Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
PERONE Il potere di informazione degli amministratori
PERONE Il potere di informazione degli amministratori
a cura di
Claudio Consolo, Giuseppe Guizzi, Ilaria Pagni
ISBN/EAN 978-88-348-3578-4
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fasci-
colo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22
aprile 1941, n. 633.
Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso di-
verso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi,
Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano,
e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.
Il potere di informazione degli amministratori
di società per azioni
di Gianluca Perone
L’art. 2381, sesto comma, cod. civ., nel prevedere che ciascun amministratore possa
chiedere informazioni agli organi delegati e nello stabilire che tali informazioni vengano da-
te in seno al consiglio di amministrazione, non esclude che gli amministratori siano anche
titolari del diritto di prendere visione personalmente e direttamente e di acquisire copia del-
la documentazione sociale in qualunque momento, senza necessità di formalità di sorta.
1. I casi
1
Le questioni accennate nel testo, oggetto di specifico approfondimento anche da parte della
letteratura aziendalistica, attraggono da tempo l’attenzione della giurisprudenza pratica e teorica,
non solo italiana, ed hanno costituito oggetto di un’ampia messe di contributi. Per una recente sin-
tesi del dibattito e per un’esposizione critica delle conclusioni raggiunte, anche in chiave comparati-
stica, può sin da ora rinviarsi alla trattazione monografica contenuta in G.M. ZAMPERETTI, Il dovere
di informazione degli amministratori nella governance della società per azioni, Milano, 2005, passim
(in particolare pp. 1 ss. e 45 ss.). Da ultimo, per una rassegna estesa pure ai più recenti orientamen-
ti, si veda G. MERUZZI, L’informativa endo-societaria nella società per azioni, in Contr. e impr., 2010,
p. 737 ss.
2
La dottrina italiana, pur con impostazioni e conclusioni non sempre coincidenti, è solita indi-
viduare le funzioni alle quali propriamente risponde il principio della collegialità dell’organo am-
ministrativo pluripersonale di società azionarie in quelle di ponderazione nella formazione delle
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 5
za ai canoni di diligenza e perizia di volta in volta fissati dall’ordinamento. In tal senso, valga ricor-
dare il principio, espressione di un orientamento consolidato, enunciato dalla Suprema Corte di cas-
sazione nel vigore della previgente disciplina, ma senz’altro riferibile anche a quella attuale, secon-
do cui «la responsabilità ipotizzata dall’art. 2392 c.c. discende unicamente dalla violazione di obbli-
ghi giuridici, gravanti sui gestori del patrimonio sociale, cui non potrebbe invece essere mai imputa-
to, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico:
giacché una valutazione di tal fatta atterrebbe alla sfera dell’opportunità, e dunque della discrezio-
nalità amministrativa […] Donde consegue che la responsabilità dell’amministratore non può esse-
re semplicemente desunta dai risultati della gestione e che, perciò, al giudice investito dell’azione di
responsabilità non è consentito sindacare i criteri di opportunità e di convenienza seguiti
dall’amministratore nell’espletamento dei suoi compiti»: Cass. 28 aprile 1997, n. 3652, in Giur. it.,
1998, p. 287, con nota di R. Ventura. Per l’approfondimento delle ragioni, in primo luogo ricondu-
cibili alla sfera della opportunità e della politica del diritto, che giustificano un simile approccio e
della loro intima derivazione, in una delicata ricerca di equilibrio tra esigenze contrapposte, dalla
struttura e dalle logiche dell’economia di mercato può rinviarsi alla classica trattazione di R. WEIG-
MANN, Responsabilità e potere legittimo degli amministratori, Torino, 1974, passim e, successiva-
mente alla riforma del 2003, a C. ANGELICI, Diligentia quam in suis e business judgment rule, in
Riv. dir. comm., 2006, I, p. 675 ss.
4
Ricorrente risulta, in giurisprudenza, la massima per la quale «la scelta tra il compiere o meno
un certo atto di gestione, oppure di compierlo in un certo modo o in determinate circostanze, non è
mai di per se sola (salvo che non denoti addirittura la deliberata intenzione dell’amministratore di
nuocere all’interesse della società) suscettibile di essere apprezzata in termini di responsabilità giu-
ridica, per l’impossibilità stessa di operare una simile valutazione con un metro che non sia quello
dell’opportunità e perciò di sconfinare nel campo della discrezionalità imprenditoriale; mentre, vi-
ceversa, è solo l’eventuale omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle veri-
fiche o di quelle informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel genere che
può configurare la violazione dell’obbligo di adempiere con diligenza il mandato di amministrazio-
ne e può quindi generare una responsabilità contrattuale dell’amministratore verso la società». In
tal senso cfr., tra le altre, Cass. 23 marzo 2004, n. 5718, in Società, 2004, p. 1517, con nota di A. Fu-
si; Cass. 28 aprile 1997, n. 3652, cit.; Trib. Milano 2 maggio 2007, in Corr. merito, 2007, p. 1116;
Trib. Reggio Emilia 23 febbraio 2006, in Dir. e prat. soc., 2006, p. 64, con nota di E. Disetti; Trib.
Milano 29 maggio 2004, in, Giur. it., 2004, p. 2333, con nota di G. Cottino; Trib. Milano 14 aprile
2004, in Giur. it., 2004, p. 1897, con nota di A. Bertolotti; Trib. Milano 20 febbraio 2003, in Società,
2003, p. 1268, con nota di D. Piselli; Trib. Milano 10 febbraio 2000, in Giur. comm., 2001, II, p.
326, con nota di A. Tina. Per una completa rassegna dell’orientamento giurisprudenziale in parola
si veda F. BONELLI, Gli amministratori di S.p.A. dopo la riforma delle società, Milano, 2004, p. 159
ss. È da notare che le statuizioni enunciate nelle massime citate siano fatte proprie, anche testual-
mente, dalla Relazione di accompagnamento al decreto legislativo di riforma organica del diritto
delle società di capitali, al cui paragrafo 6.III.4. è dato leggere che le scelte compiute dagli ammini-
stratori «nell’adempimento dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto […] devono essere infor-
mate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irre-
sponsabili o negligente improvvisazione». Il Testo integrale della Relazione è pubblicato in M.
VIETTI et al. (a cura di), La riforma del diritto societario. Lavori preparatori. Testi e materiali, Mi-
lano, 2006, p. 207 ss.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 7
l’ignoranza di circostanze rilevanti ogni qual volta la stessa dipenda da sua inerzia
5
o disinteresse .
Il codice del ’42 – in ragione del ridotto interesse che l’argomento general-
mente suscitava nella cultura giuseconomica del tempo – mancava di una disci-
plina positiva espressa dell’informazione degli amministratori di società di capitali.
Giurisprudenza e dottrina, a misura che la consapevolezza della rilevanza teo-
rica ed operativa del tema è andata diffondendosi, si sono fatte carico del compi-
to di sopperire alla lacuna, impegnandosi nella ricostruzione di uno statuto giuri-
dico dell’informazione dell’organo gestorio capace di assicurare tutela e composi-
6
zione ai numerosi interessi coinvolti .
In tale sforzo, l’affermazione di puntuali obblighi informativi in capo a ciascun
componente dell’ufficio amministrativo, strumentali all’adempimento del genera-
le dovere di vigilanza sulla gestione, ha presto attirato l’attenzione degli interpreti
sulla definizione dei poteri istruttori necessari all’acquisizione dei dati inerenti
7
l’attività sociale occorrenti all’adempimento di un obbligo siffatto , ponendosi
5
Il rilievo per il quale agli amministratori non è dato mantenere atteggiamenti di inerzia, i quali
si esauriscano nel mero atto di presenza alle riunioni consiliari, nell’indifferenza degli interessi della
società e senza coscienza delle responsabilità connesse all’ufficio si rinveniva già in G. FRÈ, Società
per azioni, in Comm. del cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca (art. 2325-2461), IV ed., Bolo-
gna, 1972, p. 480.
6
Giova, peraltro, rammentare che, nel quadro delineato, a partire dalla fine degli anni ’90 il te-
ma della circolazione dell’informazione consiliare ha costituito oggetto di interventi autodisciplina-
ri, regolamentari e, quindi, normativi, nell’ambito della disciplina delle società quotate. Ci si riferi-
sce, in particolare, alla necessità che le società anzidette si dotassero di regole organizzative capaci
di garantire l’esistenza di adeguati flussi informativi tra i componenti del consiglio di amministra-
zione disposta dalla Comunicazione Consob 20 febbraio 1997, n. DAC/RM/97001574, recante “Rac-
comandazioni in materia di controlli societari” (in Riv. dir. soc., 1997, p. 2005), e dal Codice di auto-
disciplina del comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana S.p.A., nonché all’obbligo in-
formativo imposto agli amministratori in favore del collegio sindacale dall’art. 150 t.u.i.f., dal quale
parte della dottrina ha desunto l’esistenza di un (preliminare) dovere di trasmissione ed elaborazio-
ne dell’informazione all’interno dell’organo amministrativo. In tal senso, in particolare, P. MONTA-
LENTI, Corporate governance: la tutela delle minoranze nella riforma delle società quotate, in Giur.
comm., 1998, I, p. 329 ss.
7
Sostanzialmente incontroverso si è presto rivelato il convincimento che l’imposizione agli am-
ministratori, ad opera dell’art. 2392 c.c., di uno specifico dovere di vigilanza sul generale andamen-
to della gestione dovesse indurre ad ammettere, pur in assenza di analogo riconoscimento positivo,
il conferimento ai medesimi amministratori di corrispondenti poteri istruttori, strumentali all’adem-
pimento di tale dovere. Rilievo, questo, già rinvenibile in O. CAGNASSO, Gli organi delegati nella
società per azioni, Torino, 1976, p. 100.
8 Gianluca Perone
8
La dicotomia potere di vigilanza/potere di intervento evocata nel testo vale, in estrema sintesi,
ad identificare e contrapporre i due momenti nei quali, in ispecie in presenza di organi delegati, si
riteneva si articolasse l’azione degli amministratori non esecutivi. Consistenti, il primo, nel controllo
sul generale (ed intero) andamento della gestione societaria; il secondo, nella successiva adozione
delle misure correttive utili a prevenire o far cessare condotte gestorie non corrette e, più in genera-
le, ad impedire il compimento di atti pregiudizievoli per la società o contenerne le conseguenze
dannose. Al riguardo, si veda per tutti O. CAGNASSO, Gli organi delegati, cit., p. 93. La rilevanza, si-
stematica ed operativa, di siffatta contrapposizione nel sistema vigente, peraltro, potrebbe essere
revocata in dubbio, ove si aderisca alla lettura incline a ricavare dalle modifiche introdotte dal legi-
slatore della riforma un sostanziale ridimensionamento, se non la soppressione vera e propria, del
generale dovere di vigilanza degli amministratori sulla gestione. In tal senso, tra gli altri, cfr. P. AB-
BADESSA, Profili topici della nuova disciplina della delega amministrativa, in AA.VV., Il nuovo diritto
delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, 2,
Torino, 2006, p. 501 ss. e F. BONELLI, Gli amministratori, cit., p. 51 ss., nonché, in giurisprudenza,
Cass. pen. 19 giugno 2007, n. 22838, in Giur. comm., 2008, p. 369 ss. In senso diverso, invece, si
vedano F. BARACHINI, La gestione delegata nella società per azioni, Torino, 2008, p. 134; P. MONTA-
LENTI, Gli obblighi di vigilanza nel quadro dei principi generali, in AA.VV., Il nuovo diritto delle so-
cietà. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 2, cit., p. 835 ss., spec. p. 850 ss.; V. SALAFIA, Am-
ministratori senza deleghe fra vecchio e nuovo diritto societario, in Società, 2006, p. 293.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 9
9
E, pertanto, si è ritenuto, ad esempio, che i singoli amministratori potessero liberamente con-
sultare i dipendenti della struttura aziendale e formulare loro quesiti e domande, assistere alle sedu-
te dei singoli comitati ed alle riunioni con direttori e dirigenti in genere, avere pieno ed illimitato
accesso a tutta la documentazione relativa alla gestione dell’impresa: in termini, cfr. P. ABBADESSA,
I poteri di controllo degli amministratori «di minoranza» (membro del comitato esecutivo con «voto
consultivo»?), in Giur. comm., 1980, I, p. 816 ss.; O. CAGNASSO, Gli organi delegati, cit., p. 93; A.
DALMARTELLO-G.B. PORTALE, I poteri di controllo degli amministratori «di minoranza» (membro
del comitato esecutivo con «voto consultivo»?), in Giur. comm., 1980, I, p. 797 ss.; V. GIORGI, Poteri,
doveri degli amministratori e principio della collegialità nell’amministrazione pluripersonale di società
per azioni, in Riv. not., 1990, I, p. 317. L’orientamento considerato risulta accolto, in giurispruden-
za, da Trib. Milano 17 marzo 1986, in Società, 1986, p. 619, con nota di B. Marescotti e Trib. Cata-
nia 23 marzo 1995, in Società, 1995, p. 1092, con nota di M. Morelli. Quest’ultima sentenza, tutta-
via, ne tempera la portata con l’affermazione della legittimità di deliberazioni consiliari volte a limi-
tare il potere-dovere di controllo spettante ai singoli amministratori attraverso la predeterminazione
delle modalità di esercizio di un siffatto potere-dovere.
10
In termini, tra gli altri, cfr. O. CAGNASSO, Gli organi delegati, cit., p. 248 ss.; V. CALANDRA
BUONAURA, Amministrazione disgiuntiva e società di capitali, Milano, 1984, p. 16 ss.; G. ZANARONE,
La clausola di amministrazione disgiuntiva nella società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 1979, p.
90 ss., spec. p. 136 ss. Per una riconsiderazione critica di tale impostazione, condotta sulla scorta di
argomentazioni rimaste attuali anche alla luce della disciplina vigente, si veda M. STELLA RICHTER
jr., La collegialità del consiglio di amministrazione, cit., p. 286 ss.
11
«L’esercizio individuale [dei poteri istruttori connessi all’adempimento del dovere di vigilan-
za] non espone […] la società a rischio alcuno di condotta incoerente, rischio che il principio di col-
10 Gianluca Perone
15
Ci si è interrogati, ad esempio, se gli amministratori potessero dirsi, in tali eventualità, legitti-
mati all’esercizio di un’azione di rendimento dei conti nei confronti dell’amministratore delegato o
degli altri componenti del consiglio ovvero a proporre la denuncia di gravi irregolarità gestorie ex
art. 2409 c.c., così come se gli stessi, in sede stragiudiziale, potessero legittimamente formulare ri-
chieste di informazioni ai sindaci o rivolgersi direttamente ai soci mediante la comunicazione di re-
lazioni ed avvisi: S. SCOTTI CAMUZZI, I poteri di controllo, cit., p. 792.
16
L’attribuzione agli amministratori di poteri di vigilanza da esercitarsi in regime collegiale deve
reputarsi ragionevole e compatibile con le regole di funzionamento della società azionaria, le quali
sono organizzate secondo un’articolazione complessa dalla legge stabilita con norme prevalente-
mente inderogabili, per la tutela variamente composita degli interessi dei soci, dei terzi e della col-
lettività in generale, in un gioco delicato di pesi e di contrappesi, posto che specificamente all’eser-
cizio della funzione di controllo è predisposto, con poteri penetranti, altro organo della società per
azioni, il collegio sindacale, cui sarebbe rimesso il compimento di atti di ispezione e di controllo
anche individuali: G. MINERVINI, I poteri di controllo, cit., p. 813.
12 Gianluca Perone
17
In tal senso, si veda G. MINERVINI, I poteri di controllo, cit., p. 812.
18
C. GRASSETTI, I poteri di controllo, cit., p. 808; G. MINERVINI, I poteri di controllo, cit., p. 814.
19
Basti, in questa sede, accennare alla sostituzione dell’indistinto dovere di vigilanza sul generale
andamento della gestione imposto dalla formulazione originaria dell’art. 2392, comma 2, c.c. – l’ar-
bitraria estensione dell’ambito applicativo del quale, nel sistema previgente, aveva costituito la
chiave di volta per preoccupanti abusi interpretativi volti a trasfigurare surrettiziamente la respon-
sabilità per inadempimento degli amministratori delineata dal codice in una omnipervasiva fattispe-
cie di responsabilità oggettiva ai confini con la responsabilità patrimoniale – con il più puntuale e
circoscritto dovere di agire in modo informato introdotto dal nuovo art. 2381, comma 6, c.c.
20
Per l’illustrazione del significato sistematicamente centrale, anche in chiave tipologica, della
nuova disciplina dell’informazione endoconsiliare introdotta nel 2003 si vedano, tra gli altri, G.M.
ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 23 ss.; ID., Il dovere di informazione endoconsiliare
degli amministratori di s.p.a., in Società, 2005, p. 1466 e P. MONTALENTI, Gli obblighi di vigilanza,
cit., p. 836.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 13
21
È questa la definizione con la quale, all’indomani della riforma, nell’opera di riordino sistema-
tico della materia, si è inteso individuare (e distinguere dagli altri) il dovere in parola, così da sotto-
lineare come si tratti di una situazione giuridica soggettiva avente ad oggetto il compimento di
un’attività rivolta verso lo stesso soggetto della stessa onerato: la ricezione ed il possesso del-
l’informazione necessaria ad una diligente attività gestionale. Così, G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di
informazione, cit., p. 259 ss., cui si deve, più in generale, la tripartizione, cui nel prosieguo del pre-
sente scritto si farà riferimento, dei doveri informativi imposti ai componenti del consiglio di am-
ministrazioni in doveri riflessivi di informazione (degli amministratori non delegati), doveri transiti-
vi di informazione (degli organi delegati) e doveri di interazione informativa (del presidente del
consiglio di amministrazione).
22
Sottolinea, peraltro, il carattere fortemente innovativo («di rottura») assunto dal riconosci-
mento normativo del dovere di agire in modo informato in ordine alla configurazione dei compiti e
delle responsabilità degli amministratori, pur dando atto come la sua introduzione fosse stata anti-
cipata dalla più avveduta elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in tema di responsabilità degli
amministratori (per la quale si rinvia, supra, alle nt. 4 e 5), G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informa-
zione, cit., pp. 272 e 287.
14 Gianluca Perone
sirsi, ove necessario, all’esito di apposita attività istruttoria e/o di verifica dei dati
23
appresi . Canone che, peraltro, risultando intimamente connesso al dovere di di-
ligenza di cui all’art. 2392, comma 1, c.c. e venendosi a sostituire al previgente
obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, dovrebbe concorrere,
in termini più ampi, ad una complessiva rimodulazione della disciplina dell’azio-
ne e della responsabilità degli amministratori in una prospettiva di contenimento
dei c.d. costi di agenzia e promozione della maggior efficienza delle scelte im-
24
prenditoriali .
Al riconoscimento normativo del dovere di informarsi si accompagna – e non
avrebbe potuto essere altrimenti, pena, come già osservato, il sostanziale avvili-
25
mento del precetto – quello del convergente potere (e non diritto ) degli ammi-
nistratori medesimi di ricercare, domandare e ricevere, là dove sono serbati, i dati
e gli elementi necessari all’adeguata conoscenza della gestione sociale e delle ope-
razioni da intraprendere. Dispone in tal senso il citato art. 2381, comma 6, se-
condo cui «ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in con-
siglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società». Formulazio-
ne, questa, che, per un verso, testualmente legittima – chiaramente con riguardo
al funzionamento di strutture amministrative pluripersonali nelle quali si diano
deleghe gestorie – ciascun consigliere a pretendere un’esaustiva informativa sul-
l’intera conduzione dell’attività societaria, escludendo che allo stesso siano oppo-
23
In tal senso già si esprimeva la Relazione governativa alla riforma, la quale chiariva come la
nuova disciplina si proponesse di far sì che le scelte gestorie fossero «informate e meditate, basate
sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irresponsabile o negligente im-
provvisazione» (§ III.4). È, peraltro, intuitivo che il contenuto precettivo del criterio di condotta
dell’agire informato venga ad atteggiarsi diversamente – e da ciò può ricevere probabilmente spie-
gazione la formulazione elastica prescelta dal legislatore – a seconda che lo stesso debba applicarsi
all’amministratore investito di piena ed individuale autonomia decisionale (amministratore unico o
delegato), oppure all’amministratore più semplicemente chiamato a concorrere alla gestione in qua-
lità di componente di un organo pluripersonale (consigliere di amministrazione non esecutivo). Nel-
l’un caso si esige che l’amministratore adotti le scelte imprenditoriali allo stesso demandate sulla
scorta (di un processo istruttorio che garantisca il compimento) di una consapevole e ponderata
valutazione del contesto di riferimento, delle alternative disponibili e delle possibili conseguenze;
nell’altro, che ciascun consigliere curi di disporre del patrimonio cognitivo adeguato a permettergli
di far valere, nel dibattito consiliare, la propria opinione in maniera consapevole, senza recepire
supinamente l’indirizzo espresso dagli organi delegati, onde garantire la ponderazione e/o la com-
posizione degli orientamenti espressi e, più in generale, l’efficace controllo sulla gestione operativa
dell’impresa sociale. Per una più diffusa disamina dei temi evocati può, nuovamente, rinviarsi a
G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 274.
24
Giova ricordare come già la legge delega avesse individuato nel principio dell’agire in modo
informato il fondamentale criterio al quale, in sede di attuazione della delega, avrebbero dovuto
vincolarsi tanto le modalità di esercizio delle funzioni gestorie, quanto la valutazione della corret-
tezza dell’operato dei singoli componenti dell’organo amministrativo (art. 4, comma 8, lett. g), legge
3 ottobre 2001, n. 366).
25
Sul punto si veda quanto osservato infra, § 6.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 15
nibili veti o rifiuti che, precludendogli la conoscenza della materia sulla quale sa-
rebbe chiamato ad intervenire, lo ridurrebbero ad acritico esecutore degli indiriz-
zi degli amministratori esecutivi; ma, per altro verso, induce ad individuare nei
consiglieri delegati (e, a maggior ragione, nell’eventuale amministratore unico) i
soggetti istituzionalmente dotati, in conseguenza delle loro funzioni gestorie di
vertice, di un potere di accesso diretto ed illimitato ai dati ed ai documenti della
società, in quanto tali costituiti naturali custodi delle informazioni sociali e pri-
26
maria fonte di loro divulgazione agli altri consiglieri .
Nell’architettura generale dei canali informativi delineata dall’art. 2381 c.c., il
dovere di informarsi gravante su tutti gli amministratori trova simmetrico com-
plemento nel dovere, imposto – sempre nel ricorrere della distinzione funzionale,
reputata tipica della società azionaria, tra amministratori esecutivi e non esecutivi
– agli organi delegati, di trasmettere agli altri consiglieri, e pure per loro tramite
agli altri organi della società, le informazioni prescritte dall’ordinamento, nei
termini e con le modalità dallo stesso specificati (il c.d. dovere transitivo di in-
27
formazione ).
In tal guisa, il legislatore non solo ha onerato gli amministratori esecutivi del-
l’obbligo – implicito nel riconoscimento normativo, in favore degli altri ammini-
stratori, del già menzionato potere di domandare informative supplementari (cit.
art. 2381, comma 6, c.c.) – di offrire al consiglio ogni informazione sulla gestione
sociale dallo stesso richiesta e ritenuta necessaria per lo svolgimento delle sue
funzioni, così introducendo un dovere di informazione di natura atipica ed occa-
sionale. Ma si è, ancora prima, premurato di regolare un flusso informativo tipico
e costante tra consiglieri incaricati della gestione corrente e consiglieri chiamati
alla loro supervisione, predeterminando e, per quanto possibile, standardizzando
il contenuto di un nucleo essenziale di informazioni sulla organizzazione e sulla
attività della società dovute, anche in assenza di sollecitazione, dai titolari degli
organi delegati al consiglio nella sua interezza, nonché la periodicità, le forme, i
momenti ed i luoghi della sua comunicazione.
E così, l’art. 2381, comma 5, obbliga gli organi delegati a fornire al consiglio
(ed al collegio sindacale), con cadenza almeno semestrale, un’adeguata informati-
va circa lo stato attuale dell’attività dell’impresa societaria (il «generale andamen-
to della gestione»), lo sviluppo della stessa in chiave prospettica (la «sua prevedi-
bile evoluzione»), ed i più rilevanti affari conclusi nel recente passato (le «opera-
zioni di maggior rilievo, per dimensioni e caratteristiche, effettuate dalla socie-
tà»). Informativa destinata ad estendersi ulteriormente, come è possibile ricavare
dalla lettura del terzo comma del medesimo articolo, alla rappresentazione del-
26
G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 325.
27
G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 176 ss.
2.
16 Gianluca Perone
28
In tal senso, per tutti, si veda G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 192 ss., cui
si rinvia anche per ulteriori approfondimenti circa il perimetro ed il contenuto dell’informazione
gestoria obbligatoria.
29
G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 97 ss.
30
Per una più ampia disamina dei poteri di impulso, coordinamento e garanzia dell’attività col-
legiale dell’organo amministrativo che, il nuovo art. 2381 c.c., recependo la prassi affermatasi nel
vigore del sistema precedente, ha inteso espressamente attribuire al presidente del consiglio di am-
ministrazione, si veda P.M. SANFILIPPO, Il presidente del consiglio di amministrazione nelle società
per azioni, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 2,
cit., p. 441 ss.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 17
31
È rimasto, peraltro, irrisolto l’interrogativo circa forme, tempistica ed eventuali limiti che il
presidente del consiglio di amministrazione è tenuto ad osservare nel mettere a disposizione dei
consiglieri le informazioni dovute, problematica per l’approfondimento della quale si rinvia a P.M.
SANFILIPPO, Il presidente del consiglio di amministrazione, cit., p. 462 ss. e G.M. ZAMPERETTI, Il
dovere di informazione, cit., p. 138 ss.
18 Gianluca Perone
32
Nel senso indicato nel testo si esprimono, tra gli altri, P. ABBADESSA, Profili topici della nuova
disciplina della delega amministrativa, cit., p. 506 (modificando, sulla scorta del nuovo dato positivo,
la contraria opinione espressa nel vigore della disciplina precedente); C. ANGELICI, Diligentia quam
in suis, cit., p. 692; F. DENOZZA, L’«amministratore di minoranza» e i suoi critici, in Giur. comm.,
2005, I, p. 769; P. MONTALENTI, Gli obblighi di vigilanza, cit., p. 845; ID., Amministratori deleganti
e dovere di agire informato, in Giur. comm., 2008, II, p. 386; F. VASSALLI, Note in margine all’art.
2381 c.c., in Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, III, tomo 3, Milano, 2006, p. 4041; G.M. ZAM-
PERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 339. A medesima conclusione giunge pure L. CALVOSA,
Sui poteri individuali dell’amministratore nel consiglio di amministrazione di società per azioni, in
AA.VV., Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber amicorum Antonio Piras, Tori-
no, 2010, p. 363, salvo, poi, mitigarne la rigidità, ammettendo l’eventualità, in caso di insufficienza
o inattendibilità dei dati comunicati dagli amministratori delegati, di una sopravvivenza del potere
di ciascun consigliere di procedere individualmente al controllo sull’operato dei medesimi ammini-
stratori onde ottemperare al suo dovere di perseguire l’interesse sociale, di evitare il compimento di
azioni pregiudizievoli, nonché di attenuarne o eliminarne le possibili conseguenze dannose. Nega,
ancora, l’esistenza di un’autonoma potestà d’indagine dell’amministratore uti singulus, Cass. pen., 4
maggio-19 giugno 2007, n. 22838, in Giur. comm., 2008, II, p. 369.
33
Per tale notazione si vedano P. MONTALENTI, Gli obblighi di vigilanza, cit., p. 845 e G.M.
ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 340.
34
Così, tra gli altri, P. ABBADESSA, Profili topici, cit., p. 506; P. MONTALENTI, Amministratori de-
leganti, cit., p. 386.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 19
35
Riprendendo notazioni già svolte, anche con ricorso ad immagini suggestive, in costanza della
disciplina previgente da G. MINERVINI, I poteri di controllo, cit., p. 814, osservano che la soluzione
prescelta dall’ordinamento si proporrebbe di prevenire e/o rimuovere gli intralci alla gestione socie-
taria che potrebbero derivare da continue richieste di informazioni e trasmissioni documentali ad
opera di singoli amministratori L. CALVOSA, Sui poteri individuali, cit., p. 363 e G.M. ZAMPERETTI,
Il dovere di informazione, cit., p. 339.
36
Così, V. SALAFIA, Amministratori senza deleghe, cit., p. 292. In tale chiave interpretativa, la
funzione della norma consisterebbe essenzialmente nella predisposizione, in favore dei consiglieri
non delegati, di uno strumento di accesso a quella che viene comunemente definita con il termine
di soft information, ossia l’informazione che, riposando essenzialmente su elaborazioni e valutazioni
soggettive, risulterebbe priva del requisito della verificabilità che invece contraddistinguerebbe la
c.d. hard information, idonea ad esser ridotta e rappresentata in termini quantitativi e numerici e,
come tale, da chiunque oggettivamente attingibile e comparabile. Per la contrapposizione, invero
non aliena da suggestioni positivistiche, tra soft e hard information e la descrizione dei rispettivi
tratti distintivi, si veda M.A. PETERSEN, Information: Hard and soft, working paper, Kellog School
of Management, Northwerstern University, 2004.
37
Lo osserva F. BARACHINI, La gesione delegata, cit., p. 154 ss.
20 Gianluca Perone
38
In tal senso, F. BARACHINI, La gesione delegata, cit., p. 157 e V. SALAFIA, Amministratori senza
deleghe, cit., p. 292. Ad analoghe conclusioni approda, ancorché sulla scorta di un percorso rico-
struttivo più ampio e, per certi versi, divergente, V. GIORGI, Libertà di informazione e dovere di ri-
servatezza degli amministratori nei gruppi di società, Torino, 2005, p. 61 ss.
39
Per una disamina critica del modello di argomentazione ermeneutica a contrario può rinviarsi
a G. TARELLO, L’interpretazione delle leggi, in Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo,
Milano, 1980, p. 346 ss. ed a G. CARCATERRA, L’argomento a contrario, in S. CASSESE et al. (a cura
di), L’unità del diritto. Massimo Severo Giannini e la teoria giuridica, Bologna, 1994, p. 177 ss., ove,
pure, ulteriori riferimenti bibliografici.
40
Osserva che l’intero comma 6 dell’art. 2381 c.c. non rappresenta una previsione isolata, ma è
inserito in un contesto normativo di natura circolare, costituito da norme elastiche, G.M. ZAMPE-
RETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 267.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 21
bili, la lettura che garantisca la soluzione più soddisfacente del problema affron-
tato dalle ordinanze in commento.
Né a risultati più convincenti, in diversa prospettiva, parrebbe condurre l’altro
41
argomento interpretativo, di stampo sostanzialistico, già accennato , il quale in-
tenderebbe ricavare conferma della esclusione di potestà informative individuali
degli amministratori dall’esigenza di evitare che un loro esercizio eccessivamente
zelante, se non, addirittura, emulativo, possa procurare intralcio all’efficiente ge-
stione dell’attività sociale e, così, tradursi in un danno a quello stesso interesse
della società alla cui cura, invece, l’esercizio del potere/dovere di informarsi degli
amministratori dovrebbe risultare funzionale.
Pur muovendo da preoccupazioni operative tutt’altro che infondate, infatti,
un simile approccio argomentativo desta perplessità laddove intenderebbe desu-
mere (o, anche solo, trarre riprova del) la regola applicabile dalla volontà di pre-
venire le criticità associate a manifestazioni patologiche della fattispecie. Laddove
cioè vorrebbe dedurre un generale divieto di iniziative individuali degli ammini-
stratori dall’urgenza di evitare che l’abuso che singoli consiglieri possano fare del
loro potere informativo danneggi la società e la sua attività. Questo tralasciando
di considerare che, se effettivamente la preoccupazione determinante del legisla-
tore fosse quella sopra indicata, risulterebbe certamente più appropriato, pena un
eccesso assiologico della disciplina, apprestare idonei rimedi atti a prevenire o
sanzionare possibili abusi nell’impiego delle prerogative sociali, così come avvie-
ne, ad esempio, per il diritto di voto ed i suoi possibili abusi, piuttosto che inibire
in via generale ed indiscriminata l’esercizio dei poteri ispettivi individuali degli
amministratori privi di deleghe.
Tali perplessità, del resto, parrebbero ricevere ulteriore conferma dall’osserva-
zione dell’inversione logica sulla quale risulta, in certo modo, fondarsi il ragio-
namento qui considerato, il quale intenderebbe desumere l’inibizione di iniziative
informative individuali degli amministratori dall’affermazione, almeno implicita,
di un generale principio di efficienza volto a vietare qualsiasi attività degli ammi-
nistratori non esecutivi (pur, astrattamente, strumentale all’esercizio delle loro
funzioni) capace, anche solo potenzialmente, di distrarre l’attenzione della socie-
tà, del suo management e della sua struttura, dalla conduzione degli affari sociali.
Principio la cui esistenza, invece, non solo non potrebbe darsi per presupposta,
ma richiederebbe una apposita specifica dimostrazione onde giustificare la com-
pressione dei poteri informativi dei componenti del consiglio di amministrazione;
ma, ancor prima, parrebbe contraddetta, almeno in una formulazione così ampia
come quella dinanzi tratteggiata, dalla stessa previsione positiva del dovere degli
amministratori delegati – e quindi, almeno indirettamente, della struttura azien-
dale posta alle loro dirette dipendenze – di rispondere in maniera tempestiva ed
41
Si vedano la nt. 35 ed il testo corrispondente.
22 Gianluca Perone
42
Sottolinea come il tema dell’informazione endoconsiliare debba essere studiato in stretta con-
nessione a quello della collegialità, essendo quest’ultima il tipico modulo di sviluppo del processo
decisionale in funzione del quale si pone la disciplina legale dell’informazione, G.M. ZAMPERETTI,
Il dovere di informazione, cit., p. 47.
43
Per l’approfondimento delle modalità di organizzazione del controllo interno all’organo am-
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 23
ministrativo e della differenza di funzioni in capo agli amministratori che ne derivano, anche ai fini
di una differenziazione della loro responsabilità, si veda, da ultimo, M. STELLA RICHTER jr., Control-
lo all’interno dell’organo amministrativo, scritto destinato ad essere pubblicato in U. TOMBARI (a
cura di), Corporate Governance e “sistema dei controlli” nella s.p.a., atti del convegno tenutosi a Fi-
renze il 14 e 15 aprile 2011, consultato per cortesia dell’Autore.
44
Le determinazioni dell’organo amministrativo non si risolvono più, come invece voleva l’inse-
gnamento tradizionale, nella mera sommatoria delle opinioni espresse, con obbligo di assoluta neu-
tralità, da soggetti assegnatari, per tipizzazione legislativa, di funzioni e responsabilità equiparabili e
tra loro fungibili. Ma costituiscono, invece, il punto di approdo di una dialettica intercorrente tra
soggetti collocati in posizioni sostanzialmente diverse e chiamati a concorrervi con apporti, quanti-
tativamente e qualitativamente, differenti, alla ricerca di una sintesi nella quale possano trovare re-
cepimento e composizione, spesso non agevole, competenze, patrimoni cognitivi, sensibilità, visioni
tra loro anche assai lontane, la cui acquisizione ed il cui vaglio dovrebbero contribuire ad offrire
una maggiore garanzia di adeguatezza delle scelte da adottarsi. Per l’approfondimento dei temi
evocati nel testo e delle implicazioni sistematiche che dagli stessi derivano si vedano, per tutti, C.
ANGELICI, Diligentia quam in suis, cit., p. 677 ss. e ID., La riforma delle società di capitali. Lezioni di
diritto commerciale, II ed., Padova, 2006, p. 163 ss.
45
In tal senso, si rinvia a quanto osservato, all’indomani della riforma, da G. FERRI jr., L’ammi-
nistrazione delegata nella riforma, in Riv. dir. comm., 2003, I, p. 636 ss.
24 Gianluca Perone
46
La quale riproduce la tripartizione, già segnalata nelle pagine precedenti, proposta dalla dot-
trina che più ha approfondito il tema dopo la riforma del 2003, tra doveri di informazione transiti-
va, di informazione riflessiva e di interazione informativa.
47
La centralità di tale contrapposizione (e complementarità) di ruoli nella ricostruzione del si-
stema è posta in luce da C. ANGELICI, Diligentia quam in suis, cit., p. 692 ss. e ID., La riforma, cit.,
p. 186 ss.; ed è, variamente, ribadita da P. MONTALENTI, Gli obblighi di vigilanza, cit., p. 851; G.
OLIVIERI, I controlli “interni” nelle società quotate dopo la legge sulla tutela del risparmio, in Giur.
comm., 2007, I, p. 411; G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di informazione, cit., p. 180.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 25
48
Si è, peraltro, osservato come la rinnovata configurazione della struttura informativa dell’or-
gano amministrativo muova dalla presa d’atto della sostanziale ed incolmabile asimmetria in cui gli
amministratori privi di deleghe vengono a trovarsi nei confronti di quelli affidatari della gestione
corrente. Se, infatti, è lecito ipotizzare che, in linea teorica, il riconoscimento agli amministratori
non esecutivi di un potere di accesso diretto ai dati ed ai documenti della società possa stimolare i
consiglieri delegati ad una maggiore trasparenza sulla gestione, e quindi favorire una più ampia cir-
colazione delle informazioni tra i componenti dell’organo amministrativo, è al tempo stesso realisti-
co rilevare che tale stimolo il più delle volte rischia di essere solo apparente, dal momento che la
capacità di ricercare ed individuare in maniera idonea le informazioni sulla gestione della società e,
quindi, di esercitare effettivamente un simile ruolo di pungolo, di norma presuppone – e ciò tanto
più quando si tratta della gestione di imprese complesse – una conoscenza dell’attività sociale di cui
i soli amministratori in essa personalmente coinvolti possono disporre. Il corretto funzionamento
del circuito informativo, pertanto, non può darsi senza l’essenziale contributo degli amministratori
26 Gianluca Perone
Se, difatti, a fronte dell’espressa menzione positiva del solo potere di interpel-
lo contenuta nell’ultimo capoverso dell’art. 2381, il riconoscimento a ciascun am-
ministratore privo di deleghe di un più ampio, ed autonomo, potere di attingere
aliunde informazioni, anche mediante atti ispettivi individuali, dovrebbe dedursi
dalla necessità di adempiere ad un corrispondente dovere di generale vigilanza
sull’andamento della società, gli è che nella nuova disciplina dell’organo ammini-
strativo non parrebbe residuare più spazio per un dovere siffatto. Lo stesso, come
già accennato, risulta oggi sostituito dai più circoscritti obblighi di controllo ed
azione informata di cui al citato art. 2381, da esercitarsi nei limiti e sulla scorta
del patrimonio cognitivo sopra precisati, sicché un potere informativo individuale
e sostanzialmente illimitato, esorbitante l’ambito della formulazione normativa,
non parrebbe poter ricevere giustificazione neppure sotto il profilo considerato.
I superiori rilievi, d’altro canto, se conducono a negare spazio, nell’odierna
configurazione dell’organo amministrativo e del suo funzionamento, a poteri
ispettivi individuali esercitabili dai singoli amministratori al di fuori dai moduli
procedimentali dell’organismo collegiale, così incidendo essenzialmente sulle
modalità di esercizio del potere informativo, al tempo stesso non devono indurre
a sminuire la rilevanza (sistematica ed operativa) e la cogenza del medesimo pote-
re. Ciò sia nel senso della centralità, ulteriormente enfatizzata dalla riforma, della
(circolazione e della elaborazione) dell’informazione nella disciplina della gestio-
ne della società per azioni; sia nel senso della riaffermazione di uno stringente
obbligo degli organi delegati di comunicare e trasmettere al consiglio di ammini-
strazione, senza reticenze o possibilità di appellarsi a esigenze di riservatezza, tutti
i dati ed i documenti inerenti la gestione della società domandati dai singoli con-
siglieri.
Trova così soluzione la questione affrontata dai provvedimenti in commento
nel senso indicato dall’ordinanza pronunciata, in sede di reclamo, dal Tribunale
di Lecco. Ogni amministratore, pur se privo di deleghe, è titolare di un ampio
potere di accesso ai dati ed alla documentazione sociali onde esercitare compiu-
tamente le sue funzioni gestorie e/o di controllo. Tale potere, tuttavia, si concre-
tizza non già, come invece ritengono gli altri provvedimenti giurisdizionali in
esame, in una, pressoché illimitata, facoltà di ricerca, autonoma ed individuale, di
esecutivi, i quali soltanto, perché quotidianamente a contatto con i dati e degli elementi necessari a
rappresentare lo stato della gestione e dell’organizzazione sociali, possono veramente garantire il
trasferimento di un adeguato flusso informativo agli altri consiglieri. Conviene, invece, riservare a
questi ultimi, piuttosto che la veste illusoria di liberi ricercatori di un’informazione di cui essi non
conoscono esistenza, contenuto e collocazione, quella di soggetti incaricati di passare ad un vaglio
critico le informazioni ricevute, provocandone, ove necessario, l’integrazione, e, sulla scorta di esse,
di esercitare i poteri di controllo ed intervento loro propri. In tal senso, si veda G.M. ZAMPERETTI,
Il dovere di informazione, cit., p. 325 ss.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 27
tali elementi presso i locali aziendali, alla quale risponda un generale stato di sog-
gezione della struttura e dei dipendenti della società; bensì, nella potestà, questa
sì ineludibile ed insopprimibile, di esigere la comunicazione al consiglio di am-
ministrazione di ogni informazione e chiarimento di cui sia ritenuta opportuna
l’acquisizione ai fini dell’esame e del controllo della gestione sociale, esercitata la
quale agli amministratori esecutivi (e, per quanto di sua pertinenza, al presidente
del consiglio di amministrazione) non è data alcuna possibilità di sottrarsi all’ob-
bligo di fornire ogni dato o chiarimento utile a dare compiuta soddisfazione delle
richieste ricevute.
49
Per la distinzione delle nozioni di potere e diritto soggettivo e l’individuazione dei rispettivi
tratti caratterizzanti può rinviarsi alla classica trattazione di teoria generale contenuta nella voce
Poteri. Potestà in S. ROMANO, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947 (rist. inalterata
1983), p. 172 ss.
50
Sia, al riguardo, consentito richiamare, anche per l’ulteriore approfondimento del tema evoca-
to, il tradizionale insegnamento della dottrina giuscommercialistica, il quale, a sottolineare la strut-
turale incapacità dello strumento del diritto soggettivo, elaborato con riguardo alla realtà elementa-
re e sostanzialmente statica del rapporto intersoggettivo tra parti portatrici di due interessi con-
trapposti, a cogliere la complessità, assai maggiore, riscontrabile nel rapporto organizzativo e nel
suo divenire, ritiene che «ove vi è il diritto soggettivo in senso proprio si è per noi fuori o al termine
del fenomeno associativo»: P. FERRO-LUZZI, I contratti associativi, Milano, 1971 (rist. 2001), p. 240
e, in particolare, ivi, nt. 10.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 29
51
tà al canone legale di condotta imposto all’amministratore . La prerogativa con-
siderata, d’altro canto, è assentita e deve essere esercitata per l’attuazione, nuo-
vamente doverosa, di un interesse oggettivamente altrui, quale certamente deve
considerarsi l’interesse sociale, indipendentemente dalle varie ricostruzioni nel
tempo fornite circa la natura ed il contenuto dello stesso; ed assume una conno-
tazione propriamente organizzativa, quale momento di conformazione dell’orga-
nizzazione societaria e dello svolgimento dell’attività dell’ente, al di fuori della lo-
gica orizzontale del rapporto giuridico e del binomio diritto/dovere sul quale la
stessa si fonda.
Si tratta, dunque, di caratteristiche non compatibili con la figura del diritto
soggettivo, tradizionalmente inteso come libera e discrezionale facoltà di realizza-
zione dell’interesse del suo titolare (alla conservazione o al conseguimento di un
bene della vita), il cui esercizio è rimesso all’incoercibile autodeterminazione del-
lo stesso. E che, invece, devono indurre a qualificare la situazione considerata, al
pari delle altre nelle quali si manifestino le attribuzioni organiche dell’ammini-
stratore sociale, in termini di potere o, meglio, di potestà.
Se la qualificazione così proposta risulta condivisa, appare lecito porre ulte-
riormente il quesito se la posizione di potere di cui dispone l’amministratore pos-
sa essere legittimamente tutelata in sede contenziosa, nelle forme della tutela d’ur-
genza ed ordinaria, dinanzi all’Autorità giudiziaria, potendosi opinare, in senso
contrario, che i citati artt. 99 e 700 c.p.c. testualmente riservano la legittimazione
all’esercizio dell’azione civile ed alla formulazione della domanda di provvedi-
menti giudiziali alla parte che si affermi titolare di un «diritto», ne lamenti la le-
sione e ne invochi la riparazione.
Né sarebbe corretto eludere il problema sostenendo trattarsi di una questione
meramente nominale.
A meno di non voler ritenere, infatti, che il termine diritto, a dispetto dell’im-
52
piego consapevole e ripetuto che ne è fatto nel codice di rito , nell’ambito delle
disposizioni considerate debba essere inteso in un’accezione meramente atecnica,
quale semplice espressione riassuntiva di ogni situazione giuridica attiva contem-
plata dall’ordinamento, l’estraneità della fattispecie considerata alla lettera della
norma pone all’interprete l’onere di domandarsi – ci si limita in questa sede ad
51
Per le notazioni richiamate nel testo, e per la sottolineatura delle diversità strutturali e funzio-
nali del potere di informarsi dell’amministratore, qualunque siano le relative modalità di esercizio,
rispetto allo speculare diritto di informazione del socio (ammesso e non concesso che in tale secon-
da ipotesi sia appropriato l’uso della categoria del diritto soggettivo), si veda G.M. ZAMPERETTI, Il
dovere di informazione, cit., p. 39 ss.
52
Oltre alle disposizioni di cui agli artt. 99 e 700 c.p.c. citate nel testo, si pensi al sistematico uti-
lizzo del termine diritto rinvenibile, ad esempio, negli artt. 75, 81, 105 e 111, in tema, rispettiva-
mente, di capacità processuale, sostituzione processuale, intervento volontario e successione a titolo
particolare nel diritto controverso.
30 Gianluca Perone
53
Spunti nel senso da ultimo indicato sono rinvenibili in G.M. ZAMPERETTI, Il dovere di infor-
mazione, cit., p. 344 ss. e, con riguardo alla disciplina previgente, in S. SCOTTI CAMUZZI, I poteri di
controllo, cit., p. 792.
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 31
54
Quali, ad esempio, quelle addotte in un ampio numero di motivazioni facenti leva su di una
difficoltà, di norma affermata in via astratta in assenza di alcun riscontro concreto, di accertamento
del danno cagionato dalla violazione del diritto e del suo ammontare.
55
Stigmatizza una simile tendenza della giurisprudenza, M. TARUFFO, La prova dei fatti giuridici,
Milano, 1992, p. 336.
56
Per una rinnovata considerazione della rilevanza del requisito del periculum in mora, volta a
sottolinearne l’autonomia rispetto a quello del fumus boni iuris e, anzi, la centralità nella struttura
dei procedimenti cautelari, può rinviarsi a C. CONSOLO, Periculum in mora e fumus boni iuris, in Il
nuovo processo cautelare, Torino, 1998, p. 32 ss.
57
Per l’essenzialità, nell’ambito del giudizio sul requisito del periculum in mora affidato al giudi-
ce della cautela, dei due momenti della concreta identificazione dell’evento da evitarsi e della fon-
data prevedibilità, sulla base di indici materiali, del suo futuro accadimento, si rinvia a M. TARUFFO,
Il giudizio prognostico del giudice tra scienza privata e prova scientifica, in Sui confini. Scritti sulla giu-
stizia civile, Bologna, 2002, p. 332 ss. Più in generale, per una rivisitazione sistematica del requisito
del pericolo nella fattispecie cautelare e dei criteri del relativo accertamento, si veda S. RECCHIONI,
voce Periculum in mora (nel processo cautelare civile), in Dig. disc. priv. sez. civ., III Agg., tomo II,
Torino, 2007, p. 892 ss.
58
Si veda, ad esempio, la giurisprudenza formatasi sul tema, in certo modo speculare a quello
oggetto del presente scritto, del diritto dei soci di società a responsabilità limitata esclusi dalla ge-
stione a ricevere notizie sulla gestione ed a consultare i libri ed i documenti sociali di cui all’art.
2376, comma 2, c.c., secondo la quale la frapposizione di ostacoli volti a procrastinare ingiustifica-
tamente l’esercizio di tale diritto – in quanto direttamente lesiva del diritto di controllo del socio
sull’amministrazione della società nonché dell’esercizio dei poteri ad esso connessi, i quali si espli-
cano sia nello svolgimento dei rapporti sociali sia attraverso la proposizione di eventuali azioni giu-
diziarie – integrerebbe di per sé il presupposto del periculum in mora. In tal senso, tra le altre, cfr.
Trib. Santa Maria Capua Vetere 10 giugno 2011, in Società, 2011, p.1014; Trib. Pavia 1° agosto
32 Gianluca Perone
59
più in generale, in materia di diritto dell’impresa . Esso, probabilmente, rispon-
de alla condivisibile aspirazione dell’interprete a porre rimedio all’insoddisfazio-
ne provata di fronte ai tempi abnormemente dilatati della giustizia ordinaria ed al
timore che gli stessi possano frustrare le aspettative di tutela delle parti; nonché
alla sensazione, spesso genericamente percepita in assenza di piena consapevolez-
za del fenomeno, della necessità che le situazioni giuridiche connesse all’esercizio
dell’attività di impresa costituiscano oggetto di peculiare considerazione. Aspira-
zione e sensazioni che, tuttavia, non possono indurre ad obliterare il testo delle
norme e non possono esonerare, quindi, l’interprete medesimo dal compito di
ricercare nelle fattispecie sottoposte al suo vaglio e portare in superficie, se del
caso ricorrendo a percorsi ricostruttivi originali, i segni di quella qualificata con-
dizione di pericolo postulata dall’ordinamento quale indefettibile cancello di in-
gresso ai procedimenti cautelari.
Nel senso da ultimo indicato, peraltro, utili spunti di approfondimento, capaci
di fornire fondamento sistematicamente appagante all’orientamento in parola,
parrebbero potersi trarre dall’osservazione dei diversi criteri di valutazione che si
impongono al giudice nel momento in cui lo stesso è chiamato a conoscere del-
l’atto giuridico non già nella sua tradizionale veste di singolo ed autonomo fram-
mento della realtà produttivo di effetti giuridici, bensì quale elemento, più o me-
no rilevante, della generale attività economica dell’impresa societaria.
Mentre, infatti, nel primo caso, si tratta di giudicare di un atto giuridico isola-
tamente e staticamente considerato, i cui effetti, quindi, possono e devono essere
accertati e valutati con esclusivo riguardo all’atto medesimo ed alle singole norme
che lo regolano. Nel secondo, invece, l’atto viene in considerazione nella sua di-
mensione dinamica, quale momento esplicativo, necessariamente concatenato agli
altri, dell’attività di impresa, nel cui fluire, allora, deve essere calato e dalla cui
complessiva valutazione, soltanto, possono adeguatamente ricavarsi il significato
60
e gli effetti, economici e giuridici, che ne discendono .
2007, ivi, 2009, p. 504; Trib. Taranto 13 luglio 2007, in Giur. it., 2008, c. 122; Trib. Biella 18 mag-
gio 2055, in Società, 2005, p. 50.
59
Possono, al riguardo, ricordarsi i noti e risalenti orientamenti in tema di concorrenza sleale e
violazione dei diritti esclusivi dell’impresa su segni distintivi, invenzioni industriali ed opere del-
l’ingegno, inclini ad associare invariabilmente il requisito del periculum al mero accertamento della
condotta antigiuridica denunciata, per i quali, tra i tanti, si richiamano, rispettivamente, Trib. Roma
30 novembre 2005, in Riv. dir. ind., 2006, II, p. 285 e Trib. Torino 19 dicembre 2002, in Giur. it.,
2003, p. 956, da un lato; Trib. Torino 12 marzo 2009, in Rep. Foro it., 2009, voce Proprietà indu-
striale, n. 628; Trib. Bari 30 novembre 2004, in Giurisprudenza barese.it, 2005; Trib. Torino 19 di-
cembre 2002, in Giur. it., 2003, 956; Trib. Catania 21 maggio 1998, in Giur. dir. ind., 1998, p. 674,
dall’altro.
60
Per la disamina dei differenti piani di valutazione che, sotto il profilo sostanziale, l’atto e
l’attività impongono all’interprete e per le deviazioni che la disciplina dell’atto subisce ove lo stesso
costituisce momento di una più ampia attività, con specifico riferimento al fenomeno dell’impresa,
è doveroso il rinvio agli studi che ha dedicato al tema P. FERRO-LUZZI, in particolare I contratti as-
Il potere di informazione degli amministratori di società per azioni 33
sociativi, cit., passim e spec. p. 188 ss., L’impresa, in AA.VV., L’impresa, Milano, 1985, p. 9 ss. e Le-
zioni di diritto bancario, II ed., Torino, 2004, p. 19 ss.
34 Gianluca Perone