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STEFANO LIPPMANN
02.06.2022 18:49
Quasi venti milioni di dollari, mezzo milione di franchi e 14.000 euro. A tanto ammonta la truffa perpetrata ai
danni di cinque cittadini nordamericani, raggirati tra il 2015 e il 2020. Tra gli attori anche un avvocato italiano
49.enne, residente e attivo in Svizzera, che oggi è comparso davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano
L’uomo, difeso dall’avvocato Michele Rusca, è accusato di aver fatto attivamente parte dell’organizzazione
criminale capace, appunto, di mettere in piedi una truffa internazionale. Ed è per questo che l’accusa –
sostenuta dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli – ha proposto una pena di sei anni di carcere per i reati di
truffa per mestiere (ripetuta e in parte tentata), falsità in documenti, conseguimento fraudolento di una falsa
L’eredità di un parente
Ma come venivano avvicinate le vittime? Venivano agganciate via email e telefonicamente, grazie anche a un
raffinato meccanismo di menzogne e documentazione falsa da parte di fittizi istituti fiduciari e bancari. In
sostanza, uno dei truffatori avvisava la vittima di essere beneficiaria di importanti eredità lasciate da un
parente deceduto. I soldi, però, sarebbero arrivati attraverso banche italiane e, dunque, gli ereditieri si
sarebbero dovuti appoggiare al sedicente (il nome si è rivelato essere falso) Alberto Rossi. Dottor Rossi che,
nella sua funzione di facilitatore nella transazione (grazie anche alla collaborazione con Maurizio Draghi, un
falso nipote di Mario Draghi), prospettava alle vittime la necessità di acquistare una società con sede e conti
bancari in Svizzera. Ed è qui che entra in scena l’avvocato residente nel Luganese. Secondo l’accusa il 49.enne
era il «tramite» svizzero, colui che metteva a disposizione le proprie società «dormienti» – di fatto
praticamente inattive – a prezzi esorbitanti e, oltretutto, andava avanti a gestirle anche dopo la vendita per
60.000 franchi annui. Società che sarebbero in seguito servite per far confluire i capitali. Ma a tutto ciò manca
ancora un tassello: il dottor Rossi, nel frattempo, chiedeva in più occasioni alle vittime di versare soldi per
sbloccare la transazione e ottenere l’eredità: capitali che venivano depositati in una banca di una società
tunisina di proprietà, sostenevano i truffatori, dei nipoti di Bettino Craxi. Un castello che, di fatto, ha permesso
pubblica Chiara Borelli –. Invece è la triste realtà». E l’imputato, secondo l’accusa, si è prestato al gioco.
Aiutando a creare «un danno materiale ed economico immenso». Contribuendo «in qualità di correo, si è
macchiato di una colpa grave, estremamente grave». Per questo motivo è stata chiesta una pena di 6 anni di
«Innocente, o complice»
L’imputato, per contro, si è dichiarato innocente e ha chiesto, in via principale, il proscioglimento da ogni capo
d’imputazione. Il difensore Michele Rusca, durante l’arringa, non ha però tralasciato il fatto che l’assistito
possa, in realtà, aver avuto un ruolo di complice: «Ha cominciato a dubitare di questa truffa soggiacente
dall’estate del 2017. Credeva – ha sostenuto – che questi cittadini (le vittime truffate) volesse costituire fondi in
nero in Europa». E, una volta scoperte le azioni non proprio legali, il 49.enne sarebbe stato minacciato dai
protagonisti della truffa, costringendolo ad andare avanti. Per la difesa, quindi, l’imputato non avrebbe avuto
una posizione centrale nel raggiro, ma piuttosto accessoria: «Non mi sembra si possa dire che il mio assistito
dirigesse i giochi, tutt’al più ha retto il gioco», ha commentato Rusca. Avvocato che, inoltre, ha chiamato in
causa anche le vittime: «C’è stata leggerezza da parte dei danneggiati che sulla base del nulla hanno pagato
importi milionari». Per questi motivi, in via subordinata, ha chiesto che il suo assistito fosse prosciolto dai fatti
accaduti prima del 2017 e che fosse ritenuto colpevole solo nella forma della complicità. E quindi la pena
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