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- ROMAE
LE COSTITUZIONI TERESIANE
Nel dare inizio a questa semplice istruzione sulle Costituzioni della nostra santa
Madre Teresa, viene spontaneo alla memoria un duplice ricordo: quello della sua
morte e quello del Capitolo di Alcalà, tenutosi alcuni mesi prima, nel marzo 1581, e
che per le Carmelitane Scalze significò soprattutto la promulgazione e la edizione
delle Costituzioni teresiane. Tra le parole pronunciate dalla Santa sul letto di morte
si distingue una trilogia che condensa i sentimenti dominanti della Madre quando
ormai si prepara a celebrare la sua Pasqua definitiva: riguardano "Cristo-Sposo", la
"Chiesa-Madre" e Teresa di Gesù "peccatrice" bisognosa di salvezza. «O mio Sposo,
è tempo che ci vediamo» - «Muoio figlia della Chiesa» - «Cor contritum... Ne
projicias me a facie tua».
Le monache di Alba, testimoni della sua morte, ricordano non solo le parole, ma
anche il tono e il calore materno con i quali la Santa le pronunciò. Ella stessa
«chiamò tutte le monache e si rivolse loro con molta amabilità e tenerezza
dicendo...».(2) Parlò «con molto fervore, con animazione e affetto verso le monache,
chiamandole sorelle e signore, domandando loro con insistenza, per amor di Dio,
che osservassero la Regola e le Costituzioni».(3) Ancora più espressiva la
testimonianza di Caterina di sant'Angelo: «fu presente alla sua morte e questa
teste vide che, quando si sentì morire, ella era piena di fervore e spirito e parlava
con amore, fervore, unzione e tenerezza alle monache, chiamandole 'sorelle e
signore mie', e domandando loro con molta insistenza l'osservanza delle Regole e
Costituzioni, e animandole alla povertà».(4)
Non erano parole improvvisate in quel momento. Le aveva pronunciate tante volte
in vita. Appena un anno prima se le ricordava il padre Gracián, Provinciale, nella
lettera di dedica delle Costituzioni di Alcalà, edite in Salamanca. Così scrive Gracián
"alla molto religiosa Madre Teresa di Gesù, fondatrice dei monasteri delle monache
carmelitane scalze": «Il consiglio principale e più frequente che ho sempre sentito
che rivolge loro (la Santa alle sue monache) e che non cada mai dalle loro mani la
legge di Dio, la Regola e le Costituzioni dell'Ordine, così da leggerle ogni giorno, e
non escano dalla loro mente per averne la comprensione, né dalla memoria per
meditarle, né dal cuore per obbedirvi e custodirle perfettamente». E così
concludeva la sua dedica alla Santa: «V.R. preghi nostro Signore e la Vergine Maria
nostra Signora che le sue figlie le osservino come è loro dovere, e dia a me la
grazia per sempre servirla e in tutto possa esserle gradito, perché io mai tralascio
di pregare la divina Maestà che ce la conservi molti anni con tanta salute e spirito
come io le auguro e come ci abbisogna. Amen».
Esporremo dapprima il cammino seguito dalla Santa nella elaborazione del testo
costituzionale e in un secondo momento - a modo di conclusione - diremo qualcosa
sul significato delle Costituzioni stesse e sul posto che occupano nel magistero della
Santa.
1. Fin dalla fondazione di San Giuseppe d'Avila la Santa si mostra quasi alla pari
fondatrice e legislatrice. Fondatrice per l'impulso carismatico interiore. Legislatrice
in virtù dei Brevi pontifici che le giungono da Roma: «... alla priora e alle monache
che vi si troveranno (in San Giuseppe), in ciò che concerne il felice e buon governo
del detto monastero, diamo licenza e libera facoltà di fare statuti e ordinamenti
leciti e onesti... e con autorità apostolica stabiliamo che tali costituzioni e
ordinamenti... siano sin d'ora confermati e debbano essere osservati
inviolabilmente».(5) Facoltà, queste, confermate e ripetute nella Bolla di Pio IV, tre
anni più tardi (17.7.1565), con espressa menzione di «Teresa di Gesù, abbadessa o
madre al presente» del monastero di San Giuseppe.(6)
2. Nel suo compito di legislatrice, la Santa procedette con buon senso, senza
precipitazione, con sobrietà e opportunità. Iniziò con l'esperienza prima di
legiferare, come ci testimonia Maria di San Giuseppe (Salazar). Ciò spiega il lento
processo redazionale delle sue Costituzioni. Cominceranno con un breve abbozzo
nel primo quinquennio di San Giuseppe d'Avila, e giungeranno alla loro forma
definitiva solo nel 1581.
La Santa, per elaborarle, utilizzò anche l'esperienza altrui, specialmente quella già
fatta dalle comunità di vita rinnovata o riformata del suo tempo. «Andava
osservando con gran discrezione ciò che si faceva nelle altre famiglie religiose, e da
lì prendeva ciò che le tornava meglio per la sua, lasciando ciò che non le serviva
[...] Andò anche al monastero di Nostra Signora della Pietà a Valladolid, che
appartiene alle Scalze dell'Ordine di San Francesco, molto osservanti e ferventi; da
loro prese la povertà del refettorio, la semplicità del tratto fra le religiose, e tutto
quello che più le piacque».(7)
3. La Santa sentirà tutta la vita la sua responsabilità circa le Costituzioni dei suoi
Carmeli. Però a misura che le sue fondazioni aumentano e la nuova famiglia va
configurandosi come istituzione religiosa, i poteri legislativi della Santa
diminuiscono progressivamente ed ella medesima passa in penombra, anche se
resterà vigilante e attiva fino all'ultimo momento.
Non sembra che Pio IV abbia approvato formalmente le Costituzioni primitive di San
Giuseppe.(8)
In occasione del Capitolo della separazione (Alcalà 1581), le facoltà chieste a Roma
per convocare il capitolo e legiferare non saranno più indirizzate alla Madre
Fondatrice: anzi il breve di erezione della provincia non la menzionerà neppure;
attribuirà le origini della nuova famiglia ad "alcuni religiosi" che verso il 1565 (!) si
proposero di seguire "con fedeltà e rigore la Regola primitiva"; e conferirà poteri
legislativi al capitolo e ai capitolari di Alcalà, derogando a ogni tipo di facoltà
anteriormente concesse, ivi comprese ovviamente quelle conferite quasi vent'anni
prima alla Madre Teresa di Gesù.
Questo tassativo irrigidimento giuridico non impedirà - come vedremo - che anche
in questo momento, e in seguito, la Santa continui a sentirsi responsabilizzata della
vita dei suoi Carmeli e delle leggi che devono animarli.
2. Però questa primizia della penna teresiana non è arrivata fino a noi. Conosciamo
il suo contenuto solo indirettamente. Verso gli anni 1568/1569 servì di base per
l'abbozzo di Costituzioni fatto dai primi frati di Duruelo e destinato agli Scalzi. La
Santa aveva mostrato un particolare interesse perché questi, prima di iniziare la
vita riformata, la imparassero da lei e dai suoi Carmeli. A questo scopo portò con sé
a Valladolid fra Giovanni della Croce, giovane più malleabile e promettente, perché
si informasse «di ogni nostra maniera di procedere perché ne riportasse una buona
comprensione su tutto, sia per la mortificazione che per lo stile di fraternità e
ricreazione che abbiamo insieme, [...] lo stile di vita delle sorelle» (Fond. 13, 5, e
prima 10, 4).
Una volta a Duruelo, fra Antonio di Gesù e Giovanni della Croce abbracciarono la
Regola primitiva e adottarono le Costituzioni teresiane per elaborare le proprie. È
arrivata fino a noi la minuta autografa del P. Antonio di Gesù. Si conserva
nell'Archivio generale dei Carmelitani calzati di Roma, preparato per revisione e
firma del P. Generale Rubeo.
d) I titoli degli otto articoli nei quali è suddiviso il testo può offrirci una certa idea
dei punti di legge. Essi sono: 1) ordine per le cose spirituali, 2) la comunione, 3) le
cose temporali, 4) digiuno e astinenza, 5) la clausura, 6) i novizi, 7) gli uffici umili,
8) cura degli infermi.
4. Gli otto articoli, con il medesimo ordine, sussisteranno nel testo delle Costituzioni
che la Santa completerà e diffonderà in seguito nei suoi Carmeli. Così come si
presentano in questa prima redazione, formano un trattato estremamente
semplice, emanazione diretta del carisma teresiano appena sbocciato. Si comincia
dalle cose spirituali: liturgia e orazione personale. Si dedica particolare attenzione
alla separazione della casa e al raccoglimento delle sorelle: la clausura. E si
conclude (paragrafo ottavo) con l'amore per le inferme, il lavoro, la ricreazione, la
correzione fraterna e la povertà della casa.
Nel conventino di San Giuseppe questo quadro elementare di norme aggiunte alla
Regola bastava, perché assunto e potenziato dalla pedagogia e dagli insegnamenti
del Cammino di Perfezione. I tre testi - Regola, Costituzioni, Cammino -
configuravano lo stile di vita comunitaria inaugurato in quella casa.
1. A partire dal 1567 le fondazioni si moltiplicano. Con esse non solo cresce
l'esperienza della Santa quanto a vita religiosa, ma anche gli stessi Carmeli
teresiani vanno configurandosi ed esigendo una codificazione più completa delle
proprie Costituzioni. Ad esempio la esigono:
c) Poco dopo (fine del 1569), sui Carmeli cominciano ad agire i Visitatori Apostolici,
facilmente tentati di imporre "atti" che modifichino o sovraccarichino la vita e le
Costituzioni teresiane: benché la vigilanza della Santa cerchi di salvaguardare una
legislazione semplice, sobria e stabile, e di opporsi alle intrusioni autoritative di chi,
dall'esterno, non capisce la vita specifica dei suoi Carmeli.
2. Questa serie di motivi tiene all'erta la Santa di fronte al testo delle sue
Costituzioni e la induce a ritoccarlo e completarlo. Non conosciamo la data esatta in
cui fece tali ritocchi. Né possediamo il manoscritto autografo del nuovo testo.
Abbiamo però un testo sicuro, fedelmente pubblicato dal padre Silverio di Santa
Teresa(10) e dai successivi editori delle Opere della Santa. Testo venerabile per molti
motivi: è quello che la Santa porta con sé di fondazione in fondazione fino all'anno
prima della morte; è quello che lei stessa offre al Carmelo de La Imagen, fondato
dalla sua amica Maria di Gesù, e osservato fedelmente in quel monastero per vari
secoli, e su cui Gracián (proprio lì a La Imagen, Alcalà) scoprirà il carisma della
Madre Teresa. È il testo con cui la Santa da l'avvio alla seconda fondazione di Scalzi
(colloquio con il P. Mariano e fondazione di Pastrana nel 1569: Fond. 17, 3 «mi fu
detto da nostro Signore che portassi la Regola e le Costituzioni»). Saranno queste
le pagine che la Santa manderà al Capitolo di Alcalà perché su di esse si elaborino
le Costituzioni definitive.
3. Ecco un breve sommario del contenuto, o piuttosto delle novità introdottevi dalla
Santa:
4. Fin dall'inizio della nuova serie di fondazioni, la Santa procurò che le sue
Costituzioni ottenessero l'approvazione ufficiale. La concessero in primo luogo -
come abbiamo indicato - il padre Provinciale e il padre Generale. Lo testifica il
primo dei due nel Processo di Beatificazione della Santa: «Questo teste vide e
approvò i capitoli e la regola dei sopradetti monasteri di scalzi, sia di monache che
di frati, che la detta Madre Teresa presentò al Generale del predetto Ordine del
Carmelo, che era allora il Maestro fra Giovanni Battista Rubeo, il quale Generale
vide egli stesso e approvò la detta regola».(11)
Nel 1571, il domenicano Pedro Fernández, iniziando il suo ufficio di Visitatore, non
solo chiede conto del «come si custodiscono la Regola e le Costituzioni che le dette
religiose hanno per osservare quella», ma proibisce ai Visitatori successivi «di poter
alterare cosa alcuna delle Costituzioni o innovare alcunché circa quelle».(12)
Poco dopo, il nuovo Visitatore Gracián torna a confermarle per i Carmeli di Castiglia
e Andalusia il 7 maggio 1576.(13)
Nei tre casi, è evidente che c'è stata di mezzo la Santa con le sue iniziative e con i
suoi suggerimenti. Sorgeranno nuovi incidenti e serie preoccupazioni l'anno
successivo, quando interviene il nuovo Nunzio Filippo Sega. Ma la Santa riuscirà a
scongiurare queste difficoltà. Il suo testo delle Costituzioni può finalmente arrivare
serenamente al Capitolo di Alcalà, libero da pressioni estranee, presentato ai
capitolari direttamente dalle sue mani di Fondatrice.
Il Breve pontificio Pia Consideratione che erigeva la Provincia (22 giugno 1580)
conferiva al Capitolo facoltà per «fare, mutare e alterare e, se lo crederà opportuno,
abrogare del tutto e rifare di nuovo qualunque statuto o ordinamento che convenga
per il bene della Provincia»,(14) sia per gli scalzi che per le monache.
La Santa per suo conto prese una posizione netta: procurare che nel Capitolo si
stabilissero e sanzionassero le Costituzioni dei suoi Carmeli, ma che, se possibile, i
Capitolari in quanto tali non vi mettessero mano.
2. Per realizzare ciò si servì della persona più adatta, il P. Gracián. In quel momento
era lui il miglior collaboratore: meglio di tutti conosceva la vita e le leggi delle
monache e il pensiero della Fondatrice. Era l'uomo chiamato ad organizzare il
Capitolo a fianco del Commissario pontificio. Destinato a diventare il primo
Provinciale degli Scalzi, secondo le previsioni della Santa, che di fatto risultarono
esatte.
Questi tre o quattro giorni sarebbero bastati appena per lavorare sulle Costituzioni
degli Scalzi, che praticamente avevano da essere elaborate integralmente. Già
prima del Capitolo, attorno al Commissario si erano riuniti i padri Gracián, Doria,
Roca, Ambrogio Mariano e il Rettore di Alcalà Elia di San Martino per "una
comunicazione" sul tema delle Costituzioni: quelle degli Scalzi prevalentemente, se
non esclusivamente.
È certo che Gracián, premuto così insistentemente dalla Santa, lavorò per proprio
conto sulle Costituzioni di lei: così sarebbero giunte al Capitolo pronte per la
presentazione e promulgazione. Il Capitolo stesso avrebbe avuto chiara coscienza
che non erano un testo elaborato durante l'assemblea - come quello dei religiosi -
ma il medesimo che già era in vigore fra le monache.
"Poche cose". - Di fatto il revisore (Gracián) aveva trattato con sommo rispetto e
amore il testo della Santa, anche nelle sfumature redazionali. Vi incorporò quasi
tutti i suggerimenti ricevuti da lei nel carteggio degli ultimi mesi. Riordinò il
contenuto e ristrutturò l'opera: non del tutto opportunamente in qualche caso; però
costrettovi dal disordine spontaneo del precedente testo teresiano. (Già sappiamo
che la Santa aveva proceduto per aggiunte: apportando prescrizioni al testo
primitivo; l'ultima di tutte dopo il "Deo gratias" conclusivo). Infine, Gracián aveva
aggiunto all'insieme dei punti indispensabili, come quello relativo all'elezione delle
priore (c. 1º). (Nota)
5. "Il giorno 13 del mese di marzo 1581", le Costituzioni della Santa venivano
promulgate con ogni solennità, in questi termini: «Queste sono le Costituzioni che
noi, i suddetti Commissario Apostolico, Provinciale e Definitori, abbiamo fatto e
ordiniamo nel nostro Capitolo della detta Provincia dei padri dell'Ordine di nostra
Signora del Carmelo della primitiva Regola, che si chiamano Scalzi; e vogliamo e
ordiniamo che tutte le religiose della predetta provincia della Regola primitiva,
chiamate scalze, le abbiano come proprie per osservarle e vivere conforme ad
esse».(17)
1. Si era caduti in un lapsus poco delicato. In quelle Costituzioni di Alcalà non solo
mancava il nome della Madre Teresa di Gesù, ma anche ogni allusione alla sua
persona e al suo precedente lavoro redazionale.
Era la prima opera teresiana che usciva dalle stampe. Si presentava molto bene,
con una devota immagine della Vergine in prima pagina e con il nuovo stemma
della famiglia teresiana come colofone. Un volumetto di 96 pagine, in formato
tascabile (14 x 10 cm.), che comprendeva: le lettere introduttorie di Gracián, la
Regola di Sant'Alberto, le Costituzioni e il "modo di dare velo e professione alle
monache carmelitane scalze". L'edizione era stata curata personalmente dal P.
Gracián a Salamanca. (Vi era stampato "in Salamanca, dagli eredi di Mathias Gast.
1581").
La Santa non riuscì a scongiurare il pericolo. Rispuntò dopo la sua morte. Lo ravvivò
la crisi di crescita della sua Opera e si aggravò con il conflitto che ebbe come
protagonisti il braccio destro della Santa nella revisione delle Costituzioni, P.
Gracián, e il suo sucessore nel provincialato, P. Nicolò Doria. Furono giornate
burrascose che ora non intendiamo ripercorrere. In questa istruzione ci interessano
unicamente i dati indispensabili per cogliere il perché e il come del rapido tramonto
delle Costituzioni.(21)
Il tramonto si consumò nel decennio posteriore alla morte della Santa: 1582-1592.
Come tappe del processo si possono fissare le tre edizioni delle Costituzioni, che si
succedono rapidamente:
Unico punto sostanzialmente ritoccato nel testo era il n.8 del cap. 5 riguardante il
silenzio dopo Compieta, attenendosi alla Regola e alle dichiarazioni del Nunzio.
5. Le cose cambieranno del tutto due anni dopo, con una nuova edizione realizzata
ufficialmente a Roma e provocata dalla stessa Anna di Gesù ed altre religiose
spagnole.
Di fatto, la recente conferma del Nunzio apostolico non offriva sufficienti garanzie di
stabilità. In considerazione di ciò, si ricorre al Sommo Pontefice chiedendo la
conferma definitiva ed insieme altri favori che, quando poi saranno concessi e
introdotti nelle Costituzioni, deformeranno per la prima volta in modo grave il testo
della Santa.
Autori materiali del cambiamento furono i membri della commissione romana che
revisionò le Costituzioni della Santa, le tradusse in latino (che passerebbe a essere
testo ufficiale) e le incluse nel corpo del Breve Pontificio Salvatoris et Domini di
Sisto V, in data 5 giugno 1590.
La più grave alterazione introdotta nelle Costituzioni teresiane appariva nello stesso
titolo del documento, così come fu stampato ufficialmente l'anno medesimo a Roma
e che suonava così: «Confirmatio apostolica Constitutionum Monialium Primitivae
Regulae Ordinis Beatae Mariae de Monte Carmelo discalceatarum nuncupatarum, et
erectio Commissariatus Monialium dictae observantiae».(25)
«La Priora abbia cura che vi siano buoni libri, specialmente i Certosini, Flos
Sanctorum, Contemptus mundi, l'Oratorio dei Religiosi, quelli di fra Luigi de
Granada, e del P. fra Pietro d'Alcantara, perché in una certa misura questo
nutrimento è tanto necessario per l'anima quanto il cibo per il corpo».(26)
Il testo latino delle Costituzioni romane aveva allargato e deformato così l'elenco:
6. Risultato finale: revisione e edizione del P. Doria e della sua Consulta. Oltre i
cambiamenti introdotti nel testo romano, l'erezione di un commissariato generale,
che toccava direttamente il governo della Congregazione, provocò una violenta
reazione fra i Superiori di quest'ultima.
Due anni più tardi (sorvolando qui episodi drammatici del 1590-1591), le
Costituzioni venivano di nuovo pubblicate a Madrid (1592): nuovamente
rielaborate, nuovamente avallate dalla Santa Sede. Però ormai irreversibilmente
distanti dal testo teresiano.
1. Basta tener presenti le parole della Santa sul letto di morte e l'impegno che pose
nell'elaborazione delle Costituzioni, per scoprire l'importanza che ella vi diede.
Nei limiti della presente istruzione non rientra un'analisi o una valutazione del loro
contenuto. Considerata la brevità del testo teresiano, questo studio non risulterà
difficile a una carmelitana o a un qualsiasi carmelo. Sarà sufficiente seguire
l'evoluzione del testo nelle tre tappe già ricordate:
- Il secondo testo puo vedersi integro nelle edizioni correnti delle Opere della Santa,
- Il terzo testo - Alcalà 1581 - si trova nella riproduzione in facsimile della edizione
principe (Salamanca 1581), fatta a Burgos 1978 (Ed. Monte Carmelo, ap. 19,
Burgos, Spagna), oppure in appendice alle Costituzioni del 1991.
Una volta iniziata la vita a San Giuseppe di Avila, non sappiamo fino a che punto
quelle Costituzioni siano servite di riferimento alla comunità. In uno degli appunti
della Santa, si legge questa specie di promemoria senza data: «Giorno della
professione e dell'abito, è delle antiche Costituzioni che le sorelle che l'hanno
ricevuto (l'abito) facciano la comunione». Ci sono poche altre allusioni a queste
"Costituzioni antiche". Non sembra che le primitive costituzioni di San Giuseppe
arrivassero a incorporare la norma che appare nella minuta elaborata dal padre
Antonio di Gesù per Duruelo e che, a modo di conclusione, stabiliva: «Ciò che
ciascuno è obbligato a compiere nel suo ufficio è segnalato nelle nostre sante
Costituzioni (quelle dell'Ordine), a cui rimandiamo».
La Santa Fondatrice preferì non adattare alla vita della nuova casa tali antiche
Costituzioni, ma elaborarle di sana pianta. Un simile deliberato gesto significa
l'abbandono di uno stile di Costituzione (e di vita) e la scelta di un altro,
nettamente diverso. Basterà confrontare i due testi - quello della Santa e quello che
conosciamo con il titolo di "Costituzioni dell'Incarnazione"(29) - per cogliere il forte
contrasto: - nei dettagli, estremamente numerosi nelle "antiche", elementari nelle
teresiane; - nelle dimensioni, ridotte dalla Santa a un quarto; - nel tono: la Santa
ha optato per la sobrietà e la soavità. In contrasto con l'abbondanza di norme di cui
traboccava il vecchio testo, ella ha selezionato le più indicate per definire e
configurare lo stile di vita avviato a San Giuseppe. Un buon indice della differenza
tra le une e le altre può ricavarsi dai capitoli "delle pene", interpolate globalmente
dalle antiche in quelle della Santa.
Non sarà questo il criterio della Santa. Al contrario: la sua prima idea si mosse in
senso inverso: volle che fra Giovanni della Croce e Antonio di Gesù imparassero
dalle monache il nuovo stile di vita e che le Costituzioni di queste servissero da
modello sul quale abbozzare le prime costituzioni di Duruelo. La vita inaugurata a
San Giuseppe, con il suo stimolo e l'originalità del Vangelo, era veramente
l'ispiratrice del nuovo testo teresiano, che perciò nasceva senza prologo né
premesse dottrinali né riferimenti a vecchi testi giuridici, persino con una certa
libertà di movimento di fronte alla Regola, adottata come legge di base della casa.
Nelle stesse Costituzioni la Santa aveva scritto: «...in ciò che è detto, poiché quasi
tutto va ordinato conforme alla nostra Regola...» (n. 31: in quelle di Alcalà si omise
deliberatamente il "quasi", cfr. c.II, n.5, p. 38). Effettivamente, rispetto alla Regola
medesima ella si era comportata con libertà di movimento nella nuova casa, nel
configurare l'aspetto comunitario e di convivenza, soprattutto introducendo l'orario
di ricreazione.
Nei confronti del nuovo libro, durante la vita, manterrà un atteggiamento simile a
quello adottato per le Costituzioni: lo revisionerà e correggerà, lo farà trascrivere
per vari Carmeli, ed ella stessa tornerà a ritoccare queste copie fatte da altre mani.
Infine lo preparerà con cura per la stampa, contemporaneamente alle Costituzioni;
solo che, per difficoltà formali, le pagine del Cammino vedranno la luce con un
ritardo di quasi due anni: Evora 1583.
Insieme al valore dei dettagli, la lettura delle Costituzioni secondo la prospettiva del
Cammino permette di stabilire la gerarchia dei valori nella serie di prescrizioni
normative. Si capisce bene perché la Santa nel testo originale (1ª e 2ª redazione)
abbia dato il primo posto al tema della liturgia e dell'orazione personale (paragrafi 1
e 2) e il suo interesse nel delineare la clausura carmelitana (paragrafo 4). Si
comprende perché si sia preoccupata di definire con tanta cura la fisionomia della
vita comunitaria dosando equilibratamente "solitudine e vita di comunità", "lavoro e
orazione", "coro e ricreazione", "cella e giardino con romitori"...; perché poi abbia
aggiunto il denso paragrafo sulle persone e le diverse funzioni comunitarie ("ciò che
ciascuna è obbligata a fare nel proprio ufficio"). E infine perché abbia
abbondantemente usato, nella sua tipica maniera di usare superlativi, una lunga
serie di prescrizioni: ad esempio sulla fedeltà alla Regola e Costituzioni («si tenga
molto conto di ciò che comanda la Regola», n.24; «tener gran conto perché in tutto
si osservi la Regola e le Costituzioni», n.34; «molta cura di leggere le Costituzioni
alle novizie», n.40 e 57); o a riguardo della selezione delle vocazioni e della
formazione delle novizie («si guardi molto che quelle che si devono ricevere siano
persone d'orazione», «si badi molto...» «non lo si faccia in nessuna maniera, che
sarebbe gran male», «questa costituzione si consideri molto e la si osservi...»
n.21); e così successivamente sulla vita comune, la povertà, il silenzio, la cura delle
inferme («le inferme siano curate con ogni amore, larghezza e pietà... a ciò faccia
molta attenzione la priora ..», n.23). Questi superlativi manifestano la sensibilità
della Santa davanti a situazioni e aspetti della nostra vita religiosa.