Sei sulla pagina 1di 68

VOLUME PRIMA LEZIONE DI SCIENZA POLITICA Cos la politica (capitolo primo) Il sistema politico quel sistema nel cui

i ambito si svolgono tutte le attivit politiche rilevanti. Il sistema politico composto da comunit politica, regime ed autorit. La comunit politica costituita da tutti coloro che oggettivamente fanno parte del sistema politico e soggettivamente se ne sentono parte. Dunque la comunit composta sia dai cittadini che da coloro che anche non essendo cittadini debbono comunque uniformarsi alle norme del sistema perch si trovano a vivere nel suo ambito. Tutti coloro che vivono in un sistema politico hanno, con modalit differenziate, modo di influenzarne il funzionamento tramite la partecipazione politica. Mentre nei regimi democratici la partecipazione politica libera, aperta e facoltativa, nei regimi non democratici pi corretto parlare di mobilitazione politica ossia coinvolgimento subalterno, spesso obbligatorio ed eterodiretto dagli effettivi detentori del potere politico. La teoria democratica vuole che i cittadini siano i migliori giudici delle loro preferenze e pertanto che i decisori siano il pi conformi possibili alle opinioni dei cittadini che hanno dunque potere attivo. Questo per apre degli interrogativi come sulla ragionevolezza di affidare il potere a cittadini poco informati e con scarsa conoscenza delle cose politiche, o come comportarsi in una situazione in cui solo pochi cittadini partecipano, quante informazioni sulle preferenze dei cittadini possono ottenere coloro che sono eletti alle cariche politico, a quale controllo saranno posti, a quale interessi risponderanno. Le ricerche hanno dimostrato che i cittadini differiscono per il loro grado di interesse nella politica, la loro informazione sulla politica e il grado di convinzione nelle proprie capacit di influenzare le scelte politiche. Le ricerche dimostrano che la maggior parte dei cittadini si interessa poco, scarsamente informato ed ha poca fiducia nella politica, eppure paradossalmente milioni di cittadini continuano a votare e a tentare di influenzare i politici. La maggior parte dei cittadini compie un solo atto di partecipazione politica ossia il voto (quando ci si trova in un sistema di democrazia o autoritarismo elettorale). In realt latto del voto non un semplice atto. Prima di tutto perch in molti paesi esistono degli ostacoli di natura giuridica allatto del voto. Ad esempio in USA non si , come in Italia, iscritti automaticamente a vita in una lista elettorale ma bisogna andare personalmente a registrarsi, se si salta una elezione si viene automaticamente cancellati dalle liste costringendo a re-iscriversi, quindi latto del voto richiede in questi casi un lavoro precedente da parte di ogni elettore. Anche distanza dal seggio e giornata del voto (che in molti paesi anche in giorni feriali) pongono ostacoli che rendono il voto tutto allinfuori che semplice ma con un costo sia economico che fisico, senza contare quelle mentali richieste per informarsi prima di decidere chi votare in funzione alle proprie preferenze. Questo va a comportare il paradosso del voto, ossia se lelettore si comportasse in maniera razionale soppesando costi e benefici allora pochissimi andrebbero a votare data la probabilit praticamente nulla che il voto di un singolo cittadino andrebbe a fare la differenza (senza contare la scarsa fiducia nella politica detta sopra), questo solleva linterrogativo del perch milioni di persone vanno a votare. Il paradosso del voto viene spiegato distinguendo due categorie di comportamenti politici: strumentali ed affettivi/espressivi. Con il comportamento strumentale, come lo sciopero, i cittadini pongono un atto di partecipazione politica con un obbiettivo chiaro e limitato e lo fanno, appunto, in maniera strumentale (sciopero per evitare dei licenziamenti) esercitando pressioni sui decisori politici, i risultati di questa partecipazione sono chiaramente visibili in tempi brevi in modo che si sia in grado di capire se uno strumento partecipativo buono o no. Con i comportamenti politici di tipo effettivo/espressivo il cittadino mira a dare il suo sostegno ad un certo soggetto singolo o collettivo senza necessariamente mirare ad ottenere vantaggi personali, immediati, visibili o misurabili. Dunque il voto per

un candidato allelezione, sapendo che con milioni di votanti non basta il proprio singolo voto a conseguire il fine desiderato, non dipende da motivazioni strumentali ma tradizionali come il senso di appartenenza ad una classe sociale o ladesione ad una ideologia. Se poi vince anche il proprio candidato aumenta la soddisfazione ma ci che conta di pi la riaffermazione di una appartenenza che precede la politica e le va oltre. Ci sono poi altri casi dove lesercizio della scelta di voto spinto in pi modi, dal semplice libero diritto in USA, al dovere in Italia, allobbligo in Australia. Altra forma di partecipazione politica il movimento. Coloro che danno origine al movimento hanno due caratteristiche. In primo luogo combinano la loro insoddisfazione con un buon grado di politicizzazione ossia sanno identificare le cause del disagio, le eventuali responsabilit dei leader politici e le inadeguatezze delle strutture istituzionali. In secondo luogo gli iniziatori del movimento non si trovano ai margini della societ ma sono in posizioni semi-centrali dalle quali gli possibile controllare il flusso delle informazioni e mobilitare i settori relativamente marginali. Se il movimento ha successo si ingrossa anche grazie allaggiunta di coloro che, pur non avendo conoscenze o esperienze specifiche, vengono raggiunti dai messaggi di coloro che gi partecipano al movimento. Secondo Weber, che si sofferm sui movimenti religiosi, un possibile esito la istituzionalizzazione con la nascita di strutture permanenti o vere e proprie organizzazioni, ad esempio i movimenti operai si sono istituzionalizzati in sindacati e partiti socialisti o i movimenti ambientalisti che sono diventati i partiti Verdi. Altre volte, invece, i leader dei movimenti possono decidere di non istituzionalizzarsi per non imporsi limiti di manovra o altre volte sono gli stessi partiti a cooptarli. Per rispondere alla domanda su quale sia il livello ottimale di partecipazione, alcuni studiosi affermano che la partecipazione auspicabile quella moderata ed intermittente dato che un partecipazione alimenta e legittima la democrazia senza scuoterla o destabilizzarla. Secondo Pasquino una partecipazione elevata e costante non mette in crisi la democrazia come non lo fa seriamente nemmeno una bassa partecipazione ma continuativa. Secondo Pasquino ci che deve far preoccupare la democrazia sono le impennate e i crolli di partecipazione dato che le impennate possono essere il risultato di mobilitazioni populiste e demagogiche che tutto fanno tranne che rivitalizzare la democrazia creando i presupposti per sbocchi autoritari se non a vere rivoluzioni, i crolli dipendono dalla delegittimazione dei governi svuotando la democrazia ed aprendo la strada a regimi blandamente autoritari come nei paesi latino-americani dove si parla di dictablanda. In entrambi i casi molto dipende dalle istituzioni e dai partiti dato che se saranno deboli le istituzioni allora saranno travolte mentre se sono forti i partiti allora saranno in grado di accogliere le impennate partecipative ristrutturandosi. Le funzioni dei partiti sono essenzialmente due: presentare candidati e alternative programmatiche alle elezioni e dare vita a governi, il che significa anche accettare la responsabilit di quanto promesso. Sostanzialmente tutti i governi delle democrazie contemporanee sono governi di partito (party government) ossia i governi sono composti totalmente o quasi da personale di estrazione partitica che dunque sapranno che ogni loro azione ha ripercussioni sul loro partito spingendoli a comportarsi responsabilmente. I governi di partito vanno da un massimo di concentrazione del potere nei governi monocolore (monopartitici) ad una maggiore diffusione nei governi di coalizione tra pi partiti. Il caso italiano rappresenta una grave degenerazione del governo di partito arrivano a parlare di partitocrazia dato che in questo caso i partiti non si sono limitati alle scelte politicamente rilevanti ma sono intervenuti in tutte le sfere come in quella economica, approfittando di unespansione abnorme della presenza dello Stato, quella culturale, spartendosi le reti televisive o piazzando ovunque dirigenti fedeli, o in quella sociale, sponsorizzando e colonizzando una pluralit di associazioni. La soluzione alla partitocrazia non certamente labolizione dei partiti ma una loro riorganizzazione riportandoli ad una funzione di

rappresentanza e valutabilit delle responsabilit. Un fattore positivo dei governi di partito la facilit con cui gli elettori sono in grado di capire a chi attribuibile una situazione positiva o negativa con la possibilit di sanzionare il responsabile o premiarlo durante le elezioni. Data lambizione dei politici ad essere rieletti, questa caratteristica li spinger ad operare al loro meglio sentendosi doppiamente responsabili sia verso il partito che verso lelettorato. Nel caso dei governi monocolore il circuito della responsabilit trasparente mentre nel caso dei governi multipartitici risulta pi opaco questo perch diversi partiti al governo avranno portato diversi programmi durante le elezioni con il risultato che nel momento in cui vanno a governare insieme dovranno giungere a compromessi sui programmi riformulandoli e, in caso di insuccessi, ogni partito di governo potr tranquillamente fare lo scaricabarile su altri o addirittura promettere di pi di quanto fatto dai propri partner (scavalcamento) come unofferta al rialzo, rendendo allelettore pi difficoltoso riuscire ad individuare un responsabile preciso. Per individuare in una societ chi detiene effettivamente il potere si usano tre metodi: posizionale, reputazionale e decisionale. Il metodo posizionale si basa sulla semplice ricognizione dei detentori delle cariche politiche e delle posizioni formali di governo e ne deduce che, essendo autorizzati allesercizio del potere, quei detentori siano effettivamente gli uomini e le donne che esercitano il potere. Nei regimi democratici succede che la situazione reale possa distaccarsi in maniera significativa da quella descritta nelle norme con soggetti che esercitano un potere effettivo e sostanziale senza avere la legittimazione che deriva dal potere formale, si formano autorit informali che hanno un potere politico reale pur senza occupare una carica politica che nel gergo vengono definiti i poteri forti (banchieri, imprenditori, etc). Per individuare i detentori del potere reale si ricorre al metodo reputazionale ossia si interrogano un certo numero di testimoni privilegiati e si disegna un quadro complessivo del potere che in buona sostanza riflette le conoscenze e le esperienze di quei testimoni che se saranno davvero persone informate dei fatti potranno colmare le lacune lasciate dal metodo posizionale. Dato che spesso succede che la reputazione di uomini potenti in realt semplicemente sopravvissuta alla fine del loro potere, gli autori affermano che se si vuole individuare dove risiede davvero il potere politico allora bisogna coglierlo nel suo concreto esercizio. Il metodo decisionale utilizzato da Dahl e consiste nellindividuare i soggetti che partecipano alle decisioni ritenute importanti. Questa metodologia venne criticata da Bachrach e Baratz che affermarono che il potere non si esplicita solo nelle decisioni prese e visibili ma anche nel sopprimere richieste, impedirgli di entrare nellagenda istituzionale. Le autorit allora diventano coloro che controllano lagenda istituzionale decidendo cosa diventa rilevante e cosa rimane fuori, pertanto diventa empiricamente difficilissimo poter analizzare le non-decisioni senza rischiare di cadere nello sterile complottismo Come si studia la politica (capitolo secondo) Per studiare la politica necessario soddisfare i requisiti minimi dei procedimenti scientifici, quindi le proprie teorie possano essere sottoposte a controllo da altri studiosi e falsificabili. Le teorie devono basarsi su poche variabili delineate in modo limpido ed essere costruite, nella misura del possibile, su quanto gi stato prodotto dagli altri studiosi che potranno a loro volta criticare una teoria, ridefinirla o superarla. E con Macchiavelli che la politica supera la dimensione morale quando lo studioso afferm che la politica ha delle sue regole che possono essere individuate, osservate, imparate, insegnate e applicate ma che sono regole che non possono e non devono, pena risultati negativi, essere assoggettate ai principi e ai dettami religiosi n di qualsiasi altro tipo che non sia gi politico (la politica si spiega solo con la politica). Soprattutto con lapplicabilit delle regole politiche Macchiavelli afferma il concetto che lo studio della politica non puro esercizio accademico ma uno studio con risvolti applicativi, ossia la politica traducibile in comportamenti e prevedibile in esiti e conseguenze.

Mentre la storia politica ha un approccio idiosincratico, ossia determinare la pluralit di cause specifiche che hanno determinato un evento politico, la scienza politica ha un approccio nomotetico, ossia utilizzare leggi di carattere generale e probabilistico per spiegare determinati fatti, la spiegazione politologica del tipo se esistono le condizioni A, B e C allora potrebbe verificarsi lesito X come ogni qual volta il sistema elettorale di tipo plurality (A) applicato in collegi uninominali (B) e i candidati sono espressione di partiti organizzati su tutto il territorio (C), allora possibile che il sistema diventi di tipo bipartitico (X), se utilizzassimo un concetto non probabilistico ma causale allora bisognerebbe spiegare perch in alcuni paesi come lIndia la presenza delle tre condizioni non restituisce un sistema bipartitico. Nel caso in cui sia necessario analizzare una mole di dati rilevante, come nelle analisi del voto, bisogner fare uso di tecniche statistiche ma necessario evitare che lanalisi non si traduca in una semplice ricognizione di dati poich altrimenti non sar possibile cogliere un significato politico. Cos studiando dei dati su delle elezioni necessario utilizzarli anche in ottica comparata, ad esempio confrontandoli con i risultati della precedente tornata elettorale oppure con il risultato delle elezioni tenute in un altro sistema politico ritenuto comparabile. Metodi come la sperimentazione e losservazione partecipante sono limitati allapplicazione nella politica. La sperimentazione in laboratorio di un fenomeno politico , chiaramente, impraticabile eppure si continua a parlare di alcuni luoghi come determinate citt di laboratori dove sperimentare teorie politiche anche se in realt lutilit gli studi politologici basati sulla sperimentazione si sono ad oggi dimostrati scarsamente utili. Per quanto riguarda losservazione partecipante pu fornire dati molto interessanti se lo studioso ha accesso al fenomeno che intende studiare, come ad esempio successe con Michels con il suo accesso al Partito socialdemocratico tedesco che gli permise di formulare la regola ferrea delloligarchia, ma daltro canto la presenza del ricercatore pu influenzare il comportamento dei protagonisti dellorganizzazione che si intende studiare (ad esempio un ricercatore che studia un consiglio comunale al suo interno potrebbe portare i consiglieri a fingersi pi virtuosi di quello che veramente sono), tanto meno il ricercatore riesce a rendersi invisibile e tanto pi i suoi risultati saranno falsati. Inoltre nel caso di una ricerca compiuta tramite osservazione partecipante si rende pi complicata lintersoggettivit con gli altri studiosi che per falsificare la teoria dovrebbero ipoteticamente ripetere lesperienza di osservazione partecipata nello stesso ambiente e nello stesso contesto temporale che potrebbe essere irripetibile (magari perch la ricerca si svolta in un periodo subito precedente ad una particolare tornata elettorale). Un approccio di studio lo studio dei casi, detti anche narrativa o descrizioni dense, dove lautore si focalizza su un caso specifico, come un determinato Stato, grazie al quale pu sottoporre a controllo una teoria esistente ed eventualmente proporne la revisione. Allo stesso tempo, in mancanza di una teoria generale, lo studio del caso potrebbe approdare allabbozzo di una teoria esplicativa. Con il metodo comparato in via di principio non preclusa nessuna comparazione, anche quelle meno plausibili fra elementi diversissimi tra loro, purch chi propone la comparazione ne spieghi anche i motivi di rilevanza e gli obbiettivi. VOLUME CAPIRE LA POLITICA La politica. Dimensione interna e dimensione internazionale (capitolo primo) Spiegare la politica significa separare i fenomeni propriamente politici da quelli di altra natura. Parlando di autonomia della politica ci si riferisce al suo affrancamento da altre sfere (economia, religione, morale, etc), la politica dotata di una specifica area di competenza e di un preciso modus operandi. Parlando di essenza della politica ci si focalizza sui processi politici e sulle peculiarit dei comportamenti politici che si differenziano dai comportamenti sociali, morali o religiosi.

Sul piano storico laffrancamento della politica dalle altre sfere (autonomia) divisibile in 4 tappe. La prima tappa si ha con la separazione tra potere spirituale e temporale con la quale la politica perde la contaminazione religiosa ma mantiene intatta la finalit etica del bene comune. La seconda tappa riconducibile al Principe di Macchiavelli dove la politica viene separata dalla morale. Per la prima volta si parla di politica in senso puro, politica con proprie leggi che lautorit deve applicare per salvaguardare lo Stato, anche se contrarie alla morale. La terza tappa si ha con lo scorporo tra politica ed economia. Secondo filosofi ed economisti della scuola liberista scozzese (Hume, Smith e Ricardo) dividendo pubblico e privato si porta i singoli a poter perseguire in maniera pi efficiente i propri interessi economici. La quarta ed ultima tappa quella che segna la separazione tra politica e diritto. Se da un lato non pu esistere politica dove sia assente lelemento giuridico anche considerabile un diritto autonomo, come il diritto consuetudinario, o anche il contrario, come levento rivoluzionario che un elemento non giuridico e allo stesso tempo una fonte di un nuovo ordinamento. Un caso, invece, di politica autonoma dal diritto lo stato di eccezione dove in momenti di crisi acuta continua a persistere la politica mentre viene soppresso il diritto. La politica si afferma come scienza autonoma negli anni 50 nonostante la sua origine si fa risalire al 1896 con la pubblicazione di Elementi di scienza politica di Gaetano Mosca ma ancora in fase pre-scientifica. Mentre il giurista studia i comportamenti umani regolati dalle norme di un dato ordinamento giuridico concentrandosi sugli aspetti statistici dei meccanismi istituzionali (approccio formale), lo scienziato politico indaga sulle motivazioni e sulle conseguenze di quei comportamenti rispetto ai fini proposti analizzando la dimensione dinamica dei processi che si verificano allinterno delle istituzioni (approccio funzionale). Rispetto alla filosofia politica manca lelemento speculativo ed astratto a favore dellempirismo e del linguaggio specialistico volto alla classificazione e definizione de fatti, la filosofia politica riflette sul miglior governo possibile, la scienza politica avalutativa. La sociologia politica, invece, studia le interazioni interoggettive ad un livello orizzontale riducendo il rapporto governanti-governati a variabili dipendente mentre la scienza politica si concentra sulla natura verticale del rapporto ribaltando la relazione tra fattori. Per quanto riguarda lessenza della politica possiamo fissare due punti essenziali ossia che la politica esprime una valenza sovra-individuale che si esplica nel vivere comune e che tale concetto ha una connotazione rigorosamente verticale, connessa con il concetto di potere. Uno degli aspetti che contribuisce a determinare lessenza della politica dato dalla sua ambivalenza. La politica distinta da una identit sovra-individuale, il rapporto politico sempre un rapporto intersoggettivo riferendosi alla collettivit e non al singolo. Ma nel momento in cui la politica aggrega allo stesso tempo esclude dato che si riferisce proprio alla sua collettivit formata dentro alla comunit, riconoscersi in una nazione significa escludere chi non vi appartiene. Lambivalenza politica insiste nel concetto di amico-nemico, conflitto che secondo alcuni studiosi rappresenta lessenza autentica ed esclusiva della politica. La guerra il mezzo politico estremo. Esiste allora la politica spesso violenta delle fasi di straordinaria amministrazione e la politica moderata e pacificatrice delle fasi di ordinaria amministrazione. Questo perch nel momento in cui si individua il nemico allora, necessariamente, vi una fase precedente in cui si individua lamico, la solidariet precede il conflitto. Da sempre la riflessione sulla politica sempre stata associata alla modalit di acquisizione, distribuzione ed esercizio del potere. Weber defin il potere come la capacit di un attore di influire sulle scelte di un altro attore. In una societ il potere si basa sul fatto che alcuni gruppi riescono ad assicurare la propria superiorit tramite il controllo delle risorse. Generalmente vengono indicati tre tipi di risorse:

1) Economiche (potere economico), inducono ad una determinata condotta coloro che non riescono ad accedere alle risorse economiche (remunerazione) 2) Ideologiche (potere normativo), derivate dallinfluenza esercitate sulle preferenze altrui da individui investiti da una certa autorit (persuasione) 3) Politiche (potere politico), caratterizzate dal possesso degli strumenti mediante il quale si esercita la forza fisica (coazione) Lo Stato tende a collocarsi nella sfera del potere politico ma non la semplice violenza ad esaurire il potere politico dato che anche un criminale pu esercitare violenza. La differenza che la violenza del criminale circoscritta a pochi individui mentre lo stato non ha bisogno di utilizzarla ma piuttosto a controllare gli strumenti materiali ed organizzativi della violenza (monopolio legittimo della forza). Violenza collettiva e violenza privata assumono criteri di legittimazione diversi dato che solo la prima espressione di un potere garantito. Comunque nessuno Stato, nemmeno il meno democratico, pu fondare completamente il suo potere sul semplice controllo della forza ma hanno tutti bisogno di attivare anche strumenti di consenso per potere ridurre i costi relativi alla gestione del potere e il mantenimento dellordine e della pace interna. A livello internazionale, a differenza del livello interno, manca unautorit dotata del monopolio legittimo della forza, dunque gli Stati sono costretti, nei rapporti interstatali, a preservare la propria sicurezza tramite lauto-difesa. E una sorta di anarchia internazionale dove gli stati non sono tutelati da un governo centrale e pertanto si sentono in continuo stato dincertezza determinato dal fatto che ognuno si sente potenzialmente minacciato dallaltro. Le Nazioni Unite, che nelle intenzioni dei leader avrebbe dovuto fornire un sistema di difesa collettivo, non dispone di una simile autorit e non sono in grado di applicare in maniera imparziale le sanzioni previste dalla violazione del diritto internazionale. Lassenza di unautorit sovrannazionale che gestisca legittimamente la forza a livello internazionale dovuta al principio di sovranit degli Stati, sancito per la prima volta con la pace di Westfalia del 1648, principio che riconosce lattribuzione ad una autorit esclusiva ad intervenire coercitivamente nelle attivit che si svolgono allinterno del proprio territorio. Dato che la sovranit rappresenta il potere supremo nessuno Stato disposto a cedere le proprie prerogative e a riconoscere unautorit a lui superiore. La sintetica definizione della politica internazionale politica in assenza di governo. Mentre nella politica interna vige una struttura gerarchica dove lordine il risultato della applicazione della legge, nella politica internazionale vige una struttura anarchica dove lordine che si crea spesso il risultato dellapplicazione della legge del pi forte. Sembrerebbe, allora, impossibile elaborare una definizione esaustiva di politica che comprenda sia la dimensione interna che quella internazionale dato che nei due casi il contesto nel quale si svolge la ricerca del potere assume caratteristiche proprie evidenziando una ambivalenza non tanto nellalternanza tra cooperazione e conflitto quanto al grado di legittimit del soggetto che gestisce quel potere. Una definizione troppo generale non ha efficacia di ricerca mentre definizioni che mettono in evidenza un contesto, attori rilevanti, finalit od esiti sono o troppo vincolanti o presuppongono lesistenza di un soggetto legittimato che in realt sul piano internazionale non esiste. Una soluzione parziale muovendosi nel presupposto che le interazioni politiche in qualsiasi contesto configurino un rapporto di scambio sempre ineguale, dove una parte guadagna pi dellaltra, dunque che il soggetto pi forte riesce a guadagnare pi dellaltro ma allo stesso tempo che il soggetto pi debole non mai del tutto disarmato nel confronto dato che esistono sempre regole al gioco politico, che a livello internazionale possono essere il grado di incertezza controllabile per poter avere pi forza negoziale. Dunque mentre lessenza della politica pu essere considerata comune a politica interna ed internazionale come la sfera nella quale si svolge la competizione per lacquisizione, la distribuzione e lesercizio del potere mentre gli esiti sono differenziabili

in un contesto gerarchico (interno), dove sono rappresentati dalle decisioni prese da un attore legittimato che vincola lintera collettivit, e in un contesto anarchico (internazionale), dove sono le decisioni prese da uno o pi attori in posizioni di egemonia che vincolano le altre unit del sistema internazionale nella misura in cui il loro potere considerato legittimo. Contributi pi recenti, come quello di Otto Hintze, hanno messo in evidenza come sia impossibile esaminare isolatamente ogni singolo Stato e la necessit di collocarlo in un contesto pi ampio che comprendesse lintero sistema degli Stati dato che la transizioni di confine tra politica interna e politica esterna influenzano la formazione e il consolidamento degli assetti statali anche interni. La quantit di libert presente allinterno di un singolo Stato stata vista come inversamente proporzionale alla pressione militare-politica esercitata ai suoi confini portando alla classificazione fra Stati continentali e Stati periferici in base alle rispettive posizioni geopolitiche. Gli stati continentali, come Francia e Prussia, essendo sottoposti a forti pressioni ai confini, assumevano forme amministrative fortemente centralizzate e burocrazie plasmate sul modello militare con costruzioni politiche di tipo assolutistico dove si concentravano i poteri nellesecutivo, erano sistemi politici basati sul principio di sicurezza e della sopravvivenza nazionale. Gli stati periferici, come Usa e Gran Bretagna, non subendo pressioni esterne, disponevano di strutture decentrate e costituzioni politiche liberali fondati sulla rappresentanza e sulla prevalenza delle assemblee legislative sullesecutivo, erano sistemi politici tendenti a migliorare il benessere dei cittadini. Analizzando le interazioni tra politica interna e politica internazionale, Deutsch si focalizza sulle reazioni provocate da stimoli esterni facendo notare che a volte decisioni di politica interna possono suscitare forti reazioni nellopinione pubblica di un altro Stato al punto da far venire meno una effettiva linea di confine tra opinione pubblica e avvenimento nello Stato straniero. In altri casi avviene invece lopposto dove uno Stato manifesta un atteggiamento di totale chiusura nei confronti di un evento esterno mostrando una netta linea di confine tra politica interna ed internazionale. Nellanalisi di Deutsch la mobilit della linea di confine tra interno ed esterno determinata dal livello di autonomia dei singoli Stati nei confronti dellambiente internazionale, dove si considerano autonomi quei paesi dove, date la caratteristiche dellambiente internazionale, non possibile prevederne le risposte. Lanalisi del rapporto tra politica interna e politica internazionale deve prima chiarire a quali e quanti fatti possibile attribuire la capacit di uscire da dimensione interna od esterna per intervenire nellaltra, verificare se tale capacit appartenga in maniera indistinta a tutti gli Stati e scoprire se nei rapporti tra interno ed esterno vi sia reciprocit ossia se le influenze valgano allo stesso modo o se quelle che vanno da un livello allaltro siano pi forti di quelle che muovono nella direzione opposta o, ancora, se la forza penetrativa sia variabile ed indeterminabile o se una delle due spinte sia in maniera costante pi forte dellaltra. Stati democratici e non subiscono, indipendentemente dalle loro caratteristiche interne, le conseguenze prodotte dal clima generale di insicurezza internazionale (anarchia internazionale) dovuto allassenza di unautorit centrale generando un comportamento pi o meno aggressivo per conservare o accrescere il proprio potere per tutelarsi dinanzi eventuali attacchi e non, come sostengono alcuni, ad estendere il modello democratico ad altri paesi come nel caso statunitense. Parlando di configurazione del sistema internazionale si intende il grado di concentrazione del potere tra le varie unit consentendo al sistema di assumere forme multipolare, bipolare o unipolare. Un esempio di effetto interno da una configurazione internazionale nelle elezioni del 1948 in Italia dove lesito venne determinato dal bipolarismo Usa/Urss. Diretta conseguenza della distribuzione di potere nel sistema la posizione di potenza, in base alla quale le unit si dividono in grande, medie e piccole potenze. Mentre le medie e piccole potenze sono costrette a muoversi nellambito di margini estremamente ridotti e prevedibili, le grandi potenze hanno la facolt di determinare le regole del gioco a cui tutti devono adattarsi. In riferimento ai condizionamenti esercitati

dalleconomia internazionale sulla politica interna ci si pu soffermare su interventismo statale e competizione economica internazionale e da un altro lato tra crisi economiche internazionali e coalizioni di interesse interne. La pressione imposta dalla competizione internazionale era un elemento utile per comprendere lespansione del ruolo dello Stato nelle societ dei paesi in via di sviluppo mentre lanalisi delle crisi economiche internazionali muoveva dal presupposto che queste modificassero gli equilibri di forza interni ai regimi politici essendo destinate a riflettersi sulle politiche pubbliche. Ultimo fattore strutturale il condizionamento esercitabile dalle istituzioni internazionali, con lesempio perfetto nellUE che ha un ruolo sempre pi pregnante sia dal punto di vista economico, con lEuro, la politica monetaria e il mercato unico, che giuridico, con le direttive e i regolamenti . Mentre i 5 fattori di cui sopra rappresentano i condizionamenti strutturali legati alle caratteristiche del sistema internazionale, i fattori di tipo congiunturali si riferiscono alle fasi di stabilit e instabilit che attraversano le relazioni tra Stati. Il grado di tensione internazionale connesso alla sfera della sicurezza e indica il livello di vulnerabilit che ciascun attore percepisce rispetto alle minacce provenienti dallambiente internazionale. In una situazione di crisi, infatti, uno Stato pu essere indotto ad accentrare il potere nelle mani dellesecutivo fino ai casi pi estremi in cui pu anche cessare in maniera provvisoria la democrazia (come il caso di Israele). Levento della guerra influisce sia sulla nascita di un nuovo sistema internazionale sia sugli equilibri interni (soprattutto in caso di sconfitta militare). Nel primo caso la guerra rappresenta la fonte del sistema internazionale dato che i trattati che seguono la fine di un conflitto militare fissano i principi di una nuova distribuzione di potere nel sistema. Nel secondo caso la guerra pu ridisegnare i confini nazionali e stabilire nuove gerarchie di potere. Anche i regimi internazionali hanno un ruolo nel favorire comportamenti cooperativi tra Stati dato che un regime internazionale, definito da principi e regole dove convergono le aspettative degli attori, si sviluppa quando due o pi Stati decidono di collaborare in un determinato settore. Linfluenza sulla decisioni dei governi nazionali si verifica nella misura in cui i regimi favoriscono un clima di dovere generale coordinando le scelte delle singole unit verso obbiettivi comuni che non possono essere disattesi pena la perdita di credibilit del paese che si sottrae agli obblighi internazionali. Un esempio di collaborazione istituzionalizzata destinata a mantenersi nel tempo il FMI (fondo monetario internazionale). Per quanto riguarda invece linfluenza opposta, ossia dalla dimensione interna su quella internazionale, secondo la teoria dei regimi politici il comportamento degli Stati nellarena internazionale dipende dalle modalit organizzative interne. E basilare, in questo caso, la distinzione tra Stati democratici e non democratici dal momento che la maggiore o minore propensione a ricorrere allo strumento militare legata alla presenza di specifici vincoli istituzionali (un regime non democratico non deve temere, ad esempio, di rispondere allelettorato di una errata politica estera). Partendo dal presupposto che, come la storia mostra, i regimi democratici non sono pacifici importante notare che i regimi democratici non si sono mai fatti la guerra tra loro. Le ragioni sono che le democrazie intervengono militarmente negli stati non democratici per destabilizzarne i regimi ed estendere il modello democratico e che la condizione di pace democratica potrebbe garantire relazioni pi pacifiche tra gli Stati se il sistema internazionale fosse composto di sole democrazie. I differenti meccanismi democratici possono fare la differenza nella gestione della politica estera se questi meccanismi sono in grado di condizionare le procedure decisionali dei governi in carica. La tendenza di un governo a correre rischi politici per conseguire con successo delle policy (politiche estere) proporzionale al controllo che questi esercitano sul potere decisionale, dunque un governo monocolore (partitico) tender a prendersi pi rischi politici in favore della policy rispetto ad un governo formato da una variegata coalizione che invece tender a ridurre al minimo i rischi politici a discapito della policy che richiederebbe complesse negoziazioni tra le parti della coalizione. Il passaggio da un regime non democratico ad un regime democratico pu incidere sullallineamento internazionale del

paese in questione o contagiare i paesi confinanti, come ad esempio successo con il crollo dellURSS che fra le altre cose ha permesso a molti paesi satelliti di democratizzarsi ed entrare nella Nato e nella UE. Secondo Buzan anche lesito del processo di state-building (consolidamento dello Stato) determina caratteristiche del contesto internazionale. Secondo Buzan la diffusione di Stati forti e consolidati potrebbe consentire lampliamento delle zone di anarchia matura fondate sulla progressiva attenuazione della natura anarchica del sistema grazie al fatto che ciascun attore in grado di esercitare la sovranit entro i suoi confini si confronta con altri Stati nella stessa situazione e, dato che tutti questi Stati hanno gi con successo ottenuto il monopolio legittimo della forza, non hanno interesse ad utilizzare la forza per risolvere i conflitti con altri Stati e sono consapevoli tanto che le sicurezze nazionali siano interdipendenti quanto che una polita estera auto-referenziale rischi di condurre al fallimento. Dove invece il sistema caratterizzato da stati deboli, dove scarsa la coesione tra societ e istituzioni e lautorit non riesce a monopolizzare la forza, la presenza di confini contestati e il ricorso alla violenza anche sul piano interno minano la sicurezza dello Stato e alimentano la frequenza di conflitti tra vicini. Gli Stati falliti rappresentano un rischio per le relazioni interstatali perch i conflitti interni possono fuoriuscire dai confini nazionali e rendere insicuro il contesto in cui si muovono. LEuropa oggi un esempio di anarchia matura mentre il Medio Oriente una anarchia immatura dove non si ancora concluso con successo il processo di state-building. Huntington ha inserito un nuovo fattore nella politica mondiale successiva alla fine della guerra fredda fondato sullelemento culturale. La sua teoria vede lo scontro di civilt come la chiave di lettura degli sviluppi attuali e futuri della politica internazionale. Nella fase bipolare gli attori internazionali erano in grado di qualificarsi come superpotenze, alleati, satelliti, clienti e non allineati mentre nel sistema attuale gli allineamenti anzich sul versante ideologico si formano in relazione alla posizione che ciascuno Stato occupa rispetto al grado di identificazione culturale. Se durante la Guerra Fredda uno Stato poteva decidere di non allinearsi, oggi nessuno pu rinunciare alla proprie identit, i conflitti diventano espressione del grado di identificazione verso il proprio raggruppamento e di incompatibilit verso lesterno, come dimostra la contrapposizione attuale tra civilt occidentale e civilt islamica. La ricerca politica comparata. Unintroduzione (capitolo secondo) Le dimensioni territoriali della politica. Lo Stato tra frammentazione nazionale e integrazione regionale (capitolo terzo) Lo Stato una specifica forma di organizzazione del potere politico che si radica in un preciso ambito territoriale dove persegue determinati fini e interessi. Lo Stato , inoltre, una organizzazione che fornisce protezione dei diritti di propriet e di sicurezza in cambio di entrate fiscali, esercita il monopolio della forza e impone una stessa legge sullintero territorio. Il concetto di Stato ha esteso, nel tempo, il suo significato arrivando a coincidere con politica o con ogni forma di organizzazione pubblica. Prima degli Stati, la storia europea una storia di relazioni politico-dinastiche e di interazioni di culture, religioni e principi. Gli Stati si formano anzitutto nella parte occidentale dellEuropa in quei territori dove si era sviluppato il feudalismo quando il feudo perse il suo carattere personale per diventare una cosa, un possedimento, il principe regna sul territorio e non pi sulle persone dando al potere una forma permanente. Sotto il profilo delle dimensioni territoriali e del rapporto con le nazioni lo Stato una via di mezzo tra le realt locali, come le citt stato, e le macrocomunit, come gli imperi. Il territorio diventa sempre pi rilevante negli Stati moderni dato che il legame tra le due entit si fa sempre pi stretto determinando costumi condivisi, lingua comune e senso di solidariet, il giudizio su una popolazione diventa dipendente dal fatto che questa sia dentro od oltre la frontiera, chi cittadino e chi no. Anche la centralizzazione del potere differenzia lo Stato da altre forme di organizzazione politiche-territoriali. La centralizzazione del potere lesito di un processo che conduce alla riduzione dei poteri alternativi allo Stato e allunitariet crescente dellorganizzazione statale, potere che si espande e penetra nel territorio grazie alle amministrazioni pubbliche. Altro processo

rilevante la secolarizzazione e la separazione tra Stato e societ civile. Con la secolarizzazione si distingue tra morale e politica separando lo Stato dalla religione, mentre con la separazione tra Stato e societ civile si riconosce a questultima anche una dimensione non politica preclusa allintervento statale. Le differenze nella fisionomia statale variano a seconda se vengono definite secondo la struttura dello Stato o secondo lo State-building, la sua genesi. Riguardo le tipologie di Stato secondo lo state-building abbiamo lo Stato unitario, costruito intorno ad un centro che tieni il potere e persegue politiche di standardizzazione amministrativa, lo Stato di unione, dove lincorporazione di territori avviene mediante lunione dinastica personale (matrimonio tra regali) ma lintegrazione non perfetta facendo sopravvivere localismi, il federalismo meccanico, creato dallaltro con strutture territoriali differenziate anche introdotte da un centro che rimane politicamente pi forte di ogni altra componente dello stato che comunque aderiscono volontariamente con le proprie istituzioni (unificazione tedesca) o dal basso del popolo (unificazione italiana), e, infine, il federalismo organico, che il risultato di un azione dal basso dove diverse entit territoriali decidono di associarsi volontariamente (Svizzera). In realt esisterebbe anche un quinto tipo dove uno Stato si forma in seguito alla disgregazione di altre precedenti entit. Dunque lo Stato pu essere il risultato di un processo di espansione di un centro, una aggregazione volontaria o una disgregazione di una precedente entit come un Impero. Dal punto di vista strutturale si pu differenziare lo Stato-Nazione, fortemente centralizzato, culturalmente omogeneo, mono-nazionale, con una sovranit forte ed indivisibile, e lo Stato- Confederazione, decentrato, federale e multinazionale, con poi tutti gli Stati misti che mischiano questa caratteristiche. Nel periodo delle guerre mondiali lo stato unitario era molto pi comune proprio per via del continuo stato di guerra che costringeva gli Stati a sovraccaricarsi di compiti difensivi ampi e costosi, a coinvolgere sempre pi ampi strati di popolazione nei processi produttivi delle nuove tecnologie e ad investire sempre pi risorse pubbliche nello sforzo bellico, tutte questioni che chiedevano forte centralizzazione. Con il periodo di pace che segue dalla fine della Seconda Guerra Mondiale il venir meno di queste necessit ha invece ridato fiato ai localismi nonostante questo non sia successo subito dato che come per inerzia, nonch per la minaccia della Guerra Fredda, la forte centralizzazione di quegli anni ha come abituato i cittadini a riferirsi sempre al potere centrale. Stato e Nazione sono concetti spesso usati insieme ma in realt distinti. Lo Stato , infatti, un insieme di strutture coordinate tra di loro che operano su un dato territorio mentre la Nazione una comunit percepita come tale dai suoi membri dal punto di vista simbolico, culturale e tradizionale. In realt Stato e Nazione si uniscono solo per convenienza dato che allo Stato serve la Nazione per consolidare la sua legittimit interna ed esterna mentre alla Nazione serve lo Stato per rafforzarsi e ottenere autodeterminazione rispetto alle altre Nazioni. Fino al XIX secolo esistevano solo 8 Stati Nazione con una propria lingua e cultura (Inghilterra, Francia, Spagna, Olanda, Portogallo, Prussia, Danimarca e Svezia) mentre gli Imperi (Austria, Russia e Impero Ottomano) controllavano al proprio interno pi nazioni, leccezione pi particolare era la Svizzera che rappresentava unentit statale dove pi nazioni collaboravano su un piano paritario. In tutta Europa esistevano 30 nazionalit con propria lingua e cultura ma prive di stato ed lite politica, alcune di queste entit (Grecia, Italia, Norvegia, etc) nei decenni tramite la mobilitazione riuscirono ad ottenere anche questi elementi. Per concludere sono rimaste nazionalit senza un proprio Stato mentre altre sono dovute restare sotto unentit statale che non la loro (come gli albanesi in Kosovo). Solitamente si distingue tra Nazione Stato e Stato Nazione. Gli Stati Nazione sono culturalmente omogenei, i confini statali coincidono con i confini nazionali, le minoranze sono piccole e politicamente poco attive. Le Nazioni Stato sono entit multiculturali o multinazionali dove per le nazionalit non

ambiscono a formare un loro Stato e dove accanto alle identit locali convivono identificazione e lealt comune verso lo Stato a prescindere dal gruppo di appartenenza, lealt ottenuta con politiche di integrazione e di accomodamento. Esperienza statale e nazionale sono strettamente correlate dato che senza lo Stato non si pone laspirazione alla coincidenza tra confini nazionali e politici, il nazionalismo il risultato dellintreccio di state-building e nation-building. Con il nation-building nascono le nazioni, nel senso che si forma la coscienza collettiva come consapevolezza di appartenere ad una stessa comunit ed essere diversi da altre, questo sentimento va ad accelerare lomogeneizzazione. La standardizzazione culturale pu avvenire dalla storia e la cultura in generale, dalla tradizione, dalla lingua, dai simboli e dalla religione, tutti elementi non indispensabili singolarmente ma fondamentali insieme. La lingua, per quanto possa essere un forte strumento identitario, non fondamentale dato che esistono molti casi di nazioni in contrasto con la stessa lingua. Il ruolo della lingua diviene, comunque, fondamentale nel momento in cui si afferma il principio che una nazione deve possedere una propria lingua che diviene elemento unificante ed egualitario dal momento che prescinde dal grado culturale e dal ceto sociale di appartenenza (scompaiono cos le diverse funzioni della lingua come luso del latino nella religione e del francese nei rapporti diplomatici e culturali). Le nazioni nascono anche per lo sviluppo di una coscienza nazionale di massa, identit collettiva di appartenenza che solitamente si individua nella storia comune, un cammino storico comune che genera solidariet e il convincimento di avere un destino condiviso. La storia e molti fatti recenti ci ricordano che uno Stato pu fallire e sono proprio questi fallimenti o fragilit a fornire il terreno fertile per pericoli come il terrorismo (si veda l11 Settembre 2001). La crisi di uno Stato dovuta allindebolimento delle frontiere, come i flussi migratori e i casi pi estremi delle secessioni territoriali. Negli ultimi decenni i confini sono resi ancora pi deboli dalla globalizzazione economica e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa causando un generale de-consolidamento statale minacciando la stessa idea di cittadinanza maturata in secoli. Queste nuove sfide hanno dato nuova forza alle periferie pi refrattarie alla standardizzazione con la nascita di nuove domande di autonomia interna e regionalismi, addirittura vedendo nascere nuovi nazionalismi. Durante la Guerra Fredda molti stati fragili ricevevano sostegno da una delle superpotenze alleate ma con la caduta dellURSS questo venuto meno portando a casi in cui le spinte alla disgregazione hanno avuto la meglio, e dimostrando cos anche limportanza dellelemento internazionale per lesistenza di uno Stato. Uno Stato pone su quattro dimensioni fondamentali: territoriale, potestativa, funzionale e culturale. La dimensione territoriale va in crisi quando i confini diventano incerti, la dimensione potestativa va in crisi in casi di deficit di sovranit ossia lo Stato non in grado di controllare singole aree o territori dove si muovono altri poteri contendenti che impediscono una piena penetrazione dello Stato, la dimensione funzionale va in crisi in caso di malfunzionamento dellamministrazione con il risultato di un rafforzamento delle proteste e lindebolimento della legittimit statale, infine la dimensione culturale va in crisi quando lo Stato non riesce ad alimentare lidentit statale e fermare la crescente disgregazione delle identit culturali che se si andassero a politicizzarsi potrebbero presentare nuove sfide e rivendicazioni con tutti i conflitti che ne conseguirebbero. Se uno Stato va oltre una certa soglia di debolezza allora diventa uno Stato fallito che pu degenerare in un suo crollo definitivo. Rotberg definisce deboli gli Stati che presentano allinterno situazioni conflittuali evidenti, anche se ancora non esplose, falliti gli Stati dove vi persistente stato di guerra civile e zone territoriali incontrollate e crollati gli Stati ridotti a mera zona geografica dove impossibile individuare un potere centrale sovrano, in questo caso solitamente i gruppi militari privati vanno ad occupare i molteplici vuoti di potere oppure il territorio viene controllato da qualche potenza estera che di fatto esercita la sovranit. Nel caso dellURSS non rimasta nemmeno lespressione geografica.

Una sfida alla sovranit arriva dalle forme di aggregazione sovrastatale che erodono poteri dai singoli Stati. Esempio classico lUnione Europea e la politica monetaria. Nel caso della UE la sua sovranit va da un massimo di autonomia, come appunto nel caso della politica monetaria che vincola gli Stati membri, ad un minimo di autonomia, come nella politica estera dove a decidere sono gli Stati membri secondo la regola dellunanimit. I regimi non democratici (capitolo quarto) La pi numerosa forma di regime non democratico il regime autoritario, a sua volta divisibile in una grossa variet di sottotipi. La definizione abbastanza generale da comprendere luniverso delle esperienze autoritarie e abbastanza empirica da evitarne leccessiva astrattezza, arriva da Juan Linz. Linz definiva autoritari quei regimi politici con pluralismo limitato non responsabile, senza la guida di unideologia elaborata, ma con mentalit caratteristiche, senza unestesa e intenza mobilitazione politica salvo che in alcuni momenti del loro sviluppo, e nei quali un leader o talvolta un ristretto gruppo dirigente esercita il potere entro limiti formalmente mal definiti ma in realt abbastanza prevedibili. Dunque le dimensioni dellautoritarismo sono pluralismo, ideologia, mobilitazione e caratteri della leadership. Sotto il profilo della presenza del pluralismo la variazioni interne allautoritarismo sono almeno due. Lo scenario pi frequente quello del pluralismo sociale ad influenza politica indiretta dove in assenza di un vero e proprio pluralismo politico, alcuni gruppi sembrano in grado di veicolare valori e interessi nel sistema politico senza incorrere nelle sanzioni previste contro coloro che esprimono dissenso politico, ragioni di tolleranza che possono risiedere nel tipo di legittimazione del regime o negli interessi che lo sostengono. Caso meno frequente quello del pluralismo politico limitato in una situazione di normalit autoritaria mentre risulta pi frequente in situazione di crisi o di transizione durante le quali vengono attenuate le capacit di controllo del regime. Per quanto riguarda il carattere ideologico del regime autoritario bisogna sottolineare che lelemento ideologico molto inferiore rispetto a quello dei casi totalitari, le punte ideologiche di un regime autoritario si hanno nelle sue primissime fasi di vita. Comunque anche in questi tipi di regime permangono vari livelli di combinazione tra ideologia e mentalit (ricordando che la mentalit pi un atteggiamento mentale mentre lideologia una costruzione culturale), un regime autoritario pu muoversi da un estremo dove presente lideologia (come il fascismo italiano) ad un altro dove lideologia assente completamente sostituita dalla mentalit, ossia valori generici privi di elaborazione intellettuale e tensioni utopistiche. Il grado di intensit ideologica influisce sia sulla mobilitazione politica che sullintera articolazione dei rapporti tra potere politico e societ. La mobilitazione politica rimanda a quellinsieme di azioni miranti a sollecitare e coinvolgere la popolazione in comportamenti collettivi di sostegno al regime, liscrizione al partito, la partecipazioni alle manifestazioni del regime, lesposizione allindottrinamento politico diventano, in un regime mobilitazionale, azioni obbligate se non si vuole incorrere in sanzioni. Fra le altre cose il grado di mobilitazione direttamente proporzionale allintensit ideologica del regime. Vi possono essere anche casi di regimi di smobilitazione, come quello franchista, dove le lite incoraggiano allapatia dei cittadini smantellando le precedenti strutture di mobilitazione, come partiti e sindacati. Lelemento della modalit di esercizio del potere rinvia alla capacit del regime di condizionare o meno la societ civile ed anche questo elemento correlato con lideologia. Tanto pi lideologia sar debole e lascer il posto alla mentalit e tanto pi le finalit del regime saranno di smobilitazione e alla promozione nella popolazione di forme di accettazione passiva del sistema, al contrario tanto pi il regime sar ideologico tanto pi si tender a mobilitare i cittadini e a penetrare anche nei settori solitamente non politicizzati e nelleconomia. Nel primo caso il potere delle lites sar pi limitato e prevedibile, nel secondo sar meno limitato e imprevedibile.

Gli aspetti strutturali sono quello che condizionano di pi gli sviluppo successivi del regime e nelle sue eredit di norme, istituzioni, ruolo delle forze armate, presenze partitiche, etc. Sulla forza del partito unico Huntington propose la distinzione tra monopartitismi forti (Unione Sovietica) e monopartitismi deboli (Spagna di Franco) in base al ruolo svolto nelle funzioni di legittimazione del sistema politico, di reclutamento della leadership e di aggregazione degli interessi. Questa distinzione fa riferimento alle differenze tra partito unico totalitario e partito unico autoritario dove il primo una volta giunto al potere mette in essere una politica di smantellamento delle strutture tradizionali e della societ per continuare dallalto la sua rivoluzione, il secondo una volta giunto al potere punta semplicemente al suo mantenimento e gestione. In realt un partito unico forte pu esistere anche nelle prime fasi di vita di un regime autoritario e nei regimi post-totalitari. Quanto ai regimi senza partito, la distinzione dipende dalla fisionomia e dai caratteri della struttura di potere al vertice: leadership personale, giunta militare, lites civile, lites religiosa. Una seconda dimensione strutturale rinvia al ruolo svolto nei regimi autoritari dai militari. I regimi militari si caratterizzano per la forte influenza delle forze armate nel governo del paese e si formano solitamente con colpi di stato. Per legittimarsi si basano quasi sempre su mentalit fondate su principi di lotta alla corruzione, ripristino dellordine e della sicurezza interna, difesa dei valori nazionali e patriottici e di smobilitazione politica. I militari, solitamente, percepiscono il proprio coinvolgimento in politica come temporaneo ma il loro obbiettivo s quello di rientrare nelle caserme e lasciare il potere ai civili ma conservando dei privilegi e prerogative. Il rientro delle caserme diventa obbiettivo desiderabile soprattutto quando la perpetuazione dei militari al governo dovesse rivelarsi dannosa per la coesione delle forze armate e per i loro interessi specifici, rappresentando questo un forte elemento di fragilit dei regimi militari, che in effetti hanno vita media inferiore rispetto ad altri tipi di regime. Un colpo di stato militare pu variare la species di regime ma non il genus, ad esempio un regime autoritario militare potrebbe essersi imposto rispetto ad un precedente altro regime autoritario. Una distinzione tra regimi autoritari in regimi militari, i militari occupano direttamente il governo, regimi civili-militari, i militari sono politicizzati e possono minacciare di destituire i civili al governo, e i regimi civili, i civili occupano direttamente il governo con i militari a loro subordinati. Non da escludere che un regime militare degeneri in un regime personalistico quando uno dei capi militari si impone come leader carismatico ed indiscusso (come Gheddafi in Libia). Linz aveva individuato altri sottotipi di regime autoritario muovendo da alcuni casi empirici noti. I regimi burocratico-militari sono dominati da una coalizione di militari e burocrati, fortemente non ideologizzati e miranti ad impedire ogni forma di partecipazione autonoma delle masse ai processi politici. I regimi di statalismo organico un tentativo di superare lassetto burocratico-militare realizzando partecipazione e mobilitazione attraverso strutture organiche, valorizzando lappartenenza degli individui a organizzazioni sociali primarie (come la fabbrica) ispirandosi al modello corporativo e cercando cos di individuare un terzo genus rispetto a democrazia capitalistica e pianificazione centralizzata anche se nella realt la democrazia organica servita solo a legittimare veri e propri regimi autoritari. I regimi di mobilitazione in societ post-democratiche fanno riferimento a quei regimi autoritari che si sono formati a seguito di una rottura drastica con la precedente autorit tradizionale, come ad esempio lItalia negli anni 20 con uno Stato delegittimato dalla prima guerra mondiale. I regimi autoritari di mobilitazione post-indipendenza si sono sviluppati nelle aree liberate dal colonialismo come in Africa, regimi favoriti dal basso sviluppo economico e da societ prevalentemente rurali, regimi per che si sono rivelati fragili ed instabili.

Le democrazie razziali ed etniche potrebbero essere anche definite democrazie oligarchiche dove lesercizio del potere avviene per mano di una ristretta minoranza della popolazione con lesclusione, su base di un pregiudizio razziale, della maggioranza, esclusione resa possibile da un ampio uso dei mezzi coercitivi. Lesempio tipico lapartheid in Sud Africa. I contesti e regimi politici imperfetti e pretotalitari configurano situazioni dove sono presenti rilevanti fattori politici, sociali e culturali favorevoli ad un esito totalitario, tra le quali la presenza di un partito totalitario ma che ancora non riuscito a conquistare del tutto il proprio potere, come lItalia nei primi anni del fascismo. I regimi autoritari post-totalitari sono il sottotipo che Linz elabora sulla base delle vicende che caratterizzano tutta larea est-Europea successivamente alla morte di Stalin (1953), le caratteristiche di questo regime sono le stesse del specie post-totalitaria che vedremo pi avanti. Altri criteri di definizione di un regime autoritario, oltre a quelli gi visti, possono essere la leadership (personale e carismatica o limitata o collettiva), la posizione verso la religione (secolarizzato, regime teocratico o legittimato sfruttando la religione) o le posizione verso le differenze etniche e linguistiche (regimi inclusivi ed esclusivi). I criteri distintivi di distinzione sono comunque gli attori protagonisti (chi governa), attraverso quali strumenti e in base a quali principi di legittimazione (ideologia, mentalit, religione, contrapposizione etnico-linguistica). Il termine totalitarismo ha un significato scientifico ed uno propagandistico dato che spesso viene usato in senso dispregiativo nei confronti dei sistemi antagonisti. Hannah Arendt anticip alcuni caratteri fondamentali del totalitarismo come la societ di massa, il ruolo del partito unico, della ideologia, della polizia segreta, del terrore e della rivoluzione permanente, autrice che ebbe il merito di essere la prima ad inquadrare il totalitarismo come unesperienza nuova senza precedenti storici. La prima definizione del regime totalitario arriva da Friedrich e Brzezinski che mettono a punto i caratteri della sindrome totalitaria: unideologia totalitaria comprendete un copro ufficiale di dottrina riguardante ogni aspetto dellesistenza umana, con il fine di realizzare una perfetta societ finale e di costruire luomo nuovo, un partito unico di massa controllato da unoligarchia e spesso confuso con la burocrazia statale, un sistema di terrore interno utilizzato sia contro i nemici del regime che contro interi settori della societ e il controllo monopolistico del sistema coercitivo, dei mezzi di comunicazione di massa e dellintero settore economico. Una definizione minima di totalitarismo ha integrato questi 4 caratteri con altre due condizioni indispensabili. La prima lostilit nei confronti dello Stato considerato come un residuato di un passato da distruggere, ostilit che ha avuto come risultato il dualismo Stato-partito nonch la duplicazione e la moltiplicazione degli uffici amministrativi e dei centri decisionali con la conseguenza della difficolt per il cittadino di individuare la vera fonte dellautorit (nel totalitarismo il partito deve essere superiore allo Stato), la seconda condizione la pulsione radicalmente innovativa dei regimi totalitari, un cambiamento che viene imposto dallalto attraverso il terrore e luniverso concentrazionario dove gli stermini nei campi avvengono non sulla logica del nemico reale (chi apertamente combatte il regime) ma su quella del nemico oggettivo (denunciato sulla base di una proiezione futura di ostilit). Ci si chiede se la definizione di totalitarismo sia applicabile ad altri casi oltre a quello del nazionalsocialismo tedesco e del comunismo staliniano sovietico. Primo caso di discussione il fascismo italiano, autoritario o totalitario? Dal punto di vista storico si pu affermare che il fascismo stato la via italiana al totalitarismo. Il totalitarismo fascista fu una realt in continua costruzione che mostra costante la presenza di una logica totalitaria propriamente fascista, presente sia nellideologia che nellazione politica. Diversamente per lo scienziato politico il regime fascista non fu totalitario dato che mancava la destrutturazione della societ (convivenza tra lites fasciste ed lites non fasciste come la monarchia), non ci furno mai ritmi di

industrializzazioni e di modernizzazione con cadenze e costi rivoluzionari, lassenza di una guerra permanente nei confronti della Chiesa, mancanza della prassi repressiva del nemico oggettivo e dellesistenza delluniverso concentrazionario, mancanza di un dualismo Stato-Partito con lo Stato (che comunque era lo Stato Fascista) che predominava sul partito. Linz sulla questione concede che il fascismo italiano possa considerarsi un totalitarismo interrotto o fallito se si accetta il punto di vista che durante gli anni 30 si stava evolvendo verso un regime totalitario. La discordanza tra il parere storico e quello politico dovuta alla diversit delloggetto di studio dato che una cosa osservare la piattaforma ideologica, che pu senza problemi riportare ad una definizione totalitaria, ed unaltra osservare leffettiva prassi politica. Dopo la morte di Stalin del 1953 si apre il processo di destalinizzazione, avviato da Chruscev, che attenua molti caratteri del regime cominciando una fase di revisione del modello totalitario ritenuto inadatto a confrontarsi con la nuova realt politica del mondo comunista. Molti autori tentarono di mantenere valido il modello totalitario anche per il dopo Stalin parlando di totalitarismo illuminato, totalitarismo senza terrore o totalitarismo senza rivoluzione. Linz propose la categoria del post-totalitarismo, inizialmente inteso come sottotipo del regimi autoritari. Secondo Linz nel post-totalitarismo restano numerose strutture tipiche del periodo totalitario ma anche le memorie relative ai suoi caratteri peggiori, memorie che condizionano le risposte di coloro che partecipano al processo politico e dunque allevoluzione del sistema. Il post totalitarismo caratterizzato dalla quasi totale assenza di pluralismo politico e dalla presenza, invece, di forme variabili di pluralismo sociale, economico ed istituzionale. Dunque la differenza con il regime totalitario lazione, spesso sotterranea, di un pluralismo in cui sono protagonisti soprattutto attori istituzionali, come le forze armate e i servizi segreti, che agiscono sempre di pi come gruppi di pressione in difesa dei propri interessi condizionando alcune scelte del regime. Non un vero pluralismo politico ma un pluralismo interno al partito unico. Lideologia ufficiale sempre pi debole, la mobilitazione politica attenuata e i leader raramente sono carismatici. In una prima fase il post-totalitarismo detto precoce, ed la fase pi prossima al totalitarismo puro allontanandosene solo per alcune limitazioni poste al leader, successivamente si entra nella fase del post-totalitarismo congelato, distinto soprattutto per una certa tolleranza verso alcune critiche poste dalla societ civile, ed infine si arriva al post-totalitarismo maturo, come il caso Ungherese, dove avvengono significative trasformazioni in tutte le dimensioni del regime ferma restando lintangibilit del ruolo guida del partito unico, ed avvicinandosi al massimo allidealtipo del regime autoritario. La scelta del post-totalitarismo pu avvenire per volere delle lites, per conquista di alcuni gruppi della societ civile o come risultato di una decadenza del regime totalitario. Il concetto di sultanismo introdotto da Weber che lo mette in stretta relazione con il patrimonialismo affermando che sultanistico deve essere detto un potere patrimoniale che, per il tipo della sua amministrazione, si muove principalmente nella sfera dellarbitrio svincolato dalla tradizione e al di fuori di ogni forma di autorit tradizionale e di potere legale-razionale. I regimi sultanistici si differenziano dai regimi autoritari-personalistici, pi prevedibili e istituzionalizzati, ma anche dai regimi totalitari, dove lideologia pi rilevante ed articolata. Nel sultanismo lautorit del leader alimentata da forme di personalismi pi che da ideologie e mentalit. Nel sistema politico ed amministrativo predominano le relazioni fondate sulla lealt, i leader occupano cariche ed uffici non per prestare servizi ma per incrementare le proprie ricchezze e migliorare il proprio status. Sono estremizzazioni del potere personali che presentano caratteri addirittura dinastici e di clan. Se presente una ideologia questa del tutto subordinata alle rielaborazioni e reinterpretazioni periodiche del leader e finalizzata alla glorificazione ed esaltazione del suo carisma e potere. Il leader non ha alcun vincolo, Stato, partito (se esistente), societ politica e societ civile sono nelle sue mani e pu agire con assoluta discrezionalit e facendo leva sui

membri della sua famiglia che occupano le cariche direttive pi importanti del paese. Nei regimi sultanistici si realizza una fusione tra regime e Stato. Tra regimi democratici e non democratici persiste una zona grigia dove possono esistere sistemi ibridi, regimi con caratteri sia democratici che autoritari. Quando un regime tenta di democratizzarsi pu succedere che questo tentativo fallisca ma il risultato del fallimento non sempre il ritorno al un regime autoritario o totalitario di partenza ma ad una situazione ibrida, come avvenne in alcune aree post sovietiche. Ad esempio possono esistere regimi con procedure elettorali effettivamente libere che soddisfano i requisiti di regolarit di competizione e suffragio universale ma che si distinguono dalle democrazie complete per le carenze in fatto di riconoscimento di libert civili e per il verificarsi di violazioni dei diritti umani. Questi casi vengono chiamati democrazie elettorali da distinguere dagli autoritarismi elettorali dove le elezioni sono manipolate e private di sostanzialit democratica che chiaramente non rientra nei regimi misti ma nei regimi autoritari (e cos si spiegano le statistiche di Freedom House che vedono aumentate le elezioni negli ultimi anni nonostante la grossa percentuale di regimi autoritari). Democrazie e democratizzazioni (capitolo quinto) Una definizione empirica di democrazia ci arriva da Schumpeter secondo il quale il metodo democratico lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare, altri caratteri imprescindibili ad una democrazia sono: 1) Elezioni libere, competitive, ricorrenti e corrette, nellambito di un sistema rappresentativo che garantisce lesercizio della funzione di controllo politico del potere 2) Suffragio universale 3) Inclusione delle cariche politiche nel processo democratico 4) Autonomia delle istituzioni democratiche da ogni forma di potere non elettivo o esterno 5) Diritto di partecipazione per tutti i membri della comunit politica 6) Pluralismo partitico e garanzia di competizione, ossia possibilit per le minoranze di diventare maggioranze 7) Libert di espressione, di associazione, di dissenso e di opposizione, nonch rispetto per i diritti fondamentali della persona 8) Libert e pluralismo dinformazione Secondo Freedom House 2011 le democrazie nel mondo sono il 45% di tutti gli Stati con una forte democratizzazione negli ultimi anni. La democratizzazione il processo di trasformazione di un regime da non democratico a democratico con pi gradi di successo nella transizione. Le democratizzazioni si sono susseguite in un arco di tempo che va dai primi del XIX secolo alla fine del XX secolo e sulla base di una sequenza che Huntington fissa in tre grandi ondate con la conseguenza di nette differenze nei processi di democratizzazione avvenuti durante la prima ondata, con tutto il contesto culturale e sociale di due secoli fa, e quelle avvenute durante lultima ondata, che a differenza delle prime avevano anche un modello da imitare. Ciascuna ondata di democratizzazione, con conseguente ondata di riflusso, ha sollecitato riflessioni teoriche nelle scienze sociali. La prima ondata, conclusa con la fine della Prima Guerra Mondiale, solleva le questioni relative allaffermazione della democrazia di massa sugli assetti politici tradizionali, la prima ondata quella che ha portato allincremento delle democrazie conseguente allindustrializzazione in connessione al bisogno di incorporare nei sistemi politici degli Stati i nuovi ceti. Alla domanda del perch e del come la democrazia si affermata in alcuni contesti dellEuropa ma non in altri tent di dare una

risposta Dahl proponendo la sua raffigurazione grafica detta scatola di Dhal. La trasformazione della politica oligarchica in quella di massa caratterizzata da due processi, il processi di liberalizzazione e competizione e il processo di inclusivit, partecipazione ed espansione dei diritti politici, la diversa sequenza di affermazione di questi due processi produce tre diverse strade alla poliarchia, definita da Dahl come quel regime sostanzialmente liberalizzato e nel quale riconosciuta la legittimit della partecipazione del popolo al governo e che quindi altamente inclusivo. Dahl riconduce la diversit dei tracciati che hanno portato alla democrazia a 3 essenziali: la liberalizzazione precede linclusivit (da egemonia chiusa ad oligarchia competitiva e poi poliarchia), linclusivit precede la liberalizzazione (da egemonia chiusa a egemonia includente e poi poliarchia) e i due processi si affermano pi o meno simultaneamente (da egemonia chiusa a poliarchia). Secondo Rustow la genesi della democrazia deve avere i seguenti ingredienti: formazione dellunit nazionale, un conflitto scaturito dalla nascita di una nuova lite che si fa portatrice di nuove istanze, ladozione consapevole di norme democratiche e una fase in cui leader politici ed elettorato si adattano alle nuove regole. Le soglie da superare secondo Rokkan nel cammino verso la democrazia sono la soglia di legittimazione (riconoscimento dei diritti civili e di cittadinanza), la soglia di incorporazione (estensione del suffragio), la soglia di rappresentanza (i nuovi partiti vengono rappresentati nei parlamenti) e la soglia del potere esecutivo (il governo responsabile verso il parlamento e ai nuovi partiti si consente di entrare a far parte degli esecutivi). Durante il ventennio 1922-1942 si blocca la prima ondata di democratizzazione e subisce un vero e proprio arretramento con la crisi e il crollo delle democrazie pi fragili. La seconda ondata segue la Seconda Guerra Mondiale e sollecita unanalisi sulle condizioni che hanno determinato una crisi delle democrazie nel periodo dei totalitarismi. Durante la seconda ondata la democrazia comincia ad essere esportata ed accettata anche al di fuori del mondo occidentale con una ondata di assestamento negli anni 60 dovuta alle democrazie nate dal processo di decolonizzazione che si dimostrano fragili ed incapaci a governare i conflitti interni nonch la difficolt in altre aree ad integrare nella democrazia le istituzioni militari (come in America Latina). La terza ondata inizia nel 1974 con la Rivoluzione dei garofani in Portogallo. Le democratizzazioni sono pi distribuite nel globo rispetto alle precedenti coinvolgendo Stati in quasi tutti i continenti . Il crollo dellUnione Sovietica cambia totalmente la fisionomia dellEuropa centro-orientale con le transizioni dei paesi comunisti che rispetto alle altre democratizzazioni portano elementi di notevole difformit. In questi anni si cominciano a vedere segnali di una nuova fase di regressione con il colpo di stato in Pakistan del 1999, le tensioni in Iran ed in altri Stati, la regressione delle democrazia nella stessa Russia (dal 2004 classificata da Freedom House come paese non libero declassandolo da paese parzialmente libero), guerre civili in Stati collassati come la Somalia, la Primavera Araba che non sembra evolvere verso forme pienamente democratiche e la sostanziale impermeabilit della Cina alla democrazia che mette a dura prova le teorie di chi diceva che lo sviluppo economico avrebbe portato la democrazia anche in quel regime. Non sono poi da escludere ulteriori effetti regressivi sulle democrazie fragili dovuti alla crisi economica del 2008. La crisi di un regime non democratico si pu manifestare in molti modi come con la crescita della violenza, le divisioni interne alle lite, laumento delle manifestazioni di protesta che trovano sempre pi coraggio, etc. Le soluzioni che un regime non democratico tende ad utilizzare per uscire da una sua crisi sono solitamente 3: la repressione, i tentativi di riformare e rilegittimare il regime e lavventura militare esterna usata come diversivo. La repressione solitamente usata dal regime che non riesce ad ammettere la crisi mentre il tentativo riformatore lo si pone in atto quando la crisi riconosciuta e consiste in una maggiore apertura alle opposizioni al regime ma in casi del genere le eventuali concessioni danno coraggio ad altri

settori della societ che non vedono pi il regime come immutabile avanzando a loro volta delle pretese. Con lavventura militare, invece, si cerca di trasferire le tensioni interne sul versante internazionale per recuperare coesioni e consenso sperando che la minaccia esterna, generalmente creata od esagerata, porti lopinione pubblica a dimenticarsi delle proteste contro il regime. Un successo di queste tecniche pu portare ad un consolidamento del regime o ad un rinvio della crisi mentre un fallimento pu accelerarla. Esauriti i tentativi per impedire la fine del vecchio regime si apre la transizione democratica vera e propria, direzione di cambiamento che diviene manifesta con chiarezza nel momento in cui si apre a diritti e libert e ad un dialogo tra vecchi e nuovi attori e si raggiunge il consenso sulle procedure da adottare per dare vita ad un governo eletto. E a questo punto che la transizione diviene effettivamente transizione democratica. A volte la stessa lite autoritaria a decidere di avviare la transizione, sollecitata da proteste di piazza o politiche fallimentari o anche divisioni interne alle lite che si concludono con la vittoria dei riformisti sui conservatori. Le motivazioni possono essere varie, come la convinzione che il cambiamento sia inevitabile e i costi per bloccarlo sarebbero elevati e con troppe incognite, oppure per ottenere lemarginazione dei pi radicali dal nuovo sistema e allo stesso tempo mantenere qualche carica istituzionale. Vi sono due tipi di transizione, una transizione continua, quando il cambiamento graduale senza traumatiche rotture con le vecchie istituzioni, e una transizione discontinua, quando sono presenti eventi traumatici che modificano radicalmente il vecchio assetto di regole e poteri se non addirittura la fisionomia dello Stato. In generale con instaurazione democratica si intende la fase che vede ledificazione delle principali istituzioni del nuovo regime democratico, fase parzialmente sovrapposta alla transizione democratica. In questa fase essenziale in constitution-building dato che la nuova costituzione rappresenta le basi delle nuove istituzioni politiche. Nella costruzione di una costituzione pu variarne la durata, alcuni paesi la costruiscono in anni mentre altri in mesi, la scelta di tempo e lordine di priorit, le nuove istituzioni possono essere fissate durante linstaurazione come durante la transizione, le modalit con cui si compiono i processi costituenti, approvate da assemblee costituenti o parlamenti ordinari o referendum etc, e il modello di democrazia che ne scaturiscono, come parlamentarismo, presidenzialismo, etc. Linstaurazione si chiude quando, successivamente alla prime elezioni libere, il disegno costituzionale trova una sua prima attuazione con la formazione di un parlamento, di un governo, di una Corte Costituzionale e con lelezione di un Capo dello Stato. Le nuove istituzioni non devono porsi solo problemi funzionali ma anche dilemmi come il trattamento da riservare alla vecchia classe dirigente (esautorarla o integrarla) o come spoliticizzare le forze armate in caso di precedenti regimi militari. Solitamente tanto pi la trasformazione politica investe anche la dimensione dello Stato e della sua fisionomia, frontiere incluse, tanto pi sono probabili anche trasformazioni negli apparati burocratici da adattare al nuovo assetto, come successe nellunificazione della Germania a fine Guerra Fredda, ma anche nel caso in cui il precedente sistema amministrativo fosse stato caratterizzato da bassa professionalizzazione causata dal basso livello di sviluppo e dalla forte ideologizzazione e politicizzazione burocratica posta del regime precedente. Condizione principale al consolidamento democratico che la democrazia sia percepita dalla maggior parte dei cittadini come lunica alternativa politica praticabile in modo che la democrazia possa divenire routine. Allo stesso modo significa che cos nessun gruppo politico significativo cerca seriamente di rovesciare il regime democratico e che anche in fasi critiche la maggioranza ritenga che eventuali mutamenti politici devono restare entro i parametri posti dalle regole democratiche. Il consolidamento democratico non possibile fino a quando restano poteri tutelari, domini riservati e sistemi elettorali non completamente competitivi. I poteri tutelari sono strutture ereditate dal vecchio

regime, prive di legittimit democratica, che mantengono il potere di controllare gli organi politici elettivi limitandone i poteri autonomi. I domini riservati sono aree decisionali sottratte alla sovranit e alla autorit dei governi elettivi, sono attori particolari che con la forza mantengono la propria capacit decisionale in aree particolari, come lesercito che mantiene il controllo sulle decisioni sui bilanci militari. Huntington afferma che una democrazia pu dirsi consolidata quando il partito o i gruppi di partiti che ha preso il potere con le elezioni iniziali cede il potere a successivi vincitori che a loro volta cedono pacificamente il potere ad ulteriori successivi vincitori. Questo test del doppio turnover criticato da Lijphart dato che alcuni paesi, come lItalia fino al 1994, non avrebbero superato questo test pur avendo dimostrato di aver raggiunto il pieno consolidamento democratico. Casi in cui si avuto il consolidamento nonostante la debole legittimazione democratica, hanno portato alla formulazione della teoria dellancoraggio. Ad esempio in Italia nelle prime elezioni post-fasciste si visto instaurarsi una maggioranza democratica ma anche unaffermazione quantitativamente non irrilevante dei partiti antidemocratici ostili alle istituzioni politiche nate dalla Costituzione, come i partiti anti-sistema dellMSI e del PCI (senza contare partiti oscillanti come i monarchici e il PSI). Secondo Morlino le dimensioni del consolidamento sono sia la legittimazione (processo dal basso verso lalto) sia lancoraggio (processo dallalto verso il basso, dove sono le stesse istituzioni a controllare la societ civile per ancorarla alla democrazia). Un tipo di ancora, tipico nel sistema italiano, il sistema partitico. La domanda del perch la democrazia nasce in Europa occidentale e nel mondo anglosassone e non altrove porta ad indagare sullesistenza di condizioni favorevoli in questa area per quel tipo di regime. Dal punto di vista storico si indicano i processi che hanno portato allequilibrio dei poteri, allo sviluppo mercantile e di una nobilt indipendente, al pluralismo delle istituzioni, allo sviluppo delle citt. Nel contesto dello sviluppo del feudalismo si evolvono molteplici interessi, come quelli dei ceti mercantili, con i conseguenti gruppi che li difendono spingendo a quel fenomeno di incorporazione nel sistema politico di diversi settori della popolazione. Altro fattore fondamentale lo sviluppo dello Stato dato che la democrazia implica un concetto di inclusivit in una comunit definita dalla cittadinanza. Dunque ne deriva che il regime democratico presuppone lesistenza di uno Stato che delimiti un territori al cui interno vivono cittadini con diritti politici e un sistema legale dello stesso Stato che assegni la cittadinanza su basi inclusive. Se uno Stato non ha sovranit assicurata e se alcuni suoi territori od etnie premono per una secessione allora la costruzione di istituzioni democratiche passa in secondo piano rispetto ad esigenze come la difesa esterna e la sicurezza interna. Il tema dei rapporti tra state-building, nation-building e democracy-building solleva questioni cruciali. La prima riguarda le differenze culturali interne ad uno Stato. Lintensit dei conflitti nazionalisti sono determinati dagli obbiettivi e dal grado di politicizzazione dei gruppi che contestano la legittimit dello Stato, come sono dislocati sul territorio, dalla loro entit numerica e compattezza e dalla presenza o meno di un qualche sostegno internazionale. La concomitanza di simili conflitti ritarda il processo di democratizzazione, se non lo fa addirittura fallire. Ogni discussione irrisolta sulla questione del nation-building accentua la politicizzazione degli aspetti identitari e di esclusione che mal si conciliano con la democrazia. In contesti multinazionali una soluzione compatibile con lo sviluppo democratico non pu prescindere da accordi e patti tra le parti. Secondo Lipste una condizione che favorisce la democrazia lo sviluppo socio-economico dato che dove sono maggiori i livelli di benessere molto pi probabile che il potere politico e delle armi sia costretto a fare i conti con poteri economici autonomi. Non la ricchezza in se ad aiutare la democratizzazione ma i fattori correlati ad essa come lequa distribuzione del reddito e il livello di istruzione. Ricchezza ed istruzione accrescono le prospettive degli strati pi bassi della popolazione e diminuiscono la loro disponibilit a farsi mobilitare dalle ideologie, lesistenza di una economia di mercato impedisce che il

potere politico sia lunica fonte di ricchezza e allo stesso tempo diminuisce la quantit di risorse economiche controllabili dallo Stato. Muller e Vanhanen afferma che la distribuzione (scarsa) del reddito e delle intellettualit possa rendere vani gli effetti benefici dello sviluppo economico. Secondo Diamond la collocazione regionale una variabile interveniente (se sono circondato da democrazie pi facile che mi democratizzo) e lo sviluppo socio-economico aiuta la promozione della democrazia in due sensi: dove la democrazia gi esiste contribuisce a stabilizzarla, dove non esiste porta prima o poi a farla sviluppare. In secondo luogo non lo sviluppo socio-economico in s ad avvantaggiare la democrazia ma linsieme di mutamenti sociali che ne sono conseguenza. In terzo luogo lo sviluppo favorisce la democrazia solo se incide su 4 variabili: struttura di classe, cultura politica, relazioni Stato-societ e societ civile. In quarto luogo la relazione tra sviluppo socio-economico e sviluppo democratico non unilineare ma somiglia ad una curva ad N: la probabilit di democratizzazione cresce nei paesi poveri, diminuiscono ai livelli intermedi e tornano a crescere tra gli alti livelli di sviluppo. Infine lo sviluppo socio-economico non un pre-requisito della democrazia ma un requisito, ossia non da escludere che si democratizzi un paese scarsamente sviluppato (magari come reazione ad una crisi economica o ad una sconfitta militare) ma perch duri, questa democrazia dovr promuovere lo sviluppo. In sostanza la democrazia pu promuovere lo sviluppo e non solo lo sviluppo pu promuovere la democrazia. Fisichella solleva delle questioni. Lo sviluppo economico , secondo lautore, anche portatore di crisi e di conflitti gravi e, come tali, destabilizzanti ed inoltre che Lipset sembra trascurare che anche nelle aree occidentali esistono paesi ad alto sviluppo economico che non fruiscono di sistemi politici di democrazia stabile, dunque la democrazia stabile non dipende dallo sviluppo economico ed anche dalla legittimit democratica ma da questultima e poi, semmai, lo sviluppo economico. Le numerose missioni militari anche recenti in paesi difficili ha riproposto la questione della effettiva possibilit di esportare la democrazia. Combinando i criteri della intenzionalit degli attori internazionali e il consenso degli attori interni allo Stato bersaglio, possiamo dare tre forme alla diffusione democratica: emulazione, promozione ed imposizione. Lemulazione non costituisce una esportazione intenzionale bens presuppone che lesempio esterno indebolisca il regime non democratico favorendo convergenze su modelli esterni da imitare. In questo caso sono strategiche le diffusioni di informazioni e conoscenze dato che tanto pi maturano le conoscenze sulle altre democrazie e sulla collazione del proprio paese sulla scala del grado democratico e tanto pi crescono la consapevolezza e linsoddisfazione delle opinioni pubbliche nei regimi non democratici. Ruolo importante giocano anche lattrattiva per i modelli di vita nei paesi democratici e il calo di presa delle ideologie interne. La promozione si ha quando attori esterni si adoperano intenzionalmente per favorire le condizioni della democrazia in un dato paese con azioni negative, come le sanzioni verso i regimi, e azioni positive, come la condizionalit di aiuti economici subordinata allottemperanza di certi comportamenti. Limposizione avviene mediante i mezzi coercitivi fino al caso estremo dellintervento militare. In realt in casi del genere lesportazione democratica non la priorit ma lo il risanamento di una situazione interna che rischia di avere gravi effetti sulla stabilit internazionale. Dopo il successo militare la costruzione da parte della comunit internazionale di istituzioni democratiche nel paese domato diviene quasi una scelta inevitabile. La democrazia non semplicemente un regime che opera a livello statale ma implica procedure che vengono attuale a 3 livelli: substatale, statale e sovrastatale. La democrazia si realizza dai livelli micro (un consiglio di amministrazione) ai livelli macro (lUE), addirittura secondo alcuni autori esiste la possibilit di una democrazia cosmopolita di livello globale. Nella microdemocrazia sono possibili rapporti faccia a faccia e lesercizio diretto della sovranit, nella macrodemocrazia necessaria una sovranit per rappresentanza.

Micro e macro sono inversamente correlate, pi la democrazia legata ad aree vaste tanto pi la politica diventa impersonale. Esistono 3 fondamentali tipi di democrazia: presidenzialismo, semi-presidenzialismo e parlamentarismo. Sono Presidenziali le democrazie dove il Presidente della Repubblica eletto direttamente o tramite collegio elettorale, per un periodo prefissato costituzionalmente, dove il Presidente a capo dellesecutivo e dove non necessita della fiducia parlamentare. Nei sistemi parlamentari il capo del governo richiede la fiducia del Parlamento e non eletto direttamente dai cittadini, fa parte di un organo collegiale come il Consiglio dei Ministri e non capo dello Stato. Infine il semi-presidenzialismo non un sistema misto ma a s stante. La leadership dualistica con il Presidente che viene eletto dal corpo elettorale e con poteri considerevoli ma che viene equilibrato da un Primo Ministro ed un governo che devono godere della fiducia del Parlamento. Oltre al rapporto tra esecutivo e legislativo, una democrazia classificabile anche in base a delle dimensioni che portano ad individuare una modello basato sul principio maggioritario (decide la maggioranza) e un modello basato sul principio consensuale (si ricerca il pi ampio consenso possibile). Il modello maggioritario prevede laccentramento dei poteri in governi monopartitici con la maggioranza, con lesecutivo che presieduto dal leader di partito di maggioranza e che dunque domina di fatto sul Parlamento, un legislativo monocamerale, un sistema bipartitico, un sistema partitico dove prevale una sola linea di frattura (quella di classe), un sistema elettorale maggioritario, un sistema di governo unitario e centralizzato, una Costituzione non scritta fondata su una vasta mole di consuetudini, convenzioni e leggi fondamentali, una democrazia solo rappresentativa che esclude lesercizio diretto del potere da parte dei cittadini, una banca centrale dipendente dallesecutivo. Il modello consensuale prevede la divisione del potere esecutivo tra pi partiti, la separazione formale tra esecutivo e legislativo, un bicameralismo equilibrato con una camera alta che soddisfa il requisito di una rappresentanza su basi diverse da quella della camera bassa e con gli stessi poteri sostanziali di questa, un sistema multipartitico, un sistema partitico che scaturisce da diverse dimensioni conflittuali, un sistema elettorale proporzionale, un sistema di governo decentrato, una Costituzione scritta, forme di democrazia diretta, una banca centrale indipendente dallesecutivo. Su questa scala di caratteristiche possono aversi casi puri e misti, come la Gran Bretagna che rappresenta un caso puro di democrazia maggioritario mentre la Svizzera tendenzialmente puro di democrazia consensuale. Elite e classi politiche (capitolo sesto) In ogni regime sopravvive sempre una forma verticale di potere del rapporto comando-obbedienza, anche negli stati contemporanei la politica viene professionalizzata vedendo la divisione tra chi governa di fatto e chi viene governato. A riguardo Mosca, Pareto e Weber parlavano di classi politiche, lite politiche e politici di professione. La differenza tra le classi politiche di Mosca e le lite politiche di Pareto che il primo sembra faccia riferimento alloggettiva esistenza dentro la societ di un gruppo di persone che esercita il potere mentre il secondo implica un giudizio in qualche modo positivo sulla qualit dei membri di questo gruppo. Dorso, riferendosi alla classe politica di Mosca, distingue tra classe dirigente e classe politica dove il primo termine inteso in senso sociale mentre il secondo in senso politico. Classe dirigente in senso lato indica il potere organizzato che ha la direzione politica, intellettuale e materiale della societ comprendendo la politica, in senso stretto indica coloro che pur non facendo parte della classe governata non sono parte della classe politica. Quindi la categoria di classe politica costituisce quella parte di classe dirigente con funzioni strettamente politiche. La stessa classe politica divisibile tra chi governa il paese, classe politica di

governo, e chi sta allopposizione, classe politica di opposizione. Aron indica che con il termine lite si comprende chi in differenti rami di attivit occupa i posti pi alti ed importanti mentre lespressione classe politica si riserva alla minoranza di coloro che esercitano funzioni di governo. La classe dominante si colloca tra classe politica e classe di lite e comprende le persone privilegiate che pur senza funzioni politiche hanno influenza su chi governa e su chi ubbidisce, grazie alla loro autorit morale o il loro potere economico. Oggi lespressione classe politica viene usata prevalentemente per indicare i professionisti della politica. Il termine lite meno ambiguo dato che indica una parte selezionata, scelta, migliore. Non riguarda dunque necessariamente lambito politico ed spesso associato ad una valutazione positiva. Pareto lega il termine lite alla capacit degli individui, misurate in relazione al grado di successo raggiunto. In senso lato si dice lite un qualunque strato di individui in numero ristretto che posseggono in misura pi elevata del resto della popolazione una o pi caratteristiche che questa valuta positivamente. Sartori ha individuato 4 accezioni ricorrenti che sono state fatte del termine che stato utilizzato in senso apprezzativo o neutro, largo o stretto. Dallaccezione in senso stretto si pu distinguere tra lite ed lite politiche dove le lite politiche sono le persone che occupano posizioni strategiche in organizzazioni dotati di ampie dimensioni e potere, tali da metterle in grado di influenzare il processo di decisione politica in modo sostanziale. Quindi non sono solo i soggetti ai vertici delle istituzioni ma anche colori che si trovano alla guida di movimenti o altri gruppi, che possono esercitare influenza sul sistema politico (come alcune associazioni professionali). Il termine lite viene usato anche per indicare una teoria nota come teoria delle lite ossia qualle teoria secondo cui in ogni societ sempre e soltanto una minoranza quella che detiene il potere da usare per imporre decisioni valevoli per tutto il gruppo. Questa teoria collegata al filone del realismo politico, impersonata da autori come Hobbes e Macchiavelli. Mosca, Pareto e Michels sottolineano che losservazione della realt dimostra che, sotto lapparenza esteriori delle istituzioni ufficiali e oltre a quello previsto dalle teorie e dalla carte costituzionali, tutte le forme di governo sono riconducibili nella sostanza a delle oligarchie e che i principi e i valori non servono ad orientare lazione politica ma a mascherare le lotte per la conquista delle posizioni dominanti e manipolare il consenso dei governati. Per Mosca la spiegazione fondamentale di questo fenomeno va ricercata nellorganizzazione ossia la capacit posseduta da un numero ristretto di individui di darsi una struttura organizzativa e coordinarsi potendo cos dominare la massa disorganizzata. Devono essere presenti anche altri fattori come il possesso di alcune qualit che le masse non hanno o credo di non avere, qualit che sono in parte fisse nel tempo (come la costante volont di innalzarsi) mentre altre dipendono dal cotesto sociale storico (come la nascita). In qualsiasi modo nasca, ogni classe politica giustifica il suo potere tramite unideologia che Mosca definisce formula politica (come linvestitura divina sotto le monarchie o la volont popolare sotto le democrazie). Secondo Pareto i fattori decisivi alla nascita di minoranze dominanti sono nelle diverse qualit individuali dato che prende il sopravvento chi ha maggiori capacit nella propria attivit. Sono una ristretta minoranza che in virt di predisposizioni psico-biologiche diviene classe eletta o lite con il dominio sulla classe non eletta. Avremo cos una lite di governo e una lite non di governo in funzione del fatto che prendano o meno parte allattivit di governo. Pareto riconosce lesistenza di aporie in soggetti che, magari per vincoli ereditari, sono riusciti ad inserirsi dentro le lite pur non avendone le qualit e tenta di risolvere la questione con la teoria della circolazione delle lite secondo cui lunica possibilit di ritrovare i pi capaci nelle posizioni di vertice legata al continui ricambio delle lite con gli individui che passano da una classe allaltra. Le giustificazioni usate dai detentori del parete sono, secondo Pareto, non logiche ossia frutto dellistinto, delle superstizioni e della natura irrazionale degli essere umani. Il ricorso a questo tipo di azioni formano una costante del comportamento umano che Pareto chiama residui. Le azioni non logiche devono per essere giustificate in modo di essere rese logiche allapparenza, giustificazioni che Pareto

chiama derivazioni. In pratica il dominio di pochi e la necessit di dargli qualche giustificazione sono una costante (residui) mentre i principi di giustificazione (derivazioni) sono variabili da un periodo storico allaltro. Michels invece non si sofferma sul sistema sociale complessivo ma sui partiti politici di massa e i sindacati ossia su quelle organizzazione che nonostante lideologia egualitaria professata finiscono per concentrare il potere in una cerchia ristretta di uomini. Questo avviene, per cominciare, per via dellapatia di massa e a loro bisogno di direzione, a cui si somma il naturale desiderio di potere dei leader ma le cause determinanti sono gli imperativi organizzativi propri di qualsiasi organizzazione dato che insito nella natura stessa dellorganizzazione un elemento profondamente aristocratico. Dentro la stessa organizzazione di massa si forma una minoranza con il compito di dirigere e una maggioranza diretta dalla prima. Secondo Michels ogni organizzazione rappresenta una potente oligarchia che poggia su piedi democratici. Indipendentemente dai fini originari i partiti organizzati tendono a divenire, sotto la guida dei leader, un fine in s, il fine dellorganizzazione diventa perpetuarsi. Dagli anni 60 ad oggi si sviluppano le teorie di diversi autori che possono essere accumunati sotto il nome di neo-elitisti divisi lungo una variet di stagioni. La prima di questa variet di stagioni riguarda la natura stessa della democrazia e vede coinvolti nel dibattito i sostenitori di ununica lite al potere, monolitica, unitaria e compatta (elitisti) e coloro che invece mettono in rilievo lesistenza di una molteplicit di lite eterogenee e concorrenti (pluralisti). Secondo Bobbio la fortuna delle teorie delle lite non fu tanto nella loro pretesa di scientificit quanto il fatto che erano teorie nate con una forte carica polemica antidemocratica ed anti-socialista. Una ricomposizione del rapporto tra teorie delle lite e democrazia si ebbe prima di tutto con successivi sviluppi del pensiero di Mosca che afferm che la differenza tra regimi aristocratici e autocratici da una parte e regimi democratici e liberali dallaltra non era pi da cercare nella presenza o meno di una classe politica ma nel fatto che nei primi regimi llite fosse chiusa e ristretta mentre nei secondi aperta e allargata. Autori come Weber e Schumpeter ritennero lelitismo compatibile con i caratteri e le procedure della democrazia intesa come libert di scelta dei governanti in elezioni competitive e come rappresentativit e responsabilit di questi nei confronti dei governati. In una situazione di competitivit politico-elettorale tipica dei sistemi democratici improbabile che le classi politiche vogliano, sappiano e riescano a trasformarsi in lite politiche. Secondo gli elitisti una lite al potere si forma regolarmente mentre secondo i pluralisti esiste una pluralit di lite in competizione e nessuna di esse riesce mai a vincere sempre e tutto. Secondo Meisel la classe politica per diventare lite al potere deve avere una solida consapevolezza dei rapporti che legano i suoi componenti, deve esprimere una forte compattezza nei comportamenti e nelle decisioni e deve essere unita da una sorta di complicit nel suo operare (consapevolezza, compattezza, complicit, la regola delle 3 C). Insomma loggetto dello scontro tra elitisti e pluralisti diventa la struttura delle lite, la circolazione delle stesse e lassenza o la presenza di competizione. In materia di struttura delllite un contributo arriva da Aron che afferma che uno dei tratti pi caratteristici della struttura di ogni societ la struttura delllite, cio la relazione fra i gruppi che esercitano il potere, il grado di unione o di disunione fra questi gruppi, il sistema di reclutamento delllite e la facilit o difficolt di entrare a farvi parte. Aron individua due tipi polari di lite. Llite unitaria, presente nelle societ senza classi che hanno eliminato la propriet privata e nei sistemi a partito unico dove le differenti forme di potere sono gestite dalle stesse persone, e llite divisa e frammentata, dove esiste una differenziazione di gruppi sociali, delle funzioni e delle forme di potere, associate a pluralit eterogenee di categorie dirigenti in competizione tra loro. I pluralisti si propongono in due versioni, quella del pluralismo dei gruppo di interessi e di pressione e la versione del pluralismo delle lite. Entrambe le versioni propongono concezioni prevalentemente relazione dei rapporti di potere che sarebbero determinati sia dalle risorse sia dalle abilit in possesso dei singoli

attori: si ha potere nella misura in cui si riescono ad utilizzare al meglio le risorse disponibile nelle interazioni con gli altri. La distribuzione di potere non quindi intesa come gioco a somma zero, a differenza degli elitisti secondo i quali il potere fosse presente in valore assoluto costante, ma legata alla capacit degli attori di mobilitare risorse in vista al raggiungimento di un obbiettivo, a somma variabile in quanto il potere di un soggetto pu aumentare o diminuire senza che automaticamente vari il potere degli altri soggetti. Secondo i pluralisti il gruppo dominante sempre eterogeneo e non strutturato con la composizione che cambia con il cambiare dei problemi da affrontare, insomma a decisioni diverse corrispondono diverse coalizioni di potere affermando un modello policentrico dove il potere rimane suddiviso e disperso in una molteplicit di attori e sedi. Altra prospettiva con la quale si possono studiare le lite e classi politiche quella della professionalizzazione che ha come punto di partenza il lavoro di Weber con il quale introduce la categoria delle persone che vivono di politica. Weber distingueva i politici in occasionale, dilettanti e di professione differenziati tra chi viveva di politica e chi viveva per la politica. Le prime associazioni politiche che guarda Weber sono lo Stato e i partiti affermando che nel passaggio allo Stato Moderno al funzionario politico si affianca il tradizionale funzionario con compiti tecnici. Secondo lautore i politici di professione sono emersi nel corso della lotta dei principi contro i ceti ponendosi al servizio dei primi e la cui vittoria si tramuta nella nascita di un potere impersonale, quello dello Stato moderno, che viene esercitato da funzionari che possono essere pi tecnici, come i magistrati, o pi politici, come i prefetti. Le trasformazioni politiche e sociali hanno creato le condizioni fondamentali, se non lesigenza inevitabile, per la comparsa di persone che dedichino tutto il loro tempo alla politica dato che quando governare divenne pi complesso non potevano bastare pi il semplice Re e la sua corte cominciando ad eleggere le cariche parlamentari. In un ambito pi ristretto di quello statuale, la professionalizzazione della politica figlia dellallargamento dei diritti politici e dellentrata in scena dei partiti. I partiti sono figli della democrazia e del diritto elettorale di massa e dellorganizzazione delle moltitudini. La direzione per mezzo dei parlamentari viene a cessare e sono i politici di professione a tempo pieno a prendere nelle proprie mani, al di fuori dei parlamenti, lesercizio della politica. In sostanza la democratizzazione passa per diverse fasi. Nella fase oligarchico-liberale, scarsamente inclusiva, chi desiderava occuparsi di politica doveva da solo procurarsi i mezzi economici per farlo riservando di fatto la politica ai soggetti pi ricchi che vivevano di rendita, la cos detta stagione dei notabili che svolgevano attivit politica a titolo onorifico. Con lallargamento del suffragio, dei diritti civili e politici e la crescita del ruolo del Parlamento, si supera la figura del notabile ed entrano in scena nuove figure come lavvocato che fa politica, anche per via delle sue conoscenze in legge, e il funzionario di partito, il primo come professionista che vive per la politica ed il secondo come professionista che vive della politica. Negli anni si sviluppato anche il gruppo dei politici gentiluomini ossia quelle persone entrate in politica in un periodo successivo della propria vita dopo aver ottenuto molti successi professionali che li permette di godere di una rete di salvataggio nel caso decidessero di abbandonare lattivit politica. Altra tendenza degli ultimi anni la personalizzazione della politica con i moderni mezzi di comunicazione che consentono ad un leader di partito di mettersi direttamente in contatto con i governati ridimensionando in maniera consistente la funzione di mediazione del partito, che diviene sempre pi partito personale, e favorendo i soggetti con migliore doti comunicative (spettacolarizzazione della politica). Per rispondere al problema della distinzione tra chi vivi di politica e per la politica sono emerse nozioni come quella di carriera politica e di politico in carriera. Secondo King il politico di carriera quella persona che considera la politica come la propria vocazione, vede il proprio futuro nella politica e cerca nella politica le proprie soddisfazioni. Tale persona sarebbe profondamente frustrata se le circostanze lo

obbligassero a lasciare la politica. In poche parole si tratta di una persona dipendente dalla politica: la politica la sua vita. Mastropaolo introduce la nozione di ceto politico per indicare uno strato numerosissimo, ramificato e ultraprotetto che si interposto tra cittadini e istituzioni, si annidato allinterno di queste ultime, ha monopolizzato lautorit e ha intrecciato intorno a s una robusta cintura di privilegi mentre individua una scomposizione del professionista di tipo weberiano in due nuovi tipi. Il politico di carriera, espressione del passaggio dal notabile al politico a tempo pieno, dettato anche da obbiettivi di mobilit e di scalata sociale, e il politico di professione, caratterizzato dalla tipica lealt partitica e dalla lunga socializzazione del politico di apparato ma in un quadro di vincoli ideologici ridotti e di minore controllo da parte del partito. Verzichelli individua tre tipi ideali di politico per cogliere i tratti fondamentali dellevoluzione compiuta dal professionismo politico nelle democrazie europee. Il politico amatoriale riconducibile al notabile ottocentesco, il politico dapparato riconoscibile nel funzionario di partito che ha caratterizzato il novecento, e il politico in carriera al quale possibile avvicinare buona parte delle figure che caratterizzando le democrazie contemporanee. Questi idealtipi si distinguono in fase alle caratteristiche di selezione (fase di reclutamento politico), circolazione (possibilit di scalare le posizioni fino ai vertici politici) e la capacit di rendiconto (capacit riconosciuta dalla comunit). Ad esempio un politico amatoriale avr una capacit di rendiconto basata sul prestigio, un politico di apparato basata sul consenso nel partito e un politico in carriera sar basata sulla capacit di leadership in generale. A riguardo del tema della qualit della classe politica Schumpeter osserva che una delle condizioni essenziali affinch abbia successo il metodo democratico che il materiale umano si di qualit sufficientemente elevata, ma non bastano le semplici qualit morali ed intellettuali ma anche la disponibilit a dedicarsi alla politica come ad una professione a tempo pieno, diventa allora elemento di debolezza della democrazia se individui dotati di capacit intellettuali ed energia rifuggono dalla carriera politica. Secondo Weber le tre qualit decisive alluomo politico sono passione, senso di responsabilit e lungimiranza. Anche Bobbio indica dei principi, risalenti al pensiero greco, per differenziare buon governo e mal governo ossia lesercizio del potere in conformit delle leggi prestabilite e non in funzione del proprio capriccio ed il perseguire il bene comune e non quello proprio. Secondo Linz sulla qualit della classe politica influiscono le istituzioni che strutturano il processo politico e la cultura politica di lite ed elettori. Ad esempio relativamente alle istituzioni la mancanza di un istituto di responsabilit dei partiti presenti in parlamento possa costituire terreno fertile per il populismo. Partiti e sistemi partitici (capitolo settimo) Una delle prime definizioni di partito politico si deve a Burke che sosteneva la necessit, in un contesto protopartitico come era il suo, di creare organizzazioni politiche stabili e finalizzate a garantire linteresse nazionale tramite il confronto ideologico, ponendosi di fatto in contrasto con chi diceva che le divisioni introdotte da queste fazioni avrebbero indebolito la monarchia o compromesso la formazione della volont generale (critica posta da Rousseau). Burke definiva partito come un insieme organizzato di uomini uniti per operare in comune e nellinteresse nazionale, secondo il principio particolare su cui si sono trovati daccordo. Weber definiva i partiti come associazioni fondate su unadesione formalmente libera, costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza allinterno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilit per il perseguimento di fini oggettivi o per il perseguimento di vantaggi personali o per tutti e due gli scopi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale i confini concettuali del termine partito erano delimitati in dimensioni principali: il carattere associativo, la presenza di unorganizzazione stabile, la partecipazione volontaria, la condivisione di determinati principi e valori, la finalit di conquistare cariche elettive. Il problema di come distinguere un partito dagli altri soggetti politici (come i sindacati)

dovuto a due motivi. Il primo emerge dai tentativi di mascheramento delle organizzazioni partitiche stesse che a volte, per sfuggire a critiche, si definiscono alleanze, leghe o raggruppamenti, il secondo ordine di problemi fa riferimento allo stesso contesto di riferimento, competitivo o non, dove opera un partito dato che in alcuni regimi non democratici un partito non si pu dire che orientato alla conquista del potere ma semplicemente prende le cariche mentre nei regimi democratici la conquista del potere avviene con elezioni. Nonostante non sia dubbia la natura pi autentica del partito in regime democratico, esistono comunque molti regimi sotto la soglia della democrazia che fanno ricorso ad elezioni, anche se senza scelta. Sartori come soluzione al problema definisce il partito come qualsiasi gruppo politico identificato da unetichetta ufficiale che si presenta alle elezioni ed capace di collocare tramite elezioni, libere o no, candidati alle cariche pubbliche. Sotto il profilo strutturale della nascita di un partito, Duverger suddivide i partiti in due categorie: partiti a origine interna e partiti a origine esterna. I partiti a origine interna nascono allinterno dei parlamenti in una situazione di suffragio ancora ristretta quando i parlamentari cominciano a suddividersi in gruppi ideologicamente omogenei che una volta consolidati iniziano a creare comitati elettorali sparsi sul territorio nazionale. Quindi i partiti ad origine interna si presentano sulla scena politica prima di quelli ad origine esterna. I partiti ad origine esterna nascono fuori dal parlamento e spesso su basi anti-parlamentari. Il loro elettorato, infatti, non ha ancora ottenuto il diritto di voto e la maggior parte di questi partiti nasce da una preesistente istituzione non partitica, ad esempio i partiti socialisti dai sindacati o i patiti fascisti da associazioni militari. Cronologicamente lo sviluppo dei partiti attraversa quattro stadi. Nel primo stadio, inizi 800, nascono formazioni di origine parlamentare, come i liberali, in una situazione di suffragio ancora ristretto. Nella seconda fase, met 800, si rafforzano le strutture di collegamento tra partiti ed elettorato, lelettorato si estende e i partiti diventano in grado di presentare candidati su tutto il territorio nazionale. Durante il terzo stadio, fine 800, si allarga nuovamente lelettorato e si affermano i primi partiti di massa con la comparsa delle formazioni operai e cristiane. Nel quarto stadio, dopo la prima guerra mondiale, nascono i partiti pi estremisti, come i nazionalsocialisti. Sempre dal punto di vista strutturale si possono individuare alcuni partiti in relazione alle loro caratteristiche istituzionali. Weber li bipartiva in partiti di notabili e partiti di massa dove i primi sono caratterizzati da personale che vive di rendita, utilizza strumenti di raccordo ad intermittenza con il proprio elettorato solo durante i periodi elettorali e non professionale mentre i secondi si sviluppano con lallargamento del suffragio, hanno politici di professione, godono di strutture stabili, sono caratterizzati da ideologie e tendono a mobilitare lelettorato. Mentre i partiti di notabili si fondano sulla rappresentanza individuale, orientandosi cio alla tutela di un numero ristretto di elettori, i partiti di massa si presentano come organizzazioni di integrazione sociale coinvolgendo lelettorato anche durante lintervallo tra unelezione ed unaltra. Rokkan elabor il concetto di cleavage (frattura) nella sua analisi della politica di massa in Europa occidentale alla scopo di individuare le variabili determinanti della costellazione partitica, evoluzione dei partiti che secondo lautore non poteva prescindere dagli eventi storici. Alla base di queste specifiche condizioni storiche Rokkan colloca le fratture, intese come conflitti particolarmente prolungati nel tempo. La sua teoria stata variamente interpretata da altri autori. Rae e Taylor affermano che i cleavages sono dei criteri mediante i quali possibile suddividere i membri di una comunit in gruppi e ne individuano tre tipo: attributivi, inerenti alletnia, attitudinali, inerenti alle ideologie, e comportamentali, inerenti alle specifiche forme di partecipazione come ladesione a determinati gruppi. Lanalisi di questi autori comunque non considera il conflitto una condizione necessaria allesistenza del cleavege. Viceversa nelle

interpretazioni di Bartolini e Mair il concetto di cleavege assume la connotazione di un conflitto sociale organizzato. Gli autori mettono in relazione la presenza di linee di divisione che separano gli individui in base a determinate categorie sociali, la presa di coscienza della propria identit collettiva da parte dei singoli gruppi che esprimono la volont di mobilitarsi sulla base di un sentimento di appartenenza e lespressione del cleavege in termini organizzativi inteso come il risultato di una serie di attivit condotte da organizzazioni provviste di una struttura formale (come i sindacati e i partiti). In questa ottica i cleavege non rappresentano semplicemente una divisione interna alla societ che pu sfociare in conflitto ma contrapposizioni che assurgono al livello di fratture se e quando diventano organizzati e sono in grado di creare allineamenti politici contrapposti, ad esempio in USA il semplice conflitto tra capitale e lavoro non ha mai prodotto un partito operaio dato che mancavano questi caratteri. Secondo Rokkan il conflitto socioculturale pu portare alla contrapposizione tra partiti se il movimento politico supera le barriere che lo separano dal potere esecutivo, barriere che sono legittimazione, incorporazione, rappresentanza e potere esecutivo. Lautore vede la Rivoluzione Industriale e la Rivoluzione Nazionale come causa della differente strutturazione delle linee di frattura tra i vari paesi. La Rivoluzione Nazionale spinge al processo di costruzione degli Stati Nazionali e conseguenti conflitti dovuti al tentativo dello Stato di uniformare le diverse etnie interne e di imporre competenze sovra territoriali alla Chiesa, questi due conflitti portano alla frattura centro-periferia e alla frattura Stato-Chiesa. Nella frattura centro-periferia si ha un centro politico, culturale ed economico che spinge ad incorporare le aree periferiche che si oppongono allaccentramento territoriale, ad esempio se la lingua standard diventa simbolo di accentramento le periferie reagiscono difendendo la propria lingua autonoma dando vita ai partiti etno-regionalisti. La frattura Stato-Chiesa si ha quando il processo di costruzione nazionale passa attraverso un conflitto con la Chiesa che continua a difendere le proprie prerogative di formazione delle coscienze, nella gestione delle sue propriet e nelle attivit religiose svolte, base dello scontro controllo su istruzione, ospedali, matrimonio, etc. Risultato di questa frattura lo sviluppo di partiti laici e confessionali come i liberali e i cristiano-democratici. La Rivoluzione Industriale stimola il conflitto tra le classi emergenti in merito a modalit di produzione e propriet dei mezzi di produzione. Prima si avuta la frattura citt-campagna tra borghesia ed aristocrazia, concernente i prezzi dei prodotti agricoli e alla loro circolazione con labbassamento delle barriere doganali che avrebbe favorito il commercio cittadino ma danneggiato i proprietari terrieri, dando origine ai partiti conservatori, agrari e contadini. Successivamente lo frattura stata di classe tra capitale e lavoro ossia tra imprenditori e operai, dando vita ai partiti operai e socialisti. La frattura di classe lultima delle fratture a presentarsi e lunica a diffondersi in maniera relativamente uniforme in tutti i paesi dellEuropa occidentale determinando la competizione partitica lungo lasse destrasinistra. Muovendo da queste premesse Rokkan e Lipset hanno formulato la teoria del freezing proposition per sottolineare la progressiva stabilizzazione delle linee di frattura che risultano quasi congelate. In anni pi recenti si evidenziato un possibile scongelamento con la nascita di nuove fratture come quella ecologica e non materiale. Questo succede perch lo sviluppo ha reso sempre meno polare la struttura classista sostituendo nuovi tipi di conflitti, senza contare che i nuovi mezzi di comunicazione alterano il quadro di riferimento in cui si rapportavano tradizionalmente i partiti con gli elettori rendendo le scelte elettorali disancorate da fattori come lidentificazione partitica. Questo per vale a livello locale, nuove fratture che a volte degenerano in populismi e personalismi, ma a livello sovranazionale il Parlamento Europeo presenta ancora oggi tutti i raggruppamenti emersi dai cleavages storici. Spostandoci sul livello organizzativo usiamo come riferimento la tipologia elaborata da Duverger che individuava 4 tipi di partito in relazione alla loro organizzazione interna ossia il comitato, la sezione, la cellula e la milizia.

Il comitato rappresenta la struttura di base dei partiti nati nell800 nella fase del suffragio censitario. Il comitato formato da un gruppo ristretto di persone che si riuniscono saltuariamente di solito durante le campagne elettorali. I membri del comitato tendono ad appartenere alle classi sociali pi agiate, dunque una organizzazione che si fonda pi sulla qualit dei propri membri che sulla quantit. Il comitato , allora, una struttura precaria, con unattivit che si intensifica sotto elezioni per sostenere delle candidature e, dal momento che si sviluppa in una fase politica ancora elitaria, si affida a finanziamenti esclusivamente privati con i donatori che decidono di finanziare la campagna elettorali affinch il candidato sostenga i loro interessi in Parlamento. La sezione , a differenza del comitato, una struttura aperta che punta al numero di iscritti. Lunit di base il territorio e rappresenta la diffusione nazionale del partito. Il politico gentiluomo dei comitati viene sostituito dal burocrate che trae il proprio sostentamento dallattivit svolta presso il partito. Il carattere permanente della sezione permette alla leadership di allargare i consensi tramite unattivit di socializzazione continua e allo stesso tempo di ottenere finanziamenti dagli iscritti tramite il versamento delle quote. La cellula costituisce la struttura organizzativa dei partiti comunisti durante le prime fasi del loro sviluppo. Mentre la sezione riunisce gli elettori in base al luogo di residenza, la cellula usa come unit di base la professione in modo che gli iscritti possano garantire contatti sistematici tra di loro sul luogo di lavoro (cellule di fabbrica, cellule di officina, etc). Una cellula ha solitamente pochi membri che si conoscono direttamente e possono incontrarsi a lavoro senza destare sospetti. Rappresentando lunit di base dei partiti rivoluzionari le cellule vengono messe fuori legge dalla maggior parte dei governi e la loro organizzazione risulta flessibile per lattivit in clandestinit. Ogni cellula, infatti, comunica solo con il vertice di partito e non con le altre proprio per evitare che lindividuazione di una di esse da parte delle autorit possa coinvolgere anche le altre. La milizia una struttura di tipo militare formata da pochi membri, solitamente ex-soldati, che vengono ordinati in modo gerarchico. I membri sono soggetti a disciplina ed addestramento di tipo militare. Storicamente la milizia lorganizzazione di base dei partiti fascisti e nazional-socialisti anche se non sono mancate contaminazione con altre strutture come quella del Partito Comunista Cinese. Mentre nelle prime fasi di vita di un partito il leader ha un ruolo cruciale, dato che elabora le ideologie e seleziona la base sociale, successivamente il partito si istituzionalizza ossia lorganizzazione si trasforma acquisendo valore in s, al punto che i suoi scopi diventano inseparabili da essa. Secondo Panebianco sono due le dimensioni che permettono di misurare il livello di istituzionalizzazione ossia il grado di autonomia verso lesterno e il grado di coerenza interna tra le parti dellorganizzazione. Una organizzazione fortemente istituzionalizzata se in grado di accedere direttamente alle risorse senza dipendere da altre organizzazioni ed in grado di controllare a livello centrale laccesso alle risorse delle sotto-unit locali. Michels ha introdotto la legge ferrea delloligarchia per sottolineare la trasformazione dei partiti socialisti da strutture democratiche ad organizzazioni dominate da unoligarchia interna formata da un ristretto numero di dirigenti che con il tempo si sono svincolati dalla base creando dentro al partito una netta divisione tra minoranza dirigente e maggioranza diretta. Il risultato stato non solo lindebolimento ideologico del partito ma la trasformazione stessa dellorganizzazione che dal mezzo diventata il fine. Michels afferma che linamovibilit della dirigenza professionalizzata direttamente proporzionale alla crescita dellorganizzazione, formulando un concetto negativo di controllo democratico esercitato dalla base che ritiene sempre pi vincolato e apparente. Ostrogorski aveva individuato unaltra possibile degenerazione dei partiti di massa nel passaggio da unorganizzazione stabile ad una condizione di anarchia interna. Secondo lautore la presenza di unorganizzazione permanente interna al partito, necessaria a mobilitare le masse, se positiva nel breve periodo, nel lungo rischia di divenire fine a se stessa,

degradando lideologia a culto meccanico portando come risultato a lotte interne, accordi clandestini e scissioni. Secondo Eldersveld esiste una possibilit che il partito si stia trasformando in una stratarchia fondata sulla proliferazione di strati di comando autonomi e indipendenti. In questottica il partito diverrebbe una struttura di deferenza reciproca dato che i vari strati si rispetto vicendevolmente sapendo di poter conservare consistenti margini di manovra. La questione della fine delle ideologie venne ripresa da altri autori. A Kirchheimer si deve il termine catchall party (partito pigliatutto) con il quale lautore descriveva il processo di destrutturazione ideologica e organizzativa che ha attraversato i partiti di massa in seguito agli sviluppi del dopoguerra. Il catch-all party , dunque, il risultato di una serie di trasformazioni fondamentali che sono: la riduzione del bagaglio ideologico, laccentuazione del carattere inter-classista, il ruolo assunto dai media nelle campagne elettorali, il successo elettorale come obbiettivo primario, la perdita di peso politico degli iscritti, il rafforzamento del potere organizzativo del gruppo dirigente, la maggiore apertura allinfluenza dei gruppi di interesse. Come scrive Kirchheimer se il partito pigliatutto non pu sperare di raccogliere tutte le categorie di elettori, pu ragionevolmente cercare di trovare pi votanti in quelle categorie che non hanno tra di loro evidenti conflitti di interessi. Il partito pigliatutto deve entrare in milioni di menti come un oggetto familiare che svolge in campo politico un ruolo analogo a quello di una marca ben nota di un articolo di consumo di massa universalmente necessario e altamente standardizzato. Il processo di mediatizzazione dei contenuti e delle strategie del partito allorigine di quello che Mazzolini ha definito partito mediale. Esempio paradigmatico, nonch base dello schema interpretativo, Forza Italia. Il partito mediale si caratterizza per la leggerezza organizzativa, manca un radicamento storico e culturale, privilegia unattivit pubblicitaria di tipo mediatico rivolta ad un elettorato inter-classista, ha una gerarchia interna poco strutturata e si fonda sulla personalizzazione del leader che non si legittima pi tramite i burocrati ma direttamente con i mediaKatz e Mair parlando di un altro stadio di trasformazione nei cartel party, nei quali crescente la collusione tra partiti che vanno a formare dei cartelli allo scopo di ottenere risorse pubbliche, accordandosi per aumentare il finanziamento pubblico. Questi cartelli sono favoriti dalla riduzione delle distanze ideologiche e dalla sempre maggiore convergenze nei programmi delle diverse coalizioni di governo. Tramite il finanziamento pubblico si rafforzato il rapporto tra partiti e Stato favorendo il passaggio dei partiti da organismi interni alla societ (partiti di notabili), ad organizzazione intermedie tra Stato e societ civile (partiti di massa) ed infine diventando strutture interne allo Stato (cartel party). Allentamento del rapporto tra partito e base, carattere sempre pi secondario dellideologia e il crescente astensionismo, hanno ridotto il numero degli iscritti con la conseguenza di dover ricorrere a forme alternative di finanziamento. Secondo Almond e Powell i partiti svolgono almeno 6 funzioni. Le prime tre funzioni si riferiscono al rapporto tra il partito e i suoi elettori. La funzione preliminare la struttura zione delle domande dove i partiti semplificano le complessit sociale selezionando le domande che vengono poste dai cittadini alla classe politica, dato che impossibile per un partito rappresentare lintera gamma degli interessi. La seconda funzione la strutturazione del voto dove lelettore si identifica nel partito attraverso lelezione dei suoi rappresentanti. La terza funzione la socializzazione politica con la quale si modellano e diffondono valori tramite le proprie strutture di partito, come le organizzazioni. Le altre tre funzioni si riferiscono al ruolo svolto dal partito nellambito istituzionale. La prima funzione il reclutamento della classe dirigente. La seconda funzione quella del controllo politico che si esercita nei rapporti tra maggioranza e opposizione.

Terza funzione la formazione delle politiche pubbliche che intende una funzione che tende ad attuare quel programma che si era elaborato in campagna elettorale. Un sistema partitico definibile come un complesso di interazioni tra le unit che lo compongono (i partiti). Tale sistema presuppone dei rapporti di tipo orizzontale, tra i partiti in competizioni, e di tipo verticale, con lelettorato e le istituzioni. Un criterio molto semplicistico, e spesso fuorviante, di classificazione dei sistemi partitici in sistemi bipartitici e multipartitici. Tra i molti tentativi di classificazione di tipo quantitativo, ha avuto successo lo studio di Rae basato su un meccanismo contabile focalizzato sulle relazioni competitive fra partiti. Lautore introduce il concetto di frazionalizzazione, inteso come il grado di dispersione della forza competitiva tra partiti, utilizzando come variabili la percentuale di voti ottenuta da ciascun partito (quota) e luguaglianza delle quote. Un sistema non frazionalizzato ha una sola quota rilevante, ad esempio un sistema a n partiti dove il partito A prende il 90%, un sistema poco frazionalizzato ha massimo due partiti con quote rilevante, ad esempio un sistema a n partiti dove A e B prendono uno il 44% e laltro il 42%, mentre un sistema altamente frazionalizzato ha un elevato numero di partiti con quote tendenzialmente identiche, ad esempio un sistema dove 3 partiti fanno tutti tra il 24-26%. Il limite del sistema di Rae lassenza di un criterio in grado di differenziare i sistemi in relazione alle caratteristiche culturali delle singole unit, ad esempio lesistenza di partiti anti-sistema. Un tentativo di sopperire a questa lacuna arriva da LaPalombara e Weiner che proposero una classificazione a 4 voci fondata su due criteri che sono il grado di intensit ideologica della competizione (continuum ideologia/pragmatismo), ossia presenza o meno di partiti antisistema e competizione di tipo ideologica o pragmatica, e la modalit di rotazione del potere (egemonia/rotazione), ossia la presenza o meno di una alternanza al governo. Combinando i criteri si hanno i sistemi egemonico ideologico (Italia), egemonico pragmatico (Giappone), di rotazione ideologico (Francia), di rotazione pragmatica (Gran Bretagna). Anche in questa classificazione per non si possono cogliere differenze importanti, ad esempio vero che lItalia era egemonica ma il partito di maggioranza aveva solo la maggioranza relativa venendo costretto a formare governi di coalizione mentre legemonia giapponese permetteva governi monocolore. Da questi presupposti si mosse Sartori introducendo un elemento di novit con la distinzione tra formato e meccanica. La sua teoria si fonda sullassunto che solo mediante una differenziazione dei criteri necessari a stabilire il numero dei partiti (formato) rispetto a quelli che determinano il funzionamento (meccanica) sia possibile formulare delle generalizzazioni. Sartori, prima di tutto, propone di contare solo i partiti con rilevanza sistemica non considerando, dunque, tutti i partiti che ottengono seggi in Parlamento che non contribuiranno a determinare il formato. Lautore afferma che un partito pu essere contato quando ha un potenziale di coalizione, ossia lutilit di un partito anche piccolo nella formazione delle maggioranze di governo, o un potenziale di ricatto, ossia la capacit di alcuni partiti di condizionare le strategie degli altri partiti. La meccanica funzionale, a sua volta, pu essere determinata dal grado di polarizzazione definito come distanza ideologica tra i vari partiti. In un sistema altamente polarizzato nel continuum destra-sinistra i partiti estremi saranno collocati ad una distanza massima tra di loro, in un sistema scarsamente polarizzato il continuum sar corto, mancheranno partiti estremi anti-sistema e sia a destra che a sinistra prevarranno posizioni moderate. Su questi presupposti Sartori costruisce una classificazione a 5 voci dei sistemi partici competitivi distinguendole dal fatto se il criterio usato sia il formato (numeri) o la meccanica (ideologia). In entrambi i casi la quinta voce chiamata atomizzazione ed indica uno stadio che precede la strutturazione dei partiti dove impossibile applicare criteri di conteggio o meccanica. Per quanto riguarda il formato, il numero di partiti rilevanti possono essere uno (sistema a partito predominate), due (sistema bipartitico), da tre a cinque (pluripartitismo limitato) e superiore a cinque (pluripartitismo estremo).

Per quanto riguarda la meccanica possiamo avere un sistema a partito predominante quando un partito conquista per diverse legislature consecutive la maggioranza assoluta dei seggi e governa da solo, non avendosi rotazione anche se nessun vincolo di natura strutturale impedisce alla minoranza di diventare maggioranza. Nel sistema meccanico bipartitico sono due i partiti che concorrono per la maggioranza assoluta dei seggi, chi vince riesce a governare da solo ma lo scarto tra i due partiti non cos vasto da non permettere una alternanza. Nel sistema meccanico di pluripartitismo moderato vi sono due coalizioni che si alternano al potere, coalizioni che comunque rispondono sempre ad una meccanica moderata dando luogo ad una competizione di tipo centripeto e basso grado di polarizzazione ideologico. Infine nel sistema meccanico di pluripartitismo polarizzato vi una meccanica tripolare del tipo sinistra-centro-destra con presenza di partiti estremi anti-sistema. In questo caso il partito di maggioranza relativa sar al centro e per governare dovr contare su degli alleati che non saranno mai i partiti estremi che, per la loro distanza con il centro e tra di loro, per definizione saranno sempre allopposizione. La polarizzazione esercita un vincolo strutturale sulla competizione dato che elimina a priori la possibilit che si verifichi alternanza al potere dato che i partiti anti-sistema, definiti tali perch se al potere potrebbero modificare il tipo di regime, sono esclusi dalle coalizioni governative per via della loro radicalit mentre il partito di maggioranza relativa, minacciato da due opposizioni bilaterali, rimane sempre al potere in una situazione di dominio, ma non di predominio dato che manca la maggioranza assoluta dei seggi, dato che ottiene lappoggio dei partiti minori che si alternano al governo dando vita ad una rotazione periferica. Con sempre lo stesso partito al governo si determina un tipo di competizione irresponsabile dato che ne maggioranza, che sa che rimarr al potere, ne opposizione, che sa di non avere possibilit di vincere, non sono pi chiamati a rispondere del proprio operato. Per quanto riguarda i sistemi non competitivi si differenziano nel formato tra sistemi a partito unico e sistemi a partito egemone. Nel caso del partito egemone ci si riferisce a sistemi non competitivi dove esistono pi partiti che, pur non avendo possibilit di andare al potere, che contribuiscono allelaborazione della linea stabilita dal partito al governo. La differenza con il sistema competitivo a partito predominante che in questo caso comunque non esistono impedimenti strutturali ad una minoranza perch diventi maggioranza mentre nel sistema egemone esistono. Dal punto di vista della meccanica funzionale i sistemi non competitivi assumono connotazione diversa a secondo del grado di intensit ideologica (ideologica o pragmatica) e della penetrazione coercitiva (autoritari o totalitari). I gruppi di interesse (capitolo ottavo) Nonostante i termini gruppo di interesse e gruppo di pressione siano spesso utilizzati in maniera intercambiabile, non indicano lo stesso fenomeno dato che se linteresse rappresenta ci che tiene insieme il gruppo, la pressione indica solo una delle possibili modalit di azione dello stesso. Finer ha definito la pressione come lapplicazione o la minaccia di applicazione di una sanzione qualora non venisse soddisfatta la richiesta di un gruppo. In realt le modalit di azione non sono solo sanzionatorie dato che possibile che vengano adottate anche altre strategie di influenza come lofferta di informazioni, la collaborazione allimplementazione di politiche, etc e sono solitamente questi strumenti compromissori ad essere quelli prevalenti dato che altrimenti gruppi non in grado di imporre sanzioni non avrebbero influenza sulle decisioni pubbliche. I gruppi di interesse-pressione sono detti anche lobby mentre i loro processi di influenza sono detti lobbying. Gli attori dei gruppi di interesse possono avere carattere associativo formata da singoli individui, carattere associativo formato da organizzazioni e infine vi possono essere interessi istituzionali non definibile in gruppi, dato che privi della dimensione associativa, ma come organizzazioni pubbliche e private, come grandi imprese industriali. In definitiva il gruppo di interesse definibile come unassociazione formale di individui o di organizzazioni, ma unistituzione pubblica o privata, che cerca di influenzare a proprio favore le politiche pubbliche senza assumere responsabilit di governo.

Secondo la teoria pluralista classica non ci sono differenza tra partiti politici e gruppi di interesse dato che sono entrambi species del genus gruppo con funzioni ampiamente sovrapponibili. Una differenziazione importante si pu trovare in 3 funzioni svolte esclusivamente dai partiti che sono la competizione elettorale, la gestione diretta del potere e la funzione di espressione democratica. Anche per quanto riguarda le altre funzioni vi sono differenze. Dal punto di vista della partecipazione i gruppi di interesse sono agenzie di partecipazioni anche pi importanti dei partiti politici, cosa che si pu evincere anche dal fatto che mentre negli anni sono diminuite le iscrizioni ai partiti sono aumentate quelle ai gruppi. Mentre la funzione di rappresentanza dei partiti si esprime tramite le elezioni, le funzioni di rappresentanza nei gruppi di interesse si hanno grazie alla loro capacit di organizzare le opinioni (interessi e domande) di parti specifiche e ristrette della societ e di esprimerle verso il governo per influenzarne loperato. Un gruppo anche in grado di sintetizzare le domande nate da diverse visioni come ad esempio succede con le associazioni degli industriali nei confronti della variet di imprese che le compongono. Le sintesi di domande presentate dei partiti sono invece le uniche che possono diventare programma politico ma data la loro maggiore eterogeneit di interessi sar necessario raggiungere una sintesi compromissoria e manipolata. Per quanto riguarda la funzione di educazione politica i gruppi forniscono una grande quantit di temi contribuendo notevolmente alla formazioni di opinioni circa questioni particolari partecipando di fatto insieme ai partiti al dibattito pubblico. Per via della loro variet si cercato di classificare i gruppi sulla base di criteri differenti come struttura organizzativa, collocazione nel processo decisionale e obbiettivi. Forse proprio la tipologia per obbiettivi meglio di altre in grado di dare una visione dinsieme dei gruppi dinteresse soffermandosi proprio sul contenuto dellinteresse. In quasi tutti i sistemi politici gli interessi organizzati possono essere collocati in tre categorie che sono dei gruppi sezionali o economici, gruppi per una causa o promozionali e interessi istituzionali. I gruppi sezionali o economici rappresentano gli interessi privati di vasti strati di popolazione dai lavoratori alle imprese. I gruppi per una causa hanno come scopo principale la difesa di valori o la promozione di specifici ideali non correlati con loccupazione dei membri, dentro questa categoria rientrano anche i gruppi di interesse pubblico che mirano allottenimento di beni pubblici per tutti i cittadini e non solo per i propri membri, i gruppi identitari che magari mirano ad un interesse per un gruppo religioso, etnico o sessuali e i gruppi localistici (o nimby) che difendono gli interessi di una comunit entro un determinato territorio (come un comitato contro una discarica). Gli interessi istituzionali, infine, pur non essendo dotati della dimensione di gruppo, associativa e di membership, entrano nellarena politica per influenzarne il processo decisionale. Questi sono attori pubblici, come le agenzie governative in cerca di assegnazione di fondi, o privati, come grosse imprese o universit. I due principali modelli che hanno affrontato il tema dellazione dei gruppi di interesse sono il pluralismo e il neo-corporativismo. Il pluralismo classico si afferma in scienza politica grazie al lavoro di Bentley che, nella convinzione di dover fornire una spiegazione realistica del sistema politico, si pone lobbiettivo di spiegare il funzionamento del sistema politico a partire dallazione dei gruppi sociali sui processi decisionali dei governi. Secondo lautore ogni unit del sistema politico considerabile un gruppo a s che interagisce con gli altri e, dunque, non ha senso distinguere in maniera netta fra gruppo, partito, esecutivo, burocrazia, etc. In questo contesto lo Stato diventa il punto di equilibrio tra interessi che si controllano e confrontano e linteresse generale diventa il risultato della somma degli interessi individuali. Limite di Bentley , fermo restando il suo superamento del formalismo giuridico, leccesiva generalizzazione del concetto di gruppo e di riduzione

dellintera attivit politica alla dimensione di gruppo senza considerare le diverse funzioni, il rapporto tra militanti e leader di gruppo e la definizione degli interessi. Anni dopo Truman con il suo neo-pluralismo si pone in continuit con Bentley ma pone una speciale enfasi sullazione benefica dei gruppi di interesse sulla democrazia. Truman distingue tra gruppo di interesse e gruppo potenziale. Mentre il primo un gruppo formato da persone con un interesse condiviso che presentano domande ad altri gruppi della societ, il secondo quel gruppo che pur condividendo un interesse non si ancora organizzato per difenderlo ma pu farlo nel momento in cui si sente minacciato dallazione di gruppi gi organizzati. Lesistenza dei gruppi potenziali e la reale possibilit che si attivano favorisce lo sviluppo di un processo di interazione fra i diversi gruppi volto alla moderazione nelle richieste e allattivazione di processi negoziali che garantiscono soluzioni dirette a soddisfare potenzialmente tutti gli attori coinvolti. La prevalenza di alcuni gruppi non pu che essere momentanea dato che se si prolungasse provocherebbe la mobilitazione dei gruppi latenti che si attiverebbero per ripristinare lequilibrio. Altro meccanismo moderatore e di compromesso e laffiliazione sovrapposta dove gli individui appartengono a pi gruppi, sia organizzati che potenziali. Limite della teoria di Truman il suo eccessivo ottimismo nei confronti di un potere completamente diffuso e dove i gruppi sono potenzialmente in grado della medesima forza e influenza sulle decisioni, quando altri autori come Schattschneider hanno fatto notare dellesistenza di gruppi formati da lite con una efficacia di influenza decisamente superiore a quella di altri gruppi (per i neo-marxisti invece il potere era concentrato nella classe dominante dei proprietari dei mezzi di produzione). Il neo-corporativismo si pone come esplicita alternativa al pluralismo. I neo-corporativisti credono nella necessit di fare distinzione tra i gruppi effettivamente in grado di esercitare una influenza concreta e i gruppi secondari. A proposito Schmitter si concentra sul lato dellinput del sistema ossia sulla precisazione della strutturazione della rappresentanza degli interessi e sulle caratteristiche delle organizzazione cui essa affidata, oltre che sui loro rapporti con lo Stato. Dagli studi dellautore sui sindacati emerge che i gruppi in grado di giocare un ruolo determinante con i decisori pubblici, grazie alla capacit di monopolizzare la rappresentanza delle loro categorie e strutturarne gli interessi, sono in numero molto limitato. Perch sia possibile un accordo tra gruppo, impresa e Stato richiede una strutturazione gerarchica del gruppo nonch obbligatoria dato che gli accordi stipulati sono vincolanti solo per i membri dei gruppi firmatari, il ch pu anche tradursi nellimposizione ai propri membri del rispetto dellaccordo siglato. Dal lato delloutput Lehmbruch precisa che nel sistema triangolare sindacato-stato-impresa le organizzazione di rappresentanza degli interessi, a fronte della concessione del monopolio di rappresentanza delle proprie categorie, si impegnano a collaborare tra loro e con il governo oltre che alla fase di formazione delle politiche (input) anche nella fase attuativa delle stesse. Dunque le differenze tra pluralismo e neo-corporativismo sono che nel secondo vi sono differenze tra i gruppi di interesse in grado di intrattenere rapporti con il decisore e chi no, che lo Stato non solo un gruppo tra gli altri con funzioni arbitrali ma un soggetto chiave con fini autonomi rispetto a quello dei gruppi ed infine che nel momento in cui il processo decisionale non aperto a tutti i gruppi allora il lobbying diventa secondario (almeno nelle politiche del lavoro) dato che a contare sono le concertazioni triangolari Stato-sindacati-imprenditori. Lintegrazione dei gruppi nel processo decisionale tende a istituzionalizzare la relazione tra attori pubblici e organizzazioni private fino a rendere queste ultime degli organismi quasi-pubblici dato che da una parte hanno una funzione di organizzazione e consenso dei propri membri e dallaltra contribuiscono alla governabilit del sistema attraverso la partecipazione alle formazione e implementazione delle politiche. Vi un corporativismo societario o liberale (dal basso) fondato sul volontario assenso delle categorie di interesse coinvolte negli accordi e un corporativismo statale o autoritario imposto dallo Stato (dallalto) tipico dei regimi autoritari fascisti.

Limiti al neo-corporativismo sono il privilegio che si da ad alcuni gruppi escludendone altri, importanza esclusiva che si da solo ad alcuni settori di politica per quanto importanti (come il lavoro) ed escludendo interi altri settori, limitazioni agli accordi tripartito dovuti allintegrazione nei mercati internazionali, accordi che tendono a sostituire il canale di rappresentanza parlamentaria nel momento in cui la funzione del parlamento diventa la mera ratifica di accordi conclusi in altre sedi. I fattori che favoriscono lo sviluppo dei gruppi sono il grado di sviluppo socio-economico, lassetto statale, il contesto istituzionale, il tipo di sistema partitico, lo stile di adozione delle politiche pubbliche. Lo sviluppo tende a favorire un numero pi numeroso di gruppi e maggiormente differenziati mentre laccesso alle aree decisionali risulta pi aperto che nei paesi meno sviluppati. La cultura politica stabilisce la visione che ha un paese dellazione dei gruppi, ad esempio vedendoli in modo favorevole o in maniera sospettosa come attori che rischiano di minare linteresse generale in funzione di interessi particolari. Il contesto istituzionale e in particolare la localizzazione del potere decisionale definisce se le strategie di influenza sono concentrate tanto a livello statale quanto a livello locale, in uno stato decentrato, o in particolare a livello centrale, in uno stato centralista, definendo di fatto anche le possibilit di accesso alle aree pubbliche e le strategie pi idonee. La presenza di partiti conservatori favorisce i gruppi imprenditoriali mentre i gruppi sindacali hanno pi presa con la presenza di partiti progressisti, se il sistema multipartitico i canali di accesso allarena decisionale, inoltre, risultano pi numerosi rispetto che ad un sistema bipartitico. Anche lo stile di policy influenza lazione dei gruppi nel momento in cui, ad esempio, vi una maggiore propensione a consultare i gruppi nei sistemi in cui il potere decisionale diffuso. I lobbisti sono professionisti specializzati, delegati da gruppi di interesse, che entrano in contatto con i decisori pubblici. Il lobbismo ben diverso dalla pratica corruttiva in cui viene descritto dato che in realt da declinare in pratica della persuasione e della comunicazione (in America esiste addirittura una deontologia professionale dei lobbisti). I lobbisti possono essere fatti rientrare in due grandi categorie che sono in house lobbyist, ossia lobbisti che fanno parte anche del gruppo rappresentato, e contracted lobbyist, ossia soggetti esterni al gruppo. Vi sono delle principali tecniche utilizzate dai lobbisti (quantomeno nel caso degli USA dove il fenomeno molto pi comune e studiato). I rapporti faccia a faccia sono riservati prevalentemente ai gruppi di carattere economico che avendo molte poste in gioco assiduamente rinegoziate, hanno necessit di avere una presenza costante nelle arene decisionale. Il rapporto faccia a faccia presuppone una continuit temporale sulla quale si stabilisce un legame fiduciario e di mutuo vantaggio ossia informazioni in cambio di udienza da parte dei decisori. Il lobbying di base una tecnica di lobbying indiretto che punta a coinvolgere lopinione pubblica al fine di creare una massa critica che possa esercitare pressione sui decisori pubblici, questa una tecnica comune nel campo del non-profit dove vi sono ampie membership ma scarsi mezzi economici. Le coalizioni tra pi gruppi di interesse permettono di aumentare le capacit di influenza dei gruppi che vi partecipano e che perseguono un obbiettivo comune, alleanze che solitamente si dissolvono appena raggiunto lobbiettivo o quando diventa evidente la sua impossibilit. I finanziamenti elettorali sono la tecnica di influenza pi comune in tutti i sistemi partitici e pi controversa soprattutto dove manca una legislazione in merito (esistente in USA). Lo status di interno o esterno nel processo decisionale che i decisori pubblici riconoscono ad un gruppo di interesse pu essere determinate per la sua azione. Lindividuazione delle categorie di i ma non nsider ed outsider si deve a Schattschneider e successivamente a Grant che ha definito gli insider groups come gli attori legittimati dal governo e da questo consultati regolarmente mentre gli outsider groups sono gli attori che non vogliono essere inclusi in relazioni di consultazioni con i decisori o non sono in grado di

guadagnarsi il loro riconoscimento. Gli insider ottengono il loro status per il fatto che rappresentano gruppi di interesse istituzionale, o che rappresentano gruppi con funzioni chiave nel campo economico, o che parlano in nome di una ampia membership o che sono in possesso di informazioni determinanti. Gli outsider, che sono spesso organizzazioni che progettano campagne al di fuori della politica tradizionale, hanno strategie pi limitate degli insider dato che si focalizzano principalmente sullinfluenza dellopinione pubblica. Solitamente gli insider sono gruppi di tipo sezionale o istituzionale mentre gli outsider gruppi per una causa ma non detto che un gruppo insider possa essere estromesso dal processo decisionale (ad esempio il passaggio da un governo di sinistra ad uno di destra potrebbe estromettere alcuni sindacati prima consultati o un gruppo ambientale prima outsider potrebbe essere consultato durante lelaborazione di una politica ambientale). Sono le risorse a circoscrivere lo spazio di azione dei gruppi di interesse. Le risorse possono essere classificate in pi tipi. Le risorse finanziarie sono solitamente detenute prevalentemente dai gruppi sezionali e istituzionali, possono essere usati per pagare esperti che formulino rapporti da presentare ai decisori, per finanziare campagne elettorali o mediatiche o addirittura per corrompere. Le risorse numeriche si riferiscono ad unelevata membership, un sindacato con un vasto numero di membri avr una maggiore forza di sciopero e in alcuni casi sono proprio le risorse numeriche a dare diritto allaccesso alle contrattazioni collettive (rappresentativit nello Statuto dei Lavoratori). Le risorse di influenza e sanzione sono tipiche dei gruppi con un alto grado di rappresentativit del proprio settore di riferimento, dei gruppi in grado di attivare contatti privilegiati con alcuni attori, tipo politici e media, e gruppi che rappresentano interessi strategici nei settori economici (come i piloti di volo, in grado di paralizzare il trasporto aereo). Le risorse di expertise sono prerogativa dei gruppi con conoscenze tecniche essenziali relativamente al settore interessato dalle decisioni pubbliche, linfluenza pu essere dettata dalla capacit di presentare le informazioni di cui dispongono in maniera pi dettagliata e convincente di quelle dei loro avversari. Le risorse organizzative sono proprie dei gruppi altamente strutturati in grado di mobilitare facilmente i membri e presentare le domande nelle sedi adeguate, senza contare la capacit di mantenere la coesione interna. Le risorse simboliche riguardano la capacit di un gruppo di declinare le proprie richieste richiamandosi a simboli e valori dominanti che giustifichino le domande avanzate. Un simbolismo potrebbe essere anche la presenza di un leader carismatico legittimante. Anche i canali di accesso al sistema politico sono vari. Laccesso tramite i partiti un canale indiretto allarena decisionale che pu rivelarsi fondamentale. Tramite i partiti possibile influenzare una decisione sia tramite la sua elaborazione che durante lattuazione ma lalleanza con un partito deve soddisfare requisiti come laffinit ideologica, lesistenza di comuni canali di reclutamento, la sovrapposizione della membership e la presenza di un reciproco sostegno finanziario. Un gruppo pu agire su un partiti tramite lappoggio finanziario in campagna elettorale, degli esponenti del gruppo possono far parte del partito, i gruppi in possesso di informazioni specifiche possono suggerire dichiarazioni programmatiche, i gruppi possono intervenire a livello decisionale direttamente su esponenti del partiti a livello parlamentare e governativo. Dunque le influenze tra partito e gruppo possono essere reciproche con vari gradi di compenetrazione. Nella simbiosi il partito e il gruppo hanno comune base ideologica, leadership e membership sono sovrapposte e si aiutano reciprocamente dal punto di vista finanziario rafforzandosi in maniera vicendevole nelle proprie aree di attivit (come partiti comunisti e sindacati). Nella collaborazione un gruppo sostiene un partito che per non ne risulta dipendente n sul piano organizzativo n su quello

finanziario, la leadership non mai sovrapposta e il gruppo non si rivolge ad un solo partito ma a pi di uno (Confindustria negli anni 90). Lo scambio una variate della collaborazione e in questo caso i partiti risultano parzialmente dipendenti finanziariamente dai gruppi, le interazioni sono pragmatiche con i partiti che ottengono i finanziamenti e i gruppi che ottengono accesso alle questioni dei partiti. Nel dominio il partito prevale completamente sul gruppo che, nonostante sia portatore di interessi identificabili, risulta una costola del partito che fornisce ideologia e finanziamento. Il gruppo occupato dal partito dato che non pu scavalcarlo in nessun modo per accedere allarena decisionale, cosa che avviene anche quando un partito si trova sempre al governo ed in grado di controllare tutti i canali di accesso allarena decisionale (come nel caso della DC). Infine vi la subordinazione che una situazione opposta alla precedente, dove un gruppo controlla un partito o ne crea uno suo funzionale ai suoi scopi, questo tipo di alleanza molto rara e si ha solitamente nei casi di piccoli partiti nelle fasi di instaurazione dei regimi democratici. Nei regimi bipartitici o a pluralismi limitati prevalgono le collaborazioni e gli scambi, per via del basso livello ideologico e delle burocrazie autonome, mentre il dominio prevale nei sistemi a partito/coalizione dominante dove vi sono burocrazie subordinate e politicizzate, la simbiosi pi comune nei sistemi a pluralismo polarizzato estremo dove prevale il collante ideologico tra gruppi e partiti estremi, la subordinazione si ha nel caso di sistemi partitici in corso di formazione. Altri canali di accesso sono il Governo e le burocrazie. Laccesso al canale del Governo solitamente riservato in via esclusiva ai gruppi economici e istituzionali per via della loro centralit nel processo produttivo o la loro quantit di risorse. La relazione forse pi stretta che si viene a creare quella tra alte burocrazie di alcuni ministeri e i gruppi industriali e del business, vicinanza spesso dovuta al frequente comune background sociale ed educativo che tende a fornire visioni simili. Questa vicinanza ha portato in molti paesi al fenomeno del Revolving Door (porta girevole), termine con cui si indica il passaggio, come in una porta girevole, di alti burocrati dalla pubblica amministrazione a grandi imprese che li reclutano sia per la loro esperienza sia per i contatti che riescono a mantenere nelle arene principali, definendosi cos un accesso riservato da parte dei gruppi. Particolari tipi di accesso riservato sono la parentela, intesa come il rapporto di consanguineit politica fra partito di governo e gruppo dando modo a questo di accedere a burocrazie pubbliche deboli e controllate dal partito, e la clientela, dove un gruppo di interesse riesce ad imporsi quale rappresentante esclusivo di un settore sociale di fronte allorgano designato a controllarne lattivit. Quando si impongono questi fenomeni il potere si squilibra ulteriormente a danno dei gruppi non economici che, data la cattura di questi canali, devono trovare altri modi di accesso allarena decisionale. I gruppi a cui precluso il canale burocratico o di governo possono tentare il canale parlamentare, che comunque utilizzato anche dai gruppi pi potenti che non hanno di queste preclusioni. Lintensit delle azioni dei gruppi nei canali parlamentari dipendono dalla forza di questo (ad esempio nel Congresso USA c un fortissimo lobbismo). Sistemi bicamerali perfetti come il nostro forniscono ulteriori vantaggi ai lobbisti dato che la lunghezza delliter legislativo permette di scegliere in maniera pi accurata in quale fase intervenire. Un canale relativamente debole, per via della sua indipendenza e incapacit di determinare le politiche, quello delle Corti di Giustizia, dove se avviene influenza solitamente questa si avvale delle campagne dopinione per influenzare le decisioni delle corti (ad eccezioni di casi particolari come USA e UE dove le Corti forniscono anche la base di decisioni politiche come il caso Viking in UE). I gruppi che possono utilizzare il canale sovrannazionale sono economici ed istituzionali e dotati di ingenti risorse, spesso vengono definiti Organizzazioni non governative (Ong). Canale pi usato dai gruppi che non sono in grado di entrare in contatto con i decisori, ossia i gruppi outsider, quello dei media, utilizzato sia per influenzare

lopinione pubblica su una questione esistente sia per far nascere il dibattito su un problema. Per quanto quello mediatico sia un canale residuale in realt viene usato anche dai gruppi economici che spesso sono in possesso direttamente dei principali giornali di un paese. I pareri a riguardo dei gruppi di interesse nel contesto democratico sono contrastanti con alcuni che li vedono come il continuo e fruttuoso collegamento tra societ e sistema politico e garanti della diffusione del potere dentro la societ sviluppando la democrazia, altri che li vedono come elemento degenerativo in quanto creano disuguaglianze e particolarismi contrari allinteresse generale. Elezioni e sistemi elettorali (capitolo nono) Le elezioni politiche rientrano nella famiglia dei sistemi di investitura, famiglia che comprende anche la trasmissione per eredit, la nomina, etc. Le elezioni sono lo strumento fondamentale per fare della democrazia rappresentativa quel tipo di regime in cui gli elettori possono scegliere i governanti e, in linea di principio, che lazione di chi governa sia tendenzialmente conforme alle esigenze di chi governato, con il voto, strumento in realt recente nella sua versione a suffragio universale, che una comunit esercita la sovranit popolare e di conseguenza a legittimare le scelte di indirizzo e gli atti concreti degli organi rappresentativi (se il voto libero, le elezioni scadenzate a periodi prestabiliti e il sistema competitivo). I criteri di assegnazione del diritto di voto sono stati divisi in passaggi da Bendix in criteri di status (unit definite per legge), criteri di censo (legato al reddito, al patrimonio o alle tasse pagate), criteri di capacit (alfabetizzazione), criteri di responsabilit familiare (i capi famiglia maschi) e criteri di residenza (tutti i residenti nel territorio da almeno un periodo fissato di tempo). Il criterio del diritto di voto dalla cittadinanza si deve alla Rivoluzione Francese con il concetto di una testa un voto. Le elezioni si possono dire democratiche quando sono competitive (vi un offerta politica plurale in vera concorrenza), libere (gli elettori votano senza costrizioni e ogni partito e candidato non ha impedimenti nella campagna elettorale) e rilevanti (i risultati elettorali incidono in maniera significativa sui processi politici di un paese), ma chiaro che non solo questa caratteristica delle elezioni a rendere un regime pienamente democratico (ad esempio la vittoria sulle elezioni non legittima le maggioranze a fare torti alle minoranze). Per definire un sistema elettorale si sono imposti due criteri, un criterio in senso stretto che si riferisce alla formula elettorale intesa come meccanismo usato per la trasformazione di voti in seggi, e un criterio in senso ampio che si riferisce a tutte le procedure che precedono, accompagnano e seguono lo svolgimento delle elezioni. La maggior parte delle classificazioni utilizzate dai politologi sono in macrocategorie maggioritarie, proporzionali e miste e privilegiando le formule matematiche usate per convertire i voti in seggi. I sistemi maggioritari usano le formule plurality (a maggioranza semplice) o majority (a maggioranza assoluta), i sistemi proporzionali usano le formule dHondt, Saint Lague, Hare od altre, mentre i sistemi misti combinano formule maggioritarie e proporzionali (che comprendono sistemi di voto limitato o voto singolo non trasferibile che altri autori come Lijphart inseriscono in una diversa categoria detta semiproporzionale). Fine dei sistemi maggioritari permettere una maggioranza di governo, fine dei sistemi proporzionali e di riflettere il pi esattamente possibile i gruppi sociali e le forze politiche della popolazione. Le cariche monocratiche di vertice, come il Presidente della Repubblica, possono essere distinte tra ad elezione diretta ed elezioni indiretta. Per lelezione diretta possono essere usate diverse formule ma la pi comune quella a doppio turno con ballottaggio dove si ritiene opportuno che il Capo dello Stato eletto abbia la maggioranza assoluta dei voti popolari espressi. Se nessun candidato ottiene questa maggioranza

al primo turno si passa al secondo turno dove corrono solo i due candidati che hanno ottenuto pi voti al primo turno, sistema tipico della Francia della Quinta Repubblica. In alcune variazioni sul tema per essere eletti al primo turno pu essere anche di solo la maggioranza relativa purch superi una certa soglia (ad esempio il 40%), oppure non basti la maggioranza assoluta, ad esempio serve il 55%, oppure ancora uno scarto determinato dal secondo candidato, ad esempio in Argentina serve il 40% oppure anche solo il 35% purch ci sia uno scarto di almeno il 5% dal secondo candidato pi votato. Il sistema ancora pi variegato se si passa dal Capo dello Stato al Parlamento. I sistemi maggioritari pi noti ed utilizzati sono il sistema maggioritario a turno unico (plurality), il sistema maggioritario a doppio turno (plurality) e il sistema del voto alternativo, tutti e 3 si applicano in collegi uninominali (dove si elegge un solo rappresentante) e solo per il plurality e sufficiente una maggioranza semplice. Il sistema uninominale a turno unico e maggioranza semplice (plurality) il sistema maggioritario pi comune nel mondo. In questo sistema il territorio nazionale viene diviso in tanti collegi uninominali quanti sono i seggi parlamentari da assegnare, dentro ogni collegio vince il candidato che ha ottenuto pi voti indipendentemente dal suo distacco con gli altri candidati, che anche se perdono di un solo voto non otterranno nessuna compensazione da far valere per un eventuale recupero di voti. Per conquistare un seggio occorre una forte concentrazione di voti a livello di collegio mentre per ottenere la maggioranza di seggi in Parlamento necessaria una diffusione ampia e maggioritaria in vaste aree del paese. In tal modo si da vita ad una maggioranza monopartitica dotata di un numero di seggi superiore alla percentuale di voti ottenuti (se in un caso di 10 collegi un partito ne vince 6 e tutti con il 45% di preferenze otterr il 60% dei seggi ma con un numero di voti sul paese inferiore a quella percentuale). I sostenitori di questo sistema sottolineano lo stretto rapporto tra governo ed elettori dato che un elettore votando per un candidato e dunque per un partito allo stesso tempo contribuisce a scegliere anche il governo dando vita a governi responsabili dato che nei governi monocolore, solitamente stabili e lunghi, facile per gli elettori trovare lorigine delle responsabilit, i detrattori del sistema accusano la sua scarsa rappresentativit effettiva dato non solo lo squilibrio tra seggi e preferenze effettive ma anche la totale esclusione di partiti nonostante un loro eventuale ampio consenso. Per rispondere alle critiche di scarsa rappresentativit dei maggioritari a turno unico si pu usare in alternativa il maggioritario uninominale a doppio turno. In questo caso per essere eletti al primo turno necessaria la maggioranza assoluta dei voti, se questa manca si passa al secondo turno dove concorrono i candidati che hanno ricevuto pi preferenze al primo turno. Come il maggioritario a turno unico anche questo sistema favorisce una scarsa frammentazione partitica. Nel doppio turno a ballottaggio utilizzato per le cariche monocratiche concorrono i due candidati con pi preferenze, per cui il vincitore sar quello con la maggioranza assoluta, mentre usato per il parlamento permette laccesso anche a pi di due candidati del primo turno e in tal caso richieder anche la sola maggioranza semplice al secondo turno. Inoltre il secondo turno aperto dove con apertura si intende che possono entrare sia nuovi candidati sia tutti i candidati del primo turno (ad esempio se fosse stata imposta una soglia di passaggio al secondo turno del 10% non detto che non ci siano candidati che non labbiano superata in quel collegio) ed ecco allora che il secondo turno va a funzionare come un plurality (maggioranza semplice) ossia vince semplicemente chi arriva primo. Al secondo turno lelettore pu decidere per il voto sincero, ossia il voto per il proprio candidato o partito preferito, o per il voto strategico, ossia per il candidato meno sgradito rispetto agli altri. Dato che il primo turno risulta un po come una semplice selezione per il secondo turno allora il primo turno potrebbe essere definito come un equivalente funzionale delle primarie selezionando i candidati preferiti dai cittadini per lelezione vera e propria. Pu anche succedere che al secondo turno si abbiano accordi di desistenza tra

partiti ossia che partiti elettoralmente vicini possano accordarsi per il ritiro di propri candidati dal secondo turno per far convergere i propri voti sullaltro partito sapendo che questultimo far la stessa cosa per laltro in un diverso collegio. Non per niente uno dei limiti che viene criticato al maggioritario con doppio turno aperto il suo eccessivo mercanteggiamento. Anche con il doppio turno, comunque, si producono sbilanciamenti tra seggi ottenuti e preferenze effettive andando a penalizzare soprattutto i partiti pi estremi, che sono anche quelli pi impossibilitati a coalizzarsi al secondo turno. Il sistema pi semplice per consentire ai sistemi maggioritari uninominali a turno unico di produrre vincitori con la maggioranza assoluta tramite lutilizzo del voto ordinale che consente agli elettori di classificare i candidati in ordine di preferenza, il voto ordinale rientra nel sistema del voto alternativo. Gli elettori indicano la loro prima, seconda, terza, etc scelta in sistemi totalmente ordinabili dove tutti i candidati devono ottenere un ordine, altrimenti nei parzialmente ordinabili lordine di preferenza limitato solo alle prime posizioni, ad esempio i primi 4 candidati preferiti. Questo sistema di voto alternativo viene anche definiti di ballottaggio istantaneo dato che in effetti assomiglia ad un ballottaggio dove si esclude il candidato con meno consensi fino a quando non ne rimane solo uno con la maggioranza assoluta. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta come prima preferenza il candidato con minori prime preferenze viene eliminato cedendo la sua seconda preferenza ai candidati rimasti in corsa. Se nemmeno con questa collocazione si ottiene una maggioranza assoluta si elimina il nuovo ultimo candidato cedendo le sue preferenze e cos via fino a quando non si ottiene un candidato con la maggioranza assoluta. Se ad esempio il candidato A stato indicato come prima preferenza da 100 persone e questo il candidato con meno prime preferenze viene eliminato e a questo punto la prima preferenza di chi ha votato A non viene considerata diventando allora la seconda preferenza (il candidato B) la loro prima preferenza. Caratteristica del sistema che per essere eletti non basta essere il pi apprezzato ma anche il second best, anche questo un sistema che svantaggi i partiti pi estremi. I vantaggi portati a favore dei sistemi maggioritari contro quelli proporzionali sono la maggiore stabilit degli esecutivi, la maggiore responsabilit delle forze di opposizione dato che la concreta alternanza rende probabile che un opposizione possa un domani andare al governo spingendola a non sposare soluzioni radicali che le toglierebbero questa possibilit come leccessivo uso di promesse populiste dato che rischierebbero poi di essere chiamate a metterle in atto, ed infine la maggiore capacit dellelettore ad indirizzare lazione di governo proprio per gli stessi motivi per cui lopposizione non pu fare facili promesse (se tiro fuori un programma devo sapere che poi rischio di doverlo veramente attuare). Le critiche portate contro i maggioritari invece riguardano la loro scarsa adattabilit ad una comunit politicamente e socialmente eterogenea (non si rappresentano le minoranze che potrebbero trovare come unica fonte di sfogo azioni extralegali) e che pu portare al governo il partito o coalizione che ha ottenuto meno voti dato che vincendo di misura su molti collegi e perdendo largamente in altri oppure vincendo in collegi meno densi dal punto di vista demografico e perdendo in quelli pi densi questo risultato diventa concretamente possibile, esempi storici in tal senso non mancano sia tra i Presidenti USA che per le assemblee legislative inglesi negli anni 60. I sistemi proporzionali sono formati da una grande variet dei due loro principali elementi, elementi che sono lutilizzo di collegi o circoscrizioni plurinominali (pi eletti in un collegio) e lutilizzo di formule matematiche che consentono una ripartizione proporzionale dei seggi. Dentro alla famiglia dei sistemi proporzionali di lista si possono individuare due principali categorie che sono quella in cui sono inseriti i sistemi a rappresentanza proporzionali di lista (largamente maggioritaria), incentrata sui partiti che presentano una lista di candidati e con ripartizione dei seggi che avviene in base ai voti ottenuti dalla lista, e

quella del cosiddetto voto singolo trasferibile (largamente residuale), incentrata sul singolo candidato dove la conquista dei seggi vincolata alla quantit di voti attribuiti ad esso. Un sistema proporzionali di lista distinguibile tra lista chiusa, lista aperta e lista libera. La lista chiusa sinonimo di lista bloccata dove lordine dei candidati da eleggere determinato dal partito e gli elettori sono impossibilitati dallesprimere preferenze tra i candidati in lista (utilizzato in Italia). Vantaggio del sistema che permette lelezione di candidati che troverebbero problemi ad essere votati con il sistema di preferenze, come ad esempio un rappresentante di una minoranza etnica, e che permette la coesione dei partiti in Parlamento evitando competizioni tra fazioni interne ai partiti o rendendo difficile occupazioni da parte di lobby. Svantaggio che lelezione diviene una nomina da parte delle oligarchie di partito che spesso sono propense a premiare qualit diverse dal merito e dalla competenza. Ci si trova in una situazione di lista aperta quando gli elettori possono esprimere anche un voto di preferenza (preferenza unica) o pi preferenze (preferenza multipla) cos che gli eletti dentro una lista saranno coloro che hanno ottenuto pi preferenze. I vantaggi e gli svantaggi sono praticamente gli opposti del sistema a liste chiuse. Nei sistemi a lista libera si offre allelettore la possibilit di allocare nuovi candidati o sostituire i candidati presenti con altri nella lista. Questo sistema detto panachage. In alcuni sistemi, con la Svizzera, si permette anche il voto cumulato dove lelettore pu esprimere tutte le sue preferenze disponibili (due in Svizzera) su un singolo candidato. Per quanto riguarda le formule matematiche, i metodi maggiormente usati sono il metodo del quoziente e/o dei resti pi alti e il metodo del divisore e/o delle medie pi alte. Nel metodo del quoziente nella versione Hare si determina il numero di voti necessari a collocare un seggio ed dato dal rapporto del numero di voti validi espressi nel collegio diviso il numero dei seggi in palio nello stesso. In questo caso si parla di quoziente naturale o di quoziente non corretto. Correttivi al quoziente sono come la formula di Hagenbach-Bishoff, dove si aumenta il denominatore di una unit, la formula di Droop, dove si aumenta di una unit il quoziente ottenuto con la Hagenbach-Bishoff, e la formula Imperiali, dove si aumenta il denominatore della formula del quoziente naturale di Haare di due unit o di tre (in tal caso si parla di Imperiali rafforzata). Tanto maggiore la correzione tanto pi diminuisce il quoziente e tanto pi aumentano le possibilit dei partiti medio-piccoli di ottenere un seggio. Utilizzando un quoziente si ottengono dei resti (ad esempio se il quoziente 14750 e un partito ottiene 49.000 voti avr 3 seggi ma con il resto di 4750 voti non utilizzati). I seggi residui vengono assegnati generalmente con la formula dei resti pi alti ossia i seggi rimanenti vengono assegnati ai partiti con i resti pi elevati (se ci sono due seggi residui vengono dati ai due partiti con resto pi alto) ma si pu anche decidere di utilizzare la formula dHondt della media pi alta. La formula dHondt del divisore e/o della media pi alta consiste nellassegnazione dei seggi mediante la divisione dei voti ottenuti dalle liste per una serie di numeri successivi (1, 2, 3, 4, etc) detti divisori. I risultati ottenuti si ordinano poi in senso decrescente e i seggi assegnati ai valori pi alti. Mentre la formula dHondt usa come divisori usa come divisori una successione di numeri da 1 in su nella formula di Sainte-Lague si usano come divisori i numeri dispari (1, 3, 5, 7, 9, etc), che pu essere usata anche in versione modificata (1.4, 3, 5, 7, etc). Il metodo del divisore rispetto al metodo del quoziente non richiede formule di complemento dato che assegna tutti i seggi senza dover far ricorso ai resti. Scegliere un sistema o un altro non ininfluente dato che minore lintervallo tra i divisori e maggiore il vantaggio per i grandi partiti potendo portare a risultati diversi utilizzando dHondt o Saint-Lague. Il sistema dei quoziente e resti pi alti pi proporzionale del sistema dei divisori che, soprattutto nella versione dHondt avvantaggia i grandi partiti.

Nemmeno i sistemi proporzionali offrono un risultato totalmente proporzionale, sul grado di proporzionalit, infatti, oltre alla formula elettorale incide anche la dimensione del collegio (pi sono piccoli e maggiore la proporzionalit), le clausole di accesso alla distribuzione dei seggi (soglia di sbarramento) e il numero dei parlamentari da eleggere. Con dimensione della circoscrizione, o magnitudo, si intende il numero dei seggi attribuiti ad una specifica circoscrizione, la massima proporzionalit si ottiene quando la circoscrizione comprende tutto il territorio nazionale. Con soglia di esclusione si intende la quantit minima di consensi da ottenere per avere una rappresentanza parlamentare. Una soglia esplicita la soglia legale ed indica la percentuale di voti da superare per partecipare al riparto dei seggi, soglia che pu essere imposta a livello nazionale o di singola cricoscrizione, mentre una soglia implicita, o effettiva, la percentuale che un partiti deve raggiungere per ottenere la rappresentanza indipendentemente dallesistenza della soglia legale essendo un sottoprodotto matematico di certe caratteristiche del sistema elettorale, ad esempio in una circoscrizione dove si attribuiscono 10 seggi vi sar una soglia effettiva del 10% (100/10) ed ecco perch il numero effettivo dei rappresentanti da eleggere influisce sulla proporzionalit. Le soglie legali (in Italia al 4% alla Camera per i partiti non coalizzati e del 2% per i partiti coalizzati a patto che la coalizione abbia superato il 10%) vengono utilizzate per ridurre la frammentazione parlamentaria sbarrando laccesso al Parlamento ai partiti piccolissimi. Il voto singolo trasferibile un sistema proporzionale con particolari caratteristiche essendo lunico sistema proporzionale incentrato sul candidato. Sulla scheda gli elettori trovano i nomi di singoli candidati in competizione tra loro anche se appartenenti allo stesso partito e viene usato solitamente in circoscrizioni plurinominali di piccole dimensioni. Per ottenere un seggio i candidati devono raggiungere un determinato quoziente che nei casi pi conosciuti viene calcolato con il metodo Droop dove si divide la somma dei voti validi espressi nel collegio per il numero dei seggi da attribuire aumentato di uno ed aggiungendo unulteriore unit al valore ottenuto. Se un numero insufficiente di candidati raggiunge con i voti ottenuti come prima scelta il quoziente necessario a ricoprire tutti i seggi allora si procede in maniera simile a quanto visto con il voto alternativo dato che il candidato che ha ricevuto meno prime preferenze viene eliminato e i suo voti, insieme a quelli in eccedenza attribuiti ai candidati gi eletti, vengono riallocati considerando le seconde scelte ai candidati rimasti in lizza fino a quando non si raggiungono abbastanza candidati con il quoziente necessario per poter ricoprire tutti i seggi. Vantaggio del voto singolo trasferibile di permettere la proporzionalit relativa anche in piccoli collegi e di dare modo allelettore di controllare il destino delle gerarchie da lui indicate ma il suo limite di minare la coesione interna dei partiti facendone competere i membri tra di loro e la difficolt di utilizzare questo sistema per circoscrizioni pi grandi per motivi tecnici (troppi nomi da inserire in una scheda, in Galles si raggiunsero 99 nomi su una scheda lunga quasi un metro) che per limpossibilit di un elettore ad avere un numero di informazioni sufficienti per classificare un numero elevato di candidati. I sostenitori dei sistemi proporzionali mettono laccento sulla loro maggiore tutela delle minoranze, rendendoli adatti a societ eterogenee, e maggiore capacit di favorire il rinnovamento politico, consentendo di raggiungere la soglia della rappresentanza a nuovi partiti. I critici del sistema invece sottolineano il frazionismo politico generato e il rischio di nascita di governi instabili e frutto di negoziazioni post-elettorali tra partiti piuttosto che delle scelte operate dagli elettori. I sistemi misti sono quei sistemi che combinano le formule proporzionali e maggioritarie utilizzandole contemporaneamente. Un modo per superare le difficolt di categorizzare una simile variet di sistemi dividerli in sistemi indipendenti e sistemi dipendenti. Nei sistemi indipendenti troviamo sistemi dove applicare una formula elettorale non dipende dal risultato dellaltra ed anche per questo vengono definiti

sistemi paralleli. Nei sistemi dipendenti si in presenza di una dipendenza tra le componenti, ad esempio la componente proporzionale viene usata per compensare del tutto o in parte i risultati prodotti dalla componente maggioritaria, sono spesso definiti sistemi a membro misto. Parlamenti, governi, ingegneria costituzionale (capitolo decimo) Il Parlamento un organo istituzionale fondamentale a base rappresentativa che esercita, in posizione di indipendenza rispetto agli altri poteri (esecutivo e giudiziario) dello Stato e spesso con una preminenza pi o meno forte ed effettiva nei confronti del potere esecutivo, il potere legislativo e funzioni di controllo e indirizzo politico. A fare di unassemblea un parlamento democratico concorrono diversi fattori. Prima di tutto il fatto che esso stato costituito da un procedimento elettorale democratico e da qui deve soddisfare le propriet generalmente attribuite ai parlamenti democratici: natura assembleare e collegiale, ossia la condizione paritaria e non gerarchica dei membri, il carattere permanente, ossia produzione di un flusso decisionale continuo senza dipendere da altre autorit per la propria convocazione e organizzazione, pluralismo interno, ossia esprimere una pluralit di orientamenti con uno spazio istituzionale fruibile dalle opposizioni, e periodico rinnovo della composizione. Quindi la definizione generale di Parlamento pu essere unassemblea rappresentativa a competenza generale, pluralistica e permanente ma rinnovata nella sua composizione tramite elezioni a scadenze regolari. Mentre i parlamenti pre-moderni esprimevano un pluralismo di status che rifletteva disuguaglianza legalmente riconosciute, i parlamenti democratici riflettono un pluralismo di opinioni e di interessi di soggetti formalmente uguali, i primi parlamenti offrivano una rappresentanza di tipo corporativo mentre i parlamenti moderni di tipo individualistico, i parlamenti pre-moderni agivano su mandato imperativo dei corpi sociali di cui erano fiduciari, i parlamenti moderni superano i corpi sociali rappresentando la popolazione nella sua globalit (divieto di mandato imperativo). I parlamenti sono classificabili in monocamerali e bicamerali. Se sono presenti due camere una viene tradizionalmente chiamata Camera Alta mentre laltra Camera Bassa, che solitamente lunica camera nei sistemi monocamerali. I nomi solitamente dati alla Camera Bassa sono Camera dei rappresentati, Camera dei deputati, Assemblea legislativa ed Assemblea nazionale mentre i membri sono generalmente chiamati deputati. Il nome pi comune per la Camera Alta Senato i cui membri sono detti senatori, in altri casi si usa il nome Consiglio degli Stati e i membri definiti consiglieri. Le assemblee bicamerali sono tipiche dei paesi pi grandi a democrazia consolidata e rispondono ad esigenze, in buona parte superate, di bilanciare diverse forme di rappresentanza. Due camere sono normalmente presenti negli Stati federali dove la Camera alta ha solitamente il compito di rappresentare gli Stati federati rispondendo ad una doppia esigenza rappresentativa ossia rappresentare gli individui nella Camera bassa e rappresentare i territori nella Camera alta. La Camera bassa sempre eletta attraverso il suffragio universale diretto e in gran parte dei casi la Camera politica ossia quella con pi potere e che investe i governi parlamentari. La Camera alta invece varia notevolmente sia nei poteri, che nellelezione, che nella composizione (generalmente ha meno membri). Altra distinzione tra i bicameralismi la si deve a Lijphart tra bicameralismo congruenti e incongruenti e tra bicameralismi simmetrici e asimmetrici. Con la prima dicotomia si guarda alla composizione delle camere e alle categorie di cittadini che vi sono rappresentati mentre con la seconda dicotomia ci si riferisce alla distribuzione del potere. Se i membri delle due camere vengono eletti nello stesso modo e dallo stesso insieme dei cittadini allora il bicameralismo congruente, se le Camere hanno la stessa quantit di potere allora il bicameralismo simmetrico. LItalia un caso particolare di bicameralismo perfetto dove le

Camere hanno gli stessi poteri (Camere simmetriche) e sono elette dalla stessa base elettorale, se non per la differente et richiesta per votare al Senato (Camere congruenti). Differenze di potere tra le Camere pu dipendere anche dal sistema elettorale, ad esempio la Camera dei Lord inglese subalterna alla Camera dei Comuni dato che i suoi membri non vengono scelti dal voto popolare e per questo risultano scarsamente legittimati. Le principali funzione dei parlamenti democratici sono rappresentative, legislative e di controllo dei governi. In realt la funzione legislativa assegnata al Parlamento non da considerare esclusiva dato che nella realt spesso il Parlamento diviene il luogo destinato al controllo politico sulle iniziative legislative del governo che spesso hanno il vero primato legislativo. Lesecutivo acquisisce la legittimit ad agire tramite il rapporto di fiducia esplicito, ossia suffragato da un voto, o implicito, ossia presunto fino a prova contraria, con il Parlamento. A volte lottenimento della fiducia esplicita condizione necessaria allacquisto dei pieni poteri del nuovo governo in carica. Nonostante liniziativa legislativa spetti anche, ed pi comunemente utilizzata, al Governo, non significa che una legge possa divenire tale senza essere stata prima controllata, eventualmente emendata e infine approvata dal Parlamento, allo stesso tempo difficile che il Parlamento produca una legge con parere contrario del Governo dato che la presenza della fiducia o della non sfiducia implica lesistenza di una maggioranza che non sia contraria al Governo. Nei sistemi presidenziali la situazione diversa dato che i Congressi non hanno facolt n di scegliere il Governo n di dargli indirizzo politico ma in virt del principio di separazione dei poteri hanno in buona parte esclusivo potere di iniziativa legislativa, ad esempio il Presidente USA non ha alcun modo per dare il via al procedimento legislativo. I controlli messi in essere dalle assemblee sono il controllo legislativo, visto sopra, il controllo di indirizzo (nei sistemi parlamentari), con il quale si indica la strada da seguire al Governo, e il controllo politico, ossia il controllo esercitato dalla opposizione con attivit ispettiva (interpellanze ed interrogazioni), il voto di sfiducia, le commissioni dinchiesta. In presenza di una maggioranza forte e coesa , comunque, complicato che lopposizione riesca a porre un controllo politico pregnante. Governare significa essenzialmente assumersi la responsabilit finali di fronte alla comunit politica e ai suoi problemi. Non detto che governare significhi risolvere questi problemi ma chi governa investito del compito e dellautorit di fornire una risposta, reale o elusiva che essa sia. Oggi il Governo viene indicato anche come esecutivo per via della teoria della separazione dei poteri che erroneamente rimanda anche al concetto che il legislativo fa le leggi e lesecutivo lesegue, cosa che in realt non cos semplice dato che spesso lattivit di Governo sconfina in ambiti non derivati o parzialmente derivati dalla legislazione, come politica estera o monetaria, e in secondo luogo perch il Governo ha poteri di iniziativa legislativa. Quando si parla di forma di Governo ci si riferisce alle modalit di distribuzione del potere tra gli organi dello Stato. Questi organi sono, generalmente, il Capo dello Stato, il Governo, le assemblee rappresentative e il corpo elettorale. Si parla, allora, di democrazie parlamentari quando il parlamento lunica istituzione direttamente eleggibile e ha funzioni di rappresentanze delle opinioni politiche e di controllo sul governo, di democrazie presidenziali quando il parlamento eletto dai cittadini convive con un Presidente a sua volta espressione del voto della popolazione, convivenza che segue una logica di pesi e contrappesi ossia di controllo reciproco che fa s che i due organi non possano sciogliersi a vicenda, si parla di democrazie semipresidenziali (da alcuni dette miste) quando il presidente eletto dai cittadini ha ampi poteri ma deve condividere la funzione esecutiva con un Primo Ministro da lui nominato e dal Parlamento fiduciato. In realt questa tripartizione si complica quando ci si pone 5 domande: i cittadini eleggono il Capo dello Stato? Il Capo dello Stato anche capo del governo? I cittadini eleggono il capo del governo? Il governo

rimane in carica anche se non ha la fiducia del legislativo? La Costituzione assegna al Capo dello Stato notevoli poteri? Dalle risposte a queste domande emergono almeno 8 forme di governo. Il parlamentarismo, originario nel modello Westminster inglese, ha come elementi caratterizzanti il rapporto fiduciario tra governo e parlamento e nella responsabilit del governo nei confronti del parlamento. Date questa caratteristiche di base esistono, comunque, molte variet di parlamentarismo. Una prima distinzione tra parlamentarismo pu partire dalle relazioni tra potere esecutivo e potere legislativo lungo un continuum che ad un estremo prevede una netta prevalenza dellesecutivo sul parlamento (semi-parlamentarismo) e sullaltro un prevalenza del parlamento (parlamentarismo puro). Utilizzando poi anche la struttura dautorit entro la quale il capo di un esecutivo ha il potere di agire, Sartori individua 4 sottotipi di parlamentarismo: il premeriato, il cancellierato, il parlamentarismo ordinario e lassemblearismo. I primi due casi sono a prevalenza dellesecutivo, gli altri due a prevalenza del parlamento, con mediazione partitica nel parlamentarismo ordinario e nessuna mediazione nellassemblearismo. Il termine premierato sottolinea la condizione di preminenza del capo dellesecutivo, essendo il leader del partito che ha vinto le elezioni in un sistema bipartitico e quindi difficilmente rovesciabile da un voto di sfiducia dei suoi parlamentari. Il Premier nomina e sostituisce i ministri a sua discrezione e presuppone un governo monopartitico, un partito disciplinato (per non favorire le opposizioni) e un sistema maggioritario uninominale a turno unico che produca un sistema, appunto, bipartitico. Questo premierato non ha niente a che fare lelezione diretta del premier dato che i cittadini votano per un partito e che il suo leader diventi anche Premier una semplice conseguenza naturale. La formula del sistema un primo sopra ineguali Nel cancellierato la leadership pi debole di quella del premier ma comunque presente, nel caso tedesco abbiamo un sistema partitico di pluralismo moderato che riesce in genere a produrre governi bipartitici con leadership esercitata dal leader del partito di maggioranza della coalizione. Il cancelliere eletto dal e nel parlamento instaurando una fiducia personalizzata, cio non estesa a tutto il governo. Dato che i candidati cancellieri sono designati dalle coalizioni prima delle elezioni godono di fatto anche in una forma di investitura popolare. La formula del sistema un primo tra ineguali. Nel parlamentarismo ordinario il gabinetto formato da ministri non scelti dal Presidente del Consiglio ma dalle circostanze politico-partitiche con il risultato di uno scarso controllo sui ministri. La formula del sistema un primo tra eguali. Lassemblearismo la versione estrema del parlamentarismo. La leadership ulteriormente indebolita rispetto al parlamentarismo ordinario dal fatto che deve essere esercitata in condizioni di un parlamento atomizzato in piccoli partiti e scarsamente disciplinati dove i singoli parlamentari hanno interesse a far cadere continuamente il governo e a favorire il turn-over nel gabinetto dellesecutivo, come avvenne nella Prima Repubblica Italiana. Sartori da le seguenti caratteristiche allassemblearismo: il gabinetto non guida la legislatura, il potere atomizzato, la responsabilit si annebbia, la disciplina partitica quasi o del tutto assente, i governi non sono in grado di agire con risolutezza e rapidit, le coalizioni raramente risolvono i loro disaccordi interni e non hanno quasi mai la sicurezza del sostengo legislativo, i governi non possono quasi mai agire e parlare con una sola voce. I sistemi parlamentari che permettono maggior governabilit ed efficacia nella azione sono quelli del premierato e del cancellierato. In termine di stabilit degli esecutivi possono incidere altri due fattori ossia la presenza o assenza di dispositivi istituzionali che rafforzano la posizione del governo e in particolare del primo ministro nei confronti del parlamento e la presenza o assenza, in caso di governi di coalizione, di convenzioni consolidate che disciplinano i rapporti tra i componenti della maggioranza (come gli accordi vincolanti sul programma di governo). Quando sono presenti dispositivi che rafforzano il governo si parla di

razionalizzazione come la fiducia implicita, lo strumento della fiducia individuale al primo ministro e non a tutto il governo, il potere di nomina e revoca dei ministri da parte del Presidente del Consiglio, la fiducia costruttiva che consente di sostituire un Primo Ministro con un altro se emerge una maggioranza in grado di conferire la fiducia ad un nuovo capo di esecutivo, la semplificazione delle procedure di fiducia riconoscendo alla sola camera bassa il potere di fornire e ritirare la fiducia, ed infine la incompatibilit tra cariche ministeriali e parlamentari grazie alla quale, in presenza di maggioranze instabili e partiti indisciplinati tipici dellassemblearismo, si possono frenare le ambizioni personali. Altro strumento di razionalizzazione il potere in mano al governo di sciogliere il parlamento anche se generalmente questo un potere che nei parlamentarismo viene affidato al Capo dello Stato anche se nella prassi il capo di governo pu spesso chiedere elezioni anticipate a sua discrezione. Condizione necessaria per il funzionamento del parlamentarismo sono i partiti, la loro disciplina, coesione, non eccessiva atomizzazione. Tanto meno i partiti sono disciplinati e tanto meno sar funzionale il parlamentarismo. Per definire un presidenzialismo non basta la presenza dellelezione diretta, come se diretta (vedi grandi elettori USA), del Capo dello Stato ma, secondo Sartori, il Capo dello Stato deve risultare da una elezione popolare, non pu essere sfiduciato durante il suo mandato prestabilito ( a meno di impeachment) e presiede i governi da lui nominati. Come il Capo dello Stato, anche lassemblea trae legittimit dal voto popolare ma non pu fiduciare il Capo dello Stato, che a sua volta non pu sciogliere lassemblea (tranne nel caso del presidenzialismo cileno dove il Presidente pu sciogliere lassemblea). Il Presidente pu nominare a sua discrezione i ministri ma deve comunque tenere conto delle variabili contestuali dato che pu succedere che il partito da cui proviene il Presidente goda della maggioranza dei seggi allassemblea ma possono anche verificarsi casi in cui manca questelemento (governo diviso) e dunque il Presidente deve selezionare il personale tenendo conto anche di questa frammentazione. I presidenzialismi producono un governo forte e responsabile direttamente verso gli elettori ed, oltretutto, sono sistemi con carattere di identificabilit, ossia gli elettori hanno maggiore capacit prima delle elezioni di identificare i probabili governi alternativi che potranno emergere, e vi una maggiore possibilit di controllo reciproco tra esecutivo e legislativo grazie alla separazione netta tra i due poteri. In alcuni sistemi presidenziali agli elettori concesso anche di individuare i candidati che andranno a correre per il governo tramite il sistema delle primarie. I poteri legislativo-governativi dei presidenti, in un contesto di netta separazione tra esecutivo e legislativo, sono riassumibili con il potere di veto che pu porre il Presidente allassemblea, il ricorso al referendum per superare lostruzionismo parlamentare, il potere di scioglimento del parlamento, il potere di iniziativa legislativa con competenze esclusive pi estese che in altri sistemi e conseguente maggior ricorso allo strumento del decreto. Questi poteri non sono comuni in tutti i presidenzialismi, ad esempio lo scioglimento delle assemblee possibile solo nel sistema presidenziale cileno mentre in USA il Presidente non ha il potere di iniziativa legislativa, mancanza alla quale sopperisce tramite un congressista del suo partito nellassemblea che propone la legge. Il successo di un sistema presidenziale dipende dal sistema elettorale utilizzato, un sistema proporzionale andrebbe a favorire la frammentazione quando un sistema presidenziale ha pi possibilit di essere efficacia in un sistema scarsamente frammentato. Le critiche che vengono poste ai sistemi presidenziali sono diverse. La critica sulla rigidit temporale si riferisce alla durata fissa che costringe a non poter rimuovere il Presidente anche quando si dimostra incompetente, abusa dei suoi poteri, si scontra con la maggioranza del Congresso (che non potendo a sua volta essere sciolto porta alla paralisi) o perde la fiducia degli elettori. La critica sugli eccessi di tendenze maggioritarie sottolinea che il presidenzialismo distorce la

rappresentativit e la rappresentanza delle minoranze dato che si fonda su un gioco dove il vincente prende tutto risultando inadatto a societ eterogenee. Con la critica della doppia legittimazione democratica ci si riferisce alla conseguenza della divisione dei poteri tra un presidente ed unassemblea entrambi eletti direttamente dato che due circuiti distinti di elezione e legittimazione costituiscono un forte incentivo al voto disgiunto creando i presupposti per un governo diviso a rischio di paralisi, cosa possibile soprattutto nei casi di voto asincrono dove si vota per lassemblea in un diverso momento rispetto al Presidente, problemi che nonostante non siano stati esplosivi in USA si sono rivelati in tutta la loro grandezza nei paesi dove stato esportato il presidenzialismo, spingendo Sartori a sconsigliarlo. In USA il sistema ha funzionato anche grazie alla disciplina dei partiti durante i momenti di governo diviso che allo stesso tempo riescono a smussare gli eccessi possibili nel caso opposto del governo diviso (governo imperiale) dove il Presidente gode anche della maggioranza del Congresso. Presidenzialismo aiutato, fra le altre cose, anche dal sostanziale bipartitismo sud-americano, condizione non presente in molti paesi latinoamericano dove stato esportato il sistema che infatti ha fallito. Ultimo fattore di successo del modello USA stato lassenza di polarizzazione ideologica che ha reso pi agevole il compromesso. Il semipresidenzialismo, secondo Duverger, caratterizzato da un Presidente eletto con voto popolare, un Presidente con notevoli poteri e lesistenza anche di un premier e un gabinetto soggetti alla fiducia dellassemblea e che assolvono a funzioni esecutive. In riferimento al modello francese il Presidente condivide il potere con un primo ministro da lui nominato e con il quale deve governare, il primo ministro deve ottenere la fiducia dellassemblea, il primo ministro e il suo gabinetto sono indipendenti dal Presidente nella misura in cui sono dipendenti dal parlamento e cio soggetti alla sfiducia parlamentare (necessitano quindi del supporto della maggioranza dellassemblea), un rapporto di doppia responsabilit. Vantaggio del semipresidenzialismo il suo essere bicefalo, nel senso che lesecutivo ha una prima testa che muta al mutare delle condizioni di maggioranza nellassemblea in modo che nel caso in cui il Presidente abbia una sua maggioranza lui a prevalere sul Primo Ministro mentre invece il Primo Ministro a prevalere sul Presidente quando questo non ha una sua maggioranza. Per questo motivo Sartori definisce il sistema completamente esportabile, a differenza del presidenzialismo americano. I capisaldi del sistema sono lelezione diretta del Presidente che deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti, cosa fattibile tramite un sistema a doppio turno con ballottaggio che allo stesso tempo riesce ad incanalare la competizione politica verso il bipolarismo. La maggioranza assoluta anche un metodo per contrastare i casi di un parlamento eccessivamente frammentato contrapponendogli una figura con forte legittimazione popolare. Il Presidente deve avere poteri concreti, in primis il potere di nomina e scioglimento dei governi, successivamente si possono individuare altri poteri come il potere di indire referendum su particolari materie o veri e propri referendum di iniziative legislative presidenziali, poteri di veto, il potere di scioglimento del Parlamento che secondo Pasquino deve essere concesso ad un nuovo Presidente nei confronti del vecchio parlamento (le elezioni non sono contestuali) o nel parlamento che non riesca a formare una maggioranza intorno ad un qualsiasi Primo Ministro (in Francia il Presidente non pu sciogliere un nuovo parlamento se non dopo un anno dalla sua formazione). Un sistema semipresidenziale deve anche permettere al parlamento meno poteri di quanti ne avrebbe in un sistema parlamentare, ad esempio in Francia il potere del parlamento ridotto mediante listituzione della fiducia implicita e dalle misure di delegificazione (fonte secondaria che sostituisce primaria), un sistema semipresidenziale necessita anche di una ridotta frammentazione politica dato che eccessiva atomizzazioni permetterebbero eccessivi spazi di attivismo da parte del Presidente, in Francia si evita questa frammentazione tramite il sistema a doppio

turno con ballottaggio per lelezione del Presidente e il sistema uninominale maggioritario a doppio turno con elevata soglia di sbarramento per il parlamento. Una debolezza del semipresidenzialismo si presenta con il fenomeno della coabitazione dove vi un Presidente espressione di una maggioranza e un capo di governo espressione di una maggioranza diversa, cosa che pu succedere per via della durata dei diversi mandati che possono portare ad elezioni non contestuali che favoriscono maggioranze diverse a quella che si era avuta in precedenza costringendo il Presidente a nominare un Primo Ministro di una maggioranza diversa dalla sua dato che il Presidente, puntando alla rielezione, non tenter di forzare a suo favore la coabitazione per non apparire irrispettoso nei confronti degli elettori, stessa cosa far il Primo Ministro che anche lui potrebbe avere ambizioni alla carica presidenziale, equilibrio di ambizioni che porta anche le coabitazioni pi complesse ad avere risultati meno dannosi rispetto ai governi divisi del presidenzialismo. Politiche pubbliche e processo decisionale (capitolo undicesimo) Il processo di produzione delle politiche pubbliche riguarda lelaborazione delle soluzione ai problemi che si generano allinterno della societ. Secondo Lowi la politica (politics) la variabile dipendente mentre le politiche pubbliche (policies) sono le variabili indipendenti dato che sono loro a determinare la distribuzione e lesercizio del potere. Le politiche pubbliche sono definibili come i piani di azione adottato formalmente da un corpo governativo, al fine di conseguire determinati obbiettivi e presentare soluzioni ai problemi della societ. Dunque le politiche pubbliche sono il collegamento fra intenzioni e risultati. Le politiche pubbliche possono essere distinte per settore di competenza (welfare, estero, trasporto, etc) oppure per il livello di governo che le produce (politiche nazionali, europee, regionali, etc) o ancora in base alla loro connotazione ideologica (politiche liberali, conservatrici, progressiste). Una tipologia che, a differenza di quelle poste sopra, prende in considerazione anche modo di realizzazione e attori effettivamente coinvolti proposta da Lowi. Lowi individuava politiche distributive, che erogano beni ad alcuni segmenti specifici della societ attuate con costi non individuali ma collettivi tramite il prelievo fiscale con un basso conflitto, politiche regolative, in nome dellinteresse pubblico regolano il comportamento individuale tramite obblighi, sanzioni, limitazioni di gruppi e pertanto sono altamente conflittuali, politiche redistributive, che spostano ricchezza da un gruppo ad un altro causando una netta contrapposizione tra avvantaggiati e svantaggiati, e politiche costituenti, che stabiliscono quali debbono essere le regole per ladozione delle decisioni pubbliche tramite listituzione di autorit regolative (Antitrust) o con riforme istituzionali o amministrative e pertanto con effetti indiretti sui cittadini. Alcune politiche per essere adottate richiedono diversi gradi di coercizione che pu essere remota o immediata ed applicata al singolo o allambiente. Cos le politiche distributive hanno bassa o inesistente coercizione e saranno adottate in parlamento o commissione tramite politiche consensuali, le politiche regolative hanno coercizione immediata ed individuale e saranno adottate sempre in parlamento tramite il negoziato, le politiche redistributive saranno coercitive per gruppi e saranno adottate da Presidenti ed esecutivo seguendo, pertanto, la logica maggioritaria, infine nelle politiche costituenti la probabilit ci coercizione remota e si applica allambiente dei gruppi rendendo difficile individuare gli attori e il luogo di adozione di queste politiche. Limite della tipologia di Lowi limpossibilit di individuare tutte le policies tramite i suoi 4 gruppi dato che alcune possono essere sia redistributive che regolative, come nelle riforme sanitarie. A riguardo Wilson propone una nuova tipologia evidenziando che le politiche pubbliche comportino benefici e costi materiali

e immateriali per alcune sezioni della societ che possono essere concentrati e diffusi. Si avr un beneficio concentrato quando a goderne sar una sezione ristretta della societ, altrimenti sar diffuso, si avranno costi concentrati quando a sostenerli saranno solo alcune categorie, altrimenti saranno distribuiti. Unendo queste 4 caratteristiche si ottengono 4 gruppi. Negli Interest group politics si concentrano costi e benefici determinando un conflitto tra beneficiati e svantaggiati, come succede nelle leggi sulla sicurezza del lavoro. Nei Client politics i benefici sono concentrati e i costi distribuiti sulla collettivit, come ad esempio avviene con la decisione sullassegnazione delle frequenze televisive dove i pochi, con rapporti con i decision makers, ottengono il blocco delle assegnazioni mantenendo fisso il numero di televisioni a spese dei cittadini per i quali sarebbe preferibile avere pi broadcaster. Nelle Entrepreneurial politics si ha una situazione opposta dove i costi sono concentrati ma i benefici diffusi, come ad esempio avviene con le liberalizzazioni, ma in tal casi il decisore pubblico deve riuscire anche a superare gli ostacoli posti dalle lobbies. Nelle Majoritan politics i destinatari di benefici e costi sono in equilibrio, ossia benefici diffusi e costi distribuiti, e pertanto difficilmente si avranno scontri. Gli attori con un ruolo nel processo di policy making sono istituzionali, come il parlamento, e non istituzionali, come i partiti e i media. I governi sono gli attori istituzionali pi importanti in quanto centro principale dellautorit politica. I loro vantaggi sono la mole di informazioni gestibili, la disposizione della burocrazia e la maggiore capacit di accesso ai media per presentare i propri programmi e le sue azioni senza contare la sua capacit di controllare lagenda politica in parlamento. Anche i parlamenti sono attori centrali ma il loro peso dipende dal rapporto che hanno con i governi dato che un governo che gode di ampia maggioranza in parlamento ne ridurr il potere di azione grazie alla disparit di potere di negoziazione, rapporto che si inverte nel caso di governi deboli o di coalizione. In particolare il parlamento ha grande peso grazie al suo lavoro in commissione dove vige specializzazione e tendenza al compromesso dei membri (data la distanza dai riflettori delle aule parlamentari). Le burocrazie in realt non sono mere esecutrici delle decisioni prese in sede governativa data la discrezionalit che gli possibile grazie alle sue risorse informative e conoscitive. I partiti politici influenzano in modo indiretto le politiche pubbliche ma sempre essenziale dato il loro controllo sulla competizione elettorale e presenza in Parlamento e nei governi andando di fatto ad influire sulla formazione dellagenda politica, sulle politiche alternative e sulla decisione vera e propria. Altri attori non istituzionale di rilievo sono i gruppi di interesse, i movimenti sociali, i tink tank (organizzazioni di ricerca che si concentrano su specifiche aree di policy) e i media (essendo il raccordo tra societ e decisori pubblici) che possono portare allattenzione del pubblico specifiche questioni e di conseguenza catturare anche linteresse dei decisori pubblici, che a volte possono direttamente decidere di utilizzare i media. Il processo di produzione delle politiche divisibile in fasi a partire dalla definizione dellagenda politica. Con la fase dellAgenda setting si identificano i problemi ritenuti rilevanti e sui quali si necessita lintervento del decisore pubblico. Cobb ed Elder hanno distinto lagenda sistemica, dove rientrano tutti i problemi in discussione, e lagenda istituzionale, composta solo da una parte dei problemi per i quali i decisori hanno deciso di intervenire. Il passaggio dallagenda sistemica allagenda istituzionale a sua volta divisa in 4 fasi dove prima arriva la richiesta di soluzioni ad un problema ai decisori pubblici, la seconda la specificazione delle soluzioni possibili, la terza lespansione del supporto ai problemi e la quarta lingresso dei problemi nellagenda istituzionale. Queste 4 fasi si sviluppano diversamente in funzione del modello adottato, modelli che sono lOutside initiation model, tipico delle societ pluraliste dove un problema sviluppato dentro la societ con i gruppo interessati che cercano di farla entrare nellagenda istituzionale, il

Mobilization model, tipico dei regimi totalitari dove avviene il processo opposto ossia il decisore pubblico individua un problema che inserisce nella sua agenda istituzionale e poi cerca il sostegno delle masse mobilitandole cercando di far seguire il percorso inverso da agenda istituzionale ad agenda sistemica, ed il Inside initiation model, tipico di regimi corporativi o burocratici-autoritari dove il problema nasce internamente al governo a gruppi privilegiati che possono cercare di coinvolgere altri gruppi ristretti per far entrare il problema nellagenda istituzionale. La fase di agenda setting pu avere inizio dallalto o dal basso da attori istituzionali o non in ragione della loro presenza allinterno delle autorit di decisione o della loro forza di fare pressione sul decisore. La seconda fase di produzione delle politiche pubbliche la formulazione che si ha quando il decisore deve stabilire lazione da intraprendere per risolvere un problema entrato nellagenda istituzionale. Necessariamente in questa fase si formano gli obbiettivi da raggiungere e gli strumenti pi adeguati allo scopo tramite discussioni, definizioni, accettazioni o rigetto delle opzioni disponibili. In questa fase sono coinvolti meno attori dato che possono partecipare solo i soggetti che hanno veramente voce in capitolo (come le autorit) con un peso importante assegnabile ai gruppi di interesse che possono fornire informazioni dettagliate sconosciute ai politici influenzandone il giudizio. La terza fase la fase decisionale dove le istituzioni devono scegliere quale o quante delle opzioni disponibili adottare, decisione che pu essere anche di non fare niente. In questa fase hanno voce in capitolo solo gli attori istituzionali definiti dalle regole anche se spesso le scelte prese da attori istituzionali in sedi istituzionali non raramente non sono altro che ratifiche di scelte prese successivamente in altre sedi. Sulla fase decisionale incide anche lassetto istituzionale, in un sistema come quello britannico il potere decisionale sar concentrato nellesecutivo, in un sistema presidenziale diffuso e negoziato e nei sistemi di multipartitismo estremo concentrato nel parlamento. Gli studiosi hanno individuato 3 diversi modelli decisionali che sono il modello razionale, diviso in razionale sinottico e a razionalit limitata, il modello incrementale e il modello del bidone della spazzatura. Nel modello razionale sinottico il decisore segue una serie di operazioni per arrivare ad una scelta efficace che sono raccolta e analisi di tutte le informazioni, individuazione delle priorit, esplorazione precisa di tutte le strategie alternative per il raggiungimento degli obbiettivi, valutazione delle conseguenze ad ogni strategia e scelta dei mezzi in grado di minimizzare i costi e massimizzare i benefici. Questo un modello razionale sviluppato interno alla teoria economica ed applicato al policy making che per poter funzionare richiederebbe di un decisore perfettamente razionale (conoscenza di tutte le informazioni, di tutte le alternative e di tutti i risultati possibili) e in grado di porre una scelta ottima, un individuo inesistente nella realt. Simon propose, allora, il modello a razionalit limitata dove le informazioni elaborabili nelle stesse fasi sono limitate la scelta non sar ottima ma quella preferibile. Il modello incrementale viene elaborato da Lindblom secondo il quale le decisioni non vengono prese in funzione di obbiettivi definiti ma per rispondere a problemi e rimediare a difetti. Data lincertezza delle decisioni pubbliche preferibile seguire un percorso graduale a piccoli aggiustamenti successivi. Questo modello tiene conto che la decisione non il risultato del lavoro di una persona ma di un negoziato tra una molteplicit di attori che spesso non condividono il medesimo obbiettivo portando ad una policy che di discosta marginalmente da quella gi esistente con un processo decisionale che non prosegue razionalmente ma per aggiustamenti e comparazioni politiche dettati dal cambiamento delle circostanze con la soluzione adottata che non sar la migliore ma la pi accomodante tra le forze in campo. Il modello stato criticato per la sua scarsa analiticit e il sospetto di conservatorismo dato che Lindblom privilegia la soluzione ai problemi esistenti guardando con sospetto le innovazioni. Altro modello decisionale alternativo il Modello del bidone della spazzatura dovuto a March e Olsen secondo i quali il processo decisionale non segue un procedimento razionale e n giunge a decisioni partendo da problemi gi esistenti tramite aggiustamenti incrementali ma, dato lelevato livello di imprevedibilit, le decisioni verrebbero prese in maniera causale. Sarebbe pi verosimile considerare unattivit di scelta come un bidone della spazzatura

dove i partecipanti gettano diversi problemi e soluzioni con i decisori che con una certa frequenza possono ritirare la spazzatura dal bidone. Quarta fase della formazione delle politiche pubbliche limplementazione dove si convertono le decisioni in pratica. Lattore tipico di questa fase la pubblica amministrazione che pu porre in essere una implementazione ideale applicando alla lettera quando deciso seguendo un modello dallalto verso il basso, top-down, o, anche per via della visione pi concreta della societ da parte della P.A., si pu porre in essere una applicazione flessibile e adattata alla realt, adattamento che altre volte pu essere dovuto agli interessi specifici delle PA o dei gruppi di interesse. Anche i destinatari della decisione hanno un ruolo importante nellimplementazione dato che possono porre in essere atteggiamenti cooperativi, facilitando limplementazione, o avversariali, ostacolandola. Secondo il modello bottom-up procedendo a ritroso dagli attori preposti allimplementazione ai decisori, si in grado di spiegare le modifiche anche notevoli apportate alla politica pubblica data la reazione dei destinatari e delle PA. Altri elementi fondamentali della implementazione sono il tipo di politiche da adottare, dato che politiche collettive cambieranno il tipo di reazione adottabile dai destinatari e le PA coinvolte, e il sistema politico di riferimento dato che in un sistema federale, regionale o unitario cambia il numero di attori implicati nellattuazione rendendo pi complesso il processo. Quinta ed ultima fase della formazione delle politiche pubbliche la fase di valutazione dove il decisore in grado di valutare i risultati ottenuti dalla precedente decisione ottenendo informazioni necessarie ad un eventuale adattamento o riformulazione della politica attuata tramite lanalisi degli outcomes (conseguenze attese e inattese) che forniscono il feedback al sistema. La valutazione pu essere amministrativa, se eseguita da governo e burocrazia, giudiziaria, se eseguita dalle corti (ad esempio un giudizio di incostituzionalit), e politica, se eseguite dagli attori politicizzati che hanno solitamente lo scopo di appoggiare o contrastare una certa politica in funzione degli attori che la stanno eseguendo (risultando fondamentali se sono valutazioni politiche in un momento elettorale). Richardson analizz il policy style facendo riferimento alla pratiche e alle scelte degli attori che partecipano al processo di policy making e implementazione. Individu una dimensione dellapproccio dei decisori alla soluzione dei problemi in agenda che pu essere anticipatorio o reattivo e una dimensione del tipo di rapporti tra decisori pubblici e destinatari che pu essere consensuale o impositivo. In Germania si tende ad anticipare il problema cercando il consenso alle politiche tramite le consultazioni con i destinatari (consenso razionale), in Gran Bretagna si tende a reagire a nuovi problemi anzich anticiparli cercando sempre il consenso dei destinatari (negoziazione consensuale), in Francia i problemi vengono anticipati ma imposti senza cercare il consenso alle politiche (concertazione), in Olanda si reagisce a nuovi problemi senza anticiparli e con politiche imposte senza ricerca di consenso (negoziazione conflittuale) risultando il sistema a pi alto conflitto tra decisori e destinatari. Sempre Richardson, comunque, fece notare che dentro uno stesso paese possano convivere pi policy styles diversi a diversi livelli di governo od anche allo stesso. Anche il fattore internazionale pu influire sui processi di policy making tramite imposizione delle politiche, armonizzazione internazionale, regolazione della competizione e comunicazione transnazionale. Limposizione delle politiche si verifica in tutte le situazione in cui le istituzioni internazionali sono in grado di costringere altri paese alladozione di specifiche politiche, come i parametri di Maastricht. Larmonizzazione internazionale si ha quando le politiche interne sono accordate ai dettami di legge emanate da istituzioni sovranazionali o internazionali di cui i singoli paesi fanno volontariamente parte, come nel caso della politica agricola europea.

La regolazione della competizione fa riferimento ai processi di mutuo aggiustamento delle politiche dei singoli paesi derivanti dalle pressioni competitive generate dallaccrescimento dellintegrazione economica globale. Questo aggiustamento presuppone lintegrazione economica fra i paesi per evitare che ci sia una rincorsa al ribasso fra i diversi paesi per attrarre investimenti esteri ed aumentare la competitivit (come il dumping sociale o gli standard europei di inquinamento). La comunicazione transnazionale identificata da Holzinger e Knill come linsieme dei processi di comunicazione tra vari paesi che possono indurre un cambiamento delle politiche nazionali come il lesson drawing, dove un paese pone politiche simili a quelle rivelatesi efficaci quando poste da un altro paese, il transnational problem-solving, dove si affrontano problemi internazionali simili attivando reti transnazionali di esperti e istituzioni in grado di fornire soluzioni adottabili, lemulazione vera e propria, dove un paese cerca di conformarsi alla politica interna di un altro paese, e la promozione transnazonale di modelli di policy affidata ad istituzioni come lUE e lOCSE.

VOLUME STATI, NAZIONI E NAZIONALISMI IN EUROPA I nazionalismo e lEuropa. Definizione e teorie (capitolo primo) Il nazionalismo sia unideologia sia un movimento politico, che fa della nazione il soggetto principale dellazione politica e la base di ogni appartenenza e identit politica. Ne discendono gli assunti che il mondo diviso in nazioni aventi ciascuna proprie caratteristiche e distinzioni, che la lealt alla nazione sovrasta ogni altra forma di lealt e che lunica forma legittima di governo lautodeterminazione. Le aspirazioni del nazionalismo sono sintetizzate da Gellner secondo il quale il nazionalismo anzitutto un principio politico che sostiene che unit nazionale ed unit politica dovrebbero essere perfettamente coincidenti, in tal senso si richiama la distinzione tra nazione e nazionalismo dove la prima configura una frattura sociale determinata dallesistenza di comunit diversificate in cultura e storia mentre la seconda costituisce lespressione politica che nasce dalla consapevolezza circa la natura non compiuta della prima o circa le minacce alla sua integrit e sopravvivenza. Le ideologie nazionalista non sono quasi mai il frutto di unattivit culturale complessa e autonoma, non per niente mancano grandi pensatori nazionalisti, ma i suoi contenuti sono costituiti da pochi ed elementari richiami in grado di combinarsi con qualsiasi altra ideologia imprimendole accenti nazionalistici pi o meno forti come con il fascismo, il nazionalsocialismo ma anche con il pensiero democratico come si visto con Mazzini. Inoltre il nazionalismo cambia qualitativamente, fermi restando alcuni principi, a seconda delle fasce sociali dove si presenta e che mobilita. Un primo livello del nazionalismo quello intellettuale dove una ristretta cerchia di studiosi concentrano i propri studi su miti, lingua e cultura di un popolo, preparando la nascita di una identit nazionale e ponendo le basi di rivendicazioni successive. In questo caso il nazionalismo al massimo una ideologia dlite con scarso impatto sulla politica. Successivamente si passa al livello dove a perseguire scopi e programmi nazionalistici diventa llite politica, se tale lite anche in posizioni di governo limpatto politico diviene immediatamente percepibile. Nel terzo livello il nazionalismo diventa una ideologia di massa segnando il passaggio a comportamenti pi estremi. Mentre il patriottismo e lidentit nazionale manifestano sentimenti anche passivi (come la semplice lealt) il nazionalismo sempre un sentimento attivo scaturito dalla constatazione di una ingiustizia storica da sanare spiegandone la natura politica e mobilitazionale instillando nella politica di un territorio fratture e conflitti di varia intensit. Lintensit di un conflitto nazionalista espresso da livello di violenza e il grado di mobilitazione politica messa in atto dal movimento nazionalista (dagli scioperi alle manifestazioni pacifiche e non). In questo caso

una nazione si batte per lautonomia e lunit politica con la conseguenza che la lotta si catalizza su questo tipo di fratture condizionando lintera trama della politica articolando partiti e movimenti isperati a tale ideologia, che sono possibili conflitti sollecitati dallesasperazione dei contrasti nazionalistici e che viene messa in discussione la legittimit statale esistente. Fra gli eventi che pi spesso vengono collegati alla nascita delle identit nazionali e dei nazionalismi si pongono la nascita dello stato moderno, la rivoluzione francese e la rivoluzione industriale che si rivelano condizioni necessarie ma non sufficienti per la nascita del nazionalismo. Mentre lo Stato funge da incubatrice per lo sviluppo delle identit nazionali, la rivoluzione del 1789 impone una nuova concezione dello stato unitario tramite una nuova amministrazione centralizzata incoraggiando un processo di integrazione a livello territoriale di massa. Queste idee vengono esportate dalle guerre napoleoniche in tutta lEuropa alimentando le rivoluzioni nazionali e patriottiche del XIX secolo, contro quelle tendenze razionalizzanti tipiche dellilluminismo la politica tende a diventare passionale acquisendo quasi un pathos religioso (Chabod) con la nazione che diventa la patria e nuova divinit del mondo moderno. Altra idea scaturita dalla rivoluzione francese e rapidamente diffusa in tutta Europa il concetto di sovranit popolare che impone il popolo come soggetto politico collettivo capace di appropriarsi del proprio destino, i vecchi principi di legittimazione dinastica, religiosa e di diritto divino lasciano il passo alla legittimazione verso legualitarismo e la lealt che come fonte non posso che avere quella del culto della patria. La rivoluzione francese anche il primo grande evento di mobilitazione dellet moderna con le rivoluzioni che acquistano una dimensione anche sociale oltre che politica nel momento in cui non circoscrivono pi la loro azione alla sostituzione delle lites politiche ma al completo rovesciamento delle relazioni sociali. Nella stessa direzione spinge la rivoluzione industriale. La nuova societ industriale proietta il contesto economico in una dimensione statale e nazionale eliminando i confini delle tradizionali comunit produttive di artigiani e contadini, amplia le relazioni di scambio e fornisce allo stato loccasione di condizionare lattivit economica sia ponendosi come garante delle regole del mercato che tentando di veicolare le attivit produttive su versanti che gli possano essere funzionali a seconda delle necessit del momento, come lindustria degli armamenti. In realt il rapporto tra industrializzazione e sviluppo del nazionalismo a doppio senso dato che mentre lindustrializzazione concorre alla formazione dellidea di nazione, il nazionalismo favoriva lindustrializzazione dato che vide in essa un mezzo per rafforzarsi attraverso la costruzione dello stato, il potenziamento militare e lautosufficienza economica. Inoltre anche se vero che lestensione dello spazio di manovra delle unit produttive andava a favorire il nazionalismo, nel momento in cui questa estensione andava a superare i confini nazionali e statali allora lindustrializzazione diventava negativa per il nazionalismo che veniva messo in difficolt dal capitalismo e la sua attivit di condizionamento degli stati. Il punto in cui diventa chiaro che leccessiva estensione delleconomia diventa una fonte di debolezza per i nazionalismi si ha quando gli stati nazionali cominciano a costituire dazi doganali e politiche protezionistiche delleconomia interna e quando le espansioni economiche cominciano ad essere visti come imperialismi di altre nazioni. Proprio questo contrasto tra economia interna ed esterna, comunque, andr a formare un nuovo terreno fertile per il nazionalismo. In generale, dove il sistema di mercato decolla e si proietta subito in una prospetta di globalizzazione, lo sviluppo del nazionalismo viene tenuta a freno dalle esigenze economiche di espandersi in altri mercati e coltivare sempre pi ampie relazioni internazionali, dove invece il mercato trova difficolt a svilupparsi per motivi di mancanza di capitale o di posizioni geografiche sconvenienti, invece, il nazionalismo non trova freni, differenza che si riscontra soprattutto nella seconda met del XIX secolo tra Europa occidentale ed Europa orientale. Il rapporto conflittuale centro-periferia durante la fase di State-building offre unaltra chiave di lettura per la spiegazione della nascita del nazionalismo. Quando le forme di resistenza periferica, a volte fomentate da

signori locali e religiosi, alle imposizioni del centro, come le tassazioni o la perdita di privilegi particolari, non si attenuarono ma cristallizzarono nel tempo allora queste forme di contrasto andarono spesso a confluire nellidea di nazione con alcune periferie che rimasero refrattarie ad ogni forma di integrazione ed assimilazione. Rokkan distingue due livelli di distanza tra centro e periferia: allinterno di uno Stato, ponendo problemi di integrazione e conflitto con resistenze contro lo stato che cerca di mobilitare le risorse delle periferie, e a livello internazionale. Diventa cos fondamentale la nozione di territorio inteso come unarea abitata da popolazione che ne rivendicano la propriet esclusiva attraverso strategie di difesa. Wilson come elementi chiave di un territorio indica lo spazio geograficamente delimitato in un determinato periodo e non necessariamente fisso per sempre, uno o pi individui che occupano lo spazio proclamando il loro diritto esclusivo allo sfruttamento delle sue risorse e una serie di strategie di delimitazione e demarcazione contro gli estranei. A concorrere alla formazione di centro e periferia sono quattro dimensioni. Una dimensione di natura geografica, ossia la dislocazione del territorio lontano dai centri di produzione e dalle linee di comunicazione, spiega la formazione e il mantenimento della condizione di periferia e quindi la perpetuazione di un suo rapporto di dipendenza dal centro. Una dimensione di natura economica, ossia la lontananza o vicinanza dalle risorse economiche e dai principali centri commerciali, determina lintegrazione nel sistema economico produttivo (centro) o lemarginazione da esso (periferia), differenze rese pi profonde dalla rivoluzione industriale. Una dimensione di tipo culturale, ossia specificit etniche linguistiche, spiega i livelli di isolamento o integrazione e il grado di resistenza posto da una periferia agli sforzi di integrazione da parte del centro Una dimensione politico organizzativa richiama lattenzione sul ruolo delle istituzioni nel promuovere lintegrazione o ad opporsi ad essa da parte di periferie refrattarie a perdere porzioni di sovranit. Rokkan per individuare un centro propone di osservare dove avvengono le decisioni pubbliche, dove si incontrano i detentori delle principali risorse sul territorio, dove sono collocati i simboli, come i monumenti, che richiamano e rafforzano il senso di identit. Se tutte queste arene sono concentrate in un solo luogo avremo un centro monocefalo, altrimenti avremo un centro policefalo. Le periferie sono invece aree dipendenti da un centro o da esso controllate come territori conquistati, colonie o amministrazioni presidiate da funzionari che rispondono al centro del loro operato. Le periferie sono distanti geograficamente dai centri e dunque le transizioni comportano dei costi, sono differenti politicamente, culturalmente ed economicamente e queste differenze alimentano il senso di identit separata, ed infine sono dipendenti, sotto il punto di vista di qualche profilo, dal centro. Comunque non tutte le periferie coincidono con culture nazionali minoritarie ed allo stesso tempo non tutti i nazionalismi nascono dalle periferie dato che non sono rari nazionalismi aggressivi ed espansivi dei centri. Le periferie pi refrattarie a farsi assimilare sono quelle con specificit di natura nazionale, linguistica, culturale e religiosa, tanto pi sono intense queste identit e tanto pi la popolazione radicata nel territorio della periferia e tanto pi potr avere successo la resistenza allassimilazione, resistenza che diventer tanto pi forte e vivace tanto pi si radica lidea che lintegrazione metta in serio pericolo la sopravvivenza culturale della periferia. Per classificare le periferie sulla base della loro collazione geo-politica Rokkan propose diverse classificazioni. Una prima distingue tra periferie esposte ad un solo centro e periferie esposte alle influenze di pi centri, una seconda classificazione distingue tra periferie definibili come centri mancati (periferie che non sono diventate centro solo per la vicinanza di un altro centro ancora pi forte, come ad esempio la Scozia) e periferie che sono sempre rimaste ai margini dei centri del potere politico ed economico. Per capire come hanno fatto certe periferie a resistere con pi successo di altre ai tentativi di assimilazione dei centri, Rokkan richiama alcuni fattori:

1) Il ruolo delle migrazioni, intese migrazioni sia in uscita che in entrata incidono in senso negativo sul mantenimento di uno standard linguistico interno 2) Il ruolo positivo o negativo della Chiesa o delle chiese, sia nella formazione di uno standard linguistico interno che nella formazione di uno stato indipendente 3) Il ruolo dei caratteri di nomadismo o sedentariet con il primo che favorisce il mantenimento dei costumi (come i Rom) 4) La decisione/processo di trasformare un dialetto in uno standard scritto, pi tardiva pi improbabile che abbia efficacia nel mantenimento della lingua 5) Pi grandi sono le differenze nel possesso delle risorse economiche e culturali tra centro e periferia pi probabile che la periferia venga assorbinta 6) Le condizioni geo-politiche che favoriscono differenze, ad esempio la Chiesa riuscita ad impedire linglesizzazione dellIrlanda ma non la francesizzazione della Bretagna nonostante entrambi i territori partissero da una stessa situazione di arretratezza economica e forte identificazione nazionale nella Chiesa cattolica 7) Le diverse politiche di integrazione attuate dai centri come lInghilterra che attuava politiche di integrazione limitata e la Francia che invece aveva forti pulsione centralistiche. Ovviamente a questi fattori sono da aggiungere le diverse vicissitudini storiche con periferie spesso rimbalzate da un centro ad un altro in funzione di eventi come le guerre con conseguenti diversi fattori di integrazione che portano ad una stratificazione culturale che va poi a diventare una specificit culturale di quella periferia. Lo stato europeo in prospettiva comparata (capitolo secondo) Lo stato un prodotto della storia e dellevoluzione culturale europea. E una specifica forma di organizzazione del potere politico che si radica in un preciso ambito territoriale, posta in essere attraverso assetti con i quali si perseguono determinati fini e interessi. Lo stato fornisce protezioni dei diritti di propriet e della sicurezza personale in cambio di entrate fiscali, esercita il monopolio legittimo della forza e impone una stessa legge su tutto il territorio, impiega personale specializzato per il controllo di un territorio consolidato ed riconosciuto come autonomo dai dirigenti di altri stati. Il concetto di stato viene usato per le prime volte da Macchiavelli e Hobbes e con il tempo estende il suo significato andando a coincidere con politica. Gli stati si formano anzitutto nella parte occidentale dellEuropa in quei territori che avevano fatto parte dellimpero carolingio e dove si era sviluppato il feudalesimo: il feudo perde il suo carattere personale per divenire una cosa con una forma permanente che il territorio. Il primo esempio di entit protostatale la Sicilia di Federico II di Svevia ma per la sua configurazione forse troppo anticipatoria ed innovativa per i tempi non riusc a durare. Il primo e vero Stato si ha in Francia intorno al XIV secolo. Per dimensioni e rapporto con le nazioni, lo stato rappresenta un tipo intermedio rispetto alle altre forme di organizzazione e di identit della comunit politica con le microcomunit politiche da un lato, come le citt stato, e le macrocomunit dallaltro, come gli imperi. Anche le dimensioni subnazionali sono intermedie tra le realt etniche delle societ tribali e delle citt stato e la multietnicit degli imperi dove per solo una popolazione svolgeva la funzione di leadership. Il concetto di Stato di Weber che lo stato quella comunit umana la quale, nellambito di un determinato territorio, pretende per s con successo il monopolio delluso legittimo della forza. Principio di questa formulazione che il monopolio della forza come legittimazione del potere abbassa i costi delle conservazione del potere dato che lesercizio della violenza diventa di stretta pertinenza dello stato. Il carattere del territorio, principale oggetto della sovranit, assume una rilevanza del tutto particolare negli stati moderni assente nelle precedenti forme politiche. Prima di tutto il territorio diventa pi rigido con la delimitazione delle frontiere rendendo ancora pi stretto il rapporto tra stato e territorio, inoltre la terra

diventa lelemento comune, rafforzando vincoli linguistici, di costumi e di solidariet, elementi alla base della nascita delle nazioni. Le frontiere fanno nascere il concetto di chi vive al di qua e chi al di l, dello straniero e dellesterno. Centralizzazione ed amministrazione sono altri caratteri che differenziano lo stato dalle altre forme di organizzazione. Con la centralizzazione si riducono i poteri diversi e alternativi a quello statale portando ad una crescente unitariet dellorganizzazione, le burocrazie assicurano lespansione interna del potere dello stato e la sua omogeneit permettendo anche la penetrazione nella aree pi periferiche dove soldati, giudici, maestri permettono il coordinamento nellorganizzazione della periferia con quella dello Stato fino allistituzione napoleonica della figura del prefetto. Lo stato inoltre si secolarizza, distinguendo politica e morale religiosa, e si separa dalla societ civile riconoscendogli una dimensione non politica nella quale non pu intervenire. La crescita dello stato comporta anche levoluzione della cittadinanza che con il tempo diviene un concetto inclusivo che regola il godimento dei diritti e il rispetto dei doveri, cittadinanza che espandendosi sempre a pi persone implica una progressiva integrazione nello stato. Si affermano due concetti di cittadinanza: quella che si ha per nascita sul territorio (ius soli) e quella per legame di sangue con altri cittadini (ius sanguignius). Oltre ai rapporti nello stato si sviluppano anche i rapporti tra stati, rapporti sempre pi forti mano a mano che si stipulano i vari trattati fino a generare un sistema di relazioni internazionali fra entit statali sulle quali non si esercita un potere superiore. La nascita delle relazioni internazionali non saranno solo causa della crescita del numero degli stati ma a sua volta saranno motivo di ogni trasformazione futura degli stati dove nascita e morte di uno stato saranno in gran parte condizionate dallevoluzione del sistema internazionale che allo stesso tempo andr ad influire sullorganizzazione interna degli stati esistenti. Uno dei fattori di diffusione verso laggregazione e la centralizzazione statale stata individuata da Tilly nellunificazione europea sotto lImpero Romano che aveva causato una convergenza di lingua, legge, religione, agricoltura e tecniche amministrative che formarono in Europa una cultura comune nel latino come lingua colta, nel diritto ormano, lidentit religiosa nonch una fitta rete di contatti attraverso legami commerciali e legami dinastici tra le casate sovrane. Durante il periodo dello stato moderno ai cittadini era chiesta solo la lealt nei confronti della corona ma con la nascita dellidea di nazione lo stato si afferma sempre pi come unentit distinta dai regnanti, ai cittadini viene chiesto di identificarsi non pi con il monarca ma con la storia, la tradizione, la cultura, la lingua, letnia e il territorio, lo Stato diventa la nuova variabile indipendente. Lo stato nazione si contrappone ad altri stati nazione e non pi ai semplici gruppi armati interni ad un territorio, mentre lo Stato era un fenomeno di aggregazione lo Stato Nazione diventa anche un fenomeno di frammentazione dove lomogeneit Europa del 500 lascia il posto ad un processo di differenziazione reciproca. Ci si chiede perch gli Stati nazionali si sviluppano pi precocemente alla periferia del vecchio impero mentre le aree che un tempo ne erano state il centro, come Germania e Italia, giunsero molto pi tardi ad una struttura statale. Rokkan spiega questo paradosso dello sviluppo europeo affermando che il nucleo del vecchio Impero dOccidente era costellato da una molteplicit di centri urbani sulle rotte commerciali e strutture ecclesiastiche, una tale concentrazione di poteri diversi rese molto pi complicata lunificazione rispetto ad altre zone pi periferiche dove la minor frammentazione dei poteri rendevano possibile che unautorit riuscisse ad imporsi sul territorio. Dunque la formazione statale pi agevole dove esiste una concentrazione di potere n troppo bassa n troppo alta, dato che una famiglia regnante con troppo potere riuscirebbe a contrastare il superamento del sistema feudale come successo in Russia. Altro fattore che avvantaggi la formazione statale fu la constatazione con la battaglia di Poitiers dellinvulnerabilit di buona parte dei territori europei, liberi da pressioni esterne territori anche di non grandi dimensioni riuscirono a consolidarsi anche fuori dallombra protettiva dei grandi imperi. Altri due fattori importanti sono stati la presenza di una capitale indiscussa che potesse rappresentare il punto forte

e visibile del centro aggregatore con un ruolo culturale oltre che politico ed economico, cosa assente ad esempio nella confederazione tedesca dove i luoghi del potere erano divisi tra pi citt, e lesistenza di una regione pi forte in grado di farsi carico dei compiti di centralizzazione, come il Piemonte in Italia o la Prussia in Germania. Sul successo e la durata di uno Stato subentrarono poi molte variabili come la disponibilit di risorse, la difendibilit del territorio, il ruolo di grandi statisti, i successi militari, lomogeneit dei sudditi (riduzione dei costi di gestione), la formazione di alleanze tra potere centrale ed lite e le forme di resistenza che i poteri locali opposero contro lo sviluppo statale. Come si vede alcuni di questi fattori (omogeneit e resistenza locale) furono anche terreno di coltura dei nazionalismi. Unaltra questione nelle varianti di percorso che la formazione statale ha seguito, una distinzione tra i vari processi di state-building la si deve a Rokkan. Lautore distinse lo stato unitario, costruito intorno ad un centro che tiene saldamente il potere guidando con successo lintero processo di state-building (Francia), lo stato di unione, dove i territori vengono incorporati tramite lunione dinastica personale con il risultato di una integrazione non perfetta anche nel caso del successo dei processi di standardizzazione amministrativa (Regno Unito e Spagna, il federalismo meccanico, creato dallalto da un centro forte che viene accettato volontariamente dalle altre entit territoriali che rimangono comunque politicamente pi deboli anche dopo lunione (Germani e Italia), ed il federalismo organico, che unaltra associazione volontaria ma dal basso e con entit territoriali che conservano ampia autonomia (Svizzera). In realt esisterebbe anche una quinta distinzione negli stati che nascono dalla disgregazione di altre entit precedenti come avvenne con il crollo dellURSS. Si considera una costituzione di tipo federale se uno stesso territorio e una stessa popolazione sono soggette a due livelli di governo, ogni livello dispone di almeno unarea di competenza dove gode di autonomia, tale sfera autonoma garantita in costituzione. Nel federalismo decentrato si minimizza il potere del governo federale ampliando quello delle sottounit statali, viceversa avviene nel federalismo centralizzato in stile USA. Vi possono poi essere diverse varianti come nel federalismo simmetrico dove le sottounit hanno tutte stesse funzioni o il federalismo asimmetrico dove le funzioni sono differenziate, il grado di rappresentativit delle sottounit nella camera del territorio, in base al percorso di formazione dello Stato federali e in base allinfluenza esercitata sulle istituzioni federali dai partiti. Muovendo dal criterio del percorso di formazione si possono distinguere stati federali formati per aggregazione volontaria di pi entit politica autonome (spesso per difendersi da un nemico esterno), per trasformazione di uno stato unitario (spesso per salvaguardare lunit statale messa a rischio da spinte centrifughe interne da incanalare) e per imposizione militare (come quando si seda con la forza una richiesta di secessione e la trasformazione federale un modo di andare incontro alle richieste di territori tenuti insieme con la forza). A seconda del criterio della rappresentativit delle unit federali nella Camera si va lungo un asse che va da un massimo di vulnus del potere del popolo dove le entit federate sono rappresentate tutte in maniera paritaria a prescindere dalla loro dimensione demografica (sovrarappresentando di fatto le unit meno popolose) (USA, caso estremo il Wyoming che con 450mila abitanti elegge due senatori come la California che di abitanti ne ha 30 milioni), ad un minimo vulnus dove la rappresentativit delle sottounit proporzionale alle loro dimensioni demografiche (Germania). La rappresentanza paritetica delle sottounit rappresenta una risposta al rischio di tirannia degli stati pi popolosi che hanno gi una adeguata rappresentazione alle camere basse. I nazionalismi tra stato e nazione (capitolo terzo) Nella storia europea posiamo circoscrivere due casi: prima si forma lo stato che poi costruisce una nazione omogenea e prima si forma la nazione che solo pi tardi cerca di darsi uno stato. In entrambi i casi il

collegamento tra stato- nazione o tra nazione-stato sempre il nazionalismo, gli stati pongono politiche nazionaliste per costruire una nazione omogenea e le nazioni si mobilitano per ottenere lautodeterminazione e uno stato proprio. Lincontro tra stato e nazione porta a tre tipi di esiti: stati-nazione, assenza di coincidenza tra stato e nazione e stati il cui sforzo di costituire una nazione fallisce. Nel caso di assenza di coincidenza possiamo avere uno stato che contiene altre nazionalit oltre a quella maggioritaria che mantiene il predominio sul territorio (confini dello Stato superano quelli della nazione), stato che include diverse nazionalit dove nessuna dominante e la stabilit si ha grazie al compromesso (democrazia consociativa o strutture federali) e lo stato che non riesce ad includere tutta la nazione dentro i confini territoriali (state-building incompleto). Il caso della Francia un caso dove stato e nazione sono praticamente coincidenti. Lesperienza statale francese vede un forte centro unificante che opera una generale centralizzazione dallalto che riesce ad ottenere lomogeneit nazionale con successo, standardizzando anche le provincie pi eterogenee, successo possibile anche dallonda omogeneizzante della rivoluzione francese. Con lavvento della politica di massa il nuovo sistema partitico non solo non esprime rilevanti fenomeni di protesta nazionalista ma concorre a sua volta a nazionalizzare ulteriormente la politica di massa nello stato, gli strumenti usati dalla Francia sono principalmente militari (conquista interna e servizio di leva) e burocrazia (compresa listruzione pubblica). Nel caso in cui si formi prima una nazione e poi lo stato si in grado di distinguere tra le nazioni storiche, che hanno tradizioni in un passato e che a volte hanno avuto anche esperienze protostatali, e le nazioni di pi recente costituzione, ancora alla ricerca di un proprio passato comune. La nazione pu avere successo pieno a darsi uno stato o parziale dove manca una totale coincidenza dei confini con parte della nazionalit non inclusa nel nuovo stato. Infine vi sono i casi delle nazioni che hanno fallito nel darsi uno stato. In Italia sar Dante a dare un impulso alluso generalizzato della lingua italiana mentre due secoli dopo Gucciardini scriver una prima Storia dItalia mentre in Germania la lingua comincia ad affermarsi con le prime traduzioni in tedesco del Vecchio e del Nuovo Testamento, in entrambi i casi, quindi, si comincia a formare lidentit nazionale secoli prima della creazione dei rispettivi stati. Le spinte decisive allunificazione in Germania in realt furono soprattutto economiche dato che le diverse burocrazie, dazi e valute tra stati in stretti rapporti, tutti con governi tedeschi ed indipendenti, era considerate anacronistiche. La fase culturale del nazionalismo tedesco arriva con la resistenza a Napoleone e la prima riunione del movimento degli studenti tedeschi. Ci si chiede a questo punto perch il percorso italiano e tedesco abbiano portato a risultati cos diversi che portano ad un Italia stato centralizzato e ad una Germania stato federale. Secondo Rokkan questo dovuto al maggiore equilibrio di forza con una Prussia militarmente forte ma prevalentemente agricola e gli altri stati militarmente pi deboli ma con economie pi sviluppate di modo che nellunirsi le 25 entit statali che formarono la Germania riuscirono a mantenere una quota di autonomia tramite il sistema federale. In Italia, invece, il centro aggregatore aveva un rapporto di potere molto pi squilibrato a suo vantaggio che era sia pi forte militarmente che economicamente. Tra le altre cose le lites degli stati presenti in Italia erano inutilizzabili in un progetto di unione federale e ci contribui alla scelta del centralismo. Nel caso di non coincidenza tra stato e nazione si possono avere tre diversi scenari. Nel primo scenario la nazione che stato il motore della mobilitazione nazionale che ha prodotto lo stato ottiene che le vengano assegnati confini che includono altre nazionalit che non hanno partecipato al processo ma che lo hanno subito o anche osteggiato. Questo risultato sar elemento di debolezza e rischio in futuro, soprattutto se

questi gruppi vengono considerati come ospiti abusivi se non addirittura come nemici della patria se la loro presenza costituisce leredit di un passato di sudditanza della nazione. Nel secondo scenario la mobilitazione che porta alla formazione dello stato condotta da pi nazioni e lo stato che si forma multinazionale senza che vi sia una nazione predominante sulle altre, la denominazione dello stato non richiama ad alcun gruppo nazionale in particolare e lassetto organizzativo sar pensato in modo che possa garantire tutte le componenti nazionali. Nel terzo scenario la mobilitazione nazionale ottiene un successo parziale e il nuovo stato include solo parte della nazione, questo pu essere dovuto anche ad una scarsa omogeneit sul territorio di una nazione. I processi di mobilitazione nazionalista che condizionano lo state-building dellEuropa centro-orientale attraversano tre fasi distinte. Nella fase del nazionalismo romantico e liberale del XIX secolo nascono i primi stati a spese dei grandi imperi sulla scia del movimento nazionalista che investe lEuropa. La seconda fase segue la Prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscevica e vede la nascita di nuovi stati come la Polonia e soprattutto laggravarsi del problema delle minoranze. Nella terza fase si rifonda il sistema degli stati in seguito al crollo del comunismo. Soprattutto nella seconda fase il problema delle minoranze esplose grazie anche al criterio di spartizione dei territori successivi alla Prima guerra, criterio che non teneva conto dellomogeneit interna ma dellimportanza strategica del territorio con il risultato che vennero assegnati a degli Stati territori contenenti per la maggior parte unaltra nazione portando al fenomeno degli stati arlecchino. Altro fattore di inasprimento delle condizioni delle minoranze fu la crescita di un nazionalismo proteso allesaltazione delle componenti maggioritarie interne ed ostile verso le altre, lestremizzazione dei toni, che altro non erano che un tentativo di costruire o rafforzare la lealt al nuovo fragile stato, spesso portarono alla pratica della pulizia etnica sia intesa come espulsioni forzate che come eliminazione fisica. La differenza tra la seconda e la terza fase che in questa si seguono solo logiche disgregative dellassetto statale (con leccezione della Germania che lunico caso in cui due stati si aggregano). Non solo si disgregano gli stati multinazionali ma anche i territori appartenenti al vecchio impero Russo che si era ricostituito come unit sotto il regime comunista. Altra differenza nel regime politico interno dato che per via delle pressioni delle organizzazioni sovranazionali e dei processi di emulazione, la scelta organizzativa dei paesi post-comunisti pi diffusamente democratica favorendo anche il dialogo con i gruppi etnici diversi presenti in uno stato, anche se non per questo non sono mancate guerre civili e scontri violenti soprattutto visto che continua a predominare il precedente modello di predominio del gruppo maggioritario sugli altri. Le regioni-nazione sono aree territoriali con rilevanza regionale allinterno di uno stato, con una popolazione culturalmente e linguisticamente omogene e rimaste prive di uno stato autonomo o al di fuori della loro patria delezione. Una distinzione tra regioni-nazione che hanno aspirato a fondare un proprio stato, le nazioni senza stato, e regioni-nazione che hanno solo lottato per sottrarsi da una sovranit statale mal tollerata, regioni-nazione interfaccia e di confine (come lAlto Adige). Ci si chiede perch alcuni nazionalismi falliscono mentre altri no e a cosa si devono le differenze negli assetti istituzionali che alla fine si vengono a formare. Prima di tutto necessario considerare lintensit della mobilitazione politica in favore dellindipendenza dato che sono i fenomeni di protesta (anche violenti) ripetuti nel tempo ad alimentare lidentit e a formare le lite politiche che si candidano a guidare il futuro stato. LIrlanda un esempio sia di mobilitazione politica, dove la stragrande maggioranza della popolazione votava per partiti nazionalisti, che di proteste violente, con frequenti episodi di guerra civile. Alta mobilitazione vuol dire avere una identit formata, bassa mobilitazione vuol dire che lidentit sta venendo meno, ad esempio per il mancare di alcuni elementi come quello linguistico. Anche se venisse meno un simbolo identitario la mobilitazione sempre possibile fino a quando gli elementi residui sono forti, ed anche in tal caso lesempio lIrlanda dove il nazionalismo rimasto forte pur adottando la lingua

della nazione antagonista ma dove rimase forte il senso unitario religioso e la perifirizzazione culturale, economica e politica rispetto al Regno Unito che aveva standard di vita diversi da quelli dellIrlanda in crisi economica. Lidentit nazionale pu indebolirsi anche per fenomeni di immigrazione-emigrazione che rendono pi tenui i legami comunitari. La protesta della periferia si contiene anche quando trova sfogo nel principale partito statale di opposizione mentre altre volte conseguire il proprio stato pu essere impossibile per la presenza di un altro nazionalismo che non permettendo che anche il concedere lindipendenza alla nazione che la richiede sia una soluzione dato che laltra si opporrebbe. Se i due nazionalismi hanno lite non estremiste ed aperte al compromesso in casi del genere si possono trovare scelte condivise soprattutto se le alternative non sono possibili o non desiderabili come ad esempio successe in Belgio tra francofoni della Vallonia e fiamminghi delle Fiandre dove i due nazionalismi non si risolsero in un semplice ritorno dei fiamminghi allOlanda e della Vallonia alla Francia ma, appunto, alla nascita del Belgio. In altri casi la stessa posizione geo-politica ad essere un fattore importante, ad esempio la posizione di lontananza dellIslanda dai grandi centri lha resa poco attraente nelle mire espansionistiche degli altri stati, altre volte il contesto internazionali ad essere determinante come quando uno stato straniero si assume il compito di tutelare gli interessi della regione-nazione come fece lIrlanda nei confronti dei nord-irlandesi o lAlbania nei confronti degli albanesi in Kosovo. Per misurare il successo di una regione-nazione Rokkan propone un suo modello che utilizza come criteri distintivi la capacit di sopravvivenza della lingua e il grado di autonomia o sovranit che riuscito a conquistare o mantenere. Ordinando questi criteri in un grafico ottiene una tipologia a 4 voci. AAd un estremo vi sono le periferie vittoriose, ossia le periferie che hanno conquistato la sovranit e mantenuto la propria lingua (Norvegia, Finlandia, etc), il caso opposto quello delle periferie che non sono riuscite ad ottenere n sovranit, n indipendenza e n a mantenere la propria lingua anche se in alcuni casi sono riusciti a mantenere una propria identit (Galles, Scozia) ma non sempre (Sardegna). Nelle situazioni di mezzo vi sono le periferie che non hanno ottenuto la piena sovranit ma hanno mantenuto le proprie specificit linguistiche (Alto Adige, Catalogna) e le situazioni di chi ha ottenuto la propria sovranit ma non riuscita a mantenere il proprio standard linguistico (Irlanda). In realt non esistono che pochi paesi veramente omogenei al punto da poterli definire stati-nazione quindi solitamente si indicano come omogenei i territori dove predomina una nazione che compone almeno il 90% della popolazione. Il grado di vicinanza tra processi di formazione della nazione e dello stato tende a ridurre il fenomeno nazionalistico. Quando nazione e stato si formano a lunga distanza uno dallaltra i conflitti nazionalistici tendono a cristallizzarsi, se invece i processi sono vicini i contrasti nazionali lasciano facilmente il posto ad altre fratture sulle quali si plasmano i sistemi partitici locali. Inoltre altro fattore di differenziazione la velocit del processo, tanto pi il processo di state-building di una nazione procede in modo graduale a tappe lasciando ogni volta questioni irrisolte tanto pi probabile che il nazionalismo trovi nuovi alimento, come in Irlanda. Inoltre non sottovalutabile il ruolo del sistema internazionale che potrebbe opporsi alla nascita di un nuovo attore statale che potrebbe modificare lequilibrio di potere raggiunto in unarea, ad esempio lunificazione italiana non sarebbe stata possibile senza lattivit diplomatica nei confronti della Francia di Cavour. Altro fattore di inasprimento del nazionalismo la sovrapposizione con altre fratture come quella religiosa ed economica, se invece le fratture sono trasversali, ad esempio nazionalit diverse condividono identit comune di classe, i nazionalismi vengono stemperati. Nazionalismo e democrazia (capitolo quarto) Lo sviluppo dei nazionalismi dipende anche dal processo della nascita della democrazia e della sua trasformazione in democrazia di massa. Il processo di democracy-building comprende a sua volta una serie di processi legati tra loro che sono le politiche di estensione dei diritti elettorali, la costruzione di istituzioni

rappresentative in grado di esprimere e condizionare i governi e la formazione e la stabilizzazione delle alternative partitiche. A differenza del rapporto stato-nazione dove prima pu nascere uno o laltro, nel rapporto stato-democrazia sempre necessario che prima si formi uno stato dato che non pu esistere democrazia senza uno stato, stato dove sar tanto pi difficile ottenere una democrazia quanto la nascita dello stato stata ottenuta tramite la violenza. Per quanto riguarda il rapporto nazionalismo-democrazia si nota che malgrado le nazioni siano il risultato di una incubazione pre-democratica, nella fase iniziale della loro insorgenza hanno uno sviluppo concomitante a quello dellaffermazione dei primi valori democratici dato che i diritti della nazione sono rivendicati anche in nome della democrazia che a sua volta diventa una interprete del principio di autodeterminazione dei popoli. Nazionalismo e democrazia rispondono entrambe alla decadenza della legittimit delle forme di potere pre-democratiche. Il contrasto tra democrazia e nazionalismo arriva quando il nazionalismo si sofferma sullescludere il prossimo per motivi etnici, mentre la democrazia inclusiva, e quando il nazionalismo rivendica il riconoscimento dei diritti collettivi ignorando quelli individuali sui quali invece si sviluppa tutta la tradizione democratica occidentale. Nel XX secolo diventa chiaro che il nazionalismo non trova terreno fertile solo nei contesti democratici ma anche in quelli non democratici. Il tipo di regime in relazione con il nazionalismo pu essere visto sotto due prospettive: se e in che misura esiste un ruolo di influenza del regime nei confronti dello sviluppo di una frattura territoriali (incoraggiandola o prevenendola), e se, assunta lesistenza di una frattura territoriale, esiste un qualche ruolo del regime politico nel perpetuarla/radicalizzarla oppure risolvere il conflitto. Dal primo punto di vista ci si chiede se lesistenza di istituzioni democratiche e la possibilit di incanalare liberamente rivendicazioni nazionaliste sia o no un fattore di incoraggiamento dei conflitti nazionalisti. Da questo punto di vista vero che la democrazia offre canali per dare visibilit e forza anche a micronazionalismi che possono inasprire il conflitto ma allo stesso tempo vero che la democrazia incoraggiando al dialogo possa offrire soluzioni pacifiche ai conflitti che alimentano il nazionalismo. Daltra parte una eventuale chiusura politica potrebbe essere un freno allo sviluppo delle rivendicazioni nazionaliste che dopo tempo di continue repressioni potrebbero esaurire la propria forza ma potrebbe essere anche vero che tappare i nazionalismi potrebbe metterli sotto pressione fino a farli esplodere, come in una pentola, portando a conflitti ancora pi radicalizzati. Inoltre il rapporto tra un regime non democratico e il nazionalismo si fa molto stretto quando il regime privilegia, cosa che succede quasi sempre negli stati multinazionali, una nazione su tutte le altre. In realt si visto che i nazionalismi sono equamente distribuiti sia su regimi democratici che non democratici, questo perch la genesi del nazionalismo non tanto nel tipo di regime ma dagli eventi interni ed internazionali che hanno determinato la formazione dello stato, come la proclamazione nel 1922 della Repubblica irlandese ma priva delle contee a nord rimaste sotto la Gran Bretagna. Il rapporto regime-nazionalismo pu essere visto in tre configurazioni. La prima quella di stati a democrazia consolidata che vedono sorgere al loro interno un contrasto etno-nazionale (come il caso nord irlandese in Gran Bretagna o la questione altoatesina in Italia), la seconda quella di stati dove esiste una discontinuit di regime dove si alternano regimi di tipo diverso, la terza ed ultima configurazione quella della discontinuit statale dove si formano stati nuovi dallo sfaldamento di precedenti entit multinazionali. Per quanto riguarda la categoria delle democrazie consolidate vediamo che i casi pi eclatanti, come irlandese e altoatesino, hanno portato le mobilitazioni nazionaliste ad ottenere risultati concreti che avviano ad un raffreddamento del conflitto (ancora da completare in Irlanda del Nord). Nella configurazione dellalternanza dei tipi di regimi possibile confrontare le politiche messe in atto da un regime democratico e successivamente non democratico (o il contrario) per affrontare una questione nazionalista. Nel caso del passaggio dalla democrazia alla non democrazia la tendenza mostrata dai regimi sembra abbastanza omogenea ossia neutralizzare il conflitto ed avviare una politica di nazionalizzazione a

favore del gruppo nazionale dominate, gettando di fatto le basi per un successo radicalizzarsi della frattura. Solitamente queste politiche sono lannullamento dellautonomia precedentemente concessa alle minoranze, reprimere e smobilitare tutte le formazioni politiche e sindacali espressione del pluralismo etnico, imporre il gruppo dominante a tutti i livelli della cultura e della lingua, conseguentemente a queste politiche i nazionalismi vengono esasperati. Un processo del genere osservabile proprio nel caso altoatesino che affonda le radici nei trattati di pace della Prima guerra mondiale con cui si assegnava lAlto Adige allItalia (ancora democratica) con lAustria che manifest subito lintenzione di non abbandonare la popolazione della regione al suo destino ma di tutelarli dallesterno. I governi italiani affrontarono la situazione in maniera pragmatica dichiarano la piena sovranit italiana sul territorio ma rispettando le specificit culturali della popolazione di lingua tedesca con lintenzione di concedere ampie autonomie alla provincia di Bolzano nonostante lopposizione in parlamento delle forze nazionaliste. Con lavvento del fascismo lAlto Adige diventa il simbolo della vittoria mutilata e i primi provvedimenti del regime fascista sono in direzione della cancellazione delle specificit etniche della minoranza tedesca. Il crollo del fascismo riconsegnava allItalia repubblica la questione in una sua versione del tutto radicalizzata. Nel caso del percorso opposto del passaggio da regime non democratico a regime democratico, il nuovo clima di tolleranza e di aspettative generate dalla democratizzazione provoca il riaccendersi delle questioni etnichenazionali che trova nuove opportunit di discussione e visibilit. In realt non vero che la democrazia vivacizza il conflitto ma semplicemente la questione entra nellagenda politica mentre prima veniva trattata segretamente con politiche repressive. Inoltre la stessa immagine di minoranze perseguitate che si portano dietro i gruppi etnici costringe il nuovo regime democratico a considerarne le rivendicazioni proprio per dimostrare la discontinuit con il vecchio regime. Con la terza configurazione, ossia la discontinuit statale da vecchi stati multinazionali a stati nuovi, si apre un nuovo tipo di problemi dato che abbiamo entit che vendono al loro interno ribaltati i rapporti di forza tra gruppi una volta che vengono eliminate le antiche protezioni. Il nuovo stato offre patria ad alcuni e lascia frustate le rivendicazioni di altre minoranze, la cui diffidenza viene inoltre accentuata dal timore di essere travolti dallondata di euforia nazionalista che accompagna la formazione del nuovo stato. Il senso di insicurezza generato da un processo di democratizzazione completamente sovrapposto al processo di formazione statale porta una tale mole di incogniti da far percepire la propria situazione come peggiorata, come ad esempio i russi viventi nelle ex repubbliche sovietiche che non possono che vedere la loro situazione come peggiorata una volta venuta meno la protezione della nazione dominante riservata ai connazionali negli stati dove questi sono minoranza mentre, allo stesso tempo, la componente etnica maggioritaria non pi limitata nei suoi comportamenti dallo stato Russo dominante. Inoltre le prime politiche del nuovo stato indipendente sono tutte tese ad affermare il ruolo predominante del gruppo etnico maggioritario che cerca di imporsi come vero e proprio gruppo fondatore dello stato, come limposizione di una lingua ufficiale o leggi sulla cittadinanza (ad esempio in Estonia si emana una legge di cittadinanza che permetteva ai russofoni di diventare cittadini solo dopo le prime elezioni democratiche). In un primo periodo che va dalla fine del XVII secolo al XX si tentava di risolvere alle questioni etniche tramite lo strumento dei plebisciti quale forma del diritto allautodeterminazione dei popoli. Ad esempio lItalia per conseguire lunificazione tenne 8 plebisciti. In realt soprattutto nel XX secolo lo strumento del plebiscito mostr la sua inadeguatezza quando divenne chiara la sua manovrabilit: Hitler e Stalin legittimarono lannessione di Austria e paesi baltici con un plebiscito e con un plebiscito manipolato si suggell il favore dei polacchi nei confronti dei nuovi confini ad est dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Quando ormai era chiara linadeguatezza dello strumento ci si convinse che il mezzo pi idoneo a risolvere i conflitti etnici era nelle soluzioni di tipo istituzionale ossia i compromessi che contemplassero garanzie per tutte le componenti etniche. Proprio tramite i compromessi politici si riuscirono a ridurre i

conflitti e ad integrare le minoranze senza escludere anche dei passaggi referendari (come avvenne in Italia). La questione altoatesina in Italia riesplode subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale con la fondazione del Sudtiroler Volkspartei nel 1945 che si pone come obbiettivo lautonomia della popolazione di lingua tedesca nellAlto Adige. Il conflitto passa per 5 fasi, nella prima si formulano le prime rivendicazioni che conducono allaccordo fra il ministro degli esteri italiano De Gasperi e quello austriaco Gruber. In questo accordo vengono concesse autonomie e concessioni sulluso della lingua tedesca nonch un patto di collaborazione tra Italia ed Austria, il fatto che tale accordo sia allegato ai Trattati di pace rende lidea dellinternazionalizzazione del conflitto. La seconda fase si apre negli anni 50 con la crisi del Patto e i tedeschi che non si sentono pi garantiti dallautonomia regionale richiedendola a livello provinciale. La richieste vengono seguite dai primi attentati e da una internazionalizzazione del conflitto con lAustria che prima accusa lItalia di inadempienze del trattato e successivamente richiede di poter discutere la questione alle Nazioni Unite. Nonostante i rapporti siano tesi per via del terrorismo la via del pragmatismo spinge a continuare la continuazione del dialogo con il governo italiano. Con la terza fase accelera il dialogo che porta al compromesso concretizzato nel Pacchetto che entra in vigore nel 1972 dove si creano le due provincie autonome di Trento e Bolzano. La quarta fase si protrae fino agli anni 90 e durante questo periodo vengono attuate le disposizioni del Pacchetto, la quinta fase si ha nel 1992 quando gli ambasciatori di Italia ed Austria presso le Nazioni Unite dichiarano conclusa la vertenza altoatesina. Nonostante ci siano altri esempi di questioni etniche risolte tramite il negoziato, anche per le spinte soprattutto negli anni 90 dellUE che tra i parametri da soddisfare per accettare nuovi paesi inseriva anche la soluzione dei conflitti nazionali, non si pu dire che la democrazia sia una variabile decisiva per risolvere i conflitti dato che altrimenti non si potrebbe spiegare il caso nordirlandese situato nella pi antica democrazia europea. Il conflitto dellIrlanda del nord, che solo recentemente sembra su una strada di una risoluzione pacifica, rappresenta una unicit in Europa per via della sua combinazione di alcuni dei tipici fattori aggravanti del nazionalismo: 1) la continuazione di uno dei pi antichi conflitti nazionalisti e secessionisti degli ultimi due secoli nellEuropa, contrapposizione alimentata dalla guerra civile 2) lunica caso in Europa dove si affrontano due nazionalismi politicamente e militarmente contrapposti dove sono in gioco la sicurezza e la paura di estinzione di due gruppi etno-linguistici 3) La frattura etnica si sovrappone e coincide con quella religiosa e per molto tempo ha coinciso anche con quella socio-economica dato che la popolazione cattolica costituiva gli strati pi bassi della societ 4) La scarsa omogeneit dei gruppi sul territorio rende impossibile una separazione territoriale netta e di comune accordo 5) Fino ad un certo periodo il peso della variabile internazionale non sembra operare in modo forte in favore di una soluzione del conflitto In particolare la disposizione geografica tende a radicalizzare il conflitto dato che non esiste una minoranza concentrata in una regione che possa sentirsi padrona in casa propria sentendosi meno minacciata, viceversa la presenza nella propria regione anche di altri gruppi facenti parte della nazionalit antagonista tende a rendere insicuri di rischiare di diventare minoranza anche nel proprio territorio radicalizzando il senso di minaccia e di sospetto. Concedere i diritti collettivi alle minoranze, sul modello della Bulgaria con i turchi, non possibile dato che lIrlanda del Nord inclusa nei confini naturali dellIrlanda portando una parte cospicua della popolazione a non accontentarsi di diritti generali al posto dellannessione allIrlanda (opzione respinta dagli unionisti), perch la minoranza cattolica secessionista ha raggiunto il 40% della popolazione generando paure e insicurezze anche nella maggioranza protestante unionista e perch entrambi i nazionalismi hanno visto al loro interno uno sviluppo di nazionalismo armato rendendo

necessario che prima di tutto si ottenga il disarmo delle parti. Il tutto in un contesto democratico dato che lIrlanda del Nord dotata di un suo parlamento regionali per gli affari interni e allo stesso tempo elegge i suoi rappresentanti per il parlamento di Westminster. Al momento la questione irlandese sembra sedarsi grazie al British-Irish Agreement, trattato internazionale con cui Repubblica Irlandese e Regno Unito si impegnano ad attuare i contenuti del precedente Multi-party Agreement ossia il patto dove, oltre ad un impegno alla non violenza, si determina la triplice linea di relazioni che istituisce tre nuovi organi preposte a gestire rispettivamente i rapporti tra le parte interne all'Irlanda del Nord, i rapporti tra Irlanda del Nord e Repubblica Irlandese e i rapporti tra Regno Unito e Repubblica Irlandese, accordi resi possibili proprio da un maggiore interesse internazionale, in particolare degli USA. Si visto che le soluzioni di autonomia spesso rappresentano una buona probabilit di successo, ma non per questo si pu affermare che le soluzione federaliste sono sempre ottimali nei confronti dei conflitti nazionalisti. La Russia costituisce un caso dove concedere maggiore autonomia ai poteri locali si sia dimostrato un ostacolo al processo di democratizzazione. Dopo il crollo dellURSS le entit substatali rimaste fedeli alla Russia interpretano la democrazia come larena politica ideale dove negoziare ulteriori margini di autonomia e indipendenza, avvantaggiate anche dalla posizione di forza dopo lo sfaldamento dellURSS e allo stesso tempo condizionate dal loro scarso ricambio di lite formato ancora da soggetti poco propensi a collaborare alle riforme che il centro cercava di promuovere. In questi casi le entit substatali si limitano a sostituire lideologia comunista con quella nazionalista e le nuove istituzioni vengono affidate da lites con formazione politica ancora fortemente autoritaria. Si arriva ai trattati federali del 1992 dove si attribuivano alle regioni grandi poteri tra cui il controllo sulle loro risorse naturali, diritti di secessione, di cittadinanza e sovranit. Alla democratizzazione russa mancato il requisito fondamentale del patto di adesione volontaria alla federazione di tutte le componenti federate, cosa ben visibile dal referendum sulla costituzione presidenziale del 1993 che, nonostante passi con il 58.4%, venne nei fatti respinta dalla maggioranza degli elettori in 16 regioni ed 8 repubbliche mentre in altre 11 regioni e 6 repubbliche non si raggiunse nemmeno il quorum di affluenza alle urne del 50% degli aventi diritto, si spiegano cos le successive difficolt tra centro e periferie e le continue violazioni della costituzione con un numero impressionante di leggi regionali incostituzionali (incostituzionalit federali presenti anche in 19 delle 21 repubbliche). Il caso russo dimostra che quanto pi sono presenti strutture decentrate ereditate dal vecchio regime autoritario tanto pi necessario un processo di democratizzazione parallelo in tutte le entit federate accompagnato da un simultaneo negoziato che riveda e reimposti le relazioni tra le unit interne allo stato dato che democratizzare il solo vertice senza concomitante democratizzazione delle unit federate rischiano di tradursi in insuccesso. Questo perch il nuovo vertice in questa fase difficilmente possiede le risorse coercitive per imporre la democrazia in periferia, e anche se lavesse sarebbe visto come un attentato alla sovranit delle unit, e perch il nuovo regime democratico nasce in presenza della perpetuazione di una frammentazione della politica nazionale condannandosi a una persistenza instabile e allimpossibilit di conseguire il consolidamento. A questo punto, dopo aver visto come il regime influenza il nazionalismo, possiamo invertire i fattori e vedere come il nazionalismo influenza il regime. In via generale molti casi storici mostrano che lesistenza di una forte rivendicazione di indipendenza nazionale dentro ad uno stato renda pi difficile sia il processo di democratizzazione sia il funzionamento di una democrazia stabile. Nonostante la democrazia offra canali di sfogo per i nazionalismi tramite i partiti nazionalisti necessario che perch si consolidi la democrazia questi movimenti accettino sia il regime democratico che la conformazione statale esistente. Un partito nazionalista che accetta il regime democratico ma mette in discussione la conformazione statale, in maniera involontaria impedisce il consolidamento democratico nel momento in cui assume posizione di

rottura, impedimento tanto pi forte quanto maggiori sono le risorse di questi partiti sia di elettorato che di mezzi materiali. Se poi questi partiti nazionalisti vengono emulati da altre etnie che danno vita alle stesse strategie, la contrapposizione diventa sempre pi difficoltosa. Linz si sofferma sulle strategie adottabili dai regimi democratici per eliminare i problemi di statualit suggerendo di incrociare il grado di eterogeneit nazionale con la messa in opera di politiche ispirate pi o meno alla tolleranza e alla democrazia. Lautore, insieme a Stepan, sviluppa una tipologia a due dimensioni dove la prima richiama le strategie maturate nel corso dei processi di state-building verso i diritti di cittadinanza delle minoranze, strategie di tipo inclusivo od esclusivo, ed una seconda dimensione che richiama i tipo di strategie predominanti nel corso dei processi di nation-building, ossia lideologia dove demos e nazione sono la stessa cosa o sono distinti. Unendo le due dimensioni si ottengono quattro tipologie. Nel primo tipo demos e nazione sono visti come la stessa cosa e allideologia si combina una strategia escludente nei confronti di chi non considerato parte della nazione. Il risultato un sistema politico orientato allespulsione degli stranieri non cittadini, sia con politiche discriminatorie sia con canali preferenziali per chi vuole ricongiungersi con unipotetica madrepatria esterna. Questo scenario poco compatibile con le politiche democratiche e rischia di vedere linsorgere delle minoranze che resistono contro le politiche dello stato e che magari sono appoggiate da paesi esterni. La versione estrema della politica esclusiva la pulizia etnica. Nel secondo tipo si accetta che demos e nazione non siano la stessa cosa ma si attua ancora una politica esclusiva dove le minoranze ottengono diritti civili ma non politici. Una simile eventualit chiaramente non potr essere risolta con i mezzi democratici mancando i diritti politici, dunque anche questo scenario, tipico dellapartheid, poco compatibile con la democrazia. Nel terzo tipo si vedono come coincidenti demos e nazione e si attuano strategie inclusive obbligando le minoranze ad integrarsi e farsi assimilare nella nazione per poter partecipare ai processi politici. In questo caso chi resiste allassimilazione resta escluso dalla gran parte dei processi politici diventando un cittadino di secondo grado. Lintegrazione dipender dalle dimensioni del gruppo, dallesistenza di una nazione esterna considerata come madrepatria. Se le politiche hanno successo si pu consolidare la democrazia o possono presentarsi soluzioni del primo tipo o del quarto tipo. Nel quarto tipo tutti i membri permanenti del demos sono accettati con il pieno riconoscimento dei diritti civili e politici, alle minoranze sono riconosciuti anche diritti particolari (come autonomia o uso della lingua) nel rispetto delle leggi dello stato.

Movimenti e partiti nazionalisti in Europa (capitolo quinto) Parlando dei movimenti nazionalisti le dimensioni che interessano sono la lingua, la religione, la demografia (quantit numerica della minoranza o riduzione del gap numerico tra minoranza e maggioranza), leconomia (chi detiene le risorse, che pretese avanza la periferia sulle risorse), istituzionale (esistenza di passate strutture amministrative o di sovranit delle minoranze) e internazionale (inserimento di uno stato esterno nel conflitto), pi sono le dimensioni implicate nel conflitto e pi questo tende ad essere intenso, senza che vi sia una dimensione in particolare ad essere predominante (ad esempio in Irlanda manca la dimensione linguistica). Le relazioni fra nazionalismo e partiti possono assumere diversi tipi di configurazione. Nellindifferenza ed estraneit non vi nel sistema partitico alcuna espressione diretta della frattura, ossia possono pure esistere delle difformit etniche ma queste non danno origine a conflitti.

Nella confluenza le istanze nazionaliste non si esprimono tramite partiti nazionalisti ma con partiti nati da altre fratture, come quella religiosa, che convogliano al loro interno anche le istanze di tipo nazionale. Ad esempio i nazionalismi scozzesi trovarono sfogo su partiti nati da fratture di classe come il partito laburista. Nella sezionalizzazione il sistema partitico tende a formarsi su base etno-regionale anzich su base statale, come in Belgio dove vi una vera duplicazione del sistema partitico in fiammingo e francofono. Nellespressione diretta, infine, la frattura etnica si esprime con un proprio partito. In questo caso bisogna anche considerare tre tipi di partiti: 1) Nei partiti etno-nazionali trovano espressione gruppi etnici che manifestano un alto grado di identificazione basato su una condivisione di caratteri culturali comuni, questi gruppi possono essere dispersi o concentrati, i partiti chiusi (che vincolano laccesso con dei requisiti) o aperti. 2) I partiti regionalisti sono concentrati su base locale e basano la loro identificazione sul territorio, il legame dovuto dal fatto di risiedere nella stessa localit o regione, della quale promuovono gli interessi. Non si deve confondere i partiti regionalisti con i partiti regionali dato che con i secondi si intendono solo i partiti che operano solo a livello di una regione (come nel caso della sezionalizzazione vista sopra). I partiti regionalisti sono sempre partiti aperti. 3) I partiti populisti e xenofobi manifestano ostilit verso altre nazioni o gruppi esterni o immigrati di cui si teme linvadenza, linfluenza culturale e la diversit, paure che usano a fini di propaganda elettorale. In realt non detto che alcune di queste tipologie non si sovrappongono con partiti nazionalisti caratterizzati da elementi xenofobi e populisti. In realt il populismo richiama ad un beneficio ricercato per il soggetto generico del popolo mentre il nazionalismo non si schierano a favore di un soggetto collettivo generico ma ben identificato ma i due caratteri si possono avvicinare e parzialmente coincidere quando il richiamo al popolo inteso come aggregato sociale omogeneo e depositario di valori permanenti sfocia nellostilit contro tutto ci che pu essere considerato un vulnus alla sua integrit. Per concludere i partiti xenofobi hanno origine da una frattura diversa da quella dei partiti nazionalisti e si limitano a fare dellostilit contro le minoranze uno dei temi dei propri programmi politici, non portano attenzione nei confronti delle fratture etniche ma su altri fattori sociali come laumento della criminalit, sono assenti rivendicazioni miranti alla modifica dellorganizzazione statale ed anzi ne sono ostili e quando il loro nazionalismo proclamato pi un proclamo determinato da qualche circostanza particolare, come laumento dellimmigrazione. Per questo una forzatura includere i partiti xenofobi nella famiglia dei partiti nazionalisti. Dagli anni 60 i partiti nazionalisti occidentali vendono un graduale ma costante aumento di preferenze continuo nei decenni successivi, inoltre dallo stesso periodo hanno luogo nuove forme di attivismo etnico che hanno la forma di unoffensiva culturale con la riscoperta di lingue regionali e tradizioni fino ad allora dimenticate, mentre in altri casi vi anche un aumento della violenza come nella guerra civile nordirlandese o nel terrorismo altoatesino. Larea dellest Europa quella dove il conflitto nazionalista elettoralmente pi forte. Le specificit di questarea rendono difficile individuare percorsi di sviluppo dei movimenti e partiti nazionalisti per via del fatto che nel 900 nellEuropa orientale vi sono vaste discontinuit di forme di regime e statualit. Questo dovuto ad aree che in diversi momenti non hanno sovranit, confini che mutano di posizioni includendo ed escludendo porzioni di nazionalit, alterazioni demografiche dovute alle migrazioni forzate ed al disfacimento degli stati multinazionali come lURSS. I movimenti nazionalisti che cominciano ad operare verso la fine dei regimi comunisti si innestano nel duplice processo di costruzione del sistema democratico di massa e ridefinizione degli assetti statali, pertanto questi movimenti si fanno espressione sia di vecchi

problemi irrisolti che dei nuovi problemi nati in relazione alla statualit. Nonostante linstabilit dei partiti nazionalisti negli anni 90 alcune di queste formazioni si stanno con il tempo configurando come attori politici stabili, capaci anche di assumersi responsabilit di governo locale e statale. I partiti nazionalisti dellEuropa orientale hanno, rispetto alle controparti occidentali, una maggiore consistenza a causa della rilevanza assunta storicamente dalla frattura territoriale nellarea data la marcata non coincidenza fra stato e nazione con almeno 60 milioni di cittadini al di fuori del loro stato nazione di riferimento. Inoltre questi partiti vengono visti, anche in nuovi contesti formalmente democratici, in maniera intollerante dato che vengono visti come rischi allintegrit dello stato (in paesi come la Bulgaria la costituzione vieta la formazione di partiti su base etnica anche se poi la corte costituzionale li ha permessi a patto che eliminassero riferimenti etnici nei loro nomi). Altra specificit dellarea orientale la frequenza di nazionalismi contrapposti fondati su identit antagonistiche e richieste inconciliabili, alimentati tra di loro da mobilitazioni e contromobilitazioni. E comune il caso di un nazionalismo del gruppo dominante che vuole rafforzare lomogeneit dello stato nazionale uscito dal comunismo, contrapposto al nazionalismo di una o pi minoranze con conseguenze di forti tensioni. In casi particolari invece il partito nazionalista di minoranza pu avere migliori fortune. Ad esempio in Bulgaria il sistema sostanzialmente tripartitico fanno si che il partito della minoranza turca diventi decisivo nelle possibilit di formazioni di governo con i due principali partiti di destra e di sinistra che se ne contendono la collaborazione fornendogli riconoscimenti e legittimit, situazione possibile anche grazie allapertura del partito turco anche a membri non turchi e al suo riconoscimento della sovranit dello stato bulgaro (confermando la teoria di pi sopra dove si affermava che il nazionalismo non ostacola la democrazia nel momento in cui il partito riconosce sia il regime democratico che la situazione statuale definita). Altra specificit dei nazionalismi est-europei conseguenza delle due precedenti ossia la rilevanza che la questione nazionale assume allinterno dello stato dove la questione nazionale, a differenza dei sistemi occidentali con leccezione della questione nordirlandese, sovrasta per importanza ogni altra frattura sociale. I partiti nazionalisti possono essere classificati per ordine culturale e strutturale. Per quanto riguarda lordine culturale le differenze tra partiti nazionalisti derivano da identit, ideologia, collocazione sullo spettro politico e obbiettivi. I caratteri identitari sono quelli che legittimano la lotta del movimento nazionalista, come storia, simbologia e tradizioni. Lancoraggio ad una tradizione essenziale e dove questa manca il movimento nazionalista cerca di costruirla come nel caso della Lega Nord che si impegnata a cercare e costruirsi una sua identit padana fatta di storia e riti simbolici (lampolla del Po). Ad influenzare sullidentit sono anche le percezioni di caratteri biologici, concentrazione, la consapevolezza di subire una discriminazione, lidentificazione con il territorio ed anche la contrapposizione con altre identit etniche. Elemento stemperante del nazionalismo lidentit multipla, ovvero quando un individuo si sente parte di pi entit separate, magari trasversali. Secondo criterio di identificazione lintensit ideologica. Se con ideologia si intende linsieme di concezioni politiche in un sistema di credenze, allora intensit ideologica diviene lopposto di pragmatismo essendo lideologia un insieme di credenze ad alta intensit emotiva e struttura chiusa. Pi sar bassa lintensit ideologica di un partito nazionalista e pi questo sar pragmatico ed aperto al compromesso. Il terzo criterio, ossia la collocazione nel continuum sinistra-destra, ha origine in conflitti nati sul versante socio-economico quindi difficilmente sovrapponibile alle fratture nazionali. Difatti spesso i partiti nazionalisti oscillano da sinistra a destra in funzione del momento, dellalleanza pi funzionale ai loro scopi e delle ideologie considerate affini.

Quarto criterio sono gli obbiettivi perseguiti dai movimenti nazionalisti che possono essere sia di mutamento della realt esistente, magari volendo riparare ad un torto storico che denunciano, sia di mantenimento dello status quo, magari difendendo diritti acquisiti a seguito di conflitti o la semplice difesa della loro identit culturale esistente. I partiti nazionalisti possono perseguire lautonomia a quattro diversi livelli. Al primo troviamo le politiche protezioniste di lingua, cultura e territorio, con lobbiettivo di conservare e sviluppare lidentit culturale. Ad un secondo livello i partiti rivendicano autonomie ed autogoverno per il gruppo etnico o per il territorio, autonomia che pu andare dallamministrativo al federale. Ad un terzo livello vi sono obbiettivi indipendentisti, indipendenza completa dallo stato e completa autodeterminazione. Lindipendenza pu essere chiesta anche nei confronti di enti sovrastatali come lEuropa. Al quarto livello abbiamo i partiti irridentisti che perseguono il fine dellannessione ad un altro stato. Sul piano strutturale della classificazione dei partiti nazionalisti i caratteri della mobilitazione nazionalista possono variare a seconda delle forme assunte nellambito del sistema partitico. Se il gruppo etnico di riferimento disperso sul territorio, il partito pu presentare una diffusione relativamente omogenea. Se il partito concentrato in una regione dello stato si possono avere tre situazioni: egemonia, frammentazione e minoranza. Nel caso dellegemonia si ha una situazione dove le istanze nazionaliste sono incanalate in un unico partito che egemone in una regione in quanto monopolizza il consenso della maggioranza della minoranza. Il partito si pone come unico vero rappresentate e interprete del gruppo etnico e di fatto raccoglie quasi tutto il consenso del gruppo. La capacit di un partito di attrarre grossa parte del consenso in una determinata localit dovuto alla concentrazione demografica del gruppo etnico e la debolezza delle altre linee di frattura. La frammentazione si ha quando gli ideali nazionali dellarea sono promossi da pi partiti in competizione tra loro e che si differenziano per ideologia esterna di riferimento, obbiettivi, radicalit/moderazione, intersecazioni con altre fratture, posizioni verso i gruppi illegali e terroristici. A volte questi partiti nazionalisti possono avere capacit di coalizzarsi insieme mentre altre volte sono letteralmente contrapposti (come unionisti e indipendentisti in Irlanda del Nord). Nella terza situazione, la minoranza, i partiti nazionalisti a livello locale sono al di sotto della maggioranza assoluta dei voti dove prevalgono partiti di origine statale nati da altre fratture. Mentre nei due primi tipi visti il sistema partitico a livello locale differisce dal sistema partitico a livello statale, nella minoranza il sistema partitico riproduce sostanzialmente il sistema statale Spiegazioni, interpretazione e prospettivi (conclusione) Mentre il nazionalismo etno-territoriale ha ancora come punto di riferimento lo stato, il nazionalismo a sfondo regionale-economico si innesta sulla crisi della sovranit statale tradizionale dove lo stato sempre pi considerato troppo grande e distante per fare quello che possono gli amministratori locali ed allo stesso tempo troppo piccolo per gestire gli affari internazionali nellera della globalizzazione economica. E, quindi, un nazionalismo pi pragmatico e meno esclusivo che si scollega dalla tradizione della aspirazione allo stato in favore della gestione delle risorse presenti sul territorio, dellautonomia amministrativa e della sussidiariet, facendosi strada soprattutto in quelle regioni dove si fa strada la convinzione di essere oggetto di un processo di deprivazione relative delle risorse economiche e del loro controllo da parte dello stato centrale. Lo scopo di questi nuovi nazionalismo lautonomia amministrativa, il recupero del controllo sulle risorse, lottenimento di maggiori spazi di manovra anche nei confronti di altre regioni europee oltre i vincoli giuridici esistenti e la promozione di maggiore efficienza e razionalit dellamministrazione pubblica a livello regionale. Questa maggiore sensibilit sul versante economico

dovuta alla formazione di circuiti affaristi che autonomizzano certe regioni allentandone i legami con il loro stato e allintegrazione europea che permette ad istituzioni intranazionali ad accedere a risorse sovranazionali con il risultato di un declino delle funzioni dello stato e una crescita delle aspirazioni autonomiste ad esso interne. Se vero che localismo politici sono sempre esistiti anche vero che il localismo di oggi cosmopolitico con, accanto allidentit locale, la crescita di un dinamismo internazionale e la volont di partecipare direttamente senza intermediazioni alle dinamiche delleconomia internazionale. Anche per via dello sviluppo di mercati e comunicazioni, oggi le interdipendenze degli stati rende le differenze tra stati stessi sempre meno nette e rilevanti al punto che includere una regione nazione in uno stato anzich in un altro appare una possibilit ampiamente sdrammatizzata rispetto ad un tempo. Identit di nazionalismo regionale-economico e etnico-territoriale sono strettamente collegate dato che una neonata questione economica pu risvegliare anche sentimenti di identit etnica-territoriale, come ad esempio la Lega Nord che legittima con lesistenza di unidentit Padana le richieste di unautonoma gestione delle risorse sul territorio. Allo stesso tempo possibile che regionalismo possa attenuare il nazionalismo rendendolo pi pragmatico dando meno importanza alle vecchie questioni ideologiche. Non si parla pi di sovranit territoriale ma di quantum di autonomia amministrativa e nella gestione delle risorse, questione su cui molto pi facile trovare accordi. In tal modo il regionalismo va di fatto a costituire una valvola di sfogo del nazionalismo.

Potrebbero piacerti anche