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Tomo CLXVII (2008-2009) - Classe di scienze morali, lettere ed arti

A tti

dell I stituto

V eneto

di

S cienze , L ettere

ed

A rti

casi difficili contemporanei e soluzioni classiche. La via della metodologia tomista


Elvio Ancona

Nota presentata dal socio effettivo Francesco Gentile nelladunanza ordinaria del 6 giugno 2009

1. Il caso difficile del multiculturalismo: un problema di metodo 1.1. Tipologia dei casi difficili Come viene ormai ampiamente riconosciuto dalla dottrina contemporanea e come conferma, con dovizia di esempi, lesperienza forense, la prova pi ardua in cui si cimenta la metodologia giuridica quella della soluzione dei casi difficili. La scienza del diritto ha distinto almeno cinque diverse specie di casi difficili1: - vi sono casi che derivano dalla difficolt di qualificare giuridicamente il fatto in questione, la premessa minore del sillogismo. quanto accade ad esempio nel diritto penale, quando esistono pi ipotesi esplicative possibili del materiale probatorio raccolto; - vi sono casi la cui soluzione difficile poich sussistono dubbi intorno al significato della disposizione normativa che si ritiene di dover applicare alla fattispecie in questione. Si tratta di quelle situazioni che derivano da ambiguit, oscurit o vaghezza delle disposizioni normative;
Si deve soprattutto al Dworkin di Taking Rights Seriously (Cambridge 1977) lintroduzione di questa terminologia nel dibattito contemporaneo. Per un approfondimento, cfr. R. Guastini, Dalle fonti alle norme, Torino 1990, pp. 132-133 e U. Pagallo, Testi e contesti dellordinamento giuridico. Sei studi di teoria generale del diritto, Padova 20013, pp. 150-154.
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- vi sono casi in cui la soluzione difficile perch non si trova nessuna disposizione normativa suscettibile di applicazione alla controversia in questione. Si tratta di quelle situazioni in cui la dottrina riscontra le cosiddette lacune del diritto; - vi sono casi la cui soluzione difficile poich una pluralit di norme incompatibili (almeno due) sembrano riferibili alla medesima controversia. Si tratta di quelle situazioni in cui la dottrina riscontra le cosiddette antinomie del diritto; - vi sono infine quelli che potremmo chiamare i pi difficili tra i casi difficili, quei casi la cui soluzione difficile perch viene messo in discussione lo stesso paradigma giuridico della comunit (o perch esistono pi interpretazioni dello stesso o perch viene in contrasto con altri paradigmi). La difficolt segnalata da questultima tipologia di casi appare tanto pi rilevante se si pensa alla necessit in cui il giudice si trova di individuare anche per essi una soluzione giusta 2. Se vero infatti che normalmente i casi difficili possono essere comunque correttamente risolti in base al ricorso ai principi supremi dellordinamento della comunit in cui si presentano, molto pi ardua appare la soluzione di quei casi in cui sono quei principi stessi che vengono messi in discussione. Questi casi peraltro offrono una grande opportunit: facendo vacillare consolidate certezze, costringono alla ricerca di un pi autentico fondamento del diritto. quanto si sta verificando negli ordinamenti giuridici occidentali per effetto del fenomeno del multiculturalismo3.
2 Lallusione evidentemente alla right answer thesis di Dworkin. Non tuttavia un caso se qui si parla di una soluzione che deve essere giusta e non appena corretta, come richiederebbe una fedele traduzione dellaggettivo right nelluso che ne fa il giurista statunitense. Si vuol accennare in tal modo al fatto che non sufficiente che la soluzione raggiunta risulti conforme ai principi dellordinamento vigente, in quanto proprio in questi casi si manifesta quanto mai chiaramente lurgenza che essa debba essere innanzitutto in grado di contribuire, riconoscendo a ciascuno quanto gli dovuto, ad unautentica affermazione della dignit umana. Si vedano, in questo stesso senso, le riflessioni di Francesco Gentile, in F. Gentile, Legalit, giustizia, giustificazione. Sul ruolo della filosofia del diritto nella formazione del giurista, Napoli 2008. 3 Ci si riferisce qui al multiculturalismo in quanto fatto sociale, portato della globalizzazione e delle crescenti migrazioni a livello internazionale, e non in quanto dottrina politica. Per una illuminante prospettazione della dottrina multiculturalista, con un opportuno

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1.2. Multiculturalismo In un recente saggio dedicato a questo tema4, si osserva come proprio i problemi sollevati dal multiculturalismo non solo abbiano evidenziato la necessit di risalire, oltre le singole norme puntuali, ai principi supremi dellordinamento, ma, mettendo tali principi alla prova, in qualche modo costringano a ripensarli o a riformularli alla luce delle nuove situazioni5. In realt, sono soprattutto i giudici a trovarsi in prima linea su questo fronte: infatti innanzitutto davanti ad essi che si sono presentati casi connotati dallappartenenza culturale o etnica di singoli e gruppi, mentre lintervento del legislatore si prodotto solo successivamente al ripetersi di situazioni analoghe, essendo condizionato anche dai tempi lunghi della produzione normativa. Ai giudici, quindi, nei limiti consentiti dallordinamento, compete spesso il compito di riflettere per primi sul bilanciamento tra il diritto del singolo o di un gruppo a mantenere la propria identit e il diritto vigente nella comunit di inserimento. Come rilevano gli autori, si apre in tal modo una sfida che spesso conduce a soluzioni paradossali e inadeguate; ma che nello stesso tempo ha un valore positivo perch spinge la cultura giuridica fuori dalle secche del formalismo, nellavventura della riflessivit, verso la riconquista di un carattere sapienziale del diritto6.
rilevamento dei suoi esiti fallimentari, si veda lo studio di P. Donati, Oltre il multiculturalismo. La ragione relazionale per un mondo comune, Bari 2008. 4 Cfr. L. Antonini - A. Barazzetta - A. Pin, Multiculturalismo e hard case, in Allorigine della diversit. Le sfide del multiculturalismo, a cura di J. Prades, Milano 2008, pp. 17-31. 5 Scrive in proposito Barazzetta: Il salto di qualit correlato al fatto che non vengono pi ad emersione contrasti ideologici marginali nellambito di un sistema condiviso nei suoi fondamenti dalla pi parte dei consociati; piuttosto vengono messi in crisi dai membri di unintensificata immigrazione alcuni pilastri tradizionalmente importanti del vivere sociale, quali lidea di persona, la libert dellindividuo, lautorit parentale e coniugale, sino alla separazione tra legge e morale (A. Barazzetta, Casi giurisprudenziali in materia di multiculturalismo, Lircocervo. Rivista elettronica italiana di metodologia giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello Stato (www.filosofiadeldiritto. it), I, 2008, pp. 1-65). Per una rassegna dei pi significativi tra questi casi, cfr. F. Basile, Panorama di giurisprudenza europea sui c.d. reati culturalmente motivati, Stato, Chiese e pluralismo confessionale. Rivista telematica (www.statoechiese.it), febbr. 2008, pp. 1-74. 6 Antonini-Barazzetta-Pin, Multiculturalismo e hard case, p. 17.

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Per risolvere questa particolare tipologia di casi, infatti, risulta inadeguato il ricorso alla metodologia giuspositivista assiomatico-deduttiva, il ricorso cio per esprimerci con una formulazione pi nota ed efficace alla moderna geometria legale7, in quanto non sono pi qui facilmente individuabili le norme o i principi da cui far discendere le soluzioni appropriate ai casi in discussione. Se infatti si decidessero questi casi solo in base al diritto interno, ci si impedirebbe di riconoscere le specificit e peculiarit di quelle tradizioni e culture la cui identit si vorrebbe invece rispettare8. Ma soprattutto diventerebbe assurdo richiedere che chi chiamato ad obbedire a norme incompatibili con quelle del proprio gruppo debba anche riconoscervi un carattere valoriale. Si impone pertanto al giudice che non intenda rinunciare allobiettivo della soluzione giusta il problema di rinvenire criteri e metodi tali da consentire, pur in presenza dei casi difficili originati dal fenomeno multiculturale, di raggiungere nondimeno lauspicato risultato. 1.3. Come nel Medioevo Unindicazione in questo senso ci viene proprio dal menzionato saggio, dove si fa notare che il giurista che accetti la sfida di andare oltre il formalismo nella ricerca di una soluzione per i casi difficili prodotti dal fenomeno multiculturale pu fare tesoro dellesperienza storica del diritto occidentale. La nostra attenzione viene richiamata in particolare sulla lezione che ci viene dal Medioevo, laddove la moltiplicazione degli ordinamenti su scala locale o corporativa non si contrapponeva, ma anzi richiedeva, uno sfondo di diritto comune, applicabile a tutti in forza della propria intrinseca ragionevolezza. Come sottolineano gli autori, questa contemporanea appartenenza del singolo a un ambito giuridico irripetibile e determinato e a un ordinamento amplissimo come quello dello ius commune di respiro continentale non risultava contraddittoria, ma anzi complementare proprio per il carattere sapienziale del diritto, per la sua intima natura razionale9.
Cfr. Gentile, Legalit, giustizia, giustificazione, pp. 52-56. Si pensi anche solo al favore per la protezione delle minoranze quale emerge dalle due direttive quadro adottate dalla Commissione europea nel 2000 (la n. 2000/78/Ce e la n. 2000/ 43/Ce) contro ogni discriminazione in materia di occupazione, condizioni di lavoro e in altri aspetti della vita sociale. 9 Antonini-Barazzetta-Pin, Multiculturalismo e hard case, p. 29.
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Risultando cos capace di combinare universale e particolare in base alla forza degli argomenti piuttosto che a quella delle armi, il complesso ordinamento giuridico medievale ci viene pertanto proposto come un modello esemplare, cui guardare anche per la composizione di quelle cause che nascono dal diffondersi nelle nostre societ di tradizioni e culture spesso in radicale contrasto con il sistema del diritto vigente. Il suggerimento appare tanto interessante da meritare di essere ulteriormente approfondito. Esso infatti non ci dice ancora come possa essere attuata questa dimensione sapienziale in una situazione controversiale, come essa operi le sue scelte, in base a quali criteri certe istanze possano essere accolte e certe respinte, fino a che punto si possa valorizzare la peculiarit senza seriamente intaccare il principio della vigenza di regole generali valide per tutti i consociati. Ebbene, lesperienza giuridica medievale sembra poter prospettare una risposta anche a queste domande, essendovisi misurata a fondo dal momento che come stato detto nessun pensiero cos profondamente impregnato di esprit de controverse come quello delle scuole di diritto dei secoli XII e XIII10. 2. Il metodo scolastico della quaestio disputata 2.1.Il metodo scolastico Per risolvere le controversie, gli scolastici medievali praticavano non solo in ambito giuridico, ma in ogni campo del sapere, dalla medicina alla teologia, una peculiare forma della dialettica classica: la disputa. Ne costituisce uno splendido esempio la struttura argomentativa adottata nellopera pi rappresentativa della speculazione tomistica, la Summa theologiae, che, come da tempo sottolinea tutta la manualistica sullargomento11, composta non di capitoli, ma di questioni e articoli. Escludendo il Supplementum, compilato postumo, se ne contano rispettivamente 512 e
Cfr. A. Giuliani, La controversia, Padova 1969, p. 37. Si veda per tutti M.D. Chenu, Introduction a ltude de Saint Thomas dAquin, Montral-Paris 1954, p. 78.
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2669. Se poi teniamo conto delle Quaestiones disputatae propriamente dette, delle Quaestiones quodlibetales, delle quaestiones contenute nei commenti al Liber Sententiarum e ai trattati di Boezio, di quelle disseminate negli Opuscola, potremo percepire facilmente la preponderanza di questo genere letterario negli scritti dellAquinate. Ma in ci, pi che ravvisare loriginalit del grande teologo domenicano, dobbiamo vedere il suo conformarsi alluso del tempo. Questioni e articoli costituivano infatti una delle espressioni pi tipiche del metodo scolastico medievale. Definitasi a partire dalla met del XII secolo, la loro struttura rifletteva la pratica del coevo insegnamento accademico, in particolare delle dispute che si tenevano nelle facolt delle arti, di teologia, diritto e medicina e che, quando Tommaso insegnava alluniversit di Parigi, erano certo meno frequenti ma non meno importanti delle lectiones. Per avere unidea del loro svolgimento possiamo considerare lo schema tipico di un articolo della Summa tomistica. Come scrive lo Chenu, infatti, larticolo la trasposizione letteraria pi elementare del processo di elaborazione necessario per la formulazione, la discussione e la soluzione del problema che comporta la disputa12. Larticolo rappresenta dunque la disputa nel suo sviluppo essenziale, riprodotto per iscritto a scopo didattico. 2.2. Le parti dellarticolo Al fine di individuare le basi teoriche della sua struttura argomentativa, conviene considerarne brevemente le principali parti. La quaestio - Il primo elemento che occorre prendere in considerazione la quaestio propriamente detta, la posizione del problema, che assume invariabilmente la forma di una domanda introdotta dallavverbio utrum. Utrum la tipica espressione che qualifica linterrogazione disgiuntiva ( vero che cos?) ed in quanto tale, mentre risulta corrispondente al di Aristotele, si differenzia dagli altri tipi di domanda individuati dallo Stagirita nei Topici13 e negli Analitici secondi14. Ammettendo infatti due possibili risposte (sic aut non), non pu essere assimilata n alla proposizione interrogativa semplice (non forse vero
Ibid., pp. 78-79. Cfr. Aristotele, Topica, I, 4, 101 b 27 ss. 14 Cfr. Aristotele, Analytica posteriora, II, 2, 89 b 36 ss.
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che cos?) che obbliga ad una sola risposta, n alla domanda sullessenza (che cos? e perch?) che si apre a infinite risposte15. La domanda disgiuntiva peraltro strettamente legata alla domanda sullessenza, poich concerne tutte quelle tematiche i cui principi propri e la cui natura specifica ci sono sconosciuti oppure appartengono costitutivamente al dominio del mutevole e del contingente e possono quindi dar luogo a un numero imprecisabile di opinioni probabili16, per ciascuna delle quali si dovr riproporre lutrum. Lutrum, a sua volta, non solo non esclude ma conduce da s alla domanda sullessenza poich implica la ricerca delle ragioni della risposta, affermativa o negativa che sia. La disputatio - Precisamente nella ricerca delle ragioni del sic e del non consiste la seconda parte dellarticolo, cui il nome disputatio spetta in senso stretto. Dopo lenunciazione del problema segue una serie di argomenti a favore di una delle due possibili risposte, cui si contrappongono nel sed contra gli argomenti a sostegno dellaltra. In effetti, stato opportunamente notato17 che la seconda serie di argomenti non tanto avverso la prima, piuttosto per la seconda parte dellalternativa e non si oppone che indirettamente agli argomenti prodotti in appoggio alla parte contraria. Il pro e il contra non si fronteggiano dunque come una tesi ad unantitesi, ma svolgono fino in fondo le ragioni delle soluzioni prospettate conducendo lintelligenza a scoprire le cause ultime del sorgere del problema. Spesso questa ricerca viene sostenuta dal rimando ad una o pi auctoritates, personalit o testi che erano considerati meritevoli di credito e che pertanto, pur senza avere alcun valore conclusivo, costituivano comunque
15 Cfr. al riguardo F.A. Blanche, Le vocabulaire de largumentation et la structure de larticle dans les ouvrages de Saint Thomas, Revue des Sciences Philosophiques et Thologiques, 1925, pp. 167-187: 169-170; A. Di Maio - S. Guacci - G. Stancato, Il concetto di cercare (quaerere) in Tommaso dAquino, Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale, 1996, pp. 39-135: 98-99. 16 Si tratta, per limitarci ai casi pi significativi, non solo delle tematiche di pertinenza della teologia, ma anche, eminentemente, di quelle affrontate dalle discipline concernenti lazione umana (diritto, etica, politica): in negotiis humanis non potest haberi demonstrativa probatio et infallibilis, et sufficit aliqua conjecturalis probabilitas (Tommaso dAquino, Summa Theologiae, I-II, q. 105, a. 2, ad 8). Cfr. Summa Theologiae, II-II, q. 70, a. 2. Si veda sul punto M. Villey, Questions de Saint Thomas sur le droit et la politique ou le bon usage des dialogues, Paris 1987, pp. 35-36. 17 Cfr. Blanche, Le vocabulaire de largumentation, p. 180.

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un fattore di prova delle posizioni assunte nei confronti dellalternativa iniziale. Si trattava, in ogni caso, perfino quando i testi richiamati erano tratti dalle Sacre Scritture, di riferimenti e allegazioni che erano solo ausili per la discussione, scelti esclusivamente per la loro utilit dialettica, in funzione esplicativa, giustificativa o al massimo confutativa. I veri argomenti conclusivi, infatti, si trovavano nella determinatio dellarticolo, laddove Tommaso proponeva la sua soluzione e la dimostrava sillogisticamente. La determinatio Giungiamo cos alla terza parte dellarticolo, la determinatio appunto, in cui il nostro autore assumeva come premesse del proprio ragionamento dei principi generalmente accettati e in qualche modo comuni ai disputanti, per costruire in base ad essi, sillogisticamente, sia la sua personale risposta al problema posto, sia la confutazione di tutti gli argomenti precedentemente addotti che risultavano opporvisi. In realt, raro che una posizione contraria venga respinta del tutto, ricusata a motivo della sua irrilevanza o della sua intrinseca contraddittoriet. Il pi delle volte osserva ancora lo Chenu ci troviamo davanti a una distinctio, una precisazione concettuale o terminologica, tale da cogliere la parte di verit che pur quellobiezione esprime, il punto di vista da cui bisogna porsi per riconoscerne la validit, collocandola in una sintesi che la garantisca anzich respingerla integralmente18. La determinatio, allora, pi che a rigettare luna o laltra delle due tesi antagoniste, tende a coordinarle19. La soluzione cos ottenuta appare perci la logica conseguenza della posizione assunta dai disputanti nellaffrontare lalternativa iniziale, la quale a sua volta sembra contenere gi in s il germe della risposta. Il metodo scolastico della quaestio consiste appunto nel saper sviluppare quel germe fino alla maturazione del frutto20.

Cfr. Chenu, Introduction, p. 80. Cfr. ad esempio Tommaso dAquino, S. Theol., II-II, q. 1, a. 2: utrumque vere opinatum fuit [] et secundum aliquid utrumque est verum; III, q. 64, a. 3: utraque pars objectionum secundum aliquid vera est. Circa lattitudine conciliatrice del metodo tomistico, cfr. P.W. Rosemann, Secundum aliquid utrumque est verum: media via et mthode scolastique chez S. Thomas dAquin, Appendice a Histoire et actualit de la mthode scolastique selon M. Grabmann, in Actualit de la pense mdivale. Recueil darticles d. par J. Follon - J. McEvoy, Louvain-Paris 1994, pp. 103-118. 20 Cfr. Di Maio-Guacci-Stancato, Il concetto di cercare, p. 100.
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2.3. Via inventionis e via iudicii nellarticolo La consequenzialit della risposta rispetto alla domanda si basa su un delicato meccanismo dialettico che la relazione tra i principi del ragionamento magistrale e gli argomenti dei disputanti mette ben in luce e che a sua volta ci pu aiutare a comprendere la peculiare modalit in cui sono operanti nel discorso tomistico i due procedimenti della ricerca e della giustificazione, la via inventionis e la via iudicii. Secondo Tommaso, infatti, occorre distinguere nel ragionamento umano fra la via inventionis come il procedimento che conduce dai dati in nostro possesso a individuare i principi e la via iudicii come il procedimento che dai principi conduce alle conclusioni. I principi posti a fondamento della determinatio, dunque, che siano attinti dalla tradizione o ricavati dallosservazione della cosa, sono frutto del processo inventivo della dialettica che individua ci che non pu non essere riconosciuto come comune alle tesi contrapposte. Tuttavia essi stessi, potendo risultare ancora troppo astratti o addirittura mancare del tutto, richiedono il confronto con gli argomenti in cui la controversia si sostanzia21. Tali argomenti, quindi, rivelano aspetti sempre nuovi dei principi senza che i principi si esauriscano in essi. A loro volta i principi fungono da punto di riferimento, in rapporto al quale i diversi argomenti, giudicati, si dispongono in una serie orientata e unitaria. Si stabilisce allora un doppio movimento. Sulla base degli argomenti pro e contra proposti nellarticolo vengono individuati e precisati i principi comuni che, insieme con le specificit del problema posto, ne permettono la determinatio e in base agli stessi principi e specificit viene valutata la consistenza dei suddetti argomenti, cos assicurando la soluzione raggiunta nella sua attendibilit. Linventio e iudicium rappresentano pertanto le viae attraverso cui si giunge alla risposta e se ne dimostra la preferibilit rispetto alla soluzione alternativa e alle sue motivazioni. Lungi dal contrapporsi o dal sovrapporsi, essi si rivelano processi inseparabili e coessenziali proprio in relazione alla centralit occupata nella disputa dal confronto con le ragioni dei partecipanti. Tale confronto in21

Cfr. in questo senso Villey, Questions de Saint Thomas, p. 73.

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fatti necessario non solo nella fase della ricerca, ma anche in quella della verifica e dellaccertamento dei risultati conseguiti. E ci dovuto ad una ben precisa ragione epistemologica: nelle materie i cui principi propri non sono per s noti, materie che quindi risultano intrinsecamente problematiche, la validit di una soluzione si dimostra proprio nella sua capacit di confrontarsi vittoriosamente con gli argomenti dei contraddittori22. Larticolo dunque lesatto contrario di una semplice esposizione dottrinale. , nel senso proprio del termine, una quaestio23 che, nel momento in cui riceve una risposta, propone di norma tutti gli elementi per valutarne la portata24. La risposta, del resto, non mai n completa n definitiva: larticolo non fornisce certezze rassicuranti. Le sue conclusioni sono spesso anchesse per lo pi probabili25 e comunque sempre provvisorie: non precludono ad
Cfr. Tommaso dAquino, In I De coelo et mundo expositio, XIX, 185: tunc vere cognoscitur veritas, quando dubitationes sunt solutae, quae videntur esse contra veritatem. Nello stesso senso: In I De coelo et mundo expositio, XXII, 223-5; In III Metaphysicorum expositio, I, 339-342; In IV Physicorum expositio, V, 447; De perfectione vitae spiritualis, c. 26. 23 Cfr. Di Maio-Guacci-Stancato, Il concetto di cercare, in part. p. 62: Il lemma quaestio esprime signate la ratio dellatto che quaerere esprime exercite (come in generale i nomi deverbali in -io[n]- ricavati dal tema del supino esprimono concettualizzandolo latto espresso dal verbo); quaestio significa perci il cercare in quanto tale (e poi, in due sensi peculiari, la ricerca o indagine in senso tecnico e la questione, intesa come parte dopera). Si veda anche la ricerca lessicografica di A. Bartola, Il lemma quaestio nei lessicografi dei secoli XI-XIII (Papia, Uguccione da Pisa e Giovanni Balbi), Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale, 1996, pp. 453-461. 24 Cfr. A. De Libera, La philosophie mdivale, Paris 1989, trad. it. di E. Bassato, La filosofia medievale, Bologna 1991, p. 33-34. 25 Il valore epistemico della probabilitas tomistica ben descritto dal seguente passo del Commento ai Secondi Analitici di Aristotele (I, 5-6): Per huiusmodi enim processus [il processus rationis] quandoque quidem, etsi non fiat scientia, fit tamen fides vel opinio propter probabilitatem propositionum ex quibus proceditur, quia ratio totaliter declinat in unam partem contradictionis, licet cum formidine alterius; et ad hoc ordinatur topica sive dialectica, nam syllogismus dialecticus ex probabilibus est. La probabilit delle conclusioni dipende quindi dalla probabilit delle premesse, come si verifica sovente nella quaestio, dove i principi della determinatio sono sempre comuni, ma non sempre appaiono necessari. Naturalmente questo non preclude che anche nella quaestio si possa pervenire, e spesso si pervenga, a conclusioni necessarie, laddove i principi su cui esse si basano, attinti nella via inventionis, risultino a loro volta necessari. interessante constatare che la traduzione dell aristotelico con il termine probabilis manifesta un significativo cambiamento nel modo tomistico di intendere le premesse del sillogismo dialettico. Nel pensiero medievale, infatti, probabilis non
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altri di continuare la ricerca, di apportarvi nuovi contributi, di correggere le precedenti soluzioni. Il metodo scolastico, quale Tommaso lha concepito e praticato, consiste allora in una specie di perspectivisme, ovvero spiega Rosemann dans la conviction que la totalit de la vrit nest pas une possession acquise, mais une tche jamais inacheve, requrant un mouvement dialectique qui synthtise sans cesse des perspectives particulires dont chacune met en relief un nouvel aspect de lensemble du rel26. 2.4. La ricerca della verit nel processo Come abbiamo detto, le quaestiones disputatae non erano certo uninvenzione tomistica. Costituivano infatti un genere letterario molto diffuso allepoca, una delle espressioni pi tipiche del metodo scolastico medievale. Tipicamente tomistica invece la giustificazione delladozione del metodo disputativo espressa in un passo dellexpositio del libro III della Metafisica di Aristotele27. Ivi, esponendo le ragioni per cui ad veritatis considerationem occorre procedere modo disputativo, ostendens ea quae sunt dubitabilia circa rerum veritatem, Tommaso enuncia la seguente quae sumitur ex parte auditoris: colui che ascolta deve infatti giudicare le cose udite (auditorem
innanzitutto, come per lo Stagirita, ci che appare accettabile a tutti, oppure alla grande maggioranza, oppure ai sapienti (Topica, I, 100 b 22). Osserva al riguardo Deman che on prcise la nature de lapprobation mrite, quand avec le mot de probabilis on entend signifier tout ce qui invoque ou administre des preuves de raison, et quelle que soit encore leur force probante. On nous tablit alors dans lordre du traitement rationnel (T. Deman, Probabilis, Revue des Sciences Philosophiques et Thologiques, 1933, pp. 260-290, a p. 262). Deman rileva altres che in base a questa accezione probabilis ha potuto designare, secondo la variante aristotelica (Anal. Pr., II, 27, 70 a 4), anche ci che corrisponde al vero nella maggior parte dei casi, ut in pluribus (Id., Probabilis, pp. 271-273). Sulluso medievale del termine probabilis cfr. inoltre G.R. Evans, Probabilis and Proving, Archivum Latinitatis Medii Aevii, 1979-80, pp. 138-140. 26 Rosemann, Secundum aliquid utrumque verum est, p. 117. 27 Cfr. Tommaso dAquino, In III Metaphysicorum expositio, I, 342: Auditorem enim oportet iudicare de auditis. Sicut autem in iudiciis nullus potest iudicare nisi audiat rationes utriusque partis, ita necesse est eum, qui debet audire philosophiam, melius se habere in iudicando si audierit rationes quasi adversariorum dubitantium. Per loriginale aristotelico, cfr. Metaphysica, III, 1, 995 b 3 ss.

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enim oportet iudicare de auditis). Come tuttavia nei processi (in iudiciis) nessuno pu giudicare senza aver ascoltato le ragioni di entrambe le parti (rationes utriusque partis), cos colui che studia la filosofia potr giudicare meglio se avr considerato tutte le obiezioni o i dubbi che potrebbero essere sollevati dagli avversari (rationes quasi adversariorum dubitantium). Insieme alla valorizzazione della sua utilit pedagogica, euristica ed epistemica28, non pu non colpire il preciso riferimento alla pratica forense per giustificare ladozione della dialettica disputativa nella ricerca della verit. Tale riferimento pu indubbiamente essere avvalorato dallormai riconosciuta origine giuridica delle dispute scolastiche29. Le dispute infatti si affermarono e si svilupparono innanzitutto nelle scuole di diritto del XII secolo, in quei centri di insegnamento da cui sarebbero sorte le prime universit e che maggiormente contribuirono alla rinascita della giurisprudenza nellEuropa cristiana. Ma lanalogia trova supporto soprattutto nel fatto che, precisamente a causa della loro origine giuridica, le dispute riflettevano anche la pratica forense del tempo30, in quanto avevano la struttura di un processo nel quale
28 Tommaso stesso aveva individuato questa molteplice finalit delle dispute scolastiche. Nel IV Quodlibetum (q. 9, a. 3) sosteneva infatti che le dispute possono tendere sia ad instruendum auditores sia ad removendum dubitationem an ita sit, ad removendum errorem. Cfr. sul punto R. Quinto, Scholastica. Storia di un concetto, Padova 2001, pp. 72-73 e, infra, 3.2. Nella scolastica medievale riecheggiava peraltro anche losservazione sulla triplice utilit della dialettica espressa da Aristotele allinizio dei Topici (I, 2, 101 a 25ss.). Per linflusso esercitato dallo scritto del Filosofo a partire dalla sua riscoperta nel secolo XII si veda N.J. Green-Pedersen, The Tradition of the Topics in the Middle Ages, Mnchen 1984. 29 La tesi della provenienza giuridica del metodo disputativo stata sostenuta con vigore dal Kantorowicz che cos concludeva la sua indagine sulle historical origins della quaestio: it must therefore have been jurisprudence which influenced theology, Bologna which influenced Paris, not vice versa (H. Kantorowicz, The Quaestiones disputatae of the Glossators, Revue dhistoire du Droit, 1939, pp. 1-67, p. 52). Pi propenso a riconoscere la matrice topico-retorica delle tecniche del liberaliter disputare, senza peraltro trascurarne le connessioni con il mondo del diritto, invece A. Giuliani (Il concetto di prova. Contributo alla logica giuridica, Milano 1971, pp. 128 ss.). Per un recente bilancio delle discussioni sul punto, cfr. L. Bianchi, Le universit e il decollo scientifico dellOccidente, in La filosofia nelle Universit. Secoli XIII-XIV, a cura di L. Bianchi, Firenze 1997, pp. 25 ss., in part. pp. 43-44. 30 Sulla conoscenza da parte dellAquinate del diritto processuale del suo tempo, si veda in particolare J.-M. Aubert, Le droit romain dans loeuvre de Saint Thomas, Paris 1955, pp. 25-28.

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due studenti, giocando i ruoli dellattore (actor) e del convenuto (reus), dovevano avanzare argomenti a sostegno della rispettiva tesi, mentre il maestro, nelle vesti del giudice (iudex), concludeva il dibattito formulando una solutio in forma di sentenza. 2.5. Dialettica disputativa e controversia giudiziaria Siamo pertanto in grado di comprendere, sulla base di questa affinit strutturale tra disputa e processo, quale possa essere ancor oggi lutilit del metodo dialettico ai fini della risoluzione di una controversia giudiziaria. Come scrive Francesco Gentile a proposito della composizione processuale della lite, nella controversia il disordine si manifesta come divergenza tra due vedute dellordine. E lordinamento si realizza se e in quanto fra queste si stabilisca un rapporto dialettico, nel senso classico della parola31; un rapporto dialettico aggiungeremmo noi che pare essere dello stesso tipo di quello che si realizza nella disputa, data limportanza in esso attribuita al confronto con le ragioni degli antagonisti. Gentile prosegue: Dialetticamente poi la controversia si risolve mediante il riconoscimento, sempre inesausto e rivedibile ma autentico se convenientemente condotto, di ci che proprio delle parti in causa, secondo la massima di attribuzione ulpianea che identifica la iustitia con il ius suum cuique tribuere32. Come tale dialettica si articoli lo capiamo attraverso unaltra importante manifestazione dellaffinit strutturale tra controversia giudiziaria e disputa scolastica. Ritroviamo infatti nello svolgersi del processo, che della controversia rappresenta il coerente svolgimento, la stessa combinazione di via inventionis e via iudicii di cui risulta intessuta la disputa. La relazione che vi si stabilisce tra principi e argomentazioni per lappunto analoga alla relazione fra le regole giuridiche comuni e le rappresentazioni delle parti.
F. Gentile, Ordinamento giuridico tra virtualit e realt. Terza edizione integrata da un quarto codicillo, Padova 2005, p. 50. 32 Cfr. Digesta, 1, 1, 10, pr. 2 (Ulpianus, 1 regularum, L. 2362). Secondo lHonor lopera da cui tratto questo frammento non autentica, ma riconducibile in ogni modo allet ulpianea (T.A.M. Honor, Ulpian, Oxford 1982, pp. 111-113). Si noti anche il rilievo attribuito alla definizione negli scritti dellAquinate, dove entra nello stesso titolo di due articoli della Summa: cfr. Tommaso dAquino, Sent., IV, d. XXXIII, q. 3, a. 1, ad 3; De ver., q. 1, a. 5, ad 13; S. Theol., II-II, q. 58, aa. 1, 11.
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Allo stesso modo in cui, sulla base del problema posto nella disputa, e degli argomenti dei disputanti, vengono individuati i principi che ne permettono la determinatio, cos, sulla base delle specificit del caso e delle rappresentazioni delle parti coinvolte nella controversia giudiziaria, viene individuato listituto che ne permette lordinamento e la normazione che vi presiede. E come, in base ai principi rinvenuti nella determinatio magistrale, vengono giudicati gli argomenti presentati a sostegno delle due possibili soluzioni del problema, cos lordinamento giuridico, in quanto composizione della controversia, consiste nella ricostruzione delle ragioni delle parti sulla base della normazione dellistituto interessato, in modo da riconoscere il diritto di ciascuno. La soluzione preferita quella che mostra maggiore congruenza con le regole giuridiche comuni, mentre soccombente risulta quella che, discostandosene, rivela la propria contraddittoriet. La vittoria pi netta si ottiene sempre quando si costringe linterlocutore alle corde con un Ma se lhai detto tu stesso!33. Come rileva Gentile, infatti, oggetto della controversia il riconoscimento del diritto sulla cosa che ciascuna delle parti rivendica come proprio e persegue dialetticamente, dimostrando che nella tesi avversaria presente, e condizionante la stessa, qualcosa che, se radicalmente tematizzato, la fa cadere in contraddizione e la riconduce alla propria versione dellordine34. Diventa cos possibile una soluzione giusta non solo per i casi semplici ma anche per quelli difficili. E non solo per i casi difficili rappresentati da controversie che si svolgono nellambito del medesimo paradigma, ma anche per quelli in cui, come sempre pi spesso avviene, lo stesso paradigma giuridico della comunit che viene messo in discussione. 3. La dialettica disputativa: un metodo per il multiculturalismo? 3.1. Controversie in materia religiosa Tipici tra questi sono i casi in cui la difficolt pi specificamente collegata alla problematica religiosa. In effetti, il multiculturalismo prende forma oggi innanzitutto nelle pratiche delle grandi religioni, il cristianesimo,
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Cfr. A. Cattani, Botta e risposta. Larte della replica, Bologna 2001, p. 142. Gentile, Ordinamento giuridico, p. 47.

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lebraismo, lislam, il buddhismo, e cos via, spesso compresenti negli stessi territori, e talvolta confliggenti con ordinamenti nazionali connotati dai valori del laicismo e del liberalismo. Sempre pi numerosi sono pertanto i casi in cui si pone il problema di come conciliare lappartenenza a queste tradizioni con il riconoscimento di un nucleo di valori comuni condivisi da tutti i consociati. Soluzioni ispirate al concetto tradizionale di laicit delle istituzioni appaiono inadeguate, in quanto appunto semplicemente esclusive delle differenze35. Ma neppure la visione inclusiva o aperta della laicit si rivela confacente, nella misura in cui ne risulti unaccoglienza indiscriminata di qualsiasi manifestazione dellidentit culturale e religiosa36. Il problema della soluzione giusta resta dunque aperto, riflettendo le stesse incertezze e difficolt in cui versa lattuale dibattito sulla laicit37. Ebbene, proprio il metodo scolastico disputativo sviluppato da Tommaso sembra poterci aiutare a risolverlo. 3.2. Una quaestio quodlibetale del 1271 Durante il quarto Quodlibetum, disputato a Parigi nella primavera del 1271, fu posto il seguente problema: Utrum magister determinando quaestiones theologicas magis debeat uti ratione, vel auctoritate38.
35 Ben rappresentativa di questa concezione la legge francese 228 del 15 marzo 2004, che ha introdotto il divieto nelle scuole pubbliche di portare segni o abbigliamenti che manifestino ostensiblement unappartenenza religiosa (art. 1). Circa le problematiche conseguenze del provvedimento si veda Antonini-Barazzetta-Pin, Multiculturalismo e hard case, p. 25. 36 Si pensi allorientamento giurisprudenziale, ispirato a una certa tolleranza verso gli illeciti culturalmente motivati, che in un caso di abduction (EWCA Crim 1507 [2002]) ha addirittura condotto la Corte dappello britannica a confermare una sentenza di conditional discharge (una sospensione condizionale della pena) nei riguardi dei parenti stretti di una ragazza musulmana, da essi sequestrata al fine di convincerla ad interrompere la relazione con un non musulmano, in quanto, secondo la Corte, a loro favore rileverebbe laver agito spinti dallintimo convincimento, scaturente dal loro background culturale, che la relazione sentimentale della ragazza fosse contraria al suo stesso interesse. Un sunto della sentenza pu essere letto nella banca-dati on line http://webdb.lse.ac.uk/gender/. 37 Se ne veda un valido tentativo di sintesi nel saggio di G. Goisis, Laicit: un punto di vista storico e filosofico, in G. Goisis - G. Maglio - O. Marson, Laicit possibili. Fondamenti e prospettive, Portogruaro 2007, pp. 97-170. 38 Tommaso dAquino, Quaestiones quodlibetales, IV, q. 9, a. 3: Disputatio autem ad

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Rispondendo, lAquinate distingue due casi. Il primo quello della disputa, detta magistralis, che si svolge soltanto in scolis. Essa non ha come proprio fine la rimozione dellerrore, ma listruzione di coloro che ascoltano, affinch pervengano allintelligenza della verit che gi credono. E questo obiettivo cio lintelligenza del dato di fede si pu ottenere soltanto servendosi di argomentazioni che indaghino la radice della verit e conducano a vedere come sia vero ci che viene proposto (Quaedam vero disputatio est magistralis in scolis, non ad removendum errorem, set ad instruendum auditores ut inducantur ad intellectum veritatis quam credunt, et tunc oportet rationibus inniti investigantibus radicem, et facientibus scire quo modo sit verum quod dicitur). Se perci il maestro determinasse tali questioni didattiche soltanto per via di autorit, luditore potrebbe bens acquisire la certezza della verit che viene proposta, ma non ne trarrebbe alcun vantaggio la sua attitudine scientifica, n lintelligenza del dato di fede, sicch fallirebbe lo scopo formativo della disputa (Alioquin si nudis auctoritatibus magister questionem determinet, certificabitur quidem auditor quod ita est, sed nihil scientiae vel intellectus acquiret, sed vacuus abscedet). Ma vi un altro tipo di dispute, le dispute che si potrebbero definire reali, in cui gli autori dubitano effettivamente dellassunto che si deve dimostrare e sono pertanto ordinate ad removendum dubitationem an ita sit. Come osserva Riccardo Quinto, siamo su di un terreno apologetico, in cui Tommaso ritiene che il tipo di argomentazione da adoperare vada scelto in riferimento allinterlocutore reale che ci sta davanti (in tali disputatione theologica maxime utendum est auctoritatibus, quas recipiunt illi cum quibus
duplicem finem potest ordinari. Quaedam disputatio ordinatur ad removendum dubitationem an ita sit; et in tali disputatione theologica maxime utendum est auctoritatibus, quas recipiunt illi cum quibus disputatur; puta, si cum Iudaeis disputatur, oportet inducere auctoritates veteris testamenti; si cum Manichaeis, qui vetus testamentum respuunt, oportet uti solum auctoritatibus novi testamenti; si autem cum scismaticis, qui recipiunt vetus et novum testamentum, non autem doctrinam sanctorum nostrorum, sicut sunt Graeci, oportet cum eis disputare ex auctoritatibus novi vel veteris testamenti, et illorum doctorum quod ipsi recipiunt. Si autem nullam auctoritatem recipiunt, oportet, ad eos convincendos, ad rationes naturales confugere. Quaedam vero disputatio est magistralis in scolis, non ad removendum errorem, set ad instruendum auditores ut inducantur ad intellectum veritatis quam credunt, et tunc oportet rationibus inniti investigantibus radicem, et facientibus scire quo modo sit verum quod dicitur. Alioquin si nudis auctoritatibus magister questionem determinet, certificabitur quidem auditor quod ita est, sed nihil scientiae vel intellectus acquiret, sed vacuus abscedet.

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disputatur): con gli Ebrei ci si avvarr pertanto dei libri vetero-testamentari, con i Manichei del Nuovo Testamento, con gli scismatici Greci si potr invocare tutta la Scrittura, ma non gli scritti dei Padri e le definizioni dogmatiche che essi rifiutano. Con chi non riconosce alcuna autorit comune, non si potr che disputare con la sola forza delle argomentazioni razionali (Si autem nullam auctoritatem recipiunt, oportet ad eos convincendos, ad rationes naturales confugere)39. Cosa si debba intendere per rationes naturales lo si pu comprendere meglio se consideriamo un altro passo di Tommaso, tratto questa volta da un articolo della Summa Theologica, Utrum ea quae sunt fidei possint esse scita40: sulla base dei principi della fede si argomenta in modo convincente per i fedeli, cos come sulla base dei principi naturalmente noti si argomenta in modo convincente per tutti (Ex his principiis (fidei) ita probatur aliquid apud fideles sicut etiam ex principiis naturaliter notis probatur aliquid apud omnes)41. 3.3.I principi naturalmente noti Ma a cosa si riferisce Tommaso con lespressione principi naturalmente noti? Si tratta indubbiamente non solo dei primi principi dellintelletto speculativo, ma anche di quelli che altrove chiama universalia principia iuris naturalis42, per mezzo dei quali conosciamo ci che dobbiamo fare e ci che dobbiamo evitare, i praecepta legis naturalis che sono supremi principi dellagire umano43, che la ragione formula prendendo coscienza del finalismo insito nella propria natura. Come scrive Pizzorni, infatti, una
Cfr. Quinto, Scholastica, pp. 72-73. Tommaso dAquino, Summa Theologiae, II-II, q. 1, a. 5, ad 2. Circa il ricorso alla ratio naturalis e alle sue rationes o argumenta nelle dispute con i non credenti si vedano anche: Super Boetium De Trinitate, q. 2, a. 3; Summa contra Gentiles, I, 9; Summa Theologiae, I, q. 1, a. 8, ad 2. 41 Tommaso dAquino, Summa Theologiae, II-II, q. 1, a. 5, ad 2: rationes quae inducuntur a Sanctis ad probandum ea quae sunt fidei non sunt demonstrativae, sed persuasiones quaedam manifestantes non esse impossibile quod in fide proponitur. Vel procedunt ex principiis fidei, scilicet ex auctoritatibus sacrae Scripturae: sicut Dionysius dicit, 2 cap. de Div. Nom. Ex his autem principiis ita probatur aliquid apud fideles sicut etiam ex principiis naturaliter notis probatur aliquid apud omnes. 42 Cfr. Tommaso dAquino, De veritate, q. 16, a. 1. 43 Cfr. Tommaso dAquino, Summa Theologiae, I-II, q. 94, a. 1, ad 2.
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inclinazione naturale verso un bene rivela un fine dellagire umano, ed a tutti i gradi del suo essere che luomo constata queste inclinazioni e queste esigenze della sua natura44. Dallesame di queste inclinazioni fondamentali Tommaso passa ad indicare, sempre nella Summa, le norme fondamentali del diritto naturale, norme che risultano quindi necessarie per il conseguimento del fine ultimo verso cui deve convergere tutto loperare umano. La legge naturale infatti lespressione razionale e normativa delle inclinazioni della natura umana al bene, per cui i suoi precetti seguono lordine delle tre principali inclinazioni che procedono dalla complessa struttura dellessere umano45, la tendenza allautoconservazione che luomo possiede in quanto essere vivente, la tendenza alla riproduzione della sua specie che luomo ha in comune con tutti gli animali e la tendenza a conoscere la verit su Dio e a vivere in societ che caratterizza luomo in quanto essere razionale: sulla prima si basano tutti quei precetti che favoriscono il proseguimento dellesistenza e impediscono la sua distruzione; dalla seconda derivano le prescrizioni inerenti il matrimonio, la procreazione e leducazione dei figli; in relazione alla terza appartengono alla legge naturale i comandamenti di fuggire lignoranza, di rispettare coloro con cui si deve convivere, et cetera huiusmodi46. Ebbene, questi precetti fondamentali, sebbene nelle loro conseguenze
R. Pizzorni, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso dAquino, Bologna 2000, p. 492. 45 Cfr. Ibid., pp. 494-5. 46 Cfr. Tommaso dAquino, Summa Theologiae, I-II, q. 94, a. 2: Quia vero bonum habet rationem finis, malum autem rationem contrarii, inde est quod omnia illa ad quae homo habet naturalem inclinationem, ratio naturaliter apprehendit ut bona, et per consequens ut opere prosequenda, et contraria eorum ut mala et vitanda. Secundum igitur ordinem inclinationum naturalium, est ordo praeceptorum legis naturae. Inest enim primo inclinatio hominum ad bonum secundum naturam in qua communicat cum omnibus substantiis: prout scilicet quaelibet substantia appetit conservationem sui esse secundum suam naturam. Et secundum hanc inclinationem, pertinent ad legem naturalem ea per quae vita hominis conservatur, et contrarium impeditur. Secundo inest homini inclinatio ad aliqua magis specialia, secundum naturam in qua communicat cum ceteris animalibus. Et secundum hoc, dicuntur ea esse de lege naturali quae natura omnia animalia docuit, ut est coniunctio maris et feminae, et educatio liberorum, et similia. Tertio modo inest homini inclinatio ad bonum secundum naturam rationis, quae est sibi propria: sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo, et ad hoc quod in societate vivat. Et secundum hoc, ad legem naturalem pertinent ea quae ad huiusmodi inclinationem spectant: utpote quod homo ignorantiam vitet, quod alios non offendat cum quibus debet conversari, et cetera huiusmodi quae ad hoc spectant.
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pi o meno prossime ammettano eccezioni e possano essere conosciuti con certezza solo dai sapienti o per divina rivelazione, sono in s stessi noti a tutti gli uomini47. Su essi, quali principi naturalmente noti, deve pertanto basarsi non solo la legislazione positiva e la decisione dei casi ordinari, ma pu essere fondata anche la discussione di quei problemi giuridici che, come le controversie in materia religiosa, nascendo dalla compresenza di ordinamenti diversi, non possono trovare semplicemente composizione in nessuno dei loro rispettivi ambiti. Si tratter allora di mostrare dialetticamente quale soluzione sia compatibile con i principi a tutti comuni, e quale li contraddica, ovvero, in caso di dubbio, quale tra le opzioni presenti risulti maggiormente con essi congruente. 3.4.Il metodo del diritto naturale Nella trattazione dellAquinate lesistenza di questi principi universali non appare tuttavia a sua volta stabilita per deduzione o per rivelazione, non un presupposto o un postulato, ma una scoperta, lesito di unulteriore applicazione della dialettica scolastica. Come infatti Tommaso perviene a individuarli? Se osserviamo il modo in cui Tommaso li scopre, non possiamo non accorgerci che egli, secondo linsegnamento di Aristotele, parte dallosservazione dei fatti e questo spiega perch i risultati cui perviene siano altrettanto realisti: rende giustizia alle tendenze umane cos come sono, al bisogno di cibo, di affetto, di vita sociale; al nostro orientamento verso il bene. Come scrive Villey, in fondo, questo metodo molto semplice: parte dallosservazione dei costumi, delle inclinazioni spontanee supposte naturalmente come buone, ma cerca di distinguere dai costumi rimasti naturali quelle che ne sono deviazioni, riconoscibili dai loro risultati infelici, dai loro fallimenti, dal fatto che non riescono a mantenere un ordine intrinseco, a mantenere quel legame razionale delle azioni al fine, che noi, al contrario, riusciamo a percepire negli altri casi48. il metodo del diritto naturale, un metodo fondato sul buon senso, sul riconoscimento di ci che comune a tutti e che non pu essere negato, pena il rinnegamento di noi stessi, della
Cfr. Tommaso dAquino, Summa Theologiae, I-II, q. 100, a. 1. M. Villey, La formation de la pense juridique moderne, Paris 1975, trad. it. La formazione del pensiero giuridico moderno, Milano 1986, p. 116.
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nostra stessa umanit. Anche qui riscontriamo senza difficolt una struttura essenzialmente disputativa, ma in questo caso, precisamente per la sua diretta derivazione aristotelica, pi facile ravvisare altres la matrice greca di questo metodo. Tommaso lo aveva infatti appreso dallo Stagirita, ma esso ha unorigine ancora pi risalente, in quanto a sua volta il filosofo macedone lo aveva imparato alla scuola delle dispute dialettiche che si svolgevano nelle strade e nelle piazze di Atene. ancora il Villey a darcene conto: Rien pourtant o les Grecs ne soient mieux passs matres. Et cest l plus quailleurs que rside le miracle grec. Depuis quon trouve des Sophistes discourant dans le rues dAthnes, et Socrate, et Platon dans son Acadmie, et les orateurs sur la place publique ou devant les jurys populaires, les Grecs ont tmoign dun extraordinaire gnie dans lars de discuter. Ils savent accrocher ladversaire sur une opinion, puis, aprs avoir dissqu chacun de ses mots, jeter le doute, rsoudre et laisser ladversaire en contradiction avec lui-mme. Je ne pense pas que lantiquit grecque nous ait laiss de leon plus utile que celle-l, lart de la dialectique49. Praticata quotidianamente da Socrate, sviluppata nei dialoghi platonici, codificata nei Topici di Aristotele, la dialettica classica era dunque giunta, per il tramite delluso forense e delle dispute scolastiche, fino a Tommaso. Ma proprio la consapevolezza di questa sua origine socratica ci riporta per unultima volta anche alla nostra attualit. 3.5. Attualit della dialettica classica Ci limitiamo a due riferimenti, ma particolarmente significativi per linaspettata convergenza su questo punto di prospettive molto distanti tra loro sul piano teorico. La prima indicazione di grande interesse ci offerta dalla filosofa statunitense Martha Nussbaum quando, nel suo volume Cultivating Humanity50, riprendendo una pratica didattica perticolarmente diffusa nelle
M. Villey, Leons dhistoire de la philosophie du droit, Paris 1957, p. 164. Cfr. M. Nussbaum, Cultivating Humanity. A Classical Defence of Reform in Liberal Education, Cambridge (MA) 1997, trad. it., Coltivare lumanit. I classici, il multiculturalismo, leducazione contemporanea, Roma 1999. Per un opportuno uso di questo testo nella trattazione dei nuovi problemi posti dalle critiche multiculturaliste alla tesi delluniversalit dei diritti umani, si veda M. Cartabia, Diritti umani e pluralit delle culture: un percorso possibile, in Allorigine della diversit, pp. 42-43.
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facolt di diritto del suo Paese51, ripropone lesame socratico quale metodo di apprendimento che pu insegnare a risolvere i casi sorgenti dalla difficolt di coniugare lappartenenza alle diverse tradizioni religiose e culturali con una cittadinanza cosmopolta. Se linterrogare socratico aveva il grande pregio di indurre gli interlocutori ad esaminare criticamente le convenzioni e le opinioni particolari alla luce dei bisogni e delle aspirazioni umane pi universali52, per la Nussbaum questa forma dialogica conserva ancor oggi la sua efficacia pedagogica: Attraverso lo scambio sempre pi preciso delle esperienze e delle argomentazioni, coloro che prendono parte a queste discussioni dovrebbero gradualmente acquisire la capacit di distinguere, allinterno delle proprie tradizioni, ci che particolaristico da ci che potrebbe diventare una norma per altri, ci che arbitrario e ingiustificato da ci che potrebbe essere giustificato mediante unargomentazione ragionata53. In questo modo, - rileva la studiosa - in molti college e universit nordamericani gli studenti delle facolt umanistiche imparano a considerare criticamente il relativismo culturale, utilizzando un modo di ragionare filosofico vicino alla tradizione socratica per confutare lidea semplice, ma incoerente cos argomentano secondo cui la tolleranza ci chiede di non criticare il modo di vivere di chicchessia54. Un appello simile allinterrogare socratico, in quanto funzionale alla valutazione di ci che accettabile e di ci che non lo in una religione, rinvenibile nellallocuzione preparata da Benedetto XVI per lincontro con lUniversit degli Studi di Roma La Sapienza, poi annullato il 15 gennaio 2008. In questa occasione il Papa, manifestando unapertura, e soprattutto unintelligenza, di gran lunga superiori a quelle dei suoi ideologici55 contestatori, arriva a proporre proprio questo tipo di indagine quale modello della ricerca accademica. Richiamandosi a quanto si era verificato fin
51 In seguito alla riforma dellinsegnamento accademico del diritto promossa da Christopher Columbus Langdell (1826-1906), al case method da questi introdotto stato spesso associato il cosiddetto Socratic method, consistente nel modo dialogico di condurre la lezione, sollecitando lintervento degli studenti nella discussione dei casi proposti. Cfr. sul punto U. Mattei, Common Law. Il diritto anglo-americano, Torino1992, p. 276. 52 Nussbaum, Coltivare lumanit, pp. 74-75. 53 Ibid., pp. 79-80. 54 Ibid., pp. 17-18. 55 Si assume questo termine nellaccezione considerata in F. Gentile, Politica aut/et Statistica. Prolegomeni di una teoria generale dellordinamento politico, Milano 2003, pp. 58 ss.

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dallinizio in tutte le quattro facolt delluniversit medioevale, a partire, come del resto gi abbiamo visto, da quella di giurisprudenza, egli tra laltro afferma: Penso che si possa dire che la vera, intima, origine delluniversit stia nella brama di conoscenza che propria delluomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ci che lo circonda. Vuole verit. In questo senso si pu vedere linterrogarsi di Socrate come limpulso dal quale nata luniversit occidentale. Penso ad esempio per menzionare soltanto un testo alla disputa con Eutifrone, che di fronte a Socrate difende la religione mitica e la sua devozione. A ci Socrate contrappone la domanda: Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ci vero? (6 b-c). In questa domanda apparentemente poco devota che per, in Socrate, derivava da una religiosit pi profonda e pi pura, dalla ricerca del Dio veramente divino i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino. Hanno accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via duscita da desideri non appagati; lhanno compresa come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore. Per questo, linterrogarsi della ragione sul Dio pi grande come anche sulla vera natura e sul vero senso dellessere umano era per loro non una forma problematica di mancanza di religiosit, ma faceva parte dellessenza del loro modo di essere religiosi. Non avevano bisogno, quindi, di sciogliere o accantonare linterrogarsi socratico, ma potevano, anzi, dovevano accoglierlo e riconoscere come parte della propria identit la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza della verit intera. Poteva, anzi, doveva cos, nellambito della fede cristiana, nel mondo cristiano, nascere luniversit56. 3.6. Riflessione conclusiva Le parole del Papa non sono confessionali. Esse manifestano ladesione ad un metodo dindagine puramente razionale, a una tradizione di pensiero addirittura pre-cristiana, che tuttavia si mostrata capace nel corso dei se Allocuzione del Santo Padre Benedetto XVI per lincontro con lUniversit degli Studi di Roma La Sapienza, previsto per il 17 gennaio 2008 e annullato in data 15 gennaio 2008.
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coli di incontrare la domanda religiosa al livello pi puro del suo porsi. Ad esse va dunque riconosciuto il pregio di indicare una strada pi facilmente condivisibile nel trattare il problema religioso. Se infatti i casi difficili in materia religiosa sono i pi difficili tra tutti, abbiamo visto che esiste un procedimento argomentativo che ci consente nondimeno di affrontarli e risolverli in modo universalmente accettabile. In questi casi, in cui, data lassolutezza dei valori coinvolti, non sono possibili n compromessi n mediazioni, solo il riferimento dialettico alla natura delluomo che pu creare un terreno comune di confronto e dintesa57. La dialettica disputativa classica si rivela pertanto, nel Medioevo come oggi, una risorsa sia per luniversit che per la giurisprudenza. Come gi accaduto ai tempi di Tommaso, da essa entrambe possono continuare ad apprendere quella tensione alla conoscenza della verit intera che consente sia lesame critico dellesistente sia lapertura alla diversit. E tutto ci in virt dellinesausto interrogarsi della ragione sul Dio pi grande come anche sulla vera natura e sul vero senso dellessere umano.

57 Si veda in questo senso anche il penetrante saggio di M.I. Montesano, Es posible establecer normas juridicas basicas entre personas partenecientes a tradiciones culturales diversas?, in http://www.uca.edu.ar/esp/sec-fderecho/subs-leynatural/esp/docs-congresos/2-jornada/comunicaciones/montesano.pdf, ora in II Jornadas internacionales de derecho natural. Ley natural y multiculturalismo, per D.A. Herrera, Buenos Aires 2008.

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Riassunto I casi difficili originati dal fenomeno multiculturale mostrano i limiti della metodologia giuridica tradizionale, assiomatico-deduttiva. Lesigenza di trovare una soluzione condivisibile anche quando gli stessi principi supremi dellordinamento vengono posti in discussione dallemergere di nuovi diritti e nuovi valori, richiede piuttosto il ricorso a pratiche argomentative di tipo dialettico, quali quelle sviluppate dagli antichi scolastici per risolvere le controversie del loro tempo. Ancor oggi, al cospetto di controversie che nascono dalla compresenza di ordinamenti diversi, il metodo della dialettica scolastica, con la sua attitudine questionante e disputativa, si prospetta particolarmente efficace nellindividuare principi realmente comuni e nel selezionare le soluzioni che, alla prova del contraddittorio, risultino maggiormente con essi congruenti. Abstract The hard cases heard in multicultural societies show the limits of the traditional methodology of law with its axiomatic-deductive approach. The need to find a sharable solution, even when the very supreme principles of juridical order are challenged by the emergence of new rights and values, demands rather to turn to dialectical argumentative forms, such as those developed by the Medieval Scholastics to resolve disputes in their own time. Even today, in the face of disputes arising from the coexistence of different juridical orders, the method of scholastical dialectics, with its questioning and disputative aptitude, appears to be particularly efficacious in order to detect really common principles and select solutions that, trough the debate-test, prove to be more congruent with those principles.

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