“«L’uomo è la periferia presso la quale Dio si reca in Gesù Cristo». Non possiamo più pensare che
per incontrare Dio ed entrare in comunione con Lui sia necessario fuggire dalla situazione concreta
in cui ci ritroviamo. Non possiamo più pensare che per realizzare le opere di Dio sia necessario
trascurare o addirittura mettere da parte le opere che riempiono la nostra esperienza quotidiana. I
Vangeli canonici ci raccontano assai poco della vita nascosta a Nazaret, ma non c’è dubbio che
questi anni furono, a tutti gli effetti, “tempo di incarnazione” ossia tempo in cui Gesù ha imparato,
giorno dopo giorno, ad esprimere la grammatica della nostra condizione umana. Occorre, quindi,
immergersi sino in fondo, sino a rimanere nascosti, dentro le realtà normalissime della vita
comune perché è lì che Dio ci dà appuntamento, è lì che desidera portare una pienezza e una
ricchezza d’umanità”. (dalla traccia per il cammino verso il V Convegno ecclesiale di Firenze –
2015)
Questa è stata anche l’esperienza della Beata Teresa Maria della Croce che, nella concretezza della
vita, della sua quotidianità, ha lasciato che l’umanesimo di Gesù la plasmasse e prendesse carne in
lei, lasciando che la più alta espressione dell’amore, si abbassasse, si facesse carne per venire ad
abitare in mezzo a noi e porre, così, la sua dimora.
Questo è tuto ciò che emerge dalla sua vita, dalle sue lettere, parole che esprimono come ella
abbia imparato, lasciandosi guardare da Cristo, ad accogliere la sua povertà ma anche la ricchezza
della sua umanità.
«Le relazioni di Gesù con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di
irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere,
escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia» (Misericordiæ Vultus n.8).
È contemplando l’uomo Gesù che Bettina ha potuto vedere, ascoltare, gustare, persino toccare, il
“tocco di Dio” e, da questa traccia indelebile, imparare l’arte della prossimità fatta di parole,
sguardi, toni di voce, gesti, di un preciso stile, di corporeità, fatto di quel linguaggio “sempre
affettuoso, carico di umanità, quasi a dirci quanto la Madre sentisse profondamente il valore
dell’amicizia” (dall’introduzione alle Lettere della Beata Teresa Maria della Croce a cura di padre
Mezzasalma).
“L’amicizia: ecco una prima categoria molto importante per comprendere il carattere e
l’esperienza di Teresa Manetti. Se per tutti i santi è vero che si può interpretare la loro esperienza
a partire da questa chiave di lettura, per Bettina lo è in modo particolare. Non si tratta solamente
di amicizia ad un livello puramente umano, già molto profonda, perché si traduce nell’accoglienza
dell’altro, nell’amore disinteressato, nel desiderio di offrirsi in dono ... È tutto questo, perché la
grazia recupera e valorizza tutto ciò che è genuinamente umano, ma si tratta anche di
quell’esperienza nuova e travolgente che è l’amicizia cristiana soprannaturale, in cui lo Spirito
dona una nuova capacità di amare, e Cristo è il centro, il fine, il modello, il punto di riferimento
costante. Carlo C. Calzolai, un biografo di Bettina, scrive di lei: «la sua virtù non riusciva umiliante
per alcuno, al contrario era un invito per tutti a praticarla. Le creava inoltre un gran fascino! La sua
parola, calda, suadente, il suo sguardo dolce, vigoroso nello stesso tempo, lo spirito di fede che
manifestava con convinzione, irradiavano attorno un alone tale di ricercarla ancora, di scambiare
qualche discorso. Vicino a lei, le ore passavano in un baleno e a sentirla parlare di Gesù non era
possibile non essere trascinati». Tutta l’esperienza umana e spirituale di Teresa Maria della Croce
potrebbe essere ricondotta a questo centro: l’amicizia.” Questa prassi teologica sull’amicizia viene
confermata dall’esperienza di Teresa d’Avila, figura molto cara alla Bettina. È da lei e con lei che,
come sorella e madre, impara che il bisogno d’amore che custodisce in sé, e ricevuto dalle mani di
Dio, è la sua vocazione a comunicare con il Tu di Dio e a rapportarsi agli uomini in quella realtà che
chiamiamo appunto amicizia: culmine di quell’amore vissuto in quel tessuto vitale della vita di
fede, del suo atteggiamento esistenziale verso Dio e verso i fratelli.
Ancora oggi la nostra cara Beata ci sprona, ci invita a ritrovare, usando le parole di papa Francesco,
“il gusto dell’umano”, povero o ricco che sia, uscendo da se stesse, annunciando il Verbo che si è
fatto carne e che ha dato la sua vita per noi, abitando nel territorio, nelle situazioni concrete della
vita, educando con un cuore di madre e di padre le figlie e i figli che il buon Dio concede,
trasfigurando con la preghiera assidua e incessante, sorgente inesauribile di vita, ogni piega della
propria esistenza.
Questo è l’umanesimo di Teresa Maria, questo è l’umanesimo cristiano proposto dalla Chiesa.
«Cristo [...], proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente
l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». È in Cristo, «immagine del Dio invisibile»
(Col 1,15), che l'uomo è stato creato ad «immagine e somiglianza» del Creatore. È in Cristo,
Redentore e Salvatore, che l'immagine divina, deformata nell'uomo dal primo peccato, è stata
restaurata nella sua bellezza originale e nobilitata dalla grazia di Dio. (CCC n.1701)
Sull’esempio della nostra beata siamo anche noi invitati a porre il nostro sguardo su quel Bambino
di Betlemme che, con la sua umanità povera, viene a ricordarci che Dio non si è stancato di noi e
che anzi si offre a riempire il nostro vuoto di amore, di amicizia, di solidarietà. La nascita del Figlio
di Dio unisce il cielo e la terra, elimina le distanze, Gesù si mostra a noi come uomo vero per
aiutarci a ristabilire anche tra di noi uno stile di rapporti tra uomini veri e non più disumanizzati dal
profitto e dalle gabbie dei poteri. Incontrare Gesù significa ricuperare l’uomo.
sr Giada Maria