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L.B.G. NAVIGLI: LA RICREAZIONE FINITA? Gianni Biondillo DIAMO LE SPALLE AL DUOMO Walter Marossi BOERI, DR. JEKYLL E MR. HIDE Giancarlo Pagliarini CERA UNA VOLTA LA LEGA Mario Ricciardi SUL FINANZIAMENTO AI PARTITI Rita Bramante CHE L'ARTE FERITA DELL'AQUILA 'VADA A RAMENGO'! Maria Berrini TRE MESI DI AREA C E TRE RISULTATI INEQUIVOCABILI Andrea Bonessa CONCORSI PER TUTTO E PER TUTTI: IL FUMO FA MALE Luca Pellegrini I NEGOZI CHIUDONO E SE RIAPRONO NON SONO PI GLI STESSI Lia Quartapelle e Pietro Bussolati ADOTTA UNA CAMPAGNA, SIAMO TUTTI ELETTORI DELLA CITT METROPOLITANA VIDEO RENATO BORGHI FEDERMODA: NEGOZI CHIUSI, E POI?
Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia
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sa allo sguardo di tutti. Ci che resta scoperto, lo sappiamo, sono lacerti di un sistema idraulico straordinario, che ha perduto la sua funzione originaria di trasporto merci. Non ci ha messo molto Milano a trovare una nuova vocazione ai quartieri che si affacciano sui Navigli ancora esistenti, usati oggi come canali irrigui, spesso in secca, desolati, abbandonati. bastata una generazione. Mio padre rammentava i suoi bagni da giovinetto nelle acque di un canale che non esiste pi. Per me i Navigli, quelli della cerchia storica, semplicemente non sono mai esistiti. Ci che non esperiamo col corpo smette di scambiare significato. Non c. Punto. Per me i Navigli sono solo quelli che ho conosciuto per davvero la Martesana, la Darsena, il Grande, il Pavese -, l ho passato la mia adolescenza (certi sabati qualunque, certi sabati italiani) bevendo birre su queste sponde, discutendo di arte e di politica, ridendo a crepapelle, piangendo, anche. Qui ho scoperto la passione per la musica, ascoltata in alcuni locali storici (fra cui il mai abbastanza rimpianto Capolinea, autentico tempio della musica jazz) e accompagnata a bruschette saporitissime e calici di vino rosso rubino. Qui, io stesso, ho suonato e cantato, quando avevo ventanni e volevo fare la rock star nella vita, qui, preso da autentico innamoramento urbano, ho festeggiato, nel cortile pergolato di una birreria, il mio matrimonio, banchettando e ballando fino a tarda notte. Ma per me il tombone di San Marco, le chiuse, le alzaie, sono poco pi di una toponomastica misteriosa. Un racconto che viene da un altro mondo, da un indifferenziato passato, da una nostalgia di unepoca che, a dirla tutta, non ho mai conosciuto. Mi rendo conto di fare a pugni con la mia formazione storica, universitaria, ma daltronde mi sento perfettamente coerente col mio essere milanese. Leggo e ascolto di continuo i lai disperati di chi rimpiange quella Milano, quella dei bastioni e della cerchia dei Navigli (non vorrei apparire caustico, ma ogni tanto mi chiedo se si rimpianga anche la Milano di quando si teneva la porta di casa aperta, ci si conosceva tutti e si parlava tutti in dialetto. La nostalgia un motore mitologico fenomenale) e ammetto di subire il fascino di chi propone la riapertura della rete
dacqua, per quanto sappia, razionalmente, che sarebbe una impresa spaventosa e assolutamente antieconomica. Avrei voglia anchio, insomma, di vederla quella Milano fluviale, imparentata con le citt del Nord, con Amburgo, con Amsterdam. Ma so che sarebbe, nei fatti, un desiderio antistorico. Il ripristino dei canali navigabili mi sembra una operazione di restauro urbano che nega levidenza: la freccia del tempo irreversibile, mi ricorda Ilya Prigogine. Scoperchiare i Navigli, al di l dellimpresa titanica, mi pare persino blasfemo e irrispettoso nei confronti della altrettanto titanica operazione di ridefinizione territoriale che segn il secolo che ci ha preceduti. Un modo di annichilire la Storia proprio nel nome della Storia. Ma non nostalgia, mi si ribatte. progetto. , a partire da un talento del territorio, il modo di dare una nuova tonalit, una nuova bellezza alla citt. Sarebbe vero, e sarebbe bello, se non fosse che alla fine, questo sistema di canali artificiali che si vuole creare non fa che ricadere nei tracciati storici. Cio, sotto mentite spoglie, nel desiderio di rimettere mano a una zona della citt che ha gi subito fin troppi segni e riscritture. Il sospetto - brutta cosa essere sospettosi - che in fondo si cerchi di abbellire ci che non ne ha bisogno, il centro storico, lasciando il resto della citt per quello che , quasi non esistesse. Una visione centripeta e perfettamente inadeguata a quello che Milano diventata: una citt centrifuga e policentrica. Insomma, fuori dai denti: ma davvero crediamo che occorra densificare di segni progettuali solo il centro, cio una piccola parte di territorio di una metropoli enorme, quando la restante parte della citt, quella quantitativamente pi presente (in abitanti e in incasato) avrebbe bisogno, eccome, di attenzione, di progetto, di identit? Nessuno mi propone di usare lelemento cangiante, poetico, magico dellacqua per riprogettare alcune periferie, alcuni quartieri senza qualit. Luoghi dove, tra laltro, per sezione stradale e per spazi disponibili una invenzione ex-novo di canali non comporterebbe cantieri dai tempi biblici quali quelli che, se si attuassero, imprigionerebbero il centro storico per decenni. Questa passione per le grandi opere la conosco. tipica di chi vuole
lasciare il proprio imperituro segno nel mondo. tipico di una deformazione del progettista e di una logica demagogica che ci caratterizza come italiani. Ma per come la vedo, oggi Milano ha bisogno di qualcosa di meno eclatante, di meno spendibile dal politicante di turno. Ha bisogno, cio, di una rispettosa manutenzione ordinaria e di una consapevole riprogettazione funzionale di ci che gi c: dei Navigli ancora esistenti, per dire, che versano in condizioni penose; dellunico fiume che attraversa la citt, il Lambro, bisognoso di attenzione vera e occasione progettuale irrinunciabile; del Seveso, intubato nella pancia della citt e che a ogni pioggia minimamente copiosa, tracima e mette in ginocchio Niguarda e, di conseguenza, mezza Milano (certo, uno scolmatore fa poco chic per un architetto, ma quanto ne abbiamo bisogno!). Ma su tutto il nostro sguardo dovrebbe concentrarsi su quelle periferie dove vive il 90% degli abitanti di una citt enorme, che, come il Seveso, tracima ben oltre, non solo dalla cerchia dei Navigli, ma dai confini stessi della citt. Le tangenziali di Milano, per capirci, sono il nostro nuovo sistema di circonvallazione urbana di una metropoli che esiste non ostante le lentezze amministrative, e che ha perci bisogno dessere (ri)pensata a questa macroscala. Diamo le spalle al Duomo - alla nostra montagna di pietra cresciuta grazie ai Navigli della nostra memoria almeno per una volta. Concentriamoci, per dovere, per etica urbana, sul resto del territorio. Questo non significa dimenticare la nostra storia, ma ribadirla. Il doveroso esercizio della memoria pi che in un restauro falsificante sta soprattutto nella capacit di conservare lesistente come un prezioso lascito ereditato dal passato, sta nella ricerca dei segni fantasmatici, e perci affascinanti, di ci che sembra perduto, sta nel saper leggere tutte le differenze o le aderenze del palinsesto urbano, stupendoci ancora di quanto sia viva questa citt, di come muti per restare sempre se stessa. Milano cambia e noi con lei. Come diceva Pasolini: nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme viviamo e sopravviviamo. Cos anche ogni cultura sempre intessuta di sopravvivenze.
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ne, se no lasci.
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la del socialismo) erano organizzazioni di varia natura. Chi fosse interessato al tema pu leggere il bel libro di Frances Stonor Saunders Who Paid the Piper? The CIA and the Cultural Cold War (Granta Books, London 1999) oppure due magistrali lavori di sintesi sulla Guerra fredda: The Atlantic and Its Enemies. A History of the Cold War (Allen Lane, London 2011) di Norman Stone e The Cold War (Allen Lane, London 2005) di John Lewis Gaddis. Non intendo negare che ai tempi della guerra fredda qualcuno abbia lucrato allombra dellideale, ma ho limpressione che la percentuale di autentica appropriazione per fini personali di risorse che legalmente o illegalmente erano destinate al finanziamento di attivit politiche sia stata, in quel periodo e forse anche fino agli anni novanta, meno ampia rispetto a quel che accade oggi. Un sistema illegale, dunque, una distorsione indiscutibilmente, ma qualcosa che si poteva spiegare e comprendere nel contesto della politica internazionale di quegli anni. Sottolineo spiegare e comprendere che cosa diversa da giustificare. Tuttavia, forse una qualche forma di perdono sarebbe stata accettabile se i partiti avessero avuto il coraggio di fare unoperazione di verit quando le inchieste di Tangentopoli misero sotto accusa un intero parlamento. Le cose non sono andate cos. Per mi pare che ci sarebbe da riflettere sui cambiamenti profondi intervenuti nel frattempo nella cultura politica e nella societ del nostro paese. Persino paragonate con le vicende emerse dalle inchieste di Tangentopoli quelle odierne mi sembrano di natura significativa-
mente diversa, e molto pi preoccupanti. Se non altro perch, leggendo le cronache di questi giorni, si fatica a capire quale sia il nesso tra certe operazioni immobiliari dellex tesoriere della Margherita, o tra certi investimenti in paesi in via di sviluppo dellex tesoriere della Lega, e il programma e gli ideali dei rispettivi partiti. Dalla patologia, forse curabile, siamo alla vera e propria degenerazione della politica democratica. Abbiamo detto che nel vecchio regime lopacit sia per quel che riguarda le fonti, sia per quel che riguarda la gestione dei fondi cui i partiti attingevano per le proprie spese era la regola piuttosto che leccezione. Ma non credo si possa dire che in passato fosse cos evidente la totale confusione tra interessi personali e politici che sembra il tratto distintivo degli scandali esplosi negli ultimi mesi. A dirla tutta, mi arrischierei persino a ipotizzare che i partiti liquidi, gassosi o personali non abbiano dato, da questo punto di vista, una gran prova. Oggi leggiamo con raccapriccio delle vicende di alcuni dirigenti della Lega. Ma le ultime notizie non sono certo le sole, e nemmeno possiamo affermare con certezza che siano le pi gravi. Buona parte dei partiti attualmente presenti in parlamento stata coinvolta negli ultimi anni in uninchiesta legata al finanziamento della propria attivit o alla gestione del proprio patrimonio. Se la memoria non mi inganna, lunica eccezione il partito personale di Silvio Berlusconi. Se ho ragione, sarebbe comunque anche questo un fatto su cui si dovrebbe riflettere con attenzione. Magari in attesa di uno storico che ci spieghi quali e quante risorse sono state impiegate negli ultimi venti anni per
finanziare le attivit politiche di Berlusconi e dei suoi sodali. Se possibile indicandone anche la provenienza. Questo stato di cose rende pi difficile la posizione di chi vorrebbe continuare a difendere il principio che il finanziamento dei partiti non pu essere lasciato unicamente alla libera contribuzione dei privati. Abolire del tutto il finanziamento pubblico una di quelle soluzioni semplici che oggi sono molto popolari, e che potrebbero prima o poi imporsi con la forza di unopinione pubblica eccitata da una stampa che sembra sempre meno disposta a sopportare i costi di una democrazia che non sia condizionata dai capitali privati. Per rendersi conto dei guasti che un regime di finanziamento privato senza limiti potrebbe generare basterebbe porgere lorecchio per ascoltare voci come quella di Ronald Dworkin che denuncia con forza i danni che il big money sta procurando alla democrazia americana, specie dopo che la sciagurata sentenza della Corte Suprema nel caso Citizens United ha di fatto liberalizzato la possibilit di finanziare candidati da parte di corporations e altri enti collettivi. Per evitare esiti peggiori ci vorrebbe una capacit di leadership da parte dei principali partiti che forse irragionevole sperare. Uniniziativa forte a sostegno di una proposta come quella di Pellegrino Capaldo resa pubblica nei giorni scorsi potrebbe essere a questo punto un male minore che sarebbe nellinteresse di tutti accettare. Le conseguenze dellirresolutezza dei partiti potrebbero essere molto peggiori, per i partiti stessi e per la democrazia.
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Nicola hanno subito sentito di dover assumere l'impegno di adottare una delle opere sofferenti Il ritrovamento della Croce, tela del XVII secolo del pittore Giulio Cesare Bedeschini, che nella Chiesa di San Francesco di Paola aveva preso la forma delle macerie e attendeva che mani esperte riparassero gli squarci con sapienti suture. Mastro Guido non nuovo a interventi generosi in soccorso dell'arte in situazione di emergenza, come quello dopo l'alluvione di Firenze nel 1966, quando contribu a risanare i muri dalla forte umidit per consentire la ricollocazione degli affreschi staccati. E questo in favore dei dipinti dell'Aquila pi che un gesto simbolico, pi di un'iniziativa che si esaurisce
in un atto di generosit: la prima adozione per i Nicola vorrebbe essere il volano per preservare opere che sono patrimonio collettivo dell'umanit e hanno bisogno di prendere temporaneamente 'casa' nella bottega di Aramengo per tornare poi nelle loro sedi originarie all'Aquila. Ci stanno provando con una sottoscrizione di certificati di adozione che necessita di un impegno collaborativo, avviato con l'iniziativa 'Un presepe per l'Aquila' allestito da Anna Rosa con un meticoloso lavoro artigianale curato nei pi piccoli dettagli, come soltanto un'esperta della 'restituzione estetica' pu saper fare con tanta abilit. Facciamo circolare questa bella iniziativa con il passaparola: la lista
delle opere d'arte che possono essere adottate per il restauro disponibile sul sito dell'Arcidiocesi dell'Aquila. Ecco svelato l'auspicio del titolo: che le opere danneggiate dell'Aquila possano 'andare a ramengo', cio possano raggiungere il laboratorio di restauro dei Nicola ad Aramengo, borgo del Monferrato che proprio grazie all'artigianato minuzioso di questa famiglia ha fatto perdere a questa espressione popolare la sua connotazione negativa (qui la giustizia sabauda confinava i detenuti condannati per reati finanziari), per farle assumere quella di una rinascita.
www.arcipelagomilano.org sempre pi disposti a usare lauto in modo meno irrazionale. Questa la nuova partita, ancora tutta da giocare, ma resa possibile proprio dalla riduzione del traffico indotto da Area C e dalla piccola rivoluzione culturale che ha innescato. Il cambio di passo va ancora difeso e sostenuto, ma la direzione certamente segnata. *presidente Amat
carico scarico, la logistica merci, che riducano tempi e costi, disincentivino gli abusi, migliorino lefficienza dei controlli e la qualit ambientale dei mezzi; un car sharing sempre pi capillare e diversificato nei mezzi, nei costi, nelle modalit di accesso e quindi capace di convincere i milanesi a liberarsi dellauto in propriet; ridisegno degli spazi stradali, corsie preferenziali e tempi semaforici che privilegino la
mobilit sostenibile; miglioramento delle linee tranviarie e metropolitane, parcheggi di interscambio nelle aree pi esterne e migliori connessioni con i comuni di area urbana. Moltissimo potr essere fatto anche intrecciando le politiche ambientali con quelle culturali ed economiche, per ridare alla citt nuova capacit attrattiva nei confronti di imprese, turisti e fruitori del tempo libero che chiedono qualit urbana e sono
www.arcipelagomilano.org come finirebbe la cosa, vero? Io so che gli imprenditori, forti dei diritti volumetrici in regalo, chiameranno a partecipare gruppi di studi conosciuti che si divideranno le torte. E chi giudicher i progetti? La cittadinanza? La Commissione Edilizia? Il Comune? Ma quanti metri cubi dovremo regalare per convincere un privato a subire un altro esame, che si aggiunge a quelli gi esistenti, che aumenter ulteriormente i tempi di progettazione e realizzazione di un intervento facendo lievitare di conseguenza i costi? E su chi si scaricheranno questi costi? Andranno sempre a finire nel famoso metro quadro che ormai nessuno pu pi permettersi e che gli imprenditori non riescono pi a vendere? una norma sostenibile? Ma come possiamo, dopo aver ridotto gli indici, continuare a utilizzare il territorio, i metri cubi, lo spazio, come lunica merce di scambio del Comune per ottenere qualit in edilizia? Come si pu chiedere risparmio energetico e pagarlo con maggiori consumi di suolo, come possiamo chiedere pi spazi verdi, qualit architettonica, leggerezza volumetrica e pagarla in volumi che ne sono lantitesi naturale? Di questo passo, tra incentivi energetici, edilizia convenzionata, progetti a concorso, pur partendo dallo 0,35 ipotizzato nel nuovo PGT della Giunta Pisapia rischiamo di raggiungere indici che Masseroli si sarebbe sognato. E poi con che logica si propone una norma da inserire nel regolamento edilizio, che, come dice la parola stessa deve regolare, non determinare, scelte per cui ci sono altri strumenti a cui non si deve in nessun modo sovrapporre? Una norma che interessa aspetti volumetrici, andando a sconfinare dritta dritta nel PGT. Dovremmo avere un regolamento edilizio snello, semplice e privo di trabocchetti interpretativi ed ecco che ci inseriamo un nuovo articoletto che far la gioia degli equilibristi del metro cubo, sempre alla ricerca di interpretazioni utili ad aumentare le superfici commercializzabili. Dopo le serre, gli spazi condominiali, le palestre, i volumi tecnici che non vengono burocraticamente considerati volume (ma che esistono e proliferano), ecco un altro bel regalino: Il concorso fai da te.
ADOTTA UNA CAMPAGNA, SIAMO TUTTI ELETTORI DELLA CITT METROPOLITANA Lia Quartapelle* e Pietro Bussolati**
Un anno fa, a Milano avvenuto un fatto politico che ha rivoluzionato la storia della citt negli ultimi ventanni. La vittoria di Giuliano Pisapia e della maggioranza di centrosinistra che con lui governa Milano ha segnato una tappa storica per il cambiamento della citt di Milano. Dalla vittoria di Milano, poi, come spesso accaduto nella storia dItalia, partito un processo di rinnovamento politico che ha investito
www.arcipelagomilano.org il territorio nazionale, il cui esito non ancora chiaro, ma che segna il passaggio dalla II alla III Repubblica. Il 6 e 7 maggio, larea metropolitana milanese si trova ad affrontare un passaggio elettorale forse meno simbolico delle elezioni comunali a Milano, ma altrettanto importante: si vota in 26 comuni di prima e seconda fascia. Il momento elettorale sar importante perch cade a un anno dalle elezioni politiche e in un momento di grande crisi della maggioranza di centro-destra al governo della Regione Lombardia. Lesito delle elezioni municipali sar un test in previsione del 2013 e per dimostrare che le cose possono cambiare anche a partire dalla provincia pi importante della Regione. Il Partito Democratico ha una responsabilit grande rispetto a quanto accadr nei comuni dove si va a elezioni, sia per lesito elettorale, sia per la proposta di governo, responsabilit che pari allimportanza del PD nella coalizione. In questi mesi, il Partito Democratico milanese ha elaborato delle proposte programmatiche tra cui quella della citt metropolitana: un modo di governare il territorio in maniera integrata, offrendo risposte non limitate ai confini comunali ma che riescano a essere pi attente allambiente, alla solidariet, al civismo, e che si traduce in investimenti in mezzi pubblici, netta riduzione del consumo del suolo e apertura di centri di aggregazione e cooperazione che hanno reso fertili e produttivi i nostri territori. Il processo costitutivo della grande Milano metropolitana seguir un iter che ci auspichiamo sia rapido ed efficace, consentendo cos di gestire in modo pi efficiente i servizi al cittadino e offrire un livello di governo in grado di affrontare le richieste dei territori, che non possono prescindere da risposte che vanno oltre i territori comunali. In modo ironico, si potrebbe parafrase il Massimo DAzeglio di Fatta lItalia, bisogna fare gli italiani: anche come PD possiamo dire che Mentre si fa Milano metropolitana, diventiamo tutti cittadini della grande Milano. Vorremmo farlo concretamente, partendo dalla campagna elettorale dei comuni della provincia che vanno al voto, mischiandoci, confrontandoci, da Solaro a Melegnano, da Cassano dAdda a Turbigo. Cos si costruisce anche lappartenenza a ununica grande area metropolitana, condividendo esperienze, valori e passioni. In questo la politica gioca un ruolo centrale perch la politica ha la capacit di raccontare ci che non c ma che diventer. Per questo motivo, 02PD A Milano piace democratico, il circolo di via Eustachi, ha deciso di promuovere liniziativa Adotta una campagna per sostenere i Comuni in cui si terranno le elezioni amministrative di maggio. Adotta una campagna partito questo sabato 14 aprile: con i militanti e gli amici di 02PD abbiamo raggiunto Abbiategrasso, per incontrare e sostenere il candidato sindaco Gigi Arrara, per poi spostarci a Magenta per dare una mano a Marco Invernizzi e ai tanti volontari che in queste settimane si stanno impegnando per il risultato elettorale del loro comune. Nelle prossime settimane andremo ad aiutare i candidati di Arese, Giuseppe Augurusa, di Cernusco sul Naviglio, Eugenio Comincini, di Buccinasco, Giambattista Mariorano, e di Bussero, Carlo Zerbini. Il Partito Democratico, a volte, corre il rischio di guardarsi lombelico, lambiccandosi su quale possa essere il proprio futuro diventando preda di personalismi e divisioni interne di cui i cittadini faticano a capire il senso. In un momento di antipolitica dilagante, importante che il corpo vivo del PD si impegni in modo compatto e unitario in quelle azioni in questo momento elettorali che permettono di modificare il mondo in cui viviamo. Le vittorie elettorali di maggio non saranno solo vittorie locali, ma saranno un patrimonio che servir al PD per dimostrare che si pu avere unidea delle cose da fare quando si governa e saranno un passo in avanti verso la sfida di cambiare lItalia. Adotta una campagna vuole essere unazione netta in questo senso: come stato generosamente fatto lo scorso anno da cittadini, militanti, simpatizzanti anche di altre citt della provincia e del Nord, ci mettiamo a disposizione dei militanti della Milano metropolitana, perch abbiamo il sogno di trasformare insieme il nostro territorio. Questi sono gli elementi del Partito Democratico che vogliamo: unorganizzazione che sa discutere, dividersi, ma che di fronte a sfide comuni capace di solidariet e impegno per costruire un fronte comune che guarda verso il futuro con ottimismo e senza nostalgie.
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Un programma strepitoso, di grande intelligenza, quello presentato la scorsa settimana dallOrchestra Verdi allAuditorium. Interamente dedicato al compositore russo Modest Musorgskij, non solo ha messo a confronto la versione originale dei Quadri di unesposizione per pianoforte (1873) con la celeberrima trasposizione per orchestra sinfonica a opera di Maurice Ravel (1922), ma alla versione pianistica ha anche abbinato la proiezione sincronizzata del film di animazione che Vassilij Kandinsky ha realizzato alla Bauhaus (1928) per questopera. Inoltre, per attutire limpatto - suggestivo ma sconcertante - dellaccostamento di due versioni della stessa musica, fra luna e laltra stato introdotto il poema sinfonico Una notte sul Monte Calvo che molti ricorderanno, diretto da Leopold Stokowski, nel film Fantasia di Walt Disney (1940). La compattezza del programma, il duplice accostamento fra musica e arte figurativa (i quadri evocati di Hartmann e quelli animati di Kandinsky), la magica aura russa che dallo schermo e dal palcoscenico scendeva e avvolgeva la platea, linizio e la conclusione del concerto con gli stessi temi - e soprattutto con quello meraviglioso della Promenade, ripetuto e rielaborato pi e pi volte, che li unisce e li innerva tutti - hanno ammaliato il pubblico che per tutte e tre le serate ha riempito la sala di largo Mahler al massimo della sua capacit. Il filmato di Kandinsky sorprendente: costruito da infinite figure geometriche (quadrati, triangoli, cerchi, piramidi e parallelepipedi dai colori vivacissimi), in movimento talvolta lento altre volte rapido, ammiccanti a personaggi in miniatura che ridono, piangono, si amano, litigano; un caleidoscopio e una processione di soli, lune, palline che si rincorrono su percorsi labirintici, che scendono dal cielo a formare paesaggi urbani tutte immagini sognanti, in intima relazione sia con i ritmi e le note di Musorgskij che con i quadri di Hartmann che le hanno ispirate. Al pianista Mikhal Rudy, anchesso russo, che ha ripescato al Centre Pompidou di Parigi il film di Kandinsky (ma non dato di sapere in che misura gli sia stato fedele ) e lo ha presentato due anni fa alla Cit de la Musique, dobbiamo molta gratitudine per questa reinvenzione e proposta, ma dobbiamo anche dirgli che la sua interpretazione dei Quadri non ci ha convinto. Sar stato per la difficolt di sincronizzarsi
con il filmato, o per la situazione inusuale di avere il pubblico distratto dalle straordinarie immagini che scorrevano sullo schermo, fatto sta che lesecuzione al pianoforte labbiamo trovata sciatta, poco approfondita, priva di pathos. Ci che invece abbiamo trovato di grandissima qualit sono state le successive prove dellorchestra Verdi e del suo giovane direttore. Jader Bignamini una vera rivelazione: entrato nellorchestra poco pi che ventenne, nel 1998, come clarinetto piccolo, ha una incredibile attivit musicale non solo come strumentista - camerista, solista e ospite delle pi importanti orchestre italiane, a cominciare dalla Filarmonica della Scala - ma da qualche anno anche come concertatore e direttore. In queste due opere di Musorgskij ha rivelato una grande professionalit, dirigendo tutto a memoria (e non sono partiture facili), con gesti sicuri (come i migliori direttori d il tempo in levare), ritmi e tempi perfetti, attacchi precisi a ogni sezione strumentale. commovente vedere come i giovani professori dellorchestra (giovanissimi lo erano tutti, allinizio, diciotto anni fa, ma let media ancora oggi molto bassa rispetto alle altre orchestre!) ne riconoscano lautorevolezza e come, con evidente generosit, si prodighino per assicurare successo al loro collega e allintera squadra. E con risultati ottimi grazie anche a un gruppo di ottoni e di percussioni di grande affidabilit (che brava quella Viviana Mologni che dallalto, dietro tutti i leggii, alza i battenti del suo timpano come fossero le mille braccia di una dea indiana protettrice ... e quanta poesia nei due recitativi finali del clarinetto e del flauto soli, sul finale della Notte!). Sia la Notte sul Monte Calvo che i Quadri di unesposizione sono stati tenuti da Bignamini a un livello di tensione molto elevato, talvolta - ma perch no? un po teatrali, sempre segnati da una approfondita analisi del testo, pulizia del suono, separazione delle voci, equilibrio delle parti. Curioso osservare che entrambe le opere non sono state orchestrate dallautore: la prima fu affidata dallo stesso Musorgskij allamico RimskijKorsakov i secondi sono stati letteralmente trasformati da Ravel. E a proposito di questi ultimi Enzo Beacco dice (nel programma di sala scritto come sempre magistralmente) che laspra versione originale pianistica piace oggi di pi della trasposizione raveliana per orchestra che invece starebbe diventan-
do sempre pi una testimonianza storica che invecchia lentamente. Sar anche vero, non ne saremmo certi, ma questa volta fra lesecuzione al pianoforte di Rudy e quella orchestrale di Bignamini non abbiamo avuto dubbi! E a questo concerto bisogna riconoscere il merito di averci presentato lorchestrazione di Ravel - ascoltata subito dopo il testo originale di Musorgskij - come una vera e propria lezione per capire il senso della musica, per carpirne i segreti, per svelare la quantit delle emozioni che sono celate in ogni nota. Musica per una settimana *mercoled 18 alla Scala concerto diretto da Riccardo Chailly con Stefano Bollani al pianoforte con musiche di Maurice Ravel (Alborada del gracioso, Concerto in sol e La Valse) e di George Gershwin (Catfish Row, suite da Porgy and Bess) *mercoled 18 al Conservatorio (Societ dei Concerti) il Quartetto di Venezia esegue lAdagio e Fuga in do minore KV 546 di Mozart, il Quartetto in do minore opera 110 di ostakovi e il Quartetto in fa maggiore opera 135 di Beethoven *gioved 19, venerd 20 e domenica 22, allAuditorium, lOrchestra Verdi diretta da Aziz Shokhakimov esegue lOuverture tragica opera 81 di Brahms, il Concerto per violoncello e orchestra (solista David Geringas) di Silvia Colasanti e, ancora di Brahms, la Sinfonia numero 1 in do minore opera 68 *sabato 21 al Teatro Dal Verme lOrchestra di Padova e del Veneto (direttore e solista Francesco Piemontesi) esegue il Concerto n. 1 in sol minore opera 25 per pianoforte e orchestra di Mendelssohn, il Quintetto in mi bemolle maggiore opera 16 per pianoforte e fiati di Beethoven, e il Concerto in do maggiore K. 503 per pianoforte e orchestra di Mozart *domenica 22 alla Scala prima di Tosca, di Giacomo Puccini, diretta da Nicola Luisotti con la regia di Luc Bondy, le scene di Richard Peduzzi e i costumi di Milena Canonero *luned 23, sempre alla Scala, a favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori, concerto della Mahler Chamber Orchestra diretta da Michael Abene con Jocelyn B. Smith e Kevin Mahogany, in A tribute to Ray Charles *luned 23 al Conservatorio (Serate Musicali) il pianista Bruno Leonardo Gelber esegue le 4 pi celebri Sonate di Beethoven e cio: la n. 14 in do diesis minore (Chiaro di Luna),
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www.arcipelagomilano.org la n. 21 in do maggiore (Waldstein) la n. 8 in do minore (Patetica) e la n. 23 in fa minore (Appassionata) *marted 24 nellAula Magna dellUniversit, lorchestra dellUniversit degli studi di Milano, diretta da Petr Altrichter esegue lOuverture di Egmont op. 84 di Beethoven, Legends opera 59 (n. 1,2,3,7,8,9,10) di Dvok, Rosamunde D. 797 e Zwischenaktmusik III in si bemolle maggiore di Schubert, e infine Pellas et Mlisande opera 46 di Sibelius
ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Aspettando il museo: gli artisti di ACACIA
ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea, unassociazione privata che riunisce al suo interno collezionisti e amanti darte, e che, nel suo insieme, incarna una sorta di super collezionista, attivo e attento alle tendenze artistiche. La promozione e il sostegno dellarte e del lavoro di giovani artisti italiani tra gli scopi principali dellassociazione, ed per questo motivo che, fin dalle sue origini, nove anni fa, il nucleo di opere comprate dai singoli collezionisti e messo a disposizione dellassociazione ha un grande e mirabile scopo: la creazione di una collezione di opere darte contemporanea da esporre a Milano nel futuro e presto auspicabile museo di arte contemporanea. Ecco dunque nascere la seconda edizione della mostra, esposta a Palazzo Reale, comprendente circa trenta opere di artisti internazionali e di primissimo piano: Mario Air (vincitore della prima edizione del Premio ACACIA), Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Gianni Caravaggio, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Francesco Gennari, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Adrian Paci, Paola Pivi, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Luca Trevisani, Marcella Vanzo, Nico Vascellari e Francesco Vezzoli. Opere darte che esplorano, com tipico dellarte contemporanea, tutti i medium e i supporti possibili: dalla fotografia ai video, dalla pittura alla scultura fino allinstallazione. Aprendo al pubblico la nostra raccolta vogliamo certamente proporre un evento culturale strettamente connesso al tempo che stiamo vivendo ma, nello stesso momento, iniziare un dialogo attivo e propositivo, perch larte contemporanea non rimanga appannaggio di pochi, bens sia promossa, conservata e tutelata. Questo il proposito di Gemma de Angelis Testa, presidente e fondatrice di ACACIA. Una sorta di mecenatismo collettivo dunque, tutto a favore della citt, che permette da una parte di comprare arte per il futuro museo, e dallaltra la conoscenza e la promozione dellarte e degli artisti pi importanti del panorama contemporaneo, con lobiettivo di essere capace di rispecchiare la contemporaneit e le sue dinamiche, un polo divulgativo in grado di trasmettere al suo pubblico formato da vari livelli culturali, la conoscenza dellarte, conclude De Angelis Testa. La mostra presenta anche per la prima volta al pubblico il lavoro di Rosa Barba, vincitrice del Premio ACACIA 2012: Theory in order to Shed Light. I suoi lavori, definiti sculture filmiche, sono il mezzo con cui lartista ama esprimersi, attraverso luso del video che viene smembrato nei suoi elementi strutturali: parole, musica, immagini e luce. La parola la parte che pi interessa Rosa Barba: frasi intere o testi vengono proiettati sulle pareti, accompagnati dal commento di voci fuori campo o dalla musica, utilizzando vecchi proiettori cinematografici collegati a strumentazioni di moderna tecnologia. In attesa dei grandi lavori, anche museali, per lExpo 2015, accontentiamoci per ora di avere un assaggio darte di quello che vedremo in pi adeguata sede.
Gli artisti italiani della Collezione ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea Palazzo Reale fino al 24 giugno. Ingresso gratuito Luned: 14.30_19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.30_19.30 Gioved e Sabato: 9.30_22.30
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www.arcipelagomilano.org corredare con la piccolo guida distribuita gratuitamente nelle gallerie e nei centri aderenti. Alla Galleria Carla Sozzani, corso Como, fino al 22 aprile sar possibile vedere i lavori di Alice Springs, pseudonimo della moglie di Helmut Newton, con i ritratti di moda e darte da lei realizzati in quarantanni di carriera. Il 6 maggio inaugurer invece, come di consuetudine, il World Press Photo 2012. Fino al 17 aprile presso Palazzo Castiglioni, corso Venezia, sono visitabili le tre mostre che hanno aperto questo PhotoFestival: Volti positivi, di Silvia Amodio; Divercity di Luciano Bobbs, dedicata a Milano, e Still life di Cristiano Ossoli, fotografie concentrate sui piccoli dettagli. Inaugura il 10 aprile anche La dimensione illuminante dellalbero, presso la storica Galleria Blanchaert (piazza S. Ambrogio), una mostra dedicata ai lavori fotografici del poliedrico e attivissimo Arturo Schwarz. Photofestival - fino al 12 maggio
Dario Fo a Milano. Lazzi, sberleffi, dipinti. Fino al 3 giugno Orari: Luned 14.30 - 19.30. Marted, mercoled, venerd, domenica 09.30 19.30. Gioved e sabato 09.30 22.30 Costi: 9 intero 7,50 ridotto
Marina is present
Questa settimana il mondo dellarte milanese ha mormorato sempre e solo un nome: Marina. E la signora in questione riconosciuta internazionalmente come la regina delle performer, Leone dOro alla Biennale di Venezia del 1997, creatrice di performance scandalose e provocatorie. Va in scena Marina Abramovi. Si aperta con grande eco internazionale The Abramovi Method, un evento a met tra la retrospettiva e la presentazione di un grande, impegnativo nuovo lavoro dellartista serba. Questo nuova opera nasce da una riflessione che Marina Abramovi ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance, dichiara la Abramovi. Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perch, come sosteneva Duchamp, il pubblico a completare lopera darte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili. E allora ecco che questa volta il pubblico diventa totalmente protagonista e attore. Una ventina di volontari, guidati dalle indicazioni della Abramovi e dei suoi assistenti, prendono posto in installazioni che ricordano le tre principali posizioni usate dalluomo: lo stare in piedi, sdraiati o seduti. Seguendo le indicazioni dellartista, vestiti di camici bianchi e di cuffie insonorizzanti, i protagonisti dellAbramovi Method sono tenuti a stare 30 minuti in ogni posizione, in un percorso fisico e mentale il cui scopo quello di espandere i propri sensi, osservare, imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi. Ma anche il pubblico protagonista. Per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, centrale ai fini del concetto stesso di performance, Marina Abramovi mette alla prova il pubblico anche nellatto apparentemente semplice dellosservazione: una serie di telescopi permettono infatti ai visitatori di osservare dallalto della balconata del PAC i protagonisti
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www.arcipelagomilano.org dellevento, concentrandosi su alcuni particolari. Una scelta non facile quella di partecipare alla performance, che richiede grande forza di volont e anche un pizzico di resistenza fisica, oltre che la consapevolezza di donare un paio dore del proprio tempo allarte e alla riflessione sulle nostre percezioni. Ma dinteressante c anche il lavoro The artist is present, video e riproduzioni della monumentale performance del 2010 che la Abramovi fece al MoMA di New York. Per tre mesi, sette ore al giorno, la Abramovi stata immobile e in silenzio davanti a oltre 1400 persone che, una alla volta, hanno avuto loccasione di sedersi davanti a lei, seduta in assoluto silenzio a un tavolo nellatrio del museo. I visitatori potevano sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato, e mentre lartista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, la loro reazione era invece il completamento dellopera, permettendo ai visitatori di vivere unesperienza intima con lartista. Immagini emozionanti, che mostrano come ogni essere umano reagisca in modi assolutamente diversi: chi rideva, chi stava serio, chi aveva una faccia dubbiosa e coloro che invece, molti, si lasciavano andare alle emozioni, piangendo silenziosamente davanti allartista. Concludono il percorso una selezione di video con le performance pi famose della Abramovi, come Dozing Consciousness, 1997, Nude with Skeleton, 2002, Cleaning the Mirror I e II, 1995, The Kitchen. Homage To Saint Therese, 2010 e tanti altri. La scoperta di Marina Abramovic continua poi presso la galleria Lia Rumma, con la personale With eyes closed I see Happyness, fino al 5 maggio. Marina Abramovi - The Abramovi Method - fino al 10 giugno orari: luned 14.30 19.30, da marted a domenica 9.30 19.30, gioved 9.30 22.30; orari turni performance: luned 15.00/ 17.30, dal marted alla domenica 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30; gioved 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30/ 20.00;costi: biglietto unico performance + mostra dal 25 marzo: 12 Biglietto mostra: 8 intero, 6 ridotto
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LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Le regole del gioco
Riccardo Perissich Longanesi 2012 396 pp., euro 17,60
Gioved 19, ore 18,30, il libro verr presentato a cura di Unione Lettori Italiani a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza Relatori: l'ambasciatore Giancarlo Aragona e il giornalista Luca Crovi L'Italia ha trovato il suo Le Carr? Il gioco delle spie ora made in Italy. Giallo all'italiana Cos titolavano i giornali all'uscita a gennaio del primo romanzo, una spy story, di Riccardo Perissich. La sua biografia ha inciso visibilmente nel plot narrativo, che affonda le radici nella esperienza personale dell'autore, profondo conoscitore delle alchimie delle relazioni internazionali. Egli stato infatti un alto funzionario alla Commissione europea di Bruxelles e un top manager in Telecom e Pirelli. Ha partecipato a negoziati internazionali e frequentato capi di stato e di governo, ministri, ambasciatori; a casa sua in Italia come a New York, a Londra a Parigi o a Mosca. Per capire dove ha preso spunto Perissich nel delineare i caratteri dei suoi personaggi, pu essere utile sapere che suo nonno, di famiglia filo austriaca, stato presidente del tribunale di Trieste ai tempi dell'Austria, sua nonna invece, di origine veneziana, era di sentimenti irredentisti. L'autore nato a Milano, ma ha vissuto da adolescente anche in Svezia e a Roma. Si dedicato da sempre alla scrittura, vuoi per giornali e riviste specializzate, vuoi per le sue note di servizio. Sin da ragazzo si appassionato al genere poliziesco e alle spy stories, delle quali stato accanito lettore. Non potevano dunque mancare nel suo libro gli elementi essenziali di un thriller: la ricerca della verit, al di l delle false piste; un plot internazionale potente e credibile, di attualit sorprendente; la paura, in questo caso di un terrorismo strisciante. E il suo libro parla infatti di un intrigo internazionale, finalizzato a destabilizzare l'area del medioriente, e farne ricadere la responsabilit su governi incolpevoli. Per la prima volta i servizi segreti italiani, considerati spesso con sufficienza dai colleghi delle grandi potenze, qui fanno la parte del leone. Seppure infiltrati da spie e ricattatori, non sfuggono per all'attenta analisi del colonnello Giuliano Valente, capo della sezione D. Grazie al suo coraggio, pure venato alla fine da senso di vendetta, verr forse sventata la terribile macchinazione. Di famiglia romana dell'aristocrazia nera, fedele al Vaticano, Valente si colloca per temperamento in una via di mezzo tra l'agente segreto macho alla James Bond e il problematico Smiley di John Le Carr. Il suo un carattere determinato, lucido, dinamico, con un innato senso dell'onore e della giustizia. Egli l'opposto del provinciale, di ampie vedute e a suo modo anticonformista, anche per la squadra stravagante di collaboratori di cui si serve per il suo lavoro, una lesbica, una hacker, un altoatesino rigoroso, una poliziotta di liberi costumi, un untuoso portaborse, un generale in pensione, suo maestro. Chi tra di loro sar la talpa? I due punti di forza di questo thriller italiano, inusuali in romanzi di stampo anglosassone, sono proprio la grande attenzione ai sentimenti privati, e una forte tensione morale del protagonista. Lo stile leggero e veloce, i dialoghi si susseguono a ritmo serrato, catturano l'attenzione del lettore, trasportato in giro per il mondo, da Saint Tropez a Roma, a Parigi e poi a Mosca e a Teheran, e a Washington e a New York, nel Pacifico e nel Kuwait, in Vaticano, in un vortice di avvenimenti. N mancano allusioni alla musica e alla cucina d'autore. Raffinatezze di ceto.
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riuscito, soprattutto dal punto di vista estetico. Chi lha letto, invece, rischia di rimanere un po deluso. Perch laspetto pi sacrificato, forse, proprio quello che rende I fratelli Karamazov unopera cos importante e amata, e cio il grande spessore di personaggi che, partendo da conflitti di natura emotiva, danno vita a dialoghi indimenticabili per le tematiche filosofiche che trattano e per come lo fanno. Di questi dialoghi (e dellazione emotiva che provocano e da cui sono generati) restano solo pochi accenni, utilizzati pi che altro come spunto funzionale per lanciare azioni fisiche che gli attori sono molto bravi a compiere luno sullaltro, ma che poco hanno a che fare, forse, con lopera scelta come punto di partenza. Laver voluto mantenere quasi tutti gli avvenimenti narrati nel romanzo
ha costretto a un largo utilizzo di narratori che, seppur cambiando (in modo da rendere organico il passaggio da una scena allaltra) hanno frenato in parte la fluidit della vicenda che sicuramente troppo ampia per essere contenuta in modo soddisfacente in due ore e venti. Csar Brie avrebbe potuto fare come Stein con I demoni, e cio produrre uno spettacolo di dieci ore (che per rende onore al romanzo) oppure mettere in scena lesito del suo lavoro di studio con gli attori su i corpi e gli spazi, evitando di tirare in ballo Dostoevskij. In questoultimo caso il risultato sarebbe stato senza dubbio altrettanto bello e godibile, perch lo spettacolo, anche cos, di grande valore e rappresenta un esempio riuscito di incontro fra processo laboratoriale e finalizzazione estetica. Gli attori,
giovani e provenienti da esperienze formative e lavorative diverse, ma tutti molto bravi, sono riusciti a trovare un linguaggio del corpo comune e omogeneo che viene mantenuto per tutta la durata e li fa essere parte viva del tableau vivant teatrale di un maestro come Csar Brie. Teatro Elfo Puccini dal 10 al 22 aprile. In scena Al Piccolo Teatro Strehler fino al 6 maggio Giulio Cesare di Shakespeare, regia di Carmelo Rifici. Al Teatro I dal 19 al 21 aprile Physique du rle, di Nicola Russo. Al Crt Teatro dal 17 aprile al 6 maggio Memorie del sottosuolo, tratto dal romanzo di Dostoevskij, regia di Marco Sgrosso.
CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Io sto con Sorrentino
Sto con Paolo Sorrentino il 4 maggio, giorno in cui verranno assegnati i David di Donatello. Sto con This Must Be the Place (Italia, Francia e Irlanda, 2011, 118'), sperando che riesca ad aggiudicarsi gran parte delle quattordici statuette a cui concorre. Di solito non considero un premio fondamentale per sancire la bravura di un regista o la bellezza di un film; ma questa volta la passione supera la razionalit. Sto con Paolo Sorrentino perch ancora una volta riuscito a creare cinema senza dare eccessivo peso alla trama: racconta di Cheyenne (Sean Penn, magnifico!), un po' rockstar un po' bambino, e della favola di un suo percorso fisico e spirituale. Sto con Paolo Sorrentino perch questa favola la racconta in maniera umile, sentendosi sempre un dilettante, nonostante i successi dei suoi film precedenti. Si sente piccolo Sorrentino, e forse proprio per questo riesce sempre a inventare storie grandi. Sto con Paolo Sorrentino perch come in altri suoi film anche This Must Be the Place parte da una situazione verosimile e la narra in modo inverosimile, a tratti grottesco. Trasforma l'ironia in arte come riusciva a fare Federico Fellini. Sto con Sorrentino perch le sue storie non hanno bisogno del documentario, sono finte, nascono dalla curiosit e finiscono nel sogno. Sto con Sorrentino per la sua genialit semplice e perch un noioso e, come lui stesso dice, la noia e la neutralit fanno nascere la scintilla della creazione. Sto con Sorrentino perch un Autore che segue ogni dettaglio: dalla scrittura alla musica alla fotografia. Come Franois Truffaut sa che il regista deve essere un dittatore. Sto con Sorrentino perch Cheyenne bello e Sean Penn bravo, e considera Sorrentino uno dei pochi maestri di cinema oggi in circolazione. Paolo Schipani Clicca qui per visualizzare le Candidature ai Premi David di Donatello.
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www.arcipelagomilano.org maco. Il pollo alle prugne non pu certamente salvargli la vita. Dopo i personaggi di animazione, protagonisti di Persepolis, Marjane Satrapi decide di utilizzare attori reali. Se per in Persepolis con la grazia del fumetto, la voce e la regia queste creature erano diventate veri e propri personaggi, inspiegabilmente in Pollo alle prugne gli attori in carne e ossa finiscono rinchiusi nei loro costumi dando l'impressione di non aver mai compiuto il passaggio dal fumetto alla pellicola cinematografica. Marco Santarpia In sala a Milano: Eliseo, Gloria Multisala
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