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“Ci sono persone che, abbondano di ricchezze e volendo apparire religiose, propongono ai tessitori dei loro abiti argomenti del Vangelo... Vi si possono vedere le nozze di Cana, il paralitico che porta il suo lettuccio e Lazzaro che esce risuscitato dal sepolero. E indossando quei vestiti, pensano di comportarsi devotamente e, cosi vestiti di far cosa gradita al Signore, mentre sarebbe meglio vendere gli abiti e aiutare quelli che sono immagini vive di Dio. Non ti mettere a dipingere Cristo. A lui basto l'umilta di assumere a forma corporea: e tu dipingi piuttosto nella tua anima e in modo spirituale il Cristo, Non tenere il paralitico sul tuo abito, ma cerca piuttosto I'infermo che soffre" (Asterio Di Amasea, Omelia I, IV secolo ica pregare davanti ad una icona? I! testo di Asterio di Amasea, ‘pud indicarci una interpretazione suggestiva. A parte la curiosita che suscita 'idea di tiani che nel 300 dopo Cristo si facevano dipingere sulle vesti delle immagini del Vangelo, anticipando la moda delle t-shirts con scritte e immagini, afferma cose interessanti, Esprime un concetto molto preciso: il vero credente & colui che non rimane fermo all’apparenza di Gest, ma arriva a “dipingerlo” nella propria interiorita in “modo spirituale”. Si pud anche affermare che colui che riesce a disegnare Cristo nella propria interiorita, sia anche nella condizione della preghiera, perché si colloca nella stessa realta dialogica di riferimento, e pud parlare come se ci fosse una persona reale davanti a lui, Sapientemente poi, Pautore di questa omelia, mette in relazione la possibilita di interiorizzare Gesi, con un reale amore per il povero ¢ il sofferente. Chi si abitua a vedere Cristo nel prossimo e in particolare nel bisognoso, si mette nella condizione migliore per preghiera. 1 Purificare la mente ‘Nessuna cosa é pid difficile di questa, soprattutto per noi che viviamo in una “cultura delimmagine”. Anticamente i popoli che hanno condiviso una forte esperienza spirituale, hanno normalmente bandito le immagini. Se ad esempio, entriamo in una Moschea o in una Sinagoga, non vedremo immagini, ma tutt’al pit decorazioni, Questa tendenza é rimasta ancora oggi nei paesi di antica tradizione, se cosserviamo un tappeto orientale ci accorgiamo che non ha immagini, e se andiamo in un paese medio orientale, (sembra incredibile) vedremo la pubblicita della Coca cola senza I"immagine di una bottiglia o di una lattina. L’idea & molto chiara: se si vuole custodire una vita interiore intensa, occorre sgomberare la mente da qualsiasi tipo di immagini. Questa dottrina la troviamo come insegnamento fondamentale per la vita spirituale presso tutte le religioni di tutti i tempi. Anche nel Cristianesimo si fa tesoro di questa acquisizione, & soprattutto la corrente dei monaci del deserto egiziano, il oui esponente di spicco & Antonio Abate, a porre qui I’accento, Questi monaci dei primi secoio dopo Cristo, si rifugiavano nel deserto per sfuggire, non soltanto la vita frivola ¢ inautentica, ma soprattutto per dedicarsi alla disciplina della “custodia del pensiero”. Attraverso un lungo sforzo associat ad una disponibilita a trattare con estrema tenerezza tutto quanto vi & di creato (di qui gli episodi di monaci che parlano con gli animali), essi raggiungevano tuna completa assenza di pensieri ed immagini nella loro mente, rendendosi cosi disponibili per la “preghiera del Cuore”. 2.La preghiera del Cuore La purificazione della mente & la tappa preliminare per la vera preghiera. Indispensabile ma semplicemente preliminare. Dopo avviene una esperienza abbastanza singolare, e qui bisogna chiarire un equivoco. Normalmente viene naturale pensare che la preghiera sia una azione a base umana, Come correre, come disegnare, come mangiare, si pensa che si pud ottenere con Pallenamento, Mentre occorre precisare che Puomo @ strutturalmente incapace di pregare: non si tratta di una cosa difficile, quanto piuttosto impossibile. Se ci si pensa non é neanche troppo difficile capire perché: Dio e ’uomo sono disomogenei, € normalmente in cattivi rapporti Questa & fondamentalmente la dottrina del peccato originale: a causa di una colpa che si associa alla nascita di tutti gli esseri viventi, 'uomo nasce con il desiderio di Dio ma lo vive come un rapporto tormentato. Anzitutto non siamo in grado di vedere Dio, ¢ lo possiamo pensare soltanto vagamente ¢ con grande sforzo, pensiamo istintivamente che Dio, se esiste, limita la nostra autonomia e liberta. Non riusciamo poi a sfuggire al problema del male per cui concludiamo che Dio 0 non esiste, 0 se esiste non si prende cura di noi. Se ci lasciamo andare a noi stessi e ci lasciamo scivolare verso la parte pili originale di noi stessi vedremo che i nostri ragionamenti sono questi. Una persona in queste condizioni non pud appunto pregare, ma al massimo pud dubitare, incattivirsi e maledire, 'uomo é normalmente fatto cos. Occorre dire allora che la preghiera non & un esercizio virtuoso, ma un dono ricevuto, senza poterlo né meritare, né conseguire. Quando nella Bibbia leggiamo per esempio che “lo Spirito prega in noi con gemiti inesprimibili, perché noi non sappiamo nemmeno cosa sia conveniente domandare”, intendiamo appunto questo concetto. E’ la preghiera ad essere gia dentro il nostro cuore e ci precede prima ancora che noi la avvertiamo 0 conosciamo. Quindi la preghiera non va costruita ‘ma va “liberata” dalla nostra interiorita, con un esempio tratto da Michelangelo, si uo dire che I’artista non fa una scultura, ma “semplicemente” la libera togliendo il superfluo dal blocco di marmo (non so se é cosi chiaro). Se riuseiamo ad ottenere queste cose sentiremo agire potente la preghiera dentro di noi: per fare questo dovremmo almeno essere in queste condizioni, che indico in progressione: 4) liberta dal peceato “mortale”: nella chiesa antica limitato a Apostasia, omicidio e adulterio 4) liberta dal peccato “abituale” ©) liberta del pensiero: assenza di immagini e di pensieri Occorre precisare che esistono molti modi e piuttosto strani per essere liberati dal peccato, ricordiamo Ja parabola del pubblicano e del fariseo: uno pud raggiungere una liberta estrema dal peccato con un pentimento immediato, mentre un lungo esercizio di purificazione pud non dare gli stessi risultati (anzi..) La liberazione dal peccato e la custodia del pensiero e la regolazione del respiro ci mettono in sintonia-con la preghiera che € in noi, permettendoci di “ascoltare”-il- soffio di Dio che é in noi. 3 Mezzi e strumenti Per pregare con la preghiera del cuore, sarebbe bene procurarsi alcune cose. @) Untappetino o una moquette 4) Unpanchetto per potersi inginocchiare e stare seduti nello stesso tempo ©) Una candela e wn po’ di incenso (non orientale, perché accende la sensibilita corporea) d) Un Luogo possibilmente silenzioso La preghiera del cuore consiste essenzialmente in un tecnica di respiro e di una corretia posizione del corpo (non fondamentale). Si sono spesi fiumi di inchiostro per capire perché una particolare respirazione ottenga fenomeni singolari, qui mi limito ad indicarne due fra i pit condivisi. Rallentare e regolare la respirazione conduce l’organismo ad un livello di coscienza simile a quello raggiunto nella fase del sonno profondo (anzi sembra che questo sia ancora pit profondo), per cui mette in condizione di avvertire meglio i “contatto” che esiste fra la presenza di Dio e la nostra interioriti, Ancora si pud aggiungere che regolare € ordinare la fase di inspirazione-espirazione conduca simbolicamente la mente verso un atto di accoglienza del dono della vita, si tratterebbe cioé di una acquisizione a livello profondo del discorso fatto in precedenza, secondo cui l'uomo si converte inconsciamente alla sua condizione di creatura, respirando a fondo la vita che viene da Dio e riconsegnandola a lui: sembra che azioni di questo tipo, ripetute frequentemente, contribuiscano a variare la struttura profonda della psiche (mah? E comunque suggestivo). Nella tradizione monastica vi é la consuetudine di insegnare la regolarizzazione del respiro attraverso la tecnica della “preghiera del nome” e consiste nel ripetere per molte volte il nome di Gesit aggiungendo una invocazione di salvezza: “abbi pieta di me”, Lo schema pud essere variato: a)inspirazione: Signore Gesit — espirazione: abbi pietd di me (pitt comune) byinspirazione: Signore ~espirazione: Gesit -inspirazione: abbi pieta -espirazione: dime Nella tradizione religiosa & frequente trovare tecniche di preghiera che cercano di regolarizzare il ritmo del pensiero e del respiro, ricordiamo il rosario, le litanie, il rosario arabo a 99 grani, le prostrazione ebraiche al muro del pianto, ecc.. IL CRISTO DELLE ICONE E LA CRISTOLOGIA I! modulo della stuola di Mosca RIE Comptendere la cristologia contenuta in un’icona, é divenuto tanto pitt uusgente quanto pi si @ incrementata la diffusione di queste immagini anche nei luoghi deputati al culto liturgico. Una crescita segnata negli anni settanta da una diffusione iniziale in ambiti circoscritti, seguita poi da una penetrazione capillare soprattutto dopo Puscita della Lettera Apostolica “Orientale Lumen". Ho potuto vedere di recente, in Umbria, una cattedrale gotica che conserva ancora dipinti del nostro rinascimento, nella quale & stata collocata, davanti all'ambone predisposto pet le celebrazioni feriali, una icona del Cristo di Mosca. Il fatto che non si trattasse di un dipinto manufatto, ma di una semplicissima stampa incollata su una tavola di legno, lascia pensare ad una sistemazione temporanea ed occasionale, ma indica chiaramente le proporzionie il livello di penetrazione delle icone otientali nei luoghi di cult. Non deve sfuggire la paradossalitt con cui si propone atrualmente al culto dei fedeli immagini che non appattengono alla tradizione cattolica, che sono piuttosto datate® e, forse, non possono reggere, ad un confronto artistico con le opere dei nostri pid famosi artisti. Per quale motivo in una Chiesa cattolica latina, compate untimmagine di Cristo, cost lontana dalla nostra immediatezza? Perché si tende ad ignorare il faticoso camino di inculturazione che Pimmagine religiosa ha percorso, in occidente, nello sforzo di siprodurre, con la sensibilith peculiare propria di una cultura e di un determinato periodo storico, il mistero di Dio? La risposta potrebbe essete, forse, che “in fligrana” questa icona consente la lettura di una cxistologia che Lettera Apostolica di Giovanni Paolo I, Orieutle Lamen, 2.6.1995, sito Intecnet delle Santa Sede swonv.vaticanv. Con “ambit eiccosectt” intendo sleune famiglie zligise di gecente formazione che si ispizino al monachesimo orientale ¢ al secupero della spirtuaita esicasta. Una tesi molto interessante ed estustiva sulla genesi della diffusione delle icone in occidente si pub leggece nelVintervento di G. MBZZALIRA, Leona sego di tempi In: G. PRLLEGRINY, I tao sot Signore, io crv, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 1995, 1-20 La maggioe parte delle icone diffuse attualmente sealgono ad un peciodo compreso fia il XII secolo (ad esempio la Madonna di Viadimis) e a prima meti del XVI secolo. Bssendo pesd poco suscettibili ai modifiche sostanzial, a causa del “canone iconogeafico”, si possoao tutte sicollegace al periodo sgecminale del VI-VI secolo. tisponde alle esigenze contemporanee ¢ che istintivamente viene riconosciuta come un modello adeguato per rappresentare Gest di Nazaret. 1. Vicona del Cristo di Mosca e le prime icone Sulla scia di questa provocazione mi propongo di delineate i tratti fondamentali della cristologia nell'icona di Cristo della scuola di Mosca’. La scelta del modello dipende dalla sua diffusione. Si tratta, infatti della pid nota fra le sappresentazioni iconografiche del Cristo attualmente in cixcolazione. Liimmagine sisale alla prima meth del XVI secolo, ma a causa del “canone iconografico”, non presenta differenze costitutive con una icona primitiva databile al VI-VII secolo. ricongiungimento virtuale con le prime icone é importante perché garantisce la continuiti con quel faticoso percorso, che ha portato la Chiesa antica a permettere la rappresentazione di Cristo in una immagine dedicata al culto ¢ alladorazione, La Chiesa non ha posseduto immagini di Cristo che lo rappresentassero nella sua individualita personale, © detto altrimenti dei “sitratti”, fino al VI secolo'. La causa va ticercata nella proibizione biblica del “farsi immagini della diviniti” (Dt 4,12-19), ¢ nella sicezione popolare del pensiero neoplatonico relativo al rapporto fra immagine ¢ persona reale, C’era, soprattutto per i cristiani provenienti dal paganesimo, la tendenza ad identificare, come nel culto agli idol, limmagine con la persona adorata. I primi tentativi di eseguire un ritratto di Cristo possono tisalire indicativamente al VI secolo’. Essi sono legati al modulo “Acheropita”, ovvero ai “non dipinti da mano di vomo”. Queste rappresentazioni erano riproduzioni, su tavola, del velo che Gesi stesso durante la sua vita avrebbe consegnato al pittore di corte del Re Abgar di Edessa, La tradizione racconta che Re Abgat, avendo sentito parlace delle gesta di Cristo, invid in Galilea il migliore pittore di corte affinch’ ne Liimmagine & di poco anteriore al Conclio dei cento capitol “Stogav"” del 1551. Concilo che Aefiniece | crite: di caccordo pee valutace la posibilith di una icone contemporanea di icxversi nel solco deli trizione. Sopmitutte viene consegnato un “canone iconogeafico”. L. USPENSKI, La Tea deans, La Case di Matsiona, Milano 1995, 195-226 "Non mi sifessco qu n alle zappzesentazioni di Cristo attravesso simbeli (agnello, buon pastoze), né sffiguazioni narrative delle gesta di Cristo (a pesea mirscolosa, la chiamata di Petco), che sislgono si paimi secol. 5 La menzione pid antica conoscinta celativa ad una immagine Acheropita é nel documento la Dotirina i Addai. Addai era un Vescovo di Edessa mozto nel 541. L, USPENSKI), La tvoiadeleora, La Casa i eseguisse un sitratto, che avzebbe poi conservato. Il pittore perd dopo diversi tentativi non sarebbe riuscito a eseguite il ritratto perché “troppo luminoso eta il volto di Cristo” e tisultava impossibile rappresentarlo, Tuttavia prima di titornare ad Edessa si accostd a Gesi porgendogli un velo dopo averlo bagnato nel Giordano ¢ | chiedendo che si asciugesse il volto con questo, Durante il viaggio di ritorno successe tun miracolo: il velo asciugandosi aveva trattenuto le sembianze di Cristo che si erano impresse indelebilmente. Il velo venne conservato a Edessa e verti chiamato successivamente “Mandjlon" Liiconografo quando si accingeva a zaffigurare la persona di Cristo copiando fedelmente il Mandyfon dichiacava di non aggiungere nessuna invenzione umana; si limitava infatt a riprodurre cid che Gest stesso aveva di fatto consegnato come modello. Liastificio con cui venivano eseguite le icone acheropte, permette di capize con quali giochi di equilibrio si siano potute introdurre al culto immagini di Cristo e con quale difficolta si sia | potuti pervenire alla loro realizzazione. Diffusosi l'uso delle immagini achirpite, vvidero Ia luce successivamente veri © propsi ritmatti di Cristo a mezzo busto che riprendevano da vicino Toso egiaio della “maschera funeraria”: si trattava di dipiati di scuola romana che tsentivano influenza stlizzatrice della scuola egiziana’ Originariamente questi dipiati venivano eseguiti prima della morte di una persona € applicati successivamente sul volto del corpo mummificato. L’espetio interessante di questa pittura antesignana della ritrattistica moderna, é il rapporto stretto che si stabilisce fra la persona e la sua immagine: la persona in carne ed ossa viene meno, ma la sua presenza si sipropone nellimmagine. Gli iconografi recuperarono questo Matsions, Milsno 1995, 21-22. Relativamente alla tadizione delle immagini dipince direttamente da San Luca, in pacticolae della Madce di Dio ef. L. USPENSKI,0.¢, 26-31, ©L. Uspanst, La Tenbgiadeleone, La Casa di Matriona, Milano 1995, 19 (n paricolace la nota 1.2), genere di pittura proprio perché aiutava ad individuare la persona e si rendeva fruibile pet raffigurare Gesi di Nazaret, non come era accaduto in precedenza, atttaverso simboli o nella descrizione delle sue gesta, ma nei tratti peculiari della sua persona. B? Pacquisizione fondamentale che permettera la diffusione capillare delle icone. Il pid) famoso di questi siteatti derivati dalle maschere funeratie é Picona del “Cristo del Sinai”*; possiamo raffigurarei cosi_le immagini in circolazione ai tempi della lotta iconoclasta. 2. La problematica teologica La pretesa rappresentazione di Cristo nella sua persona che le icone ivendicavano, suscita una non trascurabile problematica teologica, collegata ai fondamenti della cristologia fissata gia a Calcedonia nel 451. In questo concilio Cristo viene riconosciuto ‘in due nature, senga confusions, immutabil, indivi, inseparabil, non essendo venuta meno ladifrenga delle due nature a causa della loro unione, ma esend stata, ant, salvaguardata la proprieta di sascuna natura, «concorrendo a formare tna sala persona @ ipasasi; gh non 2 diviso 0 separato in due persone, ma 2 savco ¢ medesimo fig”. Questa dottrina troveri una pit elaborata espressione ed un assestamento definitivo nel contesto ella ctisi conoclasta." Lrobiezione centrale dei “detrattori delle immagini” 0 “iconoclasti”, che ne raccoglie altre di minor valore, @ quella relativa alla pretesa che avanzavano gli iconodull", di poter cio® cogliere in una immagine la persona di Cristo”. Gli iconoclast, legati alla teologia monofisita, affermavano che una rappresentazione di Gesti di Nazaret contenesse un fondamentale errore teologico: 'unica natura umano- divina infatti non poteva essere espressa concettualmente né, a maggior zagione, resa 71M Zina, om, Jaca Book, Milano 1995, 121-129. * Una ottina immagine si pub vedee inv AAW. Il sto dei sol Crit, Velas, Godle (BG) 1997, 216. “Licona ctele al 549 ed ¢conservata nel Coaveato di Santa Caterina del Monte Sina 5G. ALBERIGO ¢ ALT, Cowiloran Orcummioram Deeria, EDB, Bologna 1996, Concilixm CChaleedonense , Dafne dla fle 33-42, 86. (opecn vesrh citata successivamente con Ia sgla cop). La casi iconocaste viene comunemente sacchiusa entro due date: Lintio si deve 2d un prowvedimento dellimperatore di Costantinapoli Leone III lsausico che decteté Ia distrszione dele feone nel 730 e si conclude con la proclamasione della “Festa del! Octodossia” promulgeta dalla reqgente Teodora¢ dil Pataca di Costantinopoli Metodio nel 843. 1. USPENSKY), Le Teobgia dlfana, La Casa di Matciona, Milo 1995, 69-76. 1 Meno diffuso del teie “iconoclast”, il txmine “iconodulo” indica coli che adora le icone e le espone al cultoe aadorazione 2 Che testimoni, peal, una non assimiata siceione della cristologia di Caledonia attraverso una immagine. Ogai icona di Gesti di Nazaret era una rappresentazione del solo aspetto umano del Figlio di Maria e non della sua divinit La posizione del Concilio Niceno II del 787, profondamente ispirata all’opera di Giovanni Damasceno™, riprende Pobiezione ¢ la confuta attraverso le categorie cxistologiche gi stabilite a Calcedonia: “Conftsiamo le due nature di colui che si? incarnato per noi, (.) riconoscendo che eli? perftto Dio e pefito uome, come ba proclarato il concilo a Caledonia"*, A pastice da questo dato si afferma poi che Viconografo non ritrae la satura umana di Cristo, ma la singolare persona che si presenta in due nature, umana ¢ divina senza confusione, A causa di cid si potrebbe dire correttamente che i secondo Concilio di Nicea e la conseguente risoluzione della lotta iconoclast sigilla il modello iconogtafico di Cristo come traduzione in immagine (teologia espressa attraverso Puso del colore) della cristologia gi fissata a Calcedonia’®, Liicona quindi non ripresenta altra ctistologia se non quella di Calcedonia e, sottolineatura non indifferente, rivendica la sua peculiariti nell’affermare ¢ rende esplicita, attraverso Pimmagine, il centro della definizione dogmatica data in quel Coneilio, Cristo & una persona in due nature, e unico accesso figurativo ¢ desctittivo di lui deriva da questa acquisizione; la forza della cristologia dell’icona consiste poi nella sottolineatura di questa compresenza delle nature e il tentativo di rappresentarle entrambe e simultaneamente nell'unica persona, 3, Le due nature nell’unica persona secondo Picona del Cristo di Mosca Relativamente al modello da noi scelto come riferimento, il Cristo della Scuola di Mosca", vorremmo rilevare alcuni tratti salienti, tenendo conto del criterio fondamentale dell’rmeneutica iconografica secondo cui il particolare non ¢ mai silevante in sé, ma in quanto costitutivo del tutto. 1 In panticolace Vopess teipactita Le djza dele immagini sare del 750. Cf. in traduzione italizaa di V. Fazz0. G. DAMASCENO, La dra delle omnagint ss, Citeanuova, Roma 1983. ¥ COD, Concilium Nicaenuen IL, Deion della ide 43, 134; 1-3, 135, 18 Tl testo da cul deduco questa tesi & di C. SCHOENBORN, Llzone dv Christ, Cerf, Pasis 1986, 197. ‘Lropera che qui ctiamo & Ia pil completa ed esaustiva elativamente alla cxstologia delicona, 5 Una buona immagine a colosi dellicona del Cristo di Mosca si tova in: G. PELLEGRINI, ac, foto nS, 114-115. M, G: Muz) , Tragignegine, Paoline, Milano 1987, 27. Edizione di stampe: CENTRO RUSSIA ECUMENICA, vicolo del Farinone, 30 - 00198 ROMA e© CENTRO RUSSIA ECUMENICA “MODENSKALA”, via Ganaceto, 115 — 41100 MODENA, Anzitutto la peculiatitt delPaureola: essa si presenta singolarmente segnata da una croce” contenente urfiscrizione. Decodificando i simboli: la santiti di Dio espressa attraverso il cerchio, sottolineata dalla lamina di oro zecchino e segnata dalla frase di Es 3,14 (eyo ett) 0 ov" (prerogative della natura divina) & contrassegnata dalla vicenda storica di Gesti di Nazaret, che trova la sua espressione conclusiva nella morte di croce (prerogative della natura umana). "7 sega ross iscrit alfintemo delaureolaindicano infatti la croce In basso @ sinistra osserviamo il braccio destro che si distende e si apre nella mano benedicente: esso ha un movimento patticolare espresso con un segno grafico che ne accentua lo spostamento verso Pestemno, Nello stesso tempo, perd, Ia fascia del mantello che incrocia il braccio non presenta ill rigonfiamento che ci si aspetterebbe dal movimento del braccio stesso verso Vesterno. Al contratio la fascia trasversale & stata disegnata con segni netti che stringono e comprimono il braccio verso interno, Si viene cosi a formare un doppio movimento uguale e contratio in cui il braccio tende ad uscite verso Pesterno mentre il mantello, trattenendolo, lo spinge verso V'interno. Lidea manifestata & quella di una forza straordinaria trattenuta con grande facili. “Viene sottolineato cost il seguente paradosso: il Dio forte che “squda la potenza del suo braccio” (cf. anche Le 1,51) si accotda con la debolezza di Gest “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), che esprime questa forza nella misericordia e nella benedizione. Salendo verso Valto possiamo notate il volto che lega In maesti e Ja signoriliti della diviniti con la delicatezza ¢ la remissiviti dellumaniti: tutti i particolasi descrittivi concorrono appunto allesplicitazione della Cristologia fissatn a Calcedonia. Da ultimo, di grande silevanza, Pisctizione del libro che riprende un testo liturgico: “Non giudicate in base al volto (apparenza) o figli dell'uomo, ma giudicate con giudizio veritiero. Gindicate con lo stesso giudizio, misurate con la stessa misura”. Esprime Vinvito a non fermarsi allapparenza, ma a penetrate il mistero nascosto nella divino-umanita espresso nella figura visibile di Gesi. Pid complessivamente Lequilibrio fia caratteristiche della natura umana ¢ divina che viene riscontrato singolarmente nella persona di Gesi viene descritto attraverso Ia singolare metafisica della luce (lemeggiatur)) propria dellicona. Se si osserva con attenzione si noteri presto che Picona non ha ombre € che la luce sembra provenize dallintemno delle persone ¢ degli oggetti piuttosto che dall’esterno, Infati Ia sicerca dell’iconogeafo era precisamente quella di rappresentare per quanto possibile la modaliti di compenetrazione delle due nature in Cristo, secondo quanto era gid stato espresso in forma sistematica nel VII secolo nel Concilio Costantinopolitano III contro i monoteliti” © che trova una eco remota nella 18 NelPoiginale rimane soltanto la letteca omega, cicd la letterainiziale del participio. Liseiaione siferisce allepisodio del roveto ardente, dove Most chiede la sivelazione del nome di Dio per presentacsi a Faraone. Dio si presenta appunto come: “lo sono colui che &”. ® COD, Conellizm Cotantinopolitanum 1, Defiixione dolla ide 33-44, 129: “Affermiamo che due sono le nature che sisplendono nella sua usica jposcasi nella quale, durance matt economia della sua Scvitturs: “Si tasfigurd davanti a loro e le sue vesti divennero spleadenti, bianchissime: nessun lavandaio della terra potrebbe renderle cosi bianche” (Mc 9,2- 3); “Non vi sari pit notte e non avranno pit bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore i illumineri” (Ap 22,4-5). La persona di Cristo & il caso prototipico del il modo attraverso cui la natura divina si accosta alla natura ummana trasfigurandola dall'interno. La natura divina non si mescola con quella umana, ma la cleva intimamente. E’ questo delicato equilibrio teclogico che Ticonografo poi rappresenteri avvalendosi del lessico peculiate a sua disposizione, 4. Valutazione e prospettive Perché alle soglie del tetzo millennio si recupera negli spazi livargici cattolici latini, uoa immagine orientale cosi antica per il culto e la preghiera? Il fenomeno é tipico dei periodi di decadenza e di smarrimento; nei quali la storia delVarte ha subito pid volte questo “spostamento all'indietro”, anticipi di nuove sintesi: possiamo ricordare come analogia la genesi del Rinascimento, dove il recupeto del classicismo degli artisti greci e romani ha consegnato geni della statura di Raffaello € Michelangelo. Inutile dite quanto sia smartita attualmente Ja pittura sacta, s€ si considerano soprattutto le immagini prodotte dal dopoguerra ad oggi legate agli schemi rappresentativi delle cotrenti contempotanee. Non mancano chiaramente proposte di un certo pregio, che restano tuttavia carenti di quella chiarezza interpretativa cost tipica delle opere antiche, perché troppo legate alla soggettivita ¢ alla tendenza ermetica degli autori. Licona si collega direttamente alle origini della raffigurazione di Cristo attraverso una immagine: apprezzate una icona e proporla al culto, percid, & compiere precisamente uno “spostamento alfindietro” verso uno degli assestamenti decisivi della cristologia sistematica. Credo che Picona e il suo culto non siano comunque né un punto di artivo, né segnino un passaggio definitivo; chi fa sue queste posizioni si troverebbe a negare il tipico principio dinamico delPevangelizzazione, che incrocia sempre ¢ comunque vita incazaata, oper® prodigie softs doloci non in appacenzn ma sealmente, La differenza delle nanase in questa unica ipostai si iconosce dal fatto che ciascuna natues, senza divisione o confusione, voleva © opersva conformemente al proprlo esseze in comunione con Paltra” ‘una storia e una cultura, Potrebbero essere tre le funzioni che si possono attribuire all'uso contemporaneo occidentale di antiche icone. Indicherei una “funzione di supplenza” , una “fanzione normativa” ¢ una “funzione ecumenica”. “Supplenza” rel senso che la riproposizione al culto di una icona viene a colmare un vuoto di proposte universalmente apprezzabili, che indicano attuale assenza di un lessico attistico consolidato per la rappresentazione di immagini sacte. “Normativa” in quanto punto di riferimento ittinunciabile, qualora si dovesse giudicare la pretesa “teologiciti” di una nuova immagine che raffigura Gest di Nazareth, “Ecumenica” perché propone al culto una immagine che si ricollega alla tradizione della Chiesa indivisa “La bellezza salvera il mondo”, la celebre frase di Dostoevskij, viene sempre pi frequentemente applicata alle icone, un po’ troppo esclusivamente. Le icone non sono sicuramente i dipinti pid immediatamente belli né i pit vicini alla sensibilita occidentale, contengono perd una profonditi ¢ una densita di significati teologici che sarebbe bene non sottovalutare. Gianluca Busi Il Cristo fra le potenze Scuola di Mosca XV secolo Interpretazione e commento dell icona "Noi annunziamo che verrd. Infatti non c'® una sola venuta, ma cen’? una seconda, la quale saré molto pit gloriosa della precedente. La prima infatti, ebbe il sigillo della sofferenza, l'altra porleré una corona di regalta. Nella ‘sua prima venuta fu avvolto in fasce e posio in una stall, nella seconda si vvestira di luce come ai un manto. Nella prima accetté la croce senza riftutare i disonore, nell'altra avanzeré scortato dalle schiere degli angeli e pieno di gloria Cirillo di Gerusalemme, Catechest XV Collocazione nel Contesto L’icona raffigurata nell’immagine si riferisce ad un rifacimento contemporaneo del maestro Stalnov, misura 160 cm di altezza e si trova attualmente inserito in una complessa iconostasi di una basilica di San Pietroburgo. I! modello di riferimento risale al periodo indicativamente la seconda meta del XV secolo. compreso fra A. Rublev e Maestro Dionisi Li normalmente collocata in posizione centrale allinterno delliconostasi, con chiara funzione infatti_viene imagine importantissima, ‘ona del Cristo fra le potenze @ una ricapitolatrice di tutto il mistero di Crist. Lispirazione fondamentale di questa raffigurazione é da ricercare nella visione del profeta Ezechiele (Ez 1,4ss.), alla visione del veggente di Patmos di Apocalisse (Ap 4,1ss.), € alla visione di Daniele: fo continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise, La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la tana;il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un flume di fuoco scendeva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono apertiDn 7,9-10), mentre la genesi che porta a questa immagine va ricercata nel Cristo jone centrale nel catino absidale, Pantocrator a mezzo busto che veniva collocato in posi subira poi una evoluzione trasformandosi nella raffigurazione dell’ascensione. La sintesi viene raggiunta da questa immagine detta del “Cristo fra le potenze”, formulata per poter essere inquadrata nella iconostasi. Conoscendo il processo che ha condotto la tradizione @ questa immagine possiamo leggervi tutto il mistero di Cristo, che prende una care per recuperare la materia decaduta delantico Adamo, che muore e risorge per donare una nuova vita, sale al cielo con la promessa del ritorno, ¢ ritoma una seconda volta nel compimento di un cielo ¢ una terra nuova. Descrizione dell'immagine Cristo Avwvolto in un mantello color ocra, che indica il colore della came, é la figura del Dio che si fa carne ed entra nella vicenda umana in vista della redenzione. Porta in sé l’immagine della carne trasfigurata, poiché dal suo corpo si irraggiano fasci di luce che provengono dall’interno, indicando opera della divinizzazione dovuta al contatto ¢ alla compenetrazione della natura divina con quella umana. La mano destra si alza in segno di benedizione, ad indicazione della novita portata dall’annuncio del regno di Dio, noviti che si riassume nell’annuncio della misericordia e dell’accoglienza e dell’instaurazione di una anno di grazia, e si contrappone ad una immagine legata alla distruzione ¢ al giudizio (Gv 3,16-21) Nella mano sinistra tiene il libro dai sette sigilli, che si trova aperto e contiene questo test trono della sua gloria” (Mt 25,31). Il riferimento é chiaramente rivolto alla seconda venuta € : “Quando il Figlio dell womo verré nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siedera sul al giudizio definitivo, Siede su di un trono finemente delineato ¢ riprende la simbologia cosmica con il suo sedile cubico sormontato da un arco di cerchio, mentre la predella su cui poggia i pedi sottolinea ulteriormente la sua signoria “I! cielo @ ill mio trono, la terra lo sgabello dei miei iedi” (Is 66,1) Attorno al capo, il nimbo dorato con una doppia serie di rizioni: la croce iseritta, ad indicare la vicenda storica di Ges di Nazaret, che “pati sotto Ponzio Pilato”, si intreccia con il motivo teofanico dell’apparizione di Dio nel roveto ardente a Mosé. Le isorizioni infatti riportano Piscrizione O QN , contrazione di Bs 3,14: “Ego simi o hon”, To sono colui che sono”. due motivi si trovano associati a partire dalla ctisi iconoclasta, pet sottolineare Pequilibrio delle due nature in Cristo. Il volto, indica la perfezione e In bellezza dello sposo del cantico “de! pit bello fra figh del'xomo sulle cui labbra é diffusa Ia gragja”. Anche la raffigutazione tende a tispettate il delicato equilibrio delle due nature, legando la postuta maestosa tipica dell’onnipotenza, con la remissivita ¢ la delicatezza di uno sguardo che esprime misericordia e condivisione della sofferenza "Proprio ‘per questo nei giornt della sua vita terrena egli ofti preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pletd; pur essendo Figlio, imparé tuttavia lobbedienza dalle cose che pati e, reso perfetto, diverme causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”. (Eb 5,7-9) Rombo rosso Comprende ¢ abbraccia il Cristo seduto in trono e rappresenta il modo divino, che normalmente si rappresenta nelle icone con il colore rosso, simbolo di amore inesauribile e di un fuoco che accende e trasforma, penetrando tutte le cose che incontra. II fuoco di rimando anche legato all’immagine della seconda venuta di Cristo e ultimamente del giudizio universale. Il rombo rosso poggia su due mondi, il mondo degli angeli-realta spirituali (rappresentato dalla mandorla yerde-blu) e sul mondo materiale (rappresentato dal quadrilatero rosso con alle estren iventi), li raggiunge e li penetra Mandorla verde-blu Indica il mondo creato e immateriale, Fa da intersezione fra ta realti di Dio e il mondo materiale, li collega attraverso la mediazione. Come il rombo della divinita, il mondo angeli & spirituale € cid viene indicato attraverso la trasparenza, che permette di leggere Pomogeneita spirituale con la divinita. Il mondo angelico @ rappresentato dai serafini e dai cherubini dalle sei ali, che volano attorno la trono, generalmente questi angeli sono distinti nelle icone dai colori (serafini rossi, cherubini blu), ma in questa sono tutti di colore verde-blu. L’immagine contiene 24 angeli, forse per una rimiscenza della citazione di Apocalisse 4, (benché in quel contesto si parli di “vegliardi” e non di angeli). Alla base del trono ci sono ruote (rosse) attorno alla predella su cui poggia i pedi il cristo e indicano i troni. I troni sono realta spirituali pit vicine all’uomo di quanto non Io siano gli angeli, per questo assumono un colore che tende al rosso a causa della vicinanza con il rettangolo esterno, la loro fondazione teologica pud essere ricondotta alla citazione di San Paolo:Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potesta, Tutte le case sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.” (Col 1,16), Attraverso i troni e il loro movimento comunicano ‘al mondo la luce divina ¢ la sua energia, Rettangolo rosso Indica il mondo creato e materiale, Evidenzia il mondo degli uomi dei quattro punti cardinali. Grazie all’opera di Dio il mondo immerso nel peccato riceve salvezza e luce attraverso la parola di Dio, espressa ultimamente dai Vangeli. In alto a destra, con Pindicazione Paquila simboleggia Giovanni: il volo verso la divinita e illuminazione attraverso lo Spirito Santo. A Sinistra in basso, il leone (Marco) indica Cristo come Re (il leone di Giuda) e narra la sua dignita regale, il leone @ anche simbolo del deserto e associa la regalita al sacrificio subito per la redenzione dell’uomo. A destra in basso, il toro (Luca) segno del sacrificio e della mansuetudine di Cristo. Raggi iripli che escono dal rombo Provengono da Dio, penetrano lo spazio spirituale, ¢ illuminano gli evangelisti che predicano il Vangelo. I raggi inoltre, legati a Dio formano Ia lettera X iniziale di Cristo. Risulta facilmente comprensi ile questa indicazione, che sottolinea la profonditi della Cristologia in questa icona: & cristo che interseca e ricapitola tutte le diverse realta attraverso il suo mistero, IL CRISTO PANTOCRATOR ~ DEL “CHILANDARI” MONTE ATHOS XIII secolo Comprendere il significato di in un’icona, & divenuto tanto pith urgente quanto pit si @ incrementata la diffusione di queste immagini anche nei luoghi deputati al culto liturgico. Una crescita segnata negli anni settanta da una diffusione iniziale in ambiti ciscosesitt, seguita poi da una penetrazione capillare soprattutto dopo Tuscita della Lettera Apostolica “Orientale Lumen”. Ho potuto vedere di zecente, in Umbria, una cattedrale gotica che conserva ancora dipinti del nostro inascimento, nella quale & stata collocata, davanti all’ambone predisposto per le celebrazioni feriali, una icona del Cristo di Mosca. Tl fatto che non si trattasse di un dipinto manufatto, ma di una semplicissima stampa incollata su una tavola di legno, lascia pensare ad una sistemazione temporanea ed occasionale, ma indica chiaramente le proporzioni e illivello di penetrazione delle icone orientali nei luoghi di culto. Non deve sfuggire la pasadossaliti con cui si propone attualmente al culto dei fedeli immagini che non appartengono alla tradizione cattolica, che sono piuttosto datate? ¢, forse, non possono reggere, ad un confronto artistico con le opere dei nostsi pit famosi attisti. Per quale motivo in una Chiesa cattolica latina, compare untimmagine di Cristo, cost lontana dalla nostra immediatezza? Perché si tende ad ignozare il faticoso cammino di inculturazione che Pimmagine religiosa ha percorso, in oceidente, nello sforzo di siprodurre, con la sensibilita peculiare propria di una cultura e di un determinato petiodo stotico, il mistero di Dio? La risposta potrebbe ‘essere, forse, che “in filigrana” questa icona tisponde alle esigenze contemporance ¢ che istintivamente viene siconosciuta come un modello adeguato per rappresentare Gest di Nazaret 1 Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, Oninale Lomen, 2.61998, sito Intemet della Santa Sede swerw.vatican.va. Con “ambiti ciscoscriti” intendo alcune famigle religose di cecente formazione che si ispisano al monachesimo ocientale e al recupero della spiitualita esicasta Una tesi molto interessante ed essustive sulla genesi della diffusione delle icone in occidente si pud leggere nelFintervento di G. Mazzauina, Liwna sguo dai tempi. Ia: G. PELLEGRINE, I/ wo soto Signore, io cra, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emil 1995, 1-20. La maggior parte delle icone diffuse attutlmente ssalgono ad un periodo compreso frail XII secolo (ad esempio la Madonna di Viadimis) e la prima meta del XVI secolo. Bssendo pes’ poco suscetibili cdi modifiche sostanzial, a causa del “canone iconografico”, si possono tute sicollegare al pesiodo ageeminale del VI-VIT secelo, UNA PAROLA SULLICONA ‘Quando. guardiamo.una_icona sentiamo-una insolita familiatiti. Probabilmente, (anche se non lo sospetteremmo mai), & perché ci troviamo di fronte 2 qualcosa che avvertiamo come molto legata alla vita di tutti i giorni: probabilmente Poggetto pid ‘vicino al quotidiano che tutti ci ritroviamo in casa: la televisione. ‘Liicona infatti si presenta come uno schetmo. Ci sono alcuni particolati che ci aiutano a capire questo. Il bordo rosso che ne delimita il perimetro esterno infatti ba ‘una funzione precisa e delimita la realti esterna (visibile con i nostri occhi) dalla realta interna (altrimenti invisibile), In senso pid preciso delimita il “profano” che si trova fuori dal “sacro” che si trova dentro Vimmagine. Lo sbalzo interno alla tavola delimita invece il bordo esterno da una zona pid interna chiamata anche “finestra” 0 “culla”. Questo é lo “schermo” vero e proprio dove ci é data la possibilita di vedere ‘una immagine che non appartiene alla nostra realta visbile. Appare davanti ai nostzi occhi una immagine soprannaturale ¢ che diventa visibile attraverso uno strumento adeguato: Picona stessa appunto, Trovarsi davanti ad una icona significa guardare attraverso una “finestra” che a tuna vista sulliavisibile. La prima cosa che si pud notate infatti 2 che le icone non hanno il cielo azzutzo, ma hanno dei fondi in oro zecchino, L'oro é il materiale pit prezioso che esisce in natura ed ha una riftazione perfetta della luce. Per questo gli iconografilo utilizzarono per significare la luce increata, che & le luce di Dio. Guardiamo con attenzione: possiamo notare che le figure non hanno le ombre. Questo perché le cose ¢ le figure contenute nell'icona appartengono ad una realti “teasfigurata”, ¢ non prendono luce dall'esterno ma contengono esse stesse la luce: questo concetto é una eco di quanto si dice nell’Apocalisse: “Gli eltti uedranno la faccia adel Signore ¢ portranno il suo nome sua fronte. Nom vi sard pit notte # nom aoranno pit biogno i luce di lampada, w di Ince i sol, perché il Signore Dio i iltuminerd e regneranno nei seco dei secoli” Ap 224-5. Dal punto di vista pittotico questo @ evidenziato attraverso particolari molto singolasi. Dalle vesti trasparenti escono raggi di luce sempre pid intensi fino ai tratti vivi di colore bianco puto, nei punti dove la pelle toca le parti di tessuto a maggior contatto con il corpo di luce. Questo fenomeno raggiunge Ia massima intensitt nei volt. Il colore della pelle molto scura e i colpi di luce molto intensi, rendono Vides del?abbaglio che i nostri occhi hanno davanti ad una sorgente luminosa troppo intensa: se noi guardiamo direttamente il sole abbiamo una esperienza analoga: vediamo il sole nero € tutto attomno scorgiamo un alone luminosissimo. Le figure non hanno alcuni aspetti tipici della pittura come la consideriamo tradizionalmente “noi modemni”: a costruzione dei volumi attraverso il chiaroscuro € la prospettiva. Questo per accentuate il fatto che ci troviamo di fronte a corpi celesti che non seguono Ia logica rappresentativa naturale. La profonditi e il volume vengono raggiunti qui attraverso la sovrapposizione di colori molto leggeri e twasparenti ¢ il movimento verso V'esterno viene sottolineato con lo spostamento dell'asse della figura verso sinistra nel “profilo avanzante”” Un altro particolare da considerare 8 quello della “prospettiva rovesciata”. Un aspetto ancora molto discusso fia gli interpreti delle icone antiche. Sappiamo dalla serittura che Dio disse a Mosé che Egli non pud essere mai visto di fronte, perché “udere Dio di fronte siguificherebbe more”, quindi Bgli si fa vedere “di spalle” Probabilmente gli iconogeafi cexcarono di fare delle raffigurazioni con la prospettiva inversa, dove “il punto di fuga” non & dietro le figure ma davanti. Questo significa che noi abbiamo uaa visione di qualcosa che avremmo potuto vedere solo di spalle. Non é comunque facile capire questo ed é un punto controverso. Liiscrizione: tutte le icone hanno una scritta che designa o il titolo o il nome di un personaggio. Normalmente sono sctitte in slavo antico o in greco. Probabilmente sono funzional ala collocazione. Nelle chiese ortodosse ci sono centinaia di icone ei fedeli dovevano poter capire attraverso Tiscrizione 2 quale scena 0 personaggio si siferisse Picona. Le icone si dipingono con una emulsione formata da tuotlo di uovo, vino e di essenza di lavanda e sono simboli rispettivamente: della risuttezione di Gest (anticamente infatt la sisurrezione veniva paragonata al pulcino che spezza il guscio ed esce dall'uovo); del sactficio, dove Gesi offre il vino dicendo che é il suo sangue; del profumo, come sicordo dell’unzione con un balsamo da 300 denari)di Maria Maddalena a Betania (segno della dedizione completa dell'uomo al mistero di Dio). 1 colori sono possibilmente pigmenti naturali, in genere terre ¢ pietre preziose tritate, questo vuole sottolineare che tutto cid che c’ di pitt prezioso in natura viene messo a servisio di queste sappresentazioni “trasfigurate” della sealti. A pittara ultimate il dipinto viene sicoperto da olio di lino cotto bollente con sali di cobalto che confetisce, una volto essiccato quella particolare patina “vetzosa” ¢ profumata che caratterizza il dipinto iconografico. BREVE STORIA DELLE ICONE ‘La Chiesa non ha posseduto immagini di Cristo che lo rappresentassero nella sua individualitA personale, o detto altrimenti dei “titratti”, fino al VI secolo’. La causa va ricercata nella proibizione biblica del “farsi immagini della diviniti” (Dt 4,12-19), € nella ricezione popolate del pensiero neoplatonico relativo al rappotto fra immagine e persona reale. C’era, soprattutto per i cristiani provenienti dal paganesimo, la tendenza ad identificare, come nel culto agli idol, !immagine con la persona adorata, I primi tentativi di eseguire un titeatto di Cristo possono risalie indicativamente al VI secolo*. Essi sono legati al modulo “Acheropita”, ovvero ai “non dipinti da mano di uomo”. Queste rappresentazioni erano riproduzioni, su tavola, del velo che Gest stesso durante la sua vita avrebbe consegnato al pittore di corte del Re Abgar di Edessa, La tradizione rcconta che Re Abgar, avendo sentito parlare delle gesta di Caisto, invid in Galilea il migliore pittore di corte affinch® ne eseguisse un titratto, che avrebbe poi conservato. Il pittore perd dopo diversi tentativi non satebbe iuscito a eseguire il ritratto perché “troppo luminoso era il volto di Cristo” risultava impossibile rappresentaslo, Tuttavia prima di ritornare ad Edessa si accostd 1 Gest porgendogii un velo dopo averlo bagnato nel Giordano e chiedendo che si asciugasse il volto con questo. Durante il viaggio di titorno successe un mitacolo: il velo asciugandosi aveva trattenuto le sembianze di Cristo che si etano impresse 5 Noon mi sifesisco qui né alle szppeesentazioni di Cristo attraverso simboli (agnello, buon pastors), né saffigurazioni narrative delle gesta di Cristo (a pesca mixacolosa, la chiamata di Piteo), che cisalgono ai pei seco “La menaione pid antics conosciuta celativa ad una immagine Achesopite @ nel documento la Dottina i Adai. Addai era un Vescovo di Badessa morto nel 541.L. USPSNSKY, La ‘okepiadeliona, La Casa di ‘Matsiona, Mano 1995, 21-22, Relativamente ala tradzione delle immagini dipinte direttamente da San Luca, in particolare della Made di Dio eft. L. USPENSKI,0.c, 26-31 indelebilmente, Il velo venne conservato a Edessa e verri chiamato successivamente “Mandylion”®. Liiconografo quando si accingeva a raffigurare Ia persona di Cristo copiando fedelmente il Mandylion dichiarava di non aggiungere nessuna invenzione umana; si limitava infatti a siprodurre cid che Gesi stesso aveva di fatto consegnato come modello. L’attificio con cui venivano eseguite le icone achergpite, petmette di capire con quali giochi di equilibrio si siano potute introdurre al culto immagini di Cristo € con quale difficolta si sia potuti pervenire alla loro realizzazione. Diffusosi Puso delle immagini acherypit, videro 1a luce successivamente veri € propri iteatti di Cristo a mezzo busto che siprendevano da vicino Fuso egizio della “maschera funeratia”: si trattava di dipinti di * scuola romana che sisentivano influenza stilizzatrice della scuola egizians’, Originariamente questi dipinti venivano eseguiti prima della morte di una persona € applicati successivamente sul volto del corpo mummificato. L’aspetto interessante di questa pittura antesignana della ritrattistiea moderna, & i rapporto stretto che si stabilisce fra la persona ¢ la sua immagine: le persona in carne ed ossa viene meno, ma la sua presenza si ripropone nellimmagine. Gli iconografi recuperarono questo genere di pittura proprio perché aiutava ad individuare la persona e si rendeva fribile per raffigurare Gest di ‘Nazaret, non come era accaduto in precedenza, attraverso simboli o nella descrizione delle sue gesta, ma nei tratti peculiasi della sua persona. EB’ Facquisizione fondamentale che permetteri la diffusione capillare delle icone. Il pitt famoso di 5 L, Usvenskty, La Teoegiadel'ione, La Casa di Matrions, Milano 1995, 19 (in paztcolare la nots 2.2). 6D. Z1saws, om, Jaca Book, Milano 1995, 121-129. questi sitratti derivati dalle maschere funerarie & Ticona del “Cristo del Sinai”; possiamo raffigurarci cost le immagini in circolazione ai tempi della lotta iconoclasta, Il Cristo Salvatore del Chilandati Premessa storica Dipinta agli inizi del XID da un pittore anonimo dell’Athos, Vimagine fa poi trasferita nel Monasteto serbo del Chilandari per la Venerazione. Si presenta in buono stato.. Descrizione deWimmagine Il modello rappresentato una copia conforme delle stesse dimensioni dell’original. Le ismizioni. Anaivatto la peculiariti delPaureola: essa si presenta singolarmente segnata da una croce" contenente unfiscrizione. Decodificando i simboli: la santita di Dio espressa attraverso il cerchio, sottolineata dalla lamina di oro zecchino e segnata dalla frase di Es 3,14 (yo ey) 0 @v” (prerogative della natura divina) & contrassegnata dalla vicenda storica di Gest di Nazaret, che trova la sua espressione conclusiva nella morte di croce (prerogative della natura umana). Ai lati ‘txoviamo le iserizioni IC XC: sono la prima ¢ lultima lettera del nome di Gest IESUS e il suo titolo peculiare XRISTOS, la linea ondulata sopta IC XC indicano 7 Una ottima immagine sl pud vedere in: AAW. I! wot dei soli Crit, Velas, Godle (BG) 1997, 216. Liicona sisale al 549 ed conservata nel Convento di Santa Catecina del Monte Sina "T segni rossi iscritt allinterno dell’aureola indicano infatt la croce. > NelVoriginale rimane soltzto Ia lestera omega cioé la letters iniziale del participio. Liscrizione si sifedsce allepisodio del rovero aedente, dove Mos? chiede la civelizione del nome di Dio per presentarsi a Faraone. Dio si presenta appunto come: “Io sono coli che 2” appunto questa contrazione, da considerare che nello slavo antico le $ finali erano contrassegnato da un segno grafico simile alle nostre C maiuscole. Gli abiti, Nelle icone il Cristo porta normalmente due indumenti: tunica (chitone) e mantello (hymation), generalmente i suoi indumenti riprendono da vicino Vabbigliamento dei senatori romani, ¢ la tunica porta due bande laterali che si sviluppano per la lunghezza del!’abito: il clavo. Le modifiche cromatiche apportate ai colori originali di questi indumenti hanno un evidente significato teologico. I! rosso della tunica indica la regalith tertena , cioé la perfezione della umaniti di Gesi. Il blu del mantello indica la natura celeste ¢ la sua perfetta divinitd: Il clavo dorato (d’oro perché é il materiale che riassume tutte le perfezioni terrestre ed & immagine delle perfezioni celesti)esprime la separazione della natura terrena da quella celeste, come viene affermato di Cristo gi a pattire dai Concili Cristologici dei primi secoli: “Tn due nature, sna confusions immutabil,indvise,inspparabil, non essendo venuta reno la diferanga delle due nature a causa della lro unione, ma essendo stata, anzg, salvaguardata la praprisea di siascuna natura, ¢concorrendo a formare una sola persona ¢ipostasi eli non @ dvisoo separato in due persone, ma é unico + medesimo figho””, Dalla spalla partono nove raggi: simboleggiana Je nove schiere angeliche. 1 braccio ¢ la mano bmudicente In basso a sinistra osserviamo il braccio destro che si distende e si apre nella mano benedicente: esso ha un movimento patticolare espresso con un segno grafico che ne accentua lo spostamento verso V'esterno. Si viene cosi a formare un movimento in cui il braccio tende ad uscire verso Pesterno mentre il mantello, trattenendolo, lo spinge verso V'intetno, L'idea manifestata & quella di una forza straordinaria trattenuta con grande facilita. Viene sottolineato cosi il seguente paradosso: il Dio forte che “smuda la potenza del suo braccio” (cf. anche Le 1,51) si accorda con Ia debolezza di Gest “mite ¢ umile di cuore” (Mt 11,29), che esprime questa forza nella misericordia e nella benedizione. i volta lega Ia maesta e Ia signotilita della divinita con Ia delicatezza € la remissivith dellumanitt. Questo Gesti ha un volto incantevole, questo & dovuto al sa10 equilibrio che si pud osservare fra il sorriso accogliente ricco di benevolenza ¢ la fermezza dello sguardo che incutono rispetto e venerazione. 1G, ALBERIGO ¢ ALTRI, Candlorn Oscnmmiconan Darts, EDB, Bologna 1996, Concitium Chaleedonense , Dgfnigient dels fide 33-42, 86. (Lloperm vesei ciara successivamente con le sigla cop). 1 Aro Si siferisce al “canto suovo” dell’Apocalisse:"E ’Aguelo gene e presi bro dalla desra di Cobei che era sedato sul trono. E. quando Vebbe pres, quattro essei viventi ei ventiguatio waka si prostrarono davantiall’Agrell, avendo ciascumo un'apa ¢ coppe d’oro cole di profi, che sono le preghiee dei sant, Cantavano un canto nuovo: «Tn sti dogno di prendere il libro e di aprirne i sigil, pert si state immolato «hai rscattato par Dio con il tuo sangue nomi di ogni trib, lingua, popolo ¢ naxione ¢ i bai costituiti per il nostro Dio sun reguo di saverdoti ‘ regneranno sopra la terra». (Ap 5,6-10). La frase di questa icona, riprende la citazione di Mc 8,34-35, il discorso che sta al centro di tutto il Vangelo: «Se gualamo oxo! verre croc me rinneghi sv ses prenda la na croe ¢ mei stgua. Perbé chi vor saloare la propria vita, la perder; ma cbi perder’ la propria vita per causa mia e del vangelo, la salveré.”, B sctitta con caratteri cirillici, Lettura simbolica T tzatto peculiare che conteaddistingue questa icona é chiaramente la bellezza, recepita nell’equilibsio delle forme e soprattutto dallo sguardo del volto, Occotre quindi chiasire cosa si intende con “bellezza” quando lo applichiamo ad una icona, L'icona pud aon essere bella, perché lo scopo dell'immagine & di timandate ad un Altzo, ua esame attento delle icone antiche comunica Fides che dove la fede era viva, Vicona era bella, dove c’era decadenza della fede e dei costumi ¢ ci si sicentrava sul Mistero le icone diventavano meno belle. Possiamo parlare di diversi tipi di bellezza: = Una bellega che appare in modo evidente, ma 2 senza spessore, non ba contenu profondi ¢ dopo il primo sguardo non lsc traci dratura Una belle ecterire che risulta da una sourabbondansa di bellegga interior Liicona non ha una bellezza appatente del primo tipo, mente tichiama piuttosto il secondo tipo. Introduco un excursus storico per puntualizzare meglio questo concetto: I primi cristiani hanno fatto di tutto per dimenticare il volto di Cristo, anche per non essere considerati idolatsi come i pagani. Non é cosi paradossale affermare che se un cristiano © una comuniti cristiana del primo secolo avesse posseduto il lenzuolo “Sindone” di Gesi, lo avrebbe teuto nascosto o giudicato di scarsa importanza, I Vangeli sono stati scriti a partire dagli anni °70, circa 40 anni dopo la morte di Gest, quando la fede iniziava ad essere tramandata dai testimoni oculasi alla seconda generazione che basava la fede sulla testimonianza, Fra chi aveva visto e chi non aveva visto Gest nel suo aspetto corporeo. E’ una discussione capitale allinterno delle prime comunita, anche perché si gioca qui il concetto di tisurrezione, che costituisce poi il centto ¢ il nerbo di tutta la Fede. Probabilmente vi erano due fazioni. I pid anziani e i pid giovani, si discuteva se pet ‘essere salvi bisognava aver visto Cristo secondo la carne oppure crederci soltanto. Lepisodio di Tommaso in Gv 20, 19-29 e soprattutto il v. 29, conclusive: Gesd gli disse: “Perché ani hai visto, bai creduto: beati quelli che pr non avendo visto orederanno”; esprime bene questa problematica. Anche il passo di San Paolo in 1Cor 5,16-17 esprime la stessa preoccupazione: “Casicb! ormai noi non conasciamo pit nessuno secondo la carne; ¢ anche se abbiama eonasciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciam pit cast. Quind 8 sno 2 in Cristo, 2 xa creat nuova; le case vvccbie sono passat, eco ne sono nate di nuove”. Occotse superare lapparenza in relazione alla conoscenza di Cristo e interiotizzare la sua persona attraverso Vesperienza spirituale, @ questa la vera “visione” ¢ “conoscenza”, secondo gli autori del Nuovo Testamento, La desctizione iconografica di Cristo @ Perede di questa mentalitt gia trasmessa a partire dalle narrazioni evangeliche Lantichiti non conosce titratti di Cristo perch’ non si voleva che i ctistiani fossero legati ad una immagine, come i pagani. I primi cristiani non rappresentavano il volto di Cristo, non era una loro esigenza: 0 Cristo lo si & visto perché si é stati suoi contemporanei, o in lui bisogna credere anche senza vederlo. Dopo wa primo approccio alla “bellezza” questa tende a diventare interiorizzata, se questo non succede la bellezza sfiorisce e generalmente occonre cambiate Toggetto perché questa percezione si riattivi. ( ne fanno esperienza normalmente gli sposi, che con il passare del tempo € con lo sfiotite di una bellezza 10 immediatamente percepibile, sono suscettibili di interiorizzazione di questa conoscenza). La bellezza interiore @ una realta carica di Vita (in senso teologico sarebbe Spitito) che viene sempre piti evidenziata col passare del tempo: si va verso Yessenza pit intima della persona, che progressivamente libera da apparenza viene percepita come “autentica bellezza” Cristo, perché vivo, va gustato © amato (non 2 un possesso) attraverso Tesperienza spirituale, Liimmegine di Cristo nellicona non vuole fetmare lo sguardo, ma simanda sempre ad Altro, Non bellezza, ma lascia passate lo sguardo dentro ¢ guardare dentro. Liicona & immagine, segno che rimanda alla risurrezione, ci mette a stretto contatto con la risurrezione. Ci invita a riflettere sull'escatologia conseguente, ma soptattutto sullescatologia gid realizzata, poiché la vita eterna vita stessa di Dio — grazie alla risurrezione & gia in atto, pud essere sperimentata gii da adesso. BY una bellezza che vuole salvate e proprio per questo non appare, ci respinge affinché siamo salvati. Liicona @ un segno che si fa timido per lasciar spazio alla coatemplazione. La bellezza peculiare di questa icona & data comunque dallo straordinatio ‘equilibrio fra caratteristiche della natura umana e divina che viene siscontrato singolarmente nella persona di Gesii viene descritto attraverso la singolare metafisica della luce (lameggiature) propria dell'icona. Se si osserva con attenzione si noteri presto che Vicona aon ha ombre ¢ che la luce sembra provenire dallinterno delle persone ¢ degli oggetti piuttosto che dallesterno, Infatti la ricerca del monaco atonita era precisamente quella di rappresentare per quanto possibile la modaliti di compenetrazione delle due nature in Cristo, secondo quanto era git stato espresso in forma sistematica nel VII secolo nel Concilio Costantinopolitano IIT contro i monotelit” e che trova una eco remota nella Scritsa: “Si trayfigard avanti a loro ele sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaia della terra potrebbe renderle cost bianche” (Mc 9,2-3)s “Nom oi sara pit notte « non avranno pit bisogno di crc lampada, nbd 1° COD, Coneiium Costntinopolitanum II, Dyin dele fle 33-44, 129: “Affermiamo che due sono le nature che dsplendono nela sua unica ipostai nella quale, durante tutta Feconomia della sua via inceenata, opecd prodig eofid dolori non in apparenaa ma ceukmente. La cifferenaa delle nature in questa unica jpostas si ieonosce dal fatto che ciascuna nature, senza divisione o confusione, veleva ce opersva conformemente al pcopeo essere in comunione con Falta”. ‘nce di sole, perché il Signore Ui illuwinerd? (Ap 22,4-5). La persona di Cristo @ il caso prototipico del il modo attraverso cui la natura divina si accosta alla natura umana trasfigurandola dall’inteeno. La natura divina non si mescola con quella umana, ma la eleva imtimamente. E? questo delicato equilibrio teologico che Vautore ha sappresentato avvalendosi del lessico pittorico a sua disposizione. IL CRISTO SALVATORE di ANDREJ RUBLEV Lettura ¢ commento dell icone Comprendere il significato di in un’icona, é divenuto tanto pit usgente quanto pid si @ incrementata la diffusione di queste immagini anche nei luoghi deputati al culto liturgico. Una crescita segnata negli sani settanta da una diffusione iniiale in ambiti ctcoscritt, seguita poi da una penetrazione capillare soprattutto dopo Fuscita della Lettera Apostolica “Orientale Lumen”. Ho potuto vedere di recente, in Umbria, una cattedtale gotica che conserva ancora dipinti del nostro rinascimento, nella quale & stata collocata, davanti allambone predisposto per le celebrazioni feriali, una icona del Cristo di Mosca. Il fatto che non si trattasse di un dipinto manufatto, ma di una semplicissima stampa incollata su una tavola di legno, lascia pensare ad una sistemazione temporanea ed occasionale, ma indica chiaramente le proporzioni e il livelo di penetrazione delle icone orientali nei luoghi di culto. Non deve sfuggire la paradossalita con cui si propone attualmente al culto dei fedeli immagini che non appactengono alla tradizione cattolica, che sono piuttosto data nostii pit famosi artist, Pet quale motivo in una Chiesa cattolica latina, compare , forse, non possono reggere, ad un confronto attistico con le opere dei ~untimmagine di Cristo, cost lontana dalla nostra immediatezza? Perché si tende ad ignorate il faticoso cammino di inculturazione che immagine religiosa ha percorso, in occidente, nello sforzo di riproduste, con la sensibilita peculiate propria di una cultura ¢ di un determinato periodo storico, il mistero di Dio? La risposta potrebbe essere, forse, che “in flligrana”” questa icona risponde alle esigenze contemporance ¢ che istintivamente viene riconosciuta come un modello adeguato per appresentare Gest di Nazaret, " Letters Apostolica di Giovanni Paolo II, Oriafale Lumen, 2.6.1995, sito Internet della Santa Sede ‘worwrsatiean.va, Con “ambiti cizoscriti” intendo alcune familie celigiose di recente formazione che 1 ispinno al monachesimo orientale © al cecupero della spictualith esicasta. Una tesi molto intecessante ed esaustiva sulla genesi della diffusione delle icone in occidente si pud leggece nelVintervento di G, MEZZALIRA, Lanna tego dei tempi. lo: G. PELLEGRINI, I! to volo Signore io rs, Bdizioni San Lorenzo, Reggio Eanlia 1995, 1-20, 2 La maggior parte delle icone diffute atutlmente risalgono ad un pesiodo compreso fea il XII secolo (ad esempio la Madonna di Viadimi) e la prima meti del XVI secolo. Essendo perd poco suscettibili i modifiche sostansiali, a causa del “canone iconografico”, si possono tutte scollegare al pesiodo {germindle del VI-VI secolo. UNA PAROLA SULLICONA — Quando guardiamo una icona sentiamo una insolita familiarti. Probabilmente, {anche se non lo sospetteremmo mai), & perché ei toviamo di fronte a qualcosa che avvertiamo come molto legata alla vita di tutti i giorni: probabilmente Poggetto pid vicino al quotidiano che tutti ci sitroviamo in casa: la televisione. Liicona infatti si presenta come uno schetmo. Ci sono alcuni particolari che ci aiutano @ capize questo. II bordo rosso che ne delimita il perimetro estemo infatti ha ‘una funzione precisa e delimita la seat estemna (visible con i nostei occhi) dalla realta interna (altrimenti invisibile). In senso pitt preciso delimita il “profano” che si trova fuori dal “sacro” che si trova dentro Timmagine. Lo sbalzo interno alla tavola dclimita invece il bordo esterno da una zona pit interna chiamata anche “finestra” 0 “cull”, Questo é lo “schetmo” vero e proprio dove ci & data la possibilta di vedere tuna immagine che non appartiene alla nostra realta visibile “Appare davanti ai nostzi occhi una immagine sopransaturale e che diventa visibile attraverso uno strumento adeguato: Picona stessa appunto. ‘Trovarsi davanti ad una icona significa guardare attravetso una “finestra” che ha una vista sullinvisibile, La prima cosa che si pud notare infatti é che le icone non hanno il cielo azzurro, ma hanno dei fondi in oro zecchino. L’oro é il materiale pit prezioso che esiste in natura ed ha una rifrazione perfetta della luce. Per questo gli iconografi lo utilizzarono per significare la luce increata, che é la luce di Dio. Guardiamo con attenzione: possiamo notare che le figure non hanno le ombre. Questo perché le cose ¢ le figure contenute nelFicona appartengono ad una realti “teasfigurata”, e non prendono luce dall’esterno ma contengono esse stesse la luce: questo concetto @ una eco di quanto si dice nell’Apocalisse: “Gi lett! vedramno la facia ed Signore e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sar pitt notte ¢ non avranno pid bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, percht il Signore Dio Hi illuminerd e regneranno nei stool dei seo” Ap 224-5. Dal punto di vista pittorico questo @ evidenziato attraverso particolari molto singolari, Dalle vesti traspazenti escono saggi di luce sempre pit intensi fino ai tat vivi di colote bianco puro, nei punti dove la pelle toca le parti di tessuto a maggior contatto con il corpo di luce. Questo fenomeno raggiunge la massima intensiti nei volti Il colore della pelle molto scura ¢ i colpi di luce molto intensi, rendono Fide dellabbaglio che i nostsi cocchi hanno davanti ad una sorgente luminosa troppo intensa: se noi guardiamo direttamente il sole abbiamo una esperienza analoga: vediamo il sole nero € tutto attomo scorgiamo un alone luminosissimo, ‘Le figure non hanno alcuni aspetti tipici della pittura come la consideriamo tradizionalmente “noi moderni”: la costruzione dei volumi attraverso il chiaroscuro la prospettiva. Questo per accentuate il fato che ei twoviamo di fronte a coxpi celesti che non seguono Ia logica rappresentativa naturale. La profonditi ¢ il volume vengono taggiunti qui attraverso la sovrapposizione di colori molto leggeri e trasparenti ¢ il movimento verso Pestemno viene sottolineato con Io spostamento delPasse della figura verso sinistra nel “profilo avanzante”. Un altro particolare da considerate & quello della “prospettiva rovesciata”. Ua aspetto ancora molto discusso fra gli interpreti delle icone antiche. Sappiamo dalla scrittura che Dio disse a Mosé che Egli non pud essere mai visto di fronte, perché “indere Dio. di fonte siguicherbbe more”, quindi Bgli si fa vedere “i spalle” Probabilmente gli iconografi cercarono di fare delle raffigurazioni con la prospettiva inversa, dove “il punto di fuga” non @ dietro le figure ma davanti. Questo significa che noi abbiamo una visione di qualcosa che avremmo potuto vedere solo di spalle, Non é comungue facile capire questo ed @ un punto controverso. Liiscrizione: tutte le icone hanno una sctitta che designa o il titolo o il nome di un personaggio, Normalmente sono sctitte in slavo antico o in greco, Probabilmente sono funzionali alla collocazione. Nelle chiese ortodosse ci sono centinaia di icone ei fedeli dovevano poter capire attraverso Viscrizione a quale scena o personaggio si tiferisse Picona. Le icone si dipingono con una emulsione formata da tuorlo di uovo, vino ¢ di essenza di lavanda © sono simboli rispettivamente: della risucsezione di Gest (anticamente infatt Ia risurrezione veniva paragonata al pulcino che spezza il guscio ed esce dall'uovo); del sactificio, dove Gesi offte il vino dicendo che @ il suo sangue; del profumo, come ticordo dellunzione con un balsamo da 300 denati)di Maria Maddalena a Betania (segno della dedizione completa dell'uomo al mistero di Dio). 1 colori sono possibilmente pigmenti natural, in genere terre e pietre preziose tetate, questo vuole sottolineare che tutto cid che ¢’8 di pid ptezioso in natura viene messo a servizio di queste rappresentazioni “trasfigurate” della realta. A pittura ultimata il dipinto viene sicoperto da olio di lino cotto bollente con sali di cobalto che confetisce, una volto essiceato quella particolare patina “vetrosa” ¢ profumata che carntterizza il dipinto iconografico. BREVE STORIA DELLE ICONE La Chiesa non ha posseduto immagini di Cristo che lo rappresentassero nella sua individualita personale, 0 detto altrimenti dei “ritratt”, fino al VI secolo®. La causa va ricercata nella proibizione biblica del “farsi immagini della diviniti” (Dt 4,12-19), ¢ nella ticezione popolare del pensiero neoplatonico relativo al rappotto fra immagine e persona reale. Cera, soprattutto per i ctistiani provenienti dal paganesimo, la tendenza ad identificare, come nel culto agli idol, limmagine con la persona adorata. I primi tentativi di eseguize un sitratto di Cristo possono tisalire indicativamente al VI secolo’. Essi sono legati al modulo “Acheropita”, ovvero ai “non dipinti da mano di uomo”. Queste rappresentazioni etano riproduzioni, su tavola, del velo che Gesi stesso durante la sua vita avrebbe consegnato al pittote di corte del Re Abgar di Edessa. La tradizione racconta che Re Abgar, avendo sentito parlare delle gesta di Cristo, invid in Galilea il migliore pittore di corte affinché ne eseguisse un titratto, che avrebbe poi conservato. Il pittore perd dopo diversi tentativi non sarebbe riuscito 2 eseguire il riteatto perché “troppo luminoso era il volto di Cristo” & risultava impossibile rappresentatlo, Tuttavia prima di ritornare ad Edessa si accost® 1 Gest porgendogli un velo dopo averlo bagnato nel Giordano ¢ chiedendo che si 8 Non mi iferisco qui né alle seppresentazioni di Cristo attraverto simboli (agnello, buon pastore), né ‘affigatacioni narrative delle gesta di Cristo (a pesca miracolosa, ls chiamata di Petco), che risalgono ai primi secol. ‘'Ta menzione pid antica conoscintacelativa ad una immagine Acheropite & nel documento la Dotrina di Adie Addai er un Vescovo di Edessa morto nel 541, L. USPENSKI), La toopiadilicona, La Casa di Matriona, Milano 1995, 21-29. Relativamente alla tradzione delle immagisi dipinte direttamente da San Luca in paricolace della Madce di Dio eft. L, USPENSKI, ©, 26-31 asciugasse il volto con questo. Durante il viaggio di itorno successe un mitacolor il velo asciugandosi aveva trattemuto le sembianze di Cristo che si erano impresse indelebilmeate. Il velo venne conservato a Edessa ¢ verri chiamato successivamente “Mandslion™ — Liconografo quando si accingeva a saffigurare la persona di Cristo copiando fedelmente il Mandylon dichiarava di non aggiungere nessuna invenzione umana; si limitava infatti a siprodusse cid che Gest stesso aveva di fatto consegnato come modello. L’artificio con cui venivano eseguite le icone acherpite, permette di capire con quali giochi di equilibrio si siano potute introdusse al culto immagini di Cristo e con quale difficolta si sia potuti pervenite alla loro realizzazione. Diffusosi Puso delle immagini acheapite, videro la luce successivamente veri ¢ props ritrtti di Cristo a mezzo busto che Hiprendevano da vicino Puso egizio della “maschera funeratia”: si trattwva di dipinti di scuola romana che sisentivano influenza stilizzatsice della scuola egiziana’ Originatiamente questi dipinti venivano eseguiti prima della morte di una persona ¢ {| applicati successivamente sul volto del corpo mummificato, Llaspetto interessante di questa pitrura antesignana dell stratistica moderna, & il sapporto stretto che si stabilisce fia la persona ¢ la sua immagine: la persona in carne ed ossa viene meno, ma la sua presenza si sipropone nellimmagine. Gli iconografi recuperazono questo genere di pittura proprio. perché aiutava ad individuare la persona ¢ si rendeva fruibile per raffigurare Gest di ‘Nazaret, non come era accaduto in precedenza, attraverso simboli o nella descrizione delle sue gesta, ma nei tratti peculiari della sua persona. E’ Tacquisizione 5 1. Uspeskt), La Teale deeona, La Casa di Matsiona, Milano 1995, 19 (in pasticolace la nota 0.2) ©M. ZIBAWi, Leon, Jaca Book, Milano 1995, 121-129. fondamentale che permetteri la diffusione capillare delle icone. Il pit famoso di questi ritratti derivati dalle maschere funerarie é Nicona del “Cristo del Sinai’ possiamo raffigurarci cost le immagini in circolazione ai tempi della lotta iconoclasta, Il Cristo Salvatore di Andrej Rublev Premessa storica Dipinta agli inizi del XV secolo tra i 1410 ¢ il 1420* per la Deesis di Zvenigorod come i famosi Arcangelo Michele ¢ il San Paolo Apostolo: esposta alla Galleria Tretjakov di Mosca dal 1919, Si presenta come estremamente cotrotta, simangono il volto e una piccola parte di panneggio. Fu ritrovata incidentalmente alla fine delPottocento da alcuni ricercatori: veniva usata come asse di passaggio per accedere ad una stalla, Pimmagine era capovolta verso il basso, questo fa pensare che nessuno sospettasse che il tetgo contenesse Vimmagine, inoltre limmersione in un tezreno umido bagnato ha intaccato istimediabilmente la superficie, La tradizione vuole che il Cristo dipinto su questa immagine sia stato comunicato ad Andrej Rublev direttamente da una rivelazione di Dio. La leggenda arta che Ficonografo fu testimone di un saccheggio nel suo villaggio di una banda di “Tartati: visto un soldato che rincorreva una donna per farle violenza lo colpi con un sasso da dietro causandone la morte. Questo episodio segno cosi profondamente un temperamento cost raffinato: Andrej Rublev si rtird in solituding, rifutd di patlare di dipingere, per un periodo hunghissimo (per alcune versioni ventiquattro anni). Un giomo ebbe una appatizione di Cristo, che gli si presentd non pitt come il giudice ma come il misericordioso: usct cost dal suo stato di prostrazione ed isolamento ¢ si 7 Una ottima immagine si pud vedeze in: AA, I wets dei vt! Cristy, Velaz, Gorle (BG) 1997, 216. ‘Licona seale al 549 ed conservata nel Convento di Santa Caterina del Monte Sina La pit famoea Trinta én dipinto pid tacdvo e viene comunemente datata come postesiore al 1422, anno della morte di San Sergio di Radoner. Andzej Rublev, muore verso il 1430,(1360-1430), timise a dipingere, la prima pittura fu appunto questo Cristo Salvatore eseguita con Vintento di raffigurare il pitt fedelmente possibile la visione di Cristo nell’atto di perdonatlo. Descrizione del'immagine I modello rappresentato & il tentativo di ricostruite Vimmegine originale da parte del maestro russo A. Stalnov. ‘Questa immagine di Cristo incarna immagine ideale di cristo dei russi. La sua bellezza e forza sono tipicamente russe € nel suo aspetto tutto é finemente tzacciato. Abbiamo Vimmagine di un uomo capace di “‘soccorrere € compiangere”. Ltimmagine @ una icona di grandi dimensioni (originale misura citca 110 centimetsi di base per 160 centimetri di altezza). Le fsmizioni, Ancitutto la peculiarit delfaureola: essa si presenta singolarmente segnata da una croce’ contenente unfiscrizione. Decodificando i simboli: la santita di Dio espressa attraverso il cerchio, sottolineata dalla lamina di oro zecchino e segnata dalla frase di Es 3,14 (eyo eypit) 0 @v" (prerogative della natura divina) @ contrassegnata dalla vicenda storica di Ges di Nazaret, che trova la sua espressione conclusiva nella morte di croce (prerogative della natura umana). Ai lat troviamo le iscrizioni IC XC: sono la prima e Fultima lettera del nome di Gesd IESUS ¢ il suo titolo peculiare XRISTOS, Ia linea ondulata sopra IC XC indicano appunto questa contrazione, da considerate che nello slavo antico le $ finali erano contrassegnato da un segno grafico simile alle nostre C maiuscole. Gli abiti, Nelle icone il Cristo porta normalmente due indumenti: tunica (chitone) e mantello (hymatios), generalmente i suoi indumenti riprendono da vicino Vabbigliamento dei senatori comani, ¢ Ja tunica porta due bande latetali che si sviluppano per la luoghezza dellabito: il clavo. Le modifiche cromatiche apportate ai colori originali di questi indumenti hanno un evidente significato tealogico. Il rosso I segni rossi iscritt allinterno dell’aureola indicano infatti Ia croce. ° Nelosiginale simane soltzato la letere omega, cioé Ia levers inisiale del participio, Liscrizione si iferice aepisodio del roveto ardente, dove Mosé chiede la rivelazione del nome i Dio per peesentarsi a Faraone. Dio si presenta appunto come: “Io sono ealui che &”. della tunica indica la eegalita tessena , cio’ la perfezione della umanita di Gesd. Tl blu del mantello indica la natura celeste ¢ la sua perfetta divinith: Il clavo dorato (oro peiché @ il materiale che tiassume tutte le perfezioni terrestre ed @ immagine delle perfezioni celesti)esprime la separazione della natura terrena da quella celeste, come viene affermato di Cristo gif a partite dai Concili Cristologici dei primi secoli: “Tr due nature, senza confusione, immutabil,indivse,inseparabi, nom essendo venuta meno la diferenza delle due nature a causa della loro nnione, ma essendo stata, anzg, salvaguardata la proprieta di ciascuna natura, ¢concorrendo a formare una sola persona ¢ ipostasi; eg non @ divi o separato in hue persone, ma 2 unico ¢ medesimo figo”'. Dalla spalla partono nove raggi: simboleggiano le nove schiere angeliche. 1 braeco + la mano benedicente In basso 2 sinistra osserviamo il braccio destro che si distende ¢ si apre nella mano benedicente: esso ha un movimento particolare espresso con un segno grafico che ne acceatua lo spostamento verso lesterno. Nello stesso tempo, perd, la fascia del mantello che inctocia il braccio non presenta il rigonfiamento che ci si aspetterebbe dal movimento del braccio stesso verso estemno, Al contrasio Ia fascia trasversale @ stata disegnata con segai netti che stringono e comprimono il braccio verso T'interno. Si viene cosi a formare un doppio movimento uguale e contratio in cui il braccio tende ad uscite verso Pesterno mentre i mantello, trattenendolo, lo spinge verso Vinterno. L'idea manifestata & quella di una forza straordinaria trattenuta con grande facilti. Viene sottolineato cost il seguente paradosso: il Dio forte che “snuda la potenza del suo braccio” (cf, anche Le 1,51) si accorda con la debolezza di Gesd “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), che esprime ‘questa forza nella miseticordia e nella benedizione. i volte lega ta maesta la signorilita della divinit con la delicatezza ¢ la remissiviti del’umanitt. Questo Gest ha ua volto incantevole, questo & dovuto al raro equilibrio che si pud osservare fia il sortiso accogliente ricco di benevolenza ¢ la fermezza dello sguatdo che incutono rispetto e venerazione, [bro Si tifetisce al “canto nuovo” dell’Apocalisse:"E /’Agnllogiunse« pres il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono. E. quando Vebbe preso, ¢ quatro esseri MG, ALBERIGO © ALTRI, Concforam Occemenicnan Derrte, BDB, Bologna 1996, Concitium Chalcedonense , Dafnigione dela fde 3342, 86. (Llopesn verrh citata successivamente con le sight cop), sient « i ventiguattro vglard si prostrarono davantiall’Agnello, avendo ciascano wn'arpa ¢ cape dare cole di profi, che sono le preghere dei sant. Cantaano wn canto nuove: nse degno prendre il bro edi aprire i sii, perc si stato iromlata «bai risattato per Dio con il uo sangue omini di ogni trib, lingua, popoloe naxione 8 bai costituiti per il nostro Dia sun regno di sacerdoti «regneranno sopra la terran, (Ap 5,6-10). La fiase di questa icona, tiprende la citazione di Me 8,34-35, il discorso che sta al centzo di tutto il Vangelo: «Se qualuno snol venire detro di me rinnegh se stesso, ronda la sua croce + mi segua. Perch chi vorrd salvare a propria vita, la perdeniy ma obi perderd la propria vita per causa mia ¢ del vangelo, la salverd.", B? scritta con caratteti sili. Lettura simbolica Ti tratto peculiare che contraddistingue questa icona é chiaramente la bellezza, secepita nellequilibsio delle forme e soprattutto dallo sguardo del volto. Occotte quindi chiatire cosa si intende con “bellezza” quando lo applichiamo ad una icona. Liicona pud non essere bella, perché lo scopo dellimmagine & di simandare ad un Altro, un esame attento delle icone antiche comunica l'idea che dove la fede era viva, Yicona era bella, dove cera decadenza della fede e dei costumi ¢ ci si sicentrava sul Mistero le icone diventavano meno belle. Possiamo palate di diversi tipi di bellezza: = Una bellezza che appare in modo evidense, ma ? senza spessre, non ha contenuti profondi ¢ dopo il primo sguardo non lascia traccia dratura = Una belles esteriore ce rsulta da uma soorabbondanse di bella interior Licona non ha una bellezza appatente del primo tipo, mentre richiama piuttosto il secondo tipo. Introduco un excursus storico per puntualizzare meglio questo concetto: I primi cristiaai hanno fatto di tutto per dimenticare il volto di Cristo, anche per non essere considerati idolatri come i pagani. Non é cosi paradossale affermare che se un cristiano © una comunita cristiana del primo secolo avesse posseduto il lenzuolo “Sindone” di Gesi, lo avrebbe tenuto nascosto 0 givdicato di scarsa importanza. 1 Vangeli sono stati scrtti a partire dagli anni ’70, circa 40 anni dopo la morte di Gest, quando la fede iniziava ad essere tramandata dai testimoni oculati alla seconda generazione che basava la fede sulla testimonianza. Fra chi aveva visto e chi ion aveva visto Gest nel suo aspetto corporeo. B? una discussione capitale allinterno delle prime comumnita, anche perché si gioca qui il concetto di tisurrezione, che costituisce poi il centro ¢ il nerbo di tutta la Fede. Probabilmente vi erano due fazioni. I pitt anziani e i pid giovani, si discuteva se per essere salvi bisognava aver visto Cristo secondo la carne oppure crederci soltanto. Lrepisodio di Tommaso in Gv 20, 19-29 e soprattutto il v. 29, conclusivo: Gest gli disse: “Perché mi hai visto, bai creduto: beati quelli che pur non avendo visto orederannd”; esprime bene questa problematica. Anche il passo di San Paolo in 1Cor 5,16-17 esprime la stessa preoceupazione: “‘Casiché ormai noi non eonasciamo pitt nessuno second la arn; ¢ anche se abbiano conascnto Cristo secondo la carne, ora now lo conosciam pitt cst. Qxindi se uno @ in Cristo, una oreatura nuova; le cose vecchie sono passate eco ne sono nate di nuove ‘Occorre superare Papparenza in relazione alla conoscenza di Cristo ¢ interiorizzate la sua persona attraverso Vesperienza spitituale, & questa la vera “visione” e “conoscenza”, secondo gli autori del Nuovo Testamento. La descrizione iconografica di Cristo & Verede di questa mentaliti gid trasmessa partire dalle narrazioni evangeliche. Lrantichiti. non conosce sitratti di Cristo perché non si voleva che i cristiani fossero legati ad una immagine, come i pagani. I primi cristiani non appresentavano il volto di Cristo, non era una loro esigenza: o Cristo lo si @ visto perché si é stati suoi contemporanti, o in lui bisogna credere anche senza vederto. Dopo un primo approccio alla “bellezza” questa tende a diventare interiorizzata, se questo non succede Ia bellezza sfiorisce ¢ generalmente occorre cambiare Poggetto perché questa percezione si riattivi, ( ne fanno esperienza normalmente gli sposi, che con il passare del tempo ¢ con lo sfiorire di una bellezza immediatamente percepibile, sono suscettibili di interiotizzazione di questa conoscenza). La bellezza interiore @ una realta catica di Vita (in senso teologico u sarebbe Spirito) che viene sempse pid evidenziata col passase del tempo: si va verso Vessenza pit intima della persona, che progressivamente libera da apparenza viene percepita come “autentica bellezza”. Cristo, perché vivo, va gustato € amato (non @ un possesso) attraverso Pesperienza spisituale. Liimmagine di Cristo nelficona non vuole fermare lo sguardo, ma rimanda sempre ad Altro, Non bellezza, ma lascia passare lo sguardo dentro e guardare dentto. i mette a stretto Licona é immagine, segno che simanda alla risurrezione, contatto con la risurrezione, Ci invita a riflettere sull’escatologia conseguente, ma soprattutto sull’escatologia gid realizzata, poiché la vita eterna vita stessa di Dio — grazie alla risurrezione & gia in atto, pud essere sperimentata gid da adesso. E’ una bellezza che vuole salvate e propsio per questo non appate, ci respinge affinché siamo salvati. Liicona € un segno che si fa timido per lasciat spazio alla contemplazione. La bellezza peculiaze di questa icona & data comunque dallo straordinatio equilibrio fra caratterstiche della natura umana ¢ divina che viene riscontrato singolarmente nella persona di Gesit viene descritto attraverso la singolare metafisica della luce (¥umeggiater) propria dellicona. Se si osserva con attenzione si noteri presto che Ficona non ha ombre ¢ che la luce sembra provenite dallintemo delle persone ¢ degli oggetti piuttosto che dal’esterno. Infatti la ricerca di Andrej Rublev era precisamente quella di rappresentare per quanto possibile la modaliti di compenetrazione delle due nature in Cristo, secondo quanto era gif stato espresso in. forma sistematica nel VII secolo nel Concilio Costantinopolitano II contro i monoteliti” e che trova una eco remota nella Scrittura: “Si tafigund davanti a loro ¢ le ne vesti divennero splendenti, biancbicsime: nessun lavandaio della terra potrebbe renderle cost bianche? (Mc 9,2-3); “Now wi sara pit notte « non avranno piit bisogno di luce di lampada, né di ‘ce di sole, persbl il Signore Hi ilkeminer®?” (Ap 22,4-5). La persona di Cristo @ il caso prototipico del il modo attraverso cui la natura divina si accosta alla natura umana "2 COD, Coneilium Costantinopolitanum I, Define dle fdr 33-44, 129: “Affermiomo che due sono le nature che ssplendono nella sua unica jpostasi nela quale, durante tutta Feconomia della sua vita incarnata, oper’ prodigie tofle! dolosi non in appacenza ma sealmente. La differenca delle nature twasfigurandola dall'interno. La natura divina non si mescola con quella umana, ma la cleva intimamente. E’ questo delicato equilibrio teologico che Yautore ha rappresentato avvalendosi del lessico pittorico a sua disposizione. in questa unica ipostai si cconosce dal fato che ciascuna natucs, senzs divisione o confusione, voleva «© operava conformemente al proprio essere in comunione con Palta”. 3 La Bellezza del Cristo nella tradizione iconografica PSV 44 Lintezvento presenta Vermeneutica dei termini “trdizione iconografica” e “bellezza” applicat alla possibile rappresentazione del Cristo, cul segue la desesisione di una icona di A. Rublev, giudicata come la “pid bell” immagine del Cristo mai caffigurats. La bellezza peculiae di una icona é legata alla capacitl di teaduzione di una visione soprannaturale de! Cristo, in una immagine dominata dalPazione ciplasmatrice della divinizzazione; ricozdaado che non esistono anilogie direrte con la bellezza sensibile delfarte figurative Licona comunica e apre Postervatore che la venera alPespesienza del Casto ssorto, Il Czsto Salvatore di Rubley , ha un volta incantevole; questo & dovuto al rao equilibsio che si evverte fra bellezza tipicamente iconografica e bellezea pittorica immediatamente fribile, fute in una sintesi mismbile che non ha pas. I! texmine bellezea legato ad una icona di Cristo i siollega sempre alla compresenza di questi tre exter teologia compress e vissuta,uilzzo della teenica pittorica della lumeggiaturs, equiibsio fa bellezza sensible € possibiliti di conterplazione, La diffusione crescente del pattimonio iconografico negli ambienti cattolico-latini, nelle sue svatiate forme ha conferito una fisionomia inedita, forse inaspettata, all’arte figurativo-liturgica. L’entusiasmo per la riscoperta di queste antiche raffigurazioni rimane, spesso ¢ comunque, incrociata con una conoscenza superficiale prodotta dalla confusione dei concetti e dei termini tecnici legati alliconografia, cui non sfugge il termine “bellezza” Il mio intervento si propone di conseguenza una etmeneutica minima dei termini “tmadizione iconografica” e “bellezza” applicati alla possibile rappresentazione del Cristo. In seguito presenterd come esempio Ia descrizione dell’icona del Cristo Salvatore di Andzej Rubley, che giudico come la “pi bella” immagine di Cristo mai raffigurata in un’icona. 1. Icone e tradizione “Bikon”, termine greco da cui deriva italiano itonc', si tradurrebbe opportunamente con immagine. Tuttavia, particolarmente in occidente, le parola “icona” si é cristallizzata nel tempo come termine tecnico per indicare un dipinto che nega: le categorie figurative della prospettiva, del volume ottenuto attraverso il chiaroscuro ¢ la possibilita di raffigurare il soprannaturale attraverso analogie dirette con la natura (¢s. il cielo, volti con sembiaati peculiar di persone reali, cc.) 1 Nelimpossbilta di ciproducte a margine delfaricolo le immagini che vengono ciate indico come testo di tiferimento Pagile manvale di: POPOVA, SMIRNOVA CORTESI, ICONE: Guide compa al rcontsciento liom dal VI e0o a ei, Mondados, Milano 1995, 192pp. . (Abbseviato: “ICONE”) Se ci atteniamo strettamente al significato peculiare del termine cogliamo come tutta la pittura occidentale seguente ¢ comprendente Giotto esuli dalla categoria di “icona”. Lo stesso pud dissi per la pittura religiosa dei primi secoli anteriore al Concilio di Calcedonia (451), che non ammetteva immagini di Cristo date per il culto ¢ P’adorazione. Occorte togliere dalla categoria anche la produzione di dipinti religiosi orientali seguenti la rifotma di Pietro il Grande’ nel XVIII secolo, che incoraggeranno il fenomeno gia avviato della latinizzazione dellicona.* La delimitazione ci permette di distinguere un dipinto 2 carattere religioso da una “icona” vera ¢ propria e di owviate ad alcuni equivoci: quando patliamo di icone dovremmo opportunamente limitarci a considerare le immagini che a partire dalla prima icona del Cristo, attualmente conservata al monastero di Sante Caterina del Sinai’, ¢ risalente al VI secolo, attivano fino alla scuola russa degli Stroganov del XVII secolo. Relativamente a “tradizione”, occorre puntualizzare cosa si intenda precisamente quando si parla di “tradizione iconografica” e attraverso quale sviluppo particolare si sia dipanata nell’arco di periodo compreso fia il VI ¢ il XVII secolo. Riceve sempre pid consensi lipotesi di una derivazione delle icone dalla pittura funeraria romano-egiziana del Fayum tisalenti al III secolo dc‘ Le primissime icone, infatti, presentano caratteristiche simili al ritratto eseguito osservando un modello poiché le figure sono decisamente umanizzate’, E? probabile che la reazione iconoclasta trovi la sua 2 Tanti sono sttii secoli necessasi perché la Chiesa maturasse dal punto di vista concettuale una Cristologia efinita che sendesse possibile una sappzesentasione di Csisto de dace per Padoruzione dei fedeli, criterio, che Gistingue una icona da un dipinto cligioso. Possediamo chiaramente immagini di Cristo antesior al Conciio ci Calcedonia, in queste perd Cristo viene rappresentato attrverso simboli (Agnello, Pesce, Pane, Buon Pastore, ecc) 0 attaverso sequenze narmative che ne descsivono le esta (Moliplicazione dei pani, Tempesti sedata, ece.). Queste immagini non sienteano nella categoria “icons”. 2 Pletco emise decreti selatii alla fabbricazione di dipint veligios: nel 1710-11 e nel 1722. SICONE, p. 167-168 SICONE, p34, Questa 2 la pi antcaicona del Cristo conosciuta, isle al 549 dc 4 In Bagito si diffuse uso di fare cera tlizzati su tavolette ia legno, che, dopo il decesso venivano applicti sulle bende dela mommia alfaltezza del voto. 7 Vedi nota 5. causa proprio nel genere peculiare di questi dipinti che tendevano a sottolineare Paspetto umano di Gest di Nazareth a scapito del’aspetto divino. La siscluzione della crisi iconoclasta (843) apre un auovo periodo ispirato allespesienza spirituale dell’Esicasmo. Le icone divengono cosi dipinti che rappresentano una bellezza trasfigurata, interiore, caratterizzata dalla luce che ne irradia dalfinterno, a significare la luce divina incteata che si effonde sulla creatura e la trasforma* Successivamente 1a tradizione conoscerh diverse oscillazioni che schematicamente vvatiecanno dal tentative di ritornare ad immagini classiche e pid! umanizzate ¢ la necessita, contiaua di ritrovare una centratura sui principi dell’esicasmo’: quest’ultima cortente twovert la. massima espressione nell'opera di Teofane il Greco (XIV sec) Lerediti di Teofane viene raccolta dalliconografia russe del XV secolo gia auticchita precedentemente dallattivita e dalle intuizioni di San Sergio di Radonez. Questa pitura tende a raffigurare Videale, Pimmagine della bellezza celeste, a ricordare che 'womo racchiude in sé I'icona di Dio: é la pagina pit equilibrata allinterno dei diversi tentativi di rappresentazione della divino-umaniti, di cui Cristo ¢ il prototipo. Ad essa sono legati i nomi di Prochor, Danil Ciornj e Andrej Rublev."” Lopera degli iconografi moscoviti viene raccolta dal “Maestro” Dionisij (+1505), che mostra di non siuscire pid a dominare V'equilibrio che carattetizzava le icone del periodo precedente: le sue figure sono esili ed allungate, ¢ Iaspetto spititualizzante riceve ‘una forte sottolineatura. Questo declino gia accennato porteri alle icone della scuola degli ‘Stroganov (XVII sec))"'che si limiteranno ad alludere al mondo celeste, ma non saranno pitt in grado di rappresentatlo, ¢ ridurranno Ia venerazione dovuta ad un’icona ad uno sguardo ceffimero e compiaciuto del disegno ¢ degli ornamenti minuziosi ¢ raffinati, La panotamica sommaria del cammino, percorso attraverso i secoli dalla tradizione iconografica, suggerisce Pidea che il tentativo di rappresentare Pimmagine di Cristo sia in sealti legato a due problematiche strettamente collegate. Da una parte la complessa tiflessione che ha mediato le categorie per definite correttamente la divino-umanitt del © ICONE, , p. 41. In particolce lcona del"apostolo Filippo. La sinascita élegata soprattutto alla Siguen di San Simeone il Nuovo Teologo (+1022) > ICONE, p. 42-70. Si possono osservare le differenze marcate fix le immagini del periodo Comneno (dal 1059 in poi) ela Gorioua delesicasmo della seconda meta del XIV secolo, MICONE, poss, 8 ICONE,,p. 152ss. Icone del Maestco Dionisi lle p, 160s, Icone della Scuola degli Stroganov. Cristo”, dalfaltra Pacquisizione di canoni estetici peculiasi per cappresentarla, Le icone sono relativamente diverse fia loro ma oscillano sempre entro uno spettro di appresentabiliti comune. La tradizione cered sempre di evitare due estremi: un Cristo twoppo umanizzato poztava il peso di una bellezza sensuale che impediva la contemplazione fermando lo sguatdo allimmagine senza timandare alla contemplazione del soprannatutale, mentre un Cristo troppo spiritualizeato perché volutamente privo di bellezza nellesasperazione stilizzatrce, rischiava di formare immagini che non riconducevano ad una corretta teologia dell'incarnazione. 2. Icone e bellezza La persona che ha una certa dimestichezza con la pittura occidentale di carattere religioso, avverte, spesso immediatamente, un rapporto controverso fra icona ¢ bellezza, Normalmente questo suscita interrogativi irtisolti ¢ attorno 2 questo rapport si concentrano generalmente le domande del negfta che si accosta a questo tipo di immagini, Occorre puntualizzare che Ficona é una immagine deputata al culto liturgico: non & carica di una bellezza sensibile e immediatamente fruibile, perché lo scopo peculiare per cui viene dipinta @ quello di rimandare il piti direttamente possibile al mistero di Dio, senza indugiare sulla godibilita dellimmagine. Per questo motivo la tappresentazione mantiene sempre un certo pudore per non legare lo sguardo allimmmagine e cezca di presentarsi come ‘una “finestra” che apre ¢ indica la dimensione soprannaturale. Data questa premessa, occozte valutare quale sia il rapporio che intercorre fra immagine reale e immagine sappresentata in una icona, per comprendere a fondo che cosa si intenda per “bellezza” iconografica applicata ad una rappresentazione di Cristo. Vi @ una ‘dea ingenua che tende a collegare Vicona di Cristo con la sua immagine reale, come fosse un “titeatto” dal vero. Una immagine che rappresenterebbe in modo ditetto la bellezza del ‘pit bel fra i fli delwomo. Questo & un primo equivoco da risolvete: i ctistiani delle prime generazioni hanno cercato di “dimentican’” la fisionomia peculiate del Cristo (Veikon di Gesi di Nazareth), anche per non essete considerati alla stregua dei “pagani” che © La definione dexiva dalla formulazione espeessa dal Concilio di Calcedonia (451). Successivamente sricchitaeselaborata adoravano immagini che rappresentavano personaggi singolarmente identificabili (L'sikon di Caligola ad esempio). Non é cosi paradossale affermare che se un cristiano o una comunita cristiana del primo secolo avessero posseduto il lenzuolo mortuatio, la cosiddetta Sindone di Gesi, lo avrebbero tenuto nascosto © giudicato di scarsa importanza. I testi neotestamentari, scritt aleuni decenni dopo la morte di Gesi, quando cio? Ia fede iniziava ad essere tramandata dai testimoni oculari alla seconda generazione che non aveva conosciuto visibilmente Gest di Nazareth, esprimono bene questa problematica, come pud essere colta in particolare nei passaggi del’episodio di Tommaso in Gv 20, 19-29, soprattutto il v. 29 conclusivo: Gest li disse: “Perch mi bai visto, bai ereduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno”, e nel asso paolino di 1Cor 5,16-17:"Casiccbf ormai noi non conasciamo piit nessumo secondo la carne; ¢ anche se abbiamo conascinto Cristo secondo la carne, ora non lo conoscianto pit cast. Qwindl se uno 2 in Cristo, # uma ereatura nuova; le cose vechie sono passate, eto ne sono nate di nwove”. idea comunicata sembra essere questa: occorre superare l'apparenza (eikor-iona) in relazione alla conoscenza di Cristo ¢ interiorizzate Ia sua persona attraverso Pannuncio (Renygnd) della Risutrezione che si concretizze intimamente nell'sperienza spitituale. B? questa la vera “visione” “conoscenza”, secondo gli autori del Nuovo Testamento, occorre lasciassi alle spalle Vimmagine di Cristo recepita direttamente attraverso la vista ¢ riappropriatsene attraverso Yannuncio ¢ Pesperienza spitituale. La descrizione iconografica di Cristo @ Ferede di questa mentalita gid trasmessa a partire dalle natrazioni evangeliche. L’antichita non conosce titratti di Cristo perché non si voleva che i cristiani fossero legati ad una immagine, come i pagani, I primi cristiani non rappresentavano il Cristo € non era una loro esigenza: Vimmagine di Cristo @ legata infatti alla esperienza della apparizione (un’eikon tiapproptiato attraverso il kepygma). Paradossalmente fa ribadito che anche un testimone oculare doveva riappropriarsi della conoscenza di Cristo per via di apparizione, tralasciando la visione “secondo la carne”. Data questa premessa fondamentale occore anche aggiungere un particolare ulterioze legato al retaggio culturale mediato dal neoplatonismo. Quando un iconografo si accingeva a ritrarre una immagine di Cristo, si avvicinava a questo compito con un pudoze immenso: si trovava a disagio a rappresentare una materia con una consistenza ¢ un significato immediatamente positive. Per cui difficilmente avrebbe rappresentato una raffigurazione umana in analogia con quello che poteva mutuare da una osservazione di un modello reale. B’ per questo motivo che la pittura iconografics non si presenta mai come una raffigurazione mutuata dalla realta"’, ed @ anche per questo motivo che le icone sono di cosl difficile lettura immediata per un osservatore contemporaneo. ‘Una icona di Cristo @ normalmente una figura appiattita senza Ta cosiddetta ierga dimensione, non ha un modellato costruito con la tecnica del chiaroscuro, non esprime passioni ¢ stati @’animo pasticolasi, non esiste neppure uno sfondo che riproduce una ambientazione reale come una stanza o un paesaggio ma una lamina d’oro che indica la dimensione soprannaturale, Forzando i termini si potrebbe dire infatti che Viconografia & ‘una pittura astratta espresa in maniera figerativa. & un dipinto che non nasce mai da una osservazione della realti che viene poi trasposta in pittura, ma nasce da una espetienza spirituale che comunica una visione interiore ¢ che viene poi “‘tradotta” figurativamente. Pud ajutare un confronto con un pittore occidentale. Giotto rappresenta il Cristo prendendo un uomo concreto come riferimento diretto, nel rappresentatlo poi, lo spitinualizza perfezionandolo, ad esempio: arrotonderi maggiotmente Viride nell’occhio, assottiglien il naso lo render’ di statura pith alta della media ecc.. Siamo di fronte ad un utilizzo convenzionale della pittura figurativa, mentre nell'iconogtafia, prima viene una espetienza di Dio che si “materializza” nella intevioriti del pittore che ne trasforma intimamente e progressivamente Vesistenza; segue poi la “aduzione” pittorica, che ‘esprime soprattutto questa subordinazione del materiale nei confronti dello spitituale, BY questa la bellezza peculiare di una icona: essa appare bella nella misuta in cui trasmette Vimmagine spirituale di una figura, trasformata dall'szione riplasmnattice della divinizgazione, Non esistono analogie dirette con la bellezza sensibile delParte figurativa convenzionale, perché @ totalmente altzo il presupposto che determina Viconografia. La pittara figueativa segue un itinerario che sale dallosservazione della figura fino alla taffigurazione ideale, nelViconografia la visione interiore scende mutuando forme ¢ figure reali ¢ le trasfigura in immagini date per il culto e Vadorazione, Per questo si pud dite bella soltanto una icona che scaturisce da una visione soprannaturale, ¢ viene tradotta opportunamente in una immagine affinché sia “‘bellezza che salva” chi la venera introducendo Yorante nella litrgia © santificandolo. Potremmo dite ancora meglio che ' La lingua susea distingue opportunamente fia Jivopis (pittore che dipinge reppresentando la reali, “dal vivo") e Iconopis (pitore-seittore di icone). Assegnando termini distint! @ la lingua stessa che sottolines la smarcata differenaa di origine. “Yicona é bellezza che genera bellezza interiore”, di fatto comunica e apre losservatore che la venera allesperienza del Cristo tisorto. a 3. La bellezza nel Cristo Salvatore di Andrej Rublev- Presento una notissima immagine del Cristo e relative commento nel desiderio di rendere concreti e maggiormente accessibili i concetti, esposti in precedenza Questa icona di Cristo fa dipinta agi inizi del XV secolo tra il 1410 e il 1420" per la Deesis di Zvenigorod come i famosi Arcangelo Michele e il San Paolo Apostolo: esposta alla Galleria Tretjakov di Mosca dal 1919. Si presenta come estremamente conrotta, rimangono il volto e una piccola parte di panneggio. Fu ritrovata incidentalmente alla fine delfottocento da alcuni ticercatori: veniva usata come asse di passaggio pet accedeze ad una stalla, Timmagine era capovolta verso il basso, questo fa pensare che nessuno sospettasse che il tergo contenesse Pimmagine, inoltre Vimmersione in un terreno umido bagnato ha intaccato irrimediabilmente la superficie. La tradizione vuole che il Cristo dipinto su questa immagine sia stato comunicato ad Andrej Rublev direttamente da una tivelazione di Dio. La leggenda narra che Viconografo fu testimone di un saccheggio nel suo villaggio di una banda di Tartasi: visto un soldato che rincorreva una donna per farle violenza lo colpt con un sasso da dietro causandone Ia morte. Questo episodio segnd per sempre il temperamento raffinato delicatissimo del Santo iconografo. Le leggende natrano che Andrej si rtrd in solitudine si rifiutd di paslare e di dipingere, per un periodo lunghissimo (per alcune versioni La pid famosa Tuinita & un dipinto pi tedivo e viene comunemente datata come posteriore al 1422, snno della morte i San Sergio di Radone2. Andee Rubley, nato nel 1360 muoce verso il 1450. ventiquattro anni). Un giorno ebbe una apparizione di Cristo, che gli si presentd non pitt come il giudice ma come il misericordioso: usci cosi dal suo stato di prostrazione ed isolamento e si rimise a dipingere, la prima pittura fo appunto questo Cristo Salvatore ‘eseguita con Fintento di raffigurate il pit fedelmente possibile la visione di Cristo nelPatto di perdonatlo. Volendo desctivere Fimmagine nel dettaglio possiamo avvertice quanto fossero familiati a Rublev i concetti fondamentali relativi al mistero di Cristo. La riflessione della Chiesa nei primi secoli stabili che, la natura divina non si mescola con quella umana, mma la eleva intimamente ¢ la persona di Cristo @ il caso prototipico del modo attraverso cui la natura divina si accosta alla natura umana trasfigurandola dallinterno. EB? precisamente questo delicato equilibrio teologico che V'autore ha siportato nella sua intuizione creativa. Sono sufficienti due richiam in relazione alVimmagine: il volto di Cristo lega la maestit ¢ la perfezione della divinita evidenti soprattutto nella maesti e nella forza dello sguardo con la delicateaza ¢ la remissivita dell'umanita accennata dal sorriso catico di benevolenza. Un altro particolare @ la mano benedicente'’, accompagnata dal gesto del braccio ha un movimento patticolare espresso con un segno grafico che ne accentua Io spostamento verso Pesterno, Nello stesso tempo, perd, Ie fascia del mantello che inctocia il braccio non. presenta il rigonfiamento che ei si aspetterebbe dal movimento del biaccio stesso verso Testerno, Al contrario la fascia trasversale & stata disegnata con segni netti che stringono € comprimono il braccio verso Vinterno. Si viene cosi a formare ua doppio movimento uguale ¢ contratio in cui il braccio tende ad uscire verso Pesterno mentre il mantello, trattenendolo, lo spinge verso Pinterno. L’idea manifestata @ quella di una forza straordinaria trattenuta con grande faciliti. Viene sottolineato cost il seguente parados: Dio forte che “sauda la potenza del suo braccio” (cf anche Le 1,51) si accorda con la debolezza di Gest “mite e umile di cuore” (Mt 11,29), che esprime questa forza nella misericordia e nella benedizione. Liicona @ dipinta con una tecnica ¢ una concezione patticolate: possiamo notare come Ja figura non abbia ombre. Questo perché le cose ¢ le figure contenute nell’icona appartengono ad una realti “trasfigurata”, e non prendono luce dall’esterno ma contengono esse stesse la luce: questo concetto & una eco di quanto si dice nell’Apocalisse: “Gi eet vedranno la fia del ignore eporteranna il sua mame sulla fronte. Non i sara pit nate ¢ now cavranmo pits bisogno di lce ci lampada, né di lce di sole, parc il Signore Dio Hi illuminerd regneranno i sro dei stoli” Ap 224-5, ¢ di quanto la scrittura riferisce di Mosé: “Gl Irae, guardando in facia Most, vedevano che la pelle del suo volto era raggiante” Bs 35,35. Dal punto di vista pittorico questo @ evidenziato attraverso particolati singolari, Dalle vesti trasparenti escono raggi di luce sempre pit intensi fino ai tratti vivi di colore bianco puro, nei punti dove la pelle tocca le parti di tessuto a maggior contatto con il corpo di luce. Questo fenomeno raggiunge la massima intensiti nei volti, Il colore della pelle scuto ¢i colpi di luce intensissimi evidenziati ad esempio negli zigomi, rendono Videa delabbaglio che i nostzi occhi hanno davanti ad una sorgente luminosa troppo intensa, La tecnica é nota come “lumeggiatura”, ¢ tenta di raffigurare lo splendore ¢ la bellezza interiore dei corpi trasfigurati dallo Spirito, Inoltre, la figura non ha alcuni aspetti tipici della pittara come la costruzione dei volumi attraverso il chiaroscuro ¢ Ja prospettiva: iconografia ricerca una diversa via per accentuate il fatto che ci troviamo di fronte ad un corpo celeste che non segue Ia logica rappresentativa naturale. La profondita e il volume vengono raggiunti attraverso la sovrapposizione di colori molto leggeri ¢ trasparenti ¢ il movimento verso Testero viene sottolineato con lo spostamento delfasse della figura verso sinistra nel cosiddetto “profilo avanzante”, IL Cristo Salvatore di Rublev ba un volto incantevole. questo & dovuto al raro equilibrio che si avverte fra bellezza tipicamente iconografica (bellezza interiore sovrabbondante che si tasmette figurativamente) ¢ bellezza pittorica immediatamente fruibile. Per questo motivo ditei che questa immagine, unanimemente riconosciuta come “bellissima’"’, é la “pitt bella Icona” del Cristo che conosciamo, in essa infatti Pequilibrio fra concezione iconografica ¢ bellezza godibile raggiunge il massimo vertice. Rublev riassume cos} in questa icona la tensione della tradizione verso la possibilita di rappresentazione del Cristo 15 Che dobbiamo necessuriamente immaginare, poiché Vicona @ coscotta. Possiamo valutare con cestezza ‘comunque la forma mancante, poiché i continuatori i Rublev hanno sidipinto questa immagine. E’ possibile confrontata con il modello del “Maestzo” Dionis. Questa immagine di Czsto incsmna Timmagine ideale di Cristo dei resi. La sua belleza e forza sono tipicamente susse e nel suo aspetto tutto & finemente traciato. Abbiamo Fimmagine di un uomo capace di “soccosrere e compiangese”, Cfr. ANDRE] RUBLEY, lee, La Casa di Mationa, Milano 1983. in una sintesi mai prima raggiunta, ¢ che non conosceta poi continuatori in grado di sitrovarla. La bellezza peculiare di questiicona deriva quindi dallinsieme di tre aspetti che si integrano contribuendo ad una sintesi mizabile. Davanti a questa immagine avvertiamo: una corretta teologia dell’incarnazione e la contemplazione “esistenziale” di questo mistero, una metodologia pittorica che saffigura Vimmagine attraverso Ia singolare tecnica della Tumeggiatura, che mostra analogicamente Ja diviniggazione dell'uomo sotto Vinflusso dello Spirito; infine, un raro equilibrio fra bellezza sensibile intesa nella sua fruizione immediata e capaciti dellimmagine di ricondusre alla contemplazione del mistero. 4. Variare delle icone, bellezza e vita della Chiesa Ripercorrendo Pitineratio tracciato dalla tradizione iconografica possiamo cogliere una dispariti nelle raffigurazioni di Cristo: si oscilla fra versioni altamente umanizzate, quindi pit “belle” 2 quelle fortemente spititualizeate “meno bell” e a volte perfino ricercatamente “poco belli” . Questo accade perché esiste una relazione fra fede vissuta relativa ad un periodo storico in una Chiesa locale ¢ le immagini prodotte per il culto: si nota che dove la fede era vitale e la comuniti fiorente, le icone non temevano la bellezza anche sensibile; dove cera decadenza della fede ¢ dei costumi ¢ sorgeva il bisogno di ticentrarsi sul Mistero le icone diventavano pi essenziali ¢ meno belle. Sarcbbe sufficiente paragonate V'cona del Cristo di Rublev, espressione di un periodo di rinascita spitituale con quella di un suo contiouatore, coincidente con un periodo di decadenza, per sincerarsi di questa affermazione”, F? interessante vedere come ci sin sempre stata una relazione stretta fra fede vissuta da una Chiesa e bellezza assegnata alle immagini, perché consente di stabilize quale sia il significato peculiare della bellezza in una icona, Pur nella ricerca faticosa ¢ costante di mantenere un contatto stretto con una corretta teologia ¢ la tecnica pittorica peculiare della lumeggiatura, che non vennero mai meno, Ia bellezza di una immagine di Cristo fa concessa o ticercata nella misura in cui poteva assolvere alla funzione ecclesiale 1 Cf.ANDRE] RUBLEY, Irom, La Cosa di Matsiona, Milano 1988. 10 della catechesi e della liturgia"* in stretta relazione con il contesto storico-esistenziale cui faceva riferimento. Quando ci interroghiamo sulla bellezza peculiare di una icona e ci troviamo di fronte a qualche perplessita dovremmo ricordare almeno questi principi elementati. II termine bellezan legato ad una icona di Cristo si sicollega sempre alla compresenza di questi tre criteri: tcologia compresa ¢ vissuta, utilizzo della tecnica pittorica della lumeggiature, equilibrio fra bellezza sensibile e possibilita di contemplazione. A questo si deve aggiungere la stretta connessione dellicona con la vita di una Chiesa che viveva la sua fede in un periodo storico ben definito, con le sue tensioni ¢ la sua patticolare visione del mondo, ¢ ne incarna attravesso una raffigurazione lo stile, le tendenze, gli slanci ei timosi. Ho giudicato Ticona del Cristo Salvatore come “la pi bella” perché, oltre a siassumere in sé i criteri della bellezza tipicamente iconografica, si lega ad un audacia raffigurativa che indulge alla bellezza sensibile come non accade per nessun altro modelo. Andzej Rublev ci patla in realti di un iconografo che ha raggiunto i vertici della santiti e che vive gid nella sua interiosita la divinizanaione operata dalle energie spixituali. E! dallequilibsio delaspetto divino-umano che scorgeva dentro di sé che egli ha potuto dase forma alla icona del Cristo che noi possiamo contemplare. Essa ci seduce attraverso la bellezza sensibile per introdurci nel mistero del Cristo affinché: “Riflettendo come in no specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, cacondo Vagione dell Spirito del Signore” (2Cor 3,18). 18 Si potecbbe anche dire che questo delicato rapporto sia stato sempre pid violato dalla pittura occidentale © tante volte dalle icone latinizate potedosi a Pietro il Grande. Queste saffigueezioni andranno ‘progressivamente aprendosi verso una bellezza fine a sé stessa, e da una pittura funzionae alfesplicazione del ‘mister ealladorazione si passesi ad una pttura funzionale al godimento estetic. u

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