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FACULTAS PHILOSOPHIÆ
R. D. ALAIN CONTAT
Socius Pontificiæ Academiæ Romanæ Sancti Thomæ Aquinatis
ROMÆ
A.D. MCMVC
Il desiderio che si manifesta attraverso la ricerca delle cause riceve Alcuni operano, a partire dell’espressione ipsam essentiam primæ
qui esplicitamente l’intelletto come soggetto, benché la sequenza causæ, una distinzione fra l’essenza divina di Dio ut in se e l’essenza
<appetito / inclinazione / desiderio> rilevi piuttosto della volontà. dello stesso Dio ut prima causa. Si farà ricorso all’impossibilità, per
In senso contrario, dobbiamo ricodarci invece che la beatitudine è la ragione naturale, di esimere dalle proprie frontiere con le sue sole
l’oggetto per eccellenza della volontà, quindi non dell’intelletto: forze, in tal modo che pure la portata della Contra Gentiles verrà
dicendum, quod beatitudinem esse in voluntate dupliciter potest limitata. Infatti, la parte in cui si trovano gli argomenti sul desiderio
intelligi. Uno modo, ita quod sit voluntatis obiectum; et sic naturale è dedicata alle verità che la ragione può scoprire da sola 31.
beatitudo, cum sit ultimus finis, et ex fine sit ratio boni, quod est Una terza posizione limiterebbe ancora di più l’ampiezza del
voluntatis obiectum oportet ponere beatitudinem in voluntate desiderio naturale. I testi relativi all’appetito innato della volontà
esse26. verso la beatitudine lo restringono infatti alla ratio beatitudinis in
communi. La Summa theologiæ è particolarmente chiara a questo
Ora il desiderio di vedere Dio non è altro che il desiderio della proposito:
beatitudine completa; non dobbiamo allora concludere che abbia la Respondeo dicendum quod beatitudo dupliciter potest
sua sede nella volontà? Un brano della stessa Contra Gentiles va pure considerari. Uno modo, secundum communem rationem
in questa direzione: beatitudinis. Et sic necesse est quod omnis homo beatitudinem
Voluntas cum consecuta fuerit ultimum finem, quietatur eius velit. Ratio autem beatitudinis communis est ut sit bonum
desiderium. Ultimus autem finis omnis cognitionis humanæ est perfectum, sicut dictum est. Cum autem bonum sit obiectum
felicitas. Illa igitur cognitio Dei essentialiter est ipsa felicitas, qua
habita non restabit alicuius scibilis desideranda cognitio27. 28 CG 3, 51, n. 2284.
29 Cap. cit., n. 2288.
30 I-II, 3, 8, c. Da ricollegare a I, 12, 1, c: «Si igitur intellectus rationalis
22 QDVC 10, c. Da ricollegare a SM 1, lect. 1, n. 2: «naturaliter unusquisque creaturæ pertingere non possit ad primam causam rerum, remanebit inane
desiderat scientiam, sicut materia formam». desiderium, remanebit inane desiderium naturæ».
23 Sn 4, 49, 1, 3, sol. 3, c, citato supra, p. 7. 31 Cf. CG 1, 9, n. 51: «... apparet sapientis intentionem circa duplicem
24 CG 3, 50, n. 2281. veritatem divinorum debere versari, et circa errores contrarios destruendos:
ad quarum unam investigatio rationis pertingere potest, alia vero omnem
25 LSJ 1, lect. 11, n. 212. rationis excedit industriam. Dico autem duplicem veritatem divinorum, non
26 Sn 4, 49, 1, 1, sol. 2, c. ex parte ipsius Dei, qui est una et simplex veritas; sed ex parte cognitionis
27 CG 3, 39, n. 2172. nostræ, quæ ad divina cognoscenda diversimode se habet».
voluntatis, perfectum bonum est alicuius, quod totaliter eius Il senso più ovvio dell’avverbio quandoque è infatti <una volta> o
voluntati satisfacit. Unde appetere beatitudinem nihil aliud est <talvolta>. Sembrerebbe quindi che il desiderio naturale di vedere la
quam appetere ut voluntas satietur. Quod quilibet vult. divina essenza debba essere «talvolta» realizzato.
Alio modo possumus loqui de beatitudine secundum specialem In un contesto meramente filosofico, l’Aquinate sfuma però la
rationem, quantum ad id in quo beatitudo consistit. Et sic non portata noetica di questa conclusione:
omnes congnoscunt beatitudinem: quia nesciunt cui rei communis Et quia non est inane naturæ desiderium, recte existimari potest,
ratio beatitudinis conveniat. Et per consequens, quantum ad hoc, quod reservatur homini perfecta beatitudo post hanc vitam37.
non omnes eam volunt32. Recte existimari potest: la proposizione principale di questa
frase interpreta l’attuazione del desiderio naturale come una
Formalmente, l’appetito naturale della volontà ha per oggetto il bene probabilità. Questo tipo di sapere ha una configurazione molto
perfetto e perfettamente saziante; ma non tutti sanno a quale bene precisa in S. Tommaso. Un asserto è probabile quando si può
concreto corrisponde questa ratio, perciò non tutti desiderano tenerlo cum formidine alterius, cioè col timore che la
effettivamente la vera beatitudine. contradittoria sia pure vera. Si potrebbe quindi pensare che la
Per risolvere il problema, siamo rimandati ad un studio dettagliato visione di Dio, filosoficamente parlando, entri in questa categoria
delle relazioni che intercorrano, quanto alla specificazione ed epistemologica.
all’esercizio delle facoltà spirituali, fra Dio in sé, Dio come prima
causa, e la beatitudine in communi. 2.2.6. Quale è lo statuto noetico del desiderio stesso?
Se l’attuazione del desiderio sembra rimanere incerta per la
2.2.5. Come intendere la «non frustrabilità» del desiderio? ragione pura, come giudicare la nozione di essenza divina ut in se,
Ogni desiderio naturale possiede una caratteristica assai nel caso in cui questa fosse l’oggetto del desiderio naturale
importante per il nostro tema: non può essere in vano, frustra. Questa [problema 4]?
«non frustrabilità» è una proprietà nel senso tecnico della parola, cioè Nella Contra Gentiles, il Dottore Commune mostra che le
una nota che si attribuisce per se secundo modo al desiderio. Se infatti sostanze separate (cioè, teologicamente, gli angeli, i demoni, le
il desiderio naturale fosse «vano», la natura sarebbe naturalmente anime dei defunti) sanno che l’essenza divina sta al di là di ciò che
ordinata a qualcosa d’impossibile, il ché distrugerebbe la consistenza sanno, e perciò ne desiderano la visione:
della natura; ora questo è metafisicamente assurdo; perciò il desiderio Præterea. Sicut naturale desiderium inest omnibus
naturale non può essere «vano»33. intellectualibus naturis ad sciendum, ita inest eis naturale
Ma come si deve intendere questa «non frustrabilità» del desiderio desiderium ignorantiam seu nescientiam pellendi. Substantiæ
naturale nel caso che ci occupa? Ovviamente, occorre prima autem separatæ, sicut iam dictum est, cognoscunt, prædicto
determinare se il desiderio in questione è condizionato o cognitionis modo, substantiam Dei esse supra se et supra omne
incondizionato, cioè risolvere il primo problema. Oltre a questo, vi è id quod ab eis intelligitur: et per consequens sciunt divinam
un problema specifico attorno alla «non frustrabilità»: quando si dice substantiam sibi esse ignotam. Tendit igitur naturale ipsorum
che il desiderio naturale di vedere Dio non può essere vano, si vuole desiderium ad intelligendum divinam substantiam38.
semplicemente dire che è possibile realizzarlo, oppure che sarà
realizzato? L’intelligenza sa quindi di non sapere. Perciò lo spirito creato può
I testi tommasiani inferiscono solitamente la possibilità della provare l’assenza della realtà beatificante, e desiderarne la presenza.
realizzazione. Il passo centrale della Contra Gentiles al riguardo è Il De malo prende una posizione diversa, almeno di primo
molto chiaro: acchito:
Cum autem impossibile sit naturale desiderium esse inane, quod Pertinet autem ad naturalem cognitionem quod anima sciat se
quidem esset si non esset possibile pervenire ad divinam propter beatitudinem creatam, et quod beatitudo consistit in
substantiam intelligendam, quod naturaliter omnes mentes adeptione perfecti boni; sed quod illud bonum perfectum, ad
desiderant; necesse est dicere quod possibile sit substantiam Dei quod homo factus est, sit illa gloria quam sancti possident, est
videri per intellectum, et a substantiis intellectualibus separatis, et supra cognitionem naturalem. Unde Apostolus dicit, I ad Cor. II,
ab animabus nostris34. 9, quod NEC OCULUS VIDIT, NEC AURIS AUDIVIT, NEC IN COR
HOMINIS ASCENDIT QUÆ PRÆPARAVIT DEUS DILIGENTIBUS SE: et
Tutto il movimento dei capitoli 25 a 50 del terzo libro conclude così postea subdit: NOBIS AUTEM REVELAVIT DEUS PER SPIRITUM
che è possibile all’intelletto creato vedere l’essenza divina. Tale SUUM; quæ quidem revelatio ad fidem pertinet. Et ideo se privari
possibilità comprende due faccie. L’una si trova dalla parte del tali bono, animæ puerorum non cognoscunt, et propter hoc non
soggetto umano, in quanto ha la capacità passiva di conoscere dolent; sed hoc quod per naturam habent, absque dolore
l’essenza di Dio, mentre l’altra si trova dalla parte della stessa essenza possident39.
divina, in quanto le è possibile informare l’intelletto creato a modo di
specie impressa35. L’articolo si chiedeva se i bambini morti senza battesimo soffrono
Da alcuni testi, si può tentare di mostrare che postulano non solo della privazione della visione beatifica, inflitta loro a causa del
la possibilità della visione, bensì il suo dono effettivo. Il brano più peccato orginale. La risposta negativa si fonda sull’ignoranza di
forte è desunto dal De veritate: queste anime rispetto all’esistenza effettiva della visione beatifica.
quamvis naturale sit intellectui humano quod quandoque ad Come conciliare i due testi? Si può dire che il primo riguarda la
visionem divinæ essentiæ perveniat: non tamen est sibi naturale possibilità di vedere l’essenza divina, mentre il secondo concerne il
quod ad hoc perveniat secundum statum vitæ huius, ut dictum est fatto della chiamata effettiva a tale visione. Però questa soluzione
in corpore articuli36. non è sufficiente. Infatti, se la mente sa di aver la il desiderio
naturale di vedere Dio, e se non raggiunge tale possibilità, ne segue
una frustrazione che sembra incompatibile con l’ignoranza di cui
parla il De malo. Occorrerà quindi un approfondimento speculativo.
Un testo dello Scriptum super Sententias ci mette sulla strada, e
32 I-II, 5, 8, c (intero). Cf. anche Sn 4, 49, 1, 3, sol. 3, c, citato supra, p. 7. può servire di conclusione al nostro § 2. Infatti, mostra che il dono
33 Cf. De cælo 1, lect. 13, n. 132: «natura nihil facit frustra: esset autem delle virtù teologali aggiunge qualcosa alla natura in tre ordini: nella
frustra si moveret ad id ad quod impossibile est pervenire».
34 CG 3, 51, n. 2284.
35 Cf. CG 3, 51, n. 2287: «Manifestum est igitur quod essentia divina potest
comparari ad intellectum creatum ut species intelligibilis qua intelligit: quod 37 SE 1, lect. 16, n. 202.
non contingit de essentia alicuius alterius substantiæ separatæ». 38 CG 3, 50, n. 2280 (intero).
36 QDV 13, 3, 6m. 39 QDM 5, 3, c.
linea dell’oggetto, nella linea della causalità (efficiente), e nella linæ Ex parte naturæ: è possibile lo statuto di natura pura [4]?
della conoscibilità:
Ad tertiam quæstionem dicendum, quod in omnibus quæ agunt 3.1. Il fine ultimo dell’uomo è unico o duplice?
propter finem oportet esse inclinationem ad finem, et quamdam Per il Doctor Communis, non vi è dubbio che si possa parlare di
inchoationem finis; alias numquam operarentur propter finem. due fini dell’uomo:
Finis autem ad quem divina largitas hominem ordinavit, vel Finis autem ad quem res creatæ ordinantur a Deo, est duplex.
prædestinavit, scilicet fruitio sui ipsius, est omnino supra Unus, qui excedit proportionem naturæ creatæ et facultatem: et
facultatem naturæ creatæ elevatus: quia nec oculus vidit, nec auris hic finis est vita æterna, quæ in divina visione consistit, quæ est
audivit, nec in cor homins ascendit, quæ præparavit Deus supra naturam cuiuslibet creaturæ, ut supra (q. 12, art. 4) habitum
diligentibus se, ut dicitur I Cor. 11, 9. Unde per naturalia tantum est. Alius autem finis est naturæ creatæ proportionaturs, quem
homo non habet sufficienter inclinationem ad illum finem: et ideo scilicet res creata potest attingere secundum virtutem suæ
oportet quod superaddatur homini aliquid per quod habeat naturæ41.
inclinationem in finem illum, sicut per naturalia habet
inclinationem in finem sibi connaturalem: et ista superaddita Si parlerà ugualmente di due beatitudini o di due felicità:
dicuntur virtutes theologicæ ex tribus. Primo quantum ad Est autem duplex hominis beatitudo sive felicitas, ut supra
obiectum: quia cum finis ad quem ordinati sumus, sit ipse Deus, dictum est. Una quidem proportionata humanæ naturæ, ad quam
inclinatio quæ præexigitur, consistit in operatione quæ est circa scilicet homo pervenire potest per principia suæ naturæ. Alia
ipsum Deum. Secundo quantum ad causam: quia sicut ille finis est autem est beatitudo naturam hominis excedens, ad quam homo
a Deo nobis ordinatus non per naturam nostram, ita inclinationem sola divina virtute pervenire potest, secundum quandam
in finem operatur in nobis solus Deus, et sic dicuntur virtutes divinitatis participationem; secundum quod dicitur II Petr. 1, 4,
theologicæ, quasi a solo Deo in nobis creatæ. Tertio quantum ad quod per Christum facti sumus consortes divinæ naturæ42.
cognitionem: quia cum finis sit supra cognitionem naturæ,
inclinatio in finem non potest per naturalem rationem cognosci, L’esistenza di un duplice ordine di finalità è quindi un punto
sed per revelationem divinam: et ideo dicuntur theologicæ, quia pacifico nell’insegnamento costante di S. Tommaso teologo: l’uomo
divino sermone sunt nobis manifestæ: unde Philosophi nihil de eis è ordinato ad un fine che può raggiungere con le sole forze della sua
cognoverunt40. natura, e poi ad un altro che richiede, di necessità finale stretta, il
dono della grazia quaggiuù, poi del lumen gloriæ nella patria.
Evidenziamo alcuni punti chiavi: Ciò che viene contestato è il carattere pienamente finalizzante
- Per natura sua, l’uomo non è sufficienter ordinato al fine ultimo. della felicità naturale. In alcuni testi, l’Aquinate non esita a
Significa quindi 1° che l’uomo è in qualche modo ordinato al fine chiamarla fine ultimo:
ultimo, ma 2° che non lo è sufficientemente. L’inclinazione di cui si Est autem duplex hominis bonum ultimum, quod primo
tratta non è un atto puntuale, bensì un ordine innato. Per cui sembra voluntatem movet quasi ultimus finis. Quorum unum est
che si apre una via media fra la tesi di un desiderio innato specificato proportionatum naturæ humanæ, quia ad ipsum obtinendum vires
da Dio stesso, e quella di un desiderio puramente puntuale, naturales sufficiunt; et hæc est felicitas de qua philosophi locuti
sovraggiunto. sunt: vel contemplativa, quæ consistit in actu sapientiæ; vel
- L’inclinazione sovraggiunta dal dono delle virtù infuse riguarda activa, quæ consistit primo in actu prudentiæ, et consequenter in
non solo il conseguimento del fine, considerato qui come causalità, actibus aliarum virtutum moralium.
bensì la specificazione delle facoltà in gioco. Aliud est bonum hominis naturæ proportionem excedens,
- L’inclinazione stessa verso il fine ultimo non può essere quia ad ipsum obtinendum vires naturales non sufficiunt, nec ad
conosciuta senza la divina rivelazione, perché oltrepassa le capacità cogitandum vel desiderandum...43.
conoscitive della nostra natura. Anche qui si potrà forse trovare una
via media fra le due tesi antitetiche della conoscibilità totalmente Nella Summa theologiæ, si usa addiritura la locuzione ultima
naturale (di una inclinazione innata) e quella della conoscibilità perfectio:
esclusivamente soprannaturale (di una inclinazione condizionata dalla Respondeo dicendum quod nomine beatitudine intelligitur ultima
grazia): per natura, l’uomo possiede una certa capacità, non perfectio rationalis seu intellectualis naturæ: et inde est quod
sufficiente, della visione, e può anche conoscerla, come una mera naturaliter desideratur, quia unumquodque naturaliter desiderat
possibilità; per grazia, l’uomo riceve una inclinazione effettiva alla suam ultimam perfectionem.
visione, attraverso le tre virtù teologali, e può conoscerla nella fede. Ultima autem perfectio rationalis seu intellectualis naturæ est
duplex. Una quidem, quam potest assequi virtute suæ naturæ: et
3. PROBLEMI CONNESSI hæc quodammodo beatitudo vel felicitas dicitur. Unde et
Il desiderio naturale di cui ci interessiamo, qualunque ne sia Aristoteles perfectissimam hominis contemplationem, qua
l’essenza, istituisce un certo rapporto iniziale fra l’uomo e Dio. optimum intelligibile, quod est Deus, contemplari potest in hac
Metafisicamente parlando, la visione beatifica ha ragione di fine, vita, dicit esse ultimam hominis felicitatem.
mentre l’uomo che vi è preordinato dal desiderio ha ragione di Sed super hanc felicitatem est alia felicitas, quam in futuro
potenza. Occorre perciò prolongare il nostro status quæstionis expectamus, qua videbimus Deum sicuti est (I Io. 3, 2). Quod
speculativo considerando i problemi che si pongono a ciascuno degli quidem est supra cuiuslibet intellectus creati naturam, ut supra
estremi di questo binomio atto / potenza. Logicamente, possiamo (q. 12, art. 4) ostensum est44.
articolare questa seconda parte della nostra problematica nel modo
che segue: Si notino qui tre punti:
1° la perfezione ultima consiste nell’atto secondo che porta a
Dal punto di vista quidditativo: pieno compimento la potenzialità operativa di una natura45;
Ex parte finis: il fine ultimo è unico o duplice [1]?
Ex parte naturæ: potenza obbedienziale o naturale [2]? 41 I, 23, 1, c.
Dal un punto di vista fattuale: 42 I-II, 62, 1, c.
Ex parte finis: cosa è la gratuità della visione [3]? 43 QDV 14, 2, c.
44 I, 62, 1, c.
40 Sn 3, 23, 1, 4, sol. 3, c. Da notare anche la risposta ad 1m: «quamvis homo 45 Cf. CG 3, 113, n. 2869: «Omnis enim res propter suam operationem esse
naturaliter ordinetur ad Deum et per cognitionem, et per affectionem, videtur: operatio enim est ultima perfectio rei»: I, 105, 5, c: «Semper enim
inquantum est naturaliter eius particeps, tamen quia est quædam eius imperfectum est propter perfectius: sicut igitur materia est propter formam,
participatio supra naturam, ideo quæritur quædam cognitio, et affectio supra ita forma, quæ est actus primus, est propter suam operationem, quæ est actus
naturam, et ad hanc exiguntur virtutes theologicæ». secundus; et sic operatio est finis rei creatæ».
2° tale compimento è doppio nel caso dell’uomo e dell’angelo Per capire questa difficoltà, vediamo in primo luogo come S.
(rationalis seu intellectualis naturæ), a seconda che è accessibile o no Tommaso definisce i due tipi di potenza:
al suo potere attivo; Est autem considerandum quod in anima humana, sicut in
3° sebbene la beatitudine che possiamo chiamare naturale sia qualibet creatura, consideratur duplex potentia passiva: una
ultima nel suo ordine, non è senza importanti limiti: è qualificata quidem per comparationem ad agens naturale; alia vero per
infatti di felicità quodammodo, «in qualche maniera»; poi appartiene a comparationem ad agens primum, qui potest quamlibet
questa vita, che sappiamo bene non essere un luogo di felicità piena, creaturam reducere in actum aliquem altiorem, in quem non
fosse solo perché niente è stabile quaggiù46. reducitur per agens naturale; et hæc consuevit vocari potentia
Questa implicazione ci mostra che il fine naturale è assai obedientiæ in creatura50.
imperfetto. Perciò altri testi oppongono i due fini secondo il binomio
imperfetto / perfetto: La distinzione fra le due potenzialità si prende dal loro rapporto
duplex est felicitas hominis. Una imperfecta quæ est in via, de qua all’agente. La potenza passiva naturale è pienamente attuabile da un
dicit Philosophus; et hæc consistit in cognitione substantiarum principio attivo connaturale: ad esempio, l’intelletto possibile è in
separatarum per habitum sapientiæ: imperfecta tamen, et talis potenza naturale rispetto a tutto ciò che l’intelletto può farci
qualis est in via possibilis, non ut sciatur ipsa quidditas. Alia est conoscere sulla base dell’astrazione, poi per derivazione analogica.
perfecta in patria, qua ipse Deus per essentiam videbitur, et aliæ Al contrario, la potenza obbedienziale è attuabile solo dall’agens
substantiæ sepraratæ: et hæc felicitas non erit per aliquam primum, cioè da Dio, causa prima dell’essere e dell’agire; essa
scientiam speculativam, sed per lumen gloriæ47. concerne tutto ciò che Iddio può liberamente fare della sua creatura.
Si badi bene che, in questa definizione, l’Aquinate considera
Un equivalente della coppia <imperfetto / perfetto> è <simpliciter, genericamente ogni creatura in quanto tale. Perciò la potenza
secundum quid>: obbedienziale di cui parla astræ da ogni fine specifico della natura
quantum ad perfectionem finis, dupliciter homo potest esse considerata. Da un pezzo di legno, Dio può fare un vitello:
perfectus: uno modo secundum capacitatem suæ naturæ, alio ... relinquitur quod dicat in creatura solam potentiam obedientiæ,
modo secundum quamdam supernaturalem perfectionem: et sic secundum quam de creatura potest fieri quidquid Deus vult, sicut
dicitur homo perfectus esse simpliciter; primo autem modo de ligno potest fieri vitulus, Deo operante. Hæc autem potentia
secundum quid48. obedientiæ correspondet divinæ potentiæ, secundum quod
dicitur, quod ex creatura potest fieri quod ex ea Deus facere
La perfezione alla quale possiamo giungere può essere detta rispetto potest51.
alle nostre capacità operative, ma non costituisce una beatitudine
«perfettamente perfetta»: In quale categoria si deve ordinare la capacità naturale dell’uomo
cum beatitudo dicat quandam ultimam perfectionem, secundum alla visione beatifica? Nella Quæstio disputata de virtutibus in
quod diversæ res beatitudinis capaces ad diversos gradus communis, l’Aquinate discute il problema al livello del rapporto fra
perfectionis pertingere possunt, secundum hoc necesse est quod facoltà naturali / virtù teologali:
diversimode beatitudo dicatur. [...] In hominibus autem, secundum dicendum, quod quando aliquod passivum natum est consequi
statum præsentis vitæ, est ultima perfectio secundum operationem diversas perfectiones a diversis agentibus ordinatis, secundum
qua homo coniungitur Deo: sed hæc operatio nec continua potest differentiam et ordinem potentiarum activarum in agentibus, est
esse, et per consequens nec unica est, quia operatio intercisione differentia et ordo potentiarum passivarum in passivo; quia
multiplicatur. Et propter hoc in statu præsentis vitæ, perfecta potentiæ passivæ respondet potentia activa: sicut patet quod aqua
beatitudo ab homine haberi non potest. Unde Philosophus, in I vel terra habet aliquam potentiam secundum quam nata est
Ethic., ponens beatitudinem hominis in hac vita, dicit eam moveri ab igne; et aliam secundum quam nata est moveri a
imperfectam, post multa concludens: Beatos autem dicimus ut corpore cælesti; et ulterius aliam secundum quam nata est moveri
homines. Sed promittitur nobis a Deo beatitudo perfecta, quando a Deo.
erimus sicut angeli in cælo, sicut dicitur Mt. 22, 3049. Sicut enim ex aqua vel terra potest aliquid fieri virtute
corporis cælestis, quod non potest fieri virtute ignis; ita ex eis
Rimanendo sul piano del reale, come deve fare un filosofo ed un potest aliquid fieri virtute supernaturalis agentis quod non potest
teologo realista, ci troviamo di fronte a due beatitudini. L’una deve fieri virtute alicuius naturalis agentis; et secundum hoc dicimus,
dirsi naturale, imperfetta, ed ultima rispettivamente alle nostre quod in tota creatura est quædam obedientialis potentia, prout
capacità operative naturali; l’altra è soprannaturale quanto al suo tota creatura obedit Deo ad suscipiendum in se quidquid Deus
conseguimento, perfetta nella sua essenza, ed ultima rispetto alle voluerit.
nostre capacità passive. S. Tommaso non discute il problema di ciò Sic igitur et in anima est aliquid in potentia, quod natum est
che sarebbe stata una beatitudine post mortem dell’uomo in puris reduci in actum ab agente connaturali; et hoc modo sunt in
naturalibus, perché nello stato presente dell’umanità non è reale; il potentia in ipsa virtutes acquisitæ. Alio modo aliquid est in
teologo dovrà tuttavia determinare se si tratta di una mera ipotesi, o di potentia in anima quod non est natum educi in actum nisi per
un possibile, al fine di precisare bene la relazione fra la beatitudine virtutem divinam; et sic sunt in potentia in anima virtutes
perfetta soprannaturale e la natura dell’uomo. infusæ52.
3.2. La potenza alla visione è obbedienziale o naturale? S. Tommaso distingue, nella natura fisica come era concepita dalla
Ex parte naturæ, un problema che si discusso a lungo consiste nel cosmologia antico-medievale, una prima potenza attuabile da un
tipo di potenzialità che preordina la natura umana (o la natura altro elemento sublunare <terra o acqua / fuoco>; una seconda
spirituale creata in generale) alla visione beatifica, anteriormente ad attuabile da un corpo cæleste <terra o acqua / sole o luna>; e, in fine,
ogni dono di grazia. una terza potenza non attuabile da nessuna natura creata, bensì da
Dio, la quale potenza viene chiamata obbedienziale. Nella seconda
parte di questa risposta, applica la distinzione alla potenzialità
46 Cf. CG 3, 48, n. 2248: «In vita autem ista non est aliqua certa stabilitas: dell’uomo rispetto alle virtù: mentre le virtù naturali sono in potenza
cuilibet enim, quantumcumque felix dicatur, possibile est infirmitates et naturale nell’anima inquanto è attuabile dalle facoltà connaturali, le
infortunia accidere, quibus impeditur ab operatione, quæcumque sit illa, in virtù infuse sono in un tipo di potenza che non è attuabile se non da
qua ponitur felicitas».
47 EBT 6, 4, 3m.; cf. Sn 3, 27, 2, 2, c; 4, 49, 1, 1, sol. 4, c e 2m; I-II, 3, 5, c;
3, 6, c; 5, 3, c; 5, 5, c. 50 III, 11, 1, c.
48 QDVC 10, 1m. 51 Sn 3, 2, 1, 1, sol. 1, c.
49 I-II, 3, 2, 4m. 52 QDVC 10, 13m.
Dio. Si deve notare che il paragone porta sul principio di attuazione, capacità naturale dell’anima ad essa; 2° ma la giustificazione,
che è Dio solo, sia per gli effetti non naturali nei corpi naturali, sia per ovviamente, non è realizzabile se no da Dio solo. Si può dire quindi
l’infusione delle virtù teologali. Si noti pure che non viene adoperata, che vi è nell’anima una certa potenza naturale rispetto alla visione di
nella parte risolutiva della risposta, la locuzione potentia Dio, alla quale non corrisponde nessun agente connaturale. Perciò è
obedientialis; al contempo, tuttavia, tutto il contesto in cui si inserisce più di una mera potenza obbedienziale intesa come semplice non
questa soluzione è proprio quello di una potenza obbedienziale. contraddizione, ma è meno di una vera potenza naturale. Alcuni
Vi è una seria di testi che è stata messa volontieri in opposizione autori, come vedremo, hanno coniato per questo caso l’espressione
alle teorie della potenza obbedienziale, per quanto riguarda di potenza obbedienziale specifica.
specificamente il rapporto fra natura e grazia, perché l’Aquinate vi
parla di una ordinazione naturale della prima verso la seconda. Il più 3.3. In che cosa consiste la gratuità della visione?
completo proviene dallo Scriptum. La domanda verte sul carattere Il dato sul quale nasce questa domanda è rivelato: la visione
miracoloso della giustificazione dell’empio. Per cominciare, si indica beatifica, come tutto ciò che vi conduce, è interamente gratuita. Ora
quali siano le note costitutive del miracolo: «gratuito» si oppone a «dovuto»; perciò dobbiamo determinare in
ad primam quæstionem, quod de ratione miraculi secundum se che senso la visione non è dovuta all’uomo. L’intelligibilità della
sumpti tria sunt: quorum primum est quod illud quod fit per questione e della sua risposta è accessibile alla ragione, presupposta
miraculum, sit supra virtutem naturæ; secundum ut in natura al meno la possibilità della visione.
recipiente non sit ordo naturalis ad illius susceptionem, sed solum Non ci pare che la gratuità dia luogo, in S. Tommaso, ad un
potentia obedientiæ ad Deum; tertium ut præter modum problema, nel senso tecnico del termine, giacché la sua dottrina si
consuetum tali effectui ipse effectus inducatur53. presenta in modo univoco. Conviene perciò soltanto evidenziarne le
articolazioni principali. Un testo ancora generico ci aiuta a collocare
Poi S. Tommaso esemplifica queste tre condizioni, precisando dopo bene il problema:
che debbono essere tutte e tre presenti in ogni miracolo: ab ipsa prima institutione natura humana est ordinata in finem
Exemplum primi est de gloria corporum in resurrectione, ad quam beatitudinis, non quasi in finem debitum homini secundum
natura non attingit; exemplum secundi est de illuminatione cæci, naturam eius, sed ex sola divina liberalitate57.
in quo non est potentia naturalis ad suciepiendum visum;
exemplum tertii est de conversione aquæ in vinum præter cursum Si vede che il debitum che la grazia esclude riguarda la natura. Nella
naturæ. Et hæc tria aliquo modo semper concurrunt ad actum Summa theologiæ, il Dottore Commune esplicita i due tipi
miraculosum: quia etsi visiva potentia non excedat vires naturæ fondamentali di debitum e li applica al rapporto fra uomo e Dio:
absolute loquendo, quia eam per generationem inducit, excedit Ad secundum dicendum quod gratia, secundum quod gratis
tamen vires naturæ considerata impotentia recipientis; et si adsit datur, excludit rationem debiti.
potentia absolute aliquando, sicut in conversione aquæ in vinum, Potest autem intelligi duplex debitum. Unum quidem ex
tamen per comparationem ad modum fiendi, neutrum adest: et merito proveniens, quod refertur ad personam, cuius est agere
ideo in definitione miraculi ponitur arduum quantum ad primum, meritoria opera; secundum illud ad Rom. 4, 4: Ei qui operatur,
præter spem, scilicet naturæ, quantum ad secundum, insolitum merces imputatur secundum debitum, non secundum gratiam.
quantum ad tertium54. Aliud est debitum ex conditione naturæ: pura si dicamus
debitum esse homini quod habeat rationem et alia quæ ad
Siccome le tre condizioni debbono essere riunite, la presenza di un humanam pertinent naturam.
ordo naturalis basterà ad escludere che un effetto anche producibile Neutro autem modo dicitur debitum propter hoc quod Deus
da Dio esclusivamente sia un miracolo: creaturæ obligatur: sed potius inquantum creatura debet subiici
Et ideo ille effectus qui immediate est a Deo tantum, et tamen Deo ut in ea divina ordinatio impleatur, quæ quidem est ut talis
inest recipienti ordo naturalis ad recipiendum illum effectum, non natura tales conditiones vel proprietates habeat, et quod talia
per alium modum quam per istum, non erit miraculosus, sicut operans talia consequatur.
patet de infusione animæ rationalis. Et similiter est de Dona igitur naturalia carent primo debito, non autem carent
iustificatione impii: quia ordo naturalis inest animæ ad iustitæ secundo debito. Sed dona supernaturalia utroque debito carent: et
rectitudinem consequendam: nec alio modo eam consequi potest ideo specialius sibi nomen gratiæ vindicant58.
quam a Deo immediate: et ideo iustificatio impii de se non est
miraculosa; sed potest habere aliquid miraculosum adiunctum, Due sono le parti maggiori dell’argomentazione.
quod iustificationi viam parat55. 1) S. Tommaso distingue i due modi del debitum. Uno deriva dalla
persona a causa del suo operare: in questo senso, lo stipendio è
Una dottrina simile è proposto nell’articolo parallelo della Summa dovuto all’operaio per il lavoro compiuto. L’altro debitum scaturisce
theologiæ: dalla natura, in quanto appartiene alla sua integralità costitutiva. Ad
Secundo, in quibusdam miraculosis operibus invenitur quod forma esempio, la natura humana comprende la facoltà razionale e le altre
inducta est supra naturalem potentiam talis materiæ: sicut in facoltà. Si tratta, in questo secondo senso, dell’essenza e delle
suscitatione mortui vita est supra naturalem potentiam talis proprietà connaturali all’essenza (per se primo et secundo modo)59.
corporis. Et quantum ad hoc, iustificatio impii non est miraculosa: 2) Si passa all’applicazione al problema della grazia. S. Tommaso
quia naturaliter anima est gratiæ capax; eo enim ipso quod facta ad precisa primo che, nel rapporto fra Dio e l’uomo, il debitum non può
imaginem Dei, capax est Dei per gratiam, ut Augustinus dicit56. comunque stare dalla parte di Dio, in quanto avrebbe un obbligo nei
consequitur».