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LETTERATURA TEDESCA 15/10/2021

Nel capitolo VI si descrive, in maniera ancora più atroce, l’orrore del fronte perchè
non si parla soltanto della morte dei cavalli ma si descrive in dettaglio la morte spesso
lunga, spesso terribile, degli uomini e si parla anche dei vivi che sono costretti a
confrontarsi di maniera brutalmente diretta con queste morti.

Parliamo ora di un pittore, anch’egli appartenente alla neue Sachlichkeit e cioè Otto
Dix.
Lo vediamo già dagli anni in cui questo quadro è
stato dipinto che si tratta della nostra Weimarer
Republik, periodo in cui sono attivi sia Gosz che
Otto Dix. Otto Dix, anche famoso per il grande
formato delle opere che ha dipinto, fra il ’27 e il
’29 dipinge questo trittico “Großstadt”
(metropoli) riferendosi forse a Berlino. In questo
trittico, tre collegati fra loro, si vede il contrasto
stridente fra quella società dei padri, dei
Kantorek che ha mandato in guerra questi ragazzi e ciò che la guerra è stata per loro.
Al centro vediamo un locale da ballo dove ci sono delle figure femminili eleganti che
non solo hanno abiti di colore sgargiante ma hanno la gonna e i capelli corti. Questi
capelli corti, all’italiana si dicono “alla maschietta”, e queste gonne corte sono una
moda rivoluzionaria dell’immagine della donna che si afferma negli anni 20 cioè
durante la Repubblica di Weimar quando sicuramente si può dire che la condizione
sociale della donna si emancipa, entra nel mondo del lavoro, somiglia per certi versi a
quell’uomo che fino alle soglie del nuovo secolo è stato il protagonista indiscusso ed
unico della vita pubblica. Aldilà di questo però preme sottolineare il contrasto
stridente che c’è fra il mondo rappresentato nella tela centrale e anche quello a destra
con immagini di donne impellicciate, ma anche pesantemente truccate, che fanno
pensare indubbiamente a delle prostitute perchè l’abbigliamento sgargiante,
particolarmente ricco ed eccessivo, connotava in maniera inequivocabile la prostituta.
Quindi, se al centro abbiamo la rappresentazione della società colta nel suo canonico
divertimento, e sicuramente la musica che qui si suona è quella proveniente
dall’America cioè il Jazz, a destra e a sinistra abbiamo una rappresentazione di quella
metropoli che rimanda però alle conseguenze devastanti della guerra. Sappiamo che
la guerra si è svolta nel ’17 e che questo quadro è stato dipinto successivamente ma,
come nel caso del romanzo di Remark che nelle arti figurative, la devastazione della
guerra si rappresenta postuma, appunto durante la Repubblica di Weimar. I
Kriegsroman migliori, tra cui indubbiamente quello di Remark, si scrivono alla fine
degli anni 20 e nonostante la riluttanza del pubblico a leggere questi romanzi, come
nel caso dell’editore Fischer con Remark, l’arte è proprio in questo momento che
riflette sulla guerra. E l’arte letteraria, e l’arte figurativa. E qui la guerra, soprattutto
nella tela di sinistra, si vede benissimo perchè vediamo un soldato di spalle che si
appoggia a delle grucce perchè le gambe non le ha più. E proprio di questa
mutilazione atroce del corpo umano, chi perde braccia/occhi/gambe, si parla in
maniera crudelmente precisa nel romanzo di Remark. Quindi, già questo trittico di
Otto Dix ha un forte legame col romanzo di Remark e ce l’ha anche per un altro
motivo cioè per il fatto che Remark, fondamentalmente, basa il discorso del suo
romanzo sul conflitto generazionale cioè ci fa vedere gli anziani, i potenti, i padri, le
figure istituzionali…i responsabili della guerra; dall’altro ci fa vedere invece che cosa
è stata la guerra, quale distruzione abbia portato per la giovane generazione che è
stata illusa da questi padri. Inoltre, non vediamo solo la mutilazione del soldato a
sinistra ma il fatto che il soldato si muove in un mondo basso cioè questo è
sicuramente un quartiere povero, le prostitute non sono vestite con una stola di
pelliccia come quelle a destra perchè ci sono prostitute per i ricchi e quelle per i
poveri, per i reduci che non si possono permettere di andare con quelle più in su.
Quindi, qui a sinistra abbiamo in toto la rappresentazione del mondo del reduce,
anche le architetture sono povere, ma a sinistra in un mondo sfavillante di ricchezza
c’è anche uin reduce che chiede l’elemosina. In conclusione, il contrasto tra quella
generazione di borghesi ricchi e ben pensati che ha voluto la guerra e coloro che poi
tornano distrutti <<nell’anima e nel corpo>> (come dice l’epigrafe del romanzo) è già
estremamente forte in questo trittico e lo diventa ancora di più quando lo
confrontiamo con un altro trittico di Otto Dix risalente al 1928.
Qui veramente sembra un commento figurativo
al IV e al VI capitolo, in particolare, del romanzo
di Remark. A sinistra abbiamo dei soldati che si
muovono nella nebbia, della nebbia si parla
proprio nel capitolo VI e si dice che da una parte
protegge il soldato ma rende più difficilmente
visibile il nemico. È la nebbia con la quale
spesso il soldato si deve confrontare all’alba
perchè all’alba c’è sempre la nebbia e muoversi
nella nebbia porta freddo, umidità, la paura di non vedere chi sta dall’altra parte. Qui,
nella parte centrale del trittico, vediamo davvero l’orrore. L’unico essere ancora vivo,
perchè è una scena di morte assoluta in cui ci sono pezzi di cadaveri e scheletri appesi
agli alberi, non è riconoscibile perchè porta una maschera antigas. Quindi, qui noi
vediamo non solo l’orrore dell’umano ma anche la distruzione dell’identità
dell’essere umano. Qui nessuno è quell’individuo che nella società aveva un
cognome, una storia, una famiglia, degli affetti, una vita da costruire…nessuno ha un
volto, la guerra cancella il volto del soldato. E invece sulla tela di destra vediamo un
soldato che con grande fatica trasporta un ferito in punto di morte o un cadavere di un
amico, come succede anche nel romanzo di Remark. In questo personaggio, che
invece qui maschera non ha, è stato riconosciuto il ritratto di Otto Dix che spesso ama
ritrarsi nei suoi quadri anche perchè Otto Dix ha conosciuto la Prima guerra mondiale
e questo è un modo di dire <<io c’ero, io l’ho vista>>. Alle sue spalle qualcosa si è
incendiato, forse una bomba ha provocato un incendio e poi l’atroce colpo di classe di
questo trittico è quella che nei trittici dell’arte sacra (era un dipinto a tre destinato
all’altare in cui al centro veniva raffigurata la scena madre e a destra invece si
rappresentavano i personaggi secondari della scena sacra e poi c’era questa parte
inferiore che si chiamava predella in cui poteva venire raffigurato un personaggio
sacro così come i committenti del quadro) cioè un “Graben” (fossa, tomba) una
trincea di uomini sdraiati anche se non sappiamo se sono sdraiati semplicemente per
difesa o se sono cadaveri. Questo è davvero un quadro che sembra tradurre
iconograficamente il romanzo di Remark, in particolare quei capitoli in cui si
descrive l’orrore (das Grauen) del fronte.

VI CAPITOLO: in questo si rappresenta la crisi di una recluta che, in preda a un


panico e a una paura irrazionale, vuole uscire da questa trincea, vuole scappare ma
questo equivale a morire perchè chi scappa dalla trincea viene raggiunto
immediatamente dal fuoco. Questi casi di attacchi di follia, di psicosi che coglievano
migliaia di soldati soprattutto molti giovani che non erano abituati ad affrontare tutto
questo, erano frequentissimi ed erano anche il motivo della pazzia di tanti reduci.
Cosa fanno i compagni per aiutare questa recluta? La picchiano ferocemente, la
prendono a cazzotti in modo che una volta picchiata la recluta non può più
fisicamente fuggire ma in questo modo lo salvano dalla morte.
Ora legge un passo in cui Paul Bäumer cerca rifugio in un ricordo trasfigurato, che
non è propriamente aderente alla realtà, non può e non vuole esserlo ma è veramente
una sorta di evasione, l’una forse che è possibile al soldato nel silenzio e nella
bellezza. Perchè nel silenzio? Un’altra violenza che il soldato doveva sopportare al
fronte è il rumore dell’armamentario bellico ma anche il rumore umano appunto delle
grida delle persone che pativano sofferenze atroci.
Siamo a pag 109 della professoressa (89 sul sito che ti ho mandato). “Es ist seltsam,
daß alle Errinerungen…außerhalb von ihr sind” →questi ricordi sono pieni di
silenzio. Il silenzio è la cosa più forte di questi ricordi, è la cosa che più agisce su di
lui tanto che si deve afferrare un braccio per non lasciare andare il proprio corpo in
questo silenzio che lo seduce e lo cattura perchè allegando in questo silenzio
immaginario lui dimentica la battaglia di cui è parte. E poi ci dice una cosa molto
chiara <<sono così silenziosi perchè per noi il silenzio è inconcepibile. Al fronte non
esiste il silenzio e l’incantesimo in cui ci tiene prigioniero il fronte è così forte che
noi non riusciamo mai a romperlo, mai a liberarcene>>. Un’altra volta ha paragonato
il fronte a un gorgo che lo tira giù e contro il quale lui non riesce in nessuna maniera
a liberarsi. Bisogna quindi ricordarsi che questa terribile cinepresa scorre impassibile
attraverso gli eventi bellici, atroci che vedano co-protagonista Paul Bäumer e i suoi
compagni e il narratore che comunque crea questi momenti di ricordo e di riposo. Un
ricordo che si lega strettamente a uno dei grandi temi di questo romanzo, in generale
quello dello Lost generation e più in particolare quello del mondo di ieri cioè quello
che da questi ragazzi è stato perduto. Il mondo di ieri, in realtà, è il titolo di un
romanzo che verrà scritto molti anni dopo, degli anni Quaranta da uno scrittore
austriaco Stephan Zweig. Però questo titolo del suo romanzo, che non c’entra nulla
con il romanzo di Remark ma che è diventato un romanzo famosissimo quando fu
pubblicato, si lega bene a uno dei temi del romanzo di Remarque cioè al tema del
mondo perduto, a quel passato che è stato completamente distrutto da quella guerra a
cui questi ragazzi non hanno più un reale, un possibile accesso. Un esempio di questo
tema lo troviamo nel VII capitolo del romanzo di Remark quando Paul bäumer,
grazie ad una licenza, ritorna a casa ritrovando ovviamente la madre, la sorella, il
padre, i luoghi dell’infanzia, la sua camera, i suoi libri ma dice <<fra me e loro c’era
un abisso>> cioè non riesce più a provare le sensazioni che provava un tempo quando
entrava in contatto con certi mondi. Anche con la madre, che per lui è la figura più
cara, non riesce a trovare un vero rappporto perchè quando la madre gli dice <<deve
essere dura lì al fronte>> lui non sa come descrivere cosa succede perchè è
semplicemente troppo, come si fa a dire l’orrore?

Ritornando al romanzo…Prima di arrivare al VII capitolo la professoressa ci legge


altri momenti importanti in cui Paul Bäumer ci dice quanto tutto sia perduto.
VI CAPITOLO (pag.90 pdf/ pag.110 libro prof): “Hier in den Gräben aber ist sie uns
verlorengegangen.” →qui però nelle trincee l’abbiamo persa. Che cosa hanno perso?
Il ricordo, che è solo un silenzio che dà pace ma non dà quello che era stato loro un
tempo. “Sie steigt nicht mehr aus uns auf; …” →non vale più il ricordo da noi, “wir
sind tot…General zu werden” → <<Sie>> è il pronome che sta per die Errinerung;
noi siamo morti e il ricordo se ne sta lontano all’orizzonte, è un’apparizione, un
riflesso enigmatico che ci viene a trovare come un fantasma, che ci fa paura e che noi
amiamo senza speranza. È forte così com’è forte il nostro desiderio ma è
irraggiungibile e noi lo sappiamo ed è altrettanto vano quanto l’idea di diventare dei
generali…quindi qui si parla del ricordo ma della sua impossibilità, noi vorremmo
ricordare ma il ricordo ci viene a trovare <<come un fantasma che ci fa paura e che
noi amiamo senza speranza>>. È bellissimo questo passo perchè appunto racconta,
con delle parole particolarmente toccanti, la distruzione dell’anima che la guerra
provoca nel soldato. Alla fine di questo paragrafo (i capitoli sono divisi in paragrafi
piccoli proprio per quella forma episodica che ha la narrazione nel romanzo di
Remarque) si legge una frase lapidaria pronunciata da Bäumer “ich glaube wir sind
verloren”.
Continuando si continua a parlare dei morti, della puzza terribile nell’aria a causa dei
gas tossici. (pag98 pdf/pag.120 libro prof) all’inizio di uno dei sottocapitoli che
compongono il lungo VI capitolo troviamo uno di quei passi enumerativi: “Trommel
feuer…das Grauen der Welt” →qui si elencano alcune tra le più micidiali armi da
guerra che questi soldati usano e subiscono durante la Prima guerra mondiale.
<<tempesta di fuoco, fuoco d’interdizione, cortina di fuoco, bombarde, gas,
mitragliatrici, bombe a mano>> insomma c’è tutto un elenco di armi che
componevano l’artiglieria dell’esercito e poi con un trattino di sospensione <<parole,
parole, ma sono solo parole che abbracciano tutto l’orrore del mondo>>. Questi passi
enumerativi sono, da un punto di vista formale, particolarmente rilevanti perchè
sottolineano a livello di microstruttura del testo quella che è la macrostruttura cioè
anche la forma dell’intero romanzo è fondamentalmente un elenco, un allineamento
di episodi atroci che contraddice la forma evolutiva e gerarchica, ad esempio, proprio
di quel romanzo di formazione di cui il nostro testo vuole essere l’antitesi. Cioè in un
romanzo di tipo tradizionale, quello di formazione nello specifico, abbiamo
un’organizzazione gerarchica del racconto, abbiamo continuamente un primo piano e
uno sfondo, una figura dominante e le figure di contorno o marginali; qui non c’è
evoluzione, come negli elenchi un episodio può stare al posto di un altro, gli unici
eventi che cambiano sono quelli narrati nei primi tre capitoli che raccontano
l’ingresso in guerra e l’ultimo perchè ci dice della morte del protagonista. Ma tutto
ciò che sta nel mezzo, l’esperienza della guerra, è un racconto di tipo paratartico o
episodico che fondamentalmente allinea un episodio dopo l’altro senza che la
sequenza di questi episodi alteri il corso delle cose perchè è solo guerra, morte o
distruzione. A pag.100 del pdf/ pag.122 del libro prof è importante segnalare un
passo che traduce un po' il secondo dipinto di Otto Dix che abbiamo visto “Wir sehen
Menschen leben, denen der Schädel fehlt” →sono passi orrendi come il quadro,
vediamo per esempio un soldato che arranca per 2 km appoggiandosi sulle mani
perchè ha le ginocchia fracassate.
VII CAPITOLO: Bäumer non è ancora partito per la licenza ma c’è sempre un
momento di riflessione del protagonista che insiste sul tema della Generazione
perduta.
(pag.102/pag.125 libro prof) “Alles ist Gewonheit, auch der Schützengraben” →tutto
è abitudine, ci si abitua anche alla guerra non si può fare altrimenti, anche alla
trincea. “Diese Gewonheit…darüber nachdenkt” →qui si parla ancora del modo in
cui l’anima viene cambiata dalla guerra infatti dice che l’abitudine è quella ci aiuta a
sopportare tutto questo ed è quella che ci fa dimenticare quello che abbiamo appena
visto: le mutilazioni, il sangue ecc. ma domani se non c’è battaglia, se siamo liberi,
riusciamo anche a scherzare tra di noi. In realtà, noi non dimentichiamo nulla di
quello che abbiamo visto ma, finché dobbiamo stare al fronte, questo oblio
superficiale dell’orrore è ciò che ci consente di andare avanti cioè ci permette di non
impazzire perchè chi si sofferma con l’anima, con la mente su quello che vede ne
rimarrebbe paralizzato e non potrebbe continuare a combattere. Di nuovo fra le righe
appunto il tema della perdita di senno, della follia di tanti soldati che sono tornati al
fronte o che sono impazziti durante la guerra stessa. Alla fine del passo che abbiamo
citato dice che l’orrore si lascia sopportare finche lo si accetta ma uccide se ci si
riflette un po'. Quindi, l’orrore non può sembrare orrore perchè se uno con una mente
normale si ferma a riflettere su ciò che sta guardando impazzisce. Sempre in questa
parte parla anche dell’impossibilità di assecondare i sentimenti: il dolore della perdita
di un compagno, della sofferenza delle loro madri, di coloro che stanno a casa, anche
per i nemici. Quindi i sentimenti devono essere banditi, sono un lusso che il soldato
non si può permettere. Ancora dice il dolore di vedere i propri compagni mutilati e fa
l’elenco di quello che è successo ad ognuno di loro: (pag.103) “…Mayer ist tot…wir
leben” →uno è morto, uno ha perso le gambe…cioè fa l’elenco di tutti i morti e dei
dispersi ma a un certo punto dice che devono dimenticare anche questo. Anche qui
dobbiamo stare attenti all’ossessiva ripetizione della parola “Grauen” così come a
tutto l’argomento del “ricordare e dimenticare”, cioè dello stress a cui l’anima è
sottoposta in quelle che erano state fino ad allora i suoi impercettibili modi di essere,
di modi di vivere quindi conservare i propri ricordi, attaccarsi ai ricordi, non
dimenticare quelle cose brutte e le sofferenze che li hanno colpiti. Ecco qui l’anima
deve rovesciarsi come un guanto e fare l’allenamento opposto a quello che è stata
abituata a fare prima dell’orrore, i ricordi belli dell’infanzia non ci sono più, bisogna
dimenticare almeno per il momento anche se invece queste cose si aggrappano
all’anima e purtroppo saranno impossibili da dimenticare.
(pag.104 pdf/127 libro prof) “Die Tage, die Wochen…gegen wen?” →qui c’è un
momento invece di riflessione del protagonista che dice <<i giorni, le settimane, gli
anni che abbiamo passati qui, anche se noi vorremmo dimenticarli, torneranno;
torneranno anche i nostri compagni morti, risorgeranno e marceranno accanto a noi.
E noi allora avremmo le teste più libere, l’anima più libera, avremo uno scopo, forse,
nella vita e marceremo con i nostri camerati morti accanto a noi, gli anni del fronte
alle nostre spalle ma contro chi, contro chi?>> cioè contro chi marceranno? Chi sarà,
a guerra finita, il nemico a cui potranno rimproverare tutto questo?
Arriviamo alla licenza di Paul, precisamente a pag.114 pdf/pag.138 libro prof .
Questa seconda parte del capitolo racconta del ritorno a casa di Paul Bäumer che
ovviamente è invidiato dagli altri, che parte con animo pieno di gioia e speranza, è in
treno, attraversa il paesaggio noto di cui non godeva più da tempo e finalmente
sembra che il fronte gli stia alle spalle. Quando arriva a casa incontra la sorella, prima
di tutto, e la madre.
(pag.116 pdf/pag141 libro prof) “Unter meinen Stiefeln…Mutter, Paul ist da” →qui
la narrazione prende un tono più pacato, l’orrore del fronte è lontano. Qui dice che,
come entra in casa, sente i gradini della scala, evidentemente in legno, cigolare, sente
una porta che sbatte, è sabato quindi sa che hanno fatto il dolce di patate, è sicuro che
sia stata la sorella che ha cucinato e che sia casa, poi c’è l’incontro con
quest’ultima…insomma viene ricreata un’atmosfera positiva con cui si racconterebbe
il ritorno a casa, in famiglia, di chiunque. Ma in realtà tutto questo ci prepara alla
delusione che vivrà Paul successivamente. Paul chiede alla sorella della madre e gli
risponde dicendo che è a letto gravemente malata, pare le sia stato diagnosticato un
tumore. (pag.118 pdf/pag.143 prof) “Setz dich zu mir…Abendbrot und singt dazu”
→questo è un passo molto importante anche se breve: la madre è a letto malata, lui
nota che le mani sono bianche tipiche di una donna malata, gli dice solo poche parole
e <<io gli sono grato che lei non mi chieda niente. Che dovrei dire? Tutto ciò che
poteva accadere è accaduto. Io comunque sono tornato sano a casa e adesso sono
seduto accanto a lei e in cucina c’è mia sorella che prepara la cena e addirittura
canta>>. Lui dice menomale che la madre non gli chiede nulla perchè non potrebbe
parlare, anzi non sa come raccontargli l’orrore vissuto e quindi lui torna nella
normalità di coloro che se non hanno subito un bombardamento non sanno di cosa sia
la vita al fronte ma non si può neanche raccontare perchè non ci sono parole per dire
quello che si vive al fronte. Continuando Paul parla fra sé e sé, offre allo spettatore
una sorta di monologo in cui racconta cosa gli succede in famiglia, che la madre gli
ha riservato la conserva di mirtilli perchè a lui piace tanto ecc. “Ich sitze an ihrem
Bett…ein Schritt dazwischen” →lui comincia a sentire l’estraneità da tutto quello che
paradossalmente si chiama familiare, che gli è familiare eppure, ormai, estraneo.
<<siedo al suo letto, attraverso la finestra vedo i giochi di luce sulle foglie degli
ippocastani che stanno nel giardino dell’osteria di fronte. Inspiro ed espiro lentamente
e mi dico sei a casa, sei a casa ma un certo imbarazzo non se ne vuole andare. Io non
riesco a ritrovarmi in tutte queste cose, l c’è mia madre, lì c’è mia sorella, lì c’è anche
la teca con le farfalle e c’è anche il pianoforte di legno di mogano ma io non ci sono,
non ci sono del tutto. È caduto un velo, tra me e queste cose c’è solo un passo che
non si può compiere.>> E quando la madre gli chiede, facendosi coraggio, se è così
brutto al fronte “War es sehr schlimm draußen, Paul? ... nicht so schlimm” lui capisce
che può solo mentire infatti dice <<madre, che ti devo rispondere! Non lo capirai e
non lo comprenderai mai, ed è bene che tu non lo comprenda mai. Se era brutto
laggiù, chiedi madre. Scuoto la testa e ti rispondo dicendoti no madre non è così
brutto, siamo in tanti laggiù, non è poi cos terribile>>. Quindi già questa impossibilità
di trovare conforto nella persona che per definizione non può fare di più al figlio cioè
la madre, lui è già grande, infatti, dice <<siamo nati giovani ma siamo diventati
subito vecchi>> perchè è costretto a comportarsi come un adulto.
Queste sono scene non solo toccanti ma sono le scene che meglio rappresentano il
senso dell’aggettivo “perduta” che è stato attribuito a questa generazione.
In uno degli episodi successivi, invece, si racconto del rapporto col padre. Lui
continua a cercare di convincere sé stesso di quanto sia bello essere a casa.
A pag.122 dice a sé stesso che il cielo è azzurro, ci sono i castagni, c’è la chiesa della
sua infanzia, può bere anche un bel boccale di vino, può mangiare tranquillamente
“das ist gut und ich liebe es…immerfort etwas hören” →<<queste cose mi piacciono,
sono ancora capace di amarle ma con le persone non riesco più ad avere un rapporto,
nemmeno con mio padre. Con lui è diverso, lui vorrebbe che raccontassi qualcosa del
fronte, lui ha dei desideri che io trovo commoventi e sciocchi e con lui non riesco,
ormai, ad avere più nessun rapporto. Lui vorrebbe sempre che io raccontassi
qualcosa, io mi rendo conto che lui non capisce che quello che lui vuole sentire non
può venire narrato, per me è pericoloso tradurre in parole le cose che lui vorrebbe
sentire.>> L’unica che capisce che non può parlare, quindi non fa domande, è la
madre; le altre persone, il padre per primo, chiedono, voglio sapere. Lui dice che non
sono fatti che si possono raccontare, non si tratta di vincere o di perdere ma si tratta
davvero di sopravvivere a quanto più di raccapricciante e barbarico la razza umana
abbia creato. “Ich begreife…in worte brige” →dice <<vi farei volentieri questo
piacere ma per me è pericoloso cercare di dire con le parole certe cose>> Perché lui
lo considera pericoloso? Perchè significa ricordare, significa impazzire. E quindi il
padre e la gente che lui incontra, successivamente c’è una scena di lui all’osteria in
cui gli fanno delle domande sciocche, atroci, cattive, lo celebrano da stolti come un
eroe, gli dicono di ritornare al fronte e di vincere ma ovviamente Paul scappa
dall’osteria, dalla disperazione che questi inconsapevoli, ignari discorsi, di persone
che non hanno visto la guerra, provocano dentro di lui.
*OFF TOPIC: nel ’36, pochi anni dopo dalla pubblicazione di questo romanzo, un
intellettuale e sociologo tedesco Walter Benjamin ebreo che durante la II guerra
mondiale, quando gli ebrei venivano perseguitati dal regime nazionalsocialista, cerca
di scappare a piedi dalla Germania ma non ce la fa, è troppo stanco, si rende conto
che non ce l’avrebbe fatta a compiere la fuga e quindi sarebbe senz’altro incorso
nell’esercito tedesco e quindi decide di togliersi la vita. Insomma, questo Benjamin
ha scritto un saggio “der Erzähler” (1936) da cui la professoressa ha tratto una
citazione. Commenta soprattutto le opere di uno scrittore russo ma questa è per lui, in
fondo, un’occasione per parlare di cosa sta succedendo all’arte narrativa dopo la
Prima guerra mondiale. E proprio in queste prime pagine del saggio parla
dell’impossibilità di raccontare come prima cioè dice <<dopo la guerra non si può più
concepire un racconto come noi l’abbiamo conosciuta fino al 1915. E la causa di
questo è la guerra.>> Ci dice proprio le ragioni dell’impossibilità del racconto, le
esperienze, che ha costretto alla gente la Prima guerra mondiale, sono state così
immani e così incommensurabili che non si poteva più raccontare come un tempo.
Quindi raccontare come si faceva un tempo con la guerra non è più possibile.

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