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• NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
57 Ermetismo e magia nella Siena colta del Rinascimento
Maria A. Ceppari Ridolfi e Vinicio Serino
71 Cultura ermetica e spiritualità “altre” a Siena nel Rinascimento
Vinicio Serino
89 Scipione Zondadari, giovane mago e “filosofo occulto” nella Siena del tardo
Rinascimento
Patrizia Turrini
• SEGNALAZIONI EDITORIALI 99
• RECENSIONI 105
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gista) - Pietro Mander (Univ. di Napoli L’Orientale) - Alessandro Meluzzi (Univ. di Siena) - Claudio Modiano (Univ. di Firenze) -
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EDITORIALE
La forza della Ragione dialogante
e le ragioni della Forza
di Gustavo Raffi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
uesto primo lustro del XXI se- dialogo ed i processi di costruzione, in una
colo ci ha proposto uno sce- realtà pur contraddittoriamente mondializ-
nario completamente nuovo e, zata, di una ecumene internazionale più
per certi suoi aspetti drammatici, certa- equa e sensibile ai diritti umani ed alle
mente non prevedibile. L’emergenza rap- istanze di riscatto e di emancipazione non
presentata dal fanatismo religioso e dal fon- solo del cosiddetto “sud” del mondo, ma
damentalismo, una certa esaltazione dell’ir- anche di quelle porzioni del corpo sociale
razionale, sostenuta da un malcelato rela- sostanzialmente marginalizzate ed indigen-
tivismo giustificazionista, il richiamo a ti che pur vivono nel ricco Occidente. Non
princìpi dogmatici e sostanzialmente autori- possiamo certamente nascondere che la
tari, hanno minato fortemente le speranze di gioia per i festeggiamenti del Bicentenario
•4•
EDITORIALE
del Grande Oriente d’Italia sia turbata da un dolorose, ma più assennate. Ciò, come ben
clima di generale preoccupazione per i si sa, non implica che tutti i massoni, alla
recenti eventi terroristici che hanno scon- fine concordino, anzi, ma che la ricerca di
volto non solo la soluzioni per loro
Gran Bretagna, ma rientra in un processo
anche altri paesi. di vaglio, critica, au-
L’insicurezza e la tocritica e riflessione
paura fomentano, che sappia andare al
purtroppo, senti- di là delle cornici
menti non facili da ideologiche e che
governare e soprat- accetti il principio
tutto possono spin- del confronto dia-
gere a facili logico con la diver-
equazioni, che, sità, tanto dentro
alla fine, si quanto fuori. La
prestano alla com- sconfitta del terrori-
pleta ed acritica smo e del fanatismo
accettazione della fondamentalista pas-
dottrina dello scontro di civiltà. Non è cer- sa così attraverso la capacità di saper isolare
tamente compito di una Comunione mas- l’estremismo e le sue élites, talora ben
sonica entrare nel merito di – o peggio vo- nascoste ed use ad una sorta di occidentale
ler dirimere – questioni così scottantemente “doppiopetto” finanziario e diplomatico,
laceranti, ma una istituzione di spiriti liberi senza legittimarle, senza farle cioè
e critici non può esimersi dall’interrogarsi diventare l’unica vera e sostanziale espres-
sulla realtà in cui essa vive, non solo per la sione di una cultura e di una tradizione. Ad
ragione banale che ne fa parte, ma anche e esempio, il mondo islamico non è solo quel-
soprattutto perché, come è già accaduto in lo espresso dai terroristi, i quali, peraltro,
Turchia, gli stessi ideali che fanno da non hanno incertezze nel colpire nel muc-
cemento ai Landmarks massonici, si tramu- chio o nell’aggredire anche luoghi di culto
tano in obiettivo per alcuni movimenti o musulmani, come si è più volte verificato in
gruppi intolleranti, pronti a tutto, in primis Iraq; si tratta di una realtà complessa,
al ricorso ad azioni terroristiche. Ovunque e divisa, contraddittoria, lacerata da contrap-
comunque ci sia il rischio di offuscare e posizioni intestine e da opzioni culturali che
abbandonare equilibrio e ragione, il compi- si declinano in uno spettro molto ampio; un
to del massone resta quello di esercitare la mondo paradossale, in cui alcuni Stati pos-
virtù del dialogo, innanzitutto con se stesso, sono tranquillamente trascendere i più ele-
non certo per giustificare, ma per suscitare, mentari diritti civili al punto che dinanzi
attraverso il ricorso ad un pensiero critico e alle loro norme non solo un Mazzini, un
non dogmatico, le soluzioni, anche Garibaldi ed un Cavour si rivolterebbero
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La forza della Ragione dialogante e le ragioni della Forza, G. Raffi
nella tomba, ma lo stesso Vittorio Emanuele ovvero di radicarlo anziché estirparlo? Che
II; al contempo, alcuni di questi stessi pae- la nostra cultura ufficiale e massificata sia
si, solo per via della loro importanza eco- poco adeguata a separare il grano dalla
nomica, sono con- pula, lo dimostra il
siderati “buoni” sot- fatto che la stessa
to un certo punto di stampa nazionale
vista anche occiden- abbia finito col chia-
tale. E qui si pone un mare “islamisti” i
primo grande pro- terroristi islamici,
blema: il fanatismo quando nella lingua
teocratico e l’illibe- nazionale, un islami-
ralità sono vera- sta non era altro che
mente avversati dal- uno specialista del
la nostra civiltà, mondo islamico, allo
oppure ci possono stesso modo in cui
anche stare bene, un “grecista” o un
purché si facciano “latinista” non sono
buoni affari senza terroristi greci o
problemi? Ma è romani, ma esperti
davvero possibile della cultura classica.
fare buoni affari in una realtà globale, a pre- In tal modo, da un giorno all’altro, un’inte-
scindere da ogni ragione etica, quando si ra categoria di studiosi si è risvegliata sco-
viene a cementare il potere di chi vive come prendo di essere stata criminalizzata, innan-
in pieno Medioevo, pur utilizzando aerei e zitutto dall’ignoranza occidentale. Le stes-
computer? Noi non conosciamo la risposta, se cattedre universitarie di Islamistica che
ma riteniamo sensato porci qualche dubbio; cosa dovrebbero insegnare? Il terrorismo
e riteniamo che il “relativismo” degli affari islamico o la cultura di una civiltà, che
e dei valori rechi con sé gravissimi rischi e peraltro non è solo araba, ma anche turca,
concezioni eticamente discutibili. persiana, indiana, etc.? Si tratta di un esem-
Così, mutatis mutandis, se, al posto di pio, apparentemente banale, ma esso ci
circoscrivere l’area di influenza dell’intol- mostra come l’ignoranza può fare il gioco
leranza, si esalta, invece, il ruolo nefasto di dei faziosi, che desiderano gettare benzina
coloro che si appellano allo scontro fronta- sul fuoco, perché essa aumenta la confusio-
le, quasi fossero i portavoce ufficiali di un ne e non porta affatto chiarezza e quindi
intero mondo, non si viene a sancire di fat- quella vera informazione, che permette una
to l’ammissione di una sconfitta epocale, libertà di opinione e di scelta.
quella della potenza della discussione e del La nostra speranza è che la forza della
confronto, e non si corre forse il rischio di ragione e della discussione serva a cemen-
creare una base sociale all’estremismo, tare quegli ideali di fratellanza e di tolleran-
•6•
EDITORIALE
za e rispetto reciproco, senza che ciò signi- di vista non era ispirato da aprioristico rela-
fichi alcun cedimento su temi inderogabili tivismo. In modo paradossale sono relativi-
quali la sicurezza ed il rispetto della vita sti tutti coloro che, partendo dal presuppo-
umana, in un quadro di sto che ogni signolo punto
condivisione sempre di vista ideologico, sorto e
più ampia di valori cementato in una comunità
comuni. Non è un caso determinata, abbia un suo
che lo stesso Grande sistema di codici e valori
Oriente d’Italia si sia valido al suo interno, per
più volte impegnato in cui esso si autogiustifica in
questi anni a costruire rapporto a se stesso, fini-
occasioni di dialogo, scono col dover ammettere
chiamando allo stesso che un dialogo vero sia
tavolo rappresentanti impossibile; tutt’al più essi
delle comunità islami- potranno accettare l’idea di
che, rabbini, sacerdoti una negoziazione diploma-
cattolici e pastori prote- tica, ovvero come un con-
stanti, insieme a laici, fronto, sostanzialmente di
perché tutti costoro fan- forza, tra maggioranze e
no parte a pieno titolo minoranze, al fine di stabi-
di una società aperta e lire le regole e gli spazi di
di un multiverso che diversità che ciascuno può
non deve cadere in ghetti avere ed eventualmente con-
separati ed inconciliabili, pronti a combat- cedere nel suo confine, senza però mai
tersi alla bisogna. Lo stesso richiamo alla accettare il confronto a tutto campo, verso
difesa della Scuola Pubblica, al fine di sot- uno stadio di verità più alta e profonda,
tolineare la funzione aperta e pluralista, posta al di sopra del punto di vista partico-
ossia dialogante e critica, dell’educazione lare di una data civiltà. Ma ora che i confini
scolastica, mirava non a contrastare le diventano sempre più labili e che la globa-
Scuole cattoliche in quanto tali, ma ad evi- lizzazione impedisce di ricorrere a soluzio-
tare che si spianasse la strada alla costruzio- ni crude quali quelle che si risolvono nel-
ne di scuole settarie, ciascuna depositaria l’invito perentorio che “ciascuno resti a
della propria verità assoluta e del proprio casa sua”, come si dovrà fare? Una possibi-
progetto, con una conoscenza solo precon- lità è il ricorso, in determinati casi e come
cetta dell’altro, che di fatto già si configura estrema ratio, alla guerra e le occasioni
non come cittadino, membro di una comu- future certamente non mancheranno. Ma a
nità mutualmente educante nella sua com- noi resta il dovere, anche massonico, di
plessità, ma come potenziale nemico reli- ricorrere alla forza della ragione, che accet-
gioso. Anche in questo caso, il nostro punto ta il principio di conoscere veramente l’al-
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La forza della Ragione dialogante e le ragioni della Forza, G. Raffi
In this contribution the Author offers an overview of the Orphic tradition with its
literary and ritual sources in the framework of the old Greek culture with particu -
lar focus on the complex relation with the cult of Dionysos and its mysteria.
Mutilai me stesso, scontai le pene dei uesto papiro, che fa parte delle
padri composizioni orfiche, contiene
Salvami, grande Brimò un chiaro riferimento ai misteri
e Demetra e Rea dionisiaci: si tratta di un rituale finalizzato
e Cureti armati all’accesso al grado supremo della cono-
affinché facciamo belle offerte scenza. L’influenza dionisiaca ed eleusina si
l’ariete e il capro manifestano nella stessa invocazione a
doni innumerevoli Demetra e Brimò, nonché nell’espressione
e vicino al pascolo del fiume “dio nel grembo” che viene chiarita in un
prendendo i testicoli del capro passo di Clemente Alessandrino (Protr.
e le altre carni le mangi 2,16) dove gli iniziati dei misteri di Saba-
ma chi non è iniziato non assista ... zio, portavano sotto le vesti un serpente,
Un solo Dioniso, i simboli simbolo della violenza ai danni di Persefone
dio nel grembo perpetrata da Zeus, e della conseguente
e ciò che ti fu concesso profondere nascita di Dioniso nella forma di toro.
gettare nel paniere Questa mitologia è una delle componen-
pigna, trottola, dadi ti della poesia orfica. L’Orfismo è dunque
oppure specchio. un sincretismo di vari elementi tra i quali
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che egli non le ammise mai ai riti segreti. Dioniso hanno un retroterra comune che è il
Forse esistevano delle associazioni arcaiche mondo silvo-pastorale della Tracia o di Cre-
di guerrieri che praticavano propri riti ta; entrambi sono rappresentati assieme ad
segreti? Secondo alcuni la animali anche feroci
catabasi di Orfeo è nell’atto di pla-
legata allo sciama- carli – nel
nesimo, ma questa caso di Orfeo
attribuzione non è egli doma gli
del tutto pertinente animali con il
nel caso di eroi canto e la
greci o dello stesso melodia della
Orfeo che come Ulisse e lira; la componente
Teseo è disceso nell’Ade agraria resta il
con il corpo e non con sostrato di base per
l’anima come avviene per il Dionisismo e l’Or-
gli sciamani. Tra l’altro fismo nelle loro prime
non si conosce una tradizio- manifestazioni; l’Orfeo
ne orfica di “trance” estatica raffinato cantore in abiti
durante la quale l’anima compia eleganti, è di epoca tarda.
un viaggio nell’oltretomba di- Al centro dell’Orfismo è
staccata dal corpo. Le donne, fat- Dioniso, la sua passione e
to a pezzi il corpo di Orfeo, lo get- morte: attraverso il rituale si
tarono nel fiume che lo trascinò fino al raggiunge la catarsi, cioè la purificazione e
mare. Gli abitanti di Lesbo raccolsero la la salvezza. Un attributo di Dioniso nel
testa ed elevarono un mausoleo. La tomba mondo orfico è quello di Zagreo, termine
dell’eroe, secondo la tradizione, si trovava che appare per la prima volta nel poema
anche presso il fiumeM e l e s in Asia Minore Alcmeonide (V sec. a.C. fram. 3 Kinkel) nel
dove erano i resti del corpo ricomposto quale sono invocati la terra e Zagreo. Euri-
dagli stessi Traci. Orfeo continua a suonare pide (fram. 475 Nanck) ricorda Zagreo
la lira e a cantare per i beati in veste bianca. come il dio venerato dalle associazioni cre-
Da quel che si può notare la tradizione tesi al tempo di Minosse i cui componenti
orfica è complessa, ma su alcuni punti si è formano il coro delle Cretesi. L’etimologia
d’accordo: 1) Orfeo è uno ierofante iniziato del nome è forse “il grande cacciatore (di
ai culti misterici di Dioniso; 2) egli vive anime)” secondo l’etym. Gud. (227, 37), da
poco prima della guerra di Troia, infatti par- Za-agreus. Euripide lo definisce “cacciato-
tecipa alla spedizione degli A rgonauti; 3) è re notturno”, n y k t ò p u l o s, e lo avvicina
di origine tracia; 4) scende negli inferi e i all’orgiasmo. Firmico Materno (de err. prof.
suoi riti sono connessi con l’esaltazione rel., 6) riferisce per primo della passione di
mistica dionisiaca delle baccanti; 5) Orfeo e Dionysos-Zagreo, il cui nome latinizzato è
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Libero. È figlio illegittimo di Giove, re e che parla delle tre nascite di Dioniso, una da
tiranno di Creta, che dimostra tale aff e t t o sua madre Semele, la seconda dalla coscia
nei suoi confronti, da scatenare la collera di di Zeus, la terza, quando dopo lo smembra-
Giunone. Giove lascia momentaneamente mento, Rea, riuniti i pezzi del corpo, fa
la reggia ed affida il giovane alle guardie; ritornare in vita Dioniso. Diodoro Siculo
Giunone riesce a corromperle e fa uccidere (III, 62) afferma che Dioniso torna alla vita
Dioniso-Libero dai Titani che, smembrato il grazie a Demetra. Il ciclo di nascita-morte-
corpo, lo divorano. resurrezione è un
Ma Minerva con- tema ricorrente
serva il cuore di tra le religioni
Dionisio perché si antiche, si vedano
vuole vendicare dei Ti t a- Osiride, Attis. La
ni. Allora Giove, non componente agraria sta
appena si accorge del- proprio in questo tripli-
l’uccisione del figlio, ce momento dell’eter-
elimina i Titani; quindi no ritorno alla vita
costruisce una statua in dalla morte e vicever-
gesso e vi introduce il sa secondo cicli stagio-
cuore ricevuto da Miner- nali. L’Orfismo si pone
va. I Cretesi, aggiunge Fir- dunque in questo conte-
mico, istituirono riti in ricor- sto. Le orge dionisiache
do di quegli avvenimenti. Cle- rappresentano un passaggio
mente Alessandrino (P r o t e p t. II, per accedere al divino; gli orfi-
17) racconta lo stesso mito speci- ci vanno oltre: essi cercano l’im-
ficando che i Titani sedussero mortalità attraverso la purifica-
Dioniso con giocattoli infantili: la trottola, zione e il riscatto dal male. Con l’Orfismo il
il rombo, giocattoli incurvati. Aggiunge poi concetto di peccato e di riscatto si fa lenta-
che tali oggetti venivano adoperati nei ritua- mente strada con il raggiungimento della
li orfici in memoria dello sbranamento del salvezza dell’anima. È questo il motivo
dio. Egli stesso scrive: dominante della religione orfica: la salvez-
za dell’anima. Da questa concezione deri-
[…] simboli di questo rituale (teletè)
vano una serie di regole da osservare come
sono un gioco di astragali, una palla,
la pratica vegetariana, il rifiuto di cibarsi di
una trottola, dei pomi, un rombo, uno
carne, l’ascetismo. L’Orfismo comprende
specchio, un vello.
una vera e propria teogonia particolare:
I Titani, sempre secondo Clemente Ales- all’origine di tutto vi è il Primo nato o Pro-
sandrino, saranno folgorati da Giove. Non togono, si tratta di un essere bisessuato,
si fa cenno alla resurrezione; questo tema generato da un uovo; egli è la luce “Pha-
ritorna in un passo di Filodemo (de piet. 44) nes”, ed in alcuni inni orfici è detto pure
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L’Orfismo, A.M. Corradini
purezza ed un’incontaminazione esattamen- senta l’unità e perisce nella lotta tra le forze
te opposta al rituale dionisiaco. Agli Orfici delle due divinità che a questo punto si
è infatti vietato cibarsi di carne ed uccidere identificano. La poesia manifesta il
animali perché questi possono essere mondo delle immagini illusorie del
adatti alla reincarnazione di anime. divino e, attraverso l’estasi
Rifuggono da tombe e misterica dionisiaca, si
cadaveri, non consumano attinge alla fonte della
legumi che sono cibo dei vera conoscenza divi-
morti, non mangiano uova na. Il mito di Dioniso
che sono simbolo della ed il suo rituale sono
generazione delle anime. strettamente collegati
Tali prescrizioni, che ren- con la simbologia del
dono un iniziato un bak - gioco e degli elementi
c h o s, ci appaiono in un che ne fanno parte
frammento euripideo dei (dadi, trottola, rom-
C r e t e s i. Orfeo è dunque bo, palla, specchio,
il cantore di Apollo, cioè vello). I dadi hanno
immagine, musica, ma il uno scopo divinato-
suo contenuto (attraverso rio, la palla e la trot-
la passione dionisiaca) è il tola sono veri e propri
mistero di Dioniso. Le due giocattoli che si usano
divinità sono i volti di una nell’infanzia e fanno sup-
stessa religione e sono comple- porre un passaggio dall’in-
mentari l’uno all’altro; Olimpio- fanzia alla pubertà. Lo spec-
doro nel “commento al Fedone di Platone” chio è il simbolo dell’illusione, ma anche
così si esprime: della conoscenza perché specchiandosi Dio-
niso fanciullo conosce se stesso pur igno-
Dioniso pose l’immagine allo spec -
rando che l’immagine riflessa è la sua.
chio, e così fu frantumato. Ma Apollo lo
raccoglie e lo riconduce alla vita essendo
Apparenza e realtà si identificano in Dioni-
dio purificatore e veramente salvatore di so che rappresenta in se stesso la sola real-
Dioniso […]. tà. Orfeo mostra il cammino verso la vera
conoscenza del dio. Negli scritti orfici esi-
Dall’uno al molteplice e dal molteplice stono delle precise indicazioni sui percorsi
all’uno attraverso l’intervento di Apollo. da intraprendere e da evitare. Teoria e prati-
Ecco ancora un elemento tendente a chiari- ca coincidono per la salvezza dell’iniziato
re il duplice aspetto e l’identità di Dioniso- sulla via dell’illuminazione.
Apollo attraverso il simbolo dello specchio. Il simbolo del rombo è noto nei riti ini-
Orfeo non è soltanto l’unificatore dei due ziatici dei primitivi. In uno scolio attribuito
culti apollineo e dionisiaco, ma ne rappre- al grammatico Diogeniano (II sec. d.C.) il
• 15 •
L’Orfismo, A.M. Corradini
rombo viene definito una tavoletta di legno influssi con predominanza evidente della
attaccata ad una cordicella e fatta roteare componente greca, perché è proprio in Gre-
durante i riti misterici perché ronzasse. Il cia che l’Orfismo ha trovato
rombo appare come un il suo sviluppo e la sua
elemento di base nelle affermazione.
pratiche iniziatiche. Ad Orfeo la tradi-
L’origine di Orfeo è zione attribuisce varie
attribuita alla Tracia, tut- opere delle quali ci
tavia il suo legame con sono pervenuti fram-
Creta è evidente anche menti. Il Kern li ha rac-
perché il Dionisismo ha colti in un’opera unica.
chiare derivazioni dall’i- Gli Inni Orfici sono 88
sola. Una testimonianza componimenti databili tra
figurativa arcaica di Orfeo il II e V sec. d.C.; si tratta
che si può ricostruire è il di formule rituali ed invo-
dipinto di Polignoto, la cele- cazioni; secondo Kern, l’a-
bre Nikyia nella Lesche rea di formazione degli inni
degli Cnidi a Delfi; Pausania è quella dell’Asia Minore.
(X, 30, 6) fa notare che Orfeo L’epoca dell’affermazione
era rappresentato in costume gre- della poesia orfica potrebbe
co, prezioso indizio per la sua vici- essere quella del VI-V sec. a.C.,
nanza al mondo greco in età antica. ma vi sono indizi che potrebbero
Più tardi, nelle raffigurazioni, egli spostare la cronologia ad un perio-
assume l’abito tracio con berretto di do più remoto. In queste composi-
pelle di volpe alopeke, alti calzari, veste zioni gli elementi orfici sono evidenti per la
ricamata e corto mantello; nell’età ellenisti- menzione di divinità come Erikepaios, Pha-
ca predomina un costume di influsso orien- nes, Chronos, Protogonos, ma si nota pure
tale con chitone ricamato, mantello e ber- la presenza di altre divinità come la Grande
retto frigio, che rimane la caratteristica di Madre, le Ninfe, le Nereidi, etc. Il papiro di
Orfeo anche nell’età cristiana. Gurab (Egitto), riconducibile ad una comu-
Se pure tracia fu l’origine del cantore, nità orfica del III sec. a.C., molto frammen-
tuttavia i suoi agganci con il mondo cretese tario, mostra un sincretismo tra l’Orfismo, i
e greco sono molto evidenti, nonché con culti cretesi e le divinità eleusine. Sono pure
l’Oriente, anche per la successiva diff u s i o- citati i simboli della passione di Dioniso,
ne dell’Orfismo in questi ambienti. Sono cioè i suoi giocattoli che confermano l’uso
state avanzate ipotesi sull’origine orientale iniziatico di tali oggetti.
dell’Orfismo, ma in effetti non esistono pro- Come documenti orfici diretti vi sono poi
ve schiaccianti in tal senso; forse si potreb- le laminette auree del V-IV sec. a.C.: a que-
be pensare che in esso siano confluiti vari ste si aggiungano le fonti indirette sull’Or-
• 16 •
fismo o che alludono ad esso, testimonian- trale della poesia orfica indica Orfeo in
ze di veri autori veste di rapsodo
classici. Una che radunava
prima fase del- attorno a sé
la poesia orfi- un’associazio-
ca conosce ne di giovani,
una tradizione senza presenze
orale che viene femminili.
impiegata nei Attorno a que-
misteri eleusini sto leitmotiv si
come rituale verba- sono sovrapposti
le introduttivo alla fase altri elementi che
mistica. È chiara la con- poi hanno determinato
nessione tra Orfismo e la complessità con tutte le
misteri eleusini. sue sfaccettature dell’Orfismo.
La musica rimane infine È però certo che Orfeo, nell’immagi-
un elemento basilare nella poetica orfica nario mitico dei Greci ed in seguito dei
perché in tutte le descrizioni e rappresenta- Romani, rimane il cantore che affascina ed
zioni Orfeo appare come il cantore che ammalia riuscendo a superare la morte con
affascina, turba e commuove. Il nucleo cen- il dono dell’immortalità.
Bibliografia
The Author analyzes the meaning of the term symbolon proposing some reflec -
tions on its conceptual implications in the comparative and wide-ranging context
of a significant number of ancient religious and philosophic schools of thinking
among East and West; the Author also discusses the contemporary crysis of the tra -
ditional esoterical patterns with respect to some extreme and crude results produced
by the clash with various modern hyper-rationalistic approaches.
proprio per la sua caratteristica d’essere al essere iniziati al simbolo. La parola non
di là della storia che determina ma dalla basta; essa è dispersiva, fuorviante: la stes-
quale non è mai condizionato. sa etimologia ne tradisce i limiti.
Gli sono connessi il “Parola” è termine
mito, l’emblema, l’al- contratto da“parabola”,
legoria e il rito pur p a r a b o l é, che in greco
non identificandosi – vuol dire ‘approssima-
questi – in esso, giac- zione’. E mai defini-
ché la parte è solo zione fu forse più
figlia del Tutto, il Tu t- azzeccata perché il lin-
to rimanendo oltre le guaggio, fatto di paro-
sue componenti. le, ci divide mentre i
Di simboli, appun- simboli si rivolgono al
to, è costellato il mon- cuore ed alla mente,
do antico; basta sfo- con la suggestione del-
gliare le pagine dei l’enigma e del parados-
miti per rendersene so. I sapienti d’ogni
conto. Ma con sensi- tempo hanno fatto pro-
bilità nuova: per trop- pria questa verità, allu-
po tempo si è parlato di sivamente hanno dise-
“prelogismo”, in contrapposizione al pen- gnato il cerchio ricomposto; dalla frantu-
siero razionale, o, peggio, di favole puerili mazione della molteplicità sono risaliti, via
e ingenue, valide soltanto sotto il profilo via, all’unità originaria.
estetico o letterario. E questa coscienza sta, Dal simbolo all’iniziazione rituale, dal-
per fortuna, riemergendo dal lungo oblìo di l’iniziazione all’estasi culmine della cono-
secoli di oscurantismo; ci si rende conto che scenza: tale fu l’indicazione di Orfeo. Tale
quanto precede la filosofia è più vitale del- è oggi il richiamo di ogni scuola esoterica
la filosofia stessa, che la vita profonda si che sia davvero tale.
attinge dal pozzo del passato, che è più vivo Ma l’esperienza conoscitiva che libera
ciò che è più remoto nel tempo. l’Ego teofanico, proprio in quanto ricorre al
Determinante è stato l’apporto della simbolo e nel simbolo si involge, è di tale
moderna scienza delle religioni, di studiosi natura che non può essere partecipata. Ed è
autorevoli come il rumeno Eliade che nel questo, in fondo, il “segreto” di tutte le
mito hanno visto il “racconto esemplare”, la scuole esoteriche, il “segreto” di cui tanto
ripetizione cosmogonica degli archetipi del- maliziosamente si chiacchiera nel mondo
lo spirito. della routine.
L’ineffabile non si presta alla rappresen- È una situazione che Plotino, il padre del
tazione convenzionale; per descrivere il neoplatonismo, seppe ritrarre con grande
profondo, per riviverlo dall’interno occorre efficacia:
• 19 •
I fondamenti del simbolismo, B. Parodi
Perché proprio questo sta a significa - Come si può inoltre negare dignità spe-
re quel famoso comando dei nostri culativa al binario, emblematicamente rap-
misteri, non rivelare nulla ai non inizia - presentato dalle coppie divine, e alle grandi
ti, appunto poiché il divino non è da trinità dei sistemi teologici dell’Oriente
divulgarsi, salvo a colui che, per sua antico. Prendiamo, solo ad esempio, il caso
ventura, non l’abbia già speri - dell’Egitto cul-
mentato. […] la di sapienza e
Enneadi, VI vi troveremo
triadi a profu-
E ciò, ancora, perché l’incon- sione. Esami-
tro dell’uomo col suo principio – niamone qual-
nell’attimo dell’estasi – è “fuga cuna, a riprova
di solo a solo”, un’esperienza del nostro dis-
così intimamente individuale che corso. Ad Elio-
ciascuno può farla e viverla sin- poli, la città del
golarmente solo al momento pre- sole Annu, la
fissato dal piano evolutivo. realtà della vita
Ovviamente è questa una con- è così descritta:
dizione che può riferirsi solo K h e p e r, l’a-
all’iniziazione “esemplare”, al stro sorg e n t e
compimento del cammino intro- (letteralmente:
spettivo quando l’epopta, che fu “colui che divie-
già m i s t é, è ormai un Adepto (adeptus da ne”), si trasforma a mezzogiorno in Ra, “la
adipiscor, ‘raggiungo, mi realizzo’); il con- bocca in azione” e, cioè, il Logos (come
templante – per dirla ancora con Plotino – suggerisce il pittogramma); la sera, esaurito
deve sublimarsi in illuminato, cogliere la il ciclo della sua esistenza quotidiana che
ricomposizione del molteplice nell’unità. eternamente si ripete, il sole “diventa”
Il simbolo, come nostalgia delle origini e A t u m, parola rivelatrice che in egizio signi-
ripetizione emblematica della cosmogonia e fica “tutto ciò che è, tutto ciò che non è”,
dell’antropogenesi, ha anche valore prope- ovvero la potenzialità, l’Essere al di là del
deutico e catartico: esso precede – e supera Divenire.
– la filosofia nell’esplicazione del gran libro Il ciclo cosmico è ben rappresentato
della natura. anche da altre due trinità: a Menfì Ptah, il
Molto prima che Proclo, l’ultimo degli D e m i u rgo (capostipite del massone perché
Antichi, disegnasse la teoria della circolari- il nome del dio era quello di “gran capo
tà dell’Essere, che Hegel la riprendesse con degli artigiani”), si unisce con Sekhmet, la
la costruzione della triade tesi-antitesi-sin- potenza del sole vista anche nei suoi aspetti
tesi, il mito aveva affidato al simbolo il terrificanti, per dar vita a Nefertum (“bel-
compito di iniziare al pensiero. lezza della potenzialità”), il fanciullo che
• 20 •
emerge dai petali del loto. A Tebe, la città Il simbolo, ancora una volta, ci rivela
dalle cento porte, Amon (“il nascosto”), ori- profondità sconosciute alla ragione discor-
ginario spirito del siva; con la forza dell’im-
vento è posto in magine apre davvero fine-
relazione alla gran- stre sull’infinito. Chi
de madre per eccel- acquista questa consapevo-
lenza, Mut l’Eterno lezza è già sulla soglia del-
femminino (si noti la realizzazione.
che M u t, per sin- La natura profondamen-
golare coincidenza, te simpatetica dei simboli
in germanico vuol costituisce il più corretto
dire ‘madre’): dai approccio alla Weltan -
due nasce Khonsu, schauung di ogni civiltà
epifania lunare, tradizionale e ne mostra la
archetipo delle sin- sostanziale continuità col
tesi trinitarie. passato. Anche per questa
È sempre la leg- via eminente è dunque pos-
ge del triangolo, il sibile sottolineare il secola-
mistico Delta, che re equivoco, di marca
riaffiora dai simboli espressi nel mito. razionalistica, che il Medio Evo rappresen-
Ancora un esempio di altro genere, que- ti una frattura verticale nei confronti del-
sta volta ripreso dall’India (la Trimurti di l’antichità. Sarebbe, invece, l’evo moderno
Brahma, Vishnu e Shiva è troppo nota ai ad apparire come un’anomalia, un’eccezio-
teosofi perché se ne debba accennare in ne nella storia. Di tutte le civiltà essa è l’u-
questa sede): la distinzione dialettica fra nica ad essersi sviluppata in senso quasi
Brahma e Para-Brahma. La filosofìa “acca- esclusivamente materialistico, privilegian-
demica” ha tradotto il binomio con ‘Essere’ do l’applicazione alla riflessione, la speri-
e ‘Non-Essere’, parafrasando il modulo par- mentazione alla ricerca fine a se stessa.
menideo (anch’esso, per la verità, male È un fatto che sul finire del XV secolo
interpretato); la filosofìa, cioè, ha inventato andò perduta la chiave dei simboli tradizio-
la categoria del Nulla dandole dignità onto- nali; con l’esplosione dell’individualismo,
logica: insomma, una contraddizione in ter- Umanesimo e Rinascimento diedero avvio
mini. Come si fa a dare vita a ciò che non alla cultura laica, all’affermazione di un’an-
ha vita? Il pensiero razionale è stato capace tropologia laica, irriducibilmente separata
anche di questa aberrazione. dalla sfera del sacro. Fu una vera e propria
Para-Brahma, invece, espressione del caduta nella storia che, da rapida, si è anda-
simbolismo religioso significa l’‘Essere ta facendo sempre più vertiginosa via via
nella sua fase di non manifestazione’: attua- che ci si avvicina alla conclusione del mil-
lità e potenzialità, Essere e Divenire. lennio e, con essa, al collasso energetico.
• 21 •
I fondamenti del simbolismo, B. Parodi
ro ad altro da sé per chi sa leggere in essi. Il che, lungi dal contraddirsi, si sovrappongo-
simbolo – come affermava Oswald Wierth no e si integrano favorendo la trasmutazio-
– è una finestra aperta sull’in - ne spirituale (abhisambhava)
finito. E Ananda K.Coomara- dell’uomo.
swamy (De la mentalité pri - La ragione discorsiva – si
m i t i v e, in Etudes traditionel - sa – ha i suoi limiti. Non è
les 44e Année, Nos. 236-238, con essa che si possono attin-
Paris, 1939) ci ricorda che: gere le verità metafisiche,
bensì per il tramite del pen-
Un oggetto non è unica - siero simbolico, vera alchi-
mente quello che è per i sen - mia interiore.
si, ma anche quello che rap - Il rito non è che simbolo
presenta. Gli oggetti, natu - agito, i miti una specie del
rali o artificiali, non sono genere universale (racconti
[...] ‘simboli’ arbitrari di simbolici che alludono a
una realtà diversa e superio - realtà di ordine tradizionale
re; ma sono [...] la vera
superiore).
manifestazione di essa real -
Accennavamo all’inizio
tà: l’aquila o il leone, ad
della continuità tra pensiero
esempio, non sono un simbolo o un’im -
cristiano medioevale e tradizione arcaica,
magine del Sole, ma il Sole stesso in una
dell’ortodossia evangelica venuta a confer-
sua parvenza (stante che la forma essen -
ziale importa più della natura in cui si mare la Legge.
manifesta); come pure, ogni dimora è Per concludere e meglio ribadire quest’u-
l’immagine del mondo ed ogni altare si nità di legami ricorreremo ad un simbolo
trova al centro della terra [...]. esemplare: il “mito” dei re Magi.
La tradizione di questi saggi, venuti dal-
Perché l’universalità dei simboli? Essi – l’Oriente a rendere omaggio al Cristo in
affermavano i rishi del Veda – sono a p a u - fasce, neiV a n g e l i è ripresa da San Matteo.
rusheya, ‘non-umani’; per il pensiero tradi- Ma fu Beda il venerabile ad esaltare il ricor-
zionale essi sono partecipati all’uomo dal- do dei Magi nel Medio Evo e si narra che
l’alto, all’uomo in quanto creato ad imma- nel 1164 i resti mortali dei saggi Baldassar-
gine e somiglianza di Dio. re, Melchiorre e Gaspare furono traslati da
Ogni elemento singolo, e il mondo nella Milano alla cattedrale di Colonia.
sua intera complessità è un simbolo, tanti I tre Magi, che offrirono l’oro, l’incenso
microsimboli che si riuniscono nel macro- e la mirra a Gesù bambino nella stalla (la
simbolo trascendentale. L’immagine (lo “caverna iniziatica”) di Betlemme, la “casa
yantra indù), il suono – e con esso il lin- del pane”, furono guidati nella loro ricerca
guaggio – (il mantra ariovedico), tutto è da una “stella fiammeggiante”, essa stessa
simbolo con una polivalenza di significati segno della teofanìa luminosa. Da dove
• 25 •
I fondamenti del simbolismo, B. Parodi
garttha, venuti a rendere omaggio alla ta ortodossia del Cristianesimo nei confron-
grande teofanìa. ti di essa. E non casualmente il mito dei
Il Mahânga o ffre a Cristo l’oro Magi ebbe particolare vitalità nel
e lo saluta come “Re”; il Medio Evo, età nella quale
Mahâtmâ gli offre l’incenso Oriente ed Occidente torna-
e lo saluta come “Sacerdo- rono a scontrarsi (le Cro-
te”; il B r a h m â t m â, infi- ciate) ma anche ad incon-
ne, gli offre la mirra trarsi con un’interazione
(cioè il balsamo di culturale: Sufi e Tem-
incorruttibilità, imma- plari si trasmisero un
gine dell’Amrita, raff i- prezioso bagaglio di
gurata dal Soma vedi- conoscenze iniziatiche.
co, dall’Haoma maz- Ma poi venne Filippo il
deo e corrispondente Bello… E la fine del
a l l ’ambrosìa dei Greci). Medio Evo segnò l’oc-
Il capo supremo dell’A - cultamento dei simboli, il
garttha saluta nel Cristo il trionfo della diànoia a sca-
Maestro spirituale per pito della nòesis tradiziona-
eccellenza. le; di questa non restano che
Ed è ancora Guénon (Il re del vestigia e sacre reliquie.
m o n d o, Adelphi, Milano, 1992) a Ma, forse, si può ancora sperare
ricordarci come l’omaggio reso in tal modo ed il saggio di Gérard de Champeaux e
al Cristo nascente, nei tre mondi che sono Sébastien Stercks ne è interessante confer-
anche i loro rispettivi regni, dai rappresen- ma esegetica. Verrà giorno in cui tireremo le
tanti autentici della Tradizione primordiale somme e sarà la conclusione di un altro
è, nello stesso tempo, il pegno della perfet- ciclo, forse il più squilibrato della storia.
Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia”
e critica dell'ermetismo
di Moreno Neri
Saggista
1 Il codice, manoscritto e miniato nello stile caratteristico del Rinascimento fiorentino, è tuttora con-
servato nella Biblioteca Laurenziana (Plut. 82,10).
• 28 •
Pletone parlare, come un altro Platone, to dopo i primi saluti mi chiede di Plato -
dei misteri platonici e fu così ispirato, ne. Ed io: il nostro Platone è uscito oggi
così profondamente conqui - dalla nostra dimora.
stato che, da quel momen - Egli allora si rallegrò
to, concepì nell’alta sua con impeto, e poi
mente il disegno di una subito, non so in qua -
Accademia, da realizzarsi li termini – e neppur
appena se ne desse l’oppor - lui lo sa – non solo
tunità. Quindi, per attua - mi spinse, ma addi -
re in qualche modo sì gran rittura mi incitò con
concetto, quel gran Medici forza a tradurre Plo -
destinò a tanta opera me tino. Appare, senza
ancora bambino, figlio di dubbio alcuno, effetto
Ficino, medico suo egregio. di ispirazione divina
Per questo scopo mi venne di giorno in che, mentre Platone quasi rinasceva, l’e -
giorno formando, e si adoperò poi perché roe Pico, nato allorché Saturno possede -
avessi nell’originale greco tutti i libri, va l’Acquario (e sotto lo stesso segno ero
non solo di Platone, ma anche di Ploti - nato io trent’anni prima), giungendo a
no. Poi, nel 1463, quando ero trentenne, Firenze nel giorno in cui usciva il nostro
mi incaricò di tradurre prima Ermete e Platone, mi aprisse mirabilmente quel
quindi Platone. Tradussi Ermete in desiderio inespresso, e a me del tutto
pochi mesi, lui vivente; quindi cominciai nascosto, ma a lui ispirato dal cielo, del -
anche Platone. Che desiderasse la tradu - l’eroe Cosimo a proposito di Plotino.
zione anche di Plotino, non mi accennò,
Si tratta di un testo famoso, quasi intes-
per non gravarmi insieme troppo, tanta
era in quell’uomo insigne la bontà per i suto di coincidenze – verrebbe da dire di
suoi, tanta la moderatezza nei riguardi sincronicità junghiane –, di trasmissioni spi-
di tutti. Ed io, non presago, non pensai rituali, di profezie celesti e d’influssi astro-
di affrontare un giorno Plotino. Ma logici. È valsa la pena riportarlo per intero e
intanto Cosimo, ciò che da vivo in terra far parlare esso soltanto, onde far rilucere
aveva taciuto, finalmente manifestò, o l’aurea catena in cui Pletone, alter Plato, fa
meglio impresse dall’alto. Infatti al tem - rinascere Platone, sotto il marchio d’un
po in cui offrii ai Latini la lettura di Pla - destino provvidenziale, dove le rinascite, e
tone, l’animo eroico di Cosimo ispirò, la trasmissione dell’influenza divina, sono
non so come, la mente eroica di Giovan - destinate a perpetuarsi.
ni Pico della Mirandola a venire a Così, una generazione dopo lo sfortunato
Firenze, senza che neppure Pico si ren - e infruttuoso Concilio dell’Unione, nella
desse ben conto del modo. Questi, nato cerchia stessa dell’“Accademia”, si collega-
nell’anno in cui avevo affrontato Plato - va la sua stessa nascita e la rinascita del pla-
ne, giungendo a Firenze nel giorno e tonismo fiorentino all’influsso degli incon-
quasi nell’ora in cui lo pubblicavo, subi - tri del 1438-1439.
• 29 •
Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
Nel 1462 Ficino aveva già tradotto gli Tace la fama al presente di Giorgio
inni di Orfeo, di Omero, di Proclo e la Teo - Gemisto Pletone Costantinopolitano;
gonia di Esiodo e si accingeva a tradurre non per altra causa se non che la celebri -
l’intera opera platonica. Ma tà degli uomini, siccome, si
in quell’anno il signore di può dire, ogni cosa nostra,
Firenze era venuto in pos- dipende più da fortuna che
sesso, riportato dalla Mace- da ragione. E niuno può
donia da Leonardo di assicurarsi, non solo di
Pistoia, del Corpus Herme - acquistarla per merito,
t i c u m. Il grande mecenate quantunque grande, ma
mediceo gli impose dunque acquistata eziandio che
debba durargli. Certo è che
di interrompere la traduzio-
Gemisto fu de’ maggiori
ne dei dialoghi platonici per
ingegni […] del tempo suo
iniziare subito, come attesta
[…] Visse onorato dalla
il citato proemio alleE n n e a - patria […] fu accolto ed
d i, quella dei 14 libri di avuto caro in Italia.
Ermete. Tra il 1463 e il 1494
completava la sua versione dei Fu, indubbiamente, il maggior filosofo
dialoghi platonici. Nel frattempo traduceva del declinante Impero bizantino. Giorgio
Alcinoo, Speusippo, Pitagora, l’Assioco di Gemisto, figlio del protonotario della chie-
Senocrate e il De secta phytagorica di sa di Santa Sofia, dopo aver compiuto i suoi
Giamblico. Nell’84 mentre traduceva Ploti- studi a Costantinopoli, si trasferì in giovane
no inframmezzava il suo lavoro con tradu- età nell’impero ottomano, ad Adrianapoli
zioni di Giamblico, Proclo, Porfirio, Te o- (Edirne) e Prusa (Bursa). Per molti anni fu
frasto, Psello e gli Oracoli magici di Pleto- al servizio di un autorevole e misterioso
ne. In definitiva l’intero corpus platonico e ebreo, Elisha, membro della corte del Gran
neoplatonico. Turco, che lo introdusse allo studio della
Ma chi era Pletone? Come scriveva nel filosofia antica3. Dopo la morte del suo
1827 Giacomo Leopardi2: maestro, intorno al 1400, ritornò a Costan-
2 Giacomo Leopardi, Discorso in proposito di una orazione gre c a. Scritto nell’inverno 1826-27 a
Recanati, in cortese polemica con l’amico letterato Pietro Giordani (1774-1848), questo discorso fu pubbli-
cato, insieme alla sua traduzione dell’orazione di Giorgio Gemisto Pletone in morte dell’Imperatrice Elena
Paleologina, nel periodico Nuovo Ricoglitore: Archivi d’ogni letteratura antica e moderna con rassegna e
notizie di libri nuovi e nuove edizioni dell’editore Stella nel febbraio 1827. Vedi ora Leopardi 2003.
3 Come Plotino ebbe in Ammonio Sacca un misterioso maestro che alcuni studiosi ritengono fosse
un monaco buddhista, così Pletone ebbe in Elisha, o Elisseo, un maestro che i più recenti studi indicano
come un Ishrâqî, cioè un membro della corrente filosofica del sufi Sohrawardi e dei “teosofi della luce” o
• 30 •
tinopoli, da cui, a causa del suo insegna- versante del monte Taigeto a poca distanza
mento, sospettato d’eresia e paganesimo, fu dal sito dell’antica Sparta. Divenuto giudi-
allontanato su pressione della Chiesa Orto- ce supremo del despotato, fondò e diresse
dossa. L’ i m p e r a t o- un’accademia,
re, amico perso- modellata su quella
nale di Pletone e di Platone, con un
che univa ad una insegnamento esso-
genuina pietà una terico ed uno esote-
benevola tolle- rico, riservato ad
ranza, risolse di una ristretta cerchia
affidare a Gemi- d’iniziati. Assunse il
sto, oramai cin- nome di Pletone
quantenne, un (Plhvqwn e Ghmi-
importante incari- stov~ significano
co di magistrato entrambi “pieno” e
nel Despotato di il primo nome asso-
Morea, approssi- miglia a quello di
mativamente nel 1407. Il Despotato, dove Platone) e propose importanti e innovative
regnava il ramo cadetto (o un figlio o un riforme politiche per la sopravvivenza della
fratello dell’imperatore) era la più vasta nazione greca. Nel 1437 viaggiò in Italia
estensione territoriale bizantina nel Pelo- come membro della delegazione imperiale
ponneso. Manuele vi aveva da poco inviato bizantina per partecipare al Concilio di Fer-
il suo secondo figlio Teodoro, il più dotto rara-Firenze. Ritornò a Mistrà, dove conti-
dei suoi figli, a succedere nel governo del nuò a dedicarsi agli studi e all’insegnamen-
Peloponneso al suo morente fratello Teodo- to, fino alla sua morte, quasi centenario, un
ro I, e lo stesso imperatore vi compì una anno prima della caduta di Costantinopoli.
lunga visita per installare il giovane sul tro- Benché Fiorentino4 e Della Torre5 aves-
no. La capitale, nella quale il filosofo si tra- sero messo in dubbio l’intervento di Pleto-
sferì con la famiglia, era Mistrà, posta su un ne sulle origini del platonismo fiorentino, le
platonici di Persia, che già due secoli prima avevevano congiunto Zoroastro a Platone. Sohrawardi si riferi-
sce al significato tradizionale della Sapienza come alla al-hikmat al-‘atîqa (la saggezza antica), termine che
corrisponde esattamente al latino prisca philosophia. Vedi Corbin, 1991: 214 e 258 e 1971 (rist. 1991): 31-
35 1972 (rist. 1991): IV. Vedi anche Tardieu, 1987: 145-148 e Tambrun-Krasker, 1995: 41-43. Se Pletone
è indicato, da plurime fonti, come un mistagogo (maestro di iniziati) a Elisha si addicono gli appellativi sufi-
ci di shaikh (anziano, maestro) e murshid (colui che guida).
4 Fiorentino 1885.
5 Della Torre 1902.
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
ricerche e gli studi degli ultimi anni6 atte- zioni filosofiche non può essere messa in
stano, al contrario, una forte influenza del- dubbio, dato che esse si concretizzarono in
l’esoterismo greco, conosciuto in un opuscolo, che fece
Italia attraverso Pletone e i suoi epoca nella storia del
discepoli. pensiero: il Periv w|n
Come Platone nel suo viaggio jAristot evlh~ pro~
in Italia, l’ultraottuagenario Ple- Plavtwna diafevre-
tone trovò dunque in Cosimo de tai comunemente
Medici un novello Dionigi, ma gli noto col titolo, più
esiti furono diversi. Il signore del- breve e comodo, di
l’italica Atene ne restò così sedot- De Differentiis, nel
to da favorire nella sua corte, quale si dimostrava la
negli anni a venire, la rinascita di superiorità di Platone
una scuola platonica spingendo il rispetto allo Stagirita,
figlio del suo medico, il promet- innescando un’aspra
tente Ficino, a tradurre e illustra- caterva di polemiche
re tutto Platone e le opere dei pla- da parte dei filo-ari-
tonici, oltre gli scritti ermetici. stotelici, ma finendo
per scardinare l’ormai ottuso e sclerotizza-
L’esistenza, a margine dei lavori del
to pensiero della Scolastica7.
Concilio a Firenze, d’importanti conversa-
Il celebre testo è solo il riassunto di lun-
6 Sarebbe troppo lungo dettagliare l’elenco degli studi che rafforzano e precisano tale conclusione,
a partire dallo studio di Kieszkowski sul platonismo del Rinascimento, fino a quelli di Chastel su Marsilio
Ficino e l’arte, quelli di Masai sul platonismo di Mistrà, quelli di Garin e di Vasoli sul ruolo di Pletone nel
Rinascimento, quelli di Wind sotto il versante iconologico e i più recenti studi di Silvia Ronchey nell’am-
bito di una necessaria rivalutazione dell’influenza del pensiero bizantino sulla cultura occidentale.
7 Vedi la sua prima traduzione in italiano: Giorgio Gemisto Pletone 2000, accompagnata dallo stu-
dio introduttivo: Neri Moreno, G i o rgio Gemisto Pletone – De differe n t i i s,Rimini, 2000. Occorre inoltre
osservare che Pletone a Firenze presentò anche la Geografia di Strabone (che fino ad allora era stata igno-
ta), cosa che condusse al rovesciamento delle teorie geografiche erronee di Tolomeo. Questa nuova con-
cezione del Rinascimento sulla configurazione della Terra, secondo le ricerche di molti studiosi attribui-
sce allo stesso Pletone un importante, anche se indiretto, ruolo nella scoperta dell’America da parte di Cri-
stoforo Colombo che citò Strabone fra le sue autorità principali e che ebbe il testo dal fiorentino Paolo
Toscanelli Dal Pozzo, che lo aveva ricevuto, di prima mano, da Pletone. I contemporanei oggi non si ren-
dono sufficientemente conto dell’effetto che poteva produrre la presenza di un greco in possesso di testi
originali e antichi. Grazie al maestro bizantino la mappa del pensiero intellettuale e quelle della storia e
della geografia non sarebbero più state eguali a prima. È un lascito che l’Occidente non può disconoscere.
I contemporanei, tanto i suoi fervidi ammiratori come Ficino e il cardinale Bessarione quanto i suo acerri-
mi avversari come Scolario e Giovanni Trapezunzio, non s’ingannavano, quindi, sulla personalità di pri-
m’ordine di Pletone.
• 32 •
ghe discussioni, una sorta di promemoria ge: non è per mancanza di conoscenze
per degli uditori evidentemente già infor- che Platone non ha scritto niente sulle
mati da discorsi più abbondanti. Sappiamo scienze, è perché egli stesso e prima di
d’altronde, che, con- lui i Pitagorici giu -
formemente ad un dicavano cosa buo -
principio pedagogico na non scrivere su
– ed esoterico – tradi- tali questioni, ma
zionale, Pletone, pur trasmetterle oral -
scrivendo libri, cosi mente ai loro
come Platone, in un discepoli, col pen -
certo qual modo non siero che essi
li stimava aff a t t o , sarebbero stati più
saggi se avessero
preferendo ad essi la
ritenuto tali scien -
tradizione vivente
ze nella loro anima
dell’insegnamento
e non nei libri; per -
orale.
ché quanti credono di possederle nei libri
Ecco le sue dichiarazioni in proposito: non si danno cura di possedere le scien -
Non biasimiamo Aristotele perché ha ze in modo continuativo nell’anima. Se
scritto, né per ciò che ha scritto di buo - dunque questo possesso avesse potuto
no, al contrario incoraggiamo a leggere i prodursi in modo continuo, ciò sarebbe
suoi libri “a causa di ciò che vi è di utile stato meglio; ma, siccome, secondo le
in essi, a condizione, tuttavia, di sapere circostanze, fortune e disgrazie introdu -
che innumerevoli e grossolani errori vi cono nella nostra attività conforme alla
si trovano mescolati”8; esortiamo a leg - saggezza delle interruzioni numerose e
gerli nel modo in cui Plutarco incita ad lunghe, la scrittura ha egualmente la
ascoltare le poesie. Non è perché ha scrit - sua utilità, che consiste nel fornire una
to su tutto che per questa ragione dob - sorta di memoria a coloro che non posso -
biamo venerare pure gli errori che ha no dedicarsi alle scienze in modo conti -
commesso nei suoi scritti, ma, avendo nuo. Platone, anch’egli, ha dunque
come maestro Platone, un uomo ben più lasciato dei promemoria9, ma relativi
divino di lui, e, allo stesso tempo, senza solamente ai princìpi della logica, della
giudicarci indegni di rettificare ciò che fisica, dell’etica e della teologia; e se inse -
Aristotele ha detto di male, ci ricono - gnò la filosofia, questo accadde rendendo
sciamo il diritto di raddrizzarlo. C’è tut - partecipi non della sua personale, ma di
tavia una cosa che, tra ben altre, vi sfug - quella che dalla tradizione di Zoroastro
era arrivata fino a lui attraverso i Pita - discepoli la cura di dedurre il resto da
gorici. Pitagora, difatti, per avere fre - questi princìpi e dall’insegnamento che
quentato in Asia dei magi avevano da lui inteso.
discepoli di Zoroastro, passò Ma Aristotele che
a questa filosofia; ora, Plu - era stato allievo di
tarco ed altri “situano la Platone e che poi,
nascita di Zoroastro a più di sotto il colore della
5000 anni prima della guer - filosofia, passò alla
ra di Troia”10; se ciò è credi - sofistica12, per amore
bile a fatica, quantomeno di una vanagloria
deve essere il più antico di che lo incitava a
quelli che sono chiamati diventare capo di
generalmente saggi e legi- una propria scuola
slatori, con l’eccezione del - da lui diretta, scon -
l’egiziano Menes11, quel volse e pervertì i
legislatore che non fu affatto princìpi della filoso -
un saggio. In Egitto, perciò, fia consegnati da
i sacerdoti adottarono prin - Platone e giunti a lui
cipalmente le dottrine di dal profondo delle
questo Zoroastro e ne derivarono la loro ere; quanto a ciò che aveva ricevuto oral -
fama, mentre per i riti del culto restaro - mente da Platone, se ne appropriò met -
no legati ai precetti di Menes che, tendolo per iscritto, non senza introdur -
meschini, attirarono loro il ridicolo. Che vi numerosi errori. Siccome, peraltro,
Platone passò a questa filosofia, è ciò che “si è occupato addirittura più di quanto
dimostrano gli oracoli della tradizione di ve ne fosse bisogno”13 di cose distanti dai
Zoroastro che si sono conservati fino a princìpi ed insignificanti, pubblicò una
noi: sono ovunque completamente in folla di scritti, avendo inventato questa
accordo con le opinioni di Platone. Pla - quattordicesima forma di sofisma14: affa -
tone, dunque, trasmise nei suoi dialoghi scinare le persone meno intelligenti con
soltanto i princìpi della filosofia, ossia il una massa di scritti. La saggezza, in
minimo necessario e limitato alle que - effetti, si contrae in poche parole e tratta
stioni più importanti, lasciando ai suoi poche cose; perché riguarda i princìpi
dell’essere e chiunque li abbia afferrati subito un Contro Pletone, ove si fece cam-
alla perfezione, sarà capace di giudicare pione del sistema dello Stagirita che servi-
bene quanto possa venire alla conoscen - va di struttura alla propria fede.
za dell’uomo. Nella sua Replica
Pletone chiaramente si
Tutti i rimproveri di Ple- difende dall’intenzione
tone ad Aristotele si ridu- che il futuro patriarca
cono ad uno solo: Aristote- gli aveva imputato e
le ha spezzato “la continui- spiega che egli critica
tà storica” dell’esoterismo, Aristotele perché tiene
“la catena aurea della a mettere le menti in
sapienza misterica” 15. Il guardia contro una dot-
testo, tratto dalla sua Repli - trina pericolosa che
ca a Scolario, non ha biso- porta con sé i germi
gno di commenti. distruttivi d’un ateismo
Giorgio Scolario, anch’e- materialista. Il silenzio
gli membro laico della delega- d’Aristotele sulle dottrine essenziali della
zione bizantina in Italia ai tempi del Conci- generazione e dell’immortalità dell’anima
lio, e che al suo ritorno era diventato l’umi- divenivano assolutamente scandalose, se
le monaco, campione intransigente del par- poste a confronto della potenza metafisica
tito bizantino antiunionista (Meglio il tur - dei dialoghi platonici.
bante turco che la tiara pontificia) e che non A quest’abbozzo storico, forzatamente
a caso sarebbe divenuto, dopo la caduta di sommario, circa la sapienza tradizionale, si
Costantinopoli, il patriarca di Costantino- possono aggiungere delle precisazioni pre-
poli della Chiesa Ortodossa con il nome di se dal Trattato delle Leggi. Vista l’influenza
Gennadio II, aveva interpretato il De Diffe - di queste concezioni sul platonismo rinasci-
rentiis come un attacco direttamente mirato mentale, considerato che il manoscritto del-
contro il cristianesimo. Se dal tempo di San le L e g g i, dopo la morte di Pletone, venuto
Tommaso la dottrina d’Aristotele era diven- in mano del patriarca Gennadio Scolario fu
tata la filosofia ufficiale della Chiesa ogni da lui dato alle fiamme, tranne alcuni brani
critica ad Aristotele da allora appariva come conservati dallo stesso patriarca a riprova
una critica alla stessa Chiesa. Non poteva del loro contenuto eretico e pagano, e che
dunque lasciarla priva di risposta e stese ciò che ne resta è così poco accessibile16,
senza dubbio ci si perdonerà qualche cita- supremo degli dei, mentre il secondo
zione più estesa nella nostra traduzione. dettò ai Romani un gran numero di leg -
Leggiamo, innanzi tutto, questo sunto, gi, la maggior parte delle quali relative
che ha il vantaggio di ben sot- agli dei e in parti -
tolineare l’importanza che colare ai riti
Pletone accordava alle più sacri. Tra i legis -
piccole tracce delle epoche latori, sono quel -
più remote che consentivano li che preferiamo.
di raggiungere l’“archeolo- Fra gli altri
gia ellenica”. Pletone, infat- sapienti sceglia -
ti, collegava i “principi pri- mo le dottrine
mi”, i “fondamenti del pen- dei seguenti:
presso i Barbari,
siero” (logikai; ajrcaiv) allo
i Brahmani del -
“studio delle antichità (arj c
a
i l o g v ): come
i a l’India e i Magi della Media; presso i
se ciò che è “primo” per la logica e più sag-
greci, fra gli altri e soprattutto, i Curèti,
gio per la morale debba anche essere il più secondo la tradizione i più antichi legis -
antico nel tempo: latori. Sono essi che hanno recuperato la
ecco i maestri che seguiamo tra i dottrina dell’esistenza degli dèi di secon -
legislatori ed i sapienti: innanzi tutto il da e di terza generazione e dell’eternità
più antico il cui nome ci sia pervenuto, delle opere e dei figli di Zeus e quella del -
Zoroastro, che ha rivelato, con la massi - l’universo intero, credenze, queste, che
ma brillantezza, ai Medi, ai Persiani ed erano state, in quei tempi, abbandonate
alla maggior parte degli antichi popoli in Grecia a causa dei cosiddetti Giganti,
dell’Asia, la verità sulla teologia e sulla questi esseri empi che lottarono contro
maggior parte delle altre importanti gli dei. Con la forza di ragionamenti
questioni. Dopo di lui vengono, fra gli irrefutabili e con la guerra che condus -
altri, Eumolpo, che ha istituito presso gli sero ai Giganti, i Curéti si imposero su
ateniesi i misteri eleusini per insegnarvi coloro che avevano scelto il partito
l’immortalità dell’anima; Minosse, avverso e che pretendevano che tutto
legislatore dei Cretesi; Licurgo, degli fosse mortale, eccetto il solo creatore,
Spartani: aggiungiamo Ifito e Numa, di antico principio di tutte le cose17. Dopo
cui il primo, insieme a Licurgo, istituì a di loro menzioneremo i sacerdoti di Zeus
Olimpia i Giochi in onore di Zeus, il a Dodona e gli interpreti dei suoi oraco -
le più importanti biblioteche non sempre possiedono. Va inoltre segnalata una sua versione in spagnolo, ma
mancante del testo greco a fronte: Lisi e Signes Codoñer 1995.
17 Si tratta di una reinterpretazione in chiave filosofica del mito della lotta dei giganti, figli di Gea e
di Urano contro gli dei dell’Olimpo (Gigantomachia), menzionata per la prima volta da Pindaro (e quindi da
Esiodo, Teogonia, 629 ss. e in particolare 674 ss.) e che fu ben presto interpretata come la lotta del diso r d i-
• 36 •
li; parecchi altri uomini ispirati, ed in sono formati alla loro scuola e i più illu -
particolare il divino Poliido, che Minos - stri dei quali sono Parmenide, Timeo,
se stesso frequen - Plutarco, Ploti -
tava per la sua no, Porfirio e
saggezza; Tire - Giamblico.
sia che per i Gre -
ci fu il maestro In questa sin-
più celebre di un tesi di storia del-
gran numero di la filosofia, l’e-
alte conoscenze numerazione del-
e, in particolare, le autorità – di
dello sviluppo cui a stento oggi
brillante della possiamo imma-
teoria delle tra - ginare l’eff e t t o
smigrazioni del - considerevole
l’anima e dei che doveva pro-
suoi ritorni sen - durre su un uma-
za fine sulla terra;
nista del Quattrocento – è seguita da una
18
Chirone, che fu precettore di moltissimi
dichiarazione che ne mette in risalto il sen-
eroi del suo tempo e maestro di molte
so e l’importanza filosofica e la cui portata
conoscenze e importanti istituzioni.
rivoluzionaria non può sfuggire:
Aggiungiamo i Sette Savi che fiorirono
splendidamente nell’epoca in cui Anas - Tutti [i sapienti e i filosofi citati]
sandride ed Aristone regnavano a Spar - essendo concordi fra loro sulla maggior
ta: Chilone di Sparta, Solone di Atene, parte delle questioni e sulle più impor -
Biante di Priene, Talete di Mileto, Cleo - tanti, sembrano avere espresso le dottri -
bulo di Lindo, Pittaco di Mitilene e ne più valide per gli uomini saggi che si
Misone di Chene. A tutti questi maestri sono succeduti dopo di essi. Noi pure,
aggiungiamo ancora Pitagora e Platone, seguendoli, non innoveremo nulla in
così come tutti i filosofi celebri che si così gravi questioni, né accoglieremo
ne bruto e del caos primitivo contro l’ordine della natura e la cultura. Di norma la Gigantomachia era anche
interpretata come rispecchiante le lotte e trionfi dei Greci sui Barbari. Cfr. inoltre la sua metafora in Plato-
ne, S o f i s t a, 246-248 e sul nuovo paradigma ermeneutico della Gigantomachia come lotta tra il materiali-
smo e lo spiritualismo, Reale, 1997: 405 ss.
18 Persino gli attuali studiosi come Enrico Turolla (1964: vol. III, 875) riconoscono che la dottrina
della trascendenza non è di Platone “ma risale ad antichità remotissima” ed è espressa nei Ve d a; anche Karl
Albert (1991: 96) giunge alla conclusione che la filosofia platonica è sostanzialmente affine alle correnti
principali della filosofia extraeuropea, in particolare al Ved˝nta Avaita di ›amkara e al Tao di Lao-tzu.
• 37 •
Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
alcuna delle novità recenti di alcuni sofi - pitagorica, XVII, 76), in contrapposizione
sti19. Fra i sapienti e i sofisti c’è infatti ai pitagorici, sono coloro che utilizzano il
questa fondamentale diffe - proprio tempo in
renza, che le affermazioni maniera futile, fan-
dei saggi appaiono sempre no commercio di
in armonia con le più anti - false dottrine, ten-
che credenze e che le vere dendo trappole per
dottrine, anche per la loro irretire i giovani,
antichità, sono superiori piuttosto che dedi-
alle opinioni erronee più carsi alla vera cono-
moderne che alcuni hanno scenza delle cose
propagato e propagano. I
umane e divine. In
sofisti, invece, tendono solo
questo senso gran
a innovare nella maggio -
parte della filosofia
ranza delle cose e soprattut -
moderna è tutt’altro
to di ciò menano vanto. Que -
che “amore della sapienza”, anzi è piuttosto
sto infatti dà loro quella gloria vana, a
causa della quale si adoperano in tutto. qualcosa che si fa in odio a essa, talché la si
potrebbe più correttamente chiamare “miso-
Si sarà compreso chi Pletone designa sot- sofia”. Sofisti, spiega infatti Pletone in un
to il termine di “sofisti”20: sono evidente- altro frammento delle L e g g i, sono anche
mente, prima di tutto, i fondatori del Cri- quegli “impostori” che convincono molti
stianesimo e i Dottori della Chiesa, ma uomini a fuggire scrupolosamente ogni
anche quelli delle altre religioni rivelate esercizio dello spirito, convincendoli che la
come il Giudaismo e l’Islam, le cui dottrine scienza significhi soltanto la loro dannazio -
rispondono tutte al connotato di provenire ne e perdizione.
da “un’ispirazione profetica degli dèi che E ancora:
vengono a visitarli”21. Ma in generale i sofi- i sofisti, dall’altra parte, pensano sol -
sti sono tutti coloro che innovano o trali- tanto ad incutere soggezione e si procu -
gnano dalla “prisca teologia”, in confronto rano qualsiasi mezzo per farsi una repu -
a coloro che le sono rimasti fedeli. Sofisti, tazione, alcuni anzi elevano le loro pre -
del resto, come spiegava Giamblico (Vita tese più in alto della natura umana; in
19 Cfr. Plotino, Enneadi, V, 1,8: […] le nostre teorie non sono nuove né di oggi, ma sono state pen -
sate da molto tempo anche se non in maniera esplicita, e i nostri ragionamenti sono l’interpretazione di que -
gli antichi, la cui antichità ci è testimoniata dagli scritti di Platone.
20 Non certo gli antichi sofisti come pretende Anna Kélessidou (1984: 29-40), e nemmeno soltanto i
rappresentanti delle tre religioni rivelate abramiche, così come sostiene Masai, 1956: 140.
21 Vedi il testo qui di seguito.
• 38 •
quanto alla verità, non ne hanno alcuna sulle questioni più importanti, da spe -
preoccupazione, cercano anzi mille espe - ranze brillanti, ma vane e irrealizzabili,
dienti per occultarla. e nel perder tempo con
Entrambi abbassano menzogne dalle insa -
gli Dèi fino all’uo - ne credenze? È il col -
mo, innalzano l’uo - mo della disgrazia
mo fino ad una divi - essere ingannati sugli
nità più grande di Dèi e sulle credenze
quella che conviene più importanti per
all’uomo, mettono l’uomo e avere a que -
sottosopra ogni cosa sto riguardo opinioni
e distruggono le contrarie alla verità.
principali convinzio - Ma, del resto, non
ni di coloro che li sarebbe sorprendente
ascoltano. che i destini annun -
ciati da noi al genere
Ma non solo; ancor umano apparissero a
più grave è la promes- coloro che fanno una
sa, da parte loro, di corretta analisi prefe -
una futura beatitudine eterna: ribili alle promesse di questi sofisti. In
primo luogo, questi pretesi saggi non
alcuni sofisti che hanno un vasto riconoscono un’eternità assoluta e com -
seguito, promettono ad alta voce a colo - pleta né all’Universo, né all’anima uma -
ro che li seguono dei beni maggiori di na, accordando agli esseri l’eternità non
quelli che noi abbiamo dimostrato che nei due sensi, ma in una sola direzione,
può raggiungere il genere umano; s’in - quella dell’avvenire. Essi sostengono che
testardiscono nell’annunciare che essi l’universo ha avuto un inizio nel tempo,
possiederanno una immortalità pura, e che sarà sottomesso allo stesso cambia -
non più sporcata da nessuna mescolan - mento delle cose umane. Per maggior -
za mortale, mentre, secondo la nostra mente illudere coloro cui annunciano
dottrina, le anime non cesseranno, ogni tali cose, da una parte sostengono che le
volta che il loro turno sarà venuto, di cose umane non cambieranno da sole ma
unirsi di nuovo a qualche corpo mortale. con tutto l’Universo, dall’altra, annun -
Ma, innanzitutto, è prudente giudizio, ciano che il regno del male deve essere
in generale, unirsi preferibilmente non a breve e che, in un tempo che seguirà,
quelli che promettono di più, bensì ai Dio donerà agli uomini una felicità eter -
più affidabili. Ugualmente non bisogna na e assoluta. Questa dottrina è più spe -
preferire i discorsi che destano le mag - ciosa che se ponessero nel primo tempo
giori speranze più di quelli che sono un’eternità di mali prima di un’eternità
maggiormente degni di credito. Quale di beni nel tempo a venire. Quanto a
vantaggio c’è nel lasciarsi incantare, noi, riconoscendo all’anima umana
• 39 •
Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
un’eternità intera, non mutilata e zop - dell’armonia con la verità o la falsità dei
pa, dimostriamo anche che per essa il pensieri. Del resto, i poeti si preoccupa -
bene è maggiore del male. Non è eviden - no assai poco di persuadere coloro che li
te, infatti, che questa eternità che ascoltano, basta loro divertir -
abbraccia il passato e il futuro è ben li, che li persuadano o no,
migliore e più bella di quella immorta - benché si trovino degli
lità a metà, e che l’eterno così è molto uomini sui quali essi han -
più perfetto e più bello dell’eterno in no un’efficacia maggiore
quel modo? di quanto non cerchino di
averne. Quanto ai sofi -
La “sofistica”, quindi, nella sti, gli uni impiegano
dottrina di Pletone, sta alla filo- dei falsi ragionamenti
sofia eterna dei koinai; invece d’argomenti
e[nnoiai dello stoicismo giusti e veri ed imbro -
(una sorta di verità “pre- gliano così i più igno -
comprese”) come nelle reli- ranti. Altri, i più
gioni rivelate l’eresia sta alla ciarlatani tra tutti,
tradizione immutabile del- pretendono di operare
l’ortodossia. Il metodo di miracoli e sembrano
compiere grandi cose per mezzo di una
Pletone, soprattutto in metafisica, si trova,
certa forza divina. Ma in realtà, mezzi e
di conseguenza, integralmente tracciato:
risultati non sono altro che un’impostu -
Noi, al contrario, adotteremo le dot - ra: tuttavia colpiscono i deboli e incapa -
trine e le parole degli uomini che sem - ci di esame. Quindi le loro menzogne
pre, dall’antichità, hanno saggiamente magnificate da discorsi e da scritti suc -
pensato; e, ad un tempo, con il ragiona - cessivi ne fuorviano molti altri; infine
mento, che è il più potente e il più divi - queste dottrine ricevono, dall’abitudine
no dei nostri mezzi di conoscenza, cer - di sentirle ripetere fin dall’infanzia,
cheremo, attraverso un’attenta compa - un’autorità che fa il peggior male agli
razione, di raggiungere su ogni questio - Stati accreditando mille principi assur -
ne, per quanto è possibile, ciò che è il di che hanno per la condotta della vita
meglio. Poeti e sofisti, infatti, in questo umana le più gravi conseguenze. Al
sono dannosi, nel non dare alcuna ragio - contrario, i ragionamenti ben dedotti
ne valida di ciò che dicono, fingendo gli insegnano molto chiaramente le verità
uni e gli altri di dovere a un’ispirazione sulle questioni sottoposte ad esame, ed
profetica degli dèi, che vengono a visi - offrendosi di per se stesse all’investiga -
tarli, le cose che affermano. Così i poeti, zione di un’attenta riflessione, permet -
tingendo le loro parole di espressioni tono agli ultimi venuti, altrettanto bene
affascinanti e di ritmo, seducendo gli quanto ai primi, di pervenire ad una
uditori e convincendo quelli che non conoscenza personale e non presa a pre -
sanno distinguere la grazia dello stile e stito, al contrario di coloro che, ingan -
• 40 •
nati dagli insegnamenti dei sofisti, pren - simo, ma anche il sacerdote di una nuova
dono a prestito ciecamente la loro per - religione solare sul punto d’instaurarsi:
suasione da coloro che si
sono lasciati convincere L’ho udito io stesso a
prima di essi. Firenze – era lì per il Con -
cilio con i Greci – mentre
asseriva che tutto il mondo
Alle formulazioni auto-
tra pochi anni avrebbe
ritarie e ingiuntive dei
accolto una sola medesima
profeti (“poeti e sofisti”)
religione, con un sol ani -
si opponeva, dunque, la
mo, una sola mente, una
filosofia antica con il
sola predicazione e avendo -
carattere dialogico delle gli chiesto: cristiana o
sue argomentazioni. maomettana, mi rispose:
Agli occhi dei suoi “nessuna delle due, ma
contemporanei, il filosofo un’altra non differente da
di Mistrà, appariva come quella dei gentili”. Sde -
l’interprete per eccellenza gnato da tali affermazioni,
dell’ellenismo che allora sempre l’ho odiato e l’ho
significava “paganesimo” considerato come una vipera
e che egli identifica con la “filosofia eter- velenosa, né l’ho più potuto vedere od
na”. È noto che tale onore non gli fu rifiuta- ascoltare Ho sentito però da alcuni greci
to dagli uomini del XV secolo: lo storico fuggiti qua dal Peloponneso, che costui
bizantino Michele Duca lo definì “principe prima di morire, or è circa un triennio,
della setta platonica” e Sigismondo Pandol- affermò pubblicamente che, non molto
fo Malatesta, uno dei suoi ferventi ammira- tempo dopo la sua morte, Maometto e
tori, ne traslò le spoglie da Mistrà per sep- Cristo sarebbero caduti nell’oblio e
pellirle nel suo “pagano” Tempio di Rimini, sarebbe rifulsa in tutto l’universo l’asso -
sulla cui arca di marmo fece incidere le luta verità22.
parole “principe dei filosofi del suo tempo”.
Pletone non era solo l’occulto difensore Come Proclo e Giuliano, Pletone scio-
del paganesimo, l’avversario del Cristiane- glieva inni al Sole:
Ho visto, ho visto, ho veduto e letto io esoterici. Ciò che in realtà veniva chiamato
stesso le sue preghiere al sole, e gli inni dai suoi avversari “paganesimo politeista”
nei quali lo esalta e lo adora era per Pletone una risistemazio-
come creatore del tutto con ne della Teologia platonica di
tanta eleganza di termini, Proclo in cui
dolcezza di composizione,
sonorità di ritmo…, che nul - alle Divinità riconosciute
la sembra potersi aggiungere; dalla filosofia si sono conser -
d’altra parte dava al Sole vati i nomi tradizionali degli
onori divini con parole tal - Dei dell’Ellade, ma riportando
mente caute che anche i più ciascuno di tali nomi dal sen -
dotti non se ne potevano so meno filosofico che ha
accorgere se non dopo attente assunto nelle finzioni dei poe -
e frequenti osservazioni. ti al senso più conforme alla
filosofia.
È ormai assodato che va
attribuita a lui – come fanno la Quindi un sistema ben diver-
Yates e Kristeller – la premi- so da ciò che comunemente
nente e rivoluzionaria nozione s’intende per paganesimo, più
della “prisca sapientia” o “prisca una pia philosophia, per ripren-
theologia”, vale a dire quella genealogia di dere un’altra nozione che sarà così cara a
antichi teologi e legislatori che conduce Ficino. Al di sopra dei molti dèi vi è un
direttamente dai maestri primordiali diritto Demiurgo, Zeus. Dall’Uno procede quindi
fino agli ultimi diadochi e scolarchi del- Poseidone, il principio attivo (nou`~), men-
l’Accademia platonica, che si era incaricato tre Hera è il principio passivo (duvnami~), e
di far rivivere. Fu Pletone il primo a presen- via via gli altri dèi come Apollo, Artemide,
tare quest’idea di “lignaggio”, di Tr a d i z i o- Efesto, Dioniso, Athena, che rappresentano
ne. È importante qui comprendere che fu i princìpi d’identità, diversità, di quiete, di
Pletone a gettare il seme di quell’idea di una moto spontaneo e moto agito etc.
Tradizione della verità così influente e Tuttavia la genealogia degli antichi
potente e così cara alla Massoneria e a ogni sapienti di Pletone, come osserva la Yates, è
dottrina esoterica in genere, di quel ritorno diversa da quella in seguito descritta da
all’unità originaria di ogni sapere che trova Marsilio Ficino 23, che v’inserisce Ermete
la sua espressione in pochi e comuni princì- Trismegisto, di cui, al contrario, Pletone,
pi e simboli che restano necessariamente non fa menzione.
23 Sulla genealogia di Ficino proposta nella sua dedica, detta Argumentum, alla traduzione del Piman -
der (in Opera, Basilea 1576, p. 1836: C’è quindi una teologia degli antichi [prisca theologia] [...] che ha la
sua origine in Mercurio e culmina nel divino Platone) e su quella diversa elencata nella Theologia Platoni -
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Bisogna infatti precisare che la dottrina nei discorsi”, e le osservazioni del Fedro
di Pletone ha ben poco a che fare con l’er- (275 a-b) in cui l’invenzione della scrittura,
metismo, salvo che non s’in- attribuita a Thoth-Her-
tenda tale concezione in mes, è produttrice del-
senso lato ed ampio così l’oblio e foriera di tra-
come la s’intende oggi: è in scurare la memoria, con-
effetti difficile non trovar tenuta nei riti e nella
parentele tra testi ermetici e parola, necessari ad ogni
quelli gnostici, neoplatoni- comunità iniziatica e che
ci, alchemici, tanto che soli consentono la tra-
Umberto Eco definisce que- smissione del senso dei
sto generale “modo di pen- princìpi primi ed il
sare” come “semiosi erme- risveglio dell’anima, e
tica”. Ma sarebbe forse ove si accusa di ingenui-
meglio utilizzare il termine tà chiunque pensi che gli
“ermesismo”, sistematizza- scritti, seppur abbondan-
to da Antoine Faivre ed ti, producano alcunché
includente la maggior parte di solido: rispetto all’o-
delle forme di esoterismo. ralità, per quanto interro-
È assai problematico, direi impossibile, gati essi dicono sempre la stessa cosa. Avrà
che i testi ermetici fossero sconosciuti a ritenuto di uno sciovinismo inaccettabile,
Pletone24. Eppure non troviamo nessun rife- ellenico com’era, l’attribuzione che nel
rimento diretto negli scritti sopravissuti del Corpus Hermeticum (XVI, 1-2) vien fatta
filosofo di Mistrà. Ci sono note le sue pre- della lingua egiziana come centrale ed ori-
ferenze per oracoli caldaici, inni orfici, ver- ginale e la contestuale critica alla filosofia
si aurei pitagorici, Platone e i platonici. greca, definita “un rumore di parole”.
Avrà dunque tenuto presente i timori Ma, soprattutto, è difficile che Pletone
espressi da Platone nel Cratilo (407 e), in non facesse rientrare questi scritti nella di-
cui Ermete non è solo l’interprete e il mes- sprezzata famiglia dei sofisti che fingono di
saggero ma anche “il ladro e ingannatore dovere a un’ispirazione profetica degli dèi,
ca che comincia con Zoroastro (in Opera cit., p. 386), vedi Yates, 1969: 27-28. Per un più ampio studio delle
genealogie ficiniane si veda Walker, 1954: 204-259. In generale vedi, sempre Walker 1972.
24 Vedi in proposito Woodhouse, 1986: 60, il quale osserva come gli scritti ermetici fossero spesso
citati da autori greci ben noti a Gemisto come Giamblico, Cirillo d’Alessandria, Cedreno, Psello e Nicefo-
ro Gregora e come il manoscritto greco utilizzato da Ficino per la sua traduzione delC o r p u s fosse proba-
bilmente di proprietà di Michele Psello. Si tenga anche presente che la versione degli Oracoli, cosiddetti cal-
daici, e che Pletone per primo attribuì ai “magi, discepoli di Zoroastro”, deriva direttamente da un mano-
scritto di Psello, eppure la versione ficiniana in latino è basata sul testo greco di Pletone.
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
che vengono a visitarli, le cose che afferma - Oracoli in modo apofatico. In antitesi Ple-
no, che è quanto di solito accade nei trattati tone fa di essi il veicolo della formulazione
ermetici a cominciare di una teologia
dal P i m a n d e r. Né, positiva rappre-
nella logica strin- sentata da un
gente di Gemisto, unico ma non
era possibile desu- trascendente
mere da essi un Dio e, per pri-
sistema eff e t t i v a- mo, li attribui-
mente coerente, con sce ai “magi
la loro varia e con- discepoli di
tradditoria gnosi sia Zoroastro”. Nel
di natura ottimistica far tutto ciò,
che pessimistica. Pletone produs-
Un’operazione che, se la prima edi-
invece, gli era stata agevole con la raccolta zione critica degli Oracoli 450 anni prima
degli Oracoli caldaici, tramandati come gli di Wilhelm Kroll25.
scritti ermetici da Psello (1018-1078), sop- Pletone, fra l’altro, doveva rigettare non
primendo sei oracoli e revisionando drasti- solo alcuni degli scritti ermetici per le loro
camente i rimanenti trentasei. Ma quel che notevoli somiglianze con la Genesi mosai-
più importa, risistemò il loro ordine secon- ca, ma anche perché propugnavano una vita
do il suo personale criterio filosofico, ascetica, da lui considerata una bestemmia
aggiunse a ciascun frammento una nota ese- contro la vita stessa e il valore dell’azione
getica che chiarifica come, nella sostanza, umana. L’anima umana, ci viene spiegato in
la sua interpretazione si discosti da quella di uno suo dei suoi commenti agliO r a c o l i, in
Psello, e infine vi appose due serie di com- perfetta consonanza con l’esigente etica
menti generali in cui si separa da tutti i suoi zarathustriana, è il canale attraverso il qua-
predecessori che avevano esaminato gli le il raggio divino penetra per illuminare il
25 De oraculis chaldaicis (Breslau, 1894). È divertente notare che Kroll, che puntigliosamente igno-
rò Pletone quando pubblicò la sua edizione del 1894, fu guidato nel suo sforzo dalla stessa logica e filoso-
fia editoriale del suo predecessore bizantino. Anche la versione italiana a cura di Tonelli (1995) presenta le
medesime carenze d’attenzione, per non parlare della sua disinvolta definizione della raccolta di Pletone
come “parziale, nebbiosa o spuria”. Vedi invece l’edizione critica francese, affrontata filologicamente e filo-
soficamente, degli Oracoli, del Commentario e della B reve Spiegazione, nell’opera di Brigitte Tambrun-
Krasker (1995), che include anche la versione araba degli Oracoli di Gemisto, tradotta per la prima volta da
Michel Tardieu e rinvenuta a Istanbul nella biblioteca del Topkapi Sarãi in un manoscritto contenente anche
alcuni frammenti delle Leggi nonché la Sintesi delle dottrine di Zoroastro e Platone.
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mondo e l’azione umana deve tendere a rea- nel suo consueto stile, con enigmatiche
lizzare nel mondo di quaggiù una copia allusioni, come ancora in questo passaggio
sempre più perfetta del mon- a proposito di quella religio-
do divino. In quest’ultimo ne egiziana, che, centocin-
caso la filosofia dello zoroa- quant’anni dopo per gli
strismo e l’umanesimo elle- inquisitori di Giordano Bru-
nico di Pletone sono perfet- no sarebbe divenuta non
tamente coincidenti. solo la prisca theologia pre-
E difatti per contro rite- corritrice del Cristianesimo
neva che le dottrine egiziane ma addirittura l’unica vera
di Menes non andassero religione:
prese seriamente, essendo i
Quanto a Menes26, il
rituali egiziani, come aff e r-
legislatore degli Egiziani,
ma nel passaggio che abbia-
benché passi per anteriore
mo veduto, meschini […] e ancor più di tremila anni
r i d i c o l i. Dunque una fonte [degli Eraclidi27], non può
rivale ed inesatta rispetto essere considerato come
allo Zoroastrismo, al Pitago- un legislatore saggio e
rismo e al Platonismo, cui degno di stima. Mai avrebbe istituito
accordava un’esclusiva preferenza. È per- una religione così carica di pratiche
ciò, per i motivi descritti, passibile di non superflue e brutte, se il fondo stesso del -
essere menzionata esplicitamente, se non, la sua dottrina non fosse stato vizioso.
26 Seguiamo ancora nella traduzione la correzione che fece Charles Alexandre, identificandolo con
Menes o Men, il primo re mitico dell’Egitto. Occorre però segnalare che tutti i manoscritti recano il lemma
MÜne non M¯n. Già Ignaz Hardt nella sua versione latina (in 1806-1810, vol I, I), traduceva con “Minosse”,
confondendolo con il legislatore cretese. Alexandre attribuisce l’errore alla scrittura dei copisti per il noto
fenomeno dello iotacismo. Francisco Leonardo Lisi e Juan Signes Codoñer nella loro traduzione spagnola,
op. cit.: 129 n. 108, propendono invece per la traduzione “Min”, seguendo la lettura originale dei manoscritti.
Ma Min era un antichissimo dio della fertilità egiziano, rappresentato itifallico, che i Greci per analogia iden-
tificavano con Pan. Poiché in questo passo si parla di legislatori, appare perciò più convincente l’identifica-
zione con Menes, il primo leggendario re egiziano, fondatore della I dinastia che unificò Basso e Alto Egit-
to intorno al 3050 a.C. stabilendone la capitale a Menphis e introducendo il culto di Ptah. È citato da Ero-
doto (II, 4 e 99) e Diodoro Siculo (I, 45 e 89, 3), autori che Pletone conosceva (cfr. Joseph Bidez e Franz
Cumont, 1973: 260). È peraltro noto che questo mitico monarca Menes (detto anche Narmer) era chiamato
dai greci Menes, Min, Mena (cfr. Van Sertima, 2004: 133); in particolare Erodoto (2.4, 99) usa il lemma
Mi`n, Maneto (= Eusebio, FGrH 538, 5539) Mhvnh~, Diodoro (1.43, 45) Mhvna~ e Giuseppe Flavio (A n t i -
q u i t a t e s,8.155-157) Mivnai`o~ (cfr. Braune 1988 e Morenz, 1972: x-xvi). Va inoltre notato che in Pseudo-
Maneto Libro di Sothis Menes è anche chiamato con il nome di Mizraim, il nome biblico dell’Egitto. Gli stes-
si dotti egiziani ritenevano che l’epoca precedente a Menes, loro primo re, fosse una sorta di età dell’oro, in
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
cui regnavano gli dèi (cfr. Erman, 1971: 34). Anche Plutarco (De Iside et Osiride, 354 B) cita il re “Meinis”
come colui che aveva introdotto, nell’Egitto, lusso ricchezza e piacere, trasformandone l’anico tenore di vita
semplice e frugale e riferisce che nel tempio di Tebe vi erano delle maledizioni contro di lui incise su una ste-
le. È probabile che Menes, figura storica o personaggio leggendario a seconda dei ricercatori, sia la personi-
ficazione del cambiamento di un’era – l’etimo mn significa resistere, durare. Del resto come segnala René
Guénon (1997: 17), sulla scia di un’osservazione già fatta da Hegel nella sua Filosofia della storia, il M i n a
o Menes degli Egizi, il Menw dei Celti e il Minosse dei Celti (e probabilmente lo stesso N u m a) sono reperti,
sotto forme diverse, del vedico M a n u, il Legislatore primordiale e universale, mediatore fra umanità e divi-
nità: Esso designa, in realtà, un principio, l’Intelligenza cosmica che riflette la Luce spirituale pura e for -
mula la Legge( D h a r m a ) propria delle condizioni del nostro mondo o del nostro ciclo di esistenza; ed è, al
tempo stesso, l’archetipo dell’uomo considerato specialmente in quanto essere pensante (in sanscrito m â n a-
v a) . A ulteriore conferma si può aggiungere M a n c o, il leggendario fondatore della dinastia Inca del Perù.
27 La datazione più probabile circa il ritorno degli Eraclidi oscilla tra il 1200 e il 1100 a.C. Secondo
il mito i discendenti di Eracle, perseguitati da Euristeo, re di Argo ed implacabile nemico di Eracle, abban-
donarono il Peloponneso e fuggirono in Attica stabilendosi a Tricorito, nella Tetrapoli. Uniti al re Teseo di
Atene respinsero gli attacchi di Euristeo e lo uccisero. Tuttavia, fallirono varie volte nel loro tentativo di
ritornare nel Peloponneso. L’oracolo di Delfi aveva infatti loro ordinato di attendere “il terzo raccolto”,
intendendo tre generazioni, per potere ritornare in Peloponneso. In seguito gli Eraclidi della quarta genera-
zione, Temeno, Cresfonte e i figli del fratello Aristodemo, i gemelli Procle ed Euristene, con l’aiuto di Ossi-
lo, re degli Etoli, conquistarono la penisola, spartendosela fra loro. Il mito del ritorno degli Eraclidi rinvia a
un intervento di restaurazione della civiltà “solare”. La leggenda adombra, forse, anche la calata dei Dori.
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questo partito preso si trova riprodotto in mine”, punto d’unione tra i due mondi.
molti punti, dove si evidenziano Attraverso l’iniziazione e il
specialmente la superiorità del- rito correttamente esegui-
la sapienza indiana (quella dei to29 all’uomo è concessa
brahmani e dei “gimnosofisti”) non tanto un’identificazio-
su quella egiziana ormai corrot- ne con la divinità (oJmoivw-
ta e, di conseguenza, la necessi- si~ qew/`) quanto un’imita-
tà di riformare i culti pubblici zione (mivmhs i~)30. Non
dell’Egitto28. Certamente il rim- dimentichiamo, infine,
provero che viene mosso a che la filosofia del Rina-
Menes, un essere umano, è scimento oppose in genere
quello di avere divinizzato il un ideale individualista e
suo supremo ufficio di monarca civico a quello collettivo e
e di aver creato una teocrazia, in teocratico della Chiesa.
cui solo il faraone personificava La sapienza in Egitto si
la mediazione tra cielo e terra. era perciò conservata solo
Nella dottrina di Pletone la sul piano esoterico e sacer-
duplice natura dell’uomo, divina e bestiale, dotale. I libri, espressione essoterica, non
immortale e mortale, lo situa come “conter- potevano pertanto che riflettere l’insensa-
tezza delle pratiche. Doveva inoltre essere sano le opinioni più differenti dalla
noto a Pletone che Giamblico attribuiva ad nostra sono quelli che cadono all’ultimo
Hermes-Thot la scrittura gradino dell’infe -
di 1.100 libri e Seleuco licità, poiché
stimava che i libri sono immersi in
ermetici non fossero spaventose tene -
meno di 20.000 e tutti bre, l’ignoranza
compilati prima del dei princìpi più
periodo di Menes. importanti.
Per Pletone la vera
teologia è un’altra e Come sia avve-
coincide con la filosofia nuto nel volgere
di Pitagora e di Platone: d’una generazione
con Marsilio Fici-
Sebbene nessun no l’inserimento
popolo sia ateo, tutta - di Ermete Terma -
via gli uomini hanno ximus e nel vol-
sulla Divinità opinio - gere di due gene-
ni molto diverse. razioni con Pico
Occorre dunque che di ogni tradizione della Mirandola il successivo inserimento
ce ne sia sempre una e la stessa e che sia nella Tradizione di Mosè e, conseguente-
la più corretta; le altre le sono inferiori, mente, dello studio della Kabbalah ebraica,
più vicine o più distanti alla più corret -
attiene da un lato a quella libertà di ricerca
ta e alcune necessariamente più lontane
che è patrimonio insostituibile di ogni eso-
di tutte le altre. Quanto a noi, aderiamo
terismo. Del resto, nel Rinascimento dire
alla dottrina che sappiamo la migliore, a
Platone significò soprattutto spazzare l’op-
quella di Zoroastro, coincidente con la
filosofia di Pitagora e di Platone: essa
pressivo mondo aristotelico, chiuso, gerar-
supera tutte le altre per esattezza, e in chico, finito, e conquistare contro tutte le
più è la tradizione dei nostri padri. sistemazioni uno spirito nuovo di ricerca,
Dunque è unicamente ad essa che noi spregiudicato e veramente libero. Giusta-
chiediamo, puri, tutta la felicità cui ci mente E.M Forster in suo saggio giovanile
sia permesso pretendere. Quanto alle su Pletone lo accredita come colui che rein-
altre, più si allontanano dalla nostra trodusse nel mondo “uno dei segreti della
dottrina, più quelli che le praticano si Grecia antica – il segreto della conversazio-
allontanano dalla felicità, e più si avvi - ne civile”31. Furono forse le continue accu-
cinano alla sventura; e quelli che profes - se di eresia e paganesimo che indussero
32 Sul cardinale Bessarione vedi la voce di L. Labowsky in Dizionario biografico degli Italiani, IX,
1967, pp. 686-696 con un’ampia bibliografia e Bessarione e l’Umanesimo, a cura di Gianfranco Fiaccado-
ri, Napoli, 1994.
33 Nell’ampia collezione di libri che Bessarione lasciò in eredità alla Repubblica di Venezia e che
costituisce il nucleo iniziale della Biblioteca Marciana non manca il Pimander (cod. gr. 263).
34 In “Die Handschriften und das Werk des Georgios Gemistos (Plethon)”, in ÔEl l h
n i ka,v 33.1, 1981,
pp. 67 ss.
35 È la nota citazione di Cicerone, De natura derorum, III, 22, riportata da Lattanzio, Divinae Istitu -
tiones, I, 6.
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
nel 1468 e considerata da Masai la più vici- Rosmini, da Aldous Huxley a Jasper fino a
na sul piano dottrinale all’Accademia di Guénon, Coomaraswamy, Corbin e Schuon,
Mistrà36, era che […] al punto che con il ter-
dicevano che Moy - mine Tradizione
ses era stato un (sempre con la T
grande inganator de maiuscola) si posso-
homini con la sua no intendere cose
leze […]37. molto differenti tra
In breve il con- esse, tanto che la
cetto di prisca philo - “filosofia perenne”
sophia si trasforme- può essere il fritto
rà nella philosophia misto di Huxley o
perennis di Agosti- essere, nel XX seco-
no Steuco. Se Gemi- lo, identificata al
sto, questo sognatore razionalista, avesse tomismo e alla stessa scolastica, combattu-
conosciuto queste tendenze, che scivolava- ta da Pletone38.
no sempre di più verso la mistica e l’occul- Se la nascita delle moderne correnti eso-
tismo, non avrebbe risparmiato loro i suoi teriche, come periodizza Antoine Faivre,
sarcasmi. Non è qui il luogo per ripercorre- parte dal XV secolo, come reazione all’ari-
re la storia della trasformazione delle due stotelismo formale, andando a costituire
nozioni e dell’interpretazione della Tr a d i- progressivamente un intero corpus, che
zione, dal Rinascimento al giorno d’oggi. comprende il revival dell’ermetismo e la
Sarebbe troppo lunga una disamina dei loro cosiddetta “filosofia occulta”, l’alchimia, il
mutamenti da Nicccolò Cusano ad A g o s t i- paracelsianesimo e il rosicrucianesimo, la
no Steuco, da Fludd a Stanley, da Leibniz a Kabbalah cristiana, la massoneria, le cor-
36 […] on se demande si l’Académie romaine n’etait pas, en quelque sorte, une filiale de celle de
Mistra. La question paraîtra d’autant plus audacieuse qu’elle est sans doute insoluble. L’histoire des socié -
tés secrètes aboutit fatalment à de telles questions. Pourtant, si l’on ne peut y répondre, on doit maintenir
fermement qu’elles se posent. (Masai, 1956: 343).
37 La citazione è tratta da von Pastor, 1925: vol. II., pp. 302-327, dove si trova un’esposizione soli-
da e documentata sull’affare dell’Accademia romana e sul suo presunto complotto paganeggiante contro il
pontefice Paolo II.
38 Per una discussione sulla persistenza dei modelli di tradizione, prisca philosophiaep h i l o s o p h i a
perennis nella cultura moderna, i riferimenti classici, oltre alla già citate opere della Yates e di D. P. Wal-
ker, sono: Collins,1962: 255-279; Hossein Nasr, 1981 (in particolare i capp. 2 e 3 intitolati Che cos’è la tra -
dizione? e La riscoperta del sacro e il rinnovamento della tradizione); Schmitt, 1966: 505-532 e 1981: 211-
236; Westman e Mc Guire, 1977.
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renti teosofiche e occultistiche, fino al più la si può trovare in ogni epoca, sebbene
recente “tradizionalismo” o “perenniali- qualche volta soltanto in grado ridotto.
smo”, la riscoperta di questo Secondo questa dottrina, la
aspetto del sacro è in defini- filosofia, o la scienza, sareb-
tiva inestricabilmente legata be “perenne”, trovandosi
alla figura di Pletone e alla continuamente in ogni epo-
sua rivivificazione della tra- ca storica, anche nella fase
dizione, la cui realtà rende attuale del “Kaly-yuga”, l’e-
oggi possibile in Occidente tà oscura dei cicli cosmici
di vivere in accordo con i indù. Prisca theologia ha
princìpi tradizionali. E, tutta- invece una sfumatura di
via, come lamentiamo da millenarismo astrologico e
tempo, l’opera di Pletone è, l’implicazione di un’impor-
sfortunatamente, ignota e tantissima riscoperta e rina-
negletta, soprattutto in Italia. scita di verità antichissime
Nel caso di Pletone sem- secondo congiunzioni pla-
bra utile distinguere, sulla netarie, sulla base di un
falsariga di Schmitt, tra prisca theologia e ciclico ritorno, fra periodi nei quali la veri-
philosophia perennis. La differenza tra le tà è svelata e altri nei quali è occultata. La
due nozioni è sottile, eppure esiste. Entram- corrente perennialista indica nella fine del
be fanno risalire la sapienza a epoche anti- Medioevo e nel Rinascimento la perdita
chissime. Tuttavia per i seguaci dellap r i s c a della sapienza tradizionale e l’inizio di un
sapientia la conoscenza degli antichi processo radicale di secolarizzazione della
sapienti si è trasmessa nella corrente pita- conoscenza. Al contrario, per la prisca theo -
gorica e quindi in quella platonica. Di qui la logia è l’avvento del Cristianesimo che rap-
preminenza speciale di Platone e del plato- presenta l’inizio della fine della civiltà tra-
nismo. Ma il sapere primordiale è oblitera- dizionale ed è il Rinascimento con la risco-
to. La philosophia perennis, viceversa, pur perta del platonismo e della dottrina dell’a -
adottando, grosso modo, la stessa genealo- nima mundi ad esso connessa che esalta un
gia, ricerca affinità tradizionali più univer- ideale organico e tradizionale della cono-
sali, e ritiene che l’autentica conoscenza, scenza. Sotto questo punto di vista il “tradi-
anche se dimenticata, non è del tutto perdu- zionalismo”, come si presenta nella sua for-
ta, ma può sempre essere rivitalizzata in ma attuale a partire da Guénon, è un tipo di
pochi eletti, anche attraverso il supporto anti-modernità del tutto moderna, talvolta
essoterico di una tradizione religiosa viven- non priva del contagio dell’intolleranza
te, dato che vi è un’unità trascendente tra insita nel dogmatismo dei “sofisti” verso la
tutte le religioni. Non si crede che la cono- libertà di ragionamento, avversata più con
scenza – come pensava Pletone – sia stata l’ostracismo e la demonizzazione. E, per
persa per diversi secoli, ma si constata che inciso, è curioso che il tradizionalismo gué-
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
la storia del pensiero pur essendo stato Pletone potrebbe schiudere e far esplorare
seminale nello sviluppo di una nozione da nuove possibilità concettuali e produttive
cui derivarono una letteratura chiavi di lettura. Platone, Ploti-
vastissima e anche parecchi no, Pletone (i “Qui, Quo, Qua”
sistemi filosofici indipenden- della filosofia greca come sono
ti, fino alla corrente forma stati sprezzantemente definiti)
della riscoperta del sacro e vengono oggi presentati come
del rinnovo della Tradizione. semplici filosofi come se si
D’altra parte è anche vero trattasse di professori di filoso-
che i giardini dell’Accade- fia di qualche università vicina.
mia non sono una delle patrie Al contrario i loro scritti non
spirituali dell’umanità quan- sono filosofie umane, ma dot-
titativa, ma ogni é l i t e,in qua- trine sacre d’ispirazione divina
lunque tempo e in qualunque più paragonabili ai darshana
luogo, invocherà Platone40. indù che a scuole filosofiche
Pur avendo una funzione secondo la concezione corren-
di spicco la corrente peren- te. La riscoperta dell’antica
nialista non può perciò riven- Tradizione, la riaffermazione
dicare l’ambizione di essere del carattere sacro della cono-
l’Esoterismo in sé. In questa scenza, in una parola la rivalu-
sua funzione anche attuale sta tazione dell’eredità intellettua-
peraltro il suo limite intrinseco a una scuo- le greca è uno dei compiti più importanti da
la di pensiero, troppo assorbita da un impe- realizzare nel mondo contemporaneo che,
gno di costante mediazione fra le grandi ben condotto, avrebbe un profondo impatto
voci del pensiero antico e fra queste e le non solo sullo stato presente della filosofia,
religioni. Un maggior studio delle opere di ma anche della metafisica e della storia.
40 Già Thomas Taylor (1758-1835), rappresentante del platonismo moderno, infaticabile traduttore
inglese di Platone e dei commentarii platonici, definito da Disraeli “moderno Pletone”, considerava la cono-
scenza come il primo mezzo d’accesso al sacro e descriveva la via platonica come una “via insolita e soli-
taria”. Il postulato di una tradizione mediterranea come una Tradizione dei Misteri (nel senso antico e ini-
ziatico del termine) è presente in Arturo Reghini (1878-1946) e in tutta la sua opera. La stessa idea di una
filiazione ininterrotta, seppur segreta, è formulata da Matila Ghyka nella sua opera spesso negletta (Le Nom -
bre d’or, 1931) che esamina l’influenza del pitagorismo nella storia del pensiero occidentale e nella società
iniziatiche, tutte derivate, in forma più o meno diretta, da esso. In ambito psicoanalitico, va considerata come
riemergenza della tradizione Carl Gustav Jung (1875-1961), il cui concetto di archetipi scaturisce diretta-
mente dal platonismo, venendo confermato dalla psicologia, infine va citato il famoso psicologo James Hill-
man con il suo ampio progetto di rivalutazione dell’anima e delle sue espressioni culturali più alte: il poli-
teismo pagano e la “complessità” rinascimentale.
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Giorgio Gemisto Pletone: “prisca philosophia” e critica dell'ermetismo , M. Neri
E anche in questo caso vanno rimarcate fisico, ma entrano in uno stato virtuale,
le divergenze tra i prisci e i perennialisti. donde possono essere richiamate in qual -
Per questi ultimi è impos- siasi momento ed in qua -
sibile far rinascere il lunque luogo da chi,
paganesimo greco, in con la retta intenzione,
quanto è impossibile riprenda ad operare
resuscitare con mezzi secondo i riti, usando i
puramente umani una segni ed i simboli di
tradizione il cui spirito tale tradizione43.
vivente ha già disertato il Si trattava di un invi-
mondo terrestre, benché to rivolto, in primis, ai
le sue forme artistiche, i massoni, giacché sono
suoi simboli e anche una in molti ad aver osser-
certa presenza d’ordine vato che nella Massone-
più psichico che spiritua- ria si rinvengono tre
le siano sopravissute41. filoni principali, quello
Ma, come ricorda Plu- cristiano-cavalleresco,
tarco, dopo gran tempo anche quello egiziaco-alessandri-
gli oracoli riacquistano voce a somiglianza no e infine quello pitagorico-platonico (che
di strumenti al tocco di nuovi musici pare essere il più trascurato anche di fronte
sapienti42. Questa possibilità era ben nota al successo di certa paccottiglia occultistica
agli esponenti del moderno tradizionalismo e pseudo-esoterica), quasi che la nostra isti-
pitagorico. Scriveva al riguardo, con lo tuzione iniziatica fosse frammentata e “irra-
pseudonimo di “Luce”, Giulio Parise, disce- diata” o espansa in forma luminosa nei
polo di Arturo Reghini e Amedeo Rocco diversi Riti. Fra questi poli così significati-
Armentano: l’ente di una catena che si con - vi quale sceglierà l’Esoterismo per guida
tinua nelle generazioni, attraverso i membri nell’ambito della sua conoscenza? Di quale
di una comunità o di una scuola iniziatica, si approprierà negli anni a venire?
riassume in sé una tradizione, la cui luce e Vogliano gli dèi che questo saggio non
potenza non si dissolvono per la eventuale sia altro che una semina che si rivolge a
interruzione della trasmissione sul piano futuri mietitori.
Riferimenti bibliografici
Fare un elenco delle opere che menzionano, a qualche titolo, Pletone è un’impresa irrea-
lizzabile e, d’altra parte, perfettamente inutile, perché le menzioni in dizionari, enciclopedie,
manuali e trattati di filosofia sono sfuggenti e di seconda mano. Ci si limita dunque a rinvia-
re ai titoli contenuti nelle note.
È utile segnalare che chi volesse una bibliografia aggiornata di opere che trattano ex pro -
fesso di Pletone può fare riferimento a Sul ritorno di Pletone (Un filosofo a Rimini) Atti del
Ciclo di conferenze, Sala Della Cineteca Comunale di Rimini, 22 Novembre-20 Dicembre
2002, Biblioteca civica Gambalunga, Rimini, 2003 contenente i seguenti saggi: Silvia Ron-
chey (Università di Siena), Giorgio Gemisto Pletone e i Malatesta; Cesare Vasoli (Accade-
mia dei Lincei), La rinascita platonica e le polemiche antiaristoteliche tra Quattrocento e Cin -
quecento; Monica Centanni (Università di Venezia), Misteri pagani nel Tempio Malatestia -
n o; Marco Bertozzi (Università di Ferrara), Giorgio Gemisto Pletone e il mito del paganesi -
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59100 Prato (PO)
Grande Oriente d’Italia tel. 0574 815468 fax 0574 661631
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Ermetismo e magia
nella Siena colta del Rinascimento
di Maria A. Ceppari Ridolfi e Vinicio Serino
Archivio di Stato di Siena e Università di Siena
In the present article the Authors tell about the contribution that the circulation of
the Corpus Hermeticum gave to the formation and development of the idea of the
centrality of man, which philosophers like Marsilio Ficino and Giovanni Pico del -
la Mirandola expressed in their though. At that time a new vision of man is spread -
ing in Europe, according to which, thanks to magic and alchemic practices, on the
one hand man is able to stand up till the Ethernum God, and on the second one he
could also fall into the state of brutality. As E. Garin states, man is able to mould
everything, to draw every character, to answer to any invocation, to appeal
to every God. Then the Authors examine some examples of different “deviancy”,
happened in a hight cultural milieu in which the persons under investigation could
easily reach the Books of secrets, books of magic and alchemy, astrology etc.
rarsi dalle paure, dalle rinunce, dal disprez- Non ti ho dato, Adamo, né un posto
zo di questo mondo a cui era stato lunga- determinato, né un aspetto tuo proprio,
mente costretto da una né alcuna prerogativa
teologia dalla quale era tua, perché quel
stato indotto a guardare posto, quell’aspetto,
solo verso la patria quelle prerogative che
celeste, riscopre ora la tu desidererai, tutto
natura, coi suoi segreti, appunto, secondo il
le sue occulte corrispon- tuo voto e consiglio,
denze, i suoi s i g n a, la ottenga e conservi. La
natura determinata
sua straordinaria vis
degli altri è contenu -
i n t e r i o r.In questo il Cor -
ta entro le leggi da
pus Hermeticum aveva
me prescritte. Tu
insegnato molto e molto
determinerai la tua
aveva contribuito alla
natura da nessuna
formazione dell’uomo barriera costretto,
mediatore cosmico, tra secondo il tuo arbi -
natura e Dio, vagheggiato trio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi
da Marsilio Ficino. Soprattutto aveva inse- in mezzo nel mondo, perché di là tu
gnato che tutte le cose dipendono da un solo meglio scorgessi tutto ciò che è nel mon -
principio, e questo principio dipende a sua do. Non ti ho fatto né celeste, né terreno,
volta dall’Uno e Solo, e il principio si né mortale, né immortale, perché di te
muove, per poter divenire ogni volta princi - stesso quasi libero e sovrano artefice ti
pio, mentre l’Uno, esso solo, rimane stabile, plasmassi e ti scolpissi nella forma che
non si muove. Tre, dunque, sono questi tu avessi prescelto. Tu potrai degenera -
esseri: Dio – che è Padre e che è il Bene –, il re nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu
mondo e l’uomo. E dio contiene il mondo, e potrai rigenerarti, secondo il tuo volere,
il mondo l’uomo. Il mondo nasce come figlio nelle cose superiori che sono divine5.
di Dio, l’uomo come figlio del mondo,
nipote di Dio4. Magie, per fare
Un insegnamento di certo non incoeren- L’uomo è dunque il centro dell’universo.
te con quanto in quegli anni affermava Pico Di per sé non è nulla ma, potenzialmente,
della Mirandola nella sua Oratio de hominis può diventare tutto. O innalzarsi al livello
dignitate quando fa dire al Creatore: dell’Eterno. O degradarsi alla condizione di
bruto. Questa la sconfinata possibilità che ne nei più intimi recessi delle leggi di natu-
gli viene conferita di fare, di intervenire, per ra. Di certo per conoscerla ed assecondarla,
plasmare il mondo secondo come quando si indaga
il proprio volere. È per que- per apprendere come
sto che occorre conseguire rimediare alle malattie
la conoscenza, ossia pene- che affliggono il corpo,
trare nei segreti della natu- ormai non più inteso
ra, operazione che è possi- come la prigione del-
bile, come insegnava lo l’anima; o per cercare
stesso Pico e moltissimi tra la pietra filosofale,
i sapienti dell’epoca, attra- capace di tramutare il
verso la magia non neces- vile metallo in lucci-
sariamente strumento per cante oro; o per rag-
evocare potenze demonia- giungere, attraverso la
che quanto, piuttosto, Cabala, l’alfabeto di
osservazione ed esperimen- Dio e quindi la scienza
to, per riprodurre i miracoli universale.
della natura. Come per il Ma c’è anche chi
Malagigi de Il Morgante non batte la strada della
maggiore questa magia non è, non deve magia naturale e, all’opposto, tende sempli-
essere un modo per stravolgere l’ordine cemente a piegare ai propri desideri la forza
naturale delle cose, giacchè quello Iddio che straordinaria della natura col ricorso a
impera a tutti i regi/ ha dato termine, ordi - “esperimenti”o formule capaci di incantare
ne e misura;/ e non si può più in là che i fre - i demoni per legarli a sé, come si diceva
gi,/ però che a ogni cosa egli ebbe cura; e fat - avesse fatto lo stesso re Salomone.
ture, aruspi e sortilegi, non posson far quel Siena, da questo punto di vista, non costi-
che non può Natura […]6. tuisce affatto una eccezione. Anzi. Con
Una simile visione delle cose comporta l’avvento della nuova era le pratiche magi-
dei cambiamenti radicali rispetto ai model- che di ogni tipo diventano sempre più diff u-
li culturali tipici del Medio Evo. Ascoltare se, specie nella classe colta, anche per l’ec-
la voce sommessa dell’universo, che è tutto cezionale sviluppo del sapere che si verifi-
un rifrangersi di segni dotati di un senso ca in quel tempo, sia per la spinta data alla
riposto7 diventa quindi un preciso impegno conoscenza dalla nuova visione del mondo
per l’uomo. È dunque perfettamente di segno umanistico, sia per l’avvento della
coerente con questa mentalità la penetrazio- carta stampata. Uno dei “libri dei segreti”
che trattano di questo tipo di magia è custo- prio perché sembravano assecondare quel
dito ancora tra le carte dell’Archivio di Sta- “grande miracolo che è l’uomo”, come
to di Siena e molto appunto lo conside-
doveva essere rava Asclepio. Chi
consultato all’epo- ne possedeva era
ca giacché sugge- certo – o più proba-
risce come entrare bilmente si illudeva
in contatto coi – di trovarvi la
demoni. In parti- risposta ai problemi
colare, l’autore, e alle difficoltà del-
che evidentemente la vita: l’amore, la
era molto addentro salute, il potere, la
in questo genere di gloria etc.
cose consiglia:
Se volete che il Una testimonianza
demonio vi dica ogni cosa. Piglia la bot - che viene dai (molti) processi
ta detta rospo e ponetela in una pisside
nuova con acqua pluviale e di detta I documenti relativi a tale materia perve-
acqua ungetevi la faccia e dirà quello che nuti fino a noi sono quasi esclusivamente di
volete. Probatum est per hominem8. natura giudiziaria ed anche molto esigui.
Ciò nonostante lasciano indovinare un flo-
Colui che scrive, come si vede, si preoc- rido commercio sotterraneo di Libri di
cupa di assicurare l’ignoto lettore sul per- segreti e relative copie, che dovette durare a
fetto funzionamento dell’incantesimo per- lungo, nonostante i divieti imposti dalla
ché, appunto, ne è già stata fatta una prova Chiesa e la solerzia degli inquisitori.
ben riuscita. Per un caso fortuito, tra le carte di un
Libri del genere erano molto ricercati, notaio senese addetto al tribunale dell’in-
ovviamente da coloro che erano in grado di quisizione9, Lorenzo di Giusa, fratello del-
leggere e comprenderne il significato, pro- l’inquisitore Girolamo, sono rimasti alcuni
interrogatori relativi a quattro processi dove dichiarò che il suo collega si vantava spes-
magia, eresia e superstizione, ma anche so di possedere un libro di incantesimi e che
desiderio di conoscenza della si era offerto di prestar-
natura e dei suoi segreti, si glielo dietro adeguato
intrecciano quasi in maniera compenso. Ma anche in
indissolubile. Due casi – uno questo caso, pare, non si
del dicembre 1466 e l’altro era giunti a un accordo
del giugno seguente – sono definitivo, per cui ser
relativi proprio al possesso di Costantino non aveva
libri di magia e furono istrui- avuto il libro e, pertan-
ti da Bartolomeo di Pietro to, non aveva potuto
Campagnini, allora inquisito- consultarlo. Ser Anto-
re in Tuscia10. Il primo vede nio, condotto davanti
come inquisito Pietro Paolo all’inquisitore, confessò
di Girolamo, detentore di un tutto: anzitutto il posses-
testo che rivelava il segreto so del libro per incanta-
per parlare con i demoni e re i demoni e quindi i
sottoporli ad incantamento. contatti avuti con molte
Dalle carte del processo si persone, in maggioranza
apprende che Pietro Paolo ave- sacerdoti, proprio a ragio-
va in corso intense trattative con Giorgio di ne di tale possesso. A ffermò infine che le
Lorenzo, un banchiere senese, pronto a promesse degli incantesimi erano vane e
sborsare ben 10 ducati larghi pur di avere in mendaci. Sperava infatti che una completa
prestito il famoso libro. Pare per altro che collaborazione da parte sua inducesse l’in-
l’affare non sia mai andato in porto. quisitore a liberarlo dalle carceri. Non sap-
Ben più grave il secondo caso, che vede- piamo come finì questo processo, ma la
va inquisito ser Antonio, presbitero di Mon- sospensione dall’incarico e l’esilio erano
torgiali, dedito agli incantesimi e a pratiche inevitabili, come del resto era accaduto in
genericamente definibili “strane” e perciò altri casi. Particolarmente interessante,
sospetto di eresia. L’inquisitore lo costrinse comunque, il considerevole numero di
ai ferri nelle carceri annesse al convento di sacerdoti coinvolti nelle operazioni di ser
San Francesco. Durante l’istruzione del pro- Antonio, a conferma dell’interesse che le
cesso fu ascoltato come testimone e poten- pratiche magiche suscitavano persino tra gli
ziale complice ser Costantino da Cuna, pre- uomini di chiesa, come del resto un po’ in
sbitero di Campriano. Ser Costantino tutti i ceti intellettuali cittadini.
10 Su questi due casi e su quelli che seguono, si vedano Ceppari Ridolfi 1999; Id. 2003.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
11 Trono o anche tron, moneta così chiamata dal doge Niccolò Tron (morto nel 1473) di cui porta al
dritto l'effige. Pezzo d'argento con cui divenne effettiva a Venezia la lira, fino ad allora moneta di conto; è
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Ermetismo e magia nella Siena colta del Rinascimento, M.A. Ceppari Ridolfi e V. Serino
metalli adulterati. Aveva venduto buona in parte grossoni senesi da lui stesso conia-
parte di quelle monete a un amico, utiliz- ti. Purtroppo per lui i Chigi non tardarono
zando il ricavato anche per comprare legna, molto ad accorsergene. E poiché il passo
cacio e altri generi di prima necessità. Nel- dall’alchimia alla magia è breve, – ormai a
l’aprile 1504 Cesare corto di risorse
Angiolieri sposava e di espedienti
Naddina Colombi- – Cesare si
ni14, figlia di quel lasciò tentare
Naddo che nel 1484 dall’idea di far
aveva pagato con la ricorso proprio
vita la sua militanza alla magia per
politica nel Monte risolvere i suoi
dei Nove15. Da parte di madre Naddina era problemi. Dopo tutto, per liberarsi di un
imparentata con la prestigiosa famiglia nemico personale – magari un creditore
degli Aringhieri, essendo figlia di Lucrezia petulante che pretendeva di essere soddi-
sorella del più noto Alberto Aringhieri, sfatto a tutti i costi, oppure un cambiatore
Operaio del Duomo. Varie disavventure che esaminava con troppa attenzione e peri-
personali avevano esaurito le risorse econo- zia le sue monete false – cosa c’era di
miche dell’Angiolieri, che spinto dalla meglio di un maleficio mortale? Preparò
necessità, tra aprile e giugno 1507, ebbe allora due statuine, una di piombo e una di
l’ardire di falsificare (in maniera grossola- cera, e le sotterrò insieme a caratteri e scrit-
na) monete senesi d’argento, i “grossoni”16. te magiche sotto lo “scalone” dell’Antipor-
L’Angiolieri, pressato dai creditori, commi- to di Camollia, ai piedi dell’affresco della
se l’imprudenza di pagare ai banchieri Chi- Ve rgine, dipinto agli inizi del Trecento da
gi un debito di 25 fiorini d’oro, utilizzando Simone Martini e poi restaurato e ridipinto
l'unica moneta veneziana che, a somiglianza delle contemporanee d'argento degli altri Stati italiani dette
testoni, porta come tipo del dritto il busto del principe.
12 Marcello, moneta veneziana d'argento del valore di mezza lira, coniata a partire dal secolo XV.
13 Le monete veneziane che portavano impresso sul verso un'immagine del Cristo erano lo zecchino
d'oro e il mattapane d'argento (matapane, matapan).
14 Nell'aprile 1504 Cesare Angiolieri aveva denunciato di aver ricevuto da Naddo Colombini il paga-
mento di fiorini 600 a titolo di dote per la figlia Naddina, sua futura sposa.
15 Naddo Colombini fu decapitato nel giugno 1484 e i suoi beni confiscati a beneficio del Comune.
Sulle vicende politiche cittadine della fine del secolo XV, si veda Pecci, 1755: 1ss. Dalla confisca dei beni
di Naddo fu esclusa una quota assegnata alla moglie Lucrezia come restituzione della sua dote; tale opera-
zione fu fatta con l'approvazione della Balia.
16 Sulle monete in uso a Siena, si vedano Del Mancino, 1967: 139-153; Toderi, 1992: 283-403; Bal-
bi De Caro - Angeli Bufalini 2001.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
più volte nel corso dei secoli. La sacra ti accertati erano assai gravi, ritennero
immagine, particolarmente cara a San Ber- opportuno chiedere un consilium al giudice
nardino, all’epoca delle vicende di Cesare dei malefizi, Galeazzo Maria da “Vezano”,
Angiolieri era ancora oggetto della devo- e alcuni giorni dopo gli delegarono diretta-
zione popolare, tanto che mente la causa.
presso l’Antiporto il 2 Galeazzo Maria proce-
luglio e in altri giorni dette subito all’i n q u i s i t i o,
dell’anno si celebravano contestando all’Angiolieri
uffici divini. la falsificazione di monete
L’Angiolieri era cer- senesi e forestiere e i vari
tamente convinto che malefici operati. E il 4
l’efficacia dei suoi male- novembre, appena due
fici venisse in qualche giorni dopo il decreto di
modo potenziata dalla delega, sottoponeva l’im-
vicina immagine della putato ad interrogatorio.
Ve rgine e dai riti sacri Cesare Angiolieri, sponta-
che si celebravano in neamente e sotto giuramen-
quel luogo: vi lasciò to, confessava allora di
infatti sepolte le sue fat- essere colpevole di tutti i
ture per mesi. Forse il reati contestatigli, pur
suo nemico era solito sapendo di rischiare la pena
passare sotto l’Antiporto di Camollia e il di morte. Forse, poco prima di comparire
maleficio avrebbe dovuto annientarlo, ma le davanti al giudice, un qualche crudele stru-
cose non andarono come il “mago” senese mento di tortura lo aveva convinto a con-
sperava e, di fatto, non successe nulla. fessare senza indugi.
Anche contro il suo ricettatore, “colpevole” A nulla valse la disperata difesa che suo
di essersi rifiutato di smerciare i “grossoni” fratello Conte pronunciò il 9 di quel mese
senesi falsificati, l’Angiolieri preparò davanti al giudice dei malefizi nel tentativo
un’immagine magica per accecarlo: un paio di salvargli almeno la vita. Le monete
di occhi trafitti forse dai chiodi. Anche que- coniate da Cesare non erano veri e propri
sta volta la malia risultò inefficace. falsi – diceva Conte – ma opere alchemiche,
Alla fine gli Ufficiali di custodia e regi- frutto della sua perizia in quell’arte. La pra-
me furono informati delle sue malefatte e tica trasmutatoria, dunque, veniva presenta-
presero visione delle monete false e degli ta come efficace, o quanto meno capace di
stampi preparati per coniarle. Disposero di produrre davvero “qualcosa”. Aggiungeva
sottoporlo a stringente interrogatorio; era il che non c’erano comunque monete impe-
25 ottobre 1507. Messo alle strette, l’An- riali e che, pertanto, la pena prevista dagli
giolieri confessò tutto. Il 29 ottobre 1507 gli statuti senesi non doveva essere quella capi-
Ufficiali di custodia e regime, poiché i rea- tale, ma una più mite.
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Ermetismo e magia nella Siena colta del Rinascimento, M.A. Ceppari Ridolfi e V. Serino
Galeazzo Maria da “Vezano”, dopo aver do dalla Costarella. Lungo il tragitto il boia
riflettuto cinque giorni, il 14 novembre di arroventa le tenaglie sui carboni ardenti e
quell’anno 1507 pronunciò la poi le avvicina al condannato,
sentenza. Memore della limi- ma senza toccarlo. L’uomo è
tazione impostagli dagli Uff i- moribondo, sfinito dagli
ciali di custodia e regime, che interrogatori, dalla tortura, da
non volevano la pena del fuo- almeno due tentativi di suici-
co ma una meno crudele, dio e dal lungo digiuno: il
ordinò che Cesare Angiolieri suo fisico non reggerebbe
fosse condotto nel Mercato quel crudele tormento; è
Vecchio e decapitato. Dispo- invece opportuno che giunga
se inoltre che tutti i suoi beni ancora vivo nel centro della
fossero confiscati a beneficio Piazza, dove è pronta la cata-
del Comune. La sentenza di sta di legna per il rogo. Arri-
morte fu puntualmente ese- vati lì, il boia lo strozza
guita il giorno seguente. appendendolo a una colonna,
ma il canape, inopinatamen-
te, si spezza prima che il con-
Una preziosa saccuccia
dannato muoia; è quindi
È verisimile che per tutto il necessario ripetere l’opera-
Cinquecento, ed anche oltre, zione. Quindi il boia dà fuoco
come del resto in tante altre parti d’Europa, alla legna e le fiamme avvolgono quel cor-
la magia trovasse a Siena moltissimi adepti. po ormai esanime. Infine lancia sul rogo
Ne fanno fede, tra l’altro, due voluminosi anche la “saccuccia” del condannato con
procedimenti giudiziari del XVI secolo con- dentro libri e scritture. I particolari sceno-
servati presso l’Archivio arcivescovile di grafici e il luogo scelto per il supplizio rive-
S i e n a. Il primo è datato 1541 ed è relativo a lano la precisa volontà di dare un valore
un raccapricciante caso di negromanzia in particolarmente significativo a quell’esecu-
cui intervengono, ciascuno relativamente zione capitale, tale da farla apparire un
alle proprie competenze, sia il vicario del castigo esemplare in modo che fosse di
vescovo sia gli Otto di guardia, denomina- monito terrificante per tutti. Il condannato
zione all’epoca attribuita al tribunale degli era infatti un frate, Sisto da Verze nell’areti-
Ufficiali di custodia. no, che si era macchiato di colpe raccapric-
Nel marzo 1541 Piazza del Campo fu cianti. Il religioso, che coltivava un perico-
teatro di un’esecuzione esemplare: dalle loso interesse per la magia nera, accecato
carceri del Palazzo pubblico un carro con- dalla cupidigia e dalla brama di potere, ave-
duce al luogo del supplizio un condannato a va praticato esperimenti di negromanzia
morte. Il carro esce al Chiasso Largo, fa il nella speranza di costringere il diavolo o
giro intorno alla Piazza e vi rientra passan- uno spirito maligno a sottostare ai suoi
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
voleri. Frate Sisto – tramite Girolamo caso, i giudici ritennero opportuno rivendi-
Moroni, studente napoletano residente alla care al proprio tribunale l’onere di quell’in-
Sapienza che colti- dagine, pur nel
vava i suoi stessi rispetto delle
interessi – era prerogative
entrato in contat- delle autorità
to con due stu- ecclesiastiche.
denti tedeschi, Dopo vari
Martino Trainer interrogatori
e Paolo Hoch- espletati alla
stetter da Augu- presenza del
sta, i quali cono- vicario vesco-
scevano il segre- vile, durante i
to per “costre- quali fu fatto
gnere il diavolo”, ricorso anche
almeno così rite- alla tortura, gli
neva il frate. I due Otto di guardia
tedeschi, esasperati dalle sue insistenze, consegnarono il frate all’autorità ecclesia-
avevano composto una baia [cioè una bef- stica, ma non vollero mai cedere la “sac-
f a ],mettendoli variati nomi di varie lingue, cuccia” con le scritture e i libri di negro-
formandoli per burla un segreto, acciò che manzia. Doveva evidentemente trattarsi di
se lo levasse d’intorno. Quel segreto doveva materiale estremamente pericoloso, o alme-
essere provato su un giustiziato, reo di gra- no giudicato tale, che per motivi di ordine
vissimi assassinii; se sperimentato su perso- pubblico era prudente tenere rigorosamente
ne normali non avrebbe dato alcun risultato. sotto sequestro della Autorità giudiziaria
Il frate decise allora di sopprimere una pic- laica. A distanza di pochissimi giorni, il 12
cola mendicante e utilizzarne parti del cor- marzo, il vicario del vescovo Giovanni
po per preparare l’esperimento. Catturato, Francesco Franceschi, dottore di diritto
fu rinchiuso in fondo alla torre del Palazzo canonico17, formalizzò l’inquisizione contro
pubblico per ordine degli Otto di guardia frate Sisto contestandogli tra l’altro di aver
che, in un primo momento, avevano pensa- ucciso la piccola mendicante e di aver pra-
to di inviarlo nelle carceri del vescovado. ticato incantesimi e malefici contro diverse
Poi però, per la gravità e l’eccezionalità del persone e in vari luoghi. Giudicandolo inde-
17 Il Franceschi, che apparteneva a un ramo della famiglia Pannilini, nel 1525 era candidato al dot-
torato in giurisprudenza, ma non si sa con esattezza quando prese la laurea. Condotto a insegnare nello Stu-
dio già nel 1531, fu uno dei fondatori dell'Accademia degli Intronati, dove era registrato con il nome di
Moscone. Per queste notizie, cfr. Minnucci - Koπuta, 1989: 501.
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Ermetismo e magia nella Siena colta del Rinascimento, M.A. Ceppari Ridolfi e V. Serino
18 Il Maccabruni nell'ottobre 1544 si era laureato in diritto canonico presso lo Studio di Siena (Min-
nucci - Koπuta, 1989: 424 e 547). Aveva avuto contatti con esponenti del gruppo sozziniano ed era stato
implicato nel processo per eresia intentato nel 1544 a tale gruppo. Nel 1559, si tentò con una macchinazio-
ne di coinvolgerlo di nuovo in un processo per eresia, ma anche questa volta fu scagionato e ottenne la liber-
tà provvisoria grazie alle garanzie offerte da alcuni cittadini senesi legati al gruppo sozziniano. Su questo
punto, si veda Marchetti, 1975: 51-67, 177.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
perfetto “operativo” pronto ad entrare sen- “luna fissa”, cioè il procedimento per tra-
za tanti scrupoli in molti territori proibiti. smutare l’argento in oro bianco – con un
Ser Pietro fu confinato per orefice che sapeva fabbricare
due anni nella sua parroc- una tintura d’oro a 24 carati
chia, costretto a svolgere per rendere l’oro bianco simi-
con continuità e senza dis- le all’oro buono. D’altra parte
trazioni il ministero di par- Ser Pietro non si sottrasse nep-
roco e curatore di anime. pure al fascino del soprannatu-
Gli fu vietato di praticare rale, anche al di là dei confini
l’alchimia e gli vennero imposti dalla religione cattoli-
sequestrati tutti i libri e le ca. In questo campo era ben
attrezzature. Soltanto in documentato: infatti era stato
caso di disobbedienza trovato in possesso di un libro
sarebbe stato sospeso a di astrologia divinatoria, che
divinis con relativa decadenza dai benefici concedeva largo spazio alla superstizione; e
ecclesiastici. Sentenza assai mite, per altro, poi, cosa ancor più grave, conosceva i
ispirata certo dall’intento di correggere segreti per evocare i demoni. Elemento base
mediante una penitenza salutare quel parro- di tale magia era la polvere di pipistrello,
co scapestrato e recuperarlo così al suo ottenuta sottoponendo il corpo di questo
ministero, in perfetta sintonia con l’esigen- animale o parte di esso a vari trattamenti di
za di riforma morale del clero recentemen- essiccazione e macinatura. È assai probabi-
te sancita dal Concilio di Trento. Ma per ser le che quella polvere gettata in una lucerna
Pietro, personaggio colorito ed estroso, ardente – magari con l’aggiunta di qualche
dotato di tutte le virtù e i vizi del parroco alchemica miscela – producesse odori acri e
vecchio stampo, era impossibile rimanere forti, effetti strani e fuori dal comune, tali da
tranquillo e cambiare radicalmente vita, suscitare in chi assisteva all’esperimento
così dall’oggi al domani. E poi il fascino l’illusione di trovarsi in presenza di esseri
dell’alchimia, l’arte di mutare in oro i soprannaturali. Infine ser Pietro conosceva
metalli vili, era per lui irresistibile. Ser Pie- il segreto per preparare la polvere che bru-
tro riallacciò i rapporti con i vecchi amici cia sull’acqua, esperimento di sicuro eff e t t o
esperti di alchimia e riprese ad occuparsi di se compiuto in determinate condizioni e di
questa arte con maggiore trasporto di prima. fronte a spettatori suggestionabili.
Nella passione per l’alchimia si fondevano Nell’agosto 1571 il vescovo di Siena
insieme interesse culturale e cupidigia, tan- delegò a Rinaldo Tolomei, dottore e patrizio
to che il parroco ritenne di aver finalmente senese, l’onere di rinnovare il processo già
trovato il modo per fabbricare l’oro. Facen- intentato contro ser Pietro. Nel corso della
do da intermediario tra alcuni amici che sua difesa il parroco disse, tra l’altro, che si
condividevano i suoi stessi interessi, mise in era interessato dell’alchimia non per lucro,
contatto il pittore Bartolomeo Neroni detto ma per diletto (causa recreationis) e per aiu-
il Riccio – che conosceva il segreto della tare i poveri nelle loro malattie, come si
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Ermetismo e magia nella Siena colta del Rinascimento, M.A. Ceppari Ridolfi e V. Serino
poteva facilmente dedurre dal fatto che ave- il vescovo di Perugia Francesco Bossi, nel-
va distillato oli e liquori. Del resto, aggiun- la veste di visitatore apostolico.
geva, non era il solo a Siena ad
interessarsi di tali cose.
In finis
Escluse sempre con caparbie-
tà di aver tentato esperimenti A partire dalla metà del Seicen-
di magia, cercando di mini- to i casi di pratiche magiche a
mizzare la cosa: Non me ne Siena diventano sempre più rari.
diletto, perché non sono in età Forse per il processo di raziona-
di far burle. A sua difesa ser lizzazione imposto, in ambito
Pietro citò nove persone: tre ecclesiastico e non solo, dalle
preti, due orefici e vicini di disposizioni fissate dal Concilio
casa o parrocchiani. Tutti bra- di Trento. Forse perché la formi-
vi cittadini, osservanti i pre- dabile tensione che aveva spin-
cetti della Chiesa, che si era- to, dalla seconda metà del ‘400,
no confessati e comunicati alla costruzione dell’uomo nuo-
più volte durante l’anno. Cer- vo, artefice del proprio destino,
carono tutti di minimizzare la faccenda dei si era ormai, irrimediabilmente
libri proibiti, affermando che ser Pietro li esaurita. O forse semplicemente perché, con
aveva tenuti non per malizia, ma per inav- l’avvento della rivoluzione scientifica,
vertenza. Esclusero poi categoricamente e cominciava a maturare nei confronti del -
con enfasi qualsiasi sospetto di eresia nei l’antichità, un atteggiamento assai diverso
suoi confronti. È assai probabile che a ser da quello degli umanisti. Tanto che nel
Pietro, al termine di quel secondo processo, momento stesso in cui fanno ricorso ai testi
sia stato inflitto un severo castigo, ma non dell’antichità Bacone e Cartesio, ossia gli
sappiamo quale perché manca la sentenza antesignani, con Galileo, della scienza
del Tolomei. L’azione delle autorità eccle- moderna, negano il carattere esemplare del -
siastiche che avevano posto sotto inquisi- la civiltà classica 19, con il suo modo di
zione ser Pietro era però tesa a far recepire intendere viva la natura. Come avrebbe
– a lui come a tanti altri parroci dell’epoca scritto John Dryden, era ormai nata una
– i princìpi del rinnovamento morale voluto “nuova natura” che nulla aveva in comune
dal Concilio di Trento in modo da recupe- con quella già proposta dal Corpus Herme -
rarlo all’esercizio del suo ministero. E così ticum e sulla quale, anche attraverso la
fu: ser Pietro – forse previa penitenza salu- magia, si era esercitato per un paio di seco-
tare – fu lasciato a reggere la sua parrocchia li l’homo novus di Marsilio Ficino e di Gio-
dove, qualche anno dopo, avrebbe ricevuto vanni Pico della Mirandola.
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Cultura ermetica e spiritualità “altre”
a Siena nel Rinascimento
di Vinicio Serino
Università di Siena
Una immagine molto apprezzata nità dai formidabili poteri magici, ma anche
dalle sterminate conoscenze in ambito
on vi è praticamente opera di astrologico ed alchemico con Mosè: del suo
raccolta e commento dei testi rapporto, qui definito “di contemporaneità”,
del Corpus Herme - con colui che condusse il popolo eletto dal-
ticum che non faccia ricorso, l’Egitto alla Terra promessa.
solitamente nella prima di La cosa è di per sé abba-
copertina, alla tarsia marmo- stanza singolare se è vero
rea del Duomo di Siena rap- che le immagini di Ermete
presentante Ermete Mercurio all’interno dei templi cristia-
Trismegisto, il signore della ni sono non solo una rarità
scrittura, della magia e di bizzarra, ma addirittura il
ogni sapere, la trasposizione, segno di una irriguardosa
nella cultura greca e romana, inosservanza verso le pre-
del dio egizio Toth dalla testa scrizioni di Agostino d’Ippo-
di ibis. Una tarsia verosimil- na che, come ricorda F. Yates
mente realizzata intorno al riprendendo alcuni passi del
1488, opera attribuita al De civitate Dei, attacca lo
genio di Giovanni di Stefa- stesso Ermete […] per aver
no, uno degli artisti più rap- lodato le pratiche magiche
presentativi della cultura rinascimentale con cui gli Egiziani infondevano spiriti
senese, che fa bella mostra di sé esattamen- [aerei] o demoni nelle statue degli dei, ren -
te davanti all’ingresso principale della Cat- dendole, così, animate e trasformandole a
tedrale dell’Assunta. loro volta in divinità1. Sì che, pur appa-
Non vi è alcun dubbio che uno dei tre rendo come un profeta dell’avvento del
personaggi ivi rappresentati sia proprio Cristianesimo era comunque accecato dal -
Ermete, dal momento che una provviden- la sua ammirazione per l’idolatria egiziana
ziale scritta apposta al di sotto del riquadro ed era il diavolo a suggerirgli la profezia
ammonisce il visitatore che lì è eff i g i a t o della futura distruzione di essa2.
Hermes Mercurius Trimegistus / Contem - D’altra parte Agostino aveva espresso
poraneus M o y s i. Introducendo quindi, nel- queste negative opinioni – che di certo met -
la già complessa vicenda un ulteriore, fon- tevano in difficoltà i molti devoti ammirato -
damentale elemento di riflessione, costitui- ri degli scritti ermetici3 – anche con riferi-
to appunto dall’accostamento di quella divi- mento ad altri personaggi della cultura
pagana che avevano preannunciato l’avven- una così preminente posizione spirituale5
to del dio incarnato. poiché in grado di catturare lo sguardo del
fedele appena penetrato all’interno dello
Se si dice che la Sibilla, o le spazio sacro.
Sibille, Orfeo e un certo
Ermete che non conosco, Un singolare operaio
nonché i vati o i teologi o i
sapienti o i filosofi dei Gentili A volere quella ingombrante pre-
abbiano predetto o affermato senza fu un personaggio straor-
delle verità sul Figlio di Dio dinario, il vero ubi consistam
o sul Padre Dio, ciò può della cultura ermetica in
servire per confondere la terra di Siena, l’operaio
vanità dei pagani, non certo della Cattedrale Alberto
per abbracciarne l’autorità. Noi Aringhieri. Colui che con ogni
infatti mostriamo di venerare quel probabilità ha introdotto, nel terri-
Dio del quale non poterono tacere torio dell’antica Repubblica, prati-
neppure coloro che in parte si per - camente in contemporanea con la
misero di insegnare agli altri paga -
traduzione del Corpus Hermeticum
ni, loro fratelli, a venerare gli
condotta da Marsilio Ficino su dis-
idoli e i demoni, in parte non
posizione di Cosimo il Vecchio, la
osarono proibirne il culto4.
“verità” di Ermete Trismegisto, anche se
non è affatto escluso, da alcuni sfuggenti
E non vi è dubbio, da questo punto di indizi, che “qualcosa” vi fosse anche da pri-
vista, che Ermete fu esattamente il caposti- ma, come di recente ha ipotizzato Lelia
pite di coloro che insegnarono la venerazio- Cracco Ruggini.
ne di idoli e demoni, almeno secondo la Ma chi è Alberto Aringhieri? È il discen-
fede a tutta prova di Agostino. dente di una facoltosa famiglia che aveva
Ed allora perché l’immagine di questo fatto le proprie fortune nella vicina Casole
personaggio, che un padre della chiesa d’Elsa tanto che un suo illustre antenato,
sostiene di non conoscere, è lì, all’interno di Beltramo, detto messer Porrina, si era meri-
un tempio cristiano, la casa della Vergine, la tato un importante monumento funebre rea-
sedes sapientiae della città? Per di più in una lizzato, agli inizi del ‘300, dallo scultore
collocazione di tutto rispetto dal punto di Marco Romano all’interno della locale Col-
vista dell’immaginario simbolico che, come legiata. Da quella famiglia era disceso
afferma Frances Yates, vale ad attribuirgli anche Ranieri, vescovo di Cremona ai primi
del ‘300 a testimonianza di un ruolo cre- dido pulpito e di parte della facciata mar-
scente del casato che, successivamente tra- morea. Ed al quale attesero non pochi espo-
sferitosi a Siena, avreb- nenti di quella Corporazione
be occupato, attraverso dei Magistri comacini – un
vari suoi componenti, indizio della presenza dei qua-
posizioni sempre più li è rappresentato dall’altare
rilevanti nella dimen- dei Santi Quattro Coronati
sione politico-istituzio- posto esattamente all’inizio
nale della Repubblica. della navata di sinistra, vici-
Il padre di messer nissimo alla tarsia di Ermete –
Alberto, Francesco, era probabili (?) artefici del fiat
un “curioso”, che colti- dei tanti misteri che si nascon-
vava interessi a metà dono in quella autentica fore-
strada tra la scienza e sta di simboli che è la catte-
la magia. Lo testimo- drale senese.
niano alcune sue lette-
re dalle quali risulta la Dieci Sibille annunciatrici
competenza che aveva
maturato in fatto di erbe Per altro, già prima della rea-
più o meno miracolose – in quanto ritenute lizzazione di Ermete, Alberto Aringhieri
capaci di combattere la peste o altre patolo- aveva impresso il proprio segno nei marmi
gie tipiche dell’epoca come il mal della pie- del Duomo dell’Assunta facendo incidere,
tra – competenza acquisita anche e soprat- tra il 1482 ed il 1483, e sempre sul pavi-
tutto grazie ai continui spostamenti a cui lo mento della Cattedrale, dieci Sibille, le pro-
costringevano i suoi affari di mercante e la fetesse dell’antichità tratte dalle Antiquita -
propria attività di ambasciatore al servizio tes rerum humanarum et divinarum di
del Comune senese. Marco Terenzio Varrone (I secolo a.C.). Si
Alberto, figlio del “curioso” Francesco, tratta, per la precisione, della Sibilla Delfi-
diventerà, intorno al 1480, l’Operaio della ca, della Sibilla Cimmera, della Sibilla
Cattedrale, ossia in pratica il Direttore Cumana, della Sibilla Eritrea, della Sibilla
Amministrativo – ma in questo specifico Persica, della Sibilla Libica, della Sibilla
contesto l’espressione è senz’altro impro- Ellespontica, della Sibilla Frigia, della
pria – degli imponenti lavori che riguarda- Sibilla Samia, della Sibilla Albunea. Ma
rono in quegli anni davvero intensi la strut- l’ordine con cui si susseguono all’interno
tura architettonica e l’impianto iconografi- del duomo senese è completamente diverso
co del Duomo di Siena. Uno straordinario rispetto a quello proposto dal suddetto Mar-
cantiere di scienza, arte, cultura nel quale co Terenzio Varrone. Ed ancora diverso da
avevano già lavorato, qualche secolo prima, un altro “percorso sibillino”, aperto una
personaggi del calibro di Nicola e Giovanni ventina d’anni prima da Sigismondo Mala-
Pisano, artefici rispettivamente dello splen- testa, in quel di Rimini, nel suo celebre
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Cultura ermetica e spiritualità “altre” a Siena nel Rinascimento, V. Serino
Tempio – che tanto aveva colpito il Papa concepito per una considerazione di carat-
umanista Pio II sì da dichiarare non sembra tere astrologico. Perchè il 1484 veniva
un Tempio di Cristo, bensì di fedeli adora - preannunciato come un annus horribilis,
tori del demonio – egualmente formato dal- l’anno di epocali sommovimenti prodotti
le stesse enigmatiche dalla nefasta congiunzio-
sacerdotesse, ma rap- ne di Giove e Saturno in
presentate secondo Scorpione, temibilissi-
una sequenza del tut- mo segno di morte e di
to diversa rispetto a cambiamento. Le Sibil-
quella di Siena. le, misteriose annuncia-
E questo è un pri- trici, collocate emblema-
mo, importante segno ticamente in quello spa-
della logica che sem- zio ed in quel tempo,
bra abbia guidato il dovevano servire ad
disegno di Alberto avvertire il mondo dei
Aringhieri. Il quale potrebbe aver voluto ivi tremendi rischi incombenti.
collocare quelle annunciatrici dei tempi a È molto probabile che Aringhieri acqui-
venire, e che la dottrina cristiana concepiva sisse queste “competenze astrologiche”,
solo – come aveva del resto affermato Ago- grazie a Luzio Bellanti, notissimo astrolo-
stino – per aver vaticinato il futuro avvento go senese di quel periodo, rimasto celebre
del Cristo, salvatore dell’umanità, allo sco- per la disputa che lo aveva opposto a Pico
po di lanciare, ai propri ignari concittadini, della Mirandola in tema di Astrologia divi-
un enigmatico messaggio sul loro futuro natrice6.
prossimo. Le dieci profetesse, infatti, furo- Tra l’altro al figlio del grande operaio
no realizzate tutte tra l’anno 1482 e l’anno della Cattedrale era stato imposto proprio il
1483, come è tra l’altro testimoniato dai nome di Luzio. Anche se, dall’estratto dei
pagamenti corrisposti a favore degli artisti Battezzati della famiglia Aringhieri, come
coinvolti. Quinque Sybillae Positae Sunt risulta da un prezioso documento formato
Anno Domini 1482, è iscritto sul pavimen- ed eseguito per ordine, con direzione, et
to marmoreo, esattamente alla destra della assistenza, et a spese dall’abate Galgano
navata centrale per chi entra. Altre cinque Bichi e terminato nel mese di maggio del-
alla sinistra nell’anno del Signore 1483. l’anno 1713 dal Prete Tommaso Mocenni
Ufficialmente per annunciare l’avvento di curato della Parrocchia di S. Niccolò a
Cristo. Ma vi è chi ha avanzato, e non sen- Maggiano, al 1482 è attestato un solo Luzio
za autorevolezza, una ben diversa ipotesi: ma senza alcuna specificazione della pater-
l’“ordito” di Aringhieri sarebbe stato infatti nità. Molto probabilmente, comunque, si
trattava proprio del figlio di Alberto, perso- ne della collocazione “anomala” – come già
naggio destinato a diventare tristemente in detto anomala rispetto a Varrone, da cui
città celebre molti anni dopo sono tratte – delle Sibille e
la morte del suo illustre delle citazioni ivi riportate,
padre, essendosi macchiato per lo più ricavate dalle
di tradimento in occasione Divinae Institutiones di
di una delle tante guerre che Lattanzio, che ne illustrano
opponevano Siena alla la presenza.
(sempre) odiata Firenze. È segno di prudenza evi-
La pista astrologica è sta- tare con ogni cura di pene-
ta battuta da Ioan Couliano trare nel mare magno di
con la citazione di una cele- questo messaggio la inter-
bre profezia di Joannes de pretazione del quale, ovvia-
Clara Monte che annunciava mente, non può che essere
la nascita del piccolo profe- meramente ipotetica. Ma
ta di Germania. Un essere sembra comunque utile
dotato di “grande saggezza”, richiamare l’attenzione su
ma anche capace di schizza- due aspetti particolarmente
re, al pari di uno scorpione, il interessanti che riguardano
veleno che ha nella coda7. Couliano azzarda la prima Sibilla, ossia quella Delfica, con-
la identificazione di questo profeta con notata da una scritta estremamente eloquen-
Martin Lutero, l’artefice della rottura della te e che recita così: Ipsum Tuum Co/gnosce
unità della Chiesa romana e che, con l’af- Deum / Qui Dei Filius Est.
fissione delle sue novantacinque tesi, certa- È rappresentata nell’atto di reggere una
mente avrebbe contribuito non poco a fiaccola, forse per segnalare la irriducibile
scompaginare i delicati equilibri religiosi, volontà di illuminare la oscurità di un per-
ma anche politici ed economici, della vec- corso. Con quel motto di pietra e con quel-
chia Europa. Anche se per la storia, il ribel- la fiaccola ostentatamente accesa ed innal-
le agostiniano seppure nato il 10 Novembre, zata verso l’alto, la Sibilla Delfica riprende
ossia sotto il segno del malefico Scorpione, l’insegnamento del celebre oracolo di A p o l-
avrebbe in qualche modo anticipato di un lo, che invita a guardare dentro noi stessi.
anno le previsioni di Bellanti ed Aringhieri, Ma aggiunge qualcosa di più e, dal punto di
avendo visto la luce, appunto, nel 1483 e vista della ortodossia cattolica, non perfet-
non, come era stato preconizzato, nel 1484. tamente in linea: induce cioè il “lettore sen-
Non vi è comunque dubbio che la sugge- sibile” a conoscere, ossia a cogliere nelle
stione sia forte, soprattutto in considerazio- profondità più reposte del proprio essere, il
suo dio. Il dio che porta dentro di sé, la scin- Se ne darà l’annuncio a Nazareth durante il
tilla divina di matrice gnostica ed ermetica, regno del toro pacifico fondatore della pace.
ben diversa dalla idea del dio-persona Felice quella madre i cui seni lo allatteran-
espressa dalla dogmatica cristiana. no”. È l’unico punto di tutto il percorso
Dunque una sorta di sibillino in cui viene
insegnamento iniziatico, espressa la parola Cristo.
così come iniziatico sem- Che, forse, dal punto di
bra il percorso, fatto vista della cultura “altra”
appunto di 10 stazioni, professata da Alberto A r i n-
che Aringhieri invita a ghieri, poteva rappresenta-
battere nel labirinto della re, nel senso originario che
Cattedrale di Siena. Par- la parola possiede, l’unto.
tendo dalla Sibilla Delfica Non Dio quanto, piuttosto,
per giungere all’ultima, l’iniziato ai santi misteri,
quella realizzata nell’im- annunciato dal fiore di
minenza dell’avvento del- Nazareth e nato nella città
l’annus horribilis, l’Albu- del pane, Betlemme, all’e-
nea, dal nome di una fonte poca del toro pacifico,
che sgorga nei pressi di Ti v o- ordinariamente inteso come
li. Sybilla Albunea Quae Tibur/tina Cogno - allusione al regno di Ottaviano Augusto ma
minata Est Quod / Tiburi Pro Deo Coleba - pur sempre riferibile anche all’omonimo
tur. Ossia “è nominata Tiburtina perché a segno astrologico che copre il periodo tra il
Tivoli è onorata come un dio”. 21 aprile ed il 21 maggio, quando la prima-
Per “giustificare”, in qualche modo, la vera è esplosa con tutta la propria forza
presenza delle dieci Sibille si sostiene trat- irresistibile.
tarsi semplicemente di un elegante riferi-
mento alla annunciazione dell’avvento di Ermete tre volte grandissimo contempo -
Cristo da parte della cultura pagana. Ed in raneo di Mosè
tal senso, ossia con riguardo alla vicenda
della nascita, della maturità, della passione Ad appena un lustro dalla realizzazione
e morte del Salvatore, viene inteso il loro delle Sibille, nel 1488, Aringhieri dispone-
messaggio, come già detto in genere tratto va per la fattura della più celebre, ed inquie-
da Lattanzio. È per altro indubbio – ed tante, delle sue tarsie, quella di Ermete Mer-
anche abbastanza singolare – che è solo nel- curio Trismegisto. Ermete, o Toth, dio della
l’ultima, nell’Albunea, appunto, che com- magia e di ogni sapere è anche, per dirla
pare il nome di Cristo: Nascetur Christus / con lo storico delle religioni Franz Cumont,
In Bethlehem Annun/ciabitur In Nazareth / il dio che divenne in Egitto il rivelatore del -
Regnante Tauro Paci/fico Fundatore la sapienza degli oroscopi, come di tutte le
Quie/tis O Felix Mater Cu/ius Ubera Illum altre specie di conoscenze. La sua presenza
Lacta/bunt.“Nascerà il Cristo a Betlemme. all’interno del Duomo di Siena doveva
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
che qualunque cosa si legge di Mercurio con le code singolarmente intrecciate in una
Trismegisto dimostra essere stata in Moyse: sorta di numero otto. Deus Omnium Crea -
et da Moyse facta. Et che tor / Secum Deum Fecit /
lui fu esso Mercurio et fu Visibilem Et Hunc / Fecit
chiamato ancora Museo13. Primum Et Solum / Quo
Quei due personaggi, allo- Oblectatus Est Et / Valde
ra, e proprio per sanziona- Amavit Proprium /
re la saldezza di questo Filium Qui Appellatur /
rapporto, potrebbero esse- Sanctum Verbum. Ossia
re lo stesso Mosè, la guida “Dio, creatore di tutte le
del popolo di Israele, e cose, fece un secondo dio
suo fratello Aronne, intro- [secum è abbreviazione di
dotti ai segreti di Toth, secundum]. Lo fece pri-
ossia al Corpus Hermeti - mo e solo. In lui si è com-
c u m, con tutte le relative piaciuto e molto amò il
conoscenze astrologiche, proprio figlio, che viene
alchemiche, teurgi c he , chiamato Spirito Santo”.
magiche. Ad una prima rapida e
Per altro, aderendo, sia frettolosa lettura la scritta
pure in parte, alla ipotesi formulata dal Lan- parrebbe del tutto legittima, alludendo alla
di che vede nella figura bendata rappresen- persona del Padre, alla persona del Figlio,
tata sullo sfondo una donna, si potrebbe alla Persona dello Spirito Santo. Ma le cose
ipotizzare che si tratti di Maria, Maria la sono molto più complesse – molto più
sorella di Mosè, raffigurata da Giovanni ermeticamente complesse – di quanto non
Pisano sulla facciata della Cattedrale e che appaia ictu oculi. In primo luogo perché il
una consolidata tradizione medievale iden- Figlio, seconda persona della Trinità, non è
tifica con l’alchimista inventrice del celebre stato “fatto” dal Padre in quanto, come reci-
“bagno di Maria”. ta il Credo Niceno, è Dio da Dio, Luce da
Aringhieri, forse, ed ovviamente ad uso e Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non
consumo di quanti erano in grado di capire creato, della stessa sostanza del Padre. Al
– e certamente non dovevano essere molti – riguardo è quanto meno curioso osservare
ripropose in questo modo la sua “verità”, che l’eresia ariana si fonda proprio sulla
una verità di chiara matrice ermetica, sulle negazione della consustanzialità del Figlio
autentiche radici – come chiamarle, intellet- col Padre e sulla convinzione che ci sareb-
tuali? culturali? spirituali? – del Cristianesi- be stato un “tempo” senza il Figlio. Né,
mo. Da questo punto di vista è particolar- d’altra parte, per restare sempre nell’ambi-
mente invitante la verità enunciata da Erme- to della ortodossia ecclesiale, il Figlio “è
te nella tabella sulla quale poggia la mano appellato” Spirito Santo, in quanto lo Spiri-
sinistra e che viene sorretta da due sfingi to Santo è la terza persona della Trinità.
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Cultura ermetica e spiritualità “altre” a Siena nel Rinascimento, V. Serino
È qui che comincia a trasparire la “mani- lo, in quanto era assolutamente colmo
polazione ermetica” operata – nel senso della bontà di tutti gli esseri, prese ad
“sottile” che la parola opus possiede – da amarlo come figlio generato dalla sua
Alberto Aringhieri. stessa divinità14.
Dare la sensazione
di affermazioni di Particolarmen-
primo livello, in te rilevante poi,
linea con le verità per la migliore
ufficiali, nascon- comprensione
dendo invece aff e r- della sottile ope-
mazioni di segno razione condotta
ben diverso, da Alberto Arin-
coerenti con la logi- ghieri, la parte
ca dei “messaggi che segue imme-
oscuri”. Esattamen- diatamente,
te come per le Sibille, ossia:
la loro sequenza, il contenuto delle scritte Dunque, Dio, essendo così grande e
che accompagnano il loro cammino. buono, volle che ci fosse un altro essere
Infatti la scritta è tratta, come appunto che potesse contemplare quel dio che
notato a suo tempo da F. Yates, da due pas- aveva tratto da se stesso, e creò l’essere
si del Corpus Hermeticum e non dai sacri umano, imitatore al contempo della sua
testi della Religione cristiana. Anzitutto dal- ragione e della sua sollecitudine15.
l’Asclepio dove Ermete così si rivolge
all’indirizzo del proprio interlocutore: Ancora più oltre, sempre ammonendo
Asclepio, Ermete afferma in maniera asso-
Ascolta dunque, Asclepio. Il Signore
e Creatore di tutte le cose, che corretta -
lutamente esplicita:
mente chiamiamo Dio, fece un secondo
dio dopo di Sé, un dio che si può vedere Il Signore dell’eternità è il primo
e avvertire coi sensi [chiamerei questo Dio; il secondo è il mondo, e l’uomo è il
secondo dio ‘sensibile’ non perc h é t e r z o 1 6.
sia dotato esso stesso di sensibilità…
ma perché si presenta al senso di chi È evidente che le cose – ossia le verità
lo vede]. Poiché dunque Dio fece questo espresse da Ermete nella tarsia senese –
dio, il primo derivato da Sé e al contem - sono molto più complesse di quanto non
po il secondo dopo di Sé, e gli parve bel - appaiono ad una lettura del tutto superficia-
le. Quel secondo dio con la minuscola, fat- Ma c’è di più. La parte finale della iscri-
to ossia creato, dopo di Sé – a differenza del zione, qui appellatur sanctum verbum,
Figlio e dello Spirito che sono invece gene- sembrerebbe tratta da un’altra parte del
rati e che per questo condividono la stessa Corpus Hermeticum, ossia il Pimandro.
sostanza del Qui Pimandro, il Nous del -
Generante – è la sovranità assoluta19,
quindi il mondo. dichiara essere la “luce”, il
E il terzo dio, Nous […] Dio precedente
santificato dallo alla sostanza umida com -
Spirito che gli è parsa dalle tenebre. E che il
stato insuff l a t o , Logos luminoso provenien -
è l’uomo. L’idea te dal Nous è il figlio di
di Dio, l’idea D i o. Inoltre, afferma anco-
del mondo, l’i- ra Pimandro rivolto al suo
dea dell’uomo, interlocutore, che quanto in
ecco le tre dimen- te vede e ode è il Logos del
sioni della filosofia classica alle quali sem- Signore, e che il Nous è Dio Padre: essi non
bra fare riferimento il dotto operaio della sono separati l’uno dall’altro; la vita, infat -
Cattedrale di Siena non separate ma colle- ti, è l’unione di questi due20. Questo “Logos
gate dal Deus omnium creator. In perfetta del Signore” è, appunto, quello che viene
coerenza con lo spirito rinascimentale dove, appellato Sanctum Verbum nella tabella
come rileva Giuseppe Vatri, è Ermetista ciò della tarsia senese. Ed è particolarmente
che lega i differenti piani di una realtà, uni - interessante osservare come è proprio gra-
ca in se stessa, ma moltiplicata in livelli ric - zie a questo Logos che si vede e si ode giac-
chi di corrispondenze reciproche [ … ]. E chè, dal Trattato XI, si ricava che Dio […] è
dove esiste una Catena Aurea che lega tut - una forma [idea] incorporea, invisibile in se
te le manifestazioni del mondo, della quale stessa ma principio di tutte le forme visibi -
l’Uomo è il punto nodale17, sì da esprime- l i. Quindi, il pensiero divino contiene l’uni -
re, appunto il sincretismo rinascimentale, verso intero contenendo se stesso. E se l’a -
il gusto per la conoscenza nuova e unifican - nima ha il potere di abbracciare ed anche di
te con la conseguente liberazione dal superare con il pensiero tutto l’universo, a
rispetto medievale per l’ordine, per i siste - maggior ragione il pensiero divino è dotato
mi, per le risposte definitive18. di una capacità infinita21.
Più precisamente tutti gli esseri sono in Colle, che il citato erudito Alfonso Landi
Dio, ma non come se fossero situati in un chiama della Virtù; ma che altri appellano
luogo (poiché il luogo è un corpo, e un cor - ancora della Fortuna, con riferimento alla
po immobile, e le cose splendida figura munita
ivi situate non hanno di cornucopia che si
movimento): sono staglia nella parte bassa
situati in un altro della riquadro; e che
modo nella facoltà altri ancora chiamano
rappresentativa incor - della Conoscenza, enfa-
porea22. Insomma una tizzando il libro chiuso
sorta di Panenteismo che reca l’immagine di
che spiega bene il donna posta alla som-
senso dell’ammoni- mità dell’ermo colle.
mento della Sibilla Questa scena, collo-
Delfica, colei che apre cata a metà della navata
il percorso iniziatico centrale, ed idealmente
voluto dall’Aringhie- contrapposta ad Erme-
ri. È evidente che l’in- te, è senza alcun dubbio
vito a conoscere il pro- quella maggiormente
prio dio, il dio che ciascuno porta in sé, è rappresentativa della “spiritualità” di Mes-
possibile in quanto, quali “figli di Dio”, ser Aringhieri, una spiritualità che nulla ha
“tutti gli esseri sono in Dio” ed in questo a che fare con quella di matrice cristiana.
modo, attraverso il processo di visitazione L’occhio dell’osservatore va immediata-
interiore – Visita interiora terrae rectifican - mente a cogliere la enigmatica figura fem-
doque invenies occultum lapidem – ciascu- minile collocata alla sommità di un ripido
no può tornare a Lui, Fonte primigenia. colle, seduta su di un trono di pietra ben
squadrata. Accanto a lei due personaggi
Su di un colle accidentato identificati da provvidenziali scritte. Si trat-
ta di Socrate, colui che, per amore di verità,
L’ultima impresa dell’Aringhieri che, ad scelse di darsi la morte ed al quale la miste-
avviso di chi scrive, testimonia più di ogni riosa signora consegna una palma, simbolo
altra – e quindi più della stessa realizzazio- di vittoria ma anche di martirio, come ha
ne di Ermete Trismegisto – il suo messag- acutamente osservato Marco Bussagli. Dal
gio segreto è la commissione, data al pitto- lato opposto Cratete, filosofo cinico del IV
re Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, secolo a.C., raffigurato nell’atto di gettare
di un cartone di disegno per la tarsia del nella sottostante massa d’acqua – forse un
mare, forse un fiume – preziosi monili. Con I personaggi ivi rappresentati, sempre
la mano sinistra – la mano che è appunto che riescano nell’impresa di raggiungere la
dalla parte di Cratere – sommità del colle, sono i
la ignota signora osten- predestinati a sfogliare le
ta un libro chiuso, pagine di quel libro che la
segno di sapere non misteriosa signora tiene
manifestato, nel lin- rigorosamente chiuso. Si
guaggio della Chiesa tratta di veri e propri aspi-
romana si direbbe non ranti alla Conoscenza – ma
rivelato. Muovono ver- forse non sarebbe fuori di
so la sommità del luogo il termine di “inizia-
Monte dieci personag- to” – nei quali, recente-
gi, colti in atteggia- mente, Alessandro A n g e l i-
menti molto diversi. ni ha voluto riconoscere
Due soli sembrano Pandolfo Petrucci – all’e-
davvero impegnati a poca, ossia agli inizi del
salire gli impervi sen- ‘500, Signore di Siena – e,
tieri di quel colle acci- appunto, lo stessoA l b e r t o
dentato dove allignano Aringhieri. Chi vuole con-
animali che strisciano, quistare la vetta del monte
come lucertole, serpenti, tartarughe, chioc- salebrosum,ossia sassoso, deve farsi simile
ciole. Solo una minuscola, e pressocchè ai piccoli esseri viventi che lo popolano.
invisibile farfalla, svolazza tra i rari fiori. Tutti animali che strisciano – salvo appunto
Una splendida femmina nuda, evocante per la piccola e pressochè invisibile farfal-
le fattezze della Venere di Botticelli, si erge la, in greco psyche, come l’anima – ossia
alla base dell’isola, riuscendo nella difficile che praticano la humilitas – da h u m u s,
impresa di mantenere un precario equili- ossia Terra – perché è solo grazie alla fran-
brio, con un piede appoggiato su di una bar- cescana umiltà che ci si può accostare ai
chetta che sembra sul punto di affondare e santi misteri. La vocazione al sacrificio di
l’altro appoggiato su di una sfera di marmo Socrate e la disponibilità a liberarsi delle
collocata alla base dell’isola stessa. Col bel proprie ricchezze materiali rappresentano
braccio sinistro levato verso l’alto sostiene altrettante imprescindibili condizioni per
una vela rigonfiata da un vento impetuoso. arrivare al cospetto di quella misteriosa
Si tratta, è chiarissimo, della Fortuna, tra signora e poter quindi sbirciare in almeno
l’altro riconoscibile perché con la mano una delle pagine del libro che, così gelosa-
destra regge la canonica cornucopia: quel mente, tiene serrato nella propria mano. Del
suo precario equilibrio è una evidente allu- gruppo dei dieci non tutti sembrano dispo-
sione alla instabilità della sorte che attende sti a farlo, essendoci chi si attarda in una
ogni uomo. animata discussione o, addirittura, chi pare
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Cultura ermetica e spiritualità “altre” a Siena nel Rinascimento, V. Serino
irrimediabilmente perduto nei propri pen- va alla grande famiglia signora di Palestri-
sieri, seduto, forse addormentato. na, città sede della Fortuna Primigenia e
La scena, dunque, del tutto avulsa rispet- dove si conserva tuttora il celebre mosaico
to al contesto “ortodosso” della cattedrale e, del Nilo, per altro scoperto solo nella secon-
caso mai, come messo in da metà del XVI secolo24.
risalto dallo Ohly, acco- Per parte sua Maurizio
stabile alla soprastante Nicosia, nel corso di una visi-
tarsia della Ruota della ta a Siena di qualche anno fa,
Fortuna23 – per altro ivi ha ipotizzato, facendo riferi-
realizzata circa 150 anni mento all’intero contesto, che
prima – sembrerebbe l’isola non sia situata in mez-
una sorta di sintesi delle zo al mare ma posta lungo un
singolari “operazioni” grande fiume, quale il Nilo. Il
realizzate da Aringhieri, che potrebbe indurre ad iden-
a mezzo di una fitta tificare la misteriosa signora
schiera di artisti che con Iside, la grande madre,
dunque rispondevano ai detentrice dei segreti della
suoi disegni, e tutte evo- vita e della morte, che rappre-
canti l’idea del mistero, senterebbe così una sorta di
delle lettere e delle leggi di Egitto con ideale polo opposto ad Ermete…
Ermete; della via iniziatica, con le stazioni Naturalmente si tratta solo di mere ipote-
delle Sibille; del metodo di ricerca, che si che necessitano di verifiche e di appro-
appunto è chiamato a mettere in atto chi ha fondimenti. Ma la suggestione è senz’altro
avuto la fortuna di approdare nell’isola di forte.
quella Donna impassibile. Forse la Gnosi…
A giudizio di Maurizio Calvesi la tarsia
Come un ergastolano
sarebbe da riconnettersi, almeno come
modello ispirativo, alla celeberrima Hypne - Di lì a poco, nell’anno del Signore 1504,
rotomachia Poliphili, opera forse di France- Alberto Aringhieri, passava a miglior vita.
sco Colonna Signore di Preneste – ma l’at- La sua lapide tombale, posta esattamente
tribuzione è molto contestata – e pubblicata sulla soglia della cappella del braccio di San
a Venezia da Aldo Manunzio appena qual- Giovanni Battista, il protettore dell’Ordine
che anno prima che venisse realizzata la tar- gerosolimitano ed ospitaliere al quale l’A-
sia stessa, ossia nel 1499. Francesco Colon- ringhieri stesso apparteneva, iniziata nel
na, fa ancora osservare Calvesi, appartene- 1482 e che sarebbe stata conclusa intorno al
Riferimenti bibliografici
Agostino d’Ippona, (2004) Contro Fausto manicheo, libro 13°, par. 15, Roma.
Calvesi, M. (1988) Il mito dell’Egitto nel Rinascimento, Firenze.
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Corpus Hermeticum, (2005) Asclepio, a cura di I. Ramelli, Milano.
Couliano, I. (1987) Eros e magia nel Rinascimento, Milano.
Cumont, F. (1990) Astrologia e religione presso i greci e romani, Milano.
della Mirandola, P. (1946 e 1952) Disputationes adversus astrologiam divinatricem, a
cura di E. Garin, voll. 2, Firenze.
Ficino, M. (1484) Libro della Christiana religione. In Pisa, Ser Lorenzo e Ser Agnolo fio -
rentini, cap.26, 1484.
Kelly, J.N.D. (1992) Grande Dizionario illustrato dei papi, Milano.
Landi, A. (1992) “Racconto” del Duomo di Siena, dato alle stampe e commentato da E.
Carli, Siena.
Ohly, F. (1979) La cattedrale come spazio dei tempi: il Duomo di Siena, Siena.
Vatri, G.M (2000) Corpus Hermeticum (I Trattati Greci), Introduzione, Cosenza.
Yates, F.A. (1989) Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari.
Scipione Zondadari, giovane mago e “filosofo
occulto” nella Siena del tardo Rinascimento
di Patrizia Turrini
Archivio di Stato di Siena
2 Per le vicende di Scipione Zondadari e per i procedimenti giudiziari in cui fu coinvolto rinvio a
Turrini 2003.
3 Per i successivi riferimenti, rimando al testo del 1989 Il vero libro del ’500, la Clavicola di Salo -
mone, tradotto in italiano da Pietro Bailardo a Roma nel 1750, Catania.
4 Per i successivi riferimenti, rimando a Cornelio Agrippa 1988.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
Una immagine di cera con spilli, invol - per la “strana” mescolanza che presentano
ta in uno panno lino di magia popolare e filosofia occulta.
Mescolanza di cui danno prova non solo
L’accusatore di Sci- l’aspirante mago nelle
pione, Cesare Campa- sue letture e nei suoi
ni, vicario generale rituali, ma anche le vit-
dell’arcivescovo di time: dal canonico e
Siena e professore di giurista Cesare Campa-
diritto canonico, era ni, alla serva Gioma
stato colpito, a suo morta (così dicono più
dire, da una strana testimoni) per avere
malattia all’inizio del toccato la statuina di
mese di agosto del cera, e ancora al nobile
precedente anno1549: Alessandro Ugolini,
era in lecto già più uomo d’armi nemico di
mesi e si consuma[va] due speziali, i fratelli
a pocho a pocho. La Rettori, strettamente
malattia era stata attri- legati insieme a una
buita dalla voce popo- loro sorella a Scipione
lare, ma anche dallo e a una delle sue sorel-
stesso Cesare, a una le. Tutti colpevoli,
malìa [che] li è stata secondo le accuse del-
facta. Nel dicembre 1548 l’Ugolini – ma le due gio-
era stata, infatti, rinvenuta sulla soglia della vani donne di buoni natali rimangono ano-
casa dove Cesare abitava con suo padre nime nei verbali dell’interrogatorio – di
Niccolò, parroco di San Salvadore, una avere concertato una “malìa a morte” con-
immagine di cera con spilli in essa, involta tro di lui. Le male arti di Scipione avrebbe-
uno panno lino con certi pezi di saia gialla, ro colpito anche Alessandro Branchini, col-
preparata secondo il libello dell’accusatore pevole di non averne impalmato la sorella
(e anche secondo alcuni testimoni) dal gio- preferita, e Francesca, l’altra sorella dello
vane Zondadari, il quale a lungo si era finto stesso Scipione, sterile e in cattiva salute
un amico della vittima, mentre nutriva ver- (forse Scipione ne desiderava la morte per
so di lui sentimenti da implacabile nemico. riprendersi la dote?, come insinuava il
Le vicende di cui fu protagonista Scipio- cognato Alessandro Vieri); e ancora il musi-
ne – con sviluppi successivi fino al 1557 e co Luzio, creditore del giovane mago e
con una seconda detenzione per gli stessi misteriosamente morto; ed una matura
motivi – inserite nel particolare clima che vedova di Macerata che, “ammaliata” dallo
precedette di poco la fine della Repubblica studente senese in trasferta, aveva ceduto
senese, costituiscono un caso emblematico alle sue profferte amorose.
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Scipione Zondadari, giovane mago e “filosofo occulto”, P. Turrini
tout court – l’esistenza a Siena, in quel par- Una occulta interpretazione del mondo
ticolare clima di cambiamenti istituzionali,
anche dolorosi, della fine della Repubblica, Tra le opere più consultate dal giovane
di uno straordinario mago spicca il De occulta philoso -
background c u l t u r a- phia di Cornelio Agrippa di Net-
le favorevole allo tesheim, un testo in latino e con-
sviluppo di certe cettualmente difficile a causa del-
“cose”. Se le malìe la straordinaria erudizione del-
praticate dal giovane l’autore, e pertanto tutt’altro che
mago non si spiega- adatto per lettori di scarsa cultura.
no infatti senza uno Scrive infatti Cornelio che chi
sguardo alla lunga desidera occuparsi di magia non
storia della strego- può ignorare i segreti della fisica,
neria senese, si evin- della matematica, della teologia,
ce comunque, dalla perché la magia è
intera vicenda, che una scienza poderosa e miste -
la cultura esoterica riosa che abbraccia la profondis -
non era solo magia sima contemplazione delle cose
popolare ad uso e più segrete, la loro natura, la
consumo della gente potenza, la qualità, la sostanza, la
semplice e superstiziosa. Era, invece, anche virtù e la conoscenza di tutta la natura.
un’antropologica visione del mondo che E c’insegna in quale modo le cose diffe -
affascinava le classi colte, già “contamina- riscano e si accordino tra di loro, produ -
te” dalle idee riformate. Scipione si diletta cendo perciò i suoi mirabili effetti, unen -
certo nella pratica della “magia contagiosa”, do la virtù delle cose con la loro mutua
con largo impiego di statuine di cera come applicazione e congiungendo e dispo -
quella che provoca la morte di una povera nendo le cose inferiori passive e con -
serva e i malesseri di messer Cesare Cam- gruenti con le doti e le virtù superiori.
pani, ma soprattutto – come risulta da inter-
rogatori, testimonianze e sequestri di mano- E ancora perché
scritti e libri nella sua camera – è un accani-
to lettore di importanti testi esoterici che la magia è la vera scienza, la filosofia
evidentemente, anche grazie alla invenzio- più elevata e perfetta, in una parola la
ne della stampa, cominciano ad avere una perfezione e il compimento di tutte le
scienze naturali5.
diffusione sempre più massiccia, in specie
presso i ceti sociali più elevati.
Come attestano le carte processuali, Sci- giovane mago. L’opera, di origine ebraica,
pione Zondadari si era dunque imbevuto di anche se forse almeno una parte degli inse-
questa cultura dotta di segno pagano, alter- gnamenti magici dell’antico re d’Israele
nativa a quella propria dell’ortodossia doveva circolare già nella Roma dell’impe-
ecclesiale e per questo riservata, nascosta, ratore Vespasiano, si era diffusa in Europa
anzi, in coerenza con la intorno al
filosofia di Agrippa, XII-XIII
occulta, anche perché secolo, pro-
incomprensibile alla veniente
gente comune. probabil-
mente da
Operare magicamen - Bisanzio; in
te, secondo gli inse - seguito era
gnamenti di Salomone stata rima-
neggiata in
Tuttavia Scipione non latino, di
era solo un “filosofo nuovo tradot-
occulto”: quello che compie all’interno di ta in ebraico, tenendo conto anche degli
un’umida e tenebrosa cantina della città di influssi dei dotti arabi, infine nel Cinque-
Siena, posta sotto la chiesa di San Salvado- cento presentata in italiano per un ipotetico
re, è infatti un vero e proprio rito di “magia duca di Mantova7. Pertanto – proprio per il
cerimoniale”. Sulla scorta dei dati che ripor- lungo processo di contaminazioni e rima-
ta il processo, si può escludere che le opera- neggiamenti – questa opera costituiva per
zioni in questione fossero state condotte sul Scipione Zondadari e i suoi contemporanei
testo di Agrippa che, come rileva Arturo il compendio massimo della cultura ebraica,
Reghini, ha un carattere eminentemente araba e cristiana in materia di magia. La
“espositivo, dottrinale”, quindi non stretta- figura di Salomone aveva così assunto, nel-
mente operativo, nel senso dell’operatività l’immaginario comune, tutte le caratteristi-
magica6. È allora verosimile che tutta la che idonee a costituire una sorta di vivens
cerimonia imbastita nella cantina di Cesare imago della magia. Seguendo i (presunti)
Campani fosse stata ricavata dalla lettura di insegnamenti di La Clavicula l’operatore,
La Clavicola di Salomone, uno dei più anti- quale era appunto Scipione, sarebbe stato in
chi e noti testi di magia, ricompreso tra i grado di possedere la “piccola chiave” (c l a -
numerosi manoscritti e i libri sequestrati al vicula) di accesso alla magia: comandare
6 Ibidem.
7 de Givry, 1976: 74-75.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
cioè ai demoni, nuocere ai nemici, ottenere crata secondo una precisa formula che ini-
ricchezza, fama ed amore, solo che fossero zia con Eutabor, Natabor, Sintacibor, Ado -
state eseguite esattamen- nay, On Lazamon, Terra -
te le istruzioni, fatto nes cos Philodes; infine i
ricorso all’antica lingua circula che, sicuramente,
di Salomone, usati gli appartenevano alla catego-
oggetti raccomandati. ria dei cerchi magici usati
Se si legge attenta- per la consacrazione dei
mente la Clavicula8 si pentacoli, ossia per creare
ritroverà allora tutto il gli amuleti di metallo di
complesso rituale e lo cui nel testo esoterico vi è
specifico armamentario grande dovizia di esem-
usato dal giovane mago plari, ma anche per pro-
senese. Anzitutto il luo- teggere l’evocatore dalle
go, per il quale è impor - forze che si intendono
tante […] sia […] chiu - suscitare, forze diaboliche
so […], non abitato da che mettono a rischio la
alcuno, esattamente vita stessa dell’operatore,
come la buia cantina dei il quale pronunzierà lo scon-
Campani. Quindi l’ora degli esperimenti giuro, i carmina del processo di Scipione.
che è più sicuro farli di notte, giacché gli Infine un’annotazione sui “tempi” del-
spiriti vengono più facilmente nel silenzio l’incantesimo di Scipione che va dal 24 di
della notte. Nel testo esoterico ci sono tutti giugno, la notte di san Giovanni cara alle
gli oggetti impiegati nel rito che portò Sci- streghe che nella complice oscurità di quel
pione in carcere: il “breve”, realizzato vero- giorno raccoglievano le magiche erbe mas-
similmente su di una pergamena vergine, simamente cariche di benefica vis, al 5 di
ossia fatta con bestie che mai hanno genera- agosto. In quel giorno cade la festività dedi-
to, secondo un rituale di preparazione com- cata a Sant’Emidio, di cui la Passio ram-
plicatissimo; l’incenso e la mirra, che ser- menta il miracolo della guarigione della
vono alle fumigazioni profumate, mentre lo figlia di Graziano, paralitica e sofferente di
zolfo è necessario per quelle fetide; quindi perdite di sangue, e di un cieco al quale vie-
la cera, indispensabile sia per fare immagi - ne ridonata la vista, rievocando anche la
ni o candele necessarie a parecchie arti ed credenza dei sacerdoti pagani certi che Emi-
esperienze e che deve essere vergine, ossia dio fosse una sorta di reincarnazione del dio
mai usata, oltre che, naturalmente, consa- della medicina Esculapio9. Forse proprio
per questa fama Scipione aveva fissato il 5 era intesa come una salutare detenzione, in
di agosto come il tempo della guarigione di modo che lo Zondadari abbandonasse,
Cesare Campani, se veramente lo voleva finalmente, i suoi pericolosi interessi esote-
guarito, come si affanna- rici e le relative
va a ripetere, durante gli pratiche magiche.
interrogatori, al capitano Anche in questo
di giustizia Cruciani nel caso la posizione
tentativo di discolparsi. sociale dell’impu-
Prima della messa in tato, le accorate
funzione della macchina suppliche dei
dell’Inquisizione roma- familiari, tra cui la
na postridentina10 erano disperata madre
spesso le autorità laiche Caterina ormai
a reprimere il fenomeno vedova di Mar-
della magia/stregoneria. cantonio, e soprat-
Nel 1550 il capitano di giu- tutto la mancanza di
stizia Giovanni Andrea Cruciani, almeno “prove certe”, nonché il “palese odio” degli
nel processo Zondadari, non portò fino in accusatori (tra i quali, probabilmente, Cesa-
fondo le gravi accuse scagliate da più testi- re Campani, di nuovo ammalato di “melan-
moni contro Scipione il quale, grazie alla colia”) devono avere pesato sulla mancata
sua gioventù e correlata forza fisica, seppe formalizzazione della condanna salvando
resistere alla tortura negando qualsiasi col- così, ancora una volta, Scipione, che sareb-
pa. Per il vigente statuto senese resistere be stato scarcerato l’anno successivo dopo
alla tortura “purgava”, infatti, dall’accusa11. una “salutare” detenzione.
Inoltre la personalità, lo stato sociale e le
molte amicizie del padre Marcantonio con- In finis
tribuirono a salvare il figlio.
Neppure alcuni anni dopo, nel 1556, la La vicenda umana e giudiziaria di Sci-
magistratura dei Quattro segreti di Balìa pione Zondadari, unitamente a quella cor-
volle giungere alle estreme conseguenze relata del vicario vescovile Cesare Campa-
insite nell’accusa di “magia nera” rivolta di ni del tutto convinto di essere vittima di
nuovo a Scipione. Ci si limitò a quella che una malìa, costituisce comunque un’evi-
10 In realtà l’istituzione della Congregazione cardinalizia del Sant’Uffizio risale alla bolla papale
Licet ab initio del 15 luglio 1542, tuttavia è difficile precisare la data in cui fu effettivamente e in modo uni-
forme messa in funzione l’Inquisizione Romana nei vari Stati italiani, con le resistenze e i patteggiamenti
che ne dilazionarono ovunque l’introduzione. Così Prosperi, 1991: 27-64 (pp. 40-41).
11 Su questo punto, v. Ascheri, 1993: Dist. III, cap. 27, p. 292.
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NEI GIARDINI DI TOTH: CULTURA ERMETICA ED ARTI MAGICHE A SIENA NEL RINASCIMENTO
Riferimenti bibliografici
Il vero libro del ‘500, la Clavicola di Salamone, tradotto in italiano da Pietro Bailardo a
Roma nel 1570, Catania, 1989.
Ascheri, M. (1993 ) (a cura di) L’ultimo statuto della Repubblica di Siena (1545), Accade-
mia Senese degli Intronati, Siena.
Cardini, F. (1993) Le “novelle di magia” di Giovanni Sercambi, in Le mura di Firenze inar -
gentate, Palermo.
Cattabiani, A. (1993) Tutti i Santi d’Italia, Milano.
Cornelio Agrippa (1988) De occulta philosophia, vol. I, con Introduzione di A. Reghini,
Milano.
de Givry, G. (1976) Il tesoro delle scienze occulte, Milano.
Prosperi, A. (1991) Per la storia dell’Inquisizione romana, in L’Inquisizione Romana in Ita -
lia in età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, atti del seminario inter-
nazionale, Trieste, 18-20 maggio 1988, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi, 19,
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Turrini, P. ( 2003) “De occulta philosophia”. Cultura accademica e pratiche esoteriche e Sie -
na alla metà del XVI secolo, “Documenti di storia”, 47 (con un commento di V. Serino),
Siena.
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Segnalazioni editoriali
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HIRAM
• 100 •
SEGNALAZIONI EDITORIALI
JACK CHABOUD
La franc-maçonnerie. Histoire, mythes et réalités.
Edizioni Librio Inédit, Parigi, 2004, pp. 94. 2,00
SÉBASTIEN GALCERAN
Les franc-maçonneries (XVIII-XXI sec.)
Edizioni La découverte, Parigi, 2004, pp. 117.
3/2005
HIRAM
• 101 •
SEGNALAZIONI EDITORIALI
Grazie ai contributi della ricerca storica e sociale anglosassone e francese, questo testo
traccia la genesi di alcuni gruppi di appartenenza sulle isole britanniche e tratta della
loro esportazione sul continente europeo nel XVIII sec. Permette di comprendere come
la sociabilità massonica si è costituita in Francia all’interno di uno spazio sociale rela-
tivamente autonomo. Alcuni schemi analitici consentono di cartografare questo spazio
e di considerare la sua dimensione internazionale.
GIULIO GIORELLO
Di nessuna chiesa. La libertà del laico.
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005, pp. 79. 7,50
FRANCISCO DE VITORIA
De iure belli
Traduzione, Introduzione e Note di Carlo Galli. Con testo latino
a fronte.
Editori Laterza, Roma-Bari, 2005, pp. 111. 10,00
VICO ALLEGRETTI
Il Diritto di guerra nel XV secolo. Il Tractatus de bello et
bellatoribus di Juan López († 1496).
Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, Roma, 2003, pp.
246. 20,00
3/2005
HIRAM
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SEGNALAZIONI EDITORIALI
IL PENSIERO MAZZINIANO
Anno LX - numero 1 - Gennaio-Aprile 2005
Editoriali e commenti
Discorso del Presidente della Repubblica in occasione del 25
aprile
Dulce et decorum est pro Patria mori di Renzo Brunetti
Come si difende una Costituzione di Pietro Caruso
I duecento anni del Grande Oriente d’Italia di Gustavo Raffi
Le ragioni del “Sì” di Carlo Flamigni e Maurizio Mori
Saggi e interventi
Primo Risorgimento
Dickens, Mazzini e il finto Mazzini di Michele Finelli
“Upon Democracy”, i pensieri mazziniani di A.M. Lazzarino Del Grosso
L’Eroe dell’Ideale. Giuseppe Garibaldi per la pace di Alessio Sfienti
Garibaldini alle Argonne di Silvio Pozzani
Secondo Risorgimento
Resistenza mazziniana di Mario Proli
I caduti del P. D’Azione alle Fosse Ardeatine a cura di Luca Bagatin
Discorso di Calamandrei a Cuneo del 21 dicembre 1952 a cura di P.M.
Terzo Risorgimento
La ricerca su gli embrioni di Andrea Chiti-Batelli
Sulla tolleranza di Maria Laura Lanzillo
Il pacifismo di Cassola di Gianni Bernardini
La pace ragionata di Luigi Bisicchia
La solitudine dei personaggi di Germi di Piergiovanni Permoli
Cultura e società
Una bella iniziativa della Domus di Roberto Balzani
Padova e le 100 città sorelle di Pietro Caruso
Un monumento a Mazzini di Cristina Vernizzi
Studi repubblicani
Crisi della democrazia e cesarismo di Federico Tirocini
Mazzini e la critica letteraria di Luca Platania
Giovanni Spadolini e le funzioni Costituzionali del Presidente del Consiglio dei
Ministri di Enrico Albanesi
3/2005
HIRAM
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SEGNALAZIONI EDITORIALI
3/2005
HIRAM
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Recensioni
Recensione a
MASSIMO DELLA CAMPA
Luce sul Grande Oriente. Due secoli di massoneria in Italia.
Sperling & Kupfer, Saggi, 2005, pp. 332. 22,00
di Morris L. Ghezzi,
Gran Maestro Onorario del G.O.I.
Quando nel 1998 Massimo Della Campa, Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d’I-
talia, avvocato in Milano, Presidente della Società Umanitaria e benemerito per molte altre
iniziative civili e sociali, pubblicò con Giorgio Galli, noto politologo e giornalista, presso
l’editore Franco Angeli il libro La Massoneria Italiana, si aprì una felice stagione di rifles-
sioni sulla nostra storia recente e meno recente. Per troppo tempo il fumo delle allusioni e
dei dubbi calunniosi, nonché le nebbie dei silenzi colpevoli avevano occultato nel comune
sapere e sentire dell’opinione pubblica la vera e gloriosa storia della Massoneria illumini-
sta e libertaria settecentesca, risorgimentale ottocentesca e democratica novecentesca. La
concomitante congiura dei totalitarismi laici e clericali e dell’ignavia di fratelli troppo timi-
di e paurosi, per controbattere colpo su colpo gli attacchi autoritari e oscurantisti e per dive-
nire soggetti attivi di uno scontro storico per la civiltà moderna della libertà, eguaglianza e
fratellanza, aveva sospinto la Massoneria italiana nell’ombra. Un’ombra che non le com-
pete in quanto attrice storica protagonista nella costruzione del pensiero, della cultura e del-
le istituzioni laiche e democratiche occidentali. Se ancora di recente (12 giugno 2005) in
occasione dei referendum sulla fecondazione assistita sul quotidiano Avvenire un clerico-
giornalista può permettersi di insinuare, riguardo al G.O.I. ed all’attuale Costituzione ita-
liana, le seguenti parole: Una Costituzione che non siamo sicuri che i sodali del Gran Mae -
stro avrebbero voluto così com’è scaturita dalle mani piene di voglia di riscatto dei costi -
tuenti dopo il crollo del regime; ciò significa che non siamo stati capaci come massoni di
far sapere a tutti gli italiani che tra quelle mani vi erano anche le mani dei fratelli Meuccio
Ruini e Piero Calandrei e che ad esse e non ad altre è dovuta la parte più democratica e
libertaria della nostra Carta Costituzionale.
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RECENSIONI
Oggi quella felice stagione di riscoperta di verità storiche, rinvigorita dall’incessante ope-
ra e dalla rinnovata politica di presenza culturale e sociale dell’attuale Gran Maestro del
Grande Oriente d’Italia, avv. Gustavo Raffi, presenta un secondo fondamentale capitolo edi-
toriale, quello rappresentato dal libro sempre di Massimo Della Campa Luce sul Grande
Oriente, pubblicato dalla Sperling & Kupfer.
Quest’ultimo saggio fornisce una rigorosa e documentata ricostruzione delle più antiche
origini della Libera Muratoria, soffermandosi, in particolare, sugli ultimi duecento anni di
storia della Massoneria italiana: dalle confraternite di artigiani alla moderna Massoneria del
XVII e XVIII secolo, sino ai giorni nostri. Particolarmente significativa appare l’analisi
degli anni d’oro dell’espansione, nella seconda metà dell’Ottocento, ricostruiti attraverso
le iniziative dei Grandi Maestri dell’epoca, che si distinsero in quanto personaggi animati
da quello spirito patriottico e libertario, operante ai massimi livelli della politica italiana,
che fornì un vitale ed insostituibile contributo alla costruzione dello stato liberale post risor-
gimentale. La tenebra del Fascismo riuscì ad oscurare ed ad esiliare l’organizzazione mas-
sonica, ma non a piegarne lo spirito se, come scrive sempre della Campa, ben diciotto mar-
tiri delle Fosse Ardeatine erano Liberi Muratori. Anni non certo meno duri attendevano la
Libera Muratoria nel secondo dopoguerra, compressa ed osteggiata come era tra due ideo-
logie ad essa avverse: il Cattolicesimo pontificio ed il Comunismo. Non casualmente, infat-
ti, il libro ricorda lo “scippo” statale di Palazzo Giustiniani compiuto dalla Magistratura ita-
liana nei confronti del G.O.I. con spirito non dissimile da quello messo in essere dal Fasci-
smo, quando ne determinò con la forza l’esproprio. Gli ultimi trenta anni di storia della
Muratoria italiana, infine, sono stati funestati da episodi largamente enfatizzati, distorti e
strumentalizzati dai mass media. L’Autore conduce una approfondita analisi sulla Masso-
neria deviata e ne traccia un completo e fedele resoconto. Senza nulla nascondere, sulla base
delle risultanze delle inchieste parlamentari e giudiziarie, nonché delle relative sentenze,
risulta, con indiscutibile chiarezza, che nulla di illegittimo l’indagine Cordova ha potuto
attribuire al G.O.I. e la stessa Loggia P2 è risultata assolta con sentenza definitiva dall’ac-
cusa di essere una loggia segreta.
L’opera di Della Campa, dunque, rappresenta un indispensabile strumento di lavoro per
gli studiosi della storia italiana contemporanea, in quanto l’Autore, unico storico, salvo, for-
se, il Mola, fornisce una completa visione panoramica della Massoneria italiana dalle ori-
gini settecentesche sino ai giorni nostri, tracciandone un resoconto puntiglioso e fedele,
sempre sorretto da una abbondante e rigorosa documentazione accompagnata da una accu-
rata analisi storico-critica. Le accuse giudiziarie alla Massoneria si dissolvono sotto i colpi
della ricerca ed emerge con chiarezza il pregiudizio ideologico, che perseguita l’associa-
zione in Italia da quando essa è apparsa. È possibile che tale pregiudizio sopravviva anche
in epoca di democrazia e di stato di diritto? Non dovrebbe essere possibile, ma per esserne
certi è necessario controbattere ogni falsità e calunnia con un attivo comportamento di pre-
senza sociale, consapevole della propria storia e rivolto all’impegno civile verso la costru-
zione di un futuro sempre più libero.
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HIRAM
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RECENSIONI
P.S. Scrissi questa recensione su sollecitazione dello stesso Massimo Della Campa, che
proprio il lunedì prima del suo ricovero in ospedale conversò a lungo con me e mi ram-
mentò il mio impegno. Il mercoledì successivo portai il testo alla sua segretaria per rive-
derlo insieme, ma seppi del suo grave malore. Ora, con malinconia, offro ai lettori queste
riflessioni, che spero possano invogliare a leggere un libro che è ormai più una testimo-
nianza di vita che un’opera letteraria.
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Attraverso i contributi di otto studiosi e ricercatori, l’ultimo numero degli Annali di sto -
ria dell’educazione e delle istituzioni scolastiche diretti da Luciano Pazzaglia – ordinario
di Storia della scuola e delle istituzioni educative all’Università cattolica del Sacro Cuore
di Milano – e pubblicati dall’Editrice La Scuola, dedica la consueta sezione monografica
alla presenza massonica nell’educazione italiana abbracciando l’arco cronologico che va
dal completamento dell’Unità sino all’avvento del fascismo.
Apre l’approfondimento un testo di Fulvio Conti, associato di Storia contemporanea
all’Università di Firenze, che sotto il titolo “Massoneria, scuola e questione educativa nel-
l’Italia liberale” illustra come l’ambito scolastico ed educativo fu al centro dell’intervento
pubblico della Massoneria nei primi decenni dopo l’Unità nel tentativo di contrastare l’e-
gemonia esercitata dalle forze cattoliche e di realizzare un più ampio progetto di secolariz-
zazione e di modernizzazione del Paese. Un intervento – questo – modulato con una azio-
ne svolta attraverso i propri rappresentanti nelle istituzioni e mediante campagne di mobi-
litazione dell’opinione pubblica per condizionare le scelte di politica scolastica del Paese;
con la creazione di strutture educative, culturali e ricreative autonome (luoghi di formazio-
ne e di ritrovo alternativi rispetto a quelli di natura religiosa); infine attraverso il proseliti-
smo fra insegnanti e docenti universitari.
“Istruzione, educazione e istituzioni educative della Massoneria a Roma dal 1870 all’av-
vento del fascismo”, è invece il contributo del sacerdote paolino GianCarlo Rocca, diretto-
re del Dizionario degli Istituti di Perfezione che indaga la presenza della Massoneria nelle
istituzioni educative a Roma, manifestatasi, in ambito privato, soprattutto nella fondazione
di educatorii e ricreatorii dopo il 1880. Rocca sottolinea come il contatto diretto con bam-
bini e bambine, ragazzi e fanciulle, costituì una grande novità per la Massoneria romana
portando alcuni suoi rappresentanti – ad esempio Domenico Orano, attivo in ambito edu-
cativo – a rendersi conto che il laicismo o la laicità, cui tendeva la Massoneria, non era una
questione per bambini.
Da Roma al Piemonte, Marco Novarino – che collabora alla Facoltà di Scienze Politiche
dell’Università di Torino – analizza il rapporto tra Massoneria ed educazione a Torino in età
liberale, quando tra la fine dell’‘800 e l’alba del ‘900, i massoni sostennero progetti educa-
tivi per contrastare la straordinaria presenza delle strutture cattoliche della “Torino dei San-
ti e delle opere sociali”. Questa vocazione alla filantropia e alla pedagogia a partire dal 1865
trovò un terreno fertile nelle logge torinesi, non appena esse si trasformarono da organi diri-
genti del Grande Oriente d’Italia in entità agenti sul territorio. Attraverso la creazione di
istituti per l’educazione popolare, d’avviamento al lavoro e in aiuto di quel “mondo invisi-
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bile”, figlio del pauperismo fatto di orfani, di ragazzi abbandonati al loro destino e di ragaz-
ze costrette a prostituirsi, i massoni subalpini vollero contribuire all’emancipazione mora-
le e intellettuale degli italiani, fondata sui princìpi della libertà, dell’eguaglianza, della fra-
ternità, della scienza e del progresso.
Tutto dedicato alla Milano del trentennio 1876-1906 e ai suoi “Ricreatori festivi a Mila-
no”, l’intervento di Angelo Robbiati, dell’Archivio per la Storia del Movimento sociale cat-
tolico in Italia “Mario Romani”, che documenta – nel secolo XIX – sia il ruolo centrale del-
la Loggia massonica quale punto d’incontro di progettualità politica e culturale, sia la rile-
vanza di iniziative della Loggia milanese “La Ragione”: quali, ad esempio la pubblicazio-
ne del settimanale di educazione La Famiglia e la Scuola (durato solo fra il 1876 e il 1878)
e l’istituzione di ricreatori, alternativi e contrapposti agli oratori cattolici (sciolti poi nel
1925). L’obiettivo dichiarato era quello di operare per la formazione di una mentalità nuo-
va, e di una cultura popolare, ispirate ai princìpi laici (la realizzazione del programma fu
affidata a Ludovico Coiro).
Da Milano a Livorno, ecco il saggio di Angelo Gaudio, docente straordinario di Analisi
dei sistemi educativi e di educazione comparata all’Università di Udine, sulle “Presenze
massoniche e politiche educative e scolastiche” in questa città dall’Unità all’avvento del
fascismo. Gaudio segnala le presenze di fratelli massoni di diverse comunioni, in iniziati-
ve comunque connesse alle politiche scolastiche e/o educative; descrive le attività per la
soppressione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole (una tradizione loca-
le, condivisa anche dagli ambienti del liberalismo moderato). Particolare attenzione viene
prestata ai Tevenè, vera e propria dinastia di maestri repubblicani (particolarmente attiva),
come pure alle presenze massoniche nell’istruzione secondaria e nell’amministrazione sco-
lastica (soffermandosi sul caso di Dario Cassato, avvocato e uomo politico israelita, via
assessore, deputato e senatore).
“L’Umanitaria e la Massoneria”, è poi il tema affrontato da Fabio Pruneti, associato di
Storia dell’educazione all’Università di Sassari. Sorta nel 1893 a Milano grazie all’inizia-
tiva di Prospero Moisé Loria, la Società Umanitaria si caratterizzò per numerose iniziative
filantropiche, in una innovativa ottica laico-positivistica di tipo preventivo. Anche se non
si rinvengono tracce di una connessione organica tra Massoneria e Umanitaria, l’articolo,
percorrendo tutta la “parabola” di questa istituzione, mostra i tratti comuni con il pensiero
dei liberi muratori, nella convinzione che tale sodalizio fu mutevole, anche in virtù dei dif-
ferenti appartenenti al suo gruppo dirigente.
Le vicende della Massoneria si intrecciano con quelle della costruzione e consolidamento
del Regno d’Italia. Ciò è particolarmente evidente nelle questioni educative, come testi-
monia la lunga serie di ministri “framassoni” della pubblica istruzione. Gianfranco Bandi-
ni, ricercatore di Storia della pedagogia all’Università di Firenze, sviluppa il suo contribu-
to dal titolo “Il ministro dell’obbligo scolastico: appunti per una biografia pedagogica”, esa-
minando la figura di Michele Coppino, per lungo tempo parlamentare e ministro di grande
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Recensione a
PAOLO BUIARELLI
Un calabrese a Montepulciano
Montepulciano 2004, pp. 96
a cura di Bruno Polimeni
L’Autore, benché alla prima esperienza nel settore storiografico, prendendo spunto da
alcune brevi notizie riportate dalla “Guida” di Montepulciano su un nobile benestante di
origini calabresi, analizza la figura di Francesco Saverio Melissari nato a Reggio Calabria
nel 1832 e morto nel 1900.
Buiarelli, attingendo ai giornali dell’Ottocento e a fonti bibliografiche e di archivio, rico-
struisce con serena obiettività la vita del Melissari nelle sue qualità di imprenditore, filan-
tropo, artista e massone.
Trattasi di una ricerca scrupolosa che rappresenta un contributo storiografico importan-
te in quanto l’Autore ha colto i lati più interessanti della vita del calabrese Francesco Save-
rio Melissari e, nello stesso tempo, ha portato alla luce un pezzo di storia della città di Mon-
tepulciano.
Nonostante la lontananza dei luoghi (a quell’epoca) il nobile Melissari, partendo dalla
Calabria, si trasferì nella terra del Poliziano dove acquistò un’antica fortezza che restaurò
e ivi impiantò una grande filanda che dava lavoro a circa seicento persone d’ambo i sessi,
per cui divenne un esperto allevatore di baco da seta e un produttore molto conosciuto in
ambito nazionale e internazionale da meritare un premio all’esposizione di Parigi nel 1878.
Il Melissari proveniva da un’antica e nobile famiglia di baroni di Reggio Calabria i cui
componenti rivestirono importanti cariche pubbliche, fra cui un Giovanni decorato del-
l’Ordine dei Cavalieri di Malta.
Francesco Saverio fu iniziato, nel 1863, nella loggia reggina “Domenico Romeo” dove
ricoprì la carica di Oratore Aggiunto e di Secondo Sorvegliante. Durante la sua permanen-
za a Montepulciano fu, nel 1872, tra i fondatori della Loggia “La Ragione” e ricoprì la cari-
ca di Maestro Venerabile. Partecipò, inoltre, alla vita parlamentare per tre legislature seden-
do a sinistra nel Parlamento di Firenze e poi di Roma.
Paolo Buiarelli, concludendo nel suo volume, afferma che Melissari fu una figura impor-
tante per la crescita della città di Montepulciano e che pur rimanendo un aristocratico, il suo
impegno, la sua capacità organizzativa sono stati messi a disposizione della collettività pur
con tutti i limiti dell’uomo e della sua estrazione familiare.
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RECENSIONI
GIOVANNI LEGHISSA
Il dio mortale. Ipotesi sulla religiosità moderna
Con una postfazione di G. Vattimo.
Medusa, Milano, 2004, 19,80.
Nella tarda modernità, in quanto fase terminale del nichilismo, è ancora possibile avere
accesso a una qualche forma di esperienza religiosa? È attorno a questa domanda di fondo
che ruotano le riflessioni contenute in questo libro. Una prima risposta potrebbe essere quel-
la che ci viene suggerita da Nietzsche: gli umani che hanno sperimentato la morte di dio e
che non si sono ritratti dinanzi all’esperienza abissale da essa inaugurata possono divenire
dèi, non perché ingenuamente desiderosi di sostituirsi a dio, ma perché capaci di custodire
la finitezza che li costituisce e li fissa alla terrestrità - e possono così assumere i tratti di un
“dio mortale” (definizione dell’uomo, questa, che si ritrova già nell’A s c l e p i u s, un testo
ermetico del II secolo). Individuare nella proposta di Nietzsche il luogo in cui trovare rispo-
ste alle domande usuali sul senso della vita (Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo?
Perché vivere?) comporta però un azzardo e un rischio che forse rimangono ancora inassu-
mibili. Di fronte a questa difficoltà vale allora la pena esplorare altri percorsi.
In autori come Derrida e Lévinas sono temi come l’alterità e la giustizia al di là della leg-
ge a costituire il centro di una riflessione che curva l’esperienza religiosa verso il luogo del-
l’etica. Con esiti però assai diversi: mentre in Derrida essere ospitali verso il desiderio di
giustizia (che è certo più antico della modernità) non viene disgiunto dal mantenimento di
una distanza critica verso la tradizione, in Lévinas a mancare è proprio la necessaria vigi-
lanza in merito alla differenza che sussiste tra il dio della tradizione e l’orizzonte nichilisti-
co entro cui la modernità si dispiega. A svolgere il nesso che lega la questione posta dalla
religione dei moderni al rapporto che la modernità intrattiene con quanto la precede è dedi-
cato l’ultimo capitolo di questo libro. Qui vengono messe a confronto la teoria della seco-
larizzazione (esposta a partire dalle posizioni di Troeltsch, Overbeck e Vattimo) con le tesi
di Hans Blumenberg, che di questa tesi fu fiero oppositore. Scopo di tale confronto è sug-
gerire l’ipotesi che a rendere visibili gli ineliminabili tratti tragici del moderno sia precisa-
mente l’oscillazione tra il desiderio di vivere la modernità come custodia e memoria di quel-
le tradizioni che hanno preceduto la modernità e il desiderio di trasformare quest’ultima nel
luogo in cui avviene l’interminabile consumazione del mito.
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