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Considerazioni pertinenti al ruolo svolto dal collegamento di messa a terra,

compresi i casi in cui potrebbe essere più proficuamente sostituito e quelli


in cui, come protezione, diviene controproducente e pericolosa fonte di
infortunio.           

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Nell’immaginario collettivo, la messa a terra è sinonimo di sicurezza, sia sugli impianti, sia sulle
apparecchiature elettriche.
La cosa non è vera in senso assoluto. Anzi: in vari casi la messa a terra è una forma di protezione
decisamente superata dall’evoluzione della tecnica e, in altri casi, diviene addirittura una pericolosa fonte di
pericolo.
E’ il caso, perciò, che anche gli addetti ai lavori abbiano occasione di riflettere sull’argomento prima di porre
in essere le proprie scelte progettuali, realizzative e comportamentali.
Non è il caso di parlare male della messa a terra; tutt’altro: è il caso di conoscerla meglio, anche in termini di
limiti e controindicazioni.
L’Italia è il paese dell’illogicità e del compromesso, non di rado imperniato del soddisfacimento di interessi
particolari. E’ un paese dove il D.P.R. 447/91, Regolamento di attuazione di una Legge, la famosa 46/90,
oggi prossima all’abrogazione e destinata a garantire la sicurezza degli impianti elettrici ( e non solo) negli
edifici civili, si permette di dichiarare una “sanatoria” sugli impianti elettrici già esistenti, considerandoli a
regola d’arte anche se privi dell’impianto di terra, purché protetti contro i contatti (bontà loro, siamo nel
1991!) e dotati di protezione differenziale con ldn non superiore a 30 mA(1).
Nel disprezzo della normativa tecnica, in vigore allora da già da tanti anni, e dei più elementari criteri di
prevenzione, il legislatore decise che potessero essere gli italiani stessi a fungere da conduttore di protezione.
Tra gli italiani, reputo, poi, che i meno bisognosi di protezione fossero i bambini. Da qui la decisione di
rinviare ripetutamente le scadenze per la messa a norma degli impianti elettrici delle scuole. Se questo è il
modello cui devono far riferimento, cosa ci si può aspettare dai cittadini di un simile Stato? Ben poco, in
verità, almeno in materia di salute e sicurezza.
Ciò non di meno si occupa di “cose elettriche “ ha un valido pacchetto di Norme tecniche di cui avvalersi.
Quelle, seppur non esenti da alcune pecche, rappresentano il modello cui fare riferimento, non per
conformarvisi in modo pedissequo, bensì discutendone i contenuti e decidendo se condividerli oppure no.

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La storia dell’impiego dell’energia elettrica, dai suoi albori ad oggi, ha visto un certo impegno, da parte dei
progettisti, per far si che impianti ed apparecchiature elettriche potessero trovare impiego in sicurezza.
Sarà per la circospezione dovuta nei confronti di un pericolo, che quando lo si tasta con mano è troppo tardi;
sarà per una maggiore inclinazione dei tecnici elettrici verso il ragionamento astratto e, quindi, anche verso
l’ipotesi di infortunio. Fatto sta che il progettista elettrotecnico è in genere molto più sensibile ai problemi
antinfortunistici, ad esempio, a quanto non lo sia il progettista meccanico.
Nel novero delle soluzioni tecniche via via adottate per prevenire il verificarsi di infortuni di origine elettrica,
ovvero di elettrocuzione, la messa a terra è storicamente tra quelle più datate. La cronologia riportata nella
figura 1 – anche se semplificata con l’omissione di soluzioni di ben scarso impiego, quali la protezione
mediante luoghi non conduttori (2) e quella mediante collegamento equipotenziale locale non connesso a
terra (3) - colloca la messa a terra delle masse come seconda barriera storica di protezione dopo quella
evidentemente più naturale dell’isolamento o segregazione delle parti attive. Il D.P.R. 547/55: “norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro”, poneva la messa a terra come caposaldo di protezione contro io
contatti indiretti (4), pur individuandone la non necessità in caso di impianti con tensione nominale non
superiore a 25 V verso terra, se in corrente alternata, o 50 V verso terra, se in corrente continua. In assenza di
Norme tecniche più approfondite e del diffondersi di una tecnologia della sicurezza, agli estensori del D.P.R.
574/55 va riconosciuta una particolare sensibilità (verso tutti gli aspetti antinfortunistici). La messa a terra
era effettivamente da considerarsi, nel 1995, la soluzione più avanzata per la protezione contro i contatti
indiretti. A completamento del tentativo di drenare verso terra e da qui al centro stella del trasformatore in
cabina le correnti di guasto verificatesi in seguito alla messa in tensione accidentale delle masse metalliche, il
legislatore prescrisse, per gli impianti utilizzatori in bassa tensione, la presenza di un impianto di terra con
resistenza complessiva non superiore a 20 Ω (5).
L’ evoluzione delle Norme CEI, dei documenti di armonizzazione internazionali, delle pubblicazioni IEC e,
in parte, anche delle Norme EN emesse dall’ organismo europeo di normazione, il CENELEC, sopravvennero
a penalizzare, com’ era logico che accadesse, i dati tecnici contenuti nel D.P.R. 547/55. Per anni perdurò la
diatriba con la parte più retriva degli organismi di controllo nazionali, i quali s’ intestardivano a pretendere
che la resistenza di terra degli impianti con ricezione in bassa tensione, nel frattempo identificati dalle Norme
come sistemi TT, non superasse il limite di 20 Ω dettato dalla Legge.

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In realtà, grazie alle tecniche di coordinamento tra l’ impianto di terra e gli interruttori differenziali, nuovi
prodotti immessi sul mercato e normati negli anni ’ 70 del secolo scorso, la protezione contro i contatti
indiretti nei sistemi TT può essere ottenuta per interruzione automatica dell’ alimentazione, rispettando la
nota formula:

Id ≤ 50_(V)
RA

dove, grazie alle soglie estremamente basse della protezione differenziale (ld) e al fatto che esse siano
svincolate dall’ entità del carico, la resistenza dell’ impianto di terra (RA) può essere anche molto elevata. Nel
contempo, nei sistemi TN, dotati di una propria cabina di trasformazione, il valore della resistenza
dell’ impianto di terra assume significato solo ai fini della limitazione delle tensioni di contatto in caso di
guasto omopolare a terra sugli impianti di media tensione e, soprattutto, su quelli di alta tensione.
Per tali impianti (MT e AT) la progettazione e la realizzazione di una valida maglia disperdente e di
un’ altrettanto valida equipotenzializzazione delle masse e delle recinzioni metalliche è una garanzia
assolutamente necessaria per prevenire il verificarsi (durante gli eventuali gusti a massa) di pericolose
tensioni di contatto tra il terreno e le strutture metalliche. Per contro, nei sistemi TN, ad assumere importanza
ai fini della protezione contro i contatti indiretti nelle reti di bassa tensione è la minimizzazione del valore di
impedenza Zs opposto al passaggio della corrente di guasto dall’ anello (detto appunto “ anello di guasto” ),
che si compone con la messa in serie della linea di alimentazione, del conduttore di protezione, del
conduttore di terra e della maglia disperdente collegata al centro stella del o dei trasformatori MT/BT
presenti in cabina.
La nota formula di protezione da osservare è:

Ia ≤ _ Uo_
Zs

dove Uo è la tensione stellata (230 V) ai capi dell’ avvolgimento su cui viene a trovarsi collegato l’ anello di
gusto d’ impendenza Zs’ mentre la è la corrente d’ intervento dei dispositivi automatici (differenziali o
magnetotermici) destinati ad interrompere l’ alimentazione all’ atto del guasto.
La Norma CEI 64-8/4 prevede, sia per i sistemi TT, sia per i TN, coma pure per gli IT, sui quali in questa
sede non ci si sofferma, idonee tabelle indicanti il tempo massimo d’ intervento concesso alle protezioni
attive. Ciò che preme sottolineare, parlando di messa a terra, è che ai fini BT ha senso curare l’ impianto
disperdente (rapprsentato, ad esempio, da picchetti infissi nel terreno), se il sistema è TT, mentre nel sistema
TN va curata e ridotta al minimo (con una buona magliatura) l’ impendenza del collegamento tra le masse e il
centro stella del trasformatore (figura 2).

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Le curve di sicurezza tempo/corrente di elettrocuzione sono state tracciate, e in base ad esse sono state
elaborate le formule di coordinamento per la protezione contro i contatti indiretti, tenendo conto di u
percorso della corrente di elettrocuzione ipotizzato lungo il tragitto mano sinistra – piedi (6) .
Nel caso l’ elettrocuzione si verificasse quando il malcapitato si trova in contatto con una massa, avendo ad
essa appoggiato il torace, come può verificarsi su un elettrodomestico o su un quadro elettrico, la frazione di
corrente destinata ad attraversare direttamente il cuore sarebbe da 1,3 a 1,5 volte superiore a quella che
caratterizza il percorso standard mano- piedi. Da ciò deriverebbe una mancata protezione contro la possibile
insorgenza della fibrillazione ventricolare.
E’ questo un primo caso in cui risulta con evidenza la pericolosità della massa, quando questa dovesse
entrare in contatto con parti del corpo prossime al muscolo cardiaco.

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A rigor di norma, nonché di logica elettrica e antinfortunistica, una parte conduttrice diviene una massa solo
quando è parte di un componente o di un impianto elettrico e, in caso di gusto, può di conseguenza andare in
tensione (7) .
Il testo tradotto dalla Pubblicazione IEC assegna alla massa caratteristica di “ poter essere toccata” . Il
commento italiano presente nella Norma CEI 64-8 asserisce che una parte metallica debba essere considerata
accessibili, cioè toccabile, solo quando può esserlo durante il servizio ordinario. Subito dopo esclude che una
parte metallica interna ad un quadro elettrico chiuso a chiave possa essere considerata massa ed assegnata a
tale parte la definizione di intermedia.
Tutto ciò appare come un’ ingiustificata limitazione alla sicurezza di coloro, tipo gli operatori elettrici PES e
PAV, che intervengono sotto tensione all’ interno dei quadri elettrici.
La Norma CEI EN 50274 (2002) consente a tali operatori di accedere ai quadri senza togliere tensione,
purché le loro azioni si limitino al ripristino dei dispositivi di protezione e incontrino all’ interno idonee aree
di salvaguardia in cui il grado di protezione sia, in parte pari almeno a IP XXA (protezione per il dorso della
mano) e in parte pari almeno a IP XXB (protezione per la punta delle dita della mano)(8). L’ intervento è
considerato in prossimità di parti sotto tensione e non a contatto con esse; per cui non richiede l’ uso di guanti
isolanti. E’ fuor di dubbio che in presenza di “ parti intermedie” venutesi accidentalmente a trovare sotto
tensione, queste rappresenterebbero per l’ operatore un rischio indebito. Eppure la Norma non prescrive di
proteggerle con un grado IP XXB; forse perché non ne riconosce l’ esistenza. A questa palese discrepanza, ai
danni dei manutentori elettrici italiani, sarebbe il caso che i formatori ponessero rimedio.

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Recita la Norma CEI 64-8: “ Una parte conduttrice che può andare in tensione solo perché è in contatto con
una massa non è da considerare una massa” . Forse questo concetto, nella sua estrema semplicità, è reso
ostico da capire per via del gioco di parole in cui sono incappati i formatori. Esso intende significare che se
una semplice parte metallica, cha nulla a che fare con un componente, un impianto o un equipaggiamento
elettrico, si trova a contatto con una massa, non per questo diviene essa stessa una massa.
Per fare qualche esempio:
1. la mensola e la trave metallica di sostegno di una canaletta metallica portatavi non divengono massa
per il semplice fatto d’ essere a contatto con la cabaletta (questa si è un massa);
2. il basamento metallico su cui si trova appoggiato un motore in classe I non diviene per questo
motivo una massa;
3. la porta di una armadietto elettrico metallico, senza montato alcun componente elettrico su di essa,
non diviene una massa per il semplice fatto d’ essere incardinata sulla struttura fissa dell’ armadietto.
Se tali parti non sono masse, non vanno collegate all’ impianto di terra o non devono essere
equipotenzializzate.
Il collegarle a terra o l’ equipotenzializzarle non è una “ precauzione in più” , bensì un peggioramento della
situazione di rischio. Esse non avrebbero alcun motivo di entrare in tensione, perché estranee a qualsiasi
guasto elettrico. Se, però, le si lega elettricamente al potenziale di terra o a masse circostanti, saranno
costrette a seguirne la messa in tensione accidentale, estendendo con ciò la probabilità che qualcuno possa
trovarsi a toccarle in concomitanza al verificarsi del guasto.
Da queste considerazioni occorre escludere i casi in cui la messa a terra di strutture metalliche diviene
necessaria ai fini del drenaggio di cariche elettrostatiche o come sistema di protezione (LPS) contro scariche
atmosferiche.

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Quanto appena detto in merito all’ opportunità di non ponticellare la porta di un armadietto metallico, si
ribalta decisamente nel caso in cui su di essa fossero presenti organi di comando o dispositivi di controllo
elettrici, anche se funzionanti in bassissima tensione di protezione, cioè in sistema PELV. La Norma CEI EN
60204-1 prevede, infatti, che , per evitare funzionamenti involontari che potrebbero verificarsi sulla
macchina o sull’ impianto di processo in seguito ad un guasto dell’ isolamento, una delle precauzioni
adottabili sia quella di collegare un lato del circuito di comando (a valle del relativo trasformatore) al circuito
equipotenziale di protezione, vale a dire al morsetto PE del quadro.
Se viene adottata tale protezione – una soluzione alternativa potrebbe consistere nel prevedere un dispositivo
in grado di sorvegliare in permanenza il livello di isolamento verso massa dei circuiti di comando – ogni
parte metallica, sia essa massa oppure no ( e nei sistemi PELV masse non ve ne dovrebbero essere), verso cui
potrebbe verificarsi un guasto sui circuiti di comando, deve essere equipotenzializzata con il morsetto PE.
Non si tratta, in questo caso, di una protezione contro i contatti indiretti, per altro necessaria solo sui sistemi
di Categoria I o sui sistemi PELV, bensì di un collegamento funzionale destinato a far prontamente
intervenire la protezione di sovracorrente dei circuiti di comando, onde evitare funzionamenti intempestivi o,
peggio ancora, che doppi guasti possano impedire l’ arresto in sicurezza delle parti pericolose(9).

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Sull’ equipaggiamento elettrico delle macchine o degli impianti di processo comprendenti apparecchiature
elettroniche di controllo, il fabbricante può aver previsto,oltre all’ usuale morsetto PE (al quale si trovano
collegate tutte le masse ed, eventualmente, il filo comune dei circuiti di comando), anche un morsetto TE
(figura 3), definito dalla Norma : “ Morsetto di terra privo di disturbi” .
Il morsetto TE, posizionato fisicamente all’ interno del quadro di comando e di controllo, è elettricamente
isolato dal morsetto PE e collegato al telaio e/o allo zero logico delle apparecchiature elettroniche. Il suo
scopo è quello di evitare che gli eventuali disturbi presenti sui circuiti di protezione (della stessa macchina o
di altre) possano interferire con il corretto funzionamento delle apparecchiature elettroniche.
L’ obiettivo di contrastare il verificarsi di disturbi si consegue prevedendo un conduttore isolato che colleghi
il morsetto TE al medesimo impianto di terra al quale viene collegato il morsetto PE, ma avendo cura di
raggiungere direttamente l’ elemento dispersore dell’ impianto di terra o, quanto meno, un conduttore di terra
sito nelle immediate vicinanza del dispersore. Sarebbe un grave errore creare un dispersore ad hoc, separato
dall’ impianto di terra unico dell’ utenza; così come non raggiungerebbe lo scopo utilizzare per il
collegamento un cavo non isolato che, entrando in contatto accidentale con qualche massa, potrebbe
raccogliere i disturbi elettrici.

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Le strutture metalliche non facenti parte dell’ impianto elettrico (telai di porte e finestre, tubazioni, pali,
ponteggi, ecc.) vanno considerate masse estranee se sono in grado di introdurre il potenziale di terra(10). Nella
definizione che ne da la Norma, “ massa” significa elemento conduttore portatore di un potenziale elettrico,
“ estranea” significa non facente parte di componenti o impianti elettrici.
Una parte metallica è in grado, secondo le ultime Norme, di introdurre un potenziale di terra se presenta
rispetto ad una resistenza inferiore a 1.000 Ω (da ridurre a 200 Ω nei locali per uso zootecnico e nei cantieri
di costruzione che presentino una tensione di contatto limite pari a 25 V anziché 50 V, essendo la protezione
per contatti indiretti realizzata mediante l’ interruzione automatica dell’ alimentazione)
Le parti conduttrici che non risultino essere masse estranee sono semplici strutture metalliche.
Le masse estranee devono essere equipotenzializzate con le masse, cioè collegate ad esse o all’ impianto di
terra mediante conduttori equipotenziali, solo in condizioni particolari, ben identificate delle Norme. E’ il
caso di locali ad uso medico, dove la vulnerabilità dei pazienti è elevata. E’ il caso della cabine e stazioni
elettriche, dove le elevate correnti di guasto a terra potrebbero generare differenze di potenziale pericolose
tra le masse e le masse estranee (entrambe prive di copertura isolante).
Tuttavia, nelle cabine e nelle stazioni l’ equipotenzializzazione tra due tipi di masse non è necessario quando
non siano toccabili contemporaneamente. Ad esempio, quando tra il quadro elettrico e gli infissi metallici vi
sia una distanza, in orizzontale, pari a 2,5 metri.
Su porte e finestre metalliche è sufficiente equipotenzializzare i telai di sostegno. Quale potenziale potrebbe,
infatti, mai introdurre le parti mobili incernierate o scorrevoli?

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I ponteggi metallici dei cantieri non sona masse estranee (a meno che non vengano infissi nel terreno) e tanto
meno sono da considerarsi masse.
Per cui, non è richiesta la loro messa a terra, che in certi casi potrebbe risultare controproducente ai fini della
sicurezza. I cavi impiegati per l’ alimentazione delle apparecchiature devono essere del tipo H07 RN-F o
equivalente (11). Per cui, essendo dotati di guaina esterna ed avendo una tensione nominale (07 significa
U0/U = 450/750 V) di un gradino superiore rispetto a quella presumibilmente presente in cantiere (230/400
V), possono essere considerati componenti di Classe II (12), di conseguenza non tramutano in masse le parti
metalliche con cui vengono a contatto. Semmai, per i ponteggi di una certa estensione, va stimata la necessità
di prevedere la messa a terra ai fini della protezione contro i fulmini. Ma, in questo caso, il sistema di
protezione (LPS) va studiato con particolare attenzione (13), pena il verificarsi di situazioni estremamente
pericolose.

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Il collegamento equipotenziale supplementare richiesto dalle Norme (14) per le tubazioni metalliche presenti
nei locali comprendenti vasche da bagno e docce (non è assolutamente necessario nei bagni privi di tali
sanitari), serve per impedire che eventuali guasti elettrici verificatisi verso tali tubazioni, ad esempio nelle
altre stanze dell’ abitazione, possano indurre potenziali pericolosi sulle parti metalliche accessibili presenti in
un locale (il bagno) dove le persone potrebbero essere estremamente vulnerabili all’ elettrocuzione. A tal fine,
le tubazioni metalliche devono essere adeguatamente equipotenzializzate soilo nel loro punto di ingresso nel
bagno.
La vasca da bagno, cosi come il piano doccia, non essendo in contatto con i ferri del cemento armato non
rappresentano una massa estranea e non vanno, perciò, equipotenzializzati.

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La separazione elettrica, ottenuta per il tramite di un trasformatore d’ isolamento, è una tecnica avanzata di
protezione contro i contatti indiretti, prova ne sia il suo impiego nei locali medici di più elevata criticità ( in
cui si realizza come sistema IT-M, in abbinamento con un dispositivo di controllo permanente
dell’ isolamento). Le masse degli utilizzatori alimentati a valle del trasformatore d’ isolamento non vanno
collegate all’ impianto di terra della rete di distribuzione a monte. Il fatto potrebbe, infatti, trasferire su tali
masse valori pericolosi di tensione dovuti a guasti verificatisi su altri apparecchi di Classe I alimentati
direttamente dalla rete e protetti, ad esempio, con il sistema di interruzione automatica dell’ alimentazione.
Ciò non di meno, quando il trasformatore d’ isolamento alimenta più utenze di Classe I, le loro masse vanno
interconnesse mediante un conduttore equipotenziale isolato da terra. Solo in questo modo e proteggendo le
utenze contro le sovracorrenti (figura 4) si può evitare che, in caso di doppio guasto a terra, il primo su un a
fase, il secondo sull’ altra fase, possa produrre una pericolosa differenza di potenziale tra le due masse
normalmente accessibili. Il collegamento equipotenziale, tramutando i l doppio guasto in un cortocircuito, fa
si che intervengano prontamente i dispositivi di massima corrente (15) . Il tempo massimo di intervento
richiesto dipende dalla tensione nominale del sistema: se è 230 V, vale 0,4 s; se è 400 V, vale 0,2 s.

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Il fatto che sui circuiti a valle di u trasformatore d’ isolamento non esista un “ potenziale di terra” o, pre
meglio dire, il fatto che tra ogni parte attiva di tali circuiti e le masse o le masse estranee o il terreno stesso
non sussista alcuna differenza di potenziale, è un vantaggio non indifferente anche nei confronti di eventuali
contatti diretti accidentali.
L’ elettrocuzione su tali circuiti può avvenire solo per contatto diretto con due differenti fasi.
La neutralizzazione elettrica della terra, ottenuta grazie alla separazione galvanica tra il primario e il
secondario del trasformatore d’ isolamento, la mette “ fuori gioco” , riducendo notevolmente la probabilità
d’ infortunio, anche laddove, come nei laboratori elettrici, il contatto diretto con le parti attive ha una
maggiore probabilità di verificarsi. La separazione elettrica è l’ ideale anche per glia ambienti umidi e
bagnati, dove l’ uso di differenziali ad altissima sensibilità (ad esempio, 10 mA) produce inconvenienti per
via dei continui interventi intempestivi (possibili a partire da appena oltre la metà del valore della corrente
differenziale nominale).

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Nella bassissima tensione di sicurezza (U ≤ 50 V in corrente alternata oppure 120 V in corrente continua),
ottenuta mediante trasformatori di sicurezza, batterie o alimentatori elettronici equivalenti (16) , la messa a
terra è indesiderata, poiché introdurrebbe in questo mondo ideale, denominato sistema SELV (Safety Extra
Low Voltage), ipotesi di messa in tensione accidentale che altrimenti non avrebbero alcun motivo di
verificarsi. Le parti metalliche delle utenze alimentate a bassissima tensione, in sistema SELV o anche in
sistema PELV (Protection Extra Low Voltage), non sono masse perché, anche in caso di guasto, non
introducono potenziali pericolosi. Per questo, è vietata la loro messa a terra, che rischierebbe d’ introdurre
potenziali “ importanti” dagli eventuali gusti verificatisi sulle utenza alimentate direttamente dalla rete a
230/400 V. E’ , invece, precauzionalmente necessaria la messa a terra delle parti metalliche delle utenze
alimentate si con la bassissima tensione, ma in sistema FELV (Functional Extra Low Voltage), che si avvale
di sorgenti (tipo autotrasformatore o un trasformatore non di sicurezza) non affidabili sotto il profilo del
trasferimento accidentale di potenziale dai circuiti in bassa a quelli in bassissima tensione.
Ciò deriva dal fatto che le parti metalliche delle utenze in bassissima tensione siano da considerare masse
oppure no – e, conseguentemente, richiedono d’ essere collegate a terra oppure no – in relazione al sistema
(FELV, SELV o PELV) con cui vengono alimentate.

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Un’ altra evoluzione tecnologica in sfavore della messa a terra e in favore della sicurezza è rappresentata
dalla possibilità di realizzare utilizzatori di bassa tensione Classe II (17) , vale a dire dotati di un doppio
isolamento o di un isolamento rinforzato, tali per cui anche in caso di guasto elettrico è improbabile che da
ciò derivi una messa in tensione del contenitore metallico.
Valida alternativa al maggior isolamento è ovviamente l’ uso di involucri di per se isolanti ed in grado di
resistere alle eventuali sollecitazioni meccaniche, termiche ed elettriche.
La Classe II consente di alimentare in bassa tensione, garantendo una barriera di protezione (l’ isolamento) in
grado di decurtare l’ ipotesi di elettrocuzione per contatto indiretto. E’ . perciò, la soluzione più avanzata, da
prediligere, nella scelta di elettrodomestici, apparecchi illuminanti, utensili elettrici portatili e di qualsiasi
altro utilizzatore che, per idoneità costruttiva, può essere identificato dalla presenza sulla targa del
contrassegno grafico del doppio quadrato.
Sui contenitori metallici degli utilizzatori di Classe II la messa a terra e tassativamente vietata.
Rappresenterebbe, infatti, un passo indietro in termini di sicurezza, essendo portatrice dei potenziali di
guasto che potrebbe verificar4si sulle masse degli utilizzatori di Classe I.

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Le Norme tecniche consentono, fatte salve precauzioni e procedure particolari (18) , che le persone esperte
(PES) e la persone avvertite (PAV) possano intervenire sugli impianti in bassa tensione anche sotto tensione.
Per costoro, le masse, le masse estranee e tutto ciò che fa parte dall’ impianto di terra rappresentano fonti di
pericolo, in quanto elementi portatori di un potenziale elettrico molto vicino a quello del centro stella degli
avvolgimenti di bassa tensione dei trasformatori in cabina. In caso di contatto diretto dell’ operatore con una
fase della rete e di contemporaneo contatto con una parte che si trova al potenziale di terra, l’ elettrocuzione è
assicurata.
In situazioni estreme e tra loro diametralmente opposte, si trovano due casi:
1. in assenza del potenziale di terra nella zona di lavoro, ovvero di una differenza di potenziale tra la
terra e le parti attive – come si è visto, ad esempio, verificarsi sugli impianti alimentati per
separazione elettrica . l’ operatore che toccasse accidentalmente una sola fase non potrebbe essere
soggetto ad elettrocuzione;
2. essendo la zona di lavoro un ambiente conduttore ristretto – situazione a dir poco suicida, nel
momento in cui si decidesse di intervenire sotto tensione – l’ eventualità che un contatto diretto si
possa tramutare in elettrocuzione diventerebbe una certezza.
Nella stragrande maggioranza dei casi, l’ operatore elettrico che interviene sotto tensione si viene a trovare in
una situazione intermedia rispetto a quelle sopra citate. Ma, nel bagaglio do conoscenze che ne caratterizzano
la professionalità e ne guidano le scelte comportamentali, è importante che egli riconosca, i quale frangente,
la terra non come amica, bensì come nemica, da cui è opportuno tenere le dovute distanze.

127(

1) Cfr. Articolo 5, comma 8 del D.P.R. 447/91


2) Cfr. Articolo 413.3 della Norma CEI 64-8/4
3) Cfr. Articolo 413.4 della Norma CEI 64-8/4
4) Cfr. Articolo 271 del D.P.R. 547/55
5) Cfr. Articolo 326 del D.P.R. 547/55
6) Cfr. Pubblicazione CEI 4985R (1999), elaborata dal Comitato Tecnico 64, dal titolo: “ Effetti della
corrente attraverso il corpo umano”
7) Cfr. Articolo 23.2 della Norma CEI 64-8/2 e relativo commento
8) Cfr. Capitolo 8 del volume di E. Grassani: “ La manutenzione elettrica. Organizzazione, sicurezza e
qualificazione del personale” , Editoriale Delfino, Redecesio di Segrate (MI), 2004
9) Cfr. E. Grassani: “ L’ equipaggiamento elettrico delle macchine” , Editoriale Delfino, Redecesio di
Segrate (MI)
10) Cfr. Articolo 23.3 della Norma CEI 64-8/2 e relativo commento
11) Cfr. Articolo 704.521.1.7.3 della Norma CEI 64-8/7
12) Cfr. commento all’ Articolo 4132.2.1.1 della Norma CEI 64-8/4
13) Cfr. E. Grassani: “ Impianti elettrici nei cantieri” Editoriale Delfino, Redecesio di Segrate (MI), 2000
14) Cfr. Articolo 704.413.1.6 della Norma CEI 64-8/7 e relativo commento
15) Cfr. Capitolo 3 del volume di E. Grassani: “ Impianti elettrici nell’ industria e nel terziario. Progettazione,
realizzazione ed esercizio” Editoriale Delfino, Redecesio di Segrate (MI), 2001
16) Cfr. Articolo 411.1.2 della Norma CEI 64-8/4
17) Cfr. Articolo 413.2 della Norma CEI 64-8/4
18) Cfr. Capitolo 7 del volume di E. Grassani: “ La manutenzione elettrica. Organizzazione, sicurezza e
qualificazione del personale” , Editoriale Delfino, Redecesio di Segrate (MI), 2004
Isolamento elettrico o segregazione della
parti attive

Messa a terra

Coordinamento tra la protezione passiva


(messa a terra) e quella attiva
(Interruttore automatico)

Separazione elettrica

Bassissima tensione elettrica

Doppio isolamento o isolamento


rafforzato (Classe II)

),*85$Cronologia delle soluzioni tecniche per l’ abbattimento del rischio elettrico


),*85$Schematizzazione delle impedenze che compongono un anello di guasto nei sistemi TN.
A ridurre la tensione UT’ cui viene sottoposta la persona che tocca una massa durante
il verificarsi del guasto, è il contenimento del segmento di impedenza Z2.

),*85$ Segni grafici per l’ identificazione dei morsetti di terra


),*85$Esempio di equipotenzializzazione, senza collegamento a terra, delle masse relative a due
utilizzatori alimentati da uno stesso trasformatore d’ isolamento. In caso di doppio guasto
a massa, la tensione di contatto UT equivarrebbe a quella nominale (ad esempio, 230 V)
presente sul secondario trasformatore.

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