera perch veniva a trovamme Egidio - per ci vorrebbe na bicicletta che il mi Nino va a cercargli le medicine in qua e in l. Maria, andate allAsilo che ve la porto io la bicicletta. Andette alla segheria, prese la bicicletta e la port allAsilo.
Adele Cangi

122

La sera del 31 dicembre noi eravamo qui alla Pieve. Usciva la messa dalla Collegiata. Poi siamo ripartiti da l, a piedi a piedi, col nostro bagaglio siamo arrivati a Fratelle. Sarriv lass chera un sereno, certe belle stelle!
Elia Mambelli

Han durato tre o quattranni a sminarle queste zone. Della Pieve morto pi di quaranta persone delle mine, poi n morti non solo quelli della Pieve, ma sono morti anche laltri, sono morti militari, sono morti gente di Romagna che venivano a Pieve, morto na ragazza di Firenze che veniva a trovare i parenti a Bulciano e poi prese una mina al Fossetto Nero, morto un veterinario con la motocicletta, son morti giovanotti del Borgo, insomma sar morto cento persone delle mine nella nostra zona.
Omero Gennaioli

I tempi non erano molto belli, lo spettro della guerra era in ogni dove. Di quando in quando arrivava notizia che il Tizio o il Caio era morto pestando una mina. Purch piccola quando camminavo nel bosco pensavo a quei mostruosi ordigni che si nascondevano sotto terra.
Pina Cangi

Egidio aveva visto che io avevo patito tanto e gli piaceva de rifare il teatro, e allora m stato tanto dietro perch nei primi tempi gli dicevo: No, no, io nvengo, nvengo, nvengo. Invece mha spunzicchiato che mha fatto distrarre de tutto quello che avevo passato, del dispiacere... perch in fine e in fondo la mi sorella era morta de novembre e noi s fatto... de gennaio me pare se fosse pronti.
Adele Cangi

Non solo la miseria, ma anche i morti. Con le mine n morti na quarantina, unaltra quarantina sono stati assassinati dai tedeschi, perch dove li trovavano lammazzavano, e poi una quindicina o venti sono morti dalle granate o dalle cannonate. Insomma, ci hanno dato una croce al merito, ma le croci 158 nel cimitero me sembrono abbastanza, ce la potevon dare na medaglia doro che sarebbe stato meglio per il paese.
Omero Gennaioli

126

era la moda del cemento armato

142

146

Q ueste co str u z i oni che contra stano col v ecchio,


Erano pi i giovani, i ragazzi voglio dire, erano pi soddisfatti e contenti perch volevano lasciare il vecchio.

fatte co s anche s e n z a g rond a .


Deo gratia costruire come andava andava.

Grazia Cappelletti

Gi nel 1 9 4 8 e rano state co str uite tante ca s e popolar i ,

Anna Maria Mencherini

Mhanno assegnato na casa popolare, a tutta la mi famiglia. Mi ricordo che era linizio dellautunno, perch era freddo, ncera nemmeno i vetri, non cera niente, che ce li port questi vetri Ettore Camaiti. Ce li trov du vetri. Altrimenti sera trovato fra le macerie un po de cenci, se mettevono l per tappare un pochino perch cominciava a venire un po de freddo.

nel 1 9 4 9 - 5 0 l e ca s e Fanfani ,

Adele Cangi

I miei genitori, e la famiglia di mio marito, abitavano nelle case ancora pericolanti, poi nelle Baracche. Ma incominciava a vedersi qualche costruzione di case, poi le case Fanfani che attendevano con ansia.

poi l e ca s e Unra ;

Rina Cestelli

Cassegnarono le case Unra del 50. Ci assegnarono in Comune, a noi ci assegnarono quella casa indove se sta. Chan dato la chiave. Se fece lo sgombero proprio il giorno avanti Natale del 49. Del 50 ci sono venuti a sta tutti. Cera una signorina che era direttrice che ci guardava, come se doveva tenere il villaggio messo bene. Doveva esse tenuto sempre bene, dopo se mise tutte le siepi intorno. Cerono delle regole da rispettare. Col baroccio se port via quella pochin de roba che saveva. Saveva un letto... poco e niente, ch avevon distrutto tutto!
Stefano Graziotti

nie nte pi e tra are nar i a ,


Bisognava fare i conti anche con i finanziamenti, perch non era il solo paese distrutto. Era tutta lItalia in condizioni cos.

nie nte s a ssi d el Te v e re ,

Anna Maria Mencherini

Dai dolori che ci saveva, dal dispiacere dessere stati tanto in giro senza nessuno che ci dava niente, non so nemmeno se gli si fece festa, per appena entrati si disse col mi fratello, con Nino, Beppe e i mi genitori: La roba non ci sha, non ci saveva niente, no, non ci saveva niente. Un armadio, che ce laveva detto il sor Cecco: Questo armadio portatelo via senn ndo appoggiate la roba?. E se dorm per terra fintanto che Beppe non fece le rapazzole. Per la contentezza davere un tetto, per conto nostro!

anzi , si di str ug ge v a qu ell o che e ra r ima sto di v ecchio.

Adele Cangi

Ho provato tanto dolore quando hanno buttato gi tutto il pezzo attaccato alla Fonte, la Chiesa di San Francesco, larco, che sopra quellarco cera un camminamento. E accanto, era tutto un blocco, il Palazzo Lamponi dove cera il Torrione, era una fortezza, quasi. Per eravamo rimasti talmente senza una lira e nella miseria pi nera che la proprietaria, amica della mia mamma, Clementina Lamponi, disse una sera: Gianna, con il pianto nel cuore, ma io vendo. Naturalmente lo prese la Forestale, ma allora non cerano pi soldi neanche nelle tasche dello Stato. Il pensiero che su questo palazzo ci avrebbero fatto la scuola della Forestale di Stato, posti occupazionali, per il rimboschimento di tutta la nostra vallata... Era una rinascita.

Il pr imo ad ess e re di str ut to f u il tor r ione,

Grazia Cappelletti

Certo era bello il Torrione. Me narcordo, noi se stava per quella strada proprio l, era bello l in cima, l in cima indove se girava, insomma, era bello.

poi si d e moli s ce larco di Por ta Fiore ntina

Stefano Graziotti

Non era un arco vero e proprio, sopra cera la terrazza del Capaccini. Non era un arco di valore. Adesso non ci sarebbe passata neanche una macchina.
Anna Maria Mencherini

poi f u co str uita una ca s a d ov e ce ra la chies a di S an Frances co


Io so entrato del 57 al Palazzo della Forestale a lavorare perch me sposai. Facevo limbianchino per conto mio. Quattro o cinquanni ho fatto limbianchino per conto mio. Andai per mettere in regola i libretti, stato un mettere in regola i libretti che ci so stato diciannovanni. E s fatta mezza Pieve. L per l nnero muratore, marrangiavo a fare tutto. So entrato a lavorare che era gi tutto distrutto.

e le br ut te co str u z i oni pubbli che e pr iv ate iniziarono nel 1956,

Stefano Graziotti

Era un gioiellino. Era un paesettino, per era un gioiello, era bello. Io quando entro allAsilo che l un po comera ma non tanto, me prende un socch. Sicch io sento la nostalgia anche adesso della Pieve. Cera quella chiesa de San Francesco chera qualcosa! Quel palazzo del Santini, sopra l dove lera la chiesa, cera una terrazza che prendeva da lati a lati. Nel paese cera lantichit. Quel Monumento che quando se scappava da scuola cera tutti quei fiorellini bianchi tutto intorno e cera un pochin dandare a sedere, ci si metteva l a sedere e le nostre mamme che venivono su sotto allarco a vedecci: Ma quando venite a casa a mangiare?

il monume nto al fante con il pi edi stallo r icope r to di mar mo bianco f u tra s fe r ito al g i ardino d el Ponte Nuov o s opra ad un piedi stallo di pie tracc ia,

Adele Cangi

Cera questo contrasto tra la tristezza, la malinconia di una guerra che aveva lasciato le sue tracce e aveva cancellato il paese e la gioia invece di rinascere.
Grazia Cappelletti

e ra l a mod a d el ce me nto ar mato.

Omero Gennaioli

La mia Pieve. La mia Pieve quella la cui originalit diversa da oggi non c pi. Peccato che la Pieve si presenti ora ripetuta e pi o meno eguale ad altri paesi e citt. I soliti scatoloni immotivati e lisci di cemento, che fanno con ogni dove, un tutto eguale, cos come se tutti i viventi si chiamassero con lo stesso nome.
Dante Crescioli

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