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AUTORI VARI AUTORI VARI

Il "nostro"
Calendario 2014
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Ogni riferimento a persone o cose
realmente esistenti da ritenersi
puramente casuale.


Giovanna S. e tutti gli autori dei brani
citati nell' Indice. - 2014
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This ebook was created with BackTypo
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I 20 Liners
Prefazione alla II edizione
Prefazione
Elena Capobianco: Febbraio, cuore di
neve
Francesco Giammona: Hliopolis, la
primavera da dimenticare
Rainalda Torresini: Non solo papaveri a
maggio
Giovanna'S: Il solstizio del male
Giani Beria: Doveva essere una
castagnata
Livio Barbato: Luna nuova
Credits
PREFAZIONE ALLA II
EDIZIONE
Settembre 2014
Qualcosa cambiato in questo Calendario...
forse il maltempo di questa strana estate 2014 ha
contagiato anche la letteratura appassionata,
fatta in amicizia, senza scopo di lucro e senza
vincitori n vinti... Quella degli scrittori di
eBook, auto prodotti, autonanziati, a cui tanti
hanno dedicato tempo, pazienza e sentimenti.
Lo scopo di questo calendario era, e rimane,
quello di testimoniare il piacere di orire un po
di noi autori a chi ci legge; alla ne per
condividere tutti insieme un momento... una
specie di festa, un ricordo vivo, speriamo eterno,
di un momento di collaborazione estrema e felice.
I racconti del Calendario 2014 sono
diminuiti... un anno pi striminzito di cos,
credo che non si sia mai visto... ma, come si dice?
Pochi ma buoni, noi irriducibili torniamo con
una nuova veste e il gusto senza prezzo di non
avere perso.
Tecnicamente (meraviglie della tecnologia) la
pubblicazione rimane aperta... in sostanza chi,
tra i vecchi Autori, non sapeva, non ha seguito o,
semplicemente, desidera tornare sui suoi passi,
deve solo comunicarlo alla redattrice (che sarei
io, GiovannaS) e, nei limiti del possibile, potr
essere reintegrato. Naturalmente, come recita
ladagio, se prendi un uovo e lo sbatti per terra,
si rompe... e dopo, sar per sempre una frittata.

Buona lettura come sempre a tutti.
PREFAZIONE
Dicembre 2014
Non so se un Calendario caratterizzato da
racconti brevi piuttosto che dalle foto di
prosperose fanciulle o automobili del GP possa
rappresentare una novit, ma posso dire che
celebrare il fenomeno che appassiona molti lettori
e, oggi, altrettanti scrittori, merita il nostro
piccolo sforzo nel presentare questopera.

Per noi, come per tanti altri che, spero,
arricchiranno le prossime edizioni di questa
iniziativa, rappresenta un modo per celebrare un
fenomeno letterario abbastanza nuovo: la
scrittura creativa a pi mani. Strano modo di
raccontare, che spesso ha ispirato gli appassionati
di questarte ma mai come nel sistema di intrecci,
creato dagli ideatori di 20Lines.
Il continuo confrontarsi, conoscersi, limare ,
per chi lo segue con un minimo dattenzione, in
costante evoluzione: come piantine che si
aacciano in un prato sterminato, si vedono
spuntare nuovi talenti o antiche coscienze sopite.
Ai virgulti pi tenaci di questa stupenda
biodiversit non permesso chiudersi nella
propria prosopopea, (spesso ritornando, sterili e
delusi, sui propri passi); il confronto continuo, il
rapporto dialettico costante, li migliora, li ana,
li rende pi capaci di esprimersi e di completarsi
in un percorso individuale e comune che, alla
fine, migliora tutti.
Personalmente lesperienza 20Lines mi ricorda
il mare con il suo incessante mutare: come le
onde, il continuo rimestare di parole, mostrando
di volta in volta, risultati diversi, nuovi,
sorprendenti ci attrae e ci aascina, diventando
un paesaggio virtuale di cui non puoi pi fare a
meno.

Voglio ringraziare Pietro, Alessandro e tutto lo
sta del Sito; voglio ringraziare tutti gli amici
che ho conosciuto e salutare tutti quelli con cui
far conoscenza in questo incerto 2014 che ci sta
per ospitare; voglio ringraziare, con un
abbraccio speciale, tutti coloro che con passione e
ducia hanno partecipato a questa iniziativa per
renderla possibile, concreta.
Inne ma non per ultimo: voglio fare un
milione di Auguri, per tutto e a tutti, con un
occhio particolare e incantato agli artisti, lettori
e scrittori:
- Care Amiche e cari Amici, vi rendete conto di
quanto siamo fortunati? Noi abbiamo un mondo
in pi e le chiavi per aprirlo, godercelo e
condividerlo: si chiama Fantasia, e nessun
governo, per quanto becero, grossolano e
perverso, potr mai prenderne possesso. Noi
conserveremo sempre e... immacolato il
pennacchio.
Buon anno a voi e alle persone che vi stanno a
cuore.

Giovanna S.





Anno 2014
ELENA CAPOBIANCO:
FEBBRAIO, CUORE DI
NEVE
si ringrazia per la collaborazione
Rainalda Torresini
Aveva smesso da tempo di usare il cuore:
lEstate prima se lo era strappato dal petto e
lo aveva chiuso in una scatola del tempo.
Nellattesa che il ricordo del dolore
scomparisse la sotterr, senza rendersi
conto che cos facendo aveva lasciato la sua
vita alla merc delle intemperie.
QuellAmore, stroncato sul nascere, con le
sue promesse di felicit, aveva rotto
qualcosa in lui: aveva smesso di sperare,
aveva smesso di sognare.
Poi era arrivato linverno, con il suo carico
di freddo che, poco alla volta, si era fatto
strada nella terra, intaccando il prezioso
contenitore. Allora minuscoli cristalli si
erano inltrati nel pericardio, gelando quel
povero cuore, consumandolo lentamente e
senza far rumore.
Marco era cambiato: cinico, egoista,
insensibile. La maschera di se stesso.
I giorni passavano e la sua corazza
sispessiva. Il mondo gli era sempre pi
estraneo.
E venne febbraio in fondo erano solo
altri ventotto maledetti giorni, uguali a
quelli che si era lasciato alle spalle, uguali a
quelli che gli si paravano davanti.
Non poteva sapere che la neve avrebbe
cambiato ogni cosa.

I occhi presero a danzare nel cielo senza
preavviso, miracolo inaspettato: poesia
scesa dal cielo, a sanare le sue ferite con un
bacio. Si posavano lievi sulla terra,
carezzandola con mano di ghiaccio. Nel loro
volteggiare i rumori si spegnevano, i colori
si diradavano.
In breve il bianco riverber di luce tutto
intorno.
Il tempo sembrava essersi fermato, i
battiti del cuore di Marco anche.
Prese un respiro e si port la mano al
petto. Il dolore era sparito: la neve lo aveva
lavato via.
Avrebbe dovuto sentir freddo, invece la
vita annunciava il suo ritorno.

E fu come un lampo: allimprovviso si
ritrov sveglio, fuori da quel lungo sonno
che lo aveva intorbidito. Come un albero
senza radici prese a trascinarsi tra i carruggi,
le gambe tremule ed il respiro aannato. Si
ferm davanti ad una vetrina: la sua
immagine si rietteva, ma lui non riusciva a
riconoscersi.
Si era smarrito, la sua identit confusa
nella nebbia dellinverno, sepolta sotto una
fredda coperta di neve.
Che ne aveva fatto Marco? E le conquiste
sudate nel tempo, con fatica la sua
autostima, la sua indipendenza, il suo spirito
libero, i suoi sogni dove li aveva lasciati?
Tutto perso, dimenticato, fuggito.
Di certo nessun frammento di s sarebbe
riemerso dal buio in cui era sprofondato, e
comunque non sarebbe bastata un po di
colla per mettere insieme i cocci.
Doveva scrollarsi di dosso la brina di nulla
con cui si era nascosto alla vita.
Abbass lo sguardo e vide le sue impronte
nella neve. Lidea illumin i suoi pensieri e
sorrise: dalle radici, da l che si riparte.
Corse a casa e in fretta e furia butt dei
vestiti nel suo borsone. Poi via, tutto dun
ato, contro il vento pungente che gli
sferzava addosso, sino alla stazione della sua
Genova.
Destinazione Monterosso, nella sola casa
in cui riusciva a sentirsi leggero, anche
quando i pensieri erano pesanti come
macigni.
Non aveva avvisato, ma sapeva che sua
nonna lo avrebbe accolto a braccia aperte.
Meno di due ore di treno li separavano,
eppure erano mesi che non tornava l, dove
Elisa aveva assassinato il suo cuore con un
fendente affilato.
Un coltello a lama corta, di una sola
sillaba: no.
Il treno schi, mentre la porta della
carrozza si richiudeva alle sue spalle e le
ruote veloci stridevano lungo i binari.
Lodore del mare lo invest; gli sembrava
quasi di sentirlo, mentre infrangeva le sue
onde con furia contro gli scogli, e nel suo
squarciarsi lo chiamava a s: "Marco?!? Che
ci fai qui?".

Per un attimo pens che il vento si
prendesse gioco di lui. Scosse la testa e non
si volt: i fantasmi del suo passato voleva
seppellirli. Aerr il borsone e a passo
veloce si diresse verso casa di sua nonna.
Elisa rest ferma, inchiodata alla panchina
della stazione. Il suo cuore aveva avuto un
sussulto e, colta di sorpresa, non ebbe la
forza di corrergli dietro.
Dopo avergli spezzato il cuore avrebbe
dovuto avere la decenza di non bussare alla
porta del suo presente, ma ad Elisa
importava solo di s. Sorrise: doveva essere
tornato per lei.
Il mare era bello anche dinverno, pens
Marco.
Il paese gli sembrava una dea sorta dal
mare: sdraiata sul bagnasciuga, aveva
lasciato che i suoi anchi venissero coltivati
a vigna e ulivi. Il sole la baciava e lei
arrossiva e cambiava colore. Piccole case
variopinte erano state edicate sul suo
ventre; la roccia si era incrostata sui suoi
seni, per poi precipitare nel mare e divenire
un tuttuno con le onde.
Il vecchio faro abbandonato, come un
innamorato fedele, rimirava tanta bellezza.
Laria di Monterosso sapeva di antico e di
festa.
Marco si arrampic tra quelle stradine,
sino ad una casina rossa, scolorita dalla
salsedine. Esit un istante, poi buss.
Nonna Delia sillumin tutta, non appena
lo vide. Lo abbracci, con gli occhi lucidi, e
lo spinse dentro.
Non gli chiese nulla, ma Marco le
raccont ogni cosa: le sue paure, i suoi
dubbi, la sua infelicit. Le parole uscivano
da sole, persino quelle che non aveva avuto
il coraggio di pensare, e quando ebbe nito
di vomitarle cal il silenzio.
La nonna apr la credenza e con calma
prese delle candele. Oggi la Candelora.
Oggi si festeggia la luce. Questa una notte
incantata: oggi celebriamo la magia del
rinnovamento.

Sai Marco, linverno il tempo
dellattesa: la terra usa questo periodo per
riposarsi, per riprendere le forze. Perch ci
vuole molta forza per ricominciare, per
trasformarsi, per cambiare E forse
questinverno sar la tua rinascita a venire
alla luce.
Presto tutte le candele furono accese e le
ammelle vennero deposte sui davanzali,
tremuli bagliori aacciati alle nestre
dellimbrunire.
Un rituale antico, che aondava le sue
radici nel mondo contadino, quello in cui la
nonna era cresciuta. E quando ebbero nito,
Marco si abbandon ad un pianto liberatore
prima e al sonno poi.
La mattina dopo, al risveglio, Marco era
solo. La nonna era uscita presto, a fare la
spesa. Ci volle qualche minuto perch si
svegliasse davvero, poi si prepar ed usc. Il
richiamo del mare era troppo forte.
La spiaggia era deserta: solo lui, il vento
ed le onde a farsi compagnia. I suoi occhi
scuri scrutavano lorizzonte, quando il
pallone gli arriv addosso, allimprovviso.
Perse lequilibrio e atterr sulla sabbia.
Una ragazza dai lunghi capelli castani gli
corse accanto. Aveva le gote arrossate e
occhi illuminati da mille pagliuzze dorate.
Erano occhi di miele. Oddio, scusa! Lei
allung la mano e lo aiut a rialzarsi Io
sono Giulia e la palla di Stella, mia
sorella un vero maschiaccio! Giulia sorrise
e Marco non pot fare a meno di notare le
deliziose fossette che si formavano agli
angoli della sua bocca, quando sorrideva.
Non fa niente, tranquilla! Non mi sono
mica fatto male! E comunque io sono
Marco. Piacere!
Tese la mano. Giulia la strinse e lo guard
dritto negli occhi.
Marco avvert una tta allo stomaco:
sentiva di poterle leggere dentro. Riusciva a
sentire il profumo della sua anima.

Era come se si fossero gi incontrati, in
unaltra vita magari.
Quel pensiero lo fece sentire come un
perfetto imbecille e abbass per un secondo
lo sguardo. Poi si accorse che Giulia era
arrossita, come se avesse pensato la stessa
cosa. Marco sorrise e si sent vivo,
allimprovviso.
Per farmi perdonare posso orirti un
ca?, chiese lei. Certo! Accetto
volentieri!.
Le parole erano uscite da sole, senza
pensarci.
Il ca dur molto a lungo. Parlarono per
ore, risero del loro incontro, si
raccontarono le loro vite, come se si
conoscessero da sempre.
Poi il cellulare di Marco squill: la nonna
si era preoccupata, non vedendolo rientrare.
Posso rivederti domani?, chiese lui. Ci
vediamo qui alle otto, per la colazione,
disse lei, e scapp via.
Mentre tornava a casa Marco pens che
dovesse essere stato un miracolo della
Candelora.
La neve che gli aveva congelato cuore e
anima lentamente si stava sciogliendo: era
pronto a rinascere, era pronto a tornare a
vivere. Il suo cuore aveva ripreso a pulsare.
Ancora non lo sapeva, ma voleva tornare
ad amare.
Avvis i genitori che si sarebbe fermato
dalla nonna per preparare la prossima
sessione di esami: i suoi erano in settimana
bianca e la madre colse di buon grado la
notizia.
La nonna lo aveva detto: il tempo come
un occo di neve, che scompare mentre
cerchiamo di decidere cosa farne. E lui
aveva deciso: voleva conoscere quella
ragazza, voleva che entrasse nella sua vita
per rinnovarla, come solo lAmore pu fare.
Ormai si vedevano praticamente tutti i
giorni e passavano quasi tutta la giornata
insieme. Ogni ora trascorsa con lei era un
nuovo battito per il cuore di Marco. Finch
una sera il passato buss alla sua porta: era
quella Elisa.
Non appena lei si present Giulia arross e
si volatilizz con una scusa. Marco cerc di
trattenerla, ma inutilmente. Quando si
volt, Elisa si era seduta e gli sorrideva. Lui
invece era furioso e sbott: Ma chi ti credi
di essere? Come ti permetti di presentarti
qui? Mi hai spezzato il cuore, ricordi? Avrei
fatto qualsiasi cosa per te Ti ho chiesto
solo di amarmi e tu hai risposto di no. Non
sei che un ricordo ingiallito per me e non ti
rivoglio nella mia vita!
Usc di corsa dal locale, mentre Elisa
restava incollata alla sedia: nessuno laveva
mai trattata cos.
Marco si catapult in spiaggia: lei era l,
dove si erano incontrati la prima volta. La
luna le illuminava il viso.
Giulia, per fortuna ti ho trovata, laerr
e labbracci stretta stretta. Profumava di
rugiada del mattino.
Non farlo mai pi. Non scappare via da
me .
Lei alz il viso e una lacrima si spense
sulla curva del sorriso. Si sollev sulle punte
e lo baci. Le sue labbra erano dolci e calde,
la sua pelle delicata come un petalo di rosa.
Fu un bacio lunghissimo: il tempo esatto
che occorre al profumo di unanima per
entrarti sotto la pelle.
Nel cielo si accese uno scoppio di luci,
quelle dei fuochi per i carri del carnevale.
Io non voglio pi essere la maschera di me
stesso. Avevo il cuore congelato, ma ora non
lo pi. E tornato a battere, prese la mano
di Giulia e se la port sul petto.
La neve lha solo protetto e ora, come un
ore, desidera aacciarsi alla Primavera. Lo
senti Marco? Il vento cambiato e porta con
s il profumo delle mimose che stanno
fiorendo.
Lui la strinse a s, mentre il cielo stellato si
rifletteva nelle onde del mare.
Il tempo di Febbraio volgeva al termine e
mentre i coriandoli del Carnevale
coloravano le strade, anche lultimo cristallo
di neve si stacc dal cuore di Marco.
Linverno si schiudeva alla primavera e ad
un nuovo, giovane Amore.
FRANCESCO GIAMMONA:
HLIOPOLIS, LA
PRIMAVERA DA
DIMENTICARE
Marzo, mese in cui la primavera ha inizio,
doveva dare il via al nostro nuovo rapporto.
Erano questi i propositi di quell'anno: io e
mia moglie avevamo deciso la nostra
vacanza in quel luogo incantato, conosciuto
per caso anni prima, che doveva diventare il
palco e lo scenario del nuovo "patto" che
avrebbe suggellato la continuazione della
nostra storia.
Il mese di marzo era stato da entrambi
subito condiviso, un mese inusuale per noi,
in quanto da sempre siamo stati vacanzieri
"agostani", ma quella scelta, gi, era
l'emblema del nostro desiderio di cambiare,
di sfuggire dalle abitudini e consuetudini
che, inesorabilmente, stavano dissolvendo il
nostro matrimonio sino a renderlo quel
fragile contenitore vuoto, che pigramente
spingevamo avanti.
Erano poche le cose che avevamo messo
dentro il nostro unico bagaglio: l, dove
andavamo, non serviva molto se non
"spirito, mente e voglia di natura".
Era un'isola naturista da sempre, dove
stare nudi era laregola. Un paradiso fatto di
essenzialit, in cui la natura con i suoi
profumi ti accarezza e avvolge con
un'intensit inusuale.

L'isola situata di fronte alle coste della
Provenza e gran parte del suo territorio di
propriet del Ministero della Difesa e
utilizzato appunto come base militare,
totalmenteinaccessibile e dove si dice si
realizzino esperimenti di ogni tipo.
La restante parte dell'isola, invece, era
stata adata in concessione a due medici
francesi, Madame Bert e Monsieur Palotte,
che proprio l avevano deciso di fondare e
costruire quel piccolo villaggio che dal
porto s'inerpicava aspramentelungo il
sentiero che conduceva sul punto pi alto
dell'isola, ove sorgeva ledicio, residenza e
laboratorio dei fondatori.
Hliopolis era il nome di quel magico
luogo.
Il giorno in cui io e mia moglie .... ma
forse meglio presentarci: sono Mirko,
50enne, brizzolato, giornalista free-lance e
lei Lara, un'aascinante 45enne, mora,
psicologa, insomma una strizza cervelli
"gustosa". Non abbiamo gli! Arrivammo al
molo di partenza per l'isola, era nuvoloso e
no all'ultimo non sapevamo se il battello
che ci doveva condurre a Hliopolis avrebbe
potuto fare la sua corsa.
Ma ecco finalmente che, il capitano ordina
allequipaggio di liberare gli ormeggi, solo
allora Lara distese il suo viso preoccupato e
regalandomi in silenzio un fantastico sorriso
mi disse: Buona vacanza, amore. Poggi il
suo capo sulle mie spalle e vidi i suoi occhi
pian piano chiudersi: era bellissima.
Staccato il mio sguardo da lei, passai
quell'ora di traversata avvolto nei miei
pensieri, ma felice di poter staccare la spina
per dedicarmi al mio benessere e ai miei
sentimenti per Lara.
L'ondeggiare del battello non interruppe il
torpore in cui lei era avvolta e neanche il
fragore della sirena, che il capitano fece
risuonare all'arrivo nella piccola baia,
servirono a risvegliarla dal suo oblio.
In lontananza invece gi si riusciva a
scorgere la piccola sagoma di Pascal, addetto
agli approdi dell'isola, che dentro il suo
impermeabile giallo dichiarava al mondo
"qui, piove".
Fu l che io dissi a Lara: Dai su amore,
sveglia siamo arrivati... benvenuta tra noi
umani, e lei pian piano riaccese il suo
sguardo sull'approdo.
Pascal fu il nostro primo contatto sico
con l'isola, le sue mani rugose accolsero
saldamente dapprima quelle di lei, per
aiutarla al salto dalla passerella del nostro
piccolo battello ondeggiante e poi le mie
che, con riconoscenza, si strinsero subito in
un abbraccio. Il buon Pascal, il nostro amico
di vecchia data che aveva consentito il
nostro accesso alla "comunit" di Hliopolis!
Iniziava a piovere a scrosci!
Pascal prese l'unico bagaglio al nostro
seguito e con passo spedito inforc il
sentiero che portava alla casa che ci avrebbe
ospitato, farfugliando qualcosa
dincomprensibile, ma io sono certo che le
sue fossero "petites maldictions franaises".
Lara era zuppa e stizzita, il suo unico
strumento di riparo era il mio giubbotto,
l'ombrello lo avevo dimenticato in auto. Il
suo vestito aderiva saldamente al corpo ove
il mio sguardo, malgrado la situazione non
facile, si soermava, per scandirne le forme,
producendo in me una profonda
eccitazione.
Finalmente arrivammo a destinazione e
Pascal frettolosamente apri l'uscio per
consentirci di entrare per ripararci. Quella
era la casa che noi avevamo l'onore di
abitare; s, perch sull'isola non vi erano
strutture alberghiere edicate o edicabili,
non vi erano mezzi di locomozione, ma solo
sentieri sterrati e concentrici disegnati nella
lussureggiante natura e intrisi di odori ed
essenze inebrianti.
Pascal prese dalla credenza una bottiglia
di uno speciale liquore per brindare al
nostro arrivo, ma poi dovette congedarsi
subito per una chiamata ricevuta sul suo
walkie talkie: gli chiedevano di tornare
urgentemente al porto.
Alla chiusura dell'uscio, Lara lasci
scivolare il vestito bagnato per terra e
silenziosamente si diresse verso la doccia, io
la seguii, mentre il mio sguardo accarezzava
il suo corpo, per unirmi a lei in un caldo
intreccio di sensi. La casa che ci ospitava era
di Marie, madre di Pascal, morta alcuni anni
prima davanti ai nostri occhi, dopo una
rovinosa caduta da un dirupo dell'isola.
Quel giorno, nulla potemmo fare se non il
mio tentativo di cercare soccorsi mentre
Lara prov inutilmente a rianimarla.
Quando tornai con i soccorsi, Marie era
morta fra le braccia di Lara.
Quella nostra prima notte sull'isola
trascorse tra saette, tuoni e tante coccole,
ma poi ci addormentammo stanchi.
Il mio sonno fu un incubo, un continuo
susseguirsi dimmagini ravvicinate, di volti e
sguardi pungenti, alcuni erano volti noti,
altri no. La mia Lara, Pascal, Mme Bert,
Marie e M. Palotte che insieme, danzando,
mi giravano intorno; ero al centro del loro
cerchio, in terra, completamente nudo e
immobile, incapace di ogni reazione.
Improvvisamente il cerchio si apr e
comparve Lei, una giovane donna
sconosciuta, che con i suoi veli bianchi mi
colpiva, i suoi occhi acuminati e profondi
mi ferivano, il suo corpo era sinuoso e sul
suo bianco seno un tatuaggio a forma di S.
Quel mattino mi risvegliai solo nel letto,
madido di sudore e in posizione fetale. Faci
fatica a slegare le articolazioni e a
rimettermi in piedi.
Lara non era in casa!
Dal terrazzo, i colori, il mare e i profumi
dalla vegetazione selvaggia esplodevano
violentemente nei miei occhi e
completarono il mio risveglio. Un raggio di
sole illuminava la bottiglia che la sera prima
era stata posta al centro del tavolo in cucina,
e che era semivuota. I miei ricordi facevano
fatica ad affiorare, ricordo solo quello strano
sogno e la danzatrice con la esse tatuata sul
seno.
Improvvisamente, si apr luscio e una
radiosa Lara con il suo piccolo pareo color
crema apparve e avanz verso di me
stringendomi in un abbraccio che subito
riscald il mio corpo. Si era svegliata molto
presto e mi disse che erano stati vani i suoi
tentativi di buttarmi gi dal letto, per cui
aveva deciso di lasciarmi dormire e andare
su, in cima all'isola, per salutare Mme Bert e
M. Palotte.
La casa dove loro vivevano era sul punto
pi alto dellisola e da l lo spettacolo era
davvero mozzaato, un luogo da dove
potevi osservare lo scandire del tempo e
veder scorrere intorno a te i cicli della vita,
quasi che l fosse stato posto il perno di quel
meraviglioso ingranaggio!

Lara, arrivata al cancello aveva suonato
pi volte, ma nessuno aveva risposto,
quando stava per andarsene si sent
chiamare e, in lontananza, vide arrivare una
giovane donna che con un incedere elegante
le venne incontro.
Non ti ricordi di me, le disse, sono
Alexia, la nipote di Mme Bertie. Lara
trasecolata le aveva risposto: Mai avrei
potuto immaginare che quello scricciolo
incontrato qui, alcuni anni fa, potesse
trasformarsi cos.
Era bellissima, un corpo statuario con una
pelle chiara e vellutata e con quel tatuaggio
che disegnava una S sul suo seno. Lara ne fu
subito colpita. Entrarono in casa e Alexia le
si avvicin dicendole che lei era l per
accudire la zia.
Mme Bert e M. Palotte, alcuni mesi fa,
vennero ritrovati per terra, in uno stato
catatonico dal quale non uscivano, e che
impediva loro qualsiasi funzione motoria e
di linguaggio. Lara, entrando nel salone
posto in fondo alla casa, riconobbe subito le
gure dei due, entrambi sedevano su sedie a
rotelle poste vicino luna all'altra e con lo
sguardo fisso nel vuoto.

Lara prov a farsi riconoscere, ma Alexia
linvit a desistere perch era del tutto
inutile. Le raccont inoltre che nessuno
conosce le circostanze dellaccaduto, ma si
pensa che sia il risultato di qualche intruglio
medico, ingerito da entrambi, frutto dei
loro studi e sperimentazioni.
M. Palotte sosteneva che dalle piante
poteva ricavarsi tutto ci di cui luomo
poteva aver bisogno; quell'epilogo smentiva
il fondamento di quelle convinzioni. Lara
rimase colpita da quei fatti e promise ad
Alexia che in serata sarebbe tornata da lei,
insieme a me.
Quando mi raccont la storia era
visibilmente angosciata, e non nascondo il
mio turbamento nel sentire quei fatti
soprattutto nella parte in cui Lara
descriveva Alexia, quella era la donna del
mio sogno! A lei non ne avevo ancora
parlato. Andammo al mare e l restammo
sino al tramonto senza dirci nulla!

Rientrammo a casa solo per una doccia, io
mi feci pure un bicchierino di liquore,
dopodich decidemmo di andare a trovare
Alexia, entrambi eravamo d'accordo su
quella visita ma, forse, con motivazioni
diverse!
Lara era bellissima come sempre, il suo
pareo era diventato un foulard ed io
guardandola avevo la conferma di quel mio
giudizio. Facevo un po fatica a starle dietro
e ci non credo fosse dovuto alla visione del
suo corpo o ai contrasti di luce oerti dalle
sue forme, piuttosto adducevo la mia
difficolt alla giornata trascorsa al mare.
Arrivammo dinanzi al cancello, ed io ero
veramente aaticato. Lara suon e dopo
poco vidi arrivare Lei, incredibilmente
bella, era la donna del mio sogno, ne ero
certo, la conferma non fu solo il tatuaggio
che aveva impresso sul seno, ma il suo
profumo i contorni delle sue labbra: so che
sembra assurdo ma io rivivevo l'essenza del
mio sogno.
Lara si avvicin a lei per darle un bacio, io
provai a fare altrettanto e biascicando a
mala pena il mio nome, inesorabilmente
caddi a terra, a peso morto!
S, era successo, ero steso a terra e non
riuscivo n a parlare n a muovermi, loro
erano l attorno a me che si aannavano per
riportarmi a uno stato di coscienza... volevo
fargli sapere che c'ero e le sentivo, ma non
potevo: avevo perso il controllo delle mie
funzioni.
Lara era l che si disperava ed io avrei
voluto dirle calmati sono vivo... ma non
potevo!

Fu quello l'inizio della mia fine, e da allora
la mia "vita" divenne un inferno!
RAINALDA TORRESINI:
NON SOLO PAPAVERI A
MAGGIO
Si ringraziano per la
collaborazione: Elena Capobianco
e Nadia Finotto
Finalmente era arrivato maggio, il mese
che Laura preferiva.
Inforcava per la prima volta la bici che
aveva ricevuto in regalo a Natale, l'ultimo
modello di mountain-bike con cambio a sei
marce.
Era fanatica della corsa, come diceva lei,
in realt si limitava a lunghe passeggiate in
campagna armata di fotocamera digitale. Le
piaceva immortalare le prime oriture di
papaveri nei campi di grano. Le ricordavano
l'adolescenza, quando col suo ragazzo
correva in mezzo alle spighe, inseguita dal
contadino che li voleva picchiare.
Voleva andarci da sola in bici, non
desiderava avere nessuno accanto, perch,
mentre correva, le piaceva fantasticare,
come una ragazzina, cantare e recitare
poesie.
In verit Laura desiderava essere libera.
Era il suo moto perenne la libert, quella
che spesso sentiva mancarle nelle giornate
di lavoro a scuola, con il preside che la
riprendeva per il ritardo. Nemmeno a casa
trovava pace, la convivenza col marito
esigente e con i gli troppo occupati a
disubbidire, stava diventando un macigno
sempre pi difficile da sopportare.
Ma quando montava in bici e sentiva il
primo alito di vento sul viso, tutto il
malessere si cancellava e trionfava la felicit.
Percorrendo la strada statale si ferm di
colpo. Ecco la foto ideale da fare. Estrasse la
macchina fotograca e attravers il
ponticello sul fossato, ancheggiato dalle
calle in ore. Al di l, uno spettacolo da
immortalare all'istante. Era una giornata
ventosa con le nuvole che si rincorrevano
come bambini, in un gioco spronato dal
vento primaverile. Bisognava ssare la
nuvola, proprio l , sopra il campo di
papaveri.
Una distesa di spighe in primo piano, con
diverse gradazioni di verde, con il rosso che
spiccava come il sangue di un guerriero in
mezzo al campo di battaglia. Sullo sfondo la
nuvola bianca disegnava un lungo pupazzo
dormiente nel cielo blu.
Clicc diverse volte sull'otturatore, in tutte
le posizioni e alla ne tir un sospiro di
sollievo. Soddisfatta del momento magico
immortalato si sent libera di dedicarsi alla
corsa sportiva.
Si inoltr per la stradina in mezzo ai
campi e lasci che l'aria fresca della
primavera le riempisse i polmoni.
Il sole era tiepido, il profumo della terra,
bagnata la sera prima da una pioggia
leggera, le solleticava il naso. Per un attimo
chiuse gli occhi e sorrise: era felice e si
sentiva libera.
Ma dur poco.
La ruota della sua bici urt qualcosa e,
senza rendersene conto, venne catapultata a
terra.
L'impatto venne attutito dall'erba, mentre
la poca ghiaia presente le aveva procurato
qualche sbucciatura qui e l.
Apr gli occhi: era atterrata nel campo di
papaveri, che con il loro rosso vermiglio
salutavano le macchine che, a pochi metri,
sfrecciavano veloci sulla superstrada l
vicina.
Si sent stupida. Come una ragazzina, era
caduta! Che idiota! E mentre si tirava su,
cercando di ripulirsi, si guard intorno.
Imprec, arrabbiata pi per i pantaloni
strappati ,che per la sbucciatura delle
ginocchia. Guard a terra, distratta, e rimase
a bocca aperta: aveva travolto una persona!
Corse vicino alla sua bici: la ruota ancora
girava.
Un corpo di donna, con lunghi capelli
scuri era riverso tra i ori e non si muoveva.
Per un attimo fu tentata di scappare...ma poi
prese coraggio e prese a scuoterla.
"Signora...mi scusi...non volevo...si fatta
male?" Silenzio. Le mosse con cautela il
capo, temendo che avesse subito un trauma
cadendo e... solo allora si accorse del rosso.
Non erano petali di papaveri, ma sangue.
La donna aveva un foro di proiettile al
centro della fronte.
A Laura manc il ato. Arretr
bruscamente, inciamp e cadde.
Poi, presa dal panico, url. Ma nessuno
poteva sentirla.
Con mani tremule aerr il cellulare dalla
tasca e compose un numero: 112.
"Carabinieri? Io....io...ho trovato un
cadavere...".
Era uscita per sentirsi viva ed era
inciampata nella morte.

Mentre stava telefonando guard pi
attentamente la donna martoriata, stesa a
terra e coperta di fango. Aveva un tatuaggio
sul polso sinistro.
Il cuore di Laura cominci a battere a
mille. Ricordava l'amica che aveva voluto
farselo per il suo amore: una farfalla con ali
azzurre e un occhio nero al centro.
"Paola? No, non pu essere lei!" url
disperata.
L'amica che non vedeva da mesi era l
stesa come una foglia d'autunno, nascosta
dal rosso dei ori, col volto intriso di
sangue.
Non l'aveva riconosciuta subito, ma ora
voleva fare qualcosa, pulire la ferita,
comporre quel corpo seminudo, prima che
altri la vedessero. Non era dignitoso per una
donna mostrarsi cos.
I pantaloni stracciati, gettati da un lato e il
sesso scoperto, vittima di un sopruso.
Nello stomaco di Laura la colazione
galleggiava fino a costringerla a vomitare.
Voleva stendersi a terra per come si
sentiva.
Non era giusto nire straziata tra i ori di
maggio!
Laura si era iscritta a un gruppo di
volontarie, per aiutare le donne vittime di
stupro. Ma con Paola il violentatore non si
era limitato a quello.
"Perch lo avr fatto?" url al cielo,
mentre la sirena della polizia squarciava il
silenzio della campagna.
I ricordi si incrociavano nella sua mente.
Ripensava all'ultima volta che aveva parlato
con lei. Paola le aveva condato di una
relazione che le aveva sconvolto l'anima e il
corpo. Le aveva parlato di quell'uomo,
conosciuto per caso, che le era entrato
dentro, e che le era diventato essenziale
come l'aria per respirare.
Non un'aria tiepida e sottile, ma un vento
di bora freddo e sconvolgente allo stesso
tempo. Le aveva confidato che la sua vita era
cambiata, che non riusciva pi a mangiare e
che aveva sensi di colpa di continuo, per il
suo uomo, col quale conviveva da dieci
anni. Non lo avrebbe mai lasciato, non ne
aveva il coraggio, ma il diavolo era entrato
in lei.

"Signora..." la chiam l'agente, seguito dal
Commissario Biondi.
Nella mente di Laura scorrevano le
immagini dell'ultimo incontro con Paola.
Era un'amicizia personale , si erano
conosciute in palestra e si erano subito
trovate in sintonia. Con lei aveva avuto un
buon rapporto condenziale, ma quasi mai
avevano nominato figli e marito.
Era andata a casa sua a prendere un tea
insieme. Quel pomeriggio la nuova amica le
aveva confidato di un nuovo rapporto con la
persona che aveva conosciuto due mesi
prima, un cliente dello studio di avvocato,
presso il quale lavorava da due anni.
Non era stato un amore travolgente, ma
l'assidua frequenza e l'attesa prolungata in
anticamera, li aveva scoperti nel profondo.
Avevano iniziato a frequentarsi lontano
dalla citt. Lui non le aveva nascosto di
essere sposato e di non avere nessuna
intenzione di lasciare la moglie e i gli,
anche se ormai erano indipendenti.
Lei aveva accettato la situazione.
L'unico segreto che non le aveva rivelato
era il suo cognome, nello studio si era
presentato a nome di altre persone.
La descrizione sica che ne aveva fatto
Paola avevano turbato Laura, ma non era
riuscita a capirne il motivo.
L'amica era felice, e triste per questo
amore senza futuro e aveva deciso di
cambiare citt, di allontanarsi da un sogno
irrealizzabile.
"Signora, ferita?" la richiam l'agente:
Ha bisogno di un'ambulanza?
Laura si riscosse dai ricordi, e cerc di non
mostrarsi al corrente della storia e nse di
non conoscere la donna. Pens che era
opportuno non farsi coinvolgere in una
storia della quale conosceva, suo malgrado,
alcuni aspetti importanti. Perch tornata?
Forse si incontrata col suo amante o
semplicemente rimasta vittima di un
killer. No, uno stupratore non le avrebbe
sparato. rifletteva tra s.
Signora, ha bisogno di aiuto? chiese
nuovamente il Commissario.
Se vuole, l'agente l'accompagna a casa,
pu lasciare qui la bicicletta, gliela
riportiamo noi. Dovr sottoporla ancora a
delle domande per capire meglio come ha
ritrovato il cadavere e perch le ha coperto
il corpo con la sua felpa.
Ho avuto piet di lei. disse a mezza voce
Laura. ... una donna violata, e mi
sembrava giusto darle dignit.
"Per ora pu andare. Sicuramente faremo
l'autopsia e scopriremo altre cose
sull'identit della vittima,visto che non ha
documenti con s."
Quel giorno era domenica e come tutte le
domeniche Claudio, il marito di Laura
sapeva delle sue scorribande in campagna.
La sera del sabato era uscito con gli amici.
Una volta tanto, le aveva detto. Era rientrato
molto tardi, verso le tre, e Laura sentendolo
rientrare, non gli aveva chiesto il motivo.
Era uscita presto al mattino e lui dormiva
ancora.
Si era svestito in fretta Claudio, la sera
prima, lasciando le scarpe vicino alla
scarpiera in ingresso.
Laura avrebbe voluto sistemarle, ma si era
accorta che erano sporche di fango, e aveva
lasciato perdere. Non aveva pensato al
motivo di quel fango.
Non le piaceva fare illazioni sulle uscite
del marito. Erano abituati cos: ognuno era
libero di uscire senza rendere conto all'altro.
Rientrando, in compagnia dell'agente,
ancora sconvolta dall'accaduto, si accorse
che nella sua mente le tessere del puzzle
delle sue ipotesi, si sistemavano come in un
quadro.
Supposizioni che le procuravano una
certa agitazione, anche nel comportamento.
Claudio e i ragazzi dormivano ancora.
Nel ballatoio dell'ingresso, aveva notato
una scena diversa da quando era uscita, ma
non riusciva a mettere a fuoco cosa ci fosse
di cambiato.
Cosa gli avrebbe detto?
Sarebbe stata in grado di parlare
serenamente di quello che le era accaduto?
Voleva chiarire con lui, il suo sospettato
numero uno, prima di essere interrogata dal
Commissario Biondi. Decise di agire con
prudenza: era meglio aspettare e stare zitta.
Leggo troppi gialli, pens, e sto
costruendo castelli senza fondamenta. Il
dubbio, come un trapano, le stava rodendo
lo stomaco e tolto l'appetito.
Decise di indagare senza destare sospetti,
ma la ricerca delle prove si alternava con
una realt che non voleva affrontare.

Una telefonata dopo tre giorni la colse di
sorpresa. Il Commissario Biondi doveva
farle delle comunicazioni importanti: la
vittima di nome Paola Bianco era incinta di
tre mesi.
Ecco il motivo del suo ritorno.
Probabilmente aveva voluto dirlo al suo
amante e lui aveva voluto eliminare il
problema alla radice concluse subito Laura.
Il Commissario per le disse anche
un'altra cosa: non c'era stata violenza
sessuale per cui i vestiti strappati e il
lasciarla mezza nuda era stato un becero
tentativo di depistaggio, visto che l'autopsia
avrebbe rivelato subito la verit.
Laura non aveva ancora voluto chiedere
nulla al marito, ma la sua mente lavorava
alla velocit della luce. In quei tre giorni
aveva gi messo insieme talmente tanti
indizi che portavano tutti a lui.
Aveva raggiunto un rancore nei suoi
confronti che superava ogni limite
sopportabile, oltre al fatto che odiava anche
il solo guardarlo in faccia. Lui pareva non
accorgersene per niente, assorto com'era nei
suoi pensieri e taciturno molto pi del
solito, cosa che dava a Laura una ulteriore
odiosa conferma.
Ad un certo punto decise che era
abbastanza e gli si par davanti sbarrandogli
la strada e, con tono sprezzante, gli grid:
"Eri tu l'amante di Paola vero? E quando
tornata per dirti che era incinta non hai
trovato di meglio che togliertela dai piedi
vero? Fai schifo! Non me ne importa un
accidente se avevi un'amante ma ora io volo
dal Commissario Biondi e spero che ti
mettano in galera e buttino la chiave,
grandissimo bastardo!"

Lui con lo sguardo a terra e contorcendosi
le mani rispose.
"S, ero io il suo amante, ma la cosa
tremenda che non sono io ad averla uccisa.
Ci siamo incontrati sabato sera dove l'hai
trovata tu, in quel campo di papaveri. Era il
posto dove ci incontravamo segretamente, e
lei mi ha detto del bambino. Sono rimasto
sconvolto e le ho urlato di sparire dalla mia
vita. Poi ho sentito un rumore e mi sono
accorto che Sandro, nostro glio, mi aveva
seguito e aveva sentito tutto. Lui scappato
via e non sono pi riuscito a trovarlo.
Quando ho lasciato Paola, era ancora viva.
Dalla stampa ho saputo dell'omicidio e ho
interrogato nostro glio. Ha confessato solo
a me quello che successo. Lui tornato
indietro, ha parlato con Paola e le ha
intimato di andarsene, di non distruggere la
nostra famiglia e quando lei gli ha detto che
avrebbe fatto valere i suoi diritti e non
avrebbe lasciato perdere, lui ha perso la
testa e con la pistola da tiro, che aveva con
s, l'ha uccisa simulando lo stupro.
Mi ha detto che era disperato e che l'ha
fatto per salvare te e l'unit della nostra
famiglia.

Domenica, maggio. I papaveri oriscono
di nuovo vicino alla superstrada.
Laura non torner pi in bici a guardare
lo spettacolo di maggio.
Il rosso di quei ori, da molto tempo, le
appare anche d'Inverno, come una striscia
di sangue ch dipinge di rosso il campo
coperto di neve.
GIOVANNA' S: IL
SOLSTIZIO DEL MALE
Si ringrazia per la collaborazione
Marcello Rodi.
1700 a. C., Piana dei Morti: un piccolo
villaggio senza nome nei pressi della
Cattedrale, il calendario degli antichi Dei,
nella piana di Stonehenge.
E' notte fonda. Krud, il sacerdote, vers
ancora birra ai sette anziani che avevano
accettato di seguirlo, in quella notte senza
stelle. Stavolta per, il furbo Sciamano
aveva messo nella birra un succo scuro,
tratto da certi licheni che crescono ai bordi
delle Grotte Proibite. Quando gli "Anziani"
cominciarono a ridacchiare e a ruotare gli
occhi, come se seguissero un volo d'uccelli,
Krud fece segno alle tre prostitute di
intervenire, e il consiglio segreto si
trasform in orgia.
Gli uomini mangiavano frutta secca e
bevevano, intanto si accoppiavano no allo
stremo delle forze con le puttane che il
sacerdote aveva comprato da una trib del
nord.
All'alba, quando a stento il gruppo di
uomini fu in grado di ripartire per il
villaggio, Krud li ferm e intim loro la
scelta. Stanchi e strafottenti, storditi dalla
droga, pur di tornare alle capanne fecero ci
che lui desiderava.
Scelsero tutti un sassolino nero, invece che
bianco, e lo lasciarono cadere in una tazza
votiva, creata apposta con un cranio umano.
Poi si allontanarono e Krud verific.
Lui e il suo assistente contarono insieme
otto sassi neri di ossidiana. Il sacerdote
gongolava senza darlo a vedere: il destino di
Jak, il cacciatore, era segnato!
La sua vendetta si sarebbe compiuta.
Entro tre giorni, la notte del Litha, Jak
avrebbe incontrato il proprio destino; un
destino nuovo per lui, diverso finalmente!
Niente pi allori: solo sangue e dolore!
Krud rise tra s: grazie all'eclissi predetta
da poco e alla complicit dei vecchi "saggi"
corrotti, aveva convinto gli uomini della
trib che il sacricio era necessario per
placare gli Dei.
Il loro mondo era minacciato!
Solo la mano di un eroe grande come Jak
avrebbe potuto donare il sangue innocente
agli Dei.
Poi, Krud si accost alle tre donne, che si
erano addormentate, e spacc loro il cranio,
con una mazza. Non rividero mai pi l'alba.

Nella piccola capanna l'aria era intrisa
dell'odore di cibo avanzato e di sudore, ma
non disturbava il naso di Jak n turbava il
sonno di Shi e della figlia, Schy.
Jak osserv le stelle dal buco sul sotto,
l'alba era prossima: il momento migliore!
Scivol dal pagliericcio dove dormivano
abbracciati; un ultimo, amorevole sguardo
alle ragazze, poi usc nell'ultima bruma del
mattino.
Unora dopo era appostato, invisibile, su
un punto riparato, dove il fiume
disegnava un'ansa: li l'acqua era
trasparente.
Arm con la selce una lunga canna e
aspett.
Aveva negli occhi l'immagine dei suoi
amori addormentati. La piccola Schy aveva
i suoi stessi occhi e, come lui, era viva solo
grazie alla sua forza: si sarebbe volentieri
battuto il petto per lorgoglio, ma rimase in
silenzio.
Lui era stato trovato nella foresta di Ston,
quandera solo un bambino: debole,
provato, allattato da un'orsa.
I cacciatori spaventati uccisero l'animale e
Mhol, il costruttore di armi, lo prese e lo
port al villaggio.
Se fosse stato per Krud, lo Sciamano, lo
avrebbero ucciso immediatamente: odiava
qualsiasi cosa nuova. Per fortuna i saggi
videro nella sua sopravvivenza un segno
divino e l'orsa era un animale sacro. Il
vecchio Mhol lo prese con se, non aveva
avuto figli dalla moglie Khaal.
Cos ebbe salva la vita e, una volta adulto,
si rivel una benedizione per la trib. Erano
un gruppetto di piccoli uomini, quasi nani,
mentre Jak proveniva da una razza lontana.
Divenne cos alto, astuto e forte, da essere
considerato un semidio: i suoi incredibili
occhi azzurri incutevano un timore
reverenziale. Ora che aveva potuto sposare
Shi, ed aveva una bambina meravigliosa con
gli occhi color del ghiaccio, Jak era un punto
di riferimento per tutti nel villaggio.
Cacciatore e combattente senza pari.
Un rumore lo distolse dai suoi pensieri:
lontano, un gruppo di anziani barcollanti
tornava verso casa.
Jak sorrise: "Vecchi ubriaconi..." pens,
nell'alba che appena schiariva.

Mezzogiorno. Capi e anziani, riuniti
allinterno del cerchio di megaliti. Il
monumento, costruito dagli Dei, era la
Cattedrale della trib da tempo
immemorabile. Con il sole, le pietre enormi
gettavano ombre nette sull'erba umida e
ubertosa.

Da troppo tempo ci siamo scordati dei
nostri Dei! Adesso loro sono stanchi del
nostro disinteresse! - recitava Krud, in piedi
su una pietra alta, presso l'Ara sacricale -
L'estate scorsa hanno fatto tremare la terra,
lo ricordate? E solo per un pelo il villaggio
non stato spazzato via. Adesso: un altro
segno! Come avevo previsto. Il giorno
divenuto notte, e solo grazie agli scongiuri e
alle mie preghiere il sole tornato a
risplendere!.
Gli uomini assentirono e si mossero a
disagio. Ci sono volte in cui una calma piatta
fa paura allo stesso modo di un cataclisma:
come contenesse il presagio di una futura
catastrofe.
E' giunta l'ora di dimostrare la nostra
sottomissione, il nostro rispetto! E' giunta
l'ora del sacricio supremo!: lo sciamano
ss negli occhi uno ad uno i presenti, poi
con gesto teatrale fece comparire, da sotto il
mantello di pelle di lupo, il cranio a coppa,
rivelando gli otto sassi neri levigati.
Il gruppo arretr di un passo,
involontariamente. Le pietre sacre
riflettevano, cupe, la luce solare.
Non temete - li incalz Krud - sar io
stesso a preparare la cerimonia! Il sacricio,
per, dovr essere celebrato da Jak. E' lui
l'eletto, lo sapete tutti! Lui il segnato dagli
Dei!.
I presenti rabbrividirono: le tremende
intenzioni di Krud erano note agli anziani. I
capi delle famiglie sapevano ma nessuno
parlava apertamente.
Il vecchio, da attore consumato, lasci che
i suoi occhi si velassero di pianto:
Lo so, terribile. Non oso parlarne... ma
necessario! Solo il sacricio del ore pi
raro potr convincere gli Dei della nostra
sottomissione. Forse, ci risparmieranno!
Non temete, sapr approntare tutto, anche
se con la morte nel cuore.

La sera era fresca ma intorno al fuoco si
stava bene.
Tutti si erano rimpinzati con la carne dei
grossi pesci catturati da Jak.
Lo Sciamano, quella sera, era stato n
troppo cordiale: il cacciatore non si dava.
Krud lo convinse a sorbire un nettare
speciale tratto dalle bacche di ginepro. Jak
bevve avidamente, la pozione era deliziosa.
Ora, drogato, assisteva con la mente ovattata
ai preparativi di una cerimonia che non
conosceva. Solo i maschi partecipavano al
rito.
Quattro tozzi indigeni, salmodiando,
portarono Jak come in trionfo.
Arrivarono spediti alla piana della
Cattedrale col favore della luna.
Alcuni fal ravvivavano l'ocra, tingendo di
sangue i megaliti che si stagliavano sul cielo
cobalto. L'assistente di Krud copr lo
jerofante con una pelle d'orso, e il vecchio
inizi una complessa danza rituale. Altri,
intorno, eccitati e ubriachi, si dimenavano
come ossessi, mentre i musici percuotevano
attrezzi, fatti di pelle, ossa e legni sacri. Un
solo, cupo ritmo palpitava all'unisono e
riecheggiava nell'ampia valle.
A Jak la testa girava sempre di pi, ma non
poteva svenire. A un gesto di Krud venne
portato, di peso, all'altare sacricale. Krud
arm la sua mano con una lama nera,
ricavata da una pietra del Cielo.
Intorno era una ridda di luci, scintille, urla
e tamburi. Tutto vorticava in modo
indistinto. Krud gridava qualcosa sulla
necessit di un sacricio, sul volere degli
dei... sul destino!
Sopra la pietra sacricale una gura
sottile: possibile fosse un essere umano? In
testa un cappuccio col disegno di un
coniglio.
Uccidi! Uccidi! urlavano intorno gli
anziani.
Jak era sconcertato, non capiva pi niente
mentre suoni e grida lo incalzavano. Krud
gli strillava nella mente rendendolo pazzo.
La mano di Jak scese implacabile: la pietra
alata aond nella carne tenera. Poco
sangue caldo e scuro disset, ancora una
volta, quel luogo di dolore.

***

Le urla strazianti di Jak, alla sera del
giorno dopo, erano ridotte a un rantolo
sordo. Il dolore si rinnovava appena
abbassava la testa e rivedeva il corpo senza
vita di Schy.
Nel petto, insso come una lapide, lo
stesso grosso pugnale con cui il padre,
ignaro, le avevano dato la morte. Immota,
trasgurata, la bambina sembrava un cencio
bianco e aveva perso tutta la sua bellezza.
Solo gli occhi, azzurro chiaro, specchiavano
immobili il cielo.
Lasciamolo legato - disse Krud maligno -
il dolore lo rende cattivo! Lasciamolo un
paio di giorni senza cibo, finch non diventa
debole, poi lo faremo ragionare!.
Lo sciamano si ngeva addolorato, ma in
cuor suo godeva del compimento della sua
vendetta.
Lontana, nascosta da un masso, la bella Shi
assisteva impotente. Se si fosse avvicinata
alla zona sacra, l'avrebbero lapidata per
sacrilegio. Krud la guard bramoso e si lecc
i ba ma fece nta di non averla notata. La
voleva pi che mai ma se ne sarebbe
appropriato con calma. Era tutto pianificato.
Tra una paio di giorni "qualcuno" avrebbe
rifocillato il povero Jak aamatissimo, con
del cibo avvelenato e anche lui avrebbe
lasciato questa valle di lacrime.
Lassistente si assicur che i legacci fossero
ancora saldi, poi si allontan da Jak che
scartava furioso, stando attento a evitarne lo
sguardo.
Venne la notte. Shi, si era addormentata
per terra, impotente.
Le stelle brillavano sulla piana. Il cielo era
buio, la luna era gi tramontata.
Misteriosamente, solo gli occhi di Schy,
brillavano di una luce fredda.
Allora, le stelle si fermarono e nel buio si
stagli una figura pi oscura della notte:
Vuoi davvero vendetta con tutta l'anima,
Jak? - disse Faken, con la voce che sibilava
come il vento dalle porte dei sepolcri -
Allora facciamo un patto - rise maligno - tu
mi dai l'anima, adesso, e io ti do questa... e,
sciogliendo i legami, gli pose in mano una
strana lancia di metallo bruno.

1700 a. C. - Equinozio destate.
Una volta libero, folle dal dolore Jak riusc
a stento, a sotterrare la bambina l, dove la
malvagit di Krud aveva preso il posto del
volere degli Dei. Il grande cacciatore era
senza forze, come un otre vuoto.
Vag tra i boschi per giorni, senza scopo,
incapace di ogni sentimento. Quando si
riprese, inizi a sperimentare i magici
poteri dell'asta di Faken; l'aveva pagata cara!
In cambio dellarma degli Dei aveva ceduto
l'anima, un prezzo onesto, visto che lui si
sentiva morto dentro.
La lancia degli Dei aveva il potere di
renderlo invisibile.
Riprese vigore pensando solo alla
vendetta. Inne, torn al villaggio senza
farsi vedere. Da quel giorno, uno a uno, a
intervalli regolari, i corpi dei cospiratori
vennero trovati decapitati tra le capanne.
Le loro teste invece ricomparivano, insse
su un lungo palo, presso il tempio
megalitico di Stonehenge.
A ogni esecuzione, Krud era sempre pi
sgomento e la sua paura non si placava
neppure tra le braccia della bella Shi.
Quellanno e il successivo furono scanditi
dalla scomparsa, metodica e misteriosa, dei
cospiratori. Giugno era quasi passato e
undici teschi circondavano la Cattedrale.
Krud era talmente terrorizzato,
nonostante fosse circondato da guardie
armate e pagate profumatamente.
Venne anche la sua ora: lo ritrovarono
fatto a pezzi, davanti alla sua capanna: la sua
testa non si trov mai, nemmeno tra i
macabri trofei inssi come un macabro
calendario intorno alla Cattedrale.

Jak aveva deciso di portarlo via con se nel
suo eterno peregrinare.
Quando venne la sua ora non venne
accettato nel paradiso ma nemmeno il
Faken lo lasci entrare allinferno, visto che
la sua anima laveva gi presa.

Ancora oggi, la notte del Solstizio, non
sono pochi quelli che giurano di aver
incontrato per strada un tipo strano, coperto
di stracci: porta una lanterna legata ad una
pertica. E tonda, liscia, e da due buchi, che
sembravano orbite vuote, scaturisce la luce
di una fiamma.
Pare un teschio, ma tutti preferiscono
pensare che altro non sia che una vecchia
lanterna.
Jak, da allora, vaga ancora per il mondo.
Quando arriva linverno, nelle notti pi
fredde, la piccola Schy dagli occhi di cielo
gli scalda il cuore, mentre il teschio del
vecchio Krud gli illumina la via, traballante e
orrendo, appeso alla lancia degli Dei.
GIANI BERIA: DOVEVA
ESSERE UNA
CASTAGNATA
Si ringraziano per la
collaborazione: Giovanna'S e
Nadia Finotto
Siamo partiti presto, nonostante la
giornata non fosse bella, anche se ottobre ne
regala tante di memorabili, con temperature
ancora gradevoli, luce tersa e colori
stupendi.
Avevamo programmato il diciotto, un
Venerd, per evitare la ressa domenicale,
anche perch sarebbe stata l'ultima per
trovare castagne. Quel giorno, invece, era
buio e nuvoloso, e faceva freddo.
Luisa e Franco erano arrivati in ritardo
come al solito e Sara era gi nervosa. "Ma
dobbiamo proprio andare?" continuava a
chiedere. E io a risponderle che avevo visto
il meteo e che sarebbe schiarito.
Avevo progettato di andare sopra Stresa, a
Levo. Ero gi stato in quei boschi, anni
prima, e mi ricordavo sacchetti pieni di
castagne. Poi saremmo scesi al lago per una
cioccolata calda.
- Qui non schiarisce proprio - continuava
a ripetere Sara, guardando fuori dal
nestrino. Gli altri due, seduti dietro, si
erano stretti in un unico corpo ed era stato
come se non ci fossero per tutto il viaggio.
Quando siamo arrivati su a Levo, il cielo
era color piombo e tirava vento.
- Che bella giornata! - aveva detto Sara
appena scesa dall'auto.
Luisa e Franco avevano riso e Franco
aveva poi detto che se ne sarebbe stato
volentieri a letto, guardando Luisa.
Il paese sembrava deserto, nonostante la
giornata feriale.
- Ma non ci abita nessuno, qui? - aveva
commentato Luisa.
- La maggior parte sono seconde case, - ho
detto io, facendo strada verso il bosco che
iniziava sulla destra, in fondo ad una
stradina dissestata.
- Ma ci sono anche i lupi? - aveva chiesto
Franco, ridendo.
C'era un silenzio intenso tra quegli alberi
fitti e il vento era quasi del tutto calato.
Ad un certo punto Sara si era voltata e
aveva chiesto dove fossero niti Luisa e
Franco.
- Si saranno imboscati - le ho risposto,
guardandomi attorno.
Lei ha urlato che erano i soliti stronzi.
Allora le ho preso la mano e gliel'ho stretta
piano.
- Dai Sara - ho detto - Lo sai che possono
stare insieme poco e ogni occasione buona
per coccolarsi un po'.
- Ma se non hanno fatto altro in macchina.
- ha urlato lei, per farsi sentire anche da
loro.
- Lasciamoli in pace ancora un pochino,
intanto raccogliamo le castagne, ce n' una
marea, guarda.
Ce n'erano davvero tante per terra e anche
grosse, come se a nessuno fosse venuto in
mente di venire l a raccoglierle, tanto meno
quelli che hanno casa in paese.
- Mi sembra davvero strano che ce ne
siano cos tante.- ha esclamato anche Sara.
- Ti ricordi che Enrico ci ha detto che non
stata una buona annata? E che quelle che
ha trovato erano poche e piccole.
Comunque, abbiamo iniziato a riempire i
sacchetti come dei forsennati.
- Non ve ne diamo nemmeno una, a voi
due- aveva urlato ad un certo punto Sara.
- E dai, fai la brava! - le ho detto io - ce n'
da fare indigestione.
- E non vi diamo nemmeno il panino da
mangiare.-
Io l'ho guardata e le ho dato un bacio.
Dopo un'oretta, avevamo riempito tre
sacchetti.
- Ora basta - ho sospirato; la schiena mi
faceva anche un po' male - Andiamo a
vedere se hanno nito - ho aggiunto,
ammiccando a Sara. Lai mi ha dato uno
spintone, senza dire niente.
- Ma, dai, poveri! - ho replicato -
Lasciamoli godere un po'.
Ritornammo indietro, verso il paese, ogni
tanto chiamandoli, ogni tanto urlando loro
qualche stupidata.
E' stato dietro un cespuglio che abbiamo
visto prima una strisciata sul terreno umido,
come di qualcosa trascinato, e poi il corpo di
Franco, imbrattato di sangue.
Ho iniziato ad arretrare, incapace di
gridare, nonostante avessi la bocca
spalancata.
Qualcosa di duro si piant nella mia
schiena.
- Che ci fate qui? Non avete letto i cartelli?
- disse un uomo dietro di me, aveva la voce
pacata e monotona, non mostrava
eccitazione n premura. Vestiva come uno
della forestale ma i simboli sul berretto non
mi erano familiari.
Sembrava tranquillo ma stringeva una
doppietta con il cane sollevato, e la puntava
verso noi due.
Non riuscivo a pensare lucidamente; mille
domande si accalcavano nella testa. Aveva
visto Franco? Era responsabile
dell'accaduto? Da quanto tempo era l?
Strinsi la mano di Sara: era gelida. Anche lei
era sotto shock.
Indietreggiando di qualche passo quello
grid:
- Jim, altri intrusi qui! Che facciamo?
Riuscii a distogliere lo sguardo dalle canne
minacciose dell'arma. Dietro la mia auto,
adesso, ce n'era un'altra: una grossa Jeep
nera, senza segni di identicazione. Sulla
parte posteriore, due antenne essibili,
spropositate. Aveva la guida a destra: lo
sportello si apr e ne usc quel tale, Jim,
evidentemente un americano.
Vestiva classico, in nero, cravatta sottile,
occhiali neri, impenetrabili. Un
abbigliamento del tutto inadatto nel folto di
un castagneto di montagna; se non fossi
stato tanto sconvolto gli avrei riso in faccia.
Il senso di irreale e il terrore
aumentarono, quando vidi, dietro la Jeep,
Luisa imbavagliata e, probabilmente legata:
mi fissava con gli occhi che imploravano.
- Restate immobili! Jim non un
ragazzo paziente come me! - disse il tizio,
laconico. Col fucile mi spinse verso Silvia, e
ci ammanett l'uno all'altra.
Allora si dedic al corpo senza vita,
voltandolo. Il povero Franco aveva un foro
enorme al posto dell'addome; qualcosa lo
aveva eviscerato, mancavano persino i
genitali.
L'uomo, freddamente, spost un
brandello di camicia, si vedeva l'osso bacino.
Mi accasciai, tirando Sara a terra con me.
- Cazzo! Con questo fanno sei- disse
all'altro.
Distolsi lo sguardo dai poveri resti di
Franco. Non avevo pi la forza di respirare,
n di pensare, n di muovere un solo
muscolo. Ero completamente annientato da
ci che avevo davanti agli occhi: non
riuscivo a credere a ci che ci stava
accadendo.
Sara stava singhiozzando, si appoggiava a
me terrorizzata. Sentivo anche Luisa
piangere e non riuscivo a capacitarmi della
situazione.
Che cosa avremmo dovuto leggere? Io
non avevo notato nessun cartello. Cercai di
farmi forza e lo chiesi al tipo che ci aveva
ammanettati.
- Ci sono una caterva di cartelli di
pericolo! Indicano che la zona pericolosa e
avvertono di non inoltrarsi nel bosco.
Abbiamo gi evacuato la gente del paese.
Anche l i cartelli indicano di tenersi alla
larga. Non avete visto nulla? - rispose
sempre con tono pacato, ma duro.
- Forse perch non siamo passati dalla
statale, ma siamo arrivati dalle stradine
laterali. Conosco bene questi posti, sono di
Stresa. Mi dispiace, ma non ho visto niente...
che succede? Perch ci avete ammanettati,
perch avete imbavagliato la mia amica?
- E lei cos'avrebbe fatto trovando quattro
individui che si aggirano nel bosco, quando
la zona o limits ed tutta la settimana
che i giornali non fanno altro che parlare
del... problema? Dellanimale... o casa
diavolo , che si aggira nei dintorni. Questa
cosa ha gi ucciso cinque persone, sei con
il suo amico, dilaniandole e mutilandole,
ognuno in maniera diversa: come si
divertisse a sezionare la gente. - fu la
risposta sarcastica e raccapricciante di
quelluomo.
- Adesso verrete con noi e dovrete
spiegarci un po' di cose, dovrete
convincermi di essere arrivati da stradine
laterali... e che siete del tutto estranei a
questa sporca faccenda.
Subito dopo, ci hanno condotti in un
casolare, proprio adiacente al sentiero che
porta in cima al Mottarone. Eravamo ancora
ammanettati, per avevano tolto il bavaglio
che Luisa aveva sulla bocca. Non ha potuto
raccontarci quello che era accaduto, perch
il tizio col fucile era salito dietro, con noi, ed
era rimasto voltato sul sedile, per tenerci
sotto controllo.
Nemmeno loro avevano parlato durante il
percorso.
Una volta arrivati, due persone sono uscite
dal casolare, indossavano quella stessa,
strana, divisa.
- Altri seccatori? - chiese uno dei due
aiutandoci a scendere dall'auto.
Ci fecero mettere contro il muro. Quello
che si chiamava Jim scese dall'auto e venne
verso di noi. Rimase un po' a guardarci
senza dire niente.
- Cari i miei, mi spiace per il vostro amico,
ma come vi gi stato detto, non dovevate
venire qui - inizi a dire, facendomi subito
cenno di tacere, appena cercai di aprire
bocca.
- Stiamo cercando di capire cosa sta
succedendo da queste parti; non posso dire
altro, e nemmeno posso permettervi di
andare in giro a spiattellare ci che avete
visto. Resterete, diciamo, nostri ospiti,
nch non arriveremo a capo della
situazione.
Fece cenno ai due che erano appena usciti
dal casolare e loro, spintonandoci, ci fecero
entrare nel casale. Le ragazze erano
terrorizzate, avvilite.
- Cerchiamo di mantenere la calma dissi
per cercare di rincuorarle - Non possono
tenerci qui a lungo...
Un colpo al anco mi fece sbuare per il
dolore.
- State tranquilli e non vi succeder niente
- disse uno dei due, strattonandomi verso
una stanza. Sara e Luisa vennero portate da
un'altra parte. La stanza era buia e senza
nestre, sembrava pi un grosso ripostiglio,
ma era completamente vuoto, se non per
una branda. Dovevo assolutamente andare
in bagno e avevo fame.
Non mi avevano tolto le manette e questo
mi faceva sperare che presto sarebbe venuto
qualcuno a farlo. Del resto non c'era
necessit che mi tenessero rinchiuso con le
manette, nel buio...

Di questa storia, mi rimasto lorrore per
la morte di Franco. Per il resto ho
dimenticato tutto. Con Luisa non ci siamo
pi visti, e con Sara non va troppo bene.
Ci hanno liberato il 31 ottobre. La notte di
Halloween. E pensare che volevamo vestirci
da mostri. Mi aveva convinto Sara a
partecipare alla festa che avrebbe
organizzato un suo collega. Avevamo
trovato dove acquistare i costumi.
Di quei giorni ricordo solo il rollio di
elicotteri e la voglia tremenda di uscire da
quel buco dove mi avevano rinchiuso.
La striscia di luce sotto la porta che mi
faceva indovinare dovera il letto, il water e
il piccolo lavandino. Il bagliore improvviso,
le urla, gli spari del giorno in cui sono
venuti a liberarci. Lospedale.
Ogni volta che penso di aver passato
quattordici giorni in quella stanza, mi viene
la nausea. Ho perso pi di dodici chili, ho
paura del buio. Luisa e Sara sono state
violentate.
Non so ancora spiegarmi perch ci
abbiano lasciato vivere, invece di ucciderci o
darci in pasto a quella cosa. La polizia non ci
ha detto niente. Io e Sara parliamo ogni
giorno con lo psicologo, ma non serve a
molto.
Lei dice invece che questi incontri le sono
molto utili per capire chi , chi siamo, io e
lei. Io so solo che si sta allontanando da me,
e non ho la forza di trattenerla, di
confessarle ci che sento per lei.
Che cosa mi ha fatto questa spaventosa
esperienza.
A volte vorrei aprire la nestra e urlare.
Fare uscire la rabbia che ho dentro. Forse
questo: non essere ancora capace di farlo.
Perch ho paura ad aprirla, la nestra. In
casa ho sempre la luce accesa. Quando cala
la sera, sento il cuore iniziare a battere pi
forte, il respiro diventare affannoso.
Sara tornata a vivere dai suoi. Ci
sentiamo al telefono, ci vediamo dallo
psicologo, solo perch lui a volerlo.
Appena ci hanno dimesso dallospedale
cera suo padre ad aspettarla. Se l portata
via senza nemmeno salutarmi, quasi come
se tutto fosse successo per colpa mia.
LIVIO BARBATO: LUNA
NUOVA
Si ringraziano per la
collaborazione: A. Civiero, P. Iai,
e F. Sacc
Luci ondeggianti sull'acqua danno nella
notte il benvenuto alla luna, splendente pi
che mai, che illumina linizio dellestate di
San Martino. Il freddo pungente le dava un
aspetto di grandezza fuori dal normale.
Il vento spazzava via le poche foglie
rimaste e sulla panchina in fondo al molo
due ragazzi infreddoliti si stringevano e la
luna nei loro occhi gelava i loro sguardi.
Lungo il viale Kennedy pochi alberi quasi
tutti spogli e nessuno, solo la loro ombra a
far compagnia a quei ragazzi in quella
giornata, vissuta come tutti gli altri giorni,
tutti uguali. Tra i loro pensieri cerano tanti
ricordi e tanti desideri, per chiusi in quel
cassetto ad aspettare il giorno che desse la
svolta alla loro vita.
Nei loro animi potevi leggere una vita
fatta di stenti e di sacrici, scappati dalle
loro famiglie alla ricerca di qualcosa che
non riuscivano neanche a spiegarsi, ma nel
cuore il loro amore per la vita, li portava
con s, verso posti lontani. Un pensiero li
accomunava in quell'istante, che quella luna
nuova aprisse uno spiraglio al buio di quei
giorni, al loro futuro. Il loro pensiero era
scandito dal tempo, volevano solo essere
liberi di vivere, di cercare il senso della
propria esistenza e intanto lentamente si
lasciavano trascinare dal vento, in quella
notte che sembrava non finisse mai.
Il bagliore della luna li cullava e n le loro
parole, n tutto l'amore del mondo che li
circondava, bastava a scaldarli, mentre loro
chiedevano alla luna ancora compagnia,
prima che il mondo li trovasse e li
costringesse a tornare sui loro passi.

Qualcuno o qualcosa aveva messo la
musica.
Era simile a una tarantella o ad un
moderno salterello di violini zigzagati con
impeto, di tamburelli ridondanti e
rimbalzanti sul bitume della strada e il
muretto dellargine. Flauti schiettanti, che
uttuavano assieme all'aria fresca
dellinverno alle porte.
Tutto richiamava alla vita, nonostante il
vento gelido, e gli occhi ancora lucidi,
perch quando qualcuno di loro non ce la
faceva, non poteva resistere e tornava alla
solita vita comoda, alla noiosa routine di
unabitazione, un lavoro e una storia
ordinaria, cera sempre da rattristarsi. Ma si
doveva continuare, con una nuova musica,
un nuovo ritornello, unaltra stagione, come
ci fosse un cielo di marzo, di luna nuova.
Allora girava la ruota e il turbine dei ricordi
volteggiava nell'aria, come un valzer daddio
che si respirava nell'aria, lungo viale
Kennedy.
Livio non era tornato e gi, al bar del
lungo Po, da qualche giorno non si parlava
daltro. Si guardavano addirittura i giornali,
cosa che non succedeva quasi mai, tra gli
amici di viale Kennedy; anche la coppietta
vista alcune sere prima alla calata
dellimbarcadero, aveva causato non pochi
sospetti in quel Novembre dallaria tersa e di
un freddo che risultava quasi amico. Poi, di
com'erano andate realmente le cose, non ne
sapeva niente nessuno.
Ci voleva qualche bicchierino, per capirci
un po. Restava il fatto che quel cercare
continuo, quel logorio della vita per trovare
una ragione, spingeva anche oltre al lecito,
aiutati tra laltro dalla benedizione della luna
che si specchiava nel ume. Bisognava
chiedere a Livio che fine avesse fatto.

Erano giorni freddi, ostili, a volte piovosi
e a volte soleggiati, ma l'inverno con il suo
solstizio era alle porte e la luna portava
nuovi sconvolgimenti. Erano giorni di
preparativi, lungo il ume, quei pochi che
lentamente passeggiavano infreddoliti
sentivano nell'aria pungente odori di
castagne e di torrone, zucchero lato,
caramelle e apparivano le prime bancarelle
tra gli argini, sotto luci accecanti e suoni di
ogni genere.
Tra la gente si mormorava quasi a
nascondere una verit che pochi potevano
sapere. Il lento calpestio dell'erba scroccante
sotto i piedi creava una strana atmosfera.
Come si fa a realizzare i propri desideri se
non fuggi da tutto e da tutti?
E la luna era l, ad aspettare, immobile,
lucente a dar come un segno.
Guardarono in alto, e nello stesso istante
gli occhi di tutti cercavano in essa la
speranza che quella luce aprisse un varco nei
cuori e desse ad ognuno nuovo spirito per
vivere.
Un silenzio raggel l'aria in fondo a viale
Kennedy, apparve unombra lontana,
misteriosa, densa di immaginazione.
Alcuni di loro andarono e trovarono un
vecchio infreddolito che guardava la luna e
farneticava parole incomprensibili. Allora
con tenerezza gli chiesero se voleva andare
con loro a scaldarsi, a bere qualcosa di caldo
almeno. E pian piano ritornarono indietro,
entrarono in un posto caldo, gli fecero bere
una cioccolata e il vecchio cominci a
parlare piano e incant tutti con una poesia.
"Vi prego, non andate a dormire, restate
con me a sentire questo soo d'aria, lieve e
serena, che ci avvolge piano. Dolce,
spensierata, luminosa, o tu luna misteriosa,
accompagnaci in questa notte calda a
trovare un po di calma, fa che questa notte
tutti ci stringiamo e ci addormentiamo, e al
nostro risveglio ricoperti dalla tua rugiada ci
ritroviamo!

Sommessamente quell'uomo anziano e
provato inizi a modulare una melodia. Una
voce dal tono profondo contrastava la sua
gura fragile. E tutti iniziarono a ricordare.
Chi sovrani aetti, chi fugaci amori. La vita
buttata alle spalle, quella che per una o mille
ragioni aveva deluso e ferito ogni
partecipante di quel cenacolo viandante.
Il freddo era il nemico, ma quella voce
scaldava il cuore. Dolori e rimpianti ognuno
si cullava nella sua dolce malinconia. Visi
immaginati, risate mai lasciate. Ad ognuno
la prova pi difficile, il ricordo.
Camilla aveva gli occhi colore del t
verde, li chiuse, vide Livio. L'aveva lasciata
con il suo solito sorriso scanzonato,
dicendole "A dopo", un bacio fugace e le sue
spalle allontanarsi.
Lei era l per lui, lui che non poteva
presentare ai suoi rigidi familiari. Era
fuggita attratta da una vita che le sembrava
vicina a quella di un'eroina di altri tempi.
Voleva vivere alla sua maniera, perdersi in
lui, vestirsi di lui. Chiuse gli occhi
aspettandolo.

Gli amici del bar del lungo Po, mescolati
come tessere di un domino nella scatola dei
biscotti sopra il vecchio televisore a valvole,
aspettavano con Camilla. Si chiedevano se
sarebbe arrivato linverno, mentre il livello
del ume cresceva sui Murazzi, quasi a
rasentare limbarcadero, dove si formava
sempre quella patina verde nerastra,
scivolosa come bava di lumaca.
Intanto la luna camminava in
cielo,mostrando le sue pose, illuminando
pallidamente serate che ogni svago rendeva
comunque sempre vuote, senza Livio.
Era come seguire la nenia di quel vecchio
vate, che poi se era tornato sui suoi passi,
con gli occhi vispi e non pi timorosi.
Come aveva detto lui, nessuno era andato
a dormire, soprattutto Camilla e i suoi occhi
dambra.
Uninsolita magia di cielo terso, aria
gelida, foglie morte, sciacquio persistente e
lampioni dalla luce stanca, accolsero la luna
luova nei primi giorni di Dicembre, e lungo
viale Kennedy non sincontrava nessuno, a
parte le serrande abbassate dei negozi, i
portoni chiusi e un cane randagio che
mendicava un po dattenzioni. Un ca a
tarda notte, Dino non lavrebbe negato a
nessuno, soprattutto in Inverno, e quello
ormai cera, salutato anche dalla luna che
aveva nascosto il suo viso. Camilla era
seduta al tavolino di fronte la vetrata, con le
palpebre abbassate, il berretto di lana con
occo ben calcato in testa, immaginando gli
occhi di Livio, che avevano il sapore di
arabica e zucchero di canna.
Come se lui fosse in unAfrica lontana e
leggendaria. Fu cos che la porta si apr, con
una folata di aria polare, orendo sulla
soglia del locale il volto attonito di Livio
stesso.

Avvolto in un cappotto di lana, scopr il
capo giusto in tempo per fare un cenno a
Dino prima di vederlo scomparire dietro il
bancone. Si volt in direzione di Camilla,
abbozz un sorriso, assorto nei suoi pensieri
e si sedette davanti alla tazzina di
decaeinato che lei aveva gi ordinato, e
che avrebbe ordinato ogni sera della sua vita
se solo lui glielo avesse chiesto.
Livio la guard silenzioso, la mente ancora
all'incontro che lo aveva portato a dirigersi
verso il bar del Lungo Po ma con un piglio
diverso. Chiuse gli occhi per un attimo che
sembr interminabile e ripens al vecchio
che lo aveva fermato a pochi metri da l e
poi era scomparso in una coltre di umidit e
mistero bianco.
Le sue parole lo avevano accompagnato
come una cantilena, di quelle che non vuoi
sentire, perch non puoi dimenticare o far
nta che non ti riconduca a una realt che
preferivi fosse diversa.
Una volta riaperti gli occhi sembrava
un'altra persona.
Le fece segno di sedersi accanto a lui, le
strinse le mani fra le sue e le port sul suo
viso per farsi riscaldare il naso gelato,
com'era solito fare. Poi si gir verso il vetro
e ci avvicin la bocca per appannarlo. Prima
che Camilla potesse chiedergli per quale
motivo lo avesse fatto, la strinse a s per
farle osservare ci che vedeva lui e in
corrispondenza del cerchio che Livio aveva
disegnato osserv la luce oca della luna
spezzata in cielo e le disse sottovoce:
- Ti prego, non andare a dormire, resta
con me a scoprire, se senza il favore della
luna, il nostro amore avr comunque
fortuna.
RINGRAZIAMENTI
Grazie a chi ci ha creduto, a chi c', a chi non
ha mollato.

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