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RICORDI E IMMAGINI

Sono Elia Nardin.

Quando cammino per le strade, soprattutto se nel farlo mi trovo in mezzo a grandi città, vedo e
percepisco in ciò che mi circonda delle linearità, delle geometrie, degli spazi bidimensionali e
tridimensionali che semplifico e ri-descrivo come cubi, parallelepipedi, e altre figure solide e non.
Luci e ombre creano riflessi, movimento e spazi nulli. Colgo con lo sguardo attimi del mondo reale e
individuo in loro una geometria descrittiva che non mi lascia indifferente. La regolarità, la semplicità
formale di un oggetto, di un ombra, di un riflesso luminoso, sono momenti coinvolgenti e mi fanno
pensare ad un altra visione, un’altra prospettiva.
https://amslaurea.unibo.it/8946/1/Grementieri_Luca_tesi.pdf

https://www.iskn.co/it/discover/44043875/arti-digitali-un-sguardo-alla-disciplina-alla-moda

https://studiofarnese.com/nicolas-schoffer/

https://socialdesignmagazine.com/mag/grafica/il-renderissement-liperrealismo-industriale-
transizione-tra-design-e-arte/

Questa schematizzazione del mondo che mi circonda, mi sprona ad utilizzare un linguaggio pittorico
astratto. Voglio quindi investigare su quello che è il mio stile artistico, analizzandolo attraverso dei
momenti più o meno precisi che ho vissuto e che mi hanno influenzato in questi 21 anni di vita.

Parto dall’analizzare ciò di cui mi piace parlare in un mio lavoro: velocità, tecnologia, la costruzione
di spazi astratti e la nascita di nuove dimensioni.

Ricordo 1 - prospettiva

Il primo ricordo significativo che mi è giunto alla mente è di un giorno alle mie scuole medie.
Il professore di disegno tecnico, il professor Gamba, ci aveva spiegato i principi del disegno
prospettico e ci aveva dato compito di realizzare alcuni disegni ispirati ad essi. Ci aveva spiegato la
prospettiva centrale, accidentale e l’assonometria cavaliera. Mi piaceva fare questo tipo di
raffigurazione, era un disegno che sentivo mio, regolare, preciso, schematico, sintetico.
Non mi permettevo grandi margini di errore, se sbagliavo a tracciare una linea, il foglio si sporcava o
il disegno non era tecnicamente perfetto lo rifacevo, non per paura di consegnare un progetto mal
fatto, ma in quanto fare questi disegni mi concedeva un insieme di sensazioni positive che non
ritrovavo nel disegno più “libero”.
Passavo ore a disegnare cubi, piramidi, cilindri, sfere e coni. Il passo successivo fu, come per un
bambino che gioca con le costruzioni, unire queste geometrie e incastrarle tra loro, formando così
sinuosi palazzi, elementi orizzontali o verticali che come unica comune avevano la regolarità
geometrica. Mi viene in mente l’architettura razionalista in Italia degli anni 30.

A quell’età il mio sogno nel cassetto era quello di fare l’architetto, per poter costruire finalmente il
mio personalissimo grattacielo.
Ricordo 2 - Milano

Durante l’estate del 2015, ho visitato Milano, la metropoli italiana che attualmente conta il maggior
numero di grattacieli in italia.
La meta che attendevo maggiormente è stata piazza Gae Aulenti, sede della celebre torre Unicredit
(grattacielo più alto in Italia), che misura 231m di altezza. Vedere con i miei occhi quelle enormi
montagne acuminate di vetro riflettente mi ipnotizzò. Ero abituato ai miei piccoli disegni, e tutt’ad
un tratto quei palazzi che disegnavo erano li, immobili davanti a me e io mi ci rispecchiavo sopra.
Mi ricordo che in quel periodo stavano sorgendo anche altri due palazzi, quelli del bosco verticale.
Questi due grattacieli seppur alti e completamente all’avanguardia non mi impressionarono come la
torre Unicredit o gli altri grattacieli di Piazza Gae Aulenti. Ipotizzo che il motivo sia la luce.
Riflessa nei grandi rettangoli trasparenti che vestono le scintillanti architetture milanesi, la luce
prende una forma reale e si concede a alla mia vista abbagliandomi. Questa è la scintilla che mi piace
vedere in una costruzione, una scintilla dinamica che muta in base al movimento del sole e
dell’osservatore.
Luce e ombra e movimento diventano un concetto fondamentale all’interno del mio lavoro.

Ricordo 3 - Grattacieli

Una serie di ricordi meno vivi, ma che non mi abbandonano mai, sono quelli legati alla mia passione
per i grattacieli e per tutte le costruzioni umane che prediligono uno sviluppo verticale vertiginoso.
Abitando in campagna non ho la possibilità di cogliere spesso la loro imponenza, e in più l’Italia per
vari motivi, non solo economici, ma anche legati alla struttura del territorio, non ne conta molti. In
questo contesto mi torna in mente l’importanza della tecnologia, dei computer, del telefono, di
internet. Senza tali strumenti non avrei mai potuto informarmi su queste tematiche. Ricordo che mi
piaceva particolarmente cercare i nomi delle grandi città su google earth, per poterne scoprire le
architetture migliori. In particolare mi appassionava lo skyline di New York, Chicago, Shangai e
Tokyo, appunto alcune tra le megalopoli maggiori al mondo.

Ricordo 4 - Parigi
Un altro viaggio che sicuramente ha influenzato il mio modo di vedere e percepire il mondo
attraverso le geometrie è stato il viaggio che ho fatto a Parigi nel 2019. Ero in quinta superiore e con
la scuola ci siamo diretti nella capitale Francese.
Di quelle fredde giornate di febbraio ricordo molti tra i musei più importati della città con
grandissimo gusto, il Louvre, il museo dell’Orangerie, il museo d’Orsay, tutti luoghi in un certo senso
sacri, ricchi di cultura, di arte e di storia. Ma la cosa che più mi colpì di quella stupenda città furono le
architetture, molte tra le quali si trovano nella nuova sede economica parigina, ovvero la Defence.
Questa piazza è il nuovo volto finanziario francese dal 1958, e da allora non ha mai smesso di
crescere e di svilupparsi. Vi sono presenti grattacieli di tutti i tipi, alcuni largamente articolati ed altri
invece semplici eregolari. Uno tra i più famosi e’ l’arco de la Dèfence, un “semplice” arco per il suo
apparente minimalismo e per le sue forme estremamente essenziali. L'edificio è, di fatto, un
imponente ipercubo quasi perfetto e svuotato al suo interno. La potenza di questo edificio risiede
proprio in questa sua peculiarità. Scientificamente l’ipercubo è una forma geometrica regolare
nella quale viene inserita la quarta dimensione, ovvero il tempo. Questo nuovo “arco” mi attrae e
passandoci al suo interno mi sembra come di entrare in un’ altra dimensione.
Di questa enorme piazza mi è rimasta impressa la sua imponenza dinanzi a me piccolino.
L’idea di tutto questa grandezza mi entusiasma e mi spaventa. Mi sento un po’ come un
piccolo pianeta in un sistema solare molto più grande di me.

Ricordo 5 - altezza

Un’altra costante visione del mondo che mi stimola e che ricerco è l’altezza.
Ogni qualvolta che visito una città, cerco di sapere se c’è un punto panoramico da cui poter vedere
giù. Il Duomo di Milano, la Mole Antonelliana a Torino, la cupola del Brunelleschi a Firenze, sono tutti
monumenti in cui si può salire ad una determinata altezza e si può godere del panorama cittadino
visto da una visuale totalmente differente dal comune. Quando si vede una città dall’alto si ha una
idea completamente diversa di città. Io vedo tutte le forme geometriche che costruiscono l’intricata
mappa stradale, vedo cubi che si posizionano su parallelepipedi, vedo piccoli led frizzare in un
vorticoso intreccio di direzioni, le forme dei tetti che si incastrano gli uni sugli altri per creare delle
costruzioni sempre più articolate. Una città dall’alto viene vista e vissuta da un’ altra prospettiva.
Quando sono stato a Parigi non potevo non salire sulla torre Eiffel, dove l’ultimo piano visitabile sta a
276,13 metri. Una bella altezza da cui poter vedere tutta la metropoli. Stare in alto
poi mi piace perché crea quello stesso senso di piccolezza che sento quando sto sotto ad un
grattacielo, o ad una struttura particolarmente alta o grande. Mi piace sentirmi piccolo davanti a
delle cose perché mi danno l’idea di quanto si possa creare in vita. Non ci sono limiti a quello che
l’uomo può concepire, bisogna combattere con lo spazio esistente e crearne di nuovo, di puro e
personale.

Ricordo 7 incontro con la tecnologia

Sento di essere stato influenzato molto dalla tecnologia, in fin dei conti io sono nato poco prima che
prendesse il sopravvento in qualsiasi ambito di attività. La tecnologia mi piace, creare dei disegni
tramite dei software digitali mi soddisfa e ne sento la necessità. Lo trovo un mezzo utile per
abbozzare dei semplici pensieri ma non gli nego la dignità di poter essere il mezzo usato per creare
un elaborato degno di una possibile valutazione “artistica”.
Eliminare questa nuova metodologia di espressione in favore di uno sviluppo grafico più
tradizionale/accademico la trovo una scelta repressiva, in quanto vedo e percepisco la tecnologia
come una parte di sviluppo umano di fortissimo spessore e come tale deve riflettersi anche nel
modo umano di esprimere se stessi attraverso l’arte. Con la tecnologia è cambiato radicalmente il
modo di vivere e con esso è cambiato anche il modo di recepire determinate informazioni.
I colori che preferisco utilizzare (RGB) hanno dei chiari riferimenti alla tecnologia. Sono i colori
utilizzati dai software di elaborazione digitale di immagini per poi poter creare tutte le altre luci
cromatiche. Quando li stendo sulle tele o sui fogli mi piace che diano al dipinto un effetto “quasi
digitale”. Cerco così di unire in una diversa dimensione tradizionale e digitale, proponendo una
multipla visione di tempo e spazio.

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