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Dallespansione allo sviluppo.

DALLESPANSIONE ALLO SVILUPPO.


UNA STORIA ECONOMICA DELLEUROPA
1. TRA ESPANSIONE E SVILUPPO ECONOMICO NELLEUROPA DEL XVIII SECOLO
1.1 NUOVE PROSPETTIVE SULLA MODERNIZZAZIONE ECONOMICA E LE MOLTE STRADE
PERCORSE DALLEUROPA VERSO IL XX SECOLO
Secolo identificato con lIlluminismo, guerra di indipendenza usa, rivoluzione francese e crisi delle
monarchie europee dellancien regime. Per gli economisti, il secolo studiato in funzione delle
rivoluzioni industriali che nel secolo successivo trasformeranno le economie prima europee poi
mondiali.
Il primo paradigma era quella del modello unico di modernizzazione della Gran Bretagna di fine
XVIII secolo e poi imitato da tutti i paesi che riuscirono ad industrializzarsi nel XIX secolo, reso
famoso dallo studio di Rostow sulla prima rivoluzione industriale in Inghilterra (Stages of Economic
Growth, 1960), nel quale questa viene considerata come la base empirica per un modello generale di
sviluppo economico moderno applicabile a tutte le economie di ogni luogo e tempo e
lindustrializzazione il momento definitivo della trasformazione economica dal premoderno al
moderno, definito dalla metafora del decollo (take-off) verso una crescita economica autosostenuta,
evento epocale e fondamentale nella storia del mondo ottenuto grazie alla tecnologia ed ai
macchinari.
Nel corso della prima met del 900 lindustrializzazione europea era stata studiata secondo il modello
diffusivo del caso inglese, come risultato cio del cammino di sviluppo dei followers nei confronti del
first mover, i quali semplicemente impiegavano le nuove tecnologie disponibili importandole. Nuove
interpretazioni mostrano come le differenti economie europee percorsero un cammino difficile e
doloroso in una variet di modi e velocit.
Il decollo in Inghilterra il risultato (lapice) di una serie di precedenti cambiamenti e rivoluzioni che
ne costituirono le precondizioni economiche, istituzionali e culturali:
Rivoluzione agricola, incremento produttivit (nuovi metodi di coltura, rotazioni di nuove colture,
nuove forme di amministrazione agricola), liberazione di manodopera.
Rivoluzione demografica: incrementa la manodopera e la domanda.
Rivoluzione dei trasporti: mobilit, espansione del commercio locale ed interregionale.
Rivoluzione nel credito: nuove istituzioni bancarie, flussi di investimento.
Rivoluzione commerciale: nuova ricchezza, attitudini imprenditoriali, modelli di domanda e di
consumo, frontiere del commercio pi ampie.
Per Rostow il capitalismo industriale era il prodotto di una impresa libera, che era stata capace di far
leva sulla tecnologia mentre tra gli oppositori, Karl Marx & marxisti non interpretano diversamente
sottolineando il carattere di sfruttamento che caratterizza il capitalismo borghese, la ricchezza dei
ricchi deriva dallo sfruttamento dei poveri.
Una debolezza centrale del modello unico la difficolt di misurare o datare il momento preciso del
decollo nei diversi paesi: i critici insistono sul fatto che i modelli di sviluppo moderno sono stati
diversi per ogni paese, presentano continuit col passato.
Le rivoluzioni industriali vengono quindi considerate come processi pi ampi di cambiamento
economico, dove linsediamento dei primi settori industriali sia conseguenza che causa di profondi

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cambiamenti strutturali e lindustrializzazione non pi vista come linevitabile apice di tutte le


precedenti forme di crescita, ma come qualcosa di radicato nelle circostanze e contesti dellInghilterra.
Linterpretazione sociologica dellindustrializzazione precoce inglese non convince perch:
non esistono ancora societ nazionali, n economie nazionali (sono il prodotto del
moderno sviluppo economico XIX secolo) ma piuttosto regionali,
gli attributi sociali e culturali attribuiti esclusivamente agli inglesi erano invece
riscontrabili in molte parti dellEuropa,
Francia e Belgio stavano sperimentando forme di crescita economica altrettanto
dinamiche, anzi sembra che le innovazioni tecnologiche delleconomia inglese fossero state stimolate
dalla necessit di stare al passo.
Il cambiamento di prospettiva sta nel liberare la storia economica del XVIII secolo dallombra delle
rivoluzioni industriali, mettendo in luce cambiamenti propri di questo secolo nelle relazioni
economiche tra lEuropa ed il resto del mondo: nascono le basi di una economia mondiale,
conseguenza dei cambiamenti nelle economie europee e dellespansione economica europea nel
mondo noneuropeo.
1.2 LO SVILUPPO ECONOMICO EUROPEO NEL XVIII SECOLO: I TEMI CENTRALI
Il secolo uno spartiacque per il passaggio dall Europa medievale a quella moderna e
contemporanea. Il processo centrale la CRISI E COLLASSO DELLA STRUTTURA
ISTITUZIONALE, CULTURALE, POLITICA ED ECONOMICA DELLANCIENT REGIME (termine
introdotto dopo la rivoluzione francese del 1789 per descrivere il periodo dellignoranza e della
superstizione precedente allIlluminismo). La rivoluzione francese costitu una rottura col passato
minore di quanto sembr, trovando infatti le sue radici nella grande rivoluzione scientifica del secolo
precedente, e mostrando i segni del nuovo cosmopolitismo che port gli europei a contatto gli uni con
gli altri, ed il vecchio mondo europeo in pi stretto contatto sia con lOriente che con il nuovo mondo.
Il secolo non fu realmente il periodo dellIlliminismo, i cui assertori erano in minoranza.
La storia economica europea del XVIII secolo fu contraddistinta da una nuova fase di espansione
coloniale, continuazione di un pi antico processo, che port gli europei non solo in nordamerica ma
anche verso est ed in particolare nel subcontinente indiano. Continuano quindi le lotte di rivalit tra i
colonizzatori, in particolare Francia, Spagna e Gran Bretagna per legemonia navale e commerciale sia
in Atlantico che in India, attenuandosi dopo la met del secolo e creando nuove possibilit per il
commercio e per la produzione.
Le periferie europee (termine introdotto da Wallerstein per indicare Stati germanici, Europa
orientale e centrale, Europa mediterranea), erano coinvolte non meno dei centri nei nuovi processi
di trasformazione economica. Anzi, nellEuropa rurale laumento della domanda di prodotti agricoli
ed i nuovi incentivi alla produzione produssero sconvolgimenti molto prima delle rivoluzioni
industriali.
Nuove realt europee, indicatori di processi di cambiamento che diedero ununit tematica alla storia
economica europea:
GRAND TOUR, itinerario per riscoprire i luoghi dellantichit intrapreso da un numero sempre
crescente di benestanti europei settentrionali (inglesi, francesi poi anche scandinavi, tedeschi, russi),
viaggio distruzione che manifest le prime nuove forme di ricchezza (la capacit di viaggiare,
panorama nascente di cultura consumistica), e con lavanzare del secolo il retroterra sociale si allarga.
I viaggi sono resi possibili anche dalla cresciuta stabilit politica del continente europeo, e sono parte
di un processo pi ampio di esplorazione e scoperta allinterno del continente, opera dei governanti,
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responsabili dei primi tentativi di riorganizzazione amministrativa secondo il principio Illuminista


che la P.A. dovesse basarsi sui principi della ragione.
La premessa che il governo razionale possibile solo quando la P.A. possiede una conoscenza
accurata delle condizioni della societ, dellagricoltura, commercio e dei produttori: i governi
cominciarono a raccogliere e comprare dati ed informazioni su scala senza precedenti (aiutati dalla
nuova scienza della statistica).
Tra i principi riconosciuti c quello della forza creativa della libera impresa, per la quale serviva la
rimozione delle tradizionali restrizioni che ostacolavano luso della terra come propriet privata
(diritti feudali) e dei privilegi e monopoli corporativi (tasse sul commercio interno), avvenuta solo nel
1800.
1.3 LEUROPA AGRARIA
Nel XIX secolo la schiacciante maggioranza degli europei era occupata nellagricoltura, la produzione
serviva a soddisfare il fabbisogno delle famiglie dei contadini e dei proprietari, i raccolti erano scarsi e
gli agricoltori vulnerabili ai disastri naturali e metereologici e nessun surplus veniva distribuito nel
mercato,
Le regioni pi orientate al commercio erano: Germania orientale e Polonia (cereali), Francia
settentrionale. In Olanda, nei polders, si praticava agricoltura mista intensiva (arativa, casearia ed
allevamento) per il commercio, come anche nelle Fiandre (paesi bassi meridionali). Ricco e fertile
anche il complesso di terre irrigate nella bassa Lombardia a sud del Po.
I metodi di coltivazione non cambiarono di molto lungo il secolo, ed anche cambiamenti semplici
(aratri migliori, falci con forme diverse) portarono una maggiore produttivit. Quando verso la met
del secolo i prezzi salirono, incoraggiarono un aumento della produzione, ottenuta principalmente
aumentando la superficie coltivata o adottando colture pi abbondanti e affidabili come la patata ed il
granoturco. I prezzi furono per pellagra (alimentazione basata esclusivamente sul granoturco,
deficienza di vitamine), distruzione dei terreni boschivi con problemi di erosione del suolo, e
usurpazione delle common lands, da cui dipendeva il sostentamento di molte comunit rurali.
La geografia economica era un mosaico di sistemi commerciali locali, regionali ed interregionali, e
raramente coincideva con la geografia politica: In Francia coesistevano 3 sistemi distinti (meridionale
mediterraneo, settentrionale manufatturiero, occidentale atlantico), in Spagna Cadice e Siviglia si
contendevano il primato del commercio con le Americhe, la Catalogna aveva vocazione mediterranea
e lentroterra circuiti pi chiusi e frammentati. I territori della monarchia asburgica avevano coesione
persino minore.
La geografia tagli anche molte regioni da tutti i contatti, come le comunit montane oppure in
pianura per la mancanza di strade percorribili o per il costo troppo alto dei trasporti di merci (per
ovviare agli alti prezzi scozzesi ed irlandesi decisero di distillare il grano per farne whisky). I fiumi ed
il mare erano la rete di comunicazione pi veloce e sicura: Bologna per esempio rimase unimportante
esportatrice di seta grazie alla sua vicinanza al Po.
Tra i privilegi urbani che subordinavano gli interessi dei produttori rurali a quelli dei consumatori
urbani, cerano le associazioni e corporazioni che avevano il diritto di comprare a prezzi fissi merci di
prima necessit, mentre severi controlli sulle manifatture stavano a significare che le citt godevano
di monopolio su molte forme di produzione artigianale.

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il periodo in cui nasce la povert urbana: le citt sono un magnete per gente in cerca di lavoro e cibo
dalle aree rurali soprattutto durante periodi di carestia o mancanza di raccolti. I governanti
costruirono in risposta case per i poveri (monumenti alla benevolenza), sollecitati dai riformatori a
colpire invece il problema alla radice eliminando i privilegi ed i vincoli interni al commercio tipici
dellancient regime, denunciando anche i vincoli imposti allagricoltura da privilegi feudali e
consuetudinari, e della propriet privata della terra e premondo per la liberalizzazione del commercio
interno, specie per le merci di prima necessit, logica accettata nel 1754 dalla monarchia francese che
emise i primi decreti in questo senso, lasciando comunque insoluti molti ostacoli.
In alcuni Paesi il feudalesimo sopravviveva sottoforma di tasse, mentre in Europa continentale gran
parte della popolazione era ancora soggetta alle istituzioni della schiavit del feudalesimo: la Polonia
e lEuropa dellEst offrono un caso di tardiva reazione feudale, dove i proprietari terrieri, per
compensare limpatto della caduta dei prezzi di esportazione dei cereali, avevano aumentato gli
obblighi delle esazioni feudali. Questa tardiva servit della gleba assecond la crescente domanda di
importazione di cereali dellInghilterra.
Gli Illuministi perdendo di vista il fatto che il feudalesimo agrario era nato per bilanciare e
riconciliare i differenti interessi economici e sociali della societ rurale, il termine per loro arriv a
simboleggiare tutti i difetti dellancient regime europeo. Ogni propriet feudale era invece soggetta
ad una variet di usi collettivi ma sono i crescienti interessi commerciali che spingono i proprietari
terrieri ad espropriare la terra pubblica (common lands).
Uno dei segnali di cambiamento pi critici delle economie rurali del XVIII fu la crescita costante della
terra privata a spese degli usi collettivo. Per i riformatori, qualsiasi uso collettivo delle propriet era
offensivo, perch violava il principio dei diritti di propriet. Il processo di privatizzazione mise in
conflitto gli interessi ma mut anche un delicato equilibrio ecologico: le pecore, passando
stagionalmente per i terreni, li fertilizzavano.
Questo processo si era sviluppato precocemente in Inghilterra verso la met del XVII secolo, e fu
mantenuto durante il secolo successivo incoraggiato dalla crescente domanda commerciale di
prodotti e dallo sviluppo di nuovi principi di coltivazione e di conduzione aziendale. In questo
contesto, la classe di contadini piccoli proprietari terrieri viene rimpiazzata da una classe pi
danarosa di fittavoli, e da lavoratori agricoli non proprietari, che dipendevano dai salari guadagnati
nelle fattorie.
La mancanza di unampia classe di agricoltori contadini, insieme alla nascita dellagricoltura
intensiva (sviluppo di vaste aziende agricole affidate ad amministratori professionisti per
massimizzare la produzione per il mercato) sono le caratteristiche peculiare dellagricoltura inglese
del XVIII secolo, processo che porta alla ristrutturazione della societ rurale, con una classe pi stabile
di fittavoli che rimpiazza le propriet contadine pi precarie, dove il surplus di popolazione si
muoveva verso le citt, che si andavo rapidamente espandendo. In questo contesto (come nella
Repubblica Olandese) dove i proprietari terrieri erano meno legati o dipendenti dalla terra di quanto
lo fosse la classe contadina, ma pi liberi di farne luso che volevano, i nuovi metodi di coltivazione
sono intordotti pi facilmente che altrove. Sono i primi segnali di unagricoltura capitalista.
Anche per lagricoltura lEuropa del XIX secolo fu un mosaico di realt regionali contrastanti ed i
divari che separavano le regioni con produttivit pi intensive dal resto erano crescenti, si iniziava a
far sentire limpatto crescente di una economia di mercato.
1.4 LENIGMA DEL XVIII SECOLO: LA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA

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La rottura con tutti i precedenti modelli di sviluppo demografico, fu la causa della nuova domanda
che incoraggiava la produzione destinata al commercio nellEuropa rurale.
Durante la prima met del secolo i prezzi dei cereali continuarono a cadere nonostante la rapida
ripresa dei livelli di popolazione dopo la crisi del secolo precedente: la produzione raggiunta con i
metodi intensivi, superava la domanda.
La popolazione dellEuropa moderna stava seguendo il cosiddetto grafico a sega: appena la
popolazione cominciava a crescere si verificavano crisi di sussistenza, carestie, malattie e morte. Nel
XVIII secolo invece vi furono crisi, ma la ripresa fu sempre rapida e la lunga curva di espansione le
cui cause sono sconosciute rimase ininterrotta.
La mortalit infantile rimase alta e la morte era una relat sempre presente anche per gli europei pi
agiati, in particolare se bambini. I nuovi modelli di espansione si spiegano in termini di grappoli di
differenti sviluppi che concernevano diverse regioni in tempi ed intensit differenti come lapparente
scomparsa delle grandi epidemie (XVII peste, XIX colera), non certamente dovuta al miglioramento
delligiene e della medicina il cui impatto sullaspettativa di vita rimase trascurabile fino ai primi del
XIX secolo).
La pi probabile spiegazione dellespansione la tendenza a matrimoni precoci, e perci a pi alti
tassi di natalit tra le classi intermedie.
1.5 LA CRESCITA DEL COMMERCIO
Interno
LEuropa del XVIII secolo vide una continua espansione del commercio locale ed interregionale. Le
aziende agricole dovevano soddisfare i bisogni di un numero crescente di persone non occupate
nellagricoltura che viveva nelle citt limpulso alla crescita economica era quasi direttamente
proporzionale alla vitalit dei centri urbani.
Negli Stati Germanici solo due citt, Berlino ed Amburgo, avevano una popolazione superiore ai
100.000 abitanti, e meno del 4% della popolazione della monarchia asburgica viveva in centri con pi
di 10.000 abitanti. In Italia lespansione demografica si concentr nei centri rurali, con leccezione di
Milano. Al sud Napoli primeggiava con 400.000 abitanti a met del secolo. I tassi pi veloci di
espansione si ebbero in quelle regioni dove la crescita economica era pi dinamica: i paesi Bassi
meridionali, la Repubblica Olandese, molte regioni francesi, la bassa Renania, il Regno Unito.
Molti governi cercarono di promuovere il commercio migliorando la rete di trasporti, come i canali in
Francia. In Gran Bretagna si svilupp un sistema per attrarre gli investimenti privati nella
costruzione di strade, con il recupero dei costi mediante il pedaggio sul traffico. Per la maggior parte
delle regioni europee comunque i mercati locali rimangono isolati fino allepoca delle ferrovie, e la
cresciente domanda commerciale privilegia i circuiti favoriti da condizioni geografiche, con laccesso
a porti marittimi o a corsi dacqua navigabili.
Fu per mare infatti che crescienti quantit di prodotti e materie prime cominciarono ad avviarsi ai
mercati stranieri: le piccole imbarcazioni costiere che dal baltico al mediterraneo convogliarono vaste
gamme di merci, furono spesso lunico mezzo mediante il quale i produttori locali potevano
raggiungere i mercati extraregionali. Il commercio su lunghe distanze costitu una percentuale del
commercio europeo molto minore di quello svolto dal pi modesto naviglio costiero. Queste attivit
costituirono inoltre il fondamento per la comparsa di numerosi porti che offrivano una base ai gruppi
di mercanti.
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Il commercio internazionale
Fino al 1800 la grande massa del commercio europeo avveniva allinterno dei confini europei, anche
se lespansione del commercio transatlantico fu un sorprendente indicatore della vitalit
dellespansione economica europea, e diede un contributo essenziale al processo di accumulazione di
capitale che rese possibile la successiva espansione economica e lindustrializzazione dellEuropa
(Immanuel Wallerstein sostiene che le grandi scoperte del XV secolo diedero vita ad un sistema
economico mondiale il cui asse originario era lImpero spagnolo, che mise insieme il vecchio ed il
nuovo continente).
Alla fine del XVII secolo il commercio non-europeo incideva meno del 10% sul giro daffari
commerciale londinese, in rapida crescita, e su quello di Amsterdam. Nel 1720, quando il commercio
atlantico andava a gonfie vele, le esportazioni inglesi verso le colonie americane incidevano per meno
del 50% sul valore delle esportazioni nel mediterraneo. Queste colonie offrivano ai mercanti europei
preziose materie prime ma poche opportunit commerciali.
Allinizio del XVIII secolo le nuove colonie europee oltreoceano erano ancora limitate alla costa
atlantica, penetrando nellentroterra sono in presenza di corsi dacqua navigabili, come in Canada o
nel New England. Fino ad allora infatti, n la Spagna n alcunaltra potenza europea aveva risorse e
manodopera necessarie per la monopolizzazione dei vasti territori del Nuovo Mondo (Fernand
Braudel).
Nelle due Carolina, nel Maryland, Georgia e Louisiana e pi a sud nei Caraibi e nel Sud America,
lInghilterra, la Repubblica Olandese, la Francia e la Spagna si contesero per tutto il secolo una
posizione vantaggiosa, sviluppando economie da piantagioni per la coltivazione del tabacco, sul
modello delle piantagioni di canna da zucchero nei Caraibi.
Gli Olandesi primeggiavano sul trasporto marittimo grazie alle capacit tecniche della loro Fluitship,
che trasportava grossi carichi pi velocemente delle concorrenti. Nella seconda met del XVII secolo
la flotta olandese eguagliava in tonnellaggio le flotte mercantili dellInghilterra, Portogallo, Francia,
Spagna e Germania messe insieme. I produttori fornivano inoltre merci pi competitive: nel 1700
Amsterdam era la citt commerciale ed il centro finanziario pi importante al mondo.
Alla fine del XVII britannici e francesi cominciarono a soppiantare gli olandesi nel commercio con il
nord America: entrambi i paesi avevano adottato una legislazione monopolistica per escludere gli
stranieri dal proprio commercio coloniale. Leconomia olandese iniziava a perdere slancio, i centri
manufatturieri non riuscirono ad adattarsi alla domanda del XVIII secolo di stoffe pi leggere, e i
pesanti costi di prosciugamento delle terre causarono problemi inflazionistici.
Il caso olandese mostra come la vitalit delleconomia interna fosse una condizione essenziale per
lespansione del commercio internazionale, cos come il caso spagnolo, che vede la prosperit di
Cadice, che dal 1717 controllava il monopolio del commercio spagnolo con le sue colonie americane e
caraibiche e per tutto il secolo si arricch diventando la prima citt spagnola, scomparire quando la
guerra con la Gran Bretagna priv la Spagna delle sue colonie il commercio non aveva agito da
impulso allo sviluppo o specializzazione agricola in Andalusia, o di nuove industrie o attivit
terziarie. Lo stesso in Francia, dove i porti della costa occidentale (Bordeaux, Nantes, Rochefort) si
espansero sensazionalmente nel XVIII secolo in risposta alla espansione del commercio atlantico
francese, sviluppando nuove industrie manifatturiere, di trasformazione, e specializzazione agricola
(viticoltura), per non sopravvissero alla perdita dellimpero coloniale con le guerre napoleoniche.

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Le principali battaglie commerciali e politiche tra Francia e Gran Bretagna si combatterono


nellAtlantico, nonostante vi fossero importanti differenze strutturali nel commercio su lunga
distanza dei due paesi: come gli olandesi si affidavano ad una progettazione nautica innovativa ma
soprattutto a nuove merci e prodotti, riuscendo a sviluppare complesse reti commerciali. La Gran
Bretagna ovvi limpossibilit di penetrare i mercati iberici e mediterranei, che imponevano pesanti
dazi dimportazione ai manufatti inglesi, commerciando in questi paesi pesce secco e salato del Nord
America, potendo incrementare cos lacquisto di prodotti agricoli dal mediterraneo senza esborso di
contante e ribilanciare la struttura del commercio britannico destinata a colmare il deficit commerciale
verso i paesi baltici, fornitori di legname e di materiali necessari alla costruzione navale.
Gli schiavi africani erano destinati alle piantagioni portoghesi del Brasile ed alle colonie dei Caraibi
che completavano il sistema commerciale triangolare: Africa (schiavi) America (prodotti coloniali
zucchero, tabacco, caff) Europa. Sistema reso pi dinamico (nonostante gli alti e bassi causati da
naufragi) quando le importazioni coloniali divennero fondamentali per le nuove industrie di
trasformazione e riesportazione nei porti britannici ed europei.
Con laumentare dellimportanza economica delle colonie, fu sempre pi difficile gestire le relazioni: i
coloni non accettavano pi i regolamenti restrittivi volti ad impedire loro di sviluppare i propri
manufatti, questi risentimenti contribuirono alla ribellione dei coloni del Nord America contro il
governo britannico.
Negli ultimi decenni del secolo, dopo la Guerra di Indipendenza, il commercio della Gran Bretagna
con le sue ex colonie crebbe ancor pi velocemente, e fu in questo periodo che le piantagioni
americane divennero importanti fornitrici della principale materia per le nuove industrie tessili, il
cotone.
Nonostante tutto, alla chiusura del XVIII secolo il 76% di tutto il commercio extraregionale europeo
aveva ancora luogo allinterno dei confini europei: solo il 10% verso il Nord America, l8% verso
lAmerica Latina e Caraibi, il 5% verso lAsia e meno dell1% verso lAfrica.
La produzione di merci in Francia nel 1700 era di 2 volte e mezza superiore a quella della Gran
Bretagna, e per entrambi i paesi non va esagerata limportanza del commercio atlantico. La rapida
crescita di nuovi mercati di consumo fu un riflesso importante della diffusione di nuove forme di
ricchezza tra sezioni sempre pi ampie di elites europee, ricchezza non reinvestita ma usata in stili di
vita urbani che aiutarono a sviluppare mode, idee ed attitudini culturali e nuove forme di mobilit
fisica (grand tour). Come si muovevano le persone, cos si muovevano le idee ed i confronti.
Il commercio coloniale contribu anche allo sviluppo ed espansione di una nuova cultura commerciale
e di nuove istituzioni mercantili, assicurazioni commerciali e marittime, allespansione del credito ed
alla nascita di nuovi mercati commerciali e finanziari. Incoraggi lespansione di una variet di
tradizionali industrie di beni di consumo e nuove industrie, come quella della birra, o pi
direttamente quella delle costruzioni navali. Tra gli effetti quello pi sensazionale fu la diminuzione
dei costi di trasporto su lunghe distanze.
Il commercio estero in generale e quello coloniale in particolare, rivestirono un ruolo importante
quindi nellespandere la capacit del mercato di fornire beni di consumo, ma non spiega la
contemporanea crescita della domanda di beni di consumo: molte citt portuali della costa
occidentale britannica, ma anche citt della provincia non collegate direttamente al commercio
marittimo, crebbero con rapidit sorprendente (Bristol da 48.000 a 100.000 abitanti tra il 1700 ed il
1800, Liverpool da 6.000 a 35.000).

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Il commercio estero era una condizione necessaria ma non sufficiente per la crescita economica
(Carlo Cipolla)
Il pi importante effetto del commercio estero sulle industrie interne venne dalla industrializzazione
verso il commercio non viceversa (K.P. Thomas & Donald McCloskey).
1.6 LE INDUSTRIE E LE MANIFATTURE
I Paesi Bassi Meridionali (lattuale Belgio, furono parte della monarchia asburgica fino al 1797 quando
furono invase ed annesse alla Francia)
Regione che speriment la pi dinamica e sostenuta crescita nel XVIII secolo, ricca di risorse naturali,
con una delle pi avanzate economie agricole dEuropa, innumerevoli vie dacqua navigabili che
furono estese da canali e strade che le fornirono uno dei migliori sistemi di comunicazione dEuropa
che fino al 1850 era tre volte pi grande di quello dellInghilterra.
Dai tempi antichi sono stati localizzazione di importanti centri di lavorazione dei metalli e di
produzione tessile, grazie a ricchi depositi di minerali grezzi e di carbone. Le prime pompe a vapore
vennero introdotte gi nel 1737, ma solo nel 1800 usate a gran regime. Con un sempre maggiore
ricorso alla meccanizzazione si espanse la produzione di carbone e metalli lavorati nel XVIII secolo
con lo spostamento delle piccole fornaci familiari verso centri urbani con migliore accesso ai mercati
extraregionali, trasformandosi in industrie.
Bruxelles divenne il centro amministrativo ma anche finanziario e commerciale. Anversa era il
principale porto e anche dopo la sua chiusura la citt rimase un importante centro finanziario e
commerciale rivale ad Amsterdam.
Nei Paesi Bassi meridionali si svilupparono importanti industrie del tessile, che utilizzarono
macchine a vapore dal 1799 introdotte a Verviers dallimprenditore William Cockerill, che install
anche proprie imprese di fabbricazione di macchinari che nel 1813 iniziarono a produrre le prime
macchine a vapore belghe. Altro importante centro tessile delle Fiandre era Gand, famosa per i suoi
fini tessuti di lana e di lino, e che nel corso del XVIII sub un cambiamento tipico delle nuove
economie: le stoffe di alta qualit furono rimpiazzate da nuovi tessuti pi economici e leggeri di
cotone per il Sud America. Cambiamento non per accompagnato dallassimilazione delle nuove
tecnologie che riducevano il costo e acceleravano la produzione, per le quali si aspetter linizio del
XIX secolo.
Il Belgio non sent limpulso del passaggio dalla forza umana alla macchina nonostante godesse di
tutte le risorse materiali e condizioni infrastrutturali per sostenere lindustrializzazione, la ragione era
labbondante offerta di potenziale umano adeguato a soddisfare le necessit dellindustria e
dellagricoltura, manodopera a buon mercato (lestrazione del carbone dal sottosuolo era agevole).
LOlanda al contrario non godeva delle stesse risorse naturali per lindustria e la maggior parte
dellagricoltura era intensiva, le terre recuperate dal mare erano poco popolate e la maggioranza delle
industrie erano urbane. Il mercato era principalmente interno e quindi non avvert la spinta verso la
macchina. Laltra grande industria olandese era quella delle costruzioni navali, con sede ad
Amsterdam, che continuava a prosperare senza richiedere cambiamenti tecnologici.
La proto-industrializzazione (termine coniato da Franklin Mendels)
Innovazione sviluppatasi nei Paesi poveri delle Fiandre e che si andava espandendo in molte altre
regioni europee (distretti montani dello Yorkshire in Inghilterra, in molti Cantoni svizzeri, in
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Germania, Francia e Italia): percorso alternativo alla modernizzazione economica che vede la
diffusione delle industrie fuori dalle citt, nelle regioni agricole dove erano precarie le condizioni
della coltivazione. Erano forme di manifattura rurale di produzione domestica.
labbandono dei monopoli sulla manifattura esercitati dalle citt, e sebbene forme di produzione
artigianale fossero sempre esistite, linnovazione sta nel fatto che ora tale attivit era organizzata da
mercanti cittadini in vista di una produzione concorrenziale volta al mercato, utilizzando la
manodopera rurale, pi a buon mercato di quella cittadina. Il sistema centralizzato di lavoro
industriale era pi veloce, sfruttava economie di scala, operava un maggior controllo sulla qualit e
quantit, recuperi pi veloci degli esborsi di capitali, maggiore flessibilit alle mutazioni del mercato.
Tali sistemi si potevano sviluppare solo dove cera un eccesso di manodopera rurale. Per le famiglie
era una fonte supplementare di reddito, sostenuto dalle donne e dai bambini: causava forti spinte
allincremento del tasso di natalit ed al matrimonio precoce. Nel corso di alcune generazioni questo
aumento di bocche da sfamare inizi a pesare sulleconomia della famiglia, e la sovraproduzione
caus una caduta dei prezzi e quindi dei redditi.
Nello stesso tempo si acceler in tutta Europa il declino delle citt con insediamenti tessili pi antichi.
Tessuti nuovi e meno costosi soppiantavano le pi antiche e pesanti stoffe di lusso, risultato non solo
della concorrenza dei prezzi ma anche del cambiamento dei gusti e della scomparsa delle elites
tradizionali.
Altri centri europei dellattivit manifatturiera pre-industriale
LEuropa era un mosaico di vecchie e nuove regioni manifatturiere, molte delle quali mostrarono
grande dinamismo in questo secolo: in Renania, Basso Reno, Ruhr meridionale e Bassa Sassonia meno
del 20% della popolazione era occupata nellagricoltura, Berlino presentava una importante industria
serica, Svezia e Cantoni Svizzeri industrie tessili come anche nelle Province alpine, Lombardia e
Carso.
In Boemia nel 1789 pi di 400.000 (17,5% della pop.) lavoratori erano impegnati nella filatura della
lana, cotone e lino. In pi cerano 59 ferrerie, 197 fornaci, e lindustria vetraria era in espansione
(erano condizioni familiari ed il passaggio alla meccanizzazione fu lento). Boemia e Moravia
godevano di estese risorse naturali e buona manodopera, ed erano lunica parte della monarchia
asburgica che godeva dellaccesso ai mercati esterni tramite il fiume Elba.
La Catalogna svilupp un fiorente nuovo settore manifatturiero basato sulla stampatura e tintura
della tela di cotone (a Barcellona nel 1780 cerano 80 fabbriche del settore) poi esportata nelle
Americhe e nelle altre parti dEuropa e del Mediterraneo.
La breve rassegna mostra come anche senza innovazione tecnologica, nel XVIII ci siano importanti
cambiamenti nelle economie dei paesi. Lassenza di mercati elastici ed accessibili il maggior
ostacolo. La necessit di passare da stoffe pesanti a nuove pi leggere il maggiore stimolo.
FRANCIA E REGNO UNITO
Ci che fu eccezionale in Inghilterra fu la velocit di accettazione delle nuove tecnologie,
lapplicazione pratica e la rapida diffusione, che stimol la sostituzione della forza lavoro con
macchinari.
Francia e Gran Bretagna furono per tutto il secolo a pari passo per lespansione commerciale e
manifatturiera, la popolazione francese era superiore di un terzo a quella inglese, in tutti e due i paesi
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si assisteva al passaggio a stoffe pi leggere di cotone, e ad una veloce introduzione delle novit
tecnologiche in risposta ai mutamenti del mercato.
La Francia possedeva comunque un ricco patrimonio di risorse economiche naturali, ricchi depositi di
carbone e di minerali, abbondanza di legname da costruzione e duso industriale, fiumi e vie dacqua
navigabili, manodopera abbondante ed a buon mercato. Per questi motivi la meccanizzazione
sentita meno fortemente, le industrie possono espandersi senza difficolt, senza sentire le strozzature
dei concorrenti.
In Inghilterra invece la mancanza di legname e della carbonella dovuta a secoli di metodi intensivi di
coltivazione, espansione e costruzione urbana e della flotta navale porta i prezzi del legname alle
stelle. Ecco perch ebbe gran successo linvenzione di Abraham Darby, che svilupp un processo di
fusione del ferro sostituendo il carbone coke (prodotto dalla distillazione del carone fossile) alla
carbonella nel 1709, seguito dallintroduzione del suo uso negli stadi finali della produzione
siderurgica da Henry Cort nel 1784 che permise un abbattimento deciso dei costi. Nel 1800
lInghilterra produceva 200.000 tonnellate di ghisa grezza allanno, nel 1870 6 milioni, pi della met
della produzione mondiale.
Limpatto di queste innovazioni fu rivoluzionario ma graduale. La ghisa grezza di qualit sempre pi
elevata ed economica, aveva usi infiniti, le industrie metallurgiche si liberavano dalla dipendenza
dalla carbonella e dal legname e si espansero insieme a nuove industrie minerarie, industrie vetrarie
(Birmingham) e della ceramica. Si iniziarono a sfruttare nuovi filoni minerari e tra il 1680 ed il 1780 la
produzione di carbone in Inghilterra aument del 300%, incentivando lo sviluppo della rete di
comunicazione, soprattutto canali.
I primi tessuti leggeri di cotone e di lino importati dallIndia riscossero un grandioso successo
immediato in tutti i mercati, rivoluzionando i gusti degli europei occidentali, le possibilit del
disegno sui capi di vestiario e segnando un importante progresso negli standard delligiene personale
essendo lavabili pi frequentemente. I primi sviluppi dellindustria cotoniera erano volti a limitare la
dipendenza dalle importazioni dallIndia, ma la domanda in crescita costante mise in luce diversi
problemi (lentezza della produzione domestica, alto costo della manodopera) risolti dalla
meccanizzazione della filatura (1830) con la centralizzazione di tutti i passaggi allinterno di
fabbriche. Dinamismo che svilupp tutta una serie di altre attivit, dalla costruzione dei macchinari,
allo sviluppo di reti di trasporto e fondazione di citt (Manchester).
La differenza tra lInghilterra ed i suoi vicini europei fu lesuberanza della domanda sui mercati
interni: la Francia per esempio presentava unampia popolazione contadina capace di autorifornirsi,
le citt erano piccole, il commercio era principalmente interno, le comunicazioni scarse, il territorio
ampio. In Inghilterra invece le comunicazioni erano facili ed i porti raggiungibili, lespansione urbana
era vivace e rapida: la domanda urbana di consumi era dinamica e unica in Europa, come la domanda
e produzione di birra, primo prodotto veramente di massa, destinata comunque alle classi pi povere.
Mentre in Francia e nel resto dEuropa le merci erano prodotte dalle stesse famiglie contadine per
proprio uso, oppure da unindustria che badava pi alla qualit che al volume, e che evit quindi la
meccanizzazione finche trov manodopera specializzata con salari che non riducevano i profitti, le
industrie inglesi provvedevano principalmente ai mercati di grosso volume e di basso costo,
diventando modelli di organizzazione da imitare basate sulla divisione di manodopera e sui nuovi
principi teorici di economisti come Adam Smith. Erano esempi tangibili dei valori che avrebbero
ispirato lera del capitalismo industriale: il ruolo dellimprenditore e il lavoratore come unit.

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1.7 IL RUOLO DELLO Stato


Uno dei temi centrali della prima storiografia economica collegava il precoce sviluppo dellInghilterra
alla presenza di una cultura della libera impresa, mentre oggi si enfatizza di pi limportanza delle
specifiche condizioni rurali e di mercato che incoraggiarono luso dei macchianari prima che altrove:
una delle maggiori restrizioni allo sviluppo deriv dallintervento dello Stato.
Tutti gli stati europei continuavano a seguire le politiche mercantilistiche del XVII secolo basate sul
presupposto che il volume del commercio finito e che ogni stato dovrebbe protteggersi per
assicurarsi la propria quota riducendo al minimo le importazioni straniere.
Le politiche commerciali del XVIII secolo non furono influenzate da nuove teorie economiche ma
piuttosto da necessit materiali dei governanti. Per quanto convincenti fossero in teoria i principi del
libero scambio interno, il problema stava nel trovare un modo per rimpiazzare le entrate pubbliche e
private (dazi e gabelle interni). Nel caso del commercio estero, il liberalismo andava contro la schiera
di restrizioni e barriere monopolistiche delle nazioni commerciali pi potenti.
Nel XVIII secolo fu varia la capacit statale di proteggere e promuovere lgi interessi economici al fine
di creare condizioni di stabilit e ordine. Le debolezze della monarchia spagnola e portoghese
rendevano invece sedmpre pi difficile la formazione di politiche commerciali coerenti.
2. LO SVILUPPO ECONOMICO NELLEUROPA DEL XIX SECOLO
2.1 CRESCITA E TRASFORMAZIONE DELLECONOMIA EUROPEA
Un secolo di crescita continuativa
Levoluzione economica di lungo periodo non procede mai in modo uniforme: ci sono aree
inseguitrici ed aree guida, che sfruttano efficacemente le conoscenze tecniche disponibili grazie alla
dotazione di risorse umane in grado di innovare e di utilizzare le nuove tecnologie, raggiungendo
maggiore produttivit delle risorse naturali disponibili, dai capitali e dal lavoro.
Nella ricostruzione della storia delleconomia mondiale dal Medio Evo ad oggi, Meddison individua
quattro fasi successive con diverse economie guida:
XII XVI con lItalia centrosettentrionale e le Fiandre,
1600 1750 con i Paesi Bassi settentrionali,
1750 1890 con lInghilterra,
1890 oggi USA.
La rivoluzione industriale sviluppa una posizione di monopolio per lInghilterra nel commercio
mondiale con una incredibile forza industriale a rapido progresso tecnico nella produzione tessile,
siderurgica, meccanica e utilizzo del carbon fossile. Loccupazione nellindustria aument dal 44% nel
1700 al 60% nel 1820 e all84% nel 1890, mentre quella nellagricoltura pass dai due terzi della
popolazione allinizio secolo, all8,8% nel 1910.
Gli addetti allagricoltura dei principali paesi europei e nellarea Nord-americana andarono
progressivamente riducendosi e lindustria divenne la principale fonte di ricchezza e lavoro: fu una
cesura di principale importanza con il passato dellumanit.

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Grazie agli apporti della rivoluzione agricola, industriale e dei trasporti, lEuropa si liberava dai
vincoli imposti dalla demografia e dalle limitate risorse del suolo. Il passaggio da fonti energetiche
animate ad inanimate permise una crescita inimmaginabile nei secoli precedenti.
L800 il primo secolo ad essere solamente in positivo, con crescita media annua del 2% del PIL. La
crescita economica moderna viene rapportata alla quantit di beni prodotta da un Paese. Si calcola in
termini di valore aggiunto, differenza tra il valore del prodotto finito ed il valore dei prodotti
intermedi utilizzati, la somma dei fattori di produzione impiegati: la produzione totale
approssimativamente uguale al reddito.
Il PIL misura il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti allinterno di un Paese al lordo degli
ammortamenti, sia dai cittadini che dagli stranieri (il PNL conta solo residenti). Per confrontare Paesi
diversi non basta usare il cambio monetario, ma si usa un tasso di cambio speciale, il PPP (purchasing
power parity), che tiene conto dei diversi livelli di prezzo.
I dati sulla contabilit nazionale sono utili ma non tengono conto delle performance delle regionipilota dello sviluppo e sono per questo poco utili a comprendere le origini e le dinamiche interne dei
processi di crescita. In tutte le nazioni si determinano differenze regionali nei tassi di crescita del
reddito: in Italia per esempio, nel triangolo industriale (Piemonte, Lombardia, Liguria) il reddito era
nel 1911 di un terzo superiore alla media nazionale. Differenze sono presenti anche allinterno dei
diversi settori: quindi necessario un approccio insieme macro e micro-analitico.
I CAMBIAMENTI STRUTTURALI
Con il passaggio da societ rurale e agricola a civilt industriale, il cambiamento strutturale pi
accentuato si coglie nei tassi di attivit (rapporto tra popolazione attiva e passiva, e distribuzione nei
vari settori): tutti i Paesi mostrano un incremento del tasso di attivit femminile, con passaggio
dallattivit di casalinga a lavoratrice a domicilio o occupata a tempo pieno fuori dalla famiglia.
La struttura professionale della popolazione vede una diminuzione assoluta e relativa del settore
primario (agricoltura, caccia e pesca), espansione del secondario (industrie e manifatture) e del
terziario (P.A, banche, professioni). Processo pi accentuato in alcuni paesi come la Germania, e meno
in altri come in Italia, dove nel primario dal 1881 al 1911 si scese solo dal 61,8% al 59,1% e nel
secondario si crebbe dal 20,5% al 23,6%. Il declino dellagricoltura fu tanto pi veloce quanto pi
precoce era stata la crescita.
Lincremento del reddito pro-capite saccompagn ad un calo della fertilit e del tasso di natalit e
mortalit infantile, e ad una crescita dei tassi di urbanizzazione, alfabetismo e scolarizazione.
Crebbero anche le percentuali di risparmio, investimenti ed aument il grado di apertura al
commercio internazionale.
Gli effetti della crescita sulla distribuzione del reddito sono cos ipotizzati da Kuznets: in una
primissima fase i pochi addetti ai settori moderni guadagnano molto di pi ma ad un certo punto il
trend si inverte a causa della crescita della percentuale degli addetti ai nuovi settori ed il divario di
produttivit intersettoriale diminuisce.
Schumpter ed i cicli di sviluppo
La crescita non mai stata lineare ma contraddistinta da variazioni e fluttuazioni che costituiscono la
congiuntura di strutture diverse. Gli storici hanno da sempre cercato di individuare la regolarit nelle
fluttuazioni che permettesse di prevedere gli andamenti futuri.
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Joseph Schumpeter ritiene che landamento ciclico costituisce lessenza stessa del processo di
sviluppo capitalistico, le fluttuazioni sono la conseguenza necessaria della rottura dellequilibrio
stazionario. In Business cycles (1939) individua lesistenza di tre cicli:
ciclo classico o maggiore o Juglar, fra i 7 e gli 11 anni, ripartito in 4 fasi di recessione,
depressione, ripresa e boom (a met del ciclo scoppiano le classiche crisi di sovrapproduzione),
ciclo minore o Kitchin, o congiunturale,
movimenti di lungo periodo Kondratieff o onde lunghe, durano 40 50 anni, una fase
ascendente ed una discendente.
Determinante lattivit innovativa: le invenzioni procedono in modo autonomo senza rispondere ad
un bisogno concreto, hanno una genesi scientifica e non sono rilevanti per lanalisi economica, le
innovazioni invece si sviluppano nel sistema economico e ne sono il fatto fondamentale, in risposta a
determinati bisogni, e danno vita a nuove combinazioni dei fattori produttivi.
Il motore del processo di sviluppo sono gli imprenditori innovatori, dai quali scaturiscono le
innovazioni, i nuovi prodotti e processi, i miglioramenti allorganizzazione di unimpresa, le
conquiste di nuovi mercati e nuove fonti di approviggionamento di materie prime. Guadagnano una
temporanea posizione di rendita monopolistica che li ripaga del rischio iniziale, il guadagno
differenziale viene poi gradualmente eliminato dalla concorrenza che imita e riporta il sistema ad un
equilibrio stazionario.
Nello studio delle fasi e dinamiche dello sviluppo si passati da una prospettiva di imitazione del
modello inglese alla verifica di importanti differenze per le quali si cercato un comune
denominatore, analizzando i cambiamenti economici in maniera comparativa.
Negli anni 60 Walter Rostow e Alexander Gerschenkron tesero ad edificare una vera e propria teoria
della storia economica, negando luso di modelli ciclici e proponendo interpretazioni incrementali
dello sviluppo, entrambi accentuando gli aspetti di discontinuit che caratterizzano la fase iniziale dei
processi di crescita delle economie.
Gli stadi di Rostow ed il take off
Rostow teorizza la teoria degli stadi, processo di crescita basato su 5 passi attraverso i quali ogni
nazione sarebbe dovuta passare per raggiungere uno sviluppo economico completo e presuppone che
tutte le economie soddisfino le varie fasi:
1.
Societ tradizionale, situazione pre-industriale con debole produttivit del lavoro
umano, preponderanza dellagricoltura, stretta correlazione tra popolazione e risorse, societ chiusa
ed esposta ad epidemie e carestie. Il reddito pro-capite non aumenta perch il tasso di investimento
eguaglia il tasso di incremento demografico, per levoluzione serve un aumento dei tassi di
investimento.
2.
Transizione, periodo di cambiamento, formazione di imprenditorialit e accumulo di
capitali: incremento della produzione e produttivit dellagricoltura e delle miniere che permetta di
indirizzare lavoro e capitali allindustria, sviluppo di servizi ed in particolare banche, uso efficiente
delle materie prime locali o loro importazione, esportazione di prodotti manifatturati.
3.
Decollo, processo di accelerazione economica che nel corso di due o tre decadi
trasforma leconomia portandola stabilmente ad un livello produttivo molto pi elevato di quello di
partenza. Laccumulazione del capitale e lincremento della produttivit si autoalimentano:
innalzamento tasso di investimenti al 10% del PNN (no riscontro storico), quadro politico, sociale ed
istituzionale che sfrutti le tendenze allespansione per favorire un processo generale di sviluppo,
sviluppo di settori guida, industrie leader e industrie sussidiarie, subordino dellagricoltura
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allindustria. (Gran Bretagna rivoluzione industriale, Belgio e Francia anni 30-60, Germania periodo
1850-1873, Svezia 1868-1890, Russia 1890-1914)
4.
Maturit, il processo si estende, le innovazioni si diffondono, nuove industrie
trasmettono dinamismo. Il volume degli investimenti passa dal 10 al 20% del reddito nazionale, la
produzione supera lincremento demografico ed i redditi aumentano costantemente, si destinano
maggiori risorse ai consumi.
5.
Et dei consumi di massa, modello americano, la distribuzione di una crescente quota
del potere dacquisto per i consumi spinge le imprese produttrici ad investire in processi di
standardizzazione della produzione per allargare il mercato abbassando i prezzi.
I critici notano come tale modello presenta un modello di crescita che si svolge ordinatamente
attraverso fasi in cui uno stadio deriva da quello precedente ma non spiega i meccanismi di
passaggio, le cause, e come non consideri le interazioni tra le diverse dimensioni
(internazionale,nazionale, regionale) in cui si sviluppa il fenomeno. una teoria di imitazione senza
varianti.
Gerschenkron e i vantaggi dellarretratezza
Ruolo centrale non le dinamiche di lungo periodo ma i due pi importanti stadi di Rostow: le
precondizioni e lo stadio del decollo. Studia i meccanismi che mettono i Paesi ritardatari in grado di
avviare un processo di sviluppo, introduce il concetto di arretratezza relativa al paese leader, la Gran
Bretagna, posizionando i diversi Paesi su una graduatoria di confronto con la quantit ed importanza
dei prerequisiti.
Pi le condizioni sono simili, pi probabile unimitazione veloce ed efficiente. Se invece i
prerequisiti mancano, i Paesi possono colmare le lacune con limpiego di fattori sostitutivi (il sistema
bancario in Italia). I diversi percorsi di industrializzazione derivano dai diversi livelli di arretratezza e
fattori sostitutivi.
Larretratezza ha comunque dei vantaggi: chi arriva dopo pu imitare le tecnologie senza processi di
perfezionamento e impiego di risorse in ricerca e sviluppo, utilizzando dun colpo tecnologie che
avevano impiegato oltre un secolo per arrivare a standard accettabili. Maggiore il livello di
arretratezza, pi rapido sar il ritmo di sviluppo industriale, maggiore lo sviluppo della grande
industria, la concentrazione nella produzione di beni strumentali anzich di consumo, il ruolo degli
attori istituzionali impiegati ad aumentare la velocit del processo, minore la crescita agricola e
maggiore limportazione di conoscenze tecniche e capitali stranieri.
Chi in testa non sicuro di rimanervi (declino della Gran Bretagna nella seconda met dell800), chi
pi vicino al leader pu subentrarvi, chi decaduto pu recuperare posizioni (Italia).
Il problema delle unit di analisi: Pollard e la regione economica
Dagli anni 70 si cercano di abbandonare i modelli di interpretazione univoci e lineari cercando di
evidenziare le caratteristiche peculiari di ciascun caso, incontrado per il problema dellunit di base
dellanalisi, comunemente quella nazionale (permetteva lutilizzo di cifre raccolte da autorit centrali)
si iniziavano a proporre le regioni, non necessariamente coincidenti con ununit politico
amministrativa.
The peaceful conquest (1981) mostra come la nozione di decollo si debba applicare alla dimensione
regionale, e come nel caso della Gran Bretagna la rivoluzione industriale fosse stata favorita dalla
simultaneit del decollo di numerose sue regioni. Tra le regioni cerano divari anche importanti
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(dualismo): lindustrializzazione europea si realizza in ogni nazione su base regionale, e studiando


queste si valorizzano le interdipendenze ed i rapporti funzionali.
Il contesto internazionale invece che fare da sfondo allazione del Paese ritardatario (come sosteneva
Gerschenkron), secondo Pollard interferisce con le decisioni dei singoli Paesi orientandone gli effetti
in senso positivo o negativo: il concetto del differenziale della contemporaneit, esempio tipico la
costruzione delle ferrovie con diverso ruolo nelle economie dei Paesi in rapporto alle condizioni sul
piano internazionale, oppure la guerra che incise direttamente, in un senso o nellaltro, sui processi di
sviluppo dei Paesi.
Paul David e la path dependence
La spiegazione dei mutamenti tecnologici ed istituzionali non va ricercata in leggi economiche di
portata universale ma nel percorso storico del processo in questione, per cui catene di eventi anche
casuali finiscono col delimitare il campo delle scelte alla configurazione che si venuta a determinare.
Il percorso seguito dai first comers non pu quindi essere imitato pedissequamente dai followers.
Il ruolo dello Stato
La competizione tra le diverse aree non avvenuta soltanto sul piano tecnologico e produttivo ma
anche sui sistemi di regole, sulla loro capacit di promuovere ed assecondare lo sviluppo abbassando
i costi di transizione (ricerca, diffusione e organizzazione delle informazioni, costi di realizzazione
delle innovazioni) e rendendo leconomia pi efficiente. Le istituzioni si imitano come le tecnologie, e
cambiano in rapporto alle condizioni economiche.
Douglas North teorizza il mutamento economico come risultato di un cambiamento isittuzionale
intonato alle esigenze delle attivit produttive: in Gran Bretagna il ruolo del potere pubblico nella
creazione di un efficiente mercato nazionale e nello svecchiamento delle istituzioni fu fondamentale,
il miglioramento nella definizione ed applicazione dei diritti di propriet favor lorganizzazione di
fabbrica che spinse allintroduzione di nuove tecnologie.
Questa teoria spinse ad approfondire il rapporto tra istituzioni e sviluppo economico: oltre
allimportanza di uno Stato attivo nella creazione di condizioni favorevoli, anche quella di istituzioni
intermedie come sistemi produttivi locali o distretti industriali.
Nel periodo della rivoluzione industriale le teorie in vigore erano quelle del liberalismo economico,
volto a lasciare spazio allarmonico dispiegarsi dei meccanismi di mercato (Smith e Ricardo), e quelle
interventiste basate sulla convinzione che lo Stato dovesse assicurare il suo intervento nelle vicende
economiche in quanto il mercato non era in grado da solo di garantire sviluppo.
Gi dal primo 800 si ponevano le premesse per uno Stato con attivo ruolo nel processo di
industrializzazione in Stati Uniti, Belgio, Francia e Germania, nel 1850 tali teorie iniziarono a
differenziarsi nelle loro realizzazioni: negli USA si deline il modello di Stato regolatore, in Europa
una formulazione di rapporti tra Stato ed economia anticipatrice del modello forte di Stato e della
fiducia nel big goverment che si affermeranno nelle nazionalizzazioni del XX secolo.
Il peso dello Stato nelleconomia andato quindi crescendo nel corso del tempo, i sistemi capitalistici
industriali non possono funzionare senza uno Stato che garantisca difesa e leggi.

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2.2 DINAMICHE DEMOGRAFICHE E SOCIALI. IL RUOLO DELLAGRICOLTURA


La rivoluzione demografica in Europa
Produzione e consumo sono correlati allevoluzione della popolazione e alla sua distribuzione
geografica, sociale e per fasce di et. I dati non sono precisi ma consentono approssimazioni utili: dal
1800 ed il 1914 la popolazione europea progred al ritmo dello 0,93% allanno, una vera e propria
rivoluzione demografica che cambi strutture, movimenti e comportamenti.
LInghilterra anticip le tendenze e gi nel 1740 laumento consistente della popolazione permise un
aumento della forza lavoro sia nelle campagne che nelle attivit urbane, e limpiego in nuovi settori
manufatturieri come quello cotoniero.
Il vecchio modello demografico di antico regime era caratterizzato da una combinazione di elevata
natalit (fertilit media) e mortalit, che permetteva meccanismi di autoequilibrio tra popolazione e
risorse (grafico a sega), ed un complesso di pratiche tendenti ad abbassare la fecondit femminile, e
promuovere la scelta del celibato (donne nubili 15-20%) ed i matrimoni ritardati (uomini 30, donne
25-26) cercando di evitare le crisi da scarsit di risorse dovute ad un aumento della popolazione
(trappola malthusiana). Per la prima volta nella storia dellumanit, dall800, grazie alle
trasformazioni produttive, questo meccanismo non valeva pi, si entr nella transazione
demografica: nei due secoli seguenti la crescita non conobbe pi pause o regressioni.
Dal 1800 al 1900 la popolazione mondiale crebbe del 70 % passando da 978 a 1.650 milioni, lEuropa
registr un aumento di pi del doppio, passando da 208 a 430 milioni (i movimenti migratori
contrassegnarono il secolo, gli europei contribuirono a triplicare il numero di abitanti dellAmerica
Latina e Australia, e a moltiplicare per 10 quello dellAmerica del Nord). Allinizio della Prima
Guerra Mondiale lEuropa contava 480 milioni di abitanti, tre volte la popolazione del 1750. Allinizio
dell800 una persona su 5 era europea, alla fine una su 4, e una su 3 se si contano anche gli emigrati.
Un confronto tra le densit mostra come la popolazione fosse concentrata sul continente meno esteso,
e se nella prima parte del secolo erano le aree nel Nord-Ovest dEuropa a crescere pi rapidamente,
nella seconda parte il Sud e lEst. In Italia la popolazione crebbe continuativamente nel corso del
secolo (Nord bassa natalit e mortalit, Sud alte entrambe), mentre la Francia sub un brusco
rallentamento nel secondo 800 dovuto dalla caduta del tasso di natalit.
Il nuovo modello demografico
I perni furono la caduta della mortalit e la contrazione del tasso di natalit: in una prima fase di
breve periodo la caduta della mortalit caus una crescita impetuosa, in una seconda invece la
fertilit declin ed il successivo aumento della popolazione dipese dal crescente allungamento della
vita.
La mortalit diminu rapidamente nei primi due decenni del secolo, rimase poi stabile a lungo per far
registrare una nuova caduta verso la fine del periodo. Il tasso di natalit invece diminu molto
lentamente prima di accentuare la sua tendenza a partire dagli anni 80. La diminuzione nelle nascite
rifletteva la volont delle famiglie di conservare o migliorare il proprio tenore di vita: meno figli
significava maggiore garanzia di fronte al bisogno e migliore istruzione. La natalit restava alta nelle
classi povere, che solo dopo la Prima Guerra Mondiale operarono un controllo sulle nascite.
Scomparsero le grandi crisi di mortalit, cicli di carestia (eccezione crisi della patata in Irlanda 18451850) ed epidemie, virulenze e malattie infettive (progressi scienza medica, vaccino antivaiolo,
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rivoluzione microbica di Pasteur, ospedali asettici, aspirina, anestetici), le difese immunitarie


aumentarono grazie ai miglioramenti alimentari ed igienici (risanamento e modernizzazione urbana,
sistemazione fognature, eliminazione cloache, ampliamento strade, costruzione reti idriche).
Il fondamentale cambiamento del XIX secolo che n la fecondit n la mortalit delle popolazioni
europee dipendevano pi dalle disponibilit alimentari: tra popolazione e risorse il feedback divenne
positivo, incremento demografico ed innovazioni tecnologiche andavano di pari passo.
La rivoluzione agricola fece fare un balzo alla redditivit della terra (rotazioni pi efficienti,
allevamenti, concimi, prime macchine agricole) permettendo di produrre di pi con meno addetti,
soddisfando nuovi bisogni e liberando un quota di lavoratori agricoli a vantaggio delle attivit
industriali e urbane.
Rivoluzione agricola ed industriale consentirono di migliorare in quantita e qualit lalimentazione.
La rivoluzione nei trasporti e lallargamento dei mercati ruppero lisolamento di molti territori e
limitarono le crisi di sussistenza: le cadute produttive potevano essere compensate dalle
importazioni.
La vita si allungava, dalla media dei 30 anni sal nel corso dell800 ai 40 anni e tocc i 50 nel 900,
maggiormente negli strati sociali che pi beneficiavano del progresso materiale e scientifico.
Laccresciuta consistenza delle fasce centrali della popolazione, quelle detentrici del potenziale
riproduttivo, si riflesse sul tasso di fecondit generale, provocandone un incremento.
Le aspettative di vita variavano vistosamente a seconda del mestiere esercitato o dello status di
appartenenza: la malnutrizione, la mancanza di igiene nelle abitazioni e luoghi di lavoro, la mancanza
di cure diminuivano la resistenza fisica dei ceti popolari, soprattutto dei lavoratori urbani, ma anche
agricoli.
Urbanesimo, migrazioni e colonizzaizoni
La concomitanza dellespansione demografica e delle trasformazioni economiche, determin una
ridistribuzione geografica e professionale della popolazione: lindustrializzazione procedette di pari
passo con lurbanizzazione, gli spostamenti verso le citt aumentarono con lintroduzione di nuove
tecnologie volte a limitare luso umano nelle campagne e con la crisi del lavoro a domicilio. La
ferrovia aiut lo spostamento massiccio.
Dal 1851 al 1914 la percentuale degli abitanti delle citt sulla popolazione pass in Gran Bretagna dal
48 al 73%, in Francia dal 25,5 al 44.2%. Dalle 23 citt con pi di 100 mila abitanti nel 1800, un secolo
dopo se ne contavano in Europa 135. Sotto la spinta dellindustrializzazione e della rivoluzione dei
trasporti si svilupparono sia piccoli centri che importanti citt e metropoli gi da tempo al centro delle
rispettive economie nazionali (Londra, Parigi).
Industrializzazione signific anche perfezionamento dei sistemi idraulici e gasdotti per
lilluminazione, le citt inglobarono le periferie e i centri si svilupparono in altezza, creando nuovi
posti di lavoro. La tendenza un regresso del settore primario, espansione del secondario e del
terziario. Ad eccezione della Gran Bretagna, tutte le societ restarono comunque a predominanza
rurale per buona parte dell800.
Una linea interpretativa di scuola Marxista capeggiata da Eric Hobsbawm ha messo in evidenza il
deterioramento degli standard di vita nel passaggio allet industriale, mentre una corrente
neoliberista di Max Hartwell sottolinea un effetto positivo.
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Lindustrializzazione rappresent sicuramente quartieri dormitorio senza acqua e luce o servizi


igienici e si accompagn a durissimi orari di lavoro in ambienti malsani e promiscui, ma signific
anche liberazione da carestie e miseria, nuove opportunit di miglioramento sociale e culturale.
La met del secolo segn linizio della pi grande migrazione di popoli nella storia, ad opera della
popolazione rurale sotto la spinta della pressione demografica e delle avverse congiunture. Non si
tratt solo di un fenomeno europeo ma furono certamente questi gli attori principali, che, disponendo
di un territorio di circa 700 miglia quadrate (lEuropa), finirono per colonizzare e controllare ben 8
milioni di miglia quadrate, moltiplicando di 9 volte la superficie controllata.
Nonostante fenomeni di migrazione interna, il fenomeno dominante divenne quello dellemigrazione
extracontinentale e permanente. Tra il 1821 ed il 1914 una cifra tra i 46 ed i 51 milioni di persone
lasciarono lEuropa verso altri continenti: Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Brasile,
Argentina.
La migrazione fu favorita dalla rivoluzione dei trasporti marittimi e dagli stessi governi che
cercavano di alleggerire il mercato del lavoro nazionale e garantire il livello dei salari. Il governo
inglese stanzi nel 1869 5 milioni di sterline per lemigrazione. Inizialmente la maggior parte degli
emigranti erano inglesi, ma dagli anni 40 il fenomeno interess lIrlanda (patata 1847), Germania, ed
Europa centro-meridionale pe difficolt nelle economie.
Tali spostamenti di popolazione determinarono cambiamenti nelle economie dalluna e dallaltra
parte, e mentre le campagne europee si decongestionarono, le economie del nuovo mondo ricevettero
importanti vantaggi: le partenze dei pi giovani fecero crescere il tasso di natalit nei Paesi
daccoglienza, e ne modificarono i caratteri sociali e culturali, fondando comunit a base etniconazionale che si fusero lentamente alla massa. Il melting-pot si rivel una delle chiavi dello sviluppo
statunitense, e la pi drammatica vicenda demografica nella storia della popolazione europea si
tramut in una fondamentale componente del cammino verso la modernizzazione.
Le trasformazioni del settore agricolo
Nonostante il ridimensionamento del settore agricolo sia uno degli aspetti pi vistosi dello sviluppo
economico europeo, lagricoltura ha continuato a giocare un ruolo fondamentale nel proocesso di
crescita economica moderna. Le trasformazioni del settore agricolo precedettero ed accompagnarono
lavvento delle societ industriali e permisero di alimentare una popolazione sempre pi numerosa
ed urbanizzata incrementando produzione e produttivit.
La domanda di prodotti agricoli inferiore di quella di manufatti e servizi, e sul consumo di generi
alimentari influ il rallentamento nella crescita della popolazione. Da una dieta basata su cereali e
vegetali si pass inoltre ad una dieta basata su carni e prodotti zootecnici.
La produzione agricola crebbe comunque costantemente o per la crescita dei fattori (lavoro, capitale e
terra) con interventi di bonifica in Olanda ed Italia bilanciate dalla perdita per lindustrializzazione,
lavori di irrigazione dei terreni aridi e di calcinatura dei terreni acidi, oppure per la crescita della loro
produttivit (land-saving) o della produttivit del lavoro (labour-saving).
Nel XIX secolo si registr un costante progresso nella qualit delle colture: rotazione continua con la
sostituzione del maggese (periodo di riposo del terreno) con le leguminose, la maggiore dotazione di
bestiame aumentava la quantit di letame per la concimazione, si introdussero specie pi adatte al
clima e ai terreni e pi resistenti ai parassiti, si svilupparono prodotti chimici fertilizzanti.

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Anche gli attrezzi in ferro vennero perfezionati (falci, aratri) e comparvero le prime macchine
sostitutrici del lavoro umano (trebbiatrici, sgranatrici del cotone, mietitrici, mietitrebbiatrici, trattore
negli anni 90) dove la manodopera era scarsa e quindi cara lagricoltore era spinto a meccanizzarsi,
dove invece la pressione demografica restava forte, questo non era spinto ad aumentare il suo
capitale. Le caratteristiche dei suoli determinavano inoltre le diverse tipologie di attrezzi e
macchinari.
Il tasso di crescita della produzione, maggiore di quello della popolazione permise, grazie alla
rivoluzione nei trasporti, di eliminare le crisi di sussistenza e di migliorare lalimentazione delle
masse popolari.
1877-1896 grande depressione, crisi agraria per la concorrenza con i prezzi dei prodotti esteri grazie
alla rivoluzione dei trasporti. Tutti i prezzi calarono, specie dei vegetali e dei cereali (grano). La
reazione fu una forte spinta alla politica protezionistica, ed un passaggio allallevamento.

2.3 IL PROCESSO DI INDUSTRIALIZZAZIONE EUROPEA


LInghilterra e lEuropa continentale
La rivoluzione industriale (met 700 primi decenni 800) segn linizio di una nuova era nella storia
delluomo. Fu leffetto di una serie di innovazioni convergenti nellagricoltura, commercio, trasporti e
industria. Il fondamentale fattore fu il rapido incremento della capacit produttiva grazie allutilizzo
di tecniche sofisticate e lo sfruttamento di nuove fonti energetiche.
La disponibilit di beni e servizi crebbe in misura inimmaginabile, i beni aumentavano pi
rapidamente della popolazione, gli standard di vita migliorarono e la vita economica conobbe
continue trasformazioni ed accelerazioni.
Lindustrializzazione si imposta, dal secondo 800, come condizione necessaria alla crescita e fin con
lidentificarsi con lo sviluppo: dal 1820 al 1980 il prodotto lordo dei Paesi industrializzati cresciuto
di 60 volte, la popolazione di 4, il prodotto pro capite di 13, la produttivit del lavoro di 20,
producendo immensi con i Paesi non industializzati.
Le vie dellindustrializzazione furono molteplici, sia per il peso dei percorsi di sviluppo precedenti,
sia perch il quadro generale sub profondi mutamenti dopo la rivoluzione industriale inglese.
Edward Wrigley individua lelemento decisivo nellutilizzo dellenergia derivante dal carbon fossile,
abbondante a buon mercato e su vasta scala, un miracolo insperato, un dono della sorte il cui
rendimento stato massimizzato dal contesto inglese, dove cera lopportunit di fare profitti
vendendo di pi a prezzi pi bassi, il che forniva un forte incentivo a cercare fonti di energia potenti e
macchine sempre pi automatizzate per aumentare il flusso dei prodotti e contenerne i costi. I mercati
a loro volta si erano ingranditi ed il processo era capace di autoalimentarsi.
La rivoluzione industriale si estese ben presto a tante altre regioni del continente dove sviluppi
anteriori di lungo periodo avevano preparato il terreno, una serie di cambiamenti intervenuti
nelleconomia e nella societ europea a partire dai secoli centrali del Medioevo, lenti progressi
nellagricoltura, nellindustria, allargamento delle relazioni commerciali. Il processo ebbe poco
riguardo per i confini politici: i Paesi avevano radici comuni ed erano soggetti allo stesso clima.
Quattro indicatori dello sviluppo economico europeo dal 1800 al 1913 sono la produzione di ferro e
ghisa, il consumo di cotone, la produzione di carbone e i km di rete ferroviaria.
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Dallespansione allo sviluppo.

LETA DELLE MACCHINE, DEL CARBONE E DEL VAPORE


Uno sforzo convergente e comulativo: il tessile
La tecnologia associata con lo sfruttamento di nuove fonti di energia fu il fattore chiave
delleccezionale cambiamento europeo. Molte importanti innovazioni erano comunque state fatte
anche in precedenza nelle industrie tradizionali (lavorazioni della porcellana, sbiancatura al cloro e
processo di produzione della soda nel settore chimico, in Italia macchine per la filatura ad energia
idraulica nellindustria della seta) e gli inglesi inizialmente imitarono tali tecnologie: ci che mut nei
cambiamenti fu la continuit e la velocit del fenomeno.
I benefici in termini di reddito pro capite si verificarono solo quando il progresso tecnico si estese a
tutti i settori. La produzione di fabbrica non soppiant il sistema domestico o di piccoli laboratori
protoindustriale ma nuovi macchinari trovarono spazio nelle case.
Nella modernizzazione delle economie europee le macchine ebbero un ruolo chiave: consentirono di
aumentare la produttivit cio la produzione per lavoratore e per unit di tempo. Produssero un
effetto valanga: la messa a punto in un settore di una macchina a forte produttivit creava strozzature
in un altro settore a monte o a valle, che stimolavano ingegneri e tecnici a scoprire nuove soluzioni: il
progresso assumeva unespansione illimitata.
Nel settore tessile il punto critico era la meccanizzazione della filatura: linventore del filatoio
meccanico fu Richard Arkwright, al quale nel 1764 si accompagn linvenzione della spoletta volante
di James Heargraves. Negli anni 1780 la macchina divent a vapore e permise di filare 100 libbre di
cotone in 300 ore di lavoro contro le 5 mila del lavoro a mano. Erano comunque macchine costose che
molti imprenditori non erano in grado di acquistare (solo nel 1815 la filatura divenne davvero
meccanizzata).
La tessitura rimase a mano fino al 1820 quando la meccanizzazione fu spinta dai progressi della
filatura. Si afferm luso del cotone per la facilit di colorazione e lavaggio, elasticit dellofferta di
materia prima, adattabilit della fibra ai processi di meccanizzazione molto pi che la lana.
Il paradigma del carbone
A segnare il cambiamento fu per il passaggio ad un nuovo paradigma energetico: il carbone.
Prima la potenza europea derivava dalla buona ripartizione del manto forestale, era la civilt del
legno, che consumava circa 200 milioni di tonnellate di legna lanno, a fine 700 in alcune regioni
industriali francesi la deforestazione raggiunse livelli altissimi con gravi ripercussioni sullambiente e
rincari del combustibile. In Inghilterra gi dal 600 lalto costo del legname, laumento della
popolazione e la casuale disponibilit del fossile condussero alla progressiva adozione del carbone
come energia termica. Nel 700, la vicinanza dei giacimenti al mare nonch lo sviluppo di una rete di
canali a questo scopo, permisero di distribuire carbone con facilit (nel 700 si estrassero 3 Mt di
carbone contro le 800 mila tonnellate del resto del mondo).
Nel 1709 Abraham Darby, proprietario di una ferriera, produsse ghisa usando il fossile riscaldato ad
alta temperatura in assenza di aria, che liberava in forma gassosa le impurit lasciando un prodotto
spumoso e leggero, il carbon coke, utilizzato della lavorazione del ferro liberandola dalla dipendenza
del sempre pi scarso carbone di legna. Tra il 1760 ed il 1790 il procedimento al coke sostitu quello a
carbone di legno.
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Innesc un circolo virtuoso tra espansione del consumo di fossile, sviluppo della meccanica, decollo
della siderurgia, meccanizzazione dei trasporti, ulteriore domanda di carbone: spinta propulsiva che
si esaur solo verso fine 800. Il carbone sostenne lo sviluppo e facilit lindustrializzazione di regioni
ricche di miniere.
Le innovazioni fondamentali derivarono dalla combinazione di genio creativo e desiderio di
abbassare i costi, arrivando prima della affermazione dei principi fisici su cui si basavano, ed il loro
successo dipese spesso dalla disponibilit di innovazioni complementari: James Watt, padre della
meccanica a vapore, avvalendosi dei macchine perforatrici, miglior enormemente lefficienza
energetica e introdusse innovazioni a questa macchina che divenne il simbolo delle tecnologie della
rivoluzione industriale inglese.
La meccanizzazione dei trasporti apr una nuova fase della civilt ma anche un capitolo nuovo nella
storia dellenergia: quello della sua distribuzione, con piroscafi e ferrovie che trasportavano energia
fossile anche dove non ne esistevano dotazioni, diventandone grande consumatore.
Per tutto il 700 la forza motrice per eccellenza rimase comunque lenergia idraulica anche in
Inghilterra, e la definitiva affermazione della macchina a vapore avvenne tra il 1800 ed il 1850 grazie
ad una serie di innovazioni. In questo cinquantennio la macchina fece pi per la scienza di quanto
questa non abbia potuto fare per essa, determinando la nascita della termodinamica e contribuendo
allelaborazione del concetto di energia.
Dotazioni di risorse e combinazioni energetiche
Il modello energetico instauratosi in Inghilterra era plasmato sulla dotazione di risorse del Paese:
energia idraulica diffusa (utilizzata dalla meccanizzazione tessile) e abbondanza di energia fossile
trasformabile in energia meccanica.
Con i miglioramenti introdotti nel primo trentennio dell800 il vapore divenne conveniente e fu
addottato nelle attivit pi diverse, anche in miniere e ferriere che necessitavano di intensit di
energia superiori. Carbone e vapore non fecero dunque la rivoluzione industriale ma ne permisero lo
straordinario sviluppo e diffusione.
Gli altri Paesi non imitarono pessidequamente lo sviluppo inglese ma ogni realt adott tecnologie
congeniali alla propria dotazione di risorse, modificandole ed adattandole alle proprie specificit.
Acqua, legname e carbon fossile, carbone di legna e coke si combinarono in vario modo per
soddisfare le esigenze di energia dei diversi Paesi e regioni.
Il binomio tessileenergia idraulica oper quasi ovunque nella prima met dell800, il vapore sostitu
la ruota idraulica solo dove il carbone era pi abbondante (Belgio) o quando se ne scoprirono
giacimenti rilevanti (Germania, Usa), gli altri Paesi, sprovvisti di carbone, dovettero aspettare la
rivoluzione dei trasporti per poter disporre del fossile sul mercato oppure la messa a punto di
tecnologie a minore intensit di carbone (Italia). Una definitiva soluzione al problema sarebbe venuta
a fine secolo con le tecnologie elettriche.
In Germania la chiave del processo fu lo sviluppo del bacino carbonifero della Ruhr, che nel giro di
un ventennio divenne la regione con la massima concentrazione mondiale di industria pesante, si
svilupp una moderna siderurgia a coke che costitu il motore di tutta lindustrializzazione del Reich.
LAmerican System of Manufacturing, sistema basato sulla standardizzazione del prodotto e
sullintercambiabilit delle parti. Consisteva nel produrre meccanismi composti da parti
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Dallespansione allo sviluppo.

intercambiabili che si adattavano ed interagivano tra loro con precisione. Si otteneva maggiore
velocit operativa e di movimentazione dei materiali. Inizialmente era applicato alla produzione di
armi ma si allarg poi alle macchine agricole, da cucire, nelle pentole e serrature.
La diffusione in Europa di metodi di produzione di massa fu ritardata fino alla prima guerra
mondiale dalla propensione degli europei alla qualit, la loro sofisticazione dei consumi e la
resistenza operaia (comportava leliminazione di operai specializzati).
La collaborazione tra francesi, inglesi e tedeschi port allilluminazione a gas, sollecitata dalle
esigenze della vita urbana e dalla necessit di illuminare le fabbriche per il lavoro notturno. I francesi
inventarono il pallone aerostatico (fratelli Mongolfier, 1783).
LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: ACCIAIO, CHIMICA ED ELETTRICITA
Scienza e industria: lacciaio
Fino alla met dell800 le invenzioni erano opera di tecnici o artigiani privi di cultura scientifica
approfondita, dal 1850 (seconda rivoluzione industriale) il ruolo della scienza divenne invece sempre
pi importante nella genesi delle innovazioni, i progressi tecnici dellera che si usa chiamare
dellacciaio, dellelettricit e della chimica furono sempre pi dovuti a scoperte di laboratorio.
Di tutti i prodotti nuovi del XIX secolo nessuno fu pi importante dellacciaio, che assommava i
vantaggi del ferro e della ghisa (plasticit, elasticit, durezza) e divenne il prodotto base dellindustria
pesante di beni strumentali (macchine, navi, rotaie, armi, ponti) e di beni di consumo. Era ormai
necessario costruire macchine che non avessero i difetti di robustezza ed elasticit del ferro e che
costassero meno (solo nel 1880 il costo della produzione di acciaio divent concorrenziale con quella
del ferro dolce grazie a diverse innovazioni tecniche).
Chimica ed energia elettrica (campi di maggiore correlazione tra scienza e industria)
I prodotti si moltiplicavano man mano che le ricerche di laboratorio progredivano, prima nella
chimica di base (acido solforico, 1861), poi nella chimica organica (coloranti artificiali, fertilizzanti,
ecc). Il centro propulsore fu in Germania, paese che aveva la pi antica tradizione di ricerca
sistematica, diventando il leader incontrastato in tutte le produzioni sintetiche come quella di
ammoniaca (1904) e dei nitrati (1913).
Nellelettricit gli esperimenti a fini commerciali erano iniziati fin dai primi dell800: 1808
dimostrazione dellilluminazione elettrica di Davy, 1821 dinamo di Faraday, 1860 principio
dellautoeccitazione, 1880 prime lampadine di Thomas Edison. Luso principale rimase nel campo
della telegrafia e perch lenergia elettrica diventasse di uso comune fu necessario risolvere problemi
di coerenza esistenti tra le parti del sistema (produzione, trasmissione, utilizzo). Lenergia elettrica
trasform la vita quotidiana degli abitanti delle citt e fece apparire nuovi prodotti come lalluminio.
La prima citt ad essere illuminata fu NYC, i trasporti urbani divennero pi rapidi (tram, metro) e
permisero lestensione di grandi agglomerati. Lindustria e linstallazione di impianti elettrici divenne
uno dei settori di punta del mondo indutriale.
Gran parte delle innovazioni caratterizzanti il periodo tra il 1830 ed il 1914 vennero dalla
ricombinazione di conoscenze precedenti (esemplare lesperienza nel settore trasporti).

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In campo energetico si pass ad un nuovo paradigma, il petrolio: scoperto in Pennsylvania nel 1859 e
usato per illuminazione e lubrificazione, nel 1900 inizi a diventare combustibile nelle navi e solo nel
1914 inizi a far concorrenza al carbone.
Importanti innovazioni anche in altri settori: lagricoltura europea benefici di fertilizzanti e
fungicidi, le scoperte di Pasteur sullorigine dei batteri cambiarono la preparazione e conservazione
dei cibi (sterilizzazione del latte), la centrifuga permise di separare il siero dal latte, le tecniche di
refrigerazione permisero il trasporto di carni in tutto il mondo.
Gli effetti politici e sociali di queste innovazioni furono enormi: le popolazioni agricole europee
reagirono adottando politiche protezionistiche e la concorrenza stimol la crescita di politiche di
innovazione. Anche il mondo dellinformazione fu investito da cambiamenti, il pi grande la
macchina da scrivere che rivoluzion lorganizzazione ed il funzionamento degli uffici, e nella
stampa la rotativa.
Ritmi e modalit di adozione delle nuove tecnologie dipesero da ragioni economiche ma anche dal
funzionamento dei sistemi sociali nel loro insieme, dalle istituzioni e dai valori, rientrando nelle
questioni pi generali di sviluppo economico. La tecnologia non una scatola nera liberamente
accessibile (Nathan Rosenberg), fattori nazionali e locali specifici possono influenzare direttamente il
cambiamento tecnico dandogli tratti nazionali oppure ostacolarlo attraverso lassenza di capacit
sociali come il livello delleducazione, lorganizzazione politica e commerciale, le istituzioni
finanziarie.
GLI ATTORI DELLINDUSTRIALIZZAZIONE
Limprenditore il vero motore del sistema capitalistico, e il proprietario dei mezzi di produzione, le
macchine e le fabbriche (capitale fisso), materie prime, risorse finanziarie (capitale circolante).
Organizza la produzione, decide di investire per innovare le tecnologie, i prodotti o le modalit
organizzative, assume gli operai come salariati e vende i prodotti. Reinveste il profitto nellimpresa,
consentendone lo sviluppo. Non pu controllare il mercato e se ne assume il rischio.
Le imprese, durante la fase di avvio allindustrializzazione erano un universo di piccole e autonome,
incapaci di esercitare influenza sui prezzi, formavano una concorrenza perfetta, gli imprenditori si
proponevano di conseguire il pi alto rendimento possibile dai capitali investiti pi che di realizzare
un determinato volume di produzione. Nel XIX secolo comparvero imprese di grandi dimensioni che
tendevano a conquistare posizioni dominanti capaci di imporre le loro decisioni e guidare i prezzi
dominando il mercato (oligopolio o monopolio).
Fino al 1860 la maggior parte delle imprese erano di piccola o media produzione, il cui capitale
apparteneva ad un individuo solo o con qualche partner con responsabilit solidale ed illimitata dei
soci (societ in nome collettivo), sostituite poi dalla societ anonime per azioni, in cui gli azionisti
erano responsabili solo per le somme che avevano sottoscritto (s.r.l.), la cui adozione presupponeva la
liberazione da alcuni vincoli statali.
Parallelamente si rafforzano le concentrazioni industriali: un ristretto numero di imprese dominava la
produzione di un intero settore, crescita dimensionale avviata per realizzare sempre maggiori
economie di scala dato dal forte peso dei costi fissi. Per fronteggiare la concorrenza di beni a prezzi
inferiori si cercarono soluzioni per combattere la concorrenza anarchica: nellindustria carbonifera e
siderurgica i cartelli (tedeschi) stipulavano contratti che fissavano i volumi produttivi, i prezzi di
vendita e le ripartizioni degli utili, in quella chimica ed elettrica prevalevano le fusioni di imprese, i
trust americani (soprattutto nellindustria petrolifera con una spietata guerra di tariffe guidata da
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Standard Oil, di William Rockefeller). Le enormi concentrazioni avvenute tra il 1898 ed il 1906
sconvolsero le regole minando i fondamenti della libera impresa e portarono alla legislazione atitrust
(legge Sherman 1890).
Le banche ebbero inizialmente un ruolo debole limitato al finanziamento del commercio
internazionale ed il collocamento dei prestiti governativi. Il sistema si fondava su banche centrali
controllate da pochi ricchi azionisti che anticipavano i soldi allo Stato ed erano le banche delle banche,
poi banche provinciali per i commercianti e piccoli industriali, e grandi banche private poco attratte
dal prestito commerciale.
Col procedere dellindustrializzazione il crescente bisogno di credito spinse alla creazione di nuove
istituzioni bancarie che rastrellavano i capitali dei piccoli risparmiatori con nuove tecniche (conti
correnti, depositi) e li prestavano ad interessi pi alti.
Cerano banche di deposito, che disponevano di ingenti risorse (passivo) date dai depositi a breve
termine e da una rete di filiali, e negli impieghi (attivo) si dedicava alle operazioni ordinarie di
anticipazione su titoli e scoperti sui conti correnti, e banche daffari, senza filiali, con depositi di
medio e lungo periodo di ricchi capitalisti e di societ, contava sul capitale proprio versato e si
assumeva pi rischi occupandosi di investimenti a lungo termine, partecipazioni al capitale, prestiti ai
governi, etc.
In Inghilterra cerano poche banche daffari e la forza del sistema si basava sulla specializzazione
delle funzioni, per esempio banche di deposito concentrate in un territorio che conoscevano alla
perfezione. Poco per volta le banche private vennero assorbite dalle banche per azioni o si fusero tra
loro: nel 1914 le big five, le cinque banche di Londra, prevalentemente ad origine provinciale,
controllavano la maggior parte dei sistemi finanziari.
In Francia cera meno specializzazione, poca propensione al rischio, orientamento al credito a breve
termine: prudenza gestionale. Il Credit mobilier, fondato dai fratelli Pereire, era una societ a
contratto con lindustria che controllava tutti i capitali investiti in certi settori ma mor sotto il peso
dei debiti.
In Germania il legame tra banca ed industria era molto forte. Le pi grandi banche, tra cui Deutsche
bank (1870), erano banche commerciali che davano credito a breve termine ed insieme banche
dinvestimento indirizzate a crediti a lungo termine: banche miste che seppero sostenere le societ
industriali nella formazione e negli aumenti di capitale, collocandone le azioni presso il pubblico. Per
ridurre i rischi seppero favorire la protezione del mercato interno e la costituzione di cartelli tra
imprese: in paese relativamente povero le banche furono il principale agente della trasformazione, e
divennero modello per molti altri Paesi tra cui lItalia.
Le istituzioni pubbliche (Stato, collettivit locali) furono un altro importante attore per la crescita
economica del XIX secolo: Paesi a forte autonomia locale come la Gran Bretagna o gli Stai Uniti si
affidarono pi allo spirito dimpresa di singoli individui, grandi Paesi con importanti apparati statali
quali Francia o Prussia videro lo Stato intervenire in modo pi pesante, e nei Paesi secondi arrivati lo
Stato fu un essenziale agente sostitutivo alla debolezza della borghesia e scarsit di capitale.
Il generale lo Stato tendeva a limitare le proprie spese, ricorreva ad imposte indirette sui consumi
piuttosto che a quelle dirette, e sul patrimonio, aumentando cos le disuguaglianze sociali,
incoraggiando gli investimenti e riducendo i consumi. Attraverso la legislazione promuov la libera
impresa eliminando antiche restrizioni, protesse le invenzioni con i brevetti, controll le frodi
regolamentando banche. In certi casi intervenne in aiuto di industrie in difficolt o si fecce esso stesso
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imprenditore (Francia, regie des tabacs 1811). Alcune citt alla fine del XIX secolo municipalizzarono
la distribuzione del gas, elettricit, trasporti urbani.
Il contributo pi importante dello Stato allo sviluppo fu nel campo dellistruzione ed educazione,
associate a tre concetti:
Sviluppo: linnovazione tecnologica richiedeva la creazione di un sistema scolastico di
base e scuole di specializzazione di livello superiore. Gli Usa furono tra i primi a svilupparlo, in
Francia naquero instituzione quali lEcole Politecnique da cui lo Stato trasse i propri quadri ed altre
scuole locali di arti e mestieri di per basso livello di base, in Inghilterra linsegnamento divenne
gratuito solo nel 1891, ma il sistema non seppe stare al passo con la complessit tecnologica crescente,
e questo determin il sorpasso tedesco.
Declino: il caso dellInghilterra mostra come la mancanza di educazione porta ad una
perdita di posizioni economiche acquistate, inibisce lo sviluppo. Oxford e Cambidge davano grande
preparazione umanistica ma tralasciavano completamente quella tecnico-scientifica; il problema non
fu la qualit ma la tipologia.
Cambiamento: tra i fondamentali fattori di sviluppo ci sono la formazione e la
riproduzione di competenze e conoscenze sia specifiche che ad alto potenziale innovativo. La scuola
va considerata allinterno di un pi ampio insieme di attori che costituiscono la societ.

I PERCORSI NAZIONALI
Nel corso dell800 lo sviluppo industriale era alla base della potenza politica e militare nelle nazioni;
nei rapporti tra le potenze le tonnellate di ghisa contavano pi degli uomini. La nuova geografia
industriale si disegnava attorno ai bacini ricchi di carbone cokizzabile che consentivano lo sviluppo
dellindustria pesante e dei beni strumentali (i Paesi neri dellInghilterra, Galles e Scozia, la Loira, la
Ruhr prussiana), oppure dove le esperienze industriali precedenti avevano trovato nuovi sviluppi, la
manodopera era qualificata ed abbondante o i trasporti erano facili (grandi citt come Londra e
Parigi, fascia prealpina del Nord-Italia, regioni tessili dellAlsazia e Svizzera).
La Gran Bretagna god di una supremazia schiacchiante durante la prima met del secolo, il suo
sviluppo tecnico assicur prezzi bassi alle sue stoffe di cotone prodotte in grande quantit e gli
imprenditori erano sostenuti dal clima di liberalismo, dal dinamismo del mercato interno e
dallabbondanza di materie prime e di carbone. Fino agli anni 80 mantenne la prima posizione per poi
retrocedere e ritrovarsi nel 1914 al terzo posto dopo USA e Germania, che insieme alla Francia
producevano il 71,2% dei manufatti mondiali.
I suoi concorrenti diretti uscirono dalle guerre napoleoniche con ritardi da recuperare e grossi
svantaggi come condizioni naturali meno favorevoli, scarsit di carboni facili da estrarre e
trasformare in coke, capitali meno abbondanti, mentalit pi attaccata allimpresa familiare, carenza
di tecnici e operai specializzati. La legge inglese inoltre proibiva (fino al 1825) esportazioni di
personale e di progetti di macchine.
Il rallentamento delleconomia inglese, giunta con grande anticipo alla piena maturit ed allo
sfruttamento delle proprie risorse, dovuta anche a motivi sociali, come industriali poco innovatori e
manageriali che si attardano nelle vecchie produzioni e tecnologie ed erano orientati al rendimento
finanziario immediato pi che allefficienza tecnica, e la scuola che si occup poco della formazione di
base e dei quadri tecnici.
Lindustria degli Stati Uniti era favorita dallabbondanza di risorse naturali ben localizzate e
facilmente sfruttabili, dalla protezione doganale che riserv agli imprenditori il mercato interno pi
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dinamico al mondo, dalla crescita demografica prodotta dalle ondate migratorie, dallambiente
sociale favorevole allaccumulazione delle ricchezze materiali e alladozione di tecniche moderne
(dovuta alla carenza di manodopera e quindi lalto costo del lavoro), allequilibrio tra tutti i comparti
produttivi e le diverse aree del paese e dalla crescita di grandi imprese nei settori strategici dello
sviluppo.
Il Belgio fu il Paese che pi si conform al modello inglese per similarit di risorse naturali, lunga
tradizione marittima, commerciale e manifatturiera, e contiguit territoriale. In epoca napoleonica
aveva beneficiato del mercato francese, poi fu accorpata ai Paesi Bassi e divenne indipendente nel
1830. Il sistema industriale era forte: attivit mineraria e metallurgica, polo laniero pi potente sul
continente, meccanizzazione del lanificio, industria cotoniera, meccanica e siderurgica. Pi tardi
zuccherifici, vetrerie, cantieri navali, ferroviari e tranvari, industria chimica. Speriment inoltre un
originale strumento finanziario di sostegno allattivit industriale, una banca di investimenti (1830)
che deteneva pacchetti azionari di imprese e ne creava seguendone gli interessi. La banque del
Belgique, creata nel 1835, fond e rilev in 4 anni ben 24 imprese industriali. Lo Stato ebbe un ruolo
importante nella costruzione di ferrovie e nel 1840 il Belgio era il paese pi industrializzato del
continente, e tale rimase fino al 1914.
La Francia, svantaggiata da istituzioni e mentalit imprenditoriale poco adatte allo sviluppo
industriale e dalla scarsit di carbone, mantenne fino al 1850 in primo piano gli interessi agricoli pur
raggiungendo importanti sviluppi nel settore cotoniero, siderurgico e meccanico. I tre quarti
delloutput industriale provenivano dalla manifattura artigianale di beni di lusso ad alto valore
aggiuntivo (industrie naturali) che godevano di alto prestigio e radicate tradizioni. Gi seconda
potenza commerciale al mondo, la crescita acceler quando la mano pubblica (Napoleone III, secondo
Impero) intervenne nella costruzione di una rete ferroviaria e telegrafica, ma pes negativamente la
sconfitta nella guerra franco prussiana con la perdita dellAlsazia-Lorena, la recessione degli anni 80,
le epidemie nel settore vitivinicolo, le guerre commerciali con lItalia e in generale la svolta
protezionistica del periodo che penalizzava un Paese principalmente esportatore, il rallentamento del
mercato interno dovuto alla bassa crescita della popolazione.
I punti di debolezza strutturali erano le piccole dimensioni aziendali sia in agricoltura che nelle
attivit manifatturiere, il dualismo tra un ampio settore di produzioni artigianali di nicchia e poli
industriali moderni localizzati intorno ai grandi centri urbani, la dipendenza energetica dalla forza
idraulica (lelettricit consent un recupero allesordio del nuovo secolo che ebbe il suo settore
trainante nellindustria automobilistica).
La Germania grazie ai suoi rapidissimi sviluppi divenne la seconda potenza mondiale, il pi temibile
rivale continentale dellInghilterra. Le industrie avevano alla base attivit di laboratorio, erano
orientate pi allefficienza tecnica che al rendimento, e la Germania fu la prima nazione ad introdurre
un sistema di previdenza sociale (1880). Il decollo avvenne dopo lunificazione nel 1871 e si fond
sullattiva partecipazione dello Stato e sui forti legami con le banche (ruolo propulsivo della banca
mista) che iniziarono col finanziare le costruzioni ferroviarie, per poi estendersi ai settori a monte
(industria mineraria, siderurgica e meccanica) ed a tutto il mercato. Il modello di sviluppo si
configur come capitalismo organizzato o capitalismo manageriale cooperativo, i cui aspetti pi
significativi furono la tendenza alla concentrazione degli impianti ed il conseguente rafforzamento
del ruolo della grande impresa (big business), forte legame tra scienza ed industria, e laffermazione
di cooperazioni tra imprese dello stesso settore attraverso accordi di cartello per eliminare la
concorrenza, stabilire i prezzi e i profitti, che divennero legittimi nel 1897 (106 nel 1890, 385 nel 1905)
I settori di punta, meccanica industriale pesante (elettromeccanica), metallurgica e chimica (Bayer,
aspirina, coloranti) producevano beni strumentali e non di consumo, si imposero sui mercati
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internazionali con aggressive politiche di marketing e richiedevano pesanti investimenti iniziali


(banche) e sfruttavano i vantaggi delle economie di diversificazione e di scala.
LImpero Asburgico imit il sistema finanziario tedesco ed i suoi cartelli ma la situazione economica
era ben diversa: non si era modernizzata, lapertura del mercato era bassa, lindustria era
prevalentemente leggera (alimentare, tessile, vetro, carta) e allinterno dei suoi vasti territori le
situazioni erano diversissime, Austria, Boemia e regioni italiane erano le pi avanzate, seguivano
Slovacchia, Ungheria e Slovenia, mentre il resto dellImpero era tra le aree pi arretrate del
continente.
La Russia annegava nellenorme estensione territoriale i pur significativi progressi compiuti:
possedeva (1914) il maggior chilometraggio di ferrovie in Europa, produceva la stessa quantit di
acciaio ed elettricit della Francia, ma il reddito pro capite era di un terzo rispetto agli inglesi, il 75%
della forza lavoro era occupato in agricoltura, il 72% era analfabeta e solo il 15% viveva in zone
urbane. Lo zar Alessandro II abol nel 1861 la servit della gleba ma leffettiva liberazione delle terre
avvenne solo nel 1907. Lo Stato svolse un ruolo molto attivo come agente sostitutivo nei canali privati
di investimento, seppe attirare investimenti stranieri, protesse le industrie siderurgiche, sussidi gli
investitori. Il capitale straniero svolse un ruolo fondamentale per saldare il debito pubblico, utilizzato
nella costruzione di ferrovie e nel finanziamento alle societ per azioni: per far questo lo stato tass i
redditi gi bassi restringendo la domanda privata e quindi penalizzando le industrie di beni di
consumo, facendo invece decollare grazie alla domanda pubblica dagli anni 80 lindustria pesante
(carbone, acciaio, macchine) legata a ferrovie ed armamenti non solo nelle aree industriali di Mosca e
San Pietroburgo ma anche negli Urali, in Ucraina e Polonia.
La Spagna presentava unagricoltura arretrata ed un livello di istruzione carente, a parte la Catalogna
(industria cotoniera, meccanica, trasporti, elettrica) ed i Paesi baschi (industria siderurgica). Nell800
la crescita fu quindi lenta e limitata.
LItalia, che nella sua stagione doro tardo medievale e rinascimentale aveva primeggiato nei
commerci, manifatture e banche, concentr le proprie attivit industriali nella fascia tra lalta pianura
padana e le valli prealpine data la ricchezza di energia idraulica e la presenza di manifatture
tradizionali favorite da un mix abbondante di materie prime. In un dominante contesto agricolo
prevalevano piccole unit produttive e lavorazioni artigianali nel tessile, con la produzione di seta
semilavorata, in crescita il cotoniero, arretrati invece la siderurgia e la meccanica.
Nella prima met dell800 i territorio era stato sconvolto dal periodo napoleonico, dalla dominazione
austriaca con la successiva frammentazione degli Stati preunitari con profonde differenze nelle
strutture economiche, infrastrutture, nei livelli di istruzione e nelle condizioni socio-culturali che
resero estremamente difficile il lavoro dei governanti nel porre le basi dellunificazione. Essi
effettuarono una vasta opera di modernizzazione istituzionale adottando una legislazione liberista ed
una delle pi avanzate leggi sullistruzione (Casati), ed infrastrutturale sviluppando reti di ferrovie,
strade e porti, le strutture educative, ricorrendo alla leva fiscale per procurarsi tali risorse.
LItalia era penalizzata dalla mancanza di carbone, dalla ristrettezza del mercato interno,
dallinsufficiente accumulazione di capitali e di sistemi di finanziamento, dal basso livello
dellistruzione e da un quadro culturale non favorevole ad un mutamento strutturale del sistema
economico. Il ruolo dello stato nello sviluppo fu da subito importante anche se diede preminenza ai
consolidati interessi agricolo-commerciali e finanziari anche se con lirrobustirsi delle attivit
secondarie, con il maggiore sostegno governativo dato dalla Sx storica e con gli effetti della crisi
agraria che indusse al protezionismo, gli industriali ebbero pi ascolto portando al decollo tra il 1896
ed il 1913: nellultimo ventennio del secolo tutti i settori industriali decollarono, con preminenza del
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tessile ma anche nella cantieristica, siderurgia, produzione materiale ferroviario ed armeria,


produzione di elettricit (nel 1914 era uguale a quella della Francia), si avvi anche il settore
automobilistico (Fiat 1899) e della gomma (Pirelli 1872). La forza produttiva si concentrava nel
triangolo industriale (Torino, Milano, Genova), in parte del Veneto e del centro Italia, rimanendo
condizionate dai permanenti squilibri regionali.

2.4 LA RIVOLUZIONE NEI TRASPORTI E NELLE COMUNICAZIONI


Strade e canali
Alla fine del 700 il commercio era ancora vincolato alla forza animale o alla navigazione lungo fiumi o
coste. I nuovi mezzi di trasporto (ferrovia, nave a vapore, telegrafo) non determinarono la rivoluzione
industriale iniziata prima del loro avvento, ma la accelerarono ed estesero, oltre che trasformare il
tradizionale rapporto delluomo con lo spazio e le dimensioni del pianeta. Il trasporto, ancor pi nel
900 con lautomobile e laereo, non fu pi soltanto uno strumento mercantile di scambio ma divenne
esso stesso parte rilevante dei mezzi di produzione.
Uno dei prerequisiti della rivoluzione industriale inglese fu comunque la costruzione di un fitto
sistema di canali che permetteva di abbattere il costo di trasporti di circa tre quarti rispetto al
trasporto via terra. Sulla costruzione di canali e strade si diressero fin dal 1840 i principali
investimenti, nel 1836 le strade a pedaggio inglesi (turnpikes, a capitali privati curate da trusts,
consorzi locali) raggiungevano le 22 mila miglia, arrivando a raggiungere i pi isolati villaggi, mentre
in molte altre parti dEuropa la manutenzione si limitava alle strade maggiori per lo spostamento
delle truppe.
La Francia era il Paese con la migliore rete di comunicazioni: finanziamenti pubblici gi dal 1750
favorirono il miglioramento delle gi estese reti, nuovi sistemi di costruzione erano dovuti a scuole
specifiche per la formazione di ingegneri e di direttori dei lavori stradali. Allinizio dell800 ai 33 mila
km di strade maestre se ne aggiunsero altri per gli spostamenti delle truppe in Belgio, Germania e
Nord Italia (per il resto dellItalia si dovette attendere lunit per il potenziamento).
Il costo dei trasporti terrestri diminu di 4 volte grazie a diligenze pi leggere, e nonostante lavvento
della ferrovia fece cadere in dusiso il trasporto a cavallo su lunghe distanze, questo si us sulle brevi
sino al primo 900.
Fiumi e acque rimanevano la via meno onerosa e il trasporto interno venne ulteriormente solleccitato
dalla maggiore domanda dovuta dallaumento della popolazione, dalla riduzione dei costi di
trasporto e dallinvenzione dei battelli a vapore (1812) che risolvevano le difficolt del trasporto
controcorrente: in Inghilterra la costruzione di canali venne intensificata per tutti i primi 40 anni
dell800, in Francia ci si concentr principalmente sulle aree industriali per unire le regioni
carbonifere ai mercati urbani, in Germania fu tarda e solo tra il 1873 ed il 1914 vennero costruiti 6600
km di canali.
Avvento e sviluppo delle ferrovie
La pi importante invenzione del XIX secolo: il suo successo non fu dovuto ad un vantaggio tariffario
ma alla migliore organizzazione, rapidit e versatilit del servizio. il risultato della combinazione di
elementi gi esistenti prima dell800: binari, carrelli e macchina a vapore che grazie allinvenzione
della locomotiva (1825) divenne autonoma e dimostr empiricamente la sua economicit sia per il
trasporto di merci che di passeggeri (prima linea Liverpool-Manchester,1829). Da allora levoluzione
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punta alla ricerca di una velocit elevata e del massimo di energia possibile in grado di consentire
trasporti di massa. Lacciaio che negli anni 70 sostitu ghisa e ferro aument la resistenza delle rotaie e
la capacit dei vagoni, e continui progressi migliorarono il rendimento della ferrovia, laumento della
sua estensione fu eccezionale (da 7200 nel 1840 a 925 mila nel 1906). Allinizio del XX secolo il 70% del
chilometraggio mondiale era di compagnie capitalistiche, il restante 30 dello Stato (in Inghilterra
erano unicamente di propriet privata, in Italia statali).
In Inghilterra il parlamento spese in ferrovie solo nel 1835 pi di quanto aveva spesa per la
costruzione di tutti i canali, era un settore che attraevagli investitori, rappresentava pi che un fattore
per il futuro sviluppo economico uno strumento necessario per sostenere lindustrializzazione gi in
atto, per soddisfare la domanda di trasporto di un paese gi industriale: le ferrovie, anzich causa
furono conseguenza dello sviluppo, evitando quindi problemi di inadeguatezza dellindustria
meccanica e metallurgica. Le ferrovie erano finanziate da privati e si svilupparono senza
coordinamento nel territorio fino al 1842 quando venne creato un organismo apposito.
Per gli Stati Uniti, secondi nella corsa alla ferroviarizzazione, il fattore stimolante fu la domanda
proveniente dallagricoltura, divenendo a sua volta occasione di industrializzazione, cos come
successe in Belgio, Francia e Germania quindi la costruzione di ferrovie assunse un forte ruolo di
modernizzazione dando impulso allindustria metalmeccanica, attivando sistemi di finanziamento ad
hoc e di gestione su larga scala.
In Belgio grazie alle piccole dimensioni, si costru la prima rete continentale, ad iniziativa dello Stato,
che stimol lo sviluppo della siderurgia e meccanica per sostituire le importazioni inglesi. Le linee
secondarie vennero lasciate alliniziativa privata, ma poi riscattate dallo Stato che nel 1914 possedeva
il 95% del chilometraggio totale.
La Germania fu la sola altra impegnata nella stagione pioneristica delle costruzioni ferroviarie (ante
1850), punt sulliniziativa governativa (ruolo militare e politico), su quella privata e su capitali esteri,
costru in modo spartano, dal 1843 la met della produzione di locomotive era interna.
In Francia il vero decollo si ebbe con il Secondo Impero, ed il superamento delle ostilit dei fautori del
completamento dei canali. La vastit del paese rendeva difficile il finanziamento pubblico, il sistema
dominante fu quindi la concessione temporanea allindustria privata sotto il controllo statale: il
governo decideva la struttura della rete, acquistava terreni, infrastrutture e stazioni mentre le societ
si assumevano gli oneri relativi a materiale rotabile, personale e organizzazione del servizio.
Fu il ventennio 1850-1870 ad essere definito let doro della ferrovia, vide strutturarsi le reti
continentali europea e Nord-americana. La Francia ebbe lo sviluppo migliore grazie alla garanzia
statale, in Italia il sistema si svilupp ad iniziativa statale dopo lunificazione per litalianizzazione,
con accentuata dipendenza dallestero sia per capitali che per materiali, la rete si estese accentuando
gli squilibri.
Le ferrovie fecero scomparire le diligenze e ridussero il traffico stradale, le vie dacqua si mantennero
per le merci voluminose e pesanti abbandonando il trasporto di persone e posta. Nellultimo
ventennio del secolo si completarono le reti locali ed i collegmanti internazionali (trafori alpini) e
intercontinentali.
Trasporti marittimi
Laffermazione della nave a vapore fu molto pi graduale di quella della ferrovia sia per la sua lenta
evoluzione nel ridurre i consumi e carico di combustibile, ma anche per la concorrenza della
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marineria a vela che aveva migliorato velocit e manovrabilit. Lapertura del canale di Suez (1869)
abbrevi i percorsi per India ed Oceania e spost le rotte su mari meno ventosi.
Fino al 1850 i progressi del vapore furono pi sensibili nella navigazione fluviale che in quella
marittima, e la nave a vapore era ancora fornita di velatura (fino al 1880). Fu nel 1860 che si
verificarono progressi decisivi: il ferro, e dal 1879 lacciaio sostituirono il legno degli scafi diminuendo
le spese di manutenzione e lusura, lelica elimin le pale, il numero dellequipaggio, i costi di
funzionamento e le quantit di carbone diminuirono, aumentando gli spazi per i passeggeri o alle
merci. Allinizio del XX secolo i piroscafi acquisirono la supremazia: il trasporto merci/passeggeri si
specializz.
Anche lindustria navale crescette in parallelo, la predominanza inglese rimase un elemento chiave
della sua potenza e fonte di entrate, possedendo met delle navi europee.
Le conseguenze economiche
Funzione passiva mezzi di trasporto: trasferimento beni e persone. Funzione attiva: promuovere e
moltiplicare lo sviluppo, riducendo i costi liberano risorse che possono essere destinate ad altri
consumi a sostegno della crescita economica. Tra le principali conseguenze della rivoluzione dei
trasporti c la riduzione dei prezzi dei noli marittimi per lintensificarsi della concorrenza (pi per le
navi a vela), e il ribasso delle tariffe ferroviarie. Questo aument la mobilit delle persone agevolando
i contatti, gli scambi e le interdipendenze economiche e sociali. Vennero inoltre stimolati settori a
monte dando particolare stimolo alle industrie di costruzioni, alla siderurgia, alla meccanica ed ai
servizi. Si crearono le prime grandi imprese di tipo capitalistico che svilupparono i primi ambiti di
impiego manageriale.
Il telegrafo e la globalizzazione dellinformazione
1835, Morse inventa il telegrafo che a partire dal 1843 consente di mettere in comunicazione quasi
reale citt e continenti diversi. La circumnavigazione del globo via cavi si complet nel 1902, pi della
met dei quali era controllata dagli inglesi, il che consolid la posizione di Londra come centro del
mercato mondiale.
Mezzo secolo dopo il telefono si afferm come strumento commerciale e solo a fine secolo si estese
alla comunicazione privata. Le prime trasmissioni radio di Guglielmo Marconi sono del 1896 e posero
le basi alla comunicazione di massa.

2.5 SCAMBI INTERNAZIONALI E SISTEMI MONETARI


LEuropa e leconomia mondiale
Nel corso dell800 lo sviluppo del commercio internazionale conobbe un incremento prodigioso: il
mondo divenne un mercato unico ed era lEuropa, gi al centro della fitta rete di commerci con le
Americhe, lAsia e lAfrica, che dominava gli scambi. Protagonista assoluto il Regno Unito che
controllava nell800 il 36% del commercio mondiale (14% nel 1914), secondo posto a distacco per la
Francia, superata allinizio del XX secolo da Germania e Stati Uniti. Leconomia internazionale
diventava sempre pi complessa consolidando nell800 le relazioni gi esistenti e formando nuovi
equilibri, e si mantenne sotto il segno del gold standard.

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Tra il 1815 ed il 1914 influirono sulle relazioni commerciali:


il progresso tecnologico permise un aumento dei traffici richiedendo nuove materie
prime da importare (cotone dallAsia e dalle Americhe) e proponendo nuovi prodotti da piazzare su
mercati extraeuropei;
la rivoluzione nei trasporti e nelle comunicazioni che consolid una serie di rapporti
commerciali e legami politici, e ridusse i costi di trasporto di merci;
la crescita della popolazione mondiale che pass da 900 milioni nel 1800 a 1,6 miliardi
nel 1900, facendo nascere nuovi fenomeni di migrazioni, rendendo il lavoro pi mobile, aumentando
la richiesta di beni di consumo (lEuropa dipese a livello alimentare sempre pi da produzioni
extraeuropee);
laccumulazione di capitali con una forte partecipazione dinvestimenti stranieri
(Inghilterra a parte) attratte da performance di sviluppo elevate.
Liberalismo e sviluppo del commercio internazionale
Grazie al ribasso dei costi di trasporto, laumento della variet dei prodotti e del potere dacquisto
delle popolazioni, nel corso dell800 lo sviluppo del commercio internazionale conobbe un
incremento straordinario, registrando il tasso di crescita pi elevato tra il 1842 al 1873, periodo del
libero scambio (dagli anni 70 alla prima guerra mondiale vi fu un aumento del protezionismo) che
incise pi fortemente sul PIL dei Paesi pi piccoli che potevano specializzarsi in una gamma ristretta
di prodotti, questi furono infatti i pi favorevoli, mentre Paesi grandi come Stati Uniti o Russia furono
i pi protezionisti, cos come i Paesi in corso di industrializzazione. Vi fu inoltre un processo di
multilateralizzazione: i Paesi non dovevano bilanciare esortazioni ed importazioni con ogni singolo
partner ma nellaggregato.
Il pensiero liberista dell800 (David Ricardo, scuola classica) riteneva che una volta superate le
barriere naturali bisognasse superare anche quelle artificiali, dazi e proibizioni. Il libero commercio
permetteva la specializzazione del lavoro aumentando la produttivit globale del sistema e rendendo
pi efficiente luso delle risorse, costituendo un importante fattore di modernizzazione per i Paesi
inseguitori. Nessun paese comunque arriv allo sviluppo industriale con completa libert di
commercio, il protezionismo serviva a promuovere lo sviluppo di settori industriali ancora in
embrione.
Tra 600 e 700 la maggior parte degli Stati europei aveva abbracciato le teorie mercantiliste: perch
leconomia di una nazione fosse prospera bisognava che le esportazioni superassero le importazioni,
lo Stato doveva intervenire nel fissare protezioni nel flusso di merci straniere, e incentivazioni
sullesportazione di prodotti. Fu in Inghilterra del 1750 che presero forma nuove visioni: Adam Smith
(1776) riteneva che la ricchezza delle nazioni poteva aumentare allocando meglio le risorse, la mano
invisibile del mercato avrebbe portato allequilibrio ottimale, David Ricardo (1819) mostr con la
legge dei costi comparati i vantaggi della specializzazione e della divisione internazionale del lavoro.
Gli Stati Uniti adottarono le teorie di protezionisti come lamericano Hamilton che voleva il libero
scambio a seconda del livello di sviluppo economico di una nazione, o del tedesco List che sostenne
che il liberalismo avvantaggia i Paesi gi sviluppati ed impedisce agli altri di industrializzarsi, e che il
passaggio ad un regime industriale pu avvenire solo con lausilio di un regime protezionistico. Fino
al 1913 leconomia americana fu una delle pi protette dalla concorrenza.
Corn laws: complicato sistema di dazi sul grano dimportazione introdotto dagli inglesi e tipico di
legislazioni che vogliono ridurre limposta diretta concentrando il carico sui dazi doganali relativi ai
consumi, variabili a seconda del prezzo interno del grano al fine di proteggere i produttori interni e

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gli interessi dei grandi proprietari terrieri che vedevano i prezzi mantenuti elevati, scaricando il costo
economico e sociale sui ceti meno abbienti e rendendo quasi impossibile limportazione di cereali.
Contro tali leggi lindustriale di Manchester Richard Cobden form una lega, sostenendo che
lindustria britannica dipendeva dalle condizioni atmosferiche che influivano i raccolti: un cattivo
raccolto determinava un aumento del prezzo del pane, diminuzione del consumo di altri prodotti,
disoccupazione, calo delle importazioni ed esportazioni. Per combattere le crisi economiche i governi
accettarono i suggerimenti e dal 1842 iniziarono a ridurre i dazi per arrivare al definitivo trionfo del
libero scambio nel 1860 quando lInghilterra era allapice della sua forza economica, anno di
stipulazione del trattato Cobden-Chevalier fra Gran Bretagna e Francia che prevedeva la rimozione
di tutte le tariffe sullimportazione di merci francesi da parte dellInghilterra in cambio di una
riduzione delle tariffe sulle merci inglesi ponendo un dazio del 30% come massimo. Grazie alla
clausola della nazione pi forte il libero scambio trov uno sviluppo a catena che coinvolse la
maggior parte delle nazioni europee.
Il ritorno al protezionismo
Fattori che cambiarono il panorama dellEuropa dal 1870 orinentandola al protezionismo:
il raggiungimento di alti livelli di sviluppo industriale spinse i ceti imprenditoriali a
chiedere protezione dalla concorrenza,
limportazione di grano a basso prezzo da Stati Uniti e Russia resi possibili dai nuovi
trasporti a basso costo,
la crisi economica che si abbatt sullEuropa rese la competizione pi difficile,
laffermarsi del nazionalismo ed imperialismo modific il clima delle relazioni, si
crearono le tensioni politiche che portarono alla guerra mondiale, si afferm una relazione sempre pi
stretta tra protezionismo e politica di prestigio internazionale,
le imprese coloniali portarono a scontri diplomatici sulla spartizione di terre e
lespansione coloniale aveva alti costi, ricavabili dal sistema tariffario,
labbandono di posizioni liberiste da parte di importanti nazioni produsse effetti a
catena.
In Germania Bismark adott tariffe sui prodotti nazionali tra il 1879 ed il 1881, lItalia preunitaria
esportava materie prime agricole e prodotti semilavorati (seta) importando manufatti industriali, il
passaggio dal liberalismo della classe dirigente del nuovo Regno al protezionismo fu graduale e
travagliato, che vide con lavvento della sx storica e la necessit di industrializzazione labbandono
delle teorie di specializzazione internazionale, per adottare prima una politica di tipo
semiprotezionistico (tariffa doganale 1878) ed arrivare infine alla svolta tariffaria del 1887,
tenacemente sostenuta dal leader degli industriali del tempo, il laniere e senatore Alessandro Rossi di
Schio.
Tutti i Paesi tornarono quindi a posizioni di protezionismo ad esclusione delle nazioni con il
commercio pi sviluppato dellEuropa Nord-occidentale, e dellInghilterra che manteneva una forte
apertura economica divenendo il perno dellintero sistema di scambio internazionale.
Il colonialismo
La Gran Bretagna era lunico paese con un forte legame economico con le proprie colonie:
linvestimento verso queste copriva nel 1914 il 64% degli investimenti totali. Il cosiddetto declino
economico inglese pu essere associato ad una eccessiva insistenza in produzioni tipiche della prima
rivoluzione industriale assorbibili dai mercati coloniali, ma che allontanava gli interessi ai prodotti
della seconda rivoluzione. Nel lungo periodo il legame coloniale avrebbe assorbito enormi capitali
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destinabili invece in processi di rinnovamento tecnologico interno, ed avrebbe creato un fenomeno di


immobilit produttiva dovuto alla presenza di mercati poco sofisticati.
Leconomia internazionale
Netta supremazia inglese lungo tutto l800, Europa al centro del sistema-mondo, Stati Uniti in
crescita. Il sistema riconducibile ad un modello centro-periferia in cui lEuropa ha le redini del gioco
e sviluppa la gran parte dei propri commerci allinterno dei propri confini (oltre 80% delle
esportazioni europee trovava mercati dacquisto in Europa stessa), era la periferia ad avere bisogno
dellEuropa per avviare processi di sviluppo commerciale ed industriale.
Il grande sviluppo del commercio internazionale, di cui la Gran Bretagna era il leader indiscusso, non
avrebbe potuto realizzarsi senza lo sviluppo di sistemi di finanziamento: mercati di titoli, dazioni,
mercati di valuta estera, banche centrali, private e commerciali furono gli strumenti per una
espansione finanziaria senza precedenti. Tutto il mercato internazionale venne a regolarsi su Londra,
la City, che disponeva di un mercato finanziario specializzato ed informato, rafforzato dalla
supremazia della sterlina che grazie ai suoi servizi riusciva ad equilibrare la bilancia dei pagamenti.
Profitti di attivit commerciali restavano allestero sotto forma di investimento in attivit di
produzione o investiti nel debito pubblico: attivit che segnarono la crescita fenomenale
dellinvestimento estero nell800. LEuropa era sia maggiore investitore al mondo (Gran Bretagna
43%, Francia 20%, Germania 13% nel 1913) che maggiore ricettore di investimenti (Europa 27% con
Paesi balcanici, Russia e turchia maggiori riceventi, Nord America 24%, Sud America 19%, Asia 16%)

3. IL XX SECOLO, TRA ROTTURA E PROSPERITA


Belle Epoque, dal 1900 al 1914, periodo di grande prosperit per leconomia mondiale, globalizzata
grazie ai nuovi mezzi di trasporto e di comunicazione, le persone e le merci potevano viaggiare
ovunque ed in tempo reale, non cerano ostacoli al commercio, se non alcuni dazi contenuti, il
benessere si diffondeva in tutto il mondo, le regioni agricole progredivano ininterrottamente e gli
strati sociali pi poveri emigravano verso le Americhe.
Questo progresso miracoloso pu spiegarsi con un insieme di circostanze favorevoli: legemonia di
Londra come piazza borsistica, finanziaria, commerciale e di servizi, il predominio delleconomia
inglese nel complesso semplificava il mondo e facilitava gi scambi. a questo equilibrio che si orienta
il nostro futuro.
3.1 CRESCITA E TRASFORMAZIONE DELLECONOMIA
La crescita secolare
Il PIL europeo cresciuto dal 1913 al 1998 di 7 volte, lo stesso incremento annuale della Belle Epoque,
un aumento secolare mai visto prima in Europa. America del Nord, Africa e Oceania lo aumentarono
di 14 volte, lAsia di 19 e lAmerica Latina di 24. Leconomia mondiale nel complesso cresciuta di 12
volte. LEuropa nel 1913 generava il 47% del PIL mondiale, nel 1998 solo il 26%: il XX secolo vede un
decremento continuo della posizione europea nelleconomia mondiale, spiegato dal fatto che la
popolazione europea cresceva alla met del ritmo della popolazione mondiale compensato da un
aumento relativo del benessere pro capite. Nel 1820 lEuropa aveva il 32,2% di PIL e il 21,5% di

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popolazione, il che significa un livello di prosperit materiale superiore del 50% rispetto alla media
mondiale, che nel 1998 arriva quasi a doppiare. Cerano meno europei, ma pi prosperi.
Levoluzione demografica
Durante il secolo i Paesi europei sono cresciuti di circa 300 milioni di abitanti, da 500 a 800, quindi pi
del 60%.
La situazione prima del 1913, dopo le guerre balcaniche e con le frontiere esistenti in quel momento,
vedeva il grosso della popolazione (88%) concentrata in 7 Stati (Russia, Germania, Austria-Ungheria,
Regno Unito, Francia, Italia, Spagna).
Il ritmo di crescita dal 1900 al 1913 fu di 1,11%, dal 1913 al 1950 (transwar years) molto pi lenta,
alcuni Paesi soffrirono di perdite numeriche considerevoli durante le guerre (Polonia e
Cecoslovacchia), altri entrarono in una fase di stagnazione totale (Francia ma anche Germania,
Austria ed Irlanda) mentre le periferie europee, la mediterranea e la settentrionale ebbero maggiori
incrementi con in testa lOlanda.
Dopo il 1950 il ritmo globale di crescita aumenta come frutto del maggiore ottimismo del dopoguerra
in tutti i Paesi tranne alcuni del blocco sovietico (Ungheria e Bulgaria), crescita concentrata nel terzo
quarto di secolo (1950-1973 +1% annuo, 1973-1990 +0,5%, 1990-1998 +0,2%), mentre lultimo decennio
fu segnato da una stagnazione totale dellEuropa orientale (CSI inclusa).
I tassi di mortalit, specialmente quella infantile, declinarono fortemente, la speranza di vita alla
nascita era in costante aumento. Nel 1900 si superavano raramente i 50 (Italia 43, Russia 32), alla fine
del secolo la speranza di vita alla nascita era di 7779 anni. La situazione attuale di equilibrio tra
natalit e mortalit, entrambe attorno al 10%0 .
LEuropa fu durante tutto il XIX secolo un continente di emigrazione. Tra le due guerre lEuropa
occidentale ed in particolare Gran Bretagna, Belgio e Francia cominciarono ad attrarre immigrati (dal
Sud o dallEst Europa) per la necessit di manodopera dovuta alle enormi perdite di vite umane, alle
mutilazioni ed invalidit provocate dalla guerra, ma anche per le nuove severe leggi
sullimmigrazione americane. Dopo la seconda guerra mondiale limmigrazione europea ebbe un
decollo, continuando negli anni 50 a convivere con la dominante emigrazione transoceanica, per
trasformarsi negli anni 60 in immigrazione netta iniziando ad attrarre anche popolazioni delle ex
colonie ed extraeuropee.
Il potenziale economico
PIL: moltiplicazione della popolazione per il reddito pro capite, il migliore indicatore della potenza
economica, della capacit complessiva di mobilitare risorse.
Nel 1913 le 6 maggiori potenze europee (Russia 20,4%, Germania 19,4%, AustriaUngheria 17,2%,
Francia10,7%, Regno Unito 10,1% ed Italia 6,1%) cumulavano l85% del PIL (prodotto interno lordo).
Ma tenendo conto anche il peso del PIL totale (coloniale), poderoso per lInghilterra (146%
confrontato col PIL della madrepatria) e per lOlanda (181%), ininfluente per Italia e Spagna (1%), la
classifica del potenziale economico cambia vedendo lInghilterra al primo posto (31,9%), la Russia
sprovvista di colonie retrocessa al secondo (15,5%) seguita da Germania (15,1%) e Francia (9,9%).
Come si vede il potenziale britannico molto superiore a quello dei soli territori metropolitani.
Alla fine del XX secolo la situazione stravolta: i grandi imperi coloniali sono svaniti, gli imperi
centrali ed orientali si sono dissolti, il ranking delle potenze economiche mutato del tutto. I grandi
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nemici delle due guerre guidano la graduatoria: Regno Unito, Francia ed Italia sono allo stesso livello,
quello che resta dellUnione Sovietica molto meno importante di qualsiasi Russia passata, gli antichi
Paesi del blocco sovietico hanno meno peso di quello che gli spetterebbe rispetto alla loro
popolazione e si trovano in modo consistente dietro ai piccoli Paesi dellEuropa occidentale.
Il reddito pro capite
Cresciuto in media dell1,73% annuo. La prosperit europea crebbe moderatamente (+1% annuo) nel
1913-1950 e 1973-1998, registrando un quarto di secolo nel mezzo con una crescita quasi 4 volte
superiore (la golden age). Per lEuropa occidentale il dopo 1973 vede una crescita del doppio del
prima 1950, mentre per lEuropa orientale sono anni catastrofici (in particolare gli anni 90).
Nel 1913 il Paese pi ricco era il Regno Unito, seguito dai Paesi che commerciavano intensamente con
lui o che gli somigliavano nelle loro forme di specializzazione industriale (Svizzera, Belgio, Olanda,
Danimarca), i nemici della grande guerra (Germania, Francia, austri) si situavano ad un terzo in meno
di reddito pro capite con livelli molto simili tra loro, lItalia era ad un gradino sotto a quasi la met di
reddito rispetto alla media britannica, superando per i Paesi della periferia mediterranea, mentre la
Russia si situava ad un terzo e chiudeva la lista delle grandi potenze (la sua potenza derivava
dallestensione e dalla popolazione).
Nel 1998 la situazione pi irregolare: la distanza dal primo allultimo cresciuta (Europa
occidentale-orientale), passando da 5 a 8 volte, mentre si creata una forte convergenza tra i Paesi
europei occidentali, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia non si differenziano di pi del 10%.
Societ con alti livelli di consumo
I consumi alimentari, insieme al reddito pro capite, migliorano: pi calorie consumate, dieta
diversificata, ma soprattutto sostituzione dei cereali e tuberi con prodotti lattei, proteine della carne e
la frutta. Anche il consumo per labitazione aumenta (componente del riscaldamento), insieme ai
trasporti individuali, tempo libero, sanit ed educazione.
Il grande processo di socializzazione tecnologica del secolo fu la diffusione di massa dellautomobile,
che segna anche la frontiera della diffusione della societ dei consumi di massa (Gran Bretagna e
Francia i Paesi pi avanzati tra le due guerre, il blocco orientale arriva in ritardo) . Altri due oggetti
che sintetizzano i modelli di consumo ed i cambiamenti di gusto sono la televisione (inventata in
Inghilterra e quindi solo qui presente nel 1950 e diffusa nel 1955, la diffusione non distingue tra
blocchi, uninvenzione utile per i regimi dittatoriali, nel 70 c convergenza europea nei livelli di
consumo, la TV ha eguagliato gli europei, negli anni 90 sono gli scandinavi in testa per ragioni
climatiche e un sostrato educativo molto forte che assorbe le nuove tecnologie dellinformazione) ed i
computer.
Il ruolo propulsore del progresso tecnologico
Prima della grande guerra il mondo era dominato dalle grandi rivoluzioni della prima rivoluzione
industriale basate sul carbone: la siderurgia, la meccanica a vapore, la ferrovia, la nave a vapore. Nel
1900-1913 si assiste allascesa di nuove tecnologie (lelettricit, il motore a combustione interna e la
chimica industriale, il telefono sostituisce il telegrafo) che non dominavano il panorama industriale
ma sicuramente quello degli investimenti.
La ricostruzione dopo la guerra fren il cambiamento tecnologico europeo in quanto miniere,
altiforni, ferrovie e fabbriche furono riparate in velocit consolidando le vecchie tecnologie e
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segnando linvecchiamento rispetto agli Stati Uniti, le cui innovazione tecnologiche risorsero in
Europa solo quando lattivit economica si normalizz. I due fenomeni tecnologici pi rilevanti tra le
due guerre sono lelettrificazione (gi a buon livello prima della grande guerra, fu considerata un
simbolo di modernit, attir ingenti investimenti nelle decadi 20 e 30 e venne applicata in tutti i
settori) e la diffusione di massa dellautomobile, gi in corso dal 1914 acquist grande rilievo con la
guerra e la Ford T inond lEuropa nel dopoguerra grazie ai suoi prezzi contenuti.
Lapplicazione della scienza allindustria, gi peculiarit tedesca alla fine del XIX secolo, divent un
investimento fisso ed ebbe risvolti nelle fibre artificiali e sintetiche e nellindustriale farmaceutica. La
seconda guerra mondiale godette di tutte queste innovazioni, la pi importante delle quali la radio,
che rivoluzion le comunicazioni di massa e la propaganda politica oltre che a ridurre i costi di
comunicazione e intrattenimento.
Gli Stati Uniti, non colpiti nel loro territorio dalla seconda guerra mondiale, uscirono da questa con
molte innovazioni tecnologiche inizialmente dovute alla necessit di superare gli armamenti tedeschi,
e poi applicate in infiniti campi: raggi laser, nuovi materiali come la plastica, lenergia atomica.
LEuropa si avvantaggi di queste innovazioni come leva per colmare il gap tecnologico che si era
creato tra i due continenti, mai tanto accentuato come tra il 1945 ed il 1950. Il nucleo tecnologico
organizzativo importato fu il fordismo, sistema a catena di montaggio che domin la ricostruzione
europea e la golden age. LEuropa cominci ad emergere imitando le tecnologie americane fino ad
arrivare a sfidare gli Stati Uniti sul loro stesso terreno: imprese europee di industria automobilistica,
chimica e delle costruzioni meccaniche cominciarono a penetrare sui mercati internazionali.
Nel 1973 la crisi del petrolio, che si sarebbe ripetuta nel 1979-1980, distrusse le basi energetiche del
modello in quanto lenergia cara significa un ridimensionamento del sistema fordista che dovette
essere adattato alle nuove circostanze. Dal 1985 la domanda di PC si delineava inesauribile e venne
incoraggiata la ricerca, linvestimento e la domanda privata. Nella decade degli anni 90 c la
rivoluzione di Internet che vede la combinazione di informatica e telematica, elaborazione e
trasmissione dei dati.
Le economie sviluppate riescono a migliorare la loro gi alta produttivit principalmente attraverso il
progresso tecnologico. Al giorno doggi non pi solo il capitale fisico ma anche quello umano hanno
un ruolo fondamentale e sotto questo aspetto le economie europee, dotate di grandi quantit di
capitale fisico, sommato alle sempre pi alte dotazioni di capitale umano, sono ad alta intensit di
capitale.
Tecnologie come quella elettrica ed automobilistica hanno richiesto investimenti pubblici e privati
ingenti nel reperimento di fonti energetiche, nel trasporto dellenegia e del combustibile, nella
creazione di infrastrutture per il loro uso, nella fabbricazione degli strumenti o prodotti che sfruttano
le nuove tecnologie, che hanno incoraggiato la formazione di grandi imprese dedicate a questo scopo,
che a sua volta hanno incoraggiato altre imprese per la loro manutenzione: il capitale non residenziale
(cio capitale fisico ad esclusione dei fabbricati per civile abitazione, il capitale propriamente
produttivo) ha effetti moltiplicatori.
Grado di intensit capitalista delleconomia = capitale non residenziale / PIL
Il cambiamento strutturale: la decadenza dellagricoltura
Man mano che cresce il PIL, la proporzione originata dallagricoltura diminuisce mentre cresce
lindustria, il settore terziario sostituisce progressivamente lagricoltura ed industria diventando
settore dominante alla fine del XX secolo: il tratto dominante del secolo rimane comunque la caduta
della popolazione attiva in agricoltura.
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Nel 1910 si distinguevano 4 Europe: Gran Bretagna gi industrializzata (9% in agricoltura), blocco
dellEuropa centro-occidentale con in testa Belgio, Svizzera e Olanda, i pi avanzati nel percorso di
emulazione, che avevano spostato la loro manodopera verso lindustria, poi i Paesi con ancora dal 49
al 58% occupati in agricoltura, avevano solo iniziato il percorso (Svezia, Grecia, Irlanda, Italia,
Spagna, Portogallo), infine il blocco dei Paesi ancora agrari come la Polonia, Romania, Finlandia,
Bulgaria e Yugoslavia.
Nel 1950 la tendenza della diminuzione di 10 punti media, spicca la Finlandia con 33 punti in meno
e la Svezia con 28, paese che si industrializzato tra le due guerre, Austria e Cecoslovacchia sono
invece stagnanti. Nel 1980 le proporzioni sono fortemente convergenti verso il basso, con una
diminuzione media di 20 punti: tra i Paesi con meno dell11% si colloca tutta lEuropa centro e Nordoccidentale, con la Cecoslovacchia e la Finlandia che dimostrano lenormit dei cambiamenti da loro
sperimentati in meno di un secolo. I Paesi dellEst seguono in coda ma a distanza ravvicinata, le
eccezioni in negativo sono Portogallo che riduce solo di met e la Grecia di un terzo (contro le
riduzioni medie ad un quinto).
Levoluzione fino al 1998 prevedibile ma presenta uneccezione: la Romania che pass dal 29 al 40%
di occupati in agricoltura invertendo la tendenza (come in realt successe in tutta larea balcanica), un
vero e proprio ritorno allagricoltura per effetto delle grandi crisi di sopravvivenza dei Paesi nei quali
la transazione al capitalismo ed al mercato fallita.
La contrazione degli occupati in agricoltura si sviluppata insieme allaumento del prodotto agrario:
la prima guerra mondiale comporta una drammatica riduzione della produzione portando carestia e
fame, ci vorr poi un decennio per tornare ai livelli dellanteguerra (si ricorreva ad importazioni
doltremare). La seconda guerra mondiale torna a mandare a fondo la produzione, che dopo la guerra
si riprende grazie al protezionismo, e nonostante loccupazione agraria continuasse a diminuire, la
produttivit inizi a crescere grazie allintroduzione di macchinari di ogni tipo. Attualmente
lagricoltura il settore che riceve pi sovvenzioni attraverso i fondi dellUnione Europea.
Cambiamento strutturale: industrializzazione e deindustrializzazione
Nel XX secolo il prodotto industriale cresciuto molto, ma ha sofferto le ondate delle due guerre
mondiali, della depressione anni Trenta e della crisi industriale pi profonda del secolo a partire dal
1975, culminata in un processo di deindustrializzazione, imperante nellultimo quarto di secolo.
La graduatoria nel 1910 dei Paesi in relazione alla popolazione attiva industriale simile a quella
dellagricoltura ma invertita e riflette lo stesso fenomeno di declino dellagricoltura. Nel 1960, finite le
guerre, la tendenza era una crescita netta delloccupazione industriale, che per i Paesi
dallindustrializzazione arretrata fu spettacolare: Finlandia e Polonia guadagnano 20 punti, altri Paesi
del Sud e dellEst Europa guadagnano tra i 12 ed i 17 punti con le eccezioni di Grecia, Romania e
Yugoslavia che non crescono pi di 7 punti come i Paesi gi industrializzati. Lunico paese che
procede verso una deindustrializzazione la Gran Bretagna, con una diminuzione di 4 punti. Il
risultato che si creata unarea intensamente industriale nel cuore dellEuropa con percentuali di
occupati vicine al 50%.
Tutti i Paesi comunque completeranno la loro industrializzazione tra il 1960 ed il 1980, quando i Paesi
dellEst sono ben piazzati (peso minore dei servizi nella loro struttura occupazionale), i Paesi
dellEuropa centrale (Germanie, Cecoslovacchia, Svizzera, Olanda, Italia ed Ungheria) costituiscono il
nucleo industriale europeo, la Grecia si mostra in gran ritardo non sembrando n orientale n
occidentale, gli altri Paesi balcanici si caricano di furore per lindustrializzazione, le due ex grandi
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potenze (Gran Bretagna e Belgio) sono in una posizione intermedia, i Paesi scandinavi con alto PIL
procapite si trovano invece nella parte bassa. Da questo si intuisce come ormai il vento stia soffiando
verso i servizi e come la specializzazione industriale non sia ormai garanzia di sviluppo.
Cambiamento non percepito dai Paesi sovietici che, verso il 1988/89 conquistano i primi posti in
termini di specializzazione industriale.
La composizione interindustriale: dal tessile allelettronica
Nellaccezione pi ampia fanno parte dellindustria anche lestrazione di minerali, la produzione e
distribuzione di acqua, gas ed elettricit e lindustria delle costruzioni, ma siccome una parte delle
loro attivit estranea alla trasformazione industriale, si considera il nnucleo centrale dellattivit
industriale la manifattura, divisa in 6 settori.
Duranto il periodo dellindustrializzazione crescente (1913 1975) il settore in maggiore regresso
relativo il tessile, seguito dallalimentazione e in ultimo dalla produzione di metalli, mentre i settori
in piena espansione sono quelli della lavorazione di prodotti metallici e la chimica. Gli altri settori
hanno avuto traiettoria ambigua: i Paesi industriali emergenti tendono a specializzarsi nei settori
manifatturieri pi maturi dove lapplicazione della nuova tecnologia ha scarso impatto sui costi di
produzione e dove il fattore competitivo sono i salari, i Paesi pi avanzati tendono invece a collocarsi
nei settori pi progrediti dove la componente del capitale umano cruciale. I Paesi dellEuropa
orientale, quelli ad industrializzazione forzata, si sono impegnati a fondo dopo la seconda guerra
mondiale per dotarsi di tutti i settori manifatturieri, privilegiando quelli a tecnologia pi avanzata
rispetto a quelli tradizionali, e quelle attivit a pi alta intensit di lavoro non qualificato rispetto a
quelle ad elevata intensit di capitale fisico e umano.
Nel 1973 cerano poche differenze nella struttura industriale europea occidentale ed orientale, pi
marcate erano invece quelle tra Nord e Sud: in Europa occidentale e meridionale i settori ad alta
intensit di lavoro poco qualificato (alimenti, bevande e tabacco) sono in declino mentre
sperimentano forti incrementi in Europa orientale, viceversa il settore dei macchinari industriali e del
materiale di trasporto, con maggiori esigenze di capitale fisico e lavoro qualificato continua a crescere
nellOvest ma soffre nellEst.
Lauge della grande impresa industriale
I settori manifatturieri pi dinamici sono stati anche quelli con imprese di maggiori dimensioni e
migliore riuscita durante il secolo. Nel 1912 2 nazioni hanno entrambe 14 casi di grandi imprese
industriali (gli Stati Uniti 54), Regno Unito (un paio di imprese tessili, un paio di tabacco, una di birra
Guinness, una alimentare Lever, due di miniere non ferrose, tre di industria pesante, una chimica ed
una petrolifera) e Germania (4 settori: 7 in siderurgia e industria pesante, 3 nella chimica, 2 settore
minerario del carbone, 2 elettrico). Altri Paesi dotati di grandi industrie sono la Francia (4 compagnie
minerarie), la Russia (tutte con importante presenza di capitale straniero e nazionalizzate con la
rivoluzione del 1917).
Malgrado la penetrazione delle nuove tecnologie della chimica, elettronica e petrolio, allinizio del
secolo domina ancora il peso delle attivit di prima industrializzazione come quelle tessili, il settore
minerario, metallurgico e delle costruzioni legate alle ferrovie e della navigazione. dal 1937 che la
preminenza imprenditoriale delle nuove tecnologie diventa un dato di fatto: sorgono grandi imprese
chimiche e petrolifere mentre scompaiono quelle tessili, siderurgiche e soprattutto minerarie. Nel
1958 il processo si intensifica e diventa dominante linsieme dei colossi imprenditoriali legati al
paradigma automobilistico (petrolio, costruzione di auto e pneumatici), nel 1973 entrano le

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farmaceutiche (chimica fine), che si moltiplicano nel 1998 insieme a quelle di materiale elettronico ma
non spiazzano il primo posto della Shell (anglo-olandese del petrolio).
I Paesi con grandi dotazioni di minerale di carbone e di ferro hanno perso il loro vantaggio sul
terreno della grande impresa, recuperato invece da quelli che sono riusciti a sviluppare nuove
tecnologie e ad adattarsi alle nuove condizioni del mercato mondiale.
La diversificazione dei servizi
La Legge di Clark (alla crescita dellindustria seguir quella dei servizi) si attua alla perfezione,
portando come conseguenza la crescita dei servizi moderni ad alta intensit di tecnologia ed
informazione. Le fasi:
svillupo dei servizi modeni per il XIX secolo: trasporti, comunicazioni, servizi
finanziari ed assicurazioni si completa nel 19131950 con lauge dellimpresa moderna con domanda
crescente di servizi amministrativi e apertura di nuovi tipi di lavoro;
anni 50 e 60 il processo prosegue alimentato dalla crescita dello Stato di benessere,
con una grande richiesta di lavoratori dei servizi personali avanzati, principalmente nel settore
sanitario e scolastico;
anni 80prende corpo la rivoluzione informatica che esploder nel decennio seguente,
il risultato un processo di terziarizzazione vivacissimo.
I Paesi con reddito pro capite pi elevato sono a fine secolo quelli che pi sono andati avanti nel
cammino di terziarizzazzione: banche commerciali, compagnie di assicurazione, imprese di trasporto,
imprese elettriche, commercio allingrosso. La convergenza tecnologica dei diversi settori di attivit,
lo sviluppo dei mercati borsistici e la tendenza universale alla privatizzazione delle imprese
pubbliche, hanno finito per unificare la visione imprenditoriale.
Tra le pi grandi compagnie di servizi classificate da Business Week nel 1998, il settore finanziario
predomina con 6 banche (inglesi e svizzeri), 2 assicurazioni e 1 di servizi finanziari tra le prime 15
europee, il rimanente sono 6 imprese di telecomunicazioni. Nessuna impresa di trasporto che invece
avrebbero dominato la classifica di inizio secolo, sostituite dalle imprese di telecomunicazione, bene
la Germania, male la Francia.
Modelli nazionali di crescita. I Paesi della prima industrializzazione
Valutando i tassi di crescita del PIL pro capite del secolo si nota come esistano due clubs: i Paesi
occidentali che sono tanto pi cresciuti quanto pi erano poveri ad inizio secolo, ed i Paesi orientali
che sono cresciuti poco nonostante fossero poveri. Il Regno Unito era il pi ricco nel 1913 ed infatti
quello che cresce meno durante il secolo, i Paesi scandinavi invece, quelli che si trovano alle periferie
meno industrializzate dellEuropa occidentale, stanno nella parte alta della graduatoria cos come la
periferia occidentale e meridionale (Irlanda, Portogallo, Grecia, Italia e Spagna), Paesi che invece
avevano imitato precocemente lindustrializzazione britannica (Belgio) o che si erano rapidamente
adattati (Svizzera, Germania, Austria, Francia) sono al di sopra della Gran Bretagna ma sotto gli
scandinavi.
Leconomia britannica, a causa dellelevato livello dal quale partiva, stata quella con la crescita pi
lenta tra quelle occidentali, perdendo la suapredominanza durante il secolo. Rispose molto bene alle
due guerre aumentando il suo prodotto ed imponendosi cos ai nemici, ma entrabi i dopoguerra
furono periodi di stagnazione. Reag bene alle grandi crisi economiche del secolo (1929, 1973 che
coincise con lentrata nella CEE, 1979), con carica innovativa che dimostrava il dinamismo economico.

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Nel 45 in Regno Unito era ancora il paese pi ricco dEuropa mentre nel79 si trovava in situazione di
decadenza fino ad arrivare al sorpasso italiano allinizio degli anni 80.
Il Belgio, nazione di pi antica industrializzazione dopo la Gran Bretagna, pat duramente le due
guerre riuscendo per ad effettuare a buon ritmo la ricostruzione, soffr lievemente la grande
depressione ma essendo legata al gold standard tard a riprendersi, stagnando per tutto il decennio
1929-1939. Come tutti i Paesi occupati dalla Germania sub importanti perdite del PIL durante la
seconda guerra mondiale ma non distruzioni di capitale, il che gli permise di svolgere un ruolo
dinamico durante la ricostruzione postbellica fornendo carbone, ferro, acciaio e macchinai agli altri
Paesi, e non si serv del piano Marshall evidenziando nel decennio 50 linvecchiamento industriale.
Fu per questo una crescita relativamente lenta nel contesto europeo, ma la sua integrazione iniziale
nella CEE le fu favorevole. Fu colpita duramente dalla crisi petrolifera senza pi riuscire ad arrivare
ai livelli ante 1973, nonostante i tentativi di conversione della sua base mineraria ed industriale
concentrata nellarea vallona ed incrementando loccupazione del settore pubblico. La soluzione si
trov invece nella concessione di agevolazioni per lubicazione sul territorio di multinazionali,
attirando forti investimenti e rilanciando leconomia.
LOlanda recuper nel XX secolo quel dinamismo che ne aveva fatto leconomia pi prospera
dellEuropa del XVII secolo, grazie la dispiegamento delle tecnologie della seconda rivoluzione
industriale che la liberarono dalla dipendenza del carbone. Fu neutrale durante la prima guerra
mondiale ed approfitt di questa posizione durante e dopo il conflitto: nel 1929 era cresciuta del 77%
rispetto al 1913, successo dovuto alla neutrlit nella guerra ed alla buona vicinanza e intenso
commercio con la Gran Bretagna (uno dei colossi alimentari parzialmente olandese, la Unilever), ma
soprattutto alla posizione di porta marittima della Germania che le permise di avere accesso a tutto il
mercato tedesco, controllandone il mercato petrolifero, limportazione, la raffinazione e la
distribuzione e creando cos la Royal Dutch, futura Shell. Grazie alla leadership tecnologica e
commerciale della Philips gli olandesi sfruttarono tutto il mercato centroeuropeo nel campo degli
elettrodomestici. Nel decennio 70 scoprirono una risorsa naturale molto apprezzata come il gas
naturale e riuscirono finalmente ad uscire dal Dutch disease negli anni 80.
La Svizzera seppe arricchirsi senza disporre delle risorse naturali proprie della prima
industrializzazione. Usc frenata dalla guerra ma seppe approfittare della rovina della Germania per
trasformarsi in sede di molte attivit di matrice tedesca, la sua vita economica fu sempre dipendente
dalle trasformazioni del suo poderoso vicino. Limpatto del 1929 fu lieve ma gener una prolungata
stagnazione che dur per tutta la seconda guerra mondiale, per arrivare al grande momento della
Svizzera che coincise con la fine della guerra: qui ristagn la ricchezza accumulata dai nazisti, oro e
valute, dal 1944 al 1945 il suo PIL crebbe spettacolarmente del 29% e dal 1945 al 1947 di un altro 20%.
La golden age fu interrotta nel 1949 e nel 1958 quando le turbolenze monetarie la investirono
transitoriamente, la crisi del petrolio la colp fortemente, cos come la deregolamentazione finanziaria
e la caduta del muro di Berlino (1989) con la deviazione di risorse tedesche verso lex RDT. La
Svizzera si basa oggi sulle sue imprese industriali, pessime multinazionali d farmaci.
Il protagonismo secolare dei second comers
La Germania soffr, durante le due guerre, di grandi cambiamenti territoriali, la sua superficie
aument in modo spettacolare in entrambi i conflitti, dato che amministrava territori altrui, per poi
subire forti sanzioni territoriali causati dalle sconfitte, significative per la prima, radicali quelle della
seconda: inizialmente divisa in 4 zone di occupazione militare da parte delle principali nazioni alleate
e con forti cessioni alla Polonia, dal 1949 si crea la divisione tra RFT e RDT che durer 40 anni
(unificazione nel 1990). Le guerre e la grande crisi del 1929-1932 dominarono i lineamenti
delleconomia tedesca: il primo dopoguerra fu penoso, il secondo inizi in modo patetico ma fin
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bene. La prima guerra mondiale, la crisi del 1919, quella del 23 e del 29 impallidiscono di fronte al
crollo sofferto nel 1945 e 1946 (durezza del secondo dopoguerra). Il boom degli anni 50 conseguenza
dellintensit della caduta e delle possibilit di recupero che aveva un paese con popolazione ed
infrastrutture qualificate, lindustria tedesca recuper il suo dinamismo e torn ad essere fornitrice di
macchinari e materiale da trasporto. I crescenti lacci commerciali diedero fondamento alla scommessa
per il mercato comune europeo che si concretizz con il Trattato di Roma del 1957. Alla fine del XX
secolo leconomia tedesca era di nuovo la maggiore in Europa.
Malgrado le due vittorie, leconomia francese risent della devastazione delle due guerre, ed il
periodo tra le due fu dominato dallo spettro della stagnazione demografica e dallarretratezza
economica. Nel periodo che va dal 1929 al 1944 leconomia francese di contrae del 51% (contro un
aumento del 55% di quella tedesca), mentre nel secondo dopoguerra la Francia inaugura una lunga
fase di crescita e di dinamismo. La ricostruzione fu utilizzata a fondo per innovare le infrastrutture di
trasporto ed il macchinario industriale, entrando nella CEE la Francia accresce i suoi mercati ed
elimina i rischi di un conflitto con il suo storico nemico. La continua e rapida crescita del periodo
1945-1974 cambi limmagine di ritardo e leconomia francese divent ben strutturata e perfettamente
dotata di capitale umano sapendo convertirsi in economia dinamica dal punto di vista tecnologico ed
imprenditoriale. Reag alla seconda crisi del petrolio con una strategia di espansione della domanda,
mentre la coincidenza nel 1881 della difficile congiuntura economica internazionale con lingresso al
governo di una maggioranza di sinistra port effetti negativi che si concretizzarono in una
svalutazione del franco rispetto al marco, considerato pietra miliare della revisione della politica
economica francese. Al 2000 leconomica francese la seconda per il PIL dopo la Germania.
LItalia il paese che ha goduto dei tassi di crescita pi elevati nel secolo tra i Paesi che si avversarono
nella grande guerra. Liniziale neutralit e la lontananza dai fronti di guerra consentirono
alleconomica italiana di prosperare durante il primo conflitto, ma il dopoguerra fu duro e vide crisi
di sovrapproduzione e conflitti redistributivi che finirono per dar luogo al fascismo, che domin il
periodo tra le due guerre (dal 1922 al 1943). Il primo decennio fu liberale mentre il secondo
autarchico. Gli ultimi due anni del conflitto furono caotici mentre la ricostruzione fu un successo,
quasi un miracolo. LItalia, come Germania e Francia, utilizz i fondi del piano Marshall per
ricostruire la sua industria e i suoi trasporti. Si inser nei circuiti commerciali intereuropei che diedero
luogo alla CEE e seppe approfittarne per accrescere i suoi mercati e offrire nuove prospettive di
lavoro alla sua popolazione. Il miracolo inizi ad incrinarsi nel 62 ma dur fino alla crisi del 1973.
Negli ultimi due decenni inoltre lItalia ha richiamato lattenzione per il suo successo con la piccola
impresa ed i suoi distretti industriali diventando un esempio paradigmatico grazie soprattutto alle
sue esportazioni.
Il XX secolo il secolo dellUnione Sovietica (URSS), segnato dalla sua origine nel 1917 e la sua fine
nel 1991, nascita vista come risultato inevitabile del fallimento dello zarismo, ma anche dovuta alle
estreme condizioni portate dalla prima guerra mondiale nella politica ed economia che favorirono la
nascita di alternative radicali. Il primo periodo, il comunismo di guerra (1917-1921) seguito
dallepoca della NEP (nuova politica economica) che fece segnare un recupero economico e arriv
fino al 1927 anno in cui si lancia il primo piano quinquennale, taglio netto nella politica economica
sovietica e mondiale che port una forte crescita, seguito da un periodo di pianificazione centralizzata
che durer fino al 1991. I piani iniziali centrati sullindustrializzazione e creazione della grande
industria pesante sono seguiti dallo sforzo di ricostruzione postbellica che durer un decennio, e da
un altro decennio di tentativi di riforma successivi alla morte di Stalin (1954). Inizia poi una decade di
decadenza (periodo del breznevismo) interrotta dagli sforzi riformatori di Gorbachov e la sua
Perestroika (ricostruzione) negli anni 80. Il PIL russo, sovietico e post sovietivo segnato da forti
rotture: la prima guerra mondiale, proseguita fino al 1921 come guerra civile, la seconda guerra
mondiale che torn a ridurre drasticamente il potenziale produttivo del paese, e unaltra caduta
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spettacolare nel 1989 dovuta alle modalit della transizione alleconomia di mercato, che vide
unassimetria di liberalizzazione (si liberalizzarono solo i settori in cui cera pi interesse) che cre
distorsioni, violenze organizzate che limitarono gli investimenti e le attivit imprenditoriali. Lex
URSS entrata in un percorso distruttivo.
I destini delle periferie
I Paesi europei che pi sono cresciuti nel corso del XX secolo sono quelli delle periferie occidentali: i
Paesi scandinavi (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia) e quelli mediterranei (Sud). Sono Paesi che
si presentano relativamente poveri allinizio del secolo rispetto ai Paesi gi industrializzati.
Lelemento dominante dellesperienza economica scandinava (in particolare svedese) del XX secolo
la velocit e continuit di crescita. La parziale neutralit durante le due guerre ed il modesto impatto
della crisi degli anni 30 assicurarono alleconomia una crescita ed un livello di benessere superiori
agli altri Paesi europei: risale infatti agli anni Trenta linsediamento dello Stato del Benessere. Lo
scenario economico era stabile, limpegno produttivo di sindacati e padroni era forte, i tassi di
alfabetizzazione alti favorendo la specializzazione in attivit industriali e di servizi con elevati
contenuti tecnologici. La ricostruzione e la golden age fornirono mercati in espansione e contesto
internazionale favorevole. La crisi del petrolio li colp con forza diversa, la Norvegia infatti grazie alla
scoperta di riserve di petrolio nel mare del Nord si trasform in grande esportatore di greggio ed il
suo tasso di crescita nellultimo quarto di secolo importante. Soffrirono anche della crisi europea dei
primi anni 90, in particolare la Finlandia, orientata al commercio con lUnione Sovietica che dopo la
caduta liberalizz i commerci costringendo la Finlandia a specializzarsi in altre attivit, risultati
ottenuti brillantemente nellelettronica e telecomunicazioni.
Dopo lindipendenza nel 1920 lIrlanda crebbe alla velocit della Gran Bretagna ma senza godere
dello stesso livello di prosperit. Neutrale nella seconda guerra mondiale, non godette degli aiuti del
piano Marshall, e vide fino alla fine del decennio del 1950 un certo autarchismo di matrice agraria.
Non partecip alla CEE ed il suo legame al commercio internazionale si limit ad un accordo con il
Regno Unito. Entr nella Comunit Europea nel 1973 sperando in una svolta ma lambiente
internazionale fu poco propizio, nel 1980 decise di aprirsi agli investimenti esteri e dovette aspettare il
1993, quando fu paragonata alle tigri asiatiche, per approfittare del suo potenziale, avvantaggiata
dallessere un paese anglofono.
Nel primo terzo del XX secolo il Portogallo oscill tra monarchia e repubblica e tra dittatura e
democrazia. La soluzione pi stabile fu una dittatura repubblicana imposta da Salazar nel 1927 e
durata fino al 1974. Super bene la crisi degli anni 30 e si avvantaggi della sua neutralit durante la
seconda guerra mondiale e delle iniziative di cooperazione occidentale postbelliche. Nelle decadi del
1950 e 1960 crebbe bene ma sub un salasso economico ed umano durante le guerre coloniali dal 1961
al 1974. Nel 1974 la rivoluzione dei garofani mise fine alla dittatura e la rapida decolonizzazione
gener quasi un milione di immigrati. A partire dallentrata nella CEE nel 1987 ha saputo approfittare
delle opportunit del grande mercato europeo e dei fondi comunitari destinati alle regioni pi povere
e alle produzioni agrarie.
La Spagna si present agli anni 20 con un livello di prosperit superiore al 1913 dovuto alla sua
neutralit, riducendo le distanze rispetto agli altri Paesi europei. Naturalizz tutti gli investimenti in
mano straniera e riusc a dotarsi della quara maggiore riserva aurea del mondo dilapidata durante la
guerra civile dal 1936 al 1939. Ci fu una forte espansione negli anni 20, ed una blanda depressione
nella prima met dei 30, la guerra civile la butt in depressione. Durante la seconda guerra mondiale
la Spagna fu prigioniera degli accordi tra Hitler e Mussolini (potenze dellAsse) e solo quando nel
dopoguerra le potenze alleate decisero di non intervenire contro la dittatura di Franco, complice la
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guerra fredda, la crescita economica si mise in moto e fu folgorante, riuscendo a compensare il tempo
perduto. Nel 1959 leconomia si liberalizz ed inizi a godere del turismo, delle rimesse degli emigrati
e degli investimenti esteri, crescendo molto in fretta dal 1969 al 1973. La crisi petrolifera segn come
per tutti la fine della golden age, situazione complicata dalla delicata transizione politica alla
democrazia. Nuovi impulsi di crescita derivati dallintegrazione nella CEE.
Il risultato in termini di crescita della Grecia, il pi orientale dei Paesi occidentali, meritevole e
mostra la forza delle tendenze alla convergenza economica quando le si lascia agire. Agli inizi del
1920 dovette accogliere 2 milioni di greci fuggiti dalla Turchia in conseguenza di reinsediamenti
massicci di popolazione, occupata durante la seconda guerra mondiale dalle truppe dellAsse, la
Grecia sub distruzioni fino al 1949 a causa di una feroce guerra civile. Stabilizzata politicamente, la
Grecia utilizz per la crescita economica la forte domanda europea occidentale, le rimesse degli
emigrati ed il crescente turismo. Entrata nella CEE nel 1980 non riuscita a trasformare gli aiuti
comunitari in una leva di modernizzazione.
LEuropa centro orientale sorse dalle ceneri dei quattro imperi sconfitti: il tedesco, il russo, laustroungarico e lOttomano. Gli stati erano creati dai trattati di pace e non avevano tradizione n risorse.
Dedicarono gli anni 20 a dotarsi di una minima struttura statale e a costruirsi unidentit nazionale,
riuscendoci in parte grazie agli aiuti nordamericani, francesi, britannici e belgi. Furono tutti catturati
dal moto vorticoso dellespansione hitleriana e rimasero sotto il controllo sovietico dopo la seconda
guerra mondiale tranne la Finlandia e lAustria.
LAustria il paese che ha passato peggio gli anni tra le guerre: nel 1950 possedeva un PIL superiore
solo del 9% a quello del 1913, soffr molto duramente la prima guerra mondiale ed ebbe una
ricostruzione molto lenta e fragile dopo il crollo di tutta la struttura imperiale asburgica che dava vita
a Vienna, capitale politica, economica e finanziaria dellimpero. La prolungata crisi si super solo
durante lassorbimento nello spazio economico nazista, ma i buoni anni finirono bruscamente con
loccupazione alleata nel 1945 quando in un solo anno il PIL croll del 60%. LAustria rimase divisa
anchessa in 4 settori ma senza divisioni territoriali, la ricostruzione fu lenta, si complet nel 1953
quando inizia la golden age: crescita rapida agevolata dallubicazione geopolitica in quanto faceva
parte delleconomia occidentale ma era ottimamente collocata per realizzare compiti di
intermediazione commerciale tra Est e Ovest. LAustria recuperer tutti i suoi arretramenti bellici e
torner ad essere prospera.
Tutti gli altri Paesi dellarea centro orientale si integrano tra il 1945 e il 1948 allarea sovietica,
restandoci fino al 1989 e condividendone la crescita
3.2 LE GRANDI TAPPE
Le fluttuazioni delleconomia
1913 - esplosione della guerra e riduzione del PIL, che poi fluttua tra alti e bassi.
1918 - fase finale della guerra e disorganizzazione successiva, caduta pi forte.
1923 - si ristabilisce il livello precedente alla guerra gli anni 20 sono di prosperit crescente 1929-1932
il PIL cade continuamente totalizzando una perdita di pi di 10 punti percentuali. 1933-1939
recupero, incremento del 30% negli anni 30 le politiche sono autarchiche e si orientano a preparare
nuovi conflitti. Il massimo del 1939 resiste precariamente fino al 1943.
1944-1945 affondo fragoroso, caduta pi forte del secolo, 15% in un anno. Con la guerra i Paesi si
esauriscono e leconomia si paralizza.
1946-1975 golden age delleconomia capitalista, aumento continuo del PIL (1948 anno iniziale del
Piano Marshall, 1973 ultimo anno di prosperit)
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Dallespansione allo sviluppo.

1946-1950 ricostruzione, tasso di crescita annuo del 7%. Il recupero del massimo precedente alla
guerra si ottiene gi nel 1949, finisce il periodo storico dei transwar years (1914-1945) contrapposto
agli interwas years (1918-1939).
1951-1952 la crescita diminuisce ma la guerra si Corea e quella fredda danno nuovo impulso
alleconomia europea che recupera forza fino al 1957.
1958 insieme di crisi e incertezze nella stabilit monetaria frenano la crescita che ritorna ai livelli
precedenti gi nel 1959.
1960-1964 periodo pi luminoso della golden age, ottimismo generale.
1965-1967 rallentamento
1968-1973 nuovo ciclo espansivo
1974 i prezzi del petrolio crescono bruscamente ma leconomia gode dellinerzia del periodo
precedente
1975 caduta del PIL, crisi poderosa, cambio di fase
1974-1990 stagnazione economica
1975-1979 le economie cercano di aggiustarsi, ritmo meno intenso
1979 nuova crisi petrolifera, nuova fase di pessimismo
1980-1982 stagnazione
1982-1988 crescita del 2-3% media (4%nel 1988)
1989 caduta caduta del blocco sovietico, non porta acceclerazione per la crescita occidentale:
1990-1993 il PIL in semiparalisi
1993 annus horribilis delleconomia europea
1993-2000 maggiore armonia produce alcuni casi di crescita modesta ma costante.
Grande guerra e pace incerta
Con lesplosione della guerra croll il mondo economico, sociale, politico, culturale, era la fine delera
del liberalismo ottocentesco. Lasci una pesante eredit che condizion la storia europea nel
successivo quarto di secolo gettando le basi della seconda e per la rivoluzione che gener un sistema
sociale contrapposto al capitalismo, il modello sovietico.
Tre spetti importanti: rottura radicale con il passato, trasformazione dei modi di funzionamento delle
economie nazionali e delleconomia internazionale, conseguenze economiche e costi della guerra:
Appena si aprirono i combattimenti, i mercati finanaziari precipitarono e i governi persero il controllo
delle transazioni estere sospendendo la conversione delle monete: il gold standard (modello
monetario internazionale) fu smantellato, fu eliminato il libero movimento di capitali e di persone e il
commercio estero trov nuovi ostacoli. La guerra rappresent una rivoluzione economica: i governi
organizzarono economie di guerra per fabbricare armamenti ed assicurare provviste di beni essenziali
agli eserciti ed alla popolazione civile, mobilitando in modo massiccio le risorse economiche e
impiegando un dirigismo sistematico nel campo della produzione e distribuzione, controllando
redditi e prezzi, ferendo a morte il liberalismo economico imperante fino al 1914 che nonostante gli
sforzi non riusc mai a tornare alla situazione precedente.
Durante la guerra tutti i Paesi (compresi i neutrali) subirono cadute del loro PIL o comunque non
crebbero salvo due eccezioni: lItalia che cominci neutrale ed entr nel 1915 mantenendo le
operazioni fuori dalle sue frontiere o da territori economicamente rilevanti e lavorando duro, ed il
Regno Unito che mobilit tutte le risorse. Finita la guerra, nel 1919 tutti i Paesi neutrali sono in buone
condizioni per approfittare del ritorno alla normalit, tutti crescono e per alcuni c persino un boom
(Danimarca e Olanda), Regno Unito e Italia, cresciuti orientati alle necessit belliche, cadono nella
depressione postbellica cos come gli imperi centrali (Germania e Austria) che subiscono forti cadute
del PIL.
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Dallespansione allo sviluppo.

Nel 1924, con la chiusura della ricostruzione, sono finite anche le grandi inflazioni: i Paesi neutrali
sono cresciuti superando il preguerra, cos come i Paesi Alleati occupati (Francia e Belgio) e i Paesi
degli imperi centrali che non avevano nessun legame con gli sconfitti (Cecoslovacchia e Yugoslavia)
grazie ad abbondanti crediti dai vincitori. Italia e Regno Unito rimasero inchiodati ai livelli del 1919 e
vissero un duro dopoguerra (in Italia gener il fascismo, mentre nel Regno Unito lincertezza), come
gli sconfitti (Germania, Austria, Ungheria, Turchia e Bulgaria) che passarono gli anni 20 nello sforzo
di recupero.
Il maggiore costo della guerra fu in vite umane (9 milioni di militari, 5 di civili) ed invalidi di guerra,
il dolore e la sofferenza non possono esprimersi in termini economici. Il costo esorbitante che colp le
economie fu quello dei beni usati e distrutti nelle operazioni militari, che provoc indebitamenti
colossali di spesa pubblica, ai quali i politici tardarono ad occuparsene in quanto decisi ad imporre
indennizzi ai nemici sconfitti, ricorrendo alla via finanziaria pi facile: lemissione di denaro. Deficit
pubblico ed inflazione sono i due squilibri macroeconomici pi gravi per il dopoguerra, uniti a quelli
che Keynes chiam le conseguenze economiche della pace cio le condizioni imposte dai vincitori
nei trattati di pace firmati a Parigi nel 1919 (trattato di Versailles con la Germania) che comportarono
la ricomposizione della mappa politica europea con conseguenti disordini economici e conflitti, e la
richiesta di astronomici risarcimenti dalla Germania (che la spinsero al disastro monetario,
liperinflazione) rovinando lo spirito di cooperazione e ritardando la ripresa tedesca e con essa quella
europea.
Gli Stati Uniti, trasformati in principale creditore e fornitore di beni che i belligeranti, impegnati nella
fabbricazione di materiale bellico, non erano in grado di produrre, reclamarono intensamente la
devoluzione dei crediti a fine guerra, ai quali i Paesi non erano in grado di rispondere in quanto
impiegati nella ricostruzione delle economie.
I felici anni Venti e le crisi degli anni Trenta
Il 1919 fu lanno economicamente peggiore: la riconversione dalle economie di guerra non fu facile,
cerano milioni di rifugiati, cambiamenti di confine, disorganizzazione, sovrapproduzione e scarsit.
Ci vollero pi di 2 anni perch le economie si normalizzassero, di pi per i perdenti. Il 1922 fu il
primo degli anni di prosperit, con una crescita generale dell8,5%. Non per tutti: la Germania infatti
vide i suoi ricchi bacini minerari occupati da francesi e belgi che decisero di recuperare in natura i
debiti, lo Stato repubblicano si rifiut di collaborare con gli invasori e finanzi i salari dei lavoratori in
sciopero emettendo pi denaro e mettendo in moto una spirale inflazionista che port il passaggio ad
economia di baratto nel 1923 (iperinflazione) dalla quale usc solo con laiuto americano che dilazion
temporalmente i debiti per permettere alleconomia tedesca di riprendersi (Piano Dawes 1925)
Il resto dellEuropa visse invece i felici anni 20: dal 1921 al 1925 il PIL era cresciuto del 23%, le
invenzioni degli americani durante la guerra arrivavano in Europa, come la Ford T e gli
elettrodomestici. I Paesi, seguendo quanto consigliato da Dawes, tornarono al gold standard, che in
Gran Bretagna (criticato da Keynes le conseguenze economiche di Mr. Churchill) implic una
rivalutazione della valuta nazionale da compensare con una riduzione del costo del lavoro, che
provoc una recessione fulminante e la depressione che scaten il grande sciopero del settore
minerario del carbone nel 1926 e fin per dar luogo ad un governo di grande coalizione con la storica
entrata al governo del partito laburista. I tre anni seguenti furono di notevole crescita e si assapor
ovunque la prosperit, persino in Germania, Austria, e in URSS che grazie alla NEP di Stalin (19241927) stava promettentamente recuperando.

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Rimanevano comunque alcuni squilibri a livello di economia mondiale, come quelli causati dalla
ristrutturazione produttiva internazionale: la guerra aveva incoraggiato laumento della capacit
produttiva in tutto il mondo extrabelligerante per sostituire i mercati che prima venivano riforniti con
limportazione dallEuropa, che alla fine della guerra, con il ritorno alla normalit produttiva
europea, port a un problema di sovrapproduzione cronico che provoc una tendenza chiamata
deflazione strutturale che riflette leccesso di offerta di beni sul mercato condizionando le
opportunit di commercio durante la decade degli anni 20. Questa difficolt di riorganizzazione
produttiva spiega, secondo Kinndleberger, la durezza della crisi del 1929: la domanda mondiale and
decelerando di fronte allincapacit dellofferta di sostenere i prezzi commercializzando
costantemente a prezzi di saldo.
Lisolazionismo nordamericano inoltre, che intorpidiva la crescita del resto del mondo, si era
dimostrato prima con il disinteresse per i trattati di pace e per il nuovo ordine mondiale, poi con il
rifiuto del Congresso di entrare nella Societ delle Nazioni, con la chiusura allimmigrazione, che
provocava labbassamento dei salari operai e si realizz con limposizione di una quota massima, ed
infine con limposizione di dazi commerciali protezionistici che nel 1931 chiusero letteralmente le
frontiere americane.
In nordamerica si viveva comunque una grande prosperit, in gran parte derivata dagli enormi
guadagni procurati dalla neutralit, dai prezzi insuperabili per i prodotti agrari, minerari ed
industriali, qui si sviluppavano mode e nuovi prodotti, lAmerican way of life (le comodit della vita
moderna) si diffonde attraverso nuovi mezzi di comunicazione, il pi brillante dei quali il cinema.
In questo ambiente pieno di sicurezza e di prosperit si and estendendo notevolmente
linvestimento in borsa e lacquisto di azioni di credito: il mercato borsistico attra sempre pi fondi
entrando in una fase decisamente rialzista durante il 1928 e 1929, tutto basato sul fatto che leconomia
non avrebbe cessato di crescere. In effetti molti mercati andavano riducendosi dalla crescente
disparit degli Stati Uniti, e lo stesso mercato interno andava saturandosi e la capacit produttiva
stava diventando sproporzionata rispetto alla capacit di assorbimento del mercato, mostrando un
raffreddamento economico nel secondo semestre del 1929, che provoc una corrente di vendite nella
borsa di NYC che culmin alla fine di ottobre nella precipitazione delle quotazioni (venerd nero e
marted nero), dei valori dei titoli, distruggendo in pochi giorni i sogni di ricchezza dei loro
possessori. Molti investitori avevano comprato azioni a credito e la relativa insolvenza travolse chi
aveva concesso loro i prestiti cio le banche, e la spirale della contrazione del credito si mise in moto
in tutte le direzioni, annullando le liquidit delle imprese, costrette a sospendere i pagamenti, molte a
chiudere i battenti provocando disoccupazione. La Federal Reserv (FED, la banca centrale
statunitense) sottovalut il fenomeno e non interven, difesa dal presidente Hoover, che con questo
errore si gioc la presidenza a favore dellelezione nel 1932 di Roosvelt.
Mentre la crisi borsistica si trasformava in bancaria e finanziaria in tutto il mondo, un altro
meccanismo distruttivo si era messo in moto: lAmerica, per difendere la propria produzione, inaspr
il protezionismo e ridusse fino a sospenderla lerogazione di crediti allestero, provocando la reazione
di numerosi altri Paesi che avevano reagito con dazi pi duri, e la tendenza alla guerra commerciale si
vide rafforzata dalla caduta dellattivit economica e la crisi si globalizz, portando il commercio
mondiale a ridursi in modo continuo per 4 anni in una spirale di contrazione.
Per sfuggire a questa ragnatela la soluzione era svalutare, tagliare cio il legame con il gold standard,
listituzione che simbolizzava la stabilit, normalit e benessere e che tanto era costato reintrodurre. Il
Regno Unito fu il primo ad abbandonarla (settembre 1931), seguito da tutti i Paesi dellarea del
Commonwealth e dai piccoli Paesi europei che dipendevano dal mercato britannico. In generale si
comportarono meglio i Paesi che ne uscirono presto, riuscendo a svalutare e recuperare capacit
competitiva, persa invece dagli altri.
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La crisi dur dal 1929 al 1933, il PIL europeo cadde mediamente del 10%, colpendo pi duramente i
Paesi sconfitti in guerra ed i loro eredi (Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia) in quanto pi
legati a credito e commercio, due grandi meccanismi di diffusione della crisi. I Paesi scandinavi, la
Spagna, lItalia, ed i Paesi balcanici subirono leggermente la crisi, lURSS neanche la soffr.
In generale la soluzione fu una certa chiusura commerciale ed un maggiore intervento pubblico, caso
estremo gli Stati Uniti con il New Deal (1933) del neoeletto presidente Roosvelt che elimin il gold
standard e sostenne la domanda interna di consumo ed investimento attraverso liniziativa pubblica e
la messa in moto di grandi opere pubbliche, iniziativa intrapresa anche da Hitler ma con tono politico
completamente diverso: distrusse i sindacati e liquid ogni opposizione politica, il tratto basilare della
sua politica fu lautarchia, il forte investimento per il riarmo dellesercito, la produzione di articoli
sostitutivi di quelli che dovevano importarsi, la chiusura commerciale, mantenne il gold standard.
Forti investimenti pubblici anche in Gran Bretagna ed in Italia, con lorientamento autarchico di
Mussolini.
Uscita dalla crisi, nellEuropa degli anni 30 si diffusero innovazioni come la radio, le fibre artificiali, le
automobili di piccola dimensione, lalluminio, nuovi elettrodomestici e vari prodotti che rianimarono
lofferta imprenditoriale e la domanda privata: fino al 1939 lespansione economica d luogo a 7 anni
di crescita economica ininterrotta (unica eccezione la Spagna immersa in una guerra civile 1936-1939).
La seconda guerra mondiale ed il progetto del nuovo ordine economico internazionale
Fu molto pi distruttiva della prima (16 milioni di militari, 26 milioni di civili), armamenti pi
potenti, odio pi profondo, genocidi. Anche lo sforzo economico fu di scala maggiore in tutti i
maggiori contendenti Germania, Regno Unito, Italia, URSS, Stati Uniti e Giappone, dove le capacit
produttive vennero ampliate al massimo e scompar la disoccupazione. Il PIL aument solo nei Paesi
non occupati (Stati Uniti raddoppiarono il PIL in 5 anni) mentre in quelli occupati sub un crollo
disastroso (Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio) in quanto loccupazione signific
disorganizzazione, sabotaggi, deviazione di risorse verso la Germania.
Preparando la ricostruzione
Dopo una veloce ricostruzione economica, il mondo si vide spronato alla maggiore crescita mai
sperimentata, il secondo dopoguerra venne infatti affrontato con una ferma volont di cooperazione
economica da parte dei governanti, principalmente da Stati Uniti e Gran Bretagna (i due leader
delleconomia mondiale e baluardi del blocco alleato), le coscienze dei quali erano state scosse e gli
atteggiamenti su come sviluppare le relazioni economiche in tempo di pace capovolti: avevano
imparato la lezione della storia. No debiti di guerra per evitare lasfissia, no isolamento degli Stati
Uniti, nuove regole accettate da tutti per scongiurare il pericolo di una ripetizione delle politiche di
impoverimento del vicino (protezionismo esagerato e svalutazioni competitive).
Serviva che la comunit internazionale si dotasse di una nuova architettura istituzionale che
garantisse un commercio libero ed un sistema di pagamenti capace di assorbire gli squilibri, Gran
Bretagna e Stati Uniti iniziarono nel 1941 a lavorare a tale modello, e convocarono nel giugno del 1944
una conferenza economica internazionale a Bretton Woods (nordamerica) durante la quale si approv
una cornice istituzionale alla quale si sarebbero conformate tutte le relazioni economiche
internazionali, che defin lambiente nel quale avrebbero dovuto operare idealmente il commercio, i
movimenti di capitale ed i pagamenti esteri, un orizzonte verso il quale dovevano incamminarsi le
politiche commerciali e cambiarie.

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Dallespansione allo sviluppo.

Gli accordi si basavano sulla creazione di 3 nuove istituzioni sovranazionali:


OCI (Organizzazione per il Commercio Internazionale) per il rafforzamento di un
commercio libero, che non arriv a nascere, fall, e si dovette colmare il vuoto con un accordo pi
flessibile, il GATT (Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio) che favor attraverso negoziati
(round) una progressiva liberalizzazione del commercio mondiale e si trasform nel 1995 in vera
organizzazione con il nome di OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio).
BIRS (Banca Mondiale) con lo scopo di finanziare investimenti di lungo termine,
strategici pe lo sviluppo economico, che non sono solitamente presi in considerazione dal capitale
privato, e di cooperare alla ricostruzione economica.
FMI (Fondo Monetario Internazionale) lelemento fondamentale, si occupa della
difesa di un sistema cambiario a tassi regolabili ma fissi, poteva prestare assistenza finanziaria ai
Paesi in deficit nei conti esteri. lo strumento che combina il rigore con la flessibilit, conferendo
stabilit e prevedibilit al sistema monetario internazionale.
Queste istituzioni, anche se la realt non si adegu alle aspettative e se le misure adottate
impallidirono di fronte al piano Marshall, hanno permesso una crescita economica sicuramente
maggiore durante la seconda met del XX secolo che se non ci fossero state, hanno garantito relazioni
economiche sicure e stabili.
Ricostruzione postbellica, divisione in blocchi ed integrazioni regionali
1945-1947 sono dominati dalla politica degli aiuti umanitari: le nuove amministrazioni nei territori
liberati dal controllo nazista, con laiuto dellUNRRA (United Nation Relif and Rehabilitation
Administration) concentrano la loro attenzione sui compiti urgenti di soccorso alle decine di milioni
di feriti, prigionieri, dispersi, citt devastate e nazioni disorganizzate. Lestate del 1947 era il termine
fissato per rendere operanti gli accordi di Bretton Woods ma era prematuro e gli Stati Uniti proposero
un grande piano di ricostruzione. Tutta lEuropa si era lanciata in ambiziosi progetti di
modernizzazione e invece di cercare di ridurre il deficit commerciale, importavano ingenti beni
capitali dagli Stati Uniti, molto superiori alla loro capacit di pagamento, e Washington temendo una
brusca caduta della domanda europea sent la necessit di cercare una soluzione per conservare
leccezionale livello delle esportazioni e quindi delle attivit e delloccupazione che leconomia
americana aveva conseguito grazie alla guerra.
Tra laprile 1948 e il giugno 1951 il governo statunitense forn ai Paesi dellEuropa occidentale aiuti
per un importo di 13.000 milioni di dollari, lessenza dellERP (European Recovery Program) o piano
Marshall. I Paesi maggiormente beneficiati furono quelli piccoli come Grecia, Austria e Olanda, il
resto ottenne dei miglioramenti del PIL dal 5 al 10%. Lobiettivo era di finanziare le importazioni che
lEuropa necessitava ma non poteva permettersi, in cambio lEuropa si impegnava ad iniziare, una
volta ricostruita, il processo di liberizzazione commerciale che significava apertura dei mercati
europei alla competizione dei produttori americani. LAmerica inoltre, sempre a questo scopo,
finanzi lesportazione di beni verso lEuropa, elimit il limite massimo produttivo imposto alla
Germania dopo la guerra (che facilit la normalizzazione produttiva di tutta lindustria europea), e
permise ai governi europei di approntare sistemi preferenziali transitori di commercio intraeuropeo.
Gi nel 1949 gli inglesi, non potendo sopportare il peso della sopravvalutazione, svalutarono la lira
sterlina e durante la tempesta successiva riuscirono ad introdurre uno schema di cooperazione
monetaria intereuropea che aveva lintento di risparmiare dollari ed orientato alla pi rapida
stabilizzazione dei tassi di cambio: lUEP (Unione Europea dei Pagamenti) creato nel 1950 e
destinato a finire nel 1958 che tra le altre cose incoraggi a fare il passo verso la CEE (Comunit
Economica Europea) con il Trattato di Roma firmato nel 1957 da Germania (RFT),Belgio, Francia,
Olanda, Italia e Lussemburgo, e reso effettivo nel 1958.
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Dallespansione allo sviluppo.

Il primo esperimento di integrazione risale al maggio 1959 quando Robert Schuman, ministro
francese degli Affari Esteri, propose di collocare la produzione franco-tedesca di carbone e acciaio
sotto ununica Alta Autorit comune, rinunciando alla propria sovranit in settore essenziale per
leconomia francese, e riconoscendo la neonara RFT, erede dei nemici storici, alleato senza pari. Con il
Trattato di Parigi del 1951 si crea, a questo scopo e con ottimo risultato, la CECA (Comunit
Economica del Carbone e dellAcciaio), decisivo affinch la Germania si sentisse e fosse integrata nella
CEE e si creasse cos una solida piattaforma per una crescita economica simbiotica. Per Italia, Francia,
Belgio, Olanda e Lussemburgo il beneficio fu laccesso preferenziale al sempre pi dinamico mercato
tedesco, mentre per la Germania la libert di poter disimpiegare completamente tutto il suo
potenziale di crescita senza provocare apprensione.
Il Regno Unito, con gli altri Paesi occidentali piccoli, o molto orientati al commercio con la Gran
Bretagna (Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera), o ancora che non potevano integrarsi alla CEE per
ragioni politiche (Portogallo che non realizzava il regime democratico) o per obbligo di neutrait
(Austria e Finlandia), fondarono nel 1959 lEFTA (European Free Trade Association). Rimanevano
fuori dalle grandi alleanze lIrlanda, legata da un personale trattato commerciale con la Gran
Bretagna, la Grecia, comunque parte della Nato, e la Spagna.
Impatto del processo di integrazione europea sullarea di influenza sovietica
Titti i Paesi dellarea sovietica furono invitati a partecipare al piano Marshall ma intimati dallURSS di
declinare lofferta (implicava per Stalin cessioni di potere e di capacit di controllo). Il mondo era
Stato diviso, a Yalta e Potsdam, in aree di influenza, in blocchi, quello pro-americano decise di creare
lalleanza militare dellAtlantico settentrionale, la NATO, mentre lURSS cre in risposta nel 1949 il
COMECON (Consiglio di Mutua Assistenza Economica) che riun tutti i Paesi ad economia socialista
che si trovavano nellorbita sovietica e che fece ben poco, non potendo lURSS beneficiare di niente
tipo piano Marshall, blocc comunque il recupero degli indennizzi di guerra dai Paesi occupati, un
drenaggio di risorse (materiale da trasporto, macchinari, materie prime e prodotti semilavorati) che
stava frenando la capacit di ricostruzione delle economie del Paesi dellEst.
I Paesi che rimasero sotto linfluenza sovietica (Albania, Bugaria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia,
RDT, Romania e Yugoslavia) puntarono su un modello di sviluppo autarchico. Il legame con il resto
del mondo era limitato, allinterno del COMECON da:
fissazione di quantit e prezzi dei prodotti che si dovevano commerciare, gli scambi si
realizzavano a vantaggio dellURSS che cos si rifaceva dei danni subiti durante la seconda guerra
mondiale e manteneva la sua leadership,
mancanza di libert nelle negoziazioni che dovevano sempre essere autorizzate,
mancanza di competitivit dei prodotti dellarea e incapacit di sapere quale fosse il
prezzo che andava fissato per non perdere terreno nel commercio internazionale (eliminazione del
sistema dei prezzi di mercato).
Lemergenza del terzo mondo
Primo mondo: blocco capitalista diretto dagli Stati Uniti, economie dimercato prospere, sistemi di
propriet privata e democrazie politiche. Secondo mondo: blocco comunista guidato dallUnione
Sovietica, economie abbastanza prospere di pianificazione centralizzata, sistemi di propriet
collettiva, democrazie popolari (dittature). Terzo mondo: tutto il resto, potevano essere capitalisti o
socialisti, economie di mercato o pianificate, democrazie formali o popolari, crearono il movimento
dei Paesi non allineati, non desideravano essere soggetti n agli Stati Uniti n allUnione Sovietica.

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La gran parte erano ex colonie delle potenze occidentali o del Giappone, per le quali la
decolonizzazione fu il principale fattore unificante (quella nipponica durante gli ultimi anni della
seconda guerra mondiale che interess quasi tutto lEstremo Oriente, quella inglese e quella francese,
tra il 1945 ed il 1965: 1947-1949 emancipazione di India, Pakistan, Indonesia, 1960 Africa completata
nel 1964, quella portoghese nel 1975), che offr nuove opportunit di sviluppo politico e sociale che
non sempre si realizzarono e sebbene le ex colonie non potessero pi beneficiare di accessi
preferenziali ai mercati metropolitani, registrarono risultati positivi durante la golden age: il Pil
asiatico dal 1950 al 1973 cresc del 5,2%, quello africano del 4,5%, dinamismo esaurito dai notevoli
incrementi demografici di questi anni.
La golden age (1950-1973)
Caratterizzata dalla globalit della crescita economica: in Europa occidentale il PIL pro capite cresce
del 4,1%, quello dellURSS e Europa orientale del 3,5%, nelle America del Nord del 2,4%, del Sud del
2,5%, in Asia del 3%, Giappone 8,1%, Africa 2,2%: la crescita del PIL mondiale fu sempre tra il 5 ed il
6%.
Il fattore terra ha avuto pochissima importanza, il fattore lavoro meno nellarea OCSE (12%) rispetto
al blocco sovietico, Asia ed America Latina (tra il 35 ed il 41%) a causa di una minore crescita
demografica combinata ad una riduzione di ore lavorate per persona, OCSE e URSS hanno mobilitato
pi capitale che lavoro ma lURSS il doppio. Il PTF (Produttivit Totale dei Fattori) misura tutti gli
altri fattori meno precisabili. In sintesi i Paesi pi avanzati sono cresciuti per un migliore utilizzo
integrato dei fattori (PTF) pi che per laggiunta di altri, la crescita dellURSS stata estensiva mentre
quella dellOCSE intensiva.
OCSE: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, raggruppa i Paesi ad economia
di mercato e pi sviluppati includendo tutti quelli dellEuropa occidentale, gli Stati Uniti, il Canada,
lAustralia, la Nuova Zelanda ed il Giappone. discendente dellUfficio Europeo di Cooperazione
Economica.
Il PTF nellEuropa occidentale crebbe spettacolarmente dal 1950 in quanto alla fine della guerra si
trov con una quantit e qualit di tecnologie da copiare impressionante, aveva la qualificazione
necessaria, la voglia di lavorare per recuperare le distanze rispetto agli Stati Uniti, lambiente era
efficiente e gli sforzi non venivano sprecati (il sistema politico ed economico era difeso dai governi e
cera convergenza di politiche nazionali concepite per alimentare il consenso politico e la coesione
sociale, che cre una solida base per la crescita economica).
Il 1958 fu di crisi economica per gli aggiustamenti produttivi imposti dallavvento di un mondo di
parit fisse, stabilit cambiaria prevista da Bretton Woods, che una volta superata port un grande
successo, i veri anni di golden age che portarono una crescita ininterrotta e spettacolare del
commercio intereuropeo.
Nel 1973, dopo 12 anni di continui solleciti ma sopratturro dopo labbandono al potere del generale
francese De Gaulle, da sempre contrario, la Gran Bretagna entr nella CEE con Danimarca ed Irlanda,
lasciando nellindecisione gli altri Paesi dellEFTA.
Durante la golden age cera una forte tendenza alla convergenza dei redditi pro capite dellEuropa
occidentale, superiori di quelli americani e mondiali, migliori quelli dei Paesi pi poveri o pi
impoveriti in guerra di quelli dei Paesi gi ricchi, neutrali o non occupati.

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Crisi petrolifere, stagflazione e sfide extraeuropee


I meccanismi di compromesso interno si stavano andando via via deteriorando con la comparsa delle
nuove generazioni, la conflittualit sindacale aumentava e divenne preoccupante agli inizi degli anni
70. La stabilit cambiaria, un compromesso di stabilit basilare del mondo economico del dopoguerra,
svan quando il presidente Nixon decise nellagosto del 1971 la sospensione della convertibilit in oro
del dollaro in quanto di fronte al deficit pubblico dovuto alle spese militari straordinarie e crescenti
della guerra del Vietnam, gli Stati Uniti avevano bisogno di mettere mano a politiche inflazioniste.
Era la fine dellera dellattuazione degli accordi monetari di Bretton Woods, e linizio di un periodo di
instabilit monetaria internazionale nonostante si rafforzarono i meccanismi di cooperazione tra le
monete europee mediante ladozione del serpente monetario, fissazione di bande di fluttuazione
per le valute (maggior margine di attuazione di politiche monetarie).
Lo shock arriva alla fine del 1973: un brusco aumento dei prezzi del petrolio deciso dallOPEC
(Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) come rappresaglia per latteggiamento proisraeliano dei Paesi occidentali nella guerra del Kippur. In pochi mesi il prezzo del petrolio si
quadruplic portando massicci deficit commerciali in tutti i Paesi importatori, per i quali il petrolio
gi rappresentava la partita maggiore delle importazioni, era il pane dellindustria che ormai
ovunque aveva sostituito il carbone, in termini economici la domanda di petrolio era molto rigida, il
che provoc un impoverimento di tutti i Paesi importatori, quelli dellOCSE.
Il mondo era diviso in base a nuove frontiere: i Paesi autosufficienti, e protetti quindi dalla crisi, erano
le due grandi potenze mondiali, Stati Uniti e Unione Sovietica che approfitt per aumentare le sue
esportazioni, chi soffr maggiormente furono Europa occidentale, Giappone e il Terzo Mondo
importatore di petrolio che si indebit aspettando tempi migliori, mentre i Paesi dellOPEC si
arricchirono fino a limiti inverosimili, i piccoli emirati arabi e gli altri micro Paesi esportatori
riuscirono a distribuire la fiumana di dollari tra la parentela ed i sudditi, i Paesi con maggiore
popolazione (Iran, Iraq, Algeria, Venezuela, Indonesia e Nigeria) misero in moto ambiziosi
programmi di industrializzazione e benessere sociale.
Le risposte alla crisi furono diverse e nellambiente pi incerto creato dai tassi di cambio fluttuanti i
governi ebbero maggiori margini di manovra, si distinsero 3 tipi di politiche:
Spagna e Svezia ritennero che la crisi fosse transitoria e ridussero le imposte alla
vendita dei derivati del petrolio, senza prepararsi al risparmio energetico.
Il blocco pi numeroso (Francia, Gran Bretagna, Italia) applic politiche di
trasferimento dei nuovi prezzi al pubblico ed affront la crisi con una volont di risparmio energetico,
senza per rivedere la politica dei redditi, rivendicata ed ottenuta dai sindacati. Si entr in politiche
inflazioniste.
RFT e Giappone accettarono lidea di essersi impoveriti, e questultimo, una volta
assimilata la nuova struttura dei prezzi, torn a crescere a gran velocit puntando allo sviluppo di
settori poco intensivi da punto di vista energetico, come lelettronica di consumo. La RFT cerc di
ridurre linflazione obbligando gli operatori economici a ridimensionare le entrate, uscendo dalla crisi
con una moneta pi forte, inflazione bassa, guadagni in competitivit e struttura industriale rinnovata
ed alleggerita dai settori che consumavano pi petrolio.
In generale in tutti i Paesi dellOCSE linflazione e la disoccupazione aumentarono. La situazione
quella della stagflazione, combinazione di stagnazione economica (aumento prezzi e disoccupazione)
ed inflazione, non prevista nei modelli di politica economica tradizionali di taglio keinesiano.

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Quando il prezzo del greggio si fu stabilizzato e tutte le politiche cominciavano a produrre i loro
risultati, arriv il secondo shock petrolifero, nel 1979: lo Sha di Persia fu abbattuto da una rivoluzione
islamica diretta dallAyatollah Khomeini, le cui dichiarazioni antioccidentali e la tensione con gli Stati
Uniti crearono incertezza nel mercato petrolifero, che si tramut in panico quando nel 1980 esplose la
guerra tra Iran ed Iraq che si svilupp fino nelle loro regioni produttrici di greggio. LOPEC
approfitt per imporre una nuova moltiplicazione dei prezzi del greggio che impover nuovamente i
Paesi importatori tra il 1981 ed il 1983.
I Paesi della CEE si sforzarono di coordinare le loro politiche per reagire alla crisi, riattivando il SME
(Sistema Monetario Europeo) con margini di oscillazione tra le monete abbastanza ristretti (ormai si
era convinti che convenisse lottare insieme contro linflazione).
I Paesi dellOPEC si ritrovarono in un regime di sovrabbondanza economica, accumularono fortune
enormi in petroldollari, che per le monarchie arabe ritornarono nei mercati borsistici e nelle banche
occidentali in cerca di opportunit redditizie di investimento, impossibili nelle piccolo monarchie
arabe: i nuovi ricchi dei Paesi poveri depositavano massicciamente il denaro nei Paesi ricchi. Per i
Paesi pi popolati ed indipendenti vennero invece investiti in strategie pi ambiziose ed orientate
allo sviluppo delle loro economie, sviluppando lindustria della raffinazione del petrolio e tutte le
industrie derivate, ma anche tentando lindustria pesante con il sogno di entrare nel club dei Paesi
industriali.
CRISI DEL DEBITO: la quotazione del dollaro si era mantenuta bassa nella decade del 1970 e inizi a
salire con larrivo di Reagan alla presidenza, e con la politica condotta dalla Riserva federale di
scarsit del denaro allo scopo di sostenere la quotazione del dollaro. Cera forte fiducia nella ripresa
della sua quotazione e tutti gli investitori del mondo si rivolgevano verso questi titoli: il dollaro sal
inarrestabilmente per cinque anni (1980-1985) colpendo principalmente quei Paesi che si erano
indebitati in dollari, in particolar modo in Messico, dove la crisi esplose nel 1982 con la caduta del
peso messicano che gener un irrefrenabile circolo vizioso che fin della sospensione delle intenzioni
di saldare il debito, che interess anche i Paesi dellAmerica Latina e lAfrica.
Dal 1991 al 1988 leconomia europea speriment un recupero modesto ma continuo, gli Stati Uniti
intanto erano immersi in politiche di riforma strutturale liberal-conservatore del presidente Reagan.
Tra il 1985 ed il 1986 tutto cambi, prezzi del petrolio, del dollaro e dei tassi di interesse nordamicani
cominciarono a scendere, nel gennaio 1986 lArabia Saudita ruppe il cartello dellOPEC ed aument la
produzione, seguita dagli altri Paesi ed il prezzo del greggio precipit raggiungendo il suo livello
reale anteriore alla crisi del 1973. Il dollaro scese e la crisi del debito divenne governabile. Il contesto
successivo di maggiore ottimismo, Spagna e Portogallo entrano nella CEE (1986) che lancia pa
proposta di Atto Unico per il completamento dellunificazione del mercato comune europeo, che si
applic progressivamente dal 1987 al 1993. Lespansione europea crebbe fino al massimo del 4% nel
solo 1988.
Caduta del blocco sovietico, rilancio dellintegrazione europea e globalizzazione
Il 1989 lannus mirabilis del capitalismo occidentale, lanno della caduta del muro di Berilino e
della maggior parte dei regimi dittatoriali dei Paesi dellEst nel giro di poche settimane (novembredicembre), anche lultimo anno di crescita: il decennio 1990 sar molto diverso. Questi paesi
avevano vissuto una lenta decadenza dalla fine della golden age, la prima crisi fu vissuta in modo
uguale in tutta lEuropa (i Paesi del COMECON acqustavano petrolio dallURSS a prezzi inferiori dei
quelli del mercato mondiale, erano fissati impiegando la media dei 5 anni precedenti, per evitare
shock) mentre la seconda fu pi sofferta nellEst dal 1979 al 1981 dove non si era capita la lezione e
molti Paesi furono costretti ad indebitarsi in occidente con il quale avevano gi dei debiti che
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diventavano preoccupanti con il rincaro del dollaro, mentre i Paesi occidentali dal 1981 recupevano il
loro ritmo di crescita, quelli orientali non riuscivano a stabilizzarsi e dopo 1956 le difficolt, persino
per lURSS erano insostenibili (le spese militari della guerra in Afghanistan, combinate con la sfida
militare con gli Stati Uniti moltiplicavano le uscite per la difesa), il sistema andava perdendo capacit
di manovra. Dopo le rivoluzioni democratiche del 1989 lEuropa orientale, URSS compresa, si
proposero di accelerare la transizione alla democrazia ed al capitalismo. Il processo sub un arresto
con il colpo di Stato dellagosto del 1991 che fall nel tentativo di ritornare allortodossia comunista
ma riusc a rovesciare Gorbaciov, sostituito dal leader della resistenza al golpe, Yeltsin anche acceler
i cambiamenti convertendo lURSS in CSI (Confederazione Stati Indipendenti) e convocando elezioni
democratiche.
La conversione ad economia di mercato, capitalista ed aperta fu traumatica, ci furono 4 anni di
recessione (un crollo del 18% dal 1990 al 1992) per ritornare a tassi positivi nel 1994. Ci fu una vera
rivoluzione economica che si verific in modo istantaneo: le economie si aprirono al commercio estero
di beni e servizi ed ai movimenti di capitali e persone, spar la pianificazione ed emersero i mercati, le
propriet pubbliche vennero privatizzate con enorme ripercussione sui conti pubblici e sulle fortune
private. I Paesi che decisero di accelerare i cambiamenti sono riusciti ad abbreviare la sofferenza della
fase di transizione ed entrare in una nuova era di crescita, mentre quelli che esitarono nella
transizione sono rimasti impantanati tra due sistemi ed hanno subito ricadute dolorosissime.
La transizione di maggiore successo quella Polacca che ha minimizzato le perdite (in termini di
intensit e durata) ed riuscita a tornare a crescere impetuosamente. La Cechia complet una
transizione rapida ma senza grande crescita, la Slovacchia, che cominci con un regime politico simile
al vecchio, con scarsa dotazione di infrastrutture, popolazione meno istruita e con un peso
opprimente della grande impresa statale riusc dopo due anni di transizione di tornare a crescere con
velocit dal 1994. LUngheria non riusc a far decollare la sua crescita, mentre gli altri tre Paesi
(Romania, Bulgaria, RDT) rappresentarono transizioni fallite che dopo un tentativo cadono nel
marasma economico e tornano ai vecchi sistemi e politiche. I Paesi balcanici, a differenza di questi,
avevano usanze occidentali nella politica e nel diritto pi recenti: la Yugoslavia sub un crollo del PIL
dal 1989 al 1993 non dovuto alla transizione di mercato ma al caos derivante dalla frammentazione
che fu estremamente traumatica e diede luogo a lunghe guerre devastatrici e spietate che hanno
occupato il decennio. Nonostante leconomia yugoslava era quella a pi alta concentrazione
mercantile, con numerose imprese private, importanti investimenti stranieri e aperta al turismo, il suo
potenziale and in rovina dinanzi allo smembramento bellico. La Slovenia, separatasi per prima,
lunica ad aver evitato il caos.
La transizione pi traumatica fu quella dellURSS, che inizi prima e dur di pi. Gorbaciov gi dal
1985 introdusse riforme nel clima di libert, nellinformazione, nella politica ma non nelleconomia,
senza toccare le pianificazioni. Solo dopo il colpo di Stato del 1991 si cominci una transizione
economica realizzata nella confusione, senza orientamenti e concertazione: il commercio estero fu
liberalizzato mentre i mercati interni continuavano ad essere controllati dallufficio di pianificazione,
dal1990 al 1998 c un vero disastro economico.
La RDT viene assorbita dalla RFT dopo la caduta del muro nel 1990, la cui popolazione aument di
un quarto, al quale avrebbe dovuto estendere diritti economici, infrastrutture ed opportunit
equivalenti, il che richiese cospicui investimenti che la nuova Germania realizz indebitandosi, il
cancelliere Kohl approfitt della centralit del marco e delleconomia tedesca innalzando i tassi di
interesse per attrarre fondi da tutto il mondo, disseminando il problema del finanziamento della
ricostruzione dellex RDT in tutti i Paesi dellUnione Europea, ma anche provocando una
rivalutazione del marco inarrestabile che, costretta in una banda di fluttuazione dalla SME, provoc
nel settembre 1992 una crisi cambiaria di grandi proporzioni: la banda di fluttuazione fu ampliata
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facilitando cos grandi svalutazioni ed una instabilit che durer fino al 1993, interrompendo inoltre
gli impegni per lintegrazione monetaria presi nel 1991 con il Trattato di Maastricht che costituiva
lUnione Europea.
LUnione Economica e Monetaria fu la risposta al conflitto sorto tra lincertezza avvertira di fronte
allunificazione della Germania e limpossibilit di generare politiche monetarie indipendenti dalla
Germania. Lintegrazione monetaria viene rilanciata nel 1993 quando lUnione Europea ha
ufficialmente origine: leuro sar la massima espressione di integrazione economica europea, si crea
lIstituto Monetario Europeo nel 1994 che lancer il calendario per la piena applicazione dei criteri di
adesione alla moneta unica (i criteri di convergenza di Maastricht) da attuarsi entro il 1998, che
domineranno la vita economica dellEuropa occidentale: non aver svalutato negli ultimi due anni, non
avere un tasso di inflazione superiore di un punto e mezzo la media dei tre pi bassi, non avere tassi
di interesse a lungo termine superiori di due punti ai tre con inflazione pi bassa, non avere un debito
pubblico che superi il 60% del PIL n un deficit dei conti pubblici superiore al 3% del PIL.
Questi criteri e la volont di applicarli agevolarono la riduzione dellinflazione che si era messa in
moto, limpegno per il contenimento della spesa e del debito e per il controllo monetario incoraggi la
fiducia dei mercati e il prezzo del denaro cominci a cadere rendendo pi gestibili i deficit pubblici e
la massa del debito. Leconomia europea riprese il cammino della crescita, dal gennaio del 1995 i
membri comunitari divennero 15, con ladesione di Austria, Finlandia e Svezia, e le parit fisse
delleuro vennero approvate nel maggio 1998, la moneta unica cominci ad essere quotata sui mercati
monetari dal 1 gennaio 1999.
La globalizzazione
Si sono integrate molto pi le borse valori che qualsiasi altra attivit mercantile (le popolazione
affrontano ostacoli per emigrare, le merci subiscono limitazioni significative, i flussi di capitali no). La
capitalizzazione borsistica aggregata cresciuta tra il 1983 ed il 1998 ad un tasso del 15% annuale, 6
volte pi del PIL, e ancora pi alta stata la crescita dei volumi delle negoziazioni nelle borse
mondiali.
I fattori dellintegrazione dei mercati finanziari sono stati politici, economici, ma anche tecnologici,
con linterconnessione delle borse mondiali nel 1987 grazie alla diffusione dellinformatica
personalizzata (PC) e al miglioramento delle telecomunicazioni che facilitarono la trasmissione di dati
a distanza. Lindustria delle telecomunicazioni pass da una serie di monopoli nazionali alla
liberalizzazione e deregulation negli Stati Uniti, Gran Bretagna e nei Paesi della loro area culturale,
parte della rivoluzione conservatrice degli anni 80, le stelle della borsa europea negli anni 90 sono
state proprio le compagnie di telecomunicazioni privatizzate. LEuropa rimasta indietro rispetto
allAmerica nella New Economy ed in Internet, ma non per quanto riguarda la telefonia mobile, che
invece cresciuta in modo straordinario. Internet ha permesso che il commercio internazionale di
servizi si trasformasse in unarea molto dinamica di crescita.
Dopo il 1973, a differenza di quello che accadde nella golden age, la crescita europea fu un fallimento
rispetto a quella statunitense, e non fu inversamente proporzionale al livello di reddito iniziale per
due motivi: i Paesi pi poveri, quelli dellex area sovietica, sono cresciuti molto meno di quelli
occidentali, ed elementi esogeni al modello di convergenza dei tassi di crescita, come le politiche
seguite, hanno avuto pi grande importanza.

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3.3 LE POLITICHE ECONOMICHE E SOCIALI


Il tratto caratteristico delleconomia europea del XX secolo Stato il ruolo crescente dello Stato: da
mercati sempre pi controllati ad uno Stato sempre pi coinvolto nellandamento delleconomia. un
secolo di sperimentazione politica, nel quale le politiche economiche e sociali sono state le
protagoniste.
Le politiche dei diritti di propriet
Le due direzioni sono quelle della statalizzazione o privatizzazione. Dopo il XIX secolo durante il
quale la concezione liberale della propriet privata era intesa come sacra, il XX secolo si inaugura con
la rivoluzione bolscevica nellottobre 1917 che port labolizione della propriet privata (con
unespropriazione su grande scala e senza indennizzo, non solo dei cittadini russi ma anche degli
stranieri che avevano investito in Russia provocando un conflitto diplomatico che blocc le relazioni
tra URSS e Paesi occidentali per molte decadi, che uno dei fatti economici pi importanti del secolo) e
la sua sostituzione con quella socializzata controllata dai soviet, o assemblee rivoluzionarie, ruppe la
tradizione di rispetto dei diritti di propriet ed ebbe enorme impatto su tutto lo scenario politico
mobilitando contro lURSS e contro qualunque barlume di politica comunista, i settori conservatori.
Le sinistre si divisero in ragione delladesione o ripudio della rivoluzione bolscevica, definendo due
campi inconciliabili. La sinistra moderata, socialdemocratica, si allontan da Lenin e dal bolscevismo,
e lentusiasmo riformatore verso la rivoluzione russa si raffredd ancora di pi con lentrata del
partito nel governo della Germania del dopoguerra ed i continui conflitti con i partiti comunisti nati
dal 1920 in tutta Europa, attratti invece dalla rivoluzione (che difesero e diffusero) cos come gli
anarchici che per si sentirono presto defraudati dalla fortissima componente statalista dei
bolscevichi.
Tra le due guerre la socialdemocrazia difese il diritto della propriet privata combinato con un
intervento sussidiario dello Stato per garantire diritti complementari per migliorare il livello di vita
del cittadino. Non ci furono socializzazioni ma statalizzazioni o nazionalizzazioni, verso le quali
erano le dittature di orientamento fascista le pi orientate: in Spagna il generale Primo de Rivera
espropri con indennizzo nel 1924 tutte le imprese telefoniche e nel 1927 quelle di raffinazione e
distribuzione del petrolio con lobiettivo di creare un monopolio, Mussolini nazionalizz in Italia la
grande banca di investimento con tutti i suoi investimenti a causa della crisi dellinizio degli anni 30,
salvataggio dal fallimento con denaro pubblico delle imprese avvenuto in segreto e che vide la nascita
dellIRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) per raggruppare tutte le imprese di carattere
industriale rimaste nelle mani dello Stato. Anche hitler intervenne attivamente nella definizione di
progetti industriali imponendo fusioni e fissando obiettivi circostanziali. Linterventismo di nuovo
tipo di Roosvelt incoraggi anche la sinistra non comunista a scommettere sulla nazionalizzazione (il
primo caso fu quello della nazionalizzazione delle ferrovie francesi nel 1936 durante il governo del
Fronte Popolare), cos come fecero le necessit di guerra. Unondata di nazionalizzazioni si verifica
nel dopoguerra, sia in Europa orientale dove fu eliminato il diritto di propriet privata, che nei grandi
Paesi democratici dellEuropa occidentale (Gran Bretagna, Francia, Italia) durante gli anni di governo
delle sinistre, nei quali grandi imprese industriali e di servizi passarono nelle mani dello Stato per la
necessit di conseguire economie di scala, produrre beni a prezzi politicamente accettabili, assicurare
la disponibilit a tutta la cittadinanza, riequilibrare il territorio, contribuire al pieno impiego,
sostenere il benessere dei lavoratori, migliorare il potenziale tecnologico.
Vi furono due tipi di configurazione giuridica delle imprese nazionalizzate: quella britannica, che
cercava di conservare il meglio della flessibilit privata, le imprese funzionavano come in regime
privato ma i gestori erano responsabili di fronte al parlamento che ne designava gli amministratori,
essendone proprietario, e quella alternativa (Italia e Francia) che vedeva unimpresa pubblica
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responsabile di fronte al dipartimento ministeriale o trasformata in dipendenza pubblica equivalente


a qualunque altro ministero (ferrovie e servizi pubblici).
Con la crisi petrolifera e la nuova fase di stagnazione economicale imprese pubbliche si dimostrarono
pi rigide di quelle private dovendo soddisfare simultaneamente una pluralit di interessi
contrastanti, e proprio a loro viene attribuita agli inizi degli anni 80 la responsabilit del cattivo Stato
dei conti pubblici. Il 1979 anno in cui limpresa pubblica aveva raggiunto la massima importanza,
iniziano a verificarsi le prime privatizzazioni, con unaccelerazione del movimento nel 1989 con la
caduta del socialismo. Tali processi hanno significato la costituzione di un ampio stuolo di possessori
di titoli di propriet di imprese private, un capitalismo popolare che fu la base del progetto
thatcheriano e reaganiano e si diffuse in tutto il mondo. Le privatizzazioni pi radicali sono state
quelle nellURSS e gli altri Paesi ex comunisti europei.
Linterventismo pubblico
Nel XX secolo linterventismo aveva lobiettivo di assicurare le condizioni migliori per il successo
militare e aveva quindi motivazioni extra-economiche ma militari e strategiche. Sono tre le principai
modalit:
Interventismo sistematico, politiche di pianificazione. Sono unaltra rivoluzione oltre a
quella sovietica, si sviluppa in Germania e Gran Bretagna, viene abbandonata dopo la prima guerra
mondiale e recuperata nel 1927 dai governi di Stalin e da quelli fascisti, trovando nuova legittimit
durante la seconda guerra mondiale, nel dopoguerra viene rivendicata dai laburisti britannici e viene
abbracciata anche dalla destra, con i gollisti prima e da Franco poi nel 1960. Il contenuto ideologico
pi attenuato che nelle nazionalizzazioni e inizia a perdere consensi quando si rivela la sua
inadeguatezza nel rispondere a necessit e gusti cangianti e nel reagire di fronte a tecnologie che non
si prestano ad una gestione centralizzata come quelle su grande scala ed alto numero di unit
produttive (impianti siderurgici o centrali nucleari) ma di uso e gestione individuale come
lautomobile o il PC.
Interventismo selettivo, politiche di sviluppo o strutturali. Politiche di promozione
della crescita economica nelle aree arretrate, sconosciute prima del 1945, sono propugnate da
economisti dello sviluppo (il fondatore Paul Rosenstein-Rodan) che vedono la necessit di un deciso
impulso orientato alla creazione di infrastrutture che permettessero ai Paesi di dotarsi del capitale
fisico indispensabile per la crescita, partendo dal principio che tali interventi avrebbero permesso agli
aiutati di recuperare il ritardo e convergere con re regioni ricche, politiche che godettero di grande
prestigio nelle decadi 1950 e 1960 (perdendo poi molto della loro attendibilit iniziale) e sulle quali
puntano i grandi organismi di cooperazione economica come la Commissione Economica per
lEuropa (CEE) delle Nazioni Unite, lOCSE, la Banca Mondiale (esempi il Piano Marshall e la Cassa
per il Mezzogiorno, 1950).
Interventismo ordinario, lintervento nei mercati. Nel periodo bellico dal 1914 al 1918
le pratiche interventiste si moltiplicarono e furono poi soppresse con il ritorno alla pace per poi
riprendere vigore durante le mobilitazioni precedenti la seconda guerra mondiale e durante il
conflitto: sono sempre le guerre a giustificare lintervento, e sono tipi di intervento transitori, concreti
per un mercato preciso o un preciso aspetto. Un esempio sono i libretti di sussistenza, sistemi di
razionamento introdotti nei mercati di alimenti, bevande, tabacco e combustibili in risposta alla
riduzione di offerta e condizione di penuria, ma anche labitudine attuale di fissare prezzi controllati
come affitti bloccati e salari minimi, orari commerciali, nati con origine temporale.
Le politiche di spesa
Fino al 1913 esisteva una sola ortodossia di bilancio: le spese pubbliche ordinarie dovevano
finanziarsi mediante le entrate erariali ordinarie, ed il deficit doveva essere nullo, solo spese
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straordinarie, come le guerre, potevano finanziarsi con meccanismi di indebitamento o di conio


(eterodossi) per raggiungere la vittoria, per poi essere rifinanziate con una riduzione delle spese
ordinarie e con un incremento delle imposte. Era la concezione di ortodossia liberale, che prevedeva
anche che le P.A. fossero di dimensioni ridotte al minimo, tendenza che and indebolendosi ma era
ancora robusta alla vigilia della guerra.
Il XX secolo sar caratterizzato da un ampliamento delle funzioni assunte dagli Stati, dellattivismo
pubblico, del peso dello Stato nelleconomia e della spesa pubblica. I conflitti bellici accelerano il
processo esigendo bruschi incrementi della spesa che non torn mai alla normalit precedente. Finite
le guerre gli Stati mantennero numerose funzioni assunte in via transitoria durante i conflitti,
generando una spinta continua allincremento della spesa che provoc uno dei problemi pi frequenti
delle finanze europee durante il secolo: lindebitamento.
Lintroduzione dello Stato di Benessere e lorientamento della spesa pubblica verso finalit sociali (la
nuova spesa pubblica del secolo) si finanziava con le imposte che gravavano sulle entrate permanenti
dei cittadini: limposta sul reddito fu introdotta in tutti i Paesi dellEuropa occidentale durante. Tali
politiche di benessere sociale si fondavano su programmi di sovvenzione pubblica generalizzata delle
cure sanitarie, delle pensioni di vecchiaia, dei sussidi di disoccupazione e della scolarizzazione
obbligatoria (gi introdotta alla fine del XIX secolo). La prima esperienza di assistenza sanitaria e
pensionistica fu realizzata nella decade 1880 da Bismarck, si diffuse poi tra gli Stati scandinavi e nei
piccoli Paesi dellEuropa centro-occidentale, ma fu nel secondo dopoguerra con lingresso ai governi
dei partiti di sinistra che ci fu il momento pi significativo della sua diffusione, che tocc in modo
particolarmente attivo lEuropa orientale (grazie alla perequazione dei redditi).
C un paradosso: la spesa pubblica rigida, rimane stabile senza reagire alle circostanze
delleconomia in quanto risultato di compromessi permanenti, le entrate fiscali invece sono
sottoposte al ciclo delle attivit economiche. La saldatura di questo squilibrio provoca fasi deficit e
fasi di surplus, e lortodossia liberale che voleva che con i surplus si pagassero i debiti assunti in
circostanze eccezionali e non erano permessi deficit, fu messa in crisi negli anni 30, quando la
recessione non sembrava voler cambiare tendenza. Nacquero le politiche keinesiane: far ricorso alla
spesa pubblica deficitaria come meccanismo per elevare le aspettative economiche introducendo
denaro nei circuiti economici tramite laumento della domanda pubblica (Gran Bretagna, Svezia,
Germania e Stati Uniti ricorsero a tale spesa per finanziare programmi di opere pubbliche,
costruzione di abitazioni sociali, creazione di sussidi di disoccupazione o riarmo).
Le politiche keinesiane durarono fino allinizio della crisi del petrolio, quando entrarono in crisi in
quanto si basavano su un mondo in depressione (erano valide se lequilibrio dellofferta e della
domanda si stabiliva al di sotto della piena occupazione, creando quindi disoccupazione) e non
potevano quindi valere in un mondo di piena occupazione.
Le politiche commerciali
La prima guerra mondiale comport unintroduzione di protezionismo in tutte le politiche nazionali:
la dichiarazione di guerra comport la proibizione di commerciare con i nemici, sfruttata dai Paesi
neutrali per realizzare ingenti traffici, ed il rincaro inverosimile del commercio marittimo (noli e
assicurazioni marittime). Con il ritorno alla pace lesigenza di proteggere gli interessi che si erano
creati ovunque port ad una marcia verso il protezionismo tra il 1919 ed il 1921, anno in cui lAmerica
chiuse le frontiere agli immigrati per poi chiudere anche il mercato nel 1929 (tariffa Hawley-Smooth).
Gli anni 30 furono di chiusura commerciale sempre pi intensa, adottata da tutte le politiche
autarchiche in quanto in sintonia con gli ideali nazionalisti e gli obiettivi di riarmo e preparazione alla
guerra e meno estremista negli altri Paesi che videro lintroduzione di nuove misure di intervento
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pubblico nel commercio estero (accordi di cleaning cio compensazione bilaterale dei saldi esteri,
limiti quantitativi alle importazioni, permessi e licenze, pagamenti in contanti).
Gli accordi per il secondo dopoguerra, il Bretton Woods in particolare, nacquero dalla convinzione
che gli ostacoli al commercio erano sbagliati e che un nuovo ordine economico internazionale doveva
garantire il libero commercio. Le difficolt nel passare da regime protetto a libero furono fortissime,
tanto da far fallire lOCI, sostituita dal GATT che sanciva accordi (rounds) di liberalizzazione modesti
ma sempre aperti a nuove e pi significative intese (Kennedy round, Uruguay round che culmin
nella creazione dellOMC).
La CEE nacque in questo contesto di riduzioni commerciali, negoziate una per una e a muso duro e
non signific la fine delle politiche commerciali anzi continu a dedicargli enormi sforzi ed in
particolare riguardo le relazioni con i Paesi aspiranti allammissione, le relazioni con i Paesi poveri e
la politica commerciale estera ordinaria con Stati Uniti, Giappone, Estremo Oriente, Paesi asiatici e
latinoamericani.
Il maggiore successo della CEE sar lintegrazione dei Paesi dellEFTA:
1957 formazione della CEE
1973 entrata Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca
1986 entrata Spagna e Portogallo
1995 entrata Austria, Finlandia e Svezia
Le politiche di stabilizzazione
Sono quelle orientate a ridurre la variabilit dei tassi di cambio e dei prezzi, intimamente connessi tra
loro, sono le politiche pi classiche e conservatrici e perci sempre nellocchio del ciclone. Ci sono
sempre state, durante il gold standard erano automatich, senza il modello aureo gli stati dovevano
invece impegnarsi di pi.
La prima guerra mondiale signific sospensione del gold standard in tutto il mondo, le banche
annunciarono che non avrebbero pi cambiato carta moneta in oro, in modo da poter emettere pi
denaro e infatti ci produsse inflazione. Con il ritorno alla normalit torn anche il gold standard, gli
anni 20 sono dominati dalla lentezza di questo processo che venne abbandonato dai governi appena
completato, nel 1931 per poter svalutare le loro divise, recuperare capacit competitiva sui mercati
internazionali e limitare il volume delle loro importazioni. Fu un circolo vizioso chiamato la politica
del rubare al tuo vicino. Il gold standard fu, secondo Eichengreen, una gabbia doro per i Paesi che
lo adottarono, e prima se ne fossero liberati e avessero recuperato libert di azione monetaria,
commerciale e fiscale, meglio sarebbe Stato. Negli anni 30 and in fatti in crisi definitiva.
Gli anni 30 furono lultimo periodo di deflazione generalizzata (riduzione della cartamoneta), durante
la seconda guerra mondiale non vi furono politiche di stabilizzazione, ma solo verso la fine, coloro
che si ritenevano i vincitori (gli Alleati) cominciarono a preoccuparsi delle condizioni di stabilit del
sistema riuscendo ad evitare le iperinflazione del primo dopoguerra. Nel secondo dopoguerra si fece
ricorso al razionamento e a stretti controlli sullemissione di denaro, i Paesi tentati da politiche
inflazionistiche vennero sollecitati ad abbandonarle dagli Stati Uniti che stanziarono a questo
proposito il piano Marshall.
Con la fine della ricostruzione nel 1950 si entr in un lungo periodo di stabilit monetaria, fino al 1973
i tassi di inflazione furono moderati e convergenti. Con la crisi petrolifera tutti i Paesi registrano
grandi inflazioni senza controllo tranne il nucleo che segue la RFT nel suo impegno di stabilit
monetaria (Austria, Svizzera, Belgio e Olanda), e il recupero di credito delle politiche di
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stabilizzazione (che sar lentissimo) sar molto legato allautorevolezza della politica monetaria
prudente ed indipendente della Banca Federale Tedesca (Bundesbank), la stabilit cambiaria della
quale saranno al centro anche dei progetti di integrazione monetaria europea.
Le politiche di cooperazione
Sono le pi delicate di tutte le politiche economiche, sono nazionali (orientate allintermediazione tra
le parti sociali per il conseguimento di accordi salariali) o internazionali.
Le prime dominarono i primi decenni del secolo: la lotta di classe fu la norma per i sindacati di classe
e le organizzazioni padronali che si affrontavano. Pi intenso era il confronto pi si moltiplicavano le
possibilit di esplosioni rivoluzionarie o colpi di Stato fascisti. Lesperienza della golden age ha
mostrato come la frammentazione delle rappresentanze sindacali ha come conseguenza una maggiore
litigiosit e si fa entrare leconomia in un circolo vizioso inflazionista che porta alla stagnazione
economica. Al contrario, Paesi che hanno rappresentanze sindacali unite e centralizzate (come larea
scandinava e germanica) normalmente raggiungono accordi pi responsabili e sostenibili che sono
alla base di circoli virtuosi di crescita. Sono chiamati sistemi neo-corporativi per il riconoscimento
della centralit degli interessi economici e la necessit nazionale di giungere ad accordi tra le parti, ed
in effetti nei Paesi dellEuropa centro occidentale e settentrionale questa formula con una
rappresentanza nel governo ha avuto successo riducendo i conflitti, migliorando la distribuzione
delle entrate e la capacit di adattamento alle fluttuazioni delleconomia internazionale.
Le politiche di cooperazione internazionale sono le pi sofisticate, richiedono pi tempo, comportano
pi rischio politico nel breve termine ma hanno dimostrato la loro efficacia. Gi alla fine della seconda
guerra mondiale gli incontri si moltiplicano in vista della preparazione del nuovo ordine mondiale: il
pi famoso quello di Bretton Woods, luglio 1944 che culmin con la creazione delle Nazioni Unite
ed il dispiegamento di organizzazioni internazionali

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