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Le tecniche costruttive murarie

Studieremo a questo punto quali sono i principali tipi di tecniche costruttive muraria (ovvero come costruivano i muri) che i romani utilizzarono partire dal IV secolo fino alla piena et imperiale, grazie ad una analisi diretta dei monumenti. L'arte della costruzione stata sempre molto controllata attraverso delle regole molto precise, come dimostrano diverse rilevante archeologiche. In generale le tecniche murarie romane (che in genere chiamavano opus seguito da un aggettivo che dipende dal materiale usato oppure dalla tessitura che si ottiene nella muratura) possono essere divise sostanzialmente in 3 grandi famiglie: 1. opere murarie a grandi blocchi (sono in genere murature piuttosto antiche e prevalentemente utilizzate per realizzare muri di sostegno o comunque per opere di ingegneria, come terrazzamenti o come mura difensive) 2. opere murarie a piccoli blocchi 3. opere murarie miste Le opere murarie a grandi blocchi Tra le opere a grandi blocchi distinguiamo possiamo fare due differenziazioni: 1) Opus siliceum o poligonale, viene utilizzato per questo tipo di murature una pietra molto dura ed in genere queste pietre sono tagliate in forma poligonale; all'interno di questa opera possiamo individuare ulteriori precipitazioni che dipendono da come vengono tagliate le pietre che vanno in posa:

Opera poligonale di I maniera, che consiste nella posa in opera di pietre cos come si trovano in loco; l'aspetto generale quello di una muratura molto grezza, quindi erano in genere utilizzate per costruire muri difensivi o di contenimento Opera poligonale di II maniera, si tratta sempre di una muratura realizzata con grossi massi per un po' meglio definiti rispetto allopera poligonale di I maniera, quindi trattati con forme un po' pi geometriche

Opera poligonale di III maniera, questa inizia ad essere piuttosto interessante perch trova soprattutto impiego nei muri di terrazzamento (come accade nei santuari laziali) e i massi assumono ancora di pi una forma geometrica e soprattutto accostati seguendo quasi delle superfici piane, sembra quasi i massi si incastrino perfettamente luno nellaltro (stabilizzando sempre di pi la muratura) Opera poligonale di IV maniera, cronologicamente la pi recente ma in molte aree geografiche coesiste con quella di terza maniera; i massi sono accostati secondo superfici sghembe o comunque oblique, per ogni livello sovrapposto quello precedente secondo un corso quasi orizzontale

2) La seconda opera a grandi massi che possiamo prendere di riferimento e che sar sempre usata per muraglioni, mura di contenimento e anche per i basamenti dei templi lopus quadratum, anche per quest'opera possiamo individuare tre maniere a seconda di come sono disposte tagliate le pietre possiamo stabilire un disegno che si avvicina di pi alle varie culture: Etrusca, IIIV secolo Greca, IV secolo Romana

Il blocco ha superficie completamente liscia oppure in genere corrugata (lavorata in modo grezzo e si chiama superficie a bugnato), questa superficie in genere si chiama facciavista. Inoltre sul blocco sono presenti una serie di fuori che servivano per inserire degli elementi metallici che aggrappavano questo blocco a quelli adiacenti. La cosa pi importante notare lanatirosi, ovvero il fatto che in genere i blocchi che compongono l'opera quadrata presentano una fascia perimetrale levigata e resa molto piana in modo da facilitare il contatto con i conci adiacenti, mentre la superficie pi centrale del lato viene ribassata; questo

presenta dei vantaggi, ovvero l'estetica ma soprattutto la stabilit.

Viene qui riportato l'esempio di una muratura nella quale viene utilizzata l'opera quadrata, dove in genere i conci disposti su filari orizzontali vengono detti ortostati, mentre quelli che presentano il lato lungo vengono chiamati diatoni. Uno dei punti pi nevralgici di una muratura costituita dalla testata dangolo in quanto uno dei punti pi vulnerabili essendo soggetto a notevoli spinte che tendono a far collassare la struttura; i romani inventarono due sistemi per evitarlo, il primo quello della pietra angolare a zanca (dove langolo gi costruito nei conci), il secondo consiste nell'alternare i blocchi su un lato e sullaltro. Una cosa che in teoria non andrebbe fatta la cosiddetta sciabolata, ovvero posizionare una serie di conci senza alternare le giunture non permettendo la coesione tra le varie parti, questa cosa senso soltanto se io voglio separare una parte dell'edificio dall'altra.

La posa di questi grandi massi in opera avveniva attraverso tutta una serie di sistemi di sollevamento (piuttosto semplici) che con i l tempo andarono ad affinarsi sempre di pi tutto quello che sappiamo della messa in posa ci deriva delle fonti storiche, ma in particolare dai segni lasciati sui blocchi.

Le impalcature I romani utilizzavano delle opere provvisorie per costruire in elevato, allora utilizzavano il legno; le impalcature possono essere indipendenti oppure possono collaborare con la muratura e quindi le impalcature si appoggiano in parte o completamente alla muratura in costruzione; questultimo tipo di impalcature lasciavano dei segni ben precisi sul muro, in particolare dei fori ancora facilmente visibili, chiamate buche pontaie (che possono passare da parte a parte il muro, oppure solo per un breve tratto).

Le murature a piccoli blocchi


Passiamo adesso alle murature a piccoli blocchi, nello specifico queste murature non sono altro che i paramenti esterni di una muratura che non costituita soltanto da questi paramenti, in quanto tra essi presente una riempimento, per questo questa muratura viene in genere chiamata muratura. Questo tipo di muratura che si chiama a sacco, perch fra queste due pareti troviamo una amalgama (antenato del nostro calcestruzzo) che si chiama opus caementicium. Lopera cementizia non ha nulla a che fare con il nostro cemento, per i romani i caementa in realt erano dei frammenti di pietra o di laterizio che venivano inseriti all'interno di questa amalgama che si formava da un impasto di malta e caementa, la malta a sua volta era ottenuta mescolando l'acqua con un elegante e degli inerti (sabbie di diversa pezzatura); questa amalgama, che quando veniva creata era fluida, veniva versata tra i due paramenti ed una volta asciugato si induriva creando il vero e proprio muro, anche se i romani utilizzarono questo sistema per le fondazioni, per le sopraelevazioni, per le murature di elevazione con funzione portante, per le sottofondazioni stradali ed infine per le coperture voltate (per il sistema spingente).

L'opus caementicium
Lopus caementicium probabilmente non una invenzione dei romani per essi hanno sviluppato e perfezionato sempre di pi questa tecnica, questo grazie al fatto che poterono sperimentare soprattutto intorno all'area del Vesuvio le propriet di una sabbia particolare di origine vulcanica, ovvero la pozzolana. Questa una sabbia (quindi un inerte) che proviene dall'attivit vulcanica ed aveva la particolarit di facilitare e di rendere possibile l'indurimento tenace dellopus caementicium in generale e quindi rendeva possibile la creazione di murature particolarmente resistenti. Come abbiamo detto la malta formata da un insieme di acqua, legante ed inerti; il legante pi usato dai romani la calce, ovvero un materiale di costruzione che deriva dalla cottura di pietre calcare.

I paramenti della muratura a sacco


Come abbiamo detto la muratura sacco, che ha il cuore in opus caementicium, pu avere diversi paramenti esterni, chiamati anchessi opus e seguiti da un aggettivo che va a specificare la forma geometrica dei blocchi oppure in riferimento al materiale utilizzato:

1. Opus

incertum: la messa in opera degli elementi non del tutto regolare o comunque non riconducibile a una figura geometrica standard; consiste nell'avvicinamento di diversi blocchetti che hanno una superficie piana, un contorno irregolare ed in profondit si affusolano e si restringono (per legarsi meglio allopus caementicium, che utilizza molta malta); questa tecnica costruttiva al grande sviluppo nel I-II secolo a.C. in particolare nellet di Silla 2. Opus quasi reticulatum, questo tipo di paramento presenta quasi le stesse caratteristiche dellopus incertum ma con una differenza: gli elementi lapidei che compongono il paramento presentano una superficie dalla forma quasi quadrata (creando una sorta di reticolo); utilizzati soprattutto nellultimo quarto del II secolo a.C. 3. Opus reticulatum, consiste nel dare definitivamente una forma quadrata ai conci di forma troco conica (in genere di pietra tenera come tufo e peperino), creando una sorta di scacchiera inclinata di 45 rispetto al suolo (disposizione che aumenta la stabilit); vennero utilizzati nell'Italia centrale e meridionale dalla fine del I secolo a.C fino al I secolo d.C. (ultimo utilizzo nellet di Antonio Pio) 4. Opus vittatum, se i paramenti esterni visti finora erano prevalentemente utilizzati nel Lazio e dell'Italia meridionale,

questo tipo di paramento coinvolge soprattutto lItalia centrale e le Gallie. I conci che compongono questa muratura sono sviluppati soprattutto in lunghezza (tanto da apparire come delle strisce); venne utilizzata fino al tramonto dellet romana, soprattutto nellet imperiale 5. Opus mixtum, viene definito cos in base alla diversa composizione dei materiali utilizzati (pietre e mattoni cotti), si riscontra anche una compresenza di opere diverse; venne utilizzata principalmente a partire dal II secolo a.C. 6. Opus spicatum, in questo tipo di muratura vengono preventivamente utilizzate pietre di fiume (ovvero pietre che hanno una forma piatta ed allungata), che vengono disposte con uninclinazione di 45 rispetto allorizzontali, questa particolare disposizione, associata ad un'alternanza della direzione dell'inclinazione in ogni filare genera un motivo a spiga; venne utilizzata prevalentemente in et imperiale 7. Opus latericium, proprio per la composizione di questa opera, che utilizzava mattoni crudi cotti al sole 8. Opus testacium, questo tipo di muratura usa prevalentemente mattoni cotti, questo tipo di materiale permetteva una pi sistematica organizzazione del lavoro, infatti questo percorso aveva come obiettivo quello di rendere sempre pi standardizzata la produzione edilizia in tutte le fasi della costruzione, infatti questo processo (per rendere pi efficiente il lavoro) va di pari passo con l'espansione dell'impero romano che determinava un aumento di manovalanza servile, i quali non sapevano niente di edilizia, quindi questa evoluzione delle tecniche bisogna leggerla anche in relazione a una sempre pi alta organizzazione del lavoro e al tipo di competenze che gli operai avevano (pi standardizzo pi semplifico il lavoro all'operaio e quindi una maggiore possibilit di successo). Lopus testacium si realizzava con mattoni cotti al forno di forma quadrata (chiamati tegulae, che potevano anche contenere bolli laterizi), che potevano essere tagliati e rifiniti in cantiere a seconda delluso che se voleva fare, infatti ogni elemento modulato secondo il piede romano (29,6 cm) e a seconda

dellutilizzo che se ne doveva fare i mattoni venivano modulati con il piede romano creando il bessales (se il lato era pari a due terzi di piede), sesquipedales (se il lato era pari ad un piede e mezzo) e bipedales (se il lato era pari a due piedi), alle quali si univano tutte le altre possibilit di taglio.

Strutture murarie miste


Opus craticium, questo tipo di opera doveva riguardare principalmente le strutture interne ma molto spesso anche le murature delle case della povera gente, si tratta di un tipo di muratura pi deperibile che si basava molto sulla compresenza di legno e di argilla; il legno veniva tagliato entrambi che formavano una intelaiatura (di architravi e montanti) entro la quale veniva realizzato un tamponamento in pietrame ed argilla a seconda dei casi; quando veniva utilizzata per le case della povera gente in genere si provvedeva costruire una basamento per isolare questo tipo di muratura particolarmente deperibile.

Archi e volte
Andremo adesso ad analizzare le caratteristiche del sistema spingente che si concretizza nella costruzione degli archi e delle volte, i vari studi compiuti nel tempo hanno permesso di precisare che i romani non inventarono il sistema spingente ma avrebbero assimilato questa tecnica costruttiva da altre civilt del Mediterraneo; tra queste civilt la prima era quella degli etruschi. Questo sapere si era probabilmente trasferito ai romani durante il secondo periodo regio, quando i re erano etruschi. I romani iniziarono a sperimentare l'arco per risolvere delle esigenze di carattere pratico, per poi hanno trasformato l'arco ed il sistema voltato nella base del loro linguaggio espressivo e nel loro linguaggio della composizione dello spazio (il sistema ad arco diventa una sorta di alfabeto, in particolare il sistema dell'arco inquadrato dall'ordine architettonico). Naturalmente i romani non arrivarono subito alla formalizzazione dell'arco come le intendiamo oggi ma attraverso tutta una serie di tentativi per dare una soluzione ad un problema, ovvero dell'esecuzione di una bucatura all'interno di una muratura; inizialmente si trattava di esperimenti che utilizzavano ancora il sistema trilitico, cio non sono presenti delle forze spingenti o se ci sono son modeste e lavora per gravit. La prima cosa che si nota degli esempi che trattano il vero sistema spingente la progressiva razionalizzazione della disposizione delle pietre e come viene tagliata la pietra, infatti i prolungamenti delle superfici di contatto fra conici si incontrano pi o

meno tutte in un punto, che corrisponde al centro di una semi circonferenza (in questo caso si dice che i conci sono radiali, perch come se seguissero il raggio); nella sostanza strutturale questa disposizione possiede degli aspetti fondamentali. Abbiamo studiato il sistema trilitico, formato da due elementi portanti ed uno portato, troviamo una reazione dei piedritti che va a controbilanciare il peso del architrave (come lo chiamo si tratta di forze tutte verticali); il limite di questa struttura per la distanza tra un sostegno e l'altro (linterasse o luce), perch inevitabilmente i blocchi tendono a rompersi per effetto del loro stesso peso. I greci puntarono sempre su questo sistema probabilmente perch lo pensavano di pi perfetto tra tutti; i romani invece avevano tutt'altra mentalit in quanto erano soliti assimilare i saperi dalle altre culture e arrivano alla soluzione dell'arco, innanzitutto per superare il limite della distanza tra un appoggio e l'altro, infatti proprio per effetto della geometria di questa struttura il suo modo di scaricare il peso a terra sar diverso rispetto al caso precedente, questo si pu vedere disegnando la forza peso (che non altro che un vettore tangente alla linea curva dellarco), che naturalmente posso vedere come risultante di due interazioni perpendicolare tra loro, una orizzontale e laltra verticale (applicando la regola del parallelogramma),naturalmente pi vicino siamo al concio di chiave pi la componente orizzontale aumenta. Possiamo constatare che un sistema del genere permette di deviare parte del carico della struttura anche sulle parti laterali della muratura, con un vantaggio immediato, ovvero quello di ampliare la luce. Inizialmente il sistema dell'arco era formato da una serie di conci che radiali (che per quanto riguarda i romani formavano l'arco a tutto sesto), in seguito la struttura si evolse ed anche per questo tipo di costruzione venne utilizzato il conglomerato cementizio, versando lopus caementicium al di sopra di una cassaforma (una struttura provvisoria), che poi veniva tolta, per mostrare la struttura vera e propria.

Anche larco ha una sua nomenclatura particolare (che viene riassunta nellimmagine), la superficie che noi possiamo osservare quando ci troviamo sotto larco chiamata superficie o linea di intradosso, mentre la linea esterna si chiama linea o superficie di estradosso (o pi semplicemente estradosso); larco per essere retto deve avere dei piedritti o delle spalle (se si parla di spalla di solito si indica che il muro continua dopo il piedritto); larco inizia sulla linea di imposta, se ci troviamo di fronte ad un arco in blocchi di pietra ogni blocco si chiama concio; larco poi pu essere estradossato (cio la linea curva dellarco non va ad interagire con la tessitura muraria) oppure estradossato legato ai filari (dove i conci sono sagomati in maniera tale da trovare un collegamento con la muratura); infine somiero o peduccio il nome che viene dato al primo concio sopra la linea dimposta.

Naturalmente il concio pi importante la chiave, ovvero lultimo concio che viene messo in opera e quello che permette allarco di funzionare sulla base del principio che abbiamo spiegato. Tuttavia necessario che siano soddisfatte delle condizioni affinch un arco stia in piedi, infatti esiste il problema del terzo medio (ipotizzando di dividere il piedritto in tre parti uguali il terzo medio 1:3 che sta a met). Come possiamo osservare anche dall'immagine la risultante somma tra la forza che esercita l'arco sul piedritto nel punto dimposta e la forza peso dello stesso piedritto, in caso case all'interno del terzo medio mentre nell'altro caso sono; dal punto di vista strutturale naturalmente la soluzione giusta (affinch l'arco non crolli) quella in cui la risultante si trova all'interno del terzo

medio, altrimenti si potrebbero verificare degli effetti di apertura dell'arco e di instabilit generale che andrebbero compromettere l'intera struttura.

Uno punto particolarmente fragile dellarco quello che viene chiamato reni dellarco, che non sono altro che delle superfici che si trovano all'incirca a 30 rispetto al piano di imposta, questo il punto particolarmente fragile perch se i materiali non sono disposti in modo adeguato e se anche la quantit di materiali non sufficiente possono verificarsi delle fratture che vanno a determinare la caduta dell'arco. I romani trovarono una serie di soluzioni che verranno (in altri modi) applicate anche dai costruttori successivi (come nell'architettura romanica e in quella gotica), in particolare si realizzano dei setti murari che raggiungono un livello, in termini di gradi, superiore a quello delle reni.

consueto anche trovare nei resti romani delle aperture con una apertura orizzontale, in realt quando ci troviamo di fronte ad una muratura in opus testacium e con i

mattoni della copertura che sono disposti quasi verticalmente, ci troviamo di fronte ad un sistema spingente che si chiama piattabanda. Funziona nello stesso modo in cui io trasporto una serie di libri, ovvero comprimendo alle estremit, questo rende il sistema a piattabanda un vero sistema spingente. I vari tipi di arco Il nome che i vari archi hanno deriva dal rapporto che esiste tra il raggio che forma la curvatura della volta e la distanza tra il piano dimposta e la chiave dellarco (che si chiama freccia). Per quanto riguarda i romani utilizzarono prevalentemente l'arco a tutto sesto e per quanto riguarda le volte, utilizzarono prevalentemente la volta a botte e la volta a crociera.

Nel caso dellarco a tutto sesto non abbiamo nientaltro che un semicerchio, cio un arco in cui la freccia uguale al raggio.

In epoche successive, in particolare nel medioevo, vengono usati altri tipi di arco, come larco a sesto acuto (che presenta due centri di curvatura), larco su piedritti o su sovrassesti (che un arco a tutto sesto appoggiato su degli elementi verticali, che sono separati dei piedritti veri e propri della linea di imposta, abbastanza diffuso nella architettura romanica e in particolare ha una ascendenza orientale, in Sicilia permane anche nel 400 e 500), infine c larco parabolico; tutti questi rientrano nella famiglia degli archi rialzati perch la freccia maggiore del raggio. Esistono per anche gli archi a sesto ribassato che ha il centro di curvatura che si trova al di sotto della linea di

imposta. Poi in base a come vanno le tangenti allintradosso in corrispondenza della linea di imposta si individuano dei profili completi o non completi (completi se le tangenti sono verticali e parallele, non completi es queste stesse tangenti sono oblique).

Le volte Se gli archi si pu dire che hanno uno sviluppo lineare e bidimensionale, le volte sono quelle che ci consentono di parlare di spazio ed equivale allo sviluppo nello spazio dellarco. Le volte sono costituite da direttrici e generatrici, la direttrice una linea curva (che in pratica lintradosso dellarco) mentre le generatrici sono quel fascio di rette che va a determinare la superficie della volta ed in genere ha una direzione ortogonale alla linea direttrice. A seconda della configurazione della volta stessa possiamo attribuire nomi diversi alle volte: nel caso la volta sia una semplice struttura semicilindrica la volta si chiama retta, assume invece il nome di rampante (o inclinata) se i piani di imposta si trovano su livelli diversi, si dice obliqua se tutte le generatrici sono oblique rispetto alla linea direttrice, infine la volta zoppa se lo sviluppo della curvatura non avviene in modo concreto (in genere viene applicata quando ci sono dei dislivelli).

A seconda dei casi possiamo avere delle volte semplici o delle volte composte, le volte semplici le definiamo tali se osserviamo la presenza di una sola superficie (le volte semplici sono la volta a botte, anulate e la cupola, che venivano utilizzate dai romani e poi la volta conica e quella a vela); le volte composte sono quelle che sono formate da pi superfici ( questo il caso, soprattutto per quanto riguarda larchitettura romana, della volta a crociera, data dalla intersezione di due volte a botte, altre volte che in genere non sono utilizzate dai romani sono padiglione o miste. Tra le volte semplici c quella a botte, che, come abbiamo detto, si stratta di un cilindro tagliato a met; ha come sezione trasversale una semicirconferenza, come pianta un rettangolo e di nuovo come sezione longitudinale un rettangolo. Volte semplici sono anche le cupole, che nello spazio possiamo considerare come una semisfera. La volta a vela, in termini geometrici, data quando io seziono con dei piani perpendicolari al piano orizzontale la superficie semisferica; partendo dalla forma della volta a vela presente nel disegno a fianco si possono ottenere tutta una serie di varianti, variando la lunghezza dei piani che tagliano la superficie sfericooppure aumentando il loro numero. Nel momento in cui sezioniamo la nostra sfera non solo con dei piani perpendicolari al piano di base, ma anche con un piano orizzontale, otteniamo la cosiddetta struttura a pennacchi sferici (una soluzione molto diffusa nella architettura bizzantina).

Le volte composte si ottengono quando si congiungono dei pezzi della pi semplice delle volte, cio la volta a botte; immaginiamo di prendere una volta a botte e di sezionarla con dei piani perpendicolari alla base e passanti per le diagonali, ottengo quattro superfici quelle che contengono le direttrici vengono chiamate unghie (che appoggiano su sostegni puntiformi), mentre le altre due superfici vengono chiamate fusi (che appoggiano su una muratura continua). Questi sono gli elementi di partenza per parlare delle volte composte, arrivando quindi a dire che la volta a crociera (quella pi usata tra le volte composte dai romani, ma anche nellarchitettura dellumanesimo) data dall'unione di quattro unghie; la volta a padiglione invece data dallunione di pi fusi (che come detto scaricano su appoggi continui), in generale, utilizzando tutte le variati di archi che abbiamo visto e variando la dimensione ed il numero delle unghie e dei fusi, si pu ottenere quasi una serie infinita di possibilit.

Le volte, finch non vengono messe fusione con la messa in opera delle chiavi, non sono dei sistemi strutturali che possono stare in piedi, per questo necessario montare delle strutture provvisorie che si chiamano centine, fatte in legno e a seconda dell'ampiezza della volta o dell'arco potevano assumere una configurazione diversa; servivano per appoggiarci sopra i conci lapidei oppure il conglomerato cementizio nella fase di costruzione della volta. Una volta che il cemento aveva preso oppure che era stata posizionata la chiave di volta, la volta o larco venivano disarmati, eliminando la centina.

In genere per le volte di grandi dimensioni veniva inserito uno scheletro sulla base di una serie di arcate, che permetteva di dare luogo a delle direzioni preferenziali rispetto alle quali le azioni di forza si dirigevano (come succede nel Pantheon); in altre zone dell'impero, come per esempio in Africa settentrionale, Italia meridionale ed in generale in tutti quei posti dove non cera abbastanza legname. Venivano messi in opera una serie di vasi ceramici (modulari) che si incastravano uno dentro laltro per creare una sorta di catena; venivano inseriti seguendo un percorso a chiocciola per chiedere le cupole e le volte, questo sistema permetteva di creare delle volte o delle cupole autoportanti (ovvero sistemi che in fase di costruzione stanno su da soli e non hanno bisogno delle centine). Il Pantheon l'edificio meglio conservato dell'architettura romana ed possibile osservarlo nella zona di campo marzio a Roma, risale al II secolo d.C. per volere di

Adriano (anche se andava a ricostruire un tempio omonimo costruito nellet di Agrippa); la particolarit di questo edificio che ci permette di vedere in modo esplicito la politica dello spazio tipica dei romani e le loro abilit ingegneristiche. Se lo si osserva dall'esterno il suo ingresso inquadrato da un pronao che assomiglia ad un tempio greco, in realt dietro troviamo un immenso spazio circolare (anche se sono ricavate delle nicchie di pianta alternata semicircolare o rettangolare, per ampliare lo spazio interno) coperto da una cupola (in opus caementicium), che ha un diametro di 43,30 metri e laltezza uguale. La particolarit dell'edificio sta nel fatto che in sostanza costituito da un cilindro sormontato da una semisfera (cassattonata o lacunari, che alleggeriscono la struttura e realizzati grazie alla sagoma attribuita alla centina); la muratura del cilindro costituita da una serie di arcate su due livelli, si crea quindi una muratura che ha nell'esistenza di questa arcate il punto forte, le quali si controbilanciano allinfinito e permettono di sopportare i mesi carichi. Per quanto riguarda la cupola i romani pensarono anche di variare i materiali di costruzione che componevano il conglomerato cementizio della volta, in particolare procedendo dal basso verso l'alto possiamo constatare l'impiego di materiali in base alle loro propriet meccaniche e fisiche, alla base sono stati scelti molto resistente compressione (con propriet meccaniche spiccate) mentre salendo verso l'alto, soprattutto per quanto riguarda la volta, i romani hanno via via disposto materiali pi leggeri (il primo anello della cupola realizzato con frammenti di laterizio, il secondo anello con mattoni e tufo, mentre per quelli superiori vengono utilizzati il tufo e materiale lavico); questo si va a sommare con l'assottigliamento della stessa muratura verso il centro. Esempi dellutilizzo del sistema vigente si trovano in quasi tutte le architetture romane, ma in particolare in alcuni come nei terrazzamenti del tempio della Fortuna Primigenea a Palestrina, dove vennero create delle opere artificiali che potessero sostenere il peso della collina, vennero quindi realizzati una serie di ambienti voltati (con volte a botte che si sviluppano in lunghezza). Man mano che passa il tempo avvicinandoci all'et di Augusto, soprattutto nella regione campana dove era diffusa la pozzolana (che favoriva l'indurimento del caementa anche in non presenza di aria), gli architetti sperimentarono diversi sistemi di coperture, in particolare le porte per le terme. Lontano dalla pozzolana e dall'Italia i romani riuscirono a utilizzare il sistema spingete utilizzando altri materiali, in particolare la pietra squadrata (come nel tempio di Diana), in questo caso per facilitare la messa in posa e per rendere pi stabile la volta, fu realizzata un'ossatura (che non altro che una serie di arcate) che doveva servire da appoggio ad quattro superfici. Infine nella basilica di Massenzio (che risale all'et tardo antica) i romani sono ormai specializzati nell'uso della forza e dell'arco e quello che interessante osservare che la struttura di quelle che potremmo definire le cappelle laterali che sono atte a contrastare il collocamento della grande navata centrale voltata con tre grandi volte a crociera (precorrendo i contrafforti e gli archi rampanti di et gotica).

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