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STUDI SU
DANIELE E APOCALISSE
Titolo originale:
Thy Kingdom Come
Studies in Daniel and Revelation
INTRODUZIONE …..…………………………………. i
Edizione 2001
Lungo gli anni ho avuto il sentimento che Apocalisse sia il libro più difficile
dell’intera Bibbia sul quale scrivere, e in qualche modo, il più facile. I suoi dettagli
lasciano spesso perplessi, perfino sconcertati, eppure, il suo significato principale è
chiaro. Benché alcuni contesteranno anche questo, è un libro che riguarda la vittoria.
“Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” (1 Giovanni 5:4) Questo è
il motivo per cui conoscere Apocalisse è così importante. Alcuni crederanno che io
mi sbagli su molte cose riguardo a Apocalisse, ma su questo sono sicuro: Ci assicura
della nostra vittoria e la celebra.
Apocalisseè stato spesso ignorato da uomini più abili di me perché troppo
difficile, ma sono stati profondamente in errore. Genesi 3 ci dice della Caduta
dell’uomo nel peccato e nella morte. Apocalisse ci dà la vittoria sul peccato e sulla
morte dell’uomo in Cristo. Come si può trascurare Apocalisse? Possiamo errare nella
nostra interpretazione di molti dettagli, ma se sottolineiamo la nota di vittoria, siamo
nel giusto più di molti uomini capaci. La vittoria, ampia e totale, nel tempo e
nell’eternità, presentata da Giovanni in Apocalisse è troppo importante per ché sia
tralasciata.
Apocalisse è piena di testi difficili, ma ancor più è piena dell’assicurazione di
vittoria. Io credo di essere completamente nel giusto nella mia accettazione di questa
risonante nota di vittoria. La mia vita e la mia opera si posano su questa fede. Questa
vittoria è celebrata in Daniele e altrove, nell’intera Bibbia. Non ci è stato dato un
Messia che è un perdente. I testi escatologici acclarano che l’essenziale buona
novella dell’intera Bibbia è la vittoria, vittoria totale.
Qualcuno dice che la rinascita del post-millennialismo abbia le sue radici in
Venga il Tuo Regno. Dall’essere, come mi è stato detto, un punto di vista passato ed
ora morto, il post-millennialismo è ora una forza sociale crescente. Tra le altre cose,
ha fatto avanzare la scuola cristiana ed il movimento della scuola domestica.
Perciò, io sono felice di aver scritto quest’opera, è ho fiducia che continuerà a
rivitalizzare l’azione Cristiana.
i
Venga il Tuo Regno
PRIMA PARTE
DANIELE
DANIELE 1
L’OFFENSIVITÀ DI DANIELE
1 Cornelius Van Til, The Defense of the Faith; Philadelphia: Presbyterian and Reformed, 1955, p. 52.
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Venga il Tuo Regno
le nazioni vogliono credere nella loro autonomia, nella loro indipendenza da Dio,
preferiscono considerarsi artefici del proprio destino, fautori e formatori; creatori,
non creature. Ma contro tutto questo, Daniele afferma enfaticamente che Dio è il solo
agente indipendente della storia, sia creatore che governatore del tempo e
dell’eternità. Dio, che determina ogni cosa, e nel quale viviamo, ci muoviamo e
siamo (At. 17:28), determina ciascun nostro oggi e domani e conosce e determina la
storia perché conosce e determina se stesso. Come Dio non ha in se stesso
potenzialità inesplorate, né qualsivoglia sub-conscio, conosce se stesso e governa se
stesso in modo assoluto, così la storia, sua creazione, non ha potenzialità inesplorate
al suo interno né elementi inconsci che possano svilupparsi separatamente dall’eterno
decreto di Dio. Le nazioni sono un nulla davanti a lui, ed Egli muove uomini e
nazioni ed imperi per i propri fini, non per i loro. Egli usa tutta la storia e non è mai
usato da essa, la piega, la modella, la forma nei termini del suo scopo eterno e
nessuno può fermare la sua mano. Ma gli uomini cercano un Dio che possano usare,
non un Dio che usa loro e da questo nasce l’offensività di Daniele. Profezie predittive
così specifiche rendono inevitabile la subordinazione del tempo al decreto eterno.
Terzo, Daniele è offensivo a motivo dei suoi miracoli, miracoli la cui natura
implica certe cose riguardo a Dio e alla storia. Nell’antichità era comune la fede che
la verità di una religione fosse manifesta nel successo che avrebbe portato all’uomo.
Il pragmatismo antico considerava la religione strumentale all’uomo. La verità di una
religione dipendeva dai suoi risultati. Se gli dèi d’Egitto davano successo all’Egitto
essi erano fin lì veri. Se Babilonia guadagnava la preminenza, allora anche i suoi dèi
guadagnavano la preminenza. Daniele 1:2 indica che Nebukadnetsar, nel portare gli
utensili del tempio da Gerusalemme alla casa del suo dio, espresse con ciò la
preminenza della sua fede a la necessaria posizione di subalternità e servitù della fede
di Giuda alla sua fede. Alla base di questa pratica c’è un orientamento centrato
sull’uomo: Dio deve essere giudicato nei termini della sua usabilità, di ciò che può
fare per l’uomo, e in quale misura lo fa prosperare, una fede che sfortunatamente è
comune alla chiesa come al mondo. Questo pragmatismo e antropocentrismo si fonda
ancora una volta sulla premessa dell’autonomia dell’uomo. Se l’uomo è da se stesso
la verità o realtà finale, e la sua esistenza è la premessa basilare della sua fede, allora
Dio e la religione non possono avere un carattere indipendente o una verità ma
possono avere solamente un significato relazionale; non sono sostantivi ma aggettivi
e perciò, come col modernismo, una fede mutevole è una necessità nei termini delle
mutevoli condizioni e necessità dell’uomo. La rigidità della fede Biblica diventa
prova di un falso razionalismo e dell’evidenza di irreligiosità, e la fede Biblica viene
disprezzata, derisa e perseguitata. I miracoli di Daniele sono un affronto alla religione
pragmatica e centrata sull’uomo, e giustamente, perché questi miracoli sono una
dichiarazione di guerra contro ogni simile fede che viene ridotta all’assurdità proprio
mentre signoreggia su uomini di fede. Questi miracoli trascendono anche la fede
della chiesa e rivelano la sovranità di Dio nella sua salvezza, il suo potere verso i
deboli, e il suo disprezzo dei potenti di questo mondo.
Infine, quarto, Daniele è offensivo perché assume e afferma la totale
provvidenza ed il totale governo di Dio, il quale governa, domina e revoca in ogni
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Venga il Tuo Regno
evento della storia fino al più piccolo dettaglio. Gli uomini preferiscono l’anarchia
del caso che permette loro di essere dio sul loro piccolo angolo di caos, alla sovranità
di Dio e alla Sua totale predestinazione di tutte le cose. Un Dio che può metterci, in
lacrime, presso i fiumi di Babilonia o giovane e solo, prigioniero sotto istruzione nel
palazzo di Nebukadnetsar, è un Dio che ovviamente governa e usa l’uomo e non è
mai governato ed usato da esso. Questo non è ciò che l’uomo ha sempre cercato nella
religione, alla quale egli si è rivolto per potere, guarigione, buona fortuna, in breve
per una polizza assicurativa di responsabilità civile generale. Dio, in contraccambio
per certe gentilezze dall’uomo, dovrebbe perciò essere posto in debito verso l’uomo e
soggetto a chiamate d’emergenza, un Dio messo in reperibilità. Ma Daniele ed i suoi
amici, per quanto innalzati nell’impero, sono sempre gli strumenti di Nebukadnetsar,
ovvero dell’uomo, e al di la e al di sopra di ciò, strumenti di Dio. Tale Dio costituisce
nei fatti una magra assicurazione all’uomo in cerca della propria esaltazione, ma
costituisce la sola sicurezza e gioia per un uomo che sappia di essere una creatura.
Quattro tali uomini, uomini molto giovani, furono scelti da Babilonia dalla
Giudea appena conquistata e portati al palazzo del re per un corso di studi triennale, a
studiare lingue, astronomia, astrologia, matematica, storia naturale, agricoltura,
architettura e scienze politiche. L’antico sogno della globalizzazione caratterizzò
Babele, l’Assiria e la Caldea, e nazioni furono frantumate, popolazioni mescolate per
rompere i legami nazionali e giovani uomini di nazioni conquistate venivano
preparati a diventare alti funzionari per aiutare a mantenere la lealtà del loro popolo e
per dare un carattere internazionale e cosmopolita all’impero. Questa diversità di
leadership e lo scambio delle popolazioni avrebbe portato ad una società di “melting
pot” dove avrebbe preso radice il concetto di mondo unificato (mondializzazione).
Di conseguenza, mentre erano in un senso prigionieri, vivevano nel lusso,
mangiando una porzione del pranzo giornaliero del re. Secondo 1 Re 4: 22-23 La
provvista di viveri di Salomone per ogni giorno consisteva in trenta cori di fior di
farina e sessanta cori di farina ordinaria, dieci buoi ingrassati, venti buoi da pascolo e
cento ovini senza contare i cervi, le gazzelle, i caprioli e il pollame ingrassato. (1 core
= circa 350 Kg.) Possiamo sicuramente presumere che le provvigioni di
Nebukadnetsar saranno state allo stesso modo lussuosamente abbondanti. Certamente
tali lussi erano calcolati per indebolire vecchie lealtà già logorate dal tempo e dalla
distanza, e per favorire nuove alleanze. Nei termini di questa opulenza YHWH e
Giuda potevano entrambi divenire remoti e primitivi.
Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con i cibi squisiti del re e
con il vino che lui stesso beveva; e chiese al capo degli eunuchi di concedergli di non
contaminarsi. (1:8) Daniele era sicuramente il capo di questi quattro giovani senza
difetto (v.4) che chiaramente quindi non erano essi stessi eunuchi benché altri di
stirpe reale fossero stati fatti eunuchi (cfr. Is. 39: 7), giovani uomini probabilmente di
quindici, sedici anni al tempo della loro deportazione. La loro richiesta non implicava
ascetismo ma due principi chiari e ben definiti. Primo, mangiare era a quel tempo un
sacramento di comunione non solo con uomini ma anche con le loro divinità. In tale
difficile situazione, il tipo di accomodamento, di facilitazione, permessa a Naaman
nella casa di Rimmon (2Re 5: 18-19) non era possibile per i quattro giovani che se
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Venga il Tuo Regno
non avessero cominciato con una presa di posizione di principio non avrebbero
potuto continuare in essa. La presa di posizione fu fatta diplomaticamente, con tutte
le intenzioni di favorire il loro servizio a Nebukadnetsar per mezzo della loro
maggiore lealtà a Dio. Secondo, se non riuscivano a prendere posizione su questioni
semplici, come avrebbe resistito la loro fede alla prova delle pesanti responsabilità
che sarebbero venute più avanti? La santità Biblica non è mai nei termini di principi
astratti, o nei termini di ritiro dal mondo, ma nei termini d’affrontare i problemi e le
lotte di questa vita vittoriosamente. Di conseguenza, il loro scopo era una
preparazione nei termini delle necessità e delle lotte vere e reali. Nessun santo
Biblico ha mai ricercato la santità in sé e per sé, essa fu un prodotto della sua fede ed
un aspetto della sua forza. Il suo scopo non è la santità per sé ma la gloria di Dio e il
suo proprio godimento della vita sotto Dio, perciò mai una fuga dal mondo, ma una
preparazione per i problemi e le responsabilità nel mondo.
Il sostentamento richiesto al posto della carne e del vino del re furono legumi
ed acqua, cose generalmente non offerte in sacrificio o consacrate sugli altari di
Babilonia prima dell’uso normale. Fino al tempo in cui non avrebbero comandato sul
proprio cibo, preferirono una dieta ristretta, per niente normale per gli Ebrei, e Dio li
fece prosperare in essa.
Quando arrivò il tempo dell’esame, “su ogni argomento che richiedeva
sapienza e intendimento e intorno ai quali il re li interrogasse, li trovò dieci volte
superiori a tutti i maghi e astrologi che erano in tutto il suo regno” (1:20).
Giuda era in frantumi, Gerusalemme spogliata, e i suoi giovani migliori fatti
servi della potenza di Babilonia. Ma quella stessa parola che richiede fedeltà ed
obbedienza dai servitori (Cl. 3:22-25), dice anche chiaramente che essendo stati
comprati a prezzo da Cristo (1 Co. 6:20), non possono mai diventare servi dell’uomo
in senso abbietto, ma, nella loro obbedienza devono deliberatamente farlo “come al
Signore e non per gli uomini” (Cl. 3:23). Tale servizio è possibile solamente se il Dio
che si serve è Colui per il cui decreto i re regnano, il passero cade, e i padroni
esercitano la loro autorità. Nei termini della sua sovrana volontà, Egli sarà servito,
volontariamente o contro voglia, da ogni creatura, cosicché uomini di fede possono
servire un Nebukadnetsar nella certezza che la gloria sarà di Dio. Questi quattro
giovani uomini di Giuda agivano in questa fede e con questa certezza.
In questo modo le questioni sono chiaramente focalizzate. Babilonia,
echeggiando l’antico sogno di Babele di un mondo, di un paradiso senza Dio,
un’unità cosmica fondata su un principio altro dal Creatore, aveva in Nebukadnetsar
un brillante ed orgoglioso promotore di quella fede, un uomo dedicato a quell’unità e
a quell’ordine che gli statisti hanno ricercato fin da quando Caino costruì la città di
Enoch (Gn.4:17). Torkild Jacobsen ha descritto il concetto Mesopotamico primitivo:
Il fatto che l’universo Mesopotamico fosse concepito come uno stato, che gli
dèi che possedevano e governavano le varie città-stato fossero legati insieme in
una unità superiore, l’assemblea degli dei, che possedeva organi esecutivi per
esercitare pressione esternamente quanto per applicare la legge e l’ordine
internamente, ebbe vaste conseguenze per la storia Mesopotamica e per il
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Venga il Tuo Regno
modo in cui gli eventi storici furono giudicati ed interpretati. Esso irrobustì
fortemente le tendenze verso l’unificazione politica del paese comandando
perfino i mezzi più violenti a quel fine. Infatti, ogni conquistatore, se aveva
successo, era riconosciuto come un agente di Enlil. Provvide pure, anche in
tempi in cui l’unità nazionale era debole e le molte città-stato erano, per ogni
scopo pratico, unità indipendenti, un retroterra in cui la legge internazionale
poteva operare 2.
2 H. e H. A. Frankfort, John A. Wilson, and Torkild Jacobsen, Before Philosophy. The Intellectual Adventure of Ancient
Man; Penguin Books, 1949, p. 210
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DANIELE 2
IL TERRORE DEI SOGNI
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Tennyson, In Memoriam, canto 71
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colpevolezza, e la condanna. Il terrore dei sogni, perciò, è il terrore della mortalità,
della colpa, e la disperazione della mutabilità.
Nabukadnetsar, sia consciamente sia inconsciamente, era venuto faccia a faccia
con questo terrore. Prima di dormire, egli era stato profondamente preoccupato per il
futuro (2:29). Il suo grande impero, costruito sul principio della continuità e sul
sogno della mondializzazione, avrebbe potuto un giorno incontrare quella radicale
discontinuità di morte e distruzione che aveva sovrastato precedenti Torri di Babele.
Tali angosciosi fatti hanno spesso portato l’uomo, dagli antichi a Nietzsche fino al
presente, ad un concetto ciclico della storia, all’orrore della mancanza di significato
dell’eterna ricorrenza. Dormendo dopo tali infelici meditazioni, Nebukadnetsar fu
soggetto da Dio ad un sogno in risposta alla sua pressante preoccupazione riguardo
ciò che deve avvenire da quel momento in poi; (2:29), ma la sua reazione era stata di
terrore (2:1).
La sua reazione da sveglio era stata di odio verso l’impotenza dei professionisti
religiosi e scientifici del suo tempo e un desiderio di mettere a nudo la loro futilità.
Avendo conosciuto il terrore di ciò che non si vede o non si conosce, e
comprendendo vividamente come l’uomo nella sua più orgogliosa conoscenza
potesse solamente pattinare sul ghiaccio sottile del visibile o del conosciuto, il suo
stimolo, il suo forte desiderio fu per la distruzione di massa. Era paragonabile al
risentimento del malato verso il sano, del morente verso il vivente. Avendo visto il
lavoro di tutta la sua vita ridotto in essenza a un nulla, egli cercò selvaggiamente la
riduzione di tutta la conoscenza dell’uomo alla stessa morte e allo stesso caos. La sua
richiesta, che i suoi saggi interpretassero il sogno senza conoscerlo, non era basato
sul fatto che egli l’avesse dimenticato ma sul fatto che deliberatamente voleva tenerlo
nascosto.
Essi risposero una seconda volta e dissero: “Racconti il re il sogno ai suoi servi e
noi ne daremo l’interpretazione". Il re allora rispose e disse: “Mi rendo
chiaramente conto che voi intendete guadagnare tempo, perché vedete che la mia
decisione è presa; se non mi fate conoscere il sogno, c'è un'unica sentenza per
voi; vi siete messi d'accordo per dire davanti a me parole bugiarde e perverse,
nella speranza che i tempi mutino. Perciò raccontatemi il sogno e io saprò che
siete in grado di darmene anche l’interpretazione” 2.
Questi uomini eruditi, messi di fronte ad un decreto di morte, furono sia
consciamente sia inconsciamente evasivi. La loro evasività consapevole era un
tentativo di guadagnare tempo fino a che il re avesse cambiato umore, e con ciò
salvate le loro vite. La loro evasività inconsapevole era la volontà di non affrontare le
implicazioni del terrore dei sogni. Il sogno poteva essere spiegato senza conoscenza
dei particolari; tutte le speranze dell’uomo di essere autonomo, il suo rifiuto
dell’eterno decreto di Dio, la sua insistenza sulla non conoscibilità di Dio e sulla
conoscibilità dell’uomo, venivano ridotti al nulla e al terrore da qualsiasi sogno. Nei
sogni l’uomo testimonia inconsciamente del peso della sua colpa riguardante il
2 H.C. Leupold: “Exposition of Daniel” Columbus, Ohio: Wartburgh, 1949, p. 90. Daniele 2: 7-9
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passato, della sua impotenza nel presente, e della sua ignoranza e paura del futuro.
Quando i saggi di tempi più recenti, a cominciare con Freud, iniziarono, quantunque
in modo fallace, a rivolgersi ai sogni e all’inconscio in una ricerca più sistematica, fu
l’inizio dell’auto-consapevolezza epistemologica dell’uomo, ed il lavoro di Freud è
stato spesso rifiutato per questa ragione oltre che per i suoi errori. L’uomo dimentica i
suoi sogni e dimentica il significato dei sogni per poter sfuggire all’auto-
consapevolezza epistemologica. Il suo tentativo di fare i conti, di venire a termini col
fatto dell’esistenza del suo essere inconscio è stato subdolo: i sogni, e il preteso
governo di stelle e pianeti (come nell’astrologia, il riconoscimento dell’uomo di un
controllo esterno) sono parte di un continuum, cosicché la consapevolezza dell’uomo
è condivisa con un cosmo il cui determinismo 3 è pure condiviso dall’uomo, cosicché
un’essenza e una divinità comune, ed una comune lotta caratterizzano l’insieme
dell’essere. Il fatto della creaturalità viene così ovviato ed evitato. Sogni e stelle sono
pure utilizzati per evadere la responsabilità, in modo che l’uomo, nella sua
ambivalenza, afferma da un lato, la totale autonomia e responsabilità come dio, e
dall’altro lato, nega la sua umanità responsabile e ogni imputabilità nel nome del caso
e di un condizionamento totale.
Nebukadnetsar, spinto da un desiderio di mettere a nudo la pretenziosità della
conoscenza autonoma dell’uomo, forzò la questione in termini che richiedevano la
resa dall’uomo, o il riconoscimento dell’onnipotenza del terrore e della morte.
Avendo conosciuto la futilità, non avrebbe tollerato speranza né conoscenza. Avendo
annusato la morte, odiava la vita.
Il decreto di esecuzione fu trasmesso, e ad Ariok fu comandato di procedere. Il
decreto includeva tutti i membri del collegio reale, inclusi quelli non immediatamente
consultati, come Daniele ed i suoi amici, che erano ignoranti delle sue cause (2:13ss).
Era in essenza un decreto contro la conoscenza ed un attacco ad ogni sapere perché
futilità. Se Nebukadnetsar era condannato alla mutabilità e all’insignificanza, e
Babilonia insieme a lui, allora ai suoi filosofi e ai suoi saggi meno di chiunque altro
sarebbe stato permesso il lusso dell’auto-inganno.
È importante comprendere questo umore, perché è sempre più il temperamento
dell’uomo moderno. Warner, nel suo The Urge to Mass Destruction ha descritto
questo senso d’impotenza e di sconfitta, e il suo bisogno di distruggere, come un
impulso “ad organizzare la distruzione di massa”, a “desiderare una fossa comune
per tutti” e a trovare “vittoria nella sconfitta” e nella distruzione totale 4. Il
Nichilismo ed il bagno di sangue sono la vendetta sulla vita dell’uomo sconfitto ed il
suo mezzo di trionfo, e questo, almeno in parte fu il sentimento di Nebukadnetsar,
come è quello di tutti gli uomini empi, potenzialmente, o nei fatti, in gradi diversi. Un
uomo che non ha ragione di vivere ha una ragione per odiare la vita, ed un uomo
3 Dottrina filosofica secondo la quale tutti i fenomeni dell’universo sono il risultato necessario di condizioni antecedenti
o concomitanti [n.d.T.]
4 Samuel J. Warner: “The Urge to Mass Destruction”; New York: Greene and Stratton, 1957, p. 152, 99.
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Venga il Tuo Regno
senza speranza detesta ogni speranza come fosse un brutto male. Non è sufficiente
condannare questo cinismo, bisogna dargli una risposta.
Daniele e i suoi amici, sentenziati a morte senza che avessero commesso alcun
crimine, immediatamente implorarono Dio in preghiera, e Daniele ricevette la sua
risposta in una visione notturna. Il significato fu compreso immediatamente da
Daniele: “Sia benedetto il nome di Dio per sempre, eternamente, perché a lui
appartengono la sapienza e la forza. Egli muta i tempi e le stagioni, depone i re e li
innalza, dà la sapienza ai savi e la conoscenza a quelli che hanno intendimento. Egli
rivela le cose profonde e segrete, conosce ciò che è nelle tenebre, e la luce dimora
con lui.” (Da. 2:20-22)
…il corso della storia giace nelle mani di Dio. Questi periodi critici che
avvengono nel reame del tempo (i tempi e le stagioni) sono determinati da
Dio…Non è solo in cielo che dobbiamo cercare le evidenze della potenza di
Dio, ma anche sulla terra dove la sua potenza è dimostrata giornalmente nel
controllo di tutte le cose … Dio ha la sovrana determinazione di tutti i
cambiamenti politici. In questa espressione, dice Montgomery, risiede una sfida
al fatalismo della religione astrale Babilonese, una caratteristica che nella sua
influenza è sopravvissuta a lungo nel mondo Greco-Romano 5.
Qui c’è un’affermazione netta del decreto eterno: l’oscurità esiste, e il reame
della creazione è molto carico del peso della potenzialità e dell’ignoto, ma
saggezza e luce abitano con Dio, che è nella sua totalità interamente onnisciente ed
auto-consapevole ed inevitabilmente agisce con uno scopo e nei termini di un
decreto eterno. Ogni mutabilità è nei termini di questo obbiettivo, e i cambiamenti
e i tempi delle stagioni di conseguenza non sono mai futili ma sempre pieni di
proposito. Inoltre, il tempo presente non è meramente concime per il tempo futuro,
ma il tempo stesso rivela Dio ed il suo decreto eterno, che è sempre reso manifesto
ai saggi e intelligenti, quelli che sono del Signore e le cui vite sono governate dalla
Sua parola. Il cinismo di Nebukadnetsar è dunque senza scuse perché fine a se
stesso, benché passo necessario verso la sua disillusione delle interpretazioni
filosofiche dell’uomo autonomo. La preghiera di ringraziamento di Daniele (2:23)
è il suo gioire nella grazia sovrana di Dio. Il fondamento di questa rivelazione non
è qualche merito da parte di Daniele ma la grazia di Dio libera e predestinante.
Daniele, portato davanti a Nebukadnetsar, enfatizza l’impotenza dell’uomo
contro il decreto eterno (2:27), ponendo tutto il potere e la gloria in Dio, che solo è
la fonte di ogni determinazione, interpretazione e potenza. Daniele negò qualsiasi
merito da parte sua. Dio lo aveva usato come strumento per portare a
Nebukadnetsar auto-consapevolezza epistemologica (2:28 Dio fa conoscere!),
cosicché egli può considerarsi e conoscere se stesso in relazione a Dio.
Daniele disse che il sogno di Nabukadnetsar fu di una immagine grande e
terrificante la cui (1) testa era d’oro fino, (2) il suo petto e le sue braccia d’argento,
5 EdwardJ. Joung, The Prophecy of Daniel; Grand Rapids: Eerdmans, 1949, p. 67.
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Venga il Tuo Regno
(3) il suo ventre e le sue cosce di bronzo, e (4) le sue gambe di ferro i suoi piedi in
parte di ferro in parte d’argilla, chiaramente un quadro di deterioramento. Una pietra
fu “tagliata senza mani” e, non per mano d’uomo “colpì l’immagine ai suoi piedi”
distruggendola così radicalmente che i frammenti furono “come la pula sulle aie
d'estate; il vento li portò via e di essi non si trovò più alcuna traccia. Ma la pietra che
aveva colpito l'immagine diventò un grande monte, che riempì tutta la
terra.”(2:31-35)
Daniele ne diede dunque l’interpretazione:
In quel giorno avverrà che i monti stilleranno mosto, il latte scorrerà dai colli e
l'acqua scorrerà in tutti i ruscelli di Giuda. Dalla casa dell'Eterno sgorgherà una fonte,
che irrigherà la valle di Scittim (Gl. 3:18).
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DANIELE 3
LA CONTINUAZIONE DI DIO
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Un duro, aspro elemento di verità sta sotto a queste presupposizioni, per quanto
fallaci possano essere. Mentre la gloria che Dio dà all’uomo come uomo è gloria di
creatura, Egli stesso mai condividendo la propria gloria con l’uomo, pure rimaneva il
fatto che Dio aveva dato il mondo nelle mani di Nebukadnetsar. È egualmente certo
che nel ventesimo secolo Dio abbia in svariati tempi dato potere e dominio a uomini
quali Hitler, Mussolini, Chamberlain, Stalin, Daladier, de Gaulle, Roosevelt, Mao,
Kennedy, Nasser, Nehru ed altri mentre lasciava i suoi santi senza aiuto ed
apparentemente impotenti davanti a queste potenze da Lui ordinate. Non senza
ragione, mentre contemplavano queste cose, i santi in Babilonia diedero voce alla
loro sofferenza:
“Tu le spezzerai con una verga di ferro, le frantumerai come un vaso d'argilla.
Perciò, Servite l'Eterno con timore e gioite con tremore.
Sottomettetevi al Figlio, perché non si adiri e non periate per via”
(dal Salmo 2)
La vera prospettiva, così, non era un vasto quadro della continuità del mondo
come processo con Dio, con una discontinuità ed una immediatezza apparente in
alcuni grandi santi, ma una totale discontinuità e un radicale ed esclusivo governo di
tutta la creazione da parte di Dio il Creatore. Lungi dall’essere parte del processo
dell’essere, Dio, l’Essere non creato è il creatore e il governatore dell’intero corso
degli esseri creati e Egli stesso al di là di qualsiasi cambiamento, processo, crescita o
deterioramento. Tale Dio non concede ricorso ma solo resa e adorazione oppure
morte.
Ma il compromesso, ora come allora, è la vana speranza e la via percorsa
dall’uomo. La chiesa, lo stato e la scuola affermano di essere un’incarnazione di Dio
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Venga il Tuo Regno
e del suo Unto, una continuazione dell’incarnazione ed un vero sacerdozio. L’uso di
paramenti sacri nelle chiese, l’uso di vesti clericali da parte di giuristi e da cattedratici
testimonia di questo concetto di sacerdozio e di mediazione in quanto saggezza,
potenza e gloria, visibili, di Dio. Ma, secondo le Scritture, Gesù Cristo solamente è
l’incarnazione di Dio, e Lui solo il Messia, e solamente in Lui, quali membri del suo
corpo, i credenti hanno un sacerdozio, un sacerdozio tenuto in comune da tutti i
credenti in virtù del loro statuto di membri in Cristo e non tenuto nei termini di qual
che sia priorità d’ufficio e di santificazione. Nei termini di tutto ciò, una similare
insistenza del concetto e dichiarazione di continuità in questa e in tutte le altre aree di
auto-esaltazione dell’uomo devono essere resistite nel nome e nella potenza di Dio.
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Venga il Tuo Regno
DANIELE 4
IL CENTRO RITUALE DELLA TERRA
2 Vedi V. Burch, Anthropology and the Apocalipse; London, Macmillan, 1939, p. 202
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Venga il Tuo Regno
dell’Agnello” (Ap. 22:1) quale sorgente di ogni cosa. Riservando il trono a “Dio e
all’Agnello”, piuttosto che all’Agnello come tale, la Trinità ontologica è posta al
centro focale, e non Dio solamente come rivelato e messo in relazione con la
creazione. In quanto Alfa e Omega, questo Cristo è visto anche come al di là della
creazione e discontinuo con essa, mentre è incarnato senza confusione di nature.
Questo concetto del vero centro era stato presentato nel disegno del
tabernacolo. Il Santissimo era un cubo. L’accampamento d’Israele, l’assemblea della
Chiesa di Dio era un quadrato, come illustra chiaramente Numeri 2, col tabernacolo o
trono di Dio al centro. Questa forma, data per mezzo di una rivelazione sul monte
(Es. 25:9,40; Nm.8:4; Ez. 43:10; Eb. 8:5), era disegnata per presentare e affermare il
vero e trascendente centro, trono e santuario, e attaccare con ciò tutti i concetti
puramente immanentisti.
Il concetto Babilonese di continuità era chiaramente presentato nella forma
dell’investitura del re Caldeo, che consisteva in essenza nel “prendere la mano del
dio”, un rituale osservato da tempo immemorabile e seguito anche dagli Assiri a
Ninive, e dai suoi conquistatori, ad esempio Sennacherib, Esaraddon, e Assurbanipal
in Babilonia. Ciro, nel conquistare Babilonia, divenne re agli occhi dei Babilonesi
solo dopo “aver preso la mano del dio” ad Esagila 3 . Con questo rituale, l’impero,
nella persona del re, assumeva comunione con gli dei sulle basi di una vita comune.
Un ulteriore simbolo presentava la natura della continuità in forma animata,
l’albero o “palo” come centro rituale della terra. Questo albero sacro o colonna
sostiene il cielo ed è l’albero della vita, il legame tra cielo e terra. Poiché un albero è
una cosa vivente, quest’albero della vita presenta dunque un legame in crescita, un
concetto in chiara ostilità con l’albero protetto della rivelazione Biblica (Ge. 3:24).
Ancora, il concetto di re pastore affermava l’autorità divina ed il potere del monarca,
il quale, come guardiano del suo popolo, controllava il loro destino, che era
inseparabile dalla loro vita come soggetti (sudditi) dello stato. Contro tutto questo,
YHWH, Dio il Padre e Gesù Cristo, Dio il Figlio, sono dichiarati essere il Buon
Pastore (Sl.23; Gv. 10:11; 1 Pt. 2:25), e la Sapienza o Logos, Cristo è il vero albero
della vita (Ge.2:9; 3:22; Pr.3:18; 11:30; Ez. 47:7, 12; Riv. 2:7; 22:2,14). Per
Nebukadnetsar, comunque, era naturale ed inevitabile, nei termini del concetto di
continuità, sognare di sé come l’albero della vita per la sua generazione.
Ma per quanto “naturale” questo concetto potesse essere per Nebukadnetsar
quale monarca Caldeo, egli era anche una creatura di Dio, e nei termini di questo
fatto, la sua fede era “innaturale” ed un peccato. Il condizionamento culturale è reale,
ma basilare alla condizione di ogni uomo è il fatto della sua creaturalità e della sua
creazione ad immagine di Dio. Questa realtà primaria e determinativa non può essere
obliterata dalle condizioni della storia o dalla tirannia di uomini e filosofie. Perciò, in
ogni epoca, gli uomini sono inescusabili perché hanno volontariamente scambiato la
verità di Dio con una menzogna (Ro.1:25) e si sono sottomessi alla menzogna
comune e democratica preferendola alla impopolare parola di Dio.
5 Robert Francis Harper, Assirian and Babilonian Literature; traduzioni selezionate; New York: Appleton, 1904, p.
147-150
24
Venga il Tuo Regno
nell’iscrizione Winckler “il pastore legittimo” 6 il divino re il cui amore per il dio-
creatore era iniziato alla nascita. Egli aveva avuto successo nell’estendere il grande
regno dei sogni di dio e dell’uomo portando numerosi popoli all’unità dentro ad un
impero comune, impero dedicato alla giustizia e alla pace. Nell’Iscrizione di
Borsippa, c’è una sincera richiesta all’ “eterno figlio, messaggero esaltato”, Nabu:
In verità rispondimi
Con giudizi e con sogni! 8
6 Ibid., p. 143
8 Ibid., p. 156s.
25
Venga il Tuo Regno
bloccata, che il sogno, senza dubbio registrato negli archivi di stato come lo erano gli
altri sogni, fosse stato fermato dalla giustizia umana del re e del suo ordinamento. Era
la consumata espressione di giustizia autonoma, l’accentuazione di quella vera fede
che Dio stava sfidando.
Fu in questo modo, precisamente nel momento in cui Nebukadnetsar credette
che il regno fosse sicuramente stabilito, che arrivò la sentenza: “Il tuo regno ti è
tolto” (4:31). Inoltre, dovunque l’uomo cerchi di diventare più che uomo, diventa
meno che uomo. Qualsiasi suo tentativo di essere come Dio ha per risultato una
riduzione della sua umanità e una ritirata nell’irrazionalità e nell’irresponsabilità. In
Nebukadnetsar, il preteso albero della vita, questa metamorfosi si manifestò con ciò
che è stato definito licantropia o più propriamente zooantropia, una malattia in cui
l’uomo, odiando Dio e perciò anche se stesso come creato ad immagine di Dio, cerca
di colpire Dio cercando di obliterare ogni traccia della propria umanità e
dell’immagine divina in se stesso. Ci sono alcune evidenze che Nebukadnetsar fu
completamente assente dal potere per quattro anni 9.
Il proposito dell’umiliazione di Nebukadnetsar era stato: “Finché tu riconosca
che l'Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole” (4:25). C’è buona
ragione per credere che l’esperienza di Nebukadnetsar sia culminata nella sua
rigenerazione. Benché la sua proclamazione sia in parte espressa in termini politeisti,
è significativo che tale riferimento compaia nella sua descrizione del proprio pensiero
prima della sua guarigione. Certamente il documento è rimarchevole se paragonato
ad altri documenti dell’antichità nella sua umiltà e confessione di peccato. La
dichiarazione asserisce tre cose: 1) l’assoluta sovranità e discontinuità di Dio con
l’uomo (4:34-35,37); 2) l’intera proclamazione è una dichiarazione di pentimento e
3) è una confessione di peccato. Molto meno viene richiesto a molti moderni
“convertiti” ed esitare riguardo all’integrità di fede di Nebukadnetsar sembra
ingiustificato. Inoltre, come il periodo posteriore di Giobbe fu benedetto più del
precedente (Gb. 42:10-13), così Nebukadnetsar fu rafforzato nel suo regno “e la
grandezza mi fu enormemente accresciuta” (4:36).
Il significato dell’intera attitudine di Nebukadnetsar è stata ignorata ma non è
di poca importanza. Anche concedendo ai dubbiosi che il monarca non sia mai
divenuto un vero adoratore, pure rimane il fatto che il segno della sua preferenza per
Daniele ed i suoi associati, e per la loro fede, diede agli Ebrei una posizione
privilegiata in quell’impero. Questo fu sufficiente per creare un sentimento anti-
ebraico tra i Caldei sia allora (3:89) che più tardi (6:4) sotto Dario. La posizione degli
Ebrei fu dunque di sicurezza, privilegio e prosperità, cosicché la loro cattività
divenne non una maledizione ma una protezione. Erano sotto un re la cui attitudine
verso Dio, anche con un minimo di interpretazione, se paragonata con quella dei re di
Giuda, era migliore, e se, come Young abilmente argomenta, la sua fede era ora
genuina, la loro situazione era marcatamente migliore. Così, anche nell’asprezza
della cattività, la grazia, protezione e benedizione di Dio fu apertamente manifestata.
La fede di Nebukadnetsar fu efficace nella sua vita ma non nei termini della
storia Babilonese. Dopo la morte di quel monarca, Babilonia passò attraverso una
successione di deboli mani finché Nabonide, genero di Nebukadnetsar pervenne al
trono. suo figlio, Belshatsar, nipote di Nebukadnetsar, fu fatto vice-reggente per
rafforzare la sua posizione, e per dargli indipendenza nell’estendere l’impero. La
campagna di Nabonide in Arabia portò alla costituzione di una nuova capitale a
Tema, sulle strade del mondo antico, per controllare i percorsi del commercio che
portavano al Mar Rosso, al Golfo Indiano, all’Egitto, all’India e a tutto il mondo di
quei tempi. Tema, a metà strada tra Damasco e Mecca, è ancora un importante centro
di scambi dell’interno dell’Arabia, ma sotto Nabonide la città raggiunse la propria
gloria come “la capitale dell’impero Neo-Babilonese, perché il re viveva lì in un
palazzo che eguagliava quello di Babilonia” 1. L’importanza di Tema però, era
comunque condizionale al continuato potere di Babilonia stessa, poiché Nabonide era
in terra straniera e capace di far progredire il potere imperiale solo per quanto la casa
madre poteva sostenerlo. Il regno di Nabonide segnò così un ulteriore sviluppo del
potere imperiale come anche il suo termine.
L’ascesa dei Medi e dei Persiani, all’inizio una nuvola non più grande di una
mano d’uomo, si sviluppò in una forte tempesta mano a mano che queste potenze
raggiunsero Babilonia. La sicurezza dei Babilonesi, comunque, era fondata sulla loro
capacità di sostenere, come essi credevano, un assedio di settant’anni, con i Medi ed i
Persiani che si sarebbero probabilmente distrutti nel tempo per la loro distanza da
casa ed i problemi causati dal prolungarsi dell’attesa del vettovagliamento. Perciò
Belshatsar si sentì libero di procedere con la festività religiosa.
Alla grande festa del nuovo anno, solo il re sommo sacerdote, Nabonide,
poteva presiedere, ma nelle altre festività, Belshatsar, come vice reggente, poteva
officiare. L’occasione fu marcata da un grande banchetto con molto vino, con
Belshatsar stesso che presiedette il pranzo davanti a mille dei suoi nobili (5:1).
1 Raymond Philip Dougherty, Nabonidus and Belshazzar, A Study of the Closing Events of the Neo-Babylonian Empire;
New Haven. Yale, 1929, p. 146. Lo studio di Dougherty da eccellenti evidenze dell’affidabilità storica di Daniele
confermando l’esistenza e la posizione di Belshazzar. Vedi anche Edwin Yamauchi, Greece and Babylon; Grand rapids.
Backer Book House, 1967, p. 70s, 89ss.
27
Venga il Tuo Regno
Questa stravaganza di splendore e celebrazioni era comune nell’antichità come
testimoniano i 15.000 che più tardi, secondo Ateneo, pranzeranno giornalmente al
tavolo del monarca Persiano e al quale Ester 1:3-5 testimonia. Ma la motivazione
religiosa era centrale e basilare all’esuberante osservanza. A conferma di quella
motivazione religiosa, Belshatsar, un uomo devoto, espresse la condanna ufficiale di
Babilonia riguardo ai sogni di Nebukadnetsar registrati come da interpretazione
dall’Ebreo, Daniele. I vasi sacri, portati via dal tempio di Gerusalemme, furono
portati in modo “che il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine” (5:3)
bevvero in essi. Questo fu un atto di deliberato sacrilegio, e anche una dichiarazione
di fede. La fede Babilonese era 1) una fede nella salvezza per opere, una fede che
implica inevitabilmente che, 2) poiché l’uomo salva se stesso, egli controlla il suo
destino, e il futuro è perciò nelle sue mani. Chiaramente Belshatsar fece quest’ultima
deduzione. La sua pretesa ignoranza di Daniele viene corretta da Daniele stesso
“benché tu sapessi tutto questo” (5:22), cioè del sogno e dell’esperienza di
Nebukadnetsar, del giudizio di Dio, e del ruolo centrale di Daniele in tutta questa ben
conosciuta sequenza di eventi. Belshatsar, sicuro della vittoria sui Medi e Persiani,
espresse con questo sacrilegio il suo disprezzo per YHWH e la propria abilità di
utilizzarLo. Egli non era legato dai sogni o dalla loro interpretazione profetica di
Daniele, ma solo dalla propria volontà e forza. Questo monarca, quale devoto
sacerdote-re, dando ripetutamente evidenza della propria fede 2, asserì la propria
indipendenza da questo Dio discontinuo che prepotentemente rifiutava la mano
dell’uomo o le sue opere, questo Dio che agiva in disprezzo della gloria umana. Si
può forse dire che in quel momento la religione Babilonese fu chiaramente ed
acutamente focalizzata nell’atto sacerdotale di Belshatsar. Mentre bevevano vino dai
vasi del tempio “lodarono gli dèi” (5:4).
“In quello stesso momento”, apparve la mano di un uomo che scrisse sul muro
in una scrittura sconosciuta, riempiendo tutti di terrore, il sacerdote-re in particolare. I
suoi consiglieri non furono capaci di decifrare lo scritto nonostante le allettanti
offerte. La regina madre 3 sollecitò che si prendesse in considerazione Daniele, forse
parlando come se Daniele fosse sconosciuto a Belshatsar in modo da confondere,
velare la vergogna di aver bisogno di un uomo il cui Dio e le cui interpretazioni
profetiche erano state solo un’ora prima apertamente disprezzate e sfidate.
Belshatsar dunque mandò a cercare Daniele, offrendogli la terza carica nel
regno (dopo Nabonide e se stesso) per l’interpretazione dello scritto. Il suo approccio
a Daniele cominciò in parte così: “Sei tu Daniele, uno degli esuli di Giuda, che il re
mio padre condusse dalla Giudea?” (5:13). Ciò che la regina madre aveva detto
riguardo a Daniele concerneva la sua eminenza sotto Nebukadnetsar, non le origini
di Daniele. Belshatsar scelse di ignorare questo fatto, dando ogni evidenza che egli
conosceva perfettamente chi fosse Daniele, e per ridurre Daniele al silenzio per
quanto concernesse il predicare a lui, egli in effetti disse a Daniele; “Tu sei un
2 Ibid., p. 87-92
MENE, MENE: “Dio ha fatto il conto del tuo regno e vi ha posto fine” (5:26).
PERES: “Il tuo regno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani” (5:28). Nella
parola PERES (diviso) c’è un’allusione a PARAS (la parola che viene tradotta
persiano), che sembrerebbe indicare che i Persiani erano la potenza dominante
nel dividere, o dissolvere Babilonia 5.
1 Riguardo all’identità di Dario, si veda John C. Whitcomb, Jr., Darius the Mede; Philadelphia: Presbyterian and
Reformed Publishing Co., 1959; si veda pure Yamauchi: op. cit., p. 89.
31
Venga il Tuo Regno
Parecchie credenze politico-religiose molto importanti vengono qui focalizzate,
tutte considerazioni di permanente rilevanza ed importanza.
4) Il sacerdote-re era quindi il punto focale di cielo e terra e la voce della legge,
e legge incarnata, eppure allo stesso tempo, in un senso veramente reale, sotto
legge, legato dalle proprie stesse dichiarazioni e impossibilitato a rovesciarle,
come testificano sia Daniele 6:14 sia Ester 1:19 e 8:8.
O straniero, le leggi degli uomini sono diverse, e una cosa è onorevole per un
uomo e un’altra per un altro, ma è onorevole per tutti onorare ed osservare le
proprie leggi. È l’abitudine dei Greci, si dice, onorare, sopra tutte le cose,
libertà ed uguaglianza, ma tra le nostre molte eccellenti leggi, noi reputiamo
questa la più eccellente, onorare il re e onorarlo in quanto immagine del grande
preservatore dell’universo, se dunque, acconsenti alle nostre leggi, e ti prostri
davanti al re e lo adori, tu puoi sia vederlo sia parlargli, ma se tu pensi in un
altro modo, devi fare uso di altri che intercedano per te, perché non è qui
costume nazionale che il re dia udienza ad alcuno che non si prostri a terra
davanti a lui.
33
Venga il Tuo Regno
negare quella vittoria. Calcedonia (451 D.C.) dichiarò in parte che questo “uno e lo
stesso Cristo” è:
3 Polycarp Sherwood, Traduzione con introduzione, St. Maximus the Confessor, The Ascetic Life, the Four Centuries
on Charity; Ancient Christian Writers, Vol. 21, London: Longmans, Green, 1955, p. 71.
4 Riguardo a questa pratica si veda Robert Dick Wilson, Studies in the Book of Daniel; Seconda serie; New York:
Revell, 1938, p. 241ss.
34
Venga il Tuo Regno
suo dolore ed agonia sono evidenti, e la sua posizione, tragica. In quanto voce della
legge, non poteva negare se stesso senza cessare di essere quel legame tra cielo e
terra. Poteva indulgere in qualsiasi altro vizio, ma il suo ufficio e potere richiedevano
questa irremovibile lealtà alla legge. Così la legge di Dario disse morte a Daniele,
mentre il suo amore diceva vita, e i due non potevano essere uniti. In ogni struttura di
pensiero non Biblica, questo conflitto compare in qualche forma, l’irreconciliabile,
incolmabile abisso tra legge e amore. Fate che trionfi la legge, e la sua asprezza la
trasformerà infine in un freddo schema di giustizia organizzata. Fate trionfare l’amore
sulla legge, e nuovamente l’ingiustizia terrà banco perché l’antinomismo infetterà
ogni baluardo d’ordine. La tensione tra la legge e l’amore è perciò una tensione
continua che lavora alla dissoluzione di una civiltà dopo l’altra ed è oggi basilare a
molta della tensione contemporanea, quando gli impulsi umanitari cercano di passare
sopra alle richieste della giustizia rigorosa e ai dettami della sua legge. La tensione
non è in alcun modo limitata all’ordinamento politico ma è endemica alla famiglia,
società, scuola, e ogni altro ordinamento.
Solo nella rivelazione Biblica viene risolta la tensione tra legge e amore, con
enormi implicazioni sociali e storiche, nella persona e l’opera di Gesù Cristo. Con la
Sua perfetta giustizia e la Sua vicaria espiazione, le più rigorose richieste della legge
e della giustizia furono pienamente conseguite ed adempiute, e gli statuti di Dio
osservati fino ad ogni apice e iota, ma pure, in uno e lo stesso momento, l’amore di
Dio per la salvezza fu manifestato in Cristo e per mezzo di Cristo. La croce è così il
simbolo d’unità della legge e dell’amore in Gesù Cristo e la completa domanda e la
piena integrità di entrambi. La radicale ingiustizia di ogni ordinamento separatamente
da Cristo è così vinta da questa sintesi, e la realizzazione storica di un ordinamento
fondato su questa unità, non ancora realizzato, viene resa possibile. I tentativi
dell’uomo di creare un ordine equo e vivibile separatamente dall’espiazione sono
stati condannati al radicale collasso, come testimonia il tentativo di Giulio Cesare di
soppiantare la legge fallimentare con la sua clementia senza grazia 5 . L’amore o il
perdono che non sia capace di rigenerare l’uomo diventano solo una licenza e un
sussidio del male, e la legge è essa stessa ugualmente incapace di qualsiasi ruolo
creativo e di funzioni rigeneranti.
Dario, preso da questa tensione, poté solamente gridare: “Daniele, servo del
Dio vivente, il tuo Dio, …ha potuto…?”. (6:20). E Daniele, dal profondo della fossa
dei leoni poté dichiarare che Dio aveva quella notte chiusa la bocca dei leoni e lo
aveva liberato senza alcuna ferita. Il re, colmo di gioia, ristabilì Daniele nella sua
posizione, e sentenziò i suoi avversari e le loro famiglie (un ingiustizia proibita in Dt.
24:16; 2Re 14:6) a quella stessa morte che avevano progettato per Daniele.
Il decreto di Dario (6:25-29) mentre ha scopo commemorativo, e di auto-
raccomandazione in riferimento a questo Dio Vivente di Daniele, riconosce la Sua
onnipotenza e sovranità chiaramente e schiettamente. Ma, mancando così com’è di
una relazione personale con quel Dio, e senza alcun senso dell’uomo come peccatore,
non è una confessione di fede ma un riconoscimento di potenza. Questo è quanto
5 Si veda Ethelbert Stauffer, Christ and the Caesars; Philadelphia: Westminster, 1955, p. 42-53.
35
Venga il Tuo Regno
poteva credere Dario, e onorando Daniele ulteriormente e attaccandolo più
strettamente al proprio trono, come fece anche Ciro (6:28), Dario cercò di rafforzare
il proprio trono quale legame vivente tra cielo e terra. Il politeismo non era stato
necessariamente vinto, infatti, la molteplicità dell’uomo, le sue culture le sue potenze,
era vista come controparte della molteplicità dell’ordine soprannaturale.
L’unificazione dell’unico ordine, quello dell’uomo, sotto un grande sacerdote-re,
significava anche la coalescenza dell’ordine soprannaturale in e attraverso quell’uno
e lo stesso anello divino-umano: il grande sacerdote-re. Di conseguenza, mentre i
grandi imperi dell’antichità si svilupparono e si espansero, furono caratterizzati da un
doppio accento, primo, una sintesi culturale ed un amalgamarsi e, secondo, un
sincretismo religioso, quando i vari dei e le varie fedi venivano focalizzate nel e per
mezzo del rituale legame tra cielo e terra. Il monoteismo fu perciò uno sviluppo
dell’impero, e un aspetto del suo concetto di unità.
Il monoteismo è, storicamente ed essenzialmente, un parente stretto del
politeismo e un aspetto della stessa filosofia basilare. A prima vista questa sembra
una radicale contraddizione, in quanto politeismo significa, come la parola stessa
indica, una credenza in molti dèi, e il monoteismo una credenza in uno solo. Ma il
politeismo non è solo una credenza in molti dèi, ma anche ed essenzialmente che dio
è molti, cioè che egli è vario nelle sue forme e apparenze, spesso in contraddizione
una con l’altra, cosicché egli è uno in essere benché illimitato nella diversità della sua
natura come lo è la natura. Così politeismo ed enoteismo sono anelli vicini
storicamente. Nell’enoteismo, sono riconosciuti molti dèi, e ciascuno è, per il
momento adorato come la concentrazione di tutti gli attributi della divinità. Di
conseguenza, troviamo, insieme al politeismo, un’ identificazione enoteista, talché
Astarte e Chemosh sono collegati strettamente o identificati, benché radicalmente
differenti, Giove e Zeus sono facilmente congiungibili e l’intero pantheon degli dèi
può essere visto come diversi aspetti di quella diversità dell’essere. In periodi di stati
in competitività o in guerra, l’aspetto politeistico era eminente, mentre l’imperialismo
enfatizzava l’enoteismo e il monoteismo. È anche importante notare che il
monoteismo filosofico e religioso moderno, riconoscendo la “verità” in o di tutte le
religioni è fortemente enoteistico e lontano solo un passo dal politeismo.
Roma passò dal politeismo al monoteismo e all’enoteismo quando si sviluppò
da repubblica ad impero. La sua politica religiosa la faceva capace di utilizzare
pienamente ogni fede locale, mentre la onorava, la collegava all’Impero e
all’imperatore. Così, alcune delle città più estranee furono anche le più devote
aderenti al culto dell’imperatore senza staccarsi dal loro culto locale, come
testimoniano Smirne e Pergamo. L’unità dell’Impero andava mano nella mano con
l’enoteismo e il monoteismo, e questi due portarono direttamente alla fondazione del
concetto centrale Romano: la legge. Basilare a questo sviluppo fu il concetto Romano
di legge naturale, che era ius gentium, la legge degli stranieri o le legge delle nazioni,
l’analogo giuridico del religioso enoteismo. Leggi straniere furono assorbite da
Roma, come furono assorbiti culti stranieri, nel monoteismo dello stato. Ma
l’enoteismo giuridico e il monoteismo erano alieni alla fede biblica quanto
l’enoteismo religioso. La Bibbia non è né enoteistica né monoteistica, ma piuttosto
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Venga il Tuo Regno
trinitaria e teista, e il suo concetto soprannaturale di legge invalida sia la legge civile
Romana sia la legge delle nazioni. L’opposizione Romana al Cristianesimo fu perciò
basata su una perspicacia maggiore di quanto non lo sia l’opera di molti apologeti
cristiani. La stessa tensione esiste oggi. Una fede che pone il politeismo Africano, il
panteismo di Spinoza, il monoteismo unitariano, e l’enoteismo modificato di Toynbee
tutti su un uguale livello come errori è un’offesa cardinale all’uomo imperiale, il cui
impero deve essere onni-inclusivo ed il cui concetto di verità e potere è spesso
strettamente legato con l’estensione geografica e con l’inclusivismo politico-
religioso. Enotesismo e monoteismo, quali aspetti di una sola fede, sono nella natura
dell’Impero come l’uomo lo sviluppa, e un aspetto dell’essere dello stato.
Nei termini di ciò, l’Impero Romano poteva tollerare una diversità di fedi
finché la loro unità in essenza poteva essere riconosciuta, e finché il culto
dell’imperatore quale punto focale ed il ponte tra cielo e terra fosse mantenuto. Il
Cristianesimo, la fede Biblica, fu perciò doppiamente offensiva perché: primo,
proclamava un altro esclusivo mediatore, Gesù Cristo; e, secondo, sembrò
peculiarmente e ostilmente politeista in paragone al deismo che sottostava a tutto il
politeismo pagano. I credenti e i pensatori Greci e Romani non erano grossolani
politeisti ma sofisticati deisti. Il Dio Trino era un’offesa permanente perché la sua
autosufficienza era così evidente, così manifesta: Egli provvedeva il suo mediatore o
anello, ed il suo proprio Spirito, contro le mediazioni dell’uomo, le sue aspirazioni, la
sua ascesa. La Trinità ontologica, Egli stesso il principio fondamentale di unità e di
molteplicità, creatore, redentore e sostenitore, troncava alla base l’autonomia
dell’uomo ed i suoi sforzi religiosi e rendeva tutta la magnificenza dell’Impero vana
nel suo sforzo di portare compimento all’uomo e alla società e di creare
l’ordinamento definitivo. Di conseguenza, l’Arianesimo, il subordinazionismo, il
monofisismo, il Nestorianesimo e altre eresie, ed occasionalmente anche il
Giudaismo (come nel regno Khazar), divennero gli inutili rifugi dell’uomo dalla
mostruosa potenza del Dio trino nella sua piena-sfericità e co-eguaglianza di potenza,
potenza che distruggeva e distrusse le dichiarazioni dell’Impero e della religione di
essere l’anello, il legame divino-umano. Il regno ed il sacerdozio di Cristo troncarono
alla base re e sacerdoti umani e la definitività del suo ufficio di profeta significò la
fine della religione quale agente creativo ed indipendente; a tutti ora veniva richiesto
di essere o ministeriali (servitori) oppure criminali. Progressivamente, perciò, a mano
a mano che la questione veniva focalizzata, il patronato della vera cristianità divenne
sempre meno possibile per lo stato. La facilità con cui Dario pagò tributo a Dio
diventa sempre meno praticabile a uomini il cui mediatore e dio sia lo stato. A questo
riguardo, la Russia Sovietica manifestava un grado più alto di auto-consapevolezza
epistemologica di quegli stati che sono ancora capaci di pagare un ipocrita tributo a
Dio mentre in realtà gli fanno la guerra. Questa ipocrisia non fu presente in Dario,
perché la tensione fondamentale non era ancora focalizzata. La tensione della nostra
epoca testimonia della sua esistenza ed è perciò il precursore della sua soluzione.
37
Venga il Tuo Regno
DANIELE 7
IL CORSO DEL DOMINIO
1 (la
pretesa di essere egli stesso il principio ultimo delle cose. N.d.T.)
38
Venga il Tuo Regno
nazionalismo dei Giudei era manifesto in Zorobabele, Esdra e Nehemia, e al tempo
dei Maccabei questo nazionalismo era troppo inclusivo, intenso ed esclusivo per
poter tollerare un libro che dichiarò che il Consiglio di Dio decise di by-passare
Israele 2 . Fu brevemente usato nell’epoca Maccabea per un punto d’interesse e poi
relegato allo sfondo.
La data di questa visione è “Nel primo anno di Belshatsar re di
Babilonia” (7:1). Ritrae la storia come un grande mare squassato dai “quattro venti
del cielo” (7:2), un’immagine ripetuta in Apocalisse 17:15 Poi mi disse: “Le acque
che hai visto, dove siede la meretrice, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue.” La
storia è dunque un mare scuro e turbolento, scuro a se stesso, e mosso dal di fuori
mentre ha la vita e il suo movimento al suo interno, un’entità, ma in nessun modo
un’entità autosufficiente ed auto determinativa. Mentre all’uomo il mare della storia
appare scuro e nascosto nelle sue profondità, dal trono di Dio appare come un mare
di vetro simile a cristallo (Ap. 4:6), non ci sono nella storia angoli bui per Dio che dal
suo trono determina tutte le cose che accadono e vede la fine dal principio.
Dal profondo del mare salirono quattro grandi bestie, che tipizzavano i quattro
imperi. Bestie da preda sono tradizionalmente state simboli dello stato, intendendo
tipizzare il potere nazionale e la sua capacità di divorare e distruggere. Benjamin
Franklin, dissentendo da questo desiderio di scegliere un animale da preda come
simbolo per l’America, suggerì il tacchino selvatico, un uccello utile nonché
rappresentativo dell’abbondante ricchezza naturale del continente, fa la sua mozione
fu cassata.
L’identificazione dei quattro imperi è stata più o meno uniforme, e i dissensi
sono stati basati sul tentativo di forzare un’interpretazione dentro al testo. “La prima
era simile a un leone ed aveva ali di aquila. Io guardavo, finché le furono strappate le
ali; poi fu sollevata da terra, fu fatta stare ritta sui due piedi come un uomo e le fu
dato un cuore d'uomo” (7:4). Così l’impero babilonese viene dipinto come
controllato, tenuto a freno nel corso del suo dominio imperiale, da una forza
umanizzante esercitata dall’esterno, dalla stessa sorgente di tutti i governi della storia,
Dio Stesso. Ciò fa riferimento all’umiliazione di Nebukadnetsar, dopo cui la forza
espansiva Babilonese non si riprese più, nonostante gli sforzi di Nabonide in quella
direzione.
“Ed ecco un'altra bestia, la seconda, simile ad un orso; si alzava su di un lato [o
alzava un dominio] e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: ‘Levati,
mangia molta carne’” (7:5). Questo comando di distruggere proviene da Dio, che
solleva l’impero come vendicatore e nei termini dei suoi scopi finali. Qui è descritto
l’Impero Medo-Persiano, col maggior dominio dei Persiani, e una vasta conquista di
Babilonia, Lidia ed Egitto (le “tre costole” secondo interpreti molto antichi e anche di
contemporanei), furono date a questa enorme e dormiente potenza.
“Dopo questo, io guardavo, ed eccone un'altra simile a un leopardo, che aveva
quattro ali di uccello sul suo dorso; la bestia aveva quattro teste e le fu dato il
dominio” (7:6). Il rapido ergersi a potenza dell’impero Macedone di Alessandro
3 Edward Young, The Messianic Prophecies of Daniel; Delft, Olanda, 1954, p. 30.
4 Young: Commentario, ad. loc.
5 F.W. Buckler, The Ephiphany of the Cross; Cambridge, England: Heffer, 1938, p. 4s., 99.
40
Venga il Tuo Regno
termini e simboli di lealtà e, 4) la terminologia della burocrazia e la natura della
carica per mezzo delle quali gli ufficiali del re sono le sue membra organiche
piuttosto che servi 6.
Questa evidenza rivela la somiglianza molto marcata del sogno imperiale col
regno di Dio, così che Babele corre parallela a Gerusalemme punto dopo punto.
Questo significato viene comunemente mancato: Babilonia viene assunta come
immorale, e la vera Gerusalemme morale, la prima malvagia, la seconda giusta in
termini moralistici. Ma il contrasto è radicalmente diverso: è tra auto-giustizia e
giustizia, tra moralismo e rigenerazione come metodi conflittuali di salvezza, ovvero
salute e restaurazione per l’uomo e la società. Il regno di Dio è l’obbiettivo, ma
Babilonia s’impadronirebbe della Gloria di Dio e farebbe del regno un dominio e
possedimento dell’uomo, mentre la vera Gerusalemme nell’apice della visione di
Giovanni è vista “che scendeva dal cielo da presso Dio” (Ap.21:2), ed è tutta dalla
grazia. Il pericolo di condannare gli imperi della visione di Daniele, e i presenti
pretendenti del regno, sul terreno del moralismo, è la necessità di ripetere i loro
errori, poiché il moralismo è proprio il terreno e lo spirito delle pretese dell’uomo al
regno, alla potenza e alla gloria.
Questi regni imperiali appaiono e scompaiono, e un quarto sorge con un più
duraturo impatto sulla storia:
“Dopo questo, io guardavo nelle visioni notturne, ed ecco una quarta bestia
spaventevole, terribile e straordinariamente forte, essa aveva grandi denti di
ferro; divorava, stritolava e calpestava il resto con i piedi, era diversa da tutte le
bestie precedenti e aveva dieci corna.
Questa quarta bestia non ha controparte nel mondo della natura, cioè non ha
carattere suo proprio. In Daniele 2:40-43 questo quarto impero è similmente ritratto,
come una mistura tenuta insieme con la forza ma non avere innato il potere di legare.
Il carattere messianico di questo quarto o Romano Impero non era meno prominente
di quello dei suoi predecessori, come Christ and the Caesars di Stauffer rende
chiaro. Il suo potere imperiale era più sincretista di quello dei suoi predecessori per il
fatto che serviva meno potere innato come punto di amalgama. Il suo concetto di
unità era meno organico e più giuridico, e da ciò, benché più debole, era un concetto
più duraturo e più facilmente trasmissibile ad altre culture. La pax Romana o pace
Romana era basata sulla legge Romana. Questa legge Romana fu ben riassunta nel
suo spirito da Cicerone in De Legibus, nel quale egli echeggia il temperamento
fondamentale della sua eredità, nell’affermazione: “La sicurezza del popolo sarà la
6 F. W. Buckler, The Epiphany of the Cross; Cambridge, Englnd: Heffer, 1938, pp. 99-107.
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Venga il Tuo Regno
legge più elevata”. È da questo principio che vennero in seguito le “dieci corna”, cioè
la pienezza dell’impulso e del potere nazionale (essendo il corno un antico simbolo di
potenza e dominio). L’obbiettivo del potere divenne la fondazione dell’unità sotto la
legge, legge non in un senso astratto e remoto, ma legge in senso umanistico, nei
termini di welfare umano e di diritti dell’uomo. Le rivoluzioni dell’uomo
Occidentale, ed ora sempre di più, le rivoluzioni e le aspirazioni di Asia, Africa e del
mondo intero, sono nei termini di questo concetto antropocentrico: “la sicurezza del
popolo sarà la legge più elevata”. I diritti dell’uomo, il benessere umano, libertà,
fraternità ed uguaglianza, tutte queste cose e di più sono il prodotto di questo
principio ultimo del moralismo: salvezza ed il regno dell’uomo per mezzo della
legge. Su Roma e su i suoi eredi in tutto il mondo, “le dieci corna”, è caduto il
mantello degli Scribi e dei Farisei! “Dieci” come numero della pienezza indica la
totalità della devozione statista dell’uomo a questo sogno. (I numeri sette e dieci,
come numeri terminali nei loro rispettivi sistemi numerici, e il numero quattro,
rappresentativo delle quattro direzioni, sono usati ripetutamente per tipizzare totalità
e pienezza). Un altro corno o potenza si leva, sradicando tutte le altre in ogni
direzione (le tre corna, o punti della bussola), esercitando il dominio con
dichiarazioni e pretese molto audaci “una bocca che proferiva grandi cose”. Proprio
come gli altri rappresentano imperi e domini, anche quest’ultimo rappresenta un
potere simile, affermando un unico dominio mondiale sotto la sovrana unità della
legge. Non è una persona più di quanto non lo siano i suoi predecessori e, come essi,
è l’epitome della pretesa moralistica di salvezza per mezzo della legge. Poiché questa
è profezia politica, il riferimento perciò non è all’area ecclesiastica alla quale
appartiene l’Anticristo, e perciò non è l’Anticristo.
Il concetto di salvezza per mezzo della legge trovò una particolare espressione
nel concetto e nella fondazione delle Nazioni Unite, e la sua speranza è abilmente
riassunta da uno studio intitolato Pace Mondiale per Mezzo della Legge Mondiale, di
Grenville Clark e Louis B. Sohn 7. Può la pace mondiale essere creata per legge, più
di quanto l’omicidio possa essere prevenuto per legge? Non è lo scopo della legge
punire un assassinio piuttosto che prevenirlo? Può la legge cambiare il cuore o la
mente di qualsiasi uomo? Al massimo, la legge, per timore, può costituire un
deterrente, non può esercitare un ruolo creativo. Aspettarsi che le leggi delle Nazioni
Unite convertano in qualche modo nazioni omicide in nazioni amiche è moralismo
del tipo più maligno, ed è un moralismo calcolato per assicurare il trionfo del male,
che il moralismo farà, come sempre.
Il concetto organico di società, da un lato cerca di effettuare la salvezza con
l’esperienza mistica dell’assorbimento nel gruppo. L’incorporamento nel corpo
politico, l’attuale grande dio in terra, è esso stesso salvezza. Così, durante i primi anni
del Nazismo, che fu infatti una breve rivisitazione del concetto organico, un agitatore
nazista disse ad una platea di paesani esagitati: “Noi non vogliamo il prezzo del pane
diminuito, noi non vogliamo prezzo del pane aumentato, noi non vogliamo prezzo del
7Titolo originale: World Peace Through World Law; Pubblicato da Harvard università Press, seconda edizione, 1960.
Sohn è un membro della facoltà della Harvard Law School.
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Venga il Tuo Regno
pane inalterato, noi vogliamo il prezzo NazionalSocialista del pane” 8 . Qui c’è una
ricerca di significato in una fuga dal significato.
Il concetto organico assolve l’individuo dalla libertà e dalla responsabilità,
dove invece il concetto legalista dell’uomo e della società pone sull’uomo un peso di
radicale individualismo che è più di quanto possa sopportare, e che infine lo distrugge
e lo porta ad una fuga dalla libertà. Nessuno dei due è capace di effettuare alcun
cambiamento nell’uomo o di aggiungere al suo essere. Il Cristianesimo Biblico, per il
suo concetto federale dell’uomo, vede due umanità, una in Adamo, un’altra in Cristo.
Il suo concetto dell’uomo è perciò federale e pattizio e il suo concetto della società è
organico, ma con insieme un’insistenza sulla responsabilità individuale a Dio il
Giudice. Ogni uomo è caricato della propria responsabilità per la propria vita e per il
proprio destino ma, come membro di Cristo e del popolo dell’Alleanza, egli non è
mai solo e un vivere realmente pio è un vivere responsabile e sociale, stanto
individualmente che organicamente, con la sua piena legge nella Parola rivelata di
Dio, le Scritture, e la sua reale società organica, il Corpo di Cristo. Ma fondamentale
a tutto questo è la rigenerazione, per la quale l’uomo è risparmiato dall’orrore
organico di Adamo e dall’irresponsabile individualità del trasgressore dell’Alleanza,
è fatto una nuova creatura in Cristo, e da qui in poi è capace di vivere sia sotto la
legge sia nella società, perché Cristo, la viva Parola e giustizia di Dio, è ora l’uomo
nuovo in lui e la legge è scritta sulle tavole del suo cuore, ed egli è membro di quella
grande, organica, nuova creazione il cui architetto e costruttore è Dio. Perciò,
all’uomo è richiesto di portare la propria responsabilità davanti a Dio, ma non ci si
aspetta che esista in isolamento e senza legami naturali e sociali.
La scena del giudizio celeste ci rende consci della sovranità di Dio in tutto
questo corso del dominio. Dio l’Onnipotente regna, e il giudizio “si tenne” (7:10), o
letteralmente “il giudizio sedette” 9. Dal trono procede il giudizio contro “il piccolo
corno” (piccolo in vero potere, benché potente in pretese), ed è consumato. “ma con
la distruzione del piccolo corno, la potenza della quarta bestia scompare
interamente”10. La Caduta di Babilonia è completa, il sogno della salvezza per mezzo
della legge è pienamente e definitivamente nella storia, poiché il trionfo di Cristo non
è per l’eternità solamente ma in virtù della sua resurrezione è manifestato nella storia,
attraverso la storia e culmina nella storia, ed è perciò sia storico che escatologico, Le
altre bestie (7:12), cioè le altre forme di presunzione messianica di politica e stato,
rimangono a malapena vive dopo la loro disgiunzione da Roma, ma anch’esse sono
ora distrutte pienamente e completamente.
Ora il vero regno diviene manifesto, “Ed ecco sulle nubi del cielo venire uno
simile a un Figlio dell'uomo” (7:13). Questo titolo, Figlio dell’uomo, nello stesso
senso di Daniele, fu applicato a se stesso da Gesù. Usato in diversi contesti, l’idea
dominante è quella della sovranità. Il Figlio dell’uomo governa con autorità divina…
8 Peter F. Drucker, The End of Economic Man, New York: John Day, 1939, p. 13s.
11 Leon Morris, The Lord from Heaven; Grand rapids; Eerdmans, 1958, p. 28
13 John Dewey, A Common Faith; New Haven: Yale University Press, 1934, p. 84.
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Venga il Tuo Regno
evitare e di negare il processo e la storia e di sfuggire dal tempo e dal giudizio.
Questo è l’ideale politico del regno dell’uomo, afferma l’uomo, solo per distruggerlo.
Afferma la storia al di sopra dell’eternità, solo per sfuggire al tempo e cercare di
eternizzarlo. Deifica il processo per poterlo immobilizzare. La sua legge in questo
modo è anti-legge, e la sua vita è morte. Si rivolge al processo prima per sfuggire a
Dio, e poi tenta, per mezzo degli stessi poteri dell’uomo, di trasformare il processo in
una eternità senza Dio.
Il “tempo, dei tempi e la metà di un tempo” è un periodo della storia
indeterminato ma limitato. Essendo “tempi” plurale, la portata e la lunghezza a cui si
riferisce è definitivamente al di la della nostra conoscenza. C’è come una volontà di
evitare una datazione definita, ma un’affermazione specifica del fissato limite del
potere del “piccolo corno”. La metà di un tempo marcherà l’improvviso collasso
all’avvicinarsi dell’apparente vittoria. “Il piccolo corno”, privo della pompa imperiale
dei suoi predecessori, ma sopravanzatili in presunzione, sarà succeduto dal regno di
Dio, il cui potere ininterrotto continuerà attraverso il tempo dentro all’eternità.
I settant’anni di cattività erano vicini alla fine quando Daniele vide la visione.
Per suo dolore, invece della restaurazione della teocrazia in Israele, egli vide un
lungo potere imperiale, succeduto dal regno messianico molto chiaramente dissociato
da Israele. Non è meno dissociato dalla presunzione e dai sogni ecclesiastici. Questa
è una profezia politica. Il regno di Dio non è descritto come un regno politico, ma la
sua incontestabile sovranità nella sfera politica come in ogni altra sfera è affermata
completamente. Separare perciò quel regno dagli aspetti economico, politico ed
educazionale dell’ordinamento mondiale, e dal confronto con le presunzioni
messianiche di queste e di altre attività dell’uomo, è un fare violenza al regno e non
comprenderlo. Mentre il regno non è di questo mondo, nel fatto che è primariamente
ed originalmente un ordinamento eterno, il suo trionfo in e su questo mondo è
presentato nella resurrezione, un evento storico, e sarà sviluppato nei termini
dell’interezza della storia.
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Venga il Tuo Regno
DANIELE 8
LE PROSPETTIVE DELLA STORIA
“Nel terzo anno di regno del re Belshatsar” (8:1) pervenne a Daniele un’altra
visione, una che concerneva il secondo ed il terzo impero. La visione era perciò
precedente al tempo degli eventi di Daniele 5.
La località della visione è Shushan, o Susa, la capitale principale dell’Impero
Persiano nei suoi giorni di potere. Daniele 8:2 e 8:16 rendono chiaro che l’intera
visione, dai giorni del potere Medo-Persiano fino ad Antiochio Epifane, proviene da
Susa, un fatto che colpisce, perché il centro della scena, per quanto concerne
l’azione, è solo brevemente Susa. La prospettiva perciò, è Susa, perché la fede e la
filosofia di quella fortezza e sede dell’impero rimase la prospettiva dei suoi
successori finché Roma non apparve sulla scena.
Il concetto organico di regalità e la sua affermazione della continuità del
popolo col re, e del re col divino, è quindi il principio dominante della visione, poiché
questo concetto fu più chiaramente focalizzato nell’Impero Medo-Persiano e dominò
gli imperi seguenti, influenzando anche Roma in misura notevole. Ad ogni modo, in
Roma a dispetto delle influenze Orientali molto marcate, il principio legalista,
giuridico, trionfò come fattore residente nella susseguente storia occidentale ed ora
mondiale, benché non senza conflitti, nel fatto che entrambi i concetti (unità organica
e unità nella legge) furono trasmessi a Roma e per mezzo di Roma.
Il disprezzo Greco per i Persiani fu dichiarato da Plutarco nei suoi commenti
nel suo Vita di Artaserse II: “Il re Persiano ed il suo impero erano potenti certamente
in oro, lusso e donne, ma altrimenti era un mero spettacolo di vana ostentazione”.
Molto di questo disprezzo è basato sull’invidia, e i Greci non erano preoccupati
solamente delle conquiste ad Oriente, ma anche del potere nei termini di
quell’Eldorado d’Oriente. Così, Alessandro e i suoi quattro successori assunsero il
concetto di regalità Medo-Persiana in misura notevole. Plutarco citò un esempio
incisivo degli estremi a cui fu spinto il concetto Persiano di regalità. Artaserse II
sposò la propria figlia Atossa, dichiarando “ella essere la sua legittima sposa,
calpestando tutti i principi e le leggi con cui i Greci si ritengono legati, e
considerando se stesso come divinamente istituito quale legge ai Persiani, ed il
supremo arbitro del bene e del male”. Questi stessi fini, il calpestare il bene ed il male
da parte dell’uomo il Legislatore, e la deificazione dell’uomo, furono anche gli
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Venga il Tuo Regno
obbiettivi ultimi del legalismo Romano, ma il concetto Persiano lo ricercò nell’unità
organica della società nel dio-re, gli eredi Romani nei diritti giuridici dell’uomo
individuale, per il cui bene esiste la legge, il governo e la società.
Daniele vide l’Impero Medo-Persiano come un montone, “Le due corna erano
alte ma un corno era più alto dell'altro, anche se il più alto era spuntato per
ultimo” (8:3). Secondo Keil: “in Bundehesch lo spirito guardiano del regno Persiano
appare sotto le forme di un montone con piedi ben torniti e corna appuntite, e,
secondo Ammiano Marcellino XIX. 1, il re Persiano, quando stava a capo del suo
esercito, indossava, invece del diadema, la testa di un montone”. Daniele vide
espandersi considerevolmente la potenza di questo impero in ogni direzione eccetto a
Est “così fece quel che volle e diventò grande” (8:4). “Quel che volle”, ha
sottolineato Young, significa “fece esattamente come volle, indicando potere
dispotico, arbitrario” 1.
Ad ogni modo, sorge un “capro”, Alessandro Magno, il quale, osserva Young:
“Divenne conosciuto come ‘Quegli delle due corna’, poiché egli si faceva
rappresentare con due corna per provare che era figlio di Ammon testa di montone,
dio della Libia” 2. Ammon o Amon, di Egitto e Libia, identificato anche con Giove e
Zeus dagli scrittori classici, veniva rappresentato o con la figura seduta di un uomo
con la testa di montone, o un montone intero blu; in suo onore gli abitanti di Tébessa
(Tunisia) si astenevano dalla sua carne. Il suo nome compare su monumenti Egizi
come Amn o Amn-re (Amon il sole). L’Amon di Tebe aveva semplicemente forme
umane, ed era chiamato “il re degli dèi” ed era virtualmente identificato in un culto
col sole, in un altro con l’Egizio Pan. Il giudizio viene pronunciato su di lui in
Geremia 46:25. “Ecco io punirò la [amon] moltitudine di No”.
Il capro era un’antica divinità, o simbolo di divinità, come indica Levitico 17:7,
essendo i “demoni” [sai’yr = capro, demone] che gli Israeliti adorarono nel deserto. Il
culto al capro esisteva in Egitto, era presente nell’adorazione di Pan (dio greco dei
pastori inventore del flauto di Pan) ed era un simbolo riconosciuto della nazione
macedone. Monete di Archelao, re dei macedoni (413 A.C.), rappresentano sul
rovescio un capro e, molto più tardi, la conquista della Persia da parte di Alessandro è
rappresentata su di una gemma con una incisione di “due teste unite all’occipite,
l’una di montone, l’altra di un capro unicorno” 3. Così, Alessandro fu il grande corno
e fondatore dell’Impero Macedone, ed il trasmettitore della vita e della base razionale
dell’Impero Persiano, col suo assorbimento di quella fede dentro alla propria
struttura. Il presuntuoso e arrogante potere di Alessandro è descritto in 8:8 “Il capro
diventò molto grande”; ovvero potente e di successo ai propri stessi occhi. La rabbia
dei Greci pure (8:7) era notevole, e il desiderio di rovesciare la Persia era pari al
desiderio di raddrizzare la storia. Comunque, nel mezzo della sua potenza,
Alessandro “si spezzò” [meglio sarebbe “fu rotto”], morì a trentatré anni, e l’impero
2 Ibid.
3 John M’Clintock e James Strong, Cyclopedia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature, III, p. 899s.
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Venga il Tuo Regno
fu diviso fra quattro notabili “quattro corna cospicue” (8:8), i quattro generali,
essendo un quinto, Antigono stato sconfitto precedentemente ad Isso, nel 301 a.C.,
cosicché, vent’anni dopo la morte di Alessandro nel 323 a.C. il regno pervenne ai
quattro generali. Lisimaco prese Tracia e Bitinia e possibilmente tutta l’Asia Minore.
Cassandro guadagnò la Macedonia e la Grecia. Tolomeo prese Egitto e territori
contigui e Seleuco prese Siria, Babilonia e le nazioni Orientali fino all’India.
Dalla potenza Siriana, alcune generazioni più tardi, dall’insignificanza a grande
potere ed esaltazione “uscì un piccolo corno, che diventò molto grande” (8:9) 4 .
Costui fu Antiochio IV, Theos, Epifanes, Niceforus, nomi che egli si diede, il quale
regnò dal 175 al 164 a. C.. Antiochio cominciò la sua vita come ostaggio di Roma,
non riponeva la sua fede in alcun dio eccetto il dio romano della guerra, e le fortezze
furono i suoi veri templi. La sua politica riguardo ai Giudei sembrò incoerente alla
luce dei suoi modi di procedere usualmente liberali, ma sgorgò da un passionale
desiderio di portare alla consumazione il proprio concetto di stato, l’unione di popolo
e re quale unità divina ed organica, il re stesso essendo la manifestazione di questa
divinità nella propria persona, il punto focale del processo storico e divino. Non
sorprende che Gerusalemme e “il paese glorioso”, o meglio “il desiderio” com’era
chiamata Canaan (Ez. 20:6; Gr. 3:19 Da.11:16, 41) abbia catturato la sua attenzione,
nel fatto che la fede di quel paese era un’offesa radicale per ogni aspetto della sua
filosofia. I Giudei erano nel processo di diventare ellenisti nei termini dell’Ellenismo
Siriano, avrebbero potuto abbracciare un radicale sincretismo, se Antiochio non
avesse sostenuto e protetto la flagrante corruzione e l’omicidio da parte dei sacerdoti
ellenisti. Antiochio Epifane, chiamato anche scherzando col suo nome: Epimanes
cioè il Demente, cercò di spegnere ogni traccia della fede biblica (8:10-11),
ordinando l’adozione della religione greca, consacrando, nel dicembre 168 a.C. il
tempio di YHWH a Gerusalemme al Zeus dell’Olimpo, ergendo la sua statua e
sacrificando in suo onore un maiale. Queste azioni fecero precipitare la rivolta
Maccabea.
5 E.J. Young, Comm. ad. Loc. Per l’estensione dell’apostasia Giudaica si veda Josef Kastain, History and Destiny of the
Jews; New York, Garden City Publishing Co., 1936, p. 94-102.
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Venga il Tuo Regno
La durata di questo gettare a terra è 2300 giorni (8:14), dopo i quali il santuario
è purificato. Keil ha giustamente interpretato questo tempo, un po’ meno di sei anni, a
significare non del tutto il pieno giudizio di Dio su Israele, che cadde nella pienezza
nel 66-70 d.C. per la loro culminata apostasia. L’apostasia e la punizione sotto
Antiochio sono descritte come giungere vicino alla fine dei tempi, cioè dell’era
dell’Antico Testamento (8:17). Sarà una manifestazione dell’ “indignazione” di Dio
(8:19) per l’apostasia d’Israele. I Trasgressori di 8:23 sono i Giudei apostati e
compromessi. Antiochio è fatto sorgere da Dio per punire Israele ed è anche da Dio
fatto cadere (8:24-25), “infranto senza mano”, senza l’intervento umano.
Questa visione, con la sua ulteriore dichiarazione che Israele è messo da parte
da Dio, ebbe l’orrore aggiunto dell’apostasia d’Israele, con la sua indicazione di una
apostasia culminante verso la fine, e di conseguenza lasciò Daniele profondamente
addolorato e fisicamente malato (8:26-27).
Qual’è la relazione tra questo “piccolo corno” dell’era del Vecchio Testamento
con quello dell’era del Nuovo Testamento, come viene descritto in 7:8, 24-26? La
comparazione dell’uno o dell’altro, entrambi figure politiche, con l’Anticristo, figura
religiosa ed ecclesiastica, è, come abbiamo visto incorretta. Il “piccolo corno” del
Vecchio Testamento, Antiochio Epifane, compare come un germoglio dei tre grandi
imperi, Babilonia, Medo-Persia e Macedonia, e del loro concetto organico di regno (o
regalità), di cielo o paradiso in terra per mezzo di questo concetto di continuità che
unisce cielo e terra. Il “piccolo corno” dell’era del Nuovo Testamento viene
similmente dopo la pienezza dello sviluppo del concetto Romano di regno dell’uomo
e rappresenta la sua idea di pace mondiale per mezzo della legge e di continuità con
le potenze ultime della creazione per mezzo dell’inserimento dentro al loro potentato
per mezzo di legalità e legge. Quindi, questo primo corno è visto da Shushan, dal
picco del concetto Orientale di compimento dell’uomo, ed il secondo dalla
prospettiva di Roma, la quarta monarchia, vista come potenza emanata dal quarto
Impero. Ciascuno è un prodotto finito. Ciascuno spinge o forza la questione (il
proprio concetto di salvezza) alle sue implicazioni ultime, ed entrambi sono distrutti
da Dio e, con il secondo, la sua distruzione è fatta coincidere con l’inizio della
potenza matura e aperta del vero regno di Dio.
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Venga il Tuo Regno
DANIELE 9
CONFUSIONE DELLE FACCE
1 William Smith, traduttore, The Popular Works of Johann Gottlieb Fiche, vol II, Lezione XIV: “Sviluppo dello Stato
nell’Europa Moderna”; London: Trubner, 1889, p.236.
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Venga il Tuo Regno
per i duri di collo e per gli empi, ma per coloro i quali di tutto cuore si univano a lui
nella confessione penitenziale dei loro peccati”2
Gabriele parlò di “settanta settimane” (9:24) o più accuratamente di “settanta
sette” per Israele e Gerusalemme, un’espressione ancora una volta indicativa della
pienezza di un tempo specifico. Lo scopo della rivelazione non è un calendario di
eventi, ma di avvertimenti, come pure di speranza in termini del Messia. Prima della
fine di quel periodo, sei cose saranno compiute, come ha evidenziato Young:
Negative Positive
1. Metter fine alla trasgressione 1. Introdurre giustizia eterna
2. Mettere fine al peccato 2. Sigillare visione e profeta
3. Coprire l’iniquità 3. ungere un santissimo 3
2 E.W. Hengstenberg, Christology of the Old Testament, vol III, p.86; Grand Rapids, Kregel, 1956.
Con questa distruzione, il giudizio è pronunciato non solo sul moralismo della
storia istituzionalizzato nel culto del tempio, ma anche nella funzione legittima del
tempio che cercò di perpetuarsi come unico veicolo di rivelazione. L’esclusività della
rivelazione non può essere arrogata dagli strumenti storici con un’arroganza ed un
orgoglio nei quali il vaso ascrive a se stesso il potere del vasaio. Dio, sempre geloso
del suo onore, non permetterà alla storia di eternizzare 6 se stessa. La storia della
chiesa, dello stato, delle università, dell’arte e della società è stata una concupiscenza
per l’eternità che conduce alla radicale confusione delle facce della desolazione e del
giudizio, mentre solo la confusione delle facce della creaturalità ed il pentimento
conduce alla vita della “misericordia e perdono” (9:9) nei cui termini solamente,
l’uomo può rimanere in piedi ed il tempo avere significato e diventare esso stesso
terreno di gioia e di vittoria.
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Venga il Tuo Regno
DANIELE 11
LEGALISMO E ORGANISMO (CORPO SOCIALE)
Con la sola esclusione dei nomi degli uomini e talvolta degli imperi, l’esattezza
di Daniele 11:2-35, nella sua descrizione della storia dalla Monarchia Persiana fino
ad Antiochio Epifane è concessa da ogni studioso, ma con una differenza. Per gli
esponenti dell’alta critica, il passaggio è il fondamento cardinale per la loro tarda
datazione di Daniele, e per la loro affermazione che un Maccabeo, familiare con la
storia coinvolta, scrisse il libro come strumento per incoraggiare i Giudei perseguitati
del proprio tempo. Per lo studioso cristiano ortodosso, questo passo è un’altra istanza
di profezia predittiva e provenne dalla mano di Daniele.
Secondo Daniele, chi parla è Cristo, il quale sostenne Michele, e perciò il suo
popolo scelto, durante i giorni sopra menzionati (11:1), ed Egli, Dio il Figlio, fu
strumentale nel rovesciamento di Babilonia da parte di Medo-Persia quale mezzo di
avanzamento dei suoi propositi redentivi per il suo popolo.
Dio il Figlio parlò quindi nei termini della sua promessa (10:14) di far
conoscere i problemi del popolo scelto, cioè la vera chiesa, nel “tempo futuro”,
nell’era Messianica (11:2). Primo, la chiesa Giudaica viene preparata per la sua
prova, e la sua esperienza fatta basilare alla prospettiva del futuro. In addizione al
monarca corrente, tre re si sarebbero susseguiti sul trono di Persia, e poi un quarto
“diventerà molto più ricco di tutti gli altri; quando sarà diventato forte per le sue
ricchezze, solleverà tutti contro il regno di Javan”(Grecia) (11:2b). Ciro era re a quel
tempo, i tre successori furono Cambise, Smerdis e Dario Histappe, ed il quarto Serse.
Questi tentò l’invasione della Grecia quando il potere persiano fu all’apice. La
potenza imperiale greca pervenne all’attenzione in Alessandro Magno (11:3-4) del
quale vengono predetti la potenza, la morte prematura, e la quadruplice divisione del
suo impero “ma non fra i suoi discendenti”.
Il periodo successivo (11:5-20) è la lotta tra Tolomeo e Seleuco e i loro
successori, per la Palestina. l’Egitto, “il Sud” divenne potente sotto Tolomeo Soter,
322-305 a. C., e Seleuco, fatto fuggire quando Antigono gli prese Babilonia,
guadagnò il sostegno di Tolomeo e recuperò Babilonia nel 312 A.C., annettendo un
regno che si estendeva dalla Frigia all’Indo. (11:5). Alcuni anni dopo, furono formate
delle alleanze tra questi due regni, col matrimonio della figlia di Tolomeo Filadelfo
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Venga il Tuo Regno
Berenice ad Antiochio II, Theos, che mise da parte la propria moglie Laodicea per
sposare lei. Quando, due anni dopo, Tolomeo Filadelfo morì, Antiochio II abbandonò
Berenice e rifece regina Laodicea, la quale, piena di desiderio di vendetta,
contraccambiò assassinando prima suo marito e poi Berenice, col risultato del
fallimento dell’alleanza come profetizzato (11:6).
Il fratello di Berenice, Tolomeo Euergetes, il terzo Tolomeo in Egitto, invase
allora “il nord”, mettendo a morte Laodicea (11:7) e ritornando con molto bottino
(11:8). Due anni dopo, Seleuco Callinicus riguadagnò il potere “al nord”, marciò
contro Tolomeo, ma fu sconfitto malamente, c. 240 A.C. (11:9). I suoi figli, Seleuco
Cerunus e Centiochio il Grande, riportarono il potere nel reame e lo estesero
attraverso la Palestina fino a Gaza (11:10). Tolomeo Filopator allora attaccò i
Seleucidi, o Siriani, e li sconfisse in modo schiacciante a Rafia ma “non sarà più
forte”, mancando del carattere necessario per utilizzare la vittoria (11:11-12). Una
delle inevitabili prove della vittoria è la capacità d’usarla.
Antiochio ritornò alla guerra tredici anni dopo, dopo la morte di Tolomeo
Filopator, in lega con Filippo di Macedonia e ribelli in Egitto, ed anche “trasgressori”
in Giudea che si erano allineati con la Siria nella speranza di stabilire il loro sogno o
visione messianica col rovesciamento dell’Egitto. (11:13-14). Antiochio sconfisse
l’Egitto a Sidone (11:15), solo per cadere vittima del suo stesso orgoglio, ma non
senza una totale vittoria sui suoi nemici ed un dominio sicuro in Palestina (11:16).
Antiochio diede in moglie la propria figlia Cleopatra al giovane Tolomeo nella
speranza di controllare quel trono, ma essa appoggiò il marito contro il proprio padre
(11:17). Poi Antiochio conquistò alcune isole del Mediterraneo, con non poco
vituperio verso Roma, solo per essere sconfitto da Lucio Scipio Asiatico, con il
vituperio che gli ricadde addosso. (11:18). Ne risultò l’eclissarsi di Antiochio (11:19),
che fu seguito da Seleuco Filopator, il quale tentò, attraverso Eliodoro, il primo
ministro, di impadronirsi del tesoro del tempio in Gerusalemme, solo per fallire e
Seleuco stesso presto perì (11:20).
La sezione successiva (11:21-35) tratta chiaramente di Antiochio Epifane, che
prese un potere non suo di diritto, “uomo spregevole” che prenderà “il regno con
intrighi (chalaqlaqquah, adulazioni)” (11:21). Con l’inganno e la falsa pace,
Antiochio Epifane arginò le potenze dei suoi nemici, svuotando con i suoi mezzi le
straripanti forze aliene (11:22-24). Ne seguì la prima campagna d’Egitto, con la
vittoria per Antiochio, che si sentì allora sicuro abbastanza per cominciare i suoi piani
per abbattere la separazione religiosa e l’indipendenza della Giudea. (11:25-28).
Viene menzionata anche un’altra campagna d’Egitto (11:29), che avverrà “al tempo
stabilito” nei termini degli scopi di Dio. Viene quindi descritta la persecuzione dei
Giudei per la loro indipendenza religiosa (11:30-35); che procede da, e viene dopo il
fallimento di Antiochio di catturare l’Egitto, dovuto all’intervento di Roma (le navi
Romane vennero da Chittim o Cipro). Il tempio fu occupato, il sacrificio continuo
terminato, e il suo idolo collocato all’interno. I Giudei apostati o ellenizzati furono in
lega con Antiochio, “ma il popolo di quelli che conoscono il loro DIO mostrerà
fermezza e agirà”. Ai fedeli verrà accresciuto l’intendimento e daranno conoscenza
ad altri, ma ciò nonostante i fedeli incontreranno tragedie in quei giorni. Quando
58
Venga il Tuo Regno
prendono posizione e prosperano molti ipocriti si uniranno a loro. L’intero processo,
comunque, avverrà nei termini di una purificazione e raffinamento da parte di Dio,
per far avanzare l’intendimento e la maturazione storica.
La sezione conclusiva di Daniele 11, i versetti 36-39, 40-45, sono i punti di
radicale divergenza tra i commentatori. I critici modernisti, mentre argomentano
contro qualsiasi frattura nella narrativa, nondimeno riconoscono una cesura di
qualche tipo. Così, H.T. Andrews nel Peake’s Commentary on the Bible vide una
cesura a 11:40, dove “la storia finisce ed inizia la profezia”, un’opinione sostenuta
anche da Driver. La ragione di questa opinione è l’espressione in 11:40 “E al tempo
della fine” presa a riferimento di qualche era futura. Eppure, nonostante questa frase,
il resto del passaggio continua in perfetta continuità col precedente! Inoltre, anche
quelli che avrebbero 11:36-39 riferirsi ad Antiochio Epifane trovano difficile
interpretarlo nello stesso senso di compimento di 11:2-35, dove, senza problemi, gli
eventi collimano con la storia, mentre invece in 11:36-39, il parallelo stretto diventa
forzato. Pertanto alcune cose diventano apparenti:
1. L’intera natura del capitolo richiede continuità, a 11:30 non meno di 11:36.
Benché 11:35 marchi una chiusura “questo avverrà al tempo stabilito”, 11:36
inizia con una nota di continuità, e 11:40 allo stesso modo, col suo ritornare al
“re del sud”, costringe a qualche tipo di continuità.
2. Allo stesso tempo, sia 11:36 sia 11:40 segnano nuovi sviluppi ed in questo
modo hanno un elemento di discontinuità, accresciuto dalla loro natura più
generale, notabile specialmente in 11:36-39.
3. Ci sono dei precedenti, in tutte le profezie bibliche, più brevemente e
potentemente in Matteo 24, dove specifici incidenti prima della caduta di
Gerusalemme sono seguiti da una descrizione molto generale del tempo di lì in
poi e della fine dei tempi, per predizioni specifiche seguite da altre più
generiche, per la descrizione di eventi, e poi di condizioni.
4. Antiochio Epifane non è, in 11:21-35 individualmente chiamato un “re” (né
poteva cf. vs. 21), solo una volta, collettivamente (11:27 “il cuore di questi due
re”) ma viene chiamato semplicemente “un uomo spregevole” e poi sempre
“egli”. In questo modo si evita di dargli dignità, mentre 11: 36-39 si riferisce a
“il re”.
Possiamo aggiungere, a conferma di tutto ciò, che “il re” o regno di 11:36
continuerà almeno finché (e, dopo quello, la sua storia non è per il momento
d’interesse) “finché l’indignazione sia completata” (cf. 8:19), cioè l’intera ira di Dio
per l’apostasia sia sfogata su Israele. Questo chiaramente si riferisce agli eventi del
66-70 D.C., e allora sia l’apostasia manifestata sotto Antiochio Epifane avrà avuto il
culmine, sia l’ira di Dio o la Sua indignazione sarà stata pienamente rivelata. L’ira di
Dio contro Israele non può dirsi essere culminata o terminata sotto Antiochio
Epifane, e di qui, 11:36 si riferisce ad un altro “re” o regno: Roma. Inoltre, ciò che ci
viene dato qui è, per usare un’espressione di Calvino (Lezione LXIII.) “una serie
perpetua” con la quale la vera chiesa viene preparata per tutti gli aspetti di quella
quarta monarchia e la sua fede: salvezza per legge o legislazione, che marcherà la
storia durante molta dell’era cristiana quanto i secoli conclusivi dell’era del Vecchio
Testamento.
2.”Il desiderio delle donne” sarà rinnegato. Il significato di ciò è che costituisce
un desiderio di trascendere o di rinunciare alla creaturalità. Alessandro Magno,
che, mentre aveva inclinazioni verso vizi vari, cercò in tutti i modi di evitare le
donne, lo fece sul fondamento della loro indicazione di umanità. Secondo
Plutarco “Egli era solito dire che il dormire e l’atto del generare specialmente
lo rendevano sensibile di essere mortale, tanto da dire che stanchezza e piacere
procedevano dalla stessa fragilità ed imbecillità della natura umana”.
L’iscrizione sul sepolcro di Ciro commosse Alessandro profondamente,
“riempiendolo con i pensieri dell’incertezza e della mutevolezza delle faccende
umane” cioè l’orrore di essere umano. L’uomo oggi è pieno dello stesso orrore,
e per mezzo della scienza cerca di sfuggire alla creaturalità, e con la politica
cerca di creare un ordinamento eterno. Questo orrore dell’umanità, sviluppato
nell’antichità, è venuto a focalizzarsi meglio ed è pervenuto al potere formale
negli stati post-Romani, nei quali l’uomo legalista spera mediante legislazione
e laboratorio di entrare nel regno degli dei. Nell’antichità l’obbiettivo era
l’apatia, essere senza passioni e quindi divino. L’obbiettivo nella vita moderna
ha svariato tra il Romanticismo ellenico, con frenesia ed entusiasmo come
possessioni divine, e un razionalismo e scientismo freddo, senza passione,
legalista, astrazione, come via dell’uomo alla divinità, con quest’ultimo infine
padrone del campo in virtù del suo controllo sulla scienza. Nella Rivoluzione
Russa, che segnò il trionfo del socialismo scientifico e del materialismo, vari
capi adottarono nomi nuovi per esprimere la loro divina apatia, per es. Stalin o
“acciaio”, Molotov “martello”.
Questo dunque, era la nuova minaccia che si erse nella forma di Roma, nella sua
prima formulazione, dopo che calò la minaccia di Antiochio Epifane. Antiochio
61
Venga il Tuo Regno
aveva i suoi seguaci in Israele (11:32), e ai giorni di Cristo, fatta eccezione per un
residuo che sarà interamente separato dal vecchio Israele, tutti erano in apostasia. La
linea di divisione tra Roma e Giudea era tale solo umanamente: entrambe erano
sposate ad un concetto di salvezza radicalmente legalista. Non fu un incidente della
storia, ma la certa rivelazione della sua relazione, che l’organizzazione che meglio
perpetua la dottrina farisaica chiami se stessa Chiesa Cattolica Romana, sostenendo,
come i farisei, la salvezza per opere, opere di supererogazione (fare di più di quello
che è richiesto), i meriti dei santi (o con i Giudei, di Abrahamo), ecc.
Daniele 11:38-39 parla quindi della devozione di questo nuovo impero, al “dio
delle fortezze” e alla conquista ed espansione imperialista, ricompensando quelli che
stanno con il dio di questo programma. Disprezzare Dio significa inevitabilmente
disprezzare l’uomo. Disprezzando la loro creaturalità, i figli di Roma disprezzano
anche tutte le altre creature e ricercano l’auto-magnificazione attraverso la
distruzione umana. C’è sempre qualche Cartagine che deve essere distrutta perché
qualche Roma sia libera di imporre il proprio marchio di schiavitù. Lo stato imperiale
moderno insiste sulla neutralità verso Dio, ma il neutralismo riguardo lo stato
imperiale ed i suoi obbiettivi è intollerabile, un affronto alla maestà dello stato divino.
Gli Stati Uniti, un tempo grandi campioni internazionali di neutralismo, confrontano
oggi (1970) l’Unione Sovietica come loro grande nemico 3. Nessun stato può evitare
di fare di sé la grande pietra di paragone della verità e del carattere se si allontana
dalla primazia di Dio e della sua parola e legge. Il dio della forza diventa il solo dio
e la legge ultima, che sia espresso nei termini del concetto del potere della
maggioranza e del governo democratico, o apertamente dichiarato nell’uso della
“forza” o “armamento bellico” quali basi della legge. È una potenza immanente e
coercitiva che viene deificata; è la sopraffazione di gruppi minoritari e dei diritti e
della legge nel nome di un potere più forte al presente, la maggioranza degli
impugnatori di fucili.
In Daniele 11:40-45, abbiamo un ulteriore sviluppo della prospettiva profetica
sulla storia. Alcune cose appaiono chiaramente:
1. “Al tempo della fine,” il re del sud, l’Egitto, attaccherà la potenza del quarto
impero, ed anche il re del nord, Siria lo farà, con il nord trionfante nell’impero.
2. Egli trionferà anche sul paese glorioso (la Delizia) (la chiesa, o popolo scelto di
Dio) e lo assorbirà.
3. Quelli relativi, connessi, contigui ad Israele, Edom, Moab e Ammon, saranno
risparmiati.
4. Questa rinnovata potenza conquisterà anche l’Egitto.
5. Di là partirà per vincere e sopraffare ogni ribellione ed opposizione.
6. Il suo quartier generale sarà posto a metà strada tra il mare e il monte, cioè il
tempio.
3 Si veda Felix Morley: Freedom and Federalism, Chicago: Regnery, 1959, p. 87-115.
62
Venga il Tuo Regno
Questo passaggio è chiaramente simbolico, come pure il precedente. Sostenere un
compimento letterale nei termini di Siria, Egitto ed Israele richiede anche la
ricostruzione di Edom, Moab, ed Ammon, stati e popoli morti da lungo tempo. Che
cosa dunque significa il passaggio?
All’inizio di questa visione, fu detto chiaramente che essa era per “gli ultimi
giorni” e “per molti giorni” (10:14) 4. Così, mentre tratta del tempo da Daniele ad
Antiochio, il punto focale è chiaramente l’era cristiana. L’espressione “ultimi tempi
65
Venga il Tuo Regno
DANIELE 12
LA CERTEZZA DELLA VITTORIA
2H. Deane, in Ellicott: Commentary on the Whole Bible, vol. V; Grand Rapids: Zondervan, p. 400, e Young:
Commentario, ad loc.
67
Venga il Tuo Regno
significato del tutto. Sofferenze o prove, e il compimento hanno entrambi un ruolo
decisivo nella vita e nella storia dell’uomo. La parola culminante è di trionfo nella
storia, nei 1335 giorni (Da. 12:11-12)
La parola conclusive a Daniele è: “Ma tu va pure alla tua fine;” o, come Young
l’ha interpretata: “Continua come sei fino alla fine della vita” 3 e riposati, “ti rialzerai
per ricevere la tua parte di eredità alla fine dei giorni”, cioè, ricevere la tua eredità
eterna nel Signore (12:13).
Daniele è profezia politica, ed è profezia fiduciosa, che dichiara la vittoria certa
del regno di Dio (da non confondersi o limitarsi alla chiesa istituzionalizzata, del
quale è una manifestazione), nella storia.
Se la vittoria di Cristo deve essere solo escatologica, e solo nei termini di un
ordinamento eterno, allora Daniele è un mostruoso pezzo di irrilevanza. Il meschino
“complesso della tribolazione” di una chiesa soddisfatta e auto-compiaciuta,
circondata dalla comodità e dal lusso, è certamente un fatto sorprendente, un fatto
sicuramente indicativo di un desiderio masochista di auto-espiazione per mezzo della
sofferenza. Ma l’interezza delle Scritture proclama la certezza della vittoria di Dio nel
tempo e nell’eternità. Non ci può essere ritirata dalla vittoria senza una
corrispondente ritirata da Cristo. Il Grande Mandato, col suo comando sicuro di fare
discepoli di ogni nazione (Mt. 28:19), non fu un’iperbole o una vana espressione di
ansiosa speranza, ma la certa promessa di colui che poté dire “Ogni autorità mi è stata
data in cielo e in terra” (Mt.28:18), “Andate dunque” (Mt. 28:19). Tristemente, dal
giorno del Calvario, la chiesa si è troppo spesso occupata ad imbalsamare Cristo,
mentre i suoi nemici, un po’ più realisticamente, hanno inutilmente cercato di
guardarsi dal suo potere. È tempo di proclamare la potenza della sua resurrezione.
La resurrezione viene menzionata in Daniele 12:2 come chiave musicale
dell’era del vangelo, cioè degli ultimi giorni. Il “giorno” o tempo di resurrezione
cominciò con la resurrezione di Gesù Cristo, perciò i Cristiani vivono nell’era della
resurrezione. L’era ha le sue tribolazioni, le sue battaglie fino alla morte, ma la sua
essenza per il cristiano è vittoria a vita. A motivo della resurrezione di Gesù Cristo
non può essere altrimenti.
APOCALISSE
69
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 1
L’ESODO MAGGIORE
1 Riguardo alla frase: “che devono accadere rapidamente”, 1:1 Alford osservò: “Questa espressione non deve essere
forzata a significare che gli eventi della profezia dell’Apocalisse dovessero avvenire a breve poiché abbiamo una chiave
del suo significato in Luca 18:8(vecchia Diodati), dove nostro Signore dice:”E Iddio non vendicherà egli i suoi eletti, i
quali giorno e notte gridano a lui; benché sia lento ad adirarsi per loro? Certo, io vi dico, che tosto li vendicherà”, dove
è evidentemente implicato un lungo ritardo…siamo indirizzati allo stesso senso del testo come in Luca 18, sopra, e
cioè, al rapidamente di Dio, benché egli sembri tardare”. Henry Alford, The New Testament for English Readers
(Chicago, Moody Press), 1781.
70
Venga il Tuo Regno
mutabilità di contorni indefiniti. Si sentono sospinti, abbandonati all’uragano di un
mare selvaggio e senza riposo, e si interrogano riguardo al ruolo di Dio in tutto
questo.
Il saluto (1:1-6) identifica Cristo e l’Apostolo Giovanni, dichiara alla chiesa
angosciata l’eterno potere di Dio, l’energia potente e penetrante dello Spirito santo e
della sua presenza dimorante, e la signoria redentrice di Gesù Cristo, il quale
distruggerà i suoi nemici. Mentre si rivolge a sette chiese specifiche (1:4), sette, quale
simbolo di completezza, indica che queste sette chiese rappresentano la chiesa di ogni
epoca, proprio come i “sette Spiriti” significano lo Spirito santo nella totalità del suo
essere e della sua attività. Gesù Cristo è “il testimone fedele, il primogenito dai morti
e il Principe (o governatore) dei re della terra”(1:5), il profeta, il sommo sacerdote
datore di vita, e il vero re della creazione. Egli ha fatto il suo popolo “un regno e
sacerdoti a Dio suo padre” (1:6), un’ importante dichiarazione. Riguardo al Cristo,
Salmo 89:29 dichiarò: “Renderò pure la sua progenie [del figlio di Davide, il Messia]
eterna e il suo trono come i giorni dei cieli”. Questo era un trionfo che si sarebbe
rivelato nella storia, e allo stesso modo il sacerdozio e la regalità dei credenti si
riferiscono tanto alla storia quanto all’eternità. Negare il trionfo di Cristo nel tempo è
un erodere la validità della resurrezione e delle sue implicazioni per la storia; è un
ridurre il cristianesimo ad una setta trascendentale e di fare di una ritirata dalla vita
l’essenza della fede.
Questo Cristo viene continuamente nelle nubi del giudizio sulla la storia (1:7).
Identifica se stesso come Dio: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine” dice il
Signore “che era, che è e che ha da venire, l’Onnipotente”(1:8, cfr. 1:4; 4:8; 11:17).
Secondo Plutarco, (Isis e Osiris, 9) l’iscrizione nel tempio di Isis o Minerva a Sais
dice: “Io sono tutto ciò che sia mai venuto in esistenza, e ciò che è, e che sarà, e
nessun uomo ha sollevato il mio velo”.
3 Martin Rist, in Interpreter’s Bible, XII (New York: Abingdon, 1957), p.368f.
71
Venga il Tuo Regno
sarà” talché si riferisce alla continuità d’esistenza piuttosto che ad una autosufficienza
assoluta e senza cambiamenti. “Entrambi gli spiriti sono limitati a se stessi” 4 .
L’iscrizione di Isis e i suoi paralleli danno per assunto una continua (crescente)
potenzialità in Dio, ecco perché l’altare al dio sconosciuto (Atti 17:23), vale a dire al
dio non conoscibile, è l’altare più adeguato a tutte le fedi in un dio di continuità che è
per sempre continuo con l’universo e perciò nascosto per sempre perché mai capace
di una piena auto-consapevolezza. Il dio dell’iscrizione di Isis, come il dio di Karl
Barth, è un dio con un futuro, a causa delle sue potenzialità inesplorate. Il Dio delle
Scritture non ha futuro, ma solo un eterno presente perché, quale creatore totalmente
onnipotente e totalmente auto-consapevole, ogni cosa è sotto il suo controllo sovrano
e interamente inclusa nel suo decreto eterno. Perciò Egli vive in un eterno presente
mentre la vita futura è il ruolo della creatura, e dei falsi dei. L’eterno “Ora” di Dio è
basilare anche al suo decreto eterno: la totale auto-conoscenza e la totale sovranità
portano inevitabilmente al decreto sovrano: “A Dio sono note da sempre tutte le
opere sue” (Atti 15:18).
Degli dèi pagani, come dèi espressione del concetto di continuità, non ci si può
fidare. Infatti, a parte la vera fede biblica, di nessun potere divino ci si potrà mai
fidare, ma si possono solamente placare, o tacitatare, o ci si deve sottomettere
ciecamente. Essendo pieni di potenzialità, tali dei non sono mai affidabili, e mancano
spesso perfino di un carattere accertabile. Alcuni assumono il duplice ruolo del
diavolo e di dio. L’amore o la fiducia in Dio non sono possibili se non nella
predestinazione nel suo senso biblico. Nel paganesimo, la natura imprevedibile degli
dèi si rifletteva anche nell’imprevedibile carattere degli uomini, nell’incapacità di
vedere un che di assoluto come fondamentale alla divinità o alla sottostruttura della
fede e della vita umana. I poemi epici e le storie dell’antichità sono perciò racconti
che enfatizzano la situazione al di sopra del carattere, e se il carattere viene
presentato lo è contro lo sfondo di un fato truce ed ironico, che è dimentico della
natura dell’uomo, cosicché il carattere è visto come futile contro la situazione. Questo
concetto di continuità, in Cina ha condotto al relativismo radicale e completamente
umanistico del Confucianesimo, dietro il quale sta una dottrina metafisica, la
continuità, la quale capovolge tutti i criteri nei termini del valore ultimo del
cambiamento. Il Taoismo è la continuità logicamente sviluppata e formulata. Cristo,
comunque, quale Dio Vero da Dio Vero, è l’Alfa e l’Omega, il dalla A alla Zeta di
ogni verità e potere, onni-inclusivo nel suo totale controllo della storia. Se la storia è
dunque nelle mani di Cristo, il suo scopo è la vittoria, non la resa del tempo a satana
riservando l’eternità a Dio. L’affermazione perciò, di un prominente fondamentalista
Americano nel 1953, il quale attaccava ogni tentativo di riforma sociale nel nome del
pre-millennarismo: “Non si lucidano gli ottoni in una nave che sta affondando” è
paganesimo matricolato e radicalmente in contrasto con le Scritture. Apocalisse
comincia con una promessa di benedizione a tutti quelli che “ascoltano…leggono…
serbano le cose che sono scritte nel libro” (1:3), e “questa profezia” non è una
4 Vedi Palhavi Texts, translated by E.W. West, Part I, Vol. 5 of Sacred Books of the East. Part I edited by Max Muller;
(Oxford: Clarendon Press, 1880), 4s.
72
Venga il Tuo Regno
promessa di sconfitta ma una dichiarazione di sovranità, di signoria e di vittoria di
Cristo nella storia.
In 1:9-20, Giovanni descrive la sua visione di Cristo in gloria, una visione
profetica, che dipinge Cristo come Signore, che possiede “le chiavi della morte e
dell’inferno” (1:18), con le chiavi che stanno a significare il controllo totale, e
descrive Cristo nella sua gloria più splendente del sole e della luna e fonte di ogni
luce e potenza (1:16). Egli compare in abiti di potere giudiziario e regale. La cintura
non è sui lombi come fosse pronto all’azione e al lavoro (Luca 12:35), ma è portata
come uno che riposa dal lavoro nel “riposo della sovranità” (Carpenter Commentario
1:13). Cristo viene visto come presente nel mondo nella chiesa, nel mezzo dei sette
candelabri d’oro (1:12, 20), vivo e presente nella storia quanto nell’eternità. Cristo è
nascosto ora dal mondo, ma ciò nonostante è presente non solo come Re della
creazione sul suo trono, ma anche come vera chiesa ed il suo capo. Lo scopo di
questa visione è quello di dare alla chiesa conforto e assicurazione di vittoria, non di
confermare le loro paure o le minacce del nemico. Leggere Apocalisse in modo altro
che quello del trionfo del regno di Dio nel tempo e nell’eternità è un negare la vera
essenza del suo significato.
Un parallelo familiare tra Genesi e Apocalisse è istruttivo a questo punto per
sottolineare il tono radicalmente storico del libro. È Apocalisse nel senso vero del
termine: “rivelazione”, e il suo interesse è, come afferma il primo versetto, un
interesse immediato e storico. Ai santi assediati non viene detto di un alt alla storia,
né di un rapimento fuori da essa, ma della venuta del Cristo Sovrano e della sua
Nuova Gerusalemme dentro la storia. Il parallelo dunque è istruttivo:
Genesi Apocalisse
Paradiso perduto Paradiso riguadagnato
Creazione del cielo e della terra Nuovi cieli e nuova terra
L’entrata della maledizione: il peccato, Non ci sono più la maledizione, il peccato
la tristezza, la sofferenza e la morte. La tristezza, il dolore, la morte.
L’albero della vita protetto. L’albero della vita restituito
Quattro fiumi bagnano il giardino Un puro fiume d’acqua della vita
La comunione distrutta La comunione restituita
Il lavoro maledetto Il lavoro benedetto
L’uomo in disarmonia con la natura L’uomo in pace con la natura
Ancora, Apocalisse, col suo estensivo echeggiare l’Esodo, non solo nelle
piaghe sull’Egitto, il Nome di Dio, la liberazione dall’Egitto ed il rovesciamento di
nemici, nella cura miracolosa e possente nel deserto, ma anche in molti dettagli di
passaggio, invita ad un paragone con l’Esodo. Secondo Luca 9:31, Mosè ed Elia sul
monte della trasfigurazione parlarono a Gesù “del suo decesso che doveva compiere a
Gerusalemme”, la parola decesso o dipartita traduce exodous dal testo greco. La
morte di Gesù era così il vero esodo del popolo di Dio dalla schiavitù alla libertà, dal
peccato e la morte alla giustizia e alla vita in Lui. Ebrei 9:15-23 rende chiaro che “la
morte del testatore”, Gesù Cristo rese legge il testamento ed aprì l’eredità promessa e
mostrata in ombre nell’Antico Patto per il popolo del Nuovo. Perciò le benedizioni
materiali e spirituali promesse nell’Antico Patto cominciarono ad entrare in piena
applicazione per mezzo della morte di Gesù Cristo.
Esodo 3:14 è echeggiato in Apocalisse 1:4 e 8. Il nome di Dio, IO SONO
COLUI CHE SONO, è basilare alla dichiarazione: “Io sono l’Alfa e L’Omega dice il
Signore che è, che era e che viene, l’Onnipotente”. Di nuovo, Apocalisse 1:6
echeggia Esodo 19:6, la promessa di Dio che il suo popolo sarebbe stato “un regno di
sacerdoti, e una nazione santa”, viene ora adempiuto nella vera chiesa e ancor più
largamente nel regno di Dio. Questo ricordare l’adempimento è una promessa di cose
ancor maggiori a venire in breve. Il Sabato, comandato in Esodo quale giorno di
commemorazione della redenzione dall’Egitto e dunque quale giorno di adorazione, è
ora adempiuto in Cristo, il vero Redentore, cosicché l’adorazione ora è nel giorno
della resurrezione “il giorno del Signore” (Ap. 1:10-13,20). La sua apparizione è di
fuoco consumante, ed Egli è, come in Egitto, foriero di piaghe sui nemici di Dio e del
suo popolo. I candelabri d’oro si vedono per la prima volta in Esodo 25:37, e si fa
allusione alle piaghe in Apocalisse1:7.
C’è un ulteriore echeggiare sia di Esodo che di Matteo nelle beatitudini di
Apocalisse. La legge fu data per la prima volta in Esodo, Gesù Cristo, in qualità del
vero datore della legge, deliberatamente pronunciò l’adempimento di quella legge in
se stesso nel Sermone sul Monte, essendo la legge ora, per coloro che sono in Lui,
non una maledizione, ma la promessa e fondamento di vita, una trasformazione che
comincia con le beatitudini (Mt. 5:1-12). Per dichiarare enfaticamente questa
promessa di vita e le condizioni del suo adempimento, sette (il numero della
pienezza) beatitudini vengono pronunciate sui fedeli, mentre la maledizione della
legge (De. 28:15-68) viene scatenata contro gli empi quando le sette coppe d’ira
vengono riversate sulla terra (Ap. 16:1). Le sette beatitudini di Apocalisse sono:
1: 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e
serbano le cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino.
74
Venga il Tuo Regno
14:13 Poi udii dal cielo una voce che mi diceva: “Scrivi: Beati i morti che d'ora
in avanti muoiono nel Signore; sì, dice lo Spirito, affinché si riposino dalle loro
fatiche, perché le loro opere li seguono”.
16:15 “Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti
per non andare nudo e non lasciar così vedere la sua vergogna”.
19:9 Quindi mi disse: “Scrivi: Beati coloro che sono invitati alla cena delle
nozze dell’Agnello". Mi disse ancora: “Queste sono le veraci parole di Dio”.
20:6 Beato e santo è colui che ha parte alla prima risurrezione. Su di loro non
ha potestà la seconda morte, ma essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e
regneranno con lui mille anni.
22:7 Ecco, io vengo presto; beato chi custodisce le parole della profezia di
questo libro.
22:14 Beati coloro che adempiono i suoi comandamenti per avere diritto
all'albero della vita, e per entrare per le porte nella città.
1. Il tempo è vicino.
2. Gesù Cristo è il dominatore dei re della terra.
3. Egli è l’Alfa e l’Omega.
4. Egli tiene la chiesa e i credenti nelle sue mani.
5. Dio, il Dio Trino è sovrano.
6. Cristo è l’eterno Dio il Figlio.
7. L’essenza della chiesa è la sua fede in Cristo; essa è il vero Israele di Dio,
include i santi delle epoche del vecchio e del Nuovo Testamento.
75
Venga il Tuo Regno
8. Il mondo non è una scampagnata ma un campo di battaglia, uno comunque
di certa vittoria.
9. Nel mezzo di tutto il combattimento, la chiesa canterà “nuovi cantici” al
Signore, “un termine del Vecchio Testamento per inni di ringraziamento resi
espressamente per misericordie inaspettate” (Thomas Scott).
1) Tutte le promesse della legge e dei Profeti, tutte le promesse di vita come è creata
da Dio, sono rese disponibili dall’espiazione. “La morte del Testatore” (Eb 9:15-23)
rese disponibile l’eredità al popolo di Dio. La legge del patto, violata da Israele alla
sua inaugurazione, poteva essere riportata in vigore solo dalla morte del testatore,
Gesù Cristo, in quanto uomo rappresentante federale, il quale non solo pagò la pena
per l’offesa del popolo del Patto, ma rese anche perfetta obbedienza alla legge.
Proprio come quella morte era stata presentata nella tipologia del sacrificio, quale
ombra della realtà, così tutte le promesse materiali e spirituali adempiute del Vecchio
Testamento erano ombre e tipi delle promesse rese disponibili per i membri del
Nuovo Patto. Vengono quindi emessi degli avvertimenti al popolo di Dio (Ap. 2-3) di
non deviare dal patto e dalle sue promesse come fece l’Israele di una volta.
5 K. Schilder, Christ on Trial, (Grand Rapids, EErdmans, 1950). pp. 221-236 tradotto da Henry Zylstra.
77
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 2:1-7
FALSA SANTITÀ
Apocalisse nella sua interezza è una lettera aperta e “la rivelazione di Gesù
Cristo” (1:1), il quale dichiara: “Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniarvi
queste cose nelle chiese” (22:16). Non c’è dunque da meravigliarsi che Giovanni, da
scriba (1:4) abbia parlato, come ha notato Ramsay, “Col tono dell’assoluta autorità.
Egli spinge questo tono all’estremo, molto al di la perfino di quello degli altri
apostoli, Paolo e Pietro, nello scrivere alle chiese dell’Asia” 1 . Gesù Cristo parla alla
chiesa del tempo di Giovanni e di tutti i tempi con autorità assoluta e in modo
definitivo.
Apocalisse 2 e 3 sono perciò lettere dentro una lettera, delle parentesi,
affermazioni particolari a certi tipi di chiese di tutti i tempi, mentre il resto del libro è
indirizzato apertamente a tutte le chiese. La forma dell’indirizzo è particolarmente
rivelante: “All’angelo della chiesa di Efeso, scrivi…” Il commento di Ramsay
riguardo sia all’ “angelo” sia alla “stella” sono particolarmente pertinenti:
Perciò la stella e l’angelo, di cui la stella è il simbolo, sono gli stadi intermedi
tra Cristo e la sua chiesa col suo candelabro che risplende nel mondo. Questo
simbolismo fu preso in prestito da san Giovanni dalle forme di espressione
tradizionali nelle teorie riguardanti la natura divina e la sua relazione col
mondo.
1 W.M. Ramsay, The Letters to the Seven Churches of Asia And Their Place in the Plan of the Apocalipse New York:
Doran, 1904; p. 79s.
78
Venga il Tuo Regno
Nuovamente, osserviamo che, nel linguaggio religioso simbolico del primo
secolo, una stella denotava l’essere celeste corrispondente ed un essere divino,
o una creazione divina o un essere locato sulla terra. Così, nel linguaggio dei
poeti romani, la figura divina dell’imperatore sulla terra ha una stella in cielo
che gli corrisponde e che è la sua controparte celeste. Così l’intera famiglia
imperiale si diceva avesse la sua stella o che fosse una stella….
1. In una forma c’è una triplice divisione: ombra – immagine - corpo. Così, in
Ebrei 10:1, la legge del Vecchio Testamento “avendo solo l'ombra dei beni futuri e
non l’ immagine stessa delle cose”(V.D.), la quale, immagine, compare con Cristo, il
corpo della legge è nel Dio Trino. Similmente, in Ebrei 8:5, il sacerdozio del Vecchio
Testamento fu un ombra e il “tanto più eccellente ministerio” nel “vero tabernacolo”
“nei cieli” (Eb. 8:1-2,6) è il corpo. In questo senso la tipologia vede l’ombra nel
Vecchio testamento, l’ immagine nel Nuovo, e la sostanza o corpo in Dio.
2. Poi, c’è tipo e antitipo, dove l’antitipo è ciò che il tipo prefigura. In questo
senso il tipo dell’Antico Testamento è una figura o parabola della realtà che compare
nel Nuovo Testamento (Eb. 9:8-9)
2 Ibid, p 67-69.
79
Venga il Tuo Regno
l’ordine temporale è predestinato e subordinato all’eternità, ciò nonostante fa
dell’ordine temporale un dominio della realtà per mezzo della tipologia. La realtà
viene vista come fatti passati, presenti e futuri ed è sia temporale che eterna, dove
invece per il platonismo la realtà non è mai temporale, non avendo passato, ne
presente, ne futuro, e, nella sua eternità è sia impersonale sia astratta. La grande
certezza data al credente che “tutte le cose cooperano al bene” (Ro. 8:28) è possibile
solamente nei termini del duplice fatto che c’è un decreto eterno o assoluta
predestinazione, e che “tutte le cose” hanno una realtà, nel fatto che né il tempo né
nessun era o porzione del tempo è escluso dalla presenza e manifestazione della
realtà ed è in integra relazione con la realtà. “L’angelo della chiesa di Efeso” in
questo modo non è un universale astratto o “un essere corrispondente su un piano
diverso e più alto, ma più puro in essenza, più strettamente associato con la natura
Divina di quanto la chiesa individuale sulla terra possa essere”. L’angelo è la chiesa
in ombra – immagine – corpo, è tipo e antitipo insieme, come modello e copia, è una
chiesa totalmente afferrata nella “sua mano destra” (2:1), ed ancora non totalmente in
Lui. Alla realtà (della chiesa) è attribuita la sua piena posizione in Cristo, e la realtà è
allo stesso tempo attribuita al suo stato presente di servizio e di imperfezione. È la
chiesa il cui passato, presente, futuro e stato eterno sono strettamente interconnessi,
tutti possedendo realtà e allo stesso tempo espressione di ombre e di tipi l’uno
dell’altro. Questa è la chiesa nella pienezza della sua vita e della sua realtà.
In questo modo, la vita del credente nel regno non è un annullamento del
passato ma il suo adempimento. Il regno è “i tempi della restaurazione di tutte le
cose” (Atti 3:21) e il tempo della loro rigenerazione (Mt. 19:28). Il disprezzo per la
storia quindi non è né santo né sostenibile. Il pensiero non biblico è sempre culminato
in un cinismo nei confronti della storia, vedendola nei termini del caso cieco o del
determinismo, e di ricorrenze senza significato, cercando di unire Dio e l’uomo in
una grande catena dell’essere, ha distrutto il vero fondamento del significato. Ogni
essere diventa uno, ugualmente divino e ugualmente privo di significato, l’uno e il
molteplice pure sono senza significato nel fatto che l’uomo si perde, o in un mare di
particolari, o alla deriva in un non differenziato oceano dell’essere. La dottrina
biblica della Trinità ontologica, come ha dimostrato Van Til 3, ha per fondamento la
realtà e l’unità dell’uno e del molteplice, uguali, insieme nel costituire il valore
ultimo dell’Essere; la dottrina della creazione, con la sua distinzione creatore –
creatura, ci fornisce il principio interpretativo, nel fatto che il creatore è anche la
fonte del significato, essendo tutti i fatti, fatti creati da Dio. La tipologia è un aspetto
essenziale di questa interpretazione poiché in essa viene affermata la correlazione tra
il temporale e l’eterno, ma senza confusione. Il matrimonio, per esempio possiede di
più della propria natura fisica e temporale ed è tipico della relazione di Cristo e la Sua
3 Vedi Cornelius Van Til, The difense of Faith, 1955. A Christian Theory of Knowledge, 1954, Christian Apologetics,
1953, ecc., Presbyterian end Reformed Publishing Co.
80
Venga il Tuo Regno
chiesa, proprio come la paternità umana è un’immagine dell’eterna relazione della
Trinità ontologica tra Padre e Figlio 4.
Inoltre, la redenzione implica, non il semplice ingresso dell’anima dell’uomo
dentro al regno, ma l’ingresso nella pienezza di vita, cosicché l’ordine redento è il
vero ordine, quell’ordine nei cui termini solamente la vita ha significato. Vita,
famiglia, società, legge, governo e altre sfere di attività umana non hanno esistenza
indipendente da Dio e senza di Lui non possono esistere a lungo senza collassare e
morire. Perciò la vita redenta è anche l’ingresso nell’opportunità di avere pienezza di
vita in ogni sfera, e le sfere vengono ora viste come aspetti veri del regno di Dio.
Perciò Paolo, nel riformulare il quinto comandamento, utilizza un termine nuovo per
“onorare”: “Onora tuo padre e tua madre” (Ef.6:2) dove “onorare” significa, nel
Greco, “tributare un prezzo e poi tributare onore” e si riferisce quindi al prezzo di
sangue. Questa affermazione è fatta al popolo del patto e dichiara che le stesse sfere e
strutture della vita nel regno sono date–da–Dio e parte dell’ordine redento.
L’espiazione di Cristo non solo portò la vita al popolo di Dio, ma anche le condizioni
pattizie della vita, cosicché famiglia società, scuola, stato ed ogni sfera deve essere
reclamata dal credente come propriamente il suo reame in Cristo. Vero onorare i
genitori, e qualsiasi altro aspetto del patto, è vedere il loro statuto nei termini della
parola di Dio e comprendere il loro ruolo come sfaccettatura della pienezza di vita nel
regno.
Questo rende chiaro un punto enfatizzato da Ramsay ma negletto da molti
commentatori, riguardante la relazione della chiesa con Efeso.
4 Vedi R. J. Rushdoony Intellectual Schizophrenia, Philadelphia, Presbyterian and Reformed Publishing Co, 1961,
pp.21-37.
5 Ibid, p. 41
81
Venga il Tuo Regno
provvedere cemento sociale. Roma non poteva rimanere Roma e tollerare la
cristianità, una rivale molto più mortale di Cartagine per la sua struttura basilare. Due
imperi molto reali erano chiaramente in conflitto. Efeso era una caposaldo centrale di
quell’impero in Asia, e la chiesa di Efeso non di minore importanza quale centro
visibile dell’impero di Cristo. Nessuna delle due era un’ombra nel senso platonico. I
due sono imperi rivali, ma Roma è dedicata all’odio di Dio che comporta morte (Pr.
8:36), mentre la chiesa è una tribù del Signore, in esodo dal mondo di quell’impero
alla terra della promessa e dell’adempimento. L’Efeso di Roma è il Canaanita che
deve essere spossessato, mentre la chiesa di Efeso è la vera Canaan di Dio. Questa
conquista avverrà “a poco a poco”: “L'Eterno, il tuo DIO, scaccerà a poco a poco
queste nazioni davanti a te; tu non riuscirai a distruggerle subito, perché altrimenti le
fiere della campagna diventerebbero troppo numerose per te” (De. 7:22);
L’ordinamento sociale richiede il procedimento lento, ma deve essere continuo. La
chiesa non può diventare fredda nel suo amore e nel suo servizio (Ap. 2:4-5). Non
sorprende, perciò, che il linguaggio delle lettere sia “tratto dall’uso militare”: “a colui
che vince” (2:7) 6 . Due imperi sono in guerra e ciascuno reclama il titolo delle stesse
città e delle stesse terre.
“Queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e che cammina
in mezzo ai sette candelabri d'oro” (2:1). Le sette stelle e i sette candelabri d’oro si
riferiscono entrambi alle “sette chiese” cioè alla chiesa nella sua interezza. Il
commento di William Barclay in riferimento al verbo “tiene” è centrato:
In questa frase viene usato Kratein, non col genitivo usuale, ma col molto più
inusuale accusativo. Il significato è che Gesù Cristo tiene la totalità della
chiesa nella sua mano. Non è una chiesa qualsiasi ad appartenere
esclusivamente a Gesù Cristo, nessuna singola chiesa è la chiesa di Gesù
Cristo. Egli tiene tutte le chiese nella Sua mano, poiché tutte le chiese sono sue
e tutte gli appartengono.
Inoltre, egli cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Ciò equivale a dire
che la presenza del Cristo risorto è in ogni chiesa. La sua presenza e la sua
potenza non sono confinate ad una singola chiesa; egli è lì nel mezzo di loro
tutte 7.
84
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 2:8-17
LA FUNZIONE DELLO STATO
2 Sir James gorge Frazer, edited by Theodore H. Gaster,The New Golden Bogh; New York: Criterion, 1959; p.315
6 Ethelbert Stauffer, Christ and the Caesars; Phiuladelphia: Westminster, 1955; p. 238-240
89
Venga il Tuo Regno
primario era spirituale, e le conseguenze apparenti nel reame della moralità. Ma gli
uomini non possono dedicare Cristo al compromesso, per quanto possano dedicare
istituzioni al compromettere, e il risultato della loro compromissione non è pace ma
guerra con Cristo stesso (2:16).
Una doppia promessa (2:17) viene data a chi vince:
2. “Una pietruzza bianca, e sulla pietruzza sta scritto un nuovo nome che nessuno
conosce, se non colui che lo riceve”. La pietruzza bianca ha una varietà di
significati nell’impero Generalmente era un cubo o un rettangolo di pietra o di
avorio. Era simbolo di vittoria, o anche di assoluzione, e ancora anche un biglietto
gratuito per cibo o divertimento. Questi ed altri significati sono tutti suggeribili in
questo contesto. Anche il nome nuovo era compreso nell’impero come riferimento
all’imperatore e al suo titolo nell’assunzione del potere. Con Antipa, che fu
chiamato da Cristo “il mio fedele martire”, Gesù Cristo gli diede nientemeno che
il proprio titolo. In Apocalisse 1:5 Gesù Cristo stesso è chiamato il fedele
“martus”, e questo è proprio il titolo che Egli diede ad Antipa 7. Così, il nome
imperiale di Cristo è dato al credente trionfante ed è un simbolo di vittoria e pegno
d’ingresso nel vero reame dell’uomo, il regno di Dio.
Sarebbe bene notare che queste lettere sono delle chiamate alla battaglia, non
solo nella loro terminologia tecnica militare, ma anche nella loro diretta dichiarazione
di odio e guerra sia verso il nemico sia verso chi compromette. Davide poteva
dichiarare: “Benedetto sia l'Eterno, la mia rocca, che ammaestra le mie mani alla
guerra e le mie dita alla battaglia”(Sl. 144:1; Cfr. Sl. 18:34). Guerra e conflitto in
qualsiasi senso sono sia un prodotto del mondo decaduto sia una sua necessità. La
capacità di combattere viene persa dove sia perso il significato, dove il male divenga
semplicemente l’altra faccia della realtà, o venga relativizzato. Come ha osservato
Robert Rendall: “Perché ripudiare il male se esso è parte della realtà ultima?” 8 .
Roma, con la propria fede, si era ritirata da quel conflitto basilare ed era capace solo
di opporsi a coloro che con suggerimenti di vita disturbavano la sua morte ordinata.
Se il male è il principio ultimo delle cose quanto la giustizia, allora la morte è il
principio ultimo quanto la vita, e possibilmente più basilare, poiché più prevalente.
Lo stoicismo avrebbe presto affermato questo regno della morte, e il suicidio sarebbe
presto divenuto quasi una virtù. La lotta basilare della chiesa, perciò, doveva essere
con se stessa. Le lettere furono scritte con in mente questo. Oggi, come allora, bene e
8 Robert Rendall, History, prophecy and God, London Paternoster, 1954, p.47.
90
Venga il Tuo Regno
male, vita e morte, tutte le cose sono infatti ugualmente di valore ultimo per l’uomo,
il quale rimane quindi sempre più snervato da ogni accenno di guerra. Contro cosa
può guerreggiare, e dov’è il suo nemico? La prospettiva moderna post-darwiniana è
sempre più incapace di fare guerra alcuna eccetto la guerra totale contro tutte le cose.
O tutto viene condonato, o tutte le cose vengono selvaggiamente disprezzate e pestate
sotto i piedi. Il risultato in entrambi i casi è la morte. La lotta basilare della chiesa è di
nuovo con se stessa, e contro il compromesso.
Quando gli uomini eguagliano il bene e il male, sperano con Adamo di aprire
una maggiore libertà all’uomo, e di rendere la vita più ricca nella sue possibilità e
nelle sue attualità. Ma la relativizzazione è una spada a due tagli, anziché diventare
più ricca con il rovesciamento della legge morale, la vita ne viene degradata allo
stesso livello della morte e niente di più. Nietzsche comprese le conseguenze della
sua vantata libertà e crollò sotto il suo peso. Dewey non potè spiegare perché, avendo
relativizzato tutte le cose, la democrazia avrebbe dovuto avere un valore speciale, o
perché la libertà e la dignità dell’uomo dovessero avere valore. L’anarchia dei valori
conduce solamente ad un frenetico odio verso ogni realtà e alla guerra contro di essa,
poiché la realtà è divenuta l’epitome delle tenebre col suo assorbimento livellante di
tutti i significati. In questa triste equalizzazione, la teologia della chiesa moderna ha
avuto una non piccola parte.
Il progressivo scetticismo religioso dell’Impero Romano non ridusse la sua
natura religiosa ma piuttosto l’intensificò. L’uomo insiste sempre e cerca salvezza, se
non da Dio, allora dallo stato, o da qualche altra agenzia che egli divinizza. La
secolarizzazione della vita contemporanea è caratterizzata dalla crescita dello stato
come ordinamento messianico. La frenesia dei risvegli e delle esperienze religiose
hanno lasciato il posto al fervore politico e alla rivoluzione. L’ingenuo fervore dei
movimenti religiosi di molti studenti di una volta è stato succeduto dalla passione per
il radicalismo politico, una passione in senso religioso, in quanto la sostituzione,
l’espiazione vicaria, e le stigmate intellettuali sono caratteristiche dello studente
dedicato, le cui capacità di agire positivamente con capacità e sistematicità sono tanto
piccole quanto sono grandi le sue necessita di drammatizzarle. La salvezza è
sicuramente all’ordine del giorno, e lo stato è il nuovo dio e mostruosa creatura
dell’uomo secolare autonomo.
91
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 2:18-3:6
MORTE E CONTINUITÀ
Tiatira, una città molto antica, era una città di guarnigione o di sentinella per
Pergamo e un importante centro commerciale. La sua locazione era scadente da una
prospettiva militare ma importante dal punto di vista commerciale. La sua religione
rifletteva il suo carattere cosmopolita, nel fatto che era completamente sincretista. Il
significato tipologico di Tiatira è facilmente visibile nella sua vita economica: “si
conoscono più associazioni di commercio in Tiatira che in qualsiasi altra città
Asiatica” 1. Questo, il fattore più importante nella vita di Tiatira, era più che un
fattore economico: aveva un significato religioso. Certamente, la vita delle
associazioni implicava adorazione e banchetti comuni alle riunioni nei templi quanto
frequenti ubriachezze e immoralità sessuali. Sarebbe un errore, comunque, vedere il
conflitto nei termini del moralismo L’influsso Greco era sufficientemente forte in
Tiatira da colorare le associazioni, e le associazioni greche spesso avevano regole
molto rigorose contro i comportamenti disordinati, si dedicavano all’assistenza
caritatevole di membri bisognosi, provvedevano per funerali, governavano se stesse,
versavano contributi fissati per il fondo comune, e si riunivano e festeggiavano a
intervalli regolari. La corruzione esisteva nelle associazioni commerciali allora come
esistono nelle associazioni sindacali oggi, ma non era una caratteristica particolare
che non fosse presente anche nel resto della società. Le associazioni non erano perciò
particolarmente malvagie nei termini della società in generale, anzi si potrebbe dire
molto della loro utilità e dei vantaggi che portavano. Può essere ulteriormente
aggiunto che le associazioni commerciali di Tiatira potrebbero benissimo essere state
moralmente superiori a quelle di altri luoghi, poiché apparvero sufficientemente
accettabili alla chiesa da condurre al compromesso. Il peccato dei nicolaiti di Tiatira
era quindi definitivamente non di immoralità sessuale o di declino morale. Gli
appunti fatti da Ramsay sono qui particolarmente illuminanti:
Il peccato della chiesa era dunque strettamente collegato con le sue virtù. Le “opere”
o virtù della chiesa sono chiaramente descritte “Il tuo amore, la tua fede, il tuo
servizio e la tua costanza, e so che le tue ultime opere sono più numerose delle
prime” (2:19). Qual era dunque il loro peccato? Il nome “Iezabel” è una chiara
indicazione della sua natura. Sicuramente alla regina Jezebel non si può associare
alcuna immoralità sessuale; piuttosto ella si dedicò al progresso di un marito indeciso
e alla gloria del suo regno. Perfino la morte di Naboth (1Re 21:7-13) fu intrapresa al
posto di suo marito. Il suo odio per Elia e i suoi aderenti era basato sulla premessa
che essi erano un ostacolo al benessere nazionale e una influenza divisiva. Il culto di
Baal fu un deliberato espediente politico e religioso, inteso a dare un fondamento
comune con gli stati confinanti quale premessa di una comune alleanza contro
potenze straniere. In questa confederazione la leadership sarebbe stata assunta da
Israele in quanto popolo superiore. Un’alleanza senza compromessi con Jehovah
sarebbe stata distruttiva di ogni ordinamento sociale, mentre un culto di Jehovah
compromissorio aveva la sua collocazione nel regno, come testimoniano i 400 falsi
profeti raccolti da Achab in risposta alla richiesta di Giosafat di avere un profeta di
Jehovah (1Re 22:1-8). Jezebel proveniva da fuori la chiesa, e per questo era meno
accettabile; la Iezabel di Tiatira proveniva dall’interno della chiesa, con tutti i crismi
della santità, posizione ed onore. L’obbiettivo, comunque, rimaneva lo stesso: Il
fondamento comune come principio basilare. La premessa era semplicemente questa:
sia i cristiani che i non credenti stanno operando insieme verso lo stesso obbiettivo:
il bene supremo e in esso il compimento dell’uomo. Anche se i cristiani hanno
qualche superiorità, fondamentalmente è la stessa cosa in tutto il mondo. Non c’è un
obbiettivo specificamente ed esclusivamente cristiano, non c’è una filosofia della
storia cristiana, né un concetto di scienza o della società. La differenza tra il
cristiano e il non credente è una differenza di grado, non di tipo, e lo stesso vale per
le loro filosofie. Benché non dichiarata così sfrontatamente questa era la premessa in
2 Ibid, 336.
93
Venga il Tuo Regno
Tiatira, era sicuramente la premessa di molti pensatori cristiani nella chiesa primitiva
e lungo i secoli. Qualcuno dei primi pensatori era così convinto del fondamento
comune, che furono usate categorie greche, e Cristo fu presentato come il loro
adempimento. Platone e Aristotele divennero la pietra angolare della filosofia
cristiana sulla premessa profondamente radicata del fondamento comune, il credere
che le differenze non possono essere di tipo ma solo di grado. A Tiatira la premessa
si manifestava primariamente nelle azioni pratiche piuttosto che nel pensiero
teoretico, ma non era meno reale. Queste associazioni artigiane, società professionali
e consociate commerciali erano interessate al bene della società, al benessere e
l’adempimento dell’uomo. Nonostante le loro debolezze e i loro peccati (e chi ne è
senza?), nei loro scopi erano nobili e morali. Poteva il cristiano isolarsi da loro senza
rendersi colpevole di provincialismo e senza disprezzare anche la rivelazione
generale di Dio? La cooperazione doveva perciò divenire il principio dell’azione,
una cooperazione moralmente circospetta, ma nondimeno cooperazione. La
posizione rispettabile della “Jezebel” di Tiatira indica la dignità e la moralità della
sua partecipazione.
La lettera a Tiatira echeggia la decisione del Concilio di Gerusalemme (Atti
15). Lo scopo di quel concilio fu di non porre sui credenti il giogo del legalismo e del
separatismo giudaico (Atti 15:5-11), ma di insistere sulla separazione necessaria
(Atti 15:28-29). Molto più tardi, in Romani 15 e 1 Corinzi 10:15ss, è evidente che
Paolo non considerava la dichiarazione che riguarda le carni offerte agli idoli riferite
a carni mangiate a casa, poiché non viene fatta proibizione. Il concilio di
Gerusalemme pose termine al vecchio separatismo giudaico in favore di un
separatismo comune cristiano dei credenti giudei e gentili, col quale come un sol
corpo erano separati dal mondo.
Tiatira era colpevole di violare questa separazione e di cercare un fondamento
comune; questa era “fornicazione” e “adulterio” da parte della chiesa, la sposa, contro
Cristo, lo sposo (2:21-22), e, a meno che “Jezebel” e i suoi seguaci non si fossero
pentiti, la loro speranza di un fondamento comune sarebbe divenuto il “letto” delle
loro afflizioni (2:22) e della loro morte (2:23). Non tutti sostenevano questa dottrina
(2:24). Quelli che la sostenevano, parlavano di conoscere “le profondità di
Satana” (2:25). Questo veniva espresso molto chiaramente come oggetto d’orgoglio e
non di vergogna, da “Jezebel” e da altri che avevano tutti una buona reputazione
morale. Non si riferisce dunque a rilassatezze morali o a pratiche sessuali. È un
principio spirituale e filosofico, un’affermazione religiosa. Se si ratifica un
fondamento comune, si fonda sulla premessa del principio della continuità della
realtà, cosicché Dio, l’uomo e Satana sono aspetti comuni e continui della realtà. In
questi termini, una professione religiosa che affermasse una conoscenza delle
“profondità di satana” affermerà anche la possibilità di conoscere le cose profonde di
Dio sulla base della continuità. Pertanto, la professione religiosa del primo implica la
professione del secondo quale obbiettivo di ogni essere. Questo concetto di
fondamento comune, comunque, conduce a un comune letto di disastro e morte per i
suoi aderenti. (È possibile che l’espressione, “conoscere le profondità di Satana” sia
riferita ad un antinomismo gnostico, peccare che la grazia abbondi, ma il testo non
94
Venga il Tuo Regno
sembra indicare due eresie a Tiatira, ma piuttosto una, e cioè il compromesso del
fondamento comune.)
Conoscere “le profondità di Satana” o le cose profonde di satana significava
anche una concentrazione sul potere del male, studiare congiure, forze sataniche,
come se esse rappresentassero il vero potere dell’universo al posto di Dio. Per questa
prospettiva, satana è il potere e Dio presente, e il Dio di Gesù Cristo è remoto.
Apollo Tyrimnaios, il dio sole, era adorato a Tiatira. La demarcazione tra la
divinità e l’umanità di Apollo era vaga. Egli era un dio, ma la sua tomba era a Delfi.
La sua immagine nella grotta sacra a Ilo vicino a Magnesia dava agli uomini una
forza sovrumana e li rendeva sacri possessori di potere divino. Helios Tyrimnaios
Pythios Apollos era l’unione di diversi concetti della divinità e un unione dei diversi
elementi della popolazione nella città. Questa forma del nome della divinità di Tiatira
è una potente affermazione del principio di continuità. Apollo, il dio sole, che muove
guerra contro Python, assorbe in se stesso, o si rivela essere, ad uno e lo stesso tempo
quello stesso Python. Egli è in questo modo dio e demone, bene e male, notte e
giorno, tutte queste cose a loro volta in (continua) connessione logica con la realtà.
Nel mito Apollo-Python: “Il vincitore è la replica del suo oppositore” 3 . Così, in
questo modo di vedere, Satana e Dio sono repliche l’uno dell’altro, e tutte le
possibilità e una continua potenzialità esiste in ogni forma di esistenza. Il risultato è
un interminabile procedimento senza significato, nel fatto che tutte le possibilità sono
egualmente il principio ultimo, bene e male, vita e morte ugualmente validi e
ugualmente nulli.
Contro questo concetto della divinità infinitamente mescolato e perpetuamente
grigio, Cristo ha rivelato se stesso sia come assoluto sia come luce. Egli è quella luce
che è un fuoco consumante per i nemici di Dio ma anche la colonna di fuoco che
protegge e vendica il suo popolo (2:18). Egli è “il Figlio di Dio”, la cui sovranità
sulle nazioni è così assoluta che nessuno governa senza di lui (2:18,26). Questo
Cristo richiede la rottura radicale del suo popolo col compromesso del fondamento
comune e della continuità: “non vi impongo alcun altro peso” (2:24). A chi resisterà
nei termini di questa fede e “vince” ritenendo “fino alla fine le opere mie”, Egli
promette due cose:
1. A chi vince e ritiene fino alla fine le opere mie, darò potestà sulle nazioni; ed
egli le governerà con uno scettro di ferro ed esse saranno frantumate come vasi
d'argilla, come anch'io ho ricevuto autorità dal Padre mio (2:26-27). La promessa di
Salmo 2:8-9 viene così adempiuta non solo in Cristo e per mezzo di lui ma anche
mediante il suo popolo. Questa era una sfida frontale contro Roma, che manteneva il
potere mondiale. L’Apollo Pythio era anche chiamato Propator quale divino antenato
della città, e collegava l’imperatore Romano alla città come fondamento della vita e
della prosperità di Tiatira. La guerra tra i due imperi sembrava disperatamente impari.
Roma governava il mondo, il regno di Cristo non possedeva neanche un singolo
3 Joseph Fontenrose, Python: A Study of Delphic Mith and Its Origins, Berkeley, University of California Press, 1959,
p.470.
95
Venga il Tuo Regno
edificio fino al terzo secolo, eppure Cristo vinse. Lasciate che gli uomini leggano la
storia come vogliono, Dio non solo la governa, ma ha anche sempre e in tutti i luoghi
manifestato il suo dominio secondo la Sua parola, a questo testifica ogni realtà dei
fatti.
2. “E darò a lui la stella del mattino” (2:28). “La stella del mattino era il simbolo
del dominio del mondo” 4, e Cristo identificò se stesso con “la lucente stella del
mattino” (Riv. 22:16). Potere sulle nazioni significa dominio mondiale, e questo
dominio mondiale è inseparabile dal Grande Re Gesù Cristo.
Questa realtà, comunque, può essere riconosciuta solo dai viventi, dai
rigenerati in Cristo. Perciò. “Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese”
(2:29).
La lettera a Sardi è seconda in asprezza solo a quella di Laodicea.
La storia di Sardi è antica. Un tempo capitale della Lidia, il suo nome richiama
echi di re Creso e di ricchezze inenarrabili. Era uno dei grandi centri di scambi
commerciali del mondo ed anche una grande fortezza naturale. Il sinistro
avvertimento “sii vigilante” (3:2) echeggia un fatto ironico nella storia di Sardi. La
sua fortezza apparentemente imprendibile ere caduta ripetutamente a motivo di una
senso di sicurezza spaventosamente eccessivo. Poiché Sardi poteva essere così
facilmente difesa, e attaccata solamente con una grande e impossibile differenza di
mezzi, gli abitanti di Sardi erano negligenti. Ma nessun nemico annunciò mai il suo
arrivo: improvvisi attacchi presero la tronfia Sardi di sorpresa più di una volta.
Ramsay la chiamò perciò la “città fallimentare”. Proprio come Sardi era negligente
nella sua guardia, anche la chiesa era a proprio agio col mondo. Gesù avvertì la
chiesa che, proprio come il nemico aveva preso la città inaspettatamente, come un
ladro nella notte, così egli avrebbe fatto venire su di loro il suo giudizio,
inaspettatamente e li avrebbe derubati della loro falsa sicurezza.
La ricca e facile vita di Sardi faceva della noncuranza un tipo di religione
naturale. Lo stesso fiume Pactolus che attraversa la città, trascinava dell’oro secondo
Erodoto. Religiosamente la città era devota al culto di Cybele o Mater Demeter, e
Cybele era la madre del popolo di Sardi, guaritrice e restitutrice di vita ai morti.
L’assistenza di Tiberio nel restauro di Sardi dopo il terremoto del 17 d.C. attaccò
quella città più fermamente al culto dell’imperatore. Sardi, un tempo potenza
militare, perse la propria dignità col proprio impero, pur rimanendo un ricco centro di
scambi commerciali, divenne non solo una città secondaria, ma anche identificata con
l’effeminatezza e la vita facile. Erodoto li caratterizza quali “Lidii dai piedi fiacchi
che sono capaci solo di suonare la chithara, menare la chitarra e vendere al dettaglio”.
Barclay ha perciò descritto Sardi come la città “della pace della morte” e “la chiesa
della morte vivente” 5 .
2 Ibid, p.398
98
Venga il Tuo Regno
più costiere erano inevitabilmente cosmopolite e perciò videro una fusione di culture
conseguire a tale situazione. Filadelfia e Laodicea, più entro terra e più vicine a
popolazioni di culture aliene, rappresentavano nel loro contesto non tanto il carattere
cosmopolita o la continuità quanto la sintesi culturale.
Filadelfia, come città “dell’amore fraterno” aveva avuto successo nel coltivare
la fratellanza tra il proprio territorio e i padroni imperiali. La fratellanza di Filadelfia
era pragmatica e relativista. La città era città missionaria nel fatto che la sua funzione
era di determinare una sintesi culturale pragmatica e la sua eminenza dipendeva dal
successo nello svolgere questo dovere. Per la chiesa, predicare la separazione nei
termini della fede, separazione nei termini della verità ad una città fondata sulla
premessa della fratellanza e sulla sintesi sulla base del pragmatismo, significò che la
chiesa isolò se stessa ed era di “poca forza” davanti ad una cultura radicalmente
aliena. In una città dedicata alla sintesi nulla sembrava più impotente e futile di un
enfasi sull’antitesi della fede. Ciononostante Cristo parlò di una porta aperta e di un
grande futuro per questa chiesa fedele.
Laodicea, sul fiume Licus era la porta verso la Frigia ed era l’incrocio di tre
strade, dalla costa del mare, dal nord ovest e dal nord est. Era una città opulenta,
centro bancario, aveva un’importante industria manifatturiera nel campo del
vestiario, ed era famosa per la sua scuola di medicina e per la sua polvere per le
malattie degli occhi venduta ovunque. Era anche un centro del culto dell’Imperatore e
ricevette il Governatorato del Tempio sotto Commodo, nel 180-191 d.C.. L’interesse
di Paolo per la chiesa di Laodicea è riflesso in Colossesi 2:1; 4:13, 15-16.
Laodicea, fondata nel 250 a.C. da Antiochio II e così battezzata dal nome di
sua moglie era stata, come Sardi e Filadelfia, ridotta ad un cumulo di rovine dal
terremoto del 17 d.C. e restaurata con l’aiuto di Tiberio. Rasa al suolo di nuovo dal
terremoto del 60 d.C., Laodicea rifiutò gli aiuti, essendo ora troppo ricca per averne
bisogno e troppo indipendente per riceverli. C’era perciò molto di raccomandabile
nella Laodicea non credente, e allo stesso modo di Filadelfia rappresentava la
pacifica e cooperativa sintesi di filoni culturali conflittuali. La grande tentazione
della chiesa in entrambe le località era di operare nei termini della congenialità allo
spirito locale di sintesi culturale. A Filadelfia, questa tentazione fu fedelmente
resistita, col risultato che la chiesa fece apparentemente un impatto ridotto sugli
uomini e sulla loro cultura e di conseguenza aveva “poca forza” (3:8). In Laodicea,
invece, la chiesa era avanzata dentro la vita della città nei termini di questa strategia,
e perciò si sentiva “ricca, mi sono arricchita e non ho bisogno di nulla” (3:17). La
chiesa di Filadelfia era scoraggiata dalla sua apparente mancanza di progresso,
mentre la chiesa di Laodicea aveva piena confidenza del proprio destino e della
propria importanza in quella città. Il parallelo con la situazione della chiesa moderna
è molto marcato, nel fatto che la stragrande maggioranza delle chiese, incluse molte
apparentemente pretendono d’essere conservatrici, hanno o filosoficamente o
culturalmente o inambedue, effettuato una sintesi col mondo come mezzo verso il
potere. La resistenza a questo movimento è un esile linea di protesta, da Giovanni
Calvino ad Abraham Kuyper e a Cornelius Van Til e altri dei figli spirituali di
Abraham Kuyper.
99
Venga il Tuo Regno
A Filadelfia, Gesù il Messia scrisse identificandosi così: “Queste cose dice il
Santo, il Verace, Colui che ha la chiave di Davide, che apre e nessuno chiude, che
chiude e nessuno apre” (3:7). Questa triplice identificazione è in diretta relazione con
la situazione a Filadelfia e lo scoraggiamento della chiesa. Primo, Gesù è “il Santo”,
e il cui comando più volte ripetuto nell’antichità per mezzo di Mosè “Siate santi,
perché io, l'Eterno, il vostro DIO, sono santo” (Le. 19:2). Questo era il comando di
una separazione culturale e di una dedicazione radicali, il comando che l’uomo e la
società siano fondati esclusivamente sulla santa parola e rivelazione di Dio. Secondo,
Gesù è “il Verace”, e la verità biblica essendo sia assoluta sia personale perché Dio
che è verità è tre persone, un Dio, il carattere assoluto della verità non può né essere
compromesso in alcuna sintesi culturale né de-personalizzato e reso astratto da una
filosofia impersonale. Terzo, Gesù è “Colui che ha la chiave” di Dio e il potere
assoluto che ne consegue. Il riferimento è ad Isaia 22:22; ad Eliakim, il fedele
maggiordomo di Ezechia, era stata data la chiave del palazzo reale, cosicché
l’ammissione alla presenza del re era possibile solamente attraverso di lui.
Similmente, solo Gesù è la chiave e la porta (Gv. 10:9), la sola via a Dio “se uno
entra per mezzo di me sarà salvato; entrerà, uscirà e troverà pascolo”. Poiché questa
pienezza di vita, apparentemente ricercata da tutte le culture non è ottenibile eccetto
per Gesù Cristo, queste parole sono un pro-memoria alla chiesa che nessun altro
tentativo, per quanto apparentemente prospero, può avere altra fine che la morte.
Di conseguenza: “Ti ho posto davanti una porta aperta che nessuno può
chiudere” (3:8). Questa porta aperta non è una via di fuga ma la via del compimento e
dell’opportunità di vincere in lui e per mezzo di lui. Perciò, è necessario non il
compromesso, ma un movimento in avanti, uno sviluppo delle presupposizioni della
fede biblica. Non la sintesi, ma un radicale ripensamento di tutta la vita nei termini
della parola di Dio è imperativo. Le “opere” di Filadelfia non erano estese, benché
secondo Dio; la chiesa di Filadelfia “ha custodito la mia parola, non ha rinnegato il
mio nome” (3:8). Questo è l’inizio della fedeltà, deve essere perseguito lo sviluppo
delle implicazioni della parola e del nome di Dio per l’interezza della vita. Muoversi
nei termini di questa fede significa vittoria e potenza. “La sinagoga di satana”, i
giudei il cui pensiero apparentemente rappresentava ostilità alla sintesi ma in realtà
rappresentava solo moralismo e orgoglio, anziché trionfare sulla chiesa sarebbero
“venuti a prostrarsi ai tuoi piedi, e riconosceranno che io ti ho amato” (3:9). Questo
sarebbe stato l’adempimento di Isaia 49:23 e 60:14. Avendo custodito “la parola della
mia costanza”, sarebbero stati custoditi durante la prova universale a venire, una
prova paragonabile nel reame culturale ai terremoti che avevano scosso la città, ma su
basi mondiali (3:10). Continua perciò a spingere in avanti nella corsa, muovendo nei
termini della fede, in modo che nessun altro possa cogliere quella corona della
vittoria che appartiene giustamente a te (3:11). Coloro i quali a Filadelfia erano fedeli
servitori della cultura dello stato vedevano i loro nomi iscritti nelle colonne di
qualche tempio, per sacerdoti che si erano distinti, era stata aggiunta una colonna per
dimostrare che essi erano il sostegno dell’edificio. Quelli che vincono a Filadelfia
saranno fatti colonna nel tempio, casa o regno di Dio; riceveranno un nome nuovo, il
segno di appartenenza, un sigillo o marchio che li dichiarava proprietà di Dio. Essi
100
Venga il Tuo Regno
saranno anche identificati da una nuova cittadinanza. “il nome della città del mio Dio,
la Nuova Gerusalemme”, paradiso restituito. Riceveranno anche il “nuovo nome di
Cristo”; quali membri della sua umanità glorificata, condivideranno il nome ovvero la
natura di questo uomo da paradiso, l’ultimo Adamo dal cielo (3:12).
A quelli di Laodicea, che credevano di avere successo nella loro relazione con
le culture circostanti, anziché lode ed incoraggiamento c’è uno schietto rimprovero da
Cristo. Di nuovo c’è una identificazione trina. Primo, Egli è “l’Amen” (3:14) o verità
di Dio, “il Dio dell’Amen” o verità (Is. 65:16). Secondo, Egli è “il testimone fedele e
verace” o martire. Terzo, Egli è “il principio della creazione di Dio”, principio
(arche) qui significa origine 3 . Cristo non condivide la propria posizione con nessuno.
Lui e solo lui è la verità, la via, la sorgente e il creatore della vita. Non ci può perciò
essere fondamento comune tra Cristo e il mondo eccetto che sulla premessa del suo
statuto quale creatore, redentore, e signore assoluto, la sola fonte e principio di
interpretazione nella sua Parola e per mezzo di essa. Gli uomini stanno su un
fondamento comune come peccatori in ribellione contro il loro creatore o come
uomini salvati dalla grazia sovrana e ora membri della sua nuova umanità. Cercare un
fondamento comune su qualsiasi altra base è un cercare sia una mediazione separata
da Cristo, sia un Dio in antitesi con lui.
Di conseguenza, la chiesa di Laodicea, anziché essere coronata dal successo
come credeva, non era né calda (al punto di bollitura, zestos) né fredda, ma solo
repulsivamente tiepida, buona solo da essere sputata o vomitata fuori (3:15-16).
L’indipendenza e la ricchezza di Laodicea potevano essere caratteristiche lodevoli
nelle relazioni tra uomo e uomo, ma non erano la base per una relazione con Dio, che
deve essere avvicinato dal povero in spirito, da quelli che sentono il loro bisogno
spirituale ovvero la loro nudità, che fanno cordoglio sui loro peccati, e hanno fame e
sete di giustizia (3:17). La vera ricchezza sta nel processo di affinamento di Dio, un
procedimento del bruciare a castigare, o un’educazione che distrugge le scorie. Non
c’è oro puro senza il fuoco di affinamento, né vera ricchezza spirituale e saggezza
senza la fornace delle afflizioni e delle prove. Significa mettersi delle “vesti bianche”
la giustizia di Cristo quale nostra legge e potere sovrano anziché la sintesi col mondo.
Significa che la vera vista non proviene dalla scienza umana ma dalla radicale
accettazione di Gesù Cristo e della sua parola quali premesse e presupposizioni di
ogni pensiero, scienza inclusa (3:18). Quelli che Cristo ama, castiga, cioè porta a loro
il ravvedimento 4. “Riprendere” è paideuo educazione e disciplina. La chiesa a
Laodicea aveva cercato di evitare la sua via in favore di un sentiero “più semplice” e
viene ora richiamata ad essere zelante e ravvedersi (3:19).
Le parole conclusive a Laodicea, e a tutte le chiese, è diretta ai loro membri
individualmente: “Chiunque” (3:20). A quelli che odono la sua “voce”, quelli che
sono sottoposti alla sua parola, le Scritture, piuttosto che ad esperienze mistiche,
espedienti umani, e sintesi, verrà aperto il tavolo della cena e della completa
102
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 4
IL TRONO DEL GOVERNO
I ventiquattro troni per gli anziani erano posti secondo il modello del sinedrio a
semicerchio intorno al trono. Questi anziani rappresentano la Chiesa che siede
in governo o giudizio sugli uomini e la storia (Lu. 22:30; Ap. 3:21). Il
fenomeno fisico che procede dal trono esprime il potere di Dio e la sua maestà
(Es. 19:16s.). Le sette lampade ardenti qui stanno per lo Spirito di Dio,
com’era per il candelabro a sette braccia del tabernacolo (Za. 4:2s.) Il mare è la
conca-lavabo di quest’ultimo (Es. 30:17s.) un simbolo di quella purezza senza
la quale l’uomo non può avvicinarsi a Dio. Le quattro creature rappresentano
2 R.C.H.Lensky, Interpretation of Saint John’s Revelation (Columbus, Ohio. Wartburg, 1943), p. 171. Harry Buis, The
Book of Revelation,(Philadelphia, Presbyterian and reformed, 1960, p.27.
104
Venga il Tuo Regno
tutta la creazione e i loro occhi l’intima conoscenza di Dio di tutte le sue opere.
(Ez. 1:5s.) 3.
“Anziano” è un termine del Nuovo testamento per il ministerio di Dio e qui tipizza il
popolo messianico di entrambe le dispensazioni, quella vecchia e quella nuova, la
pienezza del popolo di Dio lo glorifica e regna con lui. Gli anziani “sono vestiti di
candide vesti”, nella giustizia di Cristo. Gli “esseri viventi” (Ez. 1:5) sono chiamati in
Ezechiele 10 cherubini. I lampi che procedevano dal trono sono la giustizia e il
giudizio di Dio mentre illuminano le tenebre della storia, puliscono l’aria, e portano
alla terra nuova e fresca potenza.
Il “mare” di cristallo è un punto in cui le opinioni differiscono. Alcuni, con
Bowman, fanno riferimento a 1Re 7:23, al lavabo usato per la purificazione
cerimoniale e chiamato “mare di metallo fuso”. Altri fanno riferimento a Isaia 57:20:
“ma gli empi sono come il mare agitato”, o, in senso più generale al mondo o alla
creazione. In Apocalisse 13:1, la bestia sale dal mare, ovvero dalla creazione; la
nuova creazione significa che la vecchia passa via: “e il mare non c’era più” (21:1).
D’altro lato, il mare viene associato col “mare di metallo fuso”, il lavabo, in 15:2 “un
mare di vetro misto a fuoco”. Inoltre, il lavabo stesso rimanda al mondo, alla
creazione e alla futilità del cosmo. Il “mare” nel pensiero Mesopotamico (apsu) è un
termine usato sia per il catino dell’acqua santa del tempio sia per le riserve d’acqua
dolce sotterranee, fonte di vita e di fertilità. Questo è il mare cosmico e, nel suo stare
davanti al trono, rappresenta la creazione sotto l’assoluta autorità ed il governo del
creatore. È anche il necessario corollario dell’altare. La salvezza è mediante il
sacrificio dell’espiazione, mediante Gesù Cristo, ma il lavacro cerimoniale nel mare è
indicativo della presupposizione della rigenerazione, il riconoscimento della
creaturalità e la rinuncia alla tentazione di Satana e al peccato originale dell’uomo, il
suo desiderio di essere come Dio (Ge. 3:5). Nella salvezza, quelli che una volta
avrebbero voluto essere dèi, accettano gioiosamente il loro statuto di creature, quali
uomini in e sotto il perfetto Adamo, Gesù Cristo, cosicché la rigenerazione implica il
battesimo dentro l’umanità, la nuova umanità di Gesù, “l’ultimo Adamo” (1 Co.
15:45), e la rinuncia al proprio piano di salvezza apostata, l’auto deificazione. Il
battesimo è perciò la morte del vecchio Adamo, e il nostro morire al vecchio uomo e
alla sua umanità. Il battesimo è inoltre il nostro battesimo nell’umanità del nuovo
Adamo, è battesimo dentro a Cristo, il vero e perfetto uomo, vero uomo di vero
uomo.
Il mare perciò è il cosmo, visto dall’uomo apostata come il proprio oceano di
potenzialità, ma visto da Dio e dal popolo di Dio come il suo dominio, a lui
assolutamente trasparente, per quanto oscuro e potenziale per l’uomo. In questa
filosofia ispirata della creazione, ci viene mostrato l’intero universo governato dal
trono di Dio. La creazione non è centrata sull’uomo o sulla natura; è centrata su Dio.
L’universo intero è visto come una fiammata di luce che parte dal trono, ed è
immediatamente chiaro che non ci sono angoli oscuri nell’universo di Dio. Ciò
3 John Wick Bowman, The Drama of the Book of Revelation, Philadelphia, Westminster, 1955, p.43.
105
Venga il Tuo Regno
significa che non ci sono bruti fatti nella creazione. Ogni fatto è un fatto creato ed ha
esistenza e significato solo nei termini della volontà creativa e dello scopo del Dio
Trino. Con questa prospettiva, nessun fatto deve renderci disperati, perché tutti i fatti
sono fatti–dati–da–Dio e devono essere interpretati, non in se stessi, ma in Dio solo.
Romani 8 è una dichiarazione di questa stessa fede, come lo sono certamente tutte le
Scritture.
I cherubini “pieni di occhi” dipingono la creazione, per usare una frase di
Torrance: “oltre il (al di sopra del) caos” così determinatamente conosciuta nella loro
santità al Signore, che essi vedono, non caos, ma il glorioso scopo del Re della
creazione.
Inoltre, come hanno indicato Beasley-Murray: “L’inno dei cherubini implica che la
certezza del futuro trionfo di Dio è radicato nella sua stessa natura, il Signore, che è
santo e onnipotente, deve venire” 5. I cherubini, con la loro varia natura, riassumono
la creazione uomo incluso e la tipizzano. Questa creazione, che geme ed è in
travaglio sotto la caduta, guarda alla gloriosa redenzione in Cristo per il suo
adempimento (Ro. 8:18-23). L’intera creazione, essendo stata creata da Dio per il
proprio piacere (4:11) trova la propria salute, piacere ed essere, solo nel glorificare e
servire Dio. La sua libertà è nella creaturale sottomissione, e la sua gloria è
inseparabile dal suo destino in Cristo.
In questo modo la chiesa ed il cristiano trovano la propria identità e adempiono
la propria natura in sottomissione (gettando davanti al trono le loro corone) e
ascrivendo ogni gloria, onore e potenza al Dio trino, il quale come creatore è il solo
degno di prendere la preminenza nella creazione (4:11). L’uomo conosce solamente
se conosce in sottomissione a Dio, nel pensare i pensieri di Dio nella sua (di Dio)
cornice di pensiero. L’uomo regna ed esercita il dominio solo in sottomissione al
Creatore Redentore, senza il quale non c’è né vita, né potenza, né autorità. Tutta la
creazione è governata dal trono, e l’uomo può avere conoscenza e dominio solo nei
termini del trono. La creazione e la sua storia sono come un mare di vetro dal trono,
non perché appaia liscio o non agitato, perché tale concetto è alieno alla visione, ma
perché è assolutamente trasparente, totalmente sottoposto e totalmente incluso nel
5 G.R. Beasley-Murray, “Revelation” in F Davidson, A.M.Stibbs, E.F. Kevan The New Bible Commentary, Grand
Rapids Eerdmans, 1953, p.1177.
106
Venga il Tuo Regno
decreto eterno. La provvidenza di Dio nella storia all’uomo sembra oscura e
incomprensibilmente complessa, misteriosa, e quasi senza forma. Ma dal trono tutta
la storia è cristallina; il governo provvidenziale e l’autorità di Dio scaturiscono dal
trono in un cerchio ininterrotto di dominio e di luce. Non ci sono angoli bui, crudi
fatti, nella provvidenza di Dio.
In questi termini, perciò, l’aspettativa che la storia culminerà nel trionfo
dell’Anticristo, non solo è una dualista resa del mondo materiale a Satana, ma anche
una diretta offesa contro l’annunciata potenza e supremazia di Dio nella storia e nella
creazione, e attraverso, e sopra di esse. Le interpretazioni premillennialiste e
amillennialiste sono contaminate col retroterra dell’eresia manichea, con la sua resa
della materia alle tenebre. Un’eresia ulteriore annuvola le interpretazioni
Premillennialiste delle Scritture: l’esaltazione del razzismo fino a farlo diventare
principio divino. Ogni tentativo di riportare il giudeo dentro le profezie come giudeo
è dare alla razza e alle opere (poiché la discendenza razziale è opera umana) priorità
sulla grazia e sull’opera di Cristo e non è niente di più e niente di meno che
paganesimo. È significativo che il premillennialismo sia quasi invariabilmente
associato con l’arminianesimo. Vale a dire che l’introduzione della razza nella
prospettiva profetica è parte integrante dell’introduzione delle opere nell’ordine della
salvezza. Dopo tutto, questa è l’essenza del fariseismo che crocifisse Cristo e che si
mascherò e ancora lo fa, da epitome della santità. Non può esserci compromesso con
questa perversa eresia.
Questa, dunque, è una visione implicita con la vittoria perché esplicita nella
sua visione della totale sovranità. La cornice di riferimento rivela ulteriormente
questo fatto. Secondo Burch: “l’Apocalisse fu ispirata da, e concepita all’interno del
contesto della Festa delle Capanne (o Tabernacoli)” e riflette anche la Festa di
Pentecoste. Il lezionario della sinagoga per la Festa dei Tabernacoli era Zaccaria 14,
che ci da una visione della trasformata e Nuova Gerusalemme: “non c’è notte lì” vista
essenzialmente in Apocalisse 4 e più doviziosamente dichiarata più avanti. La lezione
per Pentecoste era Ezechiele 1, pure usato in Apocalisse 4 (Ez. 1:4-10, 26, 28; Cfr.
Ez. 10:1,12-15,20-22) 6.
La festa dei tabernacoli era una festività del raccolto che commemorava il
soggiorno di Israele nel deserto, e un “tipo” della raccolta dei gentili nel Regno di
Dio. Per giudei e gentili entrambi era una festa di rimembranza, che richiamava il
loro girovagare nel peccato nel deserto e la loro gloriosa entrata nel regno, la terra
promessa. La Pentecoste celebrava il fatto che Dio aveva dato la legge a Mosè. La
Pentecoste cristiana celebra la scrittura della legge sulle tavole del nostro cuore per la
dimora dello Spirito santo. Sono tutte feste gloriose e sono giustamente echeggiate in
questo capitolo.
6 V. Burch,Anthropology and the Apocalipse, An Interpretation of” the Book of revelation”in relation to the
Archaeology, Folklore, and religious Literature and Ritual of the Near East, London, Macmillan, 1939, p.18-20.
107
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 5
TESTAMENTO ED ESECUTORE
Al centro della dottrina biblica della storia ci sono due importanti fattori,
entrambi manifestati nelle loro reciproca relazione in Apocalisse 5; il primo è il libro,
o rotolo, il secondo, è Gesù Cristo, il leone della tribù di Giuda, l’Agnello di Dio.
Gesù è l’Agnello di Dio rispettivamente al suo ruolo sacrificale, non è una
descrizione della sua natura, come vorrebbe il sentimentale arminianesimo, col suo
Gesù “mite e mansueto” come un agnello. Nella sua natura, Gesù è il Leone della
tribù di Giuda, il governatore autorevole e sicuro di sé.
Il libro, o rotolo è “sigillato con sette sigilli”. Questo indica immediatamente la
natura del libro. Il problema centrale, comunque, non è tanto il contenuto del libro,
benché questo sarà rivelato con la sua apertura, ma chi sia capace di aprirlo. Il libro
viene proteso alla chiesa: i ventiquattro anziani, da Dio, dalla sua mano destra. È il
suo dono per loro. La mano destra è la mano dell’azione, potenza e benedizione: tutto
questo viene offerto alla chiesa. Il libro è scritto dappertutto completamente “dentro e
fuori” (5:1) senza spazio per aggiunte: la provvidenza di Dio ed il suo decreto sono
chiaramente totali.
I sette sigilli sul libro o rotolo indicavano immediatamente alla chiesa che
questo documento era un testamento. “Quando un testatore moriva il testamento
veniva presentato e, quando possibile, aperto alla presenza dei sette testimoni che
l’avevano sigillato, venivano tolti i sigilli, letto ad alta voce e reso esecutivo” 1 .
Questo testamento o eredità che Dio offre alla chiesa è la promessa del regno.
L’uomo aveva un tempo distrutto il regno che Dio gli aveva dato: la ribellione e
apostasia di Adamo l’avevano fatto uscire dal paradiso e aveva fatto entrare nel
mondo il peccato e la morte. La promessa di Dio di un Redentore che avrebbe
distrutto il potere dell’avversario e riportato l’uomo al paradiso era stata data ad
Adamo ed Eva, fu il nocciolo dell’alleanza con Abrahamo, fu adempiuto nella venuta
di Gesù Cristo, e sarà manifestato in tutta la sua pienezza nel suo glorioso ritorno. Ma
nella chiesa primitiva, nella sofferenza in cui erano quei santi, neanche pienamente
consapevoli delle implicazioni dell’opera di Cristo, come rivela la lettera agli Ebrei, il
2 M.M.B. ,Revelation , Vol. I., Pittsbourgh: Silver Publishimg Co., n.d., p.62
109
Venga il Tuo Regno
3. La redenzione di un’eredità poteva richiedere il matrimonio.
4. Doveva vendicare il torto che il familiare avesse subito.
Adamo aveva perso la sua eredità, e venduto la sua razza alla schiavitù del
peccato. Gesù prese su di sé carne e sangue, diventando così il parente più
stretto di giudei e gentili, pagò il prezzo e riscattò i prigionieri. A tempo debito
farà vendetta su satana, il grande nemico del suo popolo (Ap. 20:1-3) 3.
In questo modo Gesù entra nella storia come il nostro parente più stretto per
redimerci dal potere del peccato e della morte e per restituirci il paradiso, il regno di
Dio. La nostra salvezza non è meramente negativa, ma positiva, non solamente dal
peccato e dalla morte, ma dentro alla giustizia, santità, conoscenza e dominio nel suo
regno eterno, ricreandoci a sua immagine e ristabilendoci nella nostra chiamata quali
re, sacerdoti e profeti di Dio l’Onnipotente. Questo è lo scopo di Dio dichiarato
dall’inizio, fatto conoscere all’uomo per la rivelazione della sua parola. Come Dio
disse ad Abrahamo, che chiamò nei termini del familiare-redentore e dell’umanità
redenta: “Celerò io ad Abrahamo quello che sto per fare poiché Abrahamo deve
diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni
della terra?” (Ge. 18:17-18).
Gesù Cristo, il nostro parente più stretto, ci redime con la sua opera espiatoria
sulla croce. Il mediatore è quindi investito dell’ufficio di Re sull’universo (Ap.
5:7-14) 4. È visto come l’uomo-Dio, il Leone della tribù di Giuda, ed erede del trono
di Davide. La sua famiglia e il suo lignaggio sono veramente umani. Ma egli non è
solo il compimento di Davide e di Giuda, il suo culmine e Ramo, ma anche “la radice
di Davide” (5:5), la Radice e il Ramo della casa di Davide, il suo divino creatore e
sorgente, e il suo figlio umano ed erede. Egli è l’Agnello di Dio, il sacrificio
espiatorio, e l’agnello pasquale adempiuto, ma come agnello con sette corna, la
totalità dell’onnipotenza e del potere, e con sette occhi, onnisciente, con tutte le
epoche a portata della sua vista e nel possesso della pienezza dello Spirito di Dio nel
suo controllo “di tutta la terra” (5:6).
Gesù dichiarò di essere il familiare-redentore, dichiarando che le Scritture (Is.
61:1-2) si adempivano in lui, ma la gente di Nazareth, coscienti della povertà della
sua famiglia, disprezzarono la sua dichiarazione, nonostante la qualità delle sue
parole fosse convincente (Luca 4:16-21). Annunciandosi come familiare-redentore,
proclamò che quel grande giubileo di libertà sarebbe venuto solamente per mezzo
della sua persona e della sua opera.
1. Il primo inno dai quattro viventi e dai ventiquattro anziani. La chiesa, tipizzata
negli anziani, è la chiesa di tutti i tempi, non quelli in cielo, ma quelli in terra, i quali
offrono “turiboli d’oro pieni di profumi” o incenso, le preghiere dei santi (Sl. 141:2)
adempiendo in questo modo la loro chiamata di sacerdoti in Cristo. Cantano un
“cantico nuovo”, cioè un cantico di gratitudine per una nuova, inattesa e immeritata
benedizione. Il loro è un inno di gioia per la redenzione, una redenzione universale
che chiama gli eletti da ogni “tribù, lingua, popolo e nazione” per essere “fatti a Dio
re e sacerdoti e regneranno sulla terra” La Luzzi Riveduta dice: “Ne hai fatto per il
nostro Dio un regno e de’ sacerdoti, e regneranno sulla terra” (5:8-10). La chiesa
regna oggi in Cristo perché Egli governa e revoca in tutte le cose per la sua totale
provvidenza e fa in modo che perfino l’ira degli uomini gli dà gloria (Sl. 76:1).
2. Nel secondo inno (5:11-12), l’esercito celeste canta le lodi dell’Agnello e il suo
essere degno, poiché “fu ucciso”, “di ricevere potenza”. Il Figlio di Dio morì perché
noi potessimo vivere, e noi a nostra volta dobbiamo morire perché egli possa vivere
in noi. L’intera creazione trova la propria vera vita e compimento in lui, cosicché non
è solo l’uomo, ma altrettanto l’esercito del cielo a gioire nella venuta del grande
esecutore e nella restituzione dell’eredità perduta.
3. Il terzo inno (5:13-14) è il coro poderoso di tutte le creature di Dio in cielo, terra e
mare. Che lodano l’Agnello “nei secoli dei secoli”. Paolo in Romani 8:20-22 ci da
uno scorcio dalla lode universale a Dio, come pure in Filippesi 2:10s. Questa gioia è
inevitabile “che la creazione stessa venga essa pure liberata dalla servitù della
corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Infatti noi sappiamo
che fino ad ora tutto il mondo creato geme insieme ed è in travaglio” (Rom.8:21-22).
Dinanzi a questa grande redenzione, ci si può solamente aspettare, ed è inevitabile
“che nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti,
terrestri e sotterranee, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria
di Dio Padre (Fil 2:10-11).
111
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 6
L’ESECUTORE E IL PATRIMONIO
Abbiamo visto che il rotolo sigillato era un testamento che dichiarava l’eredità
dei santi. Questo testamento fu rilasciato all’uomo da Cristo per mezzo della sua
morte espiatoria e fu aperto all’uomo da Cristo con la sua resurrezione.
Talvolta, comunque, che ha preso possesso di un’eredità o di una proprietà
persa, rifiuta di lasciare la proprietà o di restituire la persona ridotta in servitù. Alla
stessa maniera, le potenze delle tenebre rifiutano di arrendere il mondo a Cristo il Re
o di restituire i credenti a Dio. Insistono nel cercare di mantenere il titolo su entrambi.
La Città dell’Uomo enfaticamente rifiuta le richieste legali della Città di Dio e rifiuta
di essere spossessata.
L’azione deve essere intrapresa, perciò, al fine di eliminare le potenze delle
tenebre dai possedimenti di Dio. Gesù Cristo quale vero uomo è anche vero erede, e i
suoi santi sono eredi in lui e per mezzo di lui.
Questa azione di spossesso del nemico viene intrapresa dal familiare-redentore.
Il libro di Apocalisse ci da la natura di questa azione, sia per quanto incide sul mondo
che per quel che incide sul cristiano. Parte dell’azione è diretta contro il cristiano
stesso, perché ogni credente, in virtù del vecchio Adamo in lui, si attacca, in una certa
misura, alla sua schiavitù e non vuole assumere la piena statura del proprio statuto di
uomo e della libertà in Cristo. Così, l’azione è diretta sia contro le potenze delle
tenebre sia contro il cristiano nella sua partecipazione a quella vecchia umanità.
Nei capitoli seguenti abbiamo tre visioni: sigilli, trombe e turiboli o coppe.
Ciascuna visione ha sette parti, perché ogni visione è data da Dio e completa. Ogni
sette è suddiviso in sei e uno, con l’uno che è finale, il sei che è presente in tutta la
storia. È quindi evidente che le visioni sono in un certo senso ripetitive, nel fatto che
coprono lo stesso terreno, ma queste visioni sono anche nuove, nel senso che gettano
nuova luce sullo stesso soggetto.
Cristo è l’esecutore dell’assetto familiare, il regno di Dio che egli ha restituito
all’uomo con la sua opera e per la sua grazia. In quanto esecutore Cristo deve
spossessare i falsi eredi, i quali, sotto l’influenza di satana, si sono presi la terra in
sfida a Dio e dichiarano che il regno è dell’uomo e non di Dio.
112
Venga il Tuo Regno
Il pieno significato di questa settupla azione non può essere compresa senza
riferirsi alla prima e grande liberazione del suo popolo da parte di Dio, la liberazione
di Israele dall’Egitto. Per effettuare questa liberazione, furono proclamate da Dio
dieci piaghe contro l’Egitto. Le prime tre piaghe colpirono egualmente ambedue sia
l’Egitto sia Israele o Goscen. Le sei che seguirono colpirono solo l’Egitto, benché
mediante questo processo l’odio dell’Egitto verso Israele si sia solamente
intensificato. La decima piaga fu diretta contro tutti, Egiziani o Israeliti, che non
fossero sotto il sangue dell’agnello pasquale, il tipo di Cristo. Questa decima piaga
significò che Israele insieme all’Egitto era sotto condanna di morte per i propri
peccati, ma che Dio nella sua misericordia estese la sua grazia e il suo perdono a tutti
quelli che avrebbero trovato rifugio nel sostituto scelto da Dio, nel sacrificio
espiatorio di Dio.
I sette sigilli, trombe e coppe di Apocalisse sono le piaghe di Dio sull’ “Egitto”,
sul regno dell’uomo che rivendica la terra come eredità di proprio “diritto”. I falsi
eredi perseguitano e cercano di uccidere i veri eredi. Proprio lo stesso fatto
dell’eredità fa del cristiano il bersaglio dell’odio e dell’ostilità del mondo. Una ricca
eredità, presa illegalmente, non viene facilmente restituita. Le parole espresse
riguardo al Cristo vengono ancora espresse riguardo al suo popolo: “Questo è l’erede,
venite, uccidiamolo, e prendiamoci la sua eredità” (Mt. 21:38).
Contro questi malvagi Cristo intraprende l’azione per spossessarli e per dare il
suo regno al suo popolo:
Alla fine dei giudizi dei sigilli Giovanni vede 12.000 di Israele e una grande
moltitudine che uomo non può numerare di tra i gentili. Il familiare-redentore
ha redento il suo popolo.
Alla fine dei giudizi delle trombe, grandi voci in cielo dicono “I regni della
terra sono divenuti il regno del Signore e del suo Cristo”. Il familiare-redentore
prende possesso della sua eredità.
La natura dello spossesso e l’azione dello spossessare, viene indicata in parte nei
seguenti versetti:
V. 1. Quando Cristo aprì il testamento, le quattro creature viventi gridarono con voce
di tuono: Venite e vedete. Salmo 47:4 dichiarò del Signore, che “Egli sceglierà per
1 M.M.B.,op. cit.,p.68s.
113
Venga il Tuo Regno
noi la nostra eredità”. Non solo la nostra eredità è scelta per noi ma anche l’azione di
riprendere la nostra eredità è opera di Cristo.
V. 2. Quattro cavalieri emergono dal rotolo sigillato, dal testamento di Dio, e
cavalcano attraverso il teatro della storia. Il primo, incoronato, che uscì fuori
vincitore e per vincere è Gesù Cristo, come esplicita Apocalisse 19:11. Cristo, quale
esecutore avanza in giudizio sui falsi eredi. Tutti quattro i cavalli avanzano
simultaneamente, ma Cristo viene citato per primo perché tutti gli altri fatti della
storia sono soggetti a lui e servono la sua causa. Non ci sono crudi fatti nella storia,
nessun evento accade senza Cristo o indipendentemente da lui. Tutti gli eventi
accadono come parte del piano eterno e devono essere interpretati in termini di
Cristo. Ciò è ancor più certamente vero del fatto del giudizio. Così, Cristo è il primo
cavaliere, perché tutto quello che segue, dal secondo al settimo sigillo, può essere
compreso solamente nei termini di lui. Il suo scopo e la sua direzione governano
assolutamente. Gli altri a cavallo e i sigilli rimanenti non sono prima ma dopo di lui
mentre si muove attraverso la storia quale esecutore della volontà o testamento, per
distruggere il nemico e per scacciare la schiavitù dal suo popolo un tempo schiavo.
Cristo non solo sfratta il nemico ma prepara anche il suo popolo per la libertà.
Vv. 7-8 Il quarto cavaliere è la Morte con Ades, il posto dei morti che cavalca al suo
seguito come suo scudiero. Al seguito della Morte viene la guerra, fame, morte
mediante le fiere della campagna, e desolazione attraverso la guerra. Tutti quattro i
cavalieri cavalcano senza sosta in avanti, lanciati verso l’obbiettivo del loro
guerreggiare, lo spossesso dei falsi eredi.
Vv. 9-11. Il quinto sigillo viene ora aperto. Giovanni ode i martiri per la fede gridare
a Dio “Fino a quando aspetti, o Signore assoluto, che sei il Santo e il Verace, a fare
giustizia del nostro sangue sopra coloro che abitano sulla terra?” 2. La parola qui
tradotta “Signore” è la stessa che in italiano si tradurrebbe “despota” che deriva dal
greco originale. Dio è il solo vero e genuino despota: i santi gridano contro la
flagrante sfida degli uomini al suo potere e autorità assoluti. Gli viene risposto “che si
riposino ancora per un po’ di tempo” fino a che la pienezza della sofferenza e della
morte fosse compiuta sul popolo del Signore. Furono loro date delle vesti bianche,
cioè furono rivestiti con la giustizia e con la persona di Cristo. Questo, per il
momento, è tutto. I santi sono giustificati, e sono nel processo di essere santificati.
Ma la pienezza dell’eredità deve attendere il tempo di Dio. I santi sono raffigurati
“sotto l’altare”. L’immagine è tratta dal servizio sacrificale del tempio (Es. 40:29); il
sangue delle vittime o degli animali sacrificali raccolto dai sacerdoti viene versato ai
piedi dell’altare. Ogni sofferenza dei cristiani, poiché essi sono in Cristo, è connessa
con la sofferenza espiatoria e la morte di Cristo. Le sofferenze e le morti espiatorie
dei cristiani non hanno significato in se stesse. Paolo parlò di se stesso come
“versato” cioè del suo sangue come un’offerta, in 2 Timoteo 4:6. Il significato è che il
nostro faticare non è invano nel Signore (1 Co. 15:58).
116
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 7
GLI EREDI
Il grido del mondo: “chi può resistere?” (6:17), è un insistere che nessuno può
resistere nei termini di Dio ritenuti ingiusti. Dio incrimina il mondo per la sua
ribellione e processa un mondo che tenta di impossessarsi del regno di Dio nei propri
termini, e il mondo risponde con una contro-incriminazione, un’accusa di ingiustizia
contro Dio. L’esclamazione “chi può resistere?” visto che non è un grido di
pentimento, implica una risoluzione, che i cristiani non possono essere capaci di
rimanere in piedi. Il mondo vuole giustificazione, e vuole giustificarsi nei confronti di
Dio dichiarando che il piano di salvezza di Dio e la sua legge sono mostruosi e
impossibili. Se i cristiani non possono resistere, allora la giustificazione di Dio è resa
nulla e vuota. Perciò la giustificazione viene ricercata nell’accusare i santi, proprio
come Satana cercò di sminuire la posizione di Giosuè davanti a Dio citando i peccati
d’Israele (Za. 3). Indi, viene fatto ogni tentativo per svilire il credente e ridurlo ad un
livello più basso dell’uomo apostata, che a quel punto può giustificare se stesso in
paragone ai santi. Ma proprio come Giosuè resistette per la grazia di Dio, così i santi
resistono nella grazia di Dio.
Gli eredi, i santi di Dio, hanno una eredità in Cristo di cui non possono
riappropriarsi senza un devastante scuotimento e distruzione di tutte le cose, e questo
scuotimento lascerà scosso perfino il credente. Davanti alla totalità della giustizia di
Dio i re, i grandi, i ricchi, i capitani, uomini valorosi, ed ogni servo e ogni libero si
nascondono terrorizzati gridando: “chi può resistere?” Questa paura trova un’eco
anche nel cuore del credente, e perciò alla chiesa afflitta, perseguitata viene data una
risposta potente.
Nel mezzo del giudizio interviene un’altra visione. I venti del giudizio sono
stati liberati sulla terra; ora Giovanni vede i venti trattenuti e al vento non è permesso
soffiare, finché il Signore non abbia sigillato i suoi (7:1-2) Così, nel mezzo della
bufera e del vento, c’è pace dove il Signore raccoglie i suoi eletti, e il giudizio non
può iniziare finche gli eletti non saranno suggellati.
La parola “sigillo” ha un significato importante nella bibbia. Un sigillo:
117
Venga il Tuo Regno
1. protegge dalle manomissioni. La tomba di Gesù fu sigillata protetta dalle
guardie (Mt. 27:66;Ap. 5:1).
2. Contrassegna la proprietà. È un marchio (Cantico dei Cantici 8:6).
3. Certifica la genuinità del carattere (Ester 3:12).
Il sigillo perciò significa che al credente è data l’assicurazione della salvezza ed egli è
eternamente sicuro in Gesù Cristo. È protetto dalle manomissioni e marchiato come
proprietà di Cristo, un vero credente. San Paolo parla anche del sigillo del Dio
vivente che sostiene due dichiarazioni: “Il Signore conosce quelli che sono suoi”, e:
“Si ritragga dall'iniquità chiunque nomina il nome di Cristo” (2 Ti. 2:19). Il sigillo di
Dio afferma perciò la grazia della sua elezione e la nostra giustificazione, e richiede a
noi santità di vita e santificazione.
La risposta alla domanda: “Chi può resistere” è drastica: i sigillati di Dio! I
suoi santi sono capaci di rimanere in piedi perché la loro forza e la loro sicurezza non
si trovano in loro stessi ma nel Signore. Ma se i santi hanno la sicurezza, perché
dunque sono esposti all’ira del mondo, ai dardi infuocati del diavolo, alle tentazioni
del mondo, alla carne (cioè alla natura umana), e al diavolo? Perché l’odio dell’Egitto
cade sui santi di Dio? La risposta è che il concetto di sicurezza di Dio è diverso da
quello dell’uomo. Il concetto del male dell’uomo troppo spesso gravita intorno alla
paura della sconfitta, la tribolazione e la sofferenza. Per il Signore, il vero male è il
peccato e il compromesso col peccato, come rendono chiaro tutte le Scritture. Dio
rende il suo popolo eternamente sicuro dalla distruzione del peccato, e protegge il suo
popolo dall’essere vinto dal peccato. E molto spesso i mezzi per giungere a questa
sicurezza implicano la sconfitta, la tribolazione e la sofferenza.
Apocalisse 7 ci dà un quadro della chiesa sigillata nella sua vittoria finale. In
Apocalisse 21 ci viene mostrata Gerusalemme, raffigurata simbolicamente come un
cubo perfetto, il simbolo della perfezione. Gerusalemme ha dodici porte, dodici
fondamenti, le mura sono 144 cubiti in altezza e la popolazione è di 144000. Che
questa sia una figura simbolica è chiaro da 7:9. Le dodici tribù d’Israele ci danno un
tipo della chiesa intera. Dan, la prima tribù ad introdurre l’idolatria, è lasciata
decadere, e Levi, non avendo più nessuna funzione sacerdotale prende il suo posto
nel registro tribale. Efraim, avendo utilizzato la propria eminenza per apostatare sotto
Geroboamo, è rimpiazzata dal proprio padre Giuseppe.
Questo Israele è il vero Israele di Dio, la vera chiesa. Come dice Romani 2:29:
“giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore”. Questo
è “l’Israele di Dio” (Ga.6:16), la vera chiesa, il corpo di Cristo, che è “seme
d’Abrahamo” e i cui membri sono “eredi secondo la promessa” (Ga. 3:29), cioè sono
il vero Israele di Dio.
Il sigillo dei santi richiama il sangue protettivo sugli stipiti delle case d’Israele
in Egitto. Proprio come le piaghe della morte devastando l’Egitto lasciarono indenni
coloro che erano sigillati col sangue dell’agnello pasquale (Es. 12), così il sigillo col
sangue dell’Agnello ora preserva il vero ed eletto popolo di Dio. Le tribù sono
nominate per indicare che il vero Israele ora esiste nella chiesa. Il sigillo degli eletti
118
Venga il Tuo Regno
non li rapisce dalla tribolazione più di quanto il marchio sugli eletti nella
Gerusalemme condannata li abbia risparmiati dagli orrori dell’assedio (Ez. 9).
In 7:9 vediamo i santi con rami di palma, che cantano inni di gioia, c’è un eco e
un richiamo alla Festa dei Tabernacoli. I paralleli tra Esodo e Apocalisse sono molti.
Gesù è sia il vero Mosè (il cantico di Mosè viene citato in Apocalisse 15:2s), sia il
Giosuè maggiore. Egli è il liberatore del popolo di Dio. Simeone, nel tempio aveva
dichiarato che i suoi occhi avevano visto la salvezza di Dio, avendo visto il salvatore
in fasce (Lu.2:30; cfr. Is. 52:10), perché egli era uno di quelli che stavano aspettando
la redenzione di Gerusalemme (Lu. 2:38), cioè la sua liberazione dalla cattività
dall’Egitto spirituale. L’uccisione dei neonati da parte di Faraone ha il parallelo
nell’ordine omicida di Erode (Es.1:16, 2:15, 4:19; Mt. 2:16). L’infante Cristo viene
chiamato il vero Israele chiamato fuori dall’Egitto (Mt.2:14s., cfr. Es. 4:22; Os. 11:1).
I quarant’anni di prove nel deserto da parte d’Israele e il suo fallimento, è messo
fianco a fianco con i quaranta giorni di tentazione di Cristo nel deserto, terminati con
la vittoria; Gesù resistette citando Mosè. Gesù mandò dodici discepoli a diventare il
nuovo Israele di Dio, i nuovi capi di una nuova nazione o popolo. Gesù mandò pure
settanta (Lu. 10:1), proprio come Mosè riunì settanta ai quali Dio diede lo Spirito
(Nu. 11:16s.). Ci vengono dati dei paralleli con la conquista di Canaan e la
distruzione delle sue città dal fuoco del giudizio (Mt. 10:15, 11:20s.; Mt.24; Lu.
10:12s; De. 9:1s.). La vecchia Gerusalemme ora ha il ruolo di Canaan e deve essere
distrutta (Mt. 24). Il mondo intero è la nuova Canaan, da essere giudicato e
conquistato: “Andate dunque in tutto il mondo…” Sia Esodo che Apocalisse
concludono col Tabernacolo, il primo col tipo, il secondo con la realtà.
In Apocalisse 7, i santi che gioiscono vengono indicati a Giovanni come quelli
che sono stati giustificati dal sangue dell’Agnello; sono stati sigillati da Dio. Questo
significa che la loro salvezza non è per opere ma nel Signore (7:13-17). Vengono visti
nella loro vittoria finale, e in quella visione la loro presente vittoria è manifestata.
Non hanno più né fame né sete, né il sole e il caldo del deserto li opprime più. Sono
liberati da queste afflizioni, non meramente perché il deserto è dietro di loro, ma
positivamente, perché l’Agnello di Dio li nutre, dà loro da bere e Dio stesso asciuga
ogni lacrima dai loro occhi (Is. 49:10; 29:8). La loro vittoria non è perciò un sollievo
negativo ma una presenza positiva, Gesù Cristo.
La parola qui tradotta vittoria da alcuni1 e salvezza da altri (7:10) è soteria. La
salvezza significa vittoria, e qualsiasi dottrina della salvezza che ometta il fatto della
vittoria non è cristiana.
1 G.B. Caird, The revelation of Saint John The Divine,New York, Harper and Bros. 1966. p.99s.
119
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 8
L’EREDITÀ DEI FALSI EREDI
Prima che una eredità possa essere ricevuta (o passare di mano), deve essere
esibito un testamento verace ed approvato, e una volontà o testamento contestato non
è un fatto raro nella storia della giurisprudenza. La stessa controversia è essenziale
alla storia religiosa: quale “parola” o testamento costituisce la vera volontà di Dio
riguardo all’eredità dell’uomo? La prima contestazione di questo testamento venne in
Eden, quando Satana dichiarò: “Ha Dio veramente detto?” (Ge. 3:1) Secondo il
tentatore, Dio, come un testatore sciocco e maldestro, aveva bisogno di correzione, e
questo Satana si offerse di fare. La sua versione dei termini del testamento del regno
costituivano la vera luce, la vera giustizia, la vera eredità per l’uomo. Così, nella
tentazione nel deserto, Satana cercò di indirizzare Cristo verso quel “vero” regno, al
suo ruolo di esecutore del “vero” testamento riveduto (corretto) da Satana. Non solo
le false religioni ma anche le eresie all’interno della chiesa sono tentativi di rivedere
la natura di quel testamento e di “correggere” la stupidità di Dio nei termini della
moderna saggezza, o nei termini della consapevolezza dell’uomo autonomo di essere
dio in se stesso. Inoltre, la “correzione” di quel testamento viene pure intrapresa sub-
consciamente dai pretesi difensori delle Scritture quando trascurano il Vecchio
Testamento, o sottovalutano o aggirano segmenti delle Scritture, o semplicemente
relegano qualche dottrina, come la predestinazione, ad un limbo di negligenza o di
indecisione. Ne consegue, che uno dei maggiori problemi della storia è la filosofia
della storia revisionista sostenuta dall’uomo autonomo, il tentativo di alterare
l’eredità nei termini della propria autonoma consapevolezza e dei propri dettami. Ciò
costituisce frode e falsificazione e come tale deve essere impugnato. Così, il
familiare-redentore, il grande esecutore del regno, non solo deve redimere i suoi
familiari e scacciare il nemico che impedisce loro di possedere il regno, ma deve
anche stabilire il vero testamento nella sua autorità e nella sua verità.
I falsi eredi operano in due direzioni. Primo, dichiarano di avere il vero
testamento e perciò il legale diritto o titolo alla terra e, secondo, dichiarano di essere
la vera chiesa di Dio. L’invasione della chiesa da parte di falsi eredi è quindi un
continuo problema, poiché essi cercano di impadronirsi del regno da ogni direzione.
120
Venga il Tuo Regno
Perciò è essenziale per la chiesa comprendere la natura della situazione e
pregare per il giudizio sui nemici e contro tutti i suoi tentativi di revisionismo.
Prima dell’eredità viene lo spossesso dei falsi eredi ed il loro giudizio. Quindi,
Cristo ora apre il settimo sigillo (8:1) sul testamento che da all’uomo la sua eredità
perduta. Mentre fa questo, il silenzio riempie il cielo. Tutto il cielo è in silenzio
mentre le preghiere dei santi, le loro petizioni per il regno vengono ricevute. Ad un
lato stanno in piedi sette angeli con sette trombe. Nel Vecchio Testamento, le trombe
suonavano per chiamare a riunirsi, per partenze, e per la guerra. Qui sono trombe di
guerra, trombe di giudizio contro il mondo. Dio attende, nel suo giudizio, in parte
forse con pazienza verso i peccatori (Ez. 33:11), ma essenzialmente per permettere
alle petizioni dei santi di salire prima di agire.
Nel silenzio, un angelo si avvicinò all’altare dell’incenso, l’altare d’oro, l’altare
dell’intercessione, per offrire “le preghiere di tutti i santi” (8:3). Le preghiere
immediatamente ascendono a Dio, e poi discendono sulla terra come sentenza. Alla
chiesa viene dunque data una vivida immagine del potere della preghiera, ed anche
della necessità di pregare per il giudizio e per giustizia. La chiesa è troppo spesso
negligente in questo aspetto centrale dell’intercessione. Le sue preghiere sono pietiste
e umaniste, poco interessate alla giustizia di Dio e indebitamente interessate con
l’escapismo piuttosto che con la battaglia.
Torrance ha osservato che “la vera causa dei turbamenti del mondo sono le
preghiere dei santi ed il fuoco di Dio!” 1. Ma non è sufficiente parlare di questo testo
come di un esempio della “potenza della preghiera”. Ancor di più rende chiaro che la
vera chiesa deve pregare tanto per giudizio quanto per salvezza. Fino a quel
momento, c’è “silenzio in cielo”. Il giudizio e la salvezza vanno mano nella mano, e
il grido, la richiesta dei santi per la liberazione (6:10) deve essere anche un grido per
la vendetta.
Allora quattro trombe vengono suonate da quattro angeli. Il giudizio comincia
a discendere come fuoco sulla terra. Questi quattro giudizi echeggiano i giudizi
sull’Egitto:
1ª tromba: la vegetazione:
2ª tromba: il mare;
3ª tromba: terra e acque, e
4ª tromba: sole, luna, stelle (tenebre).
Questo mondo viene fatto somigliare all’Egitto, che indurisce il proprio cuore contro
l’Onnipotente e che rifiuta di rilasciare i suoi santi dalla servitù. L’ira e il giudizio di
Dio perciò discendono sul mondo per distruggere il mondo e per liberare i santi per il
loro esodo verso la terra promessa. Come notò Caird:
Gioele 2:30 dichiarò che questi segni o meraviglie avrebbero seguito il giorno di
Pentecoste e preceduto la seconda venuta, il grande scuotimento, le convulsioni di
cielo e terra, cioè delle natura e delle nazioni, avrebbe lasciato il mondo in perpetua
crisi ed in continua distruzione. Il mare diventa sangue, un fenomeno naturale che è
avvenuto in aree terremotate, e un segno che ci ricorda la piaga dell’Egitto. Le
sorgenti e i fiumi sono colpiti e le fonti di salute, gioia, prosperità e di vita sono
prosciugate. La stella Assenzio cade, contaminando le acque. A Mara, durante il
soggiorno dell’Esodo, un albero (o legno) gettato nelle acque amare le addolcì, un
segno di grazia. Ora le acque diventano avvelenate, un segno di giudizio. Le quattro
trombe ci danno una immagine della progressiva disintegrazione della Città
dell’Uomo, nella sua opposizione alla Città di Dio, ed il crescente terrore dell’uomo.
Secondo Barnes: “UNA STELLA è un emblema naturale di un principe, di un
governante, di uno distinto dal rango o dal talento. Vedi Numeri 24:17 e Isaia 14:12.
Una stella che cade dal cielo sarebbe il simbolo naturale di uno che ha lasciato una
posizione più alta o di uno il cui carattere e percorso sarebbero come quelli di una
meteora che sfreccia attraverso il cielo” 3 . Il sole, la luna e le stelle tipizzano le
potenze di questa terra. Quando le Scritture parlano della loro caduta e delle tenebre,
dichiarano che le potenze che sono vengono scosse o distrutte dal giudizio di Dio.
L’associazione di corpi celesti con potenze terrene è antica. In Genesi troviamo
potenze superiori tipizzate in questo modo e, quando Giuseppe sognò che corpi
celesti si sarebbero inchinati a lui, suo padre e i suoi fratelli riconobbero che questo
significava che avrebbero dovuto umiliarsi davanti a Giuseppe (Ge. 37:9-11).
Questo procedimento del giudizio è duro e amaro. Ogni giudizio porta con sé
grandi ostacoli e distruzione di vite e cuori straziati. La chiesa primitiva si preparò
per la caduta di Gerusalemme, ma non fu facile vedere i loro parenti e gli amici
cadere nel sangue. I cristiani dell’Impero soffrirono brutalmente sotto Roma, ma
piansero quando Roma cadde, e l’ingresso dei barbari a volte provocò anche il loro
cordoglio. Come Ellicott indicò: “Nessuna grande istituzione, o nazionalità o
principio malvagio viene rovesciato senza qualche svantaggio corrispondente. La
montagna cadente trascina il male nella sua caduta, il mare diventa sangue, le navi
distrutte” 4 . Il cristiano è nel mondo, e troppo spesso in qualche misura anche del
mondo, cosicché il giudizio incide anche su di lui. Ma, per la Città dell’Uomo, questi
giudizi portano rovina, e infine dannazione. Per il popolo di Dio, lo scopo di questi
giudizi viene espresso chiaramente in Romani 8:28, e cioè, tutte le cose sono dal
2 Caird, op. cit., p. 115. La restrizione di Caird di questa azione ai giorni di Giovanni, naturalmente non è l’opinione di
questo scrittore.
3 Barnes su 8:10, citato da J.P. Lange, Revelation, Grand Rapids, Zondervan, p.208
Quando l’esecutore comincia i suoi giudizi contro i falsi eredi, contro l’Egitto
spirituale e la Babilonia che tiene in cattività il popolo di Dio, la reazione dei falsi
eredi è un contrattacco contro i veri credenti. Ma, come acclara Apocalisse 9, anche
questi attacchi sono all’interno della provvidenza di Dio e parte del suo giudizio del
mondo. Così, lo stesso tentativo del mondo di distruggere la vera chiesa diventa un
elemento nella distruzione della Città dell’Uomo.
In Apocalisse 9, abbiamo la quinta tromba e primo guaio, e la sesta tromba e
secondo guaio. In 9:1-11, la quinta tromba e primo guaio ci viene dato un resoconto
di una stella o potenza caduta dal cielo. Una grande potenza o autorità, o un
governante caduto dall’autorità, è umiliato eppure gli viene data la chiave del “pozzo
dell’abisso”. Questa potenza caduta, Satana, rilascia delle piaghe contro l’ordine di
Dio per mezzo della propria autorità ora perversa. Lo scopo della sua azione è di
corrompere gli eredi e di distruggerli. Una piaga di locuste copre la terra per cinque
mesi, l’usuale durata della vita di una piaga di locuste, indicando così che il giudizio
coprirà la durata di una vita, forse di una generazione. Questa piaga non può essere
interpretata nei termini fisici di una piaga di locuste, né di un disastro riguardante la
fornitura di cibo. Le “locuste” non hanno potere di distruggere o far del male a piante
o erba o alberi. Non possono uccidere persone. Le locuste liberate da Satana
colpiscono solamente “gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla
fronte” (9:4). Questi uomini, i falsi eredi, vengono tormentati tutta la loro vita,
cosicché “cercheranno la morte, ma non la troveranno, desidereranno di morire, ma la
morte fuggirà da loro (v.6). Il male realizzato da queste “locuste” è nel reame dello
spirito umano. Le “locuste” escono dal fumo del pozzo, il quale oscura il sole e
inquina l’aria, cioè, annuvola le autorità umane e avvelena la vita della società.
Questa piaga echeggia ambedue l’ottava piaga dell’Egitto (Es.10:4-15) e
Gioele 1:2-11 e 2:2-11, ma differisce nel fatto che non solo i pii sono risparmiati ma
anche la vita vegetale. In altre parole, il mondo, l’eredità del cristiano, non viene
distrutto.
Normalmente, una piaga di locuste spoglia la terra lussureggiante di verde di
ogni cosa che cresca e rende una ricca valle sterile e desolata. La festa diventa fame.
124
Venga il Tuo Regno
Quando satana libera il peccato sulla terra, sperando con questo di frustrare la
sottomissione dell’uomo al regno di Dio, anziché affliggere gli eredi, affligge solo i
propri seguaci. Proprio come le locuste distruggono la terra, e i fumi sulfurei
oscurano il sole e avvelenano l’aria, così il peccato, e le influenze demoniche
riducono al nulla le ricche promesse di vita e oscurano la luce della vita. I peccatori,
frustrati proprio da quelle stesse cose che portano così tante promesse, trovano le
speranze della vita diventare desolazione. Al posto della voglia di vivere, una suicida
volontà di morte comincia a governare la loro vita.
In 9:1-11 abbiamo un’eco di Luca 10:19. Gesù vide Satana cadere come
folgore dal cielo e dichiarò “Ecco, io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e
scorpioni, e su tutta la potenza del nemico, e nulla potrà farvi del male”. Questa non è
una promessa di liberazione dai pericoli, dal dolore o dalla morte, ma è chiaramente
una promessa di vittoria su Satana e sul peccato. Gesù aveva dichiarato chiaramente i
problemi della fede “Ora il fratello consegnerà a morte il fratello e il padre il figlio; e
i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a
causa del mio nome; ma chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato” (Mt.
10:21s.). La promessa è chiaramente di vittoria sul peccato e di preservazione dal suo
potere. In pericolo, nudità e spada, ci è detto che saremo più che vincitori.
In 9:12-21 abbiamo la sesta tromba, il secondo guaio. Qui ci viene data una
simbolica collocazione geografica. Un grande esercito di cavalieri, di duecento
milioni, dilaga attraversando il fiume Eufrate. Essi cavalcano così da Babilonia e
dall’Assiria verso la terra promessa. Questo è chiaramente un esercito mondiale, una
potenza mondiale, che avanza ostilmente verso il regno di Dio, determinata a
distruggere gli eredi e consolidare così il proprio diritto sull’eredità. Il loro scopo è la
distruzione degli eredi, ma invece è “la terza parte degli uomini” (cioè i falsi eredi
vs.15) ad essere uccisa. I cavalli uccidono i falsi eredi, le armi della rivoluzione
sociale scatenate dalla Città dell’Uomo sono distruttive del proprio benessere ed
esistenza. I sopravvissuti di questo giudizio non si pentono, continuano nella loro
idolatria (v.20). Il giudizio di Cristo qui non è correttivo ma, anzi è vendicativo e
retributivo.
Un fatto molto ovvio compare in questo capitolo. Il fiume Eufrate formava il
“limite ideale” della terra promessa (Ge. 15:18). Al di la dell’Eufrate c’erano i grandi
nemici del popolo di Dio, Assiria e Babilonia. Il fiume era una grande barriera
naturale, una difesa ed un punto di separazione. Quando suona la sesta tromba, la
barriera scompare. In questo modo compare una caratteristica della storia cristiana.
C’è un progressivo disintegrarsi della linea fisica di divisione tra la chiesa e il mondo
e tra il regno di Dio ed il regno dell’uomo. Il mondo ha sempre cercato di distruggere
i confini tra il popolo di Dio e se stesso, il mondo reclama il diritto totale alla terra e
nega i reclami degli eredi di Cristo. Con il compromesso, la concessione, e
l’invasione il mondo cerca di ridurre il regno di Dio ad una provincia conquistata.
Qui, per permesso di Dio, vediamo che al mondo viene concesso di fare così, e lo
vediamo come parte del giudizio di Dio sul mondo. I mali scatenati dal regno
dell’uomo diventano più potenti degli uomini che li hanno scatenati. Vengono messe
in movimento forze che distruggeranno i loro creatori. Non i cavalieri, ma i cavalli
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Venga il Tuo Regno
diventano il terrore. I mali iniziati dai falsi eredi trovano il bersaglio più vulnerabile
proprio nei falsi eredi stessi. Quando la Città dell’Uomo cerca di distruggere la Città
di Dio, distrugge invece se stessa. Il popolo di Dio ha un santuario (rifugio) in Cristo,
ma i cittadini di Babilonia non hanno rifugio. Il tentativo della Città dell’Uomo di
distruggere la Città di Dio diventa il giudizio di Dio sulla Città dell’Uomo e conduce
alla volontà suicida del mondo e alla propria distruzione. In tutto questo, il vero
regno, come Israele in Egitto, rimane protetto e sicuro proprio nelle mani del nemico.
Alcune note su qualcuno dei simboli di questo capitolo sono necessarie. Il re
dell’abisso (v.11) è chiamato in Ebraico “Abbadon” e in Greco “Apollion” che
significa Perdizione. L’effetto basilare della Perdizione è sull’esercito della
Perdizione, cioè, il suo potere ordinato da Dio non può estendersi al di fuori del
proprio dominio (o influenza).
Riguardo a Babilonia Ellicott ha notato:
Gesù Cristo, tabernacolo della gloria di Dio, la colonna e la nuvola del viaggio
nel deserto di Israele, appare ora parzialmente velato da nubi e dal fuoco. Mentre
allora aveva dimorato col suo piccolo gregge nel deserto, ora, in virtù dell’estensione
mondiale della chiesa, copre terra e mare e adombra il mondo intero. L’arcobaleno
sul suo capo lo rivela essere il principio della pace e il fondamento dell’Alleanza di
Dio con Noè. Nel dominare il mondo intero con le sue dichiarazioni e promesse
pattizie, Egli alza la tensione nel mondo e rende il peccato sempre più volontario, più
manifestamente arbitrario, mentre la sua signoria viene sempre più asserita e resa
manifesta.
Il principio della pace è contemporaneamente il principio della rottura della
pace, e quindi il principio del giudizio. La pace romana significava il potere ed il
giudizio romani. Pace significa il prevalere di un ordine e della tranquillità di
quell’ordine. Gesù Cristo, così, è non solo il principe di pace, ma anche il Signore del
giudizio. I due sono inseparabili. Per poter eliminare il giudizio l’uomo deve
necessariamente eliminare la pace. Odiare il giudizio è odiare la pace, significa la
creazione dello stato perpetuo di guerra quale condizione dell’uomo. I cosiddetti
amanti della pace che guerreggiano contro la legge e l’ordine Cristiano cercano non
la pace ma perpetua rivoluzione. Il giudizio esiste solamente come mantenimento
dell’ordine. Il Giudizio Finale, il giudizio totale e assoluto introduce la pace assoluta.
Per eliminare il giudizio è necessario eliminare ogni forma di ordine. Perciò, mentre
gli uomini, religiosamente, socialmente e giuridicamente esorcizzano e cercano di
eliminare l’inferno ed il giudizio, essi ottengono, non la tranquillità e la pace che
professano di desiderare, ma proprio quella stessa discesa all’inferno che cercano di
evitare, poiché l’inferno è l’assenza e la negazione di qualsiasi principio di legge ed è
il caos della totale affermazione di volere e di essere. Nella perfezione di Dio, tale
totale affermazione è una inevitabile e necessaria conseguenza del suo essere. Dio,
quale assoluta santità, giustizia e verità, nella totale affermazione della sua volontà e
del suo essere, procede nei termini di ciò che Egli è: santità giustizia e verità. Ma per
l’uomo affermare la sua volontà ed il suo essere quali ordine totale e assoluto è
affermare l’inferno. Il continuo tentativo dell’uomo di esorcizzare e di abolire il
127
Venga il Tuo Regno
giudizio e l’inferno, è dunque parte integrante della sua dichiarazione di essere come
Dio. È la dichiarazione dell’uomo di essere il proprio universo e la propria legge.
Poiché l’uomo è una creatura e sotto la legge, non egli stesso legge, e perché l’uomo
può peccare ed ha peccato contro Dio, l’inferno è una realtà. Se non ci fosse l’inferno
non ci sarebbe l’uomo. Una creazione senza l’inferno è una impossibilità e una
contraddizione. I tentativi dunque di abolire l’inferno ammontano anche tentativi di
abolire l’uomo, di creare un ordine ideale nel quale gli uomini non sono niente altro
che pedine degli scacchi da essere mossi da un gruppo di auto-designati dèi, all’uomo
è negato il privilegio di essere uomo, questo è riservato alle nuove divinità
dell’essere.
L’arcobaleno significa il patto di grazia. Cristo appare alla chiesa nella persona
di Giovanni, ma il suo messaggio è per il mondo intero. Egli dichiara (v.2) il proprio
titolo sul mondo intero piantando un piede infuocato sul mare e un altro sulla terra
mentre torreggia nel cielo. Proclama la pienezza del giudizio, i sette tuoni. Giovanni
si affretta a scrivere queste cose, desiderando la fine e la piena liberazione dei santi. È
la fine della storia che Giovanni brama, la grande conclusione. Egli viene trattenuto
dalla sua fretta “non scrivere”. Ma, affinché Giovanni non divenga impaziente ai
tempi di Dio, gli viene detto “che non vi sarebbe più alcun ritardo, ma nei giorni in
cui il settimo angelo farà udire la sua voce, quando egli suonerà la tromba, si compirà
il mistero di Dio, secondo quanto Egli ha annunziato ai suoi servi, i profeti” (vv. 6-7).
“Che non vi sarebbe più tempo” (Diodati) significa “non vi sarebbe più alcun ritardo”
(Nuova Diodati). All’uomo sembra che Dio stia ritardando: Dio assicura l’uomo che
nella dispensazione Cristiana il tempo degli indugi è passato.
A Giovanni viene quindi dato un piccolo libro, e gli viene anche chiesto di
mangiarlo. Questo è un simbolo profetico familiare che significa masterizzare le
richieste di Dio nei nostri confronti, digerire il significato della Sua parola, fare del
suo scopo talmente parte della nostra vita da essere come il cibo assimilato e divenuto
esso stesso vita. A prima vista, la chiamata dell’evangelista Giovanni sembra essere
una chiamata gloriosa e felice, ma gli viene fatto comprendere che essa implica non
solo il dolce ma anche l’amaro, persecuzioni e sofferenze. Tutto ciò era già stato
sperimentato da Giovanni, ed egli lo vede ora come la provvidenza di Dio ed il
prezzo necessario della sua vocazione. Solo coloro i quali fanno della volontà di Dio
parte integrante della loro vita possono conoscere sia la dolcezza che l’amarezza
dell’obbedienza. Ci sono entrambe, e a Giovanni non viene permessa alcuna illusione
riguardo alla sua vocazione. L’eredità è in via di restaurazione, la terra promessa
viene reclamata per i santi, ma non senza pretese su di noi. Solo quando Giovanni
accetta entrambi l’amarezza e la dolcezza della sua vocazione può veramente essere
commissionato con potere. “Tu devi profetizzare ancora intorno a molti popoli,
nazioni, lingue e re” (v. 11). Questo è l’ordine che viene dato a Giovanni come
rappresentante di tutta la chiesa. La nostra potenza come cristiani è nel mangiare il
piccolo libro, nell’accettare la nostra chiamata sia nella sua amarezza sia nella sua
dolcezza.
Come Torrance l’ha abilmente espresso:
128
Venga il Tuo Regno
Sicuramente c’è qui una domanda che dobbiamo chiedere a noi stessi. Se
non c’è assenzio, siamo veramente in contatto con la Parola di Dio? Se il
nostro messaggio non turba e qualche volta perfino tormenta, non sarebbe
meglio chiederci se abbiamo mai veramente mangiato la Parola di Dio? Questo
capitolo ci dice molto chiaramente che in questo mondo non possiamo
partecipare alla Parola di Dio senza amarezza. Perché la Chiesa di Gesù Cristo
oggi si confà così bene con l’ambiente intorno a se? Perché i cristiani vivono
vite così confortevoli e perfino indisturbate in questo mondo malvagio e
tumultuoso? Sicuramente è perché non siamo coerenti con la Parola di Dio 1.
1 Thomas F. Torrance, The Apocalipse Today, Grand Rapids; EErdmans, 1959; p.70.
129
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 11
IL REGNO MILITANTE
1. Viene misurato il tempio stesso, e il cortile dei gentili viene lasciato da misurare o
dato ai gentili da calpestare per quarantadue mesi. Così, la vera chiesa è misurata o
messa al sicuro dalla protezione di Dio, e i membri non credenti vengono dati alla
distruzione.
2. L’altare dell’incenso viene misurato. L’altare dell’incenso rappresentava la
preghiera d’intercessione. Così, l’intero dominio della preghiera d’intercessione viene
messo al sicuro. Il suo posto nella provvidenza di Dio è così significativo che la
sicurezza della vera chiesa implica l’intercessione.
3. Poi gli adoratori vengono misurati essi stessi. Non possiamo limitare la misura e
l’estensione della nostra obbedienza e del nostro servizio: Dio stesso ne stabilisce la
misura. La misura della vita dell’uomo è l’opera di Dio.
La preservazione della chiesa attraverso l’era cristiana fino alla fine, è vista come una
salvezza non “togliendola” da prove e sofferenze ma piuttosto “nel mezzo della”
tribolazione 1. La salvezza pagana è deux ex machina, (automatica), l’eroe viene
strappato fuori dai guai dagli dei e posto in una situazione di lusso. Così, nell’Iliade,
quando Menelao e Paride combatterono davanti alle mura di Troia, la dea “Afrodite
strappò Paride, molto facilmente come una dea può fare, e lo nascose in fitte tenebre,
e lo pose giù nella sua camera fragrante di profumo”. L’adultero Paride viene così
salvato dall’ira del marito, Menelao, e poi gli viene portata Elena e Paride dichiara:
1. Un misurare della chiesa, cosicché i reali confini del popolo di Dio sono
progressivamente manifestati.
2. I veri santi, i veri eredi del regno, testimonieranno con potenza durante il periodo
dei falsi eredi, quando la salvezza per mezzo della politica sarà prevalente. Contro
l’umanesimo della Città dell’Uomo, la Città di Dio proclama la signoria e la regalità
di Cristo.
3. La Città dell’Uomo guerreggerà contro i veri testimoni e li “ucciderà”. Crederà di
essere trionfante e si congratulerà della propria vittoria.
4. I testimoni si rialzeranno in potenza, e il giudizio sopraffarà i malvagi mentre il
popolo di Dio trionferà apertamente ed ascenderà al potere attraverso la loro eredità
5. Il regno mondiale di Cristo prevarrà e ci sarà un ordine cristiano su tutta la terra.
133
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 12
CRISTO CONTRO SATANA
Apocalisse 12 segna l’inizio della terza sezione del Libro. In un senso, copre lo
stesso terreno dei capitoli da 4 a 11, ma con una differenza. Il conflitto viene ora
mostrato dal punto di vista di Dio stesso, non meramente una lotta da parte dei santi
contro il mondo, né come lo spossesso dei falsi eredi del regno da parte
dell’esecutore, Gesù Cristo. La battaglia è tra Cristo e Satana, e il conflitto tra i veri
eredi e i falsi eredi è un aspetto di questa più grande battaglia. Questa è perciò la
sezione maggiore del libro; qui vediamo più chiaramente la dimensione, la portata e
la direzione della storia cristiana.
Senza questo punto di vista la prospettiva potrebbe essere facilmente pervertita.
È tentazione degli uomini, cristiani inclusi, moralizzare il cristianesimo, vedere la
lotta come tra il bene ed il male, tra amore e odio, tra gente buona e gente malvagia.
Tutte le altre religioni sono moralistiche: esse riducono la religione alla dimensione
dell’uomo e delle sue preoccupazioni morali centrate sull’uomo. Il cristianesimo è
ostile alla religione moralistica, e questa sezione di Apocalisse è designata a rendere
impossibile un’interpretazione moralistica del cristianesimo. È molto facile per gli
uomini sentirsi buoni e santi; essere giusti in se stessi è una parte basilare del peccato
originale. È facile “essere religiosi” approvando l’amore, l’onestà, la fedeltà e le altre
virtù: non c’è un uomo sulla terra che non creda in queste cose in qualche senso e che
non le desideri per sé e per gli altri. Le religioni non cristiane rendono facile all’uomo
essere morale. Se nel suo cuore l’uomo alloggia dell’odio, lo farà sicuramente con
buone ragioni “morali”. Se l’uomo non è onesto, è perché ha buone ragioni per non
esserlo. Se manca di fedeltà, è perché questa sarà la cosa giusta per lui da fare in
quelle circostanze, perché la fedeltà sarebbe stata “stupida” o “immorale”
considerando la natura di sua moglie, i bisogni del momento, le necessità della
situazione. Tutti gli uomini sono favorevoli alla moralità, la questione è: la moralità
di chi? La moralità dell’etica situazionale non è la moralità delle bibbia, né si
possono eguagliare le etiche bibliche con quelle di alcun’altra religione. Tutti gli
uomini sono per una moralità di qualche tipo. Così, quando MRA (Moral Re
Armament o Buchmanismo) prima della Seconda Guerra Mondiale cercò di
organizzare il mondo in favore della moralità, si guadagnò il sostegno di tali diverse
134
Venga il Tuo Regno
persone come Franklin Delano Roosevelt, l’Ammiraglio Tojo e la Gerarchia Nazista.
Ognuno di loro fino al più infimo favorivano il moralismo. Il moralismo è una
religione di auto-inganno e auto-giustizia (in cui si crede di essere giusti in se stessi).
Gli uomini che predicano troppo l’amore e la virtù sono uomini pericolosi dalla
prospettiva della bibbia, nel fatto che proclamano una moralità che non è fondata
nell’assoluta legge di Dio, né motivata dall’uomo nuovo in Cristo Gesù. Ogni
religione moralistica e ogni predicazione e insegnamento moralistici incoraggiano
l’ipocrisia. La predicazione cristiana la distrugge. Sarebbe stato facile, per i cristiani
sofferenti del tempo di Giovanni trovare rifugio nel moralismo e trovarvi il conforto
contro la malvagità di Roma. La loro moralità sembrava ovviamente molto superiore
alla moralità romana. Ma il fondamento della forza cristiana non è nella moralità ma
in Gesù Cristo, e la vera moralità del cristiano è nell’operare la propria salvezza 1 .
Apocalisse 12 rivela che la battaglia è tra Cristo e Satana: il potere governante perciò
non è dell’uomo, e dunque il moralismo è fuori questione.
Ci viene data un’immagine di una donna vestita col sole, chiaramente una
figura cosmica. Essa è la Vera Chiesa di Dio in ogni età, cosmica nel suo governo e
perciò nella sua portata, poiché Cristo è il capo della Chiesa. La chiesa è descritta in
simboli che denotano la sovranità sotto Dio, con immagini derivate dal sogno di
Giuseppe (sole, luna, stelle, Ge. 37:9). Attraverso il vero popolo di Dio Cristo
originariamente venne nel mondo, e attraverso di essi egli continua a venire al
mondo. Veramente, mentre questo incidente riflette anche l’evento storico, la natività
di Gesù Cristo, ancor di più rivela l’evento continuo, dalla prima alla seconda venuta:
la presentazione di Cristo al mondo. W. Boyd Carpenter descrisse questo fatto molto
abilmente:
C’è un travaglio della Chiesa che Cristo ha posto su di lei. È la legge della sua
vita che ella debba far nascere Cristo al mondo; non è semplicemente che
dovrà affrontare dolore, ma che non può operare liberazione senza conoscere
sofferenza. Questo sentì l’Apostolo: l’amore di Cristo li costringeva, guai a
loro se non avessero predicato l’Evangelo; questa necessità era posta su di loro;
parlarono di se stessi come in travaglio sui loro figli finché Cristo fosse
formato in loro. Questo dunque è il quadro. La chiesa che adempie il proprio
destino anche nel dolore. L’opera era di far nascere Cristo agli uomini, e di non
essere mai soddisfatti finché Cristo non fosse formato in loro, cioè, finché lo
Spirito di Cristo fosse ricevuto, amato e obbedito, e gli uomini trasformati nella
stessa immagine, come per lo Spirito del Signore. Ma ci sarebbe stata
opposizione. Il nemico è in guardia per distruggere la somiglianza di Cristo
dovunque si presenti 2.
1 (Fil.2:12; 1:27-2:14; Mt 6:24; Mt 20:28; Ger. 2:20;2 Cr. 12:8; Es. 9:1; Lu. 1:74; Lu.16:13; 1Tess. 1:9; Eb. 9:14;
Gs.22:5-6; Rom. 7:6; Eb. 12:28; Riv. 22:3; N.d.T.)
Alla terra e agli abitanti terreni il fiume di delusione vomitato dal diavolo dalla
sua bocca era così benvenuto che fu immediatamente assorbito, mentre la
chiesa sulle sue potenti ali d’aquila vola via così velocemente che queste acque
non la raggiungono. Questo vomito di delusioni è continuo e non limitato ad
alcun tempo o evento particolare nella storia della Chiesa 3.
Ancora una volta è chiaro che noi non possiamo forzare la cronologia dentro ad
Apocalisse: non abbiamo una sequenza di eventi prima e dopo, ma una descrizione di
eventi o stati di guerra che caratterizzano l’era cristiana.
Il dragone è descritto avere sette teste e dieci corna e sette corone sul suo capo
(v.3). Nella visione di Daniele, le sette teste erano divise tra le quattro bestie, mentre
qui, alla loroscaturigine, sono viste in una totale concentrazione del male. I quattro
imperi di Daniele rappresentavano la potenza qui vista un tutta la sua nudità, e in tutte
le sue pretese, poiché i numeri sette e dieci sono simboli di pienezza e di totalità, e
a N.d.T. L’autore qui gioca sulla possibilità nella sua lingua di far risalire “delusion” delusione a “deluge” diluvio.
3 C.H. Little, Explanation of the Book of Revelation, St Louis Concordia, 1950; p.127s.
136
Venga il Tuo Regno
Satana, nell’asserire pienezza e totalità, sta sfidando il titolo di Dio alle stesse cose.
Nel trascinare “la terza parte” delle stelle del cielo nel tentativo di distruggere la
Chiesa e il suo Redentore, Satana usa le potenze di questo mondo, le stelle, nel
tentativo di sopraffare e di distruggere il vero popolo di Dio, e la chiesa viene nutrita
a motivo di questa opposizione (v.14), e così egli cerca di “far guerra col resto della
progenie di lei, che custodisce i comandamenti di Dio ed ha la testimonianza di Gesù
Cristo” (v. 17). La vera chiesa non viene distrutta dagli sforzi di Satana. La falsa
chiesa può venire catturata e fatta strumento delle pretese dell’uomo autonomo, ma la
vera Chiesa, il residuo di Dio, benché sia l’obbiettivo della guerra, non può essere
distrutta.
Nel verso 5, Cristo è descritto come colui che viene a governare le nazioni con
una verga di ferro. Buis nota:
4 Harry Buis, The Book of Revelation, Philadelphia, Presbyterian and Reformed Publishing Co., 1960; p.69.
137
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE13
ANTI-CRISTIANESIMO IN CHIESA E STATO
La sezione successiva, versi 11-18 ha a che vedere con la seconda bestia, che questa
volta saliva dalla terra. Per comprendere il suo significato, dobbiamo renderci conto
che i simboli biblici sono fluidi, non stereotipati; alcuni sostengono che il significato
dei simboli non varia mai. Certamente non è così. Per esempio, Satana è paragonato
ad un leone (1Pi. 5:8), e Gesù Cristo è anche paragonato ad un leone (Ap. 5:5).
“Colomba” significa “stupida” in Osea 7:11, ma il significato è “inoffensiva” in
Matteo 10:16. “Terra” in Apocalisse 12:16 sta per il mondo non credente perché è
messa in contrasto con la donna, cioè la vera Chiesa. Ma in Apocalisse 13, la terra è
utilizzata in contrasto col mare; così, il mare è il simbolo del mondo non credente, e
la terra qui rappresenta la chiesa non credente. Le due bestie sono perciò lo stato
apostata e la chiesa apostata. La seconda bestia è la falsa religione la quale serve la
cultura umana e il cui messia è la cultura umana piuttosto che Gesù Cristo. È la falsa
religione il cui regno è di questo mondo, la cui salvezza è secolare e sociale. Appare
al mondo come un agnello (v. 11), come una Chiesa Cristiana, ma la sua voce è la
voce del dragone, di Satana. Esercita la propria autorità (v.12) per uno scopo,
subordinare l’uomo alla cultura umana, allo stato, all’umanesimo, e per dirigere le
speranze dell’uomo da Cristo alla società, dalla salvezza attraverso l’espiazione di
Gesù Cristo alla salvezza attraverso l’azione sociale. Per la seconda bestia, il regno di
Dio è questo mondo in tutte le sue speranze e presunzioni umane: è il mondo di
Adamo in rivolta, che tenta di costruire una torre di Babele in opposizione a Dio, un
singolo ordinamento mondiale senza Dio. E questa bestia esce dalla chiesa ed è la
chiesa apostata.
La seconda bestia, questa falsa religione, la cristianità che è moralista e senza
Cristo, seduce la gente con grandi prodigi ed una tremenda dimostrazione di potere
(vv.13-14). Sembra possedere la potenza di Elia di “far scendere dal cielo fuoco sulla
terra in presenza degli uomini”, cioè di far scendere il giudizio su quelli cui si
oppone, ma il suo potere non è soprannaturale; non è derivato da Dio ma dalla bestia,
dal potere statalista e dalla cultura umana, e il suo obbiettivo non è la gloria di Dio e
la sovranità di Dio, ma che gli abitanti della terra facessero “ un’immagine alla bestia
che aveva ricevuto la ferita della spada ed era ritornata in vita” (v.14). Ciò si riferisce
all’adorazione della prima bestia, la cultura umana, lo stato. Il nuovo dio della falsa
chiesa è lo stato, col quale è in sodalizio. La falsa bestia, il falso cristianesimo,
considera nemico tutto il vero cristianesimo e cerca di forzare tutti gli uomini a
conformarsi ad una dottrina centrata sull’uomo, ad una fede centrata sull’ideale di
Adamo, l’auto-deificazione dell’uomo. Questo insediamento sul trono dell’Adamo
decaduto, comunque, non viene ricercato come una consapevole ribellione contro
2 Alberus Pieters, Studies in the Revelation of St. John (Grand Rapids,Eerrdmans, 1950), p.220.
140
Venga il Tuo Regno
Dio; maschera se stesso come vera pietà e vera fede; è ora una religione altamente
moralista nel fatto che crede nell’opera e nella legge dell’uomo.
Coloro i quali rifiutano di partecipare all’adorazione dell’uomo, quelli che
rifiutano di arrendersi alla compiacente soddisfazione dell’uomo con l’uomo e con la
società dell’uomo vengono sempre più marchiati come alieni. A tutti quelli che non
hanno il marchio della bestia, tutti quelli che non si arrendono all’ordinamento
sociale umanista viene rifiutato il permesso di comperare e di vendere, cioè sono
oggetto di ostracismo sociale, politico ed economico. Ogni tipo di pressione, sottile o
diretta viene impiegata per costringere il vero credente a conformarsi con la Città
dell’Uomo ed il credo di Caino. Riguardo al marchio della bestia, ci viene dato di
capire che è lo stesso del suo nome o numero (13:17). Al verso 18 ci viene detto che
questo è il “numero d’uomo” o più letteralmente “un numero umano”. Il numero è
666. Tentativi sono stati fatti per dimostrare che il numero stesse per Nerone ma
questo si può fare solo leggendo e compitando male Nerone Cesare. Ogni
generazione ha visto tentativi di dare una lettura al numero altrettanto fantasiosi 3. Ma
Apocalisse ci da una risposta molto semplice: 666 è il numero dell’uomo, il numero
umano, innalzato al suo massimo grado. Sette è il simbolo della totalità, della
pienezza divina; sei il numero umano. L’uomo fu creato il sesto giorno. Il numero
666 rappresenta l’essenza delle presunzioni messianiche quanto la loro futilità. Al suo
massimo è costantemente meno della totalità o sovranità divina. Ne il 6 ne il 66 ne il
666 possono mai diventare 7 o 77 o 777 in se stessi. L’uomo è una creatura e rimane
sempre una creatura: i suoi sogni messianici riguardo a se stesso non possono mai
cambiare il fatto della sua creaturalità o distogliere da se stesso il giudizio divino che
la sua ribellione ed il suo peccato incontrano. Nel verso 14, la fede di questa bestia, di
questo falso cristianesimo, è chiaramente rivelato. Per tutto il suo moralismo, crede
basilarmente nella “giustizia del potere” o legge della forzaa ed esalta la cultura
umana perché esalta l’uomo. L’auto-esaltazione, sentirsi d’essere giusti in se stessi, e
la cieca adorazione del potere sono il retroterra di tutte le dottrine moralistiche.
L’umanesimo diventa progressivamente una nuda depravazione, l’uomo confermato
nel suo pervertimento. Il moralismo si rivela sempre basilarmente come
immoralismo.
3 Vedi ad esempio: Oswald J. Smith ; Is the Antichrist at Hand? What of Mussolini? New York. Christian Alliance
Pubblishing Co; 1927, Settima edizione, p.24s “Mussolini può non essere l’Imperatore (la bestia) egli stesso, ma se non
lo è, egli è certamente una rimarchevole anticipazione di quell’uno che la Bibbia dice che regnerà”. Altri furono ancor
più pronti ad identificare Mussolini come la Bestia, ed in ogni generazione tale stupidaggine è stata posta in evidenza.
I suggellati da Dio hanno sofferto: ma hanno fatto qualcosa di più che soffrire?
La loro è stata solo una resistenza passiva al male? Non hanno brandito armi
contro questo avversario, e non hanno usato una contro-influenza per il bene?
Il capitolo dinanzi a noi risponderà 1.
Niebuhr ha colto bene il punto, benché il suo concetto del ruolo della chiesa sia
errato. L’opera della chiesa, che non deve essere identificata col regno di Dio, ma
semplicemente una parte del regno, è di proclamare l’intero consiglio di Dio,
amministrare i sacramenti, e di stabilire la disciplina all’interno della propria cornice
di lavoro. La chiesa deve istruire i propri membri riguardo ad ogni aspetto della
responsabilità cristiana, in ogni sfera di legge e di vita. Ma Niebuhr è nel giusto
quando paragona il ruolo della chiesa pietista a quello della Croce Rossa. Tale
concetto della chiesa visualizza il suo ruolo come quello del grande neutrale sulla
scena umana: questa è una paurosa perversione del ruolo della chiesa, e opera sotto
un’illusione. La Chiesa è nell’esercito di Cristo, e non c’è neutralità in questo stato di
guerra tra Cristo e Satana. Questa guerra è in atto in ogni sfera della vita. Parlando
umanamente la chiesa è il maggior contendente, sul campo di battaglia mondiale, e
non può ritirarsi ai margini senza concedere la sconfitta ed effettuare la propria
esecuzione. E Cristo non permetterà mai che la sua chiesa faccia questo senza
infliggerle un pauroso giudizio.
Il concetto di neutralità è un concetto inaccettabile in ogni sfera, e certamente
mai così poco appropriato come quando sostenuto dalla chiesa. La chiesa non è
un’organizzazione politica, ma deve istruire gli uomini sui fondamentali di una
politica secondo Dio. Non è un’agenzia di welfare, ma deve insegnare agli uomini il
significato della compassione secondo Dio. Se la chiesa confina i propri insegnamenti
alle questioni spirituali, dovrà ignorare la maggior parte delle Scritture, le quali
parlano delle condizioni dell’uomo in ogni area di vita. La fede cristiana o è rilevante
per tutta la vita o non sarà rilevante a nulla di essa: le pretese di Dio o sono totali, o
egli non è Dio. Chiedere al cristianesimo di rimanere nel proprio territorio è
chiedergli stare nel tutto della vita. La religione come la bibbia la concepisce e la
dichiara non ha un dominio separato dal resto della vita. È lo scopo generale e il
significato di tutta la vita in ogni sua sfera. Il cristianesimo non è una religione
escapista. Tutte le altre religioni sono essenzialmente escapiste nella loro prospettiva,
e abbiamo la paganizzazione della chiesa quando la sua fede viene ridotta ad
escapismo. I pagani vengono alla religione non per meglio affrontare i problemi della
vita, ma per sfuggirli, per evadere dalla lotta. Il compito della chiesa deve essere
quello di sfidare ogni sfera di vita nel nome del Dio sovrano e del Signore Gesù
Cristo. Il Grande Mandato richiede che tutte le nazioni siano fatte discepoli e che
ogni sfera di vita sia portata sotto il dominio di Cristo il Re: tutti i popoli e le nazioni
devono essere fatte udire Cristo il Profeta, e trovano la propria redenzione ed
intercessione in Cristo il Sacerdote. Qualsiasi cosa meno che questo è una
deformazione del Vangelo.
2 Reinhold Niebuhr; Leaves from the Notebook of Tamed Cynic (.Chicago: Willet, Clark, & Colby, 1929);p.113
143
Venga il Tuo Regno
Vv. 1-5. Ci viene dato, prima di tutto, un quadro del vero regno sotto l’autorità
del “l’Agnello”, proprio Gesù Cristo. Il popolo di Dio è sempre trionfante, e il loro
cantico, il loro inno di vittoria non può essere imparato dal mondo Il mondo non può
comprendere il trionfo che la chiesa sperimenta sempre. Per il mondo, tutte le cose
non cooperano al bene (Ro. 8:28), e perciò il “nuovo cantico” della chiesa (un inno di
ringraziamento), è per il mondo incredibile e impossibile.
I membri di Cristo sono descritti come “vergini” che “non si erano
contaminati” nel senso di 2 Corinzi 11:2 “vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi
a Cristo come una casta vergine”. (La parola vergine in Greco è di forma maschile
anche quando usata in riferimento ad entrambi i sessi). La frase non è riferita al
celibato sacerdotale: il riferimento è molto chiaramente alla chiesa intera, e i 144.000
è identico con “grande folla che nessuno era capace di numerare” di “ogni razza”
raffigurata in 7:9.
Questa verginità è chiaramente caratterizzata nel consistere di quattro cose. (1)
purezza, (2) obbedienza implicita, (3) separazione, e (4) completa sincerità. La
descrizione si conclude dichiarando che essi sono “irreprensibili” davanti a Dio. Le
“donne” o prostitute che li contaminerebbero sono le nazioni, presto descritte come
Babilonia, che porta fuori strada uomini e nazioni col suo sogno di un paradiso
umano senza da Dio. In questo modo, la verginità della vera chiesa consiste nella sua
fedeltà ad una fede centrata in Dio contro le seduzioni di teologie centrate nell’uomo,
e la verginità del regno è la sua resistenza al concetto di un paradiso umanistico
separatamente da Dio.
Versi 6-20. Ora, per mezzo della figura dei sette angeli (1:20), viene annunciato
il pieno compito dei credenti. Il popolo di Dio non può essere meramente spettatore o
soffrire passivamente. Il loro compito è una missione redentiva, un compito profetico,
un dovere di governo, che corrisponda alla triplice funzione di Cristo come sacerdote,
profeta e re.
I. Versi 6-7, il primo angelo proclama il vangelo eterno. Questo è il primo e
principale compito del popolo di Dio, dichiarare la grazia di Dio per la salvezza per
mezzo di Gesù Cristo. “Il suono si è sparso su tutte le nazioni”. Secondo Carpenter:
“L’intero ciclo della predicazione del vangelo è inclusa nella visione” 3 . Qui è
descritta non solo la responsabilità della chiesa, ma anche il suo lavoro nella storia
come pure le sue funzioni in ogni epoca, dal principio alla fine. La chiesa ha il dovere
di far conoscere ad ogni creatura questo vangelo.
II. Verso 8. Il secondo angelo proclama la condanna della città-mondo, la
capitale della potenza del mondo: Babilonia. Che cosa incarna Babilonia? Babilonia
ha un significato chiave nella tipologia delle Scritture. Rappresenta tutti i tentativi
dell’uomo, a partire dalla Torre di Babele, di erigere un paradiso mondiale senza Dio,
di stabilire l’unità umana sul principio della rivolta contro Dio da parte degli uomini
che cercano di essere come Dio. Babilonia è il tentativo dell’uomo di dare a se stesso
tutto ciò che Dio ha progettato di dare ai redenti, ma nel processo rinnegare Dio e
revocare la sua sovranità. L’uomo dichiara: “Io sono il padrone del mio destino: ho il
I. Versi 2-4. La visione del mare di “vetro” o meglio trasparente, con i santi in piedi
sulla riva di quel mare che cantano “il cantico di Mosè servo di Dio, e il cantico
dell’Agnello”. Il cantico di Mosè fu composto e cantato quando Israele fu liberato
dall’Egitto, portato attraverso il Mar Rosso, e poi privilegiato di testimoniare lo
spettacolo dei suoi nemici ricoperti dalle acque del Mar Rosso che si richiuse.
Davanti ad Israele si estendeva il viaggio nel deserto prima di poter entrare nella terra
promessa. Davanti a loro c’erano pure i nemici che sfidavano il loro passaggio. Ma la
grande realtà era la liberazione dalle catene, dalla schiavitù, e la dotazione con la
gloriosa libertà dei figli di Dio. Essi erano ora una nazione santa, e un real sacerdozio
147
Venga il Tuo Regno
in Dio, la cui presenza marciava con loro e che fece la propria dimora regale in una
tenda al centro del campo. Ogni riga di questo cantico echeggia i Salmi ed i Profeti.
La liberazione prefigurata nell’Esodo, nel ritorno dalla cattività in Babilonia, in ogni
liberazione di Israele, tutte queste e molto di più ebbero compimento sul Calvario
nella grande liberazione che Cristo ha compiuto per la sua Chiesa nel rovesciare la
sciavitù del peccato e della morte. Questo è il gioioso cantico dei redenti di ogni
epoca, e la gioiosa anticipazione di piena e finale vittoria: “Tutte le nazioni verranno
e adoreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati”. Cristo è Re
delle nazioni. Questa è l’aspettativa cristiana e deve essere il programma d’azione dei
Cristiani: la sovranità di Cristo su tutte le cose e su tutte le nazioni. Il cantico di
liberazione, ai giorni di Mosè e al giorno d’oggi, è il Cantico dell’Agnello.
Il mare è stato altrove visto come oscuro e agitato, che vomita la bestia e infuria
contro la Chiesa. Ora, visto di nuovo dal trono di Dio, lo vediamo trasparente,
limpido come cristallo. Ancora una volta questo testimonia il glorioso fatto che non ci
sono angoli bui nell’universo di Dio, non ci sono crudi fatti nella creazione. Ogni
fatto è un fatto creato ed ha significato solo alla luce dello scopo creativo di Dio.
Perciò, nessun fatto è un ostacolo per i santi, perché tutti i fatti sono fatti dati da Dio e
devono essere interpretati nei termini della gloria di Dio e della nostra gloria in Lui.
Noi perciò sappiamo che tutte le cose infatti effettivamente operano insieme per il
bene di quelli che amano Dio, a quelli che sono chiamati secondo il suo
proponimento. (Ro. 8:28).
Il verso 1 parla di “un altro segno”, così chiamato a motivo dei due “segni” che
l’hanno preceduto (Ap. 12:1-3). Il primo segno era la donna, o la vera Chiesa di Dio,
e il secondo, il dragone, o Satana e le sue due bestie. Il terzo segno è una visione
della pienezza del giudizio nelle mani dei messaggeri di Dio e la visione del mare
trasparente, il cosmo come completamente trasparente e sottoposto al Dio trino. Il
mare è misto col fuoco, o giudizio.
II. Versi 5-8. La seconda visione è del tabernacolo in cielo. Il vero santuario è
svelato o aperto. Questa apertura del santuario fu compiuta dall’incarnazione,
espiazione e resurrezione: “Il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, è quel che
l’ha fatto conoscere” (Gv. 1:18). La Luce, la Gloria della Presenza risplende sul
mondo intero, rendendo trasparente il mare o mondo e mettendo a nudo i peccati
delle nazioni. Sette angeli, che rappresentano la pienezza del giudizio, avanzano dal
tempio con “sette coppe piene dell’ira di Dio”. Questi angeli sono “vestiti di lino
puro e risplendente e cinti intorno al petto di cinture d’oro”. Questa descrizione
suggerisce quella di Cristo stesso (1:13). Gli angeli sono vestiti di regale autorità
poiché rappresentano Cristo il Re, infliggono giustizia su coloro che si ribellano
contro la sua autorità e sovranità, ma adempiono anche al suo ufficio sacerdotale.
L’intercessione con Dio il Padre consegue in giudizio di Dio sulla storia.
Non si entra nel tempio senza il giudizio. Il giudizio è sempre un aspetto
necessario della salvezza. Aspettarsi che Dio by-passi il giudizio e istituisca una
salvezza priva di esso è pensare in termini pagani.
148
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 16
IL GRANDE SCUOTIMENTO
1 Adolph Keller, Religion and Revolution; New York, Revell, 1934, p.36.
4 Ibid.
5 Ibid.
151
Venga il Tuo Regno
regno dell’uomo è l’odio verso Dio e verso il suo regno. Ogni cittadino di Babilonia è
governato dalla propria natura, dal vecchio Adamo in lui, e cerca di essere il proprio
Dio e la propria legge. Si unisce solo nel suo odio verso Dio, e questo non riesce a
tenerlo unito a lungo. Alla fine, il suo odio esprime se stesso contro i suoi stessi
alleati. La distruzione è una piena devastazione del suo regno. “Ogni isola fuggì”. Il
terremoto mette alla prova ogni posto e lascia intatto solo il regno di Dio (Da. 2:44;
6:26; Eb. 12:28). Ciò che il terremoto non distrugge lo distrugge la grande tempesta.
La tempesta è di una potenza inimmaginabile ogni chicco di grandine tra i trenta e i
cinquanta chili, e il risultato è la polverizzazione di Babilonia. Questo richiama
ancora le piaghe egiziane, ed anche la sconfitta dei nemici d’Israele a Beth-horon
(Gs. 10:1-10), quando il Signore “scagliò su di loro dal cielo delle grosse pietre”.
I regni di questo mondo passano via, con tutte le loro presunzioni e
affermazioni, nel grande scuotimento che governa la storia, ma il regno del nostro
Signore Gesù Cristo cresce in potenza e dimostra la propria piena e totale sovranità
su tutte le nazioni e popoli e lingue e tribù. Quale Re dell’universo, Cristo comanda
le stelle stesse nel loro corso nella guerra contro Sisera, e contro i Sisera di ogni
generazione, e il firmamento proclama la sua Gloria e la sua Maestà.
Armagheddon è un simbolo della vittoria di Dio, un promemoria che la
battaglia e la vittoria sono del Signore. A Meghiddo, Giosia peccò andando alla
guerra: non doveva essere lì perché il Signore aveva reso chiaro che egli avrebbe
liberato. La vittoria di Geosafat è la vittoria dei santi.
152
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 17
LA MERETRICE DI BABILONIA
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Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 18
LA CADUTA DI BABILONIA
1 Citato da John Peter Lange: Commentary on the Holy Scriptures, Revelation; Grand Rapids, Zondervan, ristampa
della traduzione originale del 1871, p. 124
157
Venga il Tuo Regno
cristiano è richiesto di testimoniare nello stesso spirito. Babilonia, il sogno di un
paradiso senza Dio, sicurezza dalla culla alla tomba per mezzo dell’agire umano, è
condannata e finita. La chiamata a separarsi è parte dell’annuncio (v.4). Gli uomini
devono separarsi da questo sogno di Babilonia, e da qualsiasi cosa ad esso connesso,
se non vogliono condividere la sua condanna.
I peccati di Babilonia (v. 5) sono descritti come un’enorme montagna, un’altra
torre di Babele che raggiunge il cielo nella loro presunzione e audacia. Non sono stati
dimenticati da Dio, ma “Dio si è ricordato delle sue iniquità” ed ha atteso, poiché è la
pazienza del Signore ad essere la nostra salvezza (2 Pi. 3:8-15). La pazienza di Dio
estende al peccatore un’opportunità di pentimento, e al redento un’opportunità per
operare il significato della propria salvezza. Ma, infine, il giudizio arriva: poiché i
peccati di Babilonia erano doppi, la sua punizione sarà, con severa giustizia, doppia.
Babilonia aveva confidato nella propria onnipotenza e nella propria capacità di
perdurare (v. 7). Ora, il giudizio scende su di lei: Le sue piaghe sono quadruplicate,
come se i guai per lei provenissero da ogni angolo: la morte, per la sua derisione della
possibilità di rimanere vedova, cordoglio, per la sua sfrenata baldoria, fame, per la
sua abbondanza; e fuoco, la punizione per le sue fornicazioni” 2 . Essa fu un nemico
per l’umanità nel sedurre le nazioni, i re e i mercanti ad una falsa valutazione della
loro funzione, della loro natura, del loro destino. Ora perisce, totalmente, proprio
come una grossa macina (del tipo fatto girare da animali da tiro) scompare, quando
gettata nel mare (v.21).
Il risultato della sua caduta fa fare cordoglio ai mercanti e agli importatori, e ai
viaggiatori (vv. 11-17), in altre parole, al mondo del commercio e degli affari.
Vengono perduti i mercati di:
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Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 18:4
LA CHIAMATA A SEPARARSI
161
Venga il Tuo Regno
L’atteggiamento di Gesù non fu quello dell’ “evangelismo cooperante” o dell’amore
indiscriminato 1.
L’intero significato della chiesa è reso nullo se la chiesa diviene essa stessa
un’area di compromesso e di coesistenza con l’incredulità, l’eresia e l’ipocrisia. La
chiesa è chiamata ad essere una congregazione santa, cioè separata, un popolo tenuto
separato nei termini della fede. Senza separazione la chiesa non è una chiesa.
Terzo, il Vecchio Testamento proibiva i matrimoni misti. La chiesa ora
affrontava una situazione diversa da quella affrontata dal popolo del patto. In Israele,
un credente non poteva sposare un non credente. Ma ora, le congregazioni
includevano uomini e donne che erano stati convertiti dopo il matrimonio e i loro
compagni erano rimasti non convertiti. La questione sollevata allora fu
semplicemente questa: questi matrimoni dovevano essere annullati e dichiarati non
validi, o il credente coinvolto doveva essere soggetto a scomunica, come furono i
giudei che si erano impegnati in matrimoni misti ai tempi di Neemia? (Ne. 13:23 s.).
La risposta di san Paolo fu che, essendo il caso diverso, tali matrimoni dovevano
essere mantenuti. Ma se il compagno non credente se ne fosse andato o avesse rotto il
matrimonio, allora il credente sarebbe stato libero. A quel punto il matrimonio
sarebbe stato nullo (1 Co. 7:10 s.).
Quarto, la grande dichiarazione generale riguardante la separazione è 2
Corinzi 6:14-18: “Non vi mettete sotto un giogo diverso (o diseguale)…” La parola
Greca tradotta “mettersi sotto un giogo diverso” è eterozugeo, essere sotto il giogo
con qualcuno di tipo diverso, mettersi sotto un giogo ineguale o diverso, avere
comunione con qualcuno che non è uguale.
Diverse cose sono evidenti in questo passo, che è di riferimento generale,
cosicché si applica primo, al matrimonio, agli affari, all’educazione, all’adorazione e
a tutte le cose. Un giogo diseguale in qualsiasi ambito è perciò contrario alla volontà
generale di Dio per lo scopo del suo popolo. Per il credente, stare sotto il giogo con
un non credente in qualsiasi ufficio o posizione è un giogo diseguale. La domanda è
questa: la relazione è un giogo? Secondo, è un giogo, una sottomissione volontaria o
unione che coinvolge una contraddizione di fede. Terzo, l’unione sotto un giogo
diseguale previene la separazione o santità ed è perciò proibita. Quarto, l’unione
sotto un giogo diseguale implica l’eguaglianza del credere e dell’incredulità, assume
che non ci sia differenza tra il credente ed il non-credente, e questo non ci è permesso
fare. Quinto, il giogo è paragonabile al matrimonio. È una unione stretta e vincolante.
Un quinto passo è importante anche in relazione alla separazione: 1 Corinzi
5.9-10, che proibì l’associazione congeniale o religiosa con peccatori, ma rende
inoltre chiaro che le relazioni d’affari generiche e corrette non sono incluse “perché
altrimenti dovreste uscire dal mondo”. In tali relazioni non è implicato il giogo o la
sottomissione.
Oltre le semplici parole delle Scritture c’è la libertà cristiana, cosicché sono
possibili pratiche diverse. Ma nessuno può fare del proprio concetto di separazione
1 Vedi Gary G. Cohen, Biblical Separation Defended, Philadelphia, Presbyterian and Reformed Publishing Co. 1966.
162
Venga il Tuo Regno
una legge di Dio. La chiamata a separarsi è reale e specifica. Gonfiare il suo
significato è chiaramente sbagliato quanto negarlo.
163
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 19
I DUE BANCHETTI
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Venga il Tuo Regno
Poi Dio si rivela come Colui che proclama due banchetti, uno, per il suo stesso
popolo, il banchetto di nozze dell’Agnello, e l’altro, il banchetto dell’ira per gli
operatori d’iniquità. L’obbiettivo della storia è comunione e comunità. L’uomo
apostata, il trasgressore del patto, sogna una comunione nei suoi termini, tutti gli
uomini il proprio dio che determinano per se stessi il bene ed il male e che creano un
mondo felice e perfetto nei termini della loro autonomia da Dio. Lo scopo, dichiarato
a Babele è di costruire una “città”, cioè una comunità, di stabilire una comunione nei
termini di una causa e di una fede comuni. Ora è rivelato il risultato di quel sogno: è
disintegrato sotto l’ira di Dio. Diventa il tavolo degli avvoltoi.
L’obbiettivo dell’uomo che osserva il patto è comunione sotto Dio e
comunione nel familiare-redentore, il rappresentante federale e colui che ha osservato
il patto per la nuova umanità, l’ultimo Adamo, Gesù Cristo. Lo scopo originale era ed
è di nuovo la città, la comunità, e il Giardino d’Eden fu inteso essere ed era in origine
una città, una comunità, nel fatto che la comunione fondamentale, quella con Dio, era
il fondamento della comunione dell’uomo con la sua compagna, il suo “aiuto
convenevole” e con la natura.
Ora, in Apocalisse, la Chiesa, o sposa di Cristo, è vestita della giustizia di
Cristo, e il banchetto è il simbolo dell’amicizia restaurata tra Dio e l’uomo. Mangiare
sale con un uomo, vale a dire sedersi al tavolo con lui, è un antichissimo simbolo di
fratellanza e di comunione. Dio camminò con l’uomo in paradiso, ed ebbe comunione
con lui. Questa comunione fu spezzata dal peccato dell’uomo ed è ora restaurata dalla
grazia di Dio. Tutti i credenti entrano in questa comunione alla rigenerazione, ne
partecipano in misura crescente nel partecipare nella vera comunione cristiana
all’interno della famiglia della Chiesa, crescono in essa nello stabilire una società
cristiana, ed entrano nella sua pienezza alla resurrezione generale.
Il banchetto dei figli di Babilonia è la festa degli avvoltoi sul campo di
battaglia. Tipizza la rovina totale della società e della comunione umana, la sua
devastazione in guerra e morte. Le conseguenze della ribellione dell’uomo contro Dio
e del suo tentativo di creare il proprio paradiso finisce in guerra e morte, e nella festa
degli avvoltoi. La scena è dipinta con parole che echeggiano Ezechiele 39:4, 17-20.
Questo banchetto degli avvoltoi è storia vecchia nella storia, ed è nuova ogni giorno.
Le guerre dell’uomo per rendere il mondo sicuro nella democrazia finiscono col
creare un funerale per la pace e la libertà. I tentativi dell’uomo di creare un ordine
sociale giusto e pacifico risultano nei mali sociali più flagranti, in guerre sociali, e
provvede più carname per le feste degli avvoltoi. Il risultato è che infine il sogno di
Babilonia è distrutto dallo stesso tentativo di realizzarlo.
Non solo è distrutto il sogno di Babilonia, la meretrice di Babilonia eliminata,
ma anche la bestia ed il falso profeta sono sconfitti (cioè le due bestie, i governi civili
nel loro tentativo di compiere il sogno di Babilonia, e le false religioni, sia quelle che
pretendono di essere cristiane che quelle pagane, le quali cercano di dare sostegno
alla bestia e a Babilonia). Le pretese e presunzioni messianiche degli stati sono
distrutte, e le fedi che sostengono queste presunzioni sono distrutte con essi.
Questa distruzione è dipinta con termini che richiamano il rovesciamento di
Sodoma e Gomorra. Proprio come Dio cancellò dalla faccia della terra le città della
165
Venga il Tuo Regno
pianura, con tutta la loro vantata cultura e disprezzo della legge di Dio, così Dio
distruggerà la bestia ed il falso profeta. I vanti dell’uomo, la forza, l’orgoglio, la
bellezza, tutti i suoi sistemi di potere e d’autorità, sono spazzati via da Dio e
consumati col fuoco. Il vecchio Adamo nell’uomo viene svergognato in tutte le sue
presunzioni e speranze, e ognuno dei suoi tentativi di dare forma alla sua natura per
mezzo del governo civile o della religione viene definitivamente eliminato ed infine
completamente distrutto. Che questo implichi tremende convulsioni della storia è
chiaramente indicato. La benedizione (Ap. 22:18s.) che il libro di Apocalisse
pronuncia è per coloro che accettano questa totalità dello scopo e della parola di Dio,
senza aggiungere o togliere nulla.
In questa visione vengono utilizzati tre simboli per la comunione. Primo, c’è il
simbolo della città. Per l’uomo moderno la città rappresenta poco la comunione, ma
il concetto antico della città è di una comunione, una comunione stabilita su di una
fede comune. Nella città antica, la cittadinanza si fondava sulla religione, sulla
comunione in fede. Dalla prospettiva biblica, si può dire che la prima città fu nel
giardino d’Eden. Adamo ed Eva furono creati per vivere in comunità, l’essenza della
quale era comunione con Dio e comunità sotto Dio. Caino e Nimrod, come pure i
costruttori della Torre di Babele, si sforzarono per stabilire un altro concetto della
città: comunione nell’uomo, senza Dio. Il concetto umanistico della città, la Città
dell’Uomo, ha prodotto costantemente un aumento d’anarchia e di atomizzazione. La
sua conquista più importante è stata l’ostilità verso la Città di Dio, e la distruzione del
popolo di Dio. Ma il destino della Città dell’Uomo è la festa degli avvoltoi.
Il secondo simbolo è il matrimonio. La cena delle nozze di Cristo e la Chiesa
tipizza pienezza di comunione e comunità. Il fondamento di questa comunità è il
sacrificio propiziatorio e la perfetta obbedienza alla legge di Cristo quale capo
federale dell’uomo. Il matrimonio rappresenta, come un simbolo, la consumazione
(scopo finale) dell’amore e l’inizio della vita in comunità.
Il terzo simbolo è la “cena”, mangiare o banchettare. Combinare un
matrimonio con una cena eleva il senso di gioia in comunità. Mangiare insieme è un
simbolo antico, com’è stato notato, di fratellanza e di comunione e, nel contesto della
vera Città, la Gerusalemme dal cielo, nell’occasione del grande matrimonio
rappresenta comunione, pace, e comunità al loro massimo grado.
166
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 20
RESURREZIONE
Quando nostro Signore cominciò il suo ministerio, Israele stava aspettando che
iniziasse il millennio. Secondo le aspettative Giudaiche, una grande era messianica
sarebbe stata introdotta con l’anno 5000 e sarebbe durata 1000 anni. Questa sarebbe
stata un’era di supremazia giudaica e di potenza soprannaturale e di abbondanza.
Secondo l’Apocalisse di Baruc:
La terra produrrà frutto, uno produrrà 10.000, nella vite ci saranno mille tralci,
in ogni tralcio mille grappoli, in ogni grappolo mille acini, e ogni acino darà un
core (150 litri) di vino.
I mille anni derivavano da uno schema per il quale ogni giorno della creazione era
come 1000 anni agli occhi del Signore. Secondo gli studiosi giudaici di quel tempo,
erano passati 5000 anni e il millennio stava per cominciare. Poiché i primi 1000 anni
erano cominciati con l’anno 1, e continuavano fino all’anno 999, il secondo 1000 era
stato da 1000 a 1999 e così via, così l’anno 5000 segnava l’inizio del sesto millennio,
paragonabile al sesto giorno della creazione. Il millennio, in questa cornice di
pensiero era l’era dell’uomo, e il concetto era umanistico fino al midollo.
A motivo di questa attesa, c’erano molti falsi messia pronti ad approfittare della
febbrile aspettativa. Ecco pure il perché della forte eccitazione quando Giovanni
Battista iniziò il suo ministerio, ed il tremendo entusiasmo popolare per Gesù. Nostro
Signore non fece alcun pubblico ed esplicito riferimento alla propria regalità
messianica proprio per evitare conclusioni sbagliate da parte della popolazione. Egli
167
Venga il Tuo Regno
spese molto tempo a ridefinire il significato del regno di Dio, non nei termini della
speranza millenarista dei Giudei, ma nei termini del suo vangelo e del suo
adempimento delle profezie del Vecchio Testamento. Rifiutò la corona offertagli dopo
la prima miracolosa moltiplicazione dei pani e dei pesci. In tutti i modi, egli rigettò la
speranza messianica millenarista in favore della fede biblica, di cui egli era il
compimento.
Ogni pensiero millenarista di oggi è una rivisitazione, un revival delle speranze
giudaiche, che non è mai stato accettato dalla chiesa o approvato da alcuna delle
grandi confessioni e credi della chiesa. Nella chiesa primitiva, qualche pensiero
millenarista era presente come risultato delle influenze giudaizzanti. Con la Riforma,
tutti quei chierici Protestanti che andarono dai rabbini per imparare l’ebraico, furono
ammaestrati nel millennio nel corso dei loro studi, e per un certo periodo questo
filone di pensiero fiorì. La sua rivitalizzazione moderna è dovuta a Darby e a
Scofield. Le loro annotazioni bibliche si spingono fino ad affermare che l’opera
principale di Gesù fu di stabilire il regno giudaico e, avendo fallito, l’espiazione sulla
croce divenne il miglior piano di salvezza di ripiego 1 . Alla fine, secondo Scofield, il
piano giudaico sarà restaurato al suo primo posto, col tempio ed il sacrificio
ristabiliti. Questo sistema è una negazione pratica della fede cristiana, una
rivitalizzazione del fariseismo che crocifisse Gesù, e un’offesa al Salvatore che
venne, non per stabilire un regno giudaico, ma quale Agnello ucciso fin dalla
fondazione del mondo, a dare la sua vita in riscatto per molti. I giudei continuarono,
perfino dopo la caduta di Gerusalemme, a sperare nel loro millennio. Giuseppe Flavio
ci da una storia della nazione giudaica per 5000 anni, con ciò echeggiando questa
speranza.
Solo in un senso, i giudei avevano ragione. Il tempo era alle porte “Ora, dopo
che Giovanni fu messo in prigione, Gesù venne in Galilea predicando l'evangelo del
regno di Dio e dicendo: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Ravvedetevi
e credete all’evangelo’” (Mc. 1:14-15). Quel regno fu stabilito e venne attraverso la
morte e la resurrezione del nostro Signore, con la quale il potere di Satana fu
spezzato, e il regno di Dio fu introdotto con potenza sul peccato e sulla morte, e la
sua Chiesa fu fondata cosicché le porte dell’inferno non possono prevalere su di essa.
Gesù disse chiaramente “In verità, in verità vi dico, vi sono alcuni qui presenti che
non gusteranno la morte, senza aver visto il regno di Dio venire con potenza” (Mc.
9:1. Mt. 16:28, Lc. 9:27). Poiché i discepoli persistettero nel credere alla speranza
giudaica, non poterono associare questa venuta del regno con la crocifissione, e
furono sconcertati sia dalle sue parole che dal corso degli eventi. Ma, o Gesù era
disperatamente in errore, poiché tutti i suoi discepoli sono morti e la speranza
giudaica non si è ancora realizzata, o il regno non è ciò che gli uomini dicono sia, ma
piuttosto esattamente ciò che nostro Signore proclamò: il suo regno, stabilito con la
sua vittoria sul peccato e sulla morte e con quella vittoria estesa per grazia a tutti
quelli che per fede vengono a lui. Qualsiasi altra speranza del regno è il sogno di
1 Per una critica dell’interpretazione di Scofield, vedi O.T. Allis: Prophecy and the Church, Philadelphia, Presbyterian
and Reformed Publishing Co.
168
Venga il Tuo Regno
Babilonia. Furono il peccato e la morte ad invadere il regno all’inizio, e furono il
peccato e la morte che Cristo distrusse con la sua opera per poter ristabilire il suo
regno nella sua potenza e nella sua giustizia.
Il libro di Apocalisse presenta l’era del regno, non come una chimera
millenaria, ma come un periodo di lotta, nel quale la Chiesa di Cristo marcia contro il
nemico vittoriosamente, col suo Redentore che spossessa le potenze delle tenebre per
poter recuperare e re-impossessarsi dell’eredità perduta: la creazione nel suo stato
originale. I due aspetti di questa restaurazione devono essere distinti. Primo, la ri-
possessione, che Cristo vittoriosamente stabilisce nell’era del vangelo o del regno per
mezzo della sua chiesa; questo è il vero millennio, il vero regno di Cristo e dei suoi
santi, quando essi conducono uomini e nazioni sotto il dominio di Cristo. Secondo, la
ri-creazione, con la quale il cielo e terra riappropriati, col falso profeta, la bestia, e il
dragone (o Satana) distrutti e gettati nell’inferno, vengono fatti nuovi, per poter
diventare l’eterno cielo e terra che è la dimora del Signore e del suo popolo per tutta
l’eternità. Il potere del peccato fu spezzato sulla croce, e la morte fu vinta con la
resurrezione. Questa vittoria si manifesta attraverso tutta l’era del vangelo, e la sua
pienezza sarà manifestata nel regno eterno di Dio, la nuova creazione. La nuova
creazione è sia l’atto finale, sia il procedimento prima di quell’atto. La nuova
creazione inizia con la prima resurrezione, cioè con la salvezza di ciascun peccatore,
e continua con la sua santificazione. La nuova creazione implica il rendere ogni
pensiero, reame di vita, nazione, arte, — prigionieri di Cristo; e significa la
restituzione della sovranità a colui che ne ha diritto, il Signore Gesù Cristo.
Culminerà nel grande atto, la creazione di nuovi cielo e terra.
Così, Apocalisse 20 è in un senso un riepilogo dell’intero libro. Nei versi 1-6 è
proclamato che Satana è stato legato. I riferimenti scritturali dicono che ciò è
avvenuto nell’espiazione e resurrezione: Genesi 3:15; Isaia 53:12; Luca 10:18;
Giovanni 12:31; Giovanni 16:11, Colossesi 2:15, Ebrei 2:14, vedi anche Luca
11:20-22, I° Giovanni 3:8. Lo scopo della venuta di nostro Signore fu per distruggere
le opere del diavolo e per recuperare l’eredità perduta dell’uomo, salvarlo dal potere
del peccato e della morte, e di ricrearlo ad immagine di Dio. In Luca 11:20-22, Gesù,
rispondendo all’accusa di essere in lega con Satana, rispose che invece: “Il regno di
Dio è giunto fino a voi” (11:20), perché l’ “uomo forte” Satana, che aveva governato
da Adamo in poi, era ora gettato fuori da “uno più forte” che non solo lo ha vinto, ma
anche “gli toglie l’armatura nella quale confidava e ne divide le sue spoglie”. Egli
dichiarò inoltre: “Ora è il giudizio di questo mondo ora sarà cacciato fuori il principe
di questo mondo” (Gv. 12:31). Paolo disse che Cristo: “Avendo spogliato i principati
e le potestà ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di esse” (Cl. 2:15).
L’aver cacciato Satana ed averlo legato è stata l’opera della prima venuta di nostro
Signore, e Satana è ora legato, nel fatto che “non può più sedurre le nazioni”. Il
vangelo opera con potenza in tutto il mondo, finché il suo mandato è adempiuto:
“dopo i quali dovrà essere sciolto per poco tempo”. In questa era del vangelo, il
tempo della prima resurrezione 2, le anime dei fedeli stanno regnando con Cristo. La
2 Vedi J. Marcellus Kik, Revelation Twenty,; Philadelphia: Presbyterian and Reformed Publishing Co., 1955, p.3ss.
169
Venga il Tuo Regno
prima resurrezione significa la nostra salvezza con tutti ciò che implica. Significa la
nostra resurrezione dalla vecchia umanità di Adamo, l’umanità perduta e morta degli
uomini in rivolta contro Dio e sotto la condanna di morte eterna. Questa resurrezione
è descritta in tutte le Scritture come una vera rinascita, come un alzarsi dai morti (Gv.
3:1s.; Ro. 6:1s.; Ef. 2:1s.). È la nostra salvezza qui e ora, e anche oltre la tomba e per
tutta l’eternità. La Nuova Gerusalemme, la nuova creazione, è la nostra casa dal
tempo della nostra rigenerazione, e quella nuova creazione ebbe inizio con la
resurrezione di Cristo. Cristo è la primizia di quelli che dormono e il grande
Redentore del cielo e della terra. “Egli deve regnare finché abbia posto tutti i suoi
nemici sotto ai suoi piedi” (1 Co. 15:25) Quel regno è caratterizzato dal rimpossesso
di Cristo della creazione affinché possa essere totalmente ricreata. Ebrei 12:22-23
dice chiaramente ai credenti che qui e ora “voi vi siete accostati alla città di Sion e
alla città del Dio vivente che è la Gerusalemme celeste”. Noi non abbiamo ancora
visto la pienezza di questa nuova comunità dell’umanità rinnovata ma quando
entriamo in Cristo, siamo sulla soglia di quella città e di essa cittadini. In breve, il
regno è venuto e deve venire.
Nei versi 7-10 vediamo il rilascio di Satana, affinché possa essere distrutto in
tutto ciò che presume essere. Ciò significa che l’era del vangelo vede il falso profeta
e la bestia distrutti nel loro sogno babilonico, nell’esplicita rivolta di Satana contro il
regno di Cristo. La zizzania ed il frumento diventano ciascuno manifesti, poiché il
tempo della messe si sta avvicinando. C’è un’auto-consapevolezza epistemologica
nel male mentre fa l’ultima sortita contro il Signore attaccando la sua Chiesa. Questo
attacco è mondiale. Alcuni vedono una sconfitta dei santi e una vittoria per Satana nei
tempi della fine, ma tale interpretazione è possibile solo importando altri passi biblici
dentro a questo testo (tutti con riferimento dubbio, visto che possono essere fatti
riferire più intelligentemente alla guerra giudaica ovvero “la grande Tribolazione”).
Ci viene detto solo di un tentativo, e il tentativo viene ora descritto come tentativo di
Satana. Non vengono più usati altri nomi per lui: egli è identificato troppo
chiaramente. Gog e Magog, cioè principe e popolo, si uniscono in odio per Dio
aperto e dichiarato. Non è più mascherato da cristianesimo, non offre più il paradiso
in terra, non offre più nessun pretesto. Nel suo assalto finale è apertamente satanico
ed è semplicemente un nudo odio per Dio. Fallisce, e Dio distrugge per sempre il
potere di Satana.
Nei versi 11-16, vediamo proclamato il giudizio. Il verso 11 echeggia Salmo
114, che mostra la creazione fuggire davanti all’ira e al giudizio di Dio quando Egli
liberò Israele dall’Egitto. Qui vediamo la stessa immagine:
170
Venga il Tuo Regno
possa esserci posto per una nuova creazione e una nuova storia, quelli della
dimora eterna di Dio 3.
L’eco di Salmo 114 è significativo: il Salmo 114 è il primo canto nell’Allel usato
nella festa dei tabernacoli, una festività santa che tipizza la raccolta di tutti i popoli
nel regno di Dio. L’intero procedere del giudizio nella storia e attraverso la storia, e il
giudizio finale ha questo scopo, e di fronte a tutte le sue difficoltà a volte per i santi,
il loro grido deve essere. “Lode all’Eterno!”.
Il giudizio culmina con la distruzione del primo nemico dell’uomo, la morte (1
Co. 15:26, 55), e nella seconda resurrezione, cioè la resurrezione dei corpi e la nostra
ricompensa eterna. Siamo salvati per fede e siamo ricompensati secondo le nostre
opere, e questa ricompensa la riceviamo sia qui e ora nel nostro cammino cristiano,
sia nella sua pienezza alla resurrezione.
In questo capitolo compare un punto molto importante. In Ezechiele 39, Gog è
completamente distrutto prima dell’era del regno. In Apocalisse, Gog è distrutto dopo
i 1000 anni. O il regno di Ezechiele non è lo stesso dei 1000 anni, o nessuno dei due
racconti ci da una cronologia, ma piuttosto dottrina. E questo solleva una questione
molto pertinente: per troppe persone, lo scopo di una qualsiasi lettura di Apocalisse è
per permettere loro di camminare per visione. Essi richiedono una tabella di marcia
che dica loro cosa aspettarsi e come camminare a piena vista. Ma la vocazione del
cristiano è di camminare per fede, e lo scopo di Apocalisse è di rafforzarci contro il
nemico, prepararci alla battaglia, e di camminare in fede che il nostro Signore
trionferà, e che la grande opera che ha cominciato, egli la compirà. Come libro per la
visione, Apocalisse diventa una frustrazione, come libro per la fede, diviene una gioia
ed un conforto.
La creazione di nuovi cieli e nuova terra cominciò con la resurrezione, con Cristo il
primo frutto della nuova umanità e della nuova creazione. La nuova creazione
implica la “scuotimento” e la ri-creazione del vecchio mondo. Il primo “scuotimento”
avvenne al Sinai, quando la santità di Dio nella sua legge fu morte per il peccato e la
ribellione del mondo. Il secondo e ultimo “scuotimento” cominciò con la
resurrezione: “Ancora una volta scuoterò non solo la terra ma anche il cielo” (Eb.
12:26). Il commentatore puritano, John Owen, scrivendo su Ebrei 12: 25-27, disse:
Sono qui intesi i cieli del culto Mosaico, e la chiesa-stato Giudaica, con la terra
del loro stato politico che le apparteneva 2*.
1 Milton S. Terry, Biblical Hermeneutics, New York: Eaton & Mains, 1980, p. 382.
2 John Owen. An Exposition of Hebrews, Vol IV (Evansville, Indiana: Sovereign Grace Publishers, 1960), p. 366.
* N.d. T. Il senso dell’intero capitolo di Owen è che Cristo ha inaugurato un nuovo regno religioso e politico dopo aver
scosso quello giudaico che era fatto di cose scuotibili, es. arca, cherubini, tempio ecc., sostituendoli con le cose reali che
non possono essere scosse. Riguardo al paganesimo e in un senso più generale Cristo ha scosso: rimossi per sostituirli,
cielo, cioè l’oggetto delle fede, il luogo verso cui si guarda, e la terra, il luogo ove la fede viene messa in pratica
politicamente.
172
Venga il Tuo Regno
Il fare nuove tutte le cose si riferisce alla rigenerazione spirituale e morale, alla
redenzione nel tempo, alla “resurrezione di tutte le cose” al “tempo della
riforma”, alla formazione di una “nuova creazione” alla fattura e
completamento di “nuovi cieli e nuova terra”, in altre parole alla restituzione
resa necessaria dall’ingresso del peccato e dalla caduta dell’uomo (Cfr. 2 Co.
5:17; Cl. 1:20).
Si noti attentamente la frase “tutte le cose” che viene ripetuta non meno di sei
volte in Colossesi 1:15-20. Nota particolarmente i versi 19-20 “perché è
piaciuto al Padre di far abitare in lui tutta la pienezza, e, avendo fatta la pace
per mezzo del sangue della sua croce, di riconciliare a sé, per mezzo di lui,
tutte le cose, tanto quelle che sono sulla terra come quelle che sono nei cieli”.
Bisognerebbe notare anche che il “tutte le cose” di 2 Corinzi 5:17 si riferisce
principalmente se non esclusivamente, alla realtà oggettiva, a cose esterne al
credente, come ora gli sembrano. In entrambi i passi la trasformazione di “tutte
le cose” si riferisce a fatti esterni piuttosto che ad esperienze soggettive 3.
La Nuova Terra è il lato inferiore o da lato dell’uomo del nuovo universo che è
venuto in esistenza come risultato dell’opera di redenzione compiuta da Cristo
quando fu sulla croce. Egli disse: “È compiuto”, e poi rese lo spirito (Gv.
19:30). La Nuova Terra significa gli effetti redentivi sulla terra di cui si parla
nel Nuovo Testamento come “la rigenerazione”, il “tempo del
cambiamento” (Vecchia Diodati “tempo della riforma” (Eb. 9:10) e “la
restaurazione di tutte le cose” (Atti 3:21). In contrasto con questa Nuova Terra
e opposta ad essa sta il mondo che ancora giace nel maligno (Ga. 1:4; cfr. Gv.
5:4).
La parola “cielo” nelle Scritture (come per esempio “il cielo domina” Da. 4:26)
non significa necessariamente i cieli fisici o astrali, ma piuttosto il Divino
governo del mondo e dell’uomo. “Terra” non significa necessariamente il
pianeta materiale su cui viviamo o qualsiasi parte di esso come città o
compagna. La Nuova Terra non significa (come alcuni pensano) il nostro
presente pianeta purificato dai suoi mali morali e spirituali. Non significa che
questo mondo fisico presente verrà purificato così da diventare un luogo
adeguato in cui i santi dimoreranno quando Cristo ritorna, o dopo che sarà
suonata l’ultima tromba. La Nuova Terra significa qualcosa totalmente nuovo,
3 Roderick Campbell: Israel and the New Covenant, Philadelphia, Presbyterian and Reformed Publishing Co., 1954
p. 108.
173
Venga il Tuo Regno
qualcosa che venne in esistenza con l’inaugurazione dell’epoca in cui noi ora
viviamo. Significa qualcosa che può essere visto solo per fede 4.
Per rendere la cosa più chiara, supponiamo due mondi: il primo, il vecchio,
corrotto dal peccato di Adamo; l’altro, posteriore nel tempo, come rinnovato da
Cristo… È quindi ora evidente che qui il mondo a venire non è quello che
speriamo dopo la resurrezione, ma quello che cominciò all’inizio del regno di
Cristo, ma che avrà senza dubbio il suo pieno compimento nella nostra
redenzione finale 5.
Ciò definisce chiaramente la questione: non c’è regno per noi, se non siamo nel regno
ora, non c’è una nuova creazione a cui guardare innanzi nell’eternità, se siamo fuori
da quella nuova creazione ora. Il regno c’è, e deve venire; i nuovi cieli e nuova terra
ci sono e devono venire. La pienezza è alla fine dei tempi, ma è qui oggi nella realtà.
Ciò significa che i cristiani stanno negligendo la loro eredità e mancano di far uso del
loro potere in Cristo: vivono nei termini di vittoria domani anziché vittoria oggi, in
termini di gioia domani anziché gioia oggi. Come possiamo godere il cielo se non
possiamo godere la terra? Come possiamo gioire nell’ordinamento eterno al di la del
tempo quando non possiamo gioire nella nuova creazione oggi? Apocalisse fu scritto
a cristiani sofferenti e turbati, e anche a cristiani compiaciuti e soddisfatti di se, i
quali attendevano la venuta del regno e sentivano che i problemi del mondo
rappresentavano un ostacolo a Cristo e al suo regno. Ma Apocalisse rende chiaro che
il regno è ora e che, non è evadendo il conflitto, la responsabilità e la sofferenza, ma
assumendole, che i cristiani e la chiesa guadagnano la loro eredità. Sia il
compromesso col mondo che la fuga da esso assumono che Cristo sia impotente e che
il suo regno sia nel futuro e non abbia vero potere oggi.
La buona notizia viene annunciata: “Il mare non c’è più”. Il mare è il mondo, il
mondo apostata e non credente. Le nazioni si impongono quale vero regno, come il
vero bene comune dell’uomo, in opposizione al regno di Dio. Esse reclamano il
dominio, il controllo ed il potere. Ma Dio dichiara: “Il mare non è più”. Le nazioni,
Egli disse a Isaia, sono come nulla davanti a lui (Is. 40:15 s.). Ora, la nuova creazione
essendo stata stabilita e l’opera di espiazione di Cristo essendo stata apertamente
presentata, il Signore si muove contro le nazioni. Non ci sarà più mare, e la buona
notizia viene annunciata in anticipo. I regni di questo mondo diventeranno i regni del
nostro Signore e del suo Cristo. Le nazioni apostate saranno spezzate, e sarà
preparata la via per i servi del Signore.
4 Ibid, p. 113 s.
5 Giovanni Calvino: Commentaries on the Epistle to the Hebrew; Traduzione di John Owen. Grand Rapids: Eerdmans,
1949. p. 58.
174
Venga il Tuo Regno
Nei versi 1-8, abbiamo i nuovi cieli e la nuova terra descritti nel loro eterno
splendore e nella loro realtà presente, e messi in contrasto con la morte eterna del
mondo di Babilonia. Nel verso 1, come abbiamo notato, abbiamo la grande
dichiarazione: “Il mare non era più”. Dalla prospettiva dell’ordinamento eterno il mare
rabbioso e turbolento, dal quale provenne la bestia, e che tipizza le nazioni che si
stabiliscono quali vero regno, il vero bene comune dell’uomo in opposizione al regno
di Dio, non c’è più. Per mezzo di Isaia, Dio dichiarò enfaticamente che il suo giudizio
era sopra le nazioni. Inoltre, con la venuta di Emmanuele, il Figlio di Dio nato dalla
vergine, la sovranità delle nazioni fu rivelata essere meno di niente, totalmente
inesistente, e la sovranità del Signore fu pienamente rivelata. Il cristiano di oggi, come
ai giorni di Giovanni, si fa troppo spesso sommergere dalla furia del mare, e ha la
sensazione che Dio sia remoto, ma il Signore dichiara, per mezzo di Giovanni: “Il mare
non è più”. “I pagani tumultuano” (Sl. 2), ma tutto il loro complottare contro il
dominio del Signore è ridotto a nulla dalla venuta di Gesù Cristo, il quale procede a
“spezzarle con il bastone di ferro” (Sl. 2:9). Ciò a cui stiamo assistendo non è il trionfo
delle nazioni ma la loro frantumazione, e noi dobbiamo “servire il Signore con timore
e gioire con tremore” (Sl. 2:11) mentre vediamo queste cose.
Il tabernacolo della presenza di Dio è descritto sia nella sua pienezza, quale
gloria dell’ordinamento eterno, e sia quale realtà della vita della vera chiesa. La morte
e le tristezze della vita sono abolite dalla resurrezione di Cristo, e noi entriamo in
quella vittoria qui ed ora, e nella sua pienezza alla resurrezione dei morti. Non col
compromesso, non sedendoci ai margini e separati dal conflitto, ma combattendo per
vincere e diventando assetati riceviamo la nostra eredità e berremo dell’acqua della
vita (21:6-7). E il Signore è l’inizio e la fine, l’Alfa e l’Omega di tutte le cose, inclusa
la nostra vita cristiana, la nostra fame e la nostra sete, il nostro lottare e il nostro
vincere. Perciò, “Baciate il Figlio, perché non si adiri e non periate per via, perché la
sua ira può accendersi in un momento. Beati tutti coloro che si rifugiano in lui” (Sl.
2:12).
La parola “nuovo” viene usata ripetutamente per descrivere questa creazione.
Due diverse parole Greche vengono tradotte “nuovo” nel nostro testo italiano,
“neos”, che riguarda il tempo, e “kainos” che riguarda la qualità 6 . La parola “kainos”
fu utilizzata per descrivere la tomba di Gesù (Mt. 27:60; Gv. 19:41), e anche gli “otri”
per il vino nuovo, indicando, in entrambe le istanze non che la tomba o gli otri erano
appena fatti, ma piuttosto non ancora usati ovvero fresca per la tomba e freschi ed
elastici per gli otri. Questa stessa parola: “kainos” viene usata qui e attraverso tutto il
libro di Apocalisse.
1. Come una Sposa. Una sposa è fedele, amorevole, pura, obbediente, raggiante
di gioia, e sicura del proprio amore. Così sarà la chiesa nell’eternità, e tale deve
essere oggi. La gioia nuziale nel possedere e essere posseduta deve essere la
gioia cristiana.
2. Avendo la gloria di Dio. La gloria, che ad un tempo dimorava nel Santissimo,
nel tabernacolo e nel tempio, è ora nel corpo collettivo della chiesa, nel
credente individuale nella sua obbedienza allo Spirito santo che abita in lui, e
in ogni aspetto del regno nella misura in cui ciascuna sfaccettatura rivela la
gloria di Dio e lo serve. “Lo scopo principale dell’uomo è di glorificare Dio e
di goderlo per sempre” 2.
3. Misurata. In questo contesto significa fatta, tagliata fuori, proprio come un
falegname misura le tavole e le taglia della misura necessaria. In ogni epoca,
Dio sta misurando, estraendo fuori il suo popolo attraverso il procedimento
storico. Il simbolismo della forma in questo contesto presenta come scopo
Atti 2:21, Romani 10:13. “Chiunque avrà invocato il nome del Signore
sarà salvato”
Insieme a questo grande fatto c’è la dichiarazione che nel regno di Dio non c’è
notte. Zaccaria 14:7 fece questa profezia riguardante il regno: “Verso sera vi
sarà luce”. Questa è un’affermazione della stessa grande realtà proclamata in
Romani 8:23. Il cristiano, perfino dentro alle peggiori prove e alle tenebre,
possiede la sicurezza che tutte le cose sono nelle mani di Dio, il quale fa ogni
cosa bene, e fa cooperare tutte le cose al bene di quelli che lo amano, i quali
sono chiamati secondo il suo proponimento. Perciò il cristiano sa che anche la
notte sarà luce intorno a lui.
4 Krauss, Dispensationalism in America, si noti che la prospettiva di Scofield è di una storia ciclica.
178
Venga il Tuo Regno
8. Le mura. Mura vengono erette per tener fuori i nemici (v.27), per tener fuori il
male ed il peccato. Qui le mura (cfr. vs. 18) sono paragonate al diaspro, che è
usato in 4:3 per descrivere Dio, la sua purezza e la sua chiarezza. Così, Dio è
raffigurato come il muro intorno a noi, intorno al suo popolo, come difesa
sicura. Questo era stato profetizzato in Zaccaria 2:5 “Poiché io”, dice l'Eterno,
“sarò per lei un muro di fuoco tutt'intorno e sarò la sua gloria in mezzo a lei”.
Il Signore è la nostra forza e il nostro rifugio, un muro di fuoco tutto intorno a
noi.
9. Il giardino è ora nella città. Il paradiso è restituito, ma in comunità. Troviamo
di nuovo l’albero della vita e il fiume dell’acqua della vita, dati gratuitamente a
tutti. Qui troviamo pure un gioioso servizio, ma ora senza la prospettiva di
cadere. L’ “albero” della vita è letteralmente il “legno”, o la trave della vita, un
termine usato nelle Scritture per designare la croce. La croce di Cristo è
l’albero della vita per l’umanità, la fonte della vita eterna e della giustizia, ed è
per “la guarigione delle nazioni”. “Giardino” è una parola che evoca la
bellezza e la libertà della natura, la città significa vita in comunità. Ma il
concetto di città, in mano all’incredulità, anziché significare comunità, ha
finito col significare guerra e isolamento, insicurezza e terrore. I vantaggi di
entrambe, la vera città e il vero giardino sono uniti nell’obbiettivo cristiano per
la società.
10.“E porteranno il suo nome sulla fronte”(22:4). Cristo risplende attraverso i
suoi santi. Questa è la chiesa ed il regno, nell’eternità e nel tempo, essere il
popolo di Dio, nei quali Cristo e le sua giustizia vengono rivelati. Perciò, il
quadro della Nuova Gerusalemme si fonda su una realtà, Cristo e le sua croce.
Con la sua opera di espiazione, l’umanità è ricreata, e la Nuova Gerusalemme
comincia a regnare. La pienezza ci sta davanti, ma il regno è una realtà
presente e la realtà basilare. Vivere e pregare perciò nei termini della sovranità
di Babilonia è un peccato. Troppi cristiani pregano nei termini delle possibilità
umane anziché di quelle divine, e con ciò limitano Dio nella loro
immaginazione.
Rimane ancora un fatto significativo che concerne questa descrizione della Nuova
Gerusalemme. L’antica città di Babilonia in molti modi scimmiottava non solo il
regno di Dio ma anche gli stessi simboli del regno. Babilonia era costruita quadrata,
affermando con ciò finalità e perfezione. Babilonia possedeva i suoi giardini pensili
che ricreavano il giardino entro le proprie mura, e Babilonia pure era una città e una
terra con molte acque.
Due altri simboli in questo passo meritano speciale attenzione. Primo, c’è il
fiume dell’acqua della vita. Giovanni 7:39 dichiara che quando Cristo parlò di fiumi
d’acqua viva, si riferiva allo Spirito di Dio “Or egli disse questo dello Spirito, che
avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui”. Nel tempo e nell’eternità, lo
Spirito di vita è lo Spirito in tutti coloro che vivono per fede. In questa visione del
fiume che scorre attraverso la città e la nutre, ci viene detto che il credente è il canale
179
Venga il Tuo Regno
attraverso cui lo Spirito alimenterà le nazioni. “C'è un fiume i cui rivi rallegrano la
città di DIO, il luogo santo dove dimora l'Altissimo” (Sl. 46:4).
Secondo, l’albero è particolarmente ricco di significato. Viene mostrato in
perpetua fioritura e pieno di frutti simultaneamente. Questo significa che in Cristo la
potenzialità e la realtà sono uno. Quando il credente cresce nella grazia, le sue
potenzialità diventano realtà, e l’auto-realizzazione cresce. Nell’eternità la
potenzialità e la realtà del credente sono una. La pienezza dell’auto-realizzazione è
perciò ottenuta in Cristo e solo in Cristo.
180
Venga il Tuo Regno
APOCALISSE 22:6-26
LA STELLA DEL MATTINO
È stato notato precedentemente che non solo Giovanni vuole che il suo libro sia
considerato una profezia divinamente rivelata, ma che lo vorrebbe altresì posto
alla pari coi libri del Vecchio Testamento (cfr. 1:3). Pertanto, la prima e
l’ultima beatitudine sono pronunciate su coloro che lo considerano tale e che
sono guidati dai suoi insegnamenti (1:3; 22:7). Se invece, in antitesi ad esse,
qualcuno prende alla leggera la profezia e aggiunge ad essa qualsiasi cosa, Dio
stesso lo priverà della sua parte dal libro della vita dalla santa città 1.
2 Ibid. p. 390.
182
Venga il Tuo Regno
La vittoria è basilare alla fede cristiana, certamente lo è anche la tribolazione,
ma alla tribolazione non viene mai dato il primato nella prospettiva della fede. La
stessa durezza del giudizio sui “cani” è parte dell’assicurazione di vittoria e di
separazione. La traduzione del Moffat dei due versi che fanno riferimento ai “cani” ci
danno il sapore del duro linguaggio della Bibbia: Filippesi 3:2, “State attenti a quei
cani, quei malvagi operai, il partito dell’incisione!” e Apocalisse 22:15, “Andatevene
voi cani, voi stregoni, voi immorali creature, voi assassini, voi idolatri, voi che amate
e praticate la menzogna, andatevene, ognuno di voi!”. Questa certezza e durezza di
giudizio esprime la certezza e l’inevitabilità della sovranità e della vittoria. La Nuova
Gerusalemme è l’erede del regno, e i santi di Cristo erediteranno la terra. Chiamando
la santa città “Gerusalemme”, Egli dichiara che tutte le intenzioni e gli scopi di Dio,
tutte le sue promesse ed i suoi piani che noi discerniamo nel Vecchio e nel Nuovo
Testamento, giungono finalmente al loro perfetto adempimento 3 .
“Il tempo è vicino”, ci viene detto. L’adempimento non è lasciato al futuro ma
comincia nel presente. Il comando perciò non è di sigillare i detti della profezia di
questo libro. Essi “sono di rilevanza immediata e perciò della più urgente necessità”4 .
Sia la battaglia che la vittoria sono adesso.
3 Thomas F. Torrance, The Apocalipse Today , Grand Rapids; Eerdmans, 1959, p. 14.
4 Ibid., p. 153
183
Venga il Tuo Regno
IL REGNO DI DIO
1 Martin J. Wyngaarden: The Future of the Kingdom in Prophecy and Fulfilment, Grand Rapids: Baker Book House,
1955; p. 113 s.
184
Venga il Tuo Regno
La chiesa nelle Scritture è la casa della fede. È fondata sulla confessione di
fede in Gesù quale Cristo, il Figlio del Dio vivente. Su questa confessione, su se
stesso quale Roccia, Cristo dichiarò: “Edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno
non prevarranno su di essa” (Mt. 16:18). Ma la maggior parte della predicazione di
Cristo andò al di la dell’elementare atto di fede, il fondamento necessario della
conversione, e mise in rilievo il regno di Dio: “Bisogna che io annunzi la buona
novella del regno di Dio anche alle altre città, perché sono stato mandato per
questo” (Lu. 4:43). “La parola del regno” (Mt. 13:19) era il perdono dei peccati (Mt.
9:2; Mc. 1:1-4, 14-15; Lu. 3:3, ecc.). Il regno è un termine più ampio di chiesa o
stato. È il regno di Dio in ogni reame, la totale sovranità di Dio e della sua parola per
ogni sfera di vita. È il regno di Cristo in giudizio sui suoi nemici quanto il suo regno
in pace e prosperità sui suoi santi trionfanti. La chiesa è lo strumento, l’insegnante e
il predicatore, il messaggero, e il suo messaggio è chiaramente dichiarato da Gesù
Cristo:
185
Venga il Tuo Regno
banchetti o tavoli della comunione: la cena delle nozze dell’Agnello, cioè il trionfo
del regno di Dio, e la festa degli avvoltoi, la distruzione totale di Babilonia.
Nei capitoli 21 e 22 vengono descritti gli splendori della Nuova Gerusalemme,
il regno di Dio. Il trionfo è glorioso nel tempo, la totalità della perfezione e della
gloria per tutta l’eternità. Il grido della chiesa, nella bocca di San Giovanni è :”Sì,
vieni Signore Gesù” e la conclusione dichiara “La grazia del Signor nostro Gesù
Cristo sia con tutti voi. Amen”. Gesù è Cristo-Messia, Signore-Dio, e governatore.
Quando san Giovanni grida: “Vieni Signor Gesù” egli chiama il Dio-Re a venire in
giudizio e nella prosperità della sua restituzione.
Il vangelo sociale predica il vangelo del socialismo e dello statalismo; il
vangelo Arminiano e Pietista predica il vangelo dell’astensione, della ritirata e del
rapimento. Il Vangelo di Gesù Cristo è la buona novella del Regno di Dio.
186
Venga il Tuo Regno
L’ALBERO DELLA VITA
In Eden, l’albero della vita era un vero e proprio albero i cui frutti, per mezzo
del proposito creativo di Dio, avevano effettivamente il potere di dare vita continua.
Quando l’uomo cadde nel peccato, divenne necessario impedire all’uomo l’accesso a
quell’albero (Ge. 3:22-24). Con l’albero della vita l’uomo avrebbe potuto avere una
perpetua vita terrena. Quest’albero “era la simbolica rappresentazione di Dio che apre
la sua mano per dare vita senza fine, vita terrena perpetua, ad Adamo”. Inoltre,
l’albero era un emblema, un segno del Patto di Dio” 1.
Col suo peccato l’uomo divenne un trasgressore del Patto, e la comunione con
Dio fu spezzata. Peccato e morte divennero la condizione umana perché l’uomo
rifiutò le condizioni divine per la sua vita, il Patto con Dio.
Anche l’albero proibito, l’albero della conoscenza del bene e del male era un
reale albero. Non c’era male nell’albero stesso, e neppure nel suo frutto. Hoeksema,
nel commentare il nome di questo albero, ha osservato:
1 H.C. Hoeksema: “The Tree of Life” in Paradise the First and the Forbidden Tree . Grand rapids: Reformed Witness
Hour, 1969; p. 8
187
Venga il Tuo Regno
bene ed odiato il male, ed avrebbe così sperimentato il favore e l’amicizia di
Dio che costituiscono la vera conoscenza di Dio. Se avesse disobbedito il
comando, avrebbe conosciuto il bene ed il male in modo tale che avrebbe
amato il male e odiato il bene, e avrebbe sperimentato così proprio l’opposto
della benedizione e della vera conoscenza di Dio, vale a dire l’abbietta miseria
e desolazione dell’ignoranza spirituale e delle tenebre, lo squallore di
quell’esperienza che è descritta con questa parole: “Vivere senza Dio è
morte!”2 .
Il Patto con l’uomo in Eden era basilarmente lo stesso Patto ristabilito dopo la Caduta
con gli uomini pattizi e poi col popolo stesso del Patto, Israele nell’epoca del Vecchio
Testamento e, da allora il popolo di Cristo. Benché a volte sia utilizzato “patto delle
opere” per descrivere il patto con Adamo, l’espressione è fuorviante 3. Qualsiasi ed
ogni Alleanza o Patto Dio stabilisca con l’uomo ha come primo e superiore aspetto la
grazia. Dio è Signore e sovrano assoluto, e l’uomo non può contrarre un patto di
opere con Dio, l’uomo può ricevere una posizione nel patto per grazia di Dio. Il Patto
o Alleanza è stato in ogni epoca primariamente ed essenzialmente un patto di grazia.
Secondo, l’obbedienza o le opere sono un aspetto secondario del patto. Il responso
dell’uomo al patto di grazia è fede ed obbedienza. Ma poiché il patto è un patto di
grazia ha inevitabilmente una legge. Senza una legge non c’è patto. La legge del
Patto in ogni epoca, in Eden, in Israele e nell’era cristiana, è ciò che Dio richiede
all’uomo che osserva il Patto. Osservare il patto significa osservare la legge del patto,
cioè i termini del patto. Ad Adamo fu richiesto di comportarsi secondo la legge del
patto. Questo significava obbedire ogni parola di Dio, mangiare dell’albero della vita,
riempire il giardino in obbedienza a Dio, dare un nome o classificare gli animali,
vivere con Eva secondo i termini della vocazione di Dio e dei suoi requisiti, e
rifiutare di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nel suo
aspetto secondario, il patto era un patto delle opere precisamente perché era un patto
di grazia.
Il patto con Adamo gli richiedeva obbedienza nei termini dei doveri a lui
prescritti e della sua vocazione. Pure il Patto con Abramo richiese obbedienza (Ge.
17:1). Il Patto con Israele fu contrassegnato da un codice giuridico esteso. Il Patto,
come rinnovato da Gesù Cristo, era designato a ripristinare obbedienza alla legge
(Mt. 5:17-20). L’accusa persistente di Cristo contro i farisei, che affermavano di
osservare il Patto fu precisamente che essi trasgredivano il Patto nello spirito e nei
fatti (Mt. 5:17-20; 6:5, 16-18, 7:15-21, ecc.).
Gesù Cristo, con la sua perfetta giustizia, e con la sua morte espiatoria e la sua
resurrezione, e nella veste di ultimo Adamo, il capo federale della nuova umanità,
riportò gli uomini redenti in comunione con Dio e divenne per l’uomo il nuovo albero
2 H.C. Hoeksema: “The Forbidden Tree. Its name and Purpose;” in Ibid., p. 15.
3 Vedi Herman Hoeksema: Reformed Dogmatics, Grand Rapids; Reformed Free Publishing Association, 1966. p.
214-226.
188
Venga il Tuo Regno
della vita. L’uomo in Cristo è morto alla legge come incriminazione, come sentenza
di morte per le trasgressioni, ma l’uomo è vivo alla legge come requisito del Patto,
come giustizia di Dio alla quale l’uomo deve dare il proprio assenso e la propria
obbedienza, e per la quale deve vivere.
Così, l’albero della vita in Eden aveva la propria legge, e Gesù Cristo, l’albero
della vita in Apocalisse 4, ha lapropria, la stessa continua legge che richiede all’uomo
di servire Dio come sacerdote, profeta e re in Cristo, di obbedire la parola di Dio in
ogni reame di vita, e di glorificare Dio con la sua obbedienza.
Negare la legge è negare il Patto. Negare la legge è negare la grazia che dona la
legge del patto. Gli estesi echi di Genesi ed Esodo in Apocalisse non sono accidentali.
Le chiese del Patto sono chiamate alla fede e all’obbedienza nei capitoli da 1-3; quelli
fuori dalla fede e contro la legge, che non ascolteranno colui la cui parola è legge,
ricevono le piaghe ed i giudizi che sono dispensati ai trasgressori del Patto (Ap. 4-19)
mentre quelli che camminano in fede e in obbedienza banchettano di nuovo
dall’albero della vita. Il parallelo è ben chiaro. Il non credere la parola di Dio ed il
disobbedirle tolse all’uomo il paradiso. La fede nel Figlio di Dio incarnato e
l’obbedienza alla legge del patto restituiscono l’uomo al paradiso, una nuova vita
sulla terra, e la pienezza della vita nel regno eterno. San Paolo parlò di sé come:
“benché non sia senza la legge di Dio, ma sotto la legge di Cristo” (1 Co. 9:21).
Richard Baxter dichiarò che lo “strumento divino” per il dovere dell’uomo “è
chiamato una Legge in un aspetto e un Patto in un altro” 5. Come Kevan ha riassunto
la cosa: “La grazia di Dio non può distruggere la Legge di Dio” 6 .
La gloriosa visione di grazia che conclude Apocalisse si fonda fermamente nel
Patto di Dio e la relativa legge. Dio non è mai antinomiano in nessun punto della sua
parola. C’è una legge perché c’è un patto di grazia. La vita nel Patto, e la vita della
nuova creazione, è obbedienza alla legge della grazia.
4 La croce è chiamata un albero da Pietro (Atti 5:30; 10: 39), e da Paolo (Gal. 3:13).
5 Citato da End of Doctrinal Controversies, da Ernest F Kevan, The Grace of Law, A Study in Puritan Theology (Grand
rapids: Baker Book House, 1965; p. 112.
6 Ibid, p. 155.
189
Venga il Tuo Regno
TERZA PARTE
DIMENSIONI DEL FUTURO
190
Venga il Tuo Regno
MATTEO 24
Gesù, nel rispondere alla loro domanda, distingue questi tre eventi e, nel suo quadro
della storia, elimina interamente qualsiasi riferimento ad un millennio nel senso
giudaico o pre-millennarista. Era difficile per i giudei visualizzare la caduta del
tempio e di Israele eccetto che nei termini della fine del mondo: essi confidavano
nella loro propria giustizia, sicuri della propria superiorità e sicuri dei propri privilegi
con Dio. Ma Gerusalemme cadde nella guerra del 66-70 D.C., e le poche pietre
lasciate una sopra l’altra dopo quella brutale guerra e distruzione di Gerusalemme da
parte di Tito furono tirate giù al tempo dell’Imperatore Giuliano.
La prima sezione principale, versi 4-28, tratta della caduta di Gerusalemme e
la venuta di Cristo in giudizio su Israele in quella distruzione. La domanda fu posta
da quattro discepoli: Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (Mc.13:3), i quali chiesero
“il segno” della sua venuta e della fine del mondo.
Per questo nostro Signore nella sua risposta tratta prima di tutto la questione
dei “segni”. “Guardate che nessuno vi seduca” (Mt. 24:4) e ciò riguardo alla
questione dei segni. Egli li avverte riguardo a falsi segni, e li specifica.
1 Marcellus Kik. Mattew XXIV, Philadelphia: Presbyterian and Reformed Publishing Co., 1948, p.62.
194
Venga il Tuo Regno
dei tempi, ma eventi dell’era del vangelo. Nel Vecchio Testamento essi rappresentano
i governatori e le potenze delle nazioni, proprio come nel sogno di Giuseppe
simboleggiano autorità. I profeti nel parlare in questo modo dichiararono che le
autorità umane della loro era sarebbero state scosse e distrutte prima della venuta del
Figlio nato dalla vergine. Ora, Cristo dichiara: “Ora, subito dopo l’afflizione di quei
giorni” (Mt. 24:29), cioè dopo la caduta di Gerusalemme, avverrà nuovamente lo
scuotimento del mondo, e l’era del vangelo vedrà ogni autorità umana scossa,
confusa e distrutta, e Cristo stabilito quale solo vero sovrano dell’uomo, delle nazioni
e dell’universo.
Se gli eventi di questi versi (29-35) si riferiscono alla fine del mondo, allora
Gesù ha dichiarato qualcosa ovviamente non vero e impossibile nel dire: “in verità vi
dico che questa generazione non passerà, finché tutte queste cose non siano
avvenute” (v.34). La stessa cosa si applica a Matteo 16:28: “In verità vi dico che
alcuni di coloro che sono qui presenti non morranno prima d’aver visto il Figlio
dell’Uomo venire nel suo regno”. Se queste affermazioni sono vere, allora il
linguaggio di questo passo deve necessariamente essere figurativo, nello stesso senso
in cui è utilizzato nel Vecchio Testamento. Roderik Campbell ci indica il vero
significato quando scrive “Quando leggiamo di Cristo venire ‘con le nuvole’
dobbiamo cercare quegli eventi nella storia nei quali l’occhio della fede troverà
l’evidenza del fatto che Cristo sta ora guidando la sua chiesa, governando tra le
nazioni della terra, e portando avanti, per mezzo di giudizio e di misericordia i suoi
propositi nella redenzione dell’uomo. Alla sua ascensione ‘una nuvola lo accolse e lo
sottrasse alla vista’ (Atti 1:9). Lo nascose alla vista fisica dei discepoli” 2.
La distruzione dello stato Giudaico in adempimento della profezia di Cristo è il
“segno” che egli governa “con potenza e grande gloria”, e tutti i popolo vedranno in
ciò una prova visibile della sua sovranità assoluta. Che le nazioni rifiutino di
riconoscere la sua sovranità non costituisce obiezione: tutte le cose, inclusi il cuore,
la mente e la coscienza del non credente, testificano della totale ed assoluta sovranità
di Dio il Figlio.
Non appena il vecchio patto ed il suo tempio, popolo e città sono finalmente
giudicati e tolti di scena, comincia la piena proclamazione ai Gentili. Questo è
descritto nel verso 31. Il “potente suono di tromba” è spesso considerato applicarsi
solamente alla fine del mondo. L’utilizzo del Vecchio Testamento acclara che la
tromba suona per chiamare il popolo di Dio all’adorazione, per marciare in vittoria,
per annunciare la nuova luna, e per proclamare il giubileo. Tutti questi significati
sono inclusi nel verso 31. È la proclamazione del vangelo a tutta la creazione,
guardando avanti alla sua grande ri-creazione. È la proclamazione del nuovo “anno”
o era della storia, il tempo di giubileo, la redenzione degli schiavizzati. È la chiamata
a marciare alla vittoria, e la chiamata ad adorare Dio il Figlio. La tromba compare
con un simile significato in Isaia 27:13, e Isaia 61:1 fu utilizzato da nostro Signore
(Lu. 4:17-21) per dichiarare l’inizio del grande giubileo dell’era del vangelo.
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Venga il Tuo Regno
1 & 2 TESSALONICESI
SULLA SECONDA VENUTA
1 William Hendriksen: I e II Thessalonians; Grand rapids. Backer Book House, 1955, p. 115
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Venga il Tuo Regno
Dormire (cfr. Mc. 13:36; Ef. 5:14) significa vivere come se non ci fosse mai un
giorno del giudizio. È indicativo di rilassatezza morale e spirituale. Luca 12:45
descrive questa condizione vividamente…
Vegliare significa vivere una vita santificata, nella consapevolezza della venuta
del giorno del giudizio. È indicativo di attenzione morale e spirituale…
Essere sobri significa essere ripieni di onestà morale e spirituale, non essendo
eccessivamente eccitati da un lato, né indifferenti dall’altro, ma calmi, stabili e
assennati (cfr. 1 Pi. 4:7), facendo il proprio dovere e adempiendo il proprio
ministero (2 Ti. 4:5) La persona sobria vive intensamente 2.
In 5:3 Paolo dichiara che il giorno è nelle mani del Signore interamente, sia
riguardo alla venuta, sia alla relativa conoscenza. Non c’è modo di sfuggirlo o di
prevenirlo. Proprio come una donna con bambino, al momento del travaglio, non può
impedire la sua venuta, così gli uomini sono incapaci di impedire la venuta del
Grande Giorno del Signore.
Sia questo passo, sia Romani 13:11-14 ci danno un’altra importante immagine,
come indica Vos: la storia, Paolo dichiara, è al presente in una grande notte
mondiale.3 Ma con la venuta di Cristo, si può dire che la notte è terminata e che il
giorno è ora vicino. La grande notte mondiale è nel processo di essere dispersa da
parte del Signore col suo evangelo, ed il grande giorno albeggerà alla sua venuta. I
credenti vengono dunque richiamati a rivestirsi dell’ “armatura della luce” e di
prepararsi. Per i non credenti, comunque, il Giorno del Signore è tenebre e non luce
(Am. 5:18). Inoltre, le doglie del parto descritte in 5:3 appartengono alla creazione
intera, la quale geme ed è in travaglio per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio
(Ro. 8:19-23).
2 Tessalonicesi 2
2 Ibid.; p. 125
3 Geerardus Vos: The Pauline Eschatology; Grand rapids; Eerdmans, 1930, p.81.
199
Venga il Tuo Regno
Paolo tratta questa questione indicando che certe cose devono trasparire prima
che avvenga la resurrezione generale. Queste cose sono:
1. L’apostasia (2:3)
2. La manifestazione dell’uomo del peccato (2:3-6,8-12)
3. La venuta del Signore (2:8)
4. Il potere che attualmente impedisce o trattiene il male viene tolto (2:6-7)
A questo punto è istruttivo rivedere alcuni dei punti cardinali di Apocalisse, come
concepisce il futuro:
È necessario, inoltre, richiamare l’attenzione al fatto che c’è una comune confusione
di diversi termini. Anticristo e “quell’empio” (2:8) sono pretesi un'unica figura, e i
due termini sono divenuti intercambiabili, ma non c’è fondamento valido per questa
scelta.
Prima di tutto, anticristo è un nome usato solo da san Giovanni, in 1 Gv. 2: 18,
22; 4:3 e in 2 Gv.7. L’originale greco acclara la definizione di anticristo, il quale è
descritto come già qui ai giorni di Giovanni: “Costui è l'anticristo, che nega il Padre e
il Figlio”. Leggere un anticristo è tradurre male il Greco.
Non c’è assolutamente alcun fondamento per intendere anticristo in modo
diverso da come Giovanni l’ha dichiarato essere: qualsiasi e ogni persona, dentro o
fuori la chiesa, la quale neghi il Padre e il Figlio. Abbiamo avuto anticristi con noi dai
giorni di san Giovanni.
Secondo, l’uomo del peccato (anomia4 -senza legge) manifesta la vera natura
del peccato, essere come Dio, usurpare il suo trono. Il peccato di Adamo è fatto
divenire il principio della religione per l’uomo del peccato, il quale, come Giuda, è
chiamato il “figlio della perdizione” (2:3), cioè esposto, marchiato come Giuda quale
apostata e traditore. Deifica se stesso e ha il potere “bugiardo”, portenti, segni e
prodigi (in v. 9 “bugiardi” qualifica portenti, segni e prodigi e non solo prodigi). La
traduzione del Berkeley rende “il mistero dell’iniquità” di v. 7 con “il principio
nascosto dell’empietà”. Così, o un movimento, o un movimento capeggiato da una
figura, incorpora il principio di Satana e la sua tentazione in un assalto diretto
all’ordinamento di Dio, in un tentativo di sostituire l’ordinamento di Dio con
l’ordinamento dell’uomo, il nuovo dio. Ciò significa, perciò, un ordinamento totale in
chiesa, stato, e qualsiasi altra cosa, nel quale viene incarnato il principio di “anomia”,
4 N.d.T. L’Inglese ha “lawless” e “lawlesness”. In Italiano manca una parola che traduca bene il senso di “a-nomia”
cioè senza-legge, dunque da qui userò il termine “anomia”.
200
Venga il Tuo Regno
di contrarietà alla legge, di contrarietà a Dio. Chiesa e stato seguono le orme di
questa “azione di Satana”(2:9).
Terzo, un potere restrittivo ordinato da Dio, un potere che impedisce, verrà
tolto. L’anomia in questo modo governerà anziché essere governata. Ovviamente,
perciò, il principio di legge nella chiesa, nello stato, nella casa e in qualsiasi altro
luogo, ma specialmente nel governo civile, sarà “tolto di mezzo”, sarà rimosso dal
principio dell’anomia.
Quarto, Gesù Cristo “distruggerà quest’empio o l’iniquo (il senza legge) che
egli consumerà col soffio della sua bocca e annienterà all’apparire della sua
venuta” (2:8). Questo è un procedimento di distruzione prima per la Parola (lo spirito
della sua bocca), e secondo, con la sua venuta. Una parte del procedimento di
distruzione implica l’azione di Dio con la quale egli manda “una forte delusione”
“efficacia d’errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli
che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nella malvagità” (2:11-12).
Quinto, lo scopo di Paolo in questa lettera non è di soddisfare la curiosità degli
uomini riguardo alle cose che devono avvenire, ma di prepararli alla battaglia contro
le potenze delle tenebre. Proprio come Dio divenne carne e la giustizia di Dio fu resa
manifesta nella persona di Gesù Cristo, così “l’anti-legge” sarà reso manifesto nel
principio dell’anomia, del peccato. La tentazione di Satana, anziché essere la
vergogna dell’uomo, sarà elevata a orgoglio e gloria dell’uomo. Ma la vittoria è
assicurata in Cristo, e i santi sono chiamati alla battaglia fino alla vittoria. Paolo
scrisse per “confortare i vostri cuori e confermarvi in ogni opera buona” (2:17).
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Venga il Tuo Regno
SALMO 149
LA CHIAMATA È ALLA VITTORIA
1 Joseph Addison Alexander: The Psalms; Grand Rapids, Zondervan, 1864, p. 563.
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Venga il Tuo Regno
difende 2 . Ma tale difesa è triste, e rincresce in un abile commentatore. Era l’azione di
Dio morale allora e immorale ora?
La negligenza verso questo Salmo, e di molti altri passi similari, avviene a
motivo della prevalente eresia del disfattismo, un credo Manicheo che Satana
trionferà nel mondo materiale e solo la seconda venuta ribalterà questa sconfitta.
Questo Salmo parla incondizionatamente, e parla di vittoria. Coloro i quali
rifiutano di credere che la storia vedrà il trionfo del popolo di Dio, la loro vendetta
sui nemici di Dio, e il loro governo in giustizia e verità, stanno negando a Dio la lode
che gli è dovuta.
Salmo 149 è uno dei salmi de “Il Grande Hallel” (Sl. 146-150) è fondamentale
alla lode di Dio, alla “lode espressa con potenza” 3.
Un punto finale: i commentatori che, trattando questo Salmo come applicabile
esclusivamente alla storia d’Israele, allora e solo allora difendono la sua moralità,
rivelano la propria immoralità. Limitare una giustificazione della vittoria alla storia
da tempo passata è spaventoso. Il loro Dio è morto; era in funzione solo nell’antico
passato d’Israele. Tali uomini sono colpevoli di bestemmia e meritano la vendetta di
Dio, che siano credenti o meno. Il Signore è un Dio di battaglia e di vittoria. Non c’è
altro Dio. Le Scritture conoscono un solo vero Dio, ed egli non cambia.
2 H.C. Leupold: Exposition of the Psalms; Columbus Ohio, Wartburgh Press, 1959, p. 1001-1005.Nel v.3, Leupold
insiste nel tradurre la semplice parola “danza” in “danza solenne!”. Se c’è in questo salmo qualcosa di chiaro è che è
significata gioia esuberante, non solennità. Una “danza solenne” è il tipo di bestemmia pretenziosa messa in campo
dalle chiese moderniste. Leupold assume che sia significata una danza religiosa. Dalla prospettiva delle Scritture, tutte
le cose sono religiose, ma solo atti di adorazione sono associati col santuario.
3 Lesile S. M’Caw. “The Psalms” , in F. Davidson, A.M. Stibbs, E.F. Kevan, editori: The New Bible Commentary;
Grand Rapids, Eerdmans, 1953; p. 513.
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