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V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

Ger 31,31-34 Sal 50 Eb 5,7-9 Gv 12,20-33

Spunti per l’omelia

1) «Signore, vogliamo vedere Gesù»: è il desiderio di quei pellegrini greci che, venuti a Gerusalemme per
la festa, possono finalmente vedere il personaggio di cui hanno certamente sentito parlare. Quei greci,
senza saperlo, anticipano l’atteggiamento di un’infinità di persone che in tutti i tempi sono state attratte
dalla personalità di Gesù. E questo la dice lunga sul fatto che è difficile per chiunque non avvertire che
Gesù tocca e scuote la coscienza dell’umanità che non può fare ameno di confrontarsi con il suo
messaggio a proposito di temi e problemi di fondamentale importanza quali la pace, la giustizia, la
dignità e la libertà della persona, l’enigma della morte, il rapporto con Dio e la verità dell’esperienza
religiosa. Tutto questo però non deve spingere i discepoli di Gesù e la sua chiesa a rivendicare una
egemonia culturale sul piano religioso e tanto meno sul piano politico. Non lo consente proprio la
risposta che Gesù dà a Filippo e Andrea che si fanno portavoce della richiesta dei greci.

2) È facile pensare che Filippo e Andrea si sentano particolarmente gratificati dalla richiesta dei greci: Gesù
è un personaggio famoso e loro sono due dei suoi discepoli. La risposta di Gesù li smonta: i discepoli
non debbono farsi tentare dalla sindrome del personaggio. Loro non debbono mai dimenticare il rapporto
che cosa Lui chiede ai suoi discepoli. È evidente che Gesù non dimostra alcun interesse per la richiesta
dei greci. Lui non vuole essere un personaggio da copertina. Ed è facile intuire il motivo: i greci sono un
gruppo di persone che vogliono solo soddisfare la loro curiosità. Gesù chiede altro ai suoi discepoli: chi
vuole incontrarlo lo cerca personalmente e non perché è famoso e non certamente per curiosità. Chi
vuole “vederlo”, infatti, deve aguzzare un'altra vista: quella della fede che ha la sua radice nella
disponibilità a mettersi in discussione come persone che si lasciano interpellare da ciò che Gesù ha detto
e fatto a partire da quel “convertitevi e credete nel vangelo” con cui inizia la sua missione. Solo chi sente
l’importanza di questo decisivo invito può sentirsi coinvolto in quello che Gesù risponde a Filippo e
Andrea. Ed è una risposta che non lascia adito a dubbi:

a) la fede che Gesù chiede è accoglienza consapevole di quella che lui chiama “l’ora della sua
glorificazione”: è la sua passione, morte e resurrezione. Lo ha annunciato chiaramente in più
occasioni ai suoi discepoli. Ma loro hanno sempre reagito dimostrando una lontananza abissale da
ciò che annunciava. La richiesta dei greci offre a Gesù l’opportunità di dire ai suoi discepoli: È
venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. E questo riguarda anche loro: il tempo è
compiuto anche per loro, chiamati a dimostrare di aver finalmente compreso il senso della chiamata
di Gesù a cui hanno risposto seguendolo come discepoli

b) E la dimostrazione non consiste solo in una professione di fede dottrinale, ma nella assunzione
concreta ed esistenziale dell’ora di Gesù: ciò che Lui vive per la realizzazione del disegno del Padre
è ciò che i suoi discepoli debbono vivere a loro volta. L’ora di Gesù deve diventare l’ora di ciascuno
di loro. È questo che Gesù ha chiesto espressamente ai suoi fin dal primo momento: "Se qualcuno
vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

c) La croce di cui parla Gesù non è l’esaltazione della sofferenza e del dolore ma è la via che conduce
alla vera vita perché in prima istanza è la via dell’amore: Chi ama la propria vita, la perde e chi odia
la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. E i suoi discepoli non debbono
dimenticare che l’amore è l’unico modo per combattere e vincere con Gesù il “principe di questo
mondo” che spinge gli uomini a fare dell’egoismo e dell’odio il motore propulsivo della loro vita
personale e della storia in generale.

3) Gesù ha speso la sua vita per dire che almeno chi crede in Dio si assuma il compito di dimostrare il
contrario. Per questo nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e
lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Chi
come Gesù ama ed è disponibile a fare dell’amore il disegno irrinunciabile della sua vita come Lui non si
consegna alla sofferenza e alla morte ma a Dio. E Dio farà sentire la sua presenza con la stessa
glorificazione che ha riservato al Figlio: già ora e nell’eternità del suo amore. Ma questo richiede come
condizione fondamentale quello che già il profeta Geremia raccomandava al popolo dell’antica alleanza:
la vera fede passa attraverso il cuore. Così dice il Signore: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò
sul loro cuore. Finché la fede non diventa realmente una questione di cuore e rimane solo l’esercizio di
una religiosità esteriore è impossibile capire che l’ora di cui parla Gesù deve diventare l’ora di ognuno
dei suoi discepoli. Solo così i cristiani impareranno a parlare l’unica lingua che li deve caratterizzare e li
spingere sulle strade del mondo come veri testimoni di Cristo: la lingua del vangelo, la lingua
dell’amore.

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