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L'ISLAM NELL'ISTANTE
"UNIPOLARE" - Eurasia | Rivista di
studi geopolitici
Pahlawan Rumi

40–54 minutes

« Il Mondo si sorregge su quattro colonne: La Saggezza del


Sapiente, La Giustizia del Potente,
La Preghiera del Giusto, ed il Coraggio del Valoroso »
(Scritto sul frontale dell’Università di Cordova, XI sec.)

La corrente situazione storica è percepita all’interno della


comunità islamica come estremamente negativa. Prodromo
dei peggiori aspetti che le vicende umane possono assumere.
Chiunque miri a contrapporsi al cosiddetto «Nuovo Ordine
Mondiale», dovrebbe tener conto di quale sia la reale
situazione della comunità islamica e di alcuni aspetti
metapolitici della sua tradizionale visione degli eventi del
Mondo, per evitare di cadere preda dello «sguardo Gorgonico»
del Mostro che si vorrebbe fronteggiare, la cui natura è
molteplice, anzi per eccellenza duale, al di là della parodistica
affermazione di unità.

Premessa metafisica. La base dell’Islam è la dottrina del


Tawhid, ovvero l’unicità del Divino e la sua assolutezza; dal
Principio deriva ogni relativo aspetto, sia esso «benefico» che
«malefico»; ogni evento è predestinato dall’Essere Supremo e
dalla Sua volontà è determinato. Perfino la più banale
concatenazione di causa ed effetto è puramente illusoria, in
realtà è determinata dalla manifestazione degli aspetti e delle
qualità divine. Cosi’ ogni contrapposizione è di per sé
apparente e relativa ed al Principio appartiene ogni esistenza e
realtà.

Alla luce della succitata considerazione metafisica, gli eventi


storici vengono interpretati come il risultato della provvidenziale
azione divina (il cui scopo essenziale è far «ricordare»
all’essere umano la sua natura di creatura destinata al servizio
ed alla sottomissione al Principio Supremo) e della puramente
apparente contrapposizione ad essa operata da un accidente
relativo che cerca di «velare» o far «dimenticare» tale Verità:
LA VERITÀ. Questo accidente trae la sua origine stessa dalla
Volontà principiale e la sua azione è strettamente limitata nei
piani della Provvidenza, quindi la sua esistenza è puramente
illusoria. Nondimeno la sua più strenua ed assoluta essenza è
appunto l’arrogarsi un’esistenza ed un valore metafisico
indipendenti ed in questo risiede la sua «connaturata» falsità:
esso è l’AVVERSARIO per eccellenza sia sul piano
microcosmico che sul quello macrocosmico e viene appunto
chiamato, nella tradizione islamica, Shaytan, colui che si
oppone. La sua natura è creata, formale e sottile, di «fuoco»,
così come l’essere umano è di «terra» – non è un angelo
caduto, come riferisce la tradizione biblica – e la sua ribellione
è sita nella «indipendenza» di giudizio a fronte dell’ordine
divino di «prosternarsi» di fronte ad Adamo (su di lui la Pace)
per un segreto tra lui ed il suo Creatore. La sua essenza è
«prometeica» e la sua massima menzogna consiste nel
presentarsi come «arimanico».

Considerazioni metastoriche

Sul piano umano l’azione provvidenziale si manifesta


attraverso esseri appositamente prescelti, siano essi Inviati
(Mursalin = portatori di una determinata e definita forma
tradizionale), Profeti (Anbiya’= rinnovatori all’interno di una
forma già preesistente), Santi (Awliya’ ar-Rahman [AR] =
cooperatori, e continuatori dell’azione dei precedenti e quindi
loro eredi spirituali, organizzati in specifiche gerarchie con
funzioni proprie nei confronti dei diversi aspetti del creato; gli
uomini di buona volontà di evangelica memoria).
Per la sua stessa connaturata tendenza parodistica anche
l’Avversario (che ci sia concesso il rifugio dal suo inganno)
opera similmente attraverso una gerarchia di creature umane
che, come lui stesso, sono le prime vittime della loro illusione,
essendo per loro natura «velate» come i servi della
Provvidenza sono «svelati» rispetto alla Realtà Principiale.

Nella terminologia propria della tradizione islamica, questi


«ingannati» ingannatori sono detti Awliya’ ash-shaytan [AS],
ed i loro «principi» Dajjalin, o «impostori» (plur. di Dajjal, di cui
l’Anticristo apocalittico è l’ultima e più perniciosa
manifestazione).

Le forme attuali di tale invertita quanto illusoria gerarchia sono


derivazioni di «tradizioni» abrogate. La fonte coranica connette
tali parodistiche forme alle tradizione egizia (Sura 20, 60-76,
che descrive la sfida tra Seyyidna Musa [Mosè], su di lui la
pace, ed i Maghi del Faraone), mentre nelle raccolte delle
tradizioni profetiche (Hadith o detti e avvenimenti di Seyyidna
Hadrat Muhammed, su di lui la Pace) tali esseri si presentano
di volta in volta come Ebrei o come Arabi politeisti (1). Altre
fonti tradizionali islamiche connettono tali forze con aspetti
ancora più anteriori, antidiluviani, di cui la tradizione egizia e
quella ebraica sono in qualche modo eredi. (2) Comunque sia,
la base operativa delle loro «azione» risiede sempre nei domini
intermedi della forze cosmologiche, e delle influenze erranti;
non a caso è sempre attraverso la evocazione di apparenti
contrapposizioni riconducibili alla dicotomia cosmologica di
Coagulazione e Dissolvimento, che questi impostori per
eccellenza creano le loro illusioni.

E nessuna illusione è mai stata più estesa e completa del


cosiddetto mondo moderno, nato dalla perversione
dell’Occidente cristiano attraverso una secolare ed ininterrotta
opera appunto generata dall’alternarsi di tendenze, ideologie e
«movimenti» inizialmente coagulanti, quali il protestantesimo,
soprattutto nella forme puritano-calviniste, l’illuminismo, il
positivismo, le teorie economico-sociali che ne derivano, e le
estensioni tuttora attivamente propagate in altre forme
tradizionali, quali il sionismo ed il riformismo-modernismo
islamico. (3) Tendenze contro le quali ne sono state suscitate
di opposte, quali i vari neospiritualismi che hanno imperversato
ed imperversano in Europa e nelle Americhe negli ultimi tre
secoli sino alle estreme «follie» New Age. Ovviamente
l’opposizione tra questi aspetti era ed è puramente illusoria;
non a caso un’attenta indagine storica spesso connette
elementi che dovrebbero in principio esser inconciliabili, ma
che per «strani» casi della storia «si generano» a vicenda. (4)
Ma in questa sede non vogliamo dilungarci a narrare singole
vicende che l’attento ricercatore potrà meglio trovare riassunte
in altre sedi.

Altro carattere proprio della azione degli AS (o «controiniziati»


come molti tradizionalisti amano definirli) negli ultimi sette
secoli è stato quello di operare preferenzialmente, ma non
unicamente, attraverso l’azione economica, culturale e quindi
politica, sia palese che occulta, del mondo anglosassone,
prima rappresentato dall’Impero Britannico e successivamente
dalla «Superpotenza» degli Stati Uniti. Ma questi luoghi di
dominio temporale sono lungi dal soddisfare le mire dei loro
evocatori, poiché il loro fine è la completa sovversione delle
diverse forme della rivelazione divina nei loro centri tradizionali:
da Roma a Gerusalemme, fino a Mecca e Medina. (5) Infatti
solo l’insediamento definitivo in tali luoghi sacri può permettere
l’ulteriore progresso verso nuove fasi della Parodia satanica, la
realizzazione illusoria di un Eden da cui il «serpente» fu
primordialmente scacciato.

Riteniamo comunque parziale il voler far coincidere i centri


controiniziatici esclusivamente con le terre d’Oltreoceano,
anche se per forza di cose tali centri devono avere dei luoghi
di manifestazione fisica. (6) Peraltro le cosiddette «torri di
Satana» sono situate lungo una direttrice che va dal cuore
dell’Asia centrale fino al Sudan centrale, spesso a ridosso di
ben noti luoghi sacri. (7)

L’azione degli AS è stata comunque già descritta e


dettagliatamente spiegata da autori molto più capaci di noi, e
sulle vicende storiche dei loro ispirati discepoli gli esperti della
teoria cospiratoria si sono lungamente soffermati con diversa
capacità di reale comprensione. Perciò in questa sede
preferiamo soffermarci sulle meno note modalità di azione
degli AR (che Allah santifichi il Loro Segreto).

La gerarchia degli AR è duplice: una di natura regolare,


trasmessa attraverso catene interrotte di esseri viventi fin dal
Profeta Muhammed (su di lui la Pace), dai quali si dipartono le
varie ramificazioni delle regolari ed attive confraternite proprie
di ciascuna epoca. (8) Le fonti scritte, più o meno ben
interpretate dai vari orientalisti, divergono spesso su tale
argomento; spesso tale apparente confusione è dovuta all’uso
di una stessa terminologia per indicare gerarchie diverse,
alcune specifiche di determinati luoghi o tempi. Non è
comunque nostra intenzione inoltrarci in tali considerazioni.
Una seconda gerarchia dipende da una trasmissione che non
sempre avviene tra viventi ed è in un certo senso dispensatrice
di un insegnamento in condizioni straordinarie che solo
parzialmente può sostituire, per individui eccezionali, quello
proprio della gerarchia «storica». Spesso tali individui per il
completamento del loro iter spirituale devono comunque
ricollegarsi ai rappresentanti della prima in una forma o in
un’altra. Le linee che da questa si dipartono sono dette
«uweisi», dal santo yemenita Uweis Qarani, che ricevette una
forma di istruzione diretta dal Profeta Muhammad (su di lui la
Pace) senza mai incontrarlo fisicamente. Il capo supremo di
tal e gerarchia è Hadrat al Khidr (su di lui la pace) ed i suoi più
elevati rappresentanti sono detti Afrad, plurale di Fard, o i
«separati» appunto. I santi di queste categorie, a differenza
degli AR della gerarchia «storica», non intervengono negli
eventi terreni se non in casi eccezionali. Alla base di questa
gerarchia si trovano i cosiddetti majdhub o «rapiti», folli di Dio
che servono in modo inintelligibile le superiori gerarchie; essi
intervengono principalmente nei piani sottili ed incorporei del
mondo umano, tanto che la loro azione viene interpretata come
«folle» agli occhi dei profani.

Come già accennato, solo gli AR della gerarchia storica


operano nel mondo profano, anzi ne sono i «reali»
responsabili, e la loro azione è perfino più indiretta e
difficilmente rilevabile di quella degli AS, soprattutto nelle
attuali contingenze. All’interno delle società islamiche
tradizionali il veicolo privilegiato di tale influenza era
rappresentato dalle confraternite o turuq, nelle cui reti di
connessioni familiari e sociali risiedeva il vero potere,
indipendentemente da chi, Sultano, Emiro o Califfo, lo
esercitasse esteriormente. (9) Tale funzione è sopravvissuta
perfino quando, per contingenze storiche, le confraternite si
sono dovute formalmente «dissolvere». Attualmente esse
sono attive e vitali in tutti i territori tradizionalmente islamici e
nei paesi di recente immigrazione, spesso sotto aspetti del
tutto informali; anzi, queste «forme di clandestinità» forzata
rendono talvolta l’azione sul mondo profano addirittura più
efficace. Comunque solo in casi eccezionali questa influenza
assume gli aspetti storici di una «cospirazione» o ha delle
esteriorizzazioni che possiamo definire «politiche»: il suo
scopo non quello di «prendere il controllo degli eventi», ma
bensì solo di «limitare i danni». L’obiettivo è la salvaguardia
delle possibilità spirituali che fanno di una forma tradizionale
quello che essa è, ossia il veicolo per il «ritorno» dell’essere
umano alla sua radice sacrale. Questo spiega perché non è
raro riscontrare atteggiamenti talvolta contraddittori da parte
delle stesse organizzazioni, e perfino organizzazioni che
apparentemente si contrappongono l’una all’altra. (10)
Contrariamente a quanto «auspicato» dagli AS, il fine dei
singoli e delle organizzazioni ispirate dalle gerarchie
tradizionali è esattamente l’opposto della Parusia finale: lo
scontro «apocalittico» è materia della Provvidenza Divina, non
dell’azione dei Santi. Non almeno fino al punto estremo, il cui
raggiungimento si vuole ritardare il più possibile. L’esser un
«fanatico dell’Apocalisse» automaticamente colloca in un
fronte ben preciso di questo «scontro cosmico».

Gli incantesimi dei moderni: maschere dell’Islam


contemporaneo

L’immagine che i media occidentali (e questa è una definizione


culturale, non geografica) danno del mondo islamico è quanto
mai confusa. Di volta in volta l’Islam è

intollerante, se si vuole sottolineare aspetti socialmente o


eticamente in contrasto con i punti di vista moderni;

terroristico, quando un’opposizione armata all’azione politica


delle potenze occidentali ha un base ideologica di ispirazione
islamica, anche se del tutto o parzialmente eterodossa;

legittimo, quando per i più svariati motivi vi è un qualche


interesse all’azione di popoli o paesi di cultura islamica:
Kosovo, Cecenia, in parte Afghanistan, Bosnia, Kurdistan. In
questi casi deliberatamente o meno l’Islam viene aggiunto
come ingrediente ad altri fattori quali quelli etnici e nazionali,
che poco o nulla hanno a che fare con una forma tradizionale
per di sé sovranazionale e plurirazziale. Inoltre, senza
coerenza alcuna, diverse «forme» di Islam vengono colorate
come più accettabili o meno «pericolose»; i wahhabiti vanno
benissimo o comunque sono tollerabili se sauditi, kuwaitiani o
ceceni; la Shi’a va bene se irachena ed anti-Saddam; il
tasawwuf solo se pacifista con tinte sincretiste e New Age.
Ciò non è comunque sorprendente; più sorprendente è che in
alcuni ambienti si accettino tali etichette come reali, talvolta
perfino tra i musulmani stessi, e senza che si manifestino
dubbi sul fatto che tale «confusione» può essere spiegata solo
nell’ottica di una grossolana DISINFORMAZIONE. I primi a
cadere in questa trappola sono spesso coloro stessi che se ne
dichiarano immuni, altrimenti «teorie» accademicamente
ineccepibili quanto politicamente irreali quali «la dorsale
islamica» nei Balcani non sarebbero mai state enunciate. È
evidente che certe nazioni quali Turchia, Albania e popolazioni
affini sono manipolate, ma accettare l’etichetta “islamica” fa
solo il gioco di chi si vorrebbe contrastare. In Turchia il potere
è strettamente e saldamente nelle mani di una minoranza
secolarizzata e dalle forti radici controiniziatiche (11), anche se
diverse forme di «penetrazione» da parte di organizzazioni
iniziatiche islamiche o di loro emanazioni hanno potuto operare
una certa tutela degli elementi tradizionali, cosa che viene
periodicamente rimessa in gioco (caso esemplare fu il defunto
presidente Turuk Ozal, legato alla stessa linea iniziatica del
Sultano Abd el Hamid II). L’Albania è un paese del tutto
secolarizzato con un elemento islamico anche numericamente
ridotto; in Kosovo l’appoggio delle turuq, le confraternite sufi,
all’UCK ebbe termine nel momento stesso in cui gli USA
entrarono in gioco, con la prevalenza assunta dall’elemento
cristiano e secolarizzato (da notare che attualmente le autorità
islamiche cossovare si trovano in Bosnia o… in Serbia). La
Bosnia è un discorso a parte, ma può esser preso a
paradigma della manipolazione occidentale e della miopia in
cui può incorrere perfino chi aspira ad opporvisi.

Da un punto di vista più esteriore, il gioco degli AS è attuare,


provocare, e perfino solo favorire e ispirare la massiccia
repressione esteriore delle popolazioni musulmane che si
identifichino come tali. Operata dai loro stessi governi, non
fosse che attraverso perenni condizioni di miseria e
vessazione economica accompagnata da endemica
corruzione, o da governi di nazioni e popoli non musulmani
con cui vengono appositamente creati, provocati e fomentati
conflitti. Lo scopo è scardinare i sistemi sociali non ancora
modernizzati, lasciando come unica alternativa la lotta armata
sotto l’egida di una miriade di movimenti e fazioni che hanno
una solo cosa in comune: l’adesione alle forme più
virulentemente eterodosse della tradizione stessa che
dichiarano di volere difendere. Lotta armata che per evidente
disparità tecnica ha come unico risultato la creazione di masse
diseredate, esauste, sradicate e pronte alla fine ad accettare
qualsiasi cosa, ormai con il più pallido ricordo della propria
cultura e tradizione. (12)

Allo stesso tempo questi stessi governi (USA & C.)


favoriscono la massima tolleranza all’interno delle proprie
nazioni, arrivando al parossismo di proteggere sul loro suolo
quegli stessi elementi estremizzati che si peritano di
combattere agli antipodi. Magari aiutando il formarsi, all’interno
della proprie popolazioni, di ulteriori sentimenti di avversione
ed intolleranza. Il fine a cui si punta è un musulmano
occidentalizzato nei costumi e nello stile di vita, che a fatica
continua più o meno la pratica della propria tradizione a puro
livello privato, o uno spossessato e perseguitato che ha come
massima aspirazione di raggiungere se non altro le condizione
materiali del primo. Comunque sia, un essere senza radici che
è controllabile in «definiti» canali di comportamento.

I volti dietro le maschere

La Umma contemporanea, in quanto essa è uno dei meno


«danneggiati» supporti della rivelazione divina, è sottoposta ad
una intensa azione di attacco e penetrazione. Il risultato è la
progressiva suddivisione in differenti gruppi e sottogruppi,
espressione delle tendenze coagulanti o disgreganti nei
confronti della propria tradizione eccitate dal «mondo
moderno».

Dal punto di vista islamico (13), esisterà sempre e comunque


una maggioranza di credenti che conserveranno il Din (la
tradizione islamica) nella sua interezza e ortodossia, anche se
le forme che lo hanno permesso finora dovranno
probabilmente modificarsi, non essendo alcuna forma immune
dalla «infezione» della modernità montante; potremo definire
questi ultimi come Musulmani tradizionali. Costoro preservano
l’opera compiuta in 14 secoli di trasmissione ininterrotta della
tradizione profetica, senza sentire alcuna necessità di riforme
o restaurazioni, accettano la realtà delle quattro scuole
giuridiche e mantengono strettamente distinti i domini spirituali
da quelli giuridici, sono intrinsecamente refrattari ad ogni
atteggiamento o costume «moderno» nell’ambito della propria
tradizione; non assumono né forme né comportamenti che li
facciano in qualche modo identificare come un gruppo o una
corrente, né cercano alcun compromesso o affinità con
mentalità, costumi o abitudini moderne. Né tanto meno
reclamano per questa o quella cultura una qualsivoglia
prerogativa di miglior preservazione della religione o miglior
capacità di rivivificarla.
Da questi si distinguono tutti coloro che in un modo o nell’altro
soccombono alla mentalità moderna, attualmente veicolata
dalla cultura angloamericana. Alcuni subiscono principalmente
il «fascino» delle idee riformiste e protestantizzanti, con le
conseguenti impostazioni razionalistico-positiviste. Così tutta
una pletora di movimenti «neo-kharigiti» (Wahhabiti, Salafiti,
Dehobandi, Jamiat Tabligh) derivati da preesistenti forme di
eterodossia che per mutate condizioni storiche, politiche e
culturali sono state rafforzate al contatto con la cultura
occidentale, sono penetrate nel seno dell’Islam sunnita, da cui
erano in precedenza escluse. Queste ideologie sono solo la
premessa ad una completa «desacralizzazione» dell’Islam
(esattamente come la Riforma è stata la nutrice del
secolarismo occidentale) che finisce per stemperarsi e
«dissolversi» in varie forme di modernismo e laicismo.

Altri invece, reagendo a questa tendenza «riformistico-


puritana», ormai bisecolare, sono «soggetti» all’opposta
corrente, sempre moderna nella sua genesi intellettuale.
Questa è tesa ad un tradizionalismo formale e sentimentale
che potremmo definire, mutuando le similitudini storiche con la
cristianità latina, come controriformistico. Questa nuova
«modernizzazione» non a caso trova sia i suoi maggiori
esponenti sia i suoi discepoli nelle recentissime comunità
islamiche occidentali dall’Europa alle Americhe. Se il campo
delle ideologie politiche era ed è quello da cui sono mutuati
obiettivi e attitudini nel caso dei riformati, i controriformati
prendono l’aspetto di organizzazioni comunitarie con interesse
nel sociale, scendendo in competizione con i primi in termini di
puritanesimo dei costumi ed applicazione letterale della
Sharia. Spesso si tratta vere e proprie turuq (14) esteriorizzate
e dominate da elementi di cultura e lingua anglosassone o
germanica, le quali raccolgono su basi sentimentali e
devozionali sia convertiti occidentali che le nuove generazioni
delle comunità immigrate da paesi islamici, nate, cresciute ed
educate in Occidente. Questo in sé non sarebbe tanto grave,
se le suddette organizzazioni non si peritassero di giudicare e
censurare o distorcere gli insegnamenti metafisici che
dovrebbero trasmettere, arrivando talvolta per la limitata
comprensione dei membri (cooptati attraverso un proselitismo
degno delle sette cristiano-protestanti estremiste) a divenire
dei banali movimenti neo-spiritualisti, eterodossi anche negli
aspetti puramente esteriori della religione. Il principale pericolo
che esse costituiscono è dovuto ai mezzi economici e tecnici
di cui si possono avvalere ed alla perfetta «simbiosi» con la
modernità globalizzante. (15)

Una conferma indiretta delle suddette considerazioni sono


stati gli avvenimenti della guerra in Bosnia, nel contesto più
generale dei conflitti per la «ristrutturazione» dei Balcani (16).
L’apparente fine di tali recenti conflitti è contribuire
all’accerchiamento dei paesi est-europei non ancora del tutto
«stabilizzati», quali Federazione Russa, Romania e Bulgaria,
alle direttive del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la particolare
virulenza e violenza che ha rivestito la guerra in Bosnia ha
avuto un più profondo e inquietante obiettivo finale: lo
«sradicamento» prima e l’«assorbimento» poi di comunità
islamiche che – fino allora «periferiche» rispetto a molte delle
manovre operate su altre popolazioni come quelle nordafricane
e mediorientali – potevano rappresentare una «scomoda»
testimonianza di un Islam ben diverso dai paradigmi definiti a
Londra o a Washington. Quanto questa operazione abbia
avuto successo è difficile dire, ma il limitato impatto tuttora
ottenuto dalla propaganda «wahhabita», unitamente ad una
certa «incompatibilità» etnica con la cultura anglosassone,
stanno rallentando questo processo. Indubbiamente l’intero
piano sarebbe stata molto più difficilmente operato se le azioni
contro le popolazioni musulmane non fossero state così
«stupidamente» violente, cosa peraltro già avvenuta nei
precedenti conflitti balcanici (17).

Queste considerazioni, limitate nel loro schematismo,


vorrebbero aiutare a comprendere diverse «apparenti»
contraddizioni, che le odierne organizzazioni riformate e
controriformate «islamiche» presentano; infatti operano solo
apparenti ruoli contrapposti che alla fine «devono» contribuire
ad una «nuova omogenea» fase dell’opera parodica.

Conclusioni

La nota conclusiva a questo intervento dovrebbe inoltrarsi ad


esaminare le dottrine escatologiche dell’Islam. Purtroppo ciò
richiederebbe un apposito e dettagliato studio che l’autore non
ritiene di dover affrontare nella sua complessità, almeno in
questa sede. Esistono peraltro già numerosi studi, specialistici
o meno, disponibili in diverse lingue occidentali.

Vogliamo qui limitarci a considerare come in passati momenti


storici (conflitto interno tra il quarto califfo ‘Ali ibn Abi Talib e
Mu’awiya, fine del Califfato abbasside, invasioni mongole,
ecc.) la comunità islamica abbia attraversato eventi di
“aspetto” apocalittico, senza nel suo insieme essere sconvolta
da alcun fremito millenaristico. Tale generalmente
l’atteggiamento attuale.

Indubbiamente le condizioni esteriori perché un’azione


arginante si formalizzi sono ben diverse, non fosse altro che
per la mancanza di un qualsiasi supporto esteriore, essendo
stato il califfato esteriore legalmente abolito (18) nel 1922 da
una vasta assemblea di autorità giuridico-religiose.

In questo caso non ci sarebbe da sorprendersi se una forma


tradizionale, o meglio l’élite depositaria della sua essenza (19)
finisse per utilizzare elementi esteriori di altre forme,
“fisicamente” più favorite nelle attuali contingenze, per
preservare se stessa.

Note

(1) Naturalmente ciò non va affatto interpretato come una


discriminazione contro le forme ortodosse dell’ebraismo, ma
come una possibile deviazione insita in tale rivelazione; non si
dimentichi che è appunto Mosè il vincitore coranico per
eccellenza su tali forze. Nell’arabo coranico si utilizzano tre
termini completamente diversi per indicare ora i deviati
controiniziati di derivazioni ebraica (Yahud), ora i pii israelit
(alladhîna hâdû), ora i depositari della tradizione israelitica
(Banû Isra’îl).

(2) Spesso alcuni autori tradizionalisti si sono riferiti a queste


forme come «atlantidee»; va qui sottolineato che questo
termine ha una assonanza con quello prettamente geografico
o geopolitico di «atlantico», ma forzare tale associazione
potrebbe esser ingannevole. Per fare un esempio, le tradizioni
sciamaniche dell’Asia centrale e del Nordamerica sono
strettamente legate e sono entrambe atlantidee, cosi’ come la
tradizione giapponese.

(3) Wahhabiyya, Salafiyya, Deobandi, Tabligh, Ikhwan etc.


etc., a loro volta continuatori dell’eterodossia kharigita presente
fin dall’origine della rivelazione coranica, a sua volta
riconnessa ad una «presenza» preislamica legata ad un
centro controiniziatico situato nel Nejd. Uno dei nomi di
Shaytan nella tradizione islamica è appunto “il Vecchio”,
letteralmente lo Shaykh, del Nejd; strano a dirsi il fondatore
storico del Wahhabismo, Mohammed Ibn Abd el Wahhab,
oltre ad esser originario di tale area, era appunto chiamato lo
Shaykh del Nejd. Molte sono le informazioni “inquietanti” che
potrebbero esser raccolte a proposito del movimento
“wahhabita” e che ne evidenziano una comune “filiazione”, al di
la’ dello “spazio e del tempo”. Vorremmo qui ricordarne due. 1)
Il non tanto famoso Nathan di Gaza, ispiratore e manipolatore
di Sabbatay Zevi e del suo movimento, scrisse a suo tempo un
falso rapporto diretto alle comunità ebraiche descrivendo un
fantomatico esercito ebraico che uscito dal Nejd, scorrazzava
per la penisola arabica, muoveva guerra al Califfo ottomano e
conquistava Mecca e Medina, DISTRUGGENDO LE TOMBE
DEI COMPAGNI DEL PROFETA E DELLA SUA FAMIGLIA.
Questo e’ esattamente quello che Mohammed abd Al Wahhab
fece 150 anni dopo il profetico rapporto del rabbino di Gaza. 2)
La Pulzella di Orleans, Jeanne d’Arc Romeé, fu a suo tempo
condannata come eretica per “avere ASSOCIATO a Dio le
voci che sentiva e per aver indossato abiti NON CONFORMI
CON IL SUO SESSO”, un odierno tribunale “wahhabita” di
Riyad o Gedda non potrebbe per tali “crimini” decretare un
diverso giudizio e condanna.

(4) Giusto per fare qualche esempio, organizzazioni quali gli


Ikhwan muslimum, od il Jamiat al Tabligh sono state
inizialmente originate ed ispirate da ambienti del tutto
ortodossi; solo successivamente sono state progressivamente
infiltrate e manipolate, sempre attraverso una deviazione
intellettuale di tipo wahhabita. Lo stesso si può affermare per il
movimento Dehobandi in India, i cui più recenti frutti sono i
Talebani afgani. Utilizzare un supporto spirituale «dissolto»
come base psichica di una successiva tendenza coagulante, o
viceversa, è una comune «opera» magica. Alla fine del secolo
scorso un centro di studi giuridico religiosi di stretta
osservanza sunnita, di scuola hanafita, si sviluppò a
Dehoband, cittadina del Nord dell’India. I giurisperiti di questa
scuola (che erano inizialmente ispirati da insegnamenti
tradizionali e strettamente collegati a diversi rami di due delle
principali turuq indiane, la Chistiyya e la Qadiriyya), pur
assumendo un atteggiamento di “vago” tenore moralistico
puritano, si sono sempre guardati dal condannare gli aspetti
spirituali ed esoterici dell’Islam, anzi. Purtroppo li hanno con il
tempo ridotti al loro livello di comprensione, trasformandoli in
pratiche ascetico-moralizzanti non immuni da un certo
psicologismo. Non a caso molti discepoli del recentemente
scomparso Shaykh Ali al Nadwi, uno dei maggiori esponenti
della scuola dehobandi e delle maggiori personalità del secolo
negli studi della tradizione profetica (scienza degli Hadith o
detti e fatti della vita del profeta Muhammad su di lui la pace),
sono degli psicologhi e pedagoghi di formazione occidentale
classica. E lui stesso non è stato immune da grossolani errori
come la stima per ben noti “controiniziati” ed agenti della
sovversione quali Jamaluddin Al-Afghani. Personaggio,
questo, che gode di una parossistica ammirazione da parte del
movimento dei “Talebani”, tanto che il suo mausoleo a Kabul è
stato recentemente restaurato con tanto di lauto finanziamento
UNESCO, mentre tombe di noti Awliya’ (santi) sono lasciate
cadere a pezzi. Una tendenza del tutto opposta si sviluppò
contemporaneamente ad opera dell’Imam Reza Khan al
Qaderi al Baralewi, originario dell’omonima città dell’India, per
contrastare le “innovazioni” di ispirazione wahhabita dei
giurisperiti dehobandi, quali la condanna della celebrazione
della nascita del Profeta (Mawlid al-nabi) o della visita alle
tombe dei santi. Questa scuola, pur rimanendo nell’ambito
dell’ortodossia sunnita e a suo modo preservandola, tende ad
esteriorizzare molte pratiche rituali della tariqa qadiriyya,
esasperandone l’aspetto sentimentale e devozionale a
detrimento di quello intellettuale e metafisico. Queste due
“polarizzazioni” sono un chiaro esempio di tendenze, l’una
coagulante l’altra dissolvente, che nel loro insieme
contribuiscono alla divisione ed alla confusione nel seno della
tradizione islamica.

Un fenomeno molto simile si sta attualmente verificando sotto


altri aspetti anche in cosiddetti ambienti “tradizionali”
musulmani in Gran Bretagna e nelle Americhe, tra immigrati di
seconda generazione e convertiti, dove turuq tradizionali o si
esauriscono in devozionalismo formale o si irrigidiscono in un
puritanesimo razionalistico. Un sottomovimento derivato dalla
scuola Dehobandi è il Jamiat al Tabligh, una specie di versione
islamico-indiana dell’Esercito della Salvezza, i cui fini sono
essenzialmente la “riforma” dei costumi morali e la
dissuasione da pratiche tradizionali quali la visita alle tombe
dei santi ed il sacrifico di animali in loro onore, il tutto nel più
tipico stile delle dottrine wahhabite.

Gli Ikhwan al Muslimum furono ispirati da Shaykh Muhammed


al Hanafi al Shadhili (che Allah santifichi il suo segreto),
attraverso l’opera del suo discepolo e fondatore storico degli
Ikhwan Dr. Hasan Al Banna. Il fine originario di tale
organizzazione, sorta immediatamente dopo la fine del
Califfato ottomano, era appunto l’azione politica, anche
“rivoluzionaria”, per l’instaurazione di un nuovo Califfato
esteriore; purtroppo l’atteggiamento fortemente individuale del
Dr. Al Banna e la progressiva infiltrazione di elementi
wahhabiti portarono alla deviazione del movimento dopo
l’assassinio dello stesso Al Banna.

(5) Questi due ultimi luoghi sono comunque, dal punto di vista
islamico, provvidenzialmente protetti. Quanto sia irreale qui il
potere dell’eretica casa dei Saud, ad ogni pellegrino
musulmano è dato di constatarlo durante la sua permanenza
in Arabia Saudita. Tuttavia un macroscopico esempio della
presenza profanante del wahhabismo è il completo
accerchiamento fisico delle due più sacre moschee dell’Islam
da parte di Mac Donalds e Kings Burgers, e da altri veicoli
della più volgare cultura occidentale, tanto amata ed ammirata
dagli attuali «custodi» dei luoghi santi dell’Islam. In questo
caso, come in altri, il paesaggio fisico è uno specchio di quello
dell’anima.

(6) A questo proposito vorremmo qui menzionare di sfuggita


una «leggenda» raccolta in alcuni ambienti dell’esoterismo
islamico, che vuole il centro supremo della gerarchia «sottile»
degli AS localizzato nelle Antille occidentali.

(7) Esiste una lettera di René Guénon del 25 marzo 1937


(citata in: Jean Robin, René Guénon, la dernière chance de
l’Occident, Trédaniel 1983, pp. 67-68) : «Queste sembrano
piuttosto disposte secondo una specie di arco di cerchio che
circonda l’Europa ad una certa distanza: una nella regione del
Niger, da cui già all’epoca dell’antico Egitto si diceva
provenissero i maghi [neri] più pericolosi; una nel Sudan, in
una regione montagnosa abitata da una popolazione
‘licantropa’ di circa 20.000 individui (conosco qui [i.e. al Cairo]
dei testimoni oculari della cosa) ; due in Asia Minore, una in
Siria e l’altra in Mesopotamia; poi una dal lato del Turkestan
[…]; dovrebbero quindi essercene ancora due più a nord verso
gli Urali o la parte occidentale della Siberia, ma devo dire che,
fino ad ora, non arrivo a collocarle esattamente». Ci
permettiamo di aggiungere che anche all’autore del presente
articolo la presenza della torre in Sudan, così come dei
licantropi, è stata confermata da fonti locali: se qualche lettore
volesse accostare questa informazione all’ormai decennale
conflitto per il controllo del Sud del Sudan non andrebbe
troppo lontano dall’identificare la sua vera origine.
(8) Le catene iniziatiche dell’esoterismo islamico sono
anch’esse enumerate in termini eminentemente simbolici,
essendo le vie verso Allah, jallahu wa shanahu, tante quante
le anime delle sue creature. Comunque diversi autori
tradizionali sono concordi nel «riassumere» in quattro gli ordini
principali, a loro volto suddivisi in diversi usul o «modalità», per
un totale di 12 o 14 principali linee di trasmissione. Contando
le diverse ramificazioni e gli adattamenti operati su una stessa
linea a seconda delle condizioni spazio-temporali, diversi autori
indicano un numero totale di 70 o 313 ordini iniziatici, non
comunque tutti attivi nella stesse aree e nelle medesime
epoche.

(9) Non a caso il primo reale atto di «secolarizzazione» della


società ottomana da parte di Kemal Ataturk, nato a Salonicco
da una famiglia israelita sabbatista, fu l’abolizione delle
confraternite.

(10) Questa «tecnica» è stata con un certo successo adottata


per la gestione del «colonialismo»: le diverse potenze coloniali
(dall’impero zarista in Asia Centrale ai Francesi in Nordafrica e
gli Anglosassoni in India) hanno spesso fronteggiato decennali
opposizioni di una parte dell’élite islamica, mentre l’altra parte
predicava la «pacificazione» se non la collaborazione… Il
risultato è stato il mantenimento di uno status quo di società
tradizionale per quasi due secoli, fino agli anni cinquanta,
quando i modernismi nazionalistici e le varie forme di
«riformismo» più meno wahhabizzanti hanno fatto quello che
150 anni e più di colonialismo europeo non erano stati capaci
di produrre. Questa modalità è in parte ancora la «via di
sopravvivenza» in situazioni belliche estreme come in Cecenia
e nei vari conflitti centroasiatici, dove si deve spesso scegliere
tra i due mali quello minore.

(11) Va fatta una precisazione: la controiniziazione non è


esclusivamente di origine egizia. Altre forme deviate di
tradizione «atlantidea», quali quelle sciamaniche, hanno
spesso svolto il ruolo di supporto per influenze
controiniziatiche. E’ il caso delle correnti kulbash ed alidi della
Shi’a estrema e di alcune scuole kabalistiche, da cui derivano
il Sabbatismo ed il Frankismo, che traggono origine storica ed
etnica da popolazioni sciamaniche turco-asiatiche (gli ebrei
d’oriente o «ashkenazi» sono derivati da una complessa
commistione di elementi turco-mongoli convertiti, i Cazari, e
diverse correnti migratorie dal Centro Europa e dalla Spagna).
È alquanto sorprendente che alcuni ambienti che si
propongono di contrapporsi al nuovo ordine mondiale tengano
in considerazione e stima tali movimenti. Va inoltre aggiunto a
questo proposito che l’Occidente e principalmente il mondo
anglosassone sono stati e sono l’obiettivo preferito di un
insieme di “correnti” pseudoiniziatiche di “ispirazione” islamica
che tendono a separare l’aspetto giuridico legale da quello
spirituale, spacciando il cosidetto “sufismo” per qualcosa di
non necessariamente connesso con l’Islam. Personaggi
equivoci ed “oscuri” quali Inayat Khan, Idries Shah o Gurdjieff
non solo sono stati i veicoli di tali correnti, ma sono tutti,
guarda caso, originari dell’area geografica turco-asiatica, da
cui si sono mossi per “fecondare” i più recettivi ambienti
angloamericani. Attualmente perfino alcune turuq
centroasiatiche o turche apparentemente regolari hanno
seguito in forme meno evidenti tali tendenze, e non
sorprendentemente si sono anch’esse praticamente trasferite
“ad occidente”. Questi movimenti “neospiritualisti” hanno
inoltre in comune la presenza ed il ruolo di elementi ebraici,
completamente sradicati dalla loro forma tradizionale, ma
perfettamente a proprio agio nella cultura globalista. E se la
Shari’a (normative giuridico-religiose) senza Tasawwuf è Kufr
(miscredenza), il Tasawwuf senza Shari’a è Zanduq
(“controiniziazione”).

(12) In questo quadro prendono coerenza gli schizoidi


comportamenti delle «forze atlantiche» in conflitti quali il
Caucaso e l’Afghanistan, dove da un lato si condanna,
dall’altro si finanzia ed alla fine si arriva a bombardare gli
stessi personaggi che con tanta cura sono stati allevati e
appoggiati. Non saremmo sorpresi se in un futuro non lontano
Shamil Basaev divenisse un nuovo bin Laden, cacciato con
satelliti e missili da crociera da chi oggi lo descrive come un
combattente per la libertà. Da un lato ciò preserverebbe la
«verginità delle dottrine eretiche che professa agli occhi di
tanti semplici musulmani, dall’altro eliminerebbe
compromettenti quanto incontrollabili testimoni, il tutto
aumentando la confusione e l’incertezza. Lo stesso per quello
che riguarda in genere i wahhabiti del Centro Asia, il fine della
loro «evocazione» è la chiusura in riserve di enormi masse di
popolazione altrimenti difficilmente assorbibili dalla Modernità
avanzante, futura carne da macello per i Signori del Mondo.
Ed il copione con i campi profughi della Palestina occupata e
Hamas è esattamente lo stesso. È il miglior piano di
sottoproletarizzazione forzata ed omologazione mai
«diabolicamente» concepito.

(13) Un famoso detto profetico afferma che la maggioranza


della comunità islamica non sarà mai concorde nell’errore.
Ovviamente, questa «maggioranza» è e sarà sempre più in
futuro una maggioranza silenziosa, esclusa dalle enorme
potenza sia economica che tecnica che invece appoggia
qualunque forma di deviazione al suo interno.

(14) Tariqa, plurale turuq, vuol dire letteralmente sentiero o


metodo; indica un insieme di pratiche rituali e di insegnamenti
spirituali originati da un Santo, raccolti, organizzati e
tramandati da una organizzazione che ad esso storicamente si
riconnette. Nell’essenza si tratta, come già accennato, delle
forma islamica di organizzazione «iniziatica», ma con
estrapolazioni e funzioni che si estendono al domini sociali e
talvolta politici. L’organizzazione in sé quindi può nel tempo
deviare dai i suoi originari fini e trasformarsi in un movimento
devozionale e sociale limitato esclusivamente agli aspetti
esteriori dell’Islam. Sono la conservazione dell’insegnamento
metafisico, dell’operatività dei riti iniziatici e l’accesso limitato
alle sole persone ritenute appropriatamente «qualificate» che
permettono il mantenimento della funzione primarie di tali
organizzazioni. L’organizzazione è solo un supporto esteriore,
ai tempi del Profeta ( su di Lui la Pace) e dei suoi Compagni
(su di loro la soddisfazione di Allah) il tasawwuf (l’aspetto
interiore e metafisico dell’Islam) era una Realtà senza forma;
con il tempo puo’ diventare una forma senza Realtà.

(15) Altamente significativo, a nostro modesto parere, è il fatto


che il terreno di scontro tra queste due «tendenze devianti
dell’Islam» – Riformati e Controriformati – è…. la rete
telematica globale o internet.

(16) Questa area ha un evidente significato geopolitico come


cerniera tra l’Europa centro-occidentale e l’Oriente centro-
asiatico, ma non si può negare che il controllo dei Balcani e
dell’area albanese a ridosso abbia rivestito un particolare ruolo
nelle storia. L’ultimo califfato, quello ottomano, ha praticamente
mantenuto il suo equilibrio fino alla perdita dei Balcani; quasi
contemporaneamente i diversi khahanati centroasiatici
perdevano la loro indipendenza, cosi come finiva ogni
resistenza al dominio britannico nel sub-continente,
(1830-1870). Tenendo presente che queste aree così
apparentemente lontane ricadono sotto l’influenza delle
medesime organizzazioni iniziatiche e rivestono simili e
connesse funzioni nella «geografia sacra» di questa porzione
del Dar al Islam (denominazione tradizionalmente applicata
nell’Islam ai territori con popolazioni a maggioranza islamiche),
questi eventi non sono casuali. Una instabilità in Centro Asia
dall’Afghanistan al Caucaso si «riverbera» sempre nei Balcani
e viceversa. E questo per ragioni ben più profonde di quelle
geopolitiche.

(17) Una dei tanti «genocidi» dimenticati perché scomodi o


non tanto comodi, è quello dei Bulgari musulmani della
Pomakia, regione divisa tra Grecia e Bulgaria nel 1912. Un
carattere specifico comunque delle recenti violenze contro le
popolazioni musulmane di Bosnia ed in parte del Caucaso è
che i loro autori non solo hanno fatto il «lavoro sporco» per
quelli che loro stessi riconoscono come il principale
avversario, il mondo occidentale, ma lo hanno ulteriormente
giustificato nella sua pretesa di «unico» ed «imparziale»
giudice dei conflitti internazionali. Molte sono le informazioni
sul conflitto bosniaco che sono “sfuggite” al grande pubblico,
ad esempio: le autorità religiose musulmane non hanno mai
proclamato formalmente il Jihad (o “guerra” santa), i molti
“volontari” stranieri, per lo piu’ arabi salafiti (wahhabiti
estremisti), hanno raramente preso parte alle azioni belliche, e
spesso sono stati più di intralcio che d’aiuto. Uno dei loro capi
più estremisti, legato al “jihad islamico egiziano”, occupato più
a “convertire” i suoi correligionari che a proteggerli, è stato
eliminato dagli stessi musulmani bosniaci. E, guarda caso, gli
occidentali così preoccupati di una “infezione
fondamentalista”, reclutavano i loro “emissari” da inviare
presso i musulmani bosniaci tra gli intellettuali salafiti del
mondo arabo, spacciandoli sul posto con tanto di protezione
UN, e questo solo per fare qualche esempio.

(18) Che organizzazioni di inquietante origine e dottrina quali


Hizb al Tahrir si arroghino il compito di rivivificare tale
istituzione sacra «dall’esterno», come ente politico
sovranazionale, può far comprendere il più profondo
significato della «autorizzato» occultamento di questo come di
tanti altri aspetti tradizionali nella struttura dell’Islam
contemporaneo, dalle gilde artigianali allo studio delle scienze
cosmologiche, quali l’alchimia. Il sentimentale ed artificiale
tentativo di alcune organizzazioni di ricostituire tali istituzioni
senza possedere la scienza interiore relativa ad esse, è
sufficiente marchio di riconoscimento della loro reale natura.

(19) E l’élite dell’ultima forma tradizionale rilevata è tout court


l’élite deputata alla preservazione di tutte le forme tradizionali,
nella loro essenza.

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