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IV.

1 - Lettura freudiana della "Phdre"

Che la psicoanalisi freudiana possa servire a "leggere", quindi a cogliere il significato di un'opera poetica, e' l'ipotesi sviluppata in un lavoro sistematico e accurato sulla Phdre di Recine, svolto da Francesco Orlando. L'autore stesso chiarisce la valenza di questo metodo, sottolineando innanzittutto che esso non consiste nell'analisi psicologica condotta in base alle conoscenze che noi abbiamo della vita di Recine, "e' cio' per la buona ragione che un'opera non e' un discorso che l'autore rivolge a se stesso, bensi' un discorso rivolta che l'autore rivolge a se stesso, bens un discorso rivolto ad altri" (F. Rolando, Lettura freudiana della "Phdre", Einaudi, Torino 1971, pag 8). Senza trascurare ne' l'autore dell'opera, il destinatario, ne' i suoi fruitori, i destinatori, Orlando inaugura un metodo che possa far comprendere della tragedia i "valori di significato contenuti nel testo", (F. Orlando, op. cit., pag. 9) quelli che hanno suscitato l'interesse del pubblico per almeno tre secoli. La psicoanalisi freudiana ha rintracciato come abbiamo visto la possibilita' di svelare l'inconscio che si comunica attraverso un linguaggio fatto non soltanto di parole, ma anche di gesti, musica, sogni, immagini, etc. Secondo Orlando opere come: Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio e L'interpretazione dei sogni - che trattano i fenomeni decisivi del metodo freudiano l'indagine psicologica: il lapsus e il sogno - offrono i criteri per "decifrare" il linguaggio dell'opera poetica intesa come messaggio che svela il suo contenuto nel paragone con la logica dell'inconscio. Di essa Orlando sceglie un aspetto particolare trattato da Freud nel saggio Die Verneinung vale a dire La negazione: e' il fenomeno per cui la pulsione ammessa nell'inconscio emerge a livello cosciente se e nel momento in cui viene negata. Il termine tecnico e' rimozione. La dinamica di questo processo inconscio e' riassumibile in tale schema:

non .......= rimozione ...mi piace = rimosso

dove la negazione della pulsione, Non, manifesta "la accettazione del rimosso", mentre l'affermazione, Mi piace, e' il momento della "soppressione della rimozione". Sottolinea Orlando: "La negazione freudiana neghera' tanto piu' energicamente, quanto piu' il rimosso che si tradisce in essa sarebbe pericoloso per la coscienza" (F. Orlando, op. cit., pag. 17). Riconducendo questo alla Phdre, Orlando sceglie innanzitutto di utilizzare in luogo di rimozione e rimosso, termini che riguardano la psicologia dell'individuo, repressione e represso, termini che investono invece l'ambito piu' generale della societa': la tragedia di Recine e' trattata come problema storico, come messaggio illecito rivolto alla societa' monarchica e cattolica del XVI secolo che nella funzione poetica e' chiamata a solidarizzare con un personaggio gravato da colpe inconfessabili. Come la Phdre e' messo in scena il mito di un amore proibito, adultero e incestuoso (Fedra e' moglie di Teseo e donna innamorata del figliastro Ippolito), avente inoltre le caratteristiche del desiderio definito da Freud perverso: "Noi chiamiamo perversa un'attivita' sessuale quando ha rinunciato al fine riproduttivo e persegue il conseguimento di piacere come fine indipendente" (S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri, Torino 1969, pag. 285); a questo sentimento si oppone tutto cio' che e' sintetizzabile nel concetto di civilta', operante in maniera repressiva sia dall'esterno

come ordine socio politico sia nell'intimo dell'individuo che nutre il sentimento perverso, come coscienza morale. E' questa l'opposizione fondamentale della tragedia nella quale dunque una situazione fortemente immorale puo' essere rappresentata, ricercando anche la simpatia del pubblico per la colpevole protagonista, soltanto perche' altrettanto forte e' la presenza dell'elemento negatore, della voce repressiva appartenente alla civilta': Orlando precisa che una tale lettura dell'opera poetica puo' valere soltanto per la letteratura precedente l'illuminismo che "dando per la prima volta l'esempio di una contestazione sistematica dell'ordine costituito, ha mutato per sempre il rapporto tra il fenomeno dell'arte e il modello della negazione freudiana" (F. Orlando op. cit., pag. 26). Nella letteratura illuministica e romantica l'opera d'arte si fa carico di contrastare la societa' borghese nelle istituzioni politiche e negli atteggiamenti moralistici, scegliendo cosciamente, apertamente di rappresentare passioni proibite con le quali l'autore e il pubblico simpatizzeranno "senza piu' nulla di nascosto" (F. Orlando op. cit., pag. 27). In tali opere l'elemento negatore, pur vincente, serve soltanto a realizzare la finzione poetica e non si carica di quelle valenze simboliche che invece nella Phdre sono tanto forti quanto piu' tende ad imporsi l'elemento negato. Oggetto dello studio di Orlando sulla Phdre sono dunque le negazioni simboliche che, tentando di mettere a tacere il colpevole desiderio di Fedra, lo caricano di potenza e di fascino. Analizzando il testo di Phdre, nella convinzione che il linguaggio letterario benche' distinguibile dai linguaggi non comunicanti del sogno, del lapsus e del sintomo nevrotico attinga come questi della logica dell'inconscio. Orlando cerca di ricostruire la trama corrispondente e opposizioni che rispecchiano il modello di negazione freudiana secondo lo schema repressione/represso. Non a torto egli sceglie, prima di passare alla analisi sistematica, di non occuparsi del problema delle fonti e delle opere precedenti che affrontano lo stesso tema, e di non rispondere a domande impossibili quali: lo sapeva Recine? lo voleva? L'autore decide di farsi guidare dal testo che ha di fronte nel quale saranno confluite simbologie tradizionali o preoccupazioni personali coscienti o inconsapevoli di Recine: piegandosi alle parole del testo egli tenta di ricostruire il significato "nella totalita' delle coerenze simboliche" (F. Orlando, op. cit., pag. 32), un significato che non si riduce ne' ad uno (la tradizione mitologica) ne' ad un altro (la psicologia dell'autore) degli elementi creativi del testo stesso. Passando ai capitoli che riguardano l'analisi dei versi, non potendo riportare tutte le fasi della discussione, mi limitero' a segnalare e a trattare brevemente le opposizioni principali su cui l'autore fonda la sua interpretazione del testo. La prima piu' importante negazione simbolica e' quella che oppone al mito inteso come memoria eternizzante di fatti scandalosi, l'oblio, invocato all'inizio e alla fine della tragedia, una volta su Pasifae madre di Fedra e del mostruoso Minotauro e un'altra su Fedra stessa, sulla quale pesa l'eredita' materna che l'ha resa non fisicamente ma moralmente mostruosa. Orlando si preoccupa di rendere ragione di un problema aperto: come il preilluminista e giansenista Racine potesse accogliere un mito ripugnante alla sua mentalita'. La risposta e' sintetizzata in questa affermazione: "La ripugnanza razionale del secolo preilluministico verso il mito, sfruttato simbolicamente come orrore morale, sta alle radici di questa tragedia piena di mostri e di dei che li suscitano; e, sotto forma di invocazione di oblio sulla storia di Fedra come mito scandaloso, sta nella chiusa dell'opera a scusare e negare in certo qual modo l'opera stessa" (F. Orlando, op. cit., pag. 40). All'interno del mito si aprono poi altre negazioni. Innanzitutto quella di cui e' protagonista Teseo, eroe e civilizzatore e fondatore di un potere politico autorevole (repressione) al quale si oppongono i mostri preistorici e i parenti ribelli (represso), a scapito dei quali l'ordine e' stato costituito.

Un'altra negazione simbolica e' rintracciata da Orlando nel riferimento al mito cretese del Minotauro, fratellastro di Fedra: come la mostruosita' del figlio di Pasifae si cela nel labirinto fisico, cosI' Fedra tenta di nascondere il suo desiderio mostruoso in labirinti linguistici. Elementi repressivi sono dunque il labirinto e il padre di Fedra, Minosse, rappresentante della legge; elementi repressi risultano invece il Minotauro e Pasifae, colei che incarna l'irrazionalita'. Orlando sottolinea l'importanza del v. 36 in cui Fedra viene nominata con la perifrasi genealogica "la fille de Minos et de Pasifae" che definisce la protagonista "figlia della Legge del Desiderio" (F. Orlando, op. cit., pag. 32). L'ultima negazione simbolica legata al mito presenta un mostro distruttore e dunque elemento negatore e non negato: e' il mostro marino che uccide Ippolito, e' il desiderio stesso che ha origine in Fedra che fa scempio del suo oggetto, il corpo di Ippolito, l'elemento negato. A queste negazioni simboliche individuate, nell'ambito del mito (inteso come riferimento al soprannaturale) ne corrisponderanno altrettante sul piano non mitico. L'eroe opposto ai mostri preistorici e' l'autorita' investita del titolo di re, padre e marito nella figura di Teseo, contro la trasgressione. Ma questo elemento negatore viene annullato nel corso della tragedia: Teseo e' creduto morto; e' la negazione della negazione che permette al represso di esprimersi, e quindi alla tragedia di compiersi. Teseo e' comunque sempre un personaggio mancante: nella prima parte della tragedia, perche' assente dalla scena anche se presente nei continui richiami dei personaggi; nella seconda parte perche', pur essendo presente sulla scena fallimentare per l'incapacita' di incarnare l'autorita' repressiva. Ed e' in Teseo, come si diceva, il punto vuoto nelle negazioni per cui all'annullamento totale dell'autorita' (la morte di Teseo) segue il prevalere della confessione sul segreto, della parola sul silenzio (Fedra rivela il suo desiderio incestuoso ad Enone ed Ippolito). Queste ultime opposizioni che si attuano nel presente sulla scena - opposta allo stato nascosto - corrispondono alla negazione simbolica mitica che opponeva al Minotauro il labirinto. L'ultima negazione simbolica non mitica e' quella che corrisponde all'opposizione tra il mostro Marino e il corpo di Ippolito. E' una negazione che resta nell'ambito fisico ed e' incentrata sulla morte: il desiderio proibito di Fedra (represso) e' annullato dalla sua morte (repressione); allo stesso modo il desiderio pur protetto e legittimato da Enone e' anch'esso represso dal suo suicidio. Fra queste negazioni simboliche non ha trovato posto se non come oggetto del desiderio il personaggio di Ippolito, figura invece presa in considerazione come soggetto da Orlando. L'Ippolito di Racine presenta una novita': la sua castita' e' minata dall'innamoramento per Aricia, ma su questo amore pesa il divieto paterno. Ippolito e Fedra hanno un punto in comune: nutrono un sentimento trasgressivo, contrario all'autorita'. Ma se la colpa di Fedra e' imperdonabile perche' si oppone all'ordine razionale e morale, quella di Ippolito e' perdonabile perche' contrasta soltanto un singolo comando che non avrebbe avuto piu' significato alla morte di Teseo: Ippolito garantirebbe l'ordine costituito dal padre, anzi lo renderebbe ancora piu' solido con una sessualita' repressa nella monogamia. Il desiderio di Ippolito si riscatta rispetto a Teseo perche' fedele, rispetto a Fedra perche' innocente. Ma nella tragedia la successione che avrebbe potuto rinsaldare l'ordine e la civilta' e' minacciata e distrutta "da quel ritorno del represso che Fedra insinua tra il regno del padre e quello del figlio" (F. Orlando, op. cit., pag. 53).

Causa scatenante e' la bellezza del corpo di Ippolito che mette in moto la dinamica fondamentale della tragedia letta da Orlando, "dove il represso si vendica e l'ordine razionale cede" (F. Orlando, op. cit., pag. 53). A questa conclusione aggiungiamo soltanto che tutte le opposizioni analizzate si affermano in tre ordini differenti: quello fisico, quello verbale e quello istituzionale. Il Desiderio di Fedra, elemento centrale della tragedia, sul piano fisico e' il Mostro che provoca lo sconvolgimento della Ragione fino all'annullamento causato dalla morte; sul piano verbale su di esso, viene invocato continuamente il silenzio e il momento della confessione aprira' una tragedia irreversibile, il labirinto senza via d'uscita che si traduce in labirinto linguistico, in ambiguita' della parola; sul piano istituzionale esso lotta con la legge incarnata del re-marito-padre Teseo che fallisce nella sua funzione. La tragedia rispecchia dunque secondo Orlando quella dinamica definita da Freud 'disagio della civilta'': la repressione del desiderio inconscio e' il prezzo da pagare all'ordine razionale che impone il vivere civile; ma i due poli represso/repressione non costituiscono certo un'opposizione manichea tra il Male e il Bene, l'Ingiusto e il Giusto, poiche' e' nell'incapacita' di guardare oltre che l'uomo si annienta, chiuso tra "la cecita' imprevidente del Desiderio e la cecita' formalistica della legge" (F. Orlando, op. cit., pag. 112).

IV. 2 - Lettura freudiana del << Misanthrope>>

Il modello freudiano utilizzato da Orlando per l'interpretazione della Phdre di Racine gli ritornera' utile nel 1979 per offrire un esempio ulteriore dei postulati teorici da lui sviluppati nel saggio Per una teoria freudiana della letteratura, apparso nel 1973. L'opera presa in esame e' una vera commedia di Molire, Le Misanthrope, il cui protagonista gia' Lacan aveva definito fou: ".... c'est qu'Alceste est fou et que Molire le montre comme tel, - trs justement en ceci que dans sa belle ame il ne reconnait pas qu'il concourt lui-meme au desordre contre le quel il s'insurge" (F. Orlando, Lettura freudiana del "Misantrophe" e due scritti teorici, Einaudi, Torino 1979, pag. 218). Rispetto a questo giudizio, non a caso espresso nel corso di un congresso psichiatrico, Orlando contrapponendosi al metodo facile ma poco attendibile e fecondo dei seguaci di Lacan di ricercare nei testi i soliti contenuti simbolici di tipo freudiano, forzando la realta' dei personaggi, si avventura nel campo piu' arduo dell'analisi semantica per chiarire come la "pazzia" di Alceste si affermi o venga repressa in quel compromesso che l'opera letteraria. Una prima importante considerazione che vale da premessa e' contenuta gia' nelle 'risposte' ai quesiti che costituiscono l'introduzione del libro. Polemizzando genericamente con chi gli muove obiezioni in questo senso, Orlando afferma la possibilita' di parlare di represso ideologico, oltre che di represso erotico e nella figura di Alceste vede rappresentata la sintesi fra queste due forme di represso: la nevrosi accusata dal Misanthrope ha origine in un amore mal riposto e in una insofferenza rispetto alle convenzioni sociali da lui giudicate irrazionali. Dunque "anche quello di criticare e cambiare il mondo, prima ancora di essere un bisogno e una volonta', e' un desiderio" (F. Orlando, op. cit., pag. 35).

Ma vediamo in quali forme questa 'esigenza elementare' trova spazio nella commedia secondo l'analisi di Orlando. Per fare chiarezza riguardo al modello freudiano che Orlando intende adottare per l'interpretazione del Misanthrope, occorre partire dalla definizione di comicita' fornita da Freud e distinguerla dalla definizione di motto di spirito, entrambe contenute nel saggio Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio. La comicita' risulta da un processo psichico preconscio o conscio provocato dalla non-identificazione con l'altro "il quale spende troppa energia (dunque piu' di me) quando si tratta di prestazioni fisiche, troppo poca (dunque meno di me) quando si tratta di prestazioni mentali" (F. Orlando, op. cit., pag 47). La formula sintetica e' NON SONO IO. Il motto di spirito o Witz provoca invece una identificazione inconscia, una accettazione che fa dire: SONO IO. Il modello di cui si serve Orlando deriva dalla combinazione di queste due definizioni, dedotta in maniera teorica da Freud nel seguente modo: cio' che e' logico a livello inconscio, ostentato liberamente nelle tecniche spiritose, risulta a livello conscio un ragionamento errato e dunque provocatorio di un piacere comico che deriva dal confronto fra i due livelli. Freud spiega questa dinamica come la costruzione di una facciata che serve a nascondere cio' che di proibito si potrebbe dire. Oltre che una facciata comica esiste anche una facciata logica cioe' la giustificazione 'ragionata' di cio' che appare erroneo alla coscienza. Semplificando, si puo' dire che ancora una volta il linguaggio letterario, in questo caso quello comico, e' giudicato un campo privilegiato perche' la logica dell'inconscio emerga sotto forma di compromesso, quel compromesso linguistico che coincide con il conflitto interiore tra conscio e inconscio, fra torto e ragione o meglio tra ragione della coscienza e ragione dell'inconscio. Riportando queste considerazioni al modello freudiano generale (repressione/represso), il momento della repressione coincide con la facciata comica (o di falsa logica) che provoca una nonidentificazione) (NON SONO IO) rispetto ad un personaggio che ha torto; il momento del represso e' invece dato dal Witz che provoca identificazione (SONO IO) rispetto ad un personaggio che ha ragione. Il modello sintetico applicabile al Misanthrope e' dunque comicita'/witz (c/w), per cui la repressione e' data dai momenti di non identificazione con il personaggio, il ritorno del represso si da' in casi di complicita' con il personaggio. Il primo banco di prova dell'applicabilita' di questo modello e', secondo Orlando, l'episodio in cui Alceste afferma il suo giudizio negativo espresso su un sonetto di Oronte anche davanti ai marescialli del re, intervenuti a risolvere una risibile questione d'onore. La sua ostinazione provoca il riso, ma il suo ragionamento non e' errato (non possono essere i decreti del re a giudicare della bellezza estetica di una poesia) quindi Alceste non ha torto, ne' difende la sua posizione con una falsa logica, artificiosa e sofistica. Orlando si domanda dunque in che senso e' applicabile il modello c/w a questo episodio, e ritiene che la distanza comica del lettore rispetto al personaggio si accentri sull'inopportunita' dimostrata da Alceste: rispetto alla "situazione" Alceste esagera spendendo troppa energia fisica a difesa del suo ragionamento troppo poca energia mentale non spiegandosi a quel minimo di calcolo d'opportunita' che ne rende sproporzionata una posizione pur sempre ragionevole. Alceste si dimostra irragionevole soltanto in relazione ad un codice sociale che prevede l'uso necessario di una raison da salotto. Questa specificazione consente di chiarire un'altra promessa teorica importante: la dinamica di scontro torto/ragione che provoca il riso presuppone sempre dei codici di riferimento dato dal clima politico-religioso-sociale e dunque passibili di mutamento, rendendo dunque la comicita' un fatto eminentemente precario e l'interpretazione dei testi comici subordinata alla conoscenza dei codici di riferimento vigenti al tempo dell'autore. Cio' che un modello freudiano qual e' quello proposto da Orlando, offre all'interprete di una commedia e' la possibilita' di rivelare dietro la facciata comica che provoca il riso liberatorio, l'arguzia del witz,

vale a dire un contenuto di contestazione che dovrebbe restare nascosto ma che emerge a vari livelli, secondo un sistema gerarchico che e' compito dell'interprete ricostruire. Orlando procede all'analizzare il testo mettendo in evidenza le principali contraddizioni rivestite dal personaggio Alceste. Il misantropo rifiuta il conformismo della societa' chiedendo autenticita' nei rapporti e specificita', che e' il desiderio di distinguersi dagli altri rispetto a queste due esigenze egli e' contraddetto dai personaggi di Oronte e Arsinoe' che esprimendogli stima, cercando di sedurlo rispettivamente all'amicizia e all'amore frustano il desiderio di Alceste perche' peccano di insincerita', d'ipocrisia. Le due esigenze evidenziate confluiscono nell'unico, fondamentale desiderio di Alceste: nell'amore per Climne; ed a contraddire questo amore si pongono simmetricamente gli stessi personaggi di Oronte che insidia la donna amata da Alceste e di Arsinoe' che e' invece rivale della donna. L'amore di Alceste per Climne viene posto fin dalla sua prima rivelazione come irrazionale perche' contraddittorio rispetto alla personalia' del protagonista. La contraddizione emerge innanzitutto nel fatto che a parlare per la prima volta di questo amore sia il personaggio piu' razionale della commedia, Philinte, e in secondo luogo, dal punto di vista linguistico nel fatto che tutte le frasi che lo introducono siano di tipo concessivo, interrogativo o avversativo: 'dispetto' della personalita' della coquette Climne, Alceste si e' innamorato della donna e cio' costituisce uno "scandalo tra divertito e doloroso dell'irrazionale, agli occhi di una ideologia razionalistica" (F. Orlando op. cit., pag. 73). Accanto all'emergere repressivo dell'ideologia, nella commedia il trasporto amoroso di Alceste e' posto comunque come necessario; la repressione del sentimento irrazionale sintetizzabile nella congiunzione "benche'" si oppone al riconoscimento della necessita' di quel sentimento, esprimibile con la congiunzione "perche'": benche'/perche' viene a corrispondere al modello c/w. Orlando fa notare come per Alceste la persona di Climne e' la sola che possa soddisfare quelle esigenze di autenticita' e specificita' alle quali si oppone un atteggiamento ipocrita di complaisance, termine che ricorre spesso come accusa rivolta da Alceste a vari personaggi e poi in particolare a Climne. Il misantropo, o meglio l'atrabilaire amoreux (sottotitolo apparso nell'autorizzazione a stampare del 1666) rimprovera il 'resto del mondo' sia per la sua condizione di atrabilaire che per quella di amoureux: Climne e' l'espressione individuale di una societa' cortigiana che Alceste rifiuta in toto. Ai suoi desideri posti come necessari si contrappongono i codici della corte, le norme che personaggi come Philinte e Climne stessa gli ricordano, ripetendogli le parole "il faut....". Le istanze di Alceste, anche se giuste da un punto di vista morale, peccano di individualismo difronte alle istanze della societa' con i suoi codici di comportamento. Ecco perche' Alceste ha torto quando chiede prova di fedelta' a Climne che invece, pur essendo colpevole, gli oppone le buone maniere del vivere a corte. La richiesta di Alceste posta difronte alla norma suscita il riso il quale "non fa che punire la deviazione da cio' che la norme prescrive" (F. Orlando op. cit., pag. 83). La comicita' provocata dal confronto con le norme fa si che tutto il torto ricada su Alceste. Ma rileggendo la commedia con i criteri di una societa' in cui quelle stesse norme non abbiano piu' alcun senso, cio' che nel '600 suscitava il riso diviene una patetica e drammatica espressione di represso, perche' si instaura una complicita', una identificazione solidale con le esigenze del personaggio. Se questa complicita' fosse una simpatia totale non controbilanciata dal riso ne risulterebbe non un'opera comica, bensi' una tragedia. Questa tensione tra forze opposte e' ricostruibile dunque nel modello freudiano che, offerto vuoto all'analisi del testo, si riempe di questi significati: il momento repressivo della comicita' e' affidato al compromesso mondano che si oppone all'istanza di autenticita' di Alceste e alla fiducia galante che si oppone all'aut aut geloso dell'innamorato (c/w = compromesso/autenticita' = fiducia galante/aut aut geloso). La commedia vive poi un momento 'limite', vale a dire cessa di essere tale quando Alceste decide di tirarsi fuori da quella societa' e dalle sue norme della commedia che esigevano un lieto fine, Molire porta

invece il suo personaggio a sfogare le esigenze represse in un annullamento: fuori dal contrasto con le norme della societa' non c'e' rivincita a tutto. In effetti il personaggio dal misantropo e' condannato a non vedere soddisfatti i suoi desideri perche non solo ad essi si oppone la societa', e dunque Alceste e' comici perche 'inferiore' rispetto alle norme che la societa' prescrive, ma in quanto amoureaux e' lui stesso a mettersi contro il suo 'ideale' piegandosi all'amore per la coquette Climne e dunque risultando comico perche' 'inferiore' a se stesso. Resta da chiarire di quale natura sia questo amore ed e' dunque necessario approfondire la conoscenza della personalita' di Climne. Orlando fa notare come alcuni versi che riguardano l'oggetto d'amore di Alceste, Climne, la connotino come ''inconoscibile'' non solo da parte degli altri personaggi, ma anche a se stessa. La donna si caratterizza difronte ad Alceste innanzitutto per i suoi ammonimenti a rispettare le regole del vivere civile, dietro i quali ella puo' nascondere tutta la sua menzogna e infedelta'. Nella commedia i personaggi simmetricamente corrispondenti a Climne sono i marchesetti che vanno sempre in coppia e sono accumulati alla donna dall'occupazione piu' diffusa nella loro societa': la maldicenza con la quale investono negativamente gli altri, illuminando civiltuosamente se stessi. Climne e i marchesetti, narcisi dal '600, amano solo se' stessi e non a caso saranno proprio i marchesetti che condividono la stessa natura di Climne, a smascherarla e a porla difronte all'aut aut finale di Alceste. Quest'ultimo ha i suoi simmetrici doppioni in Oronte, figura che risulta speculare nel dialogo con Alceste che ha la forma metrica della sticomotia, ed in Arsinoe', figura ignobile, opposta rispetto al nobile Alceste ma con somiglianza di fondo: ''...entrambi ce l'hanno con un mondo di cui non godono, da cui sono ossessionati'' (F. Orlando, op. cit., pag. 111). La contraddittoria caratteristica di questo mondo, che fa apparire perdente Alceste, e' che vince il torto, come nel caso esemplare del processo da cui Alceste esce sconfitto ''benche''' la controparte non abbia ragione, ma anche ''perche''' non ha ragione; chi fa il male ha fortuna perche' trova complici, testimoni conniventi con esso. Alceste sembra disprezzare infatti piu' che chi sbaglia, chi e' compiacente rispetto a chi sbaglia, un atteggiamento che investe sia la sfera pubblica(es. il processo) sia quella privata nel rapporto con Climne. Analizzando tutta una serie di spie verbali che mettono in luce l'ambivalenza di significati nella commedia - e che qui, dovendo riportare i versi, non e' possibile riferire, per cui si rimanda ad una lettura diretta dell'opera di Orlando (F. Orlando, op. cit., pp. 126-132) -, si perviene all'ultima grande contraddizione: proprio il narcisismo di Climne che apparentemente rende irrazionale l'amore di Alceste (''benche'...''), e' in realta' l'oggetto del suo amore (''perche'...''). Negli undici alessandrini (vv. 1422-1432) in cui Alceste esprime il suo malaugurio a Climne, che ella sia privata di tutto cio' di cui vive una nobildonna nella societa' del '600, non fa altro che esprimere il desiderio di ''...spogliare Climne del suo sovrano e intatto narcisismo, spogliandola di tutte le prerogative sociali e quasi perfino fisiche che lo alimentavano'' (F. Orlando, op. cit., pag. 135), e a questo punto, potendo intervenire lui stesso a soddisfare infine il sio amore, godrebbe di quel narcisismo di cui ha privato la sua donna. L'esaltante amore di se' che dimostra Climne e' l'oggetto d'amore di Alceste che ''invidia'' la donna che lo possiede. E' con questo concetto di ''invidia narcisista'' che Orlando risolve il problema rimasto aperto sulla natura dell'amore di Alceste che desidera Climne benche'/perche' sia una coquette. Dalla pagina freudiana cui rimanda per l'interpretazionedel concetto riportiamo questa affermazione: ''E' come se li invidiassimo perche' hanno saputo serbare una condizione di beatitudine psichica, un assetto libidico inattaccabile al quale noi abbiamo rinunciato da tempo'' (S. Freud, Introduzione al narcisismo. Boringhieri, Torino 1976, pp. 31- 41). La rinuncia di Alceste assume dei connotati fisici. Rompendo con Climne e con la vita di corte sceglie per il deserto, ma senza nessuna consolazioine: l'eremitaggio di Alceste e' il vuoto assoluto,

quello che Climne, finalmente rivelandosi, vede come una morte anticipata. Per lei l'espressione di se', della sua gioventu' e' possibile solo nel rapporto con la societa', fuori da quel rapporto c'e' l'annientamento, impossibile da accettare. L'aut aut finale di Alceste che chiede un amore assoluto, che viva della sua reciprocita', se nell'epoca romantica poteva risultare un appello umanissimo e nobile, suona assurdo nel '600: l'esclusivita' dell'amore opponendosi alla socialita' non ha modo di compiersi. Philinte che cerca razionalmente e repressivamente di distogliere Alceste dal suo proposito e' comunque un personaggio pessimista, poiche' afferma l'impossibilita' che il mondo sia diverso da com'e'; in Alceste che esasperatamente rifiuta il mondo e' presupposto un 'ottimismo' di fondo per cui, in ultima analisi, il mondo non puo' essere cosi' com'e'. Ma la sua nobile istanza e' destinata, almeno nella commedia di Molire a restare utopia, a rimanere relegata nell'impossibile per la forza della comicita' e dell'assurdo. Cio' che resta sulla scena del teatro dopo che tutti gli otto personaggi uno per volta sono usciti, e' il vuoto. Le ultime parole sono quelle pronunciate da razionale Philinte, ma dietro la maschera dell'ideologia e' il nulla in cui si annienta la nobilta' senza riuscita del misantropo.

IV.3 - Per una teiria freudiana della letteratura

Un esame che prenda in considerazione dal punto di vista teorico l'ipotesi che i postulati di Freud possano essere messi al servizio del critico letterario, non puo' prescindere dal lavoro - attualmente il piu' analitico e capace di offrire una prospettiva valida - F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura. I tentativi di analisi compiuti da Orlando sui testi della Phedre di Recine e del Misanthrope di Molire si accompagnano ad un momento di riflessione teorica in cui egli chiarisce ulteriormente le premesse teoriche su cui poggia il suo modo di utilizzare l'analisi psicoanalitica, definendo ''Dodici regole per la costruzione di un paradgma testuale'' (F. Orlando, Per una teoria freiduana della letteratura, Einaudi, Torino 1973, pag. 219 e sagg.), che, lungi dal voler chiudere il discorso sulla problematica dell'interpretazione letteraria, tenta di fornire una guida nel labirinto delle ''scelte'' che l'interprete sempre deve compiere. Ci sembra dunque opportuno ripresentare questo metodo nelle sue linee essenziali. La proposta teorica sviluppata nel saggio, trae origine da questa constatazione: il linguaggio letterario e' in se' una forma di comunicazione cosciente che, tra i linguaggi dell'inconscio umano individuati ed analizzati da Freud - sogno, lapsus, sintomo nevrotico, motto di spirito - risulta piu' prossimo ad una forma di linguaggio comunicante quale e' il motto di spirito, rispetto alle altre forme di linguaggio non comunicante. Se lo studioso di letteratura trarra' dunque un metodo di interesse da un'opera come l'Interpretazione dei sogni, ancor di piu' il saggio su Il motto di spirito e il suo rapporto con l'inconscio permettera' di ricavare i criteri per un interpretazione che voglia far emergere l'inconscio del linguaggio letterario. Orlando contrappone quest'ultimo saggio ad altre opere in cui Freud si occupa di letteratura. Il libro sul motto di spirito presenta due caratteristiche di fondamentale interesse: 1) e' l'unico caso in cui Freud parla esclusivamente di letteratura individuando ''in un atto di comunicazione verbale socialmente istituzionalizzato'' (F. Orlando, op. cit., pag. 9) il ritorno del represso; definito da Orlando come manifestazione linguistica dell'inconscio; 2) analizzando il linguaggio del motto di spirito, Freud non sposta mai il discorso sulla biografia e psicologia dell'autore. Il grande limite delle opere ferudiane - e dei suoi ancor meno illuminati e

illuminanti successori - dedicate alla letteratura e' d'aver ridotto il messaggio del suo destinatore. Dimenticando il destinatario del messaggio - come se l'autore parlasse solo a se' e di se' l'interprete si arresta ai margini del fatto estetico, trattando l'opera letteraria soltanto con l'interesse rivolto a sottolineare quegli aspetti che illuminano la biografia e la psicologia dell'autore. L'errore consiste secondo Orlando nel considerare il linguaggio letterario non autosufficiente, vale a dire incapace di realizzare il suo scopo di comunicazione senza la conoscenza approfondita della biografdia del destinatore, presupposto che e' invece insopprimibile per svelare il significato represso del linguaggio non comunicanti del lapsus, del sogno e del sintomo nevrotico. Nel censurare l'aspetto comunicante del messaggio letterario, ''ignorando la faccia di esso che e' rivolta al destinatario'' (F. Orlando, op. cit., pag. 18), si cade in un circolo vizioso: l'interpretazione dell'opera e' condotta attraverso la biografia che a sua volta deve essere spiegata alla luce dell'opera (destinatore --> messaggio --> destinatore). C. Mauron (1899-1966) rompeva il circolo vizioso con un metodo definito "psicocritica" attraverso la sovrapposizione di passi di uno stesso autore, soffermandosi dunque su aspetti inerenti al linguaggio, si arriva all'individuazione di "costanti" che vengono fatte risalire all'inconscio dell'autore (messaggio --> destinatore) e alla interpretazione delle varianti in base a cio' che e' stato dedotto sull'inconscio dell'autore (destinatore --> messaggio). Ma l'apporto decisivo per un approfondimento positivo di un metodo di psicocritica basato sul linguaggio, e' quello di J. Lacan (1901-1981). Pur sottolineando opportunamente come l'inconscio si manifesti in forma linguaggio, egli non e' riuscito pero' ad arginare il rischio di ''una indistinta assimilazione fra un linguaggio dell'inconscio e linguaggio letterario'' (F. Orlando, op. cit., pag. 20), rischio che ancora una volta e' causato dal misconoscimento della funzione rivestita dal destinatario. Con il libro sul motto di spirito Freud collega, pur distinguendoli, il linguaggio letterario con quello dell'inconscio, non cercando di rinvenire nel contenuto dei testi i soliti simboli fissi, le opposizioni fallo-castrazione, padre-madre, stato parentale-nascita, vita-morte, alimenti-escrementi (ed in questo, suppone Orlando, Freud fu favorito dalla modestia dei testi utilizzati e dall'anonimita' dei loro autori), ma utilizzando un'analisi semantica, valida per ogni genere di letteratura e condotta con lo strumento tradizionale della retorica. Il grande quesito al quale Orlando tenta di fornire risposta ''sul campo'', valendosi dell'esperienza compiuta con la Phdre, e' quale sia il punto di contatto tra il linguaggio letterario e il linguaggio dell'inconscio. Il lavoro sulla tragedia di Recine contiene un affermazione sulla quale Orlando ritorna per spiegarne e approfondire le implicazioni: ''Un ritorno del represso reso fruibile per una pluralita' sociale di uomini, ma reso innocuo dalla sublimazione e dalla finzione...'' (F. Orlando, op. cit., pag 28). L'espressione ''ritorno del represso'' (e non rimosso), si inserisce innanzitutto al contenuto proibito presente nella tragedia, vale a dire il desiderio di Fedra. Nel saggio la stessa affermazione riguardava a un certo momento un contenuto diverso, legato all'ordine ideologico-politico. Ma fin qui si e' parlato sempre di ''contenuto'', mentre il tentativo di quell'analisi freudiana non partiva dai contenuti dell'opera letteraria per poter svelare i rapporti tra inconscio e letteratura, bensi' dall'individuazione sul piano formale di ''qualita' comuni dei rispettivi linguaggio'' (F, Orlando, op. cit., pag. 26). Si potra' dunque parlare di ''ritorno del represso'' in riferimento al contenuto (con due specificazioni: un contenuto legato al desiderio sessuale su cui opera invece la repressione sociale; un contenuto su cui opera invece la repressione ideologico-politica) e in riferimento alla forma, cioe' ''ritorno del represso come presenza di qualita' formali assimilabili a quelle proprie del linguaggio dell'inconscio secondo la descrizione di Freud'' (F. Orlando, op. cit., pag. 27). Le due diverse accezioni trovano al momento dell'analisi una unita' indissolubile: il contenuto proibito che e' presente nella Phdre puo'

manifestarsi solo nel modello della negazione freudiana che e' un modello formale. Questo orienta l'analisi di Orlando della tragedia sull'aspetto semantico delle parole, per cui piu' che soffermarsi sul significante (= la parola presa alla lettera), tende a svelare il significato o i significati. Il momento chiave in cui si individua la coincidenza del linguaggio dell'inconscio con quello della poesia e' il cosiddetto "predominio della lettera", vale a dire la maggior importanza assegnata al significante, al segno verbale, piu' che al significato, all'idea o contenuto cui rimanda il segno. Ecco perche' Orlando raccomanda polemicamente una strada di interpretazione opposta rispetto a quella intrapresa da Freud stesso, non indirizza verso i contenuti psicologici-biografici ma piuttosto legata all'aspetto formale. Perche' queste ultime osservazioni non sembrino in contraddizione con quanto si diceva sull'analisi della Phdre, Orlando trae da quell'analisi degli esempi chiave, individuando una concretizzazione del fenomeno della preponderanza del significante sul significato nei segni verbali monstre e cacher. Con la parola monstre infatti ''il poeta gioca quasi allo scoperto sullo slittamento fra il senso morale-metaforico e il senso fisico-letterale della parola'' (F. Orlando, op. cit., pag. 31). Mostruoso e' il desiderio di Fedra come mostruosi sono i personaggi mitici quali il Minotauro e il mostro marino; e cosi' i due diversi significati vengono unificati dall'unico significante. Nella parola cacher i contenuti si riferiscono a due situazioni opposte: da una parte cio' che deve essere nascosto e' il represso, il desiderio di Fedra, dall'altra e' l'elemento repressore che apparentemente sembra scomparire con la presunta morte di Teseo. In sintesi: il significante predomina sui significati nel senso che pu slittare da un significato all'altro, mescolarne piu' di uno; il significante in questo caso puo' slittare da un significato all'altro, mescolarne piu' di uno; il significante in questo caso puo' essere non soltanto la singola unita' verbale, ma il "tema" del testo letterario pu coinvolgere in questo processo sinonimi e unita' composte da piu' parole. Un altro aspetto in cui si realizza la predominanza del significante e' dato dalla capacita' del poeta di ricavare da esso, sfruttandone le qualita' sonore, strutture foniche, metriche o stilistiche che rivestono particolari significati. Una scelta strategica non ha permesso ad Orlando, pur riconoscendone l'importanza, di soffermarsi su di esse. La sua attenzione nella Phdre e' tutta rivolta a quella particolare struttura formale in cui e' organizzato il contenuto represso della tragedia - il modello formale della negazione freudiana - cio' che gli fa adottare la definizione di "forma del contenuto" cioe' "forma del significato". Secondo la ripartizione che Orlando adotta da Hjelmslev accanto e prima della "forma del contenuto" si ha una "materia del contenuto", vale a dire tutto cio' che costituisce la condizione preesistente dell'opera, quei fattori che possono diventare "sostanza del contenuto". Cosi' la "materia del contenuto" dell'opera letterara secondo una visione freudiana sara' "ogni possibili ritorno del represso inerente alla repressione sociale che grava, in un dato momento storico, sul sesso" (F. Orlando, op. cit., pag. 41). La precisazione dei termini utilizzati e' posta da Orlando in un'ottica che converge nel libro di Freud sul motto di spirito. Come gia' avevamo sottolineato, l'analisi freudiana di storielle umoristiche non appartenenti alla grande letteratura e' condotta secondo criteri adottabili per ogni testo letterario. Classificando i motti di spirito Freud distingue innanzitutto tra motti che giocano con le parole e motti che giocano con il "corso dei pensieri": perche' una parola o un pensiero diventi "motto di spirito" e' necessaria una determinata "forma", cambiando la quale, secondo il procedimento della "riduzione", il motto si dilegua. Attribuendo la propria terminologia all'analisi freudiana, Orlando chiamera' "forma del contenuto" il motto di spirito reso tale da una certa tecnica, e "materia del contenuto" il residuo concettuale prodotto con la riduzione. Nella distinzione freudiana tra motti di spirito innocui e tendenziosi, e

dunque in questi ultimi Orlando trova la coincidenza con cio' che aveva definito "materia del contenuto": la tendenza e' la particolare "materia del contenuto"che puo' emergere nel linguaggio comunicante del motto di spirito vincendo la forza di repressione della civilta' che opera su di essa. Le tendenze "oscene" sono quelle che svincolano dalla censura sessuale, quelle "ostili" aggrediscono personaggi autorevoli o configurazioni politico-sociali, secondo una distinzione che coincide con le due eccezzioni di ritorno del represso che orlando aveva individuato nella "Lettura freudiana della <<Phdre>>" (Cap. II). Freud avrebbe postulato per il motto di spirito cio' che Orlando tenta invece di estendere ad ogni testo letterario: che in esso si attui il ritorno del represso in un linguaggio comunicante. Un tale linguaggio dovra' sottostare a due necessita': quella di procurare piacere nel destinatario - nel pensiero freudiano istinto sessuale e piacere coincidono - e quella di esprimere il represso in una forma di compromesso - che altrimenti, per la censura della civilta', non potrebbe esprimerlo. l'opera letteraria e' dunque, una formazione di compromesso. Freud adottava questa definizione per indicare tutte le menifestazioni dell'inconscio che affermando qualcosa pur non potendo affermarla si caratterizzano per la compresenza di forze opposte. Dal punto di vista dell'analisi semantica cio' implica che vi sia sempre nel testo letterario un'ambiguita', derivata dal contrasto fra significati diversi, dei quali all'uno si puo' dare ragione, all'altro torto. Ma se un'opera interamente ideologica non da mai spazio alla posizione da rifiutare, in un testo di letteratura emerge sempre in maniera ambigua, tendenziosa cio' che deve essere occultato. La tecnica e' la forma specifica che veicola questo ritorno del represso e che unifica le due necessita' del piacere e del compromesso per cui conclude Orlando "un linguaggio comunicante ma tributario dell'inconscio - il motto di spirito o tutta la letteratura - puo' essere tendenzioso nella sua forma" (F. Orlando, op. cit., pag.51). Attraverso la "tecnica", e cio' si afferma in particolare per il motto di spirito, trovano espressione quelle modalita' di linguaggio e di pensiero che, immediate per il bambino, sono presenti nell'adulto solo inconsciamente e che possono emergere nel momento in cui sono negate. Una funzione analoga a quella della formazione di compromesso svolge infatti il modello di negazione freudiana, ma anche quelle "falsificazioni retoriche dette ironia, antifrasi, eufemismo, litote, preterizione o reticenza servono a dire non dicendo, a non dire dicendo; ma, se capita anche il travisamento del significante d'un vocabolo, lo stravolgimento d'una struttura sintattica, il travestimento d'un significato in una metafora" (F. Orlando, op. cit., pag. 214). Il motto di spirito ricerca dunque un piacere che e' quello stesso ricercato dalla poesia dove le figure retoriche come la metafora e forme di ripetizione come l'allitterazione, la rima, il ritornello hanno lo scopo di "dar ragione a una "attesa infantile", la quale non cessa di prolungarsi nell'inconscio umano" (F. Orlando, op. cit., pag. 53). Utilissimo ci sembra dunque il ricollegarsi di orlando alla poesia barocca e surrealistica che si servono in maniera ossessiva della metafora secondo quella forma di compromesso per cui il piacere inconscio al quale la ragione e la realta' si oppongono, ritorna. In questo caso Orlando parla di oppressione razionale che agisce verso " ogni possibile esempio di "materie del contenuto" valutate come inverosimili illogiche dal mito antico alla surrealt moderna" (F. Orlando, op. cit., pag. 55). Trova cosi' conferma il postulato fondamentale di orlando che il linguaggio letterario sia la sede del "ritorno del represso formale" cosi' come il linguaggio dell'inconscio. Dal punto di vista strettamente formale, questa coincidenza si attua in una alterazione del rapporto tra significante e significato, alterazione che e' oggetto di studio della retorica e che si concretizza nella figura. Sia il linguaggio comunicante - motto di spirito e letteratura - sia quello non comunicante - lapsus, sogno, sintomo nevrotico - sono costituiti da figure, da alterazioni nel rapporto tra un "contenuto manifesto" e un "contenuto latente" (la terminologia e'

dell'interpretazione dei sogni). Ma, mentre nei linguaggi non comunicanti quello che Orlando chiama tasso di figuralita' non puo' scendere al di sotto di un livello minimo perche' altrimenti si instaurerebbe la comunicazione, nei linguaggi comunicanti non puo' superare un livello massimo per non scivolare nel rischio dell'incomunicabilita', rischio consapevolmente e con motivazioni piu' o meno nobili perseguito da alcune correnti letterarie nella loro fase estrema. Nella letteratura infatti "la funzione della figuralita' e' piuttosto di esprimere, sia pur nascondendo" (F. Orlando, op. cit., pag.60). Tanto piu' nel linguaggio si utilizzano figure che non rimandano immediatamente al loro significato, tanto piu' esso si avvicinera' ai linguaggi dell'inconscio. Orlando si occupa pero' di chiarire che in effetti il linguaggio letterario non e' fatto solo di figure di stile e dunque e' necessario estendere il concetto di figura comprendendo dalla figura grammaticale, alla figura metrica, alla figura logica, di racconto etc... In questo senso anche i limiti per distinguere cio' che e' letteratura da cio' che non lo e' risultano piuttosto ampi. Riportiamo le parole di Orlando: "La figura e' il perpetuo tributo reso all'inconscio ma quanto volentieri reso - dal linguaggio dell'io cosciente. E letteratura e', secondo una definizione per cosi' dire aperta, qualunque linguaggio verbale dell'io cosciente (scritto e orale) che renda in misura elevata o elevatissima all'inconscio il tributo rappresentato dalla figura" (F. Orlando, op. cit., pag. 66). Anche la figura impiegata come semplice ornamento letterario suscita piacere. Essa, pur rimandando solo a se stessa concentrando tutta l'attenzione del lettore sul significante, interferisce nel processo di significazione e occorrera' valutare di volta in volta il modo e la qualita' di questa interferenza. Orlando invita anche a considerare che il dualismo su cui da sempre si accanisce la critica tra giudizio estetico e giudizio ideologico puo' trovare unita' in questa ipotesi: che l'ideologia, vale a dire la "materia del contenuto" viene espressa in forma rovesciata, se inaccettabile per la societa', o in maniera diretta, se accettata, solo in forma di ritorno del represso. Il giudizio di valore su un'opera letteraria sara' positivo essenzialmente quando essa si mostrera' tendenziosa nella materia cosi' come nella forma; un giudizio altamente difficile da formulare per l'estenzione d'analisi richiesta che implica una considerazione di valori "materiali" e "formali" tutt'altro che ovvia. Fin qui si e' parlato genericamente di ritorno del represso distinguendo pero' per quanto riguarda il contenuto le due accezioni di represso sessuale e ideologico. Ancora piu' genericamente esse venivano fatte corrispondere alle istanze del piacere e del compromesso individuate da Freud per il motto di spirito. Basandosi sul rapporto dialettico, ben individuato da Orlando per la Phdre, tra repressione e represso, io cosciente e inconscio, che perme a livello formale tutto il testo della tragedia secondo il modello della negazione freudiana, Orlando declina diversi livelli in cui si pu affermare in un testo letterario il ritorno del represso, rispetto ad una funzione-destinatario che accolga la contraddizione del messaggio letterario nella sua coscienza. Il ritorno del represso pu dunque essere, e la Phdre ne e' un esempio, conscio ma non accettato, in un rapporto di equilibrata lotta tra repressione e represso. nel caso prevalga completamente la repressione, il ritorno del represso potra' essere solo inconscio. Esso e' accettato ma non propugnato quando la coscienza dell'individuo non lotta piu' contro il represso, ma esso si oppone ad altri individui, oppure e' propugnato ma non autorizzato, in una lotta che coinvolge piu' individui contro la societa'. Infine esso puo' essere autorizzato ma non da tutti i codici di comportamento. Questi diversi livelli possono variare nel rapporto con la funzione-destinatario, per cui il lettore del misanthrope di Molire tanto piu' sara' invitato a ridere, tanto meno prendera' coscienza del contenuto represso - la comicita' ha infatti per Orlando la stessa funzione della negazione -, quanto meno sara' in altri momenti portato a ridere, tanto piu' il represso da inconscio diventera' conscio. Nell'Avare di Molilire, secondo Orlando, la mania del protagonista e' invece totalmente respinta nell'inconscio dell'io cosciente.

Per questo rapporto tra funzione-destinatario e funzione-destinatore si possono tenere presenti anche le poetiche delle varie epoche letterarie. Nel Romanticismo, nei movimenti letterari che ricercano l'arte per l'arte, nella letteratura borghese post-illuministica il ritorno del represso e' generalmente accettato ma non propugnato; nella poesia barocca, nel tardo-rinascimento e per tutta l'epoca preilluministica si ha un ritorno del represso conscio ma non accettato; i drammi spagnoli dell'onore manifestano invece un represso autorizzato da un solo codice, quello cavalleresco; ed infine, mentre il genere comico rappresenta il caso di un represso inconscio, i testi che fanno propaganda culturale e politica sono ascrivibili al livello del represso propugnato ma non autorizzato: Tranne che per questa situazione il ritorno del represso si caratterizza sempre per la scissione che provoca nella coscienza, per cui viene ad essere "neutralizzato praticamente dalla portata fittizia dell'istituzione letteraria che funge gia' da negazione freudiana in quanto tale "(F. Orlando, op. cit., pag. 88). La letteratura dunque, soltanto in un caso smette di dar voce, sebbene in modi diversi, all'inconscio, ed e' quando si occupa della realta', del bisogno, della necessita' di lottare per cambiare il mondo. L'appello che da ultimo muove Orlando e' invece a non trascurare mai, a prezzo di fastidiose nevrosi, il desiderio di piacere che e' di ogni uomo e sul quale la letteratura puo' portare una "illuminazione di verita' ma anche un barlume di festa" (F. Orlando, op. cit., pag. 89), una letteratura capace di reagire ad una realta' soffocante e di dare agli uomini un aiuto prezioso perche' "connettano a tal punto la loro vita a quella degli altri, riescano a identificarsi con gli altri cosi' intimamente, che l'accorciamento della durata vitale propria risulti sormontabile". Queste ultime sono parole di Freud, strane e intensamente sentite da Orlando come esito ideale della fuga da ogni oppressivo moralismo. Una verita' e' innegabile nella conclusione di questo "saggio" percorso metodologico: dietro il linguaggio, che sia l'espressione della parola o del suono o del corpo, dietro ogni forma di comunicazione, dietro l'atto stesso del mettersi in rapporto, c'e' il tentativo dell'uomo di esprimere cio' che al fondo resta inesprimibile. Orlando lo definisce "desiderio del piacere", comune a tutti gli uomini e impossibile da reprimere se non a costo di conseguenze gravi sulla psiche; senza addentrarci in una problematica di fondamentale interesse ma alquanto vasta, ci auguriamo soltanto che il termine "piacere" non costituisca un pacificante surrogato della parola "felicit", ancora una volta buono per appagare chi si accontenta, ma chi s'accontenta, e questo si sa', non gode che di poco, chi non si accontenta si apre alla possibilita' del "piacere infinito". Da ultimo riportiamo le indicazioni che Orlando offre a chi si voglia cimentare nell'interpretazione di un testo letterario secondo il metodo freudiano descritto. "Dodici regole, per la costruzione di un paradigma", e' il titolo volutamente ironico di questa parte del saggio, ironico perche' l'autore e' cosciente del fatto che l'avventura dell'interpretazione non puo' essere ridotta a delle "regole" e tanto meno ad un numero precisato di esse. Queste indicazioni servono pero' a districarsi nel fitto intreccio del testo traendone il "paradigma", cio' che pu far avvicinare al senso riposto dell'opera. Enunciandole per punti in maniera sintetica, mi auguro che l'esemplificazione condotta sulla Canace di Sperone Speroni da me proposta, Possa "svolgerle" in maniera pi ampia e accurata Queste sono le regole: 1)trarre dal testo le costanti, affiancando il discorso su di esse a quello delle varianti, "intendendo per costante qualunque elemento che torna, che si ripete" (F. Orlando, op. cit., pag. 225). Tra le tante costanti saranno da privilegiare quelle semantiche e tematiche. 2) "Scomporre provvisoriamente l'ordine sintagmatico" avvicinando, sovrapponendo le costanti per effettuare la costruzione del paradigma. 3) Affidarsi ad un testo che presenti una lezione unica.

Distinguere tra: 4) costanti che si riferiscono al vissuto biografico (Orlando suggerisce di inserire in nota questi riferimenti); 5) costanti che provengono dalle condizioni sociali, culturali, storiche, umane etc..., valutando il tipo di interferenza che esse hanno con il testo; 6) costanti provenienti dalla tradizione letteraria per cui ogni opera originale deve per ipotesi rimotivare tutto ci che eredita da un codice o tradizione preesistente" (F. Orlando, op. cit., pag. 233) 7) Individuare le costanti implicite, vale a dire non semplicemente quelle dei significanti (forme metriche, sintattiche etc...) ma quelle che riguardano il significato e dunque costanti semantiche e tematiche individuabili nella ricorrenza della parola, ma non solo... 8) Individuare le costanti che costituiscono coppie di opposti. 9) Individuare costanti ambivalenti all'interno di ogni singolo elemento della coppia. 10) Ricercare le dipendenze fra le costanti, ponendole in un sistema gerarchico. 11) "Definire un sistema non arbitrario di valori" (F. Orlando, op. cit., pag. 238), vale a dire indicare valori e disvalori di qualsiasi genere all'interno del testo, ponendoli in relazione con l'autore (cio' che vale per il personaggio puo' non valere per l'autore). 12) Stabilire il significato del testo in modo che ne risulti "un polisenso ne' infinito ne' infallibile" (F. Orlando, op. cit., pag. 240).

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