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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM

Facoltà di Teologia, licenza in teologia spirituale

Elaborato di fine semestre del


seminario spiritualità
francescana e carmelitana a
confronto

Professore: P. Joseph Spence, FFm


Studente: Jorge Barreiro Ortega
Numero di Matricola: 14312
ETEO1001 Elaborato di fine semestre
Roma, 2 febbraio di 2022
LA NOTTE COME CAMMINO DELL’ANIMA VERSO DIO

I. Introduzione
La vita spirituale si capisce dentro la dinamica relazionale tra l’uomo e
Dio. Essendo questo ultimo chi fa la chiamata a l’essere umano e fa possibile il
suo inserimento nella vita soprannaturale.
Quindi la vita spirituale essenzialmente consiste in un rapporto personale
tra Dio che chiama e l’uomo che risponde a tale chiamata, trovandosi alla base di
questa relazione l’amore, come elemento fondante di tale scambio.
Se si parla di relazione interpersonale, allora, si deve parlare di esperienza,
perché, a punto, un concetto chiave dentro della nozione di vita spirituale, è quello
di «esperienza». L’essere umano che intraprende un dialogo con il suo Creatore,
non può non vivere l’influsso che tale dialogo porta con sé, sia a livello
intellettuale, volitivo e affettivo.
Ed è giustamente tale coscienza –di Dio–, che il soggetto ne prende tramite
le esperienze di dialogo amoroso, la materia di studio della teologia spirituale1.
Concepire la vita spirituale nella inquadratura del dialogo fa capire
l’aspetto dinamico di questa: l’uomo in questo rapporto, ogni volta più profondo,
comincia a percorrere un cammino di trasformazione che lo porterà alla maturità
spirituale, cioè alla pienezza della vita cristiana. Se deve sottolineare a questo
punto, che tale itinerario è progressivo. La tradizione della spiritualità porta
tantissimi esempi di autori che hanno cercato di descrivere propriamente tale
cammino di gradualità fino ad arrivare alla pienezza della vita in Cristo.
In questo processo verso la intima unione con Cristo, si ha il consenso
delle due grandi tappe o fasi che conformano tale itinerario: la fase ascetica e la
fase mistica.
Riguardo alla fase ascetica, c’è stata sempre chiarezza riguardo al fatto che
il cammino spirituale comporta uno sforzo da parte dell’uomo: «nella vita
cristiana è sempre necessario lo sforzo per cooperare alla grazia divina e
disporsi a ricevere un incremento di vita spirituale».2
1
Cfr. BERNARD, A., Teologia spirituale, Ed. Paoline, Roma 19832, 62.
2
BERNARD, A., Teologia esp…, 24
La situazione in torno alla mistica è stata abbastanza diversa. Fino al
secolo scorso c’era il dibattito riguardo alla apertura o accessibilità di questa fase
per tutte le persone. Infatti, l’idea di che la fase mistica fosse una esperienza
riservata soltanto per alcuni –nel senso che non tutti avessero la capacità di
raggiungerla–, era condivisa non per pochi autori spirituali.
La conseguenza di questo, era lo spaccarsi della unità della teologia
spirituale in due trattati, quello di mistica e quello di ascetica. Essendo soltanto
questo ultimo accessibile a tutti.
Come risposta a questo problemi autori come Garrigou-Lagrange si sono
preoccupati di sottolineare la continuità tra queste due, con l’argomento di fondo
di che siccome la perfezione cristiana va crescendo grazie alla azione divina,
quindi una operazione soprannaturale, non si possono contrapporre, la ascetica e
la mistica, ma tutte e due rappresentano una unità nello sviluppo della vita
spirituale3.
Nel caso del presente lavoro si cercherà di esporre a modo sintetico alcuni
tratti di questo itinerario verso l’intima unione con Cristo, secondo la proposta
fatta da San Giovanni della Croce, soprattutto facendo commento alla nozione di
notte come elemento chiave dentro dell’itinerario spirituale del dottore
carmelitano.

2. La notte nel itinerario spirituale di San Giovanni della Croce

L’opera del dottore carmelita si sviluppa in tensione verso quello che il


Concilio Vaticano II indica come la vocazione di tutti i cristiani, senza
distinzione: una comunione intima e vitale con Dio, la quale offre, a sua volta, un
senso superiore o totalmente nuovo alla esistenza umana4.
San Giovanni della Croce, è convinto che la esistenza quotidiana
dell’uomo non ha altro scopo che cercare la unione intima con Dio, che viene al
nostro incontro. E avendo come fondamenta tale convinzione propone un intero
itinerario per raggiungere quello.

3
Cfr. ASTI, F., Spiritualità e mistica. Questioni metodologiche, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano, 2003, 49.
4
Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, 19, 1.
Sono due i trattati ove il santo carmelitano, a modo di commento, espone i
principi che guidano l’ascesa dell’anima fino ad arrivare alla profondità
dell’unione divina.
Come si è appena detto, i due trattati sono un commento della poesia di
«en una noche oscura» infatti, di questo cantico il dottore riporterà il succo della
sostanza psicologica, filosofica, teologica e spirituale della sua proposta di
itinerario di unione5: «¡Oh noche que guiaste! ¡Oh noche amable más que la que
la alborada! ¡Oh noche que juntaste Amado con amada, amada en el Amado
transformada!».6
Questo piccolo frammento lascia intravedere l’importanza che per il santo
ha il simbolo della notte. Perché a punto, per Giovanni, l’anima deve camminare
nella notte verso Dio7. L’unione dell’anima con Dio, significa, per san Giovanni,
raggiungere il più alto stato della perfezione, ovviamente questo scopo ha di
comprendere tutto un processo di purificazione. Ed è in questa ottica che si
capisce meglio la nozione di notte: «notte per san Giovanni della Croce, vuol dire
privazione e nudità (…) sono le privazioni e le purificazioni attraverso le quali
l’anima deve passare per raggiungere l’unione con Dio».8
La notte in san Giovanni, però, non è univoca, nel senso che tale nozione
inserisce diverse fasi che l’anima ha di compiere, sia con il proprio sforzo che con
la gratuità da parte di Dio.
Una prima divisione della notte corrisponderebbe a quello che si diceva
prima, riguardo alle due tappe dell’itinerario spirituale: la tappa ascetica e la tappa
mistica. In effetto, Giovanni parla di due notti, una attiva e un’altra passiva:
«activa es lo que el alma puede hacer y hace de su parte para entrar en ella (…)
pasiva es en que el alma no hace nada, sino Dios la obra en ella».9
Se capisce, allora, che il processo di purificazione che dovrà intraprendere
l’anima comporta una duplice azione, una rappresentata dallo sforzo umano e
un’altra offerta direttamente da parte di Dio. Tutte e due –così come capita con la
fase ascetica e mistica– non sono due realtà che si contrappongono, ma

5
Cfr. San Juan de la Cruz, Obras completas (edición crítica), Fonte, Burgos, 20197, 155.
6
Salita e notte, str. V.
7
Cfr. I Subida, c. II, 1.
8
M. E. DI GESÙ BAMBINO, voglio vedere Dio, Ed. Vaticana, Città del Vaticano 2009, 603.
9
I Subida, c. XIII, 1.
appartengono alla stessa realtà che comprende la vita spirituale. Di fatto la notte
attiva prepara e fa merito –per così dire– per entrare alla notte passiva.
La convenienza della notte è affermata dal santo con tre motivi principali:
in primo luogo, l’uomo dovrà cominciare un processo di negazione dei propri
appetiti e la mancanza di questi, è come una notte per l’anima; in secondo posto,
la notte fa riferimento al cammino che si intraprende, essendo un cammino di
fede, questo è anche notte per l’intelletto; finalmente, Dio stesso è notte per
l’anima.10
In modo plastico, il passaggio che si da dall’una all’altra, e che ritratta
l’intero itinerario spirituale giovanneo, si potrebbe descrivere nel modo seguente:

«si potrebbe tracciare una linea retta dal basso in alto che simboleggi il
ruolo personale dell’attività dell’anima, poi partendo da un certo punto di
questa linea, descrivere un arco circolare che da essa nasca, se ne scosti,
per raggiungerla in cima, materializzando l’iniziativa divina».11

Inoltre a quella prima divisione della notte, occorre menzionarne una seconda, che
ha che vedere con le fasi o modi che ognuna delle notti ha. Sin dall’inizio di
Subida, il dottore carmelitano sottolinea che la notte va composta per ben due fasi,
la prima corrispondente alla purificazione del senso e la seconda alla purificazione
dello spirito12. Questa divisione si ritrova poi, nel libro di Noche oscura.
Concludendo, si possono differenziare quattro modi in cui la notte si
presenta: la notte attiva, sia quella del senso che quella dello spirito e la notte
passiva, la quale opera ugualmente negli affetti sensibili e spirituali. Essendo la
prima notte lo spazio privilegiato dove l’anima cercherà di raggiungere, quanto
possibile, la perfezione, questa notte non fa si no disporre l’anima per ricevere
l’azione di Dio –nella notte passiva–, la cui è veramente efficace per purificare in
modo completo le imperfezioni che impediscono la vera unione d’amore.

3. La purificazione del senso e dello spirito. Le due notti13.

10
Cfr. I Subida, 2,1.
11
LUCIEN M., Introduzione alla Montée du Carmel, p. 7; en M. E. DI GESÙ BAMBINO, voglio
vedere, 626.
12
Cfr. I Subida, c. I, 2.
Conviene ora soffermarsi sulle due fasi purificatrici che comportano le
notti, quella del senso e quella dello spirito. San Giovanni lo presenta in questo
modo: «la una noche o purgación será sensitiva, con que se purga el alma según
el sentido, acomodándolo al espíritu; y la otra noche o purgación espiritual, con
que se purga y desnuda el alma según el espíritu».14
Le due fasi della notte, sebbene formano un insieme, sono ben distinte, e
questa distinzione è in ordine alle regioni dell’anima nelle quali si svolgono
quanto al proprio scopo.
Per prima cosa, le due fasi della notte rispondono a una visione
antropologica che concepisce l’uomo da due perspettive, la dimensione corporea e
spirituale, o usando il modo di dire del santo carmelitano, la parte inferiore e
superiore dell’uomo.15
Quindi sono due notti o due parti della stessa notte, questo trova
fondamento partendo dal principio che definisce l’uomo come unione sostanziale
di anima e corpo.
La prima parte della noche activa si chiama anche noche del sentido,
perché giustamente fa riferimento a una purificazione della parte sensitiva
dell’anima: «es la privación y purgación de todos sus apetitos sensuales, acerca
de todas las cosas exteriores del mundo y de las que eran deleitables a su
carne».16
Ed evidente come il santo percorre l’itinerario in senso logico secondo la
stessa struttura dell’uomo. Si comincia per la sensibilità, essendo questa l’inizio
del processo cognoscitivo dell’essere umano. La giustificazione di questa prima
purificazione san Giovanni la presenta nel modo seguente: «todas las afecciones
que tiene –l’uomo–, en las criaturas son delante de Dios puras tinieblas; de las
cuales estando el alma vestida, no tiene capacidad para ser ilustrada o poseída
de la pura y sencilla luz de Dios»17.

13
La esposizione si concentrerà, per motivi pratici, nella notte attiva, giacche si presenta in modo
più chiaro lo schema che comprende la dinamica delle purificazioni.
14
I Noche, c. VIII, 1.
15
Cfr. Subida, 1,1. Introducción
16
I Subida, 1, 4.
17
Ibid., 4, 1.
Quando si parla di tendenze o potenze sensibili, si intendono i sensi interni
ed esterni, oltre a l’immaginazione, il processo che si porta avanti è quello di
adattare queste potenze sensibili e farli adatte alla vita dello spirito.18
Una volta che le tendenze della parte sensitiva dell’anima si sono pacati, si
entra nella seconda fase della notte, la noche del espíritu. Questa seconda notte, in
parole del dottore carmelitano consiste nella nudità dello spirito, infatti, è
necessario «desnudar el espíritu de todas las imperfecciones espirituales y
apetitos de propiedad en lo espiritual»19.
Occorre sottolineare che questa seconda notte è qualitativamente diversa
alla prima, giacché qua si parla di una profondità maggiore in rapporto all’uomo e
per tanto richiede uno sforzo maggiore, ma va anche segnalato che l’aiuto divino è
maggiore perché entra in gioco la virtù teologale della fede: «la noche de la fe
corresponde a la parte más elevada y racional, y es por tanto, interior, y priva al
alma de la luz de la razón o la ciega».20
Riprendendo il concetto di nudità dello spirito, in questa seconda parte
della notte le purificazioni riguardano, in modo specifico, le potenze dell’anima:
intelletto, memoria e volontà, «la desnudez, que se exige para esta unión
transformante, tiene que actuarse en el entendimiento por medio de la fe, en la
memoria por la esperanza, y en la voluntad por el amor».21
La visione tripartita che il santo carmelitano ha dell’uomo a questo punto
trova corrispondenza con le tre virtù teologali –fede, speranza e carità–, essendo
che ognuna di loro, porterà avanti il processo di purificazione di ognuna delle
facoltà.
La fede permette all’intelletto una conoscenza certa, nonostante questa si
trovi in mezzo della notte, anzi è necessaria la fede per poter percorrere questa
notte dell’intelletto. La speranza permette alla memoria, gradualmente, uno
svuotarsi, essendo in grado di sperare soltanto in Dio. La carità conduce all’anima
ad amare Dio sopra ogni cosa e permette alla volontà, un distacco da tutte le
creature.22

18
Cfr. M. E. DI GESÙ BAMBINO, voglio vedere, 624.
19
II, Subida, 1, 1.
20
STEIN, E., «ciencia de la cruz» en Obras completas vol. V, Monte Carmelo, Burgos 2004, 250.
21
STEIN, E., «ciencia de…», 253.
22
Cfr. STEIN, E., «ciencia de…», 253.
A modo di sintesi, in questa seconda tappa della notte, si intraprende la
purificazione delle potenze dell'anima, questo secondo la vita teologale, ma
occorre sottolineare, che di tutte e tre virtù, la fede occupa un posto privilegiato,
giacché essendo mezzo adeguato, per raggiungere Dio, è l’elemento chiave di
questo itinerario, che consiste, in parole del santo nel «subir por esta divina
escala de la fe, que escala y penetra hasta lo profundo de Dios».23
Facendo un paragone con la dottrina Teresiana esposta nel castello
interiore, si può osservare come, la notte attiva di san Giovanni, corrisponde alle
tre prime mansioni del castello di Teresa, cioè la fase ascetica. Sarebbe l’ingresso
nella notte passiva l’inizio della fase mistica, quello che in Teresa corrisponde
all’ingresso alla quarta dimora con il passaggio dall’orazione di raccoglimento a
quella di quiete.
Da questa ottica si capisce meglio come la notte attiva sia una fase
preparatoria nella quale si potrebbe dire che quello che si focalizza è il volere
umano: «nella prima fase preparatoria, poiché Dio non interviene direttamente
nella vita spirituale dell’anima, questa conserva l’iniziativa della sua attività
spirituale».24
L’uscita però di questa fase, no se deve intendere come qualcosa di
istantaneo, ben sappiamo ormai, che quando si parla di vita spirituale e
dell’itinerario che questa comporta, la nozione di progressione è una chiave di
lettura. Dunque, del caso della seconda fase, in un primo momento, la notte attiva
e la notte passiva –del senso però– vanno di pari passo, e l’azione divina,
assumerà in modo progressivo il processo di purificazione, essendo necessaria la
sottomissione al voler di Dio.25
Questa dinamica tra la notte attiva e passiva conferma il fatto che nella
dinamica della vita spirituale e concretamente nelle due fasi principali, queste due
–ascetica e mistica–, non si possono separare, ma invece, nello sforzo ascetico, ci
sarà sempre qualcosa di gratuità mistica, e nonostante si abbia raggiunto la vita
mistica non si può lasciar perdere in modo definitivo lo sforzo ascetico. Infatti una

23
II Subida, 1, 1.
24
M. E. DI GESÙ BAMBINO, voglio vedere, 628.
25
Cfr. Ibid., 629.
volta che Dio ha preso l’iniziativa tramite la notte passiva questa avrà la
supremazia sulla notte attiva, dovendo quest’ultima prenderne il ritmo e adattarsi
alle sue dinamiche.26

4. Commento conclusivo.

La notte di San Giovanni della Croce presenta in modo meraviglioso


quello che si potrebbe considerare il paradosso del cristianesimo, per raggiungere
Colui che è la luce indefettibile, il cristiano si dovrà sommergere nell’oscurità de
la notte; questo ha come sfondo quello che Gesù ci dice nella parabola del chicco
di grano, nel vangelo di Giovanni (cfr. 12, 24) se il chicco non cade per terra e
muore, non darà frutto.
Ebbene come cristiani siamo chiamati a dare frutto abbondante, siamo stati
creati per quello, e quello che rappresenta una sfida per noi –la lotta che comporta
una vita spirituale ben vissuta–, non è altro che un rispondere secondo quello che
siamo. Dio già dalla nostra creazione ci ha fatto capax Dei, in modo che possiamo
rapportarci con Colui che ci attira a sé.
Autori della grandezza del dottore carmelitano ci hanno offerto un intero
itinerario per percorre la via che porta alla salvezza. Ma san Giovanni ce l’ha fatto
arrivare avvolto di una bellezza di linguaggio squisita. L’opera del santo del
Carmelo non è altro che una testimonianza chiara e contundente di un’anima che
non ha avuto paura di lasciare tutto, salire sul monte, e prender parte, con la casa
sosegada, a la cena que recrea y enamora.

26
Cfr. M. E. DI GESÙ BAMBINO, voglio vedere, 629.

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