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numero 14 anno IV - 18 aprile 2012

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L.B.G. NAVIGLI: LA RICREAZIONE FINITA? Gianni Biondillo DIAMO LE SPALLE AL DUOMO Walter Marossi BOERI, DR. JEKYLL E MR. HIDE Giancarlo Pagliarini CERA UNA VOLTA LA LEGA Mario Ricciardi SUL FINANZIAMENTO AI PARTITI Rita Bramante CHE L'ARTE FERITA DELL'AQUILA 'VADA A RAMENGO'! Maria Berrini TRE MESI DI AREA C E TRE RISULTATI INEQUIVOCABILI Andrea Bonessa CONCORSI PER TUTTO E PER TUTTI: IL FUMO FA MALE Luca Pellegrini I NEGOZI CHIUDONO E SE RIAPRONO NON SONO PI GLI STESSI Lia Quartapelle e Pietro Bussolati ADOTTA UNA CAMPAGNA, SIAMO TUTTI ELETTORI DELLA CITT METROPOLITANA VIDEO RENATO BORGHI FEDERMODA: NEGOZI CHIUSI, E POI?

COLONNA SONORA Rodolfo De Angelis


MA COS QUESTA CRISI (1933)

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo LIBRI a cura di Marilena Poletti Pasero TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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NAVIGLI: LA RICREAZIONE FINITA? Luca Beltrami Gadola


La ricreazione finita? Temo di s. Da qualche tempo su queste pagine si sviluppato un ampio dibattito sul problema della riapertura dei Navigli e pi in generale sul destino dei canali milanesi e lombardi. Molto se n discusso, molto si progettato, anche se non credo si sia ancora giunti a confrontare le varie soluzioni proposte sia in termini di costi diretti che in termini di disagi e costi indiretti che i progetti di questo tipo generano. Sul tema delle acque attorno a Milano utile comunque spaccare la questione in due tronconi ben distinti anche se qualche punto di contatto ovviamente c. Da un lato mettiamo la regimazione delle acque che esondano e provocano danni e dallaltra quelle il cui ripristino si configura come ricupero di un paesaggio del centro urbano lentamente scomparso a partire dai primi decenni del ventesimo secolo. Per le prime non ho alcun dubbio: sono opere che vanno fatte perch incidono negativamente sulla vita della citt e sulla sua affidabilit. Per le seconde si pone, oggi pi che mai, il problema della priorit di queste opere rispetto ad altre delle quali Milano e la sua collettivit hanno grande bisogno e urgenza. Il patrimonio pubblico, case popolari per usare un termine del quale non dobbiamo vergognarci ma anche scuole, asili, ricoveri per anziani e via via salendo sino ad arrivare ai musei cittadini, agli spazi pubblici, allarredo urbano e per finire la rete dei trasporti pubblici, vengono prima di un intervento il cui principale obbiettivo di carattere paesaggistico. Voglio parlare solo della citt costruita perch se nellelenco della spesa introduciamo anche il finanziamento ai servizi sociali o agli stimoli per la crescita economica e loccupazione, la scala delle priorit diventa cos lunga che il gradino Navigli scivolerebbe ancora pi in basso. Pur restando nellambito delle sistemazioni del territorio urbano, io ritengo che si debba in primo luogo procedere al riequilibrio tra centro e periferia usando tutte le strategie possibili tra le quali vedo in primo piano la sistemazione degli spazi pubblici e del loro arredo, considerato che lo spostamento o la ricollocazione di funzioni pregiate sembra impossibile per la dura opposizione di chi attorno alle attuali funzioni pregiate ha trovato una sistemazione per lui funzionale. Ma quando lo si fatto spesso sulla spinta dinteressi immobiliari - stato qualcosa di diverso dalla riqualificazione di una periferia. Lesempio pi clamoroso la collocazione delle nuove strutture sanitarie oggi esistenti e di quelle programmate. Dun balzo si scavalcata la periferia e si andati in un altrove scomodo soprattutto per i pazienti e i loro parenti. La periferia un terreno di difficile confronto perch richiede una capacit progettuale di ricucitura che tenga conto di moltissime variabili e di grande interdisciplinariet. Riannodare i fili sociali con strumenti edilizi una delle pratiche pi difficili e il pericolo sempre dietro langolo: immaginare laltrui vita sociale condizionati dalle caratteristiche della propria e liberarsi contemporaneamente dalle astrazioni culturali delle quali si facili prede. Dunque, se anche solo per ragioni strettamente di bilancio magari supportati pure da qualche riflessione sul versante costi benefici - dobbiamo mettere per qualche anno nel cassetto la riapertura dei Navigli che tanto cultura e sapere hanno mobilitato, credo che questa cultura e questo sapere non potranno tirarsi indietro rispetto al riequilibrio tra centro e periferia. Non sar una banale ricreazione.

DIAMO LE SPALLE AL DUOMO Gianni Biondillo


In un romanzo rimasto incompiuto di Elio Vittorini, proprio nelle prime pagine, lautore ci racconta delle due cerchie di terrapieni e mura meneghine che andavano abbattendosi gi dagli anni Trenta del secolo scorso. Conosco pochi autori cos profondamente milanesi come lo scrittore siracusano. tipico di chi si sente accolto come un figlio, lamore quasi incondizionato, estremo, per Milano. Vittorini vedeva abbattersi la memoria storica, preindustriale e, non ostante la sua sensibilit estetica consapevole della perdita, riusciva allo stesso tempo a entusiasmarsi nei confronti di ci che il nuovo portava con s. Il grandeggiare delle prospettive dei gai palazzi di vetro - scrive - che andavano a prendere il posto dei docili colli coi fianchi coperti di muschio che furono i bastioni. Se esiste una tradizione, una autentica tradizione meneghina sicuramente quella di cambiare di continuo pelle, di ridefinire i suoi spazi, di aggiornare il contesto urbano alla modernit. Milano quasi vive come un intralcio la sua millenaria storia, cerca di continuo di rinascere con slancio, di esserci, costi quel che costi, di mostrarsi al passo col mondo. Non che questo non provochi sofferenza, nostalgie, spesso anche frizioni nel tessuto sociale. Leggo, per dire, da un bollettino parrocchiale di quasi un secolo fa, dopo labbattimento del complesso di Santa Maria di Loreto, i versi di un anonimo poeta vernacolare: certo, quanto dolore per la perdita della memoria, sopratutto per i vic nas, scampa chi tucc arent / atorna a la gesina ed al convent daltronde, inutile girarci attorno L inutil imprec e suspir / L inutil torn indree cont el penser. Alla fin fine i milanesi, dal grande scrittore al poeta della domenica, comprendono che il mutamento assomiglia a loro pi della conservazione. Strana razza, che demolisce monumenti insigni e poi li rimpiange. Ma prima, appunto, li demolisce, nel nome di una emotiva, viscerale fiducia nei confronti delle magnifiche sorti e progressive. Cos accadde con la cerchia dei Navigli. E cos, in fondo, doveva accadere. Nel volgere di qualche decennio, quasi a sfregio del lavoro secolare delle generazioni precedenti che avevano trasformato Milano in una sorta di Venezia di pianura, giusto perch la contemporaneit lo chiedeva, con slancio, con entusiasmo, la fitta rete di canali stata tombinata, chiusa, sepolta, esclu-

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sa allo sguardo di tutti. Ci che resta scoperto, lo sappiamo, sono lacerti di un sistema idraulico straordinario, che ha perduto la sua funzione originaria di trasporto merci. Non ci ha messo molto Milano a trovare una nuova vocazione ai quartieri che si affacciano sui Navigli ancora esistenti, usati oggi come canali irrigui, spesso in secca, desolati, abbandonati. bastata una generazione. Mio padre rammentava i suoi bagni da giovinetto nelle acque di un canale che non esiste pi. Per me i Navigli, quelli della cerchia storica, semplicemente non sono mai esistiti. Ci che non esperiamo col corpo smette di scambiare significato. Non c. Punto. Per me i Navigli sono solo quelli che ho conosciuto per davvero la Martesana, la Darsena, il Grande, il Pavese -, l ho passato la mia adolescenza (certi sabati qualunque, certi sabati italiani) bevendo birre su queste sponde, discutendo di arte e di politica, ridendo a crepapelle, piangendo, anche. Qui ho scoperto la passione per la musica, ascoltata in alcuni locali storici (fra cui il mai abbastanza rimpianto Capolinea, autentico tempio della musica jazz) e accompagnata a bruschette saporitissime e calici di vino rosso rubino. Qui, io stesso, ho suonato e cantato, quando avevo ventanni e volevo fare la rock star nella vita, qui, preso da autentico innamoramento urbano, ho festeggiato, nel cortile pergolato di una birreria, il mio matrimonio, banchettando e ballando fino a tarda notte. Ma per me il tombone di San Marco, le chiuse, le alzaie, sono poco pi di una toponomastica misteriosa. Un racconto che viene da un altro mondo, da un indifferenziato passato, da una nostalgia di unepoca che, a dirla tutta, non ho mai conosciuto. Mi rendo conto di fare a pugni con la mia formazione storica, universitaria, ma daltronde mi sento perfettamente coerente col mio essere milanese. Leggo e ascolto di continuo i lai disperati di chi rimpiange quella Milano, quella dei bastioni e della cerchia dei Navigli (non vorrei apparire caustico, ma ogni tanto mi chiedo se si rimpianga anche la Milano di quando si teneva la porta di casa aperta, ci si conosceva tutti e si parlava tutti in dialetto. La nostalgia un motore mitologico fenomenale) e ammetto di subire il fascino di chi propone la riapertura della rete

dacqua, per quanto sappia, razionalmente, che sarebbe una impresa spaventosa e assolutamente antieconomica. Avrei voglia anchio, insomma, di vederla quella Milano fluviale, imparentata con le citt del Nord, con Amburgo, con Amsterdam. Ma so che sarebbe, nei fatti, un desiderio antistorico. Il ripristino dei canali navigabili mi sembra una operazione di restauro urbano che nega levidenza: la freccia del tempo irreversibile, mi ricorda Ilya Prigogine. Scoperchiare i Navigli, al di l dellimpresa titanica, mi pare persino blasfemo e irrispettoso nei confronti della altrettanto titanica operazione di ridefinizione territoriale che segn il secolo che ci ha preceduti. Un modo di annichilire la Storia proprio nel nome della Storia. Ma non nostalgia, mi si ribatte. progetto. , a partire da un talento del territorio, il modo di dare una nuova tonalit, una nuova bellezza alla citt. Sarebbe vero, e sarebbe bello, se non fosse che alla fine, questo sistema di canali artificiali che si vuole creare non fa che ricadere nei tracciati storici. Cio, sotto mentite spoglie, nel desiderio di rimettere mano a una zona della citt che ha gi subito fin troppi segni e riscritture. Il sospetto - brutta cosa essere sospettosi - che in fondo si cerchi di abbellire ci che non ne ha bisogno, il centro storico, lasciando il resto della citt per quello che , quasi non esistesse. Una visione centripeta e perfettamente inadeguata a quello che Milano diventata: una citt centrifuga e policentrica. Insomma, fuori dai denti: ma davvero crediamo che occorra densificare di segni progettuali solo il centro, cio una piccola parte di territorio di una metropoli enorme, quando la restante parte della citt, quella quantitativamente pi presente (in abitanti e in incasato) avrebbe bisogno, eccome, di attenzione, di progetto, di identit? Nessuno mi propone di usare lelemento cangiante, poetico, magico dellacqua per riprogettare alcune periferie, alcuni quartieri senza qualit. Luoghi dove, tra laltro, per sezione stradale e per spazi disponibili una invenzione ex-novo di canali non comporterebbe cantieri dai tempi biblici quali quelli che, se si attuassero, imprigionerebbero il centro storico per decenni. Questa passione per le grandi opere la conosco. tipica di chi vuole

lasciare il proprio imperituro segno nel mondo. tipico di una deformazione del progettista e di una logica demagogica che ci caratterizza come italiani. Ma per come la vedo, oggi Milano ha bisogno di qualcosa di meno eclatante, di meno spendibile dal politicante di turno. Ha bisogno, cio, di una rispettosa manutenzione ordinaria e di una consapevole riprogettazione funzionale di ci che gi c: dei Navigli ancora esistenti, per dire, che versano in condizioni penose; dellunico fiume che attraversa la citt, il Lambro, bisognoso di attenzione vera e occasione progettuale irrinunciabile; del Seveso, intubato nella pancia della citt e che a ogni pioggia minimamente copiosa, tracima e mette in ginocchio Niguarda e, di conseguenza, mezza Milano (certo, uno scolmatore fa poco chic per un architetto, ma quanto ne abbiamo bisogno!). Ma su tutto il nostro sguardo dovrebbe concentrarsi su quelle periferie dove vive il 90% degli abitanti di una citt enorme, che, come il Seveso, tracima ben oltre, non solo dalla cerchia dei Navigli, ma dai confini stessi della citt. Le tangenziali di Milano, per capirci, sono il nostro nuovo sistema di circonvallazione urbana di una metropoli che esiste non ostante le lentezze amministrative, e che ha perci bisogno dessere (ri)pensata a questa macroscala. Diamo le spalle al Duomo - alla nostra montagna di pietra cresciuta grazie ai Navigli della nostra memoria almeno per una volta. Concentriamoci, per dovere, per etica urbana, sul resto del territorio. Questo non significa dimenticare la nostra storia, ma ribadirla. Il doveroso esercizio della memoria pi che in un restauro falsificante sta soprattutto nella capacit di conservare lesistente come un prezioso lascito ereditato dal passato, sta nella ricerca dei segni fantasmatici, e perci affascinanti, di ci che sembra perduto, sta nel saper leggere tutte le differenze o le aderenze del palinsesto urbano, stupendoci ancora di quanto sia viva questa citt, di come muti per restare sempre se stessa. Milano cambia e noi con lei. Come diceva Pasolini: nulla muore mai in una vita. Tutto sopravvive. Noi, insieme viviamo e sopravviviamo. Cos anche ogni cultura sempre intessuta di sopravvivenze.

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BOERI, DR. JEKYLL E MR. HYDE Walter Marossi


Boeri fu scelto come candidato a sindaco dal Pd, che lo aveva corteggiato a lungo, con molta ritrosia da parte sua; considerato vincente contro Pisapia in primarie date per scontate, perse anche grazie a Onida associati. Peccato si disse cos non vinceremo mai. Invece il destino cinico e baro di saragattiana memoria fa vincere Pisapia e il nostro da innocente vittima del gioco interno, da risorsa sprecata in uninutile primaria egemonizzata dai sinistri, diventa il principale responsabile della sostanziale sconfitta del Pd, che torna al governo della citt come vent'anni prima grazie a un papa straniero. Pisapia per di pi, fin da subito parla di sinistra arancione, di popolo arancione, di un nuovo inizio, imbarcando come in una specie di arca tutti i soggetti del sinistra centro a scapito fondamentalmente del Pd e in particolare della sua nomenclatura, cui non viene dato neppure lo strapuntino del vicesindaco, ruolo che non fu negato nemmeno a un decorato qualsiasi. Anche questo insuccesso viene imputato a Boeri. In poche settimane quel Boeri che secondo Repubblica aveva trascina il Pd a un grande risultato diventa un dissidente. Elaborato il lutto (forse), il nostro partendo da una constatazione su Penati: La vicenda giudiziaria che coinvolge Filippo Penati sta mettendo in luce comportamenti illeciti e comunque inaccettabili, radicati in una parte della politica milanese e lombarda chiede nell'agosto di Rigenerare il Pd ottenendo sostegno solo dal collega di giunta Majorino. Qualche mese dopo in una lettera agli elettori allarga l'argomentazione e spara a palle incatenate: "perch oggi c' una distanza siderale tra il partito che vogliamo e quello che esiste... triste dircelo, ma nonostante questo successo, il Partito che esiste oggi a Milano sembra un piccolo mondo chiuso, parallelo e indifferente a quanto succede nel governo della citt. Il partito che di fronte alle vicende giudiziarie di un suo dirigente si produce in un complicato riassetto della sua segreteria invece che affrontare con coraggio un serio approfondimento politico sul rapporto tra interessi, governo locale e trasformazioni del territorio; il partito che oggi discute e si divide parlando di riorganizzazione per componenti, di nomine equilibrate n.14 IV 18 aprile 2012 sulle correnti, lontano mille miglia dalla tensione propulsiva della nostra campagna elettorale." Qualcuno comincia a pensare che sarebbe meglio levarselo dai piedi e lui tetragono risponde "Il Pd un progetto in cui ho investito molto fin dall'inizio, dal 2007 e oggi sono assolutamente convinto a non andarmene, anche se magari qualcuno lo spera, perch questo per me il luogo per fare politica in Italia" ed entra a piedi uniti anche nelle vicende interne pi modeste come la rielezione della segreteria provinciale: Prima discutere di progetti, concretamente, poi subito ridefinire di conseguenza la segreteria mentre voi pochi giorni fa l'avete rifatta con logiche a me lontane e senza coinvolgere i circoli". In pratica sembra candidarsi a leader di una rifondazione e per alcuni anche a presidente della regione. A pochi mesi da quando era il miglior interprete del progetto di riscossa civica di cui Milano ha bisogno" nel gruppo dirigente del Pd non lo sopporta pi nessuno, e quando sull'Expo cerca di imporre a Pisapia una correzione di rotta, viene scaricato platealmente: noi stiamo con Pisapia senza se e senza ma dichiara il semplicemente tranchant Laforgia. Nella battaglia commette un errore imperdonabile per chi vuole rigenerare un partito che ha vinto le elezioni e condizionare il sindaco: in una delle interviste pi in ginocchio della storia cittadina chiede scusa e si dice disposto a tutele e periodi di prova pur di restare in giunta, manco fosse un apprendista cameriere a ore e si stesse parlando del servizio ai tavoli non dell'Expo. Il perch di una cos repentina ritirata misterioso. Il suo appeal tra chi condivideva le esigenze di rigenerazione crolla, n meglio gli va in giunta: a cosa si riduca il suo peso reale lo si evince di li a poco nella vicenda Triennale; per qualche collega assessore, lo sport preferito sembra quello di prenderlo a ceffoni politici: gli hanno preso le misure sanno che can che abbaia non morde. Il nostro per ha resistenza, lascia passare un po' di tempo e riparte su altri temi sensibili cos parlando del Pd e del suo capogruppo: sulle coppie di fatto banalit e pregiudizi e sull'antimafia: "Abusando una volta di pi del suo ruolo. Una posizione cos sbagliata e fuori tono da chiedere con urgenza una presa di posizione ufficiale della segreteria provinciale del Pd. concludendo: il Pd ha bisogno di una rigenerazione. Gli risponde con sufficienza la Rozza: "A Boeri non rispondo pi. Dica quello che vuole. Non posso mica rispondere tutte le volte a chi si alza la mattina e spara su di me, il tono quello che si usa con i molestatori non con gli avversari politici. Ma a far definitivamente uscire dai gangheri Cornelli and Co. non la rinnovata richiesta di dimissioni di Penati per non farsi dare lezioni dal Trota e dalla Lega ma la motivazione. Boeri ribadisce infatti che non questione di condanne assoluzioni o prescrizioni, a questa ci pensa la giustizia, ma di etica e di morale, con limplicita conseguenza che non si tratta di una vicenda personale ma collettiva perch Penati era un elemento di grandissimo peso nel partito ergo anche i suoi amici vanno dimessi e il partito va bonificato. In pratica si avvale del ben noto non potevano non sapere. Apriti cielo il commento pubblico pi gentile della nomenclatura tafazziano qualcuno pi dotto ricorda il Trotsky di La loro morale e la nostra. La sua risposta a tono: triste che qualcuno pensi che parlare in pubblico di questi problemi sia debolezza. La reazione dei dirigenti democratici? Nervose e non razionali, in pratica gli da degli omertosi. Non ricordo a mia memoria un assessore cos distonico con il suo sindaco se non ai tempi di Aniasi e De Carolis (ere geologiche fa), un capodelegazione di giunta cos in rotta con il capogruppo e i colleghi assessori, mentre ricordo molti dirigenti di partiti che volevano rifondare e rigenerare il proprio, a qualcuno pure riuscito. Il Boeri politico un Dr. Jekyll e Mr. Hyde: una volta rifondatore temerario laltra zerbino in ginocchio pur di restare in giunta. Difficile capire se possa essere un leader politico o anche solo linnesco di un processo. Mi sembra per che un modo per scoprirlo ci sia. Boeri scriva un progetto per il partito e per la citt, si candidi a guidarlo, chieda un congresso, (lo statuto regionale da ampia autonomia alla federazione metropolitana e lassemblea che ha ratificato lelezione dellattuale segretario risale al dicembre 2009) se

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lo ottiene partecipi alla competizio-

ne, se no lasci.

CERA UNA VOLTA LA LEGA Giancarlo Pagliarini*


Luca Beltrami Gadola mi ha chiesto un ricordo della Lega di una volta. Lo faccio volentieri. Dico subito che il movimento che ho conosciuto allinizio degli anni 90 non era nemmeno un lontano parente del partito politico di cui in questi giorni leggiamo sui quotidiani. Ho conosciuto la Lega nel 1990 per merito di IDOM Impresa Domani, una associazione tra imprenditori di diversi settori. A una riunione del consiglio direttivo a casa di Roberto Meregaglia il bravissimo e saggio Giorgio Galli aveva sollevato il problema del fenomeno Lega. A quei tempi IDOM organizzava degli incontri per i soci, e cos abbiamo deciso di invitare qualcuno della Lega. Era venuto un signore che malgrado la giacca sgargiante e la cravatta impossibile ci aveva parlato di una cosa molto seria: la necessit di cambiare le regole della finanza derivata. Dopo quellincontro con Francesco Speroni ho cominciato a frequentare la sede di Milano della Lega in piazza Massari. Le regole erano queste: ci incontravamo una volta la settimana, il Luned sera. Qualche volta cera Bossi, qualche volta cera Formentini, ma il vero padrone di casa, il leghista sempre presente, si chiamava Roberto Ronchi (purtroppo morto nel 1999). Tutti i partecipanti erano persone sostanzialmente digiune di politica che per campare lavoravano: dunque non facevano politica e non vivevano di politica. Al luned sera si andava in quella sede della Lega per discutere, ascoltare, imparare e proporre. E Ronchi prendeva diligentemente nota delle idee che giravano in quella sala. Il documento pi fotocopiato e discusso era la pagina 19 del Sole 24 Ore di domenica 9 dicembre 1990. Cerano due articoli, uno di Marco Vitale (Una Costituzione per rifare lItalia) e uno di Valerio Zanone (Meglio riformare i partiti) che commentavano il libro Una Costituzione per i prossimi trentanni di Gianfranco Miglio. Da quelle discussioni era nato il Decalogo di piazza Massari. Eccolo: 1. Limitare il potere di tassazione dello Stato e degli enti locali, identificando nella Costituzione un tetto massimo alla pressione fiscale complessiva. Invertire i flussi fiscali, eliminando lintermediazione dello Stato e statuire che le Pubbliche Amministrazioni di ogni Regione devono coprire almeno l80% di tutte le loro spese, incluse quelle previdenziali. Solidariet e perequazione possono coprire il rimanente 20% solo in assenza di sprechi e di significativa evasione fiscale nelle Regioni che ricevono la solidariet dalle altre Regioni. 2. Riconoscere nella Costituzione limpresa, e tutelarla 3. Limitare la presenza dello Stato nell'economia. 4. Regolamentare il diritto di sciopero. 5. Imporre obblighi di trasparenza e di rendiconto ai sindacati. 6. Tutelare come valore fondamentale la professionalit, l'imparzialit e l'indipendenza della pubblica amministrazione. 7. Togliere gli attuali limiti all'esercizio dei referendum. 8. Statuire con molta chiarezza che il debito pubblico potr essere trasferito alle generazioni future solo a fronte di investimenti. 9. Passare gradualmente dallattuale, assurdo sistema pensionistico a ripartizione a un pi razionale e responsabile sistema a capitalizzazione. 10. Sancire nella Costituzione il principio dellassoluta uguaglianza tra pubblico e privato, che devono essere considerate due sfere parimenti sovrane. Prevedere che se tra queste due sfere sorgono gravi conflitti, a decidere sia la volont popolare, attraverso un referendum. Sancire che il cosiddetto "primato della politica" un'idea falsa, e che una societ libera e aperta sempre dualistica: poggia cio su una assoluta uguaglianza tra privato e pubblico. Un altro punto di riferimento costante era la Costituzione Svizzera e la cosiddetta formula magica: maggioranza e opposizione assieme al governo. Allinizio degli anni 90 qui a Milano questi dieci punti erano la sostanza del movimento Lega. La forma era pi gridata e pi banale: questa, purtroppo, era (ed !) la regola del gioco per farsi sentire e per farsi conoscere in un paese, come scrive Ostellino culturalmente arretrato, politicamente bigotto e moralmente ambiguo la cui lite culturale lo specchio del paese: o reticente (per incompetenza e opportunismo) o dogmatica o subalterna agli interessi organizzati. Con gli anni quel movimento caratterizzato da idee (o, se preferite, da utopie) di gente che per campare lavorava si completamente trasformato: entrata, sempre pi numerosa, gente che per campare faceva politica. Oggi mi sembra che gli obiettivi del partito Lega Nord siano nel vento, e che di quei dieci punti in via Bellerio e dintorni non ne parli pi nessuno. Per finire, sono convinto che il partito politico Lega Nord oggi non sia (molto) peggiore degli altri partiti. Sui mercati finanziari internazionali da qualche anno Grecia un nome in codice che significa Italia e di questo dobbiamo ringraziare in modo uguale la Lega Nord e gli altri partiti. *Segretario Unione Federalista

SUL FINANZIAMENTO AI PARTITI Mario Ricciardi


Le storie emerse in questi giorni fanno venire il dubbio che la nuova politica non sia stata un passo avanti rispetto alla precedente. Almeno non dal punto di vista della trasparenza nel finanziamento dei partiti. Sappiamo bene che, per buona parte della storia repubblicana, la guerra fredda ha fatto da scusa a una certa disinvoltura da parte dei responsabili del finanziamento dei partiti politici, alimentando anche una qualche dose di mutua tolleranza tra le forze politiche relativamente alle rispettive fonti di tali finanziamenti. Si tratta di un fenomeno complesso, che non riguarda solo lItalia e non coinvolge soltanto i partiti. A ricevere soldi per dare il proprio contributo alla causa (sia quella della libert sia quel-

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la del socialismo) erano organizzazioni di varia natura. Chi fosse interessato al tema pu leggere il bel libro di Frances Stonor Saunders Who Paid the Piper? The CIA and the Cultural Cold War (Granta Books, London 1999) oppure due magistrali lavori di sintesi sulla Guerra fredda: The Atlantic and Its Enemies. A History of the Cold War (Allen Lane, London 2011) di Norman Stone e The Cold War (Allen Lane, London 2005) di John Lewis Gaddis. Non intendo negare che ai tempi della guerra fredda qualcuno abbia lucrato allombra dellideale, ma ho limpressione che la percentuale di autentica appropriazione per fini personali di risorse che legalmente o illegalmente erano destinate al finanziamento di attivit politiche sia stata, in quel periodo e forse anche fino agli anni novanta, meno ampia rispetto a quel che accade oggi. Un sistema illegale, dunque, una distorsione indiscutibilmente, ma qualcosa che si poteva spiegare e comprendere nel contesto della politica internazionale di quegli anni. Sottolineo spiegare e comprendere che cosa diversa da giustificare. Tuttavia, forse una qualche forma di perdono sarebbe stata accettabile se i partiti avessero avuto il coraggio di fare unoperazione di verit quando le inchieste di Tangentopoli misero sotto accusa un intero parlamento. Le cose non sono andate cos. Per mi pare che ci sarebbe da riflettere sui cambiamenti profondi intervenuti nel frattempo nella cultura politica e nella societ del nostro paese. Persino paragonate con le vicende emerse dalle inchieste di Tangentopoli quelle odierne mi sembrano di natura significativa-

mente diversa, e molto pi preoccupanti. Se non altro perch, leggendo le cronache di questi giorni, si fatica a capire quale sia il nesso tra certe operazioni immobiliari dellex tesoriere della Margherita, o tra certi investimenti in paesi in via di sviluppo dellex tesoriere della Lega, e il programma e gli ideali dei rispettivi partiti. Dalla patologia, forse curabile, siamo alla vera e propria degenerazione della politica democratica. Abbiamo detto che nel vecchio regime lopacit sia per quel che riguarda le fonti, sia per quel che riguarda la gestione dei fondi cui i partiti attingevano per le proprie spese era la regola piuttosto che leccezione. Ma non credo si possa dire che in passato fosse cos evidente la totale confusione tra interessi personali e politici che sembra il tratto distintivo degli scandali esplosi negli ultimi mesi. A dirla tutta, mi arrischierei persino a ipotizzare che i partiti liquidi, gassosi o personali non abbiano dato, da questo punto di vista, una gran prova. Oggi leggiamo con raccapriccio delle vicende di alcuni dirigenti della Lega. Ma le ultime notizie non sono certo le sole, e nemmeno possiamo affermare con certezza che siano le pi gravi. Buona parte dei partiti attualmente presenti in parlamento stata coinvolta negli ultimi anni in uninchiesta legata al finanziamento della propria attivit o alla gestione del proprio patrimonio. Se la memoria non mi inganna, lunica eccezione il partito personale di Silvio Berlusconi. Se ho ragione, sarebbe comunque anche questo un fatto su cui si dovrebbe riflettere con attenzione. Magari in attesa di uno storico che ci spieghi quali e quante risorse sono state impiegate negli ultimi venti anni per

finanziare le attivit politiche di Berlusconi e dei suoi sodali. Se possibile indicandone anche la provenienza. Questo stato di cose rende pi difficile la posizione di chi vorrebbe continuare a difendere il principio che il finanziamento dei partiti non pu essere lasciato unicamente alla libera contribuzione dei privati. Abolire del tutto il finanziamento pubblico una di quelle soluzioni semplici che oggi sono molto popolari, e che potrebbero prima o poi imporsi con la forza di unopinione pubblica eccitata da una stampa che sembra sempre meno disposta a sopportare i costi di una democrazia che non sia condizionata dai capitali privati. Per rendersi conto dei guasti che un regime di finanziamento privato senza limiti potrebbe generare basterebbe porgere lorecchio per ascoltare voci come quella di Ronald Dworkin che denuncia con forza i danni che il big money sta procurando alla democrazia americana, specie dopo che la sciagurata sentenza della Corte Suprema nel caso Citizens United ha di fatto liberalizzato la possibilit di finanziare candidati da parte di corporations e altri enti collettivi. Per evitare esiti peggiori ci vorrebbe una capacit di leadership da parte dei principali partiti che forse irragionevole sperare. Uniniziativa forte a sostegno di una proposta come quella di Pellegrino Capaldo resa pubblica nei giorni scorsi potrebbe essere a questo punto un male minore che sarebbe nellinteresse di tutti accettare. Le conseguenze dellirresolutezza dei partiti potrebbero essere molto peggiori, per i partiti stessi e per la democrazia.

CHE L'ARTE FERITA DELL'AQUILA 'VADA A RAMENGO'! Rita Bramante


Tre generazioni di restauratori hanno intrapreso una ricerca encomiabile: cercano genitori adottivi per le opere d'arte travolte e danneggiate dal sisma dell'Aquila come da uno tsunami. Grazie al talento, all'entusiasmo e alla curiosit che hanno animato e animano tuttora tutta la famiglia - a partire da Mastro Guido alle prese gi nel primo dopoguerra nel retrobottega del suo negozio di barbiere con vecchie tele recuperate al mercato delle Pulci di Torino questa piccola dinastia di artigiani (il Patriarca Guido Nicola, con la moglie, i figli Gian Luigi e Anna Rosa con i rispettivi coniugi e figli) ha dato vita in oltre mezzo secolo a una vera bottega rinascimentale di restauro, nota e apprezzata in Italia e in Europa ). L'obiettivo perseguito per decenni con sapienza e determinazione di recupero di tele, affreschi e stucchi ha fatto s che i Nicola siano stati insigniti nel 2002 del premio Rotondi ai Salvatori dell'Arte, intitolato allo scomparso Soprintendente Pasquale Rotondi, con l'intento di segnalare le figure che si sono contraddistinte in Italia e nel mondo nellarte di salvare larte. A Sassocorvaro i Nicola hanno avuto modo cos di incontrare i Vigili del Fuoco dell'Aquila, premiati a loro volta per il salvataggio e la messa in sicurezza di tante opere d'arte sotto le macerie della citt lacerata dal terremoto dell'aprile del 2009 e di apprezzare la campagna di adozione di opere appartenenti a chiese danneggiate dal terremoto d'Abruzzo lanciata dal Museo Arca dell'Arte. L'incontro ha fatto scattare la scintilla e Anna Rosa racconta che tutti i

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Nicola hanno subito sentito di dover assumere l'impegno di adottare una delle opere sofferenti Il ritrovamento della Croce, tela del XVII secolo del pittore Giulio Cesare Bedeschini, che nella Chiesa di San Francesco di Paola aveva preso la forma delle macerie e attendeva che mani esperte riparassero gli squarci con sapienti suture. Mastro Guido non nuovo a interventi generosi in soccorso dell'arte in situazione di emergenza, come quello dopo l'alluvione di Firenze nel 1966, quando contribu a risanare i muri dalla forte umidit per consentire la ricollocazione degli affreschi staccati. E questo in favore dei dipinti dell'Aquila pi che un gesto simbolico, pi di un'iniziativa che si esaurisce

in un atto di generosit: la prima adozione per i Nicola vorrebbe essere il volano per preservare opere che sono patrimonio collettivo dell'umanit e hanno bisogno di prendere temporaneamente 'casa' nella bottega di Aramengo per tornare poi nelle loro sedi originarie all'Aquila. Ci stanno provando con una sottoscrizione di certificati di adozione che necessita di un impegno collaborativo, avviato con l'iniziativa 'Un presepe per l'Aquila' allestito da Anna Rosa con un meticoloso lavoro artigianale curato nei pi piccoli dettagli, come soltanto un'esperta della 'restituzione estetica' pu saper fare con tanta abilit. Facciamo circolare questa bella iniziativa con il passaparola: la lista

delle opere d'arte che possono essere adottate per il restauro disponibile sul sito dell'Arcidiocesi dell'Aquila. Ecco svelato l'auspicio del titolo: che le opere danneggiate dell'Aquila possano 'andare a ramengo', cio possano raggiungere il laboratorio di restauro dei Nicola ad Aramengo, borgo del Monferrato che proprio grazie all'artigianato minuzioso di questa famiglia ha fatto perdere a questa espressione popolare la sua connotazione negativa (qui la giustizia sabauda confinava i detenuti condannati per reati finanziari), per farle assumere quella di una rinascita.

TRE MESI DI AREA C E TRE RISULTATI INEQUIVOCABILI Maria Berrini*


Sono passati i primi tre mesi di Area C e bastano tre argomenti per dimostrare i suoi risultati. Il primo un dato secco: il traffico dei veicoli motorizzati in Area C calato di oltre un terzo. Un fatto che dimostra che lobiettivo principale (ridurre il traffico di mezzi motorizzati in circolazione, per dare spazio a pedoni, ciclisti, utenti del mezzo pubblico), stato raggiunto. Anche il terzo mese di dati (che pubblicheremo a fine aprile, sul sito di Area C, come gi nel mese passato) ci conferma certamente il risultato medio registrato nei primi due mesi. Ogni giorno entrano in Area C circa 45 - 50.000 veicoli in meno, rispetto allo stesso periodo dellanno precedente (con Ecopass in vigore). una differenza che si percepisce anche in prima persona. Pi spazio e sicurezza per chi si muove a piedi e in bici, mezzi pubblici pi rapidi e puntuali. E qui veniamo infatti al secondo dato. Gli incidenti in Area C calano del 20% rispetto allanno precedente e la velocit dei mezzi di superficie, nelle ore del primo mattino, in cui la puntualit pi importante e maggiormente messa a rischio dalleccesso di veicoli in circolazione, migliorata nettamente (con un guadagno che supera il 15% per i mezzi su gomma, che pi di altri sono in competizione con il traffico). Il terzo fenomeno riguarda qualcosa che non si vede e non si sente, ma che completa il quadro. Il cambiamento nel modo di muoversi dei milanesi rappresenta un contributo, piccolo in valori assoluti, ma molto rilevante sul piano dellassunzione di responsabilit, per quanto riguarda le emissioni inquinanti. Milano riduce del 40% le emissioni di gas climalteranti (la CO2) associate al traffico in ingresso in Area C, dimostrando nei fatti la volont di rispettare gli impegni presi anche a livello europeo (con il Patto dei Sindaci, per ridurre del 20% le emissioni di CO2 complessive). E Milano riduce del 27% rispetto al 2011 anche le emissioni di PM10 associate al traffico stradale in ingresso in Area C. un risultato che da solo non pu incidere sulle concentrazioni di PM10, dovute a fenomeni di scala ben pi vasta, ma che dimostra la grande efficacia che potrebbero avere provvedimenti di road pricing articolato come Area C, che riduce il traffico complessivo (e quindi le emissioni da attrito, che rappresentano la componente pi rilevante) e che limita di molto la circolazione di quelli pi inquinanti. A scala pi ridotta, ma rilevante per gli oltre 500.000 che lavorano, vivono, utilizzano, godono Area C, la riduzione del traffico si traduce in una variazione dei livelli di tossicit del particolato, effetto che dal punto di vista sanitario pu essere molto importante: nella postazione di monitoraggio del Black Carbon interna ad Area C il rapporto BC/PM10 infatti inferiore del 32% rispetto a quello misurato nella postazione esterna. Il dato della riduzione del traffico (e quindi i risultati a esso associati) pu cambiare leggermente da settimana a settimana, a causa di fenomeni contingenti (scioperi dei mezzi, neve e pioggia, festivit infrasettimanali), e il numero degli ingressi salito leggermente con il consolidarsi di una maggiore confidenza con il sistema di pagamento, ma si tratta di oscillazioni di poche migliaia di veicoli. Nei prossimi mesi potranno verificarsi ancora altre oscillazioni, anche di natura diversa, magari dovute alla maggiore famigliarit dei milanesi con le alternative di spostamento, o grazie alla loro migliore qualit. Lo spazio e le risorse messe a disposizione della citt saranno infatti certamente trasformate in potenziamento delle alternative. Le prime risorse rese disponibili da Area C, hanno permesso, gi nei primi tre mesi, di realizzare un potenziamento dei mezzi pubblici, e altri interventi sono previsti entro fine anno, inclusi quelli di manutenzione straordinaria. Il Bike sharing finalmente entrato nella fase di espansione del numero e della diffusione delle stazioni. Primi passi importanti verso la riqualificazione e la realizzazione di parcheggi di interscambio in periferia sono gi in atto. Area C, ma soprattutto le prossime previsioni di bilancio, dedicate e coerenti con lobiettivo di ampliare gli investimenti in mobilit sostenibile, permetteranno di attuare nei prossimi anni, quanto nei mesi passati abbiamo solo potuto iniziare a pianificare e a progettare con maggior dettaglio, discutendone anche con le Zone e le associazioni interessate. Le linee di azione sono diverse, ma coerenti tra loro: isole ambientali con strade scolastiche protette, aree pedonali e a traffico e velocit limitati; servizi e itinerari a rete, pi sicuri e attrezzati per la ciclabilit; soluzioni tecnologiche per la sosta, il

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www.arcipelagomilano.org sempre pi disposti a usare lauto in modo meno irrazionale. Questa la nuova partita, ancora tutta da giocare, ma resa possibile proprio dalla riduzione del traffico indotto da Area C e dalla piccola rivoluzione culturale che ha innescato. Il cambio di passo va ancora difeso e sostenuto, ma la direzione certamente segnata. *presidente Amat

carico scarico, la logistica merci, che riducano tempi e costi, disincentivino gli abusi, migliorino lefficienza dei controlli e la qualit ambientale dei mezzi; un car sharing sempre pi capillare e diversificato nei mezzi, nei costi, nelle modalit di accesso e quindi capace di convincere i milanesi a liberarsi dellauto in propriet; ridisegno degli spazi stradali, corsie preferenziali e tempi semaforici che privilegino la

mobilit sostenibile; miglioramento delle linee tranviarie e metropolitane, parcheggi di interscambio nelle aree pi esterne e migliori connessioni con i comuni di area urbana. Moltissimo potr essere fatto anche intrecciando le politiche ambientali con quelle culturali ed economiche, per ridare alla citt nuova capacit attrattiva nei confronti di imprese, turisti e fruitori del tempo libero che chiedono qualit urbana e sono

CONCORSI PER TUTTO E PER TUTTI: IL FUMO FA MALE Andrea Bonessa


Nonostante quello che sostengono i Radicali, il fumo fa male. Fa male fumare il tabacco, probabilmente non fanno benissimo le canne, ma fa soprattutto male il fumo negli occhi. Li fa bruciare e non ci permette di vedere con chiarezza dove stiamo andando a sbattere la testa. Se poi si giovani architetti il rischio esponenzialmente moltiplicato. Ma i Radicali, di cui apprezzo e ho apprezzato moltissime battaglie, in un incontro di pochi giorni fa all'Urban Center, di fumo, ne hanno sparso a piene mani, proponendo per migliorare la qualit architettonica dell'edilizia milanese ed eliminare la frustrazione dei giovani progettisti, di inserire nel nuovo regolamento edilizio una norma che, regalando metri cubi, incentiva i privati a indire Concorsi di Progettazione. In questo modo, secondo i nipoti di Pannella, si otterr una migliore qualit progettuale e si aprir il mercato alle giovani generazioni. Ma purtroppo non cos, sarebbe bello, molto bello ma non questa la ricetta. Purtroppo i concorsi non rappresentato n una garanzia di qualit, n uno strumento di accesso dei pi giovani al mondo della professione. Se con qualit intendiamo quella che desidererebbero i cittadini e non quella di cui si parlano addosso gli architetti, i concorsi non potranno mai garantirla. Vogliamo parlare di City Life, di Palazzo Lombardia, o di Cascina Merlata per fare solo alcuni esempi di interventi che la cittadinanza ha criticato, se non osteggiato, e che, obiettivamente, qualche problemino architettonico lo presentano? La qualit di un progetto non la garantisce assolutamente un concorso, che al massimo pu permettere di raggiungere quella formale e compositiva utile agli architetti per parlarsi addosso. La qualit sociale di un progetto, quella che comprendono i cittadini, si raggiunge solo attraverso la condivisione delle scelte e il lavoro di progettazione partecipata, non si pu risolvere con un atto individuale e, per sua natura, segreto fino alla sua presentazione. Si dice che sarebbe una norma per migliorare le possibilit progettuali e lavorative delle nuove generazioni, ma questa una credenza popolare che generazioni di professionisti affermati hanno cavalcato per difendere i loro privilegi, rendendosi disponibili a competizioni che sapevano di vincere. I concorsi costano. Costano molto. Se li possono permettere i grandi studi o i piccoli studi dei giovani rampolli (architetti) della ricca borghesia che il lavoro lo trovano comunque. Se mai un "giovane laureato senza disponibilit economiche e santi in paradiso" ha mai vinto un concorso stato un caso isolato a fronte del lavoro gratuito di centinaia di architetti che non hanno mai vinto niente. E in un certo senso giusto che sia cos. Quello che non giusto continuare a illudere chi non ha mezzi, esperienza, possibilit economiche, struttura e organizzazione che bastino creativit e buona volont per bruciare le tappe. I concorsi richiedono una mole di lavoro e di energie che si potrebbero indirizzare molto meglio, non lavorando gratis per partecipare a gare che probabilmente non si vinceranno mai. Si tratta di un dispendio di energie mentali e produttive che non presente in nessun altro settore di attivit n professionale n imprenditoriale. Ma qualcuno vuole trasferire questo sistema di sfruttamento anche al settore privato, senza la giustificazione della trasparenza che in qualche modo lo rende accettabile nellemisfero pubblico. Vogliamo dare lavoro e possibilit progettuali ai giovani progettisti? Pubblicizziamo e incentiviamo gli elenchi dei professionisti per gli incarichi sotto i 100.000 euro o piuttosto chiediamo agli architetti di progettare anche gratuitamente per la citt, sicuri che il loro lavoro non finir in un cassetto ma aumenter il loro curriculum e la loro esperienza. Sfruttare gratis decine o centinaia di studi non genera lavoro, ma povert, depressione e frustrazione. E spieghiamo a chi si incammina nel percorso della progettazione che si tratta di un cammino lungo, da intraprendere con passo calmo, deciso e determinato, senza sperare nello strappo, o scorciatoia, che ci porti direttamente alla meta. Spieghiamogli, se vogliamo veramente aiutarli, che per "fare l'architetto" non bastano talento, creativit, e le notti passate in bianco a finire i rendering. Si tratta di un mestiere per cui queste qualit sono necessarie ma non sufficienti. Quello che serve l'organizzazione, la specializzazione, la pratica quotidiana e l'esperienza che non si acquistano in un giorno. Serve imparare a lavorare in gruppo, dividendosi i compiti, non pensando di essere gli unici artisti in grado di risolvere tutti i problemi con un gesto creativo. Il futuro nei grandi studi dove ognuno far il suo, contento e realizzato nel sapere di partecipare alla ideazione di qualcosa che da solo non sarebbe riuscito a portare a termine. Il tempo dell'Architetto che progetta "dal cucchiaio alla citt" ormai andato. Perch le citt e i cucchiai richiedono conoscenze e specializzazioni che nessun singolo, nessuna piccola struttura, in grado di gestire e modellare. Ma i Radicali, e purtroppo molti altri, pensano che sia una norma trasparente ed egualitaria che permetter ai migliori, chiaramente sconosciuti e incompresi, di emergere, nonostante le lobby, le p.r., le conoscenze e i santi in paradiso. Ma chi nominer i partecipanti, chi terr le fila di questa procedura? Sappiamo tutti

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www.arcipelagomilano.org come finirebbe la cosa, vero? Io so che gli imprenditori, forti dei diritti volumetrici in regalo, chiameranno a partecipare gruppi di studi conosciuti che si divideranno le torte. E chi giudicher i progetti? La cittadinanza? La Commissione Edilizia? Il Comune? Ma quanti metri cubi dovremo regalare per convincere un privato a subire un altro esame, che si aggiunge a quelli gi esistenti, che aumenter ulteriormente i tempi di progettazione e realizzazione di un intervento facendo lievitare di conseguenza i costi? E su chi si scaricheranno questi costi? Andranno sempre a finire nel famoso metro quadro che ormai nessuno pu pi permettersi e che gli imprenditori non riescono pi a vendere? una norma sostenibile? Ma come possiamo, dopo aver ridotto gli indici, continuare a utilizzare il territorio, i metri cubi, lo spazio, come lunica merce di scambio del Comune per ottenere qualit in edilizia? Come si pu chiedere risparmio energetico e pagarlo con maggiori consumi di suolo, come possiamo chiedere pi spazi verdi, qualit architettonica, leggerezza volumetrica e pagarla in volumi che ne sono lantitesi naturale? Di questo passo, tra incentivi energetici, edilizia convenzionata, progetti a concorso, pur partendo dallo 0,35 ipotizzato nel nuovo PGT della Giunta Pisapia rischiamo di raggiungere indici che Masseroli si sarebbe sognato. E poi con che logica si propone una norma da inserire nel regolamento edilizio, che, come dice la parola stessa deve regolare, non determinare, scelte per cui ci sono altri strumenti a cui non si deve in nessun modo sovrapporre? Una norma che interessa aspetti volumetrici, andando a sconfinare dritta dritta nel PGT. Dovremmo avere un regolamento edilizio snello, semplice e privo di trabocchetti interpretativi ed ecco che ci inseriamo un nuovo articoletto che far la gioia degli equilibristi del metro cubo, sempre alla ricerca di interpretazioni utili ad aumentare le superfici commercializzabili. Dopo le serre, gli spazi condominiali, le palestre, i volumi tecnici che non vengono burocraticamente considerati volume (ma che esistono e proliferano), ecco un altro bel regalino: Il concorso fai da te.

I NEGOZI CHIUDONO E SE RIAPRONO NON SONO PI GLI STESSI Luca Pellegrini


A Milano, come in tutte le citt italiane, comincia a essere evidente la difficolt di molti negozi. Gli esercizi che chiudono sono sempre pi visibili lungo gli assi commerciali e alcuni paventano una possibile desertificazione delle nostre vie. una preoccupazione legittima, ma che va anzitutto collocata in un contesto, quello italiano, dove la presenza di punti vendita ha una densit che non esiste in nessun altro paese confrontabile. Abbiamo, pro capite, quasi il doppio dei negozi dei francesi, poco meno del triplo dei tedeschi e quasi quattro volte quelli degli inglesi. Una situazione che sconta la presenza di un numero molto elevato di imprese marginali (in particolare al Sud), che continuano a stare sul mercato in mancanza di alternative o gestiti da persone che danno un contributo integrativo alleconomia del nucleo famigliare di cui fanno parte. inevitabile che in una situazione di forte calo dei consumi una parte di queste imprese sia portata a chiudere. Saranno sostituiti? Almeno in parte probabilmente s, da chi si accontenter di ricavi molto modesti: in larga parte cittadini extracomunitari. Ma non chiudono solo loro. Chiudono anche esercizi che hanno avuto in passato una dimensione economica pi che dignitosa, che avevano spesso una lunga tradizione. Nel loro caso il problema per diverso. La crisi in corso e il calo delle vendite spiegano solo in parte le chiusure, che non sono il risultato della congiuntura, ma di una debolezza competitiva che era strutturale ed evidente da tempo. Specie in alcuni comparti rilevanti, come labbigliamento, questi negozi chiudono perch non reggono la concorrenza dei monomarca e, pi in generale, delle catene che riescono a sfruttare economie di scala sulle funzioni centrali dimpresa. La recessione, rallentando spesso la loro sostituzione con operatori di questo secondo tipo, rende il fenomeno pi visibile. Ma era in essere da molto tempo e chiunque abbia guardato con qualche attenzione alle insegne delle maggiori vie commerciali se ne era reso conto: le insegne indipendenti sono sempre meno e sempre di pi quelle che possano fare valere una grande marca. In questo caso, si tratta quindi di unaccelerazione di un processo di sostituzione di imprese con una struttura artigianale con imprese ormai industrializzate, spesso con presenza internazionale. Dunque alle chiusure, magari con qualche difficolt in pi che in passato, seguiranno nuove aperture e le luci lasciate libere torneranno a illuminarsi. La crisi in corso accelerer anche un altro fenomeno da tempo in essere nelle logiche di localizzazione delle attivit commerciali, la loro concentrazione in contenitori in grado di attrarre clientela e di dare in questo modo supporto reciproco ai negozi che vi sono insediati. Non si tratta solo di centri commerciali veri e propri, o di vie a forte vocazione commerciale, si tratta anche di aggregazioni di quartiere che svolgono una funzione di vicinato. una tendenza che pu essere aiutata con diversi strumenti. Per le aggregazioni maggiori, con listituzione di distretti urbani del commercio, e qui Milano in ritardo; per quelle di vicinato, attraverso iniziative mirate, in grado di dare economie esterne (pedonalizzazioni, arredo urbano, parcheggi) a chi voglia aprire un negozio.

ADOTTA UNA CAMPAGNA, SIAMO TUTTI ELETTORI DELLA CITT METROPOLITANA Lia Quartapelle* e Pietro Bussolati**
Un anno fa, a Milano avvenuto un fatto politico che ha rivoluzionato la storia della citt negli ultimi ventanni. La vittoria di Giuliano Pisapia e della maggioranza di centrosinistra che con lui governa Milano ha segnato una tappa storica per il cambiamento della citt di Milano. Dalla vittoria di Milano, poi, come spesso accaduto nella storia dItalia, partito un processo di rinnovamento politico che ha investito

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www.arcipelagomilano.org il territorio nazionale, il cui esito non ancora chiaro, ma che segna il passaggio dalla II alla III Repubblica. Il 6 e 7 maggio, larea metropolitana milanese si trova ad affrontare un passaggio elettorale forse meno simbolico delle elezioni comunali a Milano, ma altrettanto importante: si vota in 26 comuni di prima e seconda fascia. Il momento elettorale sar importante perch cade a un anno dalle elezioni politiche e in un momento di grande crisi della maggioranza di centro-destra al governo della Regione Lombardia. Lesito delle elezioni municipali sar un test in previsione del 2013 e per dimostrare che le cose possono cambiare anche a partire dalla provincia pi importante della Regione. Il Partito Democratico ha una responsabilit grande rispetto a quanto accadr nei comuni dove si va a elezioni, sia per lesito elettorale, sia per la proposta di governo, responsabilit che pari allimportanza del PD nella coalizione. In questi mesi, il Partito Democratico milanese ha elaborato delle proposte programmatiche tra cui quella della citt metropolitana: un modo di governare il territorio in maniera integrata, offrendo risposte non limitate ai confini comunali ma che riescano a essere pi attente allambiente, alla solidariet, al civismo, e che si traduce in investimenti in mezzi pubblici, netta riduzione del consumo del suolo e apertura di centri di aggregazione e cooperazione che hanno reso fertili e produttivi i nostri territori. Il processo costitutivo della grande Milano metropolitana seguir un iter che ci auspichiamo sia rapido ed efficace, consentendo cos di gestire in modo pi efficiente i servizi al cittadino e offrire un livello di governo in grado di affrontare le richieste dei territori, che non possono prescindere da risposte che vanno oltre i territori comunali. In modo ironico, si potrebbe parafrase il Massimo DAzeglio di Fatta lItalia, bisogna fare gli italiani: anche come PD possiamo dire che Mentre si fa Milano metropolitana, diventiamo tutti cittadini della grande Milano. Vorremmo farlo concretamente, partendo dalla campagna elettorale dei comuni della provincia che vanno al voto, mischiandoci, confrontandoci, da Solaro a Melegnano, da Cassano dAdda a Turbigo. Cos si costruisce anche lappartenenza a ununica grande area metropolitana, condividendo esperienze, valori e passioni. In questo la politica gioca un ruolo centrale perch la politica ha la capacit di raccontare ci che non c ma che diventer. Per questo motivo, 02PD A Milano piace democratico, il circolo di via Eustachi, ha deciso di promuovere liniziativa Adotta una campagna per sostenere i Comuni in cui si terranno le elezioni amministrative di maggio. Adotta una campagna partito questo sabato 14 aprile: con i militanti e gli amici di 02PD abbiamo raggiunto Abbiategrasso, per incontrare e sostenere il candidato sindaco Gigi Arrara, per poi spostarci a Magenta per dare una mano a Marco Invernizzi e ai tanti volontari che in queste settimane si stanno impegnando per il risultato elettorale del loro comune. Nelle prossime settimane andremo ad aiutare i candidati di Arese, Giuseppe Augurusa, di Cernusco sul Naviglio, Eugenio Comincini, di Buccinasco, Giambattista Mariorano, e di Bussero, Carlo Zerbini. Il Partito Democratico, a volte, corre il rischio di guardarsi lombelico, lambiccandosi su quale possa essere il proprio futuro diventando preda di personalismi e divisioni interne di cui i cittadini faticano a capire il senso. In un momento di antipolitica dilagante, importante che il corpo vivo del PD si impegni in modo compatto e unitario in quelle azioni in questo momento elettorali che permettono di modificare il mondo in cui viviamo. Le vittorie elettorali di maggio non saranno solo vittorie locali, ma saranno un patrimonio che servir al PD per dimostrare che si pu avere unidea delle cose da fare quando si governa e saranno un passo in avanti verso la sfida di cambiare lItalia. Adotta una campagna vuole essere unazione netta in questo senso: come stato generosamente fatto lo scorso anno da cittadini, militanti, simpatizzanti anche di altre citt della provincia e del Nord, ci mettiamo a disposizione dei militanti della Milano metropolitana, perch abbiamo il sogno di trasformare insieme il nostro territorio. Questi sono gli elementi del Partito Democratico che vogliamo: unorganizzazione che sa discutere, dividersi, ma che di fronte a sfide comuni capace di solidariet e impegno per costruire un fronte comune che guarda verso il futuro con ottimismo e senza nostalgie.

*coordinamento tematico, segreteria provinciale PD **segretario 02PD - A Milano piace democratico

Scrive Salvatore Bragantini a Luciano Balbo


Sono d'accordo con quanto tu dici. Per parte mia ho solo detto che in Italia i fondi per aziende che devono crescere si possono trovare, magari con difficolt, mentre le nuove iniziative ad alto tasso di rischio qui non trovano i fondi necessari. E queste iniziative, ovunque nel mondo, sono finanziate da fondi che sono specializzati in questo, e dotati delle competenze necessarie a valutare le proposte. Non ho invece detto che sia da queste iniziative che possa venire la grande spinta alla crescita del Paese.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Musorgskij

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Un programma strepitoso, di grande intelligenza, quello presentato la scorsa settimana dallOrchestra Verdi allAuditorium. Interamente dedicato al compositore russo Modest Musorgskij, non solo ha messo a confronto la versione originale dei Quadri di unesposizione per pianoforte (1873) con la celeberrima trasposizione per orchestra sinfonica a opera di Maurice Ravel (1922), ma alla versione pianistica ha anche abbinato la proiezione sincronizzata del film di animazione che Vassilij Kandinsky ha realizzato alla Bauhaus (1928) per questopera. Inoltre, per attutire limpatto - suggestivo ma sconcertante - dellaccostamento di due versioni della stessa musica, fra luna e laltra stato introdotto il poema sinfonico Una notte sul Monte Calvo che molti ricorderanno, diretto da Leopold Stokowski, nel film Fantasia di Walt Disney (1940). La compattezza del programma, il duplice accostamento fra musica e arte figurativa (i quadri evocati di Hartmann e quelli animati di Kandinsky), la magica aura russa che dallo schermo e dal palcoscenico scendeva e avvolgeva la platea, linizio e la conclusione del concerto con gli stessi temi - e soprattutto con quello meraviglioso della Promenade, ripetuto e rielaborato pi e pi volte, che li unisce e li innerva tutti - hanno ammaliato il pubblico che per tutte e tre le serate ha riempito la sala di largo Mahler al massimo della sua capacit. Il filmato di Kandinsky sorprendente: costruito da infinite figure geometriche (quadrati, triangoli, cerchi, piramidi e parallelepipedi dai colori vivacissimi), in movimento talvolta lento altre volte rapido, ammiccanti a personaggi in miniatura che ridono, piangono, si amano, litigano; un caleidoscopio e una processione di soli, lune, palline che si rincorrono su percorsi labirintici, che scendono dal cielo a formare paesaggi urbani tutte immagini sognanti, in intima relazione sia con i ritmi e le note di Musorgskij che con i quadri di Hartmann che le hanno ispirate. Al pianista Mikhal Rudy, anchesso russo, che ha ripescato al Centre Pompidou di Parigi il film di Kandinsky (ma non dato di sapere in che misura gli sia stato fedele ) e lo ha presentato due anni fa alla Cit de la Musique, dobbiamo molta gratitudine per questa reinvenzione e proposta, ma dobbiamo anche dirgli che la sua interpretazione dei Quadri non ci ha convinto. Sar stato per la difficolt di sincronizzarsi

con il filmato, o per la situazione inusuale di avere il pubblico distratto dalle straordinarie immagini che scorrevano sullo schermo, fatto sta che lesecuzione al pianoforte labbiamo trovata sciatta, poco approfondita, priva di pathos. Ci che invece abbiamo trovato di grandissima qualit sono state le successive prove dellorchestra Verdi e del suo giovane direttore. Jader Bignamini una vera rivelazione: entrato nellorchestra poco pi che ventenne, nel 1998, come clarinetto piccolo, ha una incredibile attivit musicale non solo come strumentista - camerista, solista e ospite delle pi importanti orchestre italiane, a cominciare dalla Filarmonica della Scala - ma da qualche anno anche come concertatore e direttore. In queste due opere di Musorgskij ha rivelato una grande professionalit, dirigendo tutto a memoria (e non sono partiture facili), con gesti sicuri (come i migliori direttori d il tempo in levare), ritmi e tempi perfetti, attacchi precisi a ogni sezione strumentale. commovente vedere come i giovani professori dellorchestra (giovanissimi lo erano tutti, allinizio, diciotto anni fa, ma let media ancora oggi molto bassa rispetto alle altre orchestre!) ne riconoscano lautorevolezza e come, con evidente generosit, si prodighino per assicurare successo al loro collega e allintera squadra. E con risultati ottimi grazie anche a un gruppo di ottoni e di percussioni di grande affidabilit (che brava quella Viviana Mologni che dallalto, dietro tutti i leggii, alza i battenti del suo timpano come fossero le mille braccia di una dea indiana protettrice ... e quanta poesia nei due recitativi finali del clarinetto e del flauto soli, sul finale della Notte!). Sia la Notte sul Monte Calvo che i Quadri di unesposizione sono stati tenuti da Bignamini a un livello di tensione molto elevato, talvolta - ma perch no? un po teatrali, sempre segnati da una approfondita analisi del testo, pulizia del suono, separazione delle voci, equilibrio delle parti. Curioso osservare che entrambe le opere non sono state orchestrate dallautore: la prima fu affidata dallo stesso Musorgskij allamico RimskijKorsakov i secondi sono stati letteralmente trasformati da Ravel. E a proposito di questi ultimi Enzo Beacco dice (nel programma di sala scritto come sempre magistralmente) che laspra versione originale pianistica piace oggi di pi della trasposizione raveliana per orchestra che invece starebbe diventan-

do sempre pi una testimonianza storica che invecchia lentamente. Sar anche vero, non ne saremmo certi, ma questa volta fra lesecuzione al pianoforte di Rudy e quella orchestrale di Bignamini non abbiamo avuto dubbi! E a questo concerto bisogna riconoscere il merito di averci presentato lorchestrazione di Ravel - ascoltata subito dopo il testo originale di Musorgskij - come una vera e propria lezione per capire il senso della musica, per carpirne i segreti, per svelare la quantit delle emozioni che sono celate in ogni nota. Musica per una settimana *mercoled 18 alla Scala concerto diretto da Riccardo Chailly con Stefano Bollani al pianoforte con musiche di Maurice Ravel (Alborada del gracioso, Concerto in sol e La Valse) e di George Gershwin (Catfish Row, suite da Porgy and Bess) *mercoled 18 al Conservatorio (Societ dei Concerti) il Quartetto di Venezia esegue lAdagio e Fuga in do minore KV 546 di Mozart, il Quartetto in do minore opera 110 di ostakovi e il Quartetto in fa maggiore opera 135 di Beethoven *gioved 19, venerd 20 e domenica 22, allAuditorium, lOrchestra Verdi diretta da Aziz Shokhakimov esegue lOuverture tragica opera 81 di Brahms, il Concerto per violoncello e orchestra (solista David Geringas) di Silvia Colasanti e, ancora di Brahms, la Sinfonia numero 1 in do minore opera 68 *sabato 21 al Teatro Dal Verme lOrchestra di Padova e del Veneto (direttore e solista Francesco Piemontesi) esegue il Concerto n. 1 in sol minore opera 25 per pianoforte e orchestra di Mendelssohn, il Quintetto in mi bemolle maggiore opera 16 per pianoforte e fiati di Beethoven, e il Concerto in do maggiore K. 503 per pianoforte e orchestra di Mozart *domenica 22 alla Scala prima di Tosca, di Giacomo Puccini, diretta da Nicola Luisotti con la regia di Luc Bondy, le scene di Richard Peduzzi e i costumi di Milena Canonero *luned 23, sempre alla Scala, a favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori, concerto della Mahler Chamber Orchestra diretta da Michael Abene con Jocelyn B. Smith e Kevin Mahogany, in A tribute to Ray Charles *luned 23 al Conservatorio (Serate Musicali) il pianista Bruno Leonardo Gelber esegue le 4 pi celebri Sonate di Beethoven e cio: la n. 14 in do diesis minore (Chiaro di Luna),

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www.arcipelagomilano.org la n. 21 in do maggiore (Waldstein) la n. 8 in do minore (Patetica) e la n. 23 in fa minore (Appassionata) *marted 24 nellAula Magna dellUniversit, lorchestra dellUniversit degli studi di Milano, diretta da Petr Altrichter esegue lOuverture di Egmont op. 84 di Beethoven, Legends opera 59 (n. 1,2,3,7,8,9,10) di Dvok, Rosamunde D. 797 e Zwischenaktmusik III in si bemolle maggiore di Schubert, e infine Pellas et Mlisande opera 46 di Sibelius

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Aspettando il museo: gli artisti di ACACIA
ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea, unassociazione privata che riunisce al suo interno collezionisti e amanti darte, e che, nel suo insieme, incarna una sorta di super collezionista, attivo e attento alle tendenze artistiche. La promozione e il sostegno dellarte e del lavoro di giovani artisti italiani tra gli scopi principali dellassociazione, ed per questo motivo che, fin dalle sue origini, nove anni fa, il nucleo di opere comprate dai singoli collezionisti e messo a disposizione dellassociazione ha un grande e mirabile scopo: la creazione di una collezione di opere darte contemporanea da esporre a Milano nel futuro e presto auspicabile museo di arte contemporanea. Ecco dunque nascere la seconda edizione della mostra, esposta a Palazzo Reale, comprendente circa trenta opere di artisti internazionali e di primissimo piano: Mario Air (vincitore della prima edizione del Premio ACACIA), Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Gianni Caravaggio, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Francesco Gennari, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Adrian Paci, Paola Pivi, Ettore Spalletti, Grazia Toderi, Luca Trevisani, Marcella Vanzo, Nico Vascellari e Francesco Vezzoli. Opere darte che esplorano, com tipico dellarte contemporanea, tutti i medium e i supporti possibili: dalla fotografia ai video, dalla pittura alla scultura fino allinstallazione. Aprendo al pubblico la nostra raccolta vogliamo certamente proporre un evento culturale strettamente connesso al tempo che stiamo vivendo ma, nello stesso momento, iniziare un dialogo attivo e propositivo, perch larte contemporanea non rimanga appannaggio di pochi, bens sia promossa, conservata e tutelata. Questo il proposito di Gemma de Angelis Testa, presidente e fondatrice di ACACIA. Una sorta di mecenatismo collettivo dunque, tutto a favore della citt, che permette da una parte di comprare arte per il futuro museo, e dallaltra la conoscenza e la promozione dellarte e degli artisti pi importanti del panorama contemporaneo, con lobiettivo di essere capace di rispecchiare la contemporaneit e le sue dinamiche, un polo divulgativo in grado di trasmettere al suo pubblico formato da vari livelli culturali, la conoscenza dellarte, conclude De Angelis Testa. La mostra presenta anche per la prima volta al pubblico il lavoro di Rosa Barba, vincitrice del Premio ACACIA 2012: Theory in order to Shed Light. I suoi lavori, definiti sculture filmiche, sono il mezzo con cui lartista ama esprimersi, attraverso luso del video che viene smembrato nei suoi elementi strutturali: parole, musica, immagini e luce. La parola la parte che pi interessa Rosa Barba: frasi intere o testi vengono proiettati sulle pareti, accompagnati dal commento di voci fuori campo o dalla musica, utilizzando vecchi proiettori cinematografici collegati a strumentazioni di moderna tecnologia. In attesa dei grandi lavori, anche museali, per lExpo 2015, accontentiamoci per ora di avere un assaggio darte di quello che vedremo in pi adeguata sede.

Gli artisti italiani della Collezione ACACIA - Associazione Amici Arte Contemporanea Palazzo Reale fino al 24 giugno. Ingresso gratuito Luned: 14.30_19.30 Marted, Mercoled, Venerd e Domenica: 9.30_19.30 Gioved e Sabato: 9.30_22.30

Milano Photofestival 2012


Per gli appassionati di fotografia Milano offre, fino al 12 maggio, ben novanta opportunit per vedere, ammirare, lasciarsi emozionare e conoscere lavori e immagini fotografiche dartista. Ha infatti da poco inaugurato PhotoFestival, giunto ormai alla sua sesta edizione, che coinvolger anche questanno le pi importanti gallerie darte e gli spazi espositivi di Milano, attraverso un percorso di mostre storiche e contemporanee, che porter la fotografia in tutti gli angoli della citt. Un evento che per il secondo anno si appoggia a STARTMILANO, il circuito che raccoglie le principale gallerie darte contemporanea di Milano, e che per loccasione ospiteranno mostre di giovani o gi affermati fotografi. Tanti i generi che si potranno incontrare, un po per tutti i gusti: dal ritratto al reportage, dalla fotografia storica al paesaggio, dalle sperimentazioni pi ardite alla fotografia di taglio pi classico e tradizionale. Grandi maestri ma anche artisti emergenti su cui si vuole puntare, come i giovani delle accademie darte, raccolti intorno alla mostra "MostraMI. Studiare fotografia a Milano", che fa capo al premio ideato dall'Associazione Italiana Foto & Digital Imaging AIF - e rivolta agli studenti di fotografia delle scuole della citt, come lAccademia di Belle Arti di Brera, lAccademia Teatro della Scala, il CFP Bauer - Afol, lo IED Istituto Europeo del Design, lIstituto Italiano di Fotografia e la Scuola Milano Cinema e Televisione. Una giuria critica selezioner lopera pi rappresentativa, nella collettiva che si aprir il prossimo 3 maggio allo spazio Concept di via Forcella (in pieno distretto Zona Tortona) a cui verr consegnato il riconoscimento AIF. Ma anche tanti gli eventi collaterali, come la proiezione, venerd 11 maggio al cinema Palestrina, di William S. Burroughs: A Man Within, documentario in lingua di Yony Leyser sulla vita inquieta dello scrittore della Beat Generation; cos come lanno scorso era stato proiettato Rock My Religion, di Dan Graham. E allora ecco alcuni spunti per godersi al meglio questo festival, da

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www.arcipelagomilano.org corredare con la piccolo guida distribuita gratuitamente nelle gallerie e nei centri aderenti. Alla Galleria Carla Sozzani, corso Como, fino al 22 aprile sar possibile vedere i lavori di Alice Springs, pseudonimo della moglie di Helmut Newton, con i ritratti di moda e darte da lei realizzati in quarantanni di carriera. Il 6 maggio inaugurer invece, come di consuetudine, il World Press Photo 2012. Fino al 17 aprile presso Palazzo Castiglioni, corso Venezia, sono visitabili le tre mostre che hanno aperto questo PhotoFestival: Volti positivi, di Silvia Amodio; Divercity di Luciano Bobbs, dedicata a Milano, e Still life di Cristiano Ossoli, fotografie concentrate sui piccoli dettagli. Inaugura il 10 aprile anche La dimensione illuminante dellalbero, presso la storica Galleria Blanchaert (piazza S. Ambrogio), una mostra dedicata ai lavori fotografici del poliedrico e attivissimo Arturo Schwarz. Photofestival - fino al 12 maggio

Lazzi e sberleffi dipinti


Dario Fo un personaggio da tutti conosciuto. Uomo di teatro, Nobel per la letteratura, critico ironico sulla societ e i suoi vizi. Non tutti sanno, per, che Dario Fo anche pittore. Un amore di lunga data, quello con la pittura, iniziato da giovane durante i suoi anni passati allAccademia di Brera. Milano, sua citt di adozione, gli dedica una grande retrospettiva artistica, in cui sono presentate ben 400 opere create dallartista durante la sua lunga vita. I lavori di Fo sono tutti caratterizzati da una grande variet di stili e tecniche: le pitture dei primi anni, i collages, gli arazzi, fino ai monumentali acrilici pi recenti. In mostra anche oggetti di scena, maschere, marionette e burattini, tra cui quelli storici appartenuti alla famiglia Rame. Nutrita la presenza di disegni, schizzi, acquarelli, bozzetti di costumi, fondali, ampie scenografie, locandine e stampe che hanno caratterizzato la vita teatrale della coppia Fo-Rame. Invenzioni personalissime, come i dipinti in cui compare Roberto Saviano e i dipinti a tema politico e satirico, ma anche opere che sono un omaggio e una rilettura della storia dellarte e dei suoi maestri. Si parte dalle vere origini, la preistoria, con i lavori ispirati alle incisioni rupestri ma ai giorni nostri, attraversando i linguaggi della classicit greca e romana sino alla preziosit dei mosaici ravennati e bizantini. Linteresse di Dario Fo per larte del Medioevo e del Rinascimento testimoniato dai lavori che celebrano i rilievi scultorei del Duomo di Modena e di Parma, insieme agli studi e alle lezioni-spettacolo su Giotto e Pietro Cavallini, Mantegna, Giulio Romano, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Correggio e Caravaggio. Si arriva fino a Tiepolo e la storia dellarte si interrompe per far posto allopera teatrale di Rossini e al teatro di Molire. La mostra si conclude poi con una sezione dedicata alla formazione artistica di Fo, dai primi studi sul lago Maggiore fino al trasferimento a Milano, con la frequentazione dellAccademia di Brera, dove incontr maestri fondamentali come Achille Funi, Carlo Carr e Aldo Carpi. Durante il percorso venti schermi documentano sala per sala la mostra, attraverso le lezioni spettacolo tenute da Fo e Franca Rame, con anche una sala di proiezione, dove saranno visibili le rappresentazioni teatrali e i film creati dal duo di vita e darte. Grande successo ha riscosso nelle scorse settimane anche liniziativa Bottega dartista, un vero e proprio spazio in cui si ricreato, allinterno della mostra, il laboratorio creativo in cui lavora Fo, e che ha portato quasi duemila persone a contatto con lartista e i suoi collaboratori, per mostrare dal vero come nascono i disegni e i dipinti che porteranno poi ai canovacci rappresentati in scena. La Bottega dartista far parte del percorso espositivo fisso, mostrando strumenti e trucchi usati nella realt da Fo per creare i suoi dipinti.

Dario Fo a Milano. Lazzi, sberleffi, dipinti. Fino al 3 giugno Orari: Luned 14.30 - 19.30. Marted, mercoled, venerd, domenica 09.30 19.30. Gioved e sabato 09.30 22.30 Costi: 9 intero 7,50 ridotto

Marina is present
Questa settimana il mondo dellarte milanese ha mormorato sempre e solo un nome: Marina. E la signora in questione riconosciuta internazionalmente come la regina delle performer, Leone dOro alla Biennale di Venezia del 1997, creatrice di performance scandalose e provocatorie. Va in scena Marina Abramovi. Si aperta con grande eco internazionale The Abramovi Method, un evento a met tra la retrospettiva e la presentazione di un grande, impegnativo nuovo lavoro dellartista serba. Questo nuova opera nasce da una riflessione che Marina Abramovi ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: The House With the Ocean View (2002), Seven Easy Pieces (2005) e The Artist is Present (2010), esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Nella mia esperienza, maturata in quaranta anni di carriera, sono arrivata alla conclusione che il pubblico gioca un ruolo molto importante, direi cruciale, nella performance, dichiara la Abramovi. Senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perch, come sosteneva Duchamp, il pubblico a completare lopera darte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili. E allora ecco che questa volta il pubblico diventa totalmente protagonista e attore. Una ventina di volontari, guidati dalle indicazioni della Abramovi e dei suoi assistenti, prendono posto in installazioni che ricordano le tre principali posizioni usate dalluomo: lo stare in piedi, sdraiati o seduti. Seguendo le indicazioni dellartista, vestiti di camici bianchi e di cuffie insonorizzanti, i protagonisti dellAbramovi Method sono tenuti a stare 30 minuti in ogni posizione, in un percorso fisico e mentale il cui scopo quello di espandere i propri sensi, osservare, imparare ad ascoltare e ad ascoltarsi. Ma anche il pubblico protagonista. Per enfatizzare il ruolo ambivalente di osservatore e osservato, di attore e spettatore, centrale ai fini del concetto stesso di performance, Marina Abramovi mette alla prova il pubblico anche nellatto apparentemente semplice dellosservazione: una serie di telescopi permettono infatti ai visitatori di osservare dallalto della balconata del PAC i protagonisti

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www.arcipelagomilano.org dellevento, concentrandosi su alcuni particolari. Una scelta non facile quella di partecipare alla performance, che richiede grande forza di volont e anche un pizzico di resistenza fisica, oltre che la consapevolezza di donare un paio dore del proprio tempo allarte e alla riflessione sulle nostre percezioni. Ma dinteressante c anche il lavoro The artist is present, video e riproduzioni della monumentale performance del 2010 che la Abramovi fece al MoMA di New York. Per tre mesi, sette ore al giorno, la Abramovi stata immobile e in silenzio davanti a oltre 1400 persone che, una alla volta, hanno avuto loccasione di sedersi davanti a lei, seduta in assoluto silenzio a un tavolo nellatrio del museo. I visitatori potevano sedersi di fronte a lei per tutto il tempo desiderato, e mentre lartista non aveva alcuna reazione di fronte ai partecipanti, la loro reazione era invece il completamento dellopera, permettendo ai visitatori di vivere unesperienza intima con lartista. Immagini emozionanti, che mostrano come ogni essere umano reagisca in modi assolutamente diversi: chi rideva, chi stava serio, chi aveva una faccia dubbiosa e coloro che invece, molti, si lasciavano andare alle emozioni, piangendo silenziosamente davanti allartista. Concludono il percorso una selezione di video con le performance pi famose della Abramovi, come Dozing Consciousness, 1997, Nude with Skeleton, 2002, Cleaning the Mirror I e II, 1995, The Kitchen. Homage To Saint Therese, 2010 e tanti altri. La scoperta di Marina Abramovic continua poi presso la galleria Lia Rumma, con la personale With eyes closed I see Happyness, fino al 5 maggio. Marina Abramovi - The Abramovi Method - fino al 10 giugno orari: luned 14.30 19.30, da marted a domenica 9.30 19.30, gioved 9.30 22.30; orari turni performance: luned 15.00/ 17.30, dal marted alla domenica 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30; gioved 10.00/ 12.30/ 15.00/ 17.30/ 20.00;costi: biglietto unico performance + mostra dal 25 marzo: 12 Biglietto mostra: 8 intero, 6 ridotto

Da Bellini a Tiziano. Nascita ed evoluzione del paesaggio


Si aperta la nuova stagione delle mostre a Palazzo Reale, e a inaugurarla niente meno che una mostra su Tiziano e il suo secolo. Il Cinquecento veneto stato dominato in pittura proprio da Tiziano, un artista che a partire dalla lezione di Giovanni Bellini e di Giorgione ebbe il merito di aver portato la natura e il paesaggio sullo stesso piano dei soggetti allora ritenuti pi importanti (scene storiche, nudi, racconti sacri), aggiungendo quindi un elemento di grande modernit allinterno dei suoi dipinti. Suo fu infatti luso nellaccezione moderna, del termine paesaggio, parola che compare per la prima volta nel 1552, in una celebre lettera dello stesso Tiziano allimperatore Filippo II. Linvenzione del paesaggio in pittura, come realt a se stante, fu una vera a propria rivoluzione. Dallo sfondo quasi riempitivo dei dipinti degli artisti delle generazioni precedenti, visto a volte come secondo piano su cui relegare episodi secondari e piccoli dettagli, pass a essere un vero e proprio piano autonomo. Paesaggi fantasiosi, spesso inventati, ma che permisero agli artisti, Tiziano in primis, di sperimentare un nuovo rapporto tra i soggetti rappresentati e la natura, di farli interagire e di renderli complementari. Fino alla prima met del Quattrocento, nel Veneto, quasi non esistono aperture paesistiche nei dipinti, che non siano generici fondali di verzura, o stilizzate convenzioni, come le onde a ricciolo dei mari in burrasca. Prima del nuovo termine tizianesco, lambiente naturale era paese e gli artisti dipingevano quadri di paesi, cio degli spazi, dei luoghi, considerati sotto il profilo delle loro caratteristiche fisiche e ambientali, spiega il curatore della mostra Mauro Lucco. Ecco perch il cammino iniziato da Bellini e concluso da Tiziano e seguaci cos importante, tanto da aver fatto arrivare a Milano una cinquantina di dipinti e disegni provenienti da alcuni dei maggiori musei americani - il Museum of Fine Arts di Houston, lInstitute of Arts di Minneapolis - ed europei - la National Gallery di Londra, la Gemldegalerie Alte Meister di Dresda, le Gallerie dellAccademia di Venezia, gli Uffizi di Firenze. La mostra aperta da due capolavori, la Crocifissione nel paesaggio di Giovanni Bellini e La prova del fuoco di Giorgione, che accompagnano un celebre dipinto giovanile di Tiziano, La sacra conversazione. Fu proprio Bellini il primo a inserire nei suoi dipinti sacri il paesaggio sullo sfondo, distinto per dal soggetto principale, e ben delimitato da drappi, cortine o invisibili valli spaziali. Seguendo il modificarsi della funzione del paesaggio, il percorso si sviluppa poi attraverso le sale, in cui le opere di Palma il Vecchio, Cima da Conegliano, Veronese e Jacopo da Bassano, arrivando alla chiusura con il Narciso di Tintoretto, sono accostate ad altri dipinti di Tiziano, interpreti di questa novit: L'Orfeo e Euridice, La Nascita di Adone, Tobiolo e l'angelo, Ladorazione dei pastori. Un paesaggio che ha avuto anche una sua declinazione letteraria, grazie a Jacopo Sannazzaro, che in quegli anni compose e pubblic lArcadia (la cui prima edizione del 1504 esposta in a Palazzo Reale), in cui la natura e la campagna sono descritte come luoghi ameni di delizia e gioia, popolate da pastori e contadini lieti. Italiani ma non solo. Importante dal punto di vista artistico fu anche larrivo a Venezia di artisti e opere del Nord Europa, con una diversa sensibilit per il paesaggio: una natura pi selvaggia e dura, a volte addirittura malinconica o iperdettagliata, come nel caso del disegno di Bregel dellAmbrosiana. E allora ecco concludere con lultimo Tiziano, in cui la materia e il mondo stesso sono fervore e movimento. Linvenzione del paesaggio, inaugurata da Giovanni Bellini e Giorgione e sviluppato in modo particolare da Tiziano pu dirsi completamente conclusa, lasciando alle generazioni a venire questa straordinaria e rivoluzionaria eredit. Tiziano e la nascita del paesaggio moderno - Palazzo Reale fino al 20 maggio - orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.30-22.30 - costi: Intero 9,00. Ridotto 7,50

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LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Le regole del gioco
Riccardo Perissich Longanesi 2012 396 pp., euro 17,60
Gioved 19, ore 18,30, il libro verr presentato a cura di Unione Lettori Italiani a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza Relatori: l'ambasciatore Giancarlo Aragona e il giornalista Luca Crovi L'Italia ha trovato il suo Le Carr? Il gioco delle spie ora made in Italy. Giallo all'italiana Cos titolavano i giornali all'uscita a gennaio del primo romanzo, una spy story, di Riccardo Perissich. La sua biografia ha inciso visibilmente nel plot narrativo, che affonda le radici nella esperienza personale dell'autore, profondo conoscitore delle alchimie delle relazioni internazionali. Egli stato infatti un alto funzionario alla Commissione europea di Bruxelles e un top manager in Telecom e Pirelli. Ha partecipato a negoziati internazionali e frequentato capi di stato e di governo, ministri, ambasciatori; a casa sua in Italia come a New York, a Londra a Parigi o a Mosca. Per capire dove ha preso spunto Perissich nel delineare i caratteri dei suoi personaggi, pu essere utile sapere che suo nonno, di famiglia filo austriaca, stato presidente del tribunale di Trieste ai tempi dell'Austria, sua nonna invece, di origine veneziana, era di sentimenti irredentisti. L'autore nato a Milano, ma ha vissuto da adolescente anche in Svezia e a Roma. Si dedicato da sempre alla scrittura, vuoi per giornali e riviste specializzate, vuoi per le sue note di servizio. Sin da ragazzo si appassionato al genere poliziesco e alle spy stories, delle quali stato accanito lettore. Non potevano dunque mancare nel suo libro gli elementi essenziali di un thriller: la ricerca della verit, al di l delle false piste; un plot internazionale potente e credibile, di attualit sorprendente; la paura, in questo caso di un terrorismo strisciante. E il suo libro parla infatti di un intrigo internazionale, finalizzato a destabilizzare l'area del medioriente, e farne ricadere la responsabilit su governi incolpevoli. Per la prima volta i servizi segreti italiani, considerati spesso con sufficienza dai colleghi delle grandi potenze, qui fanno la parte del leone. Seppure infiltrati da spie e ricattatori, non sfuggono per all'attenta analisi del colonnello Giuliano Valente, capo della sezione D. Grazie al suo coraggio, pure venato alla fine da senso di vendetta, verr forse sventata la terribile macchinazione. Di famiglia romana dell'aristocrazia nera, fedele al Vaticano, Valente si colloca per temperamento in una via di mezzo tra l'agente segreto macho alla James Bond e il problematico Smiley di John Le Carr. Il suo un carattere determinato, lucido, dinamico, con un innato senso dell'onore e della giustizia. Egli l'opposto del provinciale, di ampie vedute e a suo modo anticonformista, anche per la squadra stravagante di collaboratori di cui si serve per il suo lavoro, una lesbica, una hacker, un altoatesino rigoroso, una poliziotta di liberi costumi, un untuoso portaborse, un generale in pensione, suo maestro. Chi tra di loro sar la talpa? I due punti di forza di questo thriller italiano, inusuali in romanzi di stampo anglosassone, sono proprio la grande attenzione ai sentimenti privati, e una forte tensione morale del protagonista. Lo stile leggero e veloce, i dialoghi si susseguono a ritmo serrato, catturano l'attenzione del lettore, trasportato in giro per il mondo, da Saint Tropez a Roma, a Parigi e poi a Mosca e a Teheran, e a Washington e a New York, nel Pacifico e nel Kuwait, in Vaticano, in un vortice di avvenimenti. N mancano allusioni alla musica e alla cucina d'autore. Raffinatezze di ceto.

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Karamazov


liberamente tratto da I fratelli Karamazov di Fdor Dostoevskij adattamento e regia Csar Brie con Csar Brie, Mia Fabbri, Daniele Cavone Felicioni, Gabriele Ciavarra, Clelia Cicero, Manuela De Meo, Giacomo Ferra, Vincenzo Occhionero, Pietro Traldi, Adalgisa Vavassori scene Giancarlo Gentilucci, costumi Mia Fabbri, musiche originali Pablo Brie, luci Paolo Pollo Rodighiero, pupazzi bambini Tiziano Fario, produzione ERT Fondazione Emilia Romagna Teatro
Csar Brie arriva a Milano con uno spettacolo suggestivo e avvincente capace di portare per due ore il pubblico in uno spazio vuoto che si popola di personaggi, immagini e azioni. La scena spoglia e gli attori non escono mai, si cambiano gli abiti (appesi a grucce che, tenute da fili che arrivano fino al soffitto, pendono come croci e delimitano lo spazio) e si scambiano i ruoli, in un vortice di movimento che, con grande forza evocativa, attraversa il romanzo di Dostoevskij. Ogni messa in scena, naturalmente, vista, decifrata e apprezzata in modo unico e diverso dagli altri da parte di ogni spettatore, ma in questo caso possibile che ci siano due grossi sotto-insiemi di pubblico che hanno assistito a due spettacoli completamente diversi: il sottoinsieme di chi ha letto il romanzo e quello di chi non lha letto. Chi non lha letto potrebbe apprezzare in pieno il gran lavoro di Csar Brie e godersi uno spettacolo decisamente

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riuscito, soprattutto dal punto di vista estetico. Chi lha letto, invece, rischia di rimanere un po deluso. Perch laspetto pi sacrificato, forse, proprio quello che rende I fratelli Karamazov unopera cos importante e amata, e cio il grande spessore di personaggi che, partendo da conflitti di natura emotiva, danno vita a dialoghi indimenticabili per le tematiche filosofiche che trattano e per come lo fanno. Di questi dialoghi (e dellazione emotiva che provocano e da cui sono generati) restano solo pochi accenni, utilizzati pi che altro come spunto funzionale per lanciare azioni fisiche che gli attori sono molto bravi a compiere luno sullaltro, ma che poco hanno a che fare, forse, con lopera scelta come punto di partenza. Laver voluto mantenere quasi tutti gli avvenimenti narrati nel romanzo

ha costretto a un largo utilizzo di narratori che, seppur cambiando (in modo da rendere organico il passaggio da una scena allaltra) hanno frenato in parte la fluidit della vicenda che sicuramente troppo ampia per essere contenuta in modo soddisfacente in due ore e venti. Csar Brie avrebbe potuto fare come Stein con I demoni, e cio produrre uno spettacolo di dieci ore (che per rende onore al romanzo) oppure mettere in scena lesito del suo lavoro di studio con gli attori su i corpi e gli spazi, evitando di tirare in ballo Dostoevskij. In questoultimo caso il risultato sarebbe stato senza dubbio altrettanto bello e godibile, perch lo spettacolo, anche cos, di grande valore e rappresenta un esempio riuscito di incontro fra processo laboratoriale e finalizzazione estetica. Gli attori,

giovani e provenienti da esperienze formative e lavorative diverse, ma tutti molto bravi, sono riusciti a trovare un linguaggio del corpo comune e omogeneo che viene mantenuto per tutta la durata e li fa essere parte viva del tableau vivant teatrale di un maestro come Csar Brie. Teatro Elfo Puccini dal 10 al 22 aprile. In scena Al Piccolo Teatro Strehler fino al 6 maggio Giulio Cesare di Shakespeare, regia di Carmelo Rifici. Al Teatro I dal 19 al 21 aprile Physique du rle, di Nicola Russo. Al Crt Teatro dal 17 aprile al 6 maggio Memorie del sottosuolo, tratto dal romanzo di Dostoevskij, regia di Marco Sgrosso.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Io sto con Sorrentino
Sto con Paolo Sorrentino il 4 maggio, giorno in cui verranno assegnati i David di Donatello. Sto con This Must Be the Place (Italia, Francia e Irlanda, 2011, 118'), sperando che riesca ad aggiudicarsi gran parte delle quattordici statuette a cui concorre. Di solito non considero un premio fondamentale per sancire la bravura di un regista o la bellezza di un film; ma questa volta la passione supera la razionalit. Sto con Paolo Sorrentino perch ancora una volta riuscito a creare cinema senza dare eccessivo peso alla trama: racconta di Cheyenne (Sean Penn, magnifico!), un po' rockstar un po' bambino, e della favola di un suo percorso fisico e spirituale. Sto con Paolo Sorrentino perch questa favola la racconta in maniera umile, sentendosi sempre un dilettante, nonostante i successi dei suoi film precedenti. Si sente piccolo Sorrentino, e forse proprio per questo riesce sempre a inventare storie grandi. Sto con Paolo Sorrentino perch come in altri suoi film anche This Must Be the Place parte da una situazione verosimile e la narra in modo inverosimile, a tratti grottesco. Trasforma l'ironia in arte come riusciva a fare Federico Fellini. Sto con Sorrentino perch le sue storie non hanno bisogno del documentario, sono finte, nascono dalla curiosit e finiscono nel sogno. Sto con Sorrentino per la sua genialit semplice e perch un noioso e, come lui stesso dice, la noia e la neutralit fanno nascere la scintilla della creazione. Sto con Sorrentino perch un Autore che segue ogni dettaglio: dalla scrittura alla musica alla fotografia. Come Franois Truffaut sa che il regista deve essere un dittatore. Sto con Sorrentino perch Cheyenne bello e Sean Penn bravo, e considera Sorrentino uno dei pochi maestri di cinema oggi in circolazione. Paolo Schipani Clicca qui per visualizzare le Candidature ai Premi David di Donatello.

Pollo alle prugne


di Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi [Poulet aux prunes, Francia, Germania, 2011, 91'] con Mathieu Amalric, Edouard Baer, Maria de Medeiros, Golshifteh Farahani
Nasser Ali (Mathieu Amalric), talentuoso violinista iraniano, decide di non sopravvivere alla distruzione del suo violino. Sua moglie Faringuisse (Maria de Medeiros) glielo ha strappato violentemente dalle mani e lo ha gettato spietatamente a terra con la noncuranza che si attribuisce agli oggetti comuni. Allo strumento in legno che accompagna da sempre Nasser Ali in concerti ed esercitazioni, il protagonista conferisce invece un valore che supera la semplice materialit. Le sofferenze causate dall'amore per Irane (Golshifteh Farahani), soffocato dalle inflessibili decisioni di un padre conservatore, avevano trovato sollievo solo nel suono delicato e armonioso del suo violino. Nell'Iran monarchico raccontatoci da Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, le passioni vengono schiacciate da un sistema ancora imbrigliato in rigide consuetudini. Il cuore lascia spazio allo stomaco, Faringuisse non trova altra soluzione che un pollo alle prugne per provare a riaccendere nel marito il desiderio di vivere. Tuttavia, quell'insieme di legno e corde che giace sul pavimento poeticamente ci che resta del cuore di Nasser Ali. Non dello sto-

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www.arcipelagomilano.org maco. Il pollo alle prugne non pu certamente salvargli la vita. Dopo i personaggi di animazione, protagonisti di Persepolis, Marjane Satrapi decide di utilizzare attori reali. Se per in Persepolis con la grazia del fumetto, la voce e la regia queste creature erano diventate veri e propri personaggi, inspiegabilmente in Pollo alle prugne gli attori in carne e ossa finiscono rinchiusi nei loro costumi dando l'impressione di non aver mai compiuto il passaggio dal fumetto alla pellicola cinematografica. Marco Santarpia In sala a Milano: Eliseo, Gloria Multisala

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RENATO BORGHI FEDERMODA: NEGOZI CHIUSI E POI? http://www.youtube.com/watch?v=NcPjFDMLows

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