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VALLOTTI

TRATTATO DELLA MODERNA MUSICA


EX LIBRIS
T
ERSI
UNIV

OMP
LYT
ENS
IS)

BIBLIOTECA

Facultad de CECGRAFIA E MISTORIA


o
Donativo de Miquel Alons
UNIVERSIDAD COMPLUTENSE
,353
R.191 D

5326007934
H 781
G
P. FRANCESCANTONIO VALLOTTI
DEI FRATI MINORI CONVENTUALI VAL
(1697-1780)

TRATTATO

DELLA

MODERNA MUSICA

Ja FACULTAD DE GEOGRAFÍA E HISTORI


BIBLIOTECA
MADRID

IL MESSAGGERO DI S. ANTONIO · BASILICA DEL SANTO - PADOVA


1950

Geografia e Historia
UNIVERSIDAD
COMPLUTENSE DE MADRID
FACULTAD DE GEOGRAFÍA E
HISTORIA

PRÉSTAMO ESPECIAL
SÓLO LECTURA EN
SALA

3
Quadro conservato nell'Archivio Musicale del Santo Padova

P. M. FRANCESCANTONIO VALLOTTI ( 1697-1780)


La presente Opera è pubblicata
per gentile concessione della

VENERANDA ARCA DEL SANTO

che conserva i manoscritti

autografi nell ' Archivio

della Cappella Musicale .


Visto, si approva la stampa :

P. ANDREA ECCHER
Min. Prov. O.F.M. Conv.

Padova, 21 Marzo 1950.

P.Priwi Fernar
dino

Tipografia della Prov. Patavina di S. Antonio dei Frati Min. Conv. · Basilica del Santo - Padova
INDICE

Presentazione Pag. XIII

Il P. Francescantonio Vallotti nel giudizio dei contemporanei e dei


posteri >> XV

LIBRO PRIMO

Prefazione . • Pag. 3

I. Definizione o spiegazione dei termini >> 10


II. - Domande . >> 21
III. - Assiomi » 22
21

CAP. I: Che cosa sia la musica e cosa per essa voglia intendersi >>> 23
CAP. II : Delle diverse maniere onde i vari rapporti dei suoni cono-
400

scer si possono 25
CAP. III : Osservazione sopra la corda sonora · }} 30
CAP. IV: Costruzione del monocordo, e vero modo di farne uso >> 34
CAP. V: Dilucidazione della serie armonica
CAP . VI : Che all'armonia convengono le ragioni , e le proporzioni
240

soltanto di maggiore inegualità 43


CAP. VII: Qual differenza siavi fra proporzione, ragione e frazione >> 45
CAP. VIII : Delle operazioni aritmetiche intorno le ragioni 48
CAP. IX: Della proporzione armonica 51
CAP. X: Della proporzione aritmetica » 55
CAP. XI : La proporzione aritmetica, in qualunque aggregato in nu-
meri interi, si converte in armonica, qualora come divisori del-
l'unità gli stessi numeri sieno considerati 58
CAP. XII: Della proporzione contr'armonica >> 64
CAP. XIII : Della proporzione geometrica . >> 66
CAP. XIV : Della proporzione contro-geometrica >>> 67
CAP. XV : Della trasformazione di vari mezzi . >> 70

VII
2
CAP. XVI: Cosa s'intenda per consonanza e quale sia Pag. 72
CAP. XVII : Del principio, ovvero della cagione immediata delle
consonanze » 74

882
CAP. XVIII : Quale sia la vera origine cagione delle consonanze >> 80
CAP. XIX : Dell'unisono · >> 87
CAP. XX: Della ottava >> 89
CAP. XXI : Della quinta >> 91
CAP. XXII : Della quarta 92
CAP. XXIII : Della terza maggiore >> 94
CAP. XXIV : Della terza minore >> 95
CAP. XXV : Della sesta maggiore >> 97
CAP. XXVI : Della sesta minore >> 99
CAP. XXVII : Della quinta minore . >> 100
CAP. XXVIII : Della quinta eccedente )) 103
CAP. XXIX : Della sesta eccedente >> 105
CAP. XXX : Cosa s'intenda per dissonanza, e quale sia · >> 106
CAP. XXXI : Del principio, e cagione delle dissonanze • >> 107
CAP. XXXII : Quante e quali sieno le dissonanze >> 110
CAP. XXXIII : Della settima >> 114
CAP. XXXIV : Della nona >> 117
CAP. XXXV: Dell'undecima >> 120
CAP. XXXVI : Della terzadecima >> 123
CAP. XXXVII : Della settima diminuita e della seconda eccedente . >> 126
CAP. XXXVIII : Della risoluzione delle dissonanze . >> 128
CAP. XXXIX : Del riversamento delle dissonanze >> 130
CAP. XL: Della combinazione di varie dissonanze >> 138
CAP. XLI: Dei gradi diatonici . >> 144
CAP. XLII : Dell'analisi dei gradi diatonici >> 145
CAP. XLIII : Del quarto di tono >> 150
CAP. XLIV : Del comma >> 153
CAP. XLV : Delle prerogative della quadrupla >> 155
CAP. XLVI : Dell'uso della proporzione geometrica nella musica >> 161
CAP. XLVII : Dei numeri platonici • >> 164
CAP. XLVIII : Che da 1.1/3.1/5 . deriva tutto il nostro sistema
musicale >> 170

LIBRO SECONDO

I. - Introduzione Pag. 177


II. - Sistema della moderna musica . >> 178
III. - Sistema nuovissimo della musica moderna >> 179
CAP. I: Dell'alfabeto musicale • >> 185
CAP. II: Delle sillabe musicali • >> 187
CAP. III : Del sistema musicale moderno >> 189
CAP. IV: Del temperamento • >> 192
CAP. V: Della introduzione delle linee orizzontali nella musica ed
anche delle perpendicolari >> 202

VIII
CAP. VI : Delle chiavi musicali Pag. 205
CAP. VII : Delle note o figure musicali . >> 207
CAP. VIII: Delle figure accidentali nella musica >> 210
CAP. IX: Delle figure accidenti aggiunte al basso continuo 212
CAP . X: Del tempo >> 214
CAP. XI: Della battuta >> 217
CAP. XII : Dell'origine della scala diatonica dell' armonica musica
moderna . • >> 219
CAP. XIII : Che più sorta di scale vi sono nella musica e quale ar-
monia loro convenga >>> 225
CAP. XIV : Delle diverse scale del modo minore • >>> 233
CAP. XV: Degli intervalli musicali >> 241
CAP. XVI : Degli intervalli equivoci nello strumento da tastatura >> 249
CAP. XVII : Dei numeri veri ed apparenti >> 252
CAP. XVIII : Delle consonanze dissonanti >> 255
CAP. XIX : Dei toni o modi musicali >> 257
CAP. XX : Dei moderni modi armonico- musicali >> 259
CAP. XXI : Dell'origine del modo minore >> 261
CAP. XXII : Dei modi trasportati >> 265
CAP. XXIII : Delle cadenze • >> 267
CAP. XXIV : Della mutazione ovvero sia del passaggio di corda a
corda >>> 272
CAP. XXV : Ancora della modulazione >> 275
CAP. XXVI : Della modulazione del modo minore >> 278

LIBRO TERZO

Prefazione . Pag. 285


CAP. I: Dell'accordo o vero complesso consonante >> 289
CAP. II: Dei riversamenti >> 292
CAP. III : Della settima >>> 295
CAP. IV : Della nona >> 298
CAP. V: Dell'undecima >> 301
CAP. VI: Della terziadecima >>> 304
CAP. VII: Della quartadecima . >> 307
CAP. VIII : Della settima e nona >> 308
CAP. IX: Della nona con l'undecima • >> 311
CAP. X: Dell'undecima e terziadecima >> 312
CAP. XI : Della settima con l'undecima >> 314
CAP. XII: Della nona con la terziadecima )) 316
CAP. XIII : Della terziadecima con la quartadecima . >> 317
CAP. XIV : Della settima con la nona e l'undecima . >> 319
CAP. XV : Della nona con l'undecima e terziadecima >> 321
CAP. XVI : Dell'undecima con la terziadecima e quartadecima 322
CAP. XVII : Della nona con la terziadecima e quartadecima >> 323
CAP. XVIII : Della nona con l'undecima, terziadecima e quartadecima >> 325
CAP. XIX : Delle dissonanze melodiche o sia passeggere . )) 327

IX
CAP. XX: Che a fronte di qualunque dissonanza può stare l'intiero
accordo consonante • Pag. 329
CAP. XXI : Che il novello compositore devesi tosto ed in primo
luogo istruire nel combinare assieme le quattro voci • · >> 331
CAP. XXII: Istruzione ai giovani compositori per far l'abbozzo dei
loro componimenti . • >> 333
CAP. XXIII : Del basso fondamentale >> 335
CAP. XXIV: Del basso continuo e come debba formarsi sopra una
data cantilena 339
CAP. XXV: Delle consonanze dissonanti o dissonanze consonanti • 343
CAP. XXVI : Dell'uso delle dissonanze • • " 345
CAP. XXVII : Dell'uso della settima . 347
CAP. XXVIII : Come debbansi formare le fughe • >> 350
CAP. XXIX: Come debba trattarsi la fuga >> 353
CAP. XXX : Dell'imitazione • >> 356
CAP. XXXI : Del modo di comporre a due cori >> 358-
CAP. XXXII : Dello stile a cappella • >>> 360
CAP. XXXIII : Dell'uso più artificioso o riservato delle dissonanze • 363
CAP. XXXIV : Nella musica non si debbono ammettervi licenze e
che non si danno accordi per imprestito nè per supposizione >> 365
CAP. XXXV: Quale sia la ragione per cui sono e devono esser vie-
tate le due quinte seguenti come pure le due ottave e i due
unisoni >> 367
CAP. XXXVI : Della varietà che richiedesi nel contrappunto >> 372
CAP. XXXVII : Del contrappunto doppio • >> 375
CAP. XXXVIII : Dei canoni >>> 381
CAP. XXXIX : Dello stile ecclesiastico >>> 384

LIBRO QUARTO

Prefazione Pag. 391


Ai lettori 399
·
CAP. I: Compendio storico. Dei toni modali della musica greca,
del canto ecclesiastico, del canto figurato e della moderna
musica >> 403
CAP. II >> 412
CAP. III 421
Del Trattato dei toni modali in cui si tratta dei dodici toni ecclesia-
stici o corali · >> 451
CAP. I : Del numero dei toni ecclesiastici . >> 451
CAP. II: Come intender si debbano i toni ecclesiastici 453
CAP. III : Della divisione armonica ed aritmetica . >> 454
CAP. IV: A qual corda fondato sii il primo ecclesiastico tono modale >>> 455
CAP. V: Delle rispettive corde fondamentali dei 12 toni ecclesiastici >>> 456
CAP. VI: Delle corde finali dei dodici toni ecclesiastici >> 457
CAP. VII : Delle corde medie o sia delle cadenze subordinate . >> 459
CAP. VIII : Delle subordinate corde del 1° ecclesiastico tono . >> 461

X
CAP. IX: Delle subordinate corde del 2º ecclesiastico tono Pag. 462
CAP. X: Delle subordinate corde del 3º ecclesiastico tono >> 463
CAP. XI : Delle subordinate corde del 4° ecclesiastico tono >> 464
CAP. XII : Delle subordinate corde del 5º ecclesiastico tono >> 465
CAP. XIII : Delle subordinate corde del 6º ecclesiastico tono )) 466
CAP. XIV : Delle subordinate corde del 7º ecclesiastico tono • )) 467
CAP. XV: Delle subordinate corde del 8° ecclesiastico tono )) 468
CAP. XVI : Delle subordinate corde del 9° e 10° ecclesiastico tono }} 469
CAP. XVII : Delle subordinate corde del 11 ° e 12° ecclesiastico tono >> 470
CAP. XVIII : Degli ecclesiastici toni trasportati in genere 471
CAP. XIX : Dei trasporti del 1 ° e 8° ecclesiastico tono tanto in figura
di Diesis quanto in figura di Bemolle . >> 472
CAP. XX: Dei modi corali armoniali >> 474

Appendice >> 477

Bibliografia . >> 486

ΧΙ
PRESENTAZIONE

Ecco finalmente riesumato un vecchio « Trattato della scienza teo-


rica e pratica della moderna musica » come l'ha chiamato allora il suo
autore P. Francesc ' Antonio Vallotti O. F. M. Conv.
E' un trattato vecchio, ma nuovo per quei pedagoghi e per quei
musicologi che non conoscono ancora la scienza armonica del P.
Vallotti.

In questo trattato sono esposte con somma perizia le ragioni stori-


che e pratiche di ogni figura musicale, le ragioni fisico-matematiche e
armoniche di ogni suono, di ogni intervallo, di ogni scala e di ogni ac-
cordo, del tono, dell'origine di tutto il nostro sistema musicale, del com-
ma che rivela i difetti del temperamento e del ' / di tono. Sono inol-
tre trattate con chiarezza le regole della modulazione, del contrappun-
to, della fuga e del buon comporre .
Gli storici pure vorranno trarne profitto specialmente per quello
che riguarda la scoperta dei rivolti che deve attribuirsi al P. Francesco
Antonio Callegari O. F. M. Conv. e non al Rameau !
Nelle scuole gli allievi sono avidi di novità e di ragionamenti e
spesse volte i maestri sono privi di questi e di quelle . Nel trattato del
P. Vallotti e pedagoghi e discepoli di novità e di argomentazioni ne tro-
veranno ad usura .
Ammessi gli accordi di 14" e quello di 15ª e sviluppandoli si può
arrivare a complicazioni le più ardite e le più inaudite di sistemi nuo-
vi (1) . Per giungere a cose nuove è necessario partire dalla scuola vec-
chia e non come fanno certi compositori moderni, i quali scrivono sen-
za possedere profondamente la scienza dell'armonia scolastica e di con-

( 1 ) P. RIZZI BERNARDINO, Pancordismo. Nuovi sviluppi del sistema tonale. Ed. Il


Messaggero di S. Antonio Basilica del Santo - Padova ( 1949 ) .

XIII
seguenza cadono sovente in ingenuità che non sanno affatto di musica
nuova, o come osano certi fautori di sistemi moderni, i quali hanno
scardinato il basso e i suoi rivolti ed hanno fatto piazza pulita delle to-
nalità che sono ricchezza nella musica !
Gli studiosi di musica saranno certamente curiosi di sapere come
e quando la tonalità abbia avuto origine e come siasi sviluppata nel
corso dei secoli . Ebbene questa tesi colossale è svolta con ampiezza e
sicurezza tanto storica che scientifica nel « Trattato dei Toni Modali » ,
che è posta quale ultima parte di questo volume.
L'autore incarna nell'origine della musica l'origine della tonalità :
«< i modi sono antichi quanto la musica » . In questa parte i cultori di
canto gregoriano potranno rilevare la robusta costituizione dei 12 toni
ecclesiastici che egli sviscera a uno a uno , verranno a conoscere la storia
della salmodia e dell'innodia dall'inizio e come la Chiesa abbia fatto
tesoro dei modi per mitigare le acutezze e le gravità nelle cantilene.
Giovani! studiate il P. Vallotti, « il più grande fra gli armonisti
italiani » (2).
Alla fine del trattato ho aggiunto un'appendice di 12 dei 73 bassi
numerati del P. Vallotti, affinchè gli allievi si esercitino nel disporre
bene le parti dell'armonia.

P. RIZZI BERNARDINO
O. F. M. Conv.

(2) B. ASIOLI, Trattato d'armonia. Ed. Ricordi Milano ( 1813) .

XIV
IL P. M.º FRANCESCANTONIO VALLOTTI

NEL GIUDIZIO DEI CONTEMPORANEI E DEI POSTERI

Francescantonio nacque in Vercelli da Giambattista Vallotti e da


Margherita Bona l'11 Giugno del 1697 , e fu battezzato il giorno dopo .
Si notò presto in Lui la passione per la musica, ma i genitori non
poterono assecondare il suo desiderio di studio per le disagiate condi-
zioni economiche . Vennero però in loro soccorso alcune persone facol-
tose, disposte a sostenere ogni spesa , così il giovane Fr. Ant. potè fre
quentare il seminario della sua città.
Il giovane non deluse la speranza dei suoi genitori . Cominciò pre-
sto a comporre musica con molta soddisfazione del suo maestro Brissone
e promettendo molto bene di sè.
Tale abilità corse sulla voce di tutti e ne venne a conoscenza an-
che l'allora Guardiano del Convento dei Minori Conventuali di Ver
celli, il Padre M. Beccaria, che conosciuto il giovane, adorno anche di
soavi costumi e di un'ottima indole, l'accettò nel suo convento e lo
ammise più tardi , all'età di 18 anni , alla vestizione.
Questo avvenne a Chambery nella Savoia; fu però destinato al
convento di Crest nel Delfinato, dove trascorse il suo anno di novi-
ziato ed emise la professione il 16 Dicembre del 1716.
Ritornò in Piemonte (terminato l'anno di noviziato) per compiere
gli studi filosofici nel convento di Cuneo sotto la guida del P. Castel-
lani seniore, che nel 1721 gli fece sostener pubblicamente una disputa .
Il 7 Luglio del 1720 con dispensa apostolica per il difetto di età fu
consacrato sacerdote da Mons . Carlo Giuseppe Morozio , vescovo di Sa-
luzzo. Terminato il corso filosofico fu trasferito a Milano per lo studio
della Teologia sotto il P. Donati da Bergamo, allora titolare di quella
cattedra . Poco dopo il P. M.º Donati fu trasferito alla cattedra di Teo-
logia di Padova, e avendo potuto apprezzare bastantemente i rari ta-

XV
lenti del P. Vallotti lo volle con sè quale Baccelliere . Essi giunsero a
Padova il 6 Novembre del 1721 .

A Padova continuò a frequentare le lezioni di Teologia . In que-


sto periodo e in questo convento del Santo incontrò l'amicizia e il fa-
vore del Padre Francescantonio Calegari, Maestro di Cappella della
Basilica, sotto la cui guida continuò con tutto il fuoco giovanile a col-
tivare lo studio della musica ( 1 ).
Risulta infatti dall'Archivio della Veneranda Arca del Santo che
il P. Vallotti almeno dal Gennaio del 1722 fece parte della Cappella
del Santo come terzo organista (2) .
Sappiamo ancora dalla stessa fonte che il 1 ° Ottobre del 1723 il
Vallotti fece domanda alla Presidenza della Ven. Arca per essere di-
spensato dall'ufficio di terzo organista dovendo portarsi a Roma a so-
stenere un'esame di Teologia ( 3).
Quest'esame, ci narra il P. M. Bonaventura Perisutti, non ebbe
esito felice; e il P. Vallotti tornato a Padova, lungi dal prepararsi ad
una seconda prova, si dedicò tutto alla musica ( 4) .
A Padova riprese il posto di terzo organista e con tale compito fe-
ce parte della Cappella musicale fino alla sua elezione a Maestro di
Cappella, avvenuta il 22 Febbraio 1730 ( 5) .
Durante questo periodo, e precisamente in seguito all'abbandono
dell'ufficio di Maestro di Cappella del P. Calegari, avvenuto dopo il
Natale del 1727 ( 6 ) , al P. Vallotti venne addossato anche l'ufficio di
Vice-Maestro di Cappella (7 ) . La sua attività d'ora in poi è singolare
sia quale compositore, sia come teorico musicale.
Egli non scinderà mai in due campi la teorica e la pratica musi-

(1) Tutte le notizie fin qui esposte, come ci testimonia CARLO DIONISOTTI in « Notizie
biografiche dei Vercellesi illustri - Biella 1862 » , sono state fornite dal P. LUIGI ANTONIO
SABBATINI O.F.M. Conv. al Fanzago che le pubblicò nella sua opera : « Elogi di Tartini,
Vallotti · Padova 1792 » .
(2) Archivio della Ven. Arca del Santo - Atti e Parti N. 28, pag. 19.
(3) Ibidem, Busta N. 27.
(4) Leonida Busi , Il P. G. B. Martini. Bologna 1891 , pag. 335. Nota N. 3.
Nota N. 3.
(5) Archivio della Ven. Arca del Santo, Atti e Parti, N. 28 pag. 184 a tergo.
(6) Quale attestazione di stima e di ammirazione verso il P. M. Francescantonio
Calegari, la Presidenza della Ven. Arca del Santo il 17 Dicembre 1727 prese la seguente
deliberazione :
« Si manda parte che al Padre Maestro Antonio Calegari, Maestro di Cappella nono-
stante che gli restano pochi giorni al finir del suo trimestre, li siano fatti li suoi mandati,
et ciò con il riflesso alle sue benemerenze et lungo servizio prestato per il corso di 25 anni » .
Archivio della Ven. Arca, N. 28 tergo, pag. 137.
Quanto alle benemerenze del sullodato P. Calegari e alle altre notizie che si hanno
a suo riguardo si veda la prefazione del terzo libro della presente opera del P. Vallotti .
(7) Archivio della Ven. Arca del Santo - Atti e Parti, N. 28, pag. 141 a tergo.

XVI
cale, ma le abbina e non finirà di condannare quanti così non pensano
e così non operano in fatto di musica (8).
Se già dal 1725 compone musica improntata alle teorie del suo
maestro, il P. Francescantonio Calegari, inventore del numero armoni-
co, come lo qualificarono i suoi contemporanei , nel 1728 il Padre Val-
lotti è già richiesto dagli studiosi e professori di musica di soluzioni di
questioni musicali ancor oggi dibattutissime, soluzioni che egli diede ,
come ognuno può capacitarsene con impeccabile sicurezza di dottrina (9) .
Nel 1730 in occasione della sua elezione a maestro di Cappella
compose varii Salmi e Cantiche, che gli valgono l'incondizionata ed en-
tusiasta ammirazione di Antonio Lotti e di Antonio Biffi , maestro di
Cappella in San Marco di Venezia , e di Antonio Pacelli, i più celebri
maestri d'Italia d'allora ( 10 ) .
A questa stessa data deve risalire l'inizio dei lavori teorici del Padre

Vallotti, che vi si applicò affrontando per prima cosa lo studio del canto
fermo. Egli infatti afferma che questo studio gli consumò lunghi anni
che avrebbe potuto impiegare in molti altri studi che ugualmente lo
interessavano ( 11 ) . Nel 1735 egli era al termine di questo suo primo
fondamentale studio teorico ( 12) . Relativo a questo studio esiste una
lettera in latino del 22 Novembre 1733 inviata all'illustre Giovanni
Giuseppe Fux, in cui confuta le dottrine da questi esposte nel suo
Trattato teorico « Gradus ad Parnassum » . Il Vallotti trattò tale confu-
tazione nel Trattato dei Toni Modali pubblicato al termine del presen-
te volume, di cui la lettera sopra accennata non è che un breve rias-
sunto a modo di dissertazione.
Quanto con questi studi egli sia riuscito eccellente conoscitore del
canto fermo, appare dal detto Trattato. Per ora basterà riportare le lodi
fatte a questo Trattato dal Padre Giambattista Martini O. F. M.
Conv. ( 13) .

(8) Si veda il testo a pag. 4 e a pag. 24 alla nota N. 6.


(9) Si veda l'appendice.
(10) Archivio della Ven. Arca, Autografi, Busta N. 128 .
(11 ) Testo pag. 400 .
(12) Questa è la data del MS .
( 13 ) MS. del Trattato dei Toni Modali. Prefazione del P. Martini .
Da questo MS. e dagli altri del Trattato della Moderna musica (Libro 2º e 3º) risulta che
il P. Martini era stato incaricato dal Padre Guardiano del Convento del Santo, P. M. Bona-
ventura Perisssutti di curare e continuare la pubblicazione delle opere teoriche del P. Vallotti .
Il P. Martini disimpegnò il compito affidatogli. Ciò appare chiaramente dalle note
ed esempi che compaiono qua e là nel MS.
Non si sa per qual motivo questa pubblicazione non sia avvenuta.
Già il Tebaldini (Illustrazione storico-critica della Cappella musicale antoniana, pag. 60)
notò la differenza del contrappunto del Vallotti da quello degli altri maestri .
Dall'esame diretto dei MS. mi accorsi dell'importanza di tale sistema.

XVII
<«<Fra i manoscritti del Padre Maestro Vallotti si è ritrovato il pre-

sente, che esce alla luce col nome di quarto libro . Tratta di una parte
della musica delle più interessanti , che è quella dei Toni o Modi .
Con quanto studio, con quanta precisione, ed erudizione egli si
sia applicato a tessere questo Trattato, potrà ognuno di leggeri co-
noscerlo.
Confesso il vero, che tra i suoi scritti, questo è uno dei più pre-
ziosi , che egli ci abbia lasciati .
Incomincia dai toni ecclesiastici dei primi secoli , e dimostra come
dai toni dei Greci hanno avuto l'origine.

Questa materia dei toni è talmente inviluppata e trattata dai no-


stri scrittori di musica con tanta oscurità, che ha obbligato il chiaris-
simo Padre Vallotti a non tralasciare diligenza e studio a fine di svi-
lupparla da tanti varii sistemi e opinioni introdotte dai primi secoli
della Chiesa sino al presente . Sceglie il nostro autore e adotta infine
quel sistema che gli sembra più fondato e ragionevole.
E' pieno questo libro di erudizione e da questo solo libro è facile
comprendere quanto fosse profonda e vasta in esso la cognizione di
musica e l'erudizione » .
Sopra ho affermato che P. Vallotti non scindeva mai lo studio
dalla pratica musicale, la scienza musicale dall'arte musicale, giacchè
egli afferma e dimostra ( 14) che la musica è una scienza ed un'arte
nello stesso tempo . A provare questa affermazione abbiamo la seguente
testimonianza del conte Giordano Riccati :
« Lo studio del canto fermo gli ( al P. Vallotti ) aveva insegnato che
adattando ad esso l'armonia , faceva d'uopo servirsi di modulazioni di-
verse da quelle che nella moderna musica si costumano; e quindi chi
non sa a fondo il canto fermo , alla mentovata specie di composizioni si
astenga di accingersi » ( 15) .
Che il P. Vallotti non abbia mancato di lasciarci parecchie com-
posizioni, oltre che varie armonizzazioni di canto fermo lo sta a testi-
moniare l'archivio musicale del Santo e il sopra citato conte Giordano
Riccati. Ci piace riportare la testimonianza di quest'ultimo, il quale
ci dice la gran stima e il gran conto che godettero tali composizioni .
« Gli Introiti (del P. Vallotti) , che contenevano il canto fermo erano
reputati eccellenti; e con questo stile aveva parimente composto le fun-
zioni della Settimana Santa , a meraviglia patetiche e compungenti » ( 16) .

( 14) Testo pag. 4 e a pag. 24.


(15) Nuovo Giornale dei Letterati d'Italia. Modena 1787 , tomo 23º, pag. 45-115.
Dissertazione acustico-matematica del Conte Giordano Riccati.
(16) Ibidem.

XVIII
Nel 1735 , terminato il Trattato dei Toni Modali, il P. Vallotti,
come risulta dalla nota a pagina 7 del MS . del predetto Trattato , si
diede a stendere e sviluppare i suoi studi sulla moderna musica . A
questo stesso anno risale la sua amicizia e corrispondenza letteraria col
conte Giordano Riccati ( 17) .
E proprio da questa corrispondenza noi possiamo precisare la tesi
colossale che il P. Vallotti si è assunto in questo suo maggiore lavoro
teorico ( 18).
Il 22 Aprile 1736 il P. Vallotti così scrisse al conte Giordano
Riccati :
« Finisco pertanto commendando al sommo l'ottima di lei volontà
di giovare all'armonica professione; ma se il tempo che V. S. Illustris-
sima impiega per stabilire un sistema che racchiuda in sè tutti e tre i
generi (diatonico, cromatico, enarmonico), il quale non può reggersi
in pratica; le piacesse d'impiegarlo nell'illustrare e mettere in chiaro il
temperato diatonico-cromatico sistema che abbiamo, dando regola certa
onde comune ed uniforme si renda cotesto temperamento, creda che
provvederebbe al maggior bisogno che abbiamo, perchè ciò fatto, si po-
trebbe facilmente vedere la differenza che trovasi tra le diverse dodici
quinte, quarte, terze maggiori e minori etc .; dal qual lume poi, molte
osservazioni si potrebbero fare con questo mezzo e molte cose un gior-
no si saprebbero che ora si ignorano e si desiderano di sapere ...
Se per altro V. S. Illustrissima volesse intraprendere l'affare, co-
me che niuno meglio di lei può riuscire, sarebbe superfluo che altri
si accingesse» ( 19) .
Che poi il P. Vallotti abbia veramente svolta questa trattazione ce
lo testimonia Giuseppe Tartini nel 1754 ( 20 ) .
Il sistema del P. Vallotti è un sistema nuovo, perchè finora « non

(17) Fra Domenico M. Federici dei Predicatori, Commentario sopra la vita e gli
studi del Conte Giordano Riccati, Venezia 1790, pag. 11 .
(18) Autografo dell'Archivio musicale del Santo.
( 19) Il P. Vallotti (come dice il sopracitato Commentario sulla vita e gli studii del
Conte Giordano Riccati, pag. 53-54) il 27 Luglio del 1763 scrisse al Conte sopra nomi-
nato di aver veduto nel suo Saggio sopra le leggi generali del contrappunto, dilucidato
a meraviglia i due grandi punti : del temperamento degli strumenti a tasto e della mozione
dei varii affetti per mezzo della nostra musica.
Nel 1754 però Giuseppe Tartini poteva testimoniare nel suo Trattato di Musica
a pag. 99 che il P. Vallotti aveva dato al temperamento la più ragionevole di tutte le
soluzioni Qui tutti possono constatare come la lode tributata dal P. Vallotti al Conte
Giordano Riccati alla fine della sopra citata lettera del 22 Aprile del 1736 sia veritiera,
cioè che anche qui il P. Vallotti si è espresso colla sua solita sincerità (Archivio della
ven. Arca - N. 29, pag. 103 a tergo) .
(20) Trattato di musica secondo la vera scienza dell'armonia di Giuseppe Tartini,
Padova 1754, pag. 63.

XIX
si è concepito il sistema pratico musicale basato su una corda sonora
tesa sul monocordo , considerata come unità integrale e come unità pri-
ma, in cui non le parti compongono il tutto; ma questo si divide nelle
sue parti. Tutti gli altri autori che si impegnarono di stabilire dal lato
scientifico il nostro sistema diatonico- cromatico, stabilirono per prima.
cosa gli intervalli del sistema : l'ottava , la quinta, la quarta, terze mag-
giori e minori . Chiamarono poi , anzi definirono consonanze questi inter-
valli , perchè l'accordo produce un effetto grato all'udito . Secondaria-
mente poi si è composto per somma il tutto » .
Nel tempo che il P. Vallot
ti andava maturando questo nuovo si-
stema scientifico musicale , non trascurò la pratica musicale , tanto che
Carlo Burney asserisce ( 21 ) , che fin dal 1750 egli era considerat uno
o
dei più abili compositori d'Italia di musica religiosa .
Del resto avendo composto il P. Vallotti un Dies Irae nel 1756 ,
questa composizione incontrò l'universale plauso della Ven. Arca del
Santo, cosa che non si riscontra tanto facilmente nei registri di questa
Congregazione ( 22) . Avendo poi il P. Vallotti mandato al P. Giambat-
tista Martini questo Dies Irae meritò questa altissima testimonianza di
lode e di ammirazione :

«Peritiae musices nulli secundus


Quid Phoebum, musasve duces
o musica iactas !
Hic dux, hic tuus est arbiter, hicque pater» ( 23 ).

Il P. Vallotti giunse però ad essere il padre e l'arbitro della mu-


sica moderna in forza sì del suo genio artistico , non disgiunto però da
una solidissima preparazione scientifico musicale .
Questa affermazione non è mia, ma è affermazione di Giuseppe
Tartini, affermazione che riporto subito nel suo testo integrale.
«Quando non si trovi e non si dia vera scienza di musica, è ri-
dotta l'arte a pessima condizione ...
Che per la via materiale del sentimento vadano e proseguano i
professori dell'arte (si eccettuano i pochi da sè fatti maestri , tra i quali

(21 ) L. Busi, Il P. G. B. Martini, Bologna 1891 , pag. 335, nota N. 3 .


(22) « Volendo li Molto RR. PP. e Nobili SS . Presidenti dimostrar un atto del loro
aggradimento per la messa da nuovo fatta et hoggi celebrata dal Molto Reverendo Padre
Maestro di Cappella, hanno proposto di mandarli lire dodeci di chiocolata ; et posta alla
ballotazione ebbe voti pro: N. 7 e contrarii nessuno. Adì 26 Maggio 1756 » (Archivio
della Ven. Arca del Santo, N. 31, pag. 177.
(23) L. Busi, Il P. G. B. Martini, Bologna 1891 , pag. 336, nota N. 1 .

XX
quel Vallotti , di cui il critico fa il nome, e non sa il pregio) , non è da
stupirsi» (24).
La lode tributata dai Bolognesi al P. Vallotti di padre e arbitro
della musica moderna non rimase lettera morta , ma trovò conferma
nei fatti. Nel 1760 il Vallotti per la sua reputazione di teorico e di
contrappuntista inappuntabile è ricercato del suo giudizio in un con-
corso di molta importanza quale quello indetto per la scelta di un
maestro coadiutore nella Colleggiata di San Petronio in Bologna, pa-
tria e dimora del P. Giambattista Martini. Il suo giudizio è accolto e
preferito con somma soddisfazione di tutti ( 25) .
Nel 1767 Giuseppe Tartini a quanti si opponevano alle sue af-
fermazioni in fatto di teoria musicale appellandosi a Rameau, contrap-
poneva il Padre Vallotti, che definiva « mantematico suo padrone » il
quale avrebbe resa nulla ogni opposizione e posto nel suo più chiaro
lume la scienza musicale, allora ancora in sviluppo (26) .
Nel Luglio del 1769, oltre che il celebre anatomico Morgagni an-
che il Padre Vallotti è onorato della visita dell'Imperatore d'Austria Giu-
seppe II° (27).
Nel 1770 il P. Vallotti può mostrare al musicologo Carlo Burney
due grandi armadi ripieni delle sue composizioni ( 28 ) . Queste , come
ci testimonia l'inventario depositato nell'archivio della Ven . Arca del
Santo il 9 Giugno del 1791 dal cancelliere della medesima congrega-
zione, raggiungono il numero di 351 (29 ) . Tutte queste composizioni
sono ancora inedite , anzi la Presidenza della Ven. Arca a proposito
delle medesime ha emanato questo decreto : Al qual proposito sorve-
glierà esso pure (Maestro di Cappella) acciocchè delle composizioni
in detto archivio esistenti nessuno si valga fuori dell'uso della cappella ,
segnatamente di quelle del celebre Vallotti; nemmeno estraggasi copia,
senza scritta permissione della nobile amministrazione , la quale non
l'accorderà senza gravissima causa » ( 30) .
Sopra abbiamo fatto il numero di 351 composizioni quale com-
plesso di operosità del P. Vallotti nel campo della pratica musicale .

(24) Risposta di Giuseppe Tartini alla critica del di lui Trattato di musica di Mons.
Le Serre di Ginevra. Venezia 1767, pag. 69.
(25) G. Tebaldini, L'Archivio Musicale della Cappella Antoniana.
(26) GIUSEPPE TARTINI - Dissertazione : « Dei principii dell'armonia musicale con-
tenuta nel genere diatonico» . Padova 1767, cap. 2º, pag. 30.
(27) FANZAGO, Elogi di Tartini, Vallotti. Padova 1792, pag. 76.
(28) L. Busi, Il P. G. B. Martini, Bologna 1891 , pag. 335 , nota N. 3.
(29) L. c. nota 1 .
(30) Capitolario per la Cappella musica dell'insigne Basilica di S. Antonio di Padova.
Padova 1835, pag. 20-21.

XXI
Non sarà certo inutile rilevare fra tanto numero di composizioni,
il fatto che fra esse si contano 120 Salmi musicati per intero, che Egli
compose secondo le occorrenze liturgiche a più riprese ( 31 ) .
Raccogliendo le varie testimonianze dei contemporanei ho potuto
constatare con soddisfazione che essi assai spesso non fanno che magni-
ficarlo per questo genere di composizioni , tanto da dire di lui che ba-
sterebbero solo queste composizioni di salmi per delineare la grandez-
za e la magniloquenza e la nobiltà del suo genio ( 32) .
Non mancò addirittura , fra i contemporanei del P. Vallotti, chi
espresse a questo proposito nei suoi riguardi questa precisa affermazio-
ne che egli sia stato pari a Benedetto Marcello, e l'unico musicista che
abbia saputo continuare la grandezza della sua arte ( 33 ) .
Nel 1773 essendo ancora vacante il posto di primo organista nella
metropolitana di Milano , il P. Vallotti è richiesto del suo consiglio e
giudizio a proposito dei concorrenti, giudizio che egli diede con sod-
disfazione di tutta la cittadinanza e delle stesse parti interessate (34) .
Nello stesso anno per l'occasione dell'apertura di un nuovo tem-
pio cattolico in Berlino, il re di Prussia volle che il P. Vallotti rendesse
imponente e maestosa quella cerimonia con una sua Messa e un Te
Deum (35) .
Si sa poi da una lettera del famoso matematico Lambert diretta
all'abate padovano Toaldo l'ottima riuscita di quei due componimenti,
anzi il predetto accademico di Berlino espresse desiderio di esserne l'au-
tore (36) .

(31 ) Archivio musicale del Santo : l'intero scaffale A - BC.


(32) Abate FRANCESCO FANZAGO, Elogi di Giuseppe Tartini, primo violinista nella
Cappella del Santo e del P. Francescantonio Vallotti, maestro della medesima, Padova 1792,
pag. 74 e a pag. 97, pagina che fa parte delle Brevi memorie intorno alla vita e agli
del P. Francescantonio Vallotti » stese dal P. Luigi Antonio Sabbatini, come abbiamo fatto
rilevare nella prima nota.
Quest'ultimo fa questa precisa affermazione : « In essi (nei salmi) per comune con-
senso e giudizio degl'intendenti non v'ha chi lo pareggi, talchè furono a lui richiesti dal
celeberrimo P. Martini per istamparli in Bologna; ma non saprei la cagione che ne impe-
disse l'effetto. Il pubblico vantaggio ricercherebbe per altro il già divisato divulgamento,
affinchè gli studiosi comprendessero le leggi che egli si era prescritto nel lavoro delle di-
vine sue musiche » (l . c.).
(33 ) P. PAOLO FR. MUNEGATO, O.F.M. Conv., Note Biografiche sul P. Vallotti.
Autografo 50° della Biblioteca Antoniana.
( 34) G. TEBALDINI, L'archivio musicale della Cappella Antoniana, Padova 1895,
pag. 67.
(35) De cantu et musica sacra a prima Ecclesiae aetate usque ad praesens tempus.
Auctore MARTINO GUBERTO monasterii et congregationis S. Blasii in Silva Nigra abbate.
Tomus 2º, 1774, Libro 4º, cap. Vº, pag. 357.
(36) SABBATINI P. LUIGI-ANTONIO, Brevi Memorie intorno alla vita e agli studi del
P. Francescantonio Vallotti, riportate dall'abate FRANCESCO FANZAGO, Elogi di Giuseppe
Tartini, primo violinista della Cappella del Santo di Padova e del P. Francescantonio
Vallotti, maestro della medesima . Padova 1792, pag. 98.

XXII
Se la vita terrena del P. Vallotti andava chiudendosi, la sua fama
andava di giorno in giorno sempre più affermandosi .
Ecco infatti che nel 1779 allorchè si trattò di eleggere il maestro
di cappella della Chiesa metropolitana di Milano, pur essendo stati
richiesti del loro giudizio i maggiori maestri d'Italia e lo stesso P. Mar-
tini, come era avvenuto quando si era trattato di San Petronio in Bo-
logna, il giudizio del P. Vallotti fu nuovamente preferito (37) .
L'eletto a maestro di Cappella fu Giuseppe Sarti, che portò il no
me del Padre Vallotti nella lontana Russia, giacchè il Sarti accolto per
lungo tempo presso quella corte vi fondò il conservatorio di Ekateri-
noslaw, e non avrà certo mancato di usufruire degli insegnamenti del
suo maestro e della nuova scuola , cui nelle sue lettere si dice legato
per sempre (38).
L'ultima ora per il P. Vallotti era giunta, e lo colse nel tavolo del
suo lavoro. Egli vi si era disposto animato dai più vivi sensi di fede, e
come era vissuto così morì da vero filosofo cristiano (39) .
Egli vide con occhio sereno l'ora del suo supremo incontro con
Dio, munito dei santi Sacramenti, sempre presente a se stesso finì di
vivere in questo sacro convento del Santo il 19 Gennaio del 1780 fra
l'universale rimpianto di Padova e di tutta l'Italia ( 40) .
La sua morte non passò inavvertita giacchè la troviamo annoverata
fra gli avvenimenti storici dell'epoca (41 ) .
Molto meno però passò inosservata la sua opera di scienziato , e di
maestro. Nel 1786 l'Arteaga dice che in fatto di contrappunto, volendo
citarne le autorità massime si debbono fare i nomi di Palestrina e di
P. Vallotti (42) .

(37) G. TEBALDINI, L'archivio musicale della Cappella Antoniana, Padova 1895,


pag. 47.
(38) L. Busi, Il P. G. B. Martini, Bologna 1891 , pag. 330; ENRICO MAGNI DUF-
FLOCO, Storia della musica, Milano 1933, Volume 2º, pag. 578. Giuseppe Sarti a detta
del Dufflocq (Volume 2º, pag. 43 e 76) fu maestro di Luigi Cherubini.
Benchè il sopra citato Dufflocq a pag. 47 del Volume 2º della sua opera alla nota
N. 2 affermi che il Trattato di contrappunto e fuga che va sotto il nome di Luigi Che-
rubini, è invece di Halévy, non è inutile osservare che il Trattato predetto è l'unico, per
quanto io sappia, che nei riguardi della teoria scolastica delle quinte di seguito, rispecchi
la teoria del P. Vallotti.
(39) SABBATINI P. LUIGI-ANTONIO, Brevi Memorie intorno alla vita e agli studi del
P. Francescantonio Vallotti, riportate dall'abate FRANCESCO FANZAGO, Elogi di Giuseppe
Tartini, primo violinista della Cappella del Santo di Padova e del P. Francescantonio
Vallotti, maestro della medesima, Padova 1792, pag. 98; Giornale Enciclopedico, Vicenza
1778, Tomo 3º, marzo 1780 , pag. 106 .
(40 ) P. FRANCESCO PIGNA, Memorie dall'anno 1751 al 1796. MS . 623 della biblio-
teca antoniana di Padova.
(41) Giornale Enciclopedico, Vicenza 1778 , Tomo 1º, Gennaio 1780, pag. 112.
(42) ARTEAGA, Le Rivoluzioni del teatro musicale italiano. Tomo 3º : Osservazioni in-
torno ad un estratto del tomo 2º della presente opera, inserito nel Giornale Enciclopedico

XXIII
Nel 1787 il conte Giordano Riccati nell'esaminare alcuni duetti
del Bononcini e di Händel afferma che l'uso delle dissonanze messo in

piena luce dal P. Calegari e dal P. Vallotti non era mai stato interrotto
dai buoni musicisti dal secolo decimosesto fino ai suoi giorni (43 ) .
Nel 1789 il medesimo conte Giordano Riccati , un anno prima del-
la sua morte, definisce il P. Vallotti : « maestro esattissimo di contrap-
punto, che nel comporre da Chiesa è giunto al gradɔ sommo di per-
fezione »
> (44 ) .

Nel 1797 Vincenzo Manfredini pur professandosi avverso alla dot-


trina del P. Vallotti è costretto a confessare :
«Non posso fare a meno di meravigliarmi moltissimo di alcuni
professori di musica , i quali delusi dal credito del Vallotti , hanno adot-
tato la sua opinione falsissima , cioè che la seconda è una conso-
nanza » (45) .
Segno evidente che la dottrina armonica del P. Vallotti si affer-
mava nonostante l'opposizione di alcuni; cosa del resto predetta dal
P. Vallotti stesso (46) .
Nel 1799 il Padre Luigi Antonio Sabbatini O.F.M. Conv . disce-
polo del P. Vallotti rifacendosi al terzo libro inedito del suo maestro,
pubblicava un'opera in cui , benchè parzialmente , dava rilievo , impor-
tanza e notorietà all'insegnamento del suo maestro ( 47) .
Ludwig van Beethoven, discepolo di Haydn ( 1770-1827 ) , stampa
i suoi studi in cui compaiono le stesse teorie, cioè a dire la stessa nume-
rica estesa agli stessi accordi ammessi e dimostrati dal P. Vallotti (48).
Nel 1813 Bonifacio Asioli ( 1769-1832 ) , nel suo Trattato di ar-
monia, steso sulla falsariga di quello del Vallotti , parlando della de-
cimaquinta diminuita trattata come dissonanza, lo definisce « il più
grande fra gli armonisti italiani » ( 49 ).

di questa città N. 13 del mese di Aprile del 1786, colle repliche fatte a queste osserva-
zioni dallo stesso autore dell'estratto è intitolate « Difesa della musica moderna» , Bologna
1788, pag. 108.
(43) Nuovo Giornale dei Letterati d'Italia, Modena 1787, Tomo 36, pag. 172-183 .
(44) Idem, Modena 1789, Tomo 41 , pag. 171-177.
(45) VINCENZO MANFREDINI, Regole armoniche, Venezia 1797, pag. 177 e pag. 174.
(46) Testo pag. 5.
(47) La vera idea delle musicali segnature diretta al giovane studioso della armonia da
F. LUIGI ANTONIO SABBATINI, O.F.M. Conv., Maestro di Cappella nella Basilica di S. An-
tonio di Padova, Venezia 1799.
Da una lettera di A. Choron del 26 Maggio 1805 diretta al P. Luigi Antonio Sab-
batini (lettera che fa parte degli autografi della biblioteca antoniana di Padova), veniamo
a sapere che l'autore della lettera aveva già iniziata la traduzione dell'opera sopra ricor-
data del P. Sabbatini, per pubblicarla e farla conoscere in Francia.
(48) Ludwig VAN BEETHOVEN, Studi ossia Trattato di armonia e di composizione, Mi-
lano - Ricordi.
(49) ASIOLI BONIFACIO, Trattato di Armonia, Milano - Ricordi 1813 , pag. 107 .

XXIV
Nel 1835 la presidenza della Ven . Arca del Santo impone al mae-
stro di Cappella « di attenersi ai principii del Vallotti , come quelli, il
cui esito è ormai sicuro» (50).
Nel 1836 esce postuma l'opera di Bonifacio Asioli intitolata :
« Il Maestro di composizione » da cui veniamo a sapere che Muzio
Clementi, il sommo cembalista italiano ( 1752-1832 ) come pure Giu-
seppe Haydn, Adolfo Carlo Adam, Ferdinando Paër, accolsero con gioia
e immensa soddisfazione dopo lunga attesa il sopra accennato trattato
di armonia di Bonifacio Asioli ( 51 ).
Nel 1876 Melchiore Balbi nelle sue Riflessioni intorno alle disso-
nanze e sul quesito « Quale sia la musica veramente classica » dice :
((
Questo secondo caso venne praticato da non pochi scrittori clas-
-
sici, - fra i quali l'immortale Vallotti ( 52 ) che praticò spesso tale con-
temporaneità di consonanze colle loro dissonanze dando per esempio al
basso Do un 3 e un 5 con sopraposto 4 e 6 : lo che s'intendeva
che alle due parti semigravi spettassero la 3ª e la 5ª , e alle due acute
convenissero la 4ª e la 6ª ben inteso quali rappresentanti la 11ª e la 13* .
Cosa significa ciò? Ch'egli univa le due dissonanze di 9" cioè la 11ª Fa
rispetto alla 10ª Mi , e la 13ª La rispetto alla 12 Sol , che
poi risolveva nelle due consonanze di 8" , cioè sul Mi e sul Sol .
E Gomes (nella Fosca) cosa fece?
Unì l'apparecchiato Fa nona di Mib colla sua mediante
Sol b ; e diede al soprano cantante quello stesso Mb che doveva
servire di risoluzione per il contiguo Fa .
Ecco una duplice coesistenza dissonante assoluta tra Fa e
Solb , e relativa di Fa verso Mi b ...
Nè si può dire che abbia sbagliato, giacchè il dissonante Fa ser-
ve al canone di apparecchio e risoluzione; e Mi b col Sol b sono
liberi consonanti (53).
Nell'Agosto del 1895 Giovanni Tebaldini pubblica l'opera : L'Ar-
chivio Musicale della Cappella Antoniana di Padova, in cui giudican-
do nel suo complesso l'opera teorica e pratica del P. Vallotti esprime
nei suoi riguardi il convincimento : « che tali scoperte (del P. Calegari

(50) Capitolario per la Cappella musica dell'insigne Basilica di S. Antonio di Padova.


Padova 1835, § 15º, pag. 21.
(51 ) ASIOLI BONIFACIO, Il Maestro di composizione, ossia seguito del Trattato d'Ar-
monia. Milano - Ricordi, 2 Volumi, 1836. Si veda La vita di Bonifacio Asioli scritta da
D. COLI all'inizio dell'opera .
(52) Trattato del Sistema armonico di Antonio Calegari, proposto e dimostrato da
MELCHIORRE BALBI. Milano - Ricordi 1853.
(53) MELCHIORRE BALBI, 10 Riflessioni intorno alle dissonanze; 2º Quale sia la mu-
sica veramente classica, Padova 1876, pag. 12.

XXV
e del P. Vallotti) , se tali si possono chiamare dopo gli ammaestramenti
dello Zarlino, dovevano rimanere nel campo della teorica e non inva-
dere il campo della pratica » ( 54 ) .
Dall'opera sopra accennata di Giovanni Tebaldini, Giuseppe Verdi
venne a conoscere che il P. Vallotti aveva fra le sue composizioni un
celebre Te Deum.
Volendo aver un modello da studio per una composizione del ge-
nere, e desiderando che questo modello fosse distinto dagli altri per so-
dezza di armonia e di orchestrazione e per nobiltà nella trattazione delle
parole, Verdi, ricevuto l'omaggio di Tebaldini, gli scrisse la seguente
lettera nell'Ottobre dello stesso anno .

« Ella in un suo libro parla a lungo del P. Vallotti, di cui io sono


ammiratore... ; anzi al quale mi sento riconoscente per alcuni studi fatti
su suoi temi nella mia gioventù ( 55 ) .
Vedo appunto che lei cita un Te Deum del P. Vallotti !
E' stata una vera sorpresa per me, che da tanto tempo ho cercato
questa cantica musicata, senza mai trovarla all'infuori che in qualche
contemporaneo di Palestrina.
Di altri Te Deum scritti per occasione alla fine del secolo passato
o al principio di questo , mi importa poco; ma mi piacerebbe assai co-
noscere questo del P. Vallotti , qualunque ne sia il valore...
... Tutto questo nulla ha che fare colle vittorie ed incoronazioni,
e perciò desiderò conoscere se il P. Vallotti , che viveva in un'epoca in
cui poteva disporre d'una orchestra e d'un'armonia abbastanza ricca , ab-
bia trovato espressioni e colori ed avesse intendimenti diversi da molti
dei suoi contemporanei » .
Nel Febbraio del 1896 Giuseppe Verdi scrive ad Arrigo Boito la
seguente lettera : «Eureka ! ho trovato un Te Deum ! Niente di meno ,
autore il P. Vallotti , che io come sapete stimo moltissimo » ( 56) .
A chiudere la rassegna storica di coloro che direttamente o indi-
rettamente testimoniarono in pro o contro la dottrina musicale del P. Val-
lotti possiamo citare Edgardo Codazzi e Guglielmo Andreoli .
Essi infatti nel 1898 pubblicarono un manuale di armonia corre-
dato da 763 esempi musicali, manuale, che proponendosi un fine pra-
tico, sulla scorta delle composizioni dei grandi compositori elenca in
definitiva quanto il P. Vallotti nel terzo libro del suo Trattato della

(54) GIOVANNI TEBALDINI, L'Archivio musicale della Cappella Antoniana in Padova


1895 15 Agosto - Nota N. 1 della pag. 41 .
(55) Numerosi saggi di temi del P. Vallotti sono stati pubblicati nel « Trattato sopra
le fughe musicali » (Vol . I e II°) dal P. LUIGI ANTONIO SABBATINI, O.F.M. Conv. ,
Venezia 1802 .
(56) CARLO GATTI, Verdi. Milano 1931 , Vol . 2º, pag. 468.

XXVI
scienza teorica e pratica della moderna musica espone coi sussidio di al-
trettante tavole esplicative (57) .
Dopo quanto si è visto, non sarà fuor di proposito riportare una
lettera di Antonio Ricieri del Marzo 1733 , che metterà in maggior
rilievo la figura del P. Vallotti .
La lettera fu indirizzata al P. Giambattista Martini ex discepolo
del mittente della lettera.

Padua alli ..... Marzo 1733 .


« Padre mio Amorevolissimo,

Li facio sapere che mi vidono hora in Padoa mezzo ammalato sì


per la mutazion dell'aria come ancora della stagione.
Voglio far una scorsa a Vicenza per vedere una mia Sorella et poi
ritornerò a Venezia . Hora ho ricevuto una visita del P. M.° di Cap-
pella del Santo et doppo vi fui a restituirla. Dopo vari discorsi ebbi
l'onore di vedere una sua composizione dove io l'ammirai , dicendomi
che esso aveva abbiurato l'Uso comune e la scuola ordinaria dove si

suole da tutti gl'huomini di tal professione operar conforme le buone


Regole fondamentali. Io li risposi che ammiravo grandemente lo spi-
rito e l'ardire e li chiesi se il numero della sua oppenione era grande
di seguaci. Mi rispose ch'erano solo N. 4 : il P. Calegari , Saratelli , Tar-
tini et esso lui.

Io li risposi che il numero era poco et il mio numero erano mi-


-
gliaia, dove non so chi di noi la vincerà perchè esso adduce come
gli eretici ragioni che convincono teoricamente . Ma di due cose unite
assieme dice bene per una, ma nell'istesso tempo distrugge l'altra, tal
che indovinala Grillo - e nel sonarmi che fece uno de' suoi passi nel
cembalo osservai che nella parte del basso che non formava fondamento
egli vi aggiuntava di sotto una terza e una quinta quale veniva a ter-
minar la lite. Io risposi subito ma dov'è questo allamire qui nella par-
titura . lo non lo veggio? per che ogni qual volta vi sii questo è termi-
nata la lite, egli me lo mostrò nel soprano, o contralto che si fosse . Ma
io dicevo che quando il Basso cantava Elami et il contralto Alamire era
una quarta et che non faceva fondamento alcuno; mi disse che il Pa-

lestrina lo aveva praticato, et io li risposi che il Palestrina aveva pra-


ticato di far 4 o 5 quinte dietro la fila ergo dunque si poteva fare? Viddi
che principiò a riscaldarsi et io con bella maniera mi levai . Hora se lei

(57) EDGARDO CODAZZI E GUGLIELMO ANDREOLI, Manuale di Armonia. Milano 1898 .

XXVII
sentisse tali armonie li dico che hanno dell'asprezza et non nobilitano
niente , et chi ha da cantare ponne sempre il piede in sul falso; io per-
tanto sono ogni giorno visitato da tutti questi virtuosi, che da me stes-
so stupisco e dico, guarda se sono come quelli di Bologna che mi guar-
davano in verso, et con tutto ciò che guardo il letto . Io son sempre at-
torniato dalli medesimi ogni giorno . Arrivò poi da me il Sig. Ant. Cor-
tona primo organista del Santo a spassionarsi con me et mi disse haver
convenuto studiare un'altra maniera di sonare perchè le sue prime buone
regole che aveva apreso non erano più atte sotto il suo Maestro per
sonare l'organo; et io li risposi che era stato necessario far questo per-
chè tutte le consonanze e dissonanze erano rivoltate col culo in sù; et
esso diede in un gran scoppione di risa e mi confermò il tutto .
(La prego a tener in petto queste cose per non mi dar pregiudizio
per l'amor di Dio; perchè lei sa che a Bologna son mal volsuto e odiato)
perchè quelli di lei copisti sono quelli che van cantando fuori il tutto
quel che si fa da lei e che si dice . Massime poi il Grattone violinista
non il Zanotti , onde sarebbe il terminare lo spasso ben presto non po-
tendo scrivere con lei alla confidenziale . Hora li dico che il Tartini è
uno di quelli che à condesceso al P. Calegari per pulitica ; ma pare che
voglia tornare alla nostra parte . Tutte le ragioni del Calegari e suoi se-
guaci sono fondate sopra alla speculativa più da letterato che da musico
-
compositore e chi non avrà studiato di speculativa letterata non potrà
rispondere alle loro ragioni .
Voleano tirare dalla loro parte il Lotti, ma egli non ha voluto sa-
perne nulla, et per questo è tenuto appo loro per un asino.
Qui mi vanno stuzicando a parlare, ma io ho altro in ... Hora per-
tanto Vostra Paternità stia ben avertita e guardi bene venendo l'occa-
sione al fatto suo che spero non li caveranno il piede se non sporco
d'ignoranza e temerità troppo presuntuosa per che è un levare la luce
al sole.
Mi raccomando alle sue sante orazioni col fine la riverisco di tutto
core .
Suo Servitore
Gio . Antonio Ricieri» (58)

Questa lettera è troppo rivelatrice del tempo in cui fu scritta per-


chè possa essere lasciata in un canto senza alcun rilievo .

Il primo rilievo che vien ad affacciarsi , dopo la scorsa di testimo-

(58) Carteggio inedito del P. G. B. Martini. Bologna 1888 , pag. 30.

XXVIII
nianze addotte, è che l'affermazione del P. Vallotti che i seguaci della
scuola del P. Calegari o meglio il suo indirizzo non è come allora ri-
stretto al numero di quattro.
Infatti abbiamo visto ultimamente col Codazzi-Andreoli, oltre che
in precedenza col Conte Giordano Riccati che tutti i buoni musicisti
di ogni nazione, dal secolo decimosesto in poi, nelle loro composi-
zioni non fanno che comprovare la scienza musicale propugnata dal
P. Vallotti ( 59) .
La seconda osservazione che naturalmente si presenta come con-
seguenza logica della precedente è quella che se tutti i buoni musicisti
dal cinquecento in poi comprovano colle loro composizioni la scienza
musicale del P. Vallotti, fra essi non dovrebbe mancare il Signor Giu-
seppe Tartini.

A sentire Antonio Ricieri, invece, Giuseppe Tartini « è uno di


quelli che ha accondisceso al P. Calegari per pulitica, ma pare che vo-
glia tornare alla nostra parte » .
Per sincerarsi sulla verità o meno di questa affermazione di An-
tonio Ricieri, non abbiamo che da leggere gli scritti di Giuseppe Tar-
tini , che sono abbondanti e più che sufficienti come si vedrà dalle se-
guenti citazioni.

« Per quanto si voglia credere incolta e rozza la professione musi-


cale , non perciò deve credersi che in tanto numero di persone che la
professano non vi sia nemm'uno capace di rendere conto scientifico del-
l'arte sua e di intendere a fondo quanto pubblicamente si produce dai
fisico-matematici su questo argomento » (60 ) .
Infatti : « Padova , a titolo di musica merita rispetto per quel tal
uomo che vi risiede e non è l'autore (61 ) , benche dall'autore non dis-
senta; ma che intendendo quel comune matematico linguaggio , che
non è inteso dall'autore (intendendo esso le cose nei suoi veri principii
primi, questi hanno il loro proprio linguaggio ben diverso dal comune)
può essere di gran lunga maestro sì al critico, che a quanti si fondano
sul di lui piano musicale » (62) .

(59) Per il Riccati si veda la sua affermazione del 1787. Nota N. 43.
(60) Risposta di Giuseppe Tartini alla critica del di lui Trattato di Musica di Mons.
Le Serre di Ginevra, Venezia 1767 , pag. 72.
(61) Lo stesso Tartini a pag. 64 del suo Trattato di Musica secondo la vera scienza
dell'armonia, Padova 1754, così si esprime al Sig. Conte Decio Agostino Trento, a cui
ha dedicato tale opera : « Ella ben sa, qual Uomo e quanto distinto abbiamo in questo
particolare (nel concepire cioè il sistema pratico musicale si veda la nota N. 20) qui in
Padova nella persona del P. Vallotti nostro Maestro di Cappella » .
(62) Risposta di Giuseppe Tartini alla critica del di lui Trattato di musica, di Mons.
Le Serre di Ginevra. Venezia 1767, pag. 72.

XXIX
Ecco dunque che : « tra gli uomini se ne trova uno che in qualun-
que rispetto non lascia a mezzo di sorte alcuna . O è il più pazzo tra
gli uomini , se sia falso ciò che realmente crede e propone per vero, ma
che riconosce e confessa per la cosa più strana di tutte.
O è il più fortunato tra gli uomini , se sia vero ciò che propone,
avendo incontrato nella ricerca del vero musicale, il vero universale .
Qualunque sia delle due , merita il pubblico impegno » ( 63) .
Concludendo l'osservazione iniziata , lascio giudicare ai lettori se
Giuseppe Tartini è uno di quelli che ha accondisceso al P. Calegari
(e quindi in seguito al P. Vallotti) per pulitica.
Dunque tutti i buoni musicisti dal secolo decimosesto in poi com-
provano colle loro composizioni la scienza musicale propugnata dal
P. Vallotti.
Possiamo concludere con Giuseppe Tartini che il P. Vallotti fu
« compositore eccellentissimo e vero maestro dell'arte sua » (64) , giac-
chè uno è veramente maestro quando trascina col suo esempio, dopo
aver ammaestrato col suo sapere.

P. Giancarlo Zanon
O.F.M. Conv.

(63) Idem, pag. 73.


(64) GIUSEPPE TARTINI, Trattato di Musica secondo la vera scienza dell'armonia,
Padova 1754, pag. 99.

XXX
LIBRO PRIMO

Geografia e Historia
PREFAZIONE

Il desiderio di sapere non cessò mai di stimolarmi fino dal momento,


in cui (posti in disparte gli altri studi) pel solo servigio della Chiesa tutto
mi dedicai alla musica . Non cessò, dissi , di stimolarmi allo studio, ed al-
l'esame delle varie materie, e questioni spettanti alla teorica, ed alla pra-
tica, a misura che mi si affacciavano. Non ne stendevo però distinta me-
moria, atteso che m'ero proposto di confinar codesto studio nella sola mia
istruzione; essendo noi già purtroppo affollati da trattati, e sistemi di
musica.
Siccome però in alcuni punti più importanti ho voluto sempre per
maggior sicurezza conferire con alcune persone dotte nella matematica,
ed a sufficienza istruite nella musica, che rigettate da prima le mie
teorie, dopo un più maturo esame le hanno poi essi interamente appro-
vate: e primo d'ogni altro fu il chiarissimo Sig. Ab . Suzzi professore di
questa università. Essendo ciò accaduto parecchie volte (persuasi ch'io
fossi sul retto sentiero) non cessarono da poi di stimolarmi a proseguire.
A misura dunque che mi si affacciavano difficoltà da risolvere, pro-
seguivo ad applicarmi; ma nulla scrivevo, perchè sopra tutto mi stava a
cuore l'ordine dei vari punti da trattarsi. Fui persuaso finalmente a sten-
dere in carta il prodotto dei miei studi, secondando gl'impulsi d'un insi-
gne e celebre letterato (il P. Stellini ) che desideroso di veder pubblicato
il mio sistema, almeno in compendio, mi persuase inoltre, che preparata
la materia v'era il caso poi di dare a ogni cosa l'ordine necessario e con-
veniente.

Stimolato finalmente con serietà da un dotto e gentilissimo cava-


liere mio distinto padrone a determinarmi, mentre tutt'ora mi faceva
remora la copia dei trattati che già abbiamo; tentando l'ultimo sotterfu-

3
gio, per quella stessa via ch'io sottrarmi credea, ni trovai impegnato in
parola. Ecco la sincera storia : ed eccomi alla fine in pubblico coi miei
pensieri, qualunque si siano .
Fu sempre dagli antichi filosofi, principiando da Pitagora, te-
nuta in sommo pregio, ed annoverata alle scienze matematiche la mu-
sica: la qual cosa non può negarsi, e sarebbe somma arditezza il solo
dubitarne. Nondimeno ai giorni nostri ben diversamente si pensa, si
parla, e si scrive della musica. Questa non è più scienza ( se si vogliono
ascoltare) non ha che fare colla matematica : è un'arte di puro genio,
nè ha fondamento alcuno, se non se nella pratica.
Ma donde mai tale metamorfosi? Parmi senz'altro di ravvisarne
l'origine, anzi la vera sorgente . Un celebre e rinomato filosofo ( 1 ) bello
spirito che motteggia, per mio credere, dice (2) : Non imitiamo quei mu-
sici, che credendosi geometri, o quei geometri, che credendo d'esser mu-
sici, ammassano numeri sopra numeri , immaginandosi forse, che que-
st'apparato è necessario all'arte . La brama di dar alle sue produzioni un
aspetto scientifico, s'impone solamente agl'ignoranti, e non serve che a
render i loro trattati più oscuri e meno istruttivi.
Per condannare il solo abuso dei numeri (come vogliono i suoi di-
fensori) sembrami che troppo abbia detto , e l'effetto lo prova; imper-
ciocchè con tali sentimenti graziosamente espressi, l'autore ha forza di
scuotere e risvegliar professori di musica, i quali non ne sapendo più
che tanto, trascrivono il bel motto, e passan tosto a dar precetti pratici,
fievoli, superficiali, ed insussistenti: con cui però non giungeranno mai
ad imporre a chiunque ne sa, ed è sul retto sentiero. Ma guai alla gio-
ventù, cui capitano alle mani tali precetti.
Molti però di essi più discreti, si contengono come far sogliono i
meccanici, i quali conoscendo per pratica la forza della leva, della car-
rucola, dell' argano ecc. se ne vagliono utilmente nelle loro opera-
zioni, rimettendone ai matematici la spiegazione, e la dimostrazione, on-
de gli effetti nascono. Approvo pertanto il metodo di quegli autori, i
quali essendosi impegnati a scrivere col solo fine d'istruire i loro gio-
vani scolari, per la via più compendiosa della pratica, si sono perciò aste-
nuti da qualunque dottrina scientifica: sostituendovi osservazioni, e ra-
gionamenti facili, sempre a portata del debole intendimento dei princi-
pianti.
Ed essendo quel bello spirito giustamente stimato, e rispettato fra i
dotti, non mancherà il matematico novizio nella musica, che (affettando
d'andar del pari, ed anche di sorpassarlo) col far man bassa s'adoprerà a

(1) M.r d'Alembert.


(2) Pref. agli Elem . di Musica - Lione 1766.

4
tutta possa di atterrare tutti i più sodi fondamenti e teorici, e pratici del-
la musica stessa; ma non troverà poi seguaci, nè la sua scuola avrà pro-
seliti. Dico bensì che se vivesse il dottissimo Marco Meibomio, non po-
trebbe trattenersi di ripetere ciò che già scrisse ( 3) : Fateor non tantum
me miratum ex celeberrimo orbis terrarum loco... tantum ineptiarum
adferri potuisse, sed etiam a tantae famae viro . Quod si ita pergatur ...
converso rerum ordine barbariem ex Italia politissimae gentis sede, in
omnem Europam diffusam videbimus.
Non ardisco però promettermi di far argine al torrente che furi-
bondo scorre; ma col maggior mio vigore m'adoprerò, affine di scemarne
almeno i danni. E con tanto maggior vigore m'adoprerò, quanto grande
presso tutti è la stima, e la riputazione che giustamente gode quel bello
spirito. Non tutti certamente crederanno, come io lo credo e tengo per
fermo, ch'egli abbia scritto in tal guisa, per vivacità di spirito, par saillie
direbbe un Francese . Quindi maggiore si fa il pericolo; e perciò secon-
dando il prudente parere di Mr. J. A. Serre ( 4) conviene scuotersi, e far
palese la debolezza, e l'insussistenza insieme dell'espressione, e del sen-
timento .
La musica è una scienza all'aritmetica immediatamente subordina-
ta; cosa nota notissima. Qual meraviglia sia dunque, che all'occorrenza
s'ammassino numeri sopra numeri? sono questi i propri suoi materiali.
Bello sarebbe, che un consimile rimprovero si facesse a chiunque tratta
l'algebra, perchè scioglie i suoi problemi col mezzo di lettere sopra let-

tere, e segni sopra segni . Chi non l'intende, se pur non li disprezza,
certamente non li cura : ed è finita. Lo stesso facciasi rispetto alla mu-
sica, giacchè dal non intender quei tali numeri nel loro spirito e forza
nasce tutto il romore.

Io dunque, non m'asterrò dal metterli in opera qualunque volta se


ne presenti bisogno : non affettando già di comparir geometra, ma sol-
tanto per spiegare, e metter in chiaro la teoria della musica. In fatto si
tratta di ragioni e proporzioni: di varie operazioni aritmetiche, di serie e
progressioni, ecc. ecc . Tutto ciò richiede certamente e numeri e calcoli
e segni come dunque farne a meno?
Scherzi pertanto a suo talento quel bello spirito : se ne faccia pure
scudo il pratico professore : e se ne formi scimitarra quel tal matematico
per tutto distruggere, e far della musica un caos; mentre noi seguendo
le traccie di Claudio Tolomeo , di Severino Boezio, ed altri simili autori,
s'adopreremo a stabilire, ed a conservar la musica nel suo diritto di scien-
za matematica.

(4) Osserv. prelim . pag. 78, n. 162 e seguenti.


(3) Nella pref. alla trad. dei 7. Autori Greci di Mus.

5
Si tratterà dunque delle varie proporzioni onde derivano le conso-
nanze, e le dissonanze . Delle consonanze si stabilirà il vero principio, e
la cagione, ed il giusto confine . Sarà rischiarata la natura delle disso-
nanze nella loro origine ed estensione . Si rileverà che la proporzione
armonica è nella musica la dominante; e l'aritmetica solamente come
accessoria, e non senza artifizio ha luogo nell'armonia consonante : vale
a dire, invertendo l'ordine armonico e naturale, così che delle due ra-
gioni la minore si trasferisca nel grave . Che la proporzione geometrica
stende ampiamente i suoi confini nella musica. Che alcune leggi del-
l'aritmetica nella musica non si reggono, ecc . ecc . e tutto ciò sarà pro-
vato con le più forti, ed efficaci ragioni.
Mi studierò poi tutta la maggiore chiarezza; pel qual effetto tra-
scurando la più pulita dicitura, m'adoprerò soltanto a scriver in modo
d'essere da chiunque ben inteso. Tanto più che ben può dirsi della mu-
sica ciò, che dell'astronomia disse già Manilio ( 5 ) : Ornari res ipsa ne-
gat, contenta doceri. E mi viene in acconcio altresì la sentenza di Se-
neca (6) in questo proposito : Quae veritati operam dat oratio incompo-
sita debet esse, et simplex. Nè minore stimolo mi porge un celebre mo-
derno filosofo (7), che in tali termini si esprime : Il primo dovere della
filosofia è d'istruire; la sua eloquenza è la precisione, ed il suo orna-
mento (sa parure) è la verità.
Non scrivo certamente per uno spirito di partito, mentre posso di-
re con Seneca (8 ) : Non me cuiquam mancipavi, nullius nomen fero :
multum magnorum virorum judicio credo : aliquid et meo vindico . La
sola verità mi sta a cuore . Non m'appoggio ad ipotesi di sorte alcuna,
e m'attengo sempre al reale . Ammiro i molti fenomeni della corda so-
nora; ma non li considero già quasi fossero tante ragioni e prove da far-
ne fondamento. Quello in ispecie della risonanza d'' /3, e d'¹ /5, sicco-
me va accompagnato da tutti quelli delle rimanenti aliquote della stes-
sa corda, non mi fa prova alcuna, nè può farne. Si rilevano le due ac-
cennate aliquote, perciocchè non equisone del suono principale, e più
robuste delle susseguenti più acute, e più languide : non per altro.
Quanto poi al terzo suono avvertito, e scoperto dal nostro Sig. Tar-
tini (non già in Francia [ 9 ] , dove da molti si contrasta del primato nella

(5) Astron., lib. 3, v. 39.


(6) Epist. 40.
(7) M.r d'Alembert.
(8) Epist. 45 .
(9) Avanti la pubblicazione del suo Trattato, fuori di Padova niuno n'ebbe alcun
sentore, eccettuatine i suoi scolari : fra i quali alcuni francesi . Ma quando che vide il
Sig. Tartini il libro di M.r Serre (Observ. sur les princ. de l'harm. pag. 87) si scosse, e
meco si dolse, che altri si spacciassero per primi scopritori di questo fenomeno. Se io avessi
veduto il suo libro avanti la stampa, lo avrei consigliato a non far uso d'una inopportuna

6
scoperta) dico che non ha forza, nè luogo, per assegnar il principio del-
l'armonia. Serve soltanto per comprovar la base delle consonanze, che
derivano dalla divisione del consonante accordo, cioè della quarta, ter-
za minore, e delle due seste : come che non dirette alla base. Intendo
però, che non si parta dal modo maggiore; perchè nel minore non fa
giuoco, nè può farlo, atteso che l'armonia naturale per ogni conto si ma-
nifesta appoggiata al modo maggiore . Quindi per necessaria conseguen-
za convien dire, e concedere, che senza artifizio non può formarsi nè
armonia, nè modo di terza minore.
Qualunque volta parlo di cose lette, ed osservate negli autori da
me veduti, soltanto che m'abbiano aperta la strada ad ulterior indagine,
io li accenno, e do loro la meritata lode, poichè sono d'uniforme parere
con Jamblico ( 10 ) ove dice che : Maximae iniquitatis opus est auferre
scriptori gloriam, quae ad ipsum pertineat. Ma poi confesso ingenua-
mente, che delle cose col mio studio, e colle mie riflessioni scoperte, se
talvolta le ho trovate poi in alcuni autori, me ne son compiaciuto, ma
non ho già annoverati quelli ai miei maestri . Osservo poi generalmente
praticato dagli autori di musica il segno X , che bene spesso riesce
equivoco. Io soglio scriver le ragioni a forma di frazioni, rimanendo
in tal guisa specificato l'antecedente e il conseguente; e perciò faccio
uso dei noti segni + più, e — meno : e talvolta di ambedue insieme
+, come che opportuni per segnare delle ragioni la somma, e la sot-
trazione insieme : quantunque facciansi queste due operazioni molti-
plicando, e dividendo . Non così procede però l'affare, ove trattasi del-
le semplici frazioni della serie armonica, come si vedrà nei Cap. III ,
e V.
Chiedo, che mi si conceda di chiamar per sempre F, fa, ut, il
suono dell'intera corda, e ciò non senza ragione; mentre esaminiamo la
quarta 8/11 , ch'è proprio della scala della corda sonora ( 11 ) a fronte
32
della quarta minore 3/1 , e della maggiore "2/15, scopresi che quella (l'ar-
monica) ha minor differenza rispetto alla maggiore, che non alla mi-
nore, come qui si fa palese.

8 3 32 || 32 8 352 44
(8 )
11 4 33 45 11 360 45

modestia, e a dichiararsi apertamente egli stesso lo scopritore . Ora il suo silenzio lo ha


tradito, ed altri si sono pubblicati benemeriti della scoperta. Quindi si conferma che, non
sempre quello che primo stampa, delle cose pubblicate è il primo autore.
( 10) In Nicom. arithm., pag. 4.
(11 ) V. Cap. XLVIII.

7
In tal guisa, e per questa ragione rimane fissato il suono a qua-
lunque occorrente numero della serie armonica, come si vede nell'esem-
pio qui appresso ove con tutta facilità possono rilevarsi anche i suoni
dei numeri più composti . Il principal fine di questa tavola si è d'indi-
care i suoni dei 12 diversi tasti dell'intera ottava (7 lunghi e 5 corti)
segnati al di sopra colle lettere maiuscole. Gli altri numeri aggiunti, che
non han luogo nella nostra scala, cioè 7. 11. 13. 17. 19. sono segnati
con lettere al di sotto, e queste accompagnate tutte da una virgola a
canto; la quale essendo discendente vuol dire, che il numero indica un
suono mancante; che se la virgola trovasi ascendente vuol dire, che il
suono è crescente. Dei tre primi numeri 7. 11. 13. se ne parla in più
luoghi di questo Lib . I. E per ogni conto i due susseguenti 17. 19. non
devono trascurarsi, per esser il 17. mezzo armonico diretto ed imme-
diato del tono maggiore /» , ed il 19. mezzo armonico del tono mi-
nore " /10 .
Ho diminuite al possibile le figure in note , affine di diminuir insie-
me la moltiplicità delle tavole in rame, le quali non poco aumentano
la spesa all'autore, ed al compratore . Soglio dunque indicar i suoni col

mezzo delle lettere musicali A. B. C. D. E. F. G. sempre maiuscole;


e i corrispondenti suoni facili a rilevarsi, colle stesse lettere accompa-
gnate da numeri che li mostrano, per così dire, a dito : e per lo più sono
i numeratori ascendenti . Con questo spediente lascio pienamente cia-
scheduno in libertà di appigliarsi a qualunque dei due solfeggi, l'ita-
liano, o l'oltramontano. Alcune cose poi saranno dette, ed apposita-
mente ridette, cioè le più necessarie da avvertirsi, cui non senza ra-
gione credo che convenga appunto la sentenza di Cicerone ( 12) , che
in questi termini chiaramente si esprime : Quod etsi saepe dictum est,
dicendum tamen est saepius.

In questo primo libro si tratta solamente della musica scientifica,


base, fondamento della pratica ben regolata. Nel II. che non molto
dopo di questo si darà alla luce, si tratterà degli elementi pratici della
musica; dei materiali però e più noti, alla sfuggita : dei più importanti,
più diffusamente ; e tali sono il temperamento, le scale, le cadenze, i
modi armoniali, e i corali, cioè gli ecclesiastici, ecc. Nel III. poi si
daranno le regole, e precetti del contrappunto, ovvero sia del modo di
ben comporre . E se dagli amatori della musica saranno favorevolmente
accolti i tre mentovati libri, vi si aggiungerà anche il IV. in cui si
darà un metodo ragionato di ben accompagnare con lo strumento da
tastatura.

(12) Lib. 3. Offic. c. 17.

8 -
NUMERI
DEI
TAVOLA

idiversi
indicano
Che
tastatura
da
strumento
dello
ottava
una
in
contenuti
suoni

F C A G E #
D
CBa G A
FDA
F
E

1 3 5 7 15
1
9
13
171 25
21
27
23 45 75
128
125
675❘
225
135

199
2 6 181
10
26
22
14 30
50
54
38
42
46
34 1350
256
250
90
450
270
150

4 12 20 36
281
52
44 60 540
512
500
2700
900
92
300
180
108
100
76
68
84

8 1024
1000
5400
1800
1080
600
360
152
216
200
184
168
88
136
120
104
56
24
40
72

382

888
16 48 400
1200
720
432
80
368
336
304
272
240
208
176
144
112

32 96
1440
864
800
736
672
608
544
480
416
352
288
224
160

64
1728
1600
1472
1344
1216
1088
960
832
704
576
448
320
192

1408
1152
896
640
384
128
||1664
920

1792
1280
768
256

1536
512 '.
Eb '.D
Ba '
B
.'
G.
F.

1024
I. - DEFINIZIONE O SPIEGAZIONE DEI TERMINI

ACCORDO. E' un composto di quattro suoni, cioè base, 3ª , 5ª e 8ª.


Quattro sono dunque le parti integrali d'un accordo distinte in due
mezzi fra due estremi. Egli è questo l'accordo fondamentale , di prima
armonia, ed originario, che può anche chiamarsi unito, perciò che ha
la propria base nel grave.
Accordo disgiunto, o diviso, è quello , in cui uno dei due mezzi
ne forma il grave, essendo la vera base rappresentata, e per replicazio-
ne indicata dalla stessa lettera musicale : così che se la prima parte di
mezzo, la 3.ª , ne forma il grave, sarà dalla 6.ª rappresentata la base,
e ne vien quindi formata la 2." armonia. Che se con ulterior progresso
la 2. " parte di mezzo, la 5.ª , ne formi il grave, in tal caso dalla 4.ª ne
a
vien rappresentata la base, e ne sorge la 3. armonia. Dunque d'un so-
lo accordo si danno tre diverse armonie riguardanti una sola base . Non
è perciò ben detto : 1. " , 2." , e terza base; tre suoni diversi possono ben-

sì formar il grave d'uno stesso accordo; uno solo però ne forma la vera
base.
Accordo consonante è quello, le cui parti integrali sono tutte con-
sonanti; nè vale la giunta d'una, o più dissonanze a render dissonante
un accordo.
Accordo dissonante è quello, di cui una, o più delle parti inte-
grali sono dissonanti . Tali sono quelli di 5.ª eccedente, e di 5.ª minore,
fra le cui parti integrali può aver luogo la 3. " diminuita .
Accordo falso (faux accord) è un nome abusivo, che non può
aver luogo in qualunque componimento fatto con le buone leggi del
contrappunto .

10
ACCIDENTI . Sono tre figure nella musica, destinate ad accrescere ,
o diminuire, o ripristinare le naturali intonazioni allorchè sono sparse
nei componimenti. Ma quando vengon fissati alla chiave, rappresentano
le naturali maggiori o minori intonazioni del rispettivo modo, qualun-
que siasi.
ARMONIA in genere significa presso i moderni un complesso di più
voci o suoni, gravi e acuti, che si odono a un tempo stesso; e perciò
si chiama anche simultanea.
Armonia semplice, piana, e naturale, è lo stesso che contrappunto
di note d'ugual valore.
Armonia artificiosa è quella formata e composta di varie figure, e
cantilene diverse .
Armonia d'un componimento è il risultato di vari successivi ac-
cordi e consonanti e dissonanti, con l'aggiunta delle opportune disso-
nanze ove occorra; vale a dire d'una ben condotta modulazione; di na-
turali, e non sforzate cantilene; di artifizi che non distruggano le pri-
me, e più semplici leggi del contrappunto.

BASE . E' il suono grave di qualunque accordo consonante, o disso-


nante, cioè quello che direttamente ne regge la prima armonia. ( Non
deve però confondersi la base col grave) . Il grave della 2.ª , e della 3.ª
armonia d'un accordo non è , nè può esserne la base . Così una disso-
nanza riversata forma bensì il grave in un accordo , ma gli ripugna poi
l'esserne base. In tal modo però l'intendevano i vecchi professori, e
quindi l'origine dei loro errori nella teoria .
BASSO FONDAMENTALE . All'accordo solamente di 3.ª maggiore si re-
stringe il B. F. di M.r Rameau , atteso che tutto s'appoggia alla risonan-
za della corda sonora , che di sua natura dà il modo maggiore . La no-
stra base, pel contrario, si stende a qualunque accordo di 3. " maggio-
re, o di 3. minore : consonante o dissonante, non solo per dissonanza
aggiunta, ma dissonante anche per se stesso, come sono quelli di 5.ª
eccedente , o 5.ª minore di qualunque specie. V. Lib . I. Cap. XXVII
e XXVIII .
Basso d'una data ragione . Questo è il terzo suono scoperto dal Sig .
Tartini, che mentre suppone costantemente anch'esso il solo modo mag-
giore, ne rimane perciò totalmente escluso il minore; quindi è che il
3. suono non può fissare, nè indicar la vera base di ogni , e qualun-
que accordo.
Basso continuo . E' lo stesso che un basso cantante, colla sola dif-

11
ferenza, che questo deve avere le sue convenienti pause. Pel rimanen-
te l'uno e l'altro convengono nell'esser formati , e composti di basi , par-
ti di mezzo dell'accordo , e dissonanze riversate di ogni genere.
BEMOLLE . Figura accidentale destinata a degradar d'un semitono
l'intonazione naturale d'una nota : ed è questo il principal fine della
sua istituzione. Fissato però alla chiave, assume inoltre le veci del be-
quadro, rappresentando egli in tal posizione l'intonazione naturale do-
vuta al dato trasporto del modo. Quindi è che un tal bemolle deve
alterarsi col diesis, e questo poi togliersi, ed annullarsi con lo stesso
bemolle, che rientrando nei diritti del bequadro, ha forza di ripristi-
nare la naturale intonazione ( 13 ) .
BEQUADRO . Figura accidentale destinata a rappresentare e segnar
l'intonazione naturale. Quindi è che nei modi naturali , e primitivi de-
vono supporsi tutte le sette lettere , o posizioni musicali segnate di be-
quadro alla chiave; e perciò le naturali intonazioni si diminuiscono col
bemolle : si alterano col diesis; e col bequadro queste e quelle si resti-
tuiscono allo stato loro naturale.

CADENZA . Varie ve ne sono fra loro diverse nella musica . V. Lib.


II . Corrispondono queste alle varie pose dell'orazione, indicate dal pun-
to, due punti, punto e virgola, e virgola sola .
CHIAVE. Qualunque delle 7 lettere musicali fissata ad una riga ,
o spazio sarebbe una chiave. L'uso però, avvalorato dalla ragione , 2
tre solamente le restringe, cioè F. C. G. Vedi Lib. II.
Chiave di lettura è una chiave senza diesis , o bemolli, che dimo-
stra nei modi trasportati, quale sia il modo suo naturale : per uso e
comodo del solfeggio .
CONSONANZA. Termine relativo alla grata sensazione prodotta da
due, o più suoni consonanti. Per uso comune, ed inveterato ciò nonostan-
te si chiama consonanza il termine acuto qualunque siasi che unita-
mente col grave produce una grata sensazione, v . gr. la 3.º , la 5.ª ecc.
Cromatico è il nome d'uno dei tre generi della musica greca.
Cromatico intervallo nella moderna musica si dice degli eccedenti,
detti superflui, e dei diminuiti . Nella prima classe v'è una 2. " , una
5. , ed una 6 .; nella seconda v'è una 3.ª , una 4.ª , ed una 7."
Cromatici tasti non si trovano nel clavicembalo, o nell'organo.

( 13 ) Sistema non più in uso [ N. d. E. ] .

12
E perciò gl'intervalli maggiori, e minori che di sua natura sono diato-
nici , tali rimangono anche eseguiti coi tasti corti .

DISSONANZA . Termine relativo alla molesta sensazione prodotta da


due, o più suoni dissonanti ; nondimeno chiamasi dissonanza il termine
acuto, qualunque siasi, che col grave dissuona, v . gr . la 7.ª , la 9.ª ecc.
DISCORDANZA . Termine fissato alle dissonanze passeggere, le quali
con disadatta espressione sogliono chiamarsi note cattive. Le discor- .
danze non soggiacciono alle leggi delle dissonanze , attesochè hanno
luogo solamente nei minimi tempi della battuta ; laddove le vere dis-
sonanze, vengono in uso nei tempi primari, che alcuni chiamano tem-
pi forti.
DIESIS è nella musica una figura accidentale destinata ad aumen-
tare d'un semitono l'intonazione naturale d'una nota : ed è questo il

principal fine della sua istituzione . Fissato però alla chiave (come si
disse già del bemolle) assume inoltre le veci del bequadro, rappresen-
tando egli l'intonazione dovuta al dato trasporto del modo. Quindi è
che un tale diesis deve diminuirsi col bemolle, e questo poi togliersi
con lo stesso diesis, che rientrando nei diritti del bequadro, ha forza
di ripristinare la naturale intonazione ( 14) .
Diesis enarmonico è un nome vano, e vuoto di buon senso nella
moderna musica . La figura è una croce formata da due linee obli-
quamente intrecciate come a dire in simiglianza d'una croce di S. An-
drea X; e con ciò si vuol dire che l'intonazione cresce d'un quarto di
tono . L'abuso di codesta figura vieppiù si rileverà parlando del genere
enarmonico.

ELEMENTI DELL'ARMONIA Sono le sole consonanze , le quali tutte


derivano da 1.1/3.1/5 . Le dissonanze , che ad arbitrio vi si aggiungono,
sono parti accidentali, ed estranee artificiosamente introdotte.
ELEMENTI DELLA MELODIA Sono le rispettive scale dei vari modi ,
o armoniali, o corali, o naturali , o trasportati .
EQUISONO. Tutti i suoni in 8ª , in 15 ecc . si chiamano equisoni ,
attesa una tal somiglianza fra essi, e l'unisono , quale si scorge fra l'og-

( 14) Sistema non più in uso [N. d . E.] .

13
getto, e la sua immagine nello specchio. I Greci li chiamavano para-
foni. Dall'equisonanza derivano appunto le replicazioni, e l'approssima-
zione degl'intervalli, non meno dissonanti, che consonanti ; e dallo stes-
so fonte vengono originate certe singolarità nella musica relativamente
alla proporzione geometrica .
Equivoci tasti nel cembalo , e nell'organo si dicono tutti quelli,
che servono, o servir possono a più d'una ragione, v . gr. alla 6.ª mino-
re, ed alla 5. eccedente : alla 6.ª maggiore , ed alla 7.ª diminuita, ecc.
V. Lib. II. Cap . XVI.

FRAZIONE è una, o più parti del tutto : ed è perciò una cosa sola .
Che se poi una ragione venga espressa a guisa di frazione (come bene
spesso suo praticarsi ) consta in tal caso di antecedente, e conseguente,
ed è perciò tutt'altro che frazione. V. Cap. VII .
Frazione armonica si dice di qualunque termine della serie di
questo nome , la quale porta costantemente l'unità per numeratore, co-
me 1 /2.1 /3.1/5.1/7 . ecc. Quindi sarà chiesto, ( dom . 3. ) che i numerí
in ordine diretto siano intesi per numeri armonici , vale a dire, numeri
della serie armonica

GENERE nella musica è un sistema, che dipende dalla varia divi-


sione della diatessaron (la quarta), e sono tre presso i Greci, cioè dia-
tonico, cromatico ed enarmonico.
GRADO. Distanza d'un suono dal suo vicino, e sono in numero
quanti sono i toni, e i semitoni.
GRADI D'INTONAZIONE : son essi in numero quante rispettivamente
sono le lettere musicali , che compongono un dato intervallo. Così F.
G#, due lettere contigue formano una 2ª mentre F, Ab , tre lettere,
formano una 3ª poichè ognuno sa, che il G si suppone fra F ed A.
Un altro esempio sia, che mentre C, A# è una 6ª , C, Bb è una 7";
atteso che quella abbraccia sei lettere solamente , e questa sette . Per
questa via molti equivoci si dileguano, che all'imperita gioventù so-
gliono riuscir molesti.
GRAVE : non è termine sinonimo di base . Questa direttamente reg-
ge la triplice armonia dell'accordo, e qualunque dissonanza siavi an-
nessa. Al grave artificiosamente può recarsi qualunque parte consonan-

14

1
te, o dissonante del complesso, come tutto di avviene; ma una sola
base deve sempre riconoscersi.

INTERVALLO è la distanza fra due voci , l'una grave, e l'altra acuta ;


e però tanti sono gl'intervalli , quante posson essere le distanze. Quin-
di gl'intervalli di 2.ª, 3. , 4.ª ecc.
Intervallo primario è quello, la cui ragione vien espressa da nu-
meri più semplici, rispetto al suo complemento . Così la 5.ª²½ è l'in-
tervallo primario relativamente alla 4 " 3/4 ecc .
Intervallo diretto si dice esser quello ch'essendo prossimo alla base
ha luogo nella prima armonia : tali sono le 3º, per es. C, E. ovvero
A, C.

Intervallo maggiore è quello , che cresce rispetto al minore omolo-


go nella parte grave, o nell'acuta : come la 7ª maggiore C , B ( 15 ) .
Intervallo minore : quello, ch'è mancante nel grave, o nell'acuto
rispetto al suo maggiore : come C#, B. ovvero C, Bb.
Intervallo eccedente è quello che cresce nel grave insieme e nel-
l'acuto : come C , A# o F, D#.
Intervallo diminuito è quello ch'è mancante tanto nel grave, che
nell'acuto come C# , Bb o F# , Eb .
INTONAZIONE . Nell'ottava le intonazioni Do, Re, Mi, Fa, Sol , Re,
Mi, Fa, si ripartiscono in maggiori , minori e semplici . Le maggiori so-
no i due Mi. (presso i Francesi Mi, e Si) le minori sono i due Fa.
(presso i Francesi Fa, e Ut) le quattro rimanenti Do , Re , Sol, La , si
distinguono col nome d'intonazioni semplici .
INVERSIONE. Varie se ne osservano nella musica : come a dire di
serie, e di proporzioni , quali sono fra loro, per più riguardi, le due
serie l'armonica, e l'aritmetica, e tutte le proporzioni di questo nome.
Inoltre si scorge inversione di differenze, quali sono quelle delle pro-
porzioni armonica , e della così detta contrarmonica . Non deve però con-
fondersi l'inversione col riversamento, che certamente non sono sinoni-
mi. Il riversamento riguarda in specialità le dissonanze portate al gra-
ve; e solamente per abuso gl'intervalli derivati, con cui restituir si vo-
gliono nella sede loro naturale gl'intervalli primari, ed originali .

(15) Oggi nelle scuole estere B significa Si bemolle e H Si bequadro (N. d. E.) .

15
L

Legatura di note presso gli antichi era ciò che chiamavano nexus
notularum : quindi rendevasi assai difficile l'esecuzione della loro mu-
sica. Ai giorni nostri l'invenzione , e l'uso delle linee perpendicolari ,
che separano l'una dall'altra battuta, ha liberati i musici totalmente da
quell'imbarazzo .
Legatura delle dissonanze è un segno fatto in guisa di semicircolo,
che connette due note, delle quali la prima è consonante , e l'altra dis-
sonante.
LETTERE GREGORIANE, ovvero sia musicali (termini sinonimi ) sono
quelle che compongono l'alfabeto della musica , cioè A. B. C. D. E.
F. G. le quali unite alle sillabe dell'Aretino, Ut, Re, Mi , Fa, Sol , La,
formano il solfeggio .
LICENZA. Termine usato, e forse introdotto da M.r Rameau . Ma
francamente può dirsi, ed a suo luogo sarà provato, che qualunque
licenza è una trasgressione : onde quante licenze, tanti errori nella
musica.

MELODIA è il risultato di una serie qualunque di suoni , o voci suc-


cessive, quali sono quelle di ciascheduna parte cantante, o strumenta-
le, che liberatamente ascende, e discende; e perciò alla melodia con-
vengono ugualmente le ragioni di maggiore, e di minore inegualità .
MODO significa in genere una determinata ottava sopra di cui si
regge, e s'aggira un qualunque componimento.
Modo armoniale, conviene in specialità questo termine ai due
modi, che sono propri della moderna musica, cioè il maggiore ed il
minore .

Modo corale-armoniale . Sotto questo nome s'intendono i modi, o


toni del canto fermo ridotti in armonia.
MODULAZIONE Significa precisamente la condotta di un componi-
mento nell'uso artificioso delle varie corde , che al modo assunto con-
vengono .
MUSICA si dice in genere del canto , e del suono tanto di pura
melodia, quanto di armonia.

16
N

NOTE Sono quelle figure musicali, che mentre colla loro posizione
indicano il grave, o l'acuto della voce , colla loro figura dinotano inol-
tre la durata del suono.
NUMERI. In una ben diretta teoria della musica i numeri non
devono già considerarsi come quantità astratte; ma bensì in relazione
sempre, e poi sempre al suono.
Numeri armonici si chiamano tutti quelli della serie di questo
nome; i quali però non devono confondersi con i numeri , o suoni con-
sonanti, atteso che nella serie armonica ve ne sono di ogni sorta , cioè
consonanti, dissonanti, ed innumerabili , degl'inetti alla melodia , non
che all'armonia : chiamati dai Greci, Exuelets (Ecmeli) .
Numeri organici si dicono quelli che veggonsi scritti, e disposti
sopra le note del basso continuo, ove mentre si tenta diminuirne la
quantità, si detrae il necessario, e bene spesso vi s'introduce oscurità .
Di ciò sarà trattato seriamente a suo luogo.

OTTAVA. Nasce questa dalla ragione dupla , ed i suoni fra loro sono
equisoni. Il nome di 8. " deriva dalle otto voci diatoniche, ond'è for-
mata, e composta in virtù dei due tetracordi disgiunti, in cui si risolve.
Ora l'equisonanza cagiona vari ed importanti effetti fra i quali sono
ovvie, e rimarcabili le replicazioni tanto in grave, quanto in acuto; le
quali però non hanno forza di sostanzialmente distruggere le varie pro-
porzioni, mentre per l'opposto le conservano lasciandone rilevar l'ef-
fetto : punto riflessibile, ed importante, per aver sempre presente tanto
il principio delle consonanze, quanto quello delle dissonanze .
Ottava armonica vuol dire 8.ª divisa armonicamente : e 8." aritme-
tica accenna questa stessa ragione aritmeticamente divisa : e così deve
intendersi riguardo a qualunque altra ragione . Onde 1.1/2 . è l'8 .*"
semplice 2. 1; l'8 " armonica vien espressa da 1/
2.1/3.1 /4 . =
6.4.3 . L'8 . aritmetica si manifesta in 173.1/
4.1/64.3.2.

PARTI ARMONICHE della corda sonora io chiamo le minime aliquote


di ciascuna divisione, le quali tutte insieme compongono la serie ar-
monica; per es. di 3/3 , 1/3 ; di 5/5 , 1/5 . ecc.

-- 17

2. Trattato della Moderna Musica.


PREPARAZIONE delle dissonanze importa una certa cautela nell'usar-
le, per cui il suono ch'è dissonante richiedesi che sia consonante nel-
l'antecedente accordo, ed in consonanza pure degradando si risolva .
Da qualunque consonanza si può preparare la dissonanza, ed in qua-
lunque consonanza può risolversi , ma sempre degradando.
PROGRESSIONE è il nome che prende, ed assume qualunque propor-
zione , la quale oltrepassi i tre termini : e questa può esser continua, o
discreta. V. Cap . XI .
PROPORZIONE è quella relazione , che hanno tre termini dati , alle
rispettive loro differenze . V. Cap . XIV.

QUARTA. E' un intervallo controverso fra gli antichi , e i moderni;


o per meglio dire fra i teorici, e i pratici. L'errore di questi ultimi (che
la vogliono dissonanza) nasce da ciò, che non distinguono la 4. " , la
quale è parte integrale, ed essenziale dell'accordo consonante , dall'estra-
nea, ed avventizia allo stesso accordo. V. Cap . XXII .

RAGIONE è il mutuo rapporto di due sole quantità; ed equivale


a proporzione semplice. V. Cap . VII .
Ragione semplice , o radicale, si dice quella, che sta espressa dai
suoi numeri primi, come per es. 2 a 3; ovvero 5 a 6; a differenza di
quella che sta espressa da numeri multipli dei radicali; come 6 a 9 =
2 a 3; o pure 25 a 30 -= 5 a 6.
REPLICAZIONE Si dice di un intervallo dilatato d'una intera 8" , nel
grave, o nell'acuto. Se vuolsi replicare verso il grave, deve dividersi pel
2º l'antecedente della ragione data . Ora sia per es . la 3ª maggiore * /5 ;
diviso il 4 per 2 sarà / la 3. maggiore replicata, cioè una 10." . Se
poi vogliasi replicare verso l'acuto, convien moltiplicare per il conse-
guente; onde della 3ª maggiore suddetta moltiplicato il conseguente
5 × 2, si avrà in /10 la 3. maggiore replicata in acuto, cioè una 10. " .
RIVERSAMENTO D'UN INTERVALLO importa trasposizione del suono
acuto nella parte grave : il riversamento appartiene alle dissonanze. Due
riversamenti contemporanei sono impossibili, atteso che in qualunque
disposizione di suoni uno solo può esserne il grave. Delle consonanze
non si dà vero riversamento , bensì ascendendo , le principali giungono
al loro complemento , e in tal modo si producono le consonanze deri-

18
vate . Ed allorchè con ordine retrogrado discendono si riproducono le
principali consonanze, queste acquistano il nome d'inverse . Perciò de-
ve intendersi, che intervallo inverso, e riversato non è lo stesso . Infatti
l' 11.' riversata diviene 4. " ; e la 5.* inversa diviene pur essa 4.ª. Non
sono dunque sinonimi i suddetti due termini . Bensì prova il caso pre-
sente la verità del detto d'Orazio : Difficile est recte communia di-
cere ( 16) . V. Cap . XXIX.
RISOLUZIONE . Viene in uso questo termine rispetto alle dissonanze .
le quali degradando passano alla prossima consonanza, o nello stesso
accordo, ovvero in un altro, giusta l'opportunità. V. Cap . XXXVIII .

SCALA nella musica si chiama qualunque serie di voci , e suoni .


La prevenzione le fissa al numero otto : ma per verità ve ne sono di
vari gradi, e di varia indole. V. Lib . II .
SERIE . Sono due quelle che sopra tutte riguardano la musica; cioè
l'armonica che ha per costante numeratore l'unità, e l'aritmetica , che
deve supporsi avere per costante denominatore la stessa unità .
SUONI IDENTISONI Sono quelli , che da due, o più unisoni derivano.
Equisoni quelli che vengon prodotti da due o più 8.º; e da questi ri-
conoscono l'origine loro le replicazioni .
SOSPENSIONE . Termine nella musica introdotto da M.r Rameau ,
riguardo alle dissonanze, che oltrepassano l'8 . " ; quali sono la 9.ª e l' 11. "
ecc. Il suo errore però già si è fatto manifesto, e molto più lo si farà
nel Lib. III . Il termine sospensione adunque (per non sbandirlo affatto)
può applicarsi alle appoggiature, cioè a quelle minute note, che servono
soltanto al buon gusto del canto, e del suono.
SUPPOSIZIONE . Altro termine introdotto dallo stesso Rameau, con
cui sconvolge il sistema delle dissonanze, imputando al basso continuo
vari accordi supposti , affine di restringere tutte le dissonanze in una
sola , cioè nella 7 minore. Abbaglio di massima conseguenza, per cui
diventa un caos la dottrina, e l'uso delle dissonanze, che rettamente
intese, e con giudizio usate producono sempre un ottimo effetto.

TEMPERAMENTO. E' una ripartizione di certo difetto, che rilevasi


negli strumenti da tastatura, onde ciaschedun tasto ne partecipi una in-

(16) Ars poet. V. 128 [ N. d. E.] .

19
sensibile proporzione : e perciò si chiama anche partecipazione . V. Lib .
II . Cap . IV.
TEMPO. Sotto questo nome si comprendono tutti i vari segni on-
de risulta il rispettivo valore delle note nel componimento, a cui è
premesso dopo la chiave. V. Lib. II . Cap. X.
TETRACORDO. Il nome stesso indica che questi comprende quattro
corde, o suoni. Si rammentano tetracordi congiunti, e disgiunti. Due
congiunti formano una 7.ª; due disgiunti compongono una 8. * .
TRASPORTI. Questi riguardano i modi musicali d'ogni genere, che
si dicono trasportati allorchè non sono nella loro sede e corda naturale.
I trasporti si formano col mezzo di uno o più diesis; uno o più be-
molli. V. Lib. II .
TRIEMITONO si chiamava presso i Greci la 3" minore . Presso di
noi moderni è un intervallo incomposto contenuto fra due sole lettere
musicali consecutive, che costituiscono la 2. eccedente, detta superflua.
TONO. Due sono i principali significati di questo termine. In un
senso equivale a modo, e per toglier l'equivoco, si dirà : tono modale.
Nell'altro senso significa grado, o distanza d'una voce intera, come per
es. da C. a D. e questo si specifica coll'aggiunto cioè tono graduale.

UNISONI . Suoni che derivano da qualunque ragione d'egualità, co-


me per es. di 1 a 1 , di 3 a 3 , ecc. Questa è la prima fra tutte le con-
sonanze. Vedi Cap. XIX .

Voce. Una voce più alta, o più bassa significa lo stesso che un to-
no in acuto, ovvero in grave. Mezza voce, termine che equivale a se-
mitono.

E qui pongo fine alla spiegazione dei termini che ho creduti i più
necessari. Ma chi ne bramasse una ampia, e distinta per ogni conto,
può ricorrere al Dizionario del celebre M.r Rousseau ; avvertendo però
a quanto dice nella prefazione, cioè che egli s'è attenuto al sistema
di M.r Rameau, benchè lo riconosca imperfetto, e difettoso , per molti
riguardi, per essere quel desso il sistema prediletto , e comunemente
abbracciato dalla nazione francese, per cui specialmente ha scritto il
suo Dizionario .

20
II. - DOMANDE

1. Che mi sia concessa una corda sonora da dividersi in quante


parti abbisogni.
2. Che a quella corda sia costantemente, e per sempre fissato un
dato suono; e questo sia quello di F, fa , ut, come si vede nella pre-
messa tavola .
3. Che i numeri diretti ( in fatto di ragioni, e proporzioni) s'in-
tendano come frazioni della serie armonica; cioè per es. 1.2.3.4 ;
come 1.2.1/3.1/ 4 . E i retrogradi si prendano per numeri interi ;
cioè 4.3.2.1 . effettivamente quatro, tre, due, uno.

III. - ASSIOMI

1. Il suono è al suono, come la corda alla corda. In qualunque


corda sono contenute tutte le minori di essa; e per conseguenza in qua-
lunque suono trovansi contenuti i suoi più acuti .
2. Tutti i suoni che nascono da ragione, o progressione dupla
sono fra loro equisoni .
3. Il suono che con un estremo della dupla , ( l'8 " ) è consonante ,
anche con l'altro estremo è consonante .
4. Tutti i numeri dispari sono numeri primi nella musica; e per-
ciò nuovi suoni producono. Tali sono per es . il 9. il 15. il 27. ecc.
che nell'aritmetica sono manifestamente composti .
5. Tutti i numeri pari sono composti dell'impari , da cui per du-
pla progressione derivano; e i suoni si risolvono nel suo primo, ed ori-
ginale, per es. 60. 30. 15 .
E E E
21
|
CAPITOLO I.

Che cosa sia la musica e cosa per essa voglia intendersi

Considerata nel proprio, e vero suo senso la musica di cui im-


prendo a trattare, ella è la scienza del suono, in quanto è grave o
acuto (1).
Col mezzo del numero accuratamente distingue i vari gradi di
acutezza, o gravità nel corpo sonoro; e poichè il numero appartiene di-
rettamente, e propriamente all'aritmetica , quindi ne segue, che la mu-
sica è scienza mista, subalterna , e subordinata all'aritmetica (2) .
Il suono pertanto è l'oggetto fisico della musica, ed il numero
l'oggetto matematico; e col linguaggio degli scolastici direbbesi esserne
il suono l'oggetto materiale, ed il numero l'oggetto formale, in quella
guisa che l'astronomia ha per oggetto la quantità relativamente al
moto (3).
Non è però la musica una scienza puramente speculativa , poi-
chè dalla considerazione dei suoni passa alla pratica, ed alla disposi-

(1 ) Harmonica est potentia perceptiva earum, quae in sonitibus sunt differentiarum


circa acutum , et grave. Ptol . Harm . lib . I , cap. I.
Harmonica est facultas differentias acutorum, et gravium sonorum sensu, ac ratione
perpendens. Sensus enim, ac ratio quasi quaedam facultatis harmonicae sunt instrumenta.
Boeth. 1. 5. Mus. c. I.
(2) Quotum aut per se subsistit, aut juxta respectum ad aliud consideratur. Arithme-
tica igitur quod per se est quotum contemplatur, musica vero quod ad alius. Proclus,
Comment. in primum Eucl. lib. cap . 12.
(3) Sonus objectum materiale musices; numerus objectum formale . Vossius, de Mus.
e de Disciplinis Mathem.
Harmoniae criteria duo quidem sunt, auditus, et ratio : sed alio atque alio modo :
quippe auditus secundum materiam, et passionem judicat; ratio secundum formam, et pas-
sionis causam. Ptol . Harm. lib. I, cap. I.

23
zione di essi; perciò la musica è scienza teorico-pratica, come varie
altre (4).
Vanno dunque errati quelli, che fra le arti liberali solamente la
vogliono annoverata; e l'inganno loro manifestamente nasce (per mio
credere) dal confonder essi i veri musici con gli esecutori della mu-
sica. Pongono cioè nella stessa classe i compositori , e i cantori , e suona-
tori . Ma la grandissima differenza che fra quelli, e questi passa fu già
saggiamente avvertita da Boezio, e dal Card. Bona (5) .
Che poi vi siano dei compositori , (e pur troppo ve ne sono) che
ignari, e privi di qualunque teoria, non trattano la musica qual scien-
za, ciò punto non deroga al merito della musica stessa; bensì tutto il
difetto, e la colpa ricade sopra gl'indotti compositori , che di nome
soltanto sono musici (6 ) .
E che così sia, ampia fede ne fanno le di loro opere, che non già
dal senso, e dalla ragione insieme, ma bensì dal solo senso di ragione
sprovveduto, si scorgono fatte a capriccio, o con servile imitazione, co-
piando qua, e là : incapaci sempre di far cosa tollerabile , che da altri
pria non siasi fatta. Quindi ne segue, che dovendo talvolta render ra-
gione dei propri componimenti si restringono a dire : anche il tale, o
il tal'altro ha usati questi passi, questi modi, queste combinazioni, ecc.
ovvero : il maestro così mi ha insegnato.
Io però tengo, che il gran maestro sia la ragione; e questa sola
può addottrinarci in ogni età. I maestri che ci sono dati nella gioven-
tù , ci devono servir di guida per un certo tempo, siccome ai bambini
serve di guida la madre, o la nutrice, finchè sono teneri . Per lo che
conchiudo, che i compositori sempre appoggiati al maestro , o agli
altrui esemplari, non sono musici , ma bensì nella musica sempre bam-
bini.

(4) Musica est scientia non contemplativa solum, sed etiam activa; sicut et medicina,
et virtus, hoc est scientia morum . Musonius.
(5) Is musicus est, qui ratione perpensa canendi scientiam, non servitio operis, sed
imperio speculationis assumit. Boeth . Mus. lib. I , cap. 34 .
Cantor ille est qui harmonicae rationis expers, et a musicae scientiae intellectu
sejunctus famulatur, nec quicquam affert rationis : Is autem musicus est, qui ratione
perpensa canendi scientiam non servitio operis, sed imperio speculationis assumit. Bona,
Div. Psalm. c. 17, § 3.
(6) Non hoc vitio dabitur scientiae, si quis ea non ut par est utatur : sed propria abu-
tentis ea culpa censebitur. Plut. lib. de Musica.

24
CAPITOLO II .

Delle diverse maniere

onde i vari rapporti dei suoni conoscer si possono

Tutte le cose create, disposte e formate sono con numero, peso,


e misura; nè di ciò può dubitarsi, poichè a chiare note lo attestano le
Sacre Carte : ed è stata pur anche dai gentili , questa verità cono-
sciuta ( 1) .
L'armonia però con specialità, e più manifestamente trovasi fre-
giata di cotesti caratteri; imperciocchè il suono è prodotto dal movimen-
to dell'aria in numero , pondere , et mensura .

ARTICOLO I.

Si spiega dunque il suono in tante vibrazioni al corpo sonoro pro-


porzionate. Le vibrazioni poi sono di natura e d'indole aritmetica, re-
lativamente all'armonia, ed esattamente ne osservano fra di loro la
serie 1. 2. 3. 4. 5. ecc .
Ecco dunque che l'armonia è di fatto creata, e formata in numero
quanto alle vibrazioni; poichè di due corpi sonori che producano i loro
respettivi suoni, e. gr. in ragione dupla, è cosa certa che quello onde
procede il suono acuto fa due vibrazioni , mentre una sola ne fa quello
onde procede il suono grave . Che se i suoni trovinsi in ragion sesquial-

(1 ) Omnia in numero, pondere, et mensura disposuit Deus. Sap. c. II.


Omnia voluit Deus ordinare, ac dirigere ratione, et mensura, numeroque secundum
naturam . Symposiacon, 8.

25
tera, è ugualmente certo, che il corpo sonoro da cui procede il suono
acuto, fa tre vibrazioni , mentre due solamente ne fa quello, onde pro-
cede il suono grave, e così in ogni altra ragione si può discorrere.
Per codesta via però non siamo noi certamente in stato di esa-
minare all'occhio ogni, e qualunque rapporto dei suoni, il che agevol-
mente raccogliesi dallo stesso Galileo Galilei ( 2 ) , che approfittandosi
del caso, fece primo di tutti la scoperta; essendo manifesto, che non
stà in nostro arbitrio di esaminar qualunque rapporto dei suoni, nè
con un bicchiere pieno d'acqua, nè con uno scalpello strisciato sopra
una lamina o piastra di ottone . L'osservazione dunque del Galilei , è
bellissima, è felicissima; ed egli ragionando ne fa ottimo uso , e ben de-
gno del gran filosofo ch'egli era, ma per noi non serve all'uopo, come
già si è detto.
Si accorda pertanto, e si concede , che le vibrazioni sono fra di
loro in proporzione , e d'indole aritmetica , e soltanto si nega, che per
questa via possiamo noi a nostro talento, ed arbitrio mostrar all'occhio

qualunque ideato rapporto.


infatti se potessero numerarsi le vibrazioni avremmo anche un
suono fisso, per cui indarno si sono adoprati (fra gli altri molti ) con
specialità, e con impegno M.r Sauveur, e M.r Diderot .

ARTICOLO II.

Dalla maggior, o minor tensione della corda sonora nasce il suo-


no più grave, o più acuto; la tensione è l'effetto della forza, o sia del
peso, con cui una corda si stira : e però tensione, forza, e peso signifi-
cano nell'effetto la cosa stessa. La proporzione dei pesi si esprime col-
la serie dei quadrati 1. 4. 9. 16. 25. ecc . che additano in ciascheduna
ragione i suoni corrispondenti alle vibrazioni espresse dalle radici nel
modo che segue :

Vibrazioni 1. 2. 2. 3. 3. 4. 4. 5.
Pesi 1. 4. 4. 9. 9. 16. 16. 25.

Ecco dunque che l'armonia è di fatto creata, e formata anche


in pondere; ma nè pure col mezzo dei pesi siamo noi in stato di esa-

(2) Giornata, o Dialogo I , Tom. 3. Ediz. Pad. , p. 59.

26
minare a nostro talento ogni, e qualunque rapporto dei suoni; poichè
dovendo essere della stessa lunghezza, e dello stesso diametro, o gros-
sezza le corde colle quali vuol farsi lo sperimento, è cosa certa , ed
incontrastabile, che la corda che regge e. gr. ai pesi 1 e 4 non reg-

gerà poi ai pesi 9. e 16. e molto meno ai pesi 25. e 36. ecc.
Ma dato e concesso che reggesse , dico che lo sperimento , e l'esa-
me non può corrispondere con la dovuta esattezza al proposto fine;
imperocchè una corda tesa dal peso 1 , essendo poi tesa dal peso 4 ,
deve necessariamente, assottigliandosi , diminuire nel diametro , o gros-
sezza (che si suppone dover essere sempre lo stesso) e molto più accre-

scendosi il peso a 9. e 16. ecc. Quindi è che codesto metodo di esa-


minare i vari rapporti dei suoni a gran ragione viene giudicato inetto,
e perciò escluso anche da Tolomeo ( 3 ) . Escluso dunque il numero,
ed il peso, piglieremo ora in esame la misura .

ARTICOLO III.

Il suono prodotto dal movimento dell'aria è più grave, o più acu-


to, non solamente in proporzione della tensione , o peso, ma eziandio
in proporzione della lunghezza delle corde sonore, poichè una corda
più lunga produce il suono più grave, mentre la più corta produce il
suono più acuto.
La proporzione poi delle lunghezze delle corde ci vien espressa
dal tutto, ovvero sia dall'unità divisa dalla serie naturale dei numeri

nel modo che segue 1/1 1/2 1/3 1/4 1/5 ecc. che dai matematici si chia-
ma serie armonica, perciocchè i sei primi termini di questa serie, ap-
plicati alle lunghezze di una corda sonora , sono tutti fra di loro armo-
nici, e consonanti . Ecco dunque che l'armonia è creata, e formata an-
che in mensura .

Escluso pertanto l'esame ed il criterio delle consonanze col mezzo


delle vibrazioni , e dei pesi, dico che solamente per via delle lunghez-
ze della corda sonora può farsi codesto esame, e confronto dei vari suo-
ni senza pericolo d'incorrere in errore, o di prender abbaglio. Della
stessa opinione, e sentenza è anche Tolomeo , mentre dopo aver esclu-

(3) In appensis autem ad chordas ponderibus praeter quam quod ipsae chordae haud
facile conservantur inter se penitus invariatae, haud etiam fieri poterit, ut ponderum ra-
tiones, sonitibus a se factis perfecte accomodentur : cum et in eisdem ipsis tensionibus
spissiores, et subtiliores chordae acutiores edant sonitus. Harm. lib. I, cap. 8 .

27
so, e confutato ogni altro modo di esaminare i vari suoni, si appiglia
alla misura, cioè alle lunghezze della corda sonora (4) .
Considerando noi dunque l'accorciamento della corda qual unico
mezzo di far con sicuro criterio un giusto esame delle consonanze, sem-
brerà forse a taluno, che per dimenticanza non siasi parlato dell'assot-
tigliamento delle corde, mentovato dal Galilei; ma egli appunto per me

risponde, che questo terzo modo si riduce al peso ( 5 ) : quando dun-


que abbiamo parlato del numero , del peso , e della misura , abbiamo
considerata l'armonia in tutti i suoi principii produttivi .

ARTICOLO IV.

Rimane però da riflettersi, che in due maniere la misura può ap-


plicarsi ad una corda , essendo cioè appoggiata a due ponticelli , come
sopra un monocordo, ove la proporzione delle lunghezze è quella del-
la serie armonica , come già si è detto; che se ad un sol punto fissata
sia la corda, e libera nell'altra a guisa di pendulo ; in tal caso la pro-
porzione delle lunghezze deve essere come i quadrati della serie ar-
monica, cioè ¹ /1 1/4 1/9 1/16 1/25 ecc . e i suoni delle corde sono fra di
loro come quelli prodotti nel canone dalle lunghezze corrispondenti ai
cinque primi termini della serie armonica : cioè alle radici.
Poichè dunque abbiamo osservate le diverse rispettive leggi delle
vibrazioni, dei pesi , e delle lunghezze della corda sonora , tanto nel
canone, quanto nei penduli , rimane ora da riflettersi , che il tempo ,
o sia la celerità, o durazione delle vibrazioni ci rappresenta l'unità
sempre costante. E così è; poichè le cinque vibrazioni della quinta par-
te della corda : le quattro del quarto : le tre del terzo , e delle due me-
tà, sono tutte equitemporanee all'unica, e sola vibrazione di tutta la
corda. Questa costante unità può scorgersi legare in una proporzione
geometrica continua tutte le mentovate serie come dal confronto si vede
nel seguente esempio .

(4) Verum in canone extensa chorda omnium accuratissime et promptissime ostendet


nobis consonantiarum rationes. Harm . lib. I , cap. 8.
(5) Tre sono le maniere, colle quali noi possiamo inacutire il tono a una corda;
l'una è lo scorciarla, l'altra il tenderla più o vogliam dir tirarla, la terza è l'assottigliarla;
quest'ultima maniera però con più verità deve attribuirsi al peso. Dial. I , pag. 59.

28
1. 4. 9. 16. 25 . Peso, o forza con cui agisce la corda di una
lunghezza data.

1. 2. 3. 4. 5. Numero, o moltitudine delle vibrazioni.

1 2 3 4 5
Unità, o sia tempo, celerità, e durazione delle
. • •
vibrazioni.
1 2 3 4 5
!

--

1 1 1 1
• Misura, o lunghezza della corda sul mono-
1 2 3 4 5 cordo, e quantità del suono.
i
--

1 1 1 1 1
• Misura, o lunghezza dei penduli .
1 49 16 25

La serie dell'unità avvedutamente si esprime qui in frazioni; per


rappresentare con chiarezza la durazione equitemporanea delle vibra-
zioni. E tanto basti.

29
CAPITOLO III.

Osservazioni sopra la corda sonora

Poichè per conoscere i vari rapporti dei suoni alle lunghezze della
corda sonora convien attenerci, necessario sembrami il previo esame
dell'indole , e natura della corda medesima.
Toccata dunque la corda sonora ci fa essa tosto sentire aperta-
mente il suono suo proprio, ed inoltre colla risonanza si spiega in tan-
ti altri suoni, quante sono le sue parti aliquote, cioè 1 /2.1/3.1 /4.1 /5 .
ecc. in serie armonica continua. Fra tanti però solamente i suoni di
1/3 e di 1/5 si rendono sensibili, e non si rilevano 1/ 2.1/4.1/ 6 . per-
chè equisoni di 1 , ed ¹ /3. Molto meno si rileva quello di 1/1 , che che
ne dica M.r Rameau ( 1 ) , per esser troppo acuto, e debole pel nostro
orecchio .

Egli è questo certamente un fenomeno mirabile , ma non perciò


1.1/3.1/5 . è il principio dell'armonia : lo asserisce M.r Rameau , per-
chè questi tre suoni sono in proporzione armonica (2) . Ma, soggiungo
io, risuonano pur anco (se non tutte) tante altre aliquote della serie ,
non avvertite, perchè i suoni o sono equisoni, o troppo languidi . Dice
egli che si ode anche il suono di ¹ /7 ; sarà dunque questo pure dirò

io , parte del principio dell'armonia , essendo un quarto termine armo-


nico : ma ciò non è, nè può essere, come vedremo ove si tratterà del
vero principio, e cagione delle consonanze, cioè nel Cap . XVIII .
Quanto poi all'aggiunta che propone M.r Rameau di due corpi
maggiori del corpo dato, cioè a dire di due corde più lunghe, che alla

(1) Gener. arm., cap. I, sperienza 3 , ecc.


(2) Gen. arm., cap. 2 .

30
data, segnata 1 siano come 3 e 5 , le quali fremono, come ci dice al
suono della corda I , e sono i suoni in proporzione aritmetica. Dico, che
se tali suoni, per mala sorte, si udissero insieme con quelli della riso-
nanza ¹ /3 . ¹/5 . , si manifesterebbe un orribile caos : atteso che si udi-
rebbero precisamente i suoni (dato Ut, o sia C = 1 , come accenna
Rameau) sarebbero dissi i suoni , dal grave all'acuto, come

5. 3. 1. 1/3.1/5 .
Ab F C GE

ed è questa, per di lui sentenza , l'origine del modo minore . Ma buon


Dio ! qual corrispondenza mai del modo minore F. Ab . C. al maggiore
C. E. G. ?

Che tali sieno di fatto i suoni quali si veggono qui descritti, non
v'è dubbio alcuno . Sono le due serie fra di loro inverse; e siccome l'arit-
metica è crescente nei numeri : decrescente l'armonica; così i suoni nel-
l'aritmetica dall'acuto discendon al grave , mentre per l'opposto nel-
l'armonica dal grave progrediscono all'acuto . Andando poi del pari le
due serie, cioè con termini omologi (come lo sono 3. con 1/3 , e 5. con
1/5) l'unità 1. li lega in proporzione geometrica , e i suoni perciò tro-
vansi patentemente dissonanti . Accenna il Rameau la cacofonia ( 3 ) dei
suoni Mi Sol Si con quelli delle rispettive risonanze, che vengono oscu-
rate, e rese impercettibili dai suoni effettivi dei tubi : e gli sfugge poi
quella dei suoni corrispondenti ai fremiti delle due corde 3. e 5. ag-
giunte all'intera 1. che fa realmente risonare le sue parti 3ª . e 5ª .
Nella proporzione aritmetica di 5. 3. 1. (senza riflettere ai corrispon-
denti suoni ) s'è abbagliato M.r Rameau , per soverchia brama di asse-
gnare un principio generale dell'armonia ; ma la sorte , anzi il fatto stes-
so gli è avverso, e lo combatte . Lo ha quel principio d'avanti gli occhi ,
e non lo vede : come appunto gli accade trattando del principio delle
dissonanze, che pur dovea vederlo, dopo aver capito che d'un intero
accordo consonante , in qualunque maniera disposto una sola è la base ,
ch'egli chiama basso fondamentale. Troppe maraviglie si fa egli del no-
stro Zarlino , onde io pure a maggiore ragione di lui non abbia a far-
mene (salvo il dovuto rispetto).
Noi però proveremo a suo luogo che da 1 1/a.1/5 . si deduce
il modo minore, ma in altra guisa, e per tutt'altra via .
Non parlo qui degli altri fenomeni della corda sonora (osservati
già, e descritti dal bravo P. Mersenne, M.r Sauveur, ed altri ) atteso

(3) Gener . arm., pag. 14 .

- 31
che l'unico mio scopo è di far avvertiti gl' inesperti giovani, che
1.3.1/5 . (come fenomeno di risonanza) non è, nè può essere il
vero principio dell'armonia, e il modo minore naturale rifiuta, ed ab-
borrisce l'origine assegnata da M.r Rameau .
Sembrami però di non dover chiudere questo Cap . senza produrre
alcune mie particolari osservazioni sopra la corda sonora premettendone
per maggior chiarezza varie serie all'uopo .

2 3 4 5 6
Serie armonica 1 -- •
1 1 1 1
1 1 2 1 3
Metà della corda
2 2 4 2 6
ecc.

-
1 2 3 4 5
Serie dei residui

LO5

96
33
2 4 6
2 4 5
Corda intera 1 . • •
2 3 4 5 6

Dico dunque in primo luogo , che qualunque sia la divisione del-


la corda sonora, la sua metà è sempre il mezzo aritmetico fra la mini-
ma sua aliquota, ed il rispettivo suo residuo .

2 1 1 4. 3. 2.
Così
3 2 3 CFC
-

4 1 8. 5. 2.
e •
5 2 5 A FA

1. In questi due esempi (che posson servir di norma per qualunque


impari divisione) ridotte le frazioni a numeri interi, si avverte che le
lettere musicali non sono poste già ad arbitrio, ma bensì a tenore sem-
pre della seconda domanda (4 ); dunque la metà della corda deve sem-
pre essere F, fa ut ; quindi la proposizione può farsi generale nei se-
guenti termini : Data la metà della corda fra le serie armonica , e quel-

(4) Vedi queste domande nei Prolegomeni .

32
la dei residui , ne risulta costantemente fra di loro la proporzione arit-
metica; e nella stessa proporzione trovansi pur anche i suoni da quei
numeri indicati .
2. Che le due serie, cioè l'armonica , e quella dei residui ci rap-
presentano i due infiniti accennati da Platone (5 ) , l'uno decrescente

nella qualità, e crescente nelle voci , qual'è quello della serie armonica.
L'altro, cioè quello dei residui, crescente nella quantità , e decrescente
nelle voci : ambedue indefinitamente; la qual cosa non ammette oppo-
sizione per poco che vi si rifletta.
3. Che i residui della corda sonora considerati come una curva
in confronto della corda indivisa considerata come una retta, ci pre-
sentano la più viva immagine delle due assintote geometriche . Infatti
poste due corde sonore, uguali in diametro , lunghezza, e tensione, e
lasciatane una indivisa : dividendo poi l'altra giusta la serie dei residui ,
andranno sempre i corrispondenti suoni accostandosi a quello della cor-
da indivisa, senza poterlo mai raggiungere .
Così è: i suoni dei residui cominciando dal massimo , cioè dal-
l'ottava sempre degradano, e s'accostano; nè mai giunger possono al per-
fetto unisono con quello della corda stabile . Ecco pertanto una dimo-
strazione musico-geometrica delle due assintote , senza bisogno di X Y Z.

(5) Plato duplex infinitum ponebat scilicet magnum, et parvum : augmento numeri,
decremento magnitudinis. Jamblicus .

33
3. Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO IV.

Costruzione del monocordo, e vero modo di farne uso

Poichè è deciso che alla misura dobbiamo appigliarci unicamente


per scoprire, e dimostrar all'occhio i vari rapporti dei suoni, al mo-
nocordo perciò necessariamente convien rivolgerci, indicandone prima-
mente la costruzione, indi l'uso .

ARTICOLO I.

Facilissima è la costruzione del monocordo, per esser egli formato


di una sola corda sonora stesa sopra una tavola bislunga, e stirata tan-
to che renda suono sensibile, chiaro, e preciso . Per dividere poi la cor-
da, devonsi aver pronti , e preparati molti fulcri , o ponticelli mobili , onde
poterla dividere in quante si voglia parti; ed ecco tutta la costruzione
del monocordo, chiamato anche canone, d'onde patentemente è deri-
vato il nome di canonica, con cui da alcuni si chiama la musica teorica .
L'invenzione del monocordo per comune opinione si attribuisce
a Pitagora, per esser egli stato il primo che prendesse a considerare le
forme delle consonanze con molti sperimenti, dopo l'osservazione ed
esame fatto del vario peso dei martelli nell'officina fabrile , dove egli
credette d'essere stato condotto non già dal caso , ma bensì per un atto
di speciale divina provvidenza . Nicomaco però viene accusato nella nar-
razione di questo fatto, perchè ripetuto ai giorni nostri, realmente non
corrisponde : ma la cagione del divario ben potrebbe attribuirsi al mo-
do fra noi usato di adattar l'incudine, diverso da quello degli antichi.

34
Un celebre artista , mi assicura , che in Alemagna l'incudine sta in-
cassato nel legno, che lo sostiene; e chi può sapere in qual altro modo
l'adattarono forse gli artisti della Magna Grecia?

ARTICOLO II .

L'uso poi consiste unicamente nella diligente, ed ordinata divi-


sione della corda sonora, che da Euclide si chiama sectio canonis . La
ragione, e l'ordine riechieggono, che la divisione facciasi a tenore del-
la serie naturale dei numeri : dividendo la corda primamente con un
fulcro in due parti uguali; poi con due in tre parti; quindi con tre
in quattro parti, ecc.
Codesta divisione infatti è aritmetica , perchè fatta in parti ugua-
li; nel risultato però è veramente armonica, atteso che le lunghezze
di ciascheduna parte della corda, e i suoni che ne derivano sono pre-
cisamente in serie armonica. Ma poichè varie divisioni insieme segna-
te possono confondere l'occhio, e l'intelletto, perciò sopra una sola cor-
da debbono le divisioni successivamente farsi, ed in tal modo sembra
essersi adoprato il gran Cartesio ( 1 ) , per quanto ne indica la figura
prima del suo compendio .

1
Octava
2

1 2
12.ma Quinta
3 3

1 2 3
15.ma 8.a Quarta
4 4 4

1 2 3 Sexta 4
17.ma 10.ma ditonus
5 5 5 maj. 5

1 2 4 4 5 3.a
19.ma 12.ma Octava 5.ta
6 6 6 6 6 mi

Esempio 10

( 1 ) Comp . Mus., pag. 12.

- - 35
Da una tal divisione risulta nella prima colonna la serie armoni-
ca dei suoni ; e nelle seguenti le combinazioni tutte, di cui ciascuna
divisione è capace. Qui però non tutte ci sono le consonanze : la 6ª.
minore esclusa ne rimane. O sia dunque una sola corda successivamen-
te divisa, o sieno sei corde, cioè un monocordo moltiplicato, non sem-
brami fuor di proposito il credere, che sfuggita la divisione per 7. non
ha voluto l'autore andar per salto alla divisione per 8 senza di cui è
però certo, che non si può avere la 6. " minore.

ARTICOLO III.

Ripugnanza simile non ha certamente avuta M.r Rameau, come


si vede nel suo Trattato dell'armonia ( 2) .

maggiore
inore
Ut.....0-8. 1 I

4.a

6.ª
6.
"m
Sol....0-6.

mi
3.a

.
Mi....0-5.

ma
.
3.ª

" .
Ut.....0-4.

22
4.ª

Sol....0-3.
15.
5.ª

"
12.

Ut.....0-2.
"
8.ª

Ut .....0—1.
Esempio 20

In questo esempio una sola parte di ciascuna divisione si considera ,


e ne risultano così i suoni armonici col suo ordine naturale , quali si
veggono nella prima colonna della figura cartesiana, e non più. Rile-
vasi però dalle apposte chiavi, e note colle loro sillabe , ch'egli non os-

(2) Lib. I, p. 4.

36
serva in questo proposito verun metodo, posto che agli stessi numeri
applica nei vari casi indifferentemente qualunque suono : la qual cosa
reca senza dubbio non poca confusione.
Sta bene però, che tante sieno le corde quante le divisioni ; mol-
tiplicando in tal guisa lo strumento, che nondimeno come semplice ed
uno deve considerarsi : nel modo stesso che, come una sola immagine
si considerano le molte, che di un solo oggetto ci rappresenta uno spec-
chio a molte faccie.
Che poi con ragione si considerino le molte corde per una sola ,
la stessa costruzione lo manifesta . Tutte le corde sono uguali nella lun-
ghezza, perchè sostenute da due ponticelli comuni nell'estremità. De-
von essere anche dello stesso diametro, cioè (come dicono i pratici ) dello
stesso numero . Per ultimo devon essere ugualmente stirate, e ridotte in
un perfetto unisono .

ARTICOLO IV.

Ma siccome in ambedue i descritti esempi sono tre solamente i


suoni originali e primi; quindi è che uno compendiato ne propongo io ,
in cui vedesi divisa la corda sonora soltanto in tre, ed in cinque parti;
imperciochè in 1.1/3.5 . risiede veramente il fonte, e la radice

5. A. I
ma
.
6.
"

3. C.
12.


"

1. F

Esempio 30

della compiuta e più perfetta armonia consonante; ed inoltre da 1.1/3 .


15. deriva tutto il nostro sistema musicale, come si vedrà nell'ultimo
Cap . di questo Primo Libro.
Dato pertanto questo semplice esempio, la progressione dupla, da
cui derivano le replicazioni (assio. 1. [3 ] compie l'originale sistema
consonante, come vedesi espresso nel seguente (N. 4) esempio, in cui
all'intera corda viene fissato una volta per sempre F, fa ut, giusta la
domanda seconda .

(3 ) Si vedano gli assiomi nei Prolegomeni .

37
1
A 17.a
5

1 1
C. 12." 19.a
3 6

Grave 1 1 1
F . 1 Ottava 15." 22a
e Base 2 4 8

Esempio 40

Quantunque però una tal verità, tanto importante nella musica,


si offerisca agli occhi da per se stessa, nondimeno gli antichi (e molti
ancora fra i moderni) hanno costumato sempre di esaminare qualunque
consonanza separatamente, confrontando i suoni tutti a due per due,
colla più prossima, ed immediata relazione all'intera corda ( 4) .
Ed è pur vero e certissimo, che la perfetta armonia nasce dalla
giusta, e naturale disposizione di tutti i suoni consonanti , ascendendo
coll'ordine di loro origine, ed insieme poi raccolti . Laddove nell'antico
modo considerati e disposti, ne deve nascere per necessità ciò che , al
riferire del Galilei ( 5 ) scrive Copernico essere ad esso accaduto , con-
siderando separatamente i movimenti dei pianeti ; cioè che nel volere
poi comporre tutta la struttura, ne risultava un mostro, ed una chimera .
Infatti confrontando l'intera corda colla sua metà , poi con i 2/:3 "
3 4
i ³/4 , i ¹⁄5 e i 56 , ognuno di questi intervalli , è consonante senza dub-
bio con la corda intera, mentre sono l'8ª . , la 5ª . , la 4ª . , la 3ª . mag-
giore, e la 3ª . minore . Ma siccome non procedono con l'ordine della
serie armonica, perciò producono, uniti insieme, un mostro nell'armo-
nia. Nè altrimenti può accadere, poichè sono queste consonanze i pro-
dotti dei residui , come nella seguente descrizione si appalesa .

Serie armonica consonante Serie dei residui dissonanti

1 1 1 1 1 1 2 3 4 5
1 • .
2 3 4 5 6 2 3 4 5 6
F. F. C. F. A. C. F. C. Bb A. Ab .

(4) Si veda il già citato Tartini, Trattato di musica, Padova 1754, pag. 63 [N. d. E.] .
( 5) Dial. 3 , p . 245 .

38
I suoni dunque dei residui dall'acuto discendono al grave , men-
tre gli armonici progrediscono dal grave all' acuto , giusta l'ordine, e
la natura dell'armonia : cosa molto osservabile, perchè di molta impor-
tanza, e di grandissima conseguenza .

Residui dissonanti

bo
3 4

Esempio 50

39
CAPITOLO V.

Dilucidazione della serie armonica

Siccome non devono considerarsi, nella teoria della musica, i nu-


meri come quantità astratte, ma bensì relativamente sempre al suono,
così giusta la terza domanda volendo io esprimere i suoni coi numeri
della serie aritmetica , saranno i maggiori sempre premessi ai minori;
come, per es. 6.4.3 . non già 3.4.6 . poichè (guardando io sem-
pre le lunghezze delle corde) i maggiori numeri esprimono i suoni gra-
vi, che giusta la naturale progressione dell'armonia, precedono i suoni
di mezzo, e gli acuti . Ma un tale uso non sarà da me praticato, se non
alcuna volta, per agevolare ai giovani l'intelligenza delle ragioni , e pro-
porzioni musicali . Per altro la serie armonica si è quella, che propria-
mente appartiene alla musica; e perciò di questa si farà il più frequente
uso : siccome però le aritmetiche operazioni intorno codesta serie non
sono molto familiari, quindi mi accingo a spiegarle.

ARTICOLO I.

Premetto, 1 ) che le due serie aritmetica, ed armonica sono di con-


traria natura : quella crescente , e questa decrescente, ambedue all'infi-
nito. 2) Che l'armonica si compone dall'unità divisa dalla serie aritme-
tica, come 1/1.1/2.1/3.1/4 . ecc . e l'aritmetica suppone l'unità per

denominatore di qualunque suo termine, come 1 /1.2/1.3/1. /1 . ecc.


questa dunque si forma per composizione, e quella per divisione. 3 ) Che
l'unità principio comune delle due serie, è il mezzo proporzionale fra
due termini omologi qualunque si sieno : e all'infinito .

40
Così :: 3.1.¹³ , e : 5.1.¹ ecc. ,

perchè qualunque numero è alla sua frazione armonica , come il rispet-


tivo quadrato all'unità; e perciò 3. a 1 /3-9 . 1. e 5. a ¹s = 25 . 1 .
Progrediscono dunque le due serie come segue.

-15
चला

1
2

3
x

Esempio 6"

ARTICOLO II .

Dopo l'enunziate premesse vengo alla prima operazione , cioè al


modo di sommare ; e dico che tanto agevolmente si fa la somma di due
numeri armonici, quanto è facile dividere la somma dei due denomi-
natori per il prodotto dei medesimi. E però dati da sommarsi , per es.
2+3
¹/2 + 1/3 sarà il totale 6 . Così pure dati 1/3/5 sarà
-- "/
3 + 5 2 X 3
l'intero == "/15 . La facilità non deve renderne la verità sospetta .
3 X 5

ARTICOLO III.

Dopo la somma segue la sottrazione : e questa pure facile da ese-


guirsi; poichè il residuo si esprime col mezzo della distanza dei denomi-
-
natori divisa dal prodotto dei medesimi . Così ¹ /3 — ¹/₁ = ¹/12 ; perchè
la distanza di 3. a 4. = 1 ; e il prodotto di 3 x 4 = 12 : che se sieno
date le frazioni armoniche ¹ /1 - ¹/3 . poichè da 1. a 3. la distanza è

41
2 ; sarà il residuo 2/3 . Dati poi i termini ¹ /½ — ¹³ . il residuo sarà senza
dubbio 3/10 .

ARTICOLO IV.

La moltiplicazione dei numeri armonici è facile al maggiore segno ,


poichè si risolve nella unità divisa pel prodotto dei denominatori . Dati
adunque, per es. da moltiplicarsi ¹ /3 × 1/4 sarà il prodotto ¹ /12 ; e regge
l'analogia, che è propria della moltiplicazione, cioè 1 : 1/3 :: 1/4 : 1/12 .
ciò che deve sgombrare ogni dubbio dalla mente degl'imperiti giovani ,
scorgendo il prodotto minore dei numeri moltiplicati .

ARTICOLO V.

Passando finalmente alla divisione dei numeri armonici , è chiaro


doversi far essa col metodo dell'altre frazioni, cioè moltiplicando alter-
nativamente il numeratore dell'una col denominatore dell'altra . Dati per-
ciò da dividersi per es. 1/2 per 1/3 , sarà il quoziente 3/2 . e regge pur
3
anche l'analogia , che è propria della divisione , cioè 1/2 : 1/3 :: 2 : 1.

42
CAPITOLO VI.

Che all'armonia convengono le ragioni, e le proporzioni

soltanto di maggiore inegualità

Il confronto dei suoni prodotti dalle varie divisioni della corda so-
nora forma quelle relazioni , o rapporti , che dai geometri ragioni si ap-
pellano. Fra queste la prima, e principale è la ragione d'egualità, v .
gr . fra 1. e 1. fra 5. e 5. ecc.
Partendo da questa, tosto si manifesta la ragione d'inegualità, ch'è
di due specie, cioè di maggiore inegualità , in cui l'antecedente è mag-
giore del conseguente, v . gr . 9. a 5 ; e di minor inegualità , in cui pel
contrario l'antecedente è minore del conseguente , v. gr. 9. a 15 .
Ora la progressione naturale dei numeri, che chiamasi serie aritme-
tica, col suo natural progresso forma ragioni di minore inegualità; e
colla giunta di unità ad unità cresce in infinito. Per lo contrario la pro-
gressione o serie armonica scorgesi formare ragioni di maggiore inegua-

lità , poichè dividendo sempre l'unità , in infinito si diminuisce . La serie


aritmetica pertanto è crescente, e l'armonica decrescente.
Poichè adunque l'armonia in qualunque modo si concepisca, o re-
lativamente alle vibrazioni, o alle lunghezze della corda sonora, o al

diametro, o alla tensione , sempre procede dal grave all'acuto; ed inol-


tre a buona ragione si è stabilito , che i vari rapporti dei suoni devono
investigarsi sul monocordo ( il cui uso nel Cap . III . si è descritto) per-
ciò chiaro apparisce, che colle frazioni della serie armonica devesi in-
dicare, e segnare qualunque ragione, o proporzione . Rimangono pertan-
to escluse onninamente dall'armonia le ragioni , e proporzioni di minor
inegualità che procedono dall'acuto al grave : e per natura sua si espri-

43
mono coi numeri interi segnati in ordine col naturale andamento della
serie aritmetica.

Proporzioni

di minor inegualità 2 3 • 4 . 3 • 4 . 6 • 4 6.9 •


1 1 1 1 1 1 1 1 1
di maggior inegualità
2 3 4 3 4 6 469

Alla melodia però convengono ugualmente le ragioni di maggiore,


e di minore inegualità; essendo manifesto che le cantilene di qualunque
strumento, o parte cantante ascendono di continuo , e discendono li-
beramente .

44
CAPITOLO VII.

Qual differenza siavi

fra proporzione, ragione e frazione

Il desiderio di togliere ogni equivoco, e trattar qualunque mate-


ria colla possibile maggiore chiarezza, mi obbliga a questa discussione ,
benchè ad alcuno sembrare possa forse leggera e frivola .

ARTICOLO I.

Sinonimi vengono comunemente considerati i due termini ragione


e proporzione, più per abuso però, che per verità; poichè infatti quella
racchiudesi in due soli termini, e questa stendesi per lo meno a tre. So ,
che il Keplero ( 1 ) inclina a proscrivere il nome di ragione per usare in-
distintamente quello di proporzione ; ma con buona pace il suo ragiona-

mento non ha vigore, nè forza bastevole a persuadere.


Parmi bensì, che più acconciamente pensi in tal proposito il Gas-
sendo (2) , che nel caso di usare il nome di proporzione invece di ra-
gione, vuole che si chiami semplice proporzione.
Io dico perciò : sua suis . Devono chiamarsi costantemente ragioni
i rapporti di due termini; e proporzioni quelli di tre o quattro; giusta

(1) Lib. 3. Harm . Mundi .


(2) Proportio vel ut simplex, vel ut complexa potest accipi : priori modo est idem quod
dicta geometris ratio, graece Aóyos (Logos) : posteriore idem quod dicta illis proportio,
graece Avaλoyta (Analogia). Theor. Mus. , cap. I.

— 45
le definizioni date da Euclide; e con questa precisione si parlerà in tut-
to il corso di questo Trattato .

ARTICOLO II .

In due modi sogliono scriversi le ragioni , cioè un termine dopo


l'altro, per es. 5 a 4 ; 3 a 4 ; ovvero in guisa di frazione 5/4 ; 3/4 . Quin-
di alcuni vogliono, che frazione e ragione sieno sinonimi ad una cosa
stessa; ma di gran lunga per mio credere vanno errati; imperocchè l'an-
tecedente e il conseguente costituiscono la ragione e sono due cose, per
es. due spazi, due suoni, due celerità , ecc .
Per lo contrario il numeratore, e il denominatore formano la fra-
zione, e sono una cosa sola : atteso che il numero superiore indica sola-
mente il numero delle parti , e l'inferiore ne indica la qualità. Così nel-
la frazione ³/ il 3 indica solamente le tre parti , ed il 5 indica la qua-
lità delle parti medesime . Ora non v'è dubbio, che tre quinti, qualun-
que sieno, sono una cosa sola; dunque una frazione non può mai es-
sere nè formare una ragione .

Allorchè dunque una ragione porgesi in guisa di frazione , il nu-


mero superiore è l'antecedente, e l'inferiore n'è il conseguente . E per
o
via di compendio soltanto s'è introdotta questa usanza, che per altr
bene spesso assai comoda riesce.

ARTICOLO III .

Essendosi nell'antecedente Cap . stabilito, che colle frazioni della


serie armonica devesi indicare, e segnare qualunque ragione o propor-
zione, avverto perciò, che siccome esse frazioni portano costantemente
lo stesso numeratore (l'unità) così i soli denominatori si troveranno per
lo più, in via di compendio, nel corso di quest'opera segnati . Quindí
per es. 3, 4, 5 , sarà lo stesso che 1/3 1/4 1/5 ; e 5/6 sarà lo stesso che 1/5
ad 1/6 ; a tenore della terza domanda.
Dovendosi poi alcuna volta segnare le proporzioni e ragioni coi
numeri interi : dovranno questi in tale caso segnarsi con ordine inverso,
premettendo cioè ai minori numeri i maggiori , (domanda 3 " ) affine di
conservare l'ordine dell'armonia , che di sua natura procede sempre dal
9
grave all'acuto. E però 5 , 4, 3 significano cinque, quattro, e tre, e "/s8
è lo stesso che dire 9 a 8.

46
Qualunque volta adunque veggansi rappresentate le ragioni e pro-
porzioni coi numeri a rovescio, devono considerarsi appartenenti alla
serie aritmetica; e qualora veggansi segnati con l'ordine naturale, de-
vonsi concepire appartenenti alla serie armonica mutilata dell'unità in
via di compendio. L'avvertimento è necessario per togliere qualunque
equivoco e l'utilità sua rileverassi in parecchi incontri.

47
CAPITOLO VIII.

Delle operazioni aritmetiche intorno le ragioni

Le prime quattro ben note operazioni aritmetiche in due sole si


restringono, qualora vogliono applicarsi ai rapporti dei suoni , ovvero
sia alle musiche ragioni . Infatti bene esaminata la teoria del Zarlino ( 1 )
chiaramente scorgesi , ch'egli cogli altri musici di quei tempi chiama
moltiplicazione il modo di solamente disporre in una ordinata serie va-
rie ragioni date : e divisione poi , ciò che presso di noi dicesi : di una
data ragione trovare il mezzo armonico o aritmetico; ciò che è ben al
tra cosa . Acciò dunque la studiosa gioventù vada pel retto cammino
senza intoppi, colla maggiore chiarezza possibile esporrò come debba
appigliarsi e regolarsi in tal proposito.

ARTICOLO I.

Dico dunque, che moltiplicando si fa la somma di due o più ra-


gioni, perchè moltiplicati fra di loro gli antecedenti , e così pure i con-
seguenti, ne vien formata dai rispettivi prodotti una ragione, che tutte
le contiene. Date perciò da ridurre in somma, per es . le tre seguenti
ragioni 2/3 + 3/4 + */5 sarà 2 × 3 × 4 = 24 e 3 X 4 × 5 = 60. Ora
è cosa certa, che 24/60 contiene le tre mentovate ragioni ; perchè
24. 36. 48. 60 .; dunque moltiplicando si fa la somma , e le
2/3 3/4 4/5
due operazioni in una si restringono .

(1 ) Parte I, cap. 31 e segg.

-48
ARTICOLO II .

Dividendo poi si fa la sottrazione di una ragione dall'altra . E poi-


chè direttamente per lo più la divisione non può farsi, perciò la si fa
(all'uso dei geometri) moltiplicando l'antecedente della maggior ragione
col conseguente della minore; e l'antecedente di questa, col conseguente

di quella. Quindi proposte da sottrarre, per es. le ragioni 2/3 — 3/4


8
poichè 2 × 48 e 3 × 39 sarà / la differenza, o sia l'eccesso
della prima sopra la seconda.
Che se due ragioni da una se ne debbano sottrarre; l'antecedente
della prima deve moltiplicarsi nei conseguenti dell'altre due, ed il con-
seguente nei due antecedenti; che però date per es. 1 /4-2 /3 . 3/4 ;
poichè 1 X3 X 4 = 12 e 4 X 2 X 324 sarà 12/24 la differenza o
sia l'eccesso della prima sopra le altre due.

ARTICOLO III .

Già si suppone come cosa notissima , che la minor ragione deve sot-
trarsi dalla maggiore; che se per sbaglio s'invertisse l'ordine , ben tosto
l'errore si farebbe manifesto; poichè risulterebbe la differenza in una
ragione inversa delle due date . (Zarlino la chiama negativa) .
Infatti sottratta 3/4 da 2/3 sarebbe la differenza /s la quale è una
ragione di minor inegualità , mentre le due prime sono d'inegualità mag-
giore. Nè di ciò può dubitarsi , poichè ¹ / è meno certamente di ¹/8 .
Questa osservazione, ed avvertimento che si dà ai giovani , sarà loro
utile, ed anche comodo nel caso che da sottrarre loro si presentino due
ragioni, ove la maggiore non sia facile a scorgersi .

ARTICOLO IV .

Si estraggono bensì le radici dai numeri; ma non si possono già


ugualmente estrarre dalle consonanze, o ragioni musicali . Di queste per-
ciò trattandosi : estrarre la radice non è altro (a detta dello stesso Zar-
lino) (2) , che ridurre ai semplici, e primi suoi termini (che possono an-
che chiamarsi radicali ) le ragioni composte, vale a dire, espresse da nu-
meri maggiori. Così la terza maggiore, per es. espressa nei termini com-

(2) Istituz . arm . c. 43.

49
4 • Trattato della Moderna Musica.
45
posti 5/36 si riduce alla sua semplicità di / col mezzo del 9 divisore
comune : avvertendo che codesto divisore suole essere la differenza dei
dati numeri.
Che se molte sieno le ragioni da ridursi ai primi termini, il con-
sueto universale metodo verrà in acconcio, e il prodotto dei divisori sa-
rà lo stesso divisore comune . Sia dunque, per es.

4) 360.240 . 180. 144. 120. A


3) 90. 60. 45. 36. 30 .
30. 20. 15. 12. 10. B
3/2 4/3 5/4 6/5

Qui poi per divisore comune intendo il prodotto dei due divisori 3 × 4 ;
ed infatti divisi i numeri A per 12 , ne risultano i numeri B che sono
i più semplici , e fra se primi . Sono questi gli stessi numeri proposti
dal Zarlino ( 3), e dal confronto del suo col nostro metodo di riduzio-
ne, rileverassi la maggiore facilità e chiarezza del nostro, in cui il pro-
dotto dei due divisori 4 e 3 esprime il divisor comune, per cui ai pri-
mi e radicali termini si riducono le quattro proposte ragioni .

(3) Parte I, c. 35 .

50
CAPITOLO IX.

Della proporzione armonica

Fra le molte proporzioni noverate dagli antichi geometri ed arit-


metici tre sono le principali, cioè la geometrica, l'aritmetica e l'armo-
nica. Di questa però, che direttamente riguarda la musica, in prefe-
renza sembrami doversi trattare .

ARTICOLO I.

Dico dunque, che qualora di tre dati numeri il mezzo è tale, che
le differenze sieno direttamente proporzionali agli estremi, la propor-
zione è armonica; ed a ciò in sostanza riducesi la prolissa definizione ,
che ne danno gli autori ( 1 ).
Di codesta proporzione molte e varie sono le proprietà. Fra tutte
però una sola ne rammento, anche da Nicomaco riferita ( 2) , poichè
sembrami ben particolare e degna di speciale riflessione.
Infatti dati tre numeri in proporzione armonica la somma degli
estremi moltiplicata pel mezzo trovasi costantemente in ragion dupla
del prodotto degli estremi. Dati pertanto i numeri , per es. 6. 3. 2 .

(1 ) Harmonica, sive musica proportio est, quando tres numeri ita ordinantur, ut eadem
sit ratio maximi ad minimum, quae differentiae inter majores duos ad duos minores : ita
ut nec eadem inter eos sit differentia, ut in arithmetica, nec eadem proportio, ut in geo-
metrica.
(2) Proprium autem ejusmodi medietatis est, quod additis inter se extremis, et a
medio multiplicatis, is qui prodit duplus efficiatur ejus qui ab extremis fit numeri ante
longioris. Arithm. , p. 157.

51
24
sarà 6 + 2 × 3 = 24 ; e 6 X 2 = 12 : ma 2/12/1 ; dunque co-
desta proprietà è incontrastabile. L'armonia dunque è appoggiata alla
dupla : col mezzo della dupla si replicano i suoni in acuto : nella dupla
si contengono tutte le semplici consonanze : due duple, nè tre, nè quat-
tro giungono mai a formare dissonanza; ma di ciò parleremo altrove più
di proposito .

ARTICOLO II.

Dati due numeri si cerca il mezzo armonico , onde risulti nei suoni
la più perfetta combinazione armonica. I geometri perciò ne danno la
2 ab
seguente formula generale x = Essa corrisponde infatti egre-
a +b
a.b.
giamente e scioglie il problema . Sia per es. la dupla (l'ottava) 2.1 .
sarà 2./3 . 1 = 6.4.3 .
Qui conviene avvertire il giovane lettore, che la musica scienza
non tratta già di numeri e proporzioni astratte ma bensì di esse relati-
vamente sempre al suono, che dev'essere con precisione, da un'aliquota
della corda sonora, indicato. Ora la data formula scioglie il problema
con una frazione, che non indica , nè può indicare suono preciso . Con-
viene perciò ridurla a semplice numero col moltiplicare i due estremi
pel denominatore della frazione, rimanendo nel numeratore segnato ed
espresso il mezzo della ragione data. Così nell'addotto esempio gli
estremi 2 e 1 x 3 = 6. 3 ; il 4 segna il mezzo armonico ricercato
2.3.4
6.4.3 • = cioè ¹ /2.¹ /3.¹/
4 . Codesto metodo servire deve
FCF

in ogni altro simile caso .


Un altro metodo però ci si presenta più facile, ed ugualmente si-
curo; dividendo cioè il prodotto dei dati numeri pel mezzo aritmetico :
e sarà questi il mezzo armonico ricercato . Così data la tripla, sarà
3.32.1 = 6.3.2 .
La dimostrazione poi di questo metodo dipende dall'essere fra di
loro costantemente geometrici i due mezzi aritmetico ed armonico; che
però, a vicenda, dato l'uno , l'altro si manifesta.
V'è pure anche in questo metodo il vantaggio, che con una sola
operazione ambidue i mezzi si ravvisano fra gli estremi . Come a dire
nel caso nostro 6.4.3.2 ; mezzo aritmetico il 4 ; armonico il 3 .•
Analogo a questo scorgesi pure anche il metodo in uso presso i
musici; poichè data la tripla aritmetica 3.2.1 . trovano il mezzo ar-
monico, moltiplicando 3 X 2 ; 3 X 1 ; 2X1 = 6.3.2 .

52
L'andamento poi di codesta operazione facilmente rilevasi , qualo-
ra si rifletta , 1 ) che le due proporzioni armonica, ed aritmetica sono fra
di loro inverse; 2 ) che nell'armonica la maggiore ragione sta nel grave ,
e la minore nell'acuto : laddove nell'aritmetica la minor ragione sta nel
grave, e la maggiore nell'acuto .
Qualora dunque s'inverta l'ordine delle ragioni , la proporzione arit-
metica si trasforma certamente in armonica . Così data l'aritmetica tripla

5. a 8. a
proporzione , se col 3 si moltiplica 2 e 1 saranno i prodotti
3.2.1 .
6.3 . cioè l'8 . " , che era nell'acuto, trasferita nel grave; moltiplicati
poi 3 e 2 per 1. , sarà la 5. " , che stava nel grave, trasferita nell'acuto al

8 .a 5 a
modo che segue : ed ecco trasformata la proporzione arit-
6.3.2 .
metica in armonica . In tal guisa operavasi dai musici anticamente , e per-
ciò anche il Zarlino ( 3 ) ne dà lo stesso insegnamento, senza però sve-
lare l'origine e la cagione della metamorfosi , che fin ora per mio cre-
dere non fu avvertita . Ad ogni modo però , metodo migliore in quei
tempi esservi non poteva .
Da che poi si è scoperta la serie armonica nei suoni indicati , ed
espressi dalle minime aliquote dell'ordinata divisione della corda sono-
ra, abbiamo la tripla armonica nei termini più semplici 1./2 . 1/3 . e
così tutte le altre occorrenti proporzioni ; soltanto che si raddoppino i
termini, se sono contigui . Perciò l'ottava 1.1/2 . per es. diverrà armo-
nica tosto che fra codesti termini raddoppiati pongasi 1/3 .

ARTICOLO III .

La proporzione armonica formasi non solo collocando un mezzo


fra gli estremi dati; ma pure anco aggiungendo ai due dati termini il
terzo armonico.
a b
Per ciò fare propongono i geometri la seguente formola x =2a -b

che scioglie il problema, come ognuno può accertarsi colla sperienza ,


a .b .
dati per es. i due termini
5.4

lo però propongo un altro metodo pratico; ed è di premettere ai


due dati un termine, che formi con essi proporzione aritmetica : e nel

(3) Parte I, c. 39.

53
modo segnato nel precedente Art. ridotti a proporzione armonica, risul-
terà il terzo armonico ricercato . Sia dunque per es. 5. 4 , cui premettasi
il 6. , saranno in proporzione aritmetica 6.5.4 ; e 6 × 5.6 × 4 .
5 × 4 = 30 . 24 . 20. in proporzione armonica; la quale cosa riviene
allo stesso stessissimo, che opera la segnata forma algebrica . Avvertasi
però, che nel metodo da me proposto devono i due dati termini for-
mare una ragione, non di minore , ma bensì di maggiore inegualità.
Proposti poi due termini della serie armonica, per es. ¹⁄4 . ¹⁄½ , ne
viene tosto per terzo 1/6 ; e qualunque sieno i termini dati, purchè si
serbi la stessa distanza fra i denominatori , sarà ugualmente facile tro-
vare il terzo armonico.
1
Dati perciò es. gr. 1/2.1 /5 , sarà ¹ /sS il terzo armonico ricercato,
perchè 2 + 3 = 5 ; e 5 + 3 = 8 .

54
CAPITOLO X.

Della proporzione aritmetica

Sono fra di loro inverse le due proporzioni armonica, ed aritme-


tica, poichè in ambedue veggonsi fra i medesimi estremi le stesse ra-
gioni inversamente collocate; cioè nell'armonica la maggiore nel grave,
e la minore nell'acuto, mentre per l'opposto nell'aritmetica trovasi nel
grave collocata la minore, e la maggiore nell'acuto . Dati dunque tre
termini consonanti in proporzione armonica; siccome anche inversi , ed
in proporzione aritmetica sono tuttavia consonanti; perciò di questa
proporzione conviene trattare, per essere anch'essa, non per un sol ti-
tolo, familiare alla musica, come in appresso si vedrà, parlando dei mo-
di, delle cadenze, della relazione che fra di loro serbano alcune pro-
porzioni, ecc.

ARTICOLO I.

I geometri considerano solamente nell'aritmetica proporzione la stes-


sa costante differenza, come rilevasi dalla definizione, che gli aritme-
tici unitamente ne danno ( 1 ) , e però sostengono, che non è vera pro-
porzione. Io però asserisco , che dovunque è analogia , ivi è pur anche
proporzione vera e reale. Nell'armonica certamente l'analogia è mani-
festa fra gli estremi , e le differenze; e nell'aritmetica v'è tale analogia
fra gli estremi, e i mezzi (da altri fin ora mai avvertita) onde si fa ma-

(1) Arithmetica proportio est, quando tres, vel plures numeri per eandem differentiam
progrediuntur.

55
nifesto, ch'ella è vera proporzione , e che altri lumi , e vantaggi da essa
scaturiscono.

ARTICOLO II .

Dati dunque quanti termini si vogliano in proporzione aritmetica


dico, che l'analogia sta nel numero degli estremi e dei mezzi , colle ri-
spettive loro somme . Quindi ne risulta in chiari termini il canone : Co-
me il numero degli estremi al numero dei mezzi, così è la somma degli
estremi alla somma dei mezzi . E però dati per es. i seguenti numeri
5 X 18
3.5.7.9.11 . 13. 15. dico che 2 : 5 :: 18 : ; perchè due
2
sono gli estremi, e cinque i mezzi : la somma degli estremi è 18 , e quella
dei mezzi 45 .
Quindi rilevasi, perchè dati quattro numeri in tale proporzione , la
somma degli estremi è uguale a quella dei mezzi ; e dati tre numeri so-
lamente , la somma degli estremi è doppia del mezzo . Così però deve
essere, e non altrimenti, perchè nel primo caso gli estremi, e i mezzi
sono come 2 a 2; laddove nel secondo caso sono come 2 a 1.
La somma poi di quanti si voglian termini in serie aritmetica ri-
levasi in più modi; e questi sono insegnati dai geometri , e con diligen-
za raccolti dal P. Clavio (2) . In nuova maniera però, e forse più age-
vole, dall'accennato mio metodo può rilevarsi, unendo cioè la somma
dei mezzi a quella degli estremi , che all'occhio si palesano , come sono
nell'addotto esempio 45+ 1863 .

ARTICOLO III .

La metà della somma di due dati numeri , è il mezzo aritmetico ;


facilissimo perciò a trovarsi : che se la somma è un numero impari, basta
duplicare i termini; e tosto ne risulta il mezzo . Occorrendo però di cer-
care il mezzo aritmetico fra due termini della serie armonica, per es.
fra ¹ /3 . ¹ , non è poi la cosa ugualmente facile, poichè conviene ri-
correre alla formola, ovvero al metodo descritto nel Cap . antecedente ,
Art. III.

Ivi si è detto, che le uguali distanze fra i denominatori indicano


la proporzione armonica : ora per l'opposto dico, che le differenze pro-

(2) Ad defin. 4. lib. 5. Eucli.

56
porzionali agli estremi indicano la proporzione aritmetica. Perciò sic-
come sono armonici 1/2 1/3 1/4 , così sono aritmetici 1/3 1/4 1/6 , e ge-
neralmente parlando, dati fra due estremi i due mezzi aritmetico , ed
armonico, v. gr. 6.8.9.12 . ( dovendosi intendere codesti numeri,
[giusta la domanda 3ª ] come divisori dell'unità) l'8 è il mezzo aritme-
tico, ed il 9 il mezzo armonico. Che se vogliansi considerare come nu-
meri interi, sarà per l'opposto il 9 mezzo aritmetico , e l'8 mezzo armo-
nico : in tal caso però, rettamente operando, devono scriversi i numeri
inversamente, cioè 12.9.8.6 . attesochè l'armonia per natura sua
procede dal grave all'acuto, e non altrimenti , come già s'è detto.

ARTICOLO IV.

Nel modo stesso della proporzione armonica , anche l'aritmetica


formasi (dati due termini) coll'aggiungervi un terzo; e nei numeri in-
teri con tutta la facilità questi si rinviene, essendo patente l'uguaglian-
za delle distanze. Non però con pari facilità trovasi il terzo aritmetico
nei numeri della serie armonica . Già si è detto nel precedente Art. ,
che usando codeste frazioni, tre numeri in proporzione aritmetica por-
tano nei denominatori le differenze proporzionali agli estremi. Dunque
dati due tali numeri deve cercarsi il terzo aritmetico col mezzo della
formula assegnata, per trovare il terzo armonico nei numeri interi, cioè
ab
x Così dati per es . 1/3 . 1/4 , che in compendio si scrivono ,
2a -b'
12 12 6
come già si è detto , 3.4 . sarà il terzo aritmetico 6-4 2
1
dunque 3.4.6 . cioè ¹ /3.1 /4.1/6 . sono in proporzione aritmetica , ed
1/6 è il terzo aritmetico ricercato.
57
|
CAPITOLO XI .

La proporzione artimetica, in qualunque aggregato in nu-

meri interi, si converte in armonica, qualora come divisori

dell'unità gli stessi numeri sieno considerati

E' cosa di fatto e di comune consenso , che le due serie armonica


ed aritmetica sono inverse l'una dall'altra, come già si è accennato; e
per necessaria conseguenza qualunque progressione di numeri interi
in proporzione aritmetica si trasforma e converte in proporzione armo-
nica, tosto che come divisori dell'unità s'intendano quegli stessi numeri :
la quale cosa non ammette dubbio alcuno, imperciocchè sono aritme-
tici 1. 2. 3. 4. 5. ecc. e sono armonici 1. 1/2 1/3 1/4 1/5 ecc.
Della proporzione armonica in tre soli termini ristretta, o per un
mezzo frapposto , o per un terzo aggiunto agli estremi , si è parlato ab-
bastanza, (Cap . IX) e qualora le differenze sono in pari numero, cioè
4, o 6, o 8 ecc. si sommano in tale caso 2 a 2 ; 3 a 3 ; 4 a 4 , ecc . e l'ana-
logia fra gli estremi e le differenze riesce a dovere , atteso che si ridu-
cono per tal modo a tre solamente i 5 , o 7 , o 9 termini .

Ma della proporzione armonica in pari termini non per anco s'è


fatta parola; mentre essendo in tale caso dispari le differenze , rimane
a sapersi come s'abbiano a combinare, per salvare l'analogia fra gli
estre:ni, e le differenze medesime . Alcuni si liberano da ogni difficoltà,
asserendo che in qualunque progressione armonica agevolmente si for-
ma la dovuta analogia di tre in tre termini : nè perciò v'è bisogno di
altre formule. Questi però mi rammentano il grand'Alessandro , allor-
chè colla spada sciolse il nodo gordiano.
Altri però così non pensano, ed è comune opinione fra i geometri ,
che quattro numeri sono in proporzione armonica , allorchè la differen-

58
za fra i due primi termini è alla differenza fra i due ultimi, come il
primo numero al quarto. Veggo dunque (in conformità di questo ca-
none), veggo non senza ammirazione proposto dal Chambers il seguen-
te esempio .

3/2 4/3 4/3


24. 16. 12. 9 ; analogia 24 : 9 : 8 : 3 .
8 3

Ma scorgo qui trascurata la differenza 4 fra 16 e 12 , nè intendo

il perchè . Osservo inoltre nei suddetti numeri due sesquiterze ( due


quarte), la quale cosa direttamente si oppone alla proporzione armo-
nica, che di sua natura procede per ragioni sempre diverse dal grave
all'acuto .

Dico pertanto, che la surriferita proporzione in fatto costa di tre


termini, ed in apparenza solamente scorgesi di quattro, nei quali si
veggono due ragioni disgiunte : e però ridurre si possono i quattro nu-
meri alle due seguenti proporzioni veramente armoniche, cioè

3/2 */3
16 .
24 . 12 ; analogia 24 : 12 : : 8 4.

3/2 3/4
ovvero 18 . 12 .
9 ; analogia 18 : 9 :: 6 : 3 .
6 3

Ecco dunque svelata l'illusione, da cui sono rimasti sorpresi tutti


quelli, che questo punto hanno trattato.
Così pure nell'Ozanam veggo proposti i quattro seguenti numeri .

3/22/12/1
2. 3. 6. 12 ; analogia 2 : 12 :: 1.6 .
1 6

Ed anche in questa proporzione i quattro termini contengono due


duple : simile abbaglio del precedente esempio . Ridotti pertanto alle
sole due ragioni in essi contenute, di questi pure si formeranno due
simili proporzioni di tre termini .

3/22/1
2. 3. 6 ; analogia 2 : 6:13 .
1 3

59
3/22/1
ovvero 4. 6. 12 ; analogia 4 : 12 :: 2 : 6 .
2 6

Aggiunge lo stesso autore un altro esempio in quattro termini , nei


quali veggonsi disgiunte le due ragioni , che in tre termini soli formano
la proporzione armonica; e sono i seguenti .

8.6.5.4.1/3.1/4.1/5.20.15.12 .
2 1 5 3

Qui si veggono manifestamente interpolate le due ragioni * /3 . */4 ,


che di fatti negl'indicati tre termini formano la proporzione armonica
vera .
In simiglianza di quest'ultimo esempio, posso ancora io proporre
il seguente 12.9.5.4 ; analogia 12 : 4:31
.
3 1
Ma tutta fatica gettata, perchè fondata sul falso . Si conchiude per-
tanto, che il metodo fin ora usato per stabilire l'analogia delle differen-
ze coi quattro numeri in proporzione armonica è fallace. E tanto più
liberamente lo asserisco, da che un dottissimo, ed insigne geometra se
n'è confessato persuaso .

Ora qui si parla di qualunque aggregato di numeri armonici, o


sia una serie, o una progressione continua , ovvero discreta e' disgiunta.
Quindi è, che essendo aritmetici es . gr. 2.3.5.6 ; dico che sono in
proporzione armonica 1/2 1/3 1/5 1/6 . Così pure essendo aritmetici
1.4.5.8 . sono per conseguenza armonici 1.1/ 4.1/5.1/8 . Convie-
ne dunque stabilire una formula generale, onde possa dedursene in
ogni caso la dovuta analogia. E poichè la proporzione armonica può
essere continua , o discreta, perciò separatamente dell'una , e dell'altra
tratteremo .

ARTICOLO I.

Dati dunque quanti si vogliano termini, o numeri in proporzione


armonica continua, dico che sarà l'analogia del seguente tenore : Come
la ragione degli estremi al numero dei mezzi, così la prima differenza
alla somma di tutte le rimanente . Eccone un esempio.
A) Dati i seguenti numeri armonici (cioè divisori dell'unità ) 1.2 .
.3.4.5.6 . sarà l'analogia, 6 : 4 : 1/2 : 1/12 . Vale a dire, 6 : 4 ::

60
:: 128. e per un geometra ho detto quanto basta, ma per gl'inesperti
giovani conosco necessaria una più diffusa spiegazione.
La ragione dunque degli estremi si esprime col mezzo del suo
esponente, che nell'addotto esempio è 6 ; il numero dei mezzi si mani-
festa all'occhio.
Le differenze, che sono espresse in frazioni, facilmente si ridu-
cono a numeri interi, col ridurle ad un comune denominatore . Che se
l'esponente fosse una frazione propria, questo pure assieme col nume-
ro intero nel modo stesso si riduce.

3.4.5.6.7.8 .
Esempio B) ‫א‬
/./1.8.122.3 .

sarà dunque l'analogia 2 : 3 :: 32 : 48 .


In conferma di quanto ho detto basta ridurre i numeri armonici
ai numeri aritmetici , o sia interi , per chiaramente rilevarne la verità.
Sia dunque per il 1 ° esempio, A) 60 = 1 ; e per il 2º B ) 280 = ' /3 .
Sarà quindi cosa facile il segnare i rimanenti numeri colle loro rispet-
tive differenze. L'uso però dei numeri armonici è senza dubbio più
semplice, e più spedito per chiunque si gli sia familiarizzato . Così ne-
gli adotti due esempi .

A) 1.2.3.4.5.6 .
4
| 11
1. a 1/6 , come 6. a 1 ; il numero dei mezzi
2 12
è 4 le due differenze ridotte ad un denominatore comune, sono 12 ,
e 8 ; dunque l'analogia 6 : 4 :: 12 8. è manifesta.

B) 3.4.5.6.7.8 .
1| 4
1/3 ad 1/8 sta come 8 a 3 ; il numero dei
12 32
mezzi è 4. Ma 8/3 a 4/1 - 8/3.12/3 8.12 2.3 . Le due

differenze ridotte sono 32.48 . quindi ne risulta l'analogia 2 : 3 ::


32 : 48 .

ARTICOLO II.

Dalla proporzione continua passando poi alla discreta veggomi in


necessità di premettere la spiegazione, ovverosia la distinzione dei due

61
termini distanza, e differenza, che quai sinonimi vengono comunemen-
te presi e considerati, mentre non sempre tali sono. Infatti nella serie
armonica posti per es . ¹/2.1 /3.15 . le distanze sono 1 , e 2 ; ma le
differenze sono ¹/6 e 2/15 . quindi si fa manifesto, che la distanza vien
indicata dal solo numeratore , laddove la differenza è composta, e for-
mata dal numeratore, e denominatore insieme. Nella serie aritmetica
bensì distanza, e differenza sono sinonimi per la ragione che l'unità
costantemente è il denominatore, ed è noto che tali numeri si risolvono
nei soli numeratori, dai quali vengono espresse le distanze.
Ciò presupposto dico , che nella proporzione armonica discreta l'a-
nalogia è del seguente tenore. Come la ragione degli estremi moltipli-
cata nella distanza del 1 ° al 2° termine, alla distanza del 2º all'ultimo;
così la differenza del 1º al 2º termine a quella del 2º all'ultimo .

Esempio 2 5 • 7 • 10 .
3 | 5

10 50

Questi quattro numeri, considerati come interi, sono certamente


in proporzione aritmetica, dunque come divisori dell'unità sono in pro-
porzione armonica, come già si è detto . Le distanze, e le differenze vi
si veggono segnate, dunque l'analogia sarà

5 X 3 : 5 : : 3/10/50 . - 15 5 :: 150 : 50. 3 : 1 :: 15 : 5 .

Sia un altro esempio • 4.5.8


3 4

4 32

Analogia
8 X 3 4 : 3/4 : 1/32 . 24 : 4 96 16 . :: 6 1 48 : 8 .

Mi lusingo pertanto , che ormai sia abbastanza provato il mio as-


sunto. Per vieppiù confermarlo però soggiungo, che quest'ultima for-
mula, o metodo racchiude in se stesso anche l'altro segnato nell'Arti-
colo I ed inoltre asserisco, che a questo stesso metodo si riduce l'an-
tico e comune intorno ai tre numeri in proporzione armonica; atteso
che se dei tre numeri in proporzione armonica le differenze devono es
sere direttamente proporzionali agli estremi, certamente quelle stesse
differenze saranno pur anche proporzionali all'esponente della ragione
degli estremi, ragguagliato al numero dei mezzi (Art. I ) .

62 -
10
Un esempio lo fa manifesto 3 4 • 5
11

12 20

Analogia 5/3 /1 /12. /20 = 5 : 3 : 20 : 12 .

Che poi l'antico metodo di analogia, rispetto a tre numeri in pro-


porzione armonica si riduca e risolva nell'ultimo nostro (Art. II ) è cosa
facile da rilevarsi; poichè le differenze si scorgono proporzionali all'espo-
nente, moltiplicato nella distanza del 1° al 2° ragguagliato alla distan-
za del 2º al 3°.

Esempio 1.3.5
2 2

3 15
Analogia

5 X 22 : 2/3 : 2/15 . = 10 : 2 :: 30 : 6. = 5 : 1 :: 15 : 3 .

63
|
CAPITOLO XII.

Della proporzione contr'armonica

Chiamansi in proporzione contr'armonica fino ab antico tre nu-


meri , le cui differenze sono in ragione inversa degli estremi . Tali sono
perciò 6.5.2 ; e 6.5.3 , essendo 1 a 3 , inversa di 3 a 1 , cioè di 6 a 2;
1 3 1 2
el a 2 , inversa di 2 a 1 , cioè di 6 a 3.
Io però sento altrimenti , e sono di parere, che con nome più adat-
tato e proprio, deve codesta proporzione chiamarsi armonica-inversa, at-
teso che in qualunque ragione sono comuni di fatto le stesse diffe-
renze, tanto alla proporzione contr'armonica, quanto all'armonica : se
non che in questa sono direttamente , ed in quella inversamente pro-
porzionali agli estremi. La ragione sembrami forte, chiara , e convin-
cente : nè più giova inoltrarmi in una questione di nome.

ARTICOLO I.

Agevolmente trovasi il mezzo contr'armonico fra due dati numeri ,


dividendo la somma dei due quadrati per la somma delle radici; ciò che
a² + b²
meglio si rileva dalla seguente formula x =
ab
Se dunque si cerchi il mezzo contr'armonico nella ragione per es.
9 + 4 13
3 a 2 sarà il mezzo ricercato • 15. 13. 10 .
3 + 2 5
2 3
lo però (come si è fatto parlando del mezzo armonico) considerato

64
il vicendevole rapporto anche dei due mezzi armonico , e contr'armoni-
co, che formano cogli estremi una proporzione aritmetica, dico che fa-
cilmente trovasi il mezzo contr'armonico, sottraendo dalla somma degli
estremi il mezzo armonico . E perciò dati per es. i tre armonici 6. 4. 3 :
se da 9. si levi 4 , il residuo 5. sarà il mezzo contr'armonico ricercato;
perchè 6 ÷ 3—4 = 5 . e posti tutti in ordine risultano i quattro nu-
meri 6. 5. 4. 3 , i cui corrispondenti suoni fra di loro sono aritmetici .

ARTICOLO II .

Fra gli estremi dunque dell'8ª i due mezzi armonico , e contr'ar-


monico formano uniti insieme l'intero accordo di 3ª minore , d'onde
prende la vera sua origine il modo minore; e scorgesi così qual forza,
ed uso abbia il mezzo contr'armonico nella musica. Inoltre codesto mez-
zo ne produce un altro fin ora incognito, perchè non osservato da al-
cuno : ma di questo si parlerà nel Cap. XIV.

ARTICOLO III.

Sembrami di non dovere qui tacere la proprietà, che al mezzo


contr'armonico s'attribuisce da Boezio ( 1 ) , cioè che il prodotto del mag-
giore estremo col mezzo è doppio del prodotto del mezzo coll'estremo
minore. Non è però codesta una proprietà, poichè si verifica solamente
nella ragione dupla. Pel contrario è cosa altrettanto certa, che gli ac-
cennati prodotti sono costantemente proporzionali agli estremi della da-
ta ragione .
Infatti sieno a . b . c . i dati numeri in proporzione contr'armoni-
ca, dico che sarà sempre ab : bc :: a : c ; e però dati e. gr. 6.5.2 ;
ne risultano 30 : 10 : 3 : 1 , e da 20. 17. 12. nasce l'analogia 340 :
: 204 :: 5 : 3. E così deve essere , data qualunque ragione, per la XVII
del libro VII . di Euclide (2) .

(1 ) Est autem proprium hujus medietatis, quoniam quod continetur sub maximo ter-
mino, et medio duplum est eo quod continetur sub medio, atque parvissimo. Arithm. ,
Lib. 2º, Cap. 51 .
(2) Si numerus multiplicans quotcumque numeros totidem genuerit numeros; erunt ge-
niti multiplicatis proportionales.

65
5 . Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO XIII.

Della proporzione geometrica

E' talmente nota codesta proporzione, che inutile affatto sembra


di parlarne; e perciò taluno forse trapasserà questo Cap . al solo apparir-
ne del titolo. Nondimeno io non posso dispensarmi dal trattarne, atteso
che in modo particolare, e ben diverso dal comune dev'essere dal mu-
sico considerata; riflettendo inoltre , che nella rigorosa proporzione geo-
metrica gli estremi sono in proporzione duplicata delle differenze.
infatti ognuno sa, che 1.3.9 . , e 4.6.9 . sono in porporzione
geometrica; ma non sanno , o non s'avveggono, che nella musica lo sono
ugualmente 1.6.9 . , e 2.3.9 .; e 2.6.9 . ecc. poichè i corrispon-
denti suoni sono sempre in sostanza i medesimi , essendo tutti equisoni
di 1ª. 3. 9. , e di 4.6.9 . , e gl'intervalli che risultano da quei nu-
meri, benchè non geometrici a rigore, sono però di natura geometrica,
e tanto basta all'uopo nella musica; ciò che più diffusamente sarà spie-
gato, allorchè si parlerà delle dissonanze, che non d'altronde nascono ,
se non dalla proporzione geometrica .
Aggiungo che la proporzione geometrica non può farsi mai nella
musica, ponendo un mezzo fra i due estremi dati, attesochè di qualun-
que semplice, o composta consonanza, eccettuatane la doppia 8 " , o sía
15" , non è assegnabile in numeri il mezzo geometrico; e perciò sem-
pre viene formata dal terzo proporzionale : ecco dunque un'altra ec-
cezione, e particolarità della musica nel proposito . Che se di due disso-
nanze insieme occorra valersi , anche di un quarto proporzionale con-
viene far uso, come si vedrà a suo luogo; e poichè abbastanza ho indi-
cata con poche parole la diversità che passa fra il geometra ed il musico

nell'apprezzare la proporzione geometrica , altro qui non aggiungo.

66.
CAPITOLO XIV .

Della proporzione contro-geometrica

Si è osservato (Cap . X. , Art. II . ) che posti fra gli estremi della ot-
tava i due mezzi armonico , e contr'armonico, o sia armonico inverso , ne
risulta l'intero accordo di 3" minore : essendo i quattro numeri 6.5 .
. 4.3 ; e i suoi corrispondenti suoni in continua proporzione aritmetica .
Quindi è che naturalmente si offrano in riflesso anche i quattro numeri
della serie armonica 1 /3.1/4.1/5.1/
6 . che danno nei suoi corrispon-
denti suoni l'intero accordo di 3ª maggiore nella sua terza armonia, co-
me si vedrà nel Libro III.

Siccome però è cosa certa, che il primo dei due mezzi cioè ¹ / è
mezzo aritmetico fra gli estremi, così l'altro mezzo, cioè ¹/ non è asso-
lutamente alcuno dei cogniti. Rebus novis nova nomina : io dunque
lo chiamo mezzo contro-geometrico; atteso che mentre nella proporzione
geometrica gli estremi sono in ragione duplicata delle differenze (Cap .
XIII . ) in questa per l'opposto le differenze sono in ragione duplicata
degli estremi; ed acciò più chiaramente la verità si rilevi ne darò gli
esempi, usando numeri interi, come più adattati alla comune intelligen-
za. Sia dunque la proporzione geometrica 4. 2. 1 .
differenze 2 1
Proporzione contro-geometrica 10. 6. 5 .
differenze 4 1

Ciò posto sembrami il nome assai adattato, e confacente alla di


lui natura, cosicchè debbasi in ciò senza difficoltà convenire .

- 67
ARTICOLO I.

E poichè ha relazione il mezzo contro-geometrico coll'armonico- in-


verso detto comunemente contr'armonico, (come che geometrici fra di
loro) . Dividendo perciò il prodotto degli estremi pel mezzo armonico-
inverso, risulta tosto il mezzo contro-geometrico .
Eccone l'esempio nella dupla. Dati 6.5 . 3. in proporzione armo-
1 2
nica-inversa, deve essere il suo corrispondente, cioè il mezzo contro-
6X3
geometrico ; e il risultato sarà 30. 18.15 - 10.6.5 . Nella
5
4 1

tripla del pari dati 6.5.2 . in proporzione armonica-inversa sorge il


1 3
6 X 2
il mezzo contro-geometrico e la proporzione si manifesta in
5
30.12 . 10.15.6.5 .
91

ARTICOLO II .

Qualora poi fra due dati numeri vogliasi il mezzo contro-geometri-


co, indipendentemente da altro precedente mezzo , conviene ricorrere
ab² + ba
alla formula algebrica, ed è la seguente x == che ridotta
a² + b²
24.4
. 1 = 2.9% . 1
alla pratica nella ragione dupla 1/2 sarà 2 . 4 + 1

= 10.6.5 . come sopra si è veduto, e praticata nella tripla , sarà


4 1
39
3. 1 = 3.12/10 . 1 - 30.12 . 10.15.6.5 . parimenti ,
9 +1
18 2 91
come nel precedente Art.
E siccome a bello studio affine di procurarmi la maggior brevità
possibile, ho trascurato di parlare del terzo armonico-inverso, o sia terzo
contr'armonico, così non faccio qui parola del terzo contro-geometrico :
tanto più, che siccome uno stesso numero può essere mezzo contr'ar-
monico di due diverse ragioni , come per es . il 5. nella dupla fra 6. e
3 ; e lo stesso 5. nella tripla fra 6. e 2. Così della stessa data ragione
due possono essere i terzi contr'armonici, perchè data la ragione 6/5 ,
uno sarà il 3. nella dupla 6. 5. 3 ; ed il 2. l'altro nella tripla 6 . 5 . 2 .

68
Nella stessa guisa deve ragionarsi del mezzo contro-geometrico, poichè
il 6. lo è nella dupla fra 10. e 5 ; e lo stesso 6. pur anche nella tripla
fra 15. e 5 ; e tanto basti.
Per giunta però asserisco e dico senza esitanza, che le proporzioni
tutte vengono specificate dalle rispettive loro differenze nel modo che
segue
1 ) Se le differenze sono fra loro uguali , la proporzione è aritmetica .

Esempio 8. 5. 2 .
3 3

2 ) Se le differenze sono direttamente proporzionali agli estremi la


proporzione è armonica.

Esempio . 20. 8. 5 .
12 3

3 ) Se le differenze sono in ragione inversa degli estremi dati , la


proporzione è rispettivamente inversa . Così la proporzione, detta con-
tr'armonica, è realmente armonica inversa .

Esempio 20. 17 . 5 .
3 12

4) Se le differenze sono in ragione sudduplicata degli estremi dati,


la proporzione è geometrica .

Esempio . 12. 6. 3
6 3

5 ) Se fra due numeri quadrati , o suoi multipli , le differenze so-


no inversamente in ragione sudduplicata degli estremi, la proporzione
è geometrica-inversa .

Esempio 12.9 . 3 .
3 6

6) Se le differenze sono in ragione duplicata degli estremi, la pro-


porzione è contro-geometrica.

Esempio 1" 10. 6. 5 .


4 1

Esempio 2 68 . 20. 17 .
48 3

E' cosa dunque provata, e certa che le rispettive differenze speci-


ficano le proporzioni , qualunque esse sieno.

69
CAPITOLO XV.

Della trasformazione di vari mezzi

Parlando in addietro dei vari mezzi , si è detto, che alcuni sono fra
di loro aritmetici, ed altri geometrici . Gli aritmetici hanno le stesse dif-
ferenze, ma inverse fra di loro : e tali sono l'armonico, e il contr'armo-
nico, cioè l'armonico-inverso . I geometrici contengono le stesse ragioni,
ma una nel grave, e l'altra nell'acuto, come accade dell'aritmetico, e del-
l'armonico : dunque codesti vari mezzi si trasformano, allorchè non più
soli, ma accoppiati si trovano . Ciò posto come verità di fatto, mi prendo
ad esaminare la prima, e più semplice quaderna armonica, e consonante,
cioè 1.12.¹/3 . ¹ /4 = 12 . 6 .4.3 .
1 ) Certa cosa è, che il 6. è mezzo geometrico fra 12 , e 3 ; e che
accoppiato con 4. diviene armonico. Così il 4. che io chiamo mezzo
cubico, atteso che mentre gli estremi sono come 4. a 1. , quivi le
differenze sono come 8. a 1. (cioè 12.4.3 . ) così, dissi , il 4. ac-
8 1

coppiato al 6. fra 12. e 3. diviene armonico a rigore. Passando poi ad


esaminare la quadrupla consonante, ed aritmetica 4.3.2.1 ; siccome
evidente cosa è, che il 3. è mezzo geometrico-inverso, perchè mentre
nella proporzione geometrica 4.2.1 . le differenze sono come 2. a 1. ,
per l'opposto nella proporzione geometrica-inversa 4.3.1 . le differenze
sono come 1. a 2 . 1 2

2) Segue in ordine da esaminarsi la prossima quaderna armonica


1/2. /3.1 /4.1/5 = 30 . 20. 15. 12 ; ed esaminato in primo luogo il
20. fra 30. e 12 ; vale a dire la proporzione 15. 10.6 ; io chiamo co-
5 4
desto mezzo armonico approssimato, atteso che mentre gli estremi sono

70
come 5. a 2 ; le differenze stanno come 5. a 4. Considerando poi l'al-
tro mezzo 15. fra 30. e 12 ; cioè la proporzione 10.5.4 ; io denomi-
no codesto mezzo armonico replicato , essendo le sue differenze come
5. a 1. mentre gli estremi stanno come 5. a 2. Ora se vogliansi ap-
plicare i rispettivi suoni ai numeri indicanti gli estremi, e le differenze
dei rispettivi due mezzi, vedrassi anche in pratica , che i suoni di 5. e 1 .
sono replicati di 5. e 2. e quelli di 5. e 4. approssimati di 5. e 2 .
3) Ci si presenta per ultimo l'armonica , e consonante quaderna
¹ /3 . ¹/4 . ¹ /5 . '/6 = 20. 15. 12. 10. Ma poichè codesti due mezzi
15. e 12. abbastanza si sono esaminati nel Cap . XI. , così altro non ri-
mane qui da soggiungere .

71
CAPITOLO XVI .

Cosa s'intenda per consonanza e quale sia

Poichè dal modo di valersi del monocordo , accennato nel Cap . III .
ne derivano i suoni in progressione armonica, non perciò conviene cre-
dere, che tutti i suoni , che risultano da cotesta serie, sieno tutti fra di
loro consonanti . Altra cosa e ben diversa è la serie consonante dalla
serie armonica; mentre a questa un tal nome viene solamente attribuito,
perciò che i primi sei consecutivi termini di essa sono consonanti : non
già tutti.
La consonanza adunque si definisce da Euclide ( 1 ) Una mescolan-
za di due suoni : grave ed acuto . E Boezio più diffusamente ( 2) . Una
mescolanza del suono grave con l'acuto, che con uniforme soavità giun-
ge all'orecchio; ed altrove lo stesso ( 3 ) . Una concordia di voci fra loro
dissimili .

Ciò posto come verità incontrastabile non è poi verace nè giusta


espressione il dire : l'ottava è consonanza : la quinta è consonanza, ecc.
mentre sono termini , o suoni consonanti , e non altro. Ma poichè il co-
stume invalso fra i professori così vuole : così sia ; basta che sappiano,
che la consonanza consiste veramente nel risultato della concordia di

più voci equitemporanee.


Ma non perciò son io pienamente persuaso delle mentovate defi-

(1) Consonantia est mixtio duorum sonorum, acuti scilicet, et gravis. Introd . harm.
pag. 8.
(2) Consonantia est acuti soni, gravisque mixtura suaviter uniformiterque auribus ac-
cidens. Mus. lib. I , cap. 8.
(3) Consonantia est dissimilium inter se vocum in unum redacta concordia. Mus.
lib. I, cap . 3.

72
nizioni, avvegnachè restrittive oltre il dovere. Infatti qualora due suoni
giungono all'orecchio soavemente, ed uniformemente, come mai può
negarglisi il nome ed il pregio di consonanti, benchè non sieno l'uno
grave, e l'altro acuto? Non è questa certamente una condizione sine
qua non, nè cotesta è l'idea, che naturalmente ci risveglia il termine
consonanza. Per la qual cosa io asserisco, che la consonanza a gran ra-
gione deve definirsi ( 4) . Una concordia e mescolanza di due suoni, che
soavemente ed uniformemente giungono all'orecchio. E di questa mia
definizione si rileverà l'aggiustatezza, e la verità, allorchè si parlerà del-
l'unisono . Devo però aggiungere, che lo stesso Boezio meco poi altrove
conviene (5) , prescindendo dal grave, ed acuto nel definire la conso-
nanza : o scordatosi , o pentito di quanto aveva scritto nei cap. 3 e 8
del lib. I.
Passo quindi ad avvertire lo studioso giovane, che la progressione
consonante è finita, e ristretta in pochi termini, mentre la serie armo-
nica, decrescendo , va all'infinito. Perciò dice Boezio (6) che la corda
sonora, finita nella sua grandezza, in infinito si diminuisce.
Altrove però aveva già scritto (7 ) che la ragione rigettando i trop-
po minuti intervalli s'attiene a quelli solamente che sono proporzionati,
ed a portata dei nostri sensi.

(4) Consonantia est duorum sonorum mixtio suaviter uniformiterque auribus occurrens.
(5) Voces consonae sunt quae simul pulsae suavem permixtumque conjungunt sonum .
Mus. lib. 4, cap. 1 .
(6) Magnitudo finitam suae mensurae recipit quantitatem, sed in infinita decrescit.
Mus. lib. 2, cap. 3.
(7) Interminabilis magnitudinis sectione rejecta sibi ad cognitionem spatia deposcit
ratio. In Prooem . lib . 1 , arithm.

.73
CAPITOLO XVII .

Del principio, ovvero della cagione immediata


delle consonanze

Che la musica sia connaturale agli uomini ampia fede ne fa la


sperienza d'ogni luogo, d'ogni clima, e d'ogni secolo . Ciò che più ri-
leva però si è, che la musica al riferire di Fabio ( 1 ) è antichissima fra
tutte le scienze. Consta nondimeno dai monumenti che ci rimangono,
(e si può dire senza esitanza) che nella pura, e mera pratica si conte-
neva la musica, mentre della vera teoria erasi totalmente all'oscuro;
ciocchè dottamente conferma il Keplero ( 2) .
1. Infatti Pitagora fu il primo, che al riferire di Nicomaco ( 3) con-
siderando il peso dei vari martelli, e le varie lunghezze delle corde, at-

tribuì alle prime e più semplici ragioni dei numeri il principio, e l'im-
mediata cagione delle consonanze. Non volle però oltrepassare la qua-
drupla, per molte ragioni, che nel suo modo di filosofare erano fortis-
sime : come a dire, che l'anima nostra è costituita nel numero quater-
nario : che questo stesso numero genera la prima decade ; ed altre simili
che non occorre qui riferire .
2. Dopo Pitagora si fece capo di nuova setta Aristosseno, che esclu-
so qualunque raziocinio, interamente riportavasi al senso , che certa-

(1) Timagenes auctor est omnium in litteris studiorum antiquissimam musicen extitisse.
Lib. 1 , cap . 17 (aliis 10) .
(2) Sicut comparatum est in rebus humanis, ut quae natura nobis sunt tributa, in iis
usus cognitionem causarum antevertat, sic etiam circa cantum generi bumano usuvenit.
Prefat. lib. 3. Arm. Mundi .
(3) Harmonices manualis ex versione M. Meib. pag. 9.

74
mente va di leggeri soggetto ad errore. Perciò Boezio ( 4) a gran ragione
dà la preferenza a Pitagora. Ma chi non direbbe rinata ai giorni nostri
e fatta scuola dominante l'aristossenia? mentre presso che generalmen-
te, escluso qualunque raziocinio e precetto, tutto si opera colla scorta
del solo senso : se bene o male poi, ne giudichino i dotti .
3. Fiorì poi nel II . secolo dell'era nostra Claudio Tolomeo, e fu
autore d'un'altra setta, che tolemaica si denomina; ed in cui hanno
luogo il senso e la ragione insieme, che giusta la frase di Boezio ( 5 )
sono in certo modo gli strumenti dell'armonica facoltà . Ma quanto al
principio delle consonanze non si diparte gran fatto dai Pitagorici : sic-
chè nulla di nuovo in questo proposito .

4. Sopravvenne poi l'immortale Galileo Galilei , che non conten-


to, e meno persuaso della fisica cagione delle consonanze, creduta uni-
versalmente, e tenuta derivare dalle proporzionate lunghezze delle cor-
de sonore, osservò alcuni fenomeni accennati già nel Cap . II .; e da
questi dedusse e conchiuse, che le forme degl'intervalli musicali sono
originate (6) dalla proporzione dei numeri delle vibrazioni e percosse
dell'onde dell'aria, che vanno a ferire il timpano del nostro orecchio,
il quale esso ancora sotto le medesime misure di tempi viene fatto tre-
mare.
Tale dottrina conferma poi coll'apprestamentó di più pendoli di
varie ordinate lunghezze, che mediante le coincidenze più frequenti
vago spettacolo formano all'occhio : e conchiude accennando l'intrec-
cio proporzionato delle vibrazioni , onde derivano le consonanze. Il ra-
gionamento quanto è sensato, altrettanto è chiaro; e dal proporzionato
intreccio delle vibrazioni gran diletto ne risulta infatti sì all'occhio, che
all'orecchio. Ma l'intreccio proporzionato delle vibrazioni donde poi de-
riva, se non dalle proporzionate lunghezze delle corde? anzi per tal mo-
do ne deriva, che se tali lunghezze non saranno in proporzione conso-
nante, non lo saranno certamente nè pure le vibrazioni : nè diletto al-
cuno può conseguentemente risultarne all'orecchio. Dalla proporzione
delle corde adunque conviene ripetere il principio delle consonanze; e
tanto in quella risiede, quanto è vero, che causa causae est causa causati .
Quale poi sia il confine del diletto, e delle consonanze non si ri-
leva . Parlasi nel citato dialogo dell'ottava, della quinta, e della quarta
solamente; pure devesi supporre, che il Galilei (a differenza dei Pitago-

(4) Pythagorici ipsas consonantias aure metiuntur, quibus vero inter se distantiis
consonantiae differant : id jam non auribus, quarum sunt obtusa judicia, sed regulis ra-
tionique permittunt. Mus. lib. 1 , cap. 9.
(5) Sensus ac ratio quasi quaedam harmonicae facultatis instrumenta sunt. Mus.
lib. 5. cap. 1 .
( 6 ) Dial. 1, pag. 60 .

75
rici) ammettesse fra le consonanze anche le due terze, e seste. Ma co-
munque sia, qual'è poi la cagione, per cui oltre non progrediscono le
consonanze? Mi si dirà forse : ne decide il sensorio; ma a questa deci-
sione io di buon grado preferisco il parere di S. Agostino (7) che in
Dio Creatore rifonde la cagione del diletto che proviamo nell'udir le
consonanze, e per conseguenza anche il loro confine.
Qui però noi trattiamo del principio fisico, e della primaria fisica
cagione delle consonanze; da cui ( svelato che sia) anche il loro periodo,
e confine deve chiaro apparire, e come per corollario manifestarsi .
Quindi delle dissonanze ne accagiona lo stesso Galilei le discordi
e sproporzionate vibrazioni, che feriscono l'orecchio e gli rendono i suo-
ni ingrati. Ma vorrebbesi sapere , quali sieno le vibrazioni sproporzio-
nate? Quelle forse che produrrebbero due corde, le quali fra di loro
fossero in lunghezza come il lato del quadrato al suo diametro? Cagio-
nerebbero esse certamente orribile dissonanza; ma non è ciò da temersi ,
atteso che i suoni musicali sono sempre fra di loro, come numero a nu-
mero : e di fatto nè il tritono, nè la quinta eccedente, nè altri musicí
intervalli sono in quella proporzione ineffabile . Dunque alla perfine,
per rinvenire delle consonanze, e delle dissonanze la vera fisica cagione,
deve conchiudersi, (salva la dovuta venerazione al gran Galilei ) che alle
lunghezze delle corde come al primo fonte, conviene rivolgersi .
5. Espressamente però, e con tutto l'impegno prese a trattare del-
l'origine delle consonanze il dottissimo Giovanni Keplero ( 8 ) , asseren-
dole originate dalle cinque piane figure regolari, che geometricamente
dividendo il circolo, ne fissano il periodo nella ottupla /1 ; esclusone
però il settangolo , perciocchè non può tale figura geometricamente iscri-
versi nel circolo (9) .
Ragiona egli certamente delle cinque piane figure, e delle rispet-
tive loro congruenze da gran geometra ( 10); nondimeno l'applicazione
che ne fa alle consonanze musicali , non è per mio parere se non un
simbolo, un tipo, ed una pura, e mera analogia .
E poichè alla corda sonora conviene ad ogni modo applicarsi , ne
accenna egli stesso l'adattamento ad un corpo rotondo, e concavo, so-
pra cui fattene le divisioni a norma delle cinque figure, si rilevino le
consonanze. Finalmente poi uniformandosi all'usato metodo, considera
la corda sonora in linea retta secondo le varie proporzioni delle parti,

(7) Neque nunc locus est ut ostendam quantum valeat consonantia simpli ad duplum,
quae maxima in nobis reperitur, ut sit nobis insita naturaliter : a quo utique nisi ab eo
qui nos creavit. Lib. 4, de Trinitate .
(8) Harmonices mundi. Lib. 3.
(9) Harm. mundi. Lib. 1 , propos. 45.
( 10) Lib. 3, cap . 1 , axiom. 1 .

76
in cui per ordine si divide; e da questa appunto sembrami che dovesse
incominciare, poichè anche nella musica ha luogo il precetto : ne fiant
per plura, quae per pauciora fieri possunt.
Per altro dal metodo suo di esaminare le parti, e i residui in cia-
scuna divisione della corda sonora ( 11 ) non può risultarne l'unità del-
l'armonia consonante, e molto meno l'origine, e la natura delle disso-
nanze, quali sono in fatto , e quali si praticano nella musica armonica :
ciò che nel seguente Cap. si rileverà ad evidenza.
6. Ai giorni nostri poi è uscito alla luce un nuovo sistema di mu-
sica teorica del celebratissimo M. Eulero ( 12) , che per mio parere po-
co c'interessa nella ricerca, che noi qui facciamo. Tratta egli principal-
mente della maggiore, o minore soavità delle consonanze al saggio dei
suoi esponenti : e sembra non altrimenti considerare la consonanza, che
nel puro e mero materiale senso del termine, che significa soltanto una

composizione di due o più suoni , qualunque si sieno; e per verità non


lascia luogo a dubitarne , ove espressamente tratta delle consonanze . Inol-
tre ciò che più importa si è , che egli apertamente confessa ( 13 ) , essere
difficile cosa l'assegnare il confine fra le consonanze, e le dissonanze;
mentre questo appunto è lo scopo della presente nostra ricerca.

Scorgersi insomma che senza il presidio della musica pratica, non


è possibile l'ordire una buona teoria, e di ciò ne fa pur troppo ampia
fede la sperienza .
A suo luogo però si manifesterà l'uso più convenevole a farsi degli
esponenti; e con molto maggiore frutto si tratterà della risoluzione di
qualunque ragione musicale nei suoi componenti , chiamati dall'Eulero
factores.
7. Ultimamente poi è uscito alla luce il Trattato della Musica del
celebre S.r Tartini, in cui si stabilisce il principio dell'armonia nel cir-
colo dimostrato intrinsecamente armonico; ed in quest'unico aspetto in-
tendo io qui di parlarne .
Nel circolo adunque si stabilisce il principio dell'armonia dal Ke-
plero, e dal Tartini ; e però siccome di quello si è detto , così di questo
ugualmente si dice; cioè che tutto si risolve poi in una pura, e mera
analogia : che il circolo non è altro che un simbolo : ed in vari altri mo-
di è stata già dagli antichi simboleggiata l'armonia . Oltre di che le
proprietà del circolo analoghe all'armonia sono comuni alla parabola,

(11 ) Veggansi i corollarj, lib . 3, cap. 1 , pag. 12 e 21 , così pure la figura cap. 2, pag. 27.
(12 ) Tentamen novae theoriae musicae. Petropoli, 1739 .
(13) At quia partim difficile est consonantiarum et dissonantiarum limites definire,
partim vero haec distinctio cum nostro tractandi modo minus congruit... omnibus sonitibus
qui ex pluribus sonis simplicibus simul sonantibus constant, consonantiae nomen tribue-
mus. Cap. 4, de consonantiis, n. 1 .

77
e ad altre geometriche figure. Mentre però l'autore gratuitamente at-
tribuisce al circolo forza di principio, conviene dargli preferenza (gene-
ralmente parlando) , quanto al modo di ragionare intorno l'uso dei mu-
sici intervalli , sopra il Keplero, che infelicemente li stende, e combina.
Per altro dato il circolo di sua natura armonico , e diviso armoni-
camente il diametro, si stende la divisione come pure nella corda so-
nora, all'infinito : (e. ne conviene anche l'autore nel Cap . III , pag. 53 )
dunque siccome di questa, così di quello conviene fissare nella divisione
un confine, che separi il sistema consonante dal dissonante : (ciò pur
anche richiedesi dall'autore ) questi , e non altro essendo in sostanza
il principio dell'armonia di cui si tratta . Ma la segnata divisione del
diametro non forma certamente perfetto sistema consonante, imperoc-
chè non abbraccia la sesta minore, esclusa senza dubbio dal periodo
sestuplo; dunque non sussiste l'assegnato confine, quantunque si as-
serisca praticamente abbracciato.
Ognuno accorda , è vero, che i sei primi termini della serie armo-
nica sono consonanti, ma si prescinde dal perfetto sistema, poichè pra-
ticamente s'annovera tra le consonanze anche la sesta minore; ed il solo
Zarlino s'è invaghito delle belle prerogative del numero senario.
8. Del sistema di M.r Rameau a bello studio fin ora ho differito.
a favellare, atteso che una seria , e particolare discussione conviene far-
ne. Chiama egli l'unità (l'intera corda) basso fondamentale, e principio
dell'armonia (14) , quasi che questi sieno due sinonimi : mentre di fatto
sono due cose ben diverse. In un altro Trattato poi ( 15 ) riconosce il
principio dell'armonia nell'effetto naturale, che risulta dalla risonanza
di ciaschedun corpo sonoro in particolare che produce 1/3 ed ¹ /s del
suono ch'è proprio dell'intera corda . Vale a dire , che in cotesto feno-
meno ravvisa il principio dell'armonia; mentre in sostanza non è poi
altro, se non il basso fondamentale dell'accordo consonante del modo
maggiore solamente, con l'esclusione del minore.
In altro suo scritto pure ( 16 ) si spiega M.r Rameau , ed ampiamen-
te si diffonde. Confessa (pag. 193 ) che il corpo sonoro messo in moto,
si divide in una infinità di parti aliquote , o summultipli ... e di tutte
queste parti solamente ¹ /3 ed ' /5 si fanno sentire... Per altro (segue a
dire) potevo io prevedere, che una proporzione sorda , muta , insensibile
all'orecchio, e sconosciuta fino ad ora nella risonanza del corpo sonoro,
potesse diventare l'anima, e il principio ancora del principio sonoro, co-
me pure di tutte le sue conseguenze?

( 14) Trattato della Musica, cap . 3 , art. 1 .


(15 ) Generazione armonica , cap. 1 , pag. 28.
( 16) Riflessioni sopra il principio sonoro.

78
Suppone inoltre, e dice ( pag. 194 ) che la natura assordisce ¹ / 2.¹ /4
per farci sentire solamente 1/3.1/5 , affine d'impedirci di confondere
le due proporzioni la geometrica con l'armonica . Ma se questo non è
un travedere, mi rimetto a chiunque ha il solo senso comune. Non posso
a meno pertanto di riflettere, che mentre la natura coll' assordire
1/2 . 1/4 , ci fa sentire solamente 1/3 ed 1/5 , ci priva nel tempo stesso
della progressione armonica continua 1.1/2.1/3.1/4.1/
5 . Ora vor-
rebbesi sapere, se maggiore sia il benefizio, o il danno del supposto as-
sordimento?
Io pure sostengo, che tutto il sistema nostro musicale deriva da
1.13.15 . ( Cap . XLVIII ) non però come fenomeno d'una sola in-
tera corda; ma bensì da 1.1 /3.1 /5 . tre suoni espliciti prodotti da tre
corde : l'una indivisa , e dell'altre due una divisa in tre, e l'altra in cin-
que parti. Qui tutto è reale : nulla d'immaginario, come si vedrà in
progresso .

- 79
CAPITOLO XVIII .

Quale sia la vera origine e cagione delle consonanze

Esposte brevemente le opinioni degli autori più celebri , che sopra


il principio dell'armonia hanno versato; rivestitoni dei sentimenti di
Seneca ( 1 ) , rispetto, e venero cotesti grandi uomini; nondimeno però
ardisco produrre, ed esporre anch'io il mio parere; e siccome ardua mol-
to è l'impresa, sembra che una sola cagione bastevole essere non possa
a sciogliere il nodo, essendomi di Lucrezio (2) ben noto il sentimento ,
ed il parere, nondimeno una sola cagione intendo io di recarne, corre-
data poi da vari riflessi , onde più chiara ne risplenda la verità.
Affine però di agevolarmi la strada , giova ripetere qui alcuni mu-
sici assiomi , che ben verranno in acconcio anche nel corso di tutto il
presente Trattato.

Assioma 1 .

Tutti i suoni che nascono da ragione e progressione dupla, sono


fra di loro equisoni : Quindi è che le replicazioni delle consonanze si
considerano nella pratica come se fossero nei loro semplici intervalli .

Assioma 2.

Il suono che è consonante con uno degli estremi della dupla , an-
che con l'altro estremo è consonante .

(1 ) Multum magnorum virorum judicio credo : aliquid, et meo vindico. Epist. 45 .


Qui praecesserunt non praeripuisse mibi videntur quae dici poterant, sed aperuisse. Epist. 69 .
(2) Sunt aliquot quoque res, quarum unam dicere causam - non satis est, verum
plureis, unde tamen una sit . Lib. 6, v. 703.

80
Quadro conservato nel Convento del Santo - Padova

P. M. FRANCESCANTONIO VALLOTTI
Assioma 3.

Tutti i numeri pari sono composti, ed equisoni dell'impari d'onde


derivano per dupla progressione. Questo assioma in sostanza è inverso
del primo .

Assioma 4.

Tutti i numeri impari sono numeri primi nella musica, e produ-


cono perciò nuovi suoni. Tali sono il 9 il 15 il 27 ecc. che nell'aritme-
tica sono manifestamente composti.

ARTICOLO I.

Poichè si è stabilito ( Cap . II , Art. III ) che dalla divisione della


corda sonora solamente si possono conoscere i vari rapporti dei suoni ,
dico che le consonanze nascono direttamente dalle lunghezze in serie
armonica e indirettamente da quelle che sono in serie aritmetica . Di
questa però non serve d'inoltrarsi a discorrere , atteso che per natura
sua ci reca i suoni dall'acuto al grave, mentre per l'opposto l'armonia
procede naturalmente, e necessariamente dal grave all'acuto, come che
appoggiata sempre ad una base che la determina e la specifica . Della
serie armonica dunque parlando dico, ch'ella racchiude in se stessa ogni
sorta di ragioni e proporzioni; e per conseguenza suoni di ogni sorta di
genere, molti dei quali però non convengono alle consonanze, nè alle
dissonanze, nè all'armonia, nè alla melodia .
I suoni in genere si dividono in concinni, ed inconcinni, cioè
atti, ed inetti al canto. I concinni poi si dividono in consonanti , e dis-
sonanti. Cercasi dunque fino a qual segno si stendano nella serie armo-
nica i suoni consonanti . E si stabilisce con tutti i teorici e pratici, che
non oltrepassano il 5 : che però sono consonanti fra di loro, e con le ri-
spettive sue replicazioni i suoni solamente , che corrispondono ai numeri
1.3.5 . ovvero sia 1.1/ 3.1/5 . e non altri.

ARTICOLO II .

Sembrami, che dalla semplicità dei rapporti dedursi non possa, nè


stabilire il confine delle consonanze, poichè non è deciso fino a qual
termine giunga perentoriamente cotesta semplicità . Infatti siccome nella
serie aritmetica tutti i numeri impari sono multipli dell'unità : così

81

6 · Trattato della Moderna Musica.


nella serie armonica per l'opposto l'unità è multipla di tutti i numeri
impari, ed è manifesto, che il genere multiplo è fra tutti i generi dei
rapporti il più semplice , anzi semplicissimo; dunque tutti i numeri im-
pari della serie armonica dovrebbero con l'unità essere consonanti : la
quale cosa non è , nè può essere.
Inoltre si osserva, che 3 e 5 sono fra di loro superparzienti, e lo
stesso accade del 5 e 7, ma 3/5 sono consonanti , e 5/7 sono dissonanti .
Ecco dunque che la semplicità o non semplicità dei rapporti per niun
conto influisce nelle consonanze, e di ciò un'altra prova ne dà l'opinio-
ne dei Pitagorici, che mentre a gran ragione ammettevano la diatessaron
(la quarta) fra le consonanze, altrettanto ingiustamente ne escludevano
la 3 /s8 , per essere del genere superparziente. Non era però di questa
opinione Aritosseno (3) , con altri fra gli antichi; ma cotesto errore dal
sopra notato assioma primo resta abbastanza confutato, poichè ne segue
ad evidenza, che essendo consonante 3/4 , lo deve essere necessariamente
anche 3/8 .

ARTICOLO III.

Dico dunque, che dai soli residui della corda sonora vengono de-
terminati e fissati i numeri consonanti ad 1.1/3.15 , e non oltre.
A questa opinione mi condusse già Tolomeo, portandomi a se-
riamente riflettere sopra i residui della corda sonora , allorchè osservai
come egli si esprima intorno la diapasson (l'ottava) dicendo ( 4 ) , che la
dupla è l'ottima fra tutte le ragioni , atteso che è la sola che ha l'eccesso
o sia differenza uguale al minor termine . Ora ciò che Tolomeo chiama
eccesso o differenza relativamente ai termini della ragione, io chiamo
residuo relativamente alle parti , in cui è divisa la corda sonora, in con-
fronto dell'intera.
Seguendo adunque questa traccia, dico che se la dupla è l'ottima
fra tutte le ragioni, perchè il residuo è uguale al termine acuto; e l'ot-
tava che nasce dalla divisione della corda sonora in due parti uguali è
la migliore fra tutte le consonanze : ne segue per la stessa ragione, che
la tripla e la quintupla la seguano da presso. Infatti nella tripla levato
un terzo ¹ /3 , il residuo è due terzi 2/3 ; e nella quintupla levato un

(3) Omni consono intervallo ad diapasson addito : et majore, et minore, et aequali,


totum evadit consonum. Aristox. 1 , Harm . pag. 22. Item lib. 2, pag. 45. & Eucl. Introduct.
harm. p. 13. & Ptol. 1. Harm . cap. 6. & 7.
(4) Diapasson est consonantiarum pulcherrima; et dupla rationum optima : illa quidem
consonantia aequitonis proxima; haec autem sola ratio, quae excessum facit illi quod
exceditur aequalem . - Ptol. harm ., Lib. 1º, Cap. 5º.

82
quinto 1/5 , il residuo è * / quattro quinti . Sono perciò i tre mentovati
residui con l'acuto, ovvero sia con le corrispondenti minime aliquote in
ragione di 1 a 1 ; 1 a 2 ; 1 a 4 ; e i due ultimi, se non sono unisoni ,
sono certamente equisoni (Es . 7) . Donde ne nasce , che i suoni di tutta
la corda, dei residui e della parte acuta debbono necessariamente esse-
re fra di loro consonanti . Si ravvisa pertanto con tutta chiarezza, che
nella corrispondenza in dupla progressione dei residui con la minima
aliquota della corda rispettivamente divisa, risiede il principio dell'ar-
monia, e l'intrinseca cagione delle consonanze .

стра
20/10

Esempio 70

Che se vogliasi progredire all'impari susseguente, cioè ad ¹/7 , in-


terrotto rimane tosto l'ordine della dupla progressione fra le parti ar-
moniche, e i residui; imperocchè di 17 rimangono " /7 ; per la quale
cosa fissato resta il periodo delle consonanze nei primi tre impari della
serie armonica 1.3.1/5 . e da questi stessi colle sue replicazioni
1.1/2.1 /3.1 /4.1/5.1/8.1/6 8 . ne vengono formate tutte le consonan-
ze, cioè 1 a 2 , 2 a 3 , 3 a 4 , 4 a 5 , 5 a 6 , 3 a 5 , 5 a 8 ; ma i mentovati
tre impari sono in proporzione armonica , e in dupla progressione coi
rispettivi residui; dunque nella proporzione armonica, corredata dalla
corrispondenza in dupla progressione fra le parti armoniche, e i residui ,
deve riconoscersi la fonte ed il principio vero, e adequato delle con-
sonanze.

ARTICOLO IV.

Ora in conferma di quanto si è detto soggiungo , che felicemente


ed espressamente viene definita la consonanza da Euclide ( 5) una me-

(5) Consonantia est mixtio duorum sonorum acuti scilicet, et gravis. Dissonantia con-
tra est in duobus sonis mixtionis fuga : qui cum misceri recusent asperitate quadam aures
Encl. Introd. harm. pag. 8.

83
scolanza del suono acuto col grave, donde ne nasce la soavità, e il di-
letto che ne proviamo. Quindi è che i suoni 1.1/3.1/5 . nei vari regi-
stri dell'organo si riducono, ed uniscono in un suono solo, e come se
effettivamente uno solo fossero, dal nostro orecchio si giudica. La ca-
gione pertanto di quest'ammirabile fenomeno chiaramente scorgesi nel-
la corrispondenza in dupla progressione del suono acuto col suo resi-
duo; e la mescolanza del suono acuto col grave (come che non istanta-
nea) realmente, e distintamente si rileva .
Infatti toccando un tasto del registro principale, a misura che l'uno
dopo l'altro si aprono gli altri registri, si distingue il proprio rispettivo
suono di ciascheduno, che tosto poi si unisce a quello del principale, e
la mescolanza si fa sensibile e palese .
Quanto poi al suono composto riesce certamente il più perfetto
quello di un organo, i cui registri sieno come i numeri della serie ar-
monica . 1.1/
2.1/3.1/4.1/5.1/6 . colle sue replicazioni; e saranno
principale, 8", 12" , 15ª , 17ª , 19ª , 22" , 24", 26", 29", ecc. Degli organi
di tal fatta due ne abbiamo qui in Padova, oltre gli altri molti che, per
mio suggerimento ne sono stati fabbricati in vari altri luoghi, e l'effetto
d'una sorprendente armonia , ad evidenza ne prova la perfezione.

ARTICOLO V.

Serve di conferma al mio assunto anche il riflesso delle tre con-

sonanti armonie , la semplice o lineare, la piana, e la solida. Un cen-


no ne dà Calcidio (6) , che riflettendo sopra i vari intervalli, dice non
doversi progredire oltre i tre. Più precisamente ancora , ed a lungo ne
parla Aristide Quintiliano (7) , ma alla sua foggia . Così giova esprimermi,
atteso che dall'applicazione che ne va poi facendo, ne risulta un com-
plesso dissonante, mentre io ho per scopo un complesso consonante.
Mi basta però che sappiasi non essere questa una distinzione di armo-
nie affatto nuova; mio solamente è il metodo, e l'applicazione all'armo-
nia consonante di cui presentemente si tratta.
La dupla è certamente la prima e l'ottima fra tutte le ragioni , ed
insieme la più perfetta fra tutte le consonanze, che risultano dall'ordi-
nata divisione della corda sonora . Ma poichè nella serie armonica fra i

(6) Intervallum unum lineam facit, duo superficiem, tria corpus, quo nihil est per-
fectius. In Timeum Platonis, pag. 113.
(7) Generatim autem dicendo, si inter geometricam proportionem aritmeticae adsumas
medietates, harmonicam proportionem, eamque aut planam aut solidam efficies. Arist . Quint.
Mus . hb . 3 , pag. 121 .

84
suoni di 1. ed 1/2 niuno altro può avere luogo, e tali suoni fra di loro
sono equisoni; perciò io chiamo armonia semplice o lineare quella, che
odesi nei suoni di 1. ed 1/2 termini semplici e radicali della dupla
(l'ottava).
Che se cotesti termini sieno duplicati, ed espressi in ¹ /½ , ed ¹ /4 ,
ha luogo tosto fra di essi 1/3 ; e però io chiamo armonia piana quella
che risulta dai suoni di ¹/2.1/3.1/4 . Triplicati finalmente i termini, ed
espressi in ¹ /3 ed ¹ /6 , hanno luogo fra di essi ¹ / ed ¹ ; che però io
chiamo armonia solida quella che risulta dai suoni di 1/3 . '/4.1/5.1/6 .

9
B

Esempio 89

E' dunque di fatto, ed esiste nella musica l'armonica semplice, o


lineare, la piana, e la solida, lunghezza, larghezza, e profondità, che
unite formano il corpo dell'armonia consonante. In coteste tre armonie
sono compresi con l'unità i due primi numeri, ovvero sia le due prime
.
aliquote ¹/½ ed ¹/s in proporzione armonica , cui corrispondono i rispet-
tivi residui in dupla progressione; e perciò dissi essere il mio assunto
confermato dal riflesso delle tre mentovate armonie.

Aggiungo però, che vi si racchiude bensì l'armonia quanto alla so-


stanza, non mai quanto alla totalità; atteso che fino ad 1/8 della corda

sonora nuove consonanze spuntano, in forza della dupla progressione


dei tre consonanti termini radicali 1. ¹³ . ¹/5 . Infatti 1/3 è mezzo ar-
monico della quintupla e della dupla, e ¹ / mezzo armonico della qua-
drupla e della sesquialtera . La semplice quadrupla e radicale sta fra 1
ed 1/4 ; l'armonica sta fra ¹ /2 ed ¹ /8 , nella guisa stessa che la dupla ra-
dicale esiste fra 1 ed 1/2 e la dupla armonica fra ¹ /½ ed ¹⁄ ; ciò che
vieppiù manifesto si rende nelle due seguenti figure .

Quintupla Quadrupla
1
1.1/2.1 /3.1/4 . ¹/5 . 1 /2.1/4.1/5.1/6 . ¹/8 .

| Dupla ! | Sesquialtera |

85
ARTICOLO VI.

Escluso un ¹/ dai numeri consonanti per le addotte ragioni nell'Ar-


ticolo III, sembra però avere forza di nodo insolubile l'altro impari che
segue, cioè ¹ , il cui residuo / gli corrisponde in dupla progressione,
e i rispettivi suoni trovansi fra di loro equisoni, quanto quelli di ¹/s e
*/з , di ¹ e * 5 . Ma la difficoltà dileguasi al solo riflesso della inter-
ruzione dei numeri consonanti, per la giusta esclusione di ¹ /7 ; ond'è
che in virtù dell'ordine anche / ne rimane escluso . Aggiungo però,
che fissato il confine all'armonia , deve necessariamente darsi luogo an-
che alla melodia, che la segue da presso, poichè un 1/9 forma i due toni
maggiore e minore 8/9/10 , che sono i gradi principali della scala dia-
tonica.

Nondimeno poichè questi , ed altri simili riflessi che potrei addur-


re, saranno forse considerati come ragioni di pura convenienza e non
più; ne soggiungo perciò uno affatto decisivo. Questo è il riflesso , che
1.1/3.1/
9. sono geometrici ; e poichè si è detto e stabilito e provato ,
che dalla proporzione armonica nascono le consonanze, così dico che
dalla proporzione geometrica nascono le dissonanze , come a suo luogo
si farà manifesto. Interrotta pertanto la proporzione armonica , e suben-
trando la proporzione geometrica, debbono conseguentemente cessare le
consonanze, dando il luogo loro anche alle dissonanze , delle quali si
parlerà dopo che di ciascheduna consonanza in particolare si avrà trattato.

86
CAPITOLO XIX.

Dell' unisono

Convengono i più dotti fra i teorici, che l'unisono è la prima


e più perfetta fra tutte le consonanze . E che tale sia di fatto, ne fa pro-
va l'esattezza ch'esso richiede nell'accordatura , sopra qualunque altra
coppia di suoni .
Nasce l'unisono da due corde per ogni conto fra di loro uguali ;
e la ragione d'uguaglianza certamente precede per natura sua ogni al-
tra ragione e proporzione . Boezio benchè in alcun luogo richiegga dif-
ferenza nella gravità ed acutezza fra due suoni consonanti , nondimeno
(quasi rapito dalla forza della verità) prescinde poi dal grave e dall'acu-
to, restringendo i costitutivi della consonanza (1 ) alla soavità e mesco-
lanza dei suoni : e cotesta mescolanza essendo senza dubbio più pronta
e perfetta nell'unisono, quindi ne segue, che a gran ragione si sostiene
essere l'unisono di tutte le consonanze la prima e la più perfetta .
I pratici pel contrario sostengono, che l'unisono è principio di con-
sonanza, e non più; ma a sostenere questa opinione non ben si rileva
come si appiglino.
Dicono, e ripetono, che l'unisono è come il punto, che è princi-
pio della linea, ma non linea , come l'unità che è principio del numero ,
e non è numero . Ma da coteste similitudini chiaramente si rileva, che
per unisono intendono essi un suono qualunque, unico e solitario; e
sono in errore. Può credersi ancora che sotto questo nome intendano il
grave di qualunque consonanza : e così pure vanno errati , perchè la

(1) Voces consonae sunt, quae simul pulsae suavem permixtumque inter se conjungunt
sonum. Boeth. Mus. lib. 4, cap. I.

87
consonanza riguarda ugualmente il grave e l'acuto, che fra di loro
mischiandosi , ad unità si riducono .
Noi pertanto intendiamo per unisono il risultato di due corde , che

producono i suoni pari in gravità e dello stesso tenore giungono soavi


all'orecchio, corroborandosi l'un l'altro insieme. L'energia e soavità di
questo rinforzo si fa tutto dì palese nella duplicazione delle voci e stru-
menti , a chiunque voglia per poco riflettervi .

Si conchiude pertanto che siccome il punto non è linea , nè l'unità


è numero, così un suono qualunque solitario non fa consonanza; bensì
due suoni unisoni ed uguali sono fra loro consonanti, ed in consonan-
za l'uno e l'altro s'abbracciano; della quale cosa per se chiara e palese ,
non può ragionevolmente da chi che sia dubitarsi .

88
CAPITOLO XX.

Della ottava

Dopo l'unisono segue tosto l'ottava , che nasce dalla proporzione


dupla, perchè divisa la corda sonora in due parti si scorge l'ottava fra
1 e 1/2 , cioè fra l'intera corda e la sua metà; ciò che dal senso si rileva
nell'esempio 1º e 2º come nel Cap . IV.
Questa è la prima fra tutte le consonanze che risultano, e si cor-
rispondono in grave ed acuto; e gli estremi sono fra loro equisoni . Da
cotesta equisonanza precisamente derivano le singolari proprietà dell'ot-
tava, che sono :
1. Un suono consonante coll'estremo grave, è consonante pur an-
che coll'estremo acuto . Similmente se il suono è dissono con uno degli
estremi, con l'altro pure è dissonante .
2. L'Ottava s'aggiunge a se stessa , si triplica , e si moltiplica a pia-
cere senza mutare natura, e il prodotto non cessa d'essere consonante,
mentre tutte le rimanenti consonanze formano dissonanza se si moltipli-
chino o solamente s'aggiungano a se stesse .
3. Abbraccia tutti i suoni primi, e originali della melodia; ed in-
fatti ascendendo gradatamente alla seconda ottava,, odonsi replicati gli
stessi suoni originali della prima . Perciò dai Greci a gran ragione l'ot-
tava si chiama diapason , che significa per omnia.
4. Racchiude inoltre tutte le semplici consonanze, e tutte le loro
differenze, cioè tutti i gradi diatonici , che sono tono maggiore */9 ,
tono minore /10 , e semitono diatonico 15/16 . Il semitono 24/25 non
ha luogo, essendo egli un intervallo cromatico; e di fatto non v'è nel-
l'ottava diatonica terza minore racchiusa nella maggiore, onde risulti
la differenza 24/25 .

89
5. Facilmente si prende l'ottava per l'unisono, cantando assieme
uomini e donne o ragazzi; essendovi tanta affinità, che se il suono acuto
dell'ottava si trasferisce al grave, o il grave all'acuto ne risulta l'uni-
sono : la quale cosa non accade in qualunque altra ragione , come consta
dalla esperienza .
6. Che l'ottava sia il primo consonante intervallo facilmente si scor-
ge negli strumenti da fiato, flauti , oboe , ecc. mentre per poco che il
fiato si carichi ed accresca, ben tosto il suono balza all' 8", non mai ad
altro intervallo minore, e più vicino . E se in uno strumento a più corde
di voci seguenti se ne tocchi una v. gr. C. , non risuonerà certamente
la più vicina D ; ma bensì l'8 " C. sol fa ut : e un po ' più languida-
mente la 5ª G sopra 1'8".
7. L'ottava tanto va unita alla base dell'armonia che posta fra 1 ed
1/3 non interrompe nè distrugge la proporzione armonica di 1.1/3.1/5 .
Mi spiego. Dati alquanti numeri interi in proporzione aritmetica , se
vengano considerati come divisori dell'unità, si trasformano essi in pro-
porzione armonica; (V. Cap . XIº) ed è lo stesso che dire, inversamente :
se i numeri della serie armonica, in genere parlando, non hanno i de-
nominatori in proporzione aritmetica , non sono essi nè pure in propor-
zione armonica. Ora è cosa ugualmente certa , che sono in proporzione
aritmetica 1.3.5 . non già 1.2.3.5 ; e nondimeno sono in propor-
zione armonica 1.1/2.1/3.1/5 . senza che l'aggiunto 1/2 la disturbi .
Quindi si manifesta un pregio dell'8 " ben distinto e particolare, che
la qualifica al maggior segno. E che ciò sia vero , il fatto ne dà la prova
nella seguente analogia .

1 · 1/2 . 1/3 . 1/5

Differenze 1| 3
5 : 3 :: 10 : 6 .
2 10

90 -
CAPITOLO XXI .

Della quinta

Dalla sesquialtera 3 a 2 nasce la quinta, che scorgesi essere la se-


conda delle consonanze fra grave e acuto nell'ordine della loro genera-
zione. Infatti divisa la corda sonora in tre parti rilevasi la detta conso-
nanza nell'ordine armonico fra 1/2 e 1/3 = 3 a 2.
Questa chiamasi dai Greci diapente, che significa per quinque,
atteso che il suo diatonico progresso è di cinque voci o suoni : i gradi
però sono quattro, cioè due toni maggiori, uno minore, ed un semi-
tono diatonico .

Ella è consonanza primaria e principale , cui corrisponde la sua


secondaria, e compimento, come si vedrà nel seguente Cap . , ed inoltre
forma la cadenza armonica, che senza contrasto è l'autentica , e perfetta .
Armonicamente poi divisa la quinta si risolve nelle due terze maggiore
e minore, che specificano i due modi di questo nome.
Due quinte seguenti sono vietate nell'armonia per moto retto, e
sono tollerate per moto contrario : se ne rende la ragione nel Terzo
Libro . Replicata però la 5ª rinforza di molto l'armonia , come risulta
dalla pratica e singolarmente nei registri dell'organo 12" , 19ª , 26" , ecc.
Le due quinte poi , l'una minore , e l'altra eccedente, sono disso-
nanti, nè può negarsi . In pratica però si usano nell'armonia come con-
sonanti, atteso che sono parti integrali d'un accordo, che si tratta come
se consonante fosse . Non conviene pertanto alla 5ª minore l'odioso no-
me di 5ª falsa e molto meno quello di 5 diminuita; mentre che gl'in-
tervalli diminuiti, e gli eccedenti non hanno luogo nel sistema puro
diatonico : e diatonica è la 5ª minore, di cui si parla, poichè dall'armo-
nia della settima corda del modo maggiore trae la sua origine .

- 91
CAPITOLO XXII .

Della quarta

Dalla sesquiterza 4 a 3 nasce la quarta, che delle consonanze fra


grave e acuto scorgesi essere la terza nell'ordine della loro generazione;
poichè divisa la corda sonora in quattro parti rilevasi la detta consonan-
za nella serie armonica fra 1/3 ed 1/4 = 4 a 3.
Questa si chiama dai Greci diatessaron , che significa per quatuor,
essendo il suo diatonico progresso di quattro voci o suoni . I gradi però
sono tre solamente, cioè un tono maggiore, uno minore, ed un semi-
tono diatonico .
Ella è consonanza secondaria, essendo il complemento della quin-
ta all'ottava, come chiaramente si vede nella figura .

Ottava
12

1 1
2 3 4
Quinta Quarta

E perciò Cartesio la chiama ombra della quinta , e consonanza pre-


caria ed accidentale, mentre francamente dice, che residuum per ac-
cidens consonantiam generat. E ' quarta pertanto relativamente alla quin-
ta, non già riferita alla base, che sola ed esclusivamente ha diritto di
denominare l'acuto di qualunque intervallo, mentre ad essa tutti si ri-
feriscono, come alla comune sorgente; riferita dunque alla base è 8ª
non 4ª.

92
Due quarte consecutive sono tollerate nell'armonia; non però fra
le parti estreme, imperciocchè due quarte sono in sostanza due quinte
riversate : nelle parti di mezzo difficilmente dall'orecchio si rilevano, e
con tale cautela possono usarsi.

Da due quarte in confronto 9. 12. 16. nasce un intervallo dis-


sonante, che in vero sembra una 7ª ; ma collocati a dovere i tre riferiti
termini , si rileva poi che formano una dissonanza assai diversa , come
sarà manifesto allorchè delle dissonanze si tratterà di proposito.
Col mezzo della quarta si forma la cadenza aritmetica, cioè discen-
dendo dalla quarta corda alla principale del modo, non già con salto
di quarta dall'ottava corda della scala alla quinta; poichè sono queste
due cadenze ben diverse , come si vedrà trattando delle cadenze nel
Secondo Libro .
Si è poi lungamente disputato , se la quarta sia consonanza o dis-
sonanza . I teorici a gran ragione l'hanno sempre sostenuta consonan-
te : i pratici dicono, ch'è dissonanza. Andrea Papio ne ha scritto un
libro, mentre con poche parole la questione si risolve . Infatti la quarta
che è parte integrale dell'accordo consonante è vera consonanza : quella
che è parte aggiunta ed avventizia è dissonante .
Le due quarte l'una maggiore F. B , l'altra diminuita C. F.
sono dissonanti nei loro rapporti : nondimeno si usano in pratica come
consonanti , essendo la maggiore il compimento della quinta minore, e
la diminuita il compimento della quinta eccedente. Non si dà pertanto
quarta superflua, nè 4" falsa, benchè tali nomi inconsideratamente gli
vengono attribuiti : di ciò si parlerà nel seguente Libro.

93
CAPITOLO XXIII.

Della terza maggiore

Dalla sesquiquarta 5 a 4 nasce la terza maggiore, che delle sem-


plici consonanze fra grave e acuto trovasi sempre la 4ª nell'ordine della
loro generazione, mentre che divisa la corda sonora in cinque parti , ri-
levasi questa consonanza nella serie armonica fra 1/4 ed 1/55 a 4 .
Questa si chiama dai Latini, ad imitazione dei Greci , ditonus,
perchè composta di due toni . Fra i moderni si chiama terza maggiore,
perciocchè il suo diatonico progresso è di tre voci , o suoni , che racchiu-
dono due toni. Presso i Greci era dissonante, perchè composta di due
toni sesquiottavi in ragione di 64 a 81. Presso di noi è consonante,
perchè composta di un tono sesquiottavo , ed un sesquinono in ragione
di 64 a 80¹ /4 a ¹ /5 .
La terza maggiore è consonanza primaria e diretta; ed armonica-
8
mente divisa si risolve nei suoi primi componenti / e /10. Da questa
viene specificato l'armoniale modo maggiore, che è il perfetto; ed è pure
l'anima dell'armonia , perchè sonora e brillante.
Non è poi altrimenti consonanza imperfetta la 3ª maggiore, poi-
chè fievole troppo ed insussistente è la ragione che se ne reca . Tutte
le consonanze infatti possono di maggiori farsi minori, e di minori farsi
maggiori, eccettuatane la sola 8 " . L'attributo adunque di consonanza
imperfetta può soltanto appropriarsi alle consonanze secondarie, o vo-
gliamo dire ai compimenti delle principali e primarie.
Anche della terza superflua F. A. parlano senza proposito
alcuni autori, mentre egli è questo un intervallo ideale, ed abusivo
niente meno che quelli dell'8 " superflua C. C# ; e della diminuita
B.Bb.

94
CAPITOLO XXIV.

Della terza minore

Segue in ordine la sesquiquinta 6 a 5 , da cui nasce la terza mi-


nore, che delle semplici consonanze fra grave e acuto è la quinta ed
ultima nell'ordine della loro generazione; imperocchè divisa la corda
sonora in sei parti, rilevasi cotesta consonanza nella serie armonica fra
-6 a 5 .
1/5 ed 1/6 =
La chiamano i Greci trihemitonos o hemiditonos : i Latini semi-
ditonus, cioè 3ª maggiore mancante di un semitono . Presso di noi si
chiama 3 minore, atteso che il suo diatonico progresso è di tre voci o
suoni , che racchiudono un tono solo , ed un semitono, ambi maggiori.
Si avverte però che nella moderna musica il triemitono è un intervallo
incomposto di due sole voci formato, come F , G‡ , ed è propria-
mente una 2ª eccedente, non mai una 3ª .
La terza minore è consonanza secondaria, e compimento della 6"
maggiore all'8 " , come vedremo nel seguente Capitolo . Essa è poi an-
che, nella moderna musica, di tutte le consonanze la minima : mentre
dai Greci tale riputavasi la diatessaron (la quarta) .
Dalla 3 minore diretta nasce il modo aritmetico, cioè il minore;
siccome dalla 3ª maggiore diretta nasce il modo armonico, cioè il mag-
giore, come si vedrà nel Libro Secondo .
Da due terze minori ineguali

45. 54
54 .. 64
Вы D F

nasce la quinta minore diatonica, come si rileva dalle lettere musicali;

- 95
dal quadrato della 3 minore 5 , 6 nasce la quinta minore cromatica

25 . 30. 36 .
C# . E . G .

Ambedue coteste quinte si usano a guisa di consonanza, allora quando


sono parti integrali dell'accordo, come già si è detto : essendo poi ag-
giunte ed avventizie, si trattano col rigore delle dissonanze .

96
CAPITOLO XXV.

Della sesta maggiore

Col nome di consonanza composta chiamasi comunemente qua-


lunque consonanza aggiunta all'ottava . In tal senso però non è la 6"
maggiore consonanza composta; ma siccome essa deriva da ragione com-
posta, perciò debbesi come consonanza composta, in altro senso consi-
derare : quindi è che dopo delle semplici anche a questo modo, si è
differito a parlarne .
Dalla super-biparziente-terza 5 a 3 nasce la 6ª maggiore, interval-
lo aritmeticamente composto di 5 a 4, e 4 a 3. Per ordine di natura
precede questa consonanza la 3ª maggiore, atteso che divisa la corda
sonora in cinque parti, tosto si manifestano le due ragioni / ad 1/5
sesta maggiore; e ¹/ ad ¹ /5 terza maggiore : la sesta però vedesi armo-
nicamente composta da ¹/3 ad 1/4 , e di ¹ ad ¹/5.
Ora non v'è dubbio, che il rapporto di 1/3 ad ¹ /s precede quello
di ¹/ ad ¹ /5 , poichè questo (come parte) nel primo è contenuto : ciò
che si conferma dal riflesso ai rispettivi compimenti , mentre di ³/s5 è
compimento 5/6 ; e quello di 1/5 è 5/s . Vana sottigliezza forse ad al-
cuni sembrerà questa precisione : pure così vuole il buon ordine, come
si vedrà in appresso .
Ad imitazione dei Greci la chiamavano i Latini hexachordum

majus : noi la chiamiamo sesta maggiore, perciò che il suo diatonico pro-
gresso è di sei voci o suoni distribuiti in due toni maggiori, due mi-
nori, ed un semitono diatonico .
La 6ª maggiore è consonanza primaria , ma non è diretta, poichè
non ha luogo nella base, o 1ª armonia; bensì nel modo maggiore ha

97

7 . Trattato della Moderna Musica.


luogo nella 3 armonia in giusta proporzione armonica : e nel modo
minore scorgesi nella 2ª armonia in proporzione aritmetica.
Si dice poi comunemente, che la 6" , essendo composta di 4º e 3º,
è maggiore, se maggiore è la terza, ed è minore, se la 3ª è minore. V'è
nondimeno la 6ª maggiore , pur diatonica anch'essa, composta di 3ª mi-
nore e 4ª maggiore, come D. F. B ; che ad ogni tratto viene in uso
5 5 6 6
v. gr. C F D E ecc.
3 3 · 3 3'

98
CAPITOLO XXVI.

Della sesta minore

L'ultima è questa di tutte le consonanze, poichè essa compie l'in-


tero complesso o periodo consonante, ed è in ragione composta : quin-
di per ogni conto dopo dell'altre tutte doveva parlarsene.
Nasce la 6ª minore dalla ragione super-triparziente- quinta , cioè 8
a 5 , e nella serie armonica nasce dal rapporto di 1/5 ad ¹/s : intervallo
composto di 1/5 ad ¹/6 , e di ¹ad 1/8 . Essa è consonanza secondaria ,
e compimento della 3ª maggiore all'8" .
Ad imitazione dei Greci la chiamavano i Latini hexachordum mi-
nus, perciò che il suo diatonico progresso è di sei voci o suoni , che si
distribuiscono in due toni maggiori, uno minore, e due semitoni dia-
tonici.
La 6" minore, di comune consenso e per ogni ragione è conso-
nanza : i diatonici suoi componenti però 175.1/ 8.1 /8 . non sono in
proporzione nè armonica, nè aritmetica. Osservasi nondimeno, che l'a-
nomalia degli estremi e delle differenze felicemente si spiega nella
ragione */5 , di cui appunto la 6ª minore è il compimento.
Non può negarsi, è vero, che nei seguenti numeri 10. 13. 16 .
abbia essa il suo mezzo armonico ; ma il 13 non rende suono diato-
13 è mancante, la 3ª minore 13/16 è crescen-
nico, e mentre la quarta 10/18
te, ambedue della ragione 39 a 40 : differenza enorme, che l'una e l'al-
tra consonanza sconcerta a dismisura.

- 99
CAPITOLO XXVII .

Della quinta minore

Oltre i descritti consonanti intervalli, altri ve ne sono , che quan


tunque tali non sieno di loro natura, nondimeno come se consonanti
fossero hanno luogo nell'armonia consonante.

ARTICOLO I.

Fra questi ci si presenta in primo luogo la 5 " minore diatonica, la


cui ragione è di 45 a 64 , come Ba F.
Trovasi questa divisa in due 3º minori fra di loro ineguali , e sono

45.54.64 . come B. D. F. , le quali nel modo maggiore formano


l'armonia della 7ª corda; e nel modo minore quella della 2ª . Cotesta
armonia, benchè diffettosa, rappresenta nondimeno un accordo perfet-
to, e ne occupa il luogo, adattandosi alla naturale serie delle corde o
voci, che formano la scala della 7ª corda B grave , a B acuto.
Ma appunto perchè nel proprio suo accordo rappresenta la giusta
e vera 5ª , perciò scevra ed immune da qualunque restrittiva legge, qual
consonanza liberamente si pone in uso nell'armonia. E qui viene in ac-
concio di riflettere , che questa stessa 5ª minore specifica, nel modo
maggiore la 7 della quinta corda

36 45 54 64
G. B D. F

del modo stesso : e gli comunica in certo modo le proprie sue preroga-

100
tive. Questa perciò (a differenza dell'altre 7° minori ) si può usare, e si
usa di fatto senza preparazione, nè legatura; ed inoltre poichè leggiera
differenza porta la ragione di 9/16 da quella di ' /7 , quindi a somi-
glianza di quest'ultima, anche ascendendo di semitono, quella può ri-
solversi in consonanza, come si vedrà a suo luogo . Il suo complemento
è la 4ª maggiore F. B , come 32 a 45 , che procede colle stesse leggi .

ARTICOLO II.

V'è pur anche la quinta minore in ragione di 25 a 36 , ed ha la sua

origine nel modo minore dall'alterazione della 7ª corda affine di formare


la 3ª maggiore della sua 5ª all'uopo della cadenza , come si vede nel
seguente accordo.

E. G. B. D.

Nel modo maggiore tutti gl'intervalli sono diatonici e naturali, cioè


maggiori e minori solamente. Per l'opposto nel modo minore, oltre i
diatonici, v'hanno luogo anche i cromatici, cioè i diminuiti e gli ecce-
denti . Or dunque conviene dire, che la 5ª di cui parliamo è di natura
anomala : vale a dire, come intervallo minore diatonica, come alterato
da diesis in uno degli estremi cromatica .

ARTICOLO III .

Oltre le due enunciate 5° minori da due 3º pur minori formate,


un'altra ci si fa d'avanti veramente cromatica, perchè composta di una
3 diminuita nel grave, e di una maggiore nell'acuto nei seguenti ter-
mini
225 . 256 . 320 .
D #. F. A.

Di quest'accordo, quanto ignorato o trascurato nei secoli passati,


tanto più frequente n'è l'uso ai giorni nostri , principalmente nella se-
conda sua armonia , cioè qualunque volta si fa sentire la 6ª eccedente :
e chiunque ammette codesto intervallo, non può in verun modo, senza
contraddirsi, negare l'uso della 3ª diminuita; e per conseguenza la 5"
minore, di cui qui si parla. Nondimeno tanto viene in acconcio, che
la vedo felicemente praticata da celebri compositori per solo senti-
mento, e scortati dal cembalo : la verità in ogni modo si apre il varco.

101
Nasce la 3 diminuita nel modo minore, precisamente dall'altera-
zione della 4 corda della scala; e nel Secondo Libro si porrà in chiaro
l'origine d'una tal alterazione, ove si tratterà delle varie scale musicali .

ARTICOLO IV .

Finalmente per esaurire ciò che spetta al presente Capitolo, sog-


giungo che (all'opposto della mentovata 5 " ) un'altra pure ve n'è, com-
posta di 3* maggiore nel grave, ed una diminuita nell'acuto; come a dire:

E. G. Bb .

Nell'uso però richiedesi un particolare artificio : e però deve riser-


varsi quest'intervallo al caso, ove per qualche particolare espressione ven-
ga in acconcio.
Non può aver luogo una tale 5 " , se non nella 5ª corda del modo
minore, preceduta però dalla 2" corda diminuita dal bemolle. Ma poi
come possa cotesta corda segnata col bemolle introdursi nel modo na-
turale, è questione non agevole da risolversi; imperciocchè lungo e fino
ragionamento richiede : quindi riservato al Secondo Libro, dove si par-
lerà dell'origine del modo minore.
Basterà dunque per ora riflettere, che (comunque al modo natu-
rale possa questa corda adattarsi) con frequenza nondimeno vedesi quasi
per istinto da chiunque praticata .

102
CAPITOLO XXVIII .

Della quinta eccedente

Siccome è certo certissimo che la quinta minore diatonica ha luo-


go ugualmente nei due modi maggiore, e minore; così non v'è dubbio
che la 5 eccedente nel modo minore solamente ha luogo del pari che
ogni altro intervallo eccedente o diminuito : essendo questi, niuno ec-
cettuato, intervalli cromatici.
Geometrica è negli estremi 16 a 25 , e divisa dal suo mezzo 20 , si
risolve in due esatte 3° maggiori, cioè

16 . 20 . 25 .
F. A. C#.

Nondimeno superato o trascurato l'ostacolo, viene anch'essa (la 5ª


eccedente) in uso qual consonanza nell'armonia , solamente perchè rap-
presente, al caso , la vera 5 " , occupandone il luogo, come della 5 " mi-
nore si è già detto .
Nella 3ª corda però del modo minore precisamente, e non in al-
tre, può aver luogo cotesto intervallo; e dalla sola alterazione della 7ª
corda G# prende la sua origine .
Poichè dunque tanto la 5" minore, quanto l'eccedente occupano
rispettivamente il luogo della giusta e vera 5ª , ne segue che ambedue
sono nel rispettivo accordo parti integrali dell'armonia ; non già acci-
dentali, ed aggiunte, come lo sono tutte le vere dissonanze.
A gran ragione pertanto l'una, e l'altra come consonanze si trattano.
E' composta la 5" eccedente di due toni , l'uno maggiore , l'al-
tro minore, un semitono diatonico, ed un triemitono nella ragione di

103
64 a 75 cioè prossimamente di ¹/ ad ¹ /7 ; imperocchè la differenza sta
da 224 a 225 .
Il complemento della 5ª eccedente è la 4ª diminuita , che trovasi
composta di due semitoni diatonici separati da un tono maggiore, come
qui appresso si vede.

Quinta eccedente
C. D. E. F G A B C.
8/9 9/10 15/16 64/75 15/16 8/9 15/16
Quarta diminuita
60/90

15 64 15
16 75 188

Esempio 90

104
CAPITOLO XXIX.

Della sesta eccedente

Dopo aver trattato di tutti gl'intervalli consonanti da cui risultano


gli accordi consonanti a rigore, ho creduto di non poter dispensarmi dal
ragionare pur anche delle due 5º dissonanti , quali sono la minore, e l'ec-
cedente; imperciocchè l'una e l'altra formano tali accordi, che occu-
pando la sede dei consonanti , in guisa tale li rappresentano , che come
consonanti si offrono all'uso, che liberamente, e felicemente tutto di
se ne va facendo.

Delle 5 minori una è quella ( Cap . XXVII , Art. III ) che forma
l'accordo D. F. A. Ora si vuol far riflettere ai giovani com-
positori, che dato un tal accordo , ne viene per ordine nella 2ª armonia
quello di F. A. D‡ , i cui estremi sono appunto nell'intervallo di 6ª
eccedente. Nella 3" armonia poi , ( che si spiega in A. D. F ) scor-
gesi la 6 minore composta di 4ª maggiore, e 3ª diminuita . Nè altro
qui ci occorre di soggiungere, riservandoci al Cap . 15° del Secondo Li-
bro il di più che deve dirsene, trattando dell'uso che può farsene nella
pratica.

105
CAPITOLO XXX.

Cosa s'intenda per dissonanza, e quale sia

Alle consonanze per ragione d'ordine le dissonanze succedono : co-


sa nota in genere anche agli antichi, come vedesi in Tolomeo ( 1 ) .
Infatti gl'impari dissonanti 7.9 . 11. 13. 15. sono preceduti dai con-
sonanti 1.3.5 e tutti in serie vengono prodotti dall'ordinata e re-
golare divisione della corda sonora.
Nasce la dissonanza dall'ingrata sensazione, che cagiona il con-
trasto di due suoni , che insieme non possono mescolarsi . Non altrimenti
perciò la definiscono Euclide (2) , e Boezio ( 3) .
Cotesti suoni dissonanti devono però essere concinni , cioè idonei
al canto; quindi soggiunge tosto lo stesso Euclide (4) che tali suoni non
altri esser devono che le differenze delle stesse consonanze; la qual cosa
non altrimenti poter essere si vedrà, allorchè si dovrà trattare dell'ori-
gine della scala diatonica, e delle leggi particolari delle dissonanze.
Soggiungo finalmente, che dissonanza, e discordanza (termini si-
nonimi quanto alla sostanza) dovranno quanto all'uso intendersi in senso
diverso, come opportunamente sarà spiegato nel Libro Terzo.

(1) Oportet autem ubique antecedere, atque antea supponi unisona consonis, et con-
sona concinnis. Harm. Lib . 2 , cap. 9.
(2) Dissonantia est in duobus sonis mixtionis fuga, qui cum misceri recusent, aspe-
ritate quadam aures laedunt. Harm . Introd. pag. 8.
(3) Voces dissonae sunt quae simul pulsae non reddunt suavem, neque permixtum
sonum . Mus. Lib. 4.
(4) Adeoque ex tonis eos oportet prius sumere, qui sunt consoni; deinde eos, qui
illorum inter se excessu inveniuntur . Harm. Introd . pag. 8.

106
CAPITOLO XXXI .

Del principio, e cagione delle dissonanze

Epilogando tutto ciò, che si è detto del principio e cagione delle


consonanze, cioè 1º) che solamente i suoni in proporzione armonica
corrispondenti ad 1. ' / . / della corda sonora sono fra di loro con-
sonanti, e col mezzo delle replicazioni formano l'intero accordo e com-
plesso consonante; 2°) che perciò sono cotesti suoni fra di loro conso-
nanti, atteso che i residui sono con essi in progressione dupla-continua
cioè 1/2 ad 1/2 ; 2/3 ad ¹ /3 ; 5 ad ¹ /5 ; 3º) che sebbene di / il resi-
duo / veggasi nella stessa progressione con 1 /2.2/3.4/ 5 . nondimeno
dalla serie delle consonanze rimane escluso in virtù e forza della pro-
porzione geometrica, 1.1/3.1/9 ; 4° ) che cotesti suoni, componenti
colle loro replicazioni diversi registri dell'organo, si abbracciano, e s'uni-
scono in un suono solo ; 5" ) che nell'intero complesso consonante si rac-
chiude la semplice, la piana, e la solida armonia ; 6º) che nella qua-
drupla armonica si compisce la progressione consonante , imperocchè
1/3 è mezzo armonico della quintupla, e della dupla; ed ¹ / è mezzo
armonico della quadrupla, e della sesquialtera.
Tutto ciò premesso e presupposto , poichè si restringono in origine
i suoni consonanti in quelli tre solamente, che corrispondono ad 1.1/3 .
1. della corda sonora , gl'impari che seguono cioè ' /././11 .
1 /13. /15 . ecc. rendono suoni per necessaria conseguenza dissonanti,
e fra questi vari anche inconcinni, che perciò infatti non hanno luogo
nella nostra moderna scala. Tali sono /./11.1/13 : della qual cosa
si recherà in appresso chiara ed evidente la ragione.
Venendo dunque al punto della vera cagione delle dissonanze, di-
co e sostengo essere opera questa precisamente della proporzione geo-

107
metrica, formata però dai soli tre consonanti ed armonici numeri
1.1/3.1/5 . essendo cosa certa, che dovunque è proporzione geome-
trica ivi è dissonanza , e dovunque è dissonanza ivi scorgesi a mano
sicura la proporzione geometrica .
Infatti quattro solamente sono i suoni consonanti, che corrispon-
dono ad 1.3.1/5 . tanto nella scala nostra diatonica, quanto in
quella della serie armonica prodotta dalla divisione della corda sonora
in /8.1/9./10./11 . 1/12. /13. /14. /15. /16 .
Fra questi adunque sono dissonanti 1 /9. /13. /14 . 1/15 ; dei quali
però (cosa rimarcabile) due solamente hanno luogo nella scala nostra,
è nella moderna musica, cioè / ed 1/15 , che scorgonsi geometrici, e
prodotti da 1 /3.1/5 . ciò che si fa manifesto nella proporzione continua
di 1.1/3.9 ; come pure nella discreta 1 : 1/3 :: 1/5 1/15 .
Seguendo pertanto questa traccia si dirà = 1.1/3.9.1 /27;
quindi 1 : 1/5 : : ¹ /9 : 1/45 . e si avranno in tal modo i quattro suoni
dissonanti 1/9. /15. /27.1/45 . che uniti ai tre primi consonanti
1.1/3.1 /5 . compongono l'intera scala . Quale poi delle sette scale di
lettura e specie diversa ne risulti, lo vedremo nel Libro II, e dove si
tratterà dell'adattazione delle gregoriane o musicali lettere alla serie
armonica.
Quanto all'esclusiva dei tre suoni provenienti da ¹/7 . 1/11 . ¹/13 .
di cui abbiamo promesso di parlare, chiara ed evidente se ne manifesta
la cagione, tosto che si rifletta, che non son essi geometrici, nè sono
prodotti da 1.1/3.1/5 . condizioni e qualità ambedue inseparabili dai
numeri e suoni dissonanti . Privi adunque dei necessari mentovati re-
quisiti, di cui sono incapaci , avvengachè numeri primi; quindi ne se-
gue, che quali inconcinni ed inetti al canto rimangono esclusi , non che
dall'armonia, anche dalla melodia .
Ne avvalora inoltre l'esclusiva, l'essere cotesti suoni 1 /7.1/11 .
1/13 . i mezzi armonici delle tre consonanze secondarie , quali sono la
quarta (compimento della quinta ) 1/6.1/7.1 /8 ; la terza minore (com-
pimento della sesta maggiore) 1 /10. /11.1/12 ; e la sesta minore (com-
pimento della terza maggiore) /10.113 . 1/16 . Non pertanto debbono
essi onninamente rigettarsi , avvengachè per analogia ed approssimazio-
ne possono non di rado venir in uso.
Stabilito adunque il principio e cagione delle dissonanze nella pro-
porzione geometrica solamente dai consonanti numeri 1.1/3.1/5 ; si
avverte inoltre, che non solo dalla proporzione geometrica formale e
rigorosa, o continua, o discreta nascono le dissonanze, ma inoltre dalla
derivata per dupla progressione, come fu accennato nel Cap . X, ed
ugualmente da intervalli geometrici per replicazione, e per approssima-
zione; insomma da qualunque intervallo di natura geometrica.

108
Alcuno già scrisse , che nascono le dissonanze dall'introduzione di
due simili intervalli nello stesso accordo consonante, e nulla più; ed io
soggiungo, che data una parte estranea aggiunta alle integrali , ed essen-
ziali dell'accordo consonante, trovansi in tal caso uniti insieme nel da-
to intervallo il mezzo armonico , e l'aritmetico, che fra di loro sono geo-
metrici, e perciò ne risulta la dissonanza.
Altri senza ulteriore esame sopra la natura, l'origine, e la cagione
delle dissonanze , in poche parole si spediscono, dicendo, che dove so-
no due voci contigue, ivi è dissonanza , e viceversa. Questa è verità
di fatto, soggiungo io, e non possono essere contigue se non per tono,
o semitono, poichè tre solamente sono i gradi diatonici, cioè tono
maggiore / ; tono minore 9/10 ; e semitono 15/16 . Ma questi stessi in
proporzione geometrica si risolvono; dunque per ogni conto nella pro-
porzione geometrica devesi ravvisare, e riconoscere l'origine delle dis-
sonanze.
Per qual modo poi in proporzione geometrica si risolvano i gradi
diatonici, col mezzo d'un esempio si farà chiaro, e manifesto . Dato v.
gr. il tono maggiore 8/9 ; si dividano tanto l'antecedente che il conse-
guente della data ragione per gli ultimi suoi divisori . Sarà dunque
8 = 2X4 ; e 9 = 3 × 3 . Formata quindi la ragione 2/3 dal primo
divisore dell'8 ; e dal secondo del 9 ; quindi l'altra ³/+ dal primo di-
visore del 9 , e dal secondo dell'8 ; dico che sommate, e sottratte fra di
loro coteste due ragioni, ne risulta la proporzione geometrica, come qui
2 X4
appresso. Ragione data / divisori Ragioni da essi formate
3X3
3X 3
2/3 ; 3/4 . Somma e sottrazione, onde risulta la proporzione geometrica
689 : 12 ; dunque il tono maggiore si risolve in proporzione geo-
metrica.
3X3
Così dato il tono minore " /10 , sono i suoi divisori le
2 X 5
ragioni da essi formate 3/5.2/3 , che sommate e sottratte danno la pro-
porzione geometrica 6 : 9 : 10 : 15 .
Finalmente dato il diatonico semitono 15/16 , sono i suoi divisori
3X5
le ragioni da essi formate 3 /4.1/5 , che sommate, e sottratte
4X4
danno la geometrica proporzione 12 15 16 20 .
Dalle tre riportate geometriche proporzioni prendono l'origine tut-
te le dissonanze, o immediatamente, o mediatamente : esattamente, o
per replicazione o divisione, o per approssimazione, ecc. attesochè in
qualunque modo sieno espresse, l'originaria loro indole geometrica sem-
pre ritengono, e trattando in appresso di ciascheduna dissonanza in par-
ticolare vie più manifesto si renderà quanto sin qui s'è detto .

109
CAPITOLO XXXII.

Quante e quali sieno le dissonanze

Fissate nelle otto yoci della scala diatonica la 1ª , 3ª , 5ª e 8ª, che


formano l'intero accordo consonante, ne rimangono escluse la 2ª , 4ª, 6a 6ª
e 7ª, attesochè ciascuna di queste voci dissuona con l'intero accordo con-
sonante. Nondimeno la 6ª fra le consonanze suole annoverarsi assolu-
tamente, e senza distinzione ; la 4ª poi or sì, or no : in somma la teoria
delle dissonanze nel più gran buio giace involta.
Lasciati pertanto in disparte i pregiudizi degl'incolti professori ,
dico che in genere quattro sono le dissonanze , cioè 7ª , 9ª , 11ª e 13ª ,
che poscia in maggiori, e minori si suddividono, giusta la natura e pro-
prietà degl'intervalli diatonici .
Non si annovera fra le dissonanze la 2ª , attesochè dovunque, ed
in qualunque modo abbia luogo nell'armonia, sempre è consonan-
te : nè altrimenti può essere , nascendo la 2ª costantemente dal riversa-
mento di alcuna dissonanza, e scorgesi in tal caso essere di fatto o la
base , o la 3ª , o la 5ª dell'accordo consonante; la qual cosa nel Lib . III
si manifesterà ad evidenza.
E' poi comune opinione, che la 9 " , l'11 " , e la 13ª sieno mere re-
plicazioni della 2ª , 4ª e 6ª ; ciò ch'è verissimo nella melodia, ma non
già nell'armonia, in cui non hanno luogo nè la 2ª , nè la 4ª, nè la 6ª.
Infatti si vuole dissonanza la 2ª , ed anche la 9ª; ma donde avviene poi,
che si soggetti la 9ª alle leggi delle dissonanze, e la 2ª ne vada esente?
Non sono dunque la stessa cosa, nè una dell'altra mera replicazione .
Lo stesso rispettivamente accade dell'11 " e della 4ª , della 13ª e della 6" ;
e per poco che vi si rifletta , tosto si rileva, che la 4ª (oltre l'esser voce
di pura melodia nell'8" o scala grave) non può essere in modo alcuno

110
dissonanza armonica, poichè non può aver parte nelle tre armonie del-
l'accordo consonante : essendo manifesto, che siccome la 4ª diviene 2"
nella seconda armonia , così nella terza armonia diventa zero . Quanto
alla 6ª (voce melodica al pari della 4 " ) può aver bensì parte nelle tre
armonie; ma introduce in ognuna di esse equivoche segnature, come
che appartenenti alla 7ª nelle armonie 2ª e 3ª , e nel suo riversamento :
ma ciò sia detto ex abundanti, giacchè la 6ª corda fra le dissonanti non
si annovera dai pratici, ma bensì fra le consonanti .
Le quattro dissonanze sono dunque la 7ª , la 9ª , l'11 " , e la 13ª ,
e di ciascuna in particolare ben tosto favelleremo.
Avanti però di dar fine al presente Cap . sembrami necessario di
esaminare il sistema delle dissonanze di M.r Rameau (autore per altro
e rispettabile, e benemerito) rilevandone gl'importanti difetti , acciò l'ine-
sperta gioventù abbagliata dalla fama, e dagli elogi dei suoi nazionali ,
non lo abbracci ad occhi chiusi.

Sostiene dunque M.r Rameau, che una sola dissonanza v'è nella
musica, cioè la 7ª minore, e che ad essa si riducono e la 9ª e l'11 " , sup-
ponendo il basso fondamentale una 3ª , o una 5ª sopra il basso continuo ,
da esso poi chiamato basso per supposizione, e suoni aggiunti, atteso che
nel suo sistema le dissonanze , tutte quante sono, devono stare nei can-
celli dell'8" , la 13" gli fu incognita , e perciò non ne fa parola. Dice
che le due mentovate dissonanze sono mere sospensioni delle vicine
consonanze, in cui si risolvono , dice che trovandosi il basso fondamen-
tale sopra il basso continuo nel caso della 9ª , o 11ª , o altre dissonanze
di suo conio , devonsi ommettere or questi, ed ora quegli altri suoni .
Dice che siccome dalla 3ª minore derivano le dissonanze minori , così le
maggiori derivano dalla 3ª maggiore. Dice... ( 1 ) e che non dice par-
lando delle dissonanze!? Per verità tante cose dice fuor di proposito, e
senza ragione, che nè di maggiore, nè di uguale stravaganza potrebbe
chiunque immaginarsene .
1º. Confessa egli stesso , che oltre il basso fondamentale unito con
la 3ª, 5ª e 8", tutti gli altri suoni contenuti negli estremi d'una 8ª sono
dissonanti; dunque , dico io , confessa che quattro sono le dissonanze :
nè v'entrano qui supposizioni, sospensioni , o interdetti .
2º. La 7 ha tanti e poi tanti privilegi , che ad essa solamente ap-
partengono : e più assai la minore, che la maggiore . Se dunque la 9ª,
e l'11 " non godono le stesse prerogative (ed è verità di fatto) come mai
possono essere la stessa 7ª ! Nondimeno lo sostiene M.r Rameau, ad essa
riducendole mediante una sua macchina, che contro dovere, ragione, e

(1 ) RAMEAU, Trattato dell'Armonia. Lib. I, cap. VI e XI .

- 111
natura innalza il basso fondamentale ora di una 3ª , ed ora di una 5ª .
3º. Sostiene, che la 9ª così deve chiamarsi, e non 2ª e dice be-
nissimo : che l'11ª deve chiamarsi 11ª , e non 4ª , ed ha ragione. Ma co-
me vuol egli poi, che queste non sieno altro che la 7ª , unica dissonanza
della musica? La sola distanza certamente determina qualunque inter-
vallo, e lo denomina ; e per tal modo la 9ª , e l'11 " non possono essere
la 7ª , poichè questa contiene sette voci, la 9ª nove, la 11ª undici; son
esse dunque tre dissonanze fra loro diverse, e per natura distinte, così
che in ogni aspetto, e ad onta di qualunque artificio conservano sem-
pre l'originaria loro indole.
4º. Non può negarsi, che tutte le dissonanze in alcuno dei vari
suoi aspetti si riducono a 7ª , attesochè di fatto ciascuna di esse in simile
intervallo scorgesi collocata con alcuna parte integrale dell'accordo con-
sonante o sua replicazione. Ma oltre di che in riguardo solamente agli
apparenti intervalli ciò si verifica, devesi avvertire, che le dissonanze
prendono costantemente il nome dalla base, cioè dal fondamento della
1ª armonia, non già dalla 2ª o dalla 3ª . M.r Rameau , egli che perpe-
tuamente insiste sopra l'unità di un principio, infelicemente, e per fa-

talità abbandona poi questa santa massima, allorchè tratta delle disso-
nanze . Non però così ragionerebbe, se avesse ben concepita la natura
delle dissonanze relativamente all'armonia , ed al contrappunto , in cui
han luogo soltanto come parti accidentali artificiosamente aggiunte alle
parti dell'accordo consonante . E siccome di questo, in qualunque aspet-
to sia, riconosce un solo basso fondamentale, cioè una sola base, avreb-
be del pari inteso, che alla medesima le dissonanze sono appoggiate, e
da quella pur anche prendono la loro denominazione.
5º. Vuole M.r Rameau, che alla 7" tutte le dissonanze si riducano ,
col riflesso che nei cancelli dell'8 ", come voce primitiva, essa solamente
(la 7") è contenuta, mentre qualunque voce sopra l'8ª è una pura re-
plicazione. Ma quindi si rileva essersi egli dimenticato la differenza che
passa fra l'armonia e la melodia . Infatti la 9" e. gr . considerata nella
melodia è una replicazione della 2ª , e come tale conserva l'originaria sua
natura . E siccome v'è la 2ª minore, la maggiore , e l'eccedente, così pu-
re è della 9ª nella melodia . Che se prendasi a considerare nell'armonia ,
non è più quella stessa , e cambia natura .
Concede infatti M.r Rameau, che la 9ª è obbligata a preparazione ,
legatura, e risoluzione. Ma come mai potrà egli far uso della 9ª ecce-
dente, che non ha luogo nell'armonia, e per natura sua ripugna alla ri-
soluzione ? Tenterebbe egli forse a questo passo di ricorrere alla risolu-
zione, ch'egli asserisce dovuta a tutte le dissonanze maggiori, ascenden-
do invece di degradare ? Ma un nuovo inciampo è questo, che seco
attrae l'infelice idea di quelle sue dissonanze , che ascendendo risolve,

112
come a dire il suo tritono, ed altre di simile conio. Di queste però si
parlerà nel Lib . III , ove collocate vedrannosi nel vero loro lume; e ba-
sti per ora aver rilevato, che laddove delle 7º ne sono tre differenti , non
meno nella melodia che nell'armonia; delle 9e tre bensì ne sono nella
melodia, ma due solamente nell'armonia ; e di ciò la chiara conseguen-
za si è, che la 9º non è la 7ª, nè da questa deriva. Nella 7ª dunque non
si rifondono tutte le dissonanze, ma bensì oltre la 7" altre tre ve ne so-
no da questa diverse e distinte , cioè la 9ª , l'11 " e la 13"; e di ciasche-
duna ordinatamente imprenderemo tosto a ragionare, onde in chiaro
lume si ponga questa verità, che non una sola, bensì quattro sono in
genere le dissonanze.

- 113
8 · Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO XXXIII.

Della settima

Di tutte le dissonanze, in uso presso i musici , la 7ª è la prima


che si affaccia, per essere la più frequentata . E poichè si è detto, che
la dissonanza trae l'origine dalla proporzione geometrica, o continua
o discreta, ecc. colla maggior chiarezza perciò si tenterà di farlo palese .
Tre sono, e non più , le settime diatoniche, cioè la maggiore 8/15 ,
e le due minori 5/9 , e " /16 . La maggiore è 7" in origine, e patentemen-
te geometrica, poichè nasce da

1:35:15 ;
F C A E

dico in origine, perchè s'appoggia alla prima armonia , come lo mani-


festano

8. 10. 12. 15 .
FACE

che solamente approssimati non mutano natura ; ond'è che dei preceden-
ti recano i suoni equisoni ristretti soltanto in un accordo di tre 3º, men-
tre nella p . pianta si stendono presso che a quattro ottave . Le sottoposte
lettere musicali dimostrano all'occhio l'enunciata equisonanza .

La settima minore / è pur anche geometrica, poichè deriva dal-


l'unione dei due mezzi l'armonico , e l'aritmetico nella quintupla, cioè
1.5/3.3.5 = 3 : 59 : 15 ; che approssimati e ristretti in un ac-
cordo di tre 3º, sarà

114
10 12 15 : 18 .
ACE G

Si scorge nella 2ª armonia dell'accordo con la 9ª aggiunta, come


si vede nell'esempio del Quarto Capitolo del Libro Terzo. Quella però è
vera 9ª in sostanza ed in fatto; e 7ª poi soltanto in apparenza; quindi è
che non si manifesta all'occhio la proporzione geometrica . Per maggior
chiarezza adunque stendo qui l'intero accordo consonante nella prima
armonia colla giunta della 9ª, cioè

4 5.6.8.9 .
FACF G

Ora è cosa certa, che passando da questa alla 2ª armonia

5 • 6 • 8 • 9 .
ACFG

si scorgono gli estremi nell'intervallo di 7" , ma in realtà sussiste sempre


la stessa 9ª , che 7" apparisce, perchè di una 3ª degradare deve necessa-
riamente l'acuto, allorchè per lo stesso intervallo il grave ascende. La
geometrica proporzione poi costantemente sussiste in forza dell'equi-
sonanza di 4 , e 8 , come nel Cap . XVIII si è accennato : nè di più qui
m'inoltro .
Rimane finalmente da considerarsi la settima minore 9/16 , che
patentemente geometrica si ravvisa nei seguenti termini

9. 12. 16 .
GCF
(forma sua originaria)

E poichè trovasi divisa in due quarte è facile il rilevare, che cote-


sta divisione nasce dal riversamento della 9ª , come si vedrà nel Lib . III .
Nell'uso comune però trovasi la settima 9/16 divisa in tre terze , nel
modo che segue

36. 45. 54. 64 ;


G B D F

e l'accordo si concede dissonante, come lo è di fatto .


Taluno però, non persuaso che dalla proporzione geometrica de-
rivino le dissonanze, tenterebbe di contrastarlo da che non sono

- 115
45. 54. 64 .
::
BED F

ma indarno, atteso che l'intero accordo deriva da

9. 12. 16. ,
GCF

e la differenza di un comma nelle due terze 45.54.64 . non distrug-


ge la proporzione geometrica, che nell'armonia ben diversamente (co-
me già si è detto) dai calcoli puri geometrici deve intendersi, giacchè
feconda in sommo grado, ferisce costantemente l'orecchio, soltanto che
dissonante sia un intervallo nella prima sua origine.
Mentre però la differenza di un comma nelle mentovate due terze
non ha forza di distruggere la dissonanza dell'accordo , serve nondime-
no a rendere la dissonanza stessa meno aspra all'udito; ond'è che quan-
to meno ha di asprezza , tanto meno richiede nell'uso di cautela e di ar-

tifizio : e quindi derivano in gran parte i privilegi che sopra le altre


settime a questa sono concessi , come si vedrà in appresso.

116
CAPITOLO XXXIV.

Della nona

Dopo la 7" , giusta l'ordine delle dissonanze viene la 9ª , delle quali


nel sistema diatonico due sole se ne contano, cioè la maggiore / , e
9
la minore 15/32 . Ve n'è per vero dire, anche un'altra , cioè " /20 ; ma sic-
come degrada questa dalla maggiore suddetta d'un solo comma : e nella
pratica non si cura una sì fatta differenza ( in grazia del temperamen-
to) nei due toni maggiore e minore 9 /9.9/10 ; perciò le due none, che
da questi derivano come maggiori, ed uguali pur esse vengono consi-
derate, ed ambedue alla stessa legge soggette. Quindi di essa " /20 non
occorre di trattare separatamente, ed in particolare .
Della maggiore adunque parlando, dico ch'essa trae la prima sua
origine da

1. 3. 9 .
FCG

che approssimati , e ridotti al preciso intervallo di nona viene espressa da

4 • 6 • 9 . ;
FCG

la proporzione geometrica è patente nei numeri, e suoni originari ugual-


mente che negli approssimati ; dunque dalla geometrica proporzione de-
riva in ogni modo anche la dissonanza di 9ª maggiore .
La nona minore poi soggiace ai più vivi contrasti di quelli, che
nella geometrica proporzione negano l'origine delle dissonanze , atteso

-- 117
che delle due 5º che la compongono, una è maggiore , e l'altra minore .
Così è di fatto. Anzi soggiungo inoltre, che quella tal 5ª minore non è
come dovrebbe essere , in ragione di 25/38 , ma solamente di 45/64 , e per-
ciò mancante dalla sua giusta quantità di un intero comma.
Avvertasi però che per natura sua tale si è la 5ª minore diatonica
che parte integrale ella è del settimo accordo B.D.F.B. rice-
vuto ed usato come consonante in tutte le sue parti , poichè rappresen-
ta la perfetta armonia espressa negli accordi delle precedenti sei corde
dell'ottava, o scala diatonica . Se dunque viene trattata nella pratica co-
me consonanza, e come tale è ricevuta dall'orecchio; qual meraviglia sia,
che unita ad una 5ª esatta porga al sensorio l'effetto di due quinte mag-
giori, e consonanti, cioè il contrasto, e la dissonanza?
Fin qui ho ragionato per deduzione, sufficiente però a persuadere
chiunque rifletta alla natura dei nostri sensi, che veggono talvolta
non vedendo, e odono non udendo .
Ora dunque ad altra via m'appiglio; e poichè la 9ª minore supera
l'ottava di un semitono diatonico, viene in acconcio l'esame della ra-
gione 15/16 .
Ma siccome espressamente in questo Primo Lib. dovrò spiegare ciò
ch'io intendo sotto il nome di analisi di una data ragione, così al presen-
te, per maggiore facilità e brevità insieme, mi restringo riflettendo so-
lamente, che sottratta dalla 4ª la 3ª maggiore, e sommati poi i due an-
tecedenti, e così pure i due conseguenti , ne risultano i numeri

12. 15. 16. 20 .


CEF A

cui corrispondono i suoni indicati dalle sotto notate lettere musicali .


Contrastano senza dubbio fra di loro i suoni

15 . 16 ;
E F

dunque mentre l'uno è consonante , l'altro sarà dissonante, e viceversa;


attesochè essendo fra di loro geometrici l'uno esclude l'altro dall'armonia
8. 10. 12 . 15 .
consonante. Infatti nell'accordo sarà dissonante
F A C E
7ª maggiore dell'accordo F.
12 . 15 .
10. 12. 16 ,
Per l'opposto nell'accordo sarà dissonante
A CE F
o 32 terzadecima minore . Ora è cosa certa, che nella terza armonia

118
dell'accordo di A la mi re, la 13" trovasi nell'intervallo di 9ª minore,
ed è vera dissonanza perchè

15 : 20 24 : 32 ;
E A C F

dunque la 9" minore ( in qualunque modo se ne ripartisca l'intervallo)


è dissonante; atteso che sempre trae l'origine dalla proporzione geome-
trica; cioè dalla 4ª proporzionale di 1.73.1/5 /15 .
Si conferma l'assunto dalla 7" maggiore * /15 divisa in due 4º, delle
quali una certamente è maggiore . Cesserà perciò fra gli estremi la dis-
sonanza? non già; attesochè in origine la 7ª maggiore è geometrica, e
deriva precisamente da 1:35:15 ; come già si è detto nell'an-
tecedente Capitolo .
Se dunque ad onta delle due diverse 4º ritiene la 7ª maggiore l'ori-
ginaria sua natura geometrica, lo stesso diritto accordare si deve pur
anche alla 9ª minore, che dal diatonico semitono 15/16 ugualmente rico-
nosce l'origine.

119
!
CAPITOLO XXXV.

Dell'undecima

Nella melodia l'11 " è una mera replicazione della 4ª : non così
nell'armonia, in cui si ravvisa l'11 " formata da una 4" sopra l'8" cioè
geometricamente da due 4º congiunte; mentre nella melodia da una 4ª
ad una 8 aggiunta semplicemente è formata. L'inavvertenza pertanto
degl'imperiti pratici confondendo la 4" melodica con la 4" armonica ha
suscitata la gran controversia : se la 4ª sia dissonanza, ovvero consonan-
za; questione che in due parole si risolve . Infatti è consonante la 4ª,
che dell'accordo consonante è parte integrale; ed è dissonante quella
ch'è aggiunta ed estranea all'accordo medesimo; attesochè introduce nel-
l'armonia la proporzione geometrica, fonte ed origine di ogni disso-
nanza : ciò che in altri termini già si è detto nel Cap. XX.
Dalla combinazione pertanto di due 4º in uno stesso accordo na-
sce l'11 " ; delle quali però due diverse se ne contano nell'ordine diato-
nico, cioè la minore formata da due 4º minori, e la maggiore formata
da una 4ª maggiore , ed una minore. Dell'11 maggiore parleremo in
secondo luogo; facendogli strada frattanto col trattare di quella, ch'è
più ovvia, e più frequentata .
L'11 " minore nasce, ugualmente che la 9ª maggiore , da

1.3.9 9 . 12 16. ,
ed apertamente si spiega in
FCG GCF

12
perchè essendo 9/12 parte integrale dell'accordo C , l'altra 4ª ¹²/16 è av-
ventizia, ed estranea allo stesso accordo, ed introdottavi precisamente
dalla proporzione geometrica .

120
Qui però sembrami necessario d'avvertire, che la settima 9/16 di-
visa in due 4º fa due figure, ed ha doppio uso, attesochè ci esprime ora
il riversamento della 9" , ed ora l'11 ' nella sua base e prima armonia;
con questa differenza però, che nella 9ª riversata la 4ª grave 9/12 è dis-
sonante, e l'acuta 12/16 è consonante , mentre nella 11ª diretta tutto per
l'opposto addiviene.

16
012

Base

Base
Esempio 100

L'undecima maggiore comunemente si tiene essere quella sola, che


ha la 4 maggiore nell'estremo acuto, cioè sopra l'8 " , e ciò a buona
ragione; poichè qualunque intervallo prende la denominazione dall'acu-
to relativamente alla base . Considerata pertanto l'undecima maggiore
come intervallo così è : nè v'è che ridire. Qui si tratta dell'11 " mag-
giore come dissonanza; e poichè come tale trae l'origine da due quarte
congiunte l'una minore, e l'altra maggiore, dico che qualunque delle
due nell'acuto trovisi disposta , l'11 " è sempre maggiore, poichè in qua-
lunque disposizione conserva sempre gli stessi elementi .
Infatti due sono gli accordi , cui può adattarsi l'11 " maggiore, cioè
quello di F fa ut, e quello di B mi . Nell'accordo di F la 4ª acuta e dis-
sonante insieme, è quella di F a B ; ma nell'accordo di B mi ,

ho 45 120
-32
A
016 46
Esempio 11" Esempio 12

la 4 " acuta e dissonante insieme è quella di B mi , ad E che per


essere 4ª minore forma bensì relativamente alla base, l'11 " minore , ma
come dissonanza , è maggiore in ogni modo l'11 " , qualora prende l'ori-
gine da due 4 , l'una maggiore, e l'altra minore.
Sviluppata abbastanza, per mio credere, la natura dell'11 " mag-
giore, così che non abbiasi a confondere colla minore, passeremo ora
a provare con brevità, ch'ella è una dissonanza proveniente, come tutte
le altre, dalla proporzione geometrica .

121
Or ora si è detto, che la 9" maggiore, e l'11ª minore hanno la
stessa origine in 1.3.9 . Se dunque rispettivamente si corrispondono
la 9ª e l'11ª , senza dubbio uguale corrispondenza debbono fra di loro
avere anche la 9ª minore e l'11 " maggiore, poichè dalla stessa fonte
derivano.
Già si è provato nell'antecedente Cap . , che la 9ª minore nasce da
proporzione geometrica , dunque lo stesso deve dirsi ed a più forte ra-
gione dell'11 maggiore, che nasce da due 4º, l'una maggiore, e l'altra
minore, componenti la 7" maggiore 8/15 dissonanza patentemente geo-
metrica nella sua forma originaria di 1 : 3 :: 5 : 15 . E poichè si è
detto, che gli accordi di F fa ut, e di B mi , sono quelli, cui può adat-
tarsi l'11 " maggiore, per maggior chiarezza ambidue li stendo a tenore
dei due esempi precedenti .

16. 20. 24. 32. 45 .


FAC F B

45. 54. 64. 90. 120 .


BD F Ви E

E per finirla tanto riguardo alla 9ª minore, quanto all'11 mag-

giore; epilogando ciò che si è detto in questo, e nel precedente Cap. ,


dico che la 7° si risolve in tre 3º ugualmente che in due 4º : che nella
7ª maggiore le due 4º sono l'una minore , e l'altra maggiore : che sic-
come il compimento della 9" minore è la 7ª maggiore, così il compi-
mento dell'11 maggiore , è la 9ª minore : che sì fatta corrispondenza in-
dica in ambedue coteste dissonanze una stessa origine, ed è questa la

7ª maggiore , dissonanza patentemente geometrica nella prima sua for-


mazione di 1 : 3 :: 5 : 15 ; le due dissonanze adunque di 9ª mi-
nore, e 11 maggiore sono geometriche, come le altre dissonanze tutte.

122
CAPITOLO XXXVI.

Della terzadecima

Tra tutte le dissonanze questa certamente è la più difficile e sca-


brosa da spiegarsi ai moderni pratici, che per essere loro ignota, nuo-
vamente introdotta nella musica la credono .

Suole riputarsi infatti la 13ª una semplice replicazione della 6ª,


quindi la ripugnanza di annoverarla alle dissonanze . Ma poichè già ne
ha parlato il celebre S.r Tartini nel suo trattato , quindi prendo fiducia,
che quanto sono per dirne non sembrerà del tutto novità, o paradosso.
In due aspetti deve considerarsi la 13ª (come pure si è detto del-
l'11 " ) cioè nella melodia, e nell'armonia .
E' verità patente, che nella melodia, la 13ª è mera , e semplice re-
plicazione della 6 " , ma non così nell'armonia , in cui la 13ª scopresi
essere una 6" estranea con artificio aggiunta alle due 6º, che sono parti
integrali dell'accordo consonante, considerato in tutta la sua estensione :
voglio dire espresso dalle tre armonie insieme . Ond'è che colla 13" s'in-
troducono nello stesso accordo due 6º o maggiori , o minori , mentre una
minore ed una maggiore solamente v'ha luogo, in corrispondenza delle
due terze .

Siccome adunque nel sistema diatonico due sono le 6º , così pure


due sono le dissonanze di 13ª , l'una maggiore, e l'altra minore, delle
quali diversa essendo l'origine , separatamente ne tratteremo : e in pri-
mo luogo della maggiore.

- 123
ARTICOLO I.

Attenendomi per ora a quanto si è detto nel Cap . XXIX, porgo a


riflettere, che sottratta dalla 6ª maggiore la 5ª , e sommati poi i due an-
tecedenti , e i due conseguenti separatamente, ne risulta l'analogia quale
qui si vede:
+
3/5 2/3
6 : 9 :: 10 : 15 .
C G A E

Da cotesta serie di voci si formano due diversi accordi consonanti,


con una dissonanza aggiunta . L'accordo A. C. E. G. ci po
rge
la 7ª minore , di cui si è trattato nel Cap . XXXIII l'altro accordo C. E.
G. A. ci somministra la 13ª maggiore; e descritto in tutta la sua esten-
sione sta così espresso :

6. 9. 12. 15. 20 .
C G CEA

Qui certamente non vi si trovano se non i suoni indicati nella se-


gnata analogia : eccettuatone che la 13ª nel proprio suo luogo è qui
disposta, e veggonsi chiaramente le due 6º maggiori

9 : 15 :: 12 : 20 .
GE CA

Quindi è manifesto, che in ogni e qualunque disposizione ella è


geometrica; dunque dalla proporzione geometrica la 13ª maggiore in-
contrastabilmente deriva.

ARTICOLO II .

Della 13ª minore qualche cosa già si è detto nel Cap. XXXIII .
Ora però che di proposito deve trattarsene dico, ch'ella deriva dall'ana-
lisi del semitono diatonico 15/16 , che corrisponde alla moltiplicazione,
e sottrazione della 3ª maggiore dalla 4" , e sta come segue :

3/4 4/5
12 : 15 :: 16 : 20
CE FA

124
Due accordi consonanti quindi pure si formano con una dissonan-
za aggiunta; ed ommesso l'accordo

8. 10. 12. 15. ,


FACE

da cui abbiamo la 7ª maggiore sviluppata già nel Cap . XXVIII , mentre


rimane l'altro accordo

10. 12. 15. 16. ,


A CE F

che ci
porge la 13ª minore; ed espresso in tutta la sua estensione qui si
descrive :

10. 15. 20. 24. 32 .


A E A CF

Scorgonsi qui pure ad occhi veggenti le due 6 minori

15 : 24 :: 20 : 32 .
E CAF

consonante la prima, dissonante la seconda; così che la dissonanza di


13ª minore dalla geometrica proporzione visibilmente trae la sua origine.
Finisco, avvertendo solamente, che siccome la 3ª è comune alle
due 6º , cioè la maggiore alle maggiori, e la minore alle minori, così
potrebbe dirsi che la 13ª deriva da due 4º disgiunte, e separate da una
3 ' ; la qual cosa allo stesso poi riviene, e sempre sussiste la geometrica
proporzione fonte, ed origine della 13ª ugualmente che delle altre dis-
sonanze tutte.

125
CAPITOLO XXXVII .

Della settima diminuita e della seconda eccedente

Poichè si è trattato degli altri intervalli eccedenti , e diminuiti dopo


i diatonici e consonanti (appunto perchè s'adoperano come parti inte-
grali d'un accordo consonante) rimane ora a trattarsi della 2ª eccedente,
e della 7ª diminuita, affine di esaurire tutte le varie specie delle disso-
nanze .

La ragione dunque della settima diminuita è di 75 a 128 , come


G# a F , il cui complemento è la 2ª eccedente nella ragione di 64
a 75, come F a G# . Cotesta 2ª non è già una 3ª minore, come qual-
cuno dall'apparenza ingannato se crede, ma bensì un triemitono di
due sole voci formato. Presso gli antichi la 3ª minore chiamavasi per
verità semiditono, ed anche triemitono, per distinguerla dalla 3" mag-
giore che chiamavano ditono . Noi però distinguiamo gl'intervalli a te-
nore dei vari gradi d'intonazione, indicati dalle gregoriane lettere.
Osservo per altro che la ragione della nostra 2ª eccedente è analoga

a quella di ¹/6 ad ¹ /7 , attesa la minima differenza di 224 a 225 , che


v'è fra di loro, e la stessa differenza trovasi fra la ragione della 7ª di-
minuita, e quella di ' /7 a ¹ /12 .
Certa cosa è, che la 7ª diminuita , del pari che tutti gli altri in-
tervalli eccedenti, e diminuiti, non ha luogo nel modo maggiore, ma
bensì nel minore, essendo questo diatonico-cromatico. Parlasi qui del
modo minore armoniale con l'esclusiva dei minori ecclesiastici , e corali ,

che per essere puri e pretti diatonici escludono qualunque intervallo


cromatico : ammettendo solamente alcune voci alterate dal # , o dimi-
nuite dal b, come sarà provato nel Libro II.

126
Che l'intervallo di 7 diminuita sia dissonante è verità patentissi-
ma, atteso che la 7ª in genere non ha luogo fra le consonanze, e molto
meno la diminuita, che vedesi formata e composta di una 3 minore
aggiunta ad una 5ª minore , pur essa composta di due simili 3 ° .

127
CAPITOLO XXXVIII .

Della risoluzione delle dissonanze

Le dissonanze sono parti estranee, artificiosamente aggiunte alle


integrali di un dato accordo consonante. L'artificio consiste nella prepa-
razione , legatura, e risoluzione. Dicesi la dissonanza preparata, allorchè
del precedente accordo è parte integrale; legata nell'attuale sua esistenza ,
a fronte dell'intero accordo consonante; e risoluta, allorchè degradan-
do passa di bel nuovo alla consonanza. La risoluzione adunque non è

altro in sostanza, che un passaggio della dissonanza che degrada alla


prossima consonanza . Ora ciò posto come verità costante, si cerca se di
assoluta necessità debbasi la dissonanza sempre degradando risolvere,
mentre può cessare la dissonanza stando il suono immobile , ovvero an-
che ascendendo. Saggio però in sommo grado è il comune precetto, che
degradando debbasi la dissonanza risolvere : nè più oltre infatti devesi
progredire coi giovani scolari, ai quali non conviene dar carico maggiore
delle ancora deboli loro forze.

Nondimeno ragionando coi più provetti dico , che mentre il degra-


dare delle dissonanze fu avvedutamente prescritto, affine di arricchire
l'armonia; perchè coperte come lo sono la 7ª dall'8 " , la 9ª dalla 10 " ,
l'11 dalla 12" ; se ascendendo risolvessero, anderebbono ad unirsi alla
già esistente superior consonanza con evidente discapito dell'armonia .
Per altro la mentovata generale legge non vieta, che per cambio
subentrando l'una all'altra parte nella dissonanza, quella discendendo
risolva, e questa ascenda : ciò che non di rado suole praticarsi dagli eser-
citati compositori .
Anche per un semitono ascendente può risolversi alcuna disso-
nanza con ottimo effetto , cioè la 7ª minore " /16 della quinta corda del

128
modo, come si vedrà nei seguenti Libri. Discendendo anche per salto,
può risolversi una dissonanza con ugual buon effetto, come felicemente
è riuscito a Gio. Paolo Colonna nella Sequenza de' Morti. Inoltre se
la dissonanza in due diverse parti sia nel tempo stesso artificiosamente
introdotta; mentre per risolvere l'una discende, l'altra deve senza dub
bio ascendere : ed ambedue in diverso modo la stessa dissonanza risol-
vono. Che poi stando immobile il suono dissonante possa trasformarsi
in consonante, è facile cosa da provarsi ; e la sola pratica di certo trito
passo usato dai rinomati compositori ne avvalora il comune consenso .
Mentre adunque si concede ed approva, essere delle dissonanze la
migliore risoluzione, quella che si fa degradando , si manifestano nel
tempo stesso gli artificiosi vari modi, con cui all'uopo le dissonanze in
altra guisa possono risolversi ; ed i rispettivi esempi ne saranno recati
nel Lib. III.

129
9. Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO XXXIX .

Del riversamento delle dissonanze

Qualunque trasposizione facciasi nei termini di una data ragione,


suol chiamarsi riversamento : più per abuso però, che per ragione. Si
dà riversamento, ed anche compimento di ragioni : due termini che
in vero sembrano sinonimi, ma non lo sono.
L'effetto in apparenza, per dir il vero, è lo stesso , ma in sostanza
bene spesso l'ordine è retrogrado ed abusivo. I compimenti far si de-

vono sempre ascendendo, ed appartengono particolarmente alle prima-


rie, e principali consonanze, il cui termine grave replicato nell'8ª acuta
ne forma il compimento. Così data la quinta 2/3 , ne sarà il com-
3
pimento ³/4 . E della 6ª maggiore 3/5 , il compimento 5/6 . Come pure
della 3ª maggiore * /5 , n'è il compimento 5/8 .
I riversamenti per l'opposto si fanno sempre discendendo , ed ap-
partengono in certo modo alle consonanze secondarie. Così data la
quarta ³/4 , si riprodurrà per riversamento la quinta 2/3 . E dalla 3ª
minore 5/6 , la 6ª maggiore 3/5 . Come pure dalla 6ª minore 5/8 , la
3ª maggiore * /5 . Nè altrimenti deve farsi , mentre in tal guisa operan-
do, tutte le ragioni consonanti rimangono nei loro termini e numeri
primi, e radicali.

Spiegata la natura dei compimenti, e dei riversamenti delle rispet-


tive ragioni consonanti, debbo avvertire i miei giovani lettori, che les
accords renversez sono sogni e visioni. Gli accordi consonanti forma-
no infatti tre diverse armonie, col mezzo della divisione che se ne fa,
ascendendo dalla base alla prima parte di mezzo; e da questa alla se-
conda parte; cioè dalla base alla terza, e da questa alla quinta : ciò che
sarà spiegato nel Terzo Libro.

130
Le corrispondenze dei riversamenti delle consonanze sono abba-
stanza noti . Ora nei pretesi riversamenti dell'accordo consonante si
ascende dalla base alla 3ª , e poi da questa alla 5ª . E' cosa certa però,
che passando dalla prima alla seconda armonia nel primo riversamen-
to, si trasforma la 5 in 3ª , e l'8" in 6ª , contro il sistema dei riversa-
menti . Così pure passando dalla 2ª alla 3ª armonia , nel secondo ri-
versamento l'8 " diviene 4" , e la 10" si fa 6ª contro l'ordine, la conven-
zione, e la ragione.
Vedasi l'esempio :

12 10 8

10 8 6
853

6 4 Questi sono i nu-


meri del basso con-
3 1
tinuo.
1 terza armonia

1 seconda armonia

I riversamenti non si fanno dunque ascendendo, come già si è


detto; e ripugna infatti alla retta, e giusta idea, che lo stesso termine
ci somministra .
Dopo queste premesse vengo al punto di cui si tratta, e dico che
alle dissonanze (per natura collocate nell'acuto) in specialità , ed in pro-
prietà appartiene il riversamento; e qui si vuole svelare quale aspetto
prenda l'accordo consonante in ciascuna di esse.
M.r Rameau esclude dal riversamento tutte le dissonanze , eccet-
tuatane soltanto la 7" , perchè (dic'egli ) questa sola è contenuta fra gli
estremi dell'ottava . Ma troppo qui vi sarebbe da ridire. Sa ben egli il
celebre autore, che l'8ª melodica composta di otto voci , è preceduta
dall'8 armonica composta di sole consonanze, in cui per niun conto
ha luogo la 7. Dice egli stesso ( 1 ) , che nell'armonia la seconda corda
della scala deve chiamarsi nona, e la quarta corda undecima : dunque
la 7 corda deve intendersi , e chiamarsi quartadecima, non già 7" ,
come per certa connivenza suol chiamarsi, prevalendo l'abuso invalso
già di lunga mano .
Ora trattando noi qui dei riversamenti delle dissonanze li descri-
veremo per maggiore chiarezza in forma di compimenti, usando però
non i numeri del basso continuo, ma bensì quelli dedotti dalla divi-

(1) Trattato dell'Armonia, Lib. I, cap. VI e VIII; Lib. II, cap. XI.

- 131
sione della corda sonora ; onde si scorga all'occhio la proporzione geo-
metrica, inseparabile e costitutiva delle dissonanze.

ARTICOLO I.

Sia dunque prima di tutte la 9" , formata da due 5º; il cui compi-
mento n'esprime in due 4 il riversamento.

9a diretta
4 6 9 12 16
F. C. G. C. F.
riversata

8.
LL

L'8 posto sotto al 9 segna la risoluzione della nona tanto diretta,

quanto riversata; ma poichè diretta trovasi collocata sopra l'8ª , dunque


riversandola deve collocarsi sopra la base, che poscia colla risoluzione
tosto raggiunge .
In questo riversamento compiuto l'accordo consonante colla giunta
10 , 10. 12. 16 .
della 3" l'aspetto delle consonanze
A A C F

ci viene rappresentato negl'intervalli di 2ª 4ª 7ª , come bene scorgesi


dalle gregoriane lettere A. C. F. , essendo G. il suono grave. E
7
però la segnatura 4 nel basso continuo mentre ci rappresenta in pere-
2

grino aspetto l'accordo consonante, diviene al tempo stesso la caratteri-


stica della 9ª riversata .

ARTICOLO II .

Passo quindi all'undecima formata da due 4º; il cui compimento


n'esprime in due 5º il riversamento. Si avverta però, che delle due quar-
te la seconda è dissonante, laddove la prima è consonante : questa dun-
que suppone la 5ª grave, e perciò la base dell'armonia è C sol fa ut,
non Ġ sol re ut , come taluno potrebbe credere . Sia dunque

132
11ª diretta
9. 12 . 16 . 24 . 36 .
G. C. F. C. G.
riversata

15 .
E

Qui pure il 15 che sta sotto il 16 segna la risoluzione dell'11 "


tanto diretta, quanto riversata. E siccome diretta trovasi collocata sopra
la 10ª , così nel riversarla devesi collocare sopra la 3ª , che tosto poi rag-
giunge colla risoluzione . In questo riversamento le consonanze appros-
simate ci si rappresentano negl'intervalli di 2ª 5ª 7ª , ciò che si ravvisa
nelle gregoriane lettere G.C.E. , essendo F il suono grave. Che
7
però la segnatura 5 nel basso continuo mentre ci rappresenta in nuovo
2
aspetto l'accordo consonante, si manifesta come caratteristica dell'un-
decima riversata .

ARTICOLO III.

Dopo l'11 " segue la 13ª formata da due 6° simili intralciate da


una terza comune ad ambedue; ovvero da due tetracordi disgiunti, cioè
due quarte separate da una 3ª comune : ciò che riviene allo stesso . Se
dunque la 3è maggiore, sarà pur anco maggiore la 13ª , che a vicen-
da sarà minore, se minore è la 3" . Cominciamo dalla maggiore.

13ª maggiore diretta


9. 12 . 15 . 20 . 24. 30 . 36 .
G C E A CE G
riversata

18 .
G

Qui pure la prima 4ª G. C. è consonante, come pure la 6ª G. E ;


l'altra 4 E. A. , colla 6 C. A. sono dissonanti , perchè estranee al
principale accordo, ch'è di C sol fa ut. Il numero 18 che vedesi sotto

- 133
il 20 segna la risoluzione della 13ª , tanto diretta , che riversata. E sic-
come diretta trovasi di sua natura collocata sopra la 12 , così nel ri-
versamento resta collocata sopra la 5ª , che tosto raggiunge colla riso-
luzione . Passando quindi alla 13 " minore . Eccone la pianta :

13a minore diretta


15 . 20. 24. 32 . 40. 48. 60 .
EAC F A C E
riversata

30
E

La spiegazione data or ora della 13ª maggiore serve a puntino an-


che per la minore, poichè scorgonsi consonanti la prima 4ª E. A. , e

la 6ª E. C. , mentre estranee a questo principale accordo di A la mi re,


sono la 4 C. F. , e la 6 A. F. , e perciò dissonanti. Il 30 che poi
E

vedesi sotto il 32 , segna la risoluzione ecc. Ma poichè la 13ª diretta


F
sta collocata di sua natura sopra la 12" , così nel riversamento trovasi
7
disposta sopra la 5ª , e la segnatura di 5 sopra il basso continuo, mentre
3
indica l'accordo consonante in aspetto straniero, serve per caratteristica
del riversamento della 13".
Se poi a taluno per avventura sembrasse equivoca la descritta se-
gnatura, come indicante a primo aspetto un accordo consonante colla
giunta della 7" , osservi ed avverta , che ne toglie ogni equivoco la le-
gatura, che delle dissonanze soltanto è propria, non già delle conso-
nanze. Se inoltre eccita meraviglia : questa cessi al riflesso, che la 13ª
riversata ci dà la 7ª diretta; ciò che tosto si farà manifesto nel seguente

ARTICOLO IV .

Dopo la 13ª segue la 14ª , che per uso inveterato e comune si


chiama 7" . Nondimeno è verità patente, che nel primitivo accordo
consonante
8 .
4.5.6.8
FACF

134
non ha luogo nè la settima maggiore /15 , nè la minore 9/16 , e nè pure
l'altra minore "/9 , che in questi suoi numeri primi patentemente si
scorge d'essere una 9ª nella seconda armonia del primitivo accordo con-
sonante; e non ha luogo come vera 7" , se non da 10 a 18 , poichè in
questi termini, non prima può formarsi l'intero suo complesso, come
fra poco si vedrà.

Ritenendo dunque il comune linguaggio , diremo noi pure settima,


e principieremo dalla minore 10/18/9 , espressa in questa serie .

7ª minore diretta
10. 12. 15. 18 . 24. 30. 40 .
A C E G C E A
riversata

Questa è composta di due 5° intrecciate, ovvero di due 3º minori


disgiunte, e separate da una 3ª maggiore; ed il suo compimento n'espri-
me il riversamento in due 4° disgiunte, e separate da una 3ª maggiore,
ovvero in due 6º maggiori intrecciate da una comune 3" maggiore : e
per maggior chiarezza soggiungo.
Alle due 5 intrecciate da una comune 3" maggiore nella disso-
nanza diretta, corrispondono nella riversata le due 4º separate da una
3ª pur maggiore; ed alle due 3º minori disgiunte e separate da una 3ª
maggiore nella dissonanza diretta, corrispondono nella riversata le due
6° maggiori intrecciate con una 3" maggiore comune ad ambedue. Co-
munque pertanto voglia considerarsi la proporzione geometrica nella
7ª diretta, trovasi non pertanto la più esatta corrispondenza nella ri-
versata. Quanto alla pratica poi, approssimati i suoni corrispondenti ,
6
ai numeri, ne risulterà nel basso continuo la segnatura 4 caratteristica
2
della 7ª riversata; e cotesta segnatura più agevolmente si fa manifesta
portando la dissonanza al grave, cioè sotto la base dell'armonia , poichè
la 7ª di sua natura trovasi collocata sotto l'8 " .
Oltre la settima 5/ abbiamo accennata anche l'altra pure minore
" /16 , che dalla prima degrada del comma 80/81 . E' però cosa nota,
che dei 7 gradi della scala diatonica tre sono i toni di 8 a 9, e perciò
in eguale numero debbono essere anche le corrispondenti settime mi-
nori di 9 a 16.
L'una di queste trovasi fra D grave e C acuto; l'altra fra G ed F ;
ed un'altra finalmente fra Bed A. La prima D. C. è composta

135
di due 5 intrecciate da una comune 3ª maggiore, in somiglianza delle
due mentovate A. G. e E.D. che sono in ragione di 5 a 9 ; ma non
del pari procedono quelle di G ad F, e B ad A ; poichè trovansi
composte di due 5 intrecciate bensì, ma l'una maggiore, e l'altra mi-
nore; ed inoltre la 5ª minore è mancante dalla geometrica 25/36 di un
comma.
Per lo contrario poi la stessa 5ª , ch'è la nostra diatonica , eccede
l'armonica / soltanto della ragione 63/64 .

46

45 = 315
320
( 8)
64

Esempio 130

Quindi è , che nella pratica la settima della 5ª corda G , come


pure quella della 7ª corda B si adoprano senza preparazione, e senza
legatura. E sopra questo punto basti per ora il cenno, poichè se ne
parlerà particolarmente nel Libro Secondo trattando delle cadenze .
Passiamo dunque alla 7 maggiore 8/15 , la cui figura è la seguente..

7ª maggiore diretta
8 . 10 . 12 . 15 . 20 . 24 . 32 .
F A CE A C F
riversata

Questa è composta di due 5º intrecciate , che è quanto dire di due


3 ° maggiori disgiunte, e separate da una 3ª minore; ed il suo compi-
mento n'esprime il riversamento in due 4º disgiunte e separate da una
3ª minore, ovvero in due 6 minori intrecciate da una comune 3ª mi-
nore. In ogni modo pertanto si fa palese la proporzione_geometrica ,
con esatta corrispondenza nella dissonanza tanto diretta che riversata,
6
ed approssimati i suoni , risulta la caratteristica segnatura 4 nel basso
continuo, come di sopra si è già detto . 2
Della settima poi non si è segnata la corda in cui risolve; atteso
che questa, a differenza dell'altre dissonanze , non ammette risoluzio-
ne nello stesso accordo consonante : degradando bensì passa ad un al-
tro accordo .

136 -
Sembrami ora provato, e con la ragione deciso, che di tutte le dis-
sonanze si dà il rispettivo riversamento: ed aggiungo, che quello della
settima ha luogo nella prima armonia : quello della nona nella 2ª ar-
monia : quello dell'undecima nella 3ª armonia : e finalmente quello della
terzadecima, nella prima armonia replicata.

13
11

Esempio 140

Ad uno stesso accordo consonante possono bensì accoppiarsi più


dissonanze, ma ripugna il riversamento equitemporaneo di tutte. Quin-
di vie più si fa palese, che senza fondamento e ragione si parla di ac-
cordi riversati . L'accordo consonante, lo replico, si divide successiva-
mente nelle sue tre armonie; ed in codeste divisioni niuno dei suoni
passa al rispettivo riversamento, o compimento. Di fatto nella prima
divisione la 5 diviene 3ª , e l'8ª diviene 6ª , e nella seconda divisione
l'8" diviene 4" , e la 10" diviene 6 " . Ma non sono già cotesti cambiamen-
ti e trasformazioni coerenti all'adottate leggi dei riversamenti , e dei com-
pimenti : come chiaramente si rileva dalla sopra notata figura .
S'attenga pertanto la studiosa gioventù d'Italia alla sana dottrina ,
che c'insegna essere propri delle dissonanze i riversamenti; e che all'ac-
cordo consonante conviene soltanto la divisione nelle sue tre armonie.

137
CAPITOLO XL.

Della combinazione di varie dissonanze

Poichè si è trattato di ciascheduna dissonanza in particolare, s'in-


traprende ora di ragionare della varia combinazione di più dissonanze in-
sieme in uno stesso accordo; come a dire 7ª e 9ª, 7ª e 11ª , 7ª e 13ª , ov-
vero 9ª e 11ª, 9ª e 13ª , 11ª e 13ª .
Così pure della combinazione di tre dissonanze insieme, ed anche
di tutte le quattro; e di ognuna col miglior ordine, e con tutta la pos-
sibile chiarezza si svelerà l'origine sempre geometrica.

ARTICOLO I.

Della nona e decimaterza

La più semplice ed evidente geometrica origine di queste due dis-


sonanze mi obbliga a parlarne in preferenza di tutte l'enunciate combi-
nazioni . Infatti dal cubo della tripla

1 • 3 · 9.27 .
FCG D

prendono l'origine nell'accordo di F fa ut, la 9ª G , e la 13ª D. E poi-


chè la 12" è una replicazione della 5 " , nel cubo di essa 5ª si veggono
pur anche gli stessi suoni approssimati , cioè la 9ª , e la 13ª , nei precisi
loro intervalli , aggiunte ed appoggiate alla 5 " consonante di F.C.
come qui appresso .

138
8. 12. 18. 27 .
F C G D

Quindi non rimane dubbio dell'origine loro geometrica .

ARTICOLO II .

Della settima e undecima

Dalla disposizione di tre quinte in uno stesso accordo consonante


deriva altresì la combinazione della 7ª e dell'11 " , che nell'intervallo di 5*
(ugualmente che la 9ª e 13 " ) trovansi fra di loro disposte; ed eccone
l'esemplare :

10. 12 . 15. 18. 20. 27 .


A CEG AD

Nell'accordo di A la mi re , veggonsi qui unite la 7ª G. el'llª D.


Non nascono, è vero, direttamente dal cubo della 5ª , ma che da quello
prendano l'origine, si fa manifesto dalla seguente analogia :

10 15 :: 12 18 : : 18 : 27 .
A E C G G D

nè sopra di ciò credo, che dubbio alcuno cader vi possa .


Anche dal cubo della 4ª 27/64 nascono l'11 " , e la 14ª (che della 7ª
è una semplice replicazione) dunque

27. 36. 48 . 64 .
D G C F

ci esprimeranno schiettamente nell'accordo di G sol re ut, base dell'in-


tera armonia l'11 " C .., e la 14ª F ; dunque anche la 7ª e l'11 sono
per ogni conto geometriche.

ARTICOLO III.

Della settima e nona

Due 5º e due 3° maggiori o minori in un solo accordo danno l'es-


sere alla 7ª e 9ª , ciò che separatamente già si è detto e provato nei
Cap. XXVIII e XXIX.

139
Ma poichè sono coteste dissonanze fra di loro nell'intervallo di 3ª ,
ne segue che tutto il complesso forma una serie di quattro 3º , dalle quali
due analogie ne nascono .
Ecco l'intero complesso nel modo maggiore :

8. 10. 12. 15. 18


FACE G

Ecco le due analogie :

8 10 12 15 ; e 10 : 12 : 15 : 18 .

Intero complesso nel modo minore :

20. 24. 30. 36. 45 .


ACE G BE

Le due analogie sono

20 : 24 :: 30 : 36 ; e 24 : 30 :: 36 : 45 .

Essendo però la 9ª il prodotto di due 5º, cioè

4.6 9 " 3.9 .


che portate alla sua radice sono FCG ;
FCG

e la 7ª maggiore, pur essa nasce da 1 : 3 :: 5 : 15 ; che in proporzione


discreta sono ugualmente due triple; perciò dal sovrapposto complesso
nel modo maggiore scaturisce la seguente analogia :

8 : 12 10 : 15 :: 12 : 18 .

E per la stessa ragione, anche nel modo minore , pari analogia si


scopre, cioè

20 : 30 : 24 : 36 : 30 : 45 .

Nella combinazione adunque della 7ª e 9" tutto spira proporzione


geometrica.

140
ARTICOLO IV.

Della nona e undecima

Siccome dal quadrato della 5ª nasce la 9ª (Cap . XXIX ) così dal


quadrato della 4ª nasce l'11ª ( Cap . XXX) .
Aggiunte pertanto ed unite in uno stesso accordo consonante le
mentovate due dissonanze, forza è che soltanto vi sieno in grazia delle
rispettive geometriche proporzioni . E che così sia , eccone l'intero accordo :

12. 15. 18. 24. 27. 32 .


C EGC D F

in cui si scorgono le due analogie

12. 18. 27 = 4. 6. 9 .
18. 24. 32 = 9. 12.
12 16 .

Nè di più v'è bisogno d'aggiungere, onde consti l'asserita geome-


trica proporzione nelle due riferite dissonanze insieme combinate.

ARTICOLO V.

Della undecima e decimaterza

Assai di frequente mutano aspetto cotesti due intervalli nell'armo-


nia, atteso che come replicazioni della 4ª e 6ª sono veramente consonan-
ti. Ond'è che se dell'accordo, cui sono aggiunte, la sola base esista, cer
tamente risulta al senso pura e mera consonanza; mentre aggiunta poi
la 3ª e la 5ª , ed anche la sola 5ª dell'accordo consonante, sensibile al-
l'orecchio tosto rendesi la natura loro dissonante. Premesso questo ne-
cessario avvertimento, per togliere qualunque equivoco, passiamo ora a
parlarne nel vero loro aspetto di dissonanze.
Deriva costantemente l'11 " dal quadrato della 4" ( Cap . XXX) e la
13" da due 6º intrecciate da una 3ª comune ad ambedue (Cap . XXXI ) .
Ciò che riviene allo stesso , che dire : l'11 " deriva da due 4º in propor-
zione continua, e la 13ª da due 4º in proporzione discreta . L'intero ac-
cordo che qui si descrive colle rispettive susseguenti analogie porgono
pertanto la più evidente prova dell'assunto .

141
6.9 . 12. 15. 16. 20 .
CGC E FA

Undecima 9. 12. 16
Decimaterza 9 : 15 : 12 : 20
ovvero
9 : 12 :: 15 : 20

E' dunque verità costante, che l'11 " e 13ª insieme unite nell'accordo
consonante derivano dalla geometrica proporzione.

ARTICOLO VI.

Due dissonanze contigue quali sono la 13ª e la 14 " , o per equiso-


nanza, ed equivalenza tali, quali sono la 7ª e la 13ª , sembrano incom-
patibili in uno stesso accordo, atteso che non possono ambedue esser
preparate.
Quindi è, che fra le 7º la minore solamente può accoppiarsi con la
13ª , e l'uso n'è privativamente riservato alla 5ª corda del modo, la cui
7ª non esige nè legatura, nè preparazione, come si è accennato nel Ca-
pitolo XXVIII , e più diffusamente sarà provato nei Libri seguenti. Sarà
poi maggiore la 13ª nel modo maggiore, e minore nel modo minore.
sfuggita quest'art. sulla
Premesse queste riflessioni , proseguo alla sfuggita
traccia dei precedenti ; e dico che essendosi provate geometriche tanto
la 7ª (Cap. XXVIII ) quanto la 13ª (Cap . XXXI) ; se insieme unite si
pongano in uso, saranno tuttora, e sempre geometriche. E perciò mi ri-
stringo a stenderne la sola pianta nell'uno e nell'altro modo.
Sarà dunque nel modo maggiore

36. 45 . 54 . 64 . 72 . 90. 120 .


G B D F G B E

E per il modo minore

30. 38 . 45. 54 • 60. 76. 96 .


E G # B D E G# C

Nè giova d'inoltrarmi a provare geometriche le tre dissonanze unite,


nè le quattro; essendo manifesto, che (qualunque combinazione facciasi
di tre dissonanze insieme) non ha forza la sola unione, se anche fra di

142 -
loro trovinsi per avventura nell'intervallo di terza disposte; non ha forza ,
dissi, di far loro cambiar natura : e lo stesso dicesi delle quattro.
Delle tre unite sono quattro le combinazioni , cioè 7ª 9º 11ª ; 7ª
9ª 13 ; 7ª 11ª 13ª ; 9ª 11ª 13ª . Delle quattro unite unica e sola è la
combinazione; e di tutte le accennate si tratterà di proposito nel Terzo
• Libro.

- 143
CAPITOLO XLI.

Dei gradi diatonici

Dopo aver trattato delle dissonanze, indispensabile cosa sembrami


di parlare anche dei gradi diatonici , atteso che bene spesso sentomi
suonare all'orecchio, che dovunque è tono o semitono , ivi pur anche
è dissonanza; quasi che dai gradi originate sieno le dissonanze, mentre
per lo contrario da esse prendono l'origine , e la situazione gli stessi
toni e semitoni.
Nè di ciò può dubitarsi; imperocchè levate le dissonanze, sparisco-
no tosto i gradi diatonici; o almeno l'ordine, e la giusta disposizione, in
cui si veggono nella scala; ed allorchè nel Secondo Libro si tratterà del-
l'origine e formazione della scala medesima, vedrassi che dalla proporzio-
ne geometrica nascono i suoni dissonanti, che riempiendo le distanze
di una all'altra consonanza formano così la continua serie dei suoni ,
che scala si denomina : e gl'intervalli rispettivi sono precisamente i toni
e semitoni, dei quali ora si ragiona .
Che i gradi però non altro sieno, che le differenze o sia l'eccesso
di un intervallo sopra d'un altro, è cosa trita; ma la consueta e comune
operazione per scoprirli (oltre che riguarda solamente le prossime con-
sonanze) suppone la scala già formata, e gl'intervalli da sottrarsi, stabiliti
già nei numeri suoi primi e radicali .
La supposizione però non ha luogo, ove anzi da un anteriore prin-
cipio (ciò ch'è di fatto) dipenda la scoperta delle diverse ragioni, fra le
quali trovansi le rispettive differenze .
Dico pertanto, che all'analisi dei noti gradi, o sia toni e semitoni
conviene perciò necessariamente ricorrere; e con tal mezzo la scoperta
sarà diretta, non retrograda, nè presupposta : la qual cosa nel seguente
Cap . si farà manifesta .

144
CAPITOLO XLII.

Dell'analisi dei gradi diatonici

Di qualunque ragione dissonante o consonante può certamente


farsi l'analisi; ma la propria e rigorosa a quelle appartiene in spezialità ,
dei cui numeri primi, e radicali uno almeno sia composto, come per
esempio 5/8 . L'istituto nostro però riguarda principalmente i gradi dia-
tonici , dalla cui analisi scopresi di quali consonanze, e dissonanze for-
mino l'eccesso, o sia differenza; poichè in realtà i gradi non formano
la differenza di consonanza a consonanza, se non materialmente .
Intendo io dunque, sotto questo nome di analisi , la divisione dei
termini radicali della data ragione nei suoi più prossimi componenti,
factores primi; come a dire :

8 2X4

9 3X3

Da questi poi si formano due ragioni, accoppiando il primo componente


2 al quarto 3, per la prima; e per la seconda , il terzo 3 col secondo 4
= 2/3.3/
4. Finalmente sommati e sottratti i numeri di queste due ra-
gioni, giusta il noto metodo , ne viene formata l'analogia, in cui riluce
la differenza o sia il grado, che dalla minor ragione conduce alla mag-
giore, come qui appresso 6 : 8 : 9 : 12 ; cioè 2 X3 = 6 ; 2 X 4=
= 8; 3 X 3 = 9 ; e 3 X 4 = 12 .
Nella stessa guisa operando sopra il tono minore e sopra i vari se-
mitoni, che hanno luogo nel sistema nostro inspessato, o sia cromatico
moderno, ne risulterà l'intera serie, che viene qui descritta .

145
10 . Trattato della Moderna Musica.
Tono maggiore

+
8 2X4 2. 3 6 8 9 12 .

9 3 X 3 3 4 C F GC

Tono minore

+
9 3X3 3 2 6 9 : 10 15 .

10 2 X 5 5 3 C G AE

Semitono diatonico, detto il maggiore

+
15 3X 5 3 4 12 : 15 16 : 20 .

16 4 X4 4 5C E FA

Ora conviene riflettere, che dalle descritte analisi non solamente


rilevasi fra quali consonanze abbian luogo i vari gradi diatonici, ma an-
cora fra quali consonanze e dissonanze : mentre certa cosa è , che la
scala diatonica è un aggregato di consonanze e di dissonanze, come già
si è detto .

Ciò che più rileva però si è, che dati due suoni contigui, tosto
si fa manifesto il vicendevole contrasto; ma non perciò sono ambidue
nel tempo stesso dissonanti . Infatti se l'uno si voglia dissonante, l'altro
certamente sarà consonante : ed a vicenda. Quindi è che da ciascuna
delle notate analogie nascono due diverse dissonanze relativamente a
due diversi accordi consonanti . Gli esempi mi serviranno di scorta a ri-
schiarare questa verità; avvertendo soltanto il giovane lettore a ramme-
morarsi il complesso delle consonanze, e la singolarità di ciascuna di esse;
come a dire : che contiene una sola 5ª , una sola 4ª ecc.
Dall'analisi adunque del tono maggiore risulta , come s'è veduto,
l'analogia

6 : 8 : 9 : 12 .
C F GC

in cui scorgonsi oltre le due 4º C.F. , G.C. , anche le due 5º

146
F.C. , C.G .; dunque due accordi consonanti, ed una dissonanza
aggiunta : cioè

4.6.8 . 9 . 6. 9. 12 . 16
con la nona con l'undecima
FCF G CGC F

16
0-19

Esempio 150

L'identità poi delle gregoriane lettere manifesta l'equisonanza dei


numeri in dupla progressione ascendente , pel cui mezzo direttamente
si formano i due diversi accordi consonanti, recando al rispettivo loro
luogo le due dissonanze 9ª e 11ª .
Quanto alle differenze poi resta ora provato, che ³/» materialmente
dinota l'eccesso della 5ª sopra la 4ª , ed in sostanza non solo dinota l'ec-
cesso della 12" sopra l'11 " , ma anche quello della 9ª sopra 1'8ª.
Passando quindi all'analisi del tono minore /10 ( la cui analogia
6: 9 10 15 ci somministra due 5º, e due 6° maggiori) ne vengono
formati due accordi consonanti, ed una dissonanza aggiunta per ca-
dauno; cioè

10. 12. 15 . 18., 6.9 . 12. 15 .


con la 7 minore e
A CE G C G C E
20
con la 13 maggiore
A

Q20
2
06
Esempio 160

Finalmente dall'analisi del semitono diatonico 15/16 (la cui analogia

12 : 15 16 20 .
CEF A

ci porge due 3º maggiori, e due 4º ) ne vengono pur formati due accordi

consonanti, ed una dissonanza aggiunta per cadauno; cioè

147
8. 10. 12 .
F A C

15 10. 15. 20. 24 .


con la 7 maggiore E e con la 13 minore
A EAC
32 .
F

32
12 24
30 15
☎10

Esempio 170

E poichè si sono accennati anche i semitoni cromatici, che appar-


tengono al sistema inspessato, in primo luogo ci si presenta il cromatico
semitono, detto il minore .

24 4X6 4 5 20 24 25 : 30 .

25 5X55 6 A C C# E

Veggonsi dunque nell'analogia di questo minor semitono due 3*


maggiori; e due minori; e dei due accordi consonanti l'uno diatonico
e naturale

10. 12. 15 .
A CE

l'altro trasportato 20. 25. 30 .


C#
con l'aggiunta di 25 A C# E con l'ag-
48
giunta di
Ch
Da coteste combinazioni pertanto risulta l'impiego simultaneo del se-
mitono 24/25 , che per verità non è affatto impossibile; richiede nondi-
meno un particolare artificio, e questi riservato soltanto all'espressione
di qualche sentimento aspro assai e piccante : insomma può riputarsi
nella musica il semitono 24/25 come semplice intervallo di melodia , ed
escluso dall'armonia ( 1 ) .

(1) Bonifacio Asioli afferma esplicitamente e categoricamente che quest'accordo è stato


denominato dal P. Vallotti accordo di decimaquinta diminuita .
Ecco le sue parole :

148
Semitono cromatico, detto il massimo

57
25 5X 5 3 15 : 25 : 27 : 46 .

27 3X 9 9 5 E C# D B

Due 6 maggiori, e due 7º minori veggonsi formate nell'analogia


prodotta da questo simitono . Unico però è l'accordo consonante, che a
rigore può dedursene con l'aggiunta delle due dissonanze 13ª e 14" , cioè

30 . 45 .. 50
50.. 54 .
E Ви C# D

e questi corrisponde all'accordo segnato nel Cap. XL e Art. VI , in cui


pure veggonsi unite la 13ª e la 14ª .
Sia dunque detto ex abundanti ciò che riguarda i due semitoni cro-
matici; e principalmente si ritenga, che nell'analisi di ciaschedun grado
diatonico, e nelle rispettive analogie non solo scorgonsi le differenze dei
vari contigui intervalli; ma inoltre le dissonanze tutte, o esplicitamente,
o implicitamente, vi si trovano indicate.
E quindi vie più si fa manifesto, che qualunque dissonanza dalla
proporzione geometrica viene originata.

Professore: Si trova una dissonanza denominata 15a?


Allievo : Si, ed è il ritardo della 7ª producente o 7a diminuita.
Professore : Come può darsi che la 15a sia dissonante?
Allievo: Quantunque relativamente al generatore non abbia nulla di dissonante al
pari dell'11ª e 13ª , ciò nonostante, come 15a diminuita, essa porta seco quella collisione
che richiedesi, e forse troppa, per essere dichiarata dissonanza .
E che si possa e debba considerar tale, ne fa certa fede l'autorità del più grande fra
gli armonisti italiani : il P. Vallotti (Dialoghi sul Trattato di Armonia, pag. 85, Milano
1814) » . [ N. d. E. ] .

149
CAPITOLO XLIII.

Del quarto di tono

L'autore del Supplemento alla Storia della Musica di M.r Blainville


(chiunque siasi) mi porge l'argomento del presente Cap . , poichè sover-
chiamente ivi deridesi il sig. Tartini pel quarto di tono, che nel Trattato
accenna : e se ne fa le beffe per la gran ragione, che qualunque inter-
vallo musico non può risolversi in parti uguali.
Ognuno che mediocremente iniziato sia nella musica teorica sa che
solamente fra due quadrati numeri può cadere un mezzo, che divida
la data ragione in due parti uguali : e il sig. Tartini lo sapeva quanto
ogn'altro . Scorrendo però il suo Trattato non trovo dove parli del quarto
di tono, e se pur ne parla, non perciò è da deridersi . Dico bensì che
l'autore del Supplemento non si mostra gran fatto istruito dei termini
particolari della musica e del modo d'intenderli .
Semidiapente chiamano gli autori la 5ª minore; e semiditono la 3ª
minore, mentre di un semitono solamente degradano , quella dalla giusta
5ª e questa dalla 3ª maggiore. La particola semi significa dunque una
semplice diminuzione; e così la spiegano Boezio ( 1 ) , e Macrobio (2) .
Il Tartini dunque reca la divisione del semitono massimo a pa-
gina 127; e lo chiama diviso in due semitoni minori 21/20 . 36/35 , che
fra di loro sono patentemente ineguali ; ed infatti alla pag . 131 chiama
la ragione 35/36 semitono minimo. Ciò stante reca meraviglia che si

(1 ) Semum dici solet quod ad integritatem usque non pervenit. Mus. Lib. I , cap.
XVI ,
pag. 176.
(2) Sonum tono minorem veteres semitonium vocitare voluerunt. In Somn. Scip. Lib .
II, cap. I.

150
dica nel Supplemento, che il Tartini pretende di dividere il semitono
maggiore in due quarti di tono parfaitement egaux, soggiungendo tosto,
chose impossible, avec sa permission .
Io non entro qui a discutere questo punto in particolare, poichè
gran fatto non interessa la professione, mentre felice sarebbe, se giusta-
mente fossero intonati gl'intervalli, che ab antico sono in uso . Per altro
asserisco, che la ragione 35/36 è la minima quarta parte del tono, siccome
8
la ragione 32/33 n'è la massima. Infatti /9 X 432/36 forma di tono,
che in quattro parti lo divide (niuna delle quattro essendo l'esatta quarta

parte) . Ê in tal proposito mi lusingo di andar d'accordo con Aristosseno ,


che di pari sentimento si spiega (3) .
In simil guisa può ragionarsi del semitono, la cui minima quarta
parte ci dà la vera differenza fra le due settime /16./7 , cioè 63/64 ;
perchè 15/16 X 460/64 . Siccome però ' /: non ha certamente luogo
nella nostra scala, così dal nostro sistema rimane esclusa la settima * /7 ,
ed in sua vece viene in uso quella di 9/16 , che attesa l'accennata pic-
ciola differenza, ne partecipa i privilegi di andar esente dalla prepara-
zione, ed anche di risolvere (cioè passar alla consonanza ) ascendendo :
ciò che sarà spiegato e provato nel Secondo Libro, ed ivi si vedrà fra
il Tartini e l'autore del Supplemento, che sia l'esposto alla derisione .
Ora parlando spassionatamente, se voglia esaminarsi il saggio che
dà il Tartini del sistema enarmonico a pag. 131 scorgesi tosto, che gli
estremi sono in ragione di sesquiterza crescente di un comma; e per
conseguenza il semitono da dividersi in due quarti di tono (ovvero sia
in due diesis enarmonici, giusta il linguaggio dei Greci ) non è il limma
256/243 , nè il semitono 16/15 , ma bensì quello di 27/25 ; tal che non reg-
gono nè gli estremi, nè le corde medie alla formazione d'un sistema
enarmonico, che imiti l'antico . Non perciò migliori patti possono ac-
cordarsi a M.r Blainville nel suo sistema enarmonico, che nella mo-
derna musica certamente non ha luogo, nè può averlo, come a chiare
prove si vedrà nel Libro Secondo .
Quanto poi al comma 80/81 , io stesso fui quello, che dispose il
Tartini a persuadersi , che da questo precisamente deriva la necessità
del temperamento nello strumento da tastatura : ed egli chiaramente
se ne spiega alla pag. 100 del suo Trattato. Io dunque confermo la mia
asserzione rimettendomi al Secondo Libro; ove parlo del temperamento ,
come quello che principalmente riguarda l'ottava diatonica, espressa e
contenuta nei tasti lunghi del cembalo . Ed ivi appunto la 3ª minore

(3) Ex toni partibus canitur dimidia, quae hemitonium vocatur; et tertia pars, quae
vocatur diesis chromatica minima; et quarta, quae vocatur diesis cnharmonica minima .
Harm. lib. 2, pag. 46 .

151
D. F. mancante di un comma 80/81 ne porta l'indispensabile necessità .
attesa la difettosa posizione che ne proviene nella 5ª D. A ; nella 4*
A. D. ecc. Nè di più m'inoltro al presente, desiderando soltanto, che
certi autori dei nostri tempi si astengano dal ridicolo, e vi sostituiscano
prove e ragioni, se pur ne hanno da produrre.

152
CAPITOLO XLIV.

Del comma

Tre sorta di commi negli autori di musica trovansi mentovati; il


minore in ragione di 2025 a 2048; il maggiore, che è l'ordinario in ra-
gione di 80 a 81 ; ed il massimo, detto il pitagorico, in ragione di 524288
a 531441 .
Le ragioni onde per sottrazione derivano tanto il minore quanto il

massimo comma poco o nulla rilevano nella musica, ed ugual conto


può farsi in conseguenza dei due accennati commi . Per lo contrario
dei due toni maggiore, e minore la differenza 80 a 81 , cioè il comma
ordinario grandemente c'interessa, atteso che non sì tosto manifestasi ,
nasce altresì sconcerto intollerabile in tutte le consonanze : ove più,
ove meno.
Ciò si fa manifesto ad evidenza in vari strumenti, e con specialità
nel cembalo e nell'organo. Infatti tre 5 giuste consecutive , quali sono
nell'accordatura del violino, e del violoncello, formano senza dubbio
una 13ª crescente di un comma : ed il suo compimento alla 15ª , cioè
alla doppia 8ª , rilevasi perciò essere una 3ª minore di 27 a 32 mancante
di un comma .

Che se proseguendo giungasi poi alle quattro 5 consecutive , nel


cembalo scopresi tosto la 5ª più acuta doppiamente difettosa , benchè
giusta negli estremi; poichè trovasi composta di una 3ª minore man-
cante, e di una 3ª maggiore crescente ambedue di un comma; e quest'ec-
cesso della 3ª maggiore fa si che la sua corda acuta 81 riesce discordante
dal 5 (una delle tre corde costituenti l'accordo primitivo consonante ) a
cui corrisponde, in forza della dupla progressione, 80, non già 81 .
Se dunque portata la ragione tripla al quinto termine 81 , ci tro-

153
viamo tosto in necessità di degradare a 80, come or ora si è accennato,
eccoci dunque al caso, (stante tutt'ora in vigore il sistema diatonico)
di ricorrere al temperamento. Fra i vari musici intervalli il comma cer-
tamente non si canta , nè sì è mai cantato al dire di Aristosseno , ed il
comma ordinario 80 a 81 non viene presso di noi in considerazione , se
non in quanto che portando necessariamente alterazione nelle usate con-
sonanze, ci obbliga alla partecipazione del difetto : ed il difetto nasce
allorchè in un consonante intervallo s'introduce un tono minore invece
di un maggiore . Cotesti sono intervalli diatonici; quindi è che al dia-
tonico sistema, per mio parere appartiene in specialità il temperamento :
e per tal fine solamente credo che ai dì nostri occorra parlare del com-
ma; la qual cosa si farà manifesta nel Secondo Libro.
Se non che potrebbesi anche farne parola per scusare i Greci del-
l'aver escluse le 3 e le 6° dalla categoria delle consonanze .

154
CAPITOLO XLV.

Delle prerogative della quadrupla

Non si oppone al vero chiunque pensa, e dice, che nulla più si


è la quadrupla, che una semplice replicazione dell'8 * . Certo è, che nei
semplici suoni corrispondenti ad 1 e 4, non v'è cosa, che rilevi : nondi-
meno per molti titoli può dirsi a mio credere benemerita della musica.
1. La quadrupla è consonanza vera e reale, non già in forza di pre-
venzione, di abuso, e tolleranza (come asserisce un celebre autore ) ma
per natura sua, e per origine.
Essa è formata, è vero , dai due quadrati 1 e 4; ed io pure sostengo,
che i suoni corrispondenti a due quadrati sono fra di loro dissonanti;
ma non già quelli che corrispondono alla quadrupla, che perciò si di-
stingue appunto, e trionfa sopra tutta la serie dei quadrati . Infatti il
il suono grave della quadrupla è di sua natura non solo consonante, ma
base e fondamento di tutte le consonanze : ed in primo luogo delle equi-
sonanti, delle quali una è la 15ª , suono acuto della quadrupla. Questa
è dunque consonanza duplicata , ed insieme replicata ; perchè 1 a 2 × 2
= 4, e 1 a 2 + 2 = 4 , ma le replicazioni non derogano alla natura
delle ragioni consonanti o dissonanti .
Pertanto l'accennato autore che ammette l'8" fra le consonanze ,

non doveva nè poteva ragionevolmente escluderne la sua replicazione,


cioè la quadrupla .
In conferma di questa verità (se pur di conferma ha d'uopo ) sog-
giungo essere vero bensì, che due suoni corrispondenti a due numeri
quadrati sono fra di loro dissonanti : ma non già ambidue a un tempo
stesso. Che però se l'acuto è dissonante, il grave è consonante; e a vicen-
da, essendo consonante l'acuto, è poi dissonante il grave. Sia per es.

155
9. 12. 16 .
GCF

Certa cosa è che se il 16 è dissonante , il 9 è consonante; e per lo con-


trario, se il 9 è dissonante, il 16 è consonante. I dissonanti poi degra-
dando si risolvono in consonanti; e i due consonanti accordi che con-
trastavano, si riuniscono in uno solo.

Se dunque uno dei due suoni corrispondenti ai due quadrati è dis-


sonante, e qualunque dei due può esserlo, l'uno e l'altro perciò deve
aver luogo alla risoluzione; la quadrupla non l'ammette in conto alcuno :
non deve pertanto la quadrupla annoverarsi fra le dissonanze. Che la
risoluzione non abbia luogo nella quadrupla è manifesto. Non nel gra-
ve, perchè sotto l'unità non v'è numero, nè sotto del fondamentale v'è
suono. Non nell'acuto , perchè dal 4 il 3 discende di quarta , non già di
tono o semitono, come richiede la risoluzione. L'autore però che d'inge-
gno acuto era dotato, ridotto a questo passo direbbe forse, che la qua-
dupla espressa in numeri composti ammette senza dubbio la degrada-
zione e nell'acuto e nel grave . Ma in tal caso, degradando l'acuto, la
15" diviene 14 ", e se degrada il grave, la 15ª diviene 16 " , vale a dire ,
che la consonanza si converte in aspra dissonanza.
E' assioma fra i musici , che aggiunta l'8 " a qualunque consonanza ,
tutto è consonante; (Vedi Cap . XVIII , Art. III ) e l'8" aggiunta a se stes-
sa forma la quadrupla : questa dunque è consonante, come lo sono tutte
le replicazioni. Accade inoltre nella quadrupla ciò che della dupla si
pronuncia come assioma, cioè che un suono consonante con un estre-
mo , è pur anche consonante con l'altro : ed è questo l'effetto della equi-

sonanza degli estremi, quali sono non meno quelli della quadrupla, che
quei della dupla . La necessità di togliere un equivoco che potrebbe nuo-
cere ad una importante verità, qual è quella, che dalla proporzione geo-
metrica sono originate le dissonanze : la necessità, dissi , mi ha costretto
a diffondermi più del mio volere intorno a questo punto.
2. Scorgesi necessaria la quadrupla , per trovare nei loro veri fonti
i due mezzi armonici , che determinano in tutta la sua estensione l'ar-
monia consonante. Ogn'uno sa , che 1/3 è il mezzo armonico della dupla
' /2.1/3./4 ; ma s'ignora comunemente , o si dissimula , che ¹5 è il
mezzo armonico della quadrupla '/2.1/5.1/s ; essendone questa il
vero fonte. Infatti dalle maggiori ragioni devonsi ripetere i mezzi ar-
monici e consonanti, non già dalle minori . Rinvenuti pertanto dalla
dupla e dalla quadrupla i mezzi armonici 1/3 e 1/5 ne viene in conse-
guenza (mediante la di loro replicazione ) lo sviluppo di tutte le con-
sonanze confinate fra 1 ed 1/8 .
3. La benemerenza della quadrupla risalta vie più nei residui della

156
corda sonora 1/2 ././5 , che in perfetta equisonanza corrispondono
ai suoni di 1.2.1/3.1/
5 . in cui perciò si restringono le consonanze
originarie. Che se vogliamo progredire ad / residuo di ¹/» , continua
bensì la dupla progressione nei numeratori ; ma la proporzione geome-
trica delle aliquote
1././ . si comunica anche ai suoi residui
1.2/3 .. in virtù dell'equisonanza : e sono perciò codesti residui di
natura geometrica, e dissonanti . I Pitagorici non ammettevano conso-
nanze oltre la quadrupla; noi escludiamo dalle consonanze tutti i suoni ,
che nei nominatori dei residui ad essi corrispondenti oltrepassano la
quadrupla .
4. Per la melodia pure necessaria rendesi la quadrupla, attesochè
sette sono l'8 di natura, e specie diversa, ed altrettante le rispettive sol-
fizzazioni . Conviene dunque disporre in successive serie di 8 le grego-
riane lettere con le sillabe di Guidone , acciò si manifestino all'occhio
con le diverse solfizzazioni anche le diverse specie delle 8° e delle ri-
manenti consonanze, come qui dirimpetto si vede .

G. A a B. C . D . E . F . G .
do re mi fa re mi fa sol

A. B. C. D. E. F . G . A .
re mi fa re mi fa sol la

B. C. D. E. F. G. A. B.
mi fa re mi fa sol re mi

C. D. E. F. G. A. B. C.
do re mi fa sol re mi fa

D. E. F. G. A. B. C . D .
re mi fa sol re mi fa sol

E. F. G. A. B. C. D. E.
mi fa sol re mi fa sol la •

F. G. A. B. C. D.
D E. F.
fa sol re mi fa re mi fa

G.A.B
A. B..C C. D. E. F. G.
do re mi ' fa re mi fa sol

La perfetta melodia, che altrimenti suol chiamarsi armonia succes-


siva, deve contenere ed abbracciare tutte le spezie delle consonanze; e
siccome di queste la più perfetta è l'8" , quindi nasce la necessità di di-
sporle, e presentarle tutte all'occhio in vicendevole confronto : la qual
cosa non può effettuarsi se non coll'uso della quadrupla , nella cui ultima

157
8′ vedesi replicata colle stesse lettere musicali la medesima solfizzazione
della prima 83; come nella scala diatonica l'ottavo suono corrisponde al
primo.
Oltre di ciò scorgonsi codeste 8 variamente composte di due simili
tetracordi, cioè tre congiunti e tre disgiunti , come segue.

Congiunti Disgiunti

G. C. F. C. F: G. C.

A. Ꭰ . G. D. G: A. Ꭰ .

BĘ . E. A. E. A : B. E.

Artificiale

F. Bb . B. E.

I due suoni nella stessa lettera B. Bb , autorizzati dal tetracordo


Synemenon dei Greci e dall'esacordo F di Guido, riducono a due si-
mili tetracordi l'ottava di F che a primo aspetto sembra anomala .
5. Si dice, e si sa comunemente, che l'8ª si risolve in tre terze mag-
giori, ovvero in quattro terze minori; ma che poi il cubo della terza
maggiore decade dall'ottava, ed il quadrato-quadrato della terza minore
eccede l'ottava stessa .
3 64
Vero verissimo : perchè infatti e il difetto sta da
4 a 5 125
125 4 625 625
Così e l'eccesso sta da 1250 a 1296 =
128 5 a 6 296 648

Ma qui troppo v'è da ridire, attesochè delle tre terze maggiori

16. 20. 25 . 32 .
FAC F

una sola è diatonica e naturale; e delle quattro terze minori

10. 12 · 14 • 17. 20 .
A C Eb F# A

una pure solamente è diatonica . Ma qual barbara divisione è mai questa !


e come mai potrà ridursi a giusto calcolo una tanto strana divisione?

158
Alla quadrupla pertanto si volga l'occhio , ed in essa ritroverannosi ,
e le tre terze maggiori, e le quattro minori . Tutte vi si troveranno dia-
toniche, ed il calcolo a puntino, e perfettamente si accorda , e conviene
nella somma della quadrupla.
Per ciò fare con tutta facilità, basta riflettere , che risolvendo la
quadrupla in sette terze, delle quali tre sono maggiori, e quattro minori ,
come qui appresso :

F.A.C .E.G.
F. A. C. E. G. B
B ■ . D . F.

ne vengono quindi formate tre quinte : cioè

F.C.G.D. F.

che rinchiudono tre terze maggiori, e tre terze minori : rimanendo in


tal guisa la sola terza minore D. F. da aggiungere alle predette tre
3 -
quinte. Ciò posto si faccia il cubo della quinta 8. 27 ; e vi
2 • 3

si aggiunga poi la 3ª minore D. F27.32 ; ne risulterà per certo


8 X 27216, e 27 X 32 = 864 ; ma è chiaro che 216 : 864 : 1 : 4 ;
dunque per una via ugualmente sicura e compendiosa rimane deciso,
che dalla quadrupla solamente può ripetersi la giusta equazione delle
sette terze, tre maggiori e quattro minori : non già dall'8 " . Oltre di che
nella quadrupla tutte le terze vi si trovano diatoniche e naturali : non
del pari nell'8" dove una delle tre terze maggiori , cioè G. B ‡
= G . C. a tal segno eccede, che nel modo minore naturale si
usa G. C. come 4 diminuita ed è tale infatti ; e nel modo mag-
giore trasportato è presso che insoffribile la 3ª maggiore G # . B.
Delle quattro terze minori poi una è un triemitono incomposto,
che non è già una terza minore, ma bensì una seconda eccedente. Che
l'intervallo G. C. sia una quarta lo manifestano le quattro let-
tere G # A B • C . Qualora poi vogliansi determinare gli estre-
mi suoni all'intervallo di terza, non sarà più G# . C ; ma bensì
G. B ; e in tal caso l'ultima lettera B non corrisponde al-
l'altra C ; e si distrugge in tal guisa il supposto , cioè l'ottava che si era
presa a dividere o risolvere in tante terze.
6. Nella quadrupla armonica ¹ /2.1/5.1/8 . si compie il periodo
delle consonanze, e tutte quelle che seguono sono mere replicazioni
delle medesime . E' manifesto che la dupla semplice 1 a 1/2 non am-
mette mezzo di sorte alcuna , e però conviene raddoppiarne i termini

159
per avere il mezzo armonico in 1 /2.1/3 . '/ . Così della quadrupla
semplice 1 ad 1/4 conviene pure raddoppiare i termini per avere il mezzo
armonico in 1/2.1/5 . '/s . Per vero dire due mezzi ammette la semplice
quadrupla, in 1.12./3 . ¹ . ma niuno dei due è mezzo armonico,
essendo geometrico 1/2 , e tutti lo sanno; e l'altro 1/3 è mezzo cubico,
attesochè le differenze sono come i cubi degli estremi, ciò che nel
Cap . XV di questo Libro ho provato e stabilito .
Siccome adunque le consonanze non oltrepassavano la semplice
quadrupla presso i Greci : così presso i moderni la quadrupla armonica
fissa il confine a tutte le consonanze, che dalla replicazione di 1.¹³ .
1/5 . derivano e sono formate.
7. Mentre dalla quadrupla viene fissato e stabilito il periodo delle
consonanze, la progressione dupla continuata ci reca il mezzo armonico
9 nella ottupla 1/2.1/9. /16 . Ad / corrisponde in perfetta equi-
sonanza il suo residuo 8/9 ; quindi in vigore dell'accennata legge , do-
vrebbe il 9 essere annoverato alle consonanze, ma la geometrica pro-
porzione, principio e cagione delle dissonanze, ne lo esclude, come è
provato nel Cap . XXVI . La melodia però (parte necessaria, ed una delle
due nella musica) gran parte riconosce dell'esser suo dal 9 , poichè da
questo ne vengono formati i due toni maggiore e minore . Inoltrandoci
poi colla dupla progressione alla sesdecupla armonica´¹ /2. /17 . ¹ /32 .
si acquistano i due semitoni 16/17 . 17/18 . da cui armonicamente si di-
vide il tono maggiore; e sono cromatici ugualmente che 24/25 . 25/27 . ,
in cui pure si risolve lo stesso tono maggiore. Il semitono diatonico poi ,
detto il maggiore , nasce dalla quarta proporzionale di 1.3.5 . cioè
1:35 15. ma non è già esso parte del tono maggiore diatonico,
8
come lo manifesta la sottrazione di 15/16 da 9/9 . Nella sesdecupla ar-
monica bensì ¹ /2.¹ / 17.¹ /32 . rinviensi il 17, che forma un semitono
maggiore, la cui differenza dal diatonico è soltanto di 255 a 256, come
si rileva dalla sottrazione di 16/17 da 15/16 .
Ora da quanto fin qui si è detto rilevasi, che i mezzi armonici ,
da cui dipendono le consonanze, e i gradi della melodia , devono cer-
carsi nelle successive potenze della dupla, eccettuatone il semitono dia-
tonico, che scopresi mezzo della sesquiterza armonica 14. 15. 16 :
essendo infatti il minore dei due semitoni, in cui risolvesi il tono mas-
simo 7/8 , che nel genere diatonico non ha luogo.
8. Che l'uso della quadrupla rendasi indispensabile , per provare
e far evidente, col mezzo dei compimenti, il riversamento di tutte le
dissonanze contro l'opinione di M.r Rameau, come già si è veduto nel
Cap. XXXIX .
Ora quest'è ben altro che dire essere la quadrupla una dissonanza ,
e solamente per abuso tollerata, ed annoverata alle consonanze.

160
CAPITOLO XLVI.

Dell'uso della proporzione geometrica nella musica

Con ottimo effetto si adoperano le dissonanze nella musica , come


è noto per la sperienza , e queste sono prodotte dalla proporzione geo-
metrica, come già si è detto; poichè scorgesi dissonanza nell'armonia,
qualunque volta due simili intervalli consonanti in un solo accordo
trovansi combinati, per es . due 5º e due 4º , o due 3° maggiori ecc. , la
qual cosa accade per l'introduzione di due mezzi fra loro geometrici in
una , o nell'altra delle ragioni consonanti usate nel componimento; ed
è questo un uso assai frequente della proporzione geometrica nella
musica.

2. La cagione poi del diletto che ricevesi dalle consonanze stesse


tutta risiede nella progressione dupla-continua che regna fra le parti
consonanti della serie armonica nella corda sonora , e i rispettivi residui,
come qui si vede :

1
Parti consonanti della serie armonica •
2 3 5

1 2 4
Residui della corda sonora .• •
2 3 5

Infatti la progressione dupla nella musica e nell'armonia corrispon-


de alla progressione dell'unità nell'aritmetica, e nella geometria . Se dun-

161
11 - Trattato della Moderna Musics
que progredisca l'unità senza fine, il prodotto sarà sempre unità; e se
parimenti progredisca la ragione dupla quanto si voglia, il risultato sarà
sempre di suoni equisoni, che tutti dalla stessa lettera musicale come
tali saranno caratterizzati, e perciò come un suono solo considerati . Le
dissonanze adunque nascono bensì dalla proporzione geometrica, ma
coll'esclusiva della proporzione dupla, da cui derivare non possono
suoni sostanzialmente diversi , ma equisoni, e sempre equisoni . E perciò
dalla stessa dupla progressione di 1.1/3.1/5 . risulta l'intero complesso
delle consonanze, e sue replicazioni, come qui appresso.

F. 1.2 . 4 . 8. 16 . 32 .
C. 3. 6. 12 . 24 . ecc .
A. 5. 10 . 20 .

3. Oltre gli usi mentovati della proporzione geometrica v'è quello


delle replicazioni usitatissimo nella musica , per es.

2 : 34 : 6 .: 4:58 10 .
F C F C FA FA

2.6 .
ove si considera come una 5ª , benchè l'intervallo sia di 12ª e
F C

4. 10 .
F A
si considera come una semplice 3ª maggiore, benchè l'intervallo sia di
10ª , e lo stesso metodo si tiene in qualunque intervallo , o consonante
o dissonante. Nel segnare i numeri sopra le note del basso continuo
si scrive sempre 3.5.7.9 . ecc . benchè nelle parti sieno disposti co-
testi suoni in intervalli più acuti per una o due ottave; e la nona con
questo stesso numero si usa di segnare anche allora quando, nelle parti
trovasi disposta nell'intervallo di 2ª , ed è questo un uso frequentissimo
nella musica. Quindi ne avviene, che la proporzione geometrica non
procede nella musica col rigore della geometria.
Infatti sono geometrici presso i musici 2.3.9 . , e 2.6.9 ;
ugualmente che 1.3.9 . , e 4.6.9 , presso i geometri; attesochè
a ciascheduna delle segnate combinazioni corrispondono precisamente
gli stessi suoni di F.Č.G. , soltanto che ora sono più vicini, or più
lontani : e l'analogia

2 : 36 : 9
FCCG

162
palesa geometrici anche 2.3.9 , e 2.6.9 , perciò che sono equi-
soni 3. e 6 .
4. Si aggiunge pur anche esservi nella musica varie dissonanze,
che tali sono per essere queste solamente di natura geometrica; im-
perciocchè dalla geometrica proporzione in qualche modo derivano.
Fra queste v'è la 9ª , che nella seconda armonia dell'accordo viene rap-
presentata dalla settima / ; nel qual caso cotesta 7ª non è geometrica
se non in origine , ed in virtù dell'equisonanza dell'8 " con la base 4
come si vedrà nel Lib. III.
Così pure la settima minore 9/16 nella quinta corda del modo mag-
giore o minore, non è geometrica a rigore , ma scorgesi però originata
dal riversamento della 9ª espresso da 9 : 12 : 16. La 9ª minore
poi composta bensì da due 5º, ma l'una maggiore, l'altra minore, e per-
ciò non geometrica per sè, trae l'origine dalla 7ª maggiore 8/15 (Lib. I ,
Cap. XXIX) e seco unisce , come la 9ª maggiore in un solo accordo due
basi :potissima cagione dell'asprezza della dissonanza, che non altra
origine può avere, se non la proporzione geometrica. Lo stesso accade
di varie altre dissonanze, di cui non serve diffondersi più oltre a favel-
lare, essendo cosa certa , che qualunque dissonanza è di natura geome-
trica o direttamente, o in origine e per deduzione, o manifesta , o involta
e coperta dalle varie combinazioni .

163
CAPITOLO XLVII.

Dei numeri platonici

Quanto poi ai numeri di Platone nel Timeo, che ponendo l'unità


nel vertice di un triangolo, i cui due lati sono così formati cioè il sinistro
dal 2 , dal suo quadrato 4 ; e dal suo cubo 8 : e così il destro dal 3 , dal
suo quadrato 9 , e dal suo cubo 27 ; dico che sono adattabili cotesti nu-
meri alla musica dei Pitagorici e Platonici solamente, i quali com'è ben
noto oltre le prime consonanze 8ª , 5ª, 4" , ed i loro composti (esclusa
però l'11 " ) non ammettevano se non il tono maggiore / per la melo-
dia, come differenza della 4" alla 5ª ed inoltre il limma 256/243 , come
compimento della 4ª relativamente al ditono. Si veda l'esempio 18° in-
cui aggiungo di mio solamente le lettere musicali per indicarne i corri-
spondenti suoni .
Scorgonsi però in questa serie di numeri chiare traccie delle prin-
cipali corde di modulazione del modo maggiore nelle rispettive sue quin-
te, cioè della corda principale C. G ; della quarta F.C ; e della
quinta G.D ; per lo contrario niun vestigio scopresi dei tetracordi ,
che formano il sistema dei Greci , (almeno in questo primo piano). E'
vero bensì, che quegl'intervalli volevansi riempiuti con due mezzi , l'uno
armonico, e l'altro aritmetico : quindi vien formato un altro triangolo,
che nel vertice porta il numero 6 onde inserirvi si possano le mento-
vate due medietà . Ma siccome tutto va a dovere nel sinistro lato dai

dupli intervalli formato e composto; così nel destro manifesto errore vi


si scopre, poichè fra il 36 e l'81 deve assolutamente collocarsi il 54;
ed escluderne affatto il 94 : ed in tal guisa troverannosi i triplici inter-
valli esattamente riempiuti dalle indicate due medietà , non meno che

164
F

F / 2 3 C

F 4 9 G

D
F 8 27

Esempio 180

gl'intervalli dupli , che formano il sinistro lato della seguente figura


(es. 19") , che il secondo luogo vedesi descritta nel Timeo di Platone.
Ora siccome la prima figura non contiene se non intervalli dupli ,
e tripli; così in questa seconda si veggono inoltre intervalli sesquialteri,
sesquiterzi e sesquiottavi, cioè quinte, quarte e toni . Si vogliono però
da Platone riempiuti col tono le quarte, fra i cui estremi collocatine
due, ciò che manca al compimento della quarta sarà la ragione di 256/243 ,
da esso chiamato limma, vale a dire defectus; ed in tal guisa formati i
tetracordi, due di essi disgiunti formano l'intera 8ª composta di cinque
toni e due semitoni.

Quanto fin qui s'è detto serve, ed avanza per spiegare il sistema
diatonico dei Greci. In qual modo poi questa dottrina possa adattarsi
alla creazione dell'anima, ed alla formazione del mondo non è mia
messe, nè mio impegno il rintracciarlo; ben più tosto dirò anch'io : Nibil
platonicis numeris obscurius. Ne hanno trattato Cicerone ( 1 ) , Plutar-
co (2) , Proclo Diadoco (3 ) , Calcidio ( 4 ) , Ficino ( 5) , ed altri vari autori,

(1) Cicero de Universitate.


(2) Plutarchus de procreatione animae.
(3) Proclus Diadocus in Timaeum Platonis.
(4) Chalcidius. Comment. in Tim. Plat.
(5) Ficinus. Comment. in Tim . Plat.

- 165
C

9
F 8 G


G 9 12 C


C 12 18 G

F / 16 27 D

G 18 36 G

C /24 54 D

F 32 81 A

G /36 108 D

C /48 162 A

Esempio 190

ma per mio credere nulla più rilevarsi può da questi (per altro celebra-
tissimi uomini) di quanto può intendersi nello stesso Platone , di cui
presso a poco ripetono soltanto le parole.
In simiglianza però dei triangoli platonici , uno in tre ordini di nu-
meri diviso ne propongo io, adattato alla moderna musica , ed espresso
nell'es. 20°.
Raccolgonsi in questo triangolo tutte le sette voci; onde formasi
il moderno sistema, cioè una scala composta di tre toni maggiori . due
minori e due semitoni diatonici ; e mi spiego, per qual via io introduca,
e con qual metodo io disponga il nuovo lato aggiunto .
E' cosa trita, e manifesta, che dalle replicazioni dei suoni indicati
dai tre seguenti armonici e consonanti numeri 1.3.5 . ovvero sia
1.¹³.¹½ . ne vengono formate tutte le moderne consonanze : e sono
questi come un dato presupposto ed innegabile nella musica . Ora dun-
que se ai tre numeri suddetti s'aggiunga un quarto proporzionale e si

166
continui poi l'analogia, sarà 1 : 3 :: 5 : 15:45 . Le annesse lettere
musicali nel triangolo, manifestano di questi nuovi numeri i corrispon-
denti suoni, che delle tre quinte F.C ; C.G ; G.D ; formano in-
fatti le consonanti rispettive terze.
Che poi il lato aggiunto non deducasi in proporzione continua ,
principiando dall'1 come nei due primi, punto non mi cale; anzi stan-
do sulle traccie di Platone mi lusingo di coglier nel segno. Dice il gran
filosofo (6) : Ex ea substantia quae individua et semper eadem similisque

F 3 C
8

2
ભેં

b
w
4

F 9 G

F 27 D

5. 15.45.

A E B

Esempio 200

est, ecco indicato il lato sinistro del triangolo, i cui numeri 1.2.4.8 .
recano suoni tutti fra di loro equisoni : quali nella musica sono le repli-
cazioni . Tosto poi soggiunge : ex ea rursus (substantia) quae circa cor-
pora dividua fit, ove chiaramente annuncia il destro lato, i cui numeri
1.3.9.27 . recano suoni l'uno dall'altro tutti diversi, come lo sono
tre quinte o consecutive , o l'una dall'altra per una duodecima distanti ,
ciò che in appresso si farà più manifesto . Indi segue a dire : tertiam

(6) In Timaeo.

167
substantiae speciem commiscuit mediam, quae rursus esset nature ipsius
-
ejusdem, - naturae ipsius alterius particeps, eamque per baec mediam
constituit inter individuam substantiam, et eam quae circa corpora dividi-
tur. Ea cum tria sumpsisset in unam speciem omnia temperavit. Parla
qui chiaramente il filosofo di una terza sostanza , che partecipa della
natura dello stesso, e della natura del diverso : dunque con una terza se-
rie di numeri e suoni deve questa essere espressa . Che poi vengano in
acconcio quelli ch'io dispongo nel lato aggiunto, lo accenna il chiaro
autore dicendo : eamque per haec mediam constituit... Ea cum tria sum-
psisset in unam speciem omnia temperavit . Certamente niuno ignora, che
la 3ª sta di mezzo fra la base e la 5 " , e che insieme uniti questi tre suoni ,
esprimono la perfetta e più unita armonia consonante . Infatti del mio
lato aggiunto l'A forma la 3ª di F , di cui C è la 5 " ; così l'E forma la 3ª
fra Ce G. Finalmente B forma la 3ª fra G e D; e col mezzo poi della

dupla progressione, ovvero sia delle replicazioni verranno coi seguenti


numeri espresse le mentovate armonie; cioè

4. 5. 6. 12. 15. 18. 36. 45. 54 .


F'A C 'C E G 'G B D

In tal guisa solamente cred'io che possa spiegarsi il sentimento di


Platone, quanto alla musica, o all'armonia , di cui gli è piaciuto servirsi ,
come di un tipo, o d'una immagine , per spiegare la creazione dell'ani-
ma e del mondo. Avverto però ch'io intendo qui i numeri di tutt'e tre
i descritti triangoli , come divisori dell'unità, poichè volgarmente intesi ,
tutto anderebbe in rovina quanto all'armonia.
Ingenuamente pertanto confesso, che considerati i numeri platonici
come tanti aggregati di unità, l'armonia dei corrispondenti suoni scor-
gesi retrogada e disordinata, nè può reggersi . E che di numeri interi
parli il filosofo è cosa manifesta; poichè dice : Unam principio accepit
ex universo portionem . Secundam autem primae partis duplam. Deinde
tertiam, quae secundae sèsquialtera esset, primae tripla. Postea quartam
secundae duplam. Quintam deinceps tertiae triplam . Sextam primae
octuplam Postremo sesptimam, quae partibus sex et viginti primam exce-
deret, etc.

Quindi pertanto a chiare note si deduce, che codesto platonico


sistema applicato alla musica ( alla nostra certamente) la sfigura in stra-
no modo; ed invece di farne un piano ordinato ne fa un mostro.
Qui potrebbe forse dirmi alcun moderno, che tale è l'andamento
delle vibrazioni : ma già di ciò si è parlato quanto basta nel Cap . XVIII .
Dico però che il ripiego non ha luogo, mentre non può negarsi che della
materia la maggior porzione rappresenta ed esprime sempre il grave, e

168
la porzione minore rappresenta l'acuto; e dei corpi sonori in genere i
maggiori producono il suono più grave in confronto dei minori . che
rendono l'acuto . Nondimeno bella cosa sarebbe il rilevar lo stato di quel-
la prima porzione della sua dupla , e della tripla, ecc. poichè potrebbesi
quindi rintracciare l'andamento e l'ordine di quella mondana armonia .
Ma di ciò, quanto a noi , si è parlato ormai più del bisogno; rimetten-
domi pel restante a quanto ne dice l'eruditissimo P. M. Martini nella
dotta sua dissertazione : De usu proportionis geometricae in musica.

169
CAPITOLO XLVIII .

Che da 1.1/3.¹½ . deriva tutto il nostro sistema musicale

Il sistema armonico-consonante base e fondamento di tutta la mu


sica, è il risultato di tutte le consonanze ordinatamente unite in un solo
accordo . Le consonanze sono sette , cioè 8ª , 5" , 4" , 3ª maggiore, 3* mino-
re, 6" maggiore, 6ª minore; e queste tutte si ravvisano in 1.1/3.1/5 .
colle sue replicazioni fino ad ¹ /8 inclusivamente : cioè 1.2.3.4.5 .
6.8 . intesi pure come divisori dell'unità. Da 1/2 abbiamo l'8 " ; da 2/3
3
la 5ª; da ³/ la 4ª ; da */5 la terza maggiore; da / la 3ª minore; da ³/5
la 6ª maggiore; da 5/6 la 6ª minore . Che se più oltre vogliasi progredire
colla divisione di 1.1/3.1/5 . non già nuove consonanze, ma delle
precedenti radicali soltanto le replicazioni si avranno. Sono dunque le
sette mentovate tutte le consonanze radicali, che equitemporaneamente
poste in uso, formano il più perfetto e completo accordo consonante.
Dunque da 1.1/3.1/5 . deriva il sistema armonico-consonante. Nè qui
v'è luogo ad opposizione o dubbietà di sorte alcuna .
La scala diatonica è un composto di consonanze e dissonanze al
numero di otto voci . Poichè dunque tre solamente sono le voci conso-
nanti , altre quattro ne abbisognano, che coll'ottava del suono grave giun-
gano a formare l'intera scala ; queste di necessità devon essere dissonan-
ti : e perciò svelate che sieno avremo insieme la scala diatonica , e le
quattro dissonanze.
Esaminando la scala che risulta dall'ordinata divisione della corda
sonora, scorgesi essa composta di nove voci espresse da 8.9.10 . 11 .
12. 13. 14. 15. 16. , mentre la nostra diatonica ne conta otto sola-
mente. Oltre di che vi sono le voci 11. 13. 14. che rimanendo escluse

170
a gran ragione dall'armonia e dalla melodia, certamente non convengo-
no alla nostra moderna musica.

Ecco le due scale in confronto

8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16 .


Scala della corda sonora
F G A ВИ C D Eb E F

24. 27. 30. 32. 36. 40. 42 2/3 . 45. 48


Scala diatonica
C D E F G A Bb ВИ С

Moltiplicati dunque pel 3 i numeri della prima scala fondata in


F fa ut, (domanda 2" ) ne sorge la scala diatonica di C sol fa ut. Non
convengono però queste due scale nella 4ª e nella 6ª corda. Nella 4" la
differenza è di 32/33 ; e nella 6ª di 39/40 . La 7ª corda non ha luogo nella
scala diatonica, e soltanto vi si è posta per conservar l'ordine della scala
della corda sonora .
Prese nondimeno dalla scala suddetta le quattro voci consonanti
8. 10. 12. 16 ; e le due dissonanti 9. 15. come che prodotte anch'es-
se da 1.3.5 . ed esclusi perciò 11. 13. 14 ; rimangono da scoprirsi
due sole voci, cioè la 4ª e la 6".

Seguendo pertanto l'indicata traccia, ( Lib. II ) dal 9 quadrato del


3 passeremo al cubo 27, che ci porge la 6ª corda dell'ottava; e dalla
proporzione continua passando alla discreta avremo la quarta corda 45
nella seguente analogia 15 : 9:45 . numeri dedotti tutti da
1.1/3 .. E ne viene quindi formata la seguente figura, la quale
con gli stessi numeri e suoni ci dipinge tre accordi consonanti e tre dis-
sonanti.

Orizzontali
armonici e consonanti

1 . 3 . 5 .
F C A

3 • 9 . 15 •
C G E
9 . 27 . 45 .
G Ꭰ BE

Sono dunque le voci componenti l'intera 8ª , o scala diatonica; cioè


le consonanze unite alle dissonanze .

171
1.3.5.9 . 15. 27. 45 .
FCAGED B

che approssimati e ridotti a gradi esprimono una vera scala nel modo
che segue :

F G A Вы C D E F
8/9 9/10 8/5 15/16 8/9 9/10 15/16
32. 36. 40. 45. 48. 54. 60. 64 .

Non si vuol già che sia questa la scala, ch'è base e fondamento
del modo maggiore armoniale; ma è vero altrettanto essere questa una
delle sette diatoniche scale (Vedi Cap . XLV) .
Infatti la scala diatonica in genere (nella moderna musica) è com-
posta di tre toni maggiori da /9 : di due minori da 9/10 : e di due semi-
toni maggiori da 15/16 . Il fatto prova e in una occhiata si vede che tale
è la scala suddetta; dunque ella è vera scala diatonica . Che poi sia de-
dedotta da 1.3.5 . or ora si farà manifesto, riflettendo che

9 3X3
15 = 3 ×
X 5
27 3 ×3 × 3
453 X3 X5

dunque oltre le consonanze, anche le dissonanze, e la scala diatonica


derivano da 1.3.5 .

Rimangono pertanto esclusi come inconcinni i suoni corrispondenti


ai numeri 7. 11. 13. e della loro esclusiva la cagione è patente, forte
e chiara : perciò che sono essi i mezzi armonici delle tre consonanze se-
condarie, cioè di meri compimenti .
Qui deve rammentarsi il lettore dell'accennata divisione delle con-
sonanze in principali e primarie; ed in derivate e secondarie , che sono
i compimenti delle principali e per servirmi della frase del Cartesio,
le ombre dei rispettivi corpi, cioè la 4ª della 5 " ; la 3ª minore della 6ª
maggiore; la 6ª minore della 3ª maggiore .
Delle sette consonanze, che nascono dalla divisione della corda so-

nora , l'8" che è la prima e la più perfetta, è compimento di se stessa :


-
Alpha Omega. Le altre sei sono ripartite in primarie e compimenti .
come nella seguente figura qui descritta si veggono coi rispettivi loro
mezzi armonici .

172
Consonanze armonicamente divise

Ottava
2.3.4 .
Primarie Compimenti

Quinta Quarta
4.5.6 . 6.7.8 .

Sesta maggiore Terza maggiore


6. 8. 10 . 10. 11. 12
12 .

Terza minore Sesta minore


8. 9. 10 . 10. 13. 16 .

Ecco svelata la natura e l'indole dei numeri 7.11.13 . onde ri-


mangono esclusi i loro corrispondenti suoni, come inconcinni dalla
scala diatonica, e perciò anche dalla melodia e dall'armonia . Laddove
i sette indicati numeri componenti la scala diatonica sono tutti mezzi
armonici delle consonanze principali e primarie, e derivano da 1.3.5 ;
come lo manifesta la seguente tavola.
23

Ottava 2 3 4 F. C. F
Sesta maggiore 4 5 C. F. A

Quinta 4 5 6 F. A. C
Terza maggiore 8 9 10 F. G. A

Quinta 12 15 18 C. E. G
Terza maggiore 24 27 30 C. Ꭰ . E

Quinta | 36 | 45 54 G. B. Ꭰ

Si osservi però, che i due numeri 9 e 27 sono i mezzi armonici


di due diverse terze maggiori, l'una ( 8.9.10 . ) propria della scala ar-
monica; l'altra (24. 27. 30. ) della scla diatonica, ed essa appunto spe-
cifica il modo maggiore in quella specie di 8ª , che n'è la base e fonda-
mento .

Oltre le due terze maggiori veggonsi pure nella stessa tavola tre
diverse quinte (4.5.6 . ) ( 12. 15. 18. ) ( 36.45.54 . ) appartenenti,
l'una alla principal corda C del modo maggiore; l'altra alla quarta
corda F ; e la terza finalmente alla quinta corda G. Ma queste appunto
sono le tre proprie , e principali corde di modulazione del modo mag-

- 173
giore : che più dunque può desiderarsi? che più, per convincersi che
da 1.3.5 . deriva tutto il nostro sistema musicale; cioè tutte le con
sonanze, e le dissonanze , la scala diatonica, ed il modo maggiore con la
sua modulazione : rimanendo esclusi come inconcinni, e rigettati i suoni
che corrispondono ai numeri 7. 11. 13. ?
Opporrà forse taluno, che alla moderna musica appartiene pur an
che il modo minore, di cui non s'è fatto parola . A questi però si rispon-
de, che siccome il modo minore armoniale ha per base una ottava delle
sette diatoniche, che derivano da 1.3.5 . trovasi pur esso qui com-
preso; e le ragioni per cui viene fissato all'8 " di C sol fa ut, il modo
maggiore, sono pur esse quelle, per cui all'8 " di A la mi re, il modo
minore viene appoggiato, come si vedrà nel Libro Secondo.
E poichè nulla si vuol dissimulare , soggiungo che a bello studio
s'è qui ommesso 5X5 , attesochè il minor semitono 24/25 non con-
viene al sistema puro diatonico. Ha luogo però nel modo minore, al-
lorchè nella modulazione si dichiara misto di diatonico e cromatico.
Ciò che renderassi chiaro e manifesto, allorchè di proposito si ragionerà
del modo minore, e degl'intervalli eccedenti e diminuiti ad esso spet-
tanti in specialità .
Qui pongo fine al Primo Libro, in cui mi lusingo d'aver a suffi-
cienza steso il piano scientifico della musica, appoggiato sempre alle ra-
gioni, e proporzioni, senza di cui certamente non può sussistere, e nè
tampoco esistere la scienza armonica. Nel Libro II si darà la teoria di
tutto ciò che concerne e dà l'essere alla musica pratica.

174 ---
LIBRO SECONDO
I. - INTRODUZIONE ( 1 )

La presente nostra musica trae la sua origine incontrastabilmente


dal canto ecclesiastico che altri chiamano piano ed altri canto fermo.
Infatti Guido d'Arezzo fu il primo giusta il concetto passato che
cominciò ad accopiar varie parti in armonia dopo aver fatto piano e fa
cile il modo di apprendere il canto col mezzo delle sillabe (- ut, re, mi,
fa, sol , la , - ) da lui cavate dall'Inno « Ut queant laxis » ed accopiate alle
dette gregoriane lettere.
Inoltre osservabile rendesi che la musica armonica quasi che non
avesse toni o modi suoi propri si è servita dei toni ecclesiastici fino al
principio del presente secolo in circa.
Rende chiara forse questa verità anche l'osservazione che tutti i
componimenti armonici vanno appoggiati al canto ecclesiastico e però
i Salmi avevano posseduti dall'ecclesiastica intonazione. Le Messe ave-
vano per titolo ordinariamente un Inno o un Antifona o altre simili cose.
La farraginosa e implicata dottrina della legatura delle note lo di-
mostra altresì ad evidenza, mentre codeste legature osservansi essere le
stesse che nei libri di canto ecclesiastico si osservano, se non che quelle
della musica sono in maggior numero attese le molte combinazioni che
in esse accadono per il motivo del valore delle note che nel campo ec-
clesiastico non si considera .
Il canto fermo spesse volte era la base della composizione armonica
come osservasi in vari Introiti di Matteo Asola veronese . Altre volte era
per lo più appoggiato il canto fermo al tenore come ha fatto fra gli al
tri il celebre Padre Costanzo Porta cremonese Minore Conventuale nei

(1) Dal Busi e dalla data posta sulla copertina del MS. di questo II Libro, si può
dedurre che esso fu in possesso, almeno dal 1891 al 1902, di Mons. Pietro Bertapelle,
Canonico in Venezia. Ora nell'Archivio musicale della Cappella del Santo, Padova
[N. d. E. ] .

177
12 Trattato della Moderna Musica.
suoi Servizi di tutto l'anno. Conferma poi il nostro assunto l'uso di tra-
sportare i toni modali poichè osservasi che fino al principio di questo
secolo nessun compositore di musica si è avventurato a porre alla chiave
più di un bemolle e niun affatto diesis; e la ragione si è che nel canto
fermo vi è bensì il canto di bemolle; ma essendo questo fondato nell'esa-
cordo di Fa, un sol bemolle occorreva nella quarta corda per formare

la giusta diatessaron che è una ragione di 4.3 ovvero sia di ¹/ e


1/4 . Siccome poi nè il canto di natura nè il canto di bequadro 4 ,
esigono il diesis # nei suoi rispettivi esacordi, così niuno si è mai fatto
lecito di porre alcun diesis alla chiave : Questo uso aveva tal vigore
che anche nel presente secolo molti scrittori si sono astenuti di porre
il diesis alla chiave anche in quei componimenti nei quali più d'uno
sono necessari come in quelli che sono appoggiati alle corde di A e D
con terza maggiore.
Nel progresso del seguente Libro vieppiù si renderà manifesta que-
sta verità e per ora basterà ciò che si è detto.

II. - SISTEMA DELLA MODERNA MUSICA

Gli antichi chiamarono sistema l'unione di vari tetracordi ascen-

dendo dal grave all'acuto e diedero a ciascuna corda un nome greco.


Codeste corde erano segnate con lettere pure greche, inverse, giacenti ,
voltate a dritta o a sinistra e quindi pensò S. Gregorio Magno di appli-
care alle corde la sola prima delle lettere dell'alfabeto latino, così fatto
che sette solamente sono le corde diatoniche della diapason essendo l'ot-
tava nello stesso tempo termine della diapason e principio di un'altra
più acuta.
Distinguevano dunque i Latini le varie diapason scrivendo nel più
grave le lettere suddette, maiuscole, nell'altra più acuta usavano lettere
minute. Nel terzo più acuto, lettere minute raddoppiate . E così stava la
musica latina fino all'undecimo secolo in cui fiorì Guidone d'Arezzo che

aggiunse alle lettere gregoriane le sei sillabe sopra mentovate. Aggiun-


se però nel grave il primo gamma greco G. e da questa principiando
distribuì il sistema in lettere esacordali , cioè tre in G. , due in C. , e
due F.
A codesto sistema diede Guidone il nome di sistema introduttorio
e altri lo chiamarono « La mano di Guidone» , perchè aveva egli situate

178
e disposte a ciascun articolo della mano sinistra le lettere e le sillabe
del suo sistema per maggior facilità d'insegnarlo .
Da questo sistema nacque l'uso del solfeggio, intendendosi sotto
questo termine, l'arte di adattare a ciascuna corda una delle sei sillabe
secondo l'esigenza della proprietà del canto. Si è poi sempre conservato
in genere l'uso di solfeggiare; se non che, alcuni hanno tentato di in-
trodurre e sostituire altre sillabe alle guidoniane, come fece nel princi-
pio di questo secolo M.r Laurent e il signor March pochi anni or sono.
Alcuni oltramontani non variando le antiche sillabe hanno creduto di
poterne togliere ut e re senza detrimento, e altri alle sei hanno ag-
giunto la settima SI per esprimere la settima corda dell'ottava. Niuno
però ha intrapreso di variare la disposizione delle corde, e però la pianta
del sistema rimane intatto.
Mentre però dico che il sistema di Guido rimane intatto, non in-
tendo di escludere le corde intermedie fra tono e tono, perchè infatti
laddove Guido ha diviso solamente il tono che è fra A e B ponendo fra
le due corde la corda Bb , sono stati divisi in appresso tutti gli altri toni,
cioè fra C e D il C#; fra De E il Eb ; tra Fe Gil F ; e tra Ge A
il G#; così come nel diatonico l'ottava è divisa in cinque toni e due
semitoni nel genere che noi diciamo cromatico, resta divisa l'ottava in
12 semitoni; e siccome nell'ottava diatonica vi sono toni maggiori e toni
minori, così nell'ottava cromatica si trovano semitoni maggiori e semitoni
minori; ma di ciò parleremo in seguito in altro luogo.

III. - SISTEMA NUOVISSIMO DELLA MUSICA MODERNA

La invenzione di Guido , che introdotto con tanto vantaggio il sol-


feggio nella musica, si trova essere difettosa , perchè avendo disposte le
sue sillabe in tanti esacordi ne è quindi nata la difficoltà delle muta-
zioni che nei principianti serve di remora al progresso che potrebbero
fare. Essendo stata aggiunta nel 1599 da Enrico Puteano alle sei sil-
labe di Guido la sillaba Si da applicarsi alla settima corda, ho pensato
di formare un nuovo sistema composto di sette ottave applicate ad una
serie di 27 corde seguenti.
Siccome poi i sette esacordi di Guido si riducono a tre soli, per
avere il loro principio solamente da tre corde diverse, cioè G, C, F,
che costituiscono le tre proprietà del canto di , di natura, e di b,
così le sette ottave che io sostituisco , si riducono per la stessa ragione

--- 179
a tre, variato solamente l'ordine, essendo la prima ottava di C tono
naturale, la seconda di F tono trasportato dal naturale al b , e la terza
di G tono trasportato dal naturale al diesis.
Nel sistema di Guido si osserva la divisione del tono di A a B in
due semitoni A Bb e Bb Bb , ed a ciò fù indotto dalla necessità di for-
mare la giusta diatessaron fra F e B per conformare l'esacordo F a
quello di G e di C; nè più oltre ha proceduto non esigendolo la forma-
zione dei suoi esacordi.
Se invece di esacordi avesse formate intiere ottave, avrebbe rile-
vata la necessità di dividere inoltre anche il tono che trovasi tra F e G,
poichè altrimenti non avrebbe potuto uniformare la ottava di G a quella
di C. Egli ha dunque diminuita col bemolle la corda di B nell'esa-
cordo di F per uniformarlo nella serie ed ordine delle intonazioni ai
due esacordi di Ce di G.
Avrebbe dunque veduta la necessità di alterare col diesis la corda
F nella ottava di G per uniformarla alle due ottave di C e di F che
nella settima corda hanno naturalmente la intonazione maggiore; ed
ecco resa chiara ed evidente la necessità di dividere il tono di F a G
in due semitoni, e per conseguenza di introdurre nel sistema la corda
F formando due semitoni Fe F#, e F# G.
L'utilità poi, anzi la necessità di questa corda di F# aggiunta , si
rileva nella modulazione del tono maggiore e naturale appoggiato alla
ottava e corda di C , essendo essa corda di F# analoga e prossima alla
intonazione della quarta corda dell'ottava naturale espressa dal n . 11 .
Siccome per la stessa ragione cade in acconcio la corda Bh per
essere analoga e prossima alla intonazione della settima corda del-
l'ottava naturale espressa dal numero 14 .

180
384 C ut

360 B si semitono

340 Bb semitono

320 A la tono

288 G ut sol semitono

272 F# si semitono

256 F ut fa semitono

240 E si la mi tono

216 D la sol re tono

192 C ut sol fa ut semitono

180 B si mi semitono

170 Bb fa semitono

160 A la mi re tono

144 G ut sol re ut & semitono

136 F si semitono

128 F ut fa ut semitono

120 E si la mi tono

108 D la sol re tono

96 C ut sol fa ut B semitono

90 B❘ si mi semitono

85 Bb fa semitono

80 A la mi re tono

72 tono
G | sol | re| ut

64 F fa ut 2: semitono
&

60 E mi tono

54 D re tono

48 C ut

-- 181
Nella prima colonna a sinistra sono disposti i numeri applicati
alla estensione di 4 ottave seguenti nell'ordine diatonico o naturale,
nella seconda segue l'ordine naturale delle lettere gregoriane, se non
che essendo nel sistema guidoniano diviso in due semitoni il tono A B,
in questo nostro nuovo sistema si vede diviso in due semitoni anche il
tono di F G.
Quegli divise il tono A B, perchè vide la necessità di diminuire
la corda B laddove noi dividiamo il tono F G attesa la necessità di

alterare la corda F egli diminuì la corda B per formare il tetracordo


FB simile ai due tetracordi G C e CF.
Noi abbiamo alterato la corda F per formare l'eptacordo G F,
simile ai due eptacordi C B e F E.
Egli pertanto divise il tono A B formando i due semitoni A Bh
e Bb B ; noi dividiamo il tono F G formando i due semitoni F F#
e F# G. Seguono dopo le sette ottave che nella lettura sono simili e
la differenza consiste solamente nella varietà delle corde nelle quali
cominciano e sono fondate : la prima cioè in C - la seconda in Fla
terza in G. Si vede poi nella lettura di esse ottave, oltre le sei sillabe
guidoniane - UT - RE - MI - FA - SOL - LA- aggiunta anche la sil-
laba SI adattata alla settima corda delle stesse ottave .

Già si è detto che questa sillaba fù inventata da Enrico Puteano


per togliere l'incomodo delle mutazioni ; ma è inoltre commendabile
perchè distingue il tetracordo acuto dal grave . Questo da C a F, leggi
ut re mi fa - quello da G a C, leggi sol la si ut.
Ciò che si dice dell'ottava di C, si dice modernamente delle ottave
di F e di G.
Nell'ultima colonna finalmente si distinguono gli intervalli di to-
no o di semitono che trovasi fra una corda e l'altra.
Ne segue dunque in conseguenza che l'alfabeto musicale sarà al-
quanto cambiato da quello di Guidone e sarà :

A LA MI RE - B SI FA MIC SOL FA UTD LA SOL RE


E SI LA MI - F FA UT SIG SOL RE UT

e tutta la varietà consiste nella sillaba SI aggiunta o vero sia appli-


cata alla settima corda di ciascheduna ottava secondo la differenza delle
specie del canto.
Laddove gli antichi pertanto distinguevano tre generi di canto
-
col nome di canto di natura C , di bemolle F e di bequadro G, noi

182
consideriamo sinonimi il canto di natura e di , e però alla corda C
secondo noi conviene il canto di natura ossia di ; a quella di Fil
canto di bemolle ed a quello di G il canto di diesis .
Lo che vie meglio si intenderà e sarà dimostrato allorchè parle-
remo della natura ed effetti dei tre musicali accidenti :

4, b, #.

183
CAPITOLO I.

Dell'alfabeto musicale

Le prime sette lettere dell'alfabeto latino formano l'intero alfabeto


musicale, se non che a Guido di Arezzo è piaciuto dargli principio col
Gamma greco. Vogliono alcuni che Guido abbia in tal guisa voluto
rammentarsi alla posterità come autore del sistema di vari esacordi com-
posto e formato. Altri, sostengono di aver egli dato principio al suo si-
stema col Gamma in riconoscimento ai Greci i cui tetracordi furono

la base e in certo modo gli antesignani dei suoi esacordi. Io però son
ben persuaso che ciò facesse per pura e mera necessità condotto, ed ec-
cone la mia forte ragione.
Tre generi di canto si distinguevano nel canto fermo, nè altra
musica conoscevasi a quei tempi : di natura , di bemolle e di bequadro .
Dispone dunque l'esacordo C di natura in mezzo agli altri due e
perchè principiando dall'esacordo di F di bemolle venivano aggiunte
due lettere sotto la prima lettera A, prescelse e fissò nel grave l'esa-

cordo G di bequadro, trasferendo quello di F all'acuto .


L'ordine però delle chiavi da esso stabilito F C G prova ab-
bastanza la mia opinione .

Il canto di bequadro dunque stà compreso nel seguente esacordo :

GA B C D E

quello di natura nell'esacordo :

CDEFGA

- 185
finalmente quello di bemolle nell'esacordo :

F G A Bb C D

replicando poi gli stessi esacordi verso l'acuto fino al numero di 22


voci. La figura di questo sistema trovasi in quasi tutti gli autori di mu-
sica e perciò, reputo superfluo di trascriverlo.
Applicate queste lettere alle sette voci di cui è composta l'intera
8" diatonica si chiamano lettere gregoriane , o perchè S. Gregorio Ma-
gno ne sia stato l'inventore , o per sua insinuazione da qualcun altro
a questo uso adattate e quindi in pari guisa si dice , correzione grego-
riana quella, che per comando del Papa XIII° di questo nome fù fatta
e forse anche ad honorem, come il Galileo diede il nome di <« stella
medicea» ai satelliti di Giove, da esso lui scoperti .
Comunque siasi, l'utilità di queste lettere applicate ai vari suoni
è molto maggiore di quanto al primo aspetto ne apparisce.
Da questo infatti vengono determinati gli intervalli di 2" , 3ª, 4º ,

ecc. , mentre nel sistema nostro appoggiato allo strumento da tastatura ,


molti ne sarebbero di equivoci per es.: la 2ª maggiore composta di
un tono e la 3ª diminuita composta di due semitoni , la 7ª minore com-
posta di quattro toni e due semitoni e la 6ª eccedente composta di tre
toni e un semitono e un triemitono , che materialmente presi e consi-
derati formano quattro toni e due semitoni atteso che servono gli stessi
tasti dello strumento per ambedue codesti intervalli .
Si distingue però la 2ª dalla 3ª poichè, questa abbraccia tre let-
tere e quella due solamente; così pure l'una dall'altra si distinguono
la 7ª minore dalla 6ª eccedente, perchè quella abbraccia sette lettere
mentre questa ne abbraccia solo sei . Quanto poi qui accenno degli in-
tervalli equivoci, sarà in appresso più diffusamente spiegato.

186
CAPITOLO II .

Delle sillabe musicali

Alle lettere gregoriane dei suoi esacordi volle Guido accopiare le


sei sillabe - ut, re, mi, fa, sol, la - estratte dalla prima strofa - dell'inno
« Ut queant laxis Resonare fibris etc. » e quindi ne compose la celebre
sua mano ovvero sia il suo sistema dei : Ġ sol, re , ut - A la, mi , re
B fa , mi - C sol, fa , ut - D la, sol , re- E la, mi - F fa, ut - che

oltrepassando le sei voci richiederà mutazione delle sillabe , atteso il


passaggio che venivasi a fare da uno ad un altro genere di canto v. gr.
dal canto di ↳ a quello di natura o da questo a quello di þ .
Erano dunque indispensabili le mutazioni nel solfeggiare, qualora
l'estensione delle voci oltrepassava un esacordo.
Ad ogni modo però , a codeste mutazioni volendosi liberare gli
oltramontani adattarono poscia alla settima corda della scala di C sol ,
fa , ut, la sillaba SI acciochè senza mutazioni solfeggiare si potesse in
qualsivoglia estensione di voci .
Quindi il sistema ridotto all'estrema semplicità viene espresso co-
me segue: Cut; D re; E mi; F fa; G sol; A la; B si.
Sembrami soverchiamente semplice codesto sistema , poichè ab-
braccia la sola principale ottava di C`base e modello del modo maggiore
armoniale, ma cotesto nella più ristretta sua modulazione, non può an-
dar disgiunto dalle scale di F e di G, quella quale trasporto in figura
dib e questa quale trasporto in figura di # della suddetta scala di C.
Dunque la quarta corda di F non dicasi più SI nè la 7ª corda
di G si dirà Fa come che alterata dal #. Insomma per quanto ne di-
cano gli esteri a gran ragione gli Italiani si attengono all'antico e pri-
mitivo metodo di solfeggiare .

187
Ma perchè il prurito di innovazione non ha confini , altri in ap-
presso coll'idea di recar il solfeggio all'apice della facilità per i princi-
pianti, hanno adottato 12 monosillabi adattati ai 12 tasti lunghi e corti
del clavicembalo.
Mentre però io ammiro coteste belle invenzioni, costantemente mi
attengo al solfeggio dell'Aretino, appoggiato al sistema diatonico in
genere; tanto più che la richiesta mutazione nel solfeggio per giun-
gere all'8ª nella scala di C sol fa ut, ci fa scorgere patentemente la
somiglianza dei due tetracordi C F e G C in cui si risolve l'8ª stessa come
qui appresso :

C D E F : GAB C
do re mi fa sol re mi fa

E quanto agli accennati 12 monosillabi , molti e non leggieri sono gli

inconvenienti che ne risultano, anni sono da me svelati e prodotti ad


un rispettabile cavaliere che intorno ad una tal sua invenzione richiese
il mio parere .
Volle nondimeno pubblicare il suo sistema di solfeggio non solo
come utilissimo e necessario, ma inoltre come novissimo poichè gli era
ignoto quello di M.r Boisgelon .
Mi attengo nondimeno, lo replico, al solfeggio guidoniano; e,
alla difficoltà, che si reca per il solfeggio dei tasti corti e per meglio
dire dei modi trasportati è facile il riparo.
Basta dunque esercitare i giovani dal bel principio a cantare al
naturale su tutte le sette chiavi, quindi a qualunque componimento tra-
sportato adattare la rispettiva chiave, che sarà chiamata chiave di let-
tura e con tutta facilità solfeggeranno e canteranno con uno e più ☀
ob alla chiave fissati.
Così se per es. il soprano avrà due ɓ obbligatori , sarà la chiave di
lettura quella del tenore che dovrà segnarsi senza accidenti, avanti
quello di soprano con i due be in tal guisa si solfeggia al naturale
qualunque cantilena trasportata, essendo cosa certa, certissima che in
qualunque modo trasportata richiede il rispettivo modo naturale, mo-
dello di tutti i trasporti .
In questo mio Trattato, però prescindendo da ogni sorta di solfeggio,
siccome per la 2ª domanda ho fissato la lettera F, così, come ho fatto
in tutto il corso del Iº Libro, proseguirò in qualunque divisione della
corda stessa, a segnare i suoni colle 7 lettere e colla giunta del ob
ove abbisognino .

188
CAPITOLO III.

Del sistema musicale moderno

Iº ) All'intera data corda sonora suppongo una volta per sempre


applicata la lettera F fa , ut (domanda ÏÏ") .
II ) E poichè i soli numeri pari sono composti, mentre tutti i di-
spari sono numeri primi nella musica (Assioma 3°) , perciò , per scoprire
i vari suoni che si producono dalle varie divisioni della corda sonora ,
basterà dividerla per i numeri dispari 3, 5 , 7, 9, etc.
III ) I numeri che progrediscono dai minori ai maggiori, devono
intendersi come termini della serie armonica , cioè : 3 , 5 , 7 , 9 , come
1/3 1/5 1/71/9 (domanda III" ) .
IV°) Da 1 , 3 , 5 , derivano tutte le consonanze e le dissonanze
(Libro I , Cap . 48°); dunque per il sistema diatonico risulteranno i
numeri e suoni seguenti :

1 3 5 9 15 27 45
FCAGED B

V°) E poichè di questi sette suoni, i primi tre solamente sono con-
sonanti e gli altri quattro sono dissonanti, debbono questi perciò ridursi
a proporzione geometrica ( Libro I° , Cap . 31 °) come qui appresso :
:: 1 , 3, 9 , 27 , ed inoltre 1 : 3 :: 5 : 15 : : 15 : 45 : .
VIº) Continuando poi la tripla progressione continua , si scopri-
ranno anche i suoni propri dei tasti corti che io chiamo di doppia
figura , atteso che rappresentano # o b .
VII ) Siccome poi quattro 5º continue compongono una 16ª , 17" ,
ossia 9ª e 10ª crescenti di un comma, quindi avviene che il 5° termine di

189
ciascheduna tripla progressione deve essere riposto e rimesso nella giu-
sta e precisa sua intonazione.
81 deve cambiarsi in 80 , termine molteplice del 5°, cui il suono
di A la mi re precisamente corrisponde (num. IVº) .
Così 405 deve cambiarsi in 400, termine molteplice del 25 , cui cor-
risponde il suono di C# : E per la stessa ragione a 2025 deve sosti-
tuirsi il 2000, termine molteplice del 125 , cui corrisponde in precisione
il suono di E# .
Ciò che si è detto delle quattro 5º continue, si intende detto anche
della progressione di quattro ' triple, cosa per altro per sè chiara e ma-
nifesta .

VIII ) Dopo queste premesse , descrivo finalmente, col mezzo della


tripla progressione di numeri della serie armonica , cui corrispondono
tutti i suoni dei 12 tasti lunghi e corti che veggonsi in un'ottava del
clavicembalo .
Vi si vede però segnato di ciaschedun 5° termine che reca il
mentovato disordine ed accanto immediatamente il suono che gli si
deve sostituire. Questo poi diviso per 16 si riduce a numero primo cioè
da 80 a 5 - da 400 a 25 - e da 2000 a 125 -.
Ognuno sa che le tre terze maggiori non giungono a formare l'in-
tera ottava e che il difetto o vero sia la differenza è di 125 a 128 : dun-
que 125 come E a 128 come F. Ecco i 12 tasti di un'ottava :

F C G D AX
1 3 9 27 81 80

A E B F# C#X

16 ) 80 5 15 45 135 405 400

16) 400 C# G# D# A# E#X

25 95 225 675 2025 2000

16) 2000 ( E # . 16) 2048 ( F )


125 128

Rapppresenta dunque questa figura nei suoi numeri primi e radi-


cali tutti i suoni dei 12 tasti del clavicembalo che saranno fissi e im-
mutabili in conseguenza della seconda domanda.
Quindi la scala diatonica si può formare ed anco la cromatica mo-
derna cioè inspessata, nel modo che segue :

190
Sistema diatonico

C D E F G A Вы C
24 27 30 32 36 40 45 48
15
8/9 9/10 15/16 5/16

Sistema cromatico moderno

#
C # D E F
384 400 432 450 480 512 540
24/25 25/29 24/25 16
15/10 15/16 128/135

G # A # Вы C
576 600 640 675 720 768
15/16 24/25 15/16 128/135 15/16 15/16

Qui ognun vede che i numeri si sono per la maggior parte innal-
zati colla dupla progressione, affine di approssimarli e ridurre la distan-
za a gradi come conviene ad una scala, e acciocchè possano da chiun-
que riscontrarsi a piacere vedasi la tavola I".
Inoltre deve osservarsi che siccome nel sistema diatonico il solo
semitono 15/16 ha luogo, per l'opposto nel nostro cromatico vi si trovano
quattro diversi semitoni che posti in ordine sono :

semitono massimo 25/27 : semitono maggiore cioè il diatonico 15/16 .


semitono medio 128/135 : semitono minimo chiamato il minore 24/25 .

Viene poi esclusa dai quattro semitoni la ragione 125/128, atteso


che la differenza tra due semitoni per nessun conto può essere ella
stessa un semitono.

Questa ragione pertanto io chiamo quarto di tono o diesis enar-


monico e ciò non esattamente, ma massimamente perchè / X 4=
2/36 ed è questo il tono maggiore diviso in quattro parti tra loro ine-
guali
Nella ragione 35/36 colloca Aristosseno il diesis enarmonico : ma
95/36 125/128 = 224/225 differenza insensibile dunque 125 a 128 e
massimamente un quarto di tono o diesis enarmonico non già semitono
(vedi libro Iº , cap. 43° ) e per finirla due diversi toni abbiamo solamen-
te nel nostro sistema dunque non più che quattro semitoni diversi .

- 191
CAPITOLO IV.

Del temperamento

Nasce la necessità del temperamento , che altri chiamano parte-


cipazione, negli strumenti da tastatura dalla terza minore D F, che
stando nel nostro sistema nella ragione di 27/32 degrada dal giusto in-
tervallo a ragione di 5/6 di un intero comma comune 80/81 ; e per ne-
cessaria conseguenza di un intero comma degrada altresì dalla giusta
5ª 2/3 quella di DA che sta in ragione solamente 27/40 .
Questa mia opinione fu già del Zarlino e di molti altri autori fra
i quali si distingue il dottissimo Signor Conte Giordano Riccati nel
suo 4° Libro del suo Saggio sopra le leggi del Contrappunto.
L'ultimo a produrla fu (accennandola però solamente) il celebre
Signor Tartini nel suo Trattato di Musica; ma perciò fu egli solenne-
mente messo in derisione nel « Supplemento alla Storia della Musica >»
di M.r Blainville.

Non saprei, però dare a codesto autore il nome di critico , perchè


non tratta egli la questione, non sviluppa la materia, nè adduce ragio-
ne alcuna di quanto scrive , solamente si riporta per mera relazione a
quanto ha scritto in questo proposito M.r Rameau, senza aver esami-
nato in qual vista abbia questi parlato del temperamento ed in qual
senso intendesse di parlarne il Signor Tartini .
Questi adunque meco favellando alcuna volta del temperamento
per rilevarne ciò che io ne sento : dissi che tutto lo studio e diligenza
deve adoperarsi per far una partecipazione la migliore e la più uguale
fra le possibili del sistema diatonico e naturale , così che le sei 5° sopra
cui devesi aver la maggior attenzione riescano tuttavia gradevoli all'orec-

192
chio e il difetto del mentovato comma venga fra esse giustamente
ripartito .

Codesta mia osservazione avvalorai col riflesso che le 5° e gli altri


naturali intervalli contenuti nei tasti lunghi sono di continuo uso nella
musica.

Laddove gli intervalli che abbracciano uno o più voci del sistema
inspessato coperte dai tasti corti sono di uso assai meno frequente e so-
lamente questi si adoprano allorquando il modo è trasportato per vari
gradi e ciò si pratica di rado e solamente nel caso di componimenti che
richieggono espressioni forti e patetiche od altre simili affezioni .
Il temperamento, lo so benissimo, è oggi un problema quasi di mo-
da sopra di cui hanno scritto a gara parecchi matematici e vari profes-
sori di musica fra i quali con impegno Mr. Rameau ( 1 ) , e si vuole da
questi una equazione generale dei 12 semitoni componenti l'intera ot-
tava.

Ma, e ciò sia detto senza derogare alla virtù di tanti dotti soggetti,
si cerca ciò che io non tenterò mai di trovare e che da altri trovato io
non porrò mai in esecuzione.
Col temperamento nostro attuale abbiamo il notevole ragguarde-
vole vantaggio di rilevar diverse armonie in ciascheduna delle diverse
ottave fra le quali si fanno rimarcare quelle che fanno maggiormente
uso delle corde del sistema inspessato. Tali sono per i bemolli le 8º di
Bb ed Eb e Ab trasportate dal modo maggiore e così G 3b C 3" b
F 3b corrispondenti a quelle nel modo minore .
Per i diesis poi vi sono quelle di D 3" A 3" ed E 3º traspor-
tate dal modo maggiore e così B F# C# corrispondenti a queste nel
modo minore .

A misura del bisogno dunque presceglie il giudizioso compositore


quella 8 che più si adatta e conviene alla qualità del componimento
che deve fare. Per lo contrario supposto un intero uguale temperamento
niuna differenza avremmo dall'una all'altra qualunque ottava, se non
nella maggior o minor gravità : ciò che nulla rileva.
Lo stesso M.r Rameau abbraccia e diffusamente commenda i van-
taggi del disuguale temperamento nel 2º Libro del suo Trattato, dove
parla delle proprietà dei modi e dei toni , benchè poi indebitamente
per non dir altro, l'abbia rigettato nella Geometry Harmonique là dove
tratta del temperamento , ciò che osserva e giustamente condanna an-
che M.r Rousseau nel suo Dizionario della Musica nell'articolo : Tem-
peramento.

(1) In Geometry Harmonique, Cap. 7º.

193
13 - Trattato della Moderna Musica.
Sappiamo bensì che i tre antichissimi modi cioè il dorio il frigio
e il lidio erano l'uno dall'altro per intervallo distanti di un tono ma
si dice dai retori greci che il dorio era modesto e grave : dorius reli-
giosus : il frigio ardito e suggestivo : Frygius bellicosus e il lidio molle
ed effeminato : lidius mollis.
Ma se così è, a chi mai può farsi credere che caratteri tanto di-
versi nei mentovati modi derivanti esser potessero soltanto dalla mag-
gior o minor gravità di essi?
Sono pertanto di parere, anzi tengo per cosa certa che fra le al-
tre diversità (che ben ci dovevano intervenire) anche i vari tempera-
menti propri di ciascun modo, ne facessero e cagionassero la diversità
dei caratteri.
Poichè dunque apprezzabile e vantaggiosa scopresi la varietà nei
modi, e che quelli del sistema diatonico o naturale sono di maggior uso :
intorno a questo adoprerò la maggior attenzione acciò le consonanze e
le quinte principalmente, non offendano l'orecchio.
Nel sistema inspessato poi , o vero sia cromatico moderno, per qua-
lunque consonanza tutta la maggior indulgenza credo che possa usarsi ,
non però senza le dovute cautele , come in appresso mi spiegherò.

ARTICOLO I.

Cominciando ora dal sistema naturale o diatonico pongo a riflettere


che sette e non più sono le 5 che abbracciano due tasti lunghi ossia
corde naturali delle quali le prime sei si riferiscono alla ragione di 2/3 ,
la 7ª ed ultima alla ragione di 5/64 , componenti tutti insieme 4 ottave
che sono in ordine le seguenti :

F C G Ꭰ A E Вы F

Avanti però di proporre il mio metodo di partecipazione , sembra-


mi necessario d'avvertire che in due diverse ipotesi può darsi la parte-
cipazione in uno strumento da tastatura : l'una è di supporre già ac-
cordato lo strumento nei giusti rapporti dovuti a ciascuna delle sette
corde giusta il sistema moderno per quindi temprarlo distribuendo il
comma difettivo della 5ª DA .
L'altra che di fatto alla giornata accade, è di supporre lo stru-
mento in disordine totalmente scordato .

Ora dunque del temperamento nella prima ipotesi è superfluo

194
trattare, atteso che si viene bensì alla stessa esattezza quanto nella se-
conda ipotesi, ma il calcolo riesce però intralciato e men chiaro per la
qual cosa mi restringo nella supposizione di doversi accordare e tem-
perare uno strumento scordato o nuovo.
Per ciò che dunque venga in giusta proporzione ripartito il comma
difettivo nella 5 DA 27/40 , dico, che prima devono supporsi tutte
le sei 5º nella giusta ragione di 2/3 e poscia di ¹/ di comma deve cia-
scuna essere diminuita .

Ma siccome per esprimere sei 5 consecutive nella sua giusta ra-


gione conviene elevare la sesquiterza alla sesta potenza

2. 3

così, la 5ª minore B F = 15/64 che già degradava di un comma dalla


25
giusta quinta minore /36 , date le sei 5° maggiori esatte la mentovata
5ª minore (che dando il compimento alle quattro 8 occupa il settimo
luogo) trovasi poi mancante di due comma come dal calcolo chiara-
mente risulta .
Ed ecco le sette 5e distribuite in 4 ottave :

F C G D A E BE F
64 96 144 216 324 486 729 1024

Ora per mio credere, ragion vuole che nell'ottimo temperamento


sia proporzionato lo scemamento o l'accrescimento alla maggiore o mi-
nore perfezione delle consonanze.
Perciò siccome l'unisono e l'ottava perfettissime consonanze non
ammettono alterazione o diminuzione alcuna : così la quinta che dopo
di esse è la più perfetta deve men di tutte l'altre esser rimossa dal suo
punto di perfezione e così si discorra delle rimanenti consonanze, cioè
la 3ª maggiore meno perfetta della 5ª , e la 6ª maggiore meno perfetta
della 3ª maggiore suddetta.
Dei compimenti di queste non parlo, atteso che dal temperamento
delle sue principali, resta determinato in appresso il loro accrescimento
o scemamento .

Diminuita pertanto ciascuna delle sei 5º come già si è detto ne


segue che crescono le terze maggiori di 1/3 e le seste maggiori di 1/2
comma : per l'opposto poi dei rispettivi compimenti parlando : le quarte
crescono ¹/ di comma, e calano le seste minori di 1/3 e le terze minori
di 1/2 comma. Siccome poi la 5ª minore B F degradava di due com-

195
ma stando le sei 5° maggiori nella giusta ragione di 2/3 ; così degradate
ciascuna di 1/6 di comma, vien quella restituita nella primitiva sua ra-
gione di 5/64 e col beneficio del temperamento trovasi composta di due
terze uguali , laddove nella sua origine la prima era giusta cioè B D
e l'altra D F mancava di un comma intero .
Tale si è la nostra partecipazione nel sistema diatonico quanto alle
consonanze e sembrami tanto ragionevole e a tal segno che ognuno
debba rimanere persuaso e contento .
Fra le consonanze primarie contenute nell'ottava , la 5ª certamente
è la più perfetta, e la sesta parte di un comma per cui degrada ogni 5ª
non toglie nè diminuisce il diletto che recar ci deve questa consonan-
za. La 3ª maggiore è meno perfetta della 5ª e perciò trovasi crescente
di 1/3 di comma .
La 6ª maggiore finalmente, meno perfetta della 3ª , trovasi cre-
scente di 1/2 comma.
Ecco dunque, che a misura della maggiore o minore perfezione,
sono più o meno rimosse dal suo punto le consonanze primarie .
E siccome con l'ordine medesimo procedono in perfezione i rispet-
tivi compimenti cioè la 4ª , la 6ª minore e la 3ª pure minore : perciò
la 4" cresce di 1/6 di comma, la 6" minore ne cala 1/3 e la 3" mi-
nore di 1/2.
I toni sono uguali . Due 5º eccedono l'ottava del tono 8/9 , dunque
12
due 5º temperate del tono 8/9-1/3 o sia 9 : 10+ ¹²/3 .
Dunque i due toni temperati sono uguali e uguali sono le settime
maggiori. Per i gradi poi cioè per i toni e semitoni e le settime che loro
corrispondono eccone il risultato :
Cresce la settima maggiore di 1/6 e della stessa porzione di comma
cala il semitono diatonico detto il maggiore. Calano ugualmente di 1/3
di comma tanto il tono maggiore quanto il minore; e perciò crescono
della stessa porzione di comma ambedue.
Le settima minori 5/9 e 9/16 sono d'uguale diminuzione, però , la
diminuzione dei due toni e delle due settime non giunge a renderle
uguali.
I pratici adunque arbitrano in questo punto considerando eguali
le due settime 5/9 e 2/16 , ed acciò tutto si scorga in una sola occhiata,
ne ho formata la seguente tavola del nostro temperamento o vero sia
partecipazione nel sistema diatonico e naturale.

196
Calano le quinte Crescono le quarte

F C C F
C G G C
G D Ꭰ G
di ¹/e di comma di ¹/e di comma
D A A D
A E E A
E B BE

Crescono le terze maggiori Calano le seste minori

FA A F
CE di 2/6 EC di ¹/3
G B Bu G

Crescono le seste maggiori Calano le terze minori

F D D F
GE E G
di ³/e di comma di 1/2 di comma
CA A C
D B BE D

Crescono le settime maggiori Calano i semitoni diatonici

FE E F
di 1/6 di 1/6
C B Bb C

Crescono tutte le settime minori Calano i toni maggiori


cioè 5/9 e 9/16 e minori

GF F G
A G GA
B A di 2/6 A B di '/
DC C D
E D DE

Insomma dal degradare delle sei 5º diatoniche per ¹/ di comma,


nascono tutte le accennate alterazioni nelle rimanenti ragioni contenute
nell'8 ed insieme l'intero e ragionevole diatonico temperamento.

197
ARTICOLO II.

Passando ora dal sistema diatonico e naturale all'inspessato o vero


sia cromatico moderno, dico che ciascuna quinta nei tasti corti deve ac-
cordarsi nel suo giusto intervallo di 2/3 , considerando quei tasti, per ora,
quali corde alterate dal # col seguente ordine :

B F# C# G# D# A#

Quindi nasceranno certamente armonie ben diverse in ciascuna ot-


tava di queste corde, dall'armonia degli accordi dei tasti lunghi.
Infatti se prendiamo a considerare ciascuna delle segnate 5º , di-
visa in due terze , tosto si scopre che ben diversa è la partecipazione an-
che quanto ai rimanenti intervalli.
E prendendoci dapprima a considerare le suddette 5º nel modo
minore vale a dire divise con la 3ª minore diretta cioè nel grave ne ven-
gono formate le seguenti :

B D F# / F# A C # / C# E G # / : G # _B__D # / : D ‡
F# A#/ A# C# E#

Essendo pertanto le assegnate 5º tutte fra di loro uguali perchè cia-


scuna di esse è in ragione di 2/3 , tutta la diversità della loro armonia
deve nascere dai rispettivi aumenti e scemamenti delle 3° maggiori e
minori . Quali poi siano questi , con giusta ed esatta induzione si mani-
festano nella seguente tavola in cui si premettono a ciascheduna delle
segnate 5º del tono minore la 3ª maggiore che la precede :

198
3 3
G +26 B —³/6 D + %6 _F#

D + 3/6 F# /6 A + 6 C#
5
A ++/6 C# -6 E +56 G#

E + "/6 G # -- % B + % D#
6
B + 6/6 D # — "/6_F# + % A#

Gb + /6 Bb / Db + F

Db + /
6 F - "/6 Ab +56 C

Ab + ³/e C — -5/6 Eb +6 G
3
Eb ++/6 G - */6 Bb + 6 D

Ꭰ --3/6 F
Bb + 3/6

In questa tavola a bello studio si è sfuggito di estendere coio


diminuire col b alcuno dei tasti lunghi o vero sia corde naturali . Per-
ciò appunto trascorsi i cinque tasti corti segnati col # quali si veggono
nella quarta colonna a mano destra si è passato in appunto a segnarli
col b quali si rappresentano nella prima colonna a mano sinistra.
E considerando infatti l'ordine e l'indole dei vari trasporti osservo
che nel 6° convengono , quello in figura di # con l'altro in figura di þ .
Volendo adunque proseguire i trasporti fino al suo compimento,
giunti al sesto, conviene mutar figura .
(Meco conviene con la sua formula Mr Boigelon e con esso M.r
Rousseau. Dictioner Des Transposèe) .

E in tal guisa operando più agevoli si vedono per l'esecuzione , at-


teso che si diminuisce il numero degli accidenti alla chiave obbligati .
Per es. il 10° trasporto del modo maggiore in figura di ‡ corri-
sponde al 2° in figura di b , la cui maggior facilità di esecuzione all'oc-
chio si manifesta.

Abbiamo dunque nel generale temperamento del moderno siste-


ma diatonico cromatico una partecipazione varia ed ineguale bensì ma
ragionevole e altrettanto conveniente ed inoltre necessaria per la più con-
faciente e valida espressione in qualunque componimento che ci ab-
bisogni.
E per ciò che distintamente scorgasi l'alterazione di ciascheduna
consonanza nella stessa guisa che nel diatonico si è praticato ne sten-
diamo qui le primarie con le rispettive loro secondarie cioè le terze
maggiori con le 6º minori e le 6° maggiori con le terze minori :

199
Crescono le III maggiori Calano le VIe minori

D F# D
3/6 1/3
Bb Ꭰ Bb

to
A C# A

#
4/6 2/3
Eb G G Eb

E G# G E
5/6 5/6
Ab C C Ab

B D# D# B
Gb Bb 6/6 Bb Gb 1 comma
ᎠᏂ F F Db
CHAL

Crescono le VI maggiori Calano le III minori


DO

A F# A
4/6 2/3
O

Bb G G Bb
E C# C# E
5/6 5/6
Eb C C Eb

B G# G# B
F# D# D# F#
6/6 1 comma
Db Bb Db
Ab F F Ab

Stabilita in tal guisa la partecipazione nel sistema diatonico rispet-


tivamente, e nell'inspessato, vale a dire quello dei tasti lunghi e corti ,
trovasi per conseguenza formato il temperamento generale, quale per -
ogni buona ragione deve stare.
Che il temperamento poi non distrugga le consonanze meco ne
conviene il Cartesio ( 1) .
Checchè ne dicano alcuni geometri, Tolomeo accorda a questa
ragione il più e il meno (2).
E perciò l'ottava perfettissima consonanza richiede la maggior pos-
sibile esattezza , minore la 5ª e la 4ª e così degradando sempre a misura
che degradano le ragioni consonanti dalla perfezione.
So che sogliono dividersi le consonanze in perfette ed imperfette

(1 ) « Consonantiarum termini non ita consistunt ut si unus ex illis aliquantulum mi-


nuetur statim omnis consonantiae suavitas pereat» . Comp. Musi , p. 27.
(2) Exiguus error non tantundem in minoribus rationibus cantum pervertit, quan-
tum in maioribus et praecipuis » . Ptol . Harm. Libri 13º, cap. 5º, pag. 344.

200
e in quest'ultima classe vengono collocate le 3º e le 6º, perchè sog-
giacciono all'alterazione.
lo però non sono di pari sentimento, sapendo che eccettuatane l'8ª
perfettissima consonanza, le altre tutte soggiacciono all'alterazione : cosa
chiara ed evidente perchè si passa ugualmente da FC a F# C come
da FA a F# A. Insomma le consonanze tutte sono o maggiori o mi-
nori, e per legge costante se la consonanza primaria è maggiore il suo
compimento all'8 " è minore.
Eseguito il temperamento nelle sei 5º diatoniche appoggiate al no-
stro sistema che porta la 5ª D A mancante di un comma, trovansi
tutte calanti di ¹/ di comma, rimanendo però immobile e fissa e sta-
45
bile la corda B e nella sua giustezza di 4/6 la 5ª minore B F.
Quindi è che dalla stessa corda B ultima del sistema diatonico
a mano sicura si dà principio al sistema cromatico o inspessato per sta-
bilire le sei 5 giuste come già si è accennato, donde poi ne risultano
le segnate 3° maggiori alterate e le minori diminuite da cui per la na-
turale corrispondenza derivano poi le 6° maggiori e minori.
Tale è il temperamento che mi sono formato e stabilito, credo
esatto e ragionevole ben dedotto e vantaggioso nell'uso pratico .
Tale pur anco mi lusingo e spero che sarà giudicato da chiunque

senza prevenzione vorrà esaminarlo , tanto più che posto sotto i riflessi
e la censura del dottissimo P. D. Alessandro Barca pubblico professore
di questa università di Padova, fù in ogni parte approvato e applau-
dito e l'approvazione di un tal soggetto eccellente matematico e della
musica intendentissimo, mi vale per ogni altra e per tutte.

__ 201
CAPITOLO V.

Della introduzione delle linee orizzontali nella musica

ed anche delle perpendicolari

Fra gli elementi pratici della musica si adoperano in primo luogo


le linee orizzontali che in diverso numero e vario modo successivamente
si sono adoperate.
I primi Cristiani cantavano le sacre lodi a Dio e a Gesù Cristo
(Plinio, Epistola ad Trayanum) .
San Gregorio Magno compose i due Antifonari . L'uso del canto
era comune nella Chiesa, ma non perciò si faceva uso in quei primi
tempi delle linee orizzontali per distinguere le voci gravi dalle acute o
queste da quelle come ne fanno fede i vari frammenti che ci riman-
gono del canto dei primi secoli . Vedasi sopra di ciò P. G. B. Martini
Min. Conv. ( 1 ) e S. Altezza il Rev. P. Abb. di S. Biagio di Selvaterra
e il P. Abb. Martino , Gubert : « Carmina e Musica Ecclesiastica » .
Siccome però ragionevolmente non può dubitarsi che la musica
nostra attuale debba la sua origine al canto ecclesiastico, quindi è che
delle linee di cui parliamo l'origine nel canto fermo deve rintracciarsi .
Guidone di Arezzo ne accenna da lui usate due , colorite se una di
azzurro l'altra di giallo :
« Guido Aretinus : Versus de musica explanatione seu regula
rithmyca ex Codice Mediceo Laurentino Florentino :
"Ut proprietas sonori discerneretur clarius.
Quaestas lineas signamus variis coloribus
Ut quo loco opus sit, tonus mox discernat oculus

(1 ) Storia della Musica . Bologna.

202
Ordine tertiae vocis splendes crocus radiat
Sexta eius sed affinis flavo rubat minio
Est affinitas coloris reliquis indices » (2).
Ciò forse per collocarvi le due lettere FC in guisa di chiavi.

Se ne vedono in varii antichi libri 7 e 8 portando ciascheduna


ordinatamente segnata una delle sette lettere del musicale alfabeto
trascurati però gli spazi.
Riusciva nondimeno malagevole all'occhio l'uso delle sole linee,
principalmente nei salti di 5ª e di 4" ond'è che finalmente pensarono
a valersi anche degli spazi . Ma 4 linee e 5 spazi compresi i due che son
sopra e sotto le linee, servono a segnare 9 voci ; quindi un tal metodo
fù stabilito e tutt'ora vige nel C F universalmente, continua mutando
la chiave di F ove occorra in quello di C o di questa in quella.
Di fresco vedesi da taluno introdotta anche nel C F la lodevole
usanza delle 9 linee che risparmia insieme la mutazione delle chiavi
e al primo colpo d'occhio pone in sicuro il direttore del coro nella giu-
sta intonazione di qualunque antifona introito od inno.
Allorchè poi si introdusse l'odierna musica , furono tosto stabilite
al rigo le cinque linee orizzontali e l'uso ne viene costantemente con-
tinuato .

Che se per gli strumenti o per qualche cantore ancora occorreva


disegnar corde più acute o più gravi aggiungevano in tal caso alcuni
più brevi linee posticce e accidentali .
Nei primi secoli dunque si adoperavano nel canto le lettere sola-
mente dell'alfabeto musicale perchè ignote erano ancora le linee oriz-
zontali e senza dubbio Guido di Arezzo ne fù il primo inventore.
Oltre le orizzontali sono introdotte nella musica circa la metà dello

scaduto secolo anche le linee perpendicolari volgarmente dette stanghet-


te il cui uso tanto salutare è di distinguere battuta da battuta.
L'introduzione di codeste linee oltre la facilità che recano nell'ese-
cuzione hanno liberato altresì la musica dalle barbarie degl'incostanti
valori delle note maggiori ( la lunga e la breve) insieme legate che for-
mano un labirinto indestricabile .
Col parere riguardante di tutti gli antichi autori Piero Aron nel fi-
ne del suo Toscanello ci dà un prospetto delle tante e varie legature
di queste note con una figura il cui titolo è « Coligatio Notularum »>
che raccapriccia al vederla solamente .
Pure le opere tutte del celebre Palestrina, del P. Costanzo Porta
e di tutti i rinomati loro antecessori e contemporanei sono in tal guisa

(2) Nota aggiunta dal P. Martini [N. d. E. ] .

203
scritte e stampate, perciò men reputate anzi neglette dagli odierni pro-
fessori : a gran ragione rispetto alla difficoltà che si prova nell'eseguirle ,
ma costantemente a gran torto in riguardo al merito dei mentovati au-
tori e dei pregevoli loro componimenti .
Ora però col mezzo delle perpendicolari , separando battuta da bat-
tuta rendesi eseguibile anche dai nostri cantanti qualunque antico com-
ponimento quanto mai imbarazzante esser possa , non solo dalle note
legate ma inoltre da tante varietà di modi , tempi, e prolazioni .

204
CAPITOLO VI .

Delle chiavi musicali

Allorchè si cessò di segnare le voci gravi ed acute con le lettere


gregoriane e si principiarono a segnare prima con punti e poi con note
si trasferirono allora tutte le sette lettere dell'alfabeto al principio del-
le linee orizzontali e si denominarono chiavi , atteso che indicavano qual
voce sotto il tal punto o nota dovesse precisamente esprimersi . Ma pre-
sto si conobbe la superfluità di tante chiavi; in perciò che essendo fis-
so e costante l'ordine nelle lettere dell'alfabeto una sola di esse fissata
ad una delle 5 linee rendeva manifesta la posizione e situazione delle
sei rimanenti : altre ascendendo altre discendendo .
Ciò nonostante chiaramente si comprese che fissata una sola chia-
ve non poteva essa servire per qualunque strumento o voce, grave o
acuta, mentre per es. G sol re ut nella chiave di violino è di una 8ª
più acuto del G sol re ut che sta sopra il F fa ut nella chiave di
basso .

Si venne dunque in deliberazione almeno tre cioè F C G distar-


si tra loro per l'intervallo ascendente di 5ª .

Invece però di queste direbbe alcuno potevano anche fissarsi per


chiavi le lettere D A E distanti pur esse di 5ª .
Ma nò avvedutamente furono prescelte F C G; atteso che a
queste tre chiavi stanno appoggiate le tre proprietà del canto cioè al
È la proprietà di bemolle a C quella di natura a G finalmente quella
di bequadro. Inoltre ancora quella di C per le voci mezzane ed acute
e per gli strumenti corrispondenti, quella finalmente di G per gli stru-
menti sopraacuti ; serve poi a meraviglia la chiave di F per le voci e
strumenti gravi .

205
Tre sono pertanto le chiavi musicali in genere, non di meno per
la necessaria diversa posizione ad uso delle varie parti cantanti si sud-
dividono poi in sette perchè la chiave di F nella 4 linea serve al basso
e nella 3 linea al baritono.
Quella di C nella 1 " linea al soprano : nella 2 linea al mezzo
soprano nella 3ª linea al contralto : e nella 4ª linea al tenore.
Quella di G nella 2ª linea serve per i violini , oboe etc.
Sogliono però i Francesi collocarla ad uso di codesti strumenti nel-
la 1ª linea; per la qual cosa dagli Italiani a gran ragione non vien ap-
provata. Ora stabilite le tre chiavi in genere e le sette in specie fra loro
diverse rimane da osservare l'indole.
I - Ciascuna chiave è base di un'8 " di 3 " maggiore, come lo sono
pur anche le tre proprietà del canto in grazia di cui sono state prescelte .
II Sicchè siccome la chiave di C sol fa ut reca nella serie
delle sue voci la scala nostra comune così quella di F fa ut ci dà pros-
simamente la scala del monocordo e degli strumenti naturali da fiato
nei quali la 4ª corda si approssima nella sua intonazione al mi bequadro .
L'altra poi di G sol re ut ci rappresenta prossimamente l'8" grave
degli strumenti naturali da fiato espresso nei numeri 4-5-6-7-8.
III - Le stesse sette chiavi naturali premesse alle artificiali che
hanno ob obbligati, servono per agevolar il solfeggio medesimo col
loro mezzo in qualunque trasporto del modo si ravvisa e fa presente
il modo naturale a cui appartiene .
Finalmente si deve avvertire che quanto è inutile la chiave di G
fissata alla 1ª linea altrettanto è necessaria quella di F nella 3ª .
Infatti sette sono le posizioni nella scala giusta il numero delle
lettere musicali e in ciascheduna di esse può aver luogo un trasporto;
sono dunque necessarie le sette chiavi che saggiamente sono state sta-
bilite nel già descritto modo e con ottima disposizione in riguardo alle
parti gravi, medie e acute.

206
CAPITOLO VII.

Delle note o figure musicali

Formavano i Greci le note musicali colle lettere del loro alfabeto


ora dritte ora rovescie ora troncate ed in varia guisa giusta l'esigenza
del genere e del modo. A loro imitazione intrapresero poi anche i
Latini di notare la loro musica con le prime sette lettere del loro alfa-
beto senza però alterare la figura .
Essendo poi stato perfezionato questo metodo da S. Gregorio M. ,
furono dette gregoriane le lettere suddette che nel canto facean l'uffi-
cio di note .

Venne poi Guido d'Arezzo nell'undicesimo secolo che sulle linee


orizzontali alle lettere sostituì i punti e siccome egli fù il primo che
compose varie parti in consonanza quindi è che l'armonia simultanea
chiamasi anche oggidì contrappunto. Siffatta armonia era però della
massima semplicità come fra noi un contrappunto di nota contro nota .
Si avvide pertanto nel secolo XIV Gio. De Muris dottore in Pa-
rigi della necessità del diverso valore delle note, quindi ne formò va-
rie figure degradandone il valore in progressione suddupla . I nomi sono
abbastanza noti : lunga, breve, semibreve, minima, semiminima , cro-
ma, semicroma, biscroma o meglio fusca sembrandomi nome abusivo
quello di biscroma che suona doppia croma onde si fà manifesto che
biscroma è un sinonimo della semiminima che di fatto equivale a due
crome .

I corrispondenti valori di queste note son quattro battute 2.1 .


1/2 1/4 1/8 1/16 1/32 e son così relativi tutti alla semibreve che nel
tempo normale e ordinario vale una battuta.

207
A ciascheduna figura corrisponde una pausa di ugual valore la
cui forma si vede di prospetto con le note :

อ:

Ho

Hito
በ“
Figure che rappresentano Nome Valore

i valori le pause delle figure delle figure

Semibreve 44

Minima

Semiminima 14

Croma 8
.

Semicroma 16
3

1
wheel

Fusca 32

1
Semifusca 64

Esempio 10

Inoltre avvi il punto che rappresenta bensì le note ma non ha de-


terminato e fisso valore , atteso che posto a destra di una qualunque no-
ta, qualunque siasi ne aumenta il valore della metà; ond'è che a destra
della lunga equivale ad una breve : posto ad una semibreve equivale
ad una minima etc.

208
Il valore dunque del punto è relativo sempre alla nota che lo pre-
cede. Benchè poi il punto in ogni maniera faccia il suo effetto, io però
non so approvare l'uso nel principio della battuta nel qual sito facil-
mente all'occhio può sfuggire . Oltre di che equivalendo a una legatura
sarà questa meglio espressa con l'effettiva nota unita alla precedente
col segno che ambedue le connette. La chiarezza dello scritto ne facili-
ta l'esecuzione e per ottenere questo fine sarà sempre ben impiegata
ogni diligenza .

--- 209

14 Trattato della Moderna Musica.


CAPITOLO VIII.

Delle figure accidentali nella musica

Il diesis e il bemolle ed il bequadro sono le tre accidentali figure


nella musica come è noto notissimo.
Il diesis altera la natural intonazione di un semitono minore .

Il bemolle della stessa quantità lo diminuisce.


Il bequadro restituisce la natural intonazione alterata dal # o di-
minuita dal b.
Tutti convengono in questa teoria, ma poi nella pratica molti la
trascurano valendosi indifferentemente di una invece dell'altra figura,
onde ne segue che gli esecutori devono intenderli per discrezione e non
convenire nell'esecuzione .

Quanto si è detto riguarda soltanto i modi naturali e gli acci-


denti sparsi nel corso del componimento : ma per i modi trasportati ul-
teriori riflessi devono farsi.

Nel modo trasportato deve sempre risiedere il naturale; e perciò


qualunque sia il trasporto la stessa figura in esso deve conservarsi me-
diante l'originaria situazione dei due semitoni, senza questa avvertenza
e condizione si avrebbe un nuovo modo, non già il divisato trasporto.
Obbligando alla chiave uno o più #, uno o più b , si formano i di-
versi trasporti . Ora è cosa certa che codeste figure alterano rispettiva-
mente o diminuiscono le naturali intonazioni stabilite dalla chiave ed
è questo il suo primario ed insito effetto .
Siccome però codesta alterazione o diminuzione non è passeggiera
ma fissa e stabile quindi avviene che quei #ob assumono le veci di
naturali intonazioni e perciò a buona ragione le alterate dal # alla chia-

210
ve debbono diminuirsi col b , siccome per l'opposto col devono alte-
rarsi con #.

Per ripristinare poi le intonazioni del modo trasportato deve to-


gliersi il b col # e il ‡ col ɓ vale a dire rimettere l'accidente figura ob-
bligata alla chiave .
Nè altrimenti si opera allorchè nel modo naturale si tolgono i #
e ib accidentali col ; atteso che nel modo naturale si suppone il
affisso alla chiave ed obbligato a ciascuna lettera o posizione.
Un breve esempio servirà a rischiarare quanto si è detto e a con-
fermare la pratica ( 1 ) :

Esempio 20

(1) Questa soluzione è stata abbandonata, e l'esempio è stato variato secondo l'uso
corrente, cioè alla sesta battuta è stato posto il bequadro al posto del bemole [ N. d. E. ] .

211
CAPITOLO IX.

Delle figure accidenti aggiunte al basso continuo

Sono indispensabili i numeri nel basso continuo e non di rado oc-


corre di aggiungervi o #ob.
Nel modo di segnarli prevale però l'arbitrio alla ragione, poi-
chè indifferentemente si pongono ora avanti ora dopo, mentre devono
a mio parere costantemente posporsi ai numeri.
Sento dirmi che i numeri rappresentano le note, e perciò come a
queste così anche ai numeri l'accidente si deve premettere; ma se è
così, sempre dunque l'accidente deve esser premesso, non già or sì or no.
Volendo dunque stabilire una costante pratica appoggiata alla ra-
gione, conviene ricorrere ai primi principii.
Pertanto io dico che le cinque linee orizzontali sono per sè stesse
terra arida e materia sterile; atteso che nulla significano le note sopra
di esse o nei contigui spazzi segnate, senza una precedente chiave e lo
stesso dicasi dei numeri sopra le note.
Segnata poi la chiave, ciascheduna posizione trovasi obbligata ad
una gregoriana lettera; qualunque nota indica la corrispondente natu-
rale intonazione.

Quindi è che alle note conviene premettere gli accidenti il cui


effetto si comunica di primo lancio alle posizioni e per consenso poi
alle note : la qual cosa si conferma dagli accidenti che vengon fissati
alla chiave.

Parlando però di numeri del basso continuo l'affare non va del


pari. Questi non rappresentano già le note, ma bensì le posizioni delle
gregoriane lettere fissate da una chiave, cioè la tal linea e il tal spazio :
la natural intonazione rappresentata dal numero deve precedere l'alte-

212
rata o diminuita : la posizione riceve le alterazioni e per ogni modo ne
segue che l'accidente al numero sempre deve posporsi .
Non è cosa nella musica pratica, per massima che sia, la quale
alla retta ragione non vada soggetta e ne fa prova il punto che ora si
tratta, creduto forse da molti inutile affatto.
Non può però negarsi il fatto che l'invalso arbitrio nel preporre
o posporre gli accidenti ai numeri del basso continuo, ha portato poi
alla licenza di ometterne molti col dire che si intendono , e ai frequenti
equivoci che indi ne seguono con evidente scapito della dovuta ese-
cuzione. Data però la necessaria convenzione di far precedere i numeri
agli accidenti e di segnarli tutti con esatta corrispondenza alle parti si
svelerà il disordine dalla radice .
Ma di ciò si parlerà più diffusamente nella quarta parte di questo
trattato, in cui si stabiliranno le leggi dell'accompagnare collo strumen-
to da tastatura ( 1 ) .

(1 ) Questa IVa parte l'autore non potè stenderla . (Vedi, prefazione del P. G. B. Mar-
tini al IIº lib. del MS. del presente volume -· Archivio musicale del Santo, Padova [ N. d . E. ] .

-— 213
CAPITOLO X.

Del tempo

L'energia e la forza della musica dipendono in gran parte dal


tempo . Si richiedono dunque dei segni per indicarlo.
Presso i Greci si vuol che la loro stessa lingua lo somministrasse
per mezzo delle sillabe lunghe o brevi.
I nostri antichi ne avevano molti di modi e tempi, prolazioni, per-
fetti e imperfetti .
Presso di noi il tempo in genere si partisce in due solamente che
sono l'uguale e l'inuguale : con questo però che l'ineguale può ridursi
ad uguaglianza, mentre l'uguale è costante ed immutabile : l'uno e l'al-
tro bensì dividonsi in varie specie.
Per il tempo uguale un semicircolo segna quello che chiamasi
tempo ordinario , vale a dire il più comunemente usato, in cui una
semibreve compie l'intera battuta, e lo stesso operano per conseguenza
due minime, quattro semiminime, otto crome, etc.
Un altro tempo uguale si è quello , il cui segno è un semicerchio
tagliato e questa figura indica che le note tutte perdono la metà del
loro valore primario .
Poichè dunque la breve compie una battuta quindi ha preso il no-
me di tempo alla breve , che il volgo dei musici erroneamente crede do-
versi perciò battersi in fretta, nondimeno quelli che intendono l'espres-
sione a dovere, vanno anche esenti da sì grossolano errore .
Questo tempo tagliato si pratica anche assai utilmente dai moderni ,
benchè in un senso contrario, vale a dire che siccome nel tempo alla

breve in ogni battuta se ne contengono due di tempo ordinario, per


l'opposto quello di cui parlo, di una battuta se ne forman due, mutando

214 -
le figure delle note cioè quattro semiminime invece di quattro crome etc.
Serve a meraviglia questo tempo in un andamento grave per la
più acconcia disposizione, essendo ogni battuta divisa in due, la mano
del direttore non si ristà soverchiamente nel battere o nel levare .
Ma si dirà forse che a un tal inconveniente con facilità può rime-
diarsi usando il segno 2/4 per cui ogni battuta di tempo ordinario si di-
vide in due.
Ciò è vero verissimo, ma non si sfuggono già per questa via le note
troppo minute che altrettanta attenzione richieggono negli esecutori ed
è questo un altro vantaggio che risulta dall'uso di questo tempo tagliato.
La lunga esperienza me ne fa conoscere il pregio.
Codesti accennati due tempi hanno il segno ad ambedue comune
è vero ma è poi facile a distinguerli l'uno dall'altro.
Se la composizione è scritta in nota bianca, vale a dire che per
lo più contenga semibrevi e minime, il tempo è alla breve ed ogni bat-
tuta ne contiene due di tempo ordinario .
Egli è questo un indizio materiale e non più , il sostanziale stà nel-
la qualità delle cantilene che nel tempo alla breve sono e devono es-
sere in stile da cappella come fra i moderni si vede praticato dal cele-
bre Colonna nel III° Libro dei Salmi a due cori.
Se poi è scritta la composizione con nota nera il loro valore si ri-
ferisce direttamente al tempo ordinario, indicando soltanto in questo
caso il tempo tagliato, in cui una battuta è divisa in due per gli accennati
giusti motivi.
Insomma il tempo 2/4 divide ogni battuta in due conservando le
stesse figure delle note; laddove nel tempo tagliato, di cui ora parliamo
le figure si cambiano : ecco svelata la differenza che passa fra i vari
tempi d'uguaglianza praticati dai moderni .
In un con questi deve però annoverarsi anche il tempo 12/8 che
con abusivo nome suol chiamarsi dosdupla; ed alcuni che prediligendo
le note più minute usano inoltre il tempo 24/16 che si riferisce alle se-
microme.
Il tempo ternario poi è l'accennato tempo ineguale che si divide
in tante specie quante sono le note in valore sudduplicato della breve;
onde 3/1 si riferisce alla semibreve, 3/2 alla minima, 3/4 alla semimini-
ma, 3/8 alla croma etc.
Sotto il nome di tripla passano tutti questi tempi presso i pratici ,
benchè al primo ternario solamente convenga .
Si annovera fra i vari tempi della musica anche quello segnato " /s
benchè in sostanza non sia diverso dal sopra notato ³/4 , la qual cosa
si fa manifesta di primo balzo a chiunque rifletta essere invalso l'uso
di considerare tre crome uguali ad una semiminima .

215
Si è detto di sopra che il tempo. ineguale può ridursi ad uguaglian-
za e ce ne convince l'esperienza nei tempi / e /8 che sono in origine
i tempi 3/4 e 3/8 raccogliendosi in ogni battuta di quelli due di questi .
Ad ogni modo si rileva che tutti i mentovati tempi sono diretti
nella loro formazione dalla semibreve e che ridotti alla massima sem-
plicità si risolvono in binario o ternario. Il tempo può essere forte, de-
bole e anomalo solo se è ternario. Infatti nel tempo ternario la prima
parte è tempo primario, poichè lega la distanza; ma non resta poi le-
gata, ma bensì sostenuta.
La seconda parte è anomala perchè risolve la distanza e la sostie-
ne, non lega : poichè la legatura in vigore non va disgiunta dalla sin-
copa .
La terza parte è il tempo debole poichè risolve una distanza e ne
prepara un'altra.

Esempio 30

216 —
CAPITOLO XI .

Della battuta

La battuta è la misura del tempo di cui nel precedente capitolo


si è diffusamente trattato, quindi non mancherà chi pensi esser cosa
superflua il nuovamente parlarne.
Il ritmo però, parte essenzialissima della musica, dalla battuta in-
tieramente dipende, atteso che non basta sapere quante di tali note
compiano in un dato tempo l'intiera battuta, ma richiedesi inoltre che
tali note siano collocate più tosto in un modo che in un altro.
Dal ritmo dipende il perfetto andamento delle basi onde poi ri-
sulta la più naturale e perfetta modulazione, così che anticipata o ri-
tardata la più soave melodia, cioè posta fuori del luogo suo naturale
qualunque cantilena, tosto muta aspetto, perde la sua forza, e le basi
ne riescono stiracchiate con total perdita del buon effetto che doveva
risultarne. Di questa rovina però scopresi la sorgente nelle diverse parti
della battuta, le quali tutte sono pari bensì nel valore, ma dispari poi
nella forza.
La battuta si esprime col battere e levar della mano e nel tempo
ordinario si divide in * / due dei quali sono i principali , cioè il primo
e il terzo , il secondo e il quarto sono i subordinati .
Infatti nel primo e nel terzo quarto della battuta sentesi una forza
di appoggio quale per niun conto si rileva nel secondo e nel quarto che
sensibilmente deboli si scorgono e quasi direi fugaci.
Per rendere sensibile questa verità basta scegliere una ben for-
mata e leggiadra cantilena, indi farla anticipare di un quarto di bat-
tuta e basta ciò per deformarla a segno che intollerabile si renda; non
essendoci più nè forza nè senso e tanto dico di una semplice cantilena .

217
Che se vi saranno aggiunte anche le parole, ne riuscirà in tal caso
doppio sconcerto, perchè le sillabe lunghe si faranno brevi e le brevi
lunghe ond'è che rimarranno insieme pregiudicate e difformate le pa-
role con la cantilena fino alla nausea.
Quindi si fa manifesto che nei due primari e principali tempi della
battuta risiede una certa tal forza che nei due secondari non si rileva :
la qual forza può adombrarsi sotto l'idea dell'accento acuto, essendo
l'effetto del tutto simile.
Perciò anche le dissonanze vogliono esser legate nei tempi prima-
ri in cui per l'appunto vie più sensibili si rendono.
Sappiamo che le dissonanze sono state nella musica precisamente
introdotte affine di temperare di quando in quando col loro contrasto
la soverchia dolcezza e soavità che seco porta il troppo lungo non
mai interrotto uso delle consonanze .

Quindi a gran ragione i primi maestri del contrappunto per assi-


curarne l'effetto hanno stabilito che ai tempi primari della battuta sia-
no appoggiate ed affisse le dissonanze, della cui preparazione e risoluzio-
ne parleremo a luogo e a tempo opportuno.

218
CAPITOLO XII .

Dell'origine della scala diatonica


dell'armonica musica moderna

La scala diatonica prende il nome dai gradi ond'è composta che


sono toni e semitoni, cioè due toni maggiori, due minori, e due se-
mitoni.
Ora siccome è verità incontrastabile che l'armonia per ordine di na-
tura, precede la melodia , perciò devesi a mio parere esaminare l'anda-
mento dell'armonia affine di scoprire nel suo vero fonte la melodia.
Il complesso consonante che come in radice sta ristretto in 1 1/3 '/5
si dilata col mezzo delle replicazioni in 1 1/2 1/3 1/4 1/5/6 1/8 e
in codesta estensione vi si ravvisano appunto tutte quante le consonan-
ze cioè : 8ª 5º 4" 3 " maggiore, 3 minore le due 6 pure maggiore e
minore.
Nella infinita serie delle consonanze oltre l'8ª incomposta 1/2 vi
si osservano altre due ottave, 2/4 , 3/6 , ma anche la 6ª maggiore ³/5
e la 6" minore "/8 .
Delle due 8º però la prima 2/4 è armonicamente divisa in 2 3 4
l'altra 3/6 è aritmeticamente divisa in 3 4 6 ; così pure delle due 6°
la maggiore 3/5 ha il mezzo armonico in 3 4 5 e la minore 5/8 ha il
mezzo aritmetico a un di presso in 5 6 8 cioè non a rigore, ma rela-
tivamente alla pratica e circa questo punto colla maggior chiarezza mi
spiegherò prima di dar fine al presente capitolo.
Ma ripigliando le mentovate quattro ragioni (le due 8º e le due 6º)
è facile rilevare che non convengono tutte insieme se non con tre suoni
diversi, mentre la scala ne contiene sette non computato il più acuto
equivalente del più grave.

219
Dunque dico io, avremo la compiuta serie se ai mezzi armonici
aggiungeremo i mezzi aritmetici e questi a quelli.
Delle otto voci della scala, quattro sono manifestamente conso-
nanti e quattro dissonanti .
Già si è provato che le dissonanze nascono dalla progressione geo-
metrica (Libro Iº , Capitolo 31 °) e che i due mezzi armonico ed aritme-
tico sono fra loro geometrici (Libro Iº , Cap . 9º , Art . 2º ) : dunque intro-
dotti ambedue in ciascheduna delle mentovate quattro « ragioni » si trove-
ranno quattro corde dissonanti : la 2ª , la 4ª, la 6ª , la 7ª, che unite al

complesso consonante di base terza, quinta ed ottava formeranno tutta


insieme l'intera scala .

Non si confonda lo studioso giovane, sentendo annoverate fra le


dissonanti le due corde 4ª e 6ª .
Deve riflettere che noi abbiamo dichiarate consonanti le due ra-
gioni di 4ª e 6ª , e ben diversa cosa è una corda della scala da una
ragione : gli serva l'avvertimento e badi ai termini .
Dopo queste premesse cominciando dall'8" armonica 2 3 4 il
mezzo aritmetico sarà il prodotto degli estremi diviso per il mezzo ar-
monico come segue :

Ottava armonica

2 8/3 3 4

6 8 9 12
CFG C

Il mezzo aritmetico espresso in frazione si riduce a numero intero


cioè a semplice numero della serie armonica , moltiplicando i tre primi
dati numeri per il denominatore della medesima frazione e lo stesso
metodo dovrà praticarsi in ogni caso simile.
Qui devo pur anco avvertire che l'8" armonica espressa nei suoi
primi termini 2 3 4 i quali si riferiscono a F C F viene trasferita
dall'unione dei due mezzi all'8 " di C sol fa ut la quale appunto è

quella che contiene la scala della nostra moderna musica e però do-
vranno prendersi in esame le rimanenti consonanze.
In conformità di questa l'8ª aritmetica pertanto, invece di 3 4 6
che rappresenta C F C deve esser quella di 9 12 18 che si riferisce
a GCG .

220
Ottava aritmetica
162/
9 12 12 18

6: 108 144 162 216


18 24 27 36
G C D G

Dopo le due 8º passar dovendo alla 6ª maggiore avverto che quella


di G E deve esser divisa, non già quella di C A , la quale non
appartiene all'armonia di C sol fa ut , a cui ci condusse´la prima
analogia :

Sesta maggiore armonica

9 139/12 12 15

3: 108 135 144 180


36 45 48 60
G Вы C E

Finalmente ci rimane da dividere la 6ª minore di cui ben può


dirsi : « Haec est infelicissima consonantiarum omnium » , non già della
4ª, come vuole Cartesio ( 1 ) ; infatti la 6ª minore che nella scala della
serie armonica ammette un tal qual mezzo armonico :
10 12 16 non ammette poi nella moderna musica nè mezzo
armonico nè aritmetico e perciò dissi poc'anzi : non a rigore ma a un
di presso e relativamente alla pratica .
Nondimeno è cosa certa che le consonanze divise da mezzo o ar-

monico o aritmetico sempre si risolvono in due ragioni ineguali e se


la maggior ragione stà nel grave il mezzo è armonico ed armonica è
la proporzione. Per l'opposto al grave stà diretta la ragione minore, il

mezzo è aritmetico e la proporzione è pure aritmetica.


La legge è comune a tutte le consonanze come finora abbiamo
veduto.
La 6ª è composta di 3º e 4º . Se la 4ª stà nel grave la proporzione
è armonica : che se al grave stà diretta la 3ª la proporzione è aritmetica ,
come or ora abbiamo veduto nella 6ª maggiore.
Dunque del pari nella 6ª minore , se la 3ª è diretta al grave, la

(1) Comp. Mus., pag. 19.

221
proporzione si produce in pratica come aritmetica , e comparisce armonica
allorchè trovasi diretta al grave la 4º.

Sesta minore aritmetica

5 6 40/6 8

2: 30 36 40 48
15 18 20 24
EGA C

Il pregio dunque dell'esatta proporzione della 6 minore dalla se-


rie armonica

10 13 16
AD F

decade e svanisce al solo riflesso dell'imperfezione dei suoi componenti ,


scorgendosi la 4ª mancante di 39/40 ; e la 3ª minore del pari crescente,
laddove la nostra 6ª minore

15 18 24
EGC

i due componenti 3ª minore e 4ª sono della maggiore esattezza, e la


scala diatonica trovasi composta a dovere di toni maggiori e minori op-
portunamente intrecciati dal semitono diatonico 15/16 .
La scala pertanto che dalle precedenti divisioni risulta , tosto che
approssimando i numeri si riducano in una sola 8ª , è la seguente :

15/
9/10 16
8/9 9/10 15/16 8/9 8/9
24 27 30 32 36 40 45 48
C D E F G A Вы C

Ed è in questa scala diatonica comune tutta la progressione, e lo


stesso Mr. Rameau ( 1 ) la propone senza ragionata deduzione in questi
precisi termini (2) .

(1 ) Traite du l'Harmonye, e Sisteme Diatonique parfait, Libro 1º, Cap . Vº, pag. 23.
(2) Tavola posta dal P. G. B. Martini nella sua revisione per la pubblicazione
dell'opera [ N. d. E.].

222
d'Ut a Re un Ton minor 9 a 10
da Re a Mi un Ton maior · 8 a 9
da Mi a Fa in Semiton maior comme 15 a 16
ILJ a da Fa a Sol un Ton maior • 8 a 9
da Sol a La un Ton minor comme • 9 a 10
da La a Si un Ton maior • 8 a 9
da Si a Ut un Semiton maior . 15 a 16

Io però tenendo ferma la mia 2ª domanda, per cui resta costante-


mente appoggiato all'intera corda il suono di F fa ut , nel comporre
insieme i due mezzi armonico ed aritmetico nelle due ottave e nelle
due seste: ho formato l'intera scala col più sensato ed ordinato metodo ,
per cui alle quattro corde consonanti vengono unite altre quattro corde
dissonanti; tale essendo lo stato e la natura delle otto voci o corde com-
ponenti la scala medesima.
Un rispettabile autore deduce l'origine della scala dall'armonia
delle tre principali corde C F G del modo maggiore.
A me però sembra questo metodo peccante nei principii ed ap-
poggiato ad un falso supposto perchè :
Iº) suppone già formate e stabilite le corde 2ª 4ª 6ª 7ª, men-
tre queste appunto sono quelle che si cercano.
II°) suppone stabilito il modo maggiore cui precede per ogni
ragione la scala.
Con ugual fondamento dir si potrebbe che la scala trae origine
dall'armonia della 1ª 2" 5" corda, poichè sono questi pur ancor tre
accordi che formano cadenza più soave e più grata che non quella for-
mata dalla 1ª 4ª 5a corda.
Queste bensì più di quelle servon alla costruzione e modulazione
del modo maggiore, ma per la costruzione della scala diatonica, nè que-
ste nè quelle in armonia disposte vi hanno diritto o forza alcuna .
Il sistema poi degli accordi greci non conviene colla nostra scala
mentre si scoprono i loro tetracordi composti di due suoni sesquiottavi
di 9 a 8 e del limma 256 a 243 , laddove il nostro trovasi formato di :
9 a 8, di 10 a 9 , di 16 a 15 .
Non è dunque nè può essere originata la nostra moderna scala dal
sistema o scala degli antichi Greci .
Alcuni vogliono formata la nostra scala mediante la sottrazione
delle minori dalle maggiori consonanze, ma questo metodo è visibil-
mente precario e dipendente da quella stessa scala la cui origine si
cerca.
E' di fatto impossibile rendersi la sottrazione qualora prima non
esistano le ragioni sopra di cui deve operarsi.

223
Nondimeno sarà giovevole questo metodo per indicare ai giovani
le rispettive distanze di una ad un'altra corda della scala .
İnsomma la scala diatonica da lungo tempo è formata, fissata ed
universalmente abbracciata, e perciò troppo è facile osservare che negli
accordi della 1 4 5 corda tutte si contengono le otto voci della
scala.
Così pure col mezzo della sottrazione si ravvisano le differenze
fra due vicine consonanze .

Rimane dunque riservato al già esposto mio metodo lo scoprimen-


to dell'origine e la costruzione più sensata e ragionata della scala dia-
tonica con la sola presupposizione di 1 1/3 1/5 da cui ho detto nel
(Libro I°, Cap . 48°) che tutto il sistema nostro musicale deriva.

224
CAPITOLO XIII .

Che più sorta di scale vi sono nella musica

e quale armonia loro convenga

La scala di otto voci composta che può chiamarsi perfetta come


quella che contiene tutti i diversi gradi o intervalli che la compongono,
abbondantemente si è trattata nel precedente capitolo quanto alla me-
lodia, nè altro vi è da aggiungere .
Ora si cerca quale armonia e qual accompagnamento debba darsi
a ciascheduno dei suoi gradi o voci .

ARTICOLO I.

Giova qui riflettere che il nome di scala si è introdotto nella mu-


sica o preso per analogia dell'architettura civile.
Ma siccome questa non prescrive una sola scala in qualunque edi-
ficio, nè stabilisce un preciso numero di scaglioni per ascendere o di-
scendere, lo stesso avviene pur nella musica : dico perciò che tante sono
le scale quante sono le consonanze cioè di : 3 4 5 6 8° e a ciascuna
convien una particolare e sua propria armonia; attesochè nell'ultimo
grado di ciascheduna conviene posare siccome con l'ultimo gradino nel-
l'architettura si poggia ad un piano .
Al termine di qualunque scala devesi far cadenza e quindi ap-
punto nasce la diversità dell'armonia e degli accompagnamenti alle
varie scale dovuti.

- 225

15 · Trattato della Moderna Musica.


ARTICOLO II.

Cominciando dalla più breve, dico che se la scala sarà di 3ª, l'ar-
monia si offre da sè in una cadenza su le corde principali come qui
appresso :

Scala di 3ª: 24 27 30 CDE


come
Basi d'armonia : 24 18 24 CGC

ARTICOLO III.

Se poi sarà di 4" , in essa corda ascendendo dovrà farsi la cadenza

e nel discendere poi nella principale.


Ormai dunque si fa manifesto che la modulazione e l'andamento
naturale dell'armonia si oppone a quei tali che vogliono gli stessi ac-
compagnamenti tanto nell'ascendere quanto nel discendere della scala .

Scala di 4" : 24 27 30 32 CDEF


come
Basi d'armonia : 24 18 24 16 CGCF

6 6 6 6
4 4 6
3 6 6 3 3 6 3

7 7 7 76
2

Esempio 40

ARTICOLO IV.

Dopo quella di 4ª viene in ragione di ordine la scala di 5ª , che


essendo tutta diatonica non può formare ascendendo vera cadenza , ben-
sì regolare armonia .
Per fare vera cadenza dovrebbe l'ultima corda G esser appoggiata
all'armonia di C: ma la 5ª G come corda di cadenza del modo deve
poggiare precisamente in G, quindi la necessità di uniformare le
basi all'ultime due voci della scala di 5ª ascendente .

226 ―
Basi d'armonia : 24 18 24 16 18 C D E F G
come
Scala di 5" : 24 27 30 32 36 C G C F G

Soggiungo per altro che si può far cadenza nella stessa 5ª alteran-
do la 4" corda senza pregiudizio del sistema diatonico ; atteso che la
stessa 4" corda in tal guisa alterata imiti l'andamento dell'ascesa alla 5ª
come appunto viene espressa naturalmente nella scala delle trombe e
corni da caccia.
Mi serve inoltre di conferma il riflesso che le due più acute corde
della scala del modo maggiore B e C formano pur anco una simile
cadenza come si vedrà prima di por fine al presente capitolo.
La discesa poi deve essere comune ad ambedue le scale tanto nel-
la melodia, quanto nell'armonia .
22

Scala di 5ª : 24 27 30 32 36 C D E F G
come
Basi d'armonia : 24 18 24 16 18 CGCFG
22

Scala di 5ª : 24 27 30 34 36 C D E F G
come
Basi d'armonia : 24 18 24 17 18 C G C F G

Scala discendente comune ad ambedue

Scala di 5ª : 36 32 30 27 24 G F E D C
come
Basi d'armonia : 36 18 24 18 24 GGCGC
642

643

6
07

7 7 74

Esempio 50

ARTICOLO V.

Passando alla scala di 6ª , si rende certa ed evidente la necessità


di poggiare con l'ultima voce ascendendo all'armonia della 4ª corda del
modo, siccome poi nel discendere con basi diverse dalle prime si viene
a poggiare su la corda fondamentale della scala come qui appresso :

227
Scala ascendente di 6ª : 24 27 30 32 36 40 CDEFGA
come
Basi d'armonia : 24 18 24 32 24 32 C G C F C F

Scala discendente di 6ª : 40 36 32 30 27 24 AGFEDC


come
Basi d'armonia : 32 24 18 24 18 24 F C G C G C

6
6.43

643
6 6
6 6 2 6

7 7b 7

Esempio 60

Avverto lo studioso giovane che qui si tratta del modo maggiore


tutt'altra via pro-
armoniale non già di alcuno dei modi corali che per
grediscono nell'armonia .

ARTICOLO VI .

Eccoci finalmente giunti alla scala di otto gradi , l'intera, la perfet-


ta, l'oggetto delle incessanti ricerche.
Sopra questa infatti è stato scritto da tutti gli autori e Mr. Rameau
più di tutti vi si è impegnato.
Con quale esito ne lascio la decisione a ciascheduno di quelli che
sopra di questo punto bramano di esser quieti e soddisfatti .
Dovendo però produrre in questo proposito anche il mio parere,
sembrami necessario di premettere che la nostra scala trovasi composta
di due simili tetracordi, i quali ascendendo progrediscono ambedue con
due toni consecutivi ed un semitono diatonico .

Per l'opposto discendendo degradano primamente col semitono,


quindi poi con due toni . Nell'ascendere perciò termina il primo tetra-
cordo in F e fa cadenza; e il secondo tetracordo giunge all'8ª e fa
cadenza.
Nel discendere poi termina il primo tetracordo in G ed ivi deve far
cadenza; il secondo raggiunge la corda principale, ossia la base e fa la
cadenza finale.

Le due corde quarte e quinte sono le sole ed uniche le quali as-


sieme con la principale corda formano le tre cadenze che sono proprie

228
e distintive del modo maggiore armoniale : dovrà dunque la scala dia-
tonica per ogni conto ed a buona ragione far cadenza sulla 4ª corda
e sulla principale ascendendo , e discendendo poi far cadenza del pari
su la corda grave del primo tetracordo cioè in G e finalmente in C
ultima del secondo tetracordo discendente come qui appresso :

Scala ascendente di 8ª : 24 27 30 32 36 40 45 48
C D E F G A B C

Basi d'armonia : 24 18 24 32 24 32 36 24
CGC F C F G C

Scala discendente di 8ª : 48 45 40 36 32 30 27 24
C Bb AG FED C

Basi d'armonia : 24 36 27 36 18 24 18 24
CGD GGCGC
3843

643
66

6#
643

6 6
6 642
5b 6

7
7 76 7 3萬 74 7

Esempio 70

Universalmente però si esige che l'intera scala abbia la stessa ar-


monia e gli stessi accompagnamenti nel discendere come nell'ascendere;
ma poichè di gran lunga vanno errati quei tali, giustamente perciò gli
si può rispondere col «Nescitis quid petatis » .
E' verità di fatto che l'armonia procede per cadenze, e la buona
modulazione tutta consiste nella regolata successione delle cadenze che
dipendono dal vario andamento della melodia .
Se dunque la melodia altre cadenze richiede e seco porta di sua
natura nel discendere, diverse da quelle che richiede nell'ascendere :
qual ripugnanza può mai aversi di secondar la natura?
Convien dunque per ogni conto adattarsi nè mai violentare la na-
tura delle cantilene, assoggettandole ad una strana armonia.
Nondimeno anche questi superstiziosi possono in qualche modo
rendersi paghi e contenti cioè col mezzo di una scala di nove corde ri-

- 229
stretta pure in un'8ª in simiglianza di quella che ci porge la divisione
della corda sonora dalla 8ª alla 16" . Mi spiego :
In questa scala si vede diviso in due semitoni l'intervallo di D 13
ad E15 che corrisponde alla nostra scala ad A e B 6 e 7ª corda.
Se dunque ad imitazione di quella dividerem noi pure A B in due
semitoni A Bb B avremo una scala di nove corde che tanto nell'ascen-
dere quanto nel discendere conserva l'armonia stessa e le stesse basi.

Quindi a un tempo stesso potranno eseguirsi la scala ascendente


e la discendente colle medesime basi a guisa di un terzetto.
Codesta scala fù già resa pubblica dal Signor Tartini nel suo
Trattato di Musica ed io l'espongo qui in armonia :

Ascendente : 24 27 30 32 36 40 42 2/3 45 48
C D E F G A Bb B C

Discendente : 48 45 42 2/3 40 36 32 30 27 24
C Bb Bb A G F E D C

Basi: 24 18 24 32 24 32 24 18 24
C G C F C F C G C
659

643
6429

642
99

6
6
6

4 6 6

7 76 34 7 25 7

Esempio 80

Mentre però la descritta scala vale a soddisfare quelli che vogliono


uniformità d'armonia nel discendere come nell'ascendere, questa stessa
porgerà ad altri motivo di nuove difficoltà come a dire la dissonanza re-
cata ed espressa dalla settima corda Bb ascende invece di discendere ,
giusta la legge comune alle dissonanze.
Ma questi debbono esser avvertiti che la 7ª corda Bb è analoga
alla settima minore che è in ragione di 4 a 7 ; ed è questa corda set-
tima minore, la cui differenza dalla minima settima diatonica 9/16 che
cresce di poco sopra il comma comune cioè come 63 a 64 , e perciò

scorgesi di natura media fra la consonanza e la dissonanza, per cui

230 -
partecipa dell'una e dell'altra . Quindi il privilegio di essere adoprata
senza preparazione e risolve anche ascendendo; come risulta nel caso
presente, mentre allorchè viene preparata degradando come tutte le
altre dissonanze deve risolvere .
E di questo punto si farà una più esatta discussione nel III° Libro .
Vi è chi dice che una scala di nove corde non è la diatonica di
cui si ragiona; e che nel puro diatonico non ha luogo figura alcuna
accidentale.

Ma se voglia considerarsi il sistema diatonico quale ci vien de-


scritto dai primi autori di musica : Boezio , Zarlino ed altri tanti vedras-
si diviso il tono A B con la corda Bb in due semitoni .
Non è dunque l'obiezione di tal momento che vaglia ad esclu-
dere affatto dal diatonico l'addotta scala di nove corde.

Che se vogliasi assolutamente ristretta la scala in otto corde , alla


mia risposta numero uno conviene dunque attenersi ; mentre ad onta
delle due cadenze in F ed in G colla necessaria giunta di Bb e F#
rimane nella sua purità il sistema diatonico armoniale di cui noi trat-
tiamo .

Mentre però tengo che nulla più rimanga a desiderarsi in que-


sto proposito, voglio nondimeno recar ex abundantia un'altra scala esen-
te nell'armonia da qualunque accidente, in cui però nel discendere vie-
ne in uso, nella corda di A la mi re una particolare cadenza che spes-
so si affaccia e rendesi necessaria : stando al rigor della legge che a
quella tal settima conviene.
Ma di proposito ne tratteremo nel III° Libro, ove si svelerà un
errore madornale presso alcuni rinomati autori che porta a conseguenze
false e grossolane in pregiudizio della inesperta credula gioventù .
La scala è del seguente tenore :

Ascendente : 48 54 60 64 72 80 90 96
C D E F G А ВЫ С

Basi: 48 36 48 64 48 64 72 48
C G C F C F G C

Discendente : 96 90 80 72 64 60 54 48
C BAG F ED C

Basi: 48 72 45 48 64 48 36 48
C G B C F C G C

231
Di questa tale cadenza ne porgo un esempio da cui rilevasi in una
occhiata che l'uso deve essere assai famigliare più che non si pensa,
qualora la giusta e propria armonia vogliasi dare alla melodia e alle
cantilene (1) .

(1 ) Manca l'esempio nel manoscritto [N. d . E. ] .

232
CAPITOLO XIV.

Delle diverse scale del modo minore

Finora solamente si è parlato delle scale del modo maggiore, ma,


siccome ha pur anco il modo minore le scale sue proprie e da quelle
tanto diverse quanto il modo minore è diverso dal maggiore; perciò con
l'ordine medesimo qui si stenderanno per maggiore chiarezza ed istru-
zione della gioventù studiosa .

ARTICOLO I.

La scala di 3ª è la prima, che ci si presenta la cui seconda corda


che passando alla terza forma la principaſe cadenza del modo, siccome
richiede nella base la 3ª maggiore, porta seco perciò in corrispondenza
l'accompagnamento di 6ª maggiore artificiale come nella figura seguente :

Scala ascendente di 3ª : 40 45 48
A B C

Basi: 40 30 40
3#
A E A

Scala discendente di 3ª : 48 45 40
СВА

Basi: 40 30 40
3#
AE A

233
6#
3 6 3

7
3# 34

Esempio 90

ARTICOLO II.

Passando alla scala di 4ª , dico che se le corde siano tutte diato-


niche e naturali , le basi corrispondono con due cadenze , una completa
e perfetta da E ad A; mentre l'altra da A a D porge bensì un mo-
vimento di cadenza, ma poi in rigore non è vera cadenza per difetto
della 3ª minore che dovrebbe esser maggiore; infatti il senso del pe-
riodo armonico rimane in tal guisa sospeso.

Serve però a meraviglia a provare che il passaggio dalla prima


alla quarta corda nel modo minore , quantunque porti movimento di
cadenza, non perciò la corda principale A deve portare la 3ª maggiore
se non allorchè passa la modulazione dalla principale corda alla quarta.
La qual cosa non accade nella semplice scala come si fa manifesto
nella seguente figura :

Scala di 4ª naturale ascendente : 40 45 48 54


A B C D

Basi d'armonia : 40 30 40 27
3♯
A E A D

Scala di 4ª naturale discendente : 54 48 45 40


D C B A

Basi d'armonia : 54 40 30 40
3
DAE A

Scala di 4 artificiale ascendente : 40 45 50 54


A B C D

234
Basi d'armonia : 40 30 40 27
3# 3#
AEA D

Scala di 4ª artificiale discendente : 54


54 48
48 45 40
D C B A

Basi d'armonia : 54 40 30 40
3#
DAE A

6:

7 7 7
3 3# 3件

Esempio 100

ARTICOLO III .

Alla scala di 4" succede in ordine quella di 5ª .


Nell'ascendere passa la quarta corda con la sua propria armonia

alla quinta con terza maggiore, ma da questa poi ripugna nel discendere
l'armonia propria della suddetta quarta corda : quindi in figura di set-
tima soggiacer deve all'armonia stessa della quinta corda come pure s'è
praticato nel modo maggiore. (Vedi il precedente Cap . 13° all'art. IVº) .
L'accennata ripugnanza nasce in ambedue i modi dall'imperfezio-
ne del mezzo aritmetico; quindi siccome conviene il progresso dalla
quarta, mezzo aritmetico alla quinta , mezzo armonico : vale a dire plau-
sibile il passaggio dall'imperfetto al perfetto : per la stessa ragione ri-
pugna il passaggio dalla perfetta divisione dell'8 " all'imperfetta .
Perciò deve la quarta corda secondare il suo movimento di caden-
za : molto più per esser la quinta accompagnata da 3ª maggiore d'onde
risulterebbe insieme una molesta relazione più sensibile nel modo mi-
nore che non nel maggiore come l'esperienza lo fa manifesto. Ecco dun-
que l'estesa:

235
Scala di 5 ascendente : 40 45 48 54 60
A B C DE

Basi d'armonia : 40 30 40 54 60
3#
AE AD A

Scala di 5 discendente : 60 54 48 45 40
EDC BA

3034
Basi d'armonia : 60 30 40 30 40 .
3# 3# 3#
E EAE A

#9
6
3 6 3# 3 2 6 3

3# 3# 7 3#

Esempio 110

ARTICOLO IV .

Nella scala che segue di sei gradi in simiglianza di quella del mo-
do maggiore , deve l'ultima corda nell'ascendere poggiare sopra l'armo-
nia della quarta corda in guisa di cadenza : che pur si è una delle tre
principali del modo minore :

Scala di 6 ascendente : 40 45 48 54 60 64
A B C D E F

Basi d'armonia : 40 30 40 54 40 54
3# 3#
AE AD AD

Scala di 6ª discendente : 64 60 54 48 45 40
FEDC BA

236
Basi d'armonia : 54 40 30 40 30 40
3 3#
DAE AE A

6% 6 6#
4 6# 6 48
3 6 4 6 4 2 6
8

7
3# 3# 3

Esempio 120

ARTICOLO V.

Nella scala che segue di otto corde non mancherà chi opponga, per-
chè la sesta corda non sia alterata come la settima , quindi nascendone
un intervallo d'ingrata e difficile intonazione qual'è la seconda ecce-
dente.

Ciò nonostante io sono persuaso e tengo che in tal guisa debba


procedere nel modo minore la scala di 8ª posta in armonia .
Tutte le corde per quanto si può debbono conservarsi diatoniche
e la 7ª solamente ne vien eccettuata in grazia della cadenza per cui l'al-
terazione gli si rende necessaria e indispensabile .
L'obbiettata difficoltà d'intonazioni nulla poi rileva, mentre ai soli
principianti conviene . A questi soli è riservata come inesperti ancora
dell'intonazione degli intervalli cromatici , quali sono gli eccedenti e i
diminuiti che dal modo maggiore esclusi di sua natura, al solo modo
minore appartengono .
L'intervallo dunque di 2ª eccedente non è tant'aspro quanto si cre-
de, mentre per il contrario graziosissimo riesce nella melodia e sola-
mente ha luogo l'alterazione della 7ª corda ascendente allorchè la nota
di minimo valore espressa quasi di volo passa alla settima corda alte-
rata, come nell'esempio :

- 237
Esempio 130

Alle tre principali corde del modo minore devesi costantemente la


3 minore; e soltanto nelle cadenze è lecito anzi devesi alterare la setti-
ma corda, che forma la terza maggiore della quinta : 3ª indispensabile
per la cadenza armonica.
Spogliato pertanto dai pregiudizi correnti, potrà chiunque esami-
nare la melodia e l'armonia della seguente 8 " ascendente e discendente
ed anche rimanerne appieno persuaso .

Scala di 8 ascendente : 40 45 48 54 60 64 75 80
A B C D E F G A

Basi d'armonia : 40 30 40 54 40 54 60 40
3# 3#
A E A D A D E A

Scala di 8 discendente : 80 72 64 60 54 48 45 40
AGF EDC BA

Basi d'armonia : 80 40 54 40 54 40 30 40
3# 3#
AAD A D A E A
642

643
643

6#
6
64

6 6 6
73

7 7
3# 34 3# 3# 3# 34 3#

Esempio 140

Ad imitazione del modo maggiore anche il modo minore rendesi


suscettibile di una scala di nove corde ristrette nella dupla, con questa

238
differenza solamente che delle due scale ascendente e discendente va-

ria l'armonia delle basi , e perciò non può farsene un terzetto, come nel
modo maggiore si è parlato.
La disparità dei due modi nella 3ª diretta alla base cagiona que-
sto divario.
La settima minore ascendente vuole nel suo accompagnamento la

3" maggiore : nel modo minore la 3ª diretta nella principale corda è


minore e tale deve essere : per la qual cosa la stessa armonia delle basi
non può adattarsi all'ascendere insieme e al discendere di questa scala.

La differenza poi dell'armonia nelle basi qui appresso si appalesa :

Scala di 8ª ascendente : 40 45 48 54 60 64 72 75 80
A В С DEF G G# A

Basi d'armonia : 40 30 40 54 40 54 40 60 40
3# 3# 3#
A E A D A D A E A

Scala di 8a discendente : 80 75 72 64 60 54 48 45 40
A G# G FEDC BA

Basi d'armonia : 40 30 40 54 40 54 40 60 40
3# 3# 3#
A E A D A D A E A

6# 6 6 6#
oo
66

4#
Et

2 6
9

O #
O

7 7 7
73

3 3# 3# 3# 3b 3 3#

Esempio 150

In conformità dell'ultima scala recata nel Capitolo 13° per il modo


maggiore qui ne stendo pur una analoga a quella , in cui stando a ri-
gore delle corde proprie del modo minore, si vedrà nel discendere l'uso
della settima diminuita appoggiata alla settima corda alterata della scala
medesima .

239
Scala di 8ª ascendente : 40 45 48 54 60 64 75 80
A B C D E F G# A

Basi d'armonia : 40 30 40 54 40 54 60 40
3# 34 3#
A EADA DE A

Scala di 8a discendente : 80 72 64 60 54 48 45 40
AGF E D C BA

Basi d'armonia : 40 30 37 '/2 40 54 40 30 40


34 3#
A E G# ADA E A

L'uso di questa settima diminuita viene in acconcio con frequenza


e lo fa manifesto l'esempio che qui si reca che è pur quello descritto
nel precedente Capitolo 13" ora trasportato nel modo minore .
E qui pongo fine, direi quasi , al trattato delle scale ( 1 ) .

(1 ) Manca l'esempio nel manoscritto [ N. d. E.] .

240
Quadro conservato nell'Archivio Musicale del Santo - Padova

P. M." FRANCESCANTONIO CALEGARI o. f. m. conv. ( 1656-1742)


Inventore del numero armonico
CAPITOLO XV.

Degli intervalli musicali

La distanza fra due voci l'una grave e l'altra acuta si chiama in-
tervallo (Definizioni : Parte I " , e dal numero inclusivo delle gregoria-
ne lettere prendono il nome tutti gli intervalli musicali in genere.
Se per ciò tre o cinque , v. g. sono le lettere : di 3ª o di 5ª è l'in-
tervallo. Scortati dunque da questa legge non possono soggiacere ad in-
ganno i giovani inesperti nè gli insidiosi critici giungere ad imporsi .
Con questa sola e semplice osservazione non si confonderà la 5ª
minore con la 4" maggiore, nè la 5ª eccedente con la 6ª minore ecc .
Gli intervalli semplici in genere sono sette cioè : 2" 3" 4" 5"
6 7 8ª e perchè non più di sette sono i semplici, perciò i replicati
si formano ascendendo di sette in sette.
Ciò posto sia per es. 5 + 7 = 12. Sarà questa la 12ª , cioè la

5ª replicata .
Così pure 5 + 7 + 7 = 19 sarà la 19" intervallo replicato della
5 etc. Quindi ne segue per ridurre al semplice un intervallo duplicato
o triplicato si deve levar il sette quante volte si può dal numero dell'in-
tervallo composto . Così tolto il sette dalla 26" tre volte, resta cinque cioè
la 5ª intervallo semplice . Avverto che qui si parla degli intervalli di
melodia solamente, atteso che nell'armonia la 9" l'11ª e la 13ª sono in-
tervalli dissonanti e primitivi, cioè dissonanze le cui replicazioni devono
prendersi dal 9 , 11 e 13 non già dal 2 , 4 , 6 e perciò dato 9 + 7 = 16 :
sarà questa la sedicesima cioè la prima replicazione della 9" , e così di
tutte le altre dissonanze.
Per altro siccome nella moderna musica abbiamo intervalli mag-

241
16 . Trattato della Moderna Musica.
giori e minori , eccedenti e diminuiti , così dico che questi appartengono
esclusivamente all'ordine cromatico e quelli all'ordine diatonico.
Nè vorrei che l'erronea idea fabbricatasi da certi pratici, pregiu-
dicasse alla retta intelligenza ed applicazione dei due termini diatonico
e cromatico.
Presso i Greci questi erano due generi della loro musica : presso
di noi non altro sono che nomi generici di alcuni intervalli; perciò
ho detto che gli intervalli maggiori e minori sono diatonici e sono in-
vece cromatici gli eccedenti e i diminuiti .
Abusivamente pertanto e senza ragione chiamano cromatici i tasti
corti del clavicembalo, e diatonici i tasti lunghi : toni cromatici quelli
che sono fondati sopra i tasti corti , e diatonici quelli fondati sopra i
tasti lunghi . In una parola , questi nomi convengono solamente e pro-
priamente agli intervalli.
Quindi io tengo e considero diatonica la 3ª maggiore F# A#
per es., quanto quello di F A, essendo ambedue composti di due
toni l'uno maggiore e l'altro minore.
Nè dai tasti lunghi o corti dipende la natura degli intervalli , ma
bensì dalla ragione in cui si trovano.
Ora è certo certissimo (vedi capitolo 3º) che tanto FA quanto
F# A# sono in ragione di 4 a 5 , dunque ambedue le mentovate
terze sono diatoniche.

Possono dunque chiamarsi senza pericolo di equivoco, tasti di dop-


pia figura i tasti corti; stante che a ciascuno di essi serve : come # per
alterare l'intonazione del precedente tasto lungo e come b per dimi-
nuire quella del seguente . La qual cosa si fa manifesta per es . in F # e
Gb rappresentati dallo stesso tasto che trovasi tra F G.
Ora per maggior chiarezza tratteremo in primo luogo degli inter-
valli maggiori e minori, spettanti l'ordine diatonico .

ARTICOLO I.

Premetto che le consonanze tutte ed anche le dissonanze sono per


sè giustissime ed esatte nelle rispettive loro ragioni ; nondimeno è noto
che negli intevalli diatonici sono alternativamente maggiori e minori e
l'alternativa sta fra l'intervallo dato e il suo compimento all'8 " .
Non basta : gli intervalli minori calano, e i maggiori crescono; ma
siccome i minori calano ora nel grave ora nell'acuto, così pure i mag-
giori crescono ora nel grave ora nell'acuto e ciò accade con tal vicenda
che se il maggiore cresce nel grave il minore cala nell'acuto : se il mag-

242
giore cresce nell'acuto il minore cala nel grave . Mentre però dico che
gli intervalli minori calano, e i maggiori crescono, deve intendersi nella
mutua loro relazione, e non oltre.
E poichè facilmente si scorge la via più naturale di trasformare
qualunque intervallo da minore in maggiore e da maggiore in minore ,
così pur anco è facile scoprire in qual parte l'intervallo sia crescente o
mancante.
Alcuni esempi saranno opportuni per indicare all'occhio quanto
ora si è detto .
La parte crescente sarà segnata e la mancante con l'altro
segno
+
Data dunque la 6ª maggiore ĠE crescente nel grave , il suo
GE

compimento sarà la 3ª minore mancante nell'acuto .


E G
Ora non può negarsi come la via più naturale per trasformare la
data 6ª da maggiore in minore sia quella di restringerla nel grave onde

ne risulti la 6ª minore mancante nel grave e la 3ª maggiore


G# E
+
crescente nell'acuto .
E G#
Dunque manifestamente GE cresce nel grave e E G trovasi
mancante nell'acuto.
+
Un altro esempio sia la 7ª maggiore crescente nel grave;
FE
sarà il suo compimento la 2ª minore E mancante nell'acuto .
F
Quindi la 7 minore è mancante nel grave e la 2ª mag-
F# E
+ è crescente nell'acuto .
giore
E F#
Che se poi piacesse ad alcuno di trasformare F E in F Eb ,
dico che patentemente va errato, atteso che quest'ultima settima mino-
re di troppo si allontana dal modo naturale a cui mi attengo in tutti
gli esempi, come già fù da me accennato.
Si dirà forse che vane ed inutili sono coteste sottili osservazioni ,
ed io per lo contrario le giudico anzi utili e necessarie non solamente
per ben comporre, ma inoltre per essere in grado di recar giusta ra-
gione di ciò che si è scritto .
E' un comune detto che il pregio della buona musica dipende in
parte dalla varietà.
Quindi fra i vari precetti si annovera e si ripete quello del moto
contrario nelle parti, nondimeno spesso ascendono e discendono assie-
me, e sta bene perchè supplisce in tal caso la varietà nelle consecutive
ragioni.

----- 243
Oltre alle due quinte seguenti da molti si vietano anche due terze
maggiori, ma nè seguirà nondimeno ottimo effetto, se mentre una
+
cresce nel grave l'altra cresce nell' acuto come per esempio
FA
+
G B.
Si vuole per indispensabile precetto che la dissonanza risolva in
consonanza; nondimeno con ottimo effetto si risolve la settima minore

per es. GF nell'altra F# E ; e perchè la prima è mancante


nella parte acuta e l'altra manca nel grave .

Insomma la varietà negli intervalli della stessa specie rendesi ol-


tremodo e per ogni conto osservabile .
E poichè sembrami di aver detto quanto basta intorno agli inter-
valli diatonici passeremo a trattare dei cromatici .

ARTICOLO II .

I sei intervalli diatonici raggiungono il numero di 12, perchè ad


ognuno di essi compete l'esser maggiore o minore come veggonsi de-
scritti nella seguente tavola , in cui però vedesi segnata la 6ª maggiore
16/27 non 3/5 e in conseguenza la 3ª minore 27/32 invece di 5/6 e ciò
affine solamente di non dipartirmi dall'8 " di F fa ut , cui corri-

spondono in tutti gli intervalli i più semplici e primi numeri in con-


seguenza della 2ª Ďomanda.

Intervalli maggiori

2a F G 8 a 9
3a F A 4 a 5
4a F вы 32 a 45
5a F C 2 a 3
6a F D 16 a 27
7a FE 8 a 15

Intervalli minori

7a G F 9 a 16
6a A F 5 a 8
5a B F 45 a 64
4a C F 3 a 4
3a D F 27 a 32
2a E F 15 a 16

244
Non del pari procedono gli intervalli cromatici, il cui numero e
corrispondenza è del doppio ristretto, mentre nella classe degli ecce-
denti niuno può essere diminuito, e da quella dei diminuiti rimangono
esclusi gli eccedenti . Il fatto lo prova .
Fra le 2 la minima consta di un solo semitono come EFO

B C; ed è questa la 2ª minore, dunque non vi ha luogo alla 2ª


diminuita.

Così pure fra le 7 la massima consta di cinque toni e un semi-


tono come F E o C B ed è questa la 7ª maggiore : dunque non
può darsi la 7ª eccedente . Ecco pertanto le due accennate classi :

Intervalli eccedenti
Nin

2" F 64 a 75
***

5ª F 16 a 25
6a F D# 128 a 225

Intervalli diminuiti

7ª G# F 75 a 128
E33

4a C# F 25 a 32
3a D# F 225 a 256

Gli eccedenti crescono nel grave e nell'acuto e in ambedue queste


parti trovansi mancanti gli intervalli diminuiti.
Nè di ciò può dubitarsi , mentre tolti i dai tre notati intervalli
eccedenti essi rimangono puri e pretti diatonici maggiori decrescenti
nel grave; erano dunque col # eccedenti e crescenti anche nell'acuto.

In simile guisa si ragioni proporzionatamente anche dei diminuiti .


Donde poi abbiano la loro origine gli intervalli cromatici e come
dalla stessa corda sonora ci vengono indicati con tutta la chiarezza e
la precisione or ora sarà manifesto .
Fissata già (Libro I°, Cap . 18°) , l'origine delle consonanze da
1 1/8 1/5 tutte quante poi le diatoniche ne vengono formate mediante le
replicazioni da 1 1/2 1/3 1/4 1/5 1/6 1/8 ne rimane escluso il numero
7 o vero sia ¹/7 .
Ma non perciò devesi credere che nella musica moderna rimanga
inoperoso questo numero, mentre che se da un canto fissa il confine
alle consonanze dall'altro poi, ci somministra tutti gli intervalli croma-
tici in figura di antecedente o di conseguente di ciascuna ragione e
sempre con la minima differenza di 224 a 225 che per l'appunto è la
differenza dei due semitoni 14/15 e 15/16 componenti il tono sesquiset-

245
timo /s cui dò il nome di massimo per distinguerlo dal maggiore e
dal minore.
Ora per provare quanto dico, servirà a meraviglia il confronto e
la sottrazione rispettiva di ciaschedun intervallo cromatico, come nella
seguente tavola si veggono con quelli che dal numero 7 derivano .

Seconda eccedente triemitono

F 64 6 448 224
- (2)
G# 75 . 7 450 225

Settima diminuita
ང་

7 - 75 G# 896 224
12

(4)
12 128 F 900 225

Terza diminuita

7 225 D# 1792 224


(8)
8. 256 F 1800 225

Sesta eccedente

F 128 4 896 224


(4) —
D# 225 7 900 225

Quarta diminuita

7 25 C# 224

9 . 32 F 225

Quinta eccedente

F 16 - 9 224
1

C# 25 14 225

Acciochè poi si vedano in serie formati gli intervalli maggiori da-


gli intervalli minori e i diminuiti dagli eccedenti , trascelgo fra tutti gli

246
intervalli semplici quelli della 2ª e quelli della 7ª che ne sono i com-
plementi :

Per le 2º
Intervalli minori :

EFF# G | G# A | A Bb Bb C | C# D || D# E

Intervalli maggiori :

EFF GG AA
GA B
Bb Bb C | C D | D E

Intervalli eccedenti :

Eb F# F G# | G A# | Ab Bb | Bb C# | C_D ‡ | D_E#

Per le 7º
Intervalli maggiori :

FEG F# | A G# | Bb A C B D C# | E D#

Intervalli minori :

FEGFAG| BAC Bb | D C | E D

Intervalli diminuiti :

F# Eb | G# F A# G | B Ab | C # Bb | D ‡ C | E‡ D

Su questo modello con molta facilità può farsi l'estesa anche de-
gli altri semplici intervalli, distribuiti come qui sopra in minori , mag-
giori, eccedenti; maggiori, minori, diminuiti : allontanandosi quanto me-
no si può dai due modi naturali come già si è avvertito.
Dell'8" qui non si parla, essendo questo intervallo perfettissimo,
primario e complemento insieme di se stesso, e perciò libero ed esente
da qualunque alterazione; ond'è che l'8" eccedente e diminuita sono
nomi vuoti di senso; ed è infatti una illusione pura e mera, come qui
appresso si fa manifesto :

12 25 48
8a Eccedente 8a Diminuita
сы C# сы

247
L'8ª dunque è composta di cinque toni , cioè tre maggiori e due
minori, con due semitoni diatonici.
Si contiene nella ragione dupla costantemente ed invariabilmen-
te, nullamento dell'angolo retto nei suoi 90° gradi ( 1 ) .

( 1 ) Vedi in appendice la lettera del P. Vallotti del 1728 [ N. d . E. ] .

248
CAPITOLO XVI.

Delli intervalli equivoci nello strumento da tastatura

Si reca da molti a difetto della moderna musica che gli intervalli


cromatici vale a dire i diminuiti e gli eccedenti dei quali si fa uso con
frequenza, corrispondono nel clavicembalo ad altrettanti intervalli dia-
tonici come veggonsi qui appresso :

Intervalli cromatici Intervalli diatonici

2ª Eccedente 3ª Minore
3ª Diminuita 2ª Maggiore
4ª Diminuita 3ª Maggiore
5a Eccedente 6ª Minore
6ª Eccedente 7ª Minore
7a Diminuita 6" Maggiore

Conviene però che avvertano esser ben diverse le ragioni croma-


tiche dalle corrispondenti diatoniche, come vedremo.
E regge nondimeno lo stesso tasto a queste e quelle per opera del
temperamento nello strumento e nella voce insieme; la quale condotta
dalla melodia sempre soggetta all'armonia, sostituisce per sentimento
un semitono all'altro; la qual cosa facilmente può farsi vedere ed in certo
modo toccare con mano.

La differenza poi di tutte le sopra dette ragioni è di 125 a 128


che è pur anche la differenza dei due semitoni 15/16 e 24/25 .
Altrove già si è detto che la ragione 125/128 è prossimamente un
enarmonico segnato da Aristosseno nella ragione di 35/36, ed è ben noto

249
che la difficilissima intonazione di questo intervallo ha fatto si che ben
tosto fosse abbandonato il genere enarmonico.
Non ha dunque tanta forza di obiezione che vaglia a mortalmente
ferire la moderna musica : mentre all'incontro per questa stessa via ne
riceve ampiezza, e vantaggio notabilissimo. Ora dunque daremo in con-
fronto tutte le ragioni che per rapporto ai tasti del clavicembalo si chia-
mano equivoche; e sarà ciascheduna segnata colle rispettive gregoriane
lettere.

Terza minore e seconda eccedente

A 5 64 F 375 125
(3)
C 6 . 75 G# 384 128

Terza diminuita e seconda maggiore

D# 225 9 G 2250 125


( 18 ) -
F 256. 10 A 2304 128

Quarta diminuita e terza maggiore

C# 25 4 F 125

F 32 . 5 A 128
‫די‬

Sesta minore e quinta eccedente


A 5 — 16 F 125

F 8. 25 C# 128

Settima minore e sesta eccedente


10

A 5 - 128 F 1125 125


(9)
G 9. 225 D# 1152 128

Settima diminuita e sesta maggiore

G# 75 — 3 C 375 125
(3)
10

F 128 . 5 A 384 128


‫די‬

250
La differenza dunque di codesti intervalli tutta sta nella sostitu-
zione del semitono 15/16 a quello di 24/25 , la cui differenza 125/128 tanto
meno sensibile si trova negli intervalli minori dell'8 " quanto più in-
tollerabile scorgesi nella ottava stessa .

251
¡
CAPITOLO XVII .

Dei numeri veri ed apparenti

Qui si parla dei numeri solamente i quali servono a segnare le no-


te del basso continuo; nè deve credersi che si parli di una distinzione
immaginaria o si tratti di un paradosso .
Tanto le consonanze quanto le dissonanze vengono espresse nelle
tre armonie sempre da numeri veri ; e delle dissonanze il riversamento
soltanto da numeri apparenti ci vien rappresentato :
La ragione è chiara perchè questi non segnano già la dissonanza,
ma bensì l'accordo consonante per lo più con numeri dissonanti come
or ora vedremo.

Tutte le consonanze di fatto sono espresse nelle tre armonie dai


566
8
numeri : 3 3 4 ai quali si aggiunge poi 1 per compire l'accor-
1 1 1

do ch'è un complesso di quattro suoni l'uno grave l'altro acuto separati


da due altri di mezzo .
Senza però la divisione dell'accordo originale non avremo certa-
mente le consonanze, derivate, cioè : la 6ª , la 4" ; ma 6" e 4ª sono non-
dimeno numeri veri e consonanti . Le quattro dissonanze poi sono espres-
se dai loro numeri originali 7, 9, 11 , 13; e se alcuna di queste si ag-
giunge ad un accordo avrà essa luogo in tutte le di lui parti; e per con-
seguenza oltre il suo primo e principal numero, ne avrà due altri de-
3 5.79
rivati; e saranno nelle tre armonie : 579 11 : tutti veri numeri
dissonanti . 7 9 11 13

Passando poi al riversamento delle dissonanze medesime quello di

252
6
7ª che porta la segnatura di 4 trito e frequentissimo : nondimeno
è trito
è
2
si è disputato per secoli intorno la 2ª .
Si voleva esser dissonante, ma poichè sussiste sempre immobile,
si diceva che la base risolve in sua vece : e con una serie di errori sem-

pre si disputava, nè mai si giungeva alla verità, perciò appunto che non
si distingueva gli apparenti numeri dai veri .
Allorchè la settima è riversata sta sotto la base dell'accordo e gli
6 5
apparenti numeri 4
4 indicano i veri 3 ; ed ecco come si manifesta
2 1

che non sono dissonanti nè la 2ª nè la 4ª e perciò vanno esenti dalle


leggi delle dissonanze. 5

Così pure riversata la 9ª , si trasformano in 4 le parti dell'ac-


8 2
cordo consonante 5 diviso nella seconda armonia.
3

Non ammette questo riversamento nè gli altri seguenti Mr. Ra-


meau , perchè la 9ª non è contemplata nell'8" ; ed è maraviglia che della
7ª conceda il riversamento , benchè facciasi fuori del suddetto confine,
cioè si trasferisca sotto la base dell'accordo consonante.
Direbbe forse a sua discolpa che il riversamento richiede che la
dissonanza si trasferisca per un'8ª nel grave : che stando la 7ª come in
suo luogo proprio sotto l'8ª per riversamento deve appunto trasferirsi
sotto la base.
Direbbe bene e così è di fatto . Ma ciò stante come può negare
il riversamento delle altre dissonanze e per schermirsi poi introdurre
le sue supposizioni d'onde tanto buio e tanta confusione nasce nella
teoria delle dissonanze?
Il riversamento richiede che la dissonanza si trasferisca per una
8ª nel grave; ma la 9ª per natura è collocata sotto la 10ª , dunque per
riversamento deve trasferirsi sotto la 3ª dell'accordo .
Nell'11 " che sta sotto la 12" , qualora sia riversata si trasformano
7
10
in 5 le parti integrali dell'accordo consonante diviso nella sua
8
2
terza armonia . 7

Sono dunque puramente apparenti i numeri 5 .


2
La terziadecima vedesi collocata come in propria sede una terza
sotto la 15ª , dunque nel riversarla dovrà trasferirsi due gradi sotto l'8 " ;

- 253
7
e le parti dell'accordo consonante si trasformano in 5 essendo però
12 3
queste infatti le replicazioni 10 del semplice accordo consonante .
8
Nè deve far specie, come altrove ho avvertito, che la caratteristica
della 13 " riversata sia simile alla segnatura della 7" unita alla prima
armonia di un accordo .
Ne toglie facilmente l'equivoco in primo luogo la legatura della
stessa 13ª . În secondo luogo si appalesa la differenza, perchè della 7ª
usata nella prima armonia di un accordo si scrive solamente il 7 sopra
la nota . 7
Sono dunque apparenti nel riversamento della 13ª i numeri 5.
3
Che se più dissonanze siano aggiunte ad un accordo, siccome non
ambedue a un tempo stesso possono riversarsi, perciò quella che rimane
al luogo suo forma un altro apparente numero come si rileverà dagli
esempi del 3º Libro.
Sono dunque numeri apparenti quelli che rappresentano i river-
samenti delle dissonanze; non già quelli che segnano le dissonanze me-
desime nella divisione dell'accordo consonante, come non lo sono i tre

numeri consonanti che pure variano fra di loro nelle tre diverse armo-
nie di uno stesso accordo .

254 -
1

CAPITOLO XVIII.

Delle consonanze dissonanti

L'apparenza di una contradizione produrrà forse maraviglia a pri-


mo aspetto che un tale argomento prendasi a trattare : spero nondime-
no, che ponderata la tesi a dovere, si vedrà la necessità di trattarla e
l'utilità che ne deriva ponendola nel suo vero aspetto.
Vi sono dunque accordi consonanti ed accordi dissonanti nel senso
delle date Definizioni . Già si è detto al Libro I° , Cap . 18° che la 5ª
eccedente è dissonante perchè è formata e composta di due 3° maggiori

FA C#
16 20 25

e questa nondimeno forma un accordo che nella pratica si tratta come


fosse consonante; ed in simiglianza del consonante si divide nelle tre
rispettive armonie, cui si aggiungono a piacere anche le dissonanze.
Lo stesso dicasi anche delle 5° minori che pur tutte sono dissonanti ;
e per la stessa ragione vengono in uso come se fossero consonanti.
Si concedono dunque dissonanti, come di fatto lo sono, e la 5ª ec-
cedente, e le minori tutte, come pur anco le altre che in conseguenza
ne derivano : cioè la 3ª diminuita D# F e la 6" eccedente F

D ; la 4ª diminuita C # F ; e la 4ª maggiore A D che si


può dire cromatica a differenza della diatonica. F B.

Nondimeno come parti principali o derivate di un accordo e per-


ciò non obbligate alle leggi particolari delle dissonanze, liberamente si
trattano e con ottimo effetto .

255
L'origine di questa singolarità deve senza dubbio riconoscersi dal-
la 5 minore diatonica

B D F
45 54 64

al quale si offre in uso tutto dì da se medesima per essere l'accordo B


mi uno dei sette contenuti nella scala diatonica che forma la base del
nostro sistema.
Insomma la gran differenza che passa fra i mentovati accordi a
ciò si riduce che i dissonanti non possono in modo alcuno esser mai
base di tono modale, nè musicale, nè corale.

256 —
CAPITOLO XIX.

Dei toni o modi musicali

La voce tono ha nella musica doppio significato, atteso che dinota


alcuna volta l'intervallo che trovasi fra due voci contigue in ragione di
8 a 9 tono maggiore, o vero di 9 a 10 tono minore; ed usata in questo
senso deve chiamarsi tono graduale per togliere l'equivoco .
Si intende ancora e per lo più , la voce tono per la 8ª che dirige
un componimento e lo restringe in certi determinati limiti; ed in que-
sto senso per fissarne il significato, deve chiamarsi tono modale; tanto
più che nella moderna musica due soli sono i toni, cioè il maggiore
e il minore. Giova per altro fissare la voce tono per significare l'inter-
vallo, e la voce modo per segnificar l'8 " sopra di cui si appoggiano e si
lavorano i componimenti . Infatti dalla voce modo deriva l'altra corri-
-
spondente, cioè - modulazione - che precisamente significa la condotta
di un componimento nell'uso artificioso delle varie corde che al modo
assunto convengono; dunque modo deve chiamarsi o vero sia tono mo-
dale (Vedi le Definizioni).
Generico però si scorge il nome modo, atteso che conviene ugual-
mente ai modi corali di semplice melodia , quali sono quelli degli : Inni ,
Introiti, Offertori, ecc. ad uso del coro : ed a questi stessi usati in armo-
nia , e con obbligo di canto fermo, o sciolti da tal obbligo; quali furono
praticati dai compositori dei tre ultimi secoli .
Conviene inoltre ai modi della moderna musica che regna oggidì
del pari nel teatro, nella camera e nella Chiesa.
Siccome però ciascuna spezie dei mentovati modi va soggetta alle
leggi sue particolari, così di queste a tenore della propria loro indole

- - 257
17 - Trattato della Moderna Musica.

Geografia e Historia
noi ragioneremo. E poichè dei modi armonico-corali pressochè niun
caso si fa dagli odierni compositori di Chiesa, di questi perciò ci ri-
serviamo a parlarne dopo che di quelli della moderna musica avremo
pienamente trattato .

258
CAPITOLO XX.

Dei moderni modi armonico-musicali

Mentre tuttora discordi sono i pareri circa il numero dei modi sì


della greca che della latina musica, concorde ed universal consenso
riscuotono quanto al loro numero i moderni modi musicali, venuti in
uso solamente circa il principio del corrente secolo, di non esser non
più che due : uno chiamato il maggiore , l'altro il minore.
In questo parere sono convenuti i moderni sul riflesso che ognuna
delle sette ottave di natura e di specie diversa è composta di 3ª mag-
giore o di 3ª minore; e per conseguenza ognuna di esse forma un ac-
cordo di 3ª maggiore o di 3ª minore. L'8 " poi si dice composta di 3ª
maggiore qualora la sua quinta sta in proporzione armonica ed ha per-
ciò la 3" maggiore diretta alla base; e si intende composta di 3ª minore
allorchè la sua quinta sta in proporzione aritmetica ed ha per conse-
guenza la 3ª minore diretta alla base.
Siccome però tre sono le ottave di 3ª maggiore e quattro di 3ª mi-
nore, convien esaminare quali siano fra queste in precisione le due ot-
tave su cui si appoggiano e formano la sede naturale sì dell'uno che
dell'altro .

Ora però tratteremo soltanto del modo maggiore faciendo stra-


da così al modo minore sopra di cui ragioneremo nel seguente capitolo ,
poichè più seria e matura riflessione richiede. Tosto che venne in uso
il modo maggiore armoniale felicemente venne fissato alla corda e ot-
tava di C sol fa ut , altro perciò qui non occorre se non di far con-
statare che a quella sola corda appartiene la propria e naturale sede del
modo maggiore .

259
La risoluzione dell'8ª in 4ª e 5ª è la prima e più naturale di tutte
le altre perchè deriva dai due mezzi l'aritmetico e l'armonico.
Alla prima e fondamentale corda del modo devono andar unite
la 4ª e la 5ª per regolarne la modulazione. Non basta.
Siccome la prima e principale corda C sol fa ut del modo
maggiore porta seco nelle corde sue naturali l'accordo e l'armonia di
3ª maggiore, nientemeno deve esser delle sue corde 4ª e 5ª .
Ora dunque se delle tre ottave con 3ª maggiore C, F, G

si esamini la propria indole, tosto si scopre che l'8" di F fa ut


non può esser base del modo maggiore, atteso che la sua quarta corda
B non deriva dall'aritmetica divisione . E neppure l'8 " di Ġ sol re ut
del modo maggiore naturale può essere base , poichè la sua quinta corda
D invece di 3ª maggiore , porta seco la 3ª minore .
Ma fissata la base nella corda e 8 di C sol fa ut tanto la
4ª corda F quanto la 5ª G portano seco naturalmente l'accordo e
l'armonia di 3ª maggiore , resta dunque provato che felicemente fin
da principio è stata fissata nella corda ed 8ª di C sol fa ut la pro-
pria e la vera naturale sede del modo maggiore.

260
CAPITOLO XXI.

Dell'origine del modo minore

Nella pratica attualmente concorde si è fra i professori l'opinione


che nella corda ed 8ª di A la mi re sia fondato il modo minore
naturale . I teorici nondimeno professano che non per anco siasi pro-
dotta ragione atta a persuaderne l'intelletto .
Essendo però da noi detto ( Libro Iº , Cap . 48°) che da 1 ¹ /3 ¹/5
deriva tutto il nostro sistema musicale, da questo stesso principio anche
il modo minore devesi derivare; e poichè a questo Secondo Libro si sono
riservate le ragioni che ne fanno evidente prova , ora mi accingo a
produrle .

ARTICOLO I.

Che dalla proporzione aritmetica riconosca l'immediata sua origine


il modo minore, si fa manifesto dalla sua definizione per cui si vuole
appoggiato ad una 8ª di 3ª minore, vale a dire la cui 5" sia aritmeti-
camente divisa come nei seguenti numeri :

10 12 15 20
6543 =
A CE A

intesi per divisori dell'unità .


Quindi è che Mr. Rameau fa derivare il modo minore dal fremito
di due corde l'una tripla e l'altra quintupla in lunghezza della data
prima : la qual cosa con gran ragione da Mrs. Serre e Rousseau vien
contradetta e rigettata . Infatti non si può concepire fremito senza suo-

261
no : qualora la corda freme oscilla, deve produr suono che per quanto
debole sia è però sempre suono. Fissato il suono UT all'intera corda
del Rameau, il risultato dei numeri e suoni che danno l'esser ai due
modi maggiore e minore è del seguente tenore :

5 3 1 1/3 1/5
Ab F C G E

che approssimati e ridotti a forma d'accordo sono per il modo maggiore


CEG e va benissimo, ma per modo minore ne risulta F Ab C ,
che lungi dal presentarci il modo minore naturale, ci porge il suo quar-

to trasporto nei bemolli . Di tale dottrina però non restano appagati, nè


possono esserlo i teorici : e a gran ragione.
(Vedi Libro Iº, Cap . 3º) .

ARTICOLO II .

Nella Prefazione del Libro I° ho detto che la proporzione armo-


nica è nella musica la dominante e l'aritmetica solamente come acces-
soria, e non senza artificio ha luogo nell'armonia consonante, e con
pari sentimenti in più luoghi dello stesso libro si è parlato.
Ora dunque se da 1 1/3 1/5 che sono in proporzione armoni-
ca, devesi dedurre anche il modo minore fondato per natura nella pro-
porzione aritmetica, conviene che si introduca fra gli estremi 1 e 1/5
3 5 15 ,
il mezzo aritmetico e saranno i tre termini 1 5/3.5 =
CAE

che ridotti a forma di accordo coll'approssimarne i termini ne risultano


i seguenti :

10 12 15
A C E

e con vieppiù maggior chiarezza l'intento si ottiene aggiungendo ai


mentovati tre armonici un quarto proporzionale nel modo qui appresso :

Modo maggiore stesi in due distinti accordi sono :


1 : 3 :: 5 : 15 Modo maggiore Modo minore
F C A E FAC A CE
Modo minore

262 -
Ecco dunque provato e verificato che da 1 1/3 ' anche il mo-
do minore ne deriva, ma non senza artificio; atteso che la natura in
ogni maniera produce e ci presenta il modo maggiore, come a dire : ne-
gli strumenti naturali da fiato, nella corda sonora da 8 a 16 e pur anche
dal terzo suono base costante del modo maggiore.

ARTICOLO III .

Sebbene da quanto or ora si è detto e fatto risulti il modo mi-


nore nella corda ed 8ª di A la mi re , potrebbe alcuno praticone
oppormi che fissando all'intera corda non F fa ut , ma Ċ sol fa
ut come fa M.r Rameau : in tal caso e dal mezzo aritmetico introdotto
tra 1 e 1/s e dalla quarta proporzionale aggiunta ai tre armonici ne ri-
sulta il modo minore nella corda ed 8ª di E la mi , non già in
quella di A la mi re .
Ad un tal ragionatore però si risponde che nel precedente articolo
s'è voluto soltanto palesare in
in qual modo da 1/3 1/5 derivi la
proporzione aritmetica ed il modo minore in genere.
Ora pertanto affine di stabilire e fissare la corda ed 8ª naturale
del modo minore armoniale, ripigliando il ragionamento usato per il

modo maggiore, dico che delle quattro corde della scala le quali hanno
la 3ª minore diretta alla base, quella sola la cui quarta e quinta corda
seco porta naturalmente l'armonia simile ed eguale alla corda princi-
pale, quella sola dico è la genuina base del modo minore armoniale.
Le corde di 3ª minore è cosa nota che sono B mi , D la sol
re E la mi ed A la mi re .

Quella di B mi sopra tutte esclusa ne rimane, perchè non


avendo la quinta giusta neppure può esser base di qualsiasi tono modale .
Per l'8" di D la sol re il difetto sta nella sua quarta corda G
che naturalmente seco porta la 3" maggiore e perciò esclusa.
L'8" di E la mi a più forte ragione deve rigettarsi , poichè la
sua quinta corda B mi non ha la quinta giusta come già si è os-
servato ed è noto. Rimane dunque finalmente da esaminarsi l'8" di
A la mi re ; e poichè di questa tanto la quarta corda D quanto la

quinta E hanno la rispettiva quinta aritmeticamente divisa e perciò la


loro armonia uniforme a quella dell'8" principale; quindi ne segue e
rimane deciso che nell'8ª di A la mi re risiede la vera base del
modo minore naturale, avendo questa le tre corde costitutive del modo
minore armoniale uniforme nell'armonia e in corrispondenza del modo
maggiore.

- 263
ARTICOLO IV.

Quanto finora si è detto basta ed avanza per confutare i deboli


e vani ragionamenti di dotto soggetto con cui ebbi mio malgrado già
da parecchi anni lunga e fervida questione in tal proposito.
Voleva pur egli ad ogni modo quasi obbligarmi a riconoscere nella
corda ed 8 di Ď la sol re la sede naturale del modo minore, ma
indarno; poichè le forti mie ragioni atterravano ad evidenza tutti i suoi
sofismi.
Anche Mr. Rameau v'era inciampato , ma opportunamente si av-
vide dell'errore correggendolo tosto nel Supplemento del suo Trattato.
Lo sbaglio suo è manifesto e dichiarato nel 3º Libro al Capitolo 22°,
ove scorgesi che camminava a tastone come costa dalle contradizioni
che risultano dal suo scrivere.

264
CAPITOLO XXII.

Dei modi trasportati

Rimosso dalla sua naturale sede qualunque modo chiamasi tra-


sportato : ma non lo sarà già mai a dovere , qualora non conservi nella
nuova sede la primitiva ed originaria sua costituzione che tutta consiste
nell'uniforme disposizione e collocazione dei due semitoni .
Ora ciò non può farsi se non colla giunta di # o ɓ alla chiave fis-
sati e disposti . Quindi ne segue che di due sorta sono i trasporti dei
modi, altri in figura di # ed altri in figura di þ .
Ordinariamente poi si formano codesti trasporti l'uno dopo l'al-
tro; cioè quelli per # ascendendo sempre di quinta in quinta così che
vi si impieghino oltre le corde naturali contenute nei tasti lunghi anche
le alterate espresse dai tasti corti del clavicembalo ; ed in tal guisa ope-
rando veggonsi risultare nel modo maggiore dieci trasporti nelle corde :
G D A E B F# C# G # D# A# ; nè più oltre sia le-
cito progredire mentre cessano i tasti di doppia figura onde poterne for-

mare in maggior numero.


Nel modo minore però sette solamente per la stessa ragione
ne provengono nelle corde cioè di E B F# C# G# D# A# .
Quanto ai trasporti in figura di þ l'affare non va del pari, poichè
per formarli conviene ascendere di 4ª in 4ª e quindi ne risultano sei
trasporti solamente nel modo maggiore nelle corde : F Bb Eb Ab
Db Gb ; e nel minore nove nelle corde : D G C F Bb Eb
Ab Db Gb . Si vedono in tal guisa espressi tutti i possibili tra-
sporti di ambedue i modi armoniali nell'una e nell'altra figura .
Non si vuole però che di tutti indifferentemente si faccia uso, tan-

265
to più che alcuni dei più inoltrati e difficili trasporti in una figura ,
assai meno lo sono nell'altra .
Il decimo trasporto in figura di # per es . corrisponde al 2° in fi-
gura di b che di gran lunga più di quello è facile ad eseguirsi .
L'ordine con cui si corrispondono fra loro i trasporti del modo
maggiore in ambedue le accidentali figure, come pur quelle del modo
minore si vede al seguente esempio ( 1 ) :

al N° 8 al N° 8

10 买 20 ·

al No 10 al No 6

30 4° 2

al No 5 al No 11

5º 60 9

al No 7 al N° 9

709 809

al No 9 al No 7

909 10°

al No 6 al No 10

120 平
11 °

Esempio 160

ove si fa manifesto che nel sesto trasporto s'incontrano nello stesso tasto
quelli per # con quelli per b ; e mentre per una parte degradano per
l'altra ascendono e viceversa .
Nella pratica dunque non si deve oltrapassare il quarto trasporto
affine di non aggravare gli esecutori in genere e principalmente gli or-
ganisti, i suonatori di violino ecc. , atteso che la facilità dell'esecuzione
debbasi aver in vista per ogni conto.

(1) Esempio apposto dal P. Martini [N. d. E.] .

266
CAPITOLO XXIII .

Delle cadenze

Dalla discesa di un suono acuto ad uno grave il termine musicale


cadenza ha ricevuto precisamente l'origine.
Tra le molte però che si rammentano, due sono le principali cioè
l'armonica e l'aritmetica.

(modo maggiore)

(armonica ) (aritmetica ) (armonica inversa) (arit. inversa )

Esempio 170

(modo minore)
3#

( armonica ) (aritmetica) (armonica inversa) (arit. inversa)

Esempio 180

Quella discende dalla quinta , media armonica dell'8 " , alla base ;
questa discende dalla quarta, media aritmetica , alla base medesima; e
suol chiamarsi abusivamente contro cadenza .

Ambedue sono per altro cadenze finali .


V'è la cadenza armonica inversa , cui a miglior ragione deve darsi

267
il nome di contro cadenza, atteso che mentre l'armonica discende dalla
quinta alla base, la sua inversa ascende dalla base alla quinta del modo .
Non è essa cadenza finale, ma serve a meraviglia nei prolissi com-
ponimenti e distinti in vari membri , principalmente nello stile ecclesia-
stico; come appunto vedesi praticato dai più celebri antichi e moderni
autori.
Ciò che si è detto della cadenza aritmetica , annoverata alle finali ,
regge solamente e si verifica nel modo maggiore : non già nel minore ;
atteso che fatta in questo cadenza finale della quarta corda alla princi-
pale; scopresi non esservi fatto cadenza del modo assunto , ma bensì
contro cadenza armonica del suo trasporto alla quarta superiore.
Quindi essendo il modo minore naturale fissato alla corda di A
la mi re , la cadenza aritmetica D A 3 si manifesta cadenza
contro-armonica del primo suo trasporto in figura di þ .

32
e
O
(cadenza aritmetica D )

Esempio 190

Nondimeno l'uso n'è invalso di gran lunga; e perchè termina di


questa foggia il componimento nella corda principale del modo as-
sunto, si vuole che questa sia sua vera e propria cadenza .
Le cadenze finali soglion anche distinguersi in semplici e doppie.
Codesta però distinzione è troppo materiale, poichè la doppia cadenza
nel modo in cui vien descritta ed intesa in fatto è una cadenza replicata
come lo provano le basi dell'armonia indicate nell'esempio .
Cadenza doppia dovrebbe dirsi piuttosto quella che praticata co-
me una nota di doppio valore, stando tuttavia ferma la stessa base, an-
ticipa la risoluzione e la mantiene sino alla fine della nota .

34 3

32 3

(cadenza doppia )

Esempio 200 Esempio 210

268
Più sensata quindi parmi che sia la distinzione delle cadenze in
semplici e composte, poichè di questa ultima specie molte ne vengono
in uso con ottimo effetto perchè appoggiato alla ragione.
Tali sono le seguenti :

-
Composta dai due mezzi l'aritmetico e l'armonico

3
C F G C
6 8 9 6

Esempio 220

Composta della 2ª e della 5ª corda che tra loro stesse formano cadenza

C D G C
24 27 18 24

Esempio 230

Composta della 5ª e della 4ª alterata ad imitazione della corda sonora


(vedi Libro Iº , Cap. 48°)

1
5 38
C F# G C
$
0
192 135 144 96

Esempio 240

Composta della 5ª e della mentovata 4ª corda portata


alla sua seconda armonia

(Cadenza non di rado usata dai nostri vecchi , che per solo senti-
mento s'avvidero che l'alterazione della 6ª non distoglie il modo dal
suo stato naturale) .

6#

6#
CGAGC
7 6# 5 6#
69 10 9 6 tet

Esempio 250

- 269
Composta della 5ª e 7ª corda
quale si vede usata nella scala al Capitolo 13º

Codesta servirà nel 3º Libro a far palese l'inganno di quelli che


credono poter anche l'8ª stessa divenir dissonanza , errore il più mo-
struoso frà gli immaginabili.
5
C GBC GC
48 72 45 48 36 48
76 7
5 5

7
5 34

75
7
5

Esempio 260

Altrettante sono in conseguenza nel modo minore le cadenze, sol-


tanto che la 7ª corda G deve alterarsi col # onde formare la terza mag-
giore della 5ª corda E. Ma dai Capitoli 13° e 14° ove trattasi delle scale,
agevolmente può rilevarsi come si diversifichino queste cadenze da
quelle del modo maggiore. Avanti però di chiudere il ragionamento
delle cadenze, sembrami necessario di parlar di quello che tanto vedesi
in uso nello stile concertato al fin d'ogni pezzo come a dire :

6 5
3
4 3
C F F G C
Esempio 270

7
5
Quivi nel passare da F# a G sembra che la 7ª di F# si trasformi in
6 5
4 3
consonanza sopra G; ma questa è una pura e mera illusione .

270 -
6
La segnatura sopra G indica la terza armonia di C , mentre
4
6
tanto F# quanto G sono basi di I" armonia ; e perciò a 4 dovrebbero
5
andare uniti anche
3
L'illusione nasce dalla natura stessa dell'11 " e 13ª , le quali sic-
come sono due dissonanze suppongono nel grave la base di Ia armonia .

col suo accompagnamento di 3ª e 5ª.


Che se di tale appoggio siano prive, fanno l'effetto di 3ª armonia
della corda di C ; ma in tale caso le basi sarebbero non già di F# G ,
ma bensì F# C , contro il buon ordine e retto andamento delle
basi.
In questo caso dunque non è una trasformazione della dissonanza
(la 7" di F#) nella consonanza (l'8a di C) ma bensì un effetto naturale
e necessario dell' omissione dell' armonia primitiva di G che n'è la
vera base.
Insomma soppresso l'accompagnamento di G , rimangono le due
dissonanze 11ª e 13ª scoperte e senza contrasto : cessa la proporzione
geometrica ed assumono il carattere di 3ª armonia della corda di C ,
come sopra si è accennato.

271
CAPITOLO XXIV.

Della mutazione

ovvero sia del passaggio di corda a corda

In qualunque componimento di vari pezzi si suole , e conviene


passare da una in altra corda. Passando adunque da un versetto all'al-
tro in un Salmo o Gloria o Credo etc. non è lecito uscire dalle sei corde
prescritte a ciascuno dei due modi armoniali. Ma non basta : convien
sempre aver attenzione di fare ciò per intervalli consonanti, non mai
per dissonanti, poichè ingrata necessariamente riuscirebbe la modula-

zione. Questa verità non fù ignota neppure ai Greci , poichè Tolomeo


lasciò scritto ( 1 ) . « Transitus per consonantias fieri debet» ed inoltre :
Apud antiquos gratam mutationem non fieri per transitum in pro-
ximum tonum » . Ora dunque a trattar questo punto mi muove
sopra tutto l'abuso, per cui sentesi far passaggio liberamente da una
corda qualunque, nella prossima superiore o inferiore. E siccome le
sei corde di modulazione sono comuni ad ambi i modi armonici, co-
me già si è detto, con la sola differenza che le tre corde che sono prin-
cipali in uno sono ausiliarie nell'altro; così per dare all'avvertimento
tutta l'efficacia mi accingo a individuare tutti i passaggi leciti e per-
messi , soggiungendo tosto quelli vietati , con le osservazioni che ne fan-
no spiccata l'inconseguenza .

( 1 ) Tolomeo, lib. IIº, Cap . 9º.

272
Passaggi permessi :

C F C G: CA: D F: D A: E G: E C:
E A: F C F D :: G
GEE :: G C: A C: A D:
A E: A F.

Passaggi vietati :

C D: CE : D E: D G: D C: E F: E D:
F G: FA : FE : GA: G D: G F: A G.

Considerando ognuno dei notati passaggi , si vedrà in qualunque


copia dei permessi (oltre il procedere per consonanza) un solo grado di
mutazione, cioè che si passa da una corda naturale ad altra di traspor-
to : v. g.; ma da maggiore a maggiore, come da C ad F ; e da C à G
ovvero da minore a minore , coma da A a D , e da A a E , rispettiva-
mente parlando di ogn'altra coppia.
Al contrario nei passaggi vietati, oltre che parecchi procedono per
dissonanza e di grado si osservano negli altri dei salti , v. g. Da G:
passaggio 1º da corda minore a maggiore , 2° da corda di trasporto per
b ad altra di trasporto per # . Insomma ripugna la doppia modulazione
e la modulazione deve esser semplice.
Tutto poi riducendo ai primi principii , si rifletta che il modo
maggiore è il più perfetto, perchè armonico e principale. La dove il
minore è men perfetto , perchè aritmetico e derivato . Perciò si vedono
fra i permessi i passaggi di A a F ; di E a C ove la doppia modula-
zione è manifesta : ma siccome il passaggio dal modo minore al mag-
giore è secondo natura , così la doppia modulazione svanisce , e si ri-
solve in modulazione semplice e di un solo grado .
Nota bene : Il passaggio dei due modi è reciproco, cioè di C a A
e di A a C ma questo riesce più gradevole atteso che il minore men
perfetto passa al maggiore più perfetto. Quindi nasce che i passaggi di
A ad F , di E a C divengono in certo modo equivalenti a quelli di
modulazione semplice, e perciò riescono gradevoli . Ora dunque resta
deciso che l'intreccio delle sei corde proprie di ciaschedun modo ba-
stano ed avanzano per qualunque ben lungo componimento : tanto
più che la corda principale deve ripigliarsi tempo in tempo, affine
di mantener viva la memoria del modo assunto; e serva per esempio
la serie che qui soggiungo :

C. A. E. C. G. E. A. C. F. D. A. F. C.

- 273
18 • Trattato della Moderna Musica.
Nè vale il dire che le modulazioni dalle corde del modo all'estra-
neo non offendono l'udito, come sarebbe quella da D 3# a Bb ,
poichè ciò succede per inganno, e lo faccio manifesto :
D 3 è la 5 corda di G 3b , e da questa a Bb il passaggio
è naturale poichè deriva da quello di A a C. Anzi dirò che con
qualche plausibile ragione si può passare anche da :
F 3b a C e vicendevolme da questa a quella ; e un tal
nte
passaggio è appoggiato alle due contigue sestuple : aritmeti , ed ar-
ca
monica , come qui apparisce : Due seste congiunt 6.1.1/6 .
e

Sestupla aritmetica Sestupla armonica


6 5 4 3 2 1 1/2 1/3 1/4 1/5 1/6
F Ab C F C
C CC G
GCE G

Ma di questo passaggio io non nè farò mai uso se non nel caso


che da parole che richieggono espressione patetica, facciasi immediato
passaggio ad altre cui lieta e vivace ad ogni modo conviene.
Avverto pure che ho segnata qui la sestupla armonica contro il mio
istituto colle lettere dell'ottava C , affine di non ingolfarmi troppo in
bemolli nella sestupla aritmetica.
Si usa anche con frequenza (ed io sempre con riserva ) il modo
maggiore e minore insieme nella stessa corda; e di questa pratica il
fondamento e la giustificazione si rinviene in due disgiunte ottave :
6.3 2. 1 una aritmetica, e l'altra armonica :

Ottava armonica

Sestupla armonica 60 30 20 15 12 10
C Eb G C G C E G

Sestupla aritmetica 60. 50. 40. 30. 20 . 10


Ottava aritmetica

Le due sestuple si vedono qui interrotte ciascuna da due corde


estranee ed intruse : ciò che prova ad evidenza che nella stessa corda
non possono star naturalmente insieme i due modi maggiore e minore;
e tanto basti per render avvertito lo studioso a conservare l'unità del
modo, contenendosi nelle corde sue proprie, nel far passaggio da uno
ad un altro versetto nei componimenti .

274
CAPITOLO XXV.

Ancora della modulazione

Già si è trattato della unione del tono maggiore col minore, e di


questo con quello nel Capitolo 24° del presente Libro e perciò sembra
affatto superfluo il presente capitolo poichè altro non è la modulazione
se non una retta e prudente disposizione delle diverse corde di ciasche-
dun tono, come dice Censorino ( 1 ) nondimeno essendo l'affare della

modulazione una delle più importanti operazioni della musica sarà ben
fatto di darne qualche cosa di più nel presente capitolo.
Ciascheduno dei due toni armoniali ha le sue tre corde naturali,
principali e costitutive e proprie, le quali in essi rispettivamente deb-
bono sempre mai essere principalmente considerate, e perchè vi sono
inoltre le tre corde ausiliarie col nome di corde di partecipazione , de-
vesi perciò avvertire di non perdersi tanto in queste che oziose restino
le corde principali , atteso che esse debbono per ogni giusto titolo fare
la principal figura, ed occupare il principal luogo; siccome le corde
ausiliarie ossia di partecipazione debbono soltanto servire per dar va-
rietà e vaghezza alla modulazione, la qual cosa non otterrebbesi qua-
lunque volta che di queste si facesse più conto che di quelle.
Si è detto inoltre che delle tre principali corde di ciascun tono
armoniale una è la corda fondamentale e le altre due sono un puro tra-
sporto della medesima : cioè la 4ª è un trasporto in figura di b , e la
5 è un trasporto in figura di # . Ora ciò supposto si deve avvertire di
passare da una all'altra corda con giusto ordine considerando che la
principal corda è quasi come mezzo termine per passare dalla 4ª alla 5ª

( 1 ) Si veda la Bibliografia alla fine del Trattato del Canto Gregoriano.

275
corda; onde siccome non sta bene passare da F a G nel tono maggiore ,
così non è lecito passare da D a È nel tono minore; e la ragione si è
perchè la modulazione del tono in se stesso considerato essendo in
tre termini ristretta cioè nelle tre corde sue proprie di cadenza , fra
queste tre la principale è la mezzana ossia il vero mezzo termine per
passare dall'una all'altra delle altre due che le sono estreme; e non è
lecito passare immediatamente dall'una all'altra estrema senza la prin-
cipale essendo troppo vero il detto dei filosofi che : « Non potest fieri
transitus ab extremo ad extremum nisi per medium » .
Che poi la corda principale sia mezzana fra la quarta e quinta
corda, ovvero sia fra il primo trasporto in figura di b e quello in fi-
gura di è cosa facile da intendersi considerando che la progressione
della buona modulazione dello stesso tono o maggiore o minore deve
procedere o ascendendo di quarta in quarta ovvero di quinta in quinta,
attesochè la modulazione dei toni della moderna musica cioè della
musica armonica , anzi realmente consiste in puri movimenti di caden-
za che altro non sono se non progressioni da uno all'altro trasporto in
figura di b ovvero , onde siccome non è lecito passare ex. gr . dal
primo trasporto al terzo nella stessa figura senza passare per il secondo
per la sopradetta ragione, così non si può passare dal primo trasporto
in figura di b al primo in figura di senza passare per la principal cor-
da ossia per il tono naturale, la qual cosa chiara affatto riuscirà per
chiunque vorrà ben prendersi la pena di considerarla .
Osservando poi una tal legge si rende facile il trasferirsi di grado
in grado a qualunque corda si vuole, per lontana che sia dalla corda
che si ha alle mani; ma non pertanto però sarà lecito uscire dalle corde
che sono proprie di ciaschedun tono . Nè serve dire che andando di
grado ogni corda può entrare in qualunque tono, perchè le rimanenti
cadenze che si hanno oltre la principale tutte si chiamano subordina-
te, e la loro subordinazione non è nè deve essere solamente di nome,
ma bensì reale e di fatto . Dico pertanto che acciò una corda sia com-
presa fra le subordinate di un qualche tono deve aver luogo nella di lui
principale ottava assieme con la sua 3ª e 5ª come altrove si è detto :
nè basta la semplice corda perchè essendo i nostri suoni armonici , a
differenza di quelli dei Greci che erano puramente sonori , non possono
le loro corde di cadenza intendersi senza l'accompagnamento della 3ª
e 5 che ne forma l'armonia.
Ora ciò supposto non potrà usarsi nello stesso tono la stessa corda
in qualità di subordinata indifferentemente con terza maggiore ed ora
con terza minore, ma bensì soltanto con la terza che richiede la natural

lettura della sua ottava; la qual cosa poi riviene in fine a ciò che di

276
sopra dicevasi cioè che tanto il tono maggiore quanto il minore abbia
sei corde di cadenza tre proprie e principali, ed altre tre partecipate e
collaterali, le quali tutte e sei ben connesse e disposte con l'ordine so-
praccennato formano la più retta e la più vaga modulazione che si pos-
sa fare nella armonia musicale.

- 277
CAPITOLO XXVI.

Della modulazione del modo minore

La natural sede del modo minore, cioè l'ottava di A la mi re ,


composta di sette corde, sette ottave, e sette accordi consonanti contie-
ne quanto abbisogna per la modulazione della prima e principal corda
dello stesso modo. Avvertendo, che siccome in eguaglianza, e nel loro
stato naturale devono considerarsi le sette corde, finchè persiste la mo-
dulazione della corda principale; così nella seconda corda B non de-
vesi aver ripugnanza di compiere la di lei armonia colla quinta mino-
re, che per natura gli appartiene .
La quinta corda E deve essere accompagnata con la 3ª minore ,
che gli è naturale ; e solamente nei movimenti di cadenza devesi usare
con la 3ª maggiore. Quanto all'ordine, e confine della modulazione
già si è detto quanto bisogna nel capitolo precedente; se non che nel
modo minore le corde maggiori C F G sono ausiliarie , e però
devono usarsi più parcamente delle minori A D E. Ma poichè
nel modo minore vengono in uso tutti gli intervalli diminuiti ed ec-
cedenti, in questo capitolo come in luogo proprio della loro origine,
ed uso pratico ci siamo riservati a trattare.
Della natura degl'intervalli eccedenti e diminuiti già si è parlato
nel Capitolo XV e trattando ora della sua origine, dico che dalla set-
tima corda G# alterata nasce la 5ª eccedente, e la 4ª diminuita, che
n'è il complemento .

Esempio 280

278
e dalla stessa nasce del pari la settima diminuita, e la 2ª eccedente

Esempio 290

e poichè si può alterare anche la 4" corda D# , così da questa nascono


la 3ª diminuita, e la 6ª eccedente, che n'è il complemento.

#Q

Esempio 300

Cotesti intervalli sono comunemente usati nella melodia : non del

pari nell'armonia , poichè mentre viene usata senza riserva la 6ª ecce-


dente, a molti sembra troppo aspra la 3ª diminuita , che ne va insepa-
rabile . Ho veduto nondimeno, che alcuni condotti dalla natura e dal
sentimento ne fanno uso senza avvedersene. Per ovviare qualunque
5
equivoco debbo avvertire , che se all'accordo D si aggiunga
34
la 7ª , questa sarà diminuita : ma non perciò all'alterazione di questa
corda appartiene la sua vera e primitiva origine, mentre si può trattare
il modo minore senza l'alterazione della 4ª corda D# , non mai sen-
za l'alterazione della 7" corda G# , che assolutamente è necessaria
per formarne la cadenza . E giova qui osservare che l'accordo primitivo
7

di 7ª diminuita G# 5 contiene una 5ª minore, analoga alla diato-


3 7
nica, cioè composta di due terze minori; laddove nell'accordo D# 5:
34
la 5ª minore è composta di una 3ª diminuita nel grave , ed una mag-
giore nell'acuto ed è propriamente questa una 5ª minore cromatica .

Esempio 310

279
Si da pur anche una 5ª minore inversa di quest'ultima, cioè com-
posta di una 3ª maggiore nel grave , e di una diminuita nell'acuto : e
3#
si forma questa sulla 5ª corda E mediante un artificio, che sup-
5b
pone precedentemente diminuita una corda della scala del modo minore.
La corda di cui parlo è la seconda, cioè B , la quale con frequenza
si usa diminuita dal b , e con ottimo effetto, ma a giustificarne l'uso ,
niuno ch'io sappia vi si è accinto. Io dunque arrischierò su questo pun-
to i miei pensamenti, così ragionando .
La principale ottava del modo maggiore è composta di due simili
tetracordi cioè : C D E F :: GABC .
Non così il minore fondato in A la mi re . Ma di due simili

tetracordi si vedrà composta questa stessa ottava , tosto che siane dimi-
nuita la 2ª corda , poichè sarà :

A Bb C D :: E F G A

In forza dunque dell'introdotta somiglianza dei due tetracordi dico,


che grata riesce l'artificiosa diminuzione della seconda corda Bb .
Ora tornando alla mentovata 5ª , ed artificio con cui s'introduce
nell'armonia : dico che premesso l'accordo Bb è sostenuto lo stesso suo-
no Bb nella corda E con 3ª maggiore , ne resta regolarmente formata
5b
la 5ª minore E
3#
L'uso però ne deve essere assai raro, e solamente in grazia di qual-
che patetica espressione . Osserva l'esempio 32.
Rimane ora solamente a parlarsi della corda finale del modo mi-
nore cui abusivamente suol darsi la 3ª maggiore . E desidero aver per
giudici in questo mio parere, se non gente spregiudicata , che non pren-
dano per principio ciò che non è se non convinzione.
Infatti le ragioni cui viene appoggiato l'abuso non hanno vigore
alcuno.

Si dice che il modo minore deve terminare con perfetto accordo;


ed io rispondo che siccome il modo armonico (il maggiore) termina con
la 5ª armonica , così il modo aritmetico ( il minore) deve terminare con
la 5ª aritmetica.

Nè l'esempio ha vigore alcuno , qualora non è fiancheggiato da


vere e sode ragioni. Oltre questo, i musici del buon secolo : Pier Luigi
da Palestrina, il P. Costanzo Porta, Cristoforo Morales etc. danno la
3ª maggiore alla corda finale nei modi minori , allorchè fanno uso della

280
be.

63
69

333
5b
6b 61

3 00 4 3# 34

Esempio 320

cadenza ecclesiastica, che discende dalla 4" corda alla principale : ma


cadendo dalla 5ª corda , si astengono abitualmente dalla 3" , piuttosto
che darla maggiore . Il fatto contradice la proposizione; valga dunque
soltanto la ragione .
Aggiungo che presso i Francesi la 3ª maggiore nella finale del mo-
do minore si chiama per derisione « Terza di Picardia » , perchè in quel-
la provincia solamente si mantiene in uso.
Conchiudo, che alla principal corda del modo minore , devesi
sempre libero da qualunque alterazione, il suo naturale accordo di 3ª
minore; come pure alla 5ª corda , qualora non gli succeda la corda prin-
cipale : vale a dire eccetuatine soltanto i movimenti di cadenza come
si è avvertito nel principio di questo capitolo; e con tali avvertenze riu-
scirà senza dubbio l'armonia sempre più nobile e maestosa.
Questo è il mio parere, nè perciò intendo di contradire chi che
sia, e molto meno di impor legge : « Libeat cuique uti iure suo » .

281
LIBRO TERZO
PREFAZIONE

Dopo aver trattato nel primo Libro delle proporzioni e di tutto ciò
che ad esse appartiene, restringendomi però soltanto nelle cose alla mu-
sica spettanti; e nel secondo Libro, avendo a sufficenza trattato degli
elementi della musica pratica, e di quanto presupporsi deve in chiun-
que a comporre vuole accingersi ;
ora in questo Terzo Libro tratterò dell'accordo o sia del complesso
consonante come pure del dissonante, e del modo di disporre le parti a
misura delle varie combinazioni , e assunti presi dal compositore.
Avanti però di entrar a trattare delle cose suddette ed altre abbi-
sognevoli cose atte per ben comporre, debbo dare le giuste lodi che si
devono al fù Padre Francesc'Antonio Calegari Minore Conventuale pria
Maestro di Cappella in questo sacro Tempio .
Di questo celebre professore non ho fatto parola nel primo Libro,

poichè a dir vero in quelle materie non ha versato mai, come che del-
l'aritmetica e della geometria e per conseguenza delle proporzioni e
di tutto ciò che loro spetta era presso chè ignaro affatto.
Poco ha versato anche nelle materie spettanti il secondo Libro anzi
che in alcune troppo infelicemente è riuscito.
Servano però queste mie libere e sincere espressioni a togliere
dalla mente di chiunque il sospetto di falsità o di esagerazione in ciò
che di esso sono per soggiungere lo che farò a guisa di storico, nar-
rando l'origine ed il progresso dei suoi studi nel modo che da lui me-
desimo ho raccolto nei frequenti famigliari colloqui che seco ho avuti.
Terminato il noviziato, e fatta la solenne professione fu destinato
tosto dai superiori il P. Francesc'Antonio Calegari allo studio della fi-
losofia in cui comechè fornito era di ottimo talento poteva fare grande
progresso. Pur non gustando esso simil sorta di studi, non ebbe la tol-

285
leranza di terminare neppure le prime istituzioni che sommole si ap-
pellano.
Si applicò dunque al canto avendo una voce di basso delle mi-
gliori che possano desiderarsi e vi riuscì a meraviglia così che i migliori
compositori si recavano a gran piacere di sentirlo a cantare e fra que-
sti uno era il celebre Signor Antonio Lotti che morì anni or sono Mae-
stro di Cappella di S. Marco di Venezia.
Contratta così l'amicizia con questi , pensò il P. Calegari di studia-
re colla di lui direzione il contrappunto per farsi da sè cantate, mot-
tetti ed altre simili cose per suo uso . Quindi passò a comporre Salmi e
Messe fu eletto Maestro di Cappella nella nostra Chiesa di Bologna.
Poco dopo passò nella stessa qualità in Venezia sua patria per ser-
vire la Chiesa di Santa Maria detta dei Frari ove dimorò circa tre anni;
ed essendo vacata questa Cappella del Santo, fu egli destinato al ser-
vizio di questo sacro Tempio nel 1703.
Vedendosi Maestro di questa celebre Cappella, pensò esser neces-
sario di istruirsi nella teoria della musica a fine di poter soddisfare ai
vari quesiti che potevano essergli fatti ed esser in stato di render ra-
gione non meno degli altrui che dei suoi componimenti .
Osservò per altro che dai molti autori che aveva letto, ciò non
poteva ottenersi e molto meno dai compositori viventi. Così egli mi
diceva.

Gli venne pertanto in pensiero di ricorrere alle opere pratiche


di Giovanni Pier Luigi da Palestrina, uomo celebre nei suoi tempi e
di fama grande anche ai nostri giorni.
Per lo che intraprese di mettere in partitura alcune sue messe,
offertori ed altri componimenti; ma vi osservò una pratica che non si
accordava ai precetti comuni.
Posto in questo bivio, andava pensando e ricercando, e finalmente
gli venne fatto di scoprire e stabilire l'accordo consonante, prima fis-
sato alla base e poi successivamente trasferito e trasformato nelle due
parti di mezzo. Quindi aggiunta la 7" scoprì che il 5 nella prima ed
il 3 nella seconda parte di mezzo sono sempre la stessa 7ª che diventa
5ª e poi 3ª in forza dell'ascendere del grave.
Finalmente continuando le sue ricerche sulla stessa traccia si av-

vide che rimanendo la 7ª nella parte grave ne venivano la base, la 3ª


6
e la 5ª rappresentate dai numeri 4 e che per conseguenza non sono
dissonanze nè la 2ª nè la 4ª. 2
Fissato poi questo punto, scoprì i rivolti delle altre dissonanze,

286
conobbe la costanza di un solo principio nell'armonia che è la base di
qualunque accordo consonante o dissonante.
Conobbe che le parti mezzane, come la parte acuta possono trasfe-
rirsi al grave e diventar un basso continuo; che un componimento a
più voci si può eseguire con altrettanti strumenti da tasto formandosi
di tutti insieme una perfetta armonia etc.
Di queste cose parla Mr. Rameau nel suo Trattato di Musica (ve-
dremo in qualche modo a suo luogo) , ma questa Opera era ignota affat-
to al P. Calegari ed è stata ignota a me pure fino all'anno 1737 circa.
Nondimeno il P. Calegari aveva cominciato a comporre nel suo
nuovo metodo tanti anni avanti che uscisse alla luce il Trattato di Mr.
Rameau ed io fino dal 1725 avevo principiato a comporre collo stesso
metodo.

Il P. Calegari abbandonò il servizio di questa Chiesa sul fine del


1727 cui fu sostituito il P. Rinaldi che morì nel Dicembre 1729 , ed io
fui eletto in vece sua il giorno 21 febbraio 1730 .
Ebbi poi io la sorte di far servitù circa il 1737 col dottissimo Si-
gnor Abate Conti N. V. letterato ben noto ed eccellentissimo e seco

lui parlando della teoria della musica, mi disse che aveva seco portato
da Parigi un Trattato di Musica del più rinomato professore di Francia .
Desiderai di vederlo, me lo favorì, lo scorsi e contro ogni mia aspet-
tazione vi trovai le stesse ricordate scoperte.
Colla prima occasione che ebbi di andare a Venezia lo portai me-
co e lo feci vedere al P. Calegari che non avendo cognizione alcuna
della lingua francese, mi disse che gliene spiegassi qualche capitolo,
come feci etc.
Da questo sincero racconto una verità di fatto risulta ed è che io
non avevo notizia alcuna del Trattato di Mr. Rameau avanti il 1737
in circa, come già ho detto, e molto meno il P. Calegari .
Questi non di meno scriveva nel suo nuovo proprio stile molto
prima del 1722 in cui uscì il suddetto Trattato, ed io fino dal 1725 avevo
principiato ed avevo fatti quantità di componimenti di ogni fatta per
uso di questi sacro Tempio, avanti che neppure inteso avessi nominare
Mr. Rameau, nonchè veduto il suo Trattato.
Era dunque il P. Calegari uomo di sublime e raro talento ed au-
tore originale. Le sue composizioni erano di una singolare armonia e di
uno stile assai nobile e maestoso .

Questo elogio gli è dovuto per ogni conto e piacesse al cielo che
avesse pubblicato un Trattato di Musica come si era prefisso di fare;
ma uomo incontentabile come egli era più volte lo ha cominciato e al-

287
trettante lo ha lacerato; ed essendo passato all'altra vita nel novembre
1742 ( 1 ) ne lasciò uno imperfetto in cui toccate appena e come di pas-
saggio le cose più importanti, tutto si adopera a sostenere una opinione
per cui era impegnatissimo, quantunque non fosse assistito dalla ve-
rità (2).
Voleva egli che la sede naturale del tono minore fosse la corda
ed ottava di D la sol re , ed a questa opinione essendomi io op-
posto dimostrando che la corda e la 8 di A la mi re è la sua vera
sede, si riscaldò la fantasia a tal segno che non vi fù modo a persua-
derlo che egli era in errore.
Allorchè vidi dopo diversi anni il Trattato di M.r Rameau trovai
che anch'esso era caduto nell'errore medesimo, ma ebbe la felicità di rav-
vedersene, come costa da i Supplementi fatto allo stesso Trattato.
Tornando al P. Calegari, dico esser io persuasissimo che fosse ciò
cagionato dalla sua molto avanzata età, poichè negli anni antecedenti
si sarebbe avveduto dell'errore e dilatandosi nelle materie principali
e più importanti sarebbesi fatto scorgere l'uomo singolare che egli era.
Del Trattato di Mr.Rameau dovrò io parlar spesse fiate in questo
Terzo Libro e siccome gli darò la dovuta lode trattando delle felici sue
scoperte, così prego i suoi adoratori a non condannarmi ove mi occorra
disapprovare e confutare le sue opinioni.
Cerco la verità e sono lontanissimo dal carattere dispregiatore; amo
la sana critica ed aborro la satira al maggior segno.

(1 ) Ecco l'atto di morte del P. Calegari : 1742 - 12 Novembre : il Molto Reverendo


Padre Maestro Francesco Antonio Calegari, Minore Conventuale dei Frari d'anni 86 infermo
da molto tempo, ma obbligato a letto fra pochi giorni con male di petto o sia pulmonia,
morì questa notte all'ore undici » (Medico Johannes).
(Venezia - Basilica dei Frari, Archivio San Tomà, Libro 3º dei morti, N. 1042)
[ N. d. E.] .
(2) Si veda l'opera di Leonida Busi : « Il P. Giambattista Martini » , Bologna 1891 ,
pag. 306 e 309 [N. d. E.] .

288
CAPITOLO I.

Dell'accordo o vero complesso consonante

Stabilito già nel Primo Libro il numero delle consonanze, ove si


è veduto che otto sono precisamente, non più nè meno, è cosa certa
che il complesso consonante tutte le deve in sè racchiudere.
Ma siccome la natura le produce negli strumenti naturali di trombe,
corni da caccia, come pure nel monocordo nell'estensione di tre 8º, per
l'uso pratico della professione tutte si raccolgono in una 12ª o per lo
meno in una 10ª; essendo manifesto che in una sola 8ª tutte non si
possono restringere; poichè se l'8" è composta di 3" maggiore, ne resta
esclusa la 6ª maggiore e se l'8 " è composta di 3ª minore , la 6ª minore
non vi ha luogo.
Deve però preferirsi a quella di una 10ª la estesa di una 12ª, poi-
chè in tale estensione si ha il vantaggio di veder comprese in una in-
tiera 8ª le consonanze derivate dalle due parti di mezzo come più espres-
samente si intenderà dalla seguente figura :

Accordo consonante unito alla base

1 3 5 8 10 12
Base e grave della prima armonia :
CEG CE G

Accordo consonante diviso nella prima parte di mezzo

1 3 6 8 10
Grave della seconda armonia :
E G C E G

289
19 · Trattato della Moderna Musica.
Accordo consonante diviso nella seconda parte di mezzo

1 4 6 8
Grave della terza armonia :
GCE G

Il complesso consonante è formato senza dubbio dalla base uni-


tamente con la 3" , la 5ª e l'8 " e sono queste le quattro parti integranti
ed essenziali dello stesso complesso .
Di queste parti sono : l'una grave, l'altra acuta e due medie , delle
quali la prima si accosta al grave e la seconda all'acuto : a queste poi
si aggiungono le replicazioni, cioè la 10ª , la 12ª e più ancora se così
piace .
Intesa l'armonia, prima appoggiata alla base , si può ascendere col
grave omettendo la base; e la 3"
3ª che era la prima parte di mezzo , di-
venta parte grave e senza fare un ulteriore cambiamento con i mede-
simi suoni sentesi un'altra armonia , che è la seconda dello stesso primo
accordo. Essendo asceso il grave per l'intervallo di 3ª , non v'è dubbio
che la terza corda diviene prima e la quinta terza e l'8ª sesta .
Così pure omessa la terza ed ascendendo nuovamente col grave, la

quinta che di sua natura è la seconda parte di mezzo, diventa grave;


e senza fare ulteriore cambiamento con i suoni stessi si sente una nuo-

va armonia, che è la terza dello stesso primo accordo.


Ed essendo nuovamente asceso il grave per l'intervallo di una 3ª,
la quinta corda diventa prima, l'8ª quarta, e la 10ª sesta ecc.
E' poi superfluo ascendere all'8" , atteso che di questa l'armonia è
del tutto simile a quella della base.
A chiunque è noto che tutti i suoni di un accordo si riferiscono
alla base, nel modo stesso che le parti si riferiscono al tutto , quindi è
che la prima 6ª e la 4ª altro non sono in origine che l'8" dell'accordo, e
l'altra 6ª è la 10ª dello stesso : e da ciò ne risulta che la 6ª e la
4ª traggono l'origine dalla divisione dell'accordo nelle due parti di mez-
zo, che però a gran ragione si devono chiamare consonanze derivate
e secondarie a differenza della 3 " , 5" , 8" che sono consonanze prima-
rie ed originarie .
Le segnature poi o cifre sul basso continuo, che formano la parte
5 6
organica sono queste : 3 indica la prima armonia; indica la se-
3
6
conda armonia ; indica la terza armonia .
4
5
In pratica però sopra la base non si scrive 3 perchè vi si sup-
pone e vi si intende; sopra una nota di seconda armonia basta scri-

290
vere il 6 , perchè il 3 vi si intende; ma sopra una nota di terza armo-
6
nia convien scrivere indispensabilmente 4 •

Parmi che basti ciò che fin qui si è detto per far capire ai gio-
vani studiosi come intendersi debba la sopra esposta figura e la na-
tura del complesso consonante , e renderli insieme avvertiti che è un
grande inganno il credere che ogni nota del basso continuo sia la base
della sopra posta armonia.

291
CAPITOLO II .

Dei riversamenti

Poichè la giustezza dei termini troppo sembrami necessaria e l'a-


buso n'è invalso a dismisura , perciò come intendersi debba il riversa-
mento, facciomi ora a spiegare.
In vigore del termine ripugna il riversamento ascendendo e sola-
mente discendendo può aver luogo.
Non conviene la discesa, se non a ciò che stà in eminenza, come
nell'armonia sono per natura le dissonanze, e però queste soltanto pos-
sono riversarsi e di fatto artificiosamente si riversano .
L'accordo consonante che è composto di quattro suoni simultanei,
cioè base o sia unisono : 3 : 5 : 8ª : formano un corpo, un tutto
sostanziale nella musica.

Delle quattro parti di questo corpo ciascuna ha la sua armonia ;


siccome però l'acuta cioè l'8ª col mezzo delle replicazioni 10 12 15
porta la stessa armonia della base , perciò a tre soli si restringono le di-
verse armonie di questo corpo.
Codeste tre armonie nascono dalla di esso divisione , che si fa
ascendendo dalla base alla 3ª e alla 5" dell'accordo consonante.
5
Alla base appartiene la 1ª armonia e siccome nasce la 2ª ar-
3
Ú
monia dalla divisione dello stesso accordo nella prima parte di
3
mezzo (la 3 " ) così dalla divisione della 2ª parte di mezzo, (la 5ª) nasce
6
la 3ª armonia : nè qui ha luogo alcuno il riversamento , poichè si
4

fa la divisione dell'accordo consonante, stando immobile nel luogo suo

292
tutte le sue parti; soltanto che rimane nella parte grave or l'una or l'al-
tra di esse parti : dunque non si dà nè 3ª , nè 5ª riversata, e perciò si
inganna M.r Rameau .
Alle sole dissonanze pertanto appartiene il riversamento poichè ,
dall'acuto luogo suo naturale, artificiosamente si riversano nel grave,
trasferendo cioè la 7 sotto la base; la 9" sotto la 3" ; l'11 " sotto la 5";
la 13ª una 3ª sotto l'8ª , come a suo luogo si è già dimostrato.
Se alcuno poi dicesse che siccome ascendendo dalla base alla 3ª ,
alla 5ª e poi alla 7" , questa rimane in parte grave e per conseguenza
riversata, e così delle rimanenti dissonanze può farsi ; tosto rispondo che
smisurata estensione si darebbe al basso, mentre come tutte le altre
parti cantanti deve stare nei suoi confini , che certamente a tanta altezza
di giungere non gli permettono. Aggiungo che sendo le cantilene del
basso composte di basi , di parti di mezzo e di dissonanze, il riversamen-

to si fa manifesto e si scopre ad ogni modo indispensabile.


Ma che diremo noi dei contrappunti doppi all'8" ? Non passano
al grave le parti acute?
Dunque tutte le dissonanze pure devono riversarsi .
E poichè si parla di riversamenti non posso dissimulare la falsa
idea e teoria, che comunemente ne viene formata, parlando ora delle
semplici ragioni.
Dico pertanto che i veri riversamenti sono i compimenti delle ra-

gioni primarie, come sono : terza, quinta e settima; e di queste i com-


pimenti e riversamenti sono le ragioni secondarie : sesta, quarta e se-
conda.

Ma in quale modo possono a vicenda le sunominate ragioni pri-


marie divenir i compimenti delle secondarie , mi si replicherà.
Ora dunque in qual modo unicamente possano le ragioni prima-
rie divenir compimenti mi accingo a spiegare.
Il sistema delle consonanze e delle dissonanze, non stà , nè può
stare ristretto in una sola 8ª," ma bensì alla 15ª si estende .
Posto ciò come verità di fatto, dico che della 9ª il compimento
è la 7º , e dell'11ª la 5ª , e finalmente della 13ª , la 3ª ; e senza più ,
sotto gli occhi espongo questa verità col seguente esempio :

Compimenti

6a 4a 22 ya 5a 3a

Esempio 1º

293
Ragioni primarie

11a 13a
5a a
3a

Esempio 20

294 ―
CAPITOLO III.

Della settima

La 7ª è la prima di tutte le dissonanze, ed inoltre è la più ovvia


e la più frequentata, e però da questa per ogni titolo devesi dar prin-
cipio al ragionamento intorno l'uso delle dissonanze.
Già si è detto nel Capitolo primo che le consonanze sono le parti
essenziali dell'accordo consonante ed armonico; quindi ne segue che
le dissonanze sono parti accidentali a quelle avvedutamente ed artificio-
samente aggiunte.
Nondimeno però le dissonanze hanno luogo in tutte le parti del-
l'accordo consonante, col mezzo di numeri veri ed apparenti dai quali
nelle tre diverse armonie vengono rappresentate .
I numeri dai quali viene rappresentata la 7ª sono : 7, 5 , 3 , dei
quali il primo rappresenta la 7ª nel suo vero intervallo; il 5 rappresenta
la 7ª nell'apparente intervallo di 5ª , quale è quello in cui si vede come
nella seconda armonia che nasce dalla prima divisione dell'accordo con-
sonante, e però il 5 diviene numero apparente della 7ª.
Finalmente il 3 rappresenta la 7ª nell'apparente intervallo di 3ª ,
quale è quello che si manifesta nella terza armonia.
La seguente figura però rappresenta quanto finora s'è detto :

Accordo consonante con la 7" aggiunta

1 3 5 7 8 10 12
Base e grave della prima armonia : GBD FG B D

1 3 5 6 8 10
Grave della seconda armonia :
BD FG BD

- 295
1 3 4 6 8
Grave della terza armonia :
DFG BD

1 2 4 5
Settima rivoltata :
F G B D

Il vero riversamento della 7ª si vede qui sotto in confronto della


base e grave della prima armonia :

1 3 5 7
G BD F

4 6
F
1 G
2 B
15 D

Siccome la 7ª si vede collocata sotto l'8ª , onde il suo vero river-


5
samento sarà di trasferirla sotto alla base, e i consonanti numeri 3
6 1
vengono rappresentati dal 4 .
2

Ma poichè l'affare va del pari lasciando la 7ª al suo luogo in fi-


6
gura di suono grave, mentre ugualmente ne risulta la segnatura 4
12 5 2
rappresentando questi i suoni 10 che sono replicati di 3 perciò
8 1

affine di porre nella maggior evidenza una verità cotanto incontra-


stabile qual'è questa che ogni suono o consonante o dissonante ch'egli
sia, può esser disposto anche nel grave, conservando sempre la sua na-
tura ed essenza; perchè « Quaecumque natura sua talia sunt , ubicum-
que ponantur, semper sunt talia » e però la consonanza è sempre con-
sonanza, e la dissonanza sempre dissonanza ; per tal fine adunque invece
di trasferire la 7ª sotto la base, ne ho fatto nascere il riversamento na-
turale, come si vede nell'antecedente figura.
Le segnature del basso continuo in un accordo consonante, cui sia
7
aggiunta la 7" sono come segue, cioè nella prima armonia 5 ; nella
6 6 6 3
seconda 5 ; nella terza 4 e nel riversamento 4 •
3 3 2
6
In pratica basta scrivere il 7 nella prima armonia , e nella
5

296
seconda, qualora il numero 3 non richieda alterazione o diminuzione

64
con alcuna figura accidentale .
Nella terza armonia convien scrivere tutta la segnatura se si
3
vuole che dall'organista venga eseguita. 6
Anche il riversamento richiede la prima segnatura di 4 per non
equivocare con altre. 2
Fin qui andiamo concordi quanto all'essenziale con M.r Rameau ;
mi rincresce però che passando alle altre dissonanze, altra via prenda
questo autore cui seguir certamente non conviene; atteso che conduce
al buio più denso nel tempo stesso che si propone e promette al lettore
la verità nel suo più chiaro lume e nella massima semplicità .

297
CAPITOLO IV.

Della nona

La sede di questa dissonanza si vede naturalmente collocata sotto


la 10" , e però nel riversamento viene per conseguenza trasferita sotto
la 3ª ," come si dirà in appresso .
La 9 dunque si troverà notata nella prima armonia dal suo pro-
prio e vero numero 9 , nella 2ª dal 7 , e nella 3ª dal 5 in forza dell'ascen-
der del grave nella divisione dell'accordo consonante, ed è sempre vera
9ª, benchè espressa dagli apparenti numeri 7 , 5 , poichè la base che è
sempre la stessa si mantiene nel suo dominio, come già si è detto par-
lando della 7ª. 7
Al suo riversamento recherà la segnatura 4 e sono questi nu-
2
meri tutti consonanti , poichè rappresentano la 3ª la 5ª e l'8ª dell'accordo
consonante : e tutto ciò si fa manifesto al senso nella seguente figura :

Accordo consonante con la 9ª aggiunta

Base e grave della prima armonia :


2030

1 3 5 8 9 10 15
CEG C D E G C

1 3 6 7 8 10
Grave della seconda armonia :
EGC DEG C

1 4 5 6 8 11
Grave della terza armonia :
GCD EGC

1 2 4 7
Nona rivoltata :
DEG C

298
11
Il vero riversamento porta la 9ª sotto la 3ª della prima armonia :

1 3 5 8 9
CEG C D

1 2 4 7
DEG C

Vedesi qui dunque il naturale riversamento della nona coll'in-


nalzar il grave fisso ad essa, come si è fatto della 7" nell'antecedente
Capitolo; e quindi si fa chiaro il vero ed artificioso riversamento della
stessa 9ª trasferendola sotto la 3" dell'accordo consonante, poichè ri-
7
sulta dall'uno e dall'altro riversamento la stessa segnatura 4 ; essendo
2

anche gli stessi suoni indicati da tali numeri, come lo fanno palese le
gregoriane lettere che vi stanno affisse.
Reca pertanto stupore M.r Rameau ove con tocco decisivo asse-
risce che la 7 solamente ammette il riversamento , supponendo egli
mal a proposito che questo artifizio porti seco la necessità di recar la
dissonanza sotto la base, e grave della prima armonia : ma di gran lun-
ga s'inganna.
A gran ragione il riversamento della 7ª porta la dissonanza sotto
la base; poichè di sua natura sta la 7ª collocata sotto l'8ª immediata-
mente : ma delle altre dissonanze troppo è diverso il caso.
Infatti la 9 trovasi naturalmente collocata sotto la 10ª , che è la
3ª :: dunque volendosi fare il riversamento della 9ª ,
replicazione della 3"
non già sotto la base, ma bensì sotto la 3ª immediatamente deve trasfe-
rirsi e collocarsi.
Ivi poi collocata, necessariamente la 3ª viene espressa dal 2 : la 5ª
dal 4 : e l'8ª dal 7 .
Confesso ingenuamente che sembrando a me questo riversamento
tanto chiaro e naturale che nulla più, a gran stento sono giunto a ri-
levare il fatto raziocinio, e con esso la sorgente del grande errore di
Mr. Rameau in questo proposito .
Quanto ai professori che non intendono e non ammettono il ri-
versamento della 7ª , ed in conseguenza sostengono che la 2" è disso-
nanza, non è meraviglia se neppure il riversamento delle rimanenti
dissonanze non intendono e non ammettono; ma inteso a dovere il ri-
versamento della 7ª, anche quello delle altre tutte salta all'occhio.
La descritta figura spiega chiaramente il progresso della 9ª nelle
due parti di mezzo cioè nella 2ª e 3ª armonia, ed anche nel riversa-

- 299
però voglio sperare che i giovani studiosi abbraccieranno senza
esitanza una verità sì manifesta e costante quale si è questa .
Le segnature poi del basso continuo in un accordo consonante
9
cui sia aggiunta la 9ª , sono come segue : cioè nella prima armonia >
7 5 7 3
nella seconda 6 , nella terza 6, e nel riversamento 4 .
3 4 2
In pratica però, poichè alcuni numeri si sottintendono, basta scri-
5
vere il 9 nella prima armonia : 76 nella seconda : e 6 nella terza :
7 4

4 nel riversamento, coll'avvertenza però , che se alcun numero fra


2
quelli che si omettono avesse annesso qualche accidentale figura, in tal
caso debba scriversi.
Avverto inoltre che per la terza armonia si prescrive la segnatura :
5
6, mentre dovrebbe in rigore essere 5 , stando naturalmente la 9ª
4 6
collocata sopra 1'8ª e sotto la 10ª .
Dunque acciò l'organista possa facilmente rilevare che il numero
5 rappresenta la 9ª nella terza armonia , si deve segnare nella dimostrata
forma.

300
CAPITOLO V.

Dell'undecima

Segue per ordine naturale dopo la 9ª l'11 " .


A questa dissonanza si deve precisamente il nome di 11 " , e così si
deve intendere .
Comunemente si chiama la 4 " , ma incautamente e contro ragione.
Già si è detto che le dissonanze hanno luogo in tutte le parti del-
l'accordo consonante per mezzo degli apparenti numeri ; e ciò si è fatto
manifesto nelle due precedenti dissonanze.
Ma denominata 4ª quella di cui ora si tratta, non avrebbe essa par-
te nella seconda parte di mezzo, cioè nella terza armonia, in cui man-
cherebbe l'apparente numero che la rappresenti , dunque non 4ª ma 11ª
deve denominarsi.
Se poi la 4ª sia consonanza o dissonanza, è una questione che ha
fatto tal romore, che fino dal 1581 si è mosso Andrea Pappio a scrivere
un intero Trattato per mantenerla nel numero delle consonanze, non-
dimeno tuttora la comune dei professori la vuole dissonanza ad ogni co-
sto; nè mai sarà decisa la questione, se non allora quando si avvedranno
che dall'un partito si parla della vera quarta , che infatti è consonanza ,
e dall'altro si parla dell'11ª che è una dissonanza .
Nè mi si dica che l'11 " è una replicazione della 4ª , perchè tosto
rispondo ciò esser vero nella melodia, non già nell'armonia .
La 4 dunque è consonanza, perchè è parte integrale dell'accordo
consonante, in cui si scorge la 4" formata dalla distanza della 5ª dall'8".
L'11 poi è dissonanza, perchè è una parte accidentale aggiunta
allo stesso accordo, e nasce da proporzione geometrica, essendo una 4ª ar-
tificiosamente sovrapposta alla quarta consonante.
Anche i Pitagorici sostenevano che l'11 " è dissonanza , poichè na-
sce dalla superparziente ragione di ³/3 .

301
Ma zoppica di molto il loro raziocinio , atteso che accompagnati
gli estremi di questa ragione dai seguenti suoi intermedi 8643
o debbono concederla consonante o contraddirsi . F CFC
Di fatto concedono essi che la ragione * /3 è consonante : 8/3 è
una mera replicazione di ' /3 , dunque o debbono concederla e ricono-
scerla per consonanza o rinunciare alla loro dottrina in questa parte .
Che se poi fra gli stessi estremi altri suoni si frappongano come a
dire :

24 16 12 9
C G C F

non v'è dubbio che 24/98/3 è dissonanza; ma ecco che vi è una 4ª


12/9 aggiunta alla 4ª 16/12 che è parte integrale dell'accordo consonante.
Considerata la ragione 8/3 negli estremi solamente , non v'è ragione di
annoverarla alle dissonanze : ma posta in armonia si determina poi ad
essere consonante o dissonante dalla varietà dei suoni intermedi.
Ed ecco risolte due romorose questioni con brevità e chiarezza tale ,
che per mio credere nulla vi rimane da replicare.
L'11 " vien dunque espressa dall'11 nella prima armonia, dal 9
nella seconda e dal 7 nella terza armonia : ascendendo sempre il grave
nella divisione dell'accordo consonante : ed è sempre vera 11ª , benchè
apparisca negli intervalli di 9ª e di 7ª , costante essendo sempre la
stessa base, come delle due precedenti dissonanze già si è detto .
7
Il suo riversamento recherà la segnatura di 5 , e sono questi nu-
2

meri consonanti tutti, poichè rappresentano la 5ª , l'8ª e la 10ª dell'accor-


do consonante : ciò che al senso chiaramente si manifesta nella seguen-
te figura :

Accordo consonante con la 11ª aggiunta


5060
21

3E

8 10 11 12
Base e grave della prima armonia: C G C E F G

1 3 8 9 10
Grave della seconda armonia :
EGC E F G
+2

OE

1 4 6 7 8
Grave della terza armonia :
GCE F G
24

1 5 7
Undicesima rivoltata :
FGC E

302
Poichè l'11ª ha il suo luogo naturale sotto la 12ª , non v'ha dubbio
che riversata deve trovarsi non sotto la base, ma sotto la 5ª immediata-
mente, come scopresi dalla corda F che trasferita si trova nel grave.
Ivi poi collocata, viene dal 2 in forza dell'ordine espressa la 5ª ;
dal 5 l'8ª; e dal 7 la 10ª : e tutto ciò facilmente si rileva dalla situazione
di detti numeri e delle gregoriane lettere, da cui sono contrassegnate le
corde e i suoni, e gli intervalli che rappresentano .
Le segnature del basso continuo in un accordo consonante cui sia
11
8
aggiunta l'11 " sono come segue, cioè : nella prima armonia nella
5
9 7 7
3
seconda 6 e nella terza 6 e nel riversamento 5.
3 4 2
5
In pratica si scriverà solamente : nella prima armonia, inten-
4
dendo sempre che il 4 rappresenta l'11ª , ed il 5 per la 12".
Ma nelle due divisioni dell'accordo consonante si devono conser-
vare gli apparenti numeri 9 e 7, affine di non alterare nè il luogo, nè
9
l'ordine dei numeri consonanti; per la qual cosa si scriverà nella
6
7
seconda armonia, e 6 nella terza.
4
5
Nel riversamento poi si scriverà solamente 2, per non confon-
derla con altre segnature .

So benissimo che mentre molti pratici senza esitanza alcuna di-


spongono la 3" a fronte dell'11 " , e che molti altri negano che ciò possa
praticarsi; però a gran torto lo negano, poichè un suono accidentale al-
l'armonia, qual'è quello della dissonanza, non ha facoltà di escludere
un suono essenziale all'armonia stessa , qual'è quello della consonanza ,
qualunque siasi .

303
CAPITOLO VI.

Della terziadecima

Ultima di tutte le dissonanze ci si presenta la 13ª che reputan-


dosi comunemente come una semplice replicazione della 6ª , sembra
un paradosso l'annoverarla alle dissonanze.
Pure la cosa è chiara : la 13" è bensì replicazione della 6ª nella
melodia, non già nell'armonia come si è detto parlando dell'11 "; e la
stessa differenza pongono tutti fra la 9ª e la 2ª .
Inoltre è certo che dall'accordo consonante della prima armonia
rimane esclusa la 6ª dunque non è questo suono consonante : infatti
la prima armonia, non ammette se non la 3 " : la 5ª : e l'8" .
Gli si deve poi ad ogni modo il nome di 13ª e non di 6ª, sul giu-
sto e patente riflesso che cominciando le dissonanze dalla 7ª, solamente

all'intervallo di 13ª appartiene il carattere di dissonanza e non alla 6ª .


Nella quadrupla solamente si racchiudono tutte le consonanze e le

dissonanze , procedendo sempre e queste e quelle per terza dal grave


all'acuto .
So che a questo mio parere è avverso M.r Rameau , che nei confini
dell'8ª vuol ristretto il progresso delle terze : ma poichè meco convie-
ne asserendo veri gli intervalli di 9ª e di 11 " , anche in questo della
13 parmi che necessariamente debba convenire.
La 13ª viene dunque espressa dal 13 nella prima armonia , dal-
I'll nella seconda, e dal 9 nella terza; poichè per terza sempre ascende
il grave nella divisione dell'accordo consonante : ed è sempre vera 13",

benchè apparisca negli intervalli di 11ª e di 9ª : costante sempre es-


sendo la stessa base, come delle tre precedenti dissonanze si è detto .

304
7
il suo riversamento recherà la segnatura di 5 , e sono questi
3

numeri consonanti tutti, poichè rappresentano : l'8 " , la 10ª e la 12"


dell'accordo consonante; ciò che al senso esibisce con tutta chiarezza la
seguente figura :

22∞
Accordo consonante con la 13ª aggiunta

2CHA
1 3 5 10 12 13


Base e grave della prima armonia : CEGCE GA

1 3 6 8 10 11
Grave della seconda armonia :
EGC E G Α

1 4 6 8 9
Grave della terza armonia :
GCE G A

1 3 5 7
Terziadecima rivoltata :
ACE G

Poichè la 13ª ha il suo luogo sopra la 12ª o sia nella prima re-
plicazione della 5ª , non vi ha dubbio che riversata deve trovarsi sopra
la 6ª immediatamente, come scorgesi dalla corda A, che dall'acuto tro-
vasi trasferita al grave .

Ivi poi collocata viene dal 3 in forza d'ordine rappresentata l'8" :


dal 5 la 10ª : e dal 7 la 12ª : rilevandosi ciò con somma facilità dalla
situazione di detti numeri, e dalle gregoriane lettere da cui sono con-
trassegnate le corde e i suoni, e gli intervalli che rappresentano.
Le segnature dunque del basso continuo in un accordo conso-
nante, cui sia aggiunta la 13" sono come segue : cioè nella prima ar-
13
11 9
8
monia nella seconda armonia 6 : e nella terza 6 e nel ri-
5
3 4
3
7
versamento 5. Questa segnatura sembra dover recare qualche equi-
3
voco colla base dell'accordo consonante, cui sia aggiunta la 7"; ma per
poco che vi si rifletta, tosto si distingue esservi il riversamento dalla
legatura e risoluzione che vedesi nel basso continuo .
Oltre di che alla sopra ricordata base la 7ª solamente si scrive e i

- 305
20 Trattato della Moderna Musica.
7
5
numeri si suppongono, laddove nel caso nostro 5 convien scri-
3
3
vere per indicare i tre suoni dell'accordo consonante come nel riversa-
mento delle altre dissonanze si è praticato.
Per facilitare poi l'esecuzione quanto si può mai , si scriverà nel
6
basso continuo nella prima armonia 8 intendendosi che il 6 rappre-
5
senta la 13ª ; il che si manifesta anche dall'essere posta sopra l'8" , e l'8
vi è necessario per distinguere questa segnatura da quella della 7ª nella
6
seconda armonia , in cui scrivesi

Nelle due divisioni poi dell'accordo consonante è d'uopo conser-
vare gli apparenti numeri 11 e 9, affine di non alterare nè il luogo,
11
nè l'ordine dei numeri consonanti, per la qual cosa si scriverà : 6 nel-
9 3
la seconda armonia, e 6 nella terza armonia.
4
7
Nel riversamento poi 5 come sopra indispensabilmente.
3
In proposito non devo omettere una riflessione, per cui viemeglio
apparirà che la dissonanza di cui si tratta , non 6ª ma 13ª è di fatto .
Eccola : Se nell'intervallo di 6ª volesse concepirsi questa dissonanza, noi
6
avremmo nella prima armonia segnatura equivoca in riguardo a
5
quella della 7" come or ora dicevasi. 6
Nella seconda armonia avremmo la segnatura di 4 segnatura
3
equivoca in riguardo a quella della 7ª nella terza armonia.
6
Nella terza armonia finalmente avremmo la segnatura di 4 equi-
voca in riguardo al riversamento della 7". 2
Rimane dunque stabilito che la 4ª ed ultima dissonanza in ordine
si è la 13ª , e che in questo intervallo devesi concepire.
L'uso ne è ignoto comunemente ai giorni nostri, ma era frequentis-
simo presso i buoni Maestri del 1500 : Giovanni Pier Luigi da Pale-
strina, Cristoforo Morales, P. Costanzo Porta ed altri molti.

306
CAPITOLO VII .

Della quartadecima

Poichè si è detto di sopra che nella quadrupla e non nella semplice


dupla, cioè nella 15ª e non nella semplice 8ª si contengono tutte le con-
sonanze e le dissonanze, sembra che si voglia giungere alla 15ª senza
far caso alcuno della 14ª.
Perciò dico che la 14ª è una cosa stessa con la 7ª essendo questa
una replicazione di questa.
L'armonia e la segnatura sono le medesime, e però non occorre
di altro dirne quanto al sostanziale.
Quanto al modo però osservasi che in pratica con frequenza viene
in uso la 7ª minore mancante nella parte grave, che nella 5ª costante-
mente risolve e questa deve intendersi maneggiata nell'intervallo di 14ª
e non di 7ª , poichè da questa solamente dipende la cadenza aritmetica,
detta comunemente controcadenza.
La differenza sta nella diversa posizione dei numeri o segnature
già stabilite per la 7ª ", e ciò nella seconda e terza armonia.

Infatti qualora occorre l'uso della 7ª maneggiata nell'intervallo di


14ª, si deve porre il numero indicante la 7 sopra quello che rappre-
3
6
senta l'8 " o la 10ª ; e però nella seconda armonia e 6 nella ter-
5
4

za armonia deve scriversi : nella prima armonia e nel riversamento non


richiedesi cambiamento alcuno .

Dovendo però trattare a lungo dell'uso delle 7° di ogni genere in


avvenire, basterà per ora averne dato un cenno.

- 307
CAPITOLO VIII .

Della settima e nona

Dopo aver trattato delle quattro dissonanze separatamente, con-


viene ora ripigliarle prendendole a due a due; e prima delle altre ci și
presentano la 7ª e là 9ª, di cui si fa uso bensì comunemente , ma sol-
tanto nella prima armonia.
Ora poichè si è detto e ad evidenza dimostrato che le dissonanze
hanno luogo in tutte le parti dell'accordo consonante, perciò ora si di-
mostrerà come ciò avvenga.

Per lo riversamento conviene poi avvertire che unico essendo il


suono grave, perciò se delle due dissonanze una è riversata, l'altra ne-
cessariamente al suo luogo si rimane; e poichè le mentovate due disso-
nanze sono fra di esse nell'intervallo di terza, ne segue che riversando
la 7ª, vi rimarrà la 9ª al suo luogo in figura di 10ª; e riversando la
9ª vi rimarrà la 7ª al suo luogo in figura di 6ª .
In un tratto sul cembalo è facile chiarirsi di questa verità di fatto.
La 7ª e la 9 vengono di fatto espresse, dal 7 e dal 9 nella prima
armonia; dal 5 e dal 7 nella seconda, e dal 3 e dal 5 nella terza.
Nel riversamento poi della 7ª, rimanendo la 9ª al suo luogo, ne verrà
10
6
la segnatura di ; e riversando la 9ª , lasciata la 7ª al suo luogo,
4
7
2
6
ne verrà la segnatura ·
4
2
Qui però debbo avvertire che per mantenere tutta la chiarezza pos-

308 —
sibile, resta fissata la massima di non mescolare mai i consonanti nu-
meri con i dissonanti; e ciò praticarsi deve ugualmente nei veri e negli
apparenti numeri. 7
Nel caso nostro dunque : 4 sono numeri consonanti , poichè rap-
2
presentano la 3ª , la 5ª , la 8ª come già nel Capitolo 3º ; laddove il 6 che
di sopra vi sta scritto, è numero dissonante, poichè rappresenta la 7ª .
7
Bene sta dunque il 6 sopra il 7, mentre che nel 4 si vede su-
2
bito il riversamento della 9ª e quindi facilmente si intende che an-
che il 6 rappresenta la 7ª rimasta al suo luogo.
Nella seguente figura ogni cosa si vedrà espressa e disposta in
modo da formarsene una giusta idea anche per le rimanenti coppie delle
quali avremo a trattare nei seguenti capitoli :

Accordo consonante con la giunta della 7ª e della 9ª


3A

1 5 8 10 7 9
Base e grave della prima armonia :
FAC FAE G
30
IA

1 68 5 7
Grave della seconda armonia :
Α C FAE G

1 4 6 3 5
Grave della terza armonia :
CFA EG

1 2 4 6 10
Settima rivoltata e nona al suo luogo :
E FA C G

1 2 4 7 6
Nona rivoltata e settima al suo luogo :
G A CF E

La necessità di segregare i numeri dissonanti dai consonanti viep-


più si fa manifesta, qualora si rifletta che le segnature indicanti la se-
conda o terza armonia o il riversamento di una dissonanza, servono a
meraviglia per prontamente rilevare quali dissonanze siano indicate dai
rimanenti numeri. 10
6
Data pertanto a cagion d'esempio la segnatura di : 4 ' poichè

6 2
già è noto che 4 indica il riversamento della 7ª , è facile cosa di
2

- 309
comprendere tosto che il 10 rappresenta la 9ª rimasta in acuto al luogo
suo, essendo una verità di fatto, che di due suoni fra loro disposti in
intervallo di 3ª , se il grave sia trasferito per un'8ª al di sotto, l'altra
trovasi in conseguenza di questa distante per l'intervallo di 10".
6
7
7
Così pure data la segnatura di : poichè già è noto che 4
4 ,
2
2
indica il riversamento della 9ª , agevolmente comprendesi che il 6 rap-
presenta la 7ª rimasta in acuto al suo luogo; essendo pur certo che di
due suoni in intervallo di 3ª fra loro disposti , se l'acuto sia per un'8a
trasferito al di sotto , l'altra trovasi in conseguenza da questa distante
per l'intervallo di 6ª .

310 —
CAPITOLO IX.

Della nona con l'undecima

Nella stessa maniera ragionarsi deve anche sopra l'uso che bene

spesso accade della 9ª unita all'11 " , poichè queste pure sono in terza
fra di loro naturalmente disposte, che però alla sola descrizione della
figura mi restringo, in cui si vedrà chiaramente tanto nelle tre armonie,
quanto nei due riversamenti quale dispersione aver debbono le parti
dal numero rappresentate .

Accordo consonante con la giunta della 9ª e della 11ª


53
3E

8 9 11
Base e grave della 1ª armonia :
CEG C D F

1 3 6 7 9
Grave della 2ª armonia:
EGC D F
E6
13

G C D F
Grave della 3ª armonia :
4 65 7
+650

1 2 4 7 10
9ª rivoltata e 11 " al suo luogo :
DEG C F

1 2 7 6
11ª rivoltata e 9ª al suo luogo :
FGC E D

311
CAPITOLO X.

Dell'undecima e terziadecima

Che i suoni di cui ora trattiamo siano dissonanti , già si è dichia-


rato nei Capitoli V e VI ; ma che dissonanti siano anche uniti, potrà
6
forse dubitarne taluno sul riflesso che la segnatura indica la 3ª armo-
4
forse dubitarne taluno sul riflesso che la segnatama 4 indieas
nia dell'accordo consonante; e tanto più ne dubiterà , poichè si è detto,
che per l'11 si segnarà 4 e per la 13ª si scriverà 6, affine di secondar
l'uso inveterato , che non ammette nel basso continuo numero maggiore
del 9. Pure riflettersi deve, che le dissonanze 11 " , e 13" suppongono
l'accordo consonante, cui sono appoggiate; e però Ꭽ uniti vanno coi
9
5
consonanti numeri e cotesta combinazione li manifesta parti ag-
3

giunte, e perciò dissonanze, che nella 2ª , e 3ª armonia non ammettono


dubbietà alcuna, come nella seguente figura agevolmente può rilevarsi .

Accordo consonante coll'aggiunta dell'11ª e della 13ª

1 3 5 8 10 11 13
Base e grave della 1ª armonia :
C EGC E F A

1 3 6 8 9 11
Grave della 2ª armonia:
EGC E FA

1 4 6 7 9
Grave della 3ª armonia :
GCE FA

312 -
1 2 5 7 10
11 " rivoltata e 13" a suo luogo :
FGC E A

1 3 5 7 6
13" rivoltata e 11ª a suo luogo :
ACE GF

- 313
CAPITOLO XI.

Della settima con l'undecima

Proseguendo le combinazioni delle dissonanze a due a due , vien


ora in ordine la 7" con l'11 " , che essendo fra di loro naturalmente di-
sposte nell'intervallo di 5ª , sembrerà a taluno cui è ignoto affatto l'uso
di questa combinazione , rimanga di sua natura esclusa dal contrapun-
to col riflesso che nella risoluzione debbano risultarne due 5º di seguito .
Prevengo perciò il dubbio, ricordando l'uso che ben spesso si fa
delle anticipate risoluzioni , come frequentemente vedesi praticato da
buoni autori del 1500.
Ciò che rimane da considerarsi apparisce dalla seguente figura :

Accordo consonante con la giunta della 7ª e dell'11ª

1 3 5 7 8 10 11
Base e grave della 1ª armonia :
CEG B CE F

1 3 5 6 8 9
Grave della 2ª armonia :
EG BCE F
7F

1 3 4 6
Grave della 3ª armonia :
GBC E F

1 2 4 6 7
7ª rivoltata e 11ª a suo luogo :
BCE G F

1 2 4 5 7
11ª rivoltata e 7ª a suo luogo :
FGB CE

314
Qui osservar conviene che stante l'intervallo di 5ª , in cui si trovano
disposte le due dissonanze di cui trattiamo, portando al grave la 7ª ,
certamente si troverà nell'intervallo di 12ª l'11 " che al suo luogo ri-
5
6
mane; e nella pratica potrà scriversi 5 invece di 12 cioè : riportan- 4

2
do il 5 sopra il 6, acciò che schietta apparisca la segnatura che indica
il riversamento della 7ª.
Allorchè poi si trasferisce nel grave l'11 " certo è che la 7ª che al
suo luogo rimane, troverassi nell'intervallo di 4ª . Ma volendo che chia-
ra apparisca per la facile esecuzione, la segnatura che è propria del
rivolto dell'11ª , dovrassi segnare la 7ª col numero 11 nel modo che
11
7
segue , cioè poichè le dissonanze si adoperano per lo più nelle
5 '
2
loro replicazioni .
Nella figura però si è lasciata al suo luogo segnata col 4 per mag-
gior intelligenza dell'artificioso riversamento di esse dissonanze .
Si aggiunge inoltre che in un modo diverso si opera nella pratica
e nella figura che descrive all'occhio l'artificio, perchè nella pratica si
deve operare senza indugio, e la figura permette che a bell'agio si con-
templi.

- - 315
CAPITOLO XII.

Della nona con la terziadecima

Anche le due dissonanze di cui trattiamo, sono fra di loro nel-


l'intervallo di 5º disposte; e però quanto si è detto nell'antecedente
capitolo tutto viene in acconcio per la 9ª con la 13ª.
Basterà dunque la seguente figura per dimostrare tutto l'artificio
di queste due dissonanze insieme combinate :

Accordo consonante con la giunta della nona con la terziadecima


2G
1 3 5 8 9 10 12 13
Base e grave della 1ª armonia :
CEG C DE GA
HA

1 3 6 7 8 10
Grave della 2ª armonia:
EGC DE GA
+ C

1 4 5 6 8 9
Grave della 3ª armonia :
GCDE GA

1 2 4 7 12
9ª rivoltata e 13ª a suo luogo :
DEG CA

1 3 4 5 7
13ª rivoltata e 9ª a suo luogo :
ACDE G

316 --
CAPITOLO XIII.

Della terziadecima con la quartadecima

La 7" è intervallo primitivo nella sua specie, e la 14ª è la prima


replicazione di quello . Tuttavia qui non si parla del primitivo inter-
vallo, atteso che la 13ª viene coperta dall'altra dissonanza, e però que-
sta non può essere la 7ª , essendo cosa nota e costante che il suono
acuto copra il grave, e questi non può coprire l'acuto .

Si avverte inoltre che la 14ª venendo accopiata alla 13ª deve


usarsi come dissonanza sciolta o come suol dirsi « di posta » , cioè senza
preparazione, laddove la 13 " deve essere preparata e legata.
Che poi ambedue non possano essere preparate e legate, la ra-
gione è manifesta poichè nello stesso consonante accordo non possono
star uniti due suoni nell'intervallo di 2ª o di 7ª ; ed è cosa notissima
che la preparazione si fa e deve farsi in consonanza e non altrimenti .
Nella risoluzione si scorge vieppiù l'impossibilità , poichè dovendo
ambedue degradare, accadrebbe ciò non in consonanza , ma bensì in
dissonanza .
Dopo queste necessarie premesse , passo a delineare la figura :

Accordo consonante

con la giunta della terziadecima con la quartadecima

1 3 5 8 10 12 13 14
Base e grave della 1ª armonia :
GBD G B D E F

1 3 6 8 10 11 12
Grave della 2ª armonia:
BDG B D E F

317
1 4 6 8 9 10
Grave della 3ª armonia :
D G B D E F

1 3 5 7 9
13ª rivoltata e 14ª a suo luogo : E G B D F

1 2 4 6 7
14ª rivoltata e 13ª a suo luogo : F G B DE

318
CAPITOLO XIV.

Della settima con la nona e l'undecima

Tre dissonanze a fronte dell'accordo consonante, formano un fe-


nomeno ai giorni nostri fra i compositori di musica; non così era già
due secoli fa.
Ora si pensa pressochè solamente alla melodia, e i buoni antichi
facevano gran conto dell'armonia; ecco il fondamento della maraviglia .
Io non scrivo già per i giovani compositori da teatro, che intendo
anch'io aver per oggetto principale la melodia; ma scrivo per quelli che
studiano per consagrare le loro fatiche al servigio della Chiesa, che
richiede principalmente l'armonia . Adoprate pertanto insieme le tre
ricordate dissonanze , siccome la 7ª e l'11ª sono in distanza di 5ª, do-
vrassi pertanto come già si è avvertito nel Capitolo 11 °, far uso dell'an-
ticipata risoluzione di una delle due; ma più frequentemente e meglio
sarà anticipare la risoluzione della 7ª che non dell'11 " . Tuttavolta ab-
biamo esempi pratici tanto dell'una come dell'altra nel celebre Gian
Pier Luigi da Palestrina . Ora dunque passiamo a descrivere la figura
da cui si rileverà che tali dissonanze si intendono pure nelle loro re-
plicazioni :

Accordo consonante
con la giunta della settima con la nona e l'undecima

1 3 5 8 10 7 9 11
Base e grave della 1ª armonia : GBD
G BFA C

1 3 6 8 5 7 9
Grave della 2ª armonia :
BDG BFA C

- 319
1 4 6 3 5 7
Grave della 3ª armonia :
DGB FAC

20
1 2 4 6 10 12
7ª rivoltata e 9ª e 11ª al suo luogo :
FG B DAC

20
1 2 4 7 6 10
9ª rivoltata e 7ª e 11ª al suo luogo : A B D G F C

1 2 5 7 4 6
11ª rivoltata e 7ª e 9ª al suo luogo :
CDG BFA

320
CAPITOLO XV.

Della nona con l'undecima e terziadecima

Ecco altre tre dissonanze assieme combinate di cui due, cioè la 9ª


e la 13ª , sono fra di loro nell'intervallo di 5ª . Quanto però si è detto
nell'antecedente Capitolo intendasi detto anche in questo, e dalla se-
guente figura vie meglio si concepirà la convenienza e l'adattazione.

Accordo consonante
con la giunta della nona unita alla undecima e terziadecima

Base e grave della la armonia :


BAMA

1 3 5 8 10 12 9 11 13
CEG CE G D F A
∞∞∞

1 3 6 8 10 7 9 11
Grave della 2ª armonia :
EGC E G D FA

1 4 6 8 5 7 9
Grave della 3ª armonia :
GCE G DFA
LA
HE

1 2 4 7 10 12
9ª rivoltata e 11ª e 13ª al suo luogo :
DEG C F А
DA

5 7 6 10
11ª rivoltata e 9ª e 13ª al suo luogo:
D

1 2
FGC 3 E DA
OF

1 3 5 7 4 6
13ª rivoltata e 9ª e 11ª al suo luogo :
ACE GDF

- 321
21 . Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO XVI .

Dell'undecima con la terziadecima e quartadecima

Vedonsi di bel nuovo le dissonanze 13ª e 14ª unite all'11 "; ma


questa non richiede osservazione alcuna, come devesi nelle altre due,
per le quali conviene rivedere quanto si è detto nel Capitolo 13º. Ne
segue poi la figura qui appresso, che indica puramente i confronti delle
dissonanze e i differenti numeri da cui vengono indicate, non però le
preparazioni, legature e risoluzioni.

Accordo consonante

con la giunta dell'undecima unita alla terziadecima, quartadecima

Base e grave della 1ª armonia:


1 3 5 8 10 12 11 13 14
GB D G B D CE F

1 3 5 8 10 9 11 12
Grave della 2ª armonia :
BDF B D C E F

1 4 5 8 7 9 10
Grave della 3ª armonia :
DGA DCE F

1 2 5 7 10 11
11a rivoltata e 13" e 14" al suo luogo :
12
CDG BE
13 F

1 3 5 7 6 9
13ª rivoltata e 11ª e 14ª al suo luogo :
EG BD C F

1 2 4 6 5 7
14ª rivoltata e 11ª e 13ª al suo luogo :
F G B D CE

322
CAPITOLO XVII .

Della nona con la terziadecima e quartadecima

Fra le tre riferite dissonanze, due ne troviamo nell'intervallo di 5ª,


e sono la 9ª e la 13ª; onde in una di esse dovrassi far uso della risolu-

zione anticipata come si disse nei Capitoli 11 °, 12°, 14° e 15º .


Circa poi la 14" dovrassi rivedere ciò che si è detto nei Capitoli
13° e 16°; vale a dire che devesi questa usare senza preparazione, nè
legatura.
Avendo presenti questi necessari riflessi , dalla seguente figura si
rileverà il di più che in questo peregrino bellissimo intreccio si contiene :

Accordo consonante

con la giunta della nona unita alla terziadecima e quartadecima

Base e grave della 1ª armonia :


+F

1 3 5 8 10 12 9 13 14
GBD G B D A E F
2F

1 3 6 8 10 7 11 12
Grave della 2ª armonia :
BDG B D A E F

1 4 6 8 5 9 10
Grave della 3ª armonia:
F

DGB DA E F

2 4 7 12 13
9ª rivoltata e 13ª e 14ª a suo luogo: 11 31
A B D G E F

--- 323
15
1 3 5 7 4 9
13" rivoltata e 9ª e 14ª al suo luogo :
EGB DÀ F

1 2 4 6 3 7
14ª rivoltata e 9ª e 13ª al suo luogo :
FGB DAE

324
1:

CAPITOLO XVIII .

Della nona con l'undecima, terziadecima e quartadecima

Esaurite tutte le dissonanze, tanto da sè sole , che in varie forme


fra loro combinate : resta ora l'ultima parimenti da combinarsi in cui si
veggono tutte quattro unite. Questa complicata combinazione ricerca
gli artifizi stessi già accennati nei decorsi recenti Capitoli , vale a dire
che fuori della 7 o sia 14ª , la quale si puol usare di posta : tutte le al-
tre hanno bisogno di preparazione e delle loro risoluzioni se ne antici-
pi alcuna per ischivare le due quinte, come già si è detto .
Dalla seguente figura poi agevolmente si rileverà il vario ammira-
bile intreccio .

Accordo consonante

con la nona unita a l'undecima, terziadecima e quartadecima

Basi e grave della 1ª armonia :


1 3 5 8 10 12 9 11 13 14
GBD G B DAC E F

1 3 6 8 10 7 9 11 12
Grave della 2ª armonia :
BDG BDA CE F

1 4 6 8 5 7 9 10
Grave della 3ª armonia :
D G B DACE F

9ª rivoltata e 11ª e 13ª e 14ª a suo luogo :


1 2 4 7 10 12 13
A B D G CE F

- 325
11ª rivoltata e 9ª e 13" e 14" a suo luogo :
1 2 5 7 6 10 11
CDG BA E F

13ª rivoltata e 9ª e 11ª e 14ª a suo luogo :


1 3 5 7 4 6 9
EGB DAC F

14ª rivoltata e 9ª e 11ª e 13ª a suo luogo :


1 2 4 6 3 5 7
FGB DA CE

326
CAPITOLO XIX .

Delle dissonanze melodiche o sia passeggere

Dissonanze o discordanze sono due termini sinonimi . La dissonan-


za si oppone al termine consonanza .
Di dissonanze e consonanze è composta qualunque armonia; su-
perfluo pertanto sembra nella musica il nuovo termine discordanza .
In tal guisa parmi di sentir a ragionare sopra il tema proposto.
Io però osservo, che non sempre le dissonanze vanno soggette alle
loro prescritte leggi : dunque soggiungo, vi ha differenza fra dissonanze
e dissonanze .
Considerata la dissonanza nello stretto senso e a tutto rigore, ella
è una parte avventizia ed estranea all'accordo consonante, una parte che
esercita la sua forza nei tempi primari ed integranti della battuta e del-
l'armonia; così che possono chiamarsi dissonanze armoniche quelle di
cui finora si è ragionato .
Ma siccome ad altro uso servono inoltre le dissonanze, cioè alla
costruzione ed abbellimento della melodia; queste perciò chiamo di-
scordanze, per distinguerle da quelle : ed a gran ragione debbono di-
stinguersi, poichè essendo dissonanze di pura melodia, e passeggere non
convengono nell'uso delle vere dissonanze.

Codeste dissonanze adunque di cui parlo e che chiamo passeggere,


sono quelle che chiamansi volgarmente note cattive , poichè essendo
estranee all'accordo consonante passano sotto la scorta dell'armonia del-
la nota antecedente ed alcuna volta susseguente .

Ristretta però e mancante assai è una simile cognizione e dottriną


delle discordanze, poichè sogliono soltanto ravvisarsi nelle crome inter-
medie dei tempi integranti del tempo ordinario : e del tempo ³/4 , e così

- 327
a ragguaglio negli altri tempi, come qui appresso si manifesta nelle no-
te puntate :

Esempio 30

Il fatto è che le discordanze sono capaci di maggior valore, con-


servando la natura sua di dissonanze passeggere; e ciò succede negli
accordi consonanti di mezza o di una battuta intera, ove le discordanze
si stendono anche ad 1/4 . Gli esempi sono frequentissimi nelle opere
dei buoni antichi, e sono frequentate anche dagli esperti moderni senza
avvedersene .
Quanto agli antichi, si battezzano per licenze da alcuni che vollero
renderne qualche ragione, i moderni poi le concepiscono come parti
d'un nuovo accordo consonante, quantunque realmente passino sotto
l'armonia dello stesso accordo precedente. Alcuni esempi apriranno gli
occhi a chiunque vorrà disingannarsi :
Qui Mariam. Amen . Ibidem : Et in terra pax Bbb . Christus etc ( 1 ) .
Tale è dunque l'uso vantaggioso che si fa delle discordanze per la

vaghezza della melodia ed il maggiore vigore dell'armonia che ne ri-


sulta.
Che però non posso adattarmi al comune linguaggio dei professori,
che loro danno l'odioso nome di note cattive .
Ad ogni cosa giustamente conviene il nome proprio : nè stanno
a dovere quelli di 5ª falsa, di accordi falsi etc.
Tengo io per massima , esser buono in musica tutto ciò che pro-
duce buon effetto, e merita l'approvazione di un orecchio armonico ed
erudito; ciò che altrove in altri termini già ho detto .
Conveniente adunque e ragionevole si è il nome di discordanza,
per indicare o significare le dissonanze passeggere, il cui particolare uso
le distingue dalle vere ed armoniche dissonanze.

(1) Vedi in Appendice di questo volume [ N. d. E.] .

328
CAPITOLO XX.

Che a fronte di qualunque dissonanza puó stare l'intiero


accordo consonante

La dissonanza per ogni titolo e ragione suppone l'accordo con-


sonante .
Infatti dalla ordinata divisione della corda sonora, si raccolgono

primi di tutti, sei differenti suoni consonanti, e solamente dopo di questi


cominciano le dissonanze, cioè : la 7" da ¹ /7 , la 9" da ¹/9 , l'11 " da '/11 ,
e la 13ª da 1/13 .

Poichè dunque le dissonanze sono di origine posteriori alle con-


sonanze, non debbono queste che sono di natura anteriori a quelle,
esser escluse al confronto del complesso armonico, e per tale ragione
si definisce la dissonanza relativamente al contrappunto : una parte
accidentale artificiosamente aggiunta.

Così è, ma come? Dunque una parte accidentale dovrà escludere


la consonanza che è una parte sostanziale e integrante del complesso
armonico?

Pure tale si è il pregiudizio della scuola comune , a dispetto della


pratica dei buoni antichi , e ciò che è peggio ancora a dispetto della di
loro pratica stessa . Infatti nei componimenti di alcuni moderni o fa-
voriti o forniti dalla natura e addottrinati dal lungo esercizio, ho ve-
duto io stesso spesse volte usate le consonanze a fronte delle dissonanze,
5
9
voglio dire : 4 etc.; e ve ne sono moltissimi esempi anche nelle
8
3

stampe; e nondimeno con aperta contraddizione si vuol sostenere, che

- 329
la dissonanza esclude la consonanza , in cui quella deve risolversi : « Aliud
verbo, aliud opere et facto» .
2 ) La grande ragione poi che sanno addurre gli oppositori , in
ciò consiste : che la 4" deve escludere la 3 " , perchè qualunque disso-
nanza vuole libero il varco e la via alla sua risoluzione; ma ciò ci da-
rebbe a supporre che la dissonanza sia una mera sospensione della pros-
sima grave consonanza; e questo si è uno degli errori di Mr. Ramcau ,
che caratterizza tutte le dissonanze di mera sospensione, eccettuatane
la 7ª, che egli asserisce esser la sola vera dissonanza . Ciò sia però detto
soltanto seguitando le traccie dei loro vani ragionamenti .
Ciò che importa a riflettere si è che le dissonanze veggonsi pro-
dotte dalla natura nella corda sonora a distanze molto maggiori di 7"
e di 9ª ; poichè la 7ª trovasi col primo e più grave suono nell'intervallo
di 21 " , e la 9ª nell'intervallo di 23"; e soltanto per degradazione dall'acuto
al grave 7ª e 9 vengono denominate , come pure una 15ª ed una 22*
si chiamano 8ª , ed una 12ª e una 19" si chiamano 5ª.
Posta dunque questa verità, si potrebbe rigorosamente parlando,
esigere che essendo le dissonanze tanto più acute delle consonanze, e
queste e quelle dovessero esser collocate nei luoghi loro naturali. Ma
non è sempre possibile tener sempre collocate le consonanze nell'ordine
suo naturale, quando si voglia riflettere sulla moltitudine degli ostacoli
che vi si presentano; ed in specialità dalle varie voci di limitata e mo-
derata estensione, dalla scelta del tono; dalla modulazione dello stesso,
dai riversamenti che fra le parti si formano etc. etc.: il tutto concorre
nel componimento a formare aspetti diversi da quello che prima aveva
la stessa armonia; ma non perciò dalla musica dovrannosi sbandire co-
desti artificiosi lavori dai quali tanto diletto ci viene procurato.
3 ) Qualora poi si prendano a combinare insieme in un compo-
nimento otto o più parti, qual maggior vantaggio ed armonia ottener
devesi dal confronto dell'intero complesso consonante , colle dissonanze
che all'uopo ci si presentano?
Poichè non è da dubitarsi che privando un componimento di al-
cune parti consonanti, o per sfuggire il mal temuto confronto, o per so-
verchia delicatezza di posizione più grave, l'armonia deve riuscire assai
più debole, oltre gli altri inconvenienti che necessariamente ne deb-
bono derivare.
Rimane dunque deciso per mio credere, non meno per le addotte
ragioni che per gli esempi pratici, e le circostanze da cui ci occorre es-
ser costretti e guidati, che a fronte di qualunque dissonanza può stare
l'intiero accordo consonante; non meno nei suoi naturali intervalli che
nelle loro replicazioni .

330
CAPITOLO XXI .

Che il novello compositore

devesi tosto ed in primo luogo istruire

nel combinare assieme le quattro voci

E' comune usanza di dare ai giovani i primi rudimenti del con-


trappunto, esercitandoli come si suol dire, con nota contro nota, cioè
con figura dello stesso valore che possono essere o semibrevi, o minime,
o semiminime.

L'istituto è ottimo, perchè dalle operazioni più semplici in ogni


e qualunque facoltà devesi dar principio .
Ma poichè a torto credesi che il contrappunto a due voci sia il
più semplice ed il più facile, perciò in questo soglionsi da prima eser-
citare i giovani; l'inganno fa sbagliare la strada, e la scuola del contrap-
punto diviene più difficile e più lunga.
La verità si è che o si scriva a due o tre voci, conviene sempre
scrivere con la mente alle quattro parti, ciò che in appresso si ren-
derà vieppiù manifesto .
Dissi che a torto si crede esser il contrappunto a due sole voci il
più facile, perchè in due sole voci non sempre può distinguere il
principiante, quali siano le consonanze che sono in armonia disposte,
laddove nelle quattro voci chiaramente le distingue tutte; e in vero
nulla è più necessaria di questa chiara distinzione , onde avvezzarsi
dal bel principio a distinguere le consonanze per quel che sono .
Infatti due voci disposte fra di loro in 3ª faranno credere talvolta ,
che sia la sua base con la sua 3ª , e saranno la 3ª con la 5ª dell'accordo
consonante, perchè il grave sarà della 2ª armonia , non già della 1ª .

331
Così pure due disposte fra di loro in 6ª possono ingannare il prin-
cipiante, che si farà a credere che sia la 3" con l'8" , e sarà per avven-
tura la 5ª con la 10ª , perchè il grave sarà della 3ª armonia non già
della 2ª.

Nelle quattro voci dunque deve tosto esercitarsi, onde vegga le


tre armonie con la loro naturale disposizione , e si avezzi a distinguere
e ben ravvisarle, acciò dovendo in appresso unirvi qualche dissonanza,
in qualunque aspetto questa gli si affacci, sappia tosto conoscerla ed os-
servare a loro riguardo tutte le leggi cui va soggetta.
In questa parte siamo concordi ed unanimi con Mr. Rameau ,
avendo anch'egli inteso questa verità come se ne esprime nel 3º Libro,
Capitolo 3º e 4º del suo Trattato dell'Armonia .

332
CAPITOLO XXII.

Istruzione ai giovani compositori

per far l'abbozzo dei loro componimenti

Con tanta e tale frequenza sono stato richiesto quale sia la parte
che prima di tutte le altre si debba stendere in un componimento, che
si abbia a fare , che sono venuto in deliberazione di dirne a tutti il mio
parere, e comunicare il metodo che osservo io stesso . In due sole parole
però dirò tutto.
Quella parte devesi stendere la prima , che fra tutte è la principale.
Ma poichè questo laconismo non sarà forse confacente alla mag-
gior parte dei giovani compositori , conviene perciò che io mi spieghi un
poco più diffusamente :
1 ) Dico adunque, che se il componimento è un semplice ripieno,
dovrassi formare il basso, e sopra di quello poi stendere le altre parti : e
se detto componimento sarà a due cori , si stenderanno da prima i due
bassi, sempre però con il basso continuo munito dei convenienti numeri.
2 ) Se il ripieno deve esser con strumenti obbligati , in tal caso
il motivo negli strumenti , ed il 1 ° violino principalmente devesi stendere
prima di tutto e dopo la sinfonia il basso, che per altro deve secondare
il motivo proposto dagli strumenti acuti.
3) Se il componimento sarà concertato nelle voci , con più sorta
di strumenti obbligati come violini, oboe , corni da caccia, trombe, etc.
etc. , dovrannosi da prima stendere gli strumenti che a vicenda vanno
concertando; e dopo poi il basso cantante e le voci che a vicenda concer-
tano a tenore dell'ordine che gli si vuol dare . Ma il basso continuo non
dovrà mai omettersi , acciò abbiasi presente sempre l'armonia che con-
viene alla data melodia.

333
4) Se sarà poi una fuga di uno, due o più soggetti : convien pri-
ma formare l'intiero piano di essa, e poi pensare alla modulazione, allo
stringimento o allargamento a tenore dell'indole della fuga; poichè non
tutte sono della stessa natura e capaci ugualmente dei medesimi artifici.
5 ) Se sarà un soggetto non fugato, ma di semplici imitazioni
composto, le voci in tal caso dovrannosi stendere le prime finchè sia
formato il piano dell'ideato lavoro ; dopo poi dovrassi trovare l'anda-
mento di melodia a proposito per gli strumenti acuti, che costantemente
vada accompagnando le voci .
6) Se poi si tratta di versetti a voce sola o a due, o a tre etc.:
ideata la melodia che si vuol adattare alle parole (giusta il loro senso) ,
dovrassi stendere la sinfonia e poi le voci; e così a vicenda secondo
l'esigenza e l'ordine della modulazione, fino al termine del versetto.
Sopra di questi particolari casi , potrassi quindi prendere norma per
qualunque altro componimento.

334
CAPITOLO XXIII.

Del basso fondamentale

Il nome di basso nella musica si prende in vari sensi , che però è


nome equivoco, qualora non vi sia aggiunto un termine distintivo .
Basso cantante adunque si chiama la parte più grave dei cantanti.
Basso continuo si chiama la parte dell'organo, che serve anche per
il violoncello, violone, fagotto .
Basso fondamentale finalmente si chiama quello che è composto
e formato di pure basi d'armonia , ed è quello di cui qui si parla.
Il basso fondamentale è una parte che non si scrive nella partitu-
ra, nè ha luogo nell'esecuzione dei componimenti . Egli è il fondamento
e la base dell'armonia, e perciò deve essere sempre presente alla mente
del compositore, atteso che sopra di questo basso devono regolarsi e
distribuirsi tutte le altre parti.
Già si è detto che l'accordo consonante è composto di tre suoni
solamente, fra di loro diversi, e sono 11/31/5 , che approssimati e
riportati alla pratica, si riducono ad 1/4/5/6 , e si chiamano : base,
terza, quinta .
Nella divisione dell'accordo consonante , cioè passando dalla 1ª ar-
monia alla 2ª o alla 3 " , sempre sussiste la stessa base , quantunque mu-
tasi il grave, e questa base e grave della 1ª armonia è quella appunto cui

giustamente si da il nome di basso fondamentale, e di cui tanto si pre-


gia Mr. Rameau di esser il primo ed unico inventore.
Lo sarà in Francia, nè voglio contestarglielo; ma in Italia non già ,
e certamente nò in Padova, poichè con la scorta della base e grave
della 1ª armonia , che è lo stesso che dire basso fondamentale , con tale
scorta dissi : scoprì il P. Calegari molti anni avanti il Trattato di Mr.

335
Rameau il gran segreto della armonia, e giunse ad intendere e rile-
vare gli artifici che si trovano nei componimenti di Pier Luigi da Pa-
lestrina e degli altri celebri uomini , tanto benemeriti della musica ec-
clesiastica nel secolo XVI ( 1 ) .
Nota Bene : lo stesso ho intrappreso il servizio di questa insigne
Cappella, avendo già formato il mio stile di comporre sul sistema che
tutto appoggiato sul basso fondamentale, in questo mio Trattato ora
descrivo, e vari, ma varii anni dopo mi venne alle mani il Trattato di
Mr. Rameau .
Quantunque però egli non sia nè il solo, nè il primo che abbia
fatta la scoperta del basso fondamentale; sarebbe ciò non ostante da re-
carsi a sua gloria, se ne avesse intesa la natura e la forza : ma per sua
disavventura nè ha smarrito la traccia dovunque si tratta di dissonanze ,
eccettuatene la 7ª.

Non si è avveduto che il basso fondamentale porta seco l'intero


accordo di unisono, 3ª , 5ª , e deve con tutte le sue parti integrali reg-

( 1 ) Riportiamo a tale proposito un'altra conferma, quella del P. D. Alessandro Barca,


Saggi scientifici dell'accademia di Padova, tomo 1º, Padova 1786. Pag. 366 ; Introduzione
a una nuova teoria di musica.
«Non v'è persona nelle cose musiche anche appena iniziata, la quale non riconosca
l'epoca del nascimento di quella scienza nell'epoca della pubblicazione dell'opera del Sig.
Rameau, stampata a Parigi l'anno 1722 sotto il titolo di " Trattato dell'Armonia» opera in
cui si propone per principio immediato dell'armonia, e in conseguenza di tutta la musica
teorico - pratica, il cosidetto basso fondamentale.
« Ma se tutti oggi, e da gran tempo sanno in quanto pregio debba avesi una sifatta
scoperta; molto meno è lecito ignorarlo fra noi; mentre qui in Padova, molto prima che in
Francia, s'era nella farraginosa serie degli accordi trovato il paragone del suono principale
accompagnato sempre di 3a e 5a , ossia del basso fondamentale; e due valentissimi uomini
si crearono, per così dire, un nuovo perfettissimo sistema d'armonia .
Francescantonio Calegari, condotto Maestro dell'insigne Cappella di S. Antonio l'anno
1703, egli fu, che desiderosissimo di pur aver una sicura scorta nella pratica, prima incer-
tissima, degli accordi, si pensò di scrivere in partitura le armonie del celebratissimo Gian
Pier Luigi da Palestrina, affine di ponderarle con ogni studio e veder ancora se si potea
scoprir mai qualche ordine in accordi i più composti e nel medesimo tempo i più armo-
niosi del secolo XVIº . Così in quella maniera che dalla considerazione dei numeri rap-
presentanti la più piena e la più diretta armonia era arrivato Rameau a comprendere come
ogni armonia consonante si risolva sempre in armonia di 3ª e 5a ; questo stesso dedusse il
Padre Calegari dalle diverse posizioni degli accordi nella musica del Palestrina : con questo
di più, che siccome gli esemplari del secondo erano di pienissima armonia consonante in-
sieme e dissonante, s'incontrò felicemente a portare la stessa semplicità tanto in una come
nell'altra specie di armonia; mentre al contrario non avendo esaminata Rameau nel suo
esemplare che la sola armonia consonante, gli convenne per le dissonanze progredire a
tentone, e a dare in mille inciampi, e adottare tali errori, che sfigurarono poi disgrazia-
tamente nelle sue opere la bella teoria del basso fondamentale.
«Dopo il 1721 si associò il Padre Calegari per compagno delle sue ricerche il Pa-
dre Francescantonio Vallotti, di onoratissima memoria appresso a noi; e sì l'uno che l'altro
prima del 1727 componevano colla loro nuova teoria degli accordi, armonie consonanti
e dissonanti straordinariamente sonore, le quali fecero e fanno tuttora l'ammirazione di
ognuno» [N. d. E.] .

336
gere in armonia anche tutte le altre parti; e che volendo egli ricono-
scere una sola dissonanza cioè la 7ª , a questa sola riducendo tutte le al-
tre, sostituisce poi alle altre dissonanze tal basso fondamentale, che ne-
cessariamente introduce alcuni suoni che sono estranei all'accordo , o
alcuni ne esclude , che sono propri e integrali dello stesso accordo.
Per altro il basso fondamentale preso nel suo senso più rigoroso,
appartiene solamente al tono maggiore, come si fa manifesto dal 3°
suono, la cui scoperta si deve unicamente e incontrastabilmente al cele-
bre Signor Tartini.
Infatti dati due suoni in 3" maggiore, verbi gratia CE , l 3°
suono risponde C, e se i due suoni siano in 3ª minore : verbi gratia
E G, il 3º suono risponde ancora C , segno evidentissimo che la na-
tura riconosce come sua propria l'armonia solamente di 3ª maggiore . E
concorrono a confermare lo stesso anche la rissonanza della corda so-
nora in 11/31/5 , e la regolare divisione della stessa corda sonora in
1 1/2 1/3 1/4 1/5 etc. , la scala degli strumenti naturali da fiato, cioè trom-
be e corni da caccia.
Ma poichè si fa frequentissimo uso nella musica , del tono mi-
nore, tanto nella moderna quanto nella ecclesiastica, e l'accordo con-
conante di 3ª minore si divide a simiglianza del maggiore nelle tre ar-
monie , cioè 1ª , 2ª, 3ª , perciò si considera la 1ª , che è la base come
basso fondamentale e come tale regge l'armonia in qualunque artifi-
cioso aspetto che si disponga, nè sopra di questo articolo credo che
dubbio possa aversi da chi che sia.
Si oppone però da molti al basso fondamentale dell'accordo di 5ª
minore, mal a proposito per mio credere.
E' cosa certa che la 7ª corda del tono maggiore, e la 2ª del tono
minore, formano un accordo di 3ª e 5ª ambe minori , ed è questo come
gli altri composto di base, di 3ª e di 5ª , e questo accordo viene in uso
come tutti gli altri in qualunque artificioso aspetto .
In esso la 5" benchè minore occupa il luogo della vera 5 " , e non
è nè parte aggiunta, nè accidentale; ma bensì integrale dell'accordo :
quindi è che si adopera come consonanza , non già con le leggi delle
dissonanze .
Ora dunque come mai può negarglisi il basso fondamentale che
ne dirige l'armonia? Forse perchè non può quest'accordo esser base del
tono modale? Ma altra cosa è tono, ed altra e ben diversa è l'armonia :
questa è sostanzialmente composta di 3ª , 5ª e 8ª con la sua base; e qua-
lunque alterazione sopravvenga alle parti integrali, sarà bensì diversa-
mente modificata l'armonia, ma la sostanza dell'accordo rimane sem-
pre nel suo nativo vigore . Fissata dunque la legge e l'esistenza del bas-
so fondamentale nell'accordo di 5ª minore, si intenderà a dovere l'arti-

337
22 · Trattato della Moderna Musica.
ficioso maneggio della 7ª diminuita, che altro non è se non una 7ª
minore che diviene diminuita mediante l'alterazione della base; della
qual cosa può ognuno convincersi nonchè persuadersi considerando
quanto si è detto al Libro 2º, Capitolo 15°, ove si è trattato degli in-
tervalli maggiori e minori, eccedenti e diminuiti . Con la scorta mede-
sima poi del basso fondamentale si intenderà quale sia la natura del-
la 6ª eccedente che nasce dalla 2ª armonia di un accordo di 5ª minore
composta di due 3º una diminuita e l'altra maggiore . E così pure si
intenderà l'accordo di 5ª eccedente col mezzo del basso fondamentale
in ogni artificioso aspetto.
Insomma senza la scorta del basso fondamentale è pressochè im-
possibile di giustamente distribuire l'armonia in qualunque accordo
siasi, principalmente allorchè si accoppiano alle consonanze, una o più
dissonanze, delle quali spesso accade anche il riversamento; e appunto
per la mancanza della mentovata scorta spesso succede la ineguaglianza ,
il decadimento, e un certo vuoto nell'armonia che cagiona poi langui-
dezza, nausea e intolleranza negli ascoltanti.
Rimane dunque deciso che essendo qualunque accordo composto
di base, 3ª e 5ª, deve il compositore aver sempre presente la base del-
l'armonia, che è quanto dire il basso fondamentale. Qui pertanto
mi viene in acconcio di suggerire ai giovani desiderosi di ben com-
porre, che ottima cosa sarà di esercitarsi per qualche tempo nel cavare
le basi, o sia il basso fondamentale dai componimenti dei migliori
compositori, poichè il frutto di un tal esercizio sarà lo scoprire la per-
fetta modulazione e gli artifizi più peregrini , dei quali può farsi uso
per quindi passare a esercitarsi nell'adattare il basso fondamentale ed
anche il basso continuo ad una data cantilena.

338
CAPITOLO XXIV.

Del basso continuo

e come debba formarsi sopra una data cantilena

Si chiama basso continuo la parte dell'organo come già si è det-


to, e con questo epiteto si distingue da ogni altra sorta di basso, perchè
l'organo suona sempre accompagnando le voci e gli strumenti, laddove
il basso cantante principalmente suol aver le sue pause.
Il basso continuo è composto di parti mezzane ed acute della
1ª 2ª 3ª armonia , e di dissonanze riversate; che però di gran lun-
ga va ingannato chiunque pensa e crede che il basso continuo sia
composto di pure e mere basi dell'armonia.

I contrappunti riversati e principalmente quello all'8 " , fanno chia-


rissima testimonianza ed evidente prova di questa verità a chiunque
è persuaso, che qualsivoglia cosa conserva sempre la sua natura dovun-
anza adunque posta in acuto o nelle mez-
que ella si ponga . La disson
zane parti o nel grave , sempre rimane ed è dissonanza , poichè ne con-
serva sempre i suoi caratteri, e trovasi obbligata sempre alle stesse leg-
gi di preparazione, legatura e risoluzione . Poste adunque queste pre-
messe dico che esaminato il tono della cantilena , poichè ogni sua nota
deve necessariamente essere o 3ª o 5ª o 8ª del basso fondamentale o
vero una dissonanza aggiunta; perciò a vicenda si può adattarvi nel
basso continuo qualunque di queste parti , così che si troveranno sem-
pre l'acuto col basso, o in 2ª o in 5ª o in 8ª , o vero in alcuno degli
intervalli dissonanti, se ve ne saranno nell'acuto o vi si vogliano intro-
durre nel basso medesimo .

Molto dunque dipende dall'arbitrio, ma siccome il basso continuo


è una parte dell'armonia come tutte le altre, perciò convien farlo in

---- 339
modo che la melodia ne riesca per quanto si può di buon gusto, e quin-
di nasce bene spesso la necessità di adattare al basso continuo piuttosto
una che un'altra delle parti dell'armonia . Ai principianti però è
necessario dapprima l'esercitarsi per maggior facilità sopra cantilene
semplici, cosichè ad ogni nota vi si richieda una nota di ugual valore
nel basso .
Sembrerà ad alcuno che questo esercizio sia lo stesso che quello
di scrivere nota contro nota a due voci, come porta la comune costu-
manza; ma assai diverso è il caso nostro, poichè noi intendiamo che lo
studioso sappia che l'armonia procede per via di cadenze, e però non
a caso devesi fissare e disporre il basso continuo in uno dei mentovati
intervalli, ma sempre relativamente al basso fondamentale.
Esercitato poi a sufficenza sopra le semplici cantilene , dovrà intra-
prendere di formare il basso continuo anche sopra cantilene meno sem-
plici, e procedendo quindi alle più spezzate ed ornate , rendersi atto a
formare il basso continuo sopra qualunque cantilena ; e reso abile e si-
curo in tale esercizio, troverassi molto avanzato nella scienza pratica del
contrappunto .
Ma passando a simil sorta di cantilene , deve avvertire alle note
di passaggio, cui suol darsi l'odioso nome di cattive senza ragione .
Le note di passaggio sono per lo più discordanze, e con questo
nome si distinguono dalle dissonanze di cui occupano bensì il luogo;
ma non offendono come queste l'udito soltanto perchè passano e sfug-
gono, mentre occupano nella battuta i luoghi intermedi ai tempi in
cui trovasi divisa.
Nel tempo ordinario, verbi gratia, che è formato di * /4 , la di-

scordanza ne occupa 1/8 ; ma sempre nei numeri pari che sono in-
termedi ad ogni quarto della battuta . E qui si vuol far osservare allo
studioso, che nella battuta del tempo ordinario, i numeri pari cedono
agli impari . Infatti dei * / il 1 ° e il 3° sono energici , e vigorosi , atti a
sostenere il peso delle dissonanze in legatura, laddove il 2° e il 4° sono
languidi, nè possono soffrire energia e vigore; e però in questi tempi
secondari degradando si risolvono le dissonanze.
Così pure nel tempo ternario le discordanze occupano il luogo dei

numeri pari, perchè nel tempo, verbi gratia, di 3/4 , delle 6 crome le
tre impari sono consonanti e le tre pari sono discordanti.
Ma se la battuta procede per tre semiminime seguenti , possono
esser discordanti la 2ª ed anche la 3" . E qui mi viene a proposito di
far osservare ai principianti che il tempo ternario è di indole partico-
lare, atteso chè dei ³/4 o sia tre tempi , il 1 ° è il principale e il domi-
nante , il 3º è secondario, e corrisponde ai tempi pari del tempo ordi-
nario; ma il 2° è promiscuo .

340
Di fatto il 1 ° tempo si dimostra costantemente primario e domi-
nante nel sostenere qualunque dissonanza in legatura . Il 2° poi viene
chiamato da me promiscuo, perchè ha forza di sostenere la dissonanza
in legatura, e serve anche alla risoluzione delle dissonanze che si le-
gano sul 1º tempo .
Quindi ne viene per mio credere, che dovrebbesi abolire il con-
sueto modo di dare la battuta nel tempo ternario, e invece di tenere due
tempi nel battere della mano ed una nel levarla, dovrebbesi tenere uno
solo nel battere e due nel levare della mano.
E da questo mio metodo ne risulterebbe maggior comodo nell'ese-
cuzione, principalmente nei tempi larghi e posati. Ma osta l'uso co-
munemente invalso ed io ne parlo per propria esperienza : li ho posti
in pratica e in breve mi sono rimesso all'uso comune per condiscen-
denza; questo però non è il solo abuso che abbia acquistato forza di
legge .
Avvertendo dunque alle note di passaggio, per ritornare al propo-
sito nostro del basso continuo, devono giusta la loro indole passare
sotto l'armonia della nota consonante del basso continuo, e in tal guisa
dal minor numero di note nel basso col maggior numero di quelle della
data cantilena, ne risulterà l'ottimo effetto, che deve prodursi da due
diversi movimenti fra loro ben combinati; e talvolta si farà uso anche
di un basso spezzato da alcune pause supplite dal violoncello o da soli
contrabassi .

Nello stile poi da Cappella o altro equivalente , ove perseveri la


stessa armonia per intere battute, possono aver luogo le discordanze
anche nei quarti pari della battuta, cioè nel 2 e nel 4º.
Nei componimenti dei buoni antichi vedesi frequente l'uso di tali
discordanze, ed anche in alcuni moderni , che ne hanno assaporato il me-
rito e la forza. Dopo aver a sufficenza parlato di quanto spetta la so-
stanza del basso continuo , soggiungo cosa di somma importanza, e al-
trettanto trascurata .
I pochi precetti incostanti equivoci e mal sicuri che sogliono
darsi : non sono certamente atti a formare un buon suonatore da tasto ;
quindi è che non si riesce se non dopo parecchi anni in forza di gran
pratica.
L'importanza dunque sta nei numeri coi quali deve esser segnato
il basso continuo, senza di cui l'organista convien che accompagni alla
cieca e sbagli bene spesso l'accompagnamento.
Che se saranno più cembali o organi da suonarsi , ne deve senz'al-
tro accadere che mentre uno dà un accompagnamento , l'altro ne dia un
altro con gran detrimento dell'armonia e del componimento stesso.
Non ignoro la massima invalsa che l'organista deve sapere il con-

- 341
trappunto, ma io tengo che un organista, deve sapere ben accompagnare ,
essendo questo il suo precipuo dovere, mentre per quanto fosse un

buon compositore non saprebbe per ciò esser un indovino.


Sia dunque diligentemente segnato il basso continuo con tutti i
numeri e segnature che gli convengono . Intenda e conosca l'organista
l'indole delle segnature, e in tal caso solamente potrassi da esso esigere
un esatto accompagnamento .
Nè serve il dire che la moltiplicità dei numeri apporti confusione,
poichè ciò non può accadere mai ad un colto organista cui note siano
le segnature , che in qualunque artificiosa composizione possano venir
in uso.

Questi al primo sguardo distingue numeri da numeri , e sa quali


sono i consonanti e quali i dissonanti; quali vanno soggetti alla mano
destra e quali alla mano sinistra etc. Ma di ciò si tratterà espressamen-
te nel 4° Libro, in cui si darà un nuovo metodo per ben accompagnare

qualunque composizione .

342 ―
CAPITOLO XXV.

Delle consonanze dissonanti o dissonanze consonanti

Fra le sette ottave di specie diversa che nascono dalla scala diato-
nica , quella di B mi ha la 5ª minore in ragione di 45 a 64 , che dalla
maggiore e vera 5ª che è consonante, degrada di 128 a 135 , onde pros-
simamente trovasi esser fra loro la differenza tra 18 e 19.
La 5ª minore occupa nell'accordo di B mi il luogo della 5ª
consonante e la rappresenta formando con la 3ª minore e l'8" un
intero accordo simile agli altri sei : divisibile anch'esso in 1ª, 2ª e 3ª
armonia, e quindi nasce che nella pratica si usa come consonanza , nè
soggiace alla legge delle dissonanze.
Aggiungasi che la 5ª minore di B mi è quella stessa, che nel-
l'accordo di G sol re ut forma la 7ª minore, che si usa perpetua-
mente senza preparazione e legatura con ottimo effetto .
Se dunque usata come vera dissonanza gode siffatto privilegio,
molto più dovrà goderne occupando la sede e rappresentando la vera 5ª .
A gran ragione dunque devesi chiamare questa una dissonanza
consonante, o vero una consonanza dissonante.
Lo stesso deve dirsi anche della 4" maggiore che è il suo compi-
mento all'8ª . Entrano in questa classe anche la 3ª e la 4ª ambe di-
minuite, e così la 5ª e la 6ª ambe eccedenti; ma poichè queste non
hanno luogo nel genere diatonico bensì nel cromatico solamente : per-
ciò basterà per ora l'averle accennate.
Nella 9ª minore (vedi Libro I° , Capitolo 34°) che si forma da due
5º, l'una maggiore e l'altra minore sussiste la dissonanza, quantunque
non vi sia giusta e vera proporzione geometrica; v'ha nondimeno abbon-
devol diritto la dissonanza, allorchè posti in uno due accordi si distrug-

--- 343
ge la legge dell'unità dell'armonia : punto tanto essenziale che qualun-
a
que volta manca , tosto nascer deve dissonanz .
Non si uniforma dunque il mio parere con quello di Mr. Rameau ,
che chiama consonanze dissonanti la 5ª unita alla 6ª e la 3ª unita
alla 4ª.
Dico che delle due unite, l'una è vera consonanza e l'altra vera
dissonanza , bensì in tal caso la dissonanza viene rappresentata da nu-
mero consonante : ma accade altresì che bene spesso le consonanze
vengano rappresentate da numeri dissonanti.

344
CAPITOLO XXVI .

Dell'uso delle dissonanze

L'uso delle dissonanze è un artifizio musico, per cui sotto certe leg-
gi si accoppiano alle consonanze una o più dissonanze .
Infatti l'armonia che formasi di sole consonanze è grata bensì e
soave : ma continuata a lungo diviene sdolcinata e giunge anche a sve-
gliare noia.
Per evitare dunque questo inconveniente si sono avvisati i musici
di far uso anche delle dissonanze, acciò l'armonia piccante di quelle , rial-
zasse la gioconda sensazione delle consonanze.
Ma poichè un contrasto ed un urto subitaneo troppo ferirebbe
l'udito, perciò con ottimo avvedimento hanno stabilita legge che deb-
bano esser preparate, legate e degradando risolute .
La prima, la più ovvia e famigliare fra tutte le dissonanze è certa-
tamente la 7ª; questa pertanto a gran ragione presumesi esser stata la
prima posta in uso; quindi l'11ª detta comunemente la 4ª , dopo que-
sta la 9ª e finalmente la 13" . Questa però la 13" che pur trovasi fre-
quentata dai compositori del 1500 , presentemente è quasichè ignota :
nondimeno chi ne conosce il pregio ne sa anche ricavar l'utile .
Codeste dissonanze però , debbono di proposito e parcamente ado-
perarsi, cioè dove in acconcio cadono per la qualità del componimento,
per l'armonia , per la melodia, per le dovute risoluzioni , per l'espressione
e per ogni altro giusto riflesso che all'avveduto compositore si affacci .
Si insegna poi comunemente che la 7ª si risolve in 6" , la 9ª in
8 , la 4* in 3 ; cioè l'11 " in 10ª , e questo insegnamento, benchè fal-
lace io l'ammetto perchè prudente .
Lo dico prudente , perchè in tal modo un principiante capisce to-

- 345
sto e vede cosa sia risoluzione. Lo dico poi fallace, perchè qualunque
dissonanza si può risolvere in qualunque consonanza, purchè degra-
dando passi alla consonanza .
La legatura delle dissonanze deve cadere nel tempo forte e di per-
cussione, che si dice anche primario, e per conseguenza nei tempi de-
boli e secondari solamente possono aver luogo la preparazione e la ri-
soluzione .

Delle quattro dissonanze , tre cioè la 9ª l'11 " e la 13ª vanno sog-
getto al rigore dell'enunziata legge ; non così la 7ª , e però di questa
tratteremo particolarmente affine di non confondere la studiosa gio-
ventù.
La preparazione tutta consiste nel fissare nell'antecedente accordo
alla dissonanza un suono consonante , che continuato nel susseguente
accordo cui non appartiene per l'armonia consonante, diviene disso-
nante, e in legatura; e discendendo finalmente di tono o semitono, onde
si unisca ad una parte integrale del terzo accordo, s'intende risoluta .

fot tet

Be

3 9 8 6 6 9 8
33

Esempio 40

346
CAPITOLO XXVII .

Dell'uso della settima

Di due specie sono le 7 diatoniche : l'una maggiore , l'altra mi-


nore; ma questa si suddivide poi in due di vario rapporto, la cui diffe-
renza è di un comma da 80 a 81 .

La 7ª maggiore è in ragione di 8 a 15 , ed è composta di due terze


maggiori, separate e divise da una minore.
Questa si usa per lo più col rigore delle altre dissonanze, dico per
lo più; atteso che anche senza esser legata viene in acconcio e si usa
preparata solamente e poi risoluta .
Lo stesso si pratica anche in riguardo ad una delle 7º minori che
sta in ragione di 5 a 9; ed è composta di due terze minori separate e
divise da una maggiore .

V'è poi la 7" minore che sta in ragione di 9 a 16 ; e intorno a


questa v'è molto a dire poichè è di un singolare carattere.
Questa infatti è particolare nella sua costruzione , essendo formata
da una 3" maggiore nel grave , e da due minori nell'acuto, ed appartiene
propriamente alla quinta corda del tono.

1º - Come tutte le altre dissonanze si usa questa, cioè : preparata , le-


gata, e risoluta.
2º - Preparata e non legata.
3º - Di balzo, cioè non legata, nè preparata.
4º - Invece di risolvere, può servire di preparazione alla dissonanza e
in tal caso fa le veci di consonanza .
5° - Invece di risolvere in consonanza , può risolvere in un'altra settima .

347
6° - Può trasformarsi in consonanza senza discendere e stando im-
mobile.

7° - Si può risolvere ascendendo invece di degradare.

Di tutti questi modi di usare la 7ª minore della quinta corda del


tono si proporranno gli esempi.
Frattanto dirò che questa tal 7ª gode tanti privilegi soltanto per
essere molto analoga nel suo rapporto e costruzione alla 7ª armonica
di 4 a 7 , la quale è di natura anfibia, cioè : non consonanza, nè per-
fetta e vera dissonanza .

Quella dunque a questa è analoga nel suo rapporto poichè, stando


la prima da 9 a 16 eccede solamente di 63 a 64.
L'altra che è di 4 a 7 è poi analoga nella sua costruzione , per-
e
chè come questa ella è composta di una 3ª maggiore nel grav e di
due minori nell'acuto .

19

3: minore 3: maggiore 7: minore 7: maggiore

3: minore 3: minore.

3: maggiore 3. minore 7: minore 7: maggiore

Esempio 5º

Questa stessa 7ª di 9 a 16 inversamente costruita, cioè con le due


terze minori nel grave e la maggiore nell'acuto, trovasi nella 7ª corda
del tono fra B mi ed A la mi re ; se non che questa è mino-

re mancante nella parte grave, e quella è mancante nella parte acuta .


Infatti, data la 7 minore GGF F ,, certamente
certamente per farla maggiore
conviene crescere l'acuto in F ; dunque manca nell'acuto .
Per lo contrario, data la 7" minore BA
B A , per farla maggiore
conviene degradare in B ; dunque manca nel grave.

348 —
Ma di ciò si è parlato abbastanza nel Libro 2º ai Capitoli 13° e
14° e seg:
Poichè dunque la 7ª che è propria di B mi conviene in so-
stanza con quella che è propria della 5ª corda G : non è meraviglia
se anch'essa può usarsi di balzo, senz'esser legata, nè preparata.
Ma non per anco abbastanza si è parlato della 7ª di 9 a 16 , poi-
chè si manifesta inoltre divisa in due quarte nella geometrica propor-
zione continua di 9 12 16 ; e così formata si ravvisa nel riversa-
mento della 9ª , la cui figura si vede nel Capitolo IV° di questo Libro

e nella stessa guisa si manifesta nell'uso dell'11 " , ove chiara scorgesi
nella terza armonia della corda , cui è appoggiata questa dissonanza .
Pure formata così di due quarte, va soggetta al rigore della legge ;
perchè è la 9" o l'11 " che in virtù del musico artificio si presentano
all'occhio in figura di 7ª.
Ora dunque può rilevarsi la necessità di trattare separatamente
di questa dissonanza, benchè come più famigliare delle altre , sembra
possa a taluno la più facile ad intendersi .

- 349
CAPITOLO XXVIII .

Come debbansi formare le fughe

La fuga o soggetto fugato è un artificioso componimento, che con-


siste in un tema con proposta e risposta; costruito in un dato tono e
modulato nelle sue principali corde.
Alla proposta deve corrispondere la risposta in tal modo, che se
nella proposta si procede per 5ª la risposta deve restringersi nella 4ª,
ritenendo per quanto si può la simiglianza della prima cantilena con
l'appoggio di due simili tetracordi che compongono l'8" .
Formate in tal guisa le due prime parti , si introducono poi le due
rimanenti : supponendo la fuga a quattro voci, con lo stesso metodo ;
e le due parti prime devono proseguire la loro cantilena sopra le stesse
basi e con la stessa armonia , perchè la fuga ben ordinata si riduce pres-
sochè ad un contrappunto doppio all'8ª : e però non sarà lecito il fare
due quarte seguenti; atteso che nella circolazione delle parti , ne sor-
gerebbero due 5 contro gli elementari precetti del contrappunto .
Per mantenere adunque il soggetto nella stessa armonia devesi
fare un abbozzo del medesimo con le quattro parti , segnandovi le basi
dell'armonia o sia il basso fondamentale, che è la più sicura scorta a
conservare nella melodia l'armonia che unicamente gli conviene.
Devesi perciò stendere il soggetto nella corda principale, da cui si
avrà la norma per costruire l'armonia delle quattro parti , che dal prin-
cipio al fine raggirandosi fra di loro passeranno dall'acuto al grave vi-
cendevolmente , conservando sempre la stessa armonia e questa sempre
varia in apparenza, a misura che variamente troverassi disposta nelle
varie combinazioni, che possono farsi in qualunque accordo di 1ª, 2ª
o 3ª armonia, e dei riversamenti delle dissonanze , qualora ve ne siano
e quante ve ne fossero.

350
Per le modulazioni basteranno le tre corde principali cioè : 1ª 4' 5ª ,
affine di non rendersi stucchevoli con la soverchia prolissità.
Se però il soggetto, essendo del modo maggiore verbi gratia, può
adattarsi anche al modo minore e viceversa , si potrà in tal caso farlo
sentire in una corda minore; omettendo la 4ª o 5ª corda maggiore .
Nel passare poi da corda a corda , conviene di avvertire di non la-
sciare mai il soggetto principale, introducendo altre cantilene : come
purtroppo si pratica da alcuni .
Le parti debbono senza dubbio avere le loro pause, non solamente
per dar respiro ai cantanti, ma inoltre per dar vigore all'armonia e dar
forza al soggetto nel rientrare delle parti, e perciò non dovrassi mai
dopo la pausa far rientrare parte alcuna, se non con lo stesso soggetto.
La fuga poi per modo di epilogo, deve restringersi verso il fine
e se sia possibile, dovrà ciò farsi sopra la 5ª corda, prolungata a diverse
battute, cui si adatterà tutta l'armonia di cui è capace; non già facen-
dosi lecito (come purtroppo da molti suol farsi) di adattarci ogni sorta
di intervallo e di legatura, salvandosi col dire che sopra il pedale è le-
cita ogni combinazione d'armonia.
Le leggi del contrappunto debbono , per mio parere, osservarsi sem-
pre da principio sino al fine , e il fare altrimenti è una licenza ardita e
senza scusa .
Si vogliono premettere alla fuga poche battute in tempo largo.
Ma anche in questo proposito è invalso l'abuso, mentre nulla ha che
fare il grave che alla fuga suol premettersi .
Dico pertanto che codesto grave fa le veci di prologo o esordio,
e però con le poche battute che si premettono deve annunciarsi il sog-
getto della fuga; non già qualunque cosa a capriccio.
Gli strumenti ordinari, cioè i violini sta bene che vadano con le
parti servendo loro di rinforzo .
Per gli oboe, quando siano obbligati al componimento, si può for-
mare un andamento fra di loro alternativo ed uniforme al possibile ;
ma le trombe e i corni da caccia rimangono sempre in libertà di far
ciò che possono, attesa la loro imperfezione relativamente alla nostra
scala .
I bassi , tanto violoncelli che violini e fagotti , devono andar col
basso cantante ; senonchè i violini e i fagotti essendo la penultima no-
ta prolungata a più battute, sta bene che lasciato il basso cantante,
vadano col basso continuo cioè con l'organo.
Fin qui si è parlato solamente dei soggetti semplici , ma se ne for-
mano dei doppi ancora, cioè accoppiando al soggetto uno od anche più
contrasoggetti. Questi però non debbono introdursi per così dire a for-
za, onde se vi combinano con naturalezza : bene; se no : meglio sarà

351
farne a meno, dovendosi aver sempre in vista la chiarezza dell'armonia,
che dall'introduzione forzata di tal contrasoggetto , facilmente può ve-
nir offuscata .
Si possono far dei soggetti cantabili con le stesse leggi press'a poco
delle fughe; senonchè gli strumenti sta bene che siano obbligati con
una cantilena ostinata , cioè simile a se stessa dal principio al fine; la-
vorando i violini assieme o vero alternativamente . Così pure si farà del
basso continuo e delle violette . Che se volessero obbligarsi gli strumenti
(come nelle rigorose fughe) a suonare con le parti, riuscirebbe in tal
caso troppo languida la sinfonia principalmente in un tempo largo.
Ora per dire tutto in epilogo :

1º - La fuga è una specie di contrappunto doppio all'8ª .


2º - Se si propone il soggetto con la 5ª corda si risponde con la prin-
cipale e con l'8 " e viceversa .
3º - Si deve far l'abbozzo con le basi dell'armonia, per assicurare l'iden-
tità dell'armonia alla fuga in progresso .
4º - Per la modulazione bastano le tre corde principali .
5º - Dopo le pause , devono sempre le parti rientrare col soggetto e non
con altra cantilena .
6º - Il grave che precede deve sempre annunciare il soggetto della fuga .
7° - Più soggetti possono unirsi in una fuga, qualora non forzatamen-
te ma naturalmente siano combinabili.

8° - Gli strumenti devono servire di rinforzo alle parti .


9º - Si possono far anche soggetti cantabili con gli strumenti obbligati
ad una cantilena ostinata; e che cosa mai non si può fare in que-
sto genere?

352
CAPITOLO XXIX .

Come debba trattarsi la fuga ( 1 )

1º - Il mezzo armonico divide l'ottava in quinta nel grave, e quarta


nell'acuto .

2° - Due mezzi geometrici dividono l'ottava in due tetracordi disgiunti,


cioè in due quarte. ᎠᎥ queste la superiore è propriamente la quar-
ta del modo, ed è consonante. La quarta inferiore è di pura me-
lodia , ed è dissonante; nè può divenir consonante , se non relati-
vamente ad una diversa base.
3º - Alla
Alla proposta che principia colla quinta corda si deve rispondere
con la principale.
4º - Al semitono di un tetracordo si deve rispondere col semitono del-
l'altro tetracordo ; ed alla maggiore intonazione dell'uno deve cor-
rispondere quella dell'altro, cioè mi a mi.
5° - A tenore dei varii soggetti variano anche le loro risposte, atteso
che non basta l'uniformità della melodia, ma richiedesi inoltre an-
che la corrispondenza nell'armonia, cioè nelle basi .
6º - Quindi accade che ad una tronca proposta possono darsi due
risposte.
Ma di qualunque compita proposta, una sola è la risposta
genuina.
Dato p. es.: GA si può rispondere : CD oppure C
E; ma se la proposta sarà : GAFGE : la risposta deve es-
sere :

(1) Numerosi saggi di fughe del P. Vallotti sono stati pubblicati nel Trattato sopra
le fughe musicali » (Vol . I e II) dal P. Luigi Ant. Sabbatini O. F. M. Conv. , Venezia
1802 [N. d. E. ] .

353
23 . Trattato della Moderna Musica.
CECD B
fa la fa sol mi

perchè siccome le basi della proposta sono : GADG C;


così le basi della risposta devono essere : CEAD G.
Seguono varie proposte e risposte :

0908
GEE C F ED C
Proposta :
sol mi do fa mi re do

C B G C B A G
Risposta : fa mi fa mi re do
do

G E F E
Proposta:
sol mi fa mi

Basi : GCFC

C B C B
Risposta:
fa mi fa mi

Basi: C G C G

Dunque C nella risposta corrisponde tanto a G quanto a F


nella proposta .
7° - Devono andar in corrispondenza la melodia e l'armonia nelle pro-
poste e nelle risposte di qualunque soggetto, cioè le cantilene, e
le basi.

Per la corrispondenza delle cantilene serve di norma la tavola qui


apposta .

Do C F G
Re : D GA
Mi E A Bh
Fa F Bb C
Sol G. C Ꭰ
La A D E

Salva la prima e principal legge che se la proposta principia con


la prima corda, la risposta si comincia con la quinta , e viceversa :
nel rimanente della proposta si deve corrispondere con la risposta
quanto si può in simili intervalli : v. g.

354
30
Dato il soggetto : GE A D G C
Basi d'armonia : g c a d g

Risposta: C BE A DG
Basi d'armonia : c e a d
g g

Così pure : GAEG C D C

Basi: C d-g

Risposta: CEB CGA G

!
Basi :
80
a- d

355
CAPITOLO XXX.

Dell'imitazione

Nel senso più rigoroso l'imitazione è una fuga, in cui la risposta


non corrisponde alla proposta con le più severe leggi , imitando bensì
la proposta quanto ai gradi e salti della cantilena; non però con la do-
vuta corrispondenza, nei toni o semitoni, ed eccone un esempio :

etc.

Esempio 60

Piacciono nondimeno codesti contrappunti in grazia della simi-


glianza delle cantilene; ed a volerne render ragione non saprei meglio
dire di ciò, che in altro proposito scrive un celebre autore; ed ecco le
sue parole :
« Ogni uomo nasce imitatore e l'istinto ci predomina » ; per lo che
Orazio dice : « Ut ridentibus arrident, ita flentibus adflent humani
vultus >» ( 1 ).
Per altro questo soggetto di imitazione , può ridursi a rigorosa fuga
nel seguente modo :

(1 ) Ars pöet. vv. 101-102 [ N. d. E.] .

356
etc.

Esempio 70

Le fughe di imitazione non furono in uso presso gli antichi , come


noi le usiamo e molto meno le rigorose ed esatte : a tal segno che ben
può dirsi che fossero l'una e l'altra sorte loro ignote.
Praticavano essi però le loro fughe dette in conseguenza , termine
sinonimo di canone .
Presa bensì l'imitazione in largo senso fù in uso assaissimo presso
gli antichi, così nei motivi che assumevano nei contrappunti liberi , co-
me in quelli che erano obbligati ad un canto fermo, o fossero Introiti ,
o Inni , o altro genere di ecclesiastico componimento .
E tal sorta di imitazioni è famigliare anche presso di noi moderni
in ogni genere di composizione, e più ne abbondano le più regolari .
Infatti ove siavi obbligazione di canto fermo rendesi necessaria
l'imitazione, per far cosa lodevole, ed in qualunque libero componi-
mento conviene valersene ovunque ragionevolmente abbia luogo con
sicurezza di ottimo effetto .
Nè qui mi stendo in esempi, che troppo a lungo mi porterebbero;
atteso gli infiniti casi e modi di introdurre le imitazioni , che interamen-
te dipendono dal genio, dal gusto e da un retto e saggio discernimento .

- 357
CAPITOLO XXXI .

Del modo di comporre a due cori (1)

L'uso più trito di due cori è quello dei Salmi , Messe, Litanie etc.
senza concerti per il quotidiano servizio della Chiesa.
In questo genere, fra quanti ne abbiamo, si distinguono le opere
di Giovanni Paolo Colonna.

Codesti componimenti devono però esser a otto voci in armonia.


Un coro che perpetuamente faccia eco a un altro coro , non forma
certamente due cori; ma bensì un solo coro replicato.
Scrivendo perciò a due cori reali, vuole il buon ordine che si co-
minci con lo stendere i due bassi, in modo che si sfugga la frequente
replica dello stesso basso in ambi i cori nelle stesse corde, e con la stessa
armonia.

Unità e varietà sono i due perni della musica; e però le stesse pa-
role replicate da ambi i cori, devono esser obbligate bensì, press'a poco
alla stessa melodia ; ma in varie corde trasferita, giusta l'esigenza della
modulazione.

Con alcuna delle parti si può anche prevenire il basso in via di

(1) Il primo a comporre a due cori, fu il Padre Mo. Ruffino Bartolucci O. F. M. Conv.
... « P. Mo. Ruffino Bartolucci, oltre l'essere teologo, fu anco musico eccellente, onde
fu lode del suo ingegno, che dove li antichi non cantavano se non pieno a tutte voci,
gli tolse dall'antica armonia dei più vecchi contrappuntisti quella abituale durezza, e con
il far sentir a tempo separatamente le voci, rese il canto più gustoso all'orecchio; invenzione
del suo ingegno, ricevuta con applauso, e praticata con universalità di consenso fino ad
oggi » (Giov. Franchini, Bibliosofia e Memorie letterarie, Modena 1693 , pag . 600).
La data complessiva della sua attività musicale può essere delimitata dal 1500 al 1540
(Tebaldini - Archivio musicale della Cappella Antoniana di Padova 1895 e Casimiri
Musica e musicisti della Cattedrale di Padova, Roma 1942). [N. d. E.] .

358 —
imitazione; e poichè le dissonanze per quanto si può, devono esser le-
gate, perciò serve codesta anticipazione delle parti ad evitare il ribatti-
mento della nota obbligata alla legatura; mentre entrando tutte contem-
poraneamente le parti con il basso, nel pronunciar la parola necessaria-
mente deve ribattersi la nota invece di sostenerla.
In questo stile di scriver a otto voci , non serve di mendicare e fre-

quentare l'uso delle dissonanze; quelle che naturalmente si presentano


devono esser le sole che v'abbiano luogo .
Ciò che debbesi avvertire spezialmente si è che le parti tutte can-
tino bene e non a saltone, come pur troppo accade spesso di sentirne.
I due bassi , qualora cantano assieme, devono esser tra sè diversi;
senonchè nei moti di cadenza, si concedono le due 8e inverse.
Una pratica osservazione poi suggerisce che nel principio del com-
ponimento; qualora si entri con un solo coro, deve esser sempre questo
il primo; attesochè dove i cori sono in due cantorie separati ( non saprei
bene dirne la ragione) il 2° coro non è mai pronto ed ubbidiente nell'en-
trare come suol esser il 1 °.

Nello stile concertato poi , oltre quelle delle accennate regole che
ad ogni stile sono comuni , come a dire tutte le otto voci in armonia :
schivare le frequenti repliche di uno nell'altro coro : disporre al possi-
bile in legatura le dissonanze : formar le parti con naturali cantilene .
E vi si richiede inoltre che i bassi siano più ornati e le loro can-
tilene siano maestose, e per spiegarmi meglio dirò che i bassi del Co-
lonna, tuttochè ottimi per due cori di Salmi pieni , non avrebbero tutta
la dignità che richiedesi per componimenti concertati .
Infatti, poichè ogni stile ha il suo particolare carattere, così a nor-
ma di ciascheduno devonsi lavorare i bassi , che sono la parte principale
del componimento e forse la sola che li caratterizza .
L'armonia pure deve esser più ricercata in proporzione del senso
delle parole : lungi però ogni affettazione .
Insomma codesto stile deve esser armonioso, nobile insieme e va-
go, onde si distingua dallo stile famigliare dei semplici componimenti
a otto voci piene.

359
CAPITOLO XXXII.

Dello stile a cappella

E' invalsa la consuetudine di chiamar musica a cappella il canto


a pieno coro, con strumenti o senza.
Codesto è un errore popolare di cui non intendo di parlare, nè
saprei tollerare non che approvarne il solo nome.
Intendo dunque per stile a cappella quello solo che scrivesi in
nota bianca, per valermi del termine dell'arte, e col tempo ad esso con-
veniente che notasi come il tempo tagliato ; ma ciò riguarda il puro e
mero estrinseco, non già la sostanza della cosa .
Per rintracciare la sostanza, devesi considerare codesto stile nei
suoi veri e primitivi fonti , cioè nei pratici scrittori del 1500 , da poichè
in quel secolo fu ridotto a perfezione da celebri autori , che in esso
fiorirono .

Osservasi dunque una melodia o forma di cantilene nobili , robu-


ste e piene di decoro; ed in ciò principalmente io reputo consistere il
vero sostanziale carattere dello stile a cappella.
Nei loro componimenti è vero, si trova spesso obbligato il canto
fermo o in tutto o in parte; ora affisso ad una parte cantante, ora ad
un'altra e per lo più senza obbligo di canto fermo : dunque alla sostan-
za dello stile questo non appartiene . Veggonsi con frequenza anche dei
canoni di varie sorti, cioè semplici e doppi, di vario grado e figura etc.
Pure sono frequenti i pezzi e gl'interi componimenti senza canoni :
nè pur questi dunque sono costitutivi dello stile da cappella .
Quanto ai modi corali, che universalmente veggonsi usati in co-
desto stile, di gran lunga s'ingannerebbe chi perciò li credesse da esso
stile inseparabili . Altri non ne usarono quei buoni antichi è vero ve-

360
rissimo, perchè altri non ne conoscevano, nè potevano conoscere; ignoti
come erano a quei tempi i due modi armoniali maggiore e minore, che
solamente nei primi anni del presente secolo fuorno scoperti.
Erano dunque forzati gli antichi compositori all'uso dei modi co-
rali, non perchè sieno questi di sostanza ed inseparabili dallo stile da
cappella; ma perchè altri modi non conoscevano , nè potevano usare.
Possiamo noi dunque scrivere in stile da cappella servendoci dei
due modi armoniali, qualora si formino le cantilene sulle traccie di quel-
l'aureo secolo e di quei venerandi scrittori; e volendo si potranno for-
mare dei canoni, come essi facevano; poichè per tal sorta di artifici è
libera la scelta del modo.
Pel contrario, sarebbe ridicola affettazione lo scrivere con nota
bianca e tempo tagliato, qualunque fuga o componimento formato con
la moderna usuale melodia . Sua suis.
II III Libro dei Salmi del Colonna sta bene, scritto com'è con
nota bianca e tempo tagliato ed ugualmente bene stanno scritti nel
tempo ordinario il 1° e il II°. Prendo questi in esempio perchè
mani di tutti ed agevole il confronto.
Prima di dar fine a questo Capitolo , sembrami opportuno di parlar
anche del modo di battere i componimenti in stile da cappella, esami-
nando quale delle usate due maniere sia la più ragionevole .
Sono sinonimi : tempo alla breve e tempo da cappella .
Una breve o equivalente figure richiedonsi per compiere una bat-
tuta; dunque delle due semibrevi : una nel battere l'altra nel levare della
mano, e delle quattro minime, due nel battere e due nel levare .
Dunque la battuta deve darsi in quattro quarti come nel tempo
ordinario ; e siccome tutte le figure nel tempo alla breve perdono la
metà del suo valore, lo stesso accade anche alle pause.
Questo lodevole costume si conserva in Venezia ed in Padova e
forse in altri luoghi : ma comunemente è invalso l'uso o abuso che vo-
gliamo dirlo, di battere in due tempi facendo di una due battute; e per
compimento dell'abuso dividono alcuni ogni battuta in due anche nello
scritto.
E poichè tempo da cappella o tempo alla breve sono sinonimi,
ignorando alcuni il giusto significato dei termini, precipitano la battuta
ed intessono disordine sopra disordine .
Gli antichi certamente davano la battuta in quattro quarti, ed age-
volmente può rilevarsi questa verità dai libri di quegli autori che tut-
t'ora abbiamo.
Infatti si vede che ovunque sono pause intere e frazioni-pause,
queste ora precedono ora susseguono le intere e bene spesso una fra-

361
zione precede ed un'altra sussegue; indizio manifesto che sono frazioni
variamente disposte ad effetto di compiere la battuta come qui si vede :

Esempio 80

Che se ciò non basta a persuadere qualcuno, cui l'uso invalso


unicamente servisse d'appoggio e di ragione, dimanderò in qual modo
si possa battere nella Messa : « Repleatur os meum laude » del Palestrina

Libro 3° il primo « Agnus Dei » sopra di cui è formato un canone alla


breve o sia in tempo da cappella, la cui risoluzione a l'unisono riguarda
il tempo ordinario o sia alla semibreve, essendo dopo la chiave segnati
i due tempi : tagliato e ordinario , l'uno sopra dell'altro . Qui ognuno vede
che non c'è scampo .

Infatti battendo in quattro tempi rimane il giusto e proprio valore


alle figure musicali , egualmente per quello che canta sotto il tempo
ordinario che per l'altro che canta sotto il tempo da cappella; laddove
battendo in due tempi, a quello che canta sotto il tempo ordinario con-
verebbe raddoppiare il valore a tutte le figure ed a tutte le pause : di-
sordine inaudito ed intollerabile .
Finisco porgendo a considerare ai miei lettori i molti antichi canoni
scritti : Unius temporis, Duorum temporum, Trium temporum; e poi-
chè questi tempi corrispondono alle seguenti pause :

Esempio 90

quindi chiaramente scorgesi che tante sono le battute, quanti sono i


tempi , e però necessariamente dovevano dar la battuta in quattro quarti .

362
CAPITOLO XXXIII .

Dell'uso più artificioso o riservato delle dissonanze

Gli artifici più fini sono riservati ai professori più consumati che
avendone piena cognizione, sanno anche quando e come devono pra-
ticarsi ; e perciò ai principianti non devono comunicarsi , affine di impe-
dirgliene l'abuso che il fuoco giovanile porterebbe a farne .
Ciò premesso dico che la legge generale di degradare con le dis-
sonanze, ammette varie eccezioni.

Nè parlò io qui della privileggiata 7ª : 9 a 16 , di cui ho trattato


nel Capitolo 27° di questo Libro ; poichè tutte le dissonanze danno
campo ad artifici straordinari , e perciò di molto qui se ne sveleranno ,
che allo studioso apriranno la strada , onde farne degli altri giusta l'op-
portunità .
Certamente per mezzo delle risoluzioni anticipate, che infatti non
sono risoluzioni , si ascende con qualunque dissonanza invece di di-
scendere : e ciò con ottimo effetto .

Con la permutazione pure si ascende; e ciò succede e si pratica


allorchè si fa subentrare nella stessa dissonanza un'altra parte, che de-
gradando la risolve.

La 9ª può risolvere passando per salto ad una consonanza dello


stesso accordo a cui è appoggiata, qualora principalmente sia appog-
giata alla base dell'accordo, che gli fa le veci di risoluzione in tal caso .
Le dissonanze 11ª e 13" allorchè non hanno il contrasto dei suoni

consonanti, giungono soavi all'orecchio come se vere consonanze fos-


sero, e sotto codesta apparenza possono sfuggire la legge delle disso-
nanze .
Alcune risoluzioni delle dissonanze , che non sogliono praticarsi ,

363
affine di evitare l'apparenza ed un equivalente di due 8º, sono compu-
tate fra gli artifici riservati e infatti non devono farsi, se non al caso
di bisogno nelle varie occorrenze, ove rendansi necessarie per qualche
giusto titolo.
Per altro la dissonanza ha gran forza per annientare la sensazio-
ne insipida di due 8 consecutive nell'armonia.
Una dissonanza può anche raddoppiarsi, adattata a due diverse
parti; mentre una la risolve degradando, l'altra la risolve ascendendo :
ma simile artificio deve riservarsi ove la moltiplicità delle parti può ri-
chiederlo, exempli gratia, scrivendo a otto o più voci .
Codesti simili artifici però devono praticarsi fra una parte acuta
o mezzana col basso; cioè il basso deve sempre subentrare nelle corde
di risoluzione pressochè in tutti i casi suddetti : atteso che, dovendo la
risoluzione esser sensibile, nessuna delle quattro parti lo è più del basso;
e lo stesso si vuol dire anche dell'organo.
Raddoppiata l'11 in modo che veggasi, come a suo luogo in una
parte acuta e nello stesso tempo riversata nel basso, dico che mentre
la parte acuta la risolve discendendo di grado, il basso può risolverla
discendendo per salto di 4ª e non sarà errore nè licenza .
Infatti l'11 " riversata nasce da due 5 “, delle quali la grave è l'estra-
nea ed aggiunta e perciò dissonante .
9
6
La sua forma è : 6. Se dunque è la dissonante , dovrà ri-
4
4
solvere il 4 nel 3 , ed in tal guisa si passerà dalla proporzione geometrica
4 6 9 3 6 9
e dissonante : all'armonica e consonante :
F C G C C G

Altri artifici possono usarsi al caso della mutazione, passando exem-


34 3b
pli gratia dalla corda alla corda come ho detto e spiegato
C F

nel Capitolo 24°, Libro 2º .


Così pure altri molti che per brevità tralascio, avvertendo che tutto
deve essere fatto con qualche ragione, e non a capriccio o come suol
dirsi per licenza.

364 ―
CAPITOLO XXXIV .

Nella musica non si debbono ammettervi licenze

e che non si danno accordi per imprestito nè per supposizione

Col nome di licenza sogliono da taluni coonestarsi gli errori; pure


siccome gli errori devonsi onninamente schivare nella musica , così le
licenze ne devono essere affatto sbandite .
Dico pertanto senza esitazione che tutto si può fare, osservando
le giuste e vere leggi del contrappunto, qualunque siasi l'effetto che
s'abbia prefisso il compositore .
Se l'effetto pertanto riesce al proposito, quantunque apparisca tal-
volta nello scritto qualche licenza, licenza non sarà; e ben esaminato, o
se ne scoprirà la giusta ragione o vi sarà difetto solamente nel modo
di scrivere quel tal passo .
Simili difetti mi è accaduto di scoprire in qualche autore di grido ,
poichè sentendo l'ottimo effetto di un errore patente nello scritto, tosto
rilevai la cagione nel modo di scriverlo; ed errori inescusabili ho trovato
in tal altro, che fatti gli aveva coonestandoli col nome di licenza .
Qualora si intendano a dovere tutti i musici intervalli e se ne co-
nosca la loro forza ed il vero modo di adoprarli , inutile anzi spregievole
si renderà ogni licenza.
Confesso poi, che fui stranamente colpito dagli inauditi accordi per
imprestito e per supposizione sotto lo specioso titolo di licenza; allorchè
mi vennero sotto gli occhi nel Trattato dell'Armonia di Mr. Rameau .
Troppo dovrei qui diffondermi, se parte per parte mi accingessi a
confutare quanto egli ha scritto in questo proposito nelle pagine 43, 79
e per l'imprestiti, a pagina 406 etc. , per le supposizioni .
Dirò nondimeno in succinto, che se avesse ben intesa la vera dot-

365
trina delle basi dell'armonia, non sarebbe certamente ricorso al fanta-
sma dell'accordo per imprestito .
Quanto poi agli accordi per supposizione , neppure doveva sognar-
seli , se avesse ben inteso il sistema delle dissonanze e l'indole loro,
che è di riferirsi tutte ad una sola base; e nientemeno della 7ª hanno
la 9ª e l'11ª e la 13ª luogo in tutte le parti dell'accordo consonante
ed egualmente si riversano, come già ho detto e spiegato nei Capitoli
3º, 4º, 5º e seguenti di questo Libro.
Perpetuamente parla l'autore suddetto del basso fondamentale, che
io chiamo base dell'armonia ; ma poi quante contraddizioni sbucano
nei suoi precetti ?
Il suo basso fondamentale spesse volte sta al disopra del basso
cantante e del basso continuo : la qual cosa non può giustamente ac-
cadere, se non nel caso del riversamento della 7ª che per natura sua
trovandosi collocata sotto l'8 " , nel riversamento trovasi sotto la base del-
l'armonia .
Osservasi inoltre che il suo basso fondamentale, che non dovrebbe
5
mai seco portare se non e le dissonanze aggiunte, bene spesso
3'
porta seco altri suoni che in niun modo appartengono alla semplicità
dovuta al basso fondamentale.
La qual cosa scorgesi nei suoi esempi e più diffusamente nel suo
« Laboravi clamans » , Libro 3º , pagina 341 , e ridotto alla semplicità di
7
5
O 5 nascono poi cacofonie orrende.
3
3

Pel contrario con le mie basi formasi un vero e giusto basso fon-
damentale, che sempre conserva il luogo suo nel grave eccettuatone il
rivolto della 7ª; e regge in armonia qualunque artificioso maneggio di
ciascuna dissonanza e di più dissonanze ancora : mantenendo costante
la prima armonia alla base dovuta , in modo tale che eseguito sullo stru-
mento da tasto le mie basi anderanno sempre di concerto con tutte
le parti .
Sarebbero dunque una stessa cosa il mio e il suo basso fondamen-
tale, se gli accordi per imprestito e per supposizione non glielo sfigu-
rassero.

366
CAPITOLO XXXV.

Quale sia la ragione per cui sono e devono esser vietate

le due quinte seguenti come pure le due ottave


e i due unisoni

La natura richiede in genere unità e varietà insieme , cosa nota


e palese ad ognuno. L'armonia è opera della natura per comune con-
senso, poichè tale la manifestano tutti i fenomeni ad essa appartenenti :
l'armonia dunque richiede unità e varietà insieme.
L'unità dovuta alla musica in genere è l'unità del modo.
Dico in genere, poichè codesta richiedesi non meno nella mu-
sica di semplice melodia che nella moderna musica qual'è l'armonica .
Ma la varietà compete particolarmente a questa, poichè dalla me-
lodica si distingue per le varie cantilene insieme combinate ed ordinate.
Premesse queste considerazioni, dico che a gran ragione i vecchi
maestri di contrappunto hanno vietate le due quinte seguenti ascen-
dendo, discendendo, di grado e per salto.
La trita ragione che se ne adduce si è perchè offendono l'orecchio
e così è di fatto : ma questa è sperienza, non ragione.
Molti autori sopra questo precetto hanno esposte le loro opinioni
ed io pure mi farò lecito di dire il mio parere, tutto appoggiato alle pre-
messe osservazioni. Le voci o suoni che fra di loro formano due quinte
seguenti contravengono alla richiesta varietà delle cantilena; attesochè
non sono varie fra di loro, qualora gli stessi intervalli si trovano fra le
voci che li compongono come vedesi fra C e D e fra G e A, dove nel-
l'una e nell'altra parte trovasi un tono ascendente fra le due voci gra-
vi e le acute; e mentre in distanza di 5ª formano una stessa cantilena,

367
vengono a distruggere l'unità del modo : poichè in tal caso l'orecchio è
distratto e sospeso non sapendo nè potendo distinguere se il modo nel
sopra- posto esempio sia di C sol fa ut, o vero di G sol re ut ,
che però peccando il compositore contro l'unità e la varietà insieme; ne
nasce un urto, una distrazione, una ripugnanza che lo ributtano e lo
infastidiscono .
Sono vietate anche le due ottave seguenti, come due unisoni
e queste soltanto perchè in tal caso si contravviene al precetto della
varietà delle cantilene, che essendo unisone o equisone se sono due
ottave, rimane snervata l'armonia e priva di quella maggior forza che
potrebbe avere.
Peccano dunque i due unisoni e le due ottave contro una delle
leggi : la varietà, ma in modo diverso dalle due quinte ; perchè vengono
a formare una sola cantilena, e perciò non fanno alcun sinistro effet-
to nell'udito .
Accade per altro alcune volte che il compositore di assoluta e de-
terminata volontà, faccia uso di cantilene intiere o all'unisono o all'8"
sia negli strumenti che nelle voci; ma non è questo il caso del divieto.
Soltanto si condannano come errore di contrappunto le due ottave
in un componimento, ove l'impresa sia di dar varie cantilene a ciasche-
duna voce o strumento .
E per spiegarmi ancora meglio, dico che essendo la moderna mu-
sica appoggiata , anzi fondata in 8" composta di due tetracordi simili
da un tono disgiunti, se una cantilena è contenuta nell'inferiore tetra-
cordo, certamente una simile non può formarsene nel superiore tetra-
cordo a un tempo stesso; poichè in tal caso , portando ciascuna canti-
lena le sue proprie basi, si verrebbe ad introdurre nella musica una
specie, direi, di manicheismo; mentre si introducono nella stessa ar-
monia, che da contrari movimenti delle voci deve esser formata , due
cantilene che sono una cosa stessa quanto all'intervallo delle voci , ben-
chè per una quinta distanti, e per conseguenza due principii sono
fra di loro in contrasto .

Codeste simili cantilene distanti fra loro per l'intervallo di 5ª , si


introducono però nell'armonia l'una dopo l'altra; e ciò si fa con ottimo
avvedimento, allora quando una all'altra serve di risposta, come accade
nell'introdurre i soggetti nelle fughe e con la più precisa esattezza nei
canoni alla 5ª.

La stessa ragione per cui sono vietate le due quinte seguenti, an-
nunzia il divieto delle due quarte; ma con minor rigore, potendosi farle
alcuna volta fra le mezzane voci, quali sono il contralto e il tenore.
Nasce la mitigazione della legge da che la 4ª è una consonanza

368 —
L. Soressi. Monumento a Tartini . Convento del Santo . Padova

GIUSEPPE TARTINI ( 1692-1770)


secondaria, essendo un mero compimento della 5ª all'8 " ; e però ven-
gono ad essere due quinte rovesciate.
E siccome possono farsi due quinte per moto contrario, molto più
potranno altra volta farsi rovesciate; avvertendo che se nuoce in genere
la frequenza, molto più devonsi schivare nei componimenti di poche
voci.
Si permettono però due quinte di specie diversa, cioè una maggiore
e l'altra minore, atteso che non v'è in tal caso perfetta simiglianza nelle
cantilene; l'affatticarsi soverchiamente per evitarle è uno scrupolo senza
ragionevole fondamento.
Da ciò ne segue che molto più liberamente si possono far le due
quarte di specie diversa.
Non perciò debbon rendersi famigliari, benchè di specie diversa ,
le due quinte e quarte; poichè l'armonia riesce sempre più gradevole,
quanto più sono diverse le cantilene da cui vien prodotta .
Per evitare poi le due quinte, non si può assegnar figura determi-
nata; poichè talvolta ha forza di evitarle una croma o una semiminima ;
e talvolta il valore di queste figure non basta.
Per regola generale adunque, dico che non ha forza di salvare le
due quinte qualunque figura minore di una parte integrante il tempo
dato, cioè qualunque figura di ugual valore a quello dovuto alle di-
scordanze o sia dissonanze passeggere. Altrove ho già detto che si chia-
mano dissonanze melodiche, quelle note o suoni che scorrono intermedi
fra i luoghi destinati alle parti , in cui il tempo e la battuta sono distri-
buiti.

Così, exempli gratia, nel tempo ordinario che è distribuito in quat-


tro parti, non ci vuol meno di una semiminima, che vale 1/4 , per sfug-
gire le due quinte; e una croma che vale solamente 1/8 di battuta
non basta, perchè un suono di così breve durata non può aver forza
sufficente ad occultare le due quinte.
Si conferma quanto dico in questo proposito dal riflesso , che ¹/8
di battuta da l'adito ai compositori di introdurre nell'armonia le dis-
sonanze melodiche, cui do il nome di dissonanze passeggere, perchè
passano, e passano nei tempi minimi della battuta.
Ora se in 1/8 di battuta passa una dissonanza e non offende, per-
chè troppo breve è la sua durata ed occupa non il luogo di 1/4 che è

integrante del tempo, ma solamente ' /s : dunque per chiara e


legittima conseguenza ne segue che ¹ /s di battuta non basta per
per evi-
tare l'effetto molesto e l'errore delle due quinte.
In simil guisa deve ragionarsi del tempo ternario, che essendo di-
stribuito in tre parti, non basta una figura o nota del valore di 1/6 di
battuta per evitare le due quinte.

369
24 . Trattato della Moderna Musica.
Così se il tempo sia 1/3 , non basta una minima; se sia 2/3 non
basta una semiminima e così degli altri tempi .
Per la stessa ragione non devono vietarsi due quinte nei minimi
tempi della battuta, atteso che non ha forza la nota che occupa un tem-
po minore di una parte integrante del tempo dato, non ha forza dissi
per formar due quinte quali sono le vietate nell'armonia : poichè di tal
sorte se ne possono lasciar correre senza scrupolo, accadendo spesse volte

che intervengano quasi direi necessariamente, affine di dar buon gusto


ad una parte che canta o suona .

1° - Ripigliando ora in epilogo le cose dette, conviene tenere per mas-


sima che la moderna musica richiede unità di modo ed insieme
varietà di cantilene.
2º - Che due quinte seguenti distruggono insieme e l'unità e la varietà .
3º - Che due ottave o due unisoni peccano contro il precetto della va-
rietà e perciò sono vietate . Non recano poi molestia al senso, es-
sendo il difetto puramente negativo e le cantilene unisone o equi-
sone fanno l'effetto di una sola . Agevolmente poi si scoprono le
due quinte nè possono sfuggire all'occhio , qualora si avverta che
tre parti ascendano o discendano insieme. Quindi ne segue che
per evitare le due quinte, convien fare in modo che le parti pro-
cedano per movimenti contrari .

Avendo abbastanza parlato delle due quinte e quarte, devesi ora


esaminare se possono farsi due terze maggiori o due terze minori se-
guenti; e sopra di ciò rispondo senza esitare un sol momento, che pos-
sono farsi anzi che nò, atteso che non si adatta alle terze la legge per
cui sono state vietate le due quinte e quarte. Già si è detto che la mo-
derna musica è appoggiata ad una 8 " composta di due simili e disgiunti
tetracordi .

Quindi precisamente nasce che le due quinte e quarte formano


altresi due cantilene simili .
Delle terze però non può farsi un ugual ragionamento; poichè le
cantilene formate da più terze sono sempre fra loro diverse e per con-
seguenza, non distruggono l'unità del modo ed apportano varietà nelle
cantilene.
Infatti le corde, exempli gratia, di F G equitemporanee a quel-
le di : A B formano due terze maggiori fra sè diverse; atteso che
la 3" : FA eccede sopra la sua minore nella parte grave, e perciò
affine di farla minore conviene alterare la corda F col # .
Pel contrario la 3ª : G B eccede sopra la sua minore nella
parte acuta, poichè affine di farla minore, conviene diminuire la corda

370
B col b ; e di ciò ne da sensibilmente la traccia il diverso solfeggio di
queste due terze, poichè : l'una legge Fa La , mentre legge l'altra
Sol Mi , o secondo l'uso oltramontano Sol Si .
Ciò che più facilmente si intenderà nel seguente esempio :

la mi
8 bg

fa sol

Esempio 100

Per la stessa ragione liberamente possono farsi anche le due terze


minori, poichè sono pur queste tra di loro diverse come rilevasi da quan-
to si è detto al Libro 2º , Capitolo 4º , Articolo 2º .
Quanto poi si è detto delle terze, quadra ottimamente anche delle
seste; poichè queste a quelle sono correlative come sono i compimenti
alle ragioni loro principali e primarie.

371
CAPITOLO XXXVI .

Della varietà che richiedesi nel contrappunto

Che indispensabile sia la varietà nel contrappunto è cosa mani-


festa poichè l'accordo consonante, che ne è la base, è formato egli stes-
so dalla natura di sette consonanze che per i vari rapporti l'una dall'al-
tra si distinguono : e tanto fra di loro sono diverse che non avendo una
comune misura sono tra di sè incommensurabili : ciò che osservò anche
il celebre Keplero ( 1 ) .
Quindi è che due simili consonanze nello stesso accordo formano
dissonanza .

1º - Fra i tanti modi di introdurre varietà nel contrappunto, il primo


e principale si è quello del vario movimento delle parti , cioè che
non tutte ascendano o discendano insieme e nello stesso modo ,
poichè un tal progresso non solamente toglie la forza all'armonia ;
ma necessariamente porta seco gli errori di due quinte , di due ot-
tave ed altri simili .
Si può dunque con una parte ascendere o discendere di grado
e con l'altra per salto .

Si può anche ascendere o discendere per grado, ma con dis-


simili intervalli : poichè se due parti ascendano o discendano stando
fra di loro nell'intervallo di 3" , l'una sarà maggiore, l'altra sarà
minore; e se ambedue saranno maggiori o minori , saranno tra di sè
diverse rispetto agli estremi come mi sono spiegato nel Capitolo 34° .

( 1 ) Harmonia Mundi, Liber III , Cap. 4º.

372 ―
E in tutti gli accennati movimenti sussiste e regna la neces-
saria varietà .

Soggiungo finalmente che dallo stesso principio poi deriva


la libertà di far successivamente anche due quinte l'una maggiore
e l'altra minore, non abbusandone però senza bisogno.
2º Varietà richiedesi nella modulazione, perciò non deve il composi-
tore per dir così addormentarsi sopra una corda qualora voglia sfug-
gire la decisione di Orazio : che al musico ugualmente che al poeta
conviene (2).
Abbiamo sei corde di modulazione, tre maggiori e tre minori.

Si passi dunque dalla principale alle subordinate, e queste si


introducano a vicenda giusta l'ordine di prossimità che regna tra
di loro affinchè non riesca aspro e molesto, ma naturale e dilet-
tevole il passaggio; ma sopra di ciò mi lusingo di aver detto già
quanto basta nei Capitoli 24°, 25°, 26° del Libro II° .
3º - Varietà ed armonia insieme si introducono nel contrappunto col
mezzo delle figure di valore diverso.
Quindi è che il perpetuo confronto di note dello stesso valo-
re forma soltanto il semplicissimo contrappunto che si chiama nota
contro nota, ed è questo perciò riservato ai principianti e quantun-
que i componimenti a pieno coro siano pressochè un contrappun-
to semplice; nondimeno l'uso delle dissonanze che opportunamen-
te si intrapongono e le vicendevoli varie entrate che fanno le di-
verse parti , abbastanza li distinguono da ciò che si chiama nota
contro nota.
Che se il contrappunto sia formato di note e suoni ribattuti,
come suol farsi nelle sinfonie e nelle aperture di teatro e cose si-
mili, ne risulta soltanto molto strepito e pochissima armonia.
4° - Varietà richiedesi anche nella melodia o sia cantilene, e rendesi
questa necessaria per sfuggire la nauseosa monotonia.
Ma poichè dalla varietà non mai devesi disgiungere l'unità,
perciò a tener saldi questi due perni serve a meraviglia la modula-
zione per cui la stessa cantilena conducesi con vago artifizio ad
altra corda, e qui intendo di parlare dei motivi di gusto e vaghezza
non di soggetti fugati che ad altra legge obbligati sono.
5º - Le imitazioni e le fughe ben condotte quantunque obbligate a
l'unità dell'armonia nelle proposte e nelle risposte, debbon rinve-
nire la dovuta varietà nella modulazione per cui oltre le varie corde
in cui successivamente si fanno sentire, interviene anche l'alterna-

(2) Ut cytharedus ridetur, chorda qui semper oberrat eadem» . Ars pöetica, vv. 355-356.

373
tiva fra le parti che rispondono mentre da prima avevano proposto,
e in conseguenza la nuova armonia che ne risulta.
6° Altre molte specie di varietà ammette la musica di cui a tempo e
a luogo conviene far uso .
Così i motivi proposti da strumenti devono essere continuati
non sempre in identità ma spesso in rassomiglianza .
Passando poi da un versetto all'altro nei Salmi o altra simil
cosa, non è da trascurarsi la varietà dei tempi, qualora vi si adatti
il senso delle parole . Così pure la successione del contrappunto di
varii generi reca nei componimenti una delle dilettevoli varietà.
É molti altri modi possono affacciarsi al compositore giusta le
circostanze onde lodevolmente introdurre varietà nei suoi compo-
nimenti.

7° - Concludo approvando l'uso dell'alternativa negli strumenti , ove oc-


corra dal piano, mezzo piano, pianissimo e dal forte, fortissimo ;
poichè codesti modi cagionano una grata varietà : l'uso però non
ne vuol esser affettato.

Nel teatro poi si introduce una varietà per dir vero assai di-
lettevole col mezzo degli strumenti pizzicati e dei sordini : ma da
una tale varietà devono onninamente astenersi i compositori di
Chiesa atteso che la santità del luogo non permette o più tosto
abborrisce questi modi profani, esigendo sempre in ogni sua parte
gravità e decoro.
Insomma per ogni conto introdur conviene una varietà ma-
schia e modesta, che insieme con l'unità del modo formi un com-
posto dilettevole, ragionato e maestoso .
Questa è la verità che convien al vero stile da Chiesa.

374 ― .
CAPITOLO XXXVII .

Del contrappunto doppio

Il contrappunto doppio è un artificioso componimento fatto in guisa

tale, che le parti siano tutte tra di loro convertibili : così che la parte
acuta possa diventar grave e la grave acuta e quindi mediante una

pura e mera trasposizione di parti o voci si possa ottener nuova e va-


ria armonia .

L'uso di questo contrappunto serve principalmente nelle fughe in


genere, o sieno nelle semplici o di più soggetti tessute o siano motivi gra-
vi o motivi cantabili e di espressione, comunque occorra di valersene .
Ora questo contrappunto doppio si stabilisce di varii generi : cioè
all'8 " ; alla 10" , alla 12" ed altri molti che propone tra gli altri autori
il P. Scorpione Frate Minore Conventuale nelle sue Riflessioni ar-
moniche ( 1 ).

I tre mentovati sono però i più rinomati e stimati sopra degli altri .
Ciò nonostante io francamente sostengo che nè pure i contrap-
punti doppi alla 10ª , 12ª , sono da porre in uso e liberamente asserisco
non darsi vero contrappunto doppio se non quello all'8ª .
Comincierò dall'esclusione del contrappunto alla 10" , passerò poi
a quello alla 12ª e finalmente dimostrando esser il vero e solo contrap-
punto doppio quello all'8 " ; tratterò delle sue vere leggi e giuste regole,
onde pongasi nel più chiaro lume una verità di tanta importanza nella
musica.

Sono ripudiati e quasi affatto dimenticati varii generi di contrap-

(1) Op. 5º . Napoli 1701 : presso il de Bonis.

- 375
punto doppio, per la ristrettezza e angustie onde trovasi legato e ristretto
il compositore .
Il contrappunto alla 10" sembra che lasci un po' più di libertà e
però viene reputato essere tutt'ora uno di quelli che merita di farne
conto ed uso . Io però non ne sono ugualmente persuaso, anzi lo reputo
improprio assai e nemico della giusta e buona armonia .
Infatti dal sottoposto confronto dei numeri si vede :

83
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

Si vede dissi che restano vietate le due terze e le due seste se-
guenti, atteso che nel riversamento si trasformano quelle in due ottave
e queste in due quinte : l'una e l'altra coppia esclusa già dalle buone
leggi dell'armonia .
Non due decime perchè divengono due unisoni .
Non la 9ª , risoluta in 10ª come accade allorchè , mentre risolve
l'acuto degradando, il grave discende di 3ª perchè ne risulta una in-
sulsa melodia e disposizione di parti , e se vi sia una serie di codeste
none e così disposte, non mancherà taluno di ravvisarvi inoltre una
specie di varie seguenti ottave .
Non finalmente due quarte, atteso che nel riversamento risultano
due settime, che se non sieno di specie diversa non si accordano con
le leggi della buona armonia .
Inoltre si passa da un tono all'altro qualora si rovescia il con-
trappunto alla 10ª
10" , onde ne segue che le due parti formano una modu-
lazione affatto diversa, allorchè il grave diviene acuto e l'acuto si tra-
sferisce al grave.
Ora è certo che nel riversamento deve esser costante la modula-
zione e l'armonia deve esser varia , ma non già di nuova specie.
La natura ama bensì la varietà, ma vuol sempre conservata l'unità .
Nè basta l'identità delle cantilene , per conservare la vera unità,
poichè quella è un'unità materiale e di sola apparenza : non quale è
richiesta dalla natura.
Essa vuole unità formale e sostanziale che nell'identità della mo-
dulazione e dell'armonia principalmente consiste.
Oltre di ciò è cosa certa che la cantilena dipende dalle leggi della
melodia e questa ha la sua base nell'armonia; sicchè variata l'armonia
più non sussiste la melodia se non quanto all'estrinseco.
La corteccia è la stessa, ma la sostanza non è la medesima, cosic-
chè potrebbesi acconciamente assomigliare alla stessa maschera da di-

376
verse persone successivamente indossata, che quanto all'esterno ed al-
l'apparenza rappresenta un solo uomo; benchè infatti siano diversi .
Sarà dunque il contrappunto alla 10ª uno scherzo ingegnoso, ma
inutile ed infelice : da non apprezzarsi nè imitarsi .
Le ragioni tutte che finora si sono addotte, servono ugualmente ad
escludere dal vero contrappunto doppio anche quello alla 12ª , ma poi-
chè richiede questo alcune sue particolari restrizioni diverse affatto da
quelle del contrappunto alla 10ª : perciò anche di esso in particolare
e specificatamente convien trattare .
Il contrappunto alla 12ª è quello di cui anche oggidì da molti
studiosi di musica si fa gran conto, essendo fra tutti gli altri reputato
il migliore : ma questo pure abbonda di imperfezioni , attesa l'inetta
trasformazione degli intervalli e per le ristrettezze in cui trovasi il com-
positore come dalla seguente serie e confronto di numeri si può dedurre :

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

Qui si vede tosto che non è lecito di usare la 6ª se non in legatura,


come se fosse una dissonanza; atteso che la 6" si trasforma nel riversa-
mento in 7ª : e nè pure può praticarsi la 7ª che risolve in 6ª chè nel
riversamento ne risulterebbe una 6" risoluta in 7"; e queste sono le leg-
gi principali di questo contrappunto da cui non sia mai lecito dispensarsi .
Ma non avvertono poi gli autori che danno i precetti di questo
contrappunto che bene spesso nel riversamento convien aggiungere ora
#oraba questa o a quella parte, per evitare i tritoni e tutte le scon-
ciature che ne risultano nelle cantilene, che però attesi tali necessarii
cambiamenti sono e non sono veri contrappunti doppii .
II precetto poi di far la cadenza in 5 dà una prova evidente del-
l'inezia di tale contrappunto che obbliga a torcere barbaramente i movi-
menti di cadenza , acciò nel riversamento non si trovi la cadenza fuor
della principale corda del modo assunto .
Pure per quante precauzioni si usino non si giungerà mai a far sì
che non si passi da un modo ad un altro e che la stessa parte non sia
adattata ora ad una modulazione e tantosto ad un'altra affatto diversa ;
e non è vera cadenza quella che chiamano cadenza in 5ª essendo un
passo veramente barbaro. Veggasi il Zarlino ( 1 ) .
Fin ora si è parlato solamente con i citati autori del contrappunto
a due voci; ma volendolo usare a tre bisogna inoltre astenersi dall'uso

(1) Institutiones Harmonicae, Liber 3º, Parte 3ª , Caput 62º ed il Fux : Exerc. Vº,
Lectio 7ª, Carta 193.

377
delle dissonanze in legatura, vale a dire della più dilettevole parte
della musica e restringersi ad un'insipida armonia quale si è quella di
sole consonanze composta, qualora seguiti per tempo notabile.
Il Fux trattando di questo contrappunto alle carte 298 dice che
si può usare la 6ª sincopata, quantunque sciolta usar non si possa : e
qui confonde in uno la sincopa e la legatura; pur senza dubbio v'è tra
re e la
di loro una gran differenza cioè quanta deve esserne tra il gene
specie, poichè ogni legatura è sincopa : ma non già il contrario.
E che così sia è facile il rilevare qualora si consideri che la lega-
tura obbliga la nota legata a discendere per grado , laddove la sincopa
lascia tutta la libertà di ascendere o discendere o per gradi o per salti
indifferentemente .

Si consideri poi l'esempio che porta l'autore . Ivi scorgesi che il


contralto in ogni battuta ha due semiminime delle quali la prima es-
sendo discordante, la seconda per esser consonante si considera per
buona.
Ma nel riversamento accade il contrario affatto : nondimeno la
cantilena essendo la stessa , dovrebbe esser costante in materia tanto
essenziale.

Ciò però non è un difetto dell'esempio, nè dell'autore : il difetto


nasce dallo stesso contrappunto alla 12" che non ha , nè può avere
sussistenza; poichè non ha sodi principii cui si appoggi .
Volendo poi unire insieme i tre contrappunti doppii in 8ª , in 10ª ,
in 12 si prescrive di usar le consonanze di 5 " ed 8ª per moto contrario
e la terza per moto obbliquo .
Oh vedete quale armonia e quale melodia può risultare da simili
artificiosi contrappunti !
Dico pertanto non esservi altro vero contrappunto doppio se non
quello in 8ª; e che in questo si racchiudono veramente tutte le perfe-
zioni imaginate negli altri contrappunti doppi.
Ora il contrappunto all'8 " in ciò consiste che date due o più can-
tilene possa ognuna di esse trasferirsi dalla prima sua sede a qualun-
que altra, così che se fossero exempli gratia quattro parti, possa ognuna
di esse divenir successivamente : parte grave, media, acuta.
Acciò sappia il giovane studioso come debba contenersi in simil
artificioso contrappunto, si osservino i numeri qui sotto descritti.

1 2 3 4 5 6 78
8 7 6 5 4 3 2 1

Codesti numeri sono così disposti che presi due tasti sul cembalo

378 —
in un dato intervallo, portando poi il grave in acuto per una 8ª o l'acuto
al grave, ne nasce l'intervallo suo corrispondente.
Exempli gratia : prendendo due tasti nell'intervallo di 5ª , pontato
poi il grave in acuto o l'acuto nel grave, ne nasce la 4" e così degli altri.
Quindi si fa manifesto che siccome due quinte seguenti sono vie-
tate nel contrappunto in genere e sciolto : così devono sfuggirsi anche le
due quarte nel contrappunto all'8".
Questo precetto, lungi da pregiudicare la buona armonia , la ri-
duce anzi a miglior perfezione : di che ne sia prova ciò che altrove già si
è detto non doversi usare le due quarte, se non di rado e solamente
con le parti medie come sono il contralto e il tenore .
Dal Fux poi si vieta bonamente alle carte 175 nel contrappunto
all'8 " si vieta dissi , la 5ª , poichè nel riversamento diviene 4" e la 4ª
dic'egli è dissonanza .
Non sapeva l'
autore che la 4" è il compimento della 5ª all'8 " , che
però non è nè può essere dissonanza , mentre un suono consonante
con un estremo dell'8ª , è di sua natura consonante anche con l'altro
estremo ; essendo gli estremi due suoni dell'8ª equisoni .
Un altro precetto del contrappunto doppio all'8 " si è che le parti
non oltrepassino l'8 " , ed è plausibile la ragione, che se ne adduce. In-
fatti mediante il contrappunto doppio si esige una differente armonia
nell'inversione delle parti : ma se queste oltrepassano l'8" , l'intento non
ssa tra il
si ottiene, poichè non si fa maggior diversità di quello che pa
semplice e il composto intervallo.
Tuttavia non perciò dovrà mai storpiarsi una cantilena , nè perder
l'occasione di un bel passo per tal ragione , mentre in sostanza devesi
e
soprattutto avvertire che non vi sieno sconciatur nella melodia e nel-
l'armonia : e sarà sempre meno male che non vi sia alcuna volta la bra-
mata varietà , che di far sentire delle durezze o simili altri difetti nel
to
contrappun .
Qui forse mi si opporrà che in tal caso non è più contrappunto
doppio; ed io rispondo che lo sarà ciò nonostante, perchè la cantilena
che era propria di una parte è divenuta propria dell'altra , e quella che
era acuta s'è fatta grave e la grave acuta.
Ciò premesso e supposto dico che elaborato e perfezionato il con-
trappunto all'8" : da esso risultano necessariamente anche i contrappunti
alla 12" , alla 10" ed altri ancora, benchè ciò non accada rigorosamente
nel modo e forma che comunemente suole intendersi .
Infatti proposta una fuga o altro soggetto lavorato in contrappunto
all'8 " , dovrà certamente quel tale soggetto esser modulato e trasferito
alle subordinate corde, fra le quali la 5 " , è una delle principali .
Dico pertanto che trasferito il soggetto dalla prima corda alla 5ª

379
corda, anche il contrappunto resta trasformato passando dall'8ª equiva-
lentemente alla 12ª e così discorrasi della modulazione nella 4ª corda ,
nella 3ª , nella 6" etc. Non saranno certamente questi contrappunti la-
vorati giusta le prescritte regole : lo concedo; ma sarà un equivalente
che supererà in merito ed in effetto quelli che si fanno a norma dei
comuni precetti, essendo fuor di dubbio che non anderà soggetto alle
imperfezioni che abbiamo notate in ciascheduno dei mentovati contrap-
punti.
Reca poi stupore il riflettere che ognuno dice esser la 4ª un river-
samento della 5ª , la 6ª della 3ª , la 2ª della 7ª .
Ma cotesti sono altro che riversamenti all'8"?
La cosa è troppo chiara e perciò così si parla.
Per l'opposto non vi sarà mai chi dica che la 6" è una 7ª riversata
come accade nel contrappunto alla 12" , nè che la 5ª è una 6ª riversata,
come accade nel contrappunto alla 10ª .
Il comune linguaggio adunque, la ragione ed il senso convincono
altro contrappunto doppio non esservi, fuorchè quello all'8ª per cui ve-
ramente e secondo natura si riversano dall'acuto al grave e vanno in
giro le varie cantilene che in esso sonosi combinate e adattate, e nel
riversamento la 5ª diviene 4ª , la 3ª diviene 6 etc. e questi sono i veri
e naturali riversamenti.
Nel contrappunto all'8 si riversano pur anco le dissonanze conser-
vando esse però la rispettiva loro indole, a tenore di quanto si è già
detto nel principio di questo Libro terzo; ove di ciascheduna si può ve-
dere il riversamento o sia una sola o siano più , artificiosamente insieme
combinate.
Conchiudo pertanto, che escludendo qualunque contrappunto dop-
pio (eccettuatone solamente quello all'8 " ) la nozione e l'uso dell'uni-
ca base in ciaschedun accordo consonante o sia egli di prima o di se-
conda o di terza armonia, deve perciò riuscirne infruttuoso il lavoro ;
mentre ad onta di uno studio il più intenso non è sperabile mai il
fine che ogni compositore deve proporsi cioè di recar un onesto diletto .

380
CAPITOLO XXXVIII .

Dei canoni

E' comune l'uso di questo termine canone ai matematici , agli ec-


clesiastici, ai musici e ad altri ancora , perchè è comune a tutti senz'essere
lo stesso generico significato che è regola .
Presso gli antichi la stessa musica teorica chiamasi canonica e ca-
nonici i musici teorici e canone si chiamava il monocordo, sopra di cui
anche oggi si rinvengono col mezzo delle varie divisioni, i varii mu-
sici intervalli .
Da secoli però significa questo termine canone, presso i musici co-
munemente un laborioso artificio, per cui una cantilena obbligata ad una
parte viene successivamente eseguita da un'altra.
La prima si chiama propriamente canone, la seconda si chiama
risoluzione o conseguente del canone.
Sopra la prima parte si scrive il segno ' S. dove deve entrare la se-
conda, e sopra la stessa prima parte si scrive poi anche l'altro segno
dove finisce il canone e l'obbligo del conseguente .
Tal sorta di canoni si chiamano semplici a differenza di altri che
per aver più di un conseguente si chiamano doppi .
Il celebre Palestrina ha composta una intera Messa in canone, prin-
cipiando dall' unisono nel primo Kirie e proseguendo ulteriormente
fino all'8".
Trovasi questo nel terzo Libro delle sue Messe col titolo « Replea-
tur os meum». Quindi si fa manifesto che in qualunque intervallo e
consonante e dissonante, si possono far dei canoni .
Questi poi si chiamano finiti , atteso che il conseguente segue la
guida solamente fino al segno , nè v'è luogo a replica.

. 381
Si fanno bensì dei canoni infiniti così denominati , perchè la guida
ricomincia più volte a piacimento e si può prolungare il canone a sazietà .
Sia però detto con buona pace di molti , che tutt'ora quanto già
dugent'anni ammirano tal sorta di laboriosi ed aridi componimenti; che
io reputo presso che inutili i canoni infiniti perciò che di troppo
obbligano il compositore e lo stringono; quasi direi ad un sol pensiero,
cioè a studiar il modo di condurre il conseguente dietro la guida.
Tra gli antichi a niun altro certamente è stato inferiore il prelo-
dato Palestrina : pure non senza meraviglia osservasi che negli ultimi
suoi componimenti non si veggono più canoni, ed invece si scorge una
modulazione ed un'armonia senza confronto migliore assai di prima .
Argomento manifesto che avvertito quel grand'uomo dalla spe-
rienza e disingannato dal riflesso, ha dato finalmente un perpetuo addio
a quei laboriosi artifici, il cui miglior pregio consiste nella difficoltà
superata.
Ed acciò se ne possa ognuno convincere basterà, legger lo Zar-
lino ( 1 ) .
Quanto ai canoni infiniti confesso che sono ottimi per una acca-
demia o per una conversazione giusta la qualità delle parole . I canoni
dunque sono bellezze di pura convenzione, a tal segno che qualche
novizio nel contrappunto da tal sorta di musici artifici prende argo-
mento di apprezzare o dispregiare un compositore.
Quindi per non soggiacere alla censura di questi tali il celebre e
non mai abbastanza lodato Signor Benedetto Marcello N. V. , dopo aver
posti in musica 50 Salmi in otto toni in foglio senza introdurvi mai un
canone : terminata l'opera vi ha annesso un triplice canone infinito
sotto le parole : In omnem terram etc.
Donde poi abbian presa l'origine i canoni ed altri simili musicali
artifici sembrami facile di rintracciare .
Uomini di grande talento vi sono stati senza dubbio in ogni età .
Lo spirito vivace ed attivo non può contenersi, nè può resistere
alla forza del suo elaterio; e però mancando la materia , porta necessa-
riamente la sua attività oltre , il confine.

Nè mancano esempi in altre facoltà per confermare questo mio


assunto.

Era dunque negli antichi tempi ristretta la musica in uno solo


stile ed era quello da cappella obbligato alla modulazione dei soli toni

( 1 ) Parte 3ª , l'aureo Capitolo 72, in cui con tutta l'energia riprova certi artifici che
a suoi tempi erano in gran pregio; ed io tengo che, mutato nomine « narretur fabula dei
canoni finiti » dei quali fin ora si è parlato.

382
corali, soggetto a modi tempi e prolazioni , a figure variamente legate
e di valore intralciato ed a punti di vario significato etc.
Quindi ristretti e vincolati , hanno dato sfogo al loro talento ed al
loro genio quegli antichi compositori , con tanti indovinelli e labirinti ,
quanti possono vedersene nelle Messe col titolo « L'Homme armé » ed
in tanti altri componimenti . E quanto ai canoni si sono macerato lo
spirito con tali artifici che si palesano quali sono dai motti onde vanno
accompagnati, exempli gratia, quello di Giusquino : «Vous jeuneres
les quattre temps » per significare che dal risolvente debbansi aspettare
quattro battute. Così :

Crescat in duplum - E note e pause crescono il doppio nel conseguente .


Clama ne cesses Il conseguente non aspetta battuta, per questi
non v'è posa .
De minimis non curat praetor == non si devono cantar nel conseguente
nè le minime , nè le semiminime .
Cancrizat *** Il conseguente deve cominciare dal fine .
Nigra sum sed formosa =- Tutte le note nere si cantano come se fos-
sero bianche.
Qui sequitur me non ambulat in tenebris - Il conseguente deve omet-
tere tutte le note nere.

Artifizii tutti che trascurata la buona modulazione e sbandita la


miglior armonia, occupano soltanto il compositore nel pensiero di usci-
re dal labirinto. Si noverano cento inezie fra le quali deve annoverarsi
la decantata Messa di P. Molù fatta con tale artifizio che si può cantare
con le pause e senza di esse .
Pel contrario la moderna musica arricchita dai due modi musicali,
oltre i 12. corali, ampliata dal moderno stile senza trascurare l'antico,
resa varia dall'uso degli strumenti e dalle diverse combinazioni di tutte
queste suppellettili : apre largo campo a qualunque ingegnoso compo-
sitore, d'impiegare i suoi talenti in artifizii dotti ed insieme armoniosi ,
dilettevoli senza perdere il suo tempo seminando nell'arena .

383
CAPITOLO XXXIX .

Dello stile ecclesiastico

Ad ogni luogo convengono le belle arti, poichè ne formano esse


l'ornamento e la vaghezza . In qualunque pubblico e privato edificio,
si fanno ammirare l'architettura , la scultura e la pittura; ma non già
dovunque in egual modo.
Non si vedono perciò nei templi e nelle Chiese, le statue che ador-
nano i magnifici palazzi , nè le pitture che vagamente coloriscono i teatri.
Ogni luogo adunque prescrive in certo modo il confine alle belle
arti.
Infatti così deve essere e i professori ne avranno sempre maggior
lode a misura che vi si conformeranno .
Ora che diremo noi della musica? non dovrà ella pure conformarsi
alla stessa legge? anzi più di ogn'altra bell'arte, e principalmente la mu-
sica ecclesiastica, in riflesso della santità del luogo?
Tralascio avvedutamente di recar qui i molti decreti dei sacri Con-
cilii ed autorità dei S.S. Padri che mi verrebbero in acconcio, e mi re-
stringo a quelle degli autori profani .
Plutarco nel suo libro della musica dice : Apud antiquiores Graecos
totam musicam scientiam in templis versari deorum venerationi, bono-
rum virorum laudibus inserviendo . Ed insieme con Platone soggiunge :
Musicam concinnitatis opificem a diis datam, non luxus gratia et pru-
ritus aurium !
lusso e per
Non è dunque la musica stata concessa agli uomini per
sollecito , giusta il parere di sì gravi autori, ma bensì per le divine lodi.

Quindi con Seneca ( 1 ) , rispondo a taluni che asseriscono, quella

( 1 ) Epistola 99 .

384
esser la miglior musica, che più universalmente piace . Ed ecco le sue
parole : A natura discedimus, populo nos damus nullius rei bono auctori.
Platone (2) dice : Cum ergo quis sola voluptate musicam asserit
iudicari, minime audiendus est, minimeque huiusmodi musica, si alicu-
bi colitur, quaerenda est.
Ogn'uno ne usi però a suo talento, ma sia certo che siccome la
musica stessa non nè contrae macchia alcuna , è altrettanto vero che
tutta in esso lui ricade la colpa , giusta il parere di Plutarco che dice :
Non hoc vitio dabitur scientia (musica) si quis non ut par est utatur,
sed propria abutentis ea culpa censebitur.
E Strabone (3 ) concorre nello stesso parere, scrivendo : Neque enim
si in vitium res excidit, musicis artificia ad oblectationem accomodan-
tibus in conviviis, scenis atque theatris, ideo culpanda res ipsa est.

Gli antichi Greci alle lodi della divinità l'avevano conservata, co-
me ci attesta Plutarco (4 ) dicendo :
« At enim apud antiquiores Graecos
ne notam quidem aiunt musicam, quae theatris inserviret : immo to-
tam scientiam illam, deorum venerationi impentam fuisse » . E nel prin-
cipio del trattato a pagina 556 : « De venerabile studio et Diis maxime
accepto, optime Oneticrates, verba nos facere iussisti » ; ed altrove si espri-
me in questi termini a pagina 557 : « Prisci ea ut dignum fuit usi sunt.
Nostra aetate, maiestate eius omissa, pro mascula illa ed divina : con-
fractam et garrulam in theatro inducunt musicam, quam Plato in tertio
de Repubblica libro vituperat» .
Similmente nell'Asclepio di Trimegistro (5 ) si legge : « Musarum
chorus a summa divinitate in hominum coetum dimissus est, ut modu-
latis hominum cantilenis concelebraretur laudibus, qui solus omnia, ut
pater est omnium etc. » . E Marsilio Ficino nel commento scrive : « Mu-
sicam suavitatem ad concinendos Dei caelestiumque laudes hominibus
indultam fuisse » .
La musica dei Latini ebbe lo stesso periodo di quella dei Greci, e
taluno direbbe, che la stessa sorte ha provata anche la musica dell'era

(2) Liber de legibus , pag. 518 .


(3) Liber 10.
N.B. Il tratto compreso fra questi segni : (¶¶) è stato preso dalla prefazione della
prima stesura del trattato fatta dall'autore nel 1760, conservata nell'archivio musicale del
Santo. Padova [N. d . E.].
(4) Liber de musica, pag. 563.
(5) Capo Vº, pag. 490 .

385
25 Trattato della Moderna Musica.
nostra. Certamente è pur troppo vero che lo stile teatrale è presso che
universalmente e con somma indecenza introdotto nella Chiesa.
E non intendo per stile teatrale l'uso degli strumenti anche da fiato,
nella musica ecclesiastica , poichè usati a dovere possono anzi che nò
introdurre vaghezza e maestà insieme, bensì intendo e parlo dell'indole
e qualità delle cantilene , che fanno « musicam fractam et garrulam » ,
per servirmi dell'espressione di Plutarco, e che risvegliano la lascivia e
la danza, invece della devozione.
Fra di noi avverandosi ciò che il citato Plutarco dice del suo se-

colo in questi precisi termini : « Ceterum nostris temporibus omnes, qui


animum ad musicam appellunt, theatris servientem musicam ample-
ctuntur» . Cosicchè a gran ragione può dirsi con I. Calfurnio (6) : « Ite
procul, sacer est locus, ite prophani » .
Qualora dunque perseveri il disordine, a gran ragione può dubi-
tarsi che si risvegli il tanto e giusto zelo del Sommo Pastore per repri-
mere la sfrenata licenza, e l'eccessivo abuso che tanto prevale ai giorni
nostri.

Già il Pontefice Marcello II° pensava di sbandire dalla Chiesa


onninamente la musica non per altro, se non perchè la imperizia dei
compositori di musica recava una intollerabile confusione nelle parole ;
ed ebbe il merito di arrestare il fulmine il celebre Pier Luigi da Pale-
strina. Or che farebbe ai giorni nostri? Siccome però è manifesta e chia-
ra la ragione del disordine, così è facile ed ovvio il rimedio .
Troppo sono fra sè diversi lo stile ecclesiastico e il teatrale . Quindi
è che chiunque è avezzo a scrivere per il teatro, non sa poi adattarsi a
scrivere per la Chiesa a dovere. Sarà dunque- sbandito e svelto l'abuso

allorchè i compositori da teatro non potranno scrivere per la Chiesa ;


e a quelli che sono destinati al servizio della Chiesa, sarà vietato lo scri-
vere per teatro .
In tal guisa e per tal mezzo sarà provveduto all'onore e decoro dei
sacri templi, e sarà per sempre allontanata da essi la profanazione.

Da tutte queste autorità, che ben ponderate, ci danno a divedere


qual degna, e rispettabile scienza sia la musica , io non intendo certa-
mente di condannarne l'uso nei teatri, nei banchetti e fin nelle piazze
etc. Dico bensì, che usata nelle Chiese deve essere di un carattere par-

(6) Egloga 2ª .

386 ―
ticolare, distinto affatto dalla musica profana, e perciò modesta, divota ,
casta, e decorosa, atta a recare un conveniente, nobile, e religioso di-
letto (7) . E per meglio spiegarmi soggiungo, che l'armonia deve essere
dello stile ecclesiastico la base e lo strumento principale . Perciò affine
di non restringere, e mutilare l'armonia, credo opportuno di escludere
tutti quegli artifici musicali, che altro pregio non hanno, fuorchè la
difficoltà superata; e niun buon effetto producendo al senso, altra bel-
lezza non gli rimane se non quella di convenzione fra pochi pedisse-
qui, non avezzi a ragionare . E ben so , che molti valenti professori , am-
maestrati dalla esperienza e dal riflesso, a tali artifici hanno finalmente
dato l'addio, rimastogli soltanto il rincrescimento espresso coll' « Oleum
perdidi, et operam perdidi» . Non mancano certamente alla moderna
musica artifici pregevoli; che lasciando all'armonia tutta la sua esten-
sione, aprono un vasto campo a chiunque, onde validamente distin-
guersi fra i professori, ed insieme recare agli astanti fedeli onesto di-
letto . Che un qualche tema, o idea di soverchia vaghezza talvolta si
presenta, e viene in uso al compositore : col mezzo dell'armonia a tal
segno si modifica, che alla santità del luogo si adatta, nè oltre gli di-
sconviene .

(7) Paolo Brazuolo, quantunque giudichi sfavorevolmente la produzione poetica della


prima metà del settecento italiano, dice di essere certo che in un tempo ormai a lui pros-
simo, sotto il velame di un gusto apparentemente sfrenato si nasconderà qualche cosa di
realmente poetico e condotto secondo le buone norme, come già era avvenuto per la mu-
sica. E continua :
Ecco infatti a Padova musicali smanie di moda, diventar degne di un grande tempio
sotto la sferza del Padre Vallotti ».
(Traduzione delle Opere e Giorni di Esiodo fatta da Paolo Brazuolo, stampata a Padova
da Gonzatti nel 1765 a pagina 226) [N. d. E.] .
387
¡
LIBRO QUARTO
PREFAZIONE

Esce questo mio Trattato dei Toni Modali alla luce del mondo
non già per preghiere d'amici, o comando di padroni e superiori , che
non son io di quei falsi modesti che questi o simili motivi vanno produ-
cendo per qualificare la pubblicazione dell'opera loro. Io dono al pub-
blico questa mia qualunque siasi fatica ed operazione da niuno richiesto
da niuno obbligato, ma bensì gagliardamente spinto a ciò fare dalla
grande importanza della materia per chiunque professa musica, e per la
poca cognizione che se ne ha. Infatti e qual maggiore necessità abbiamo
noi che della giusta e perfetta cognizione dei toni modali? ( 1 ) . E' cosa
certa che nella nostra musica molte cose intervengono e sono necessarie
per condurre a perfezione qualunque componimento; nondimeno è pur
anche certissimo che volendo alcuno accingersi a tale opera, pria d'ogni
altra cosa conviene che pensi al tono, e stabilisca seco stesso in cui pre-
cisamente voglia fondare e condurre il suo componimento (2).
Nè in tale proposito voglio addurre altra prova che la pratica di
tutti i tempi da che la musica è ridotta sotto precise regole e precetti; e
ciò presso tutte le nazioni, che all'uso nostro o diversamente l'hanno
praticata.
Circa la poca cognizione che sopra dissi osservare ai tempi nostri,
me ne fa gran prova la molta e grave fatica, a cui ho dovuto soccom-
bere io stesso per giungerne alla perfetta cognizione, come spero di es-
serci arrivato (3) ; imperciocchè con quanti mai ho avuto occasione di di-

(1) Cato esse quam videri bonus malebat : itaque quo minus gloriam petebat, eo
magis illam assequebatur. Salus. bell. cat.
(2) Fasse le ciel que ce lieux que ici nous présentons se repande dans les provinces
les plus éloignées pour y conserver la mémoire de notre illustre nom et servir de preuve
éternelle du profond respect avec le quel etc. Rél. de l'inquisition de Goa.
(3) Apud Elianum in varia historia : Pindarus poeta certamine urbis suscepto, cum in
auditores indoctos incidisset, quinquies a Corinna victus est. (Buleng. de Meat., Lib. 2º,
Cap. 1º).

391
scorrere, e quanti libri ho potuto leggere tante ho trovato essere e diverse
le sentenze: ed infatti chi ne numera cinque (4) chi sei ( 5 ) chi sette (6)
chi otto (7) chi quattro (8) chi tre (9) chi dodici ( 10) chi tredici ( 11 ) chi
quindici (12) e chi due (13).
Poscia chi li intende in una maniera e chi in altra; per fine chi
li apprezza e giudica necessari, e chi li tiene per una baia chiamandoli
anticaglie, e pensieri malinconici come riferisce Gio . Battista Doni ( 14)
e chi si sottrae col dire di non conoscere altri toni fuorchè quelli che suc-
cedono al lampo, come racconta Pietro Tosi ( 15) . Frattanto se vi è fra
la studiosa gioventù, come moltissimi ve ne sono, chi per cagione di sano
giudizio ne conosca la necessità, e ne brami la perfetta cognizione, non sa
a chi credere nè a qual opinione appigliarsi, perchè in questa impor-
tantissima materia fin ora non abbiamo autore, che io sappi, a cui sicu-
ramente possiamo appigliarci per avere l'intera e giusta cognizione dei
toni modali, atteso che tutti ne trattano con molta confusione per ciò
che riguarda il di loro nome, la situazione, la estesa della corde, gli ef-
fetti, il numero come sopra dicevamo, e tante altre cose; e niuno parmi
che tratti a sufficenza ciò che appartiene alla loro modulazione; im-
perciocchè assegnano bensì le corde di cadenza a ciascheduno, ma oltre
che ne tampoco in questo si accordano la maggior parte fra loro, osservo
di più che niuno esprime come ci si debba servire delle accennate corde
di cadenza, imperciocchè diversamente debbono esser maneggiate secon-
do le diverse categorie dei toni modali , come dimostrerò allorchè dovrò di
tale materia discorrere . Oltre di che niuno autore ha per anco ai giorni
nostri trattato dei due toni musicali maggiore e minore ex professo, ed
espressamente; mentre soltanto dicono che il tono maggiore è quello che
è fondato in una ottava di terza maggiore composta; ed il minore in una
ottava composta di terza minore . Ma chi non vede che ogni tono mo-
dale deve in tal guisa necessariamente essere maggiore o minore per
esser ogni tono modale, qualunque siasi sempre fondato in una delle

(4) Apul. Florid. Lib. 1º ; Arist . Quint. Mus. Lib. 1º.


(5) Plato 3º, De republ.; Giul. Pol., Lib. 2º, Cap. 22º; Fux, In Musica ubi de tonis.
(6) Tolom. Harm . Lib. 2º, Cap. 10º.
(7) Boeth. In Musica ; Franc. Gaff. ed altri molti.
(8) Lucian. In Harmonide et ecclesiastici cantus primi autores.
(9) PLUTARCO, In Musica.
(10) Glarean Dodecach.; P. Costanzo Porta; Joseph Zarlinus; P. Lodovico Balbi, min .
conv.; Orazio Tigrini; P. Lodovico Zacconi .
( 11 ) Aristoxenus; Euclides in Jzagoge; Censorinus in De die natali ad G. Cerelium .
(12) Martian. Cappella, Lib. 9º, Cap. De symphon.; Cassiodorus in Music. compend.
(13) I moderni.
(14) Compendio dei generi e modi.
( 15) Osservazioni sopra il canto figurato a carta 76.

392
sette ottave, le quali sono indispensabilmente composte tutte, o di terza
maggiore o di terza minore? Pertanto dunque ho stabilito di comporre
e pubblicare il presente trattato con idea di porre nel suo più chiaro
lume tutto ciò che ai toni modali appartiene con la maggiore facilità
e brevità possibile : per la qual cosa conviene incominciare a togliere gli
equivoci dai quali nasce la maggior parte della confusione.
Il primo equivoco nasce dallo stesso nome di tono ( 16) imper-
ciocchè questo termine viene usurpato molte volte per significare quello
spazio che trovasi fra due voci perfette v. g. fra Ce D, e fra De
É etc. ed in tal caso è lo stesso il dire tono e dir voce ; siccome nella
stessa maniera si dice semitono e mezza voce . Altre volte poi questo
stesso termine significa ciò che serve di regola per giustamente modu-
lare, e ben formare un componimento; la qual regola da nostri vecchi fu
chiamata modo o tono e tropo e armonia, abbenchè ora si dice sem-
plicemente tono. Per distinguere dunque l'uno dall'altro lascieremo in-
tatto ad uso di ambedue il nome generico di tono, e solamente aggiun-
geremo a ciascheduno di loro il termine differenziale : onde il tono che
significa pura distanza chiameremo tono graduale, e quello che signi-
fica regola di modulazione chiameremo tono modale, i quali si divi-
dono in: antichi greci, corali semplici; in corali resi armoniali, ed in
armoniali di sua natura . E siccome abbiamo accennato che i nostri vec-
chi hanno costumato di dare ai toni modali il semplice nome di modi,
perciò se alcuno mi domandasse per qual cagione non gli si possa dare

anche noi lo stesso nome, rispondo subito che ciò si fa per togliere l'equi-
voco che si incontrerebbe con i modi che insieme alle prolazioni e tempi
servono per conoscere il maggiore o minore valore delle figure musicali,
principalmente nei componimenti degli antichi musico-pratici scrittori,
come sono Giusquin dal Prato, Gio. Motone, Giacomo Obrecht etc.

***

E poichè ho di sopra accennata la divisione dei toni modali in


antichi greci, in corali semplici ; in corali resi armoniali ; ed in ar-
moniali di sua natura; avanti di trattare altre cose conviene far sapere
al mio lettore che non intendo io già di trattare e discorrere di tutti i

(16) Spero tamen hoc opus apud viros bonos ac vere doctos laudem haud spernendam
habiturum, praesertim apud posteros. Quandoquidem posteritas ipsa solet absque invidia
iudicare iuxta illud : Garritur in vivis livor, post fata quiescit. Nonne sua etiam saecula
Leonidam risere? (Marc. Palling. in Epist. I Hen. Fer. ducem.) .
Euclides Introduct. Harmon , pag. 19 : (Tonus quattuor modis dicitur. Nam et pro
sono usurpatur et pro intervallo, et pro vocis loco, et pro intentione) » [N. d . P. Martini ] .

393
toni modali; imperocche degli antichi greci io stimo cosa superflua ed
inutile il trattarne, mentre ciò che di essi posso dir io, già è stato detto da
Aristosseno, Gaudenzio e Aristide, Tolomeo, Luciano ed altri. Ma quello
che più importa e mi stimola a risparmiare la fatica si è che simile lavo-
ro a nulla affatto servirebbe : non per metterli in pratica, perchè non si
adattano alla odierna musica nostra, checchè ne dicano alcuni meno in-
formati dell'antica greca musica : non per intender i grechi componi-
menti, dei quali appena ne abbiamo qualche frammento in un inno di
Pindaro al sole pervenutoci assai scorretto con l'introduzione alla musica
di Gaudenzio ed un altro ( 17) onde trattando di questi crederei di opera-
re troppo diversamente dal fine ideatomi, anzi dubiterei di uscire imme-
diatamente dalla proposta fatta, con cui prometto di trattare dei soli toni
corali, ed armoniali; ed in questi mi sono ristretto a bello studio, perchè
di questo solamente abbisogna la studiosa gioventù; cioè degli armoniali
per operare, e dei corali e semplici o resi armoniali per intendere le
opere musico-pratiche dei nostri vecchi : Pier Luigi Palestrina, Adriano
Willaert, Cristoforo Morales, Matteo Asola, Costanzo Porta etc. ed an-
che per operare in simiglianza loro qualora così piacesse.
Dovendo dunque trattare soltanto dei toni ecclesiastici o sia co-
rali e dei musicali o sia armoniali, conviene sapere che siccome i corali
l'origine loro traggono dal canto fermo, come altrove si dimostrerà ; e
simile sorta di canto di sola sonorità va adorno e niuna armonia di sua

natura produce, perciocchè non ammette più parti una all'altra in con-
fronto perciò corali od ecclesiastici si appellano e non armoniali; laddove
i toni che musicali si dicono , anche armoniali a gran ragione appellarsi
devono, poichè questi dalla musica, e precisamente dall'uso dello stru-
mento da tasto l'origine loro ne traggono, i quali avvegnachè richieggono
sempre più parti una all'altra in confronto dal quale l'armonia ne deriva
onde questi soli di sua natura armoniali sono ( 18 ) .
A bello studio ho detto parlando dei toni corali che di sua natura
armoniali non sono, essendo questa propria e particolare prerogativa dei
toni musicali; ma però questo non impedisce che anche i toni corali
possano rendersi armoniali, perchè de facto ciò è stato praticato col mezzo
dei sette accompagnamenti consonanti da tutti i latini musico-pratici

( 17) Dist. pulch. ad chori moderatores : Phonascus adsum vocis suscitabulum, can-
tantiumque gallus gallinaceus. (Varro in Lat. onos lyras).
«Deve scriversi di Bacchio Seniore : Introduct. Harmon. e di altri Inni riferiti
da Vincenzo Galilei - Dialogo della musica antica e moderna, pag . 96 » [N. d. P. Martini] .
(18) Si veda il tomo 5º, anno 1729, dell'histoire de l'academie royale des inquisitions
et belles letteres, che contiene le memorie letterarie dal 1718 fino al 1725. In esso conten-
gonsi diverse dissertazioni sopra la musica e principalmente degli effetti meravigliosi del-
l'antica greca; del ritmo della medesima, della melopea ed una giunta per questa .

394
scrittori da che si incominciò a scrivere in armonia con contrappunto

semplice e diminuito, fino all'uso dei recenti nostri toni musicali armo-
niali. E ciò doveva succedere per necessità, perchè l'armonica musica
- non la sonora - che andava nascendo, era tuttavia priva dei suoi propri
toni modali, onde i pratici si servirono dei corali rendendoli armo-
niali col mezzo dei sette accompagnamenti consonanti come sopra dice-

vasi. Ma non perciò anche in tale stato tralasciano d'essere toni corali,
dovendo qualunque cosa in ogni artifizio involta conservare lo stato suo
naturale, e precisamente certe particolari proprietà per le quali agevol-
mente si possa sempre riconoscere ; la qual cosa molto osservabile ren-
desi nei nominati toni corali resi armoniali, poichè per tacer di tante
altre proprietà che conservano basti quella dell'armonica ed aritmetica
divisione, per cui si distinguono i toni autentici dai plagali, e i pla-
gali dagli autentici, o siano corali semplici, o siano artificiosamente
resi armoniali ; la quale armonica o aritmetica divisione sempre osser-
varsi deve nella parte naturale, cioè nella parte del tenore, come più dif-
fusamente se ne discorrerà a suo luogo. La materia poi di che debbo trat-
tare par che naturalmente richiegga il Trattato diviso in due parti, sic-
come per evitare ogni confusione, avevo già ideato di fare fin da bel
principio; e solamente sono stato dubbioso alquanto se dovessi nella
prima parte trattare dei toni corali, ovvero dei toni musicali ; e già
avevo quasi risoluto di premettere i toni corali, sul riflesso che questi
sono stati dai musico-pratici professori posti in uso assai prima de mu-
sicali, essendo questi venuti in uso soltanto nel principio del corrente
secolo, o al più dal fine dello scorso.
Ma siccome la di loro modulazione è tanto più vaga e facile, per-
chè usata che non quella dei toni corali, perciò ai tempi nostri questi
sono quasi che andati in totale dimenticanza; a tal segno che al pre-
sente è restato dei toni corali il solo nome, ed infatti poi non si usa se
non tono maggiore e tono minore : ed eccettuando pochi dei più eru-
diti e dotti professori, gli altri se talvolta s'ingegnano a scrivere nei co-
rali toni, in tal guisa si confondono nella formazione delle cantilene e
nella modulazione di essi che non si può in modo alcuno ben distin-
guere in qual sorta di tono abbiano formato i loro componimenti .
Nè ciò attribuirsi deve a troppa libertà del mio parlare, poichè
circa il giusto operare dei toni corali abbiamo, grazia al cielo, le opere
dei famosi armonico-pratici professori che fiorirono nel 1500 , alle quali
avegnachè essi perfettamente ne intendessero la natura e l'essere in-
trinseco - ragionevolmente mi appello, e dal di loro confronto agevol-
mente vedrassi se vero sia quanto in tale proposito con molto mio rin-
crescimento mi avanzo a dire.
Sicchè essendo soltanto in uso ai tempi nostri i due toni modali

395
armoniali, ed essendo massima dei filosofi, che per acquistare in qua-
lunque cosa la perfetta cognizione si debbono premettere le cose note
alle ignote, perciò tratterò nella prima parte dei toni musicali armoniali,
dei quali darò tutte quelle notizie che sono abbisognevoli e necessarie;
riservandomi a trattare dei toni corali nella seconda parte . Avverto però
di nuovo che di questi parlando non ne discorrerò considerandoli come
corali semplici, ma bensì come corali resi armoniali col mezzo delle ar-
moniche proporzioni nei sette accompagnamenti consonanti di lettura
e specie diversa contenuti , come sopra dicevasi.
Avanti però di accingermi alla prima parte parmi cosa convenevole
anzi necessaria di premettere che sostengo esser due i toni musicali
armoniali, e dodici i toni ecclesiastici corali; nè perciò deve dirsi asso-
lutamente che io ammetto quattordici toni modali, poichè ciò sarebbe
apportare di molta confusione; frammischiando ciò che di sua natura è
diverso e distinto .
Bensì osservarsi deve che dei toni modali io ne formo due cate-
gorie o sia due ordini diversi, cioè uno dei corali, l'altro degli armoniali :
nell'ordine dei primi ne pongo dodici col Glareano, Zarlino, Tigrini,
Zacconi, Costanzo Porta, Lodovico Balbi, ed altri dei più insigni del
1500 : nella serie poi dei secondi ne pongo due soli colla comune opi-
nione dei moderni, che tanti e non più ne stabiliscono siccome dalle
·
loro opere pratiche può agevolmente comprendersi .
- come vedremo allora
-
Inoltre non posso a meno di soggiungere
- che sic-
quando si dovrà trattare dell'ascendere e discendere del tono
come ogni accompagnamento consonante è composto di quattro parti
integrali per conseguenza si può maneggiare egualmente unito alla sua
base che accidentalmente diviso nelle sue due parti di mezzo; i quali di-
versi maneggi, avvegnachè non si possono fare se non coll'ascendere della
parte grave, cagionano altresì diverse segnature; e che ne sii la verità os-
servisi che l'accompagnamento consonante unito alla sua base porta seco
la segnatura di terza, quinta e ottava; che se si maneggia diviso nella
prima parte di mezzo porta seco la segnatura di terza e sesta; e se final-
mente si maneggia diviso nella seconda parte di mezzo porta seco la se-
gnatura di quarta e sesta; la qual cosa così avviene come or ora dicevasi,
a cagione dell'ascendere del grave dalla base alla prima parte di mezzo,
e da questa alla seconda: onde ciò che era 8ª diventa 6" , e poi 4ª e così

discorrendo degli altri armonici numeri, come più chiaramente lo di-


mostra la seguente figura in cui si pongon anche le replicazioni della
terza e della quinta 10" e 12ª nella base di prima armonia, acciò nella
seconda parte di mezzo vi sia l'intera ottava.

396
Accompagnamento consonante semplice

200
12 10 8
10 8 6
8 6 4
5 3 1
3 1
1
Base di prima Prima parte Seconda parte
armonia di mezzo di mezzo

Che se la sovrapposta numerica figura non fosse sufficente per ben


far intendere con tale divisione anche ciò che ne viene in conseguenza,

B 12

B
10 10

8 8

3 3

Esempio 10

se ne osservi il seguente esempio in pratica, il quale non è altro che un


puro e solo accompagnamento consonante il quale vedesi primamente
essenzialmente unito alla sua base di prima armonia, quindi accidental-

397
mente diviso nella prima parte di mezzo, e poi nella seconda; ed ascen-
dendo fino all'estrema parte acuta dello accompagnamento, dove non
forma segnatura diversa dalla base discende di bel nuovo alla seconda
parte di mezzo quindi alla prima, e poi si restituisce alla sua base di
prima armonia; ed intendasi che la 6" nella quale si muta l'8" ascen-
dendo il grave e passando dalla base alla prima parte di mezzo non è
vera 6ª, ma bensì 8ª dello stesso accompagnamento. Lo stesso intendersi
deve della 4ª che osservasi allorchè l'accompagnamento consonante è di-
viso nella seconda parte di mezzo, che non è altrimenti vera 4ª ma ben-
sì la stessa sopraddetta 8ª , che si va mutando ora in sesta e ora in quarta
per la ragione che sopra s'è detta; e per altra parte è cosa ragionevole

anzi indispensabile che anche la musica in qualunque artificioso maneg-


gio conservi immutabili i suoi principi; onde riconoscersi possa il di lei
naturale stato .

398
AI LETTORI

Da che posi la mano allo scrivere di musica sempre mi è stato


molto a cuore di ben intendere la importantissima materia dei toni mo-
dali : onde non ho mai in alcun tempo tralasciata fatica alcuna per giun-
gervi. Ho cercato e letti dei libri quanti mai ne ho potuti avere, ma
siccome ognuno che tratta di questa difficile e molto imbrogliata materia

vi si accinge con molto timore - forse perchè non bene abbastanza ne pos-
seggono essi medesimi la perfetta cognizione - perciò poco o nulla di
profitto ne ho ricavato , e quel poco sempre involto in altrettanta con-
fusione per la gran diversità dei pareri di chiascheduno che ne ha scrit-

to ed inoltre per la confusione che fanno dei toni greci con i toni
della nostra musica , i quali distant toto caelo gli uni dagli altri .
Ho consultati molti maestri viventi e fra questi con molto maggior
premura quelli che della miglior teorica ho stimato e creduto istruíti;
ma siccome da uno mi si spiegava in una maniera da altri in altra assai
diversa, perciò non sapendo a chi appoggiarmi persuaso che sendo là
verità una sola, dovevano per conseguenza ingannarsi la maggior parte.
Ne ho poi finalmente trovato uno che a mio giudizio e per quan-
to potevo debolmente raccogliere dalla di lui pratica parevami assai
meglio informato ed istruito in tale materia di qualunque altro che
mai abbia consultato. Ma questi conoscendosi per tale cognizione da
qualunque altro distinto ha sempre sfuggito di darmene quella piena
notizia ch'egli, per altro con molta sua pratica, si era acquistata . Sic-
chè quanto più difficile vedevo il caso tanto più mi cresceva il desiderio
di volere appieno intendere la materia dei toni modali ; perciò a for-
za di lunga meditazione e diligente esame delle opere musico-pratiche
degli scrittori più volte menzionati del 1500 parmi finalmente di es-
sere giunto alla bramata meta, cioè d'aver scoperto meditando la vera

— 399
natura dei toni musicali armoniali, ed inteso col suddetto esame l'essen-
za degli ecclesiastici e corali.
Öra dunque perchè so quanta fatica mi ha costata tale cognizione
anche con molto mio discapito , avvegnachè nel tempo che a ciò ho at-
teso avrei potuto in tante altre cose avvanzarmi acquistando altri lumi,
perciò bramoso di far agli altri quel benefizio che sì lungamente ho per
me stesso desiderato; ecco che vi presento e ve ne offerisco l'intero trat-
tato, in cui ho procurato di disporre le cose tutte col miglior ordine pos-
sibile, avvalorando i miei insegnamenti con le più vive e forti ragioni ,
con l'autorità di molti e con l'esempio d'altri , in modo tale che nulla
resti a desiderare nelle proposta materia : e perchè sono persuasissimo
che la storica notizia dei toni modali sarà sempre di molto vantaggio e
profitto alla studiosa gioventù , perciò ho risoluto di stenderne un ri-
stretto avanti di entrare colla prima parte a trattare della proposta ma-
teria ex professo.
Debbo soggiungere d'aver bensì prevenuto il mio lettore nella pre-
fazione che per non discostarmi dalla mia promessa non tratterò dei
toni modali della greca musica per i motivi ivi addotti , ma nello sto-
rico compendio parmi cosa indispensabile di trattare non meno di quelli
che degli altri; e la ragione si è perchè altrimenti sarebbe la storia trop-
po manchevole e mutilata; inoltre potrà anche servire per far cono-
scere a quelli che dei toni modali niuna stima fanno, quanto utili e
importanti sieno poichè non vi è musica, nè ve n'è stata mai di sorta
alcuna che i suoi toni modali non abbia avuto come chiaramente ve-
dremo, e nello stesso tempo conoscerà ognuno quanto s'inganni Giam-
battista Doni ( 19) , allorchè approva l'opinione di quelli che i toni mo-
dali tengono per una baia e però nulla ci badano, molto meraviglian-
domi che un suo pari applaudisca a simile opinione , poichè dice Pla-
tone parlando de Legibus prope finem : « Qui cantus speciem et mu-
sam musicam quaerant optimam, non eam quae immunda, sed quae
recta est quaerere debent» .
Ed abbenchè egli ciò apponga a più sensati ed intendenti musici
dei suoi tempi, io nondimeno ardisco dire che se così l'intendevano, ciò
succedesse perchè non capivano con la dovuta chiarezza nè gli antichi
greci che sono stati più e meno secondo le diverse età ed opinioni de-
gli autori; nè gli otto ecclesiastici, che prima furono quattro come
ognun sa; nè per conseguenza i dodici glareanici; e se fossero a tem-
pi nostri sprezzerebbero anche i nostri musicali armoniali , onde con-
viene dire che siccome una tal maniera d'operare non conviene a pro-

(19) Nel suo Compendio dei Generi e Modi .

400
fessori che vogliono operare in modo tale che possino rendere ragione
di qualunque siasi loro operazione, conviene dire che quelli di quei
tempi operassero puramente a caso. La qual cosa quanto sii disdicevole
-
per un professore - dato anche che bene operasse ognuno lo può in-
tendere qualora consideri che quello che opera bene senz'obbligarsi a
toni per lo più è soggetto a fallare, e non può render ragione delle
operazioni sue. Laddove quello che s'obbliga a toni , e n'intende la
natura non può errare, e di qualunque sua operazione renderà sem-
pre ragione a chichessia , alla qual cosa siamo tenuti qualunque volta
ne siamo ricercati.

- 401
26 · Trattato della Moderna Musica.
CAPITOLO I.

Compendio storico

Dei toni modali della musica greca, del canto ecclesiastico,

del canto figurato e della moderna musica

Che la musica sii fra tutte le scienze una delle più antiche ce ne
fa indubitata fede la divina Scrittura, dalla quale abbiamo notizie si-
cure ed infallibili, che Jubal figlio di Lamech l'abbi fin dai primi anni
del mondo inventata ed esercitata : Ipse - Jubal - fuit pater canentium
in cjthara et organo ( 1 ) e Pietro Comestore nella sua Storia Scolastica
soggiunge che la trovasse dall'osservazione del suono diverso dei diversi
martelli di Tubalcain suo fratello del quale dice lo stesso sovracitato
sacro Testo : Tubalcain fuit malleator et faber in cuncta opera aeris et
ferri, la qual cosa altresì chiaramente si raccoglie da Giuseppe Ebreo (2)
e dal Beroso Caldeo (3) .
Ritrovata dunque da Jubal la musica, e costituito perciò pater
canentium in cjthara et organo, sendo altresì consapevole della futura
ruina del mondo presagita da Adamo in due diluvii uno di acqua,
l'altro di fuoco, e ignorando quale dei due dovesse l'altro precedere pen-
sò di descrivere il nuovo ritrovato della musica sopra due diverse co-
lonne una di pietra viva e l'altra di pietra cotta per difenderla dall'uno
e dall'altro, e non perisse, come ne riferisce l'autore della Margarita
Filosofica ( 4).

(1) Genesi, Capo 4º; et Fabius : Lib. 1º, Cap. 17° ait : Timagenes auctor dicit omnium
in litteris studiorum antiquissimam musicen extitisse.
(2) Antiquitates Iudaicae, Lib. 4º.
(3) Antiq., Lib. 1º.
(4) Latericia quidem ne igne, lapidea ne aqua periret» .

403
Infatti venne il diluvio dell'acque nel quale con gli uomini ben
presto ne rimase sommersa anche la musica, ma al dire di Franchino
Gaffurio (5) per opera di Cam e Mesraim passò agli Egizii e da que-
sti ai Greci; nè altro più si sa della prima antichissima musica .
Per venir poi al proposito della storia dei toni modali che io qui ho
intrapreso di scrivere, convien persuadersi in primo luogo esser certissimo
che i Greci hanno di molto ampliata ed illustrata la musica più di ogni
altra nazione che avanti loro l'abbi mai esercitata; sendo accaduto ad
essa ciò che a tutte le scienze suol avvenire come dice Aristotile (6) .
Cioè che i primi inventori non ne hanno mai la perfetta cogni-
zione, ma bensì a poco a poco si vanno perfezionando colle osservazioni
dei posteri, i quali rimovendo gli errori li sostituiscono coi nuovi pre-
cetti le verità, che vanno scoprendo fin tanto che s'arriva a formare
di qualunque imperfetta facoltà una scienza perfetta in tutte le sue
parti. Ciò supposto non deve alcuno meravigliarsi se avanti dei Greci
non si è inteso mai a parlare di toni nella musica, mentre essi - per
- sono stati i primi ad usarli : anzi dobbiamo esser
quanto ne sappiamo
persuasi che neppure i toni dei primi Greci furono veramente toni in
confronto di quelli dei suoi posteriori , imperocchè molto diversi erano i
greci toni che si usavano ai tempi di Mercurio, Corebo , Stiange e Ter-
prando, da quelli che erano in uso al tempo di Pitagora, Aristosseno, Eu-
clide, Cleonida, Alipio, Gaudenzio ed altri. Da principio si parlava sol-
tanto di leggi, le quali avevano per diversi motivi nomi diversi, come si
può vedere nel Zarlino ( 7) . Alessandro fu mosso dalla legge orchia, e dal
modo frigio, come vuole Suida , Eustimio ed altri ancora ; dal quale, e
fosse anco da tal legge fu sospinto il giovane Taurominitano ( 8 ) .
Che poi siano stati antichissimamente operati meravigliosi effetti
nel genere diatonico lo prova chiaramente il Zarlino (9) .

Poichè i modi degli antichi erano pure cantilene, come sarebbe


quella che noi abbiamo dal Tasso, è certo che i modi sono antichi quan-
to è la musica. Udiamo il P. Milliet « Puto ergo si de musica naturali

(5) « Post diluvium posteritas reperit usumque mandavit » (Lib. 1º , Practica musicae
utriusque cantus, Cap . 8º).
(6) 2 Elench., Cap. 1º). Primum constat artes omnes paulatim et per incrementa
repertas esse : neque quisque idem artem aliquam reperit, et absolvit. (Rodolphus Agricola,
de inventione dialectica, lib. 2º, cap. 5º, cart. 318 ) . Omnia fere quae sunt conclusa nunc
artibus, dispersa et dissipata quondam fuerunt, ut in musicis et numeri et voces et modi .
(Idem in scholio eiusdem cap. cart. 334. Videndus item est Quint. lib. 5º cap . 10° et Cicero
lib. 1 De oratore; itemque legendus est Agricola ubi supra, idem cart. 321 pariterque idem
Aristotiles in Metaph . 2ª cap. 1º) .
(7) Institut. harmon., lib. 2º, cap. 5º, cart . 82ª .
(8) Ut supra cap. 7º, cart. 88ª.
(9) Ut supra cap. 9º, cart. 93 .

404
loquamur, ea ita fuisse insitam a natura, ut nulla sit natio barbara, quae
aliquos modos musicos non habeat... » ( 10) .
E infatti sappiamo che i primi greci toni sono stati da prin-
cipio tre solamente come attesta Plutarco ( 11 ) , cioè : il dorio , il
frigio, il lidio; e questi veramente altro non erano se non certe diverse
cantilene, o arie che vogliamo dire, da quelle diverse provincie : Doria,
Frigia, Lidia : usate nel cantare le loro canzoni, inni o altro : le quali
poi toni furono denominate, perchè la di loro fondamentale corda era
una dall'altra distante un gradual tono, e tutto ciò conferma Marco
Meibomio ( 12) .
Il dorio fu inventato da Thamira di Thracia , secondo il parer di
Clemente Alessandrino ( 13) , e di Plinio ( 14 ) .
Il frigio secondo lo stesso Clemente fu trovato da Marsia , figlio
di lagne, che fu di Frigia; e il lidio al parere del medesimo Clemen-
te ( 15 ) fu inventato da Olimpo di Misia, ma in questo mi pare molto

più verosimile l'opinione di Plinio che vuole essere questi stato


inventato da Anfione figlio di Giove e di Antipa; e ciò che mi in-
duce ad abbandonare l'opinione di Clemente si è, perchè il tono lidio
è stato dei primi che si siano usati , e noi sappiamo che Olimpo Miseno
non è stato dei primi antichi musici, mentre visse molto tempo dopo
Timoteo Milesio che fu musico del grande Alessandro, il quale fiorì
negli anni del mondo 3600 laddove Anfione che viveva nel tempo di
Periandro Corinthio nel 3240 avendolo preceduto di 360 anni , rendesi
più probabilmente autore del sovraccennato tono lidio . Osserva però

( 10) Galileo Galilei parlando di certe erronee opinioni della matematica nella conti-
nuazione del mondo sidereo nella lettera a Gallanzone Gallanzoni (Tomo 2º, cart . 84a)
dice : « ..., ma dubito che la sua maggior efficacia consista solamente nell'esser inveterato
nelle menti degli uomini, ma non già etc. e nelle carte 85 dice che fra le altre cose delle
proporzioni che corrono fra le quantità, alcune ci paiono più perfette e alcune meno, come
quelle che corrono tra i numeri più lontani e tra se primi, come di 11 a 7, 17 a 1353,
a 33 etc. ...; ma Iddio, senza riguardo alcuno delle nostre intese simmetrie li ha ordinati » .
(La presente nota si trova a pagina 15 del manoscritto : N. d. E.) .
(11) In Musica.
(12) In not. sup. Eucl., pag. 47 habetur : « Toni vocabulum pro modo in usum venit
antiquis, quod cum tres tantum initio harmonias seu modos haberent, nimirum dorium,
phrygium, lydium, bini proximi inter se distarent tono, idest superoctavo intervallo. Itaque
lydius tono acutior erat phrygio, phrygius dorio... Ceterum illam causam cur toni veteribus
adpellati sint, qui deinde etiam modi ex Ptolomaei Harmonicorum Lib. 11º, Cap. 10º ne
quis hic haesitare possit adscribam » ; e trascritta l'autorità di Tolomeo come sta nel greco,
la spiega poi in latino come segue : « Cum enim simpliciter tres illos antiquissimos, qui
vocantur dorius, phrygius, et lidius a gentium nominibus quae illis sunt usae, aut quam-
cumque aliam causam quis proferre voluerit, tonos inter se deinceps distantes supposuerint,
et propterea fortasse tonos eos nominarint».
(13) In Alexide.
(14) Nat. hist., lib. 7º, cap. 56.
(15) Strom., lib. 8º.

405
il Zarlino ( 16 ) e vuole che Plutarco (forse per esser stato tanto tempo
dopo Aristosseno ed altri musici scrittori , che numeravano i toni mo-
dali fino a 13 ed anche 15 ) dicesse essere essi tre solamente perchè li
considerava come principali , ed inoltre riflettesse che tre sole sono le
specie della quarta, dalle quali ne deriva la varietà dei toni modali .
Ai tre sovraccennati ne fu poi aggiunto un altro, cioè il misto-
lidio, onde di tre che erano sono divenuti quattro. Di questa opinione
è stato Luciano nella sua Harmonide ( 17) nonostante che fiorisse tanto
tempo dopo di quegli antichi istitutori dei primi toni modali , poichè fiorì
nel 300 dopo Cristo. Il mistolidio fu aggiunto ed inventato da Saffo, an-
tica poetessa di Lesbo, la quale per essere donna, non potendo accomo-
dare la sua voce al tono lidio , lo trasportò un semitono più alto dan-
dogli il nome di mistolidio, benchè a mio parere lo poteva chiamare
mistofrigio o mistodorio e anche dargli un nome che non avesse al-
cuna relazione con gli altri tre toni modali poichè riusciva affatto di-
verso da ciascuno di essi . Inoltre non manca chi attribuisce l'invenzione
del mistolidio a tutt'altri fuorchè a Saffo, mentre Clemente Alessan-
drino in Alexide ne fa autore Marsia; Plutarco in Musica coll'autorità
di un certo Lisia vuole che sia stato Lamprocle ateniese . Altri l'attri-
buiscono a Tessandro , ed altri finalmente a Pitoclide suonatore di trom-
ba: e forse quest'ultimo dice il vero, e per verità a me pare il più
probabile autore di tal tono, potendolo aver trovato dalla esatta osser-
vazione del suo strumento. Infatti essendo il tono mistolidio (se è vero
ciò che sopra si dice di Saffo) senza dubbio alcuno fondato nella corda e
ottava di F fa ut ; colla sua naturale lettura , per parlare con ter-
mini nostri , la qual lettura è quella sola fra le sette, che la tromba na-
turalmente produce ed eseguisce, parmi cosa necessaria ed infallibile
che Pitoclide piuttosto che altri ne sia stato l'inventore; quando però -
avendo noi dei motivi convincenti per questi ed anche per Saffo - non
volessimo concluder che ambedue si siano incontrati nello stesso pen-
siero, come sappiamo essere accaduto fra molti uomini dotti in merito
di molte invenzioni .

Luciano però non nomina fra i suoi quattro toni modali il mistoli-
dio : ma bensì aggiunge ai tre primi da tutti ammessi e nominati per
quarto il ionico, il quale forse sarà lo stesso che il mistolidio , e sarà
un sol tono con due nomi diversi; essendovene tanti altri di tal sorta

( 16) Istit. arm., lib. 4º, cap. 3º.


(17) Platone in Laibete, parla solamente del dorio, frigio, lidio e ionico benchè
lodi fra tutti il solo dorio, che chiama unico tono greco; e si osservi che i toni chiama
armonie.

406
come vedremo in appresso : infatti lo stesso mistolidio è chiamato lo-
crense da Giulio Polluce .
Platone anch'esso alcuna volta ( 18) ha dimostrato d'essere di que-
sta stessa opinione nominando anch'esso in quarto luogo il ionico in-
vece del mistolidio; benchè altrove ( 19) poi sostenga che sei sono i
toni modali che chiama armonie.
Apuleio che visse negli anni di Cristo 412 , ne numera cinque ( 20) ,
cioè, i tre principali : dorio, lidio e frigio ai quali poi aggiunge l'ia-
stio e l'eolio; e qui si deve osservare che alcuni chiamano l'iastio di
Apuleio col nome di ionio.
Tolomeo gli dà anch'esso il nome di iastio : ciò però nulla o poco
importa, atteso che nella favella greca l'ionio e l'iastio significano la
stessa cosa, a tal segno che la differenza si riduce ad una pura lite di
nome , causa di molta confusione senza portare utilità alcuna.
Aristide Quintiliano e Giulio Polluce (21 ) tutti e due seguendo la
sentenza di Platone (22) ammettono sei toni modali, con questa dif-
ferenza però che Platone e Giulio danno loro il nome di armonie, e
Aristide li chiama toni.
Il Zarlino dice che presso gli antichi musici vi erano sei specie
di armonia poste in uso le quali sono : doria, frigia , lidia , mistalidia
o locrense, l'eolica e l'iastica ovvero ionica ( 23 ).
Oltre questo si osservi che sebbene si accordino nel numero non
si accordano nel nome; infatti Platone ammette il dorio , il frigio, il
lidio, il mistolidio, l'ionico e il lidio acuto; mentre Giulio Polluce po-
ne per primi il dorio , l'ionico e l'eolio che chiama prime armonie, e a
questi poi aggiunge : il frigio, il lidio e il continuo come uno di quel-
li che servivano al suono dei pifferi.
Aristide poi ( 24) ammette : il lidio, il dorio, il frigio , l'iastio, il mi-
stolidio e il sintonolidio che si potrebbe anche chiamare lidio acuto.
Platone fiorì negli anni del mondo 3570 e Aristide negli anni di
Cristo 130 , cosicchè chiaramente si comprende che Aristide ha seguito
interamente Platone; poichè non v'è altra differenza se non che Ari-
stide chiama l'iastio quel tono che Platone chiama l'ionio, cosa che
per niente pregiudica le affermazioni fin qui fatte avendo noi sopra
osservato che tanto l'uno quanto l'altro nome significano la stessa cosa .

(18) In Lachete.
(19) In Repub., 3 .
(20) In Floridone, Lib. 1º.
(21 ) Al Lib. 2º, Cap. 22º.
(22) De Repub., 3º.
(23 ) Parte 1a , Cap. 14º, pag. 31 .
(24) Lib. 1º, De Musica.

407
Tolomeo vuole che sette siano i toni modali (25 ) dicendo alcuni
che in tal numero li restringesse sul riflesso che sette, e non più nè me-
no sono le ottave di lettura e specie diversa, e che perciò in ciascheduna
di esse uno dei suoi toni abbia racchiuso , chiamando ipodorio quello
che racchiude fra G sol re ut grave e G acuto; e così proseguen-
do ordinatamente chiama ipofrigio quello che pone fra A e A ; ipoli-
dio, quello che è fra B e B; e prosegue ponendo il dorio fra C e C ;
il frigio fra De D ; il lidio fra E e E ; e finalmente il mistolidio fra
fra Fe F.

Altri poi vogliono che ne volesse solo sette forse perchè aveva
ideato di accomodare a ciascuna sfera dei pianeti celesti uno dei suoi
nominati sette toni , cosa che molti altri avevano ideato di fare prima
di lui, come accenna Plinio, nella sua Storia naturale ( 26) .
Che anche Tolomeo avesse questa idea lo si desume dalle stesse
sue parole (27 ) ripetutamente (28) allorchè nominando il tono ionio ,
l'iastio-eolico, e l'ipermistolidio da Euclide chiamato iperfrigio, dimo-
stra che conosceva molto bene che vi erano altri toni modali diversi
dai sette sopra nominati . Tolomeo visse negli anni di Cristo 150 in
circa.

Si dice che Filosseno sia stato l'inventore del modo ipodorio e che
Damone Pitagorico abbia inventato l'ipofrigio , come pure che Polimne-
stre sia stato l'autore dell'ipolidio .
Ai sette toni modali di Tolomeo ne aggiunge un altro Severino
Boezio, che denomina ipermistolidio; e qui non debbo tacere che di
molto si ingannano quelli che dicono lo stesso Boezio di questo tono
essere stato l'inventore, poichè è stato tanto tempo prima nominato da
Aristosseno, da Marziano Cappella , Censorino , Cassiodoro ed altri .
Boezio poi, per quanto si può intendere, volle in materia di toni
modali seguire l'opinione di Tolomeo, come lo accenna egli stesso (29)
allorchè numerandoli nel tempo stesso li nomina dicendo : « ….. quorum
nomina sunt haec : « hipodorius, ipofrigius, hipolidius, dorius, frigius ,
lidius , mixolidius » . Ma dopo ( 30) gli pare di dovergliene aggiungere
un altro, considerando il fatto che le corde del sistema massimo sono
quindici, le quali formando otto intere e compiute ottave se sette so-
lamente fossero i toni modali, l'ultima di esse resterebbe in tal caso

(25) Harm., Lib. 2º, Cap. 10º.


(26) Storia naturale, Lib. 2º, Cap. 21º.
(27) Harm., Lib. 3º, Cap. 9º.
(28) Harm., Lib. 1º, Cap. 16° e Lib. 2º, Cap. 15º.
(29) In Musica : Lib. 40, Cap. 140 .
(30) In Musica, Lib. 4º, Cap. 16º.

408 ---
vuota ed inutile, come egli stesso dice (31 ) quando propone l'esempio
della doppia ottava (bis diapason) compresa nelle quindici corde so-
pranominate col mezzo delle prime quindici lettere dell'alfabeto e final-
mente conchiude con queste parole : « Relinquitur igitur , quae (dia-
pason) ut totus ordo impleatur adiecta est atque hic est octavus mo-
dus » .
Altri ancora prima di lui vi furono che ridussero ad otto il nume-
ro dei toni modali greci, ma a ciò si sono indotti per diversi altri mo-
tivi : cioè sul riflesso che l'ottava ha otto suoni, voci o corde che si vo-
glian dire : conformandosi in questo in certa maniera con Aristosseno,
il quale ridusse i toni al numero di tredici sul riflesso che l'ottava di-
visa in semitoni contiene 13 suoni o corde, come diremo parlandone
più diffusamente a suo luogo .
Nondimeno convien osservare che vi è questa differenza tra Ari-
stosseno e gli altri suddetti che sostengono otto essere i toni modali , che
questi hanno fondati i loro nelle corde diatoniche dell'ottava , laddove
Aristosseno non ha avuto a ciò niun riguardo.

Boezio fiorì e visse sotto l'imperatore Teodorico nel quinto secolo .


V'è stato poi anche chi ha voluto che i toni modali siano nove
e questi è Gaudenzio filosofo, il quale nel suo « Introduttorio » nomina
anch'egli : l'ipodorio, l'ipofrigio, l'ipolidio, il dorio, il frigio, il lidio ,
il mistolidio ed inoltre aggiunge negli esempi : l'eolio e l'ipoeolio: si
osservi però che talvolta chiama l'ipodorio col termine di comune e
talvolta invece lo chiama locrico o locrense : si tratta però sempre di
uno stesso tono con tre nomi diversi.
Gaudenzio visse e fiorì verso la fine del quarto secolo cioè circa
il 390 dopo Cristo .
Fiorì poi Aristosseno, e fu discepolo di Aristotile circa gli anni del
mondo 3630, e per la sua grande abilità e dottrina nella musica fu da
tutta la Grecia , che in quel tempo più che mai fu abbondante di uo-
mini dotti , col nome di principe dei musici onorato. Questi volle che
tredici fossero i toni modali, avendone aumentato il numero a tal se-
gno - come alcuni dicono sul riflesso che tredici suoni costituiscono
l'intera ottava divisa per semitoni, e soggiungono che a tale osserva-
zione fosse egli mosso dal vedere che dal tono lidio al mistolidio - in-
ventato come sopra si è detto da Saffo poetessa - vi era la sola differen-
za di un semitono.

L'opinione di Aristosseno fu abbracciata da moltissimi e principal-


mente da alcuni dei più celebri musici fra i quali uno è Cleonide a cui

(31 ) In Musica, Lib. 4º, Cap. 17º.

409
falsamente da Giorgio Valla è stato attribuito quel Trattato di Musica
di cui ne è autore Euclide ( 32 ) come ci dice Marco Meibomio.
Cleonide dunque parlando dei toni modali ( 33) ne numera tredici
giacchè cominciando dai più acuti e discendendo ai più gravi nomina :
l'ipermistolidio, due mixolidii, due lidii , due frigii, un dorio, due ipo-
lidii, due ipofrigii e l'ipodorio. Ad alcuni di questi poi attribuisce due
diversi nomi; ma giacchè questo può solo apportare molta confusione
preferiamo tacerne affatto .
Anche Angelo Poliziano fu della stessa sentenza ( 34) poichè as-
serisce appoggiandosi sulla sentenza di Aristosseno che i toni modali
sono tredici e ad essi dà gli stessi nomi loro attribuiti da Cleonide e si
discosta da questi soltanto quanto alla disposizione progressiva, giacchè
li numera ascendendo dai gravi agli acuti, mentre quegli discende da-
gli acuti ai gravi .
Seguaci di Aristosseno sono ugualmente stati anche Euclide ( 35 )
e Censorino ( 36) cosicchè tutti e due sostengono che i toni modali
sono tredici. Quegli fiorì circa gli anni del mondo 3690 e questi gli
anni 3730.
1
Finalmente il maggior numero dei toni modali della greca musica
si è quello che sostiene Marziano Cappella (37) che volle che quindici
siano, nominandoli però non toni , ma tropi, che lo stesso in sostanza
significa.
Fra i quindici però, cinque soli dice che sono i principali, e gli al-
tri sono divisi in plagii e autentici; questi sono i cinque più acuti ai
quali è preposta la particella hyper; quelli sono i cinque più gravi ai
quali è preposta la particella hypo; e questi ( 38) dieci collaterali deno-
mina. I principali sono in mezzo ai plagali ed agli autentici ( 39) .
I principali sono il lidio, l'iastio , l'eolio, e il dorio ; dei collaterali
ne aggiunge a ciascheduno di questi cinque coll'aggiunta di queste due
greche particelle : yper - che vuol dire sopra ed уро - che significa

sotto . Onde fa nascer accanto di ciascheduno dei predetti due altri

(32) EUCLIDE il Geometra è l'autore del Trattato di Musica. Egli fu posteriore al fi-
losofo di Megara dello stesso nome e fiorì al tempo di Tolomeo 1º , il quale dopo la morte
di Alessandro Magno nell'Olimpiade 115ª , 319 anni prima di Cristo cominciò a regnare
sugli Egiziani. Ita Clavius in commendatione Euclidis. Così pure riferisce Aristide Quin-
tiliano: Briennio ed Euclide (In Musica) .
(33) In Introduct. Harm., Cap . de Tonis.
(34) In Panepistemon.
(35) In Izagoge.
(36) De die natali ad G. Cerelium.
(37) In Musica, Lib. 9º, Cap. De Simphoniis.
(38) Nel manoscritto : gli altri. (N. d. E.) .
(39) Così ci attesta Vincenzo Galilei, pag. 56.

410
toni, cioè l'yperlidio e l'ypolidio, l'yperiastio e l'ypoiastio ; l'ypereolio e
l'ypoeolio, l'yperfrigio e l'ypofrigio,
l'ypofrigio , l'yperdorio e l'ypodorio, che tutti
insieme poi vengon ad esser quindici. Della stessa opinione è stato an-
che Cassiodoro (40), e sebbene altrove ne numera cinque soli (41 ) , sog-
giunge nondimeno che ogni tono ha l'alto e il basso, volendo inferire
che ciascun dei nominati toni ha i due collaterali nella maniera che
vuole il sovracitato Marziano Cappella . Fiorì Cassiodoro circa gli anni
di nostra salute 350 (42).
I Greci usavano alcune cifre per dimostrare e segnare le corde, e a
dir di Boezio anche per segnare il tempo lungo o breve. Cosicchè la ci-
fra di proslambanomenos era differente da quella di hintelipaton e dal-
l'altre; e simigliantemente la cifra di proslambanomenos del modo dorio
era differente dalla stessa del modo frigio e così le altre (43) .

(40) In Compend. Mus.


(41) Epist., Liber 2º ad Boethium.
(42) Anche Alessio nomina quindici toni con Cassiodoro e Marziano Cappella.
(43) Tul., P. 4ª, Cap. 8º.

411
CAPITOLO II.

Avendo terminato di narrare quanto basta per dare una cognizione

storica sufficiente dei toni modali dell'antica musica greca, è ormai


tempo di passare a trattare dei toni modali del canto ecclesiastico ( 1 )
che sopra abbiamo definiti toni corali semplici per distinguerli dai
corali resi armoniali, dei quali a Dio piacendo discorreremo immedia-
tamente dopo di questi.
L'antichità del canto nella Chiesa è ben nota a chiunque è un po'
istruito nella storia ecclesiastica (2) . Come pure è noto che Flaviano e
Diodoro monaci di Antiochia al tempo di Costanzo Imperatore ( 3 ) fu-
rono inventori del canto alternato nel salmeggiare in coro. Questa stes-
sa notizia ci viene ripetuta prima che da Teodoreto da Teodoro Mopsue-
steno. Queste attestazioni furono sottoscritte dal Card. Bona (4): So-
crate inoltre riferisce che S. Ignazio martire , il quale morì al princi-
pio del secondo secolo, fu il primo che nella Chiesa Orientale usasse le
Antifone (5 ) . Avendo poi alcuni preteso di smentire Socrate nei riguardi
di questa testimonianza, il nostro P. Pagi ne prese le difese (6) . Che
anche i pagani usassero cantare alternativamente, lo mostra coll'auto-

(1 ) Dell'antico uso della musica nella Chiesa abbiamo le testimonianze di S. Paolo


nella lettera ai Colossesi 3 e in quella agli Efesini 5. Aliis tamen modulis arte Graecorum
Ecclesiae, aliis Occidentales : Milliet.
(2) TEODORETO, Storia Ecclesiastica, Lib. 2º, Cap. 24°.
(3) L'Imperatore Costanzo visse al principio del quarto secolo : imperavit a die 9a
Sept. an. 337 ad diem 3 Novem. an. 361 : et Constantius Clorus Augustus a Kal. Maii
an. 305 et obiit die 25 Julii anni 306 .
(4) Lib. De divina Psalmodia, Cap. 16º .
(5) Historia Ecclesias., Lib. 9º, Cap. 10º.
(6) Ecco le parole di P. F. A. Pagi o.f.m. conv.: Ad an. Xsti 400 : « Ignatius Martyr
primum in Ecclesia Orientali Antiphonis initium dedit : Christiani enim prophanos genti-
lium mores in veri Dei cultum transferebant; et quod Socrates scribit, discere potuit a
scriptoribus, quorum opera ad nos non pervenere » .

412
rità di Omero (7) . L'opinione di Socrate del resto è confermata anche
da Tertulliano (8) il quale riferisce che Plinio II° essendo stato invitato
da Traiano imperatore ad esaminare la condotta dei primi cristiani ,
abbia risposto in questi termini : « Praeter obstinationem sacrifican-
di, et antelucanos cantus ad canendum cuidam Xsto ut Deo, nihil apud
eos reperivi » .
Appena che il canto ecclesiastico prese un po ' di vigore, gli furono
stabiliti e gli furono adattati dei toni propri.
Da principio essendo stati solo quattro i toni ecclesiastici , quat-
tro furono pure e dovevano essere le corde finali cioè : D E F G
e poichè era legge che : « Finiret tonus regulariter ubi sua diapente
sumpsit exordium . Omniumque tonorum modulationes regulariter pro-
priae diapentes initia suis pariter terminationibus adscripserunt » ( 9) .
I toni ecclesiastici inoltre avevano le loro corde confinali, le quali
così vengono descritte dal Gaffurio sopranominato : « Sunt et qui ir-
regulares dicunt singulorum tonorum modulationes, quum in suam con-
finalem chordam terminaverint : sunt enim quattuor confinales chordae
secundum se, octo tonorum combinationes. Est enim chorda confinalis
in quacumque manerie vox illa in qua diapentes formula terminatur
in acutum : hinc distat confinalis cuiuscumque toni a sua finali , inte-
gro diapentes intervallo . Namque primus tonus et secundus regulariter
terminatur in D la sol re , irregulariter in A la mi re ( 10 ) .
Ma siccome abbiamo osservato essere succeduto fra i Greci in or-
dine ai toni della loro musica, così pure è succeduto poi fra gli eccle-
siastici cristiani, cioè che da principio pochi furono ed indi , come lo
vedremo, sono stati fino al numero di dodici ragionevolmente accresciuti .
I toni ecclesiastici furono da principio, cioè al tempo dei primi
antichi Padri della Chiesa , al tempo di S. Ambrogio vescovo di Mi-
lano, che secondo il P. F. Ant. Pagi, nacque l'anno 340 e morì l'anno

(7) Queste sono le sue parole : «Viguit etiam apud ethnicos cantus alternatio, cum
Homerus : Ill . I. V. 604 musas alternatim cantantes describat.
(8) In Apologetico.
(9) Franch. Gaffur. Pract. Mus., Lib. Iº, Cap. 8º.
( 10) Franch. Gaffur. Pract. Mus., Lib. Iº , Cap. 8º, pag. 62. Gio . Maria Artusi nel-
l'arte del contrappunto, pag . 73 dice che le cadenze regolari sono quelle che si fanno
nelle corde estreme della propria diapason, e nella corda che divide detta ottava ed inoltre
nella corda che divide la quinta in due terze; onde dal primo e dal secondo tono, secondo
l'ordine loro fissato da Zarlino, saranno le cadenze regolari una in C sol fa ut che è
anche la finale e un'altra in G sol re ut che è la seconda sua corda regolare e un'al-
tra ancora in E la mi che è la terza sua corda regolare e così dicasi delle altre. Sog-
giunge poi : « Le cadenze irregolari sono tutte le altre, si facciano dunque dove si vogliono.
La stessa cosa è detta pure da Zarlino : P. 4ª, Cap. 18º, pag. 412 e a pag. 413 dice che le
corde finali e confinali delle salmodie si devono prendere dalla corda di mediazione e dalla
corda finale delle medesime.

413
397 , stabiliti in numero di quattro solamente che furono chiamati con
nomi greci : protos, deuteros, tritos, tetrartos, cioè primo, secondo, terzo ,
quarto, volendo che quattro soli fossero, perchè ebbero idea di for-
marne precisamente tanti quante sono le diverse specie di quinta. Di
questi quattro antichi toni ecclesiastici parla Franchino Gaffurio ( 11 )
e prima di lui ne ha parlato un certo abate Odo che viveva nell'anno
953 e scrisse un Dialogo.
Nel divario di tempo che passa tra questi due autori scrisse nello
stesso senso il famoso Guidone d'Arezzo circa nell'anno 1020 , come ri-
feriscono concordemente tutti quelli che trattarono questa materia e fra
questi l'eruditissimo Giovanbattista Doni ( 12) . Sappiamo poi che i pre-
detti quattro toni sono stati fondati nelle seguenti quattro lettere gre-
goriane : D E F G; e ragionevolmente m'induco a credere, che in
quei primi tempi che detti quattro toni furono istituiti, oltre la propria
quinta di ciascheduno non si stendessero le di loro cantilene. Uno dei
motivi che mi fa credere questo, è il fatto che nella loro istituzione ad
altro non si ebbe riguardo che alla diversa specie di quinta e non alle
diverse specie di ottave, che pure sono di maggiore importanza, giacchè
contengono in se medesime le diverse specie di quinte le quali sono
membri delle ottave.

Noi sappiamo inoltre che il canto dei primi cristiani era modestis-
simo ed umilissimo e con sì poca flessibilità di voce veniva eseguito, che
talora appena appariva che fosse un canto : come ci dice S. Agostino ( 13) .
Nè mi si opponga che nella Chiesa di Alessandria si usava il
canto orientale, e noi trattiamo piuttosto dell'uso di cantare nella Chie-
sa occidentale, giacchè la disciplina era comune ( 14) . Come però
in tutte le altre cose anche nel canto gli ecclesiastici si sono col tempo
scostati dalla semplicità dei primi cristiani, e tanto se ne scostarono
nel corso di cinque secoli , che quello stesso canto istituito dagli Apostoli
e dai primitivi Padri della Chiesa, per commuovere più facilmente i
cuori degli ascoltanti e mantenere l'attenzione e devozione di quelli che
assistevano ai divini Uffici , era alfin diventato il solo motivo di ogni di-
strazione e immodestia . Inoltre come da principio si usava nel canto

(11 ) In Pract. Musica utriusque cantus, Lib. Iº , Cap. 7º.


( 12) Compend. de gen. e modi. Capo 1º .
( 13 ) Conf., Lib. 10°, Cap. 33° : « Tutius mihi videtur quod de Alexandrino Episcopo
Athanasio saepe mihi dictum commemini, qui tam modico vocis fletu faciebat sonare lecto-
rem Psalmi, ut pronuncianti vicinior esset quam canenti » .
( 14) « Musica christiano Aevo maximo fuit in usu : quinimmo Graeci Ecclesiae mo-
dulos in Sacris admiserunt, ciendis affectibus, quorum suavitate ductus Ambrosius, illos in
Mediolanensi sua Ecclesia institui voluit, unde in reliquis Latinorum Ecclesias pervene-
runt» . S. G. in Pref. (Questa nota nel manoscritto è a pagina 27a di questa prima parte
del Trattato dei Toni Modali - N. d. E.) .

414
una flessibilità di voce quasi insensibile , così dopo i primi cinque se-
coli si estendevano le cantilene (i canti) fino alla bisdiapason ossia dop-
pia ottava con insoffribile sconciatura. Si verificò di bel nuovo dunque
nella musica ecclesiastica quanto della musica dei suoi tempi ebbe a
commiserare Orazio nella sua arte poetica ( 15 ) : « Posteaquam coepit...
vinoque diurno placari genius fastis impune diebus, accessit numerisque
modisque licentia major » .
Agostino il Santo che provò gli effetti di quella prima musica ec-
clesiastica - allorchè dimorava in Milano di fresco convertito da San-

t'Ambrogio, se ne esprime con queste dolcissime parole a nostra grande


confusione ( 16) :
« Quantum flevi in himnis et canticis tuis tunc sonantis Ecclesiae
tuae vocibus commotus acriter! Voces illae influebant auribus meis, et
eliquebatur veritas tua in cor meum et ex ea aestuabat affectus pietatis
et currebant lacrymae : et bene mihi erat cum eis » .
Ma allorchè dalla superbia degli uomini fu ridotto il canto ad un
segno tale che negletta la parola di Dio , all'abilità del cantante sola-
mente erano rivolti gli orecchi e il cuore degli ascoltanti, allora fu che
cominciarono i vescovi zelanti a sgridarne gli abusi . Quando poi per il
soverchio ascendere e discendere dell'ecclesiastiche cantilene produceva
il canto sconciature e disordini insopportabili , allora fu che vi volle
l'attenzione e sollecitudine dei Pontefici per far restringere l'acutezza
e gravità delle cantilene a certi discreti e determinati confini ( 17) .
Non è difficile intendere che l'eccessivo ascendere e discendere
delle cantilene ecclesiastiche producesse molti disordini e inconvenienti
giacchè sebbene l'estensione di quindici corde è quasi comune alla vo-
ce di qualunque uomo, tuttavia è certo che alcuni hanno la voce più
acuta e altri l'hanno più grave . Supposta dunque una tale estensione
nelle cantilene se si accordavano nel grave non si accordavano nell'acu-
to e se si accordavano nell'acuto , non si accordavano certamente nel gra-
ve, per sfuggire dunque tali inconvenienti e per rendere più soave e più
comodo per tutti il modo ecclesiastico di cantare, si pensò di restringere
l'ascendere e discendere di ciascun modo ad una sola ottava, non però
con tanto rigore che non si potesse ascendere sino alla nona e talvolta

(15) Versi 208-211 .


(16) Lib. Conf. 9º, Cap. 6º.
(17) Practica Musicae utriusque cantus Franch. Gaffur. Brixiae impressa per Ber-
nardinum Smisitam de Pagria anno salutis 1505 idibus sextilibus. Cap. 70, Lib. Iº : « At
octo ipsos Modos quos et Tonos vocant... quattuor maneriebus ecclesiastica distinxit aucto-
ritas. Namque primam maneriem dixerunt protum : secundam deuterum : tertiam tritum :
quartam tetartum; singulis ipsis « notate inquam» singulis ipsis diapasondiatessaron con-
ferentes; ita ut protus dorii atque hipodorii limites observaret terminos : et quae sequuntur» .

-415
fino alla decima corda ( 18 ) . Nonostante queste licenze : se la cantilena
non arrivava a toccare le otto corde prescritte si doveva considerare il
tono come imperfetto : se poi la cantilena percorreva l'intera ottava lo
si considerava come perfetto : se finalmente sorpassava l'ottava corda
toccando la nona o anche la decima, allora il tono si considerava più
che perfetto .
lo però in tali diversi casi considererei e chiamerei imperfette, per-
fette e più che perfette le cantilene e non il tono giacchè sia che le
cantilene non arrivino o giungano o sorpassino i confini prescritti , il to-
no rimane intatto e non subisce alcuna alterazione in se stesso.

Stabilita dunque la massima di restringere le cantilene in una sola


ottava e di moltiplicare nel tempo stesso i toni modali , avendo osser-
vato che ogni ottava è composta di una quinta e di una quarta come
di due membri, pensarono di ognuno dei predetti quattro toni di for-
marne due disponendo la quarta or sopra or sotto la stessa quinta e in
tal guisa con la medesima quinta e quarta formarono due toni ai quali
restava immobile e comune la quinta, mentre la quarta era posta sopra
la quinta in un tono e nell'altro disposta era la stessa quarta sotto la
quinta.
Si noti però che benchè una stessa quinta e una stessa quarta ser-
vano a due toni , tuttavia ad essi non è comune la stessa ottava giac-
chè uno è fondato in una ottava divisa armonicamente e l'altro in un'al-
tra ottava divisa aritmeticamente.
Lasciando infatti immobile la seconda specie di quinta che si trova
fra De A formarono il primo tono disponendo sopra detta quinta la
seconda specie di quarta che è fra A e D, onde il primo tono venne ad
essere fondato nella corda ed ottava di D. la sol re divisa armo-
nicamente ( 19) .
A formare il secondo tono trasportarono la suddetta quarta sotto
la stessa quinta che si suppone che debba essere comune ad ambedue
questi toni, onde questo secondo tono viene ad essere fondato nella
corda ed ottava di A la mi re divisa artimeticamente (20) .

(18) Franchinus Gaffurius in Practica Musicae utriusque cantus. Lib. 1º, Cap . 8º, sic
habet : « Mixtus Tonus dicitur, si autenticus est cum vel totum gravius sui placalis attigerit
tetrachordum vel duas saltem chordas. Imperfectus tonus sive autenticus, sive plagalis, est
non implens propriam diapason figuram, deficiens vel ex parte diapentes, vel ex parte dia-
tessaron, vel ex parte utriusque hunc proprie diminutum dicunt. Plusquam perfectum vero
seu superfluum putant tonum cum, si autenticus fuerit, ultra diapason notulam unam
aut duas diatonice ductas, tenuerit in acutum; cum autem plagalis fuerit tunc in grave» .
(19) e (20) Si veda l'esempio 3º, come pure il Capitolo Vo della Seconda Parte di
questo Trattato dei Toni Modali . Si tenga presente che tutti gli esempi del presente Trat-
tato dei Toni Modali sono del P. Giamb. Martini, giacchè il P. Vallotti non rifinì l'opera
sua [ N. d. E. ] .

416
Ecco dunque formati due toni diversi con una quinta comune ad
ambedue ed una quarta disposta or sopra or sotto la medesima quinta.
Si deve però osservare che i suddetti due toni si trovano fondati in due
ottave diverse soltanto mediante la diversa disposizione della quarta.
Mentre il primo resta fondato nella seconda specie di ottava ed il se-
condo nella sesta specie; cioè il primo nella corda ed ottava di D la
sol re , il secondo nella corda ed ottava di A la mi re . La pri-
ma ottava divisa trovasi armonicamente, la seconda aritmeticamente; e
così col metodo stesso si prosegue nella formazione degli altri sei toni .
Ma poichè si sono motivate più di una volta le due divisioni armonica
ed aritmetica dell'ottava, non è più da differirne la spiegazione, almeno
per quanto riguarda la pratica .
Le principali divisioni che i matematici considerano sono tre : l'arit-
metica, la geometrica e l'armonica le quali con poche parole sono state
felicissimamente spiegate da Plutarco (21 ) . Ecco le sue parole :
« Tres sunt medietates unde omnis mediocritas aestimatur aritme-
tica, harmonica, geometrica. In prima aequalis est numerus quo se in-
vicem excedunt excedunturque termini . In tertia eadem fit proportione :
in media neque proportione, neque distantia eadem termini sese con-
sequuntur» .
Ciò supposto io non voglio lungamente discorrerne : ma dirò solo
quello che riguarda la pratica nei riguardi dell'ottava.
Essa si dice che è divisa armonicamente quando è divisa così che
la quarta sta sopra la quinta; se al contrario la quarta si trova disposta

sotto la quinta allora tale ottava è divisa aritmeticamente .


Dato poi che la divisione armonica è la più perfetta delle due,
perciò i toni modali che sono fondati nelle ottave divise armonicamen-

te furono chiamati principali pari, primarii e autentici, mentre quelli
che sono fondati nelle ottave divise aritmeticamente furono chiamati :
obliqui, impari , plagali e collaterali ( 22) .
Ritorniamo ora nuovamente al nostro discorso.

Siccome dissi che dal primo tono chiamato protus se ne formarono


due nella maniera e forma dimostrata, ne viene in conseguenza che il
tono chiamato deuterus perchè fra i quattro era il secondo, sia poi dive-
nuto terzo; onde presa l'ottava di E la mi considerandola armoni-
camente divisa ne fu formato il terzo tono (23) E con lo stesso ordine

(21 ) In Musica.
(22) Franch. Gaffur. Pract. Musicae utriusque cantus. Lib. 1º, Cap. 70 : chiama gli
autentici : « Impares, autentici et duces» e i plagali : « Pares, collaterales et comites» .
(23) Si veda l'esempio 3º.

— 417
27 . Trattato della Moderna Musica.
che fu formato il secondo dal primo, fu anche da questo terzo formato
il quarto tono nella ottava di B fa mi aritmeticamente divisa (24) .

Con lo stesso ordine poi si proseguì alla formazione del quinto e


del' sesto tono , giacchè quello fu fondato nell'ottava di F fa ut di-
visa armonicamente ed il sesto nell'ottava di C sol fa ut divisa
aritmeticamente; ed ecco che il tono che primitivamente era il terzo e
veniva chiamato tritos è divenuto quinto come quello che era quarto e
veniva chiamato tetrartos è divenuto settimo : giacchè presa l'ottava di
G sol re ut divisa armonicamente ne formarono il settimo tono, e
nell'ottava di D la sol re aritmeticamente divisa fu fondato l'ot-
tavo tono .

Ecco dunque la maniera con cui furono moltiplicati fino al nu-


mero di otto i quattro toni modali del più antico canto ecclesiastico . I
predetti quattro toni furono in uso presso la Chiesa latina per ben 230
anni giacchè fondati dai primi Padri che fiorirono sotto la direzione
di S. Ambrogio circa l'anno 370 dopo Cristo, durarono fino al ponti-
ficato di S. Gregorio Magno cioè all'anno 590 , pontificato che durò 13
anni, sei mesi e dieci giorni : nel qual tempo i quattro toni modali del
canto ecclesiastico latino ambrosiano furono moltiplicati fino al numero
di otto, come sopra si è detto. Di tutto ciò ne fa fede il P. Francesco

Antonio Pagi O.F.M. Conv. ( 25 ) dicendo : « Cantum autem ecclesiasti-


cum adinvenit, S. Greg. M. quem ab ipso gregorianum nuncupamus
progredientem per certos limites et terminos tonorum, quos modos et
tropos vocant musici, et octonario numero definiunt secundum natura-
lem generis diatonici dispositionem >> .
E' inoltre da sapersi che nella detta moltiplicazione dei toni sono
andate in desuetudine le denominazioni di quei primi quattro, e ciò con
tutta ragione avendo noi osservato che il secondo di quelli è divenuto
terzo, il terzo quinto, ed il quarto settimo per cui non è più loro possi-
bile conservare la denominazione di deuteros , tritos, tetrartos, che vuol
dire secondo , terzo , quarto : e abbandonate queste denominazioni greche
li hanno chiamati secondo il nuovo ordine terzo , quinto e settimo.
Ora che tanto ho detto dei toni modali e dei toni ecclesiastici
mi sembra necessario dimostrare al mio lettore la differenza che passa
tra gli uni e gli altri .
Dovendo prima di tutto parlare dei greci , ciascun autore che ne
ha trattato ci dimostra ed insegna che i toni greci non fossero altro che

(24) Idem.
(25) In brev. Hist. crit. Cron. ad an . 590 in vita S. Greg. M., numer. 68º.

418
certe determinate forme di melodia contenute sotto un determinato
e proporzionato ordine, numero e metro di sonorità secondo la materia
contenuta nell'orazione : onde in poche parole i loro toni non erano
altro che delle cantilene che noi diremmo arie, sotto le quali si cantavano
le poesie che a ciascuna di quelle convenivano.
Perchè poi le varie nazioni con le inclinazioni diverse hanno an-
che diversa maniera di cantare : diversità che osserviamo anche noi

oggi fra gli Italiani, Francesi, Tedeschi , Spagnoli ed altri , perciò dalle

diverse stirpi i Greci denominarono il loro toni : dorio , frigio , lidio,
iastio, eolio, etc.
I toni ecclesiastici al dire di Zarlino (26) consistono in una certa
forma o qualità di armonia che si trova in ciascuna delle sette specie
della diapason le quali tramezzate armonicamente ci danno sei modi
principali ed autentici : dai quali poi nascono i loro collaterali attra-
verso la divisione aritmetica e si chiamano anche plagali o placali .
Sarebbe già tempo di passare a discorrere dei toni modali eccle-
siastici corali resi armoniali ; il fatto però che non viene comune-
mente fatta una data osservazione, causa gravi e grandi errori per cui
non posso fare a meno di non differirne alcun poco di tempo la trat-
tazione.

Stabilito da S. Gregorio Magno, come abbiamo detto, il numero


degli otto toni e prefisse per ciascuno le sue particolari regole , furono
tosto formate certe arie o maniere di cantare adattate alla natura di cia-
scun tono.
Il Zarlino queste le chiama salmodie (27) e altrove (28 ) dice che
Leone II compose il canto dei Salmi : cioè ritrovò le loro salmodie o
a vero dire il modo con cui si cantano e nello stesso tempo applicabili
a qualsivoglia Salmo, onde replicandosi alternativamente dalle due parti
del coro si potesse salmeggiare.
Ecco dunque l'osservazione : queste otto arie vengono si chiamate
comunemente, ma però abusivamente col nome di toni , quasi che esse
fossero gli stessi toni modali : mentre altro non sono se non diverse
cantilene, formate soltanto per salmeggiare in coro con minor incomodo
e più leggiera fatica : mentre i toni sono veramente « certe determinate
regole secondo le quali si devono formare le varie cantilene »> .
Con queste osservazioni non si confonderanno i toni modali ec-
clesiastici con le modulazioni corali dei Salmi , o si tratti dei toni corali

(26) Ist. Harm., Parte 4ª, Cap. 1º.


(27) Istit. Harm., Parte 4ª , Cap. 15º.
(28) Ibidem., Cap. 4º, pag. 287.

419
semplici, ovvero dei toni corali resi armoniali ; onde ciò supposto avendo
abbastanza parlato di quelli per quanto richiede la cognizione pura-
mente storica, cominceremo ora a trattare di questi ( 29).

(29) Si può credere che prima del 1000 vi fosse già una musica diversa dal canto
fermo giacchè il Gaffurio nel Libro 3º, della sua « Practica Musicae» , Cap. 15º dice :
«Displicent plerique impudenter cantantes quibus se aextimant placituros. Haec etenim
potissima fuit causa cur, relicto florido ac mensurabili cantu, Guido ipse ad ecclesiasticam
se contulit modulationem » .

420
CAPITOLO III .

Non v'è persona che sia mediocremente istruita nella storia della
musica che altresì non sappia che la musica dei Greci è sempre stata
ornata di pura sonorità, poichè non ammettevano più parti al confron-
to l'una con l'altra; e se pure molti cantavano insieme la stessa cosa ,
cantavano certamente all'unisono ovvero all'ottava ( 1 ) .
Quando poi il canto era accompagnato da qualche strumento : o
questo si suonava alternativamente in forma di ritornello, per parlare
secondo l'uso nostro, ovvero se accompagnava il cantante nello stesso
tempo che cantava, si suonava la stessa aria all'unisono o all'ottava e
niente più .

Quando gli antichi musico teorici definiscono la consonanza , ben-


chè la definiscano rettamente, non pertanto ne segue che fra gli an-
tichi vi sia stato contrappunto . Questo è il comune sentimento
di quanti mai tale materia hanno esaminato, fra i quali principal-
mente il Zarlino ( 2) , Vincenzo Galilei (3 ), Perrault (4), Brossard (5),
Platone ( 6 ) e S. E. il Signor Benedetto Marcello ( 7) .
Ed essendomi io trovato in Castelfranco nell'Ottobre del 1733 in
casa del Signor Conte Jacopo Riccati, insigne ed eruditissimo matema-

(1 ) Zarlino prova che la musica degli antichi non è stata armonica e lo conferma al
Cap. 140 della 2ª Parte e al Cap. 79° della 3ª parte e al Cap. 8º della 4ª Parte.
Perrault : Musique des Anciens. Lib . I , pag . 269 : esprime lo stesso sentimento con
queste parole : « Les anciennes par l'harmonie n'entendent autre chose que l'ordre de plu-
sieurs sons, qui se suivent, et non pas le melange de plusieurs sons, comme nous l'en-
tendons » .
(2) Istitut. Harm., Parte Iª, Cap. 4º.
(3) Della musica antica e moderna, pag. 36 e 101-104.
(4) De la musique des anciens.
(5) Diction. de la musique.
(6) Lib. 3º de Legibus.
(7) Prefazione dei Salmi. Tomo 1º.

- 421
tico, l'udii con molta e pellegrina erudizione a provar lo stesso, dicen-
do fra l'altro così, che allorquando alcuni scrittori sembrano asserire
che la musica dei Greci sia stata armoniosa , ciò si deve intendere non
dell'armonia, che nasce dall'attuale confronto di più parti o suoni di-
sposti in armonia , ma bensì soltanto dell'armonia che nasce dal risuonar
delle voci o strumenti : la qual sorte di armonia si scorge più sensibil-
mente che in ogni altro strumento nel clavicembalo allorquando i sal-
tarelli non sono armati del solito panno intrecciato . O al più parlano
di quell'armonia che si fa col bordone suonando una voce sola nel
grave, mentre nell'acuto si va suonando ( 8 ) qualsivoglia corda, e si suona
qualsivoglia cantilena : la qual maniera e forma di armonia che per esse-
re molto semplice è probabile assai che fosse conosciuta ed esercitata (9) .
Circa il canto ecclesiastico sia esso ambrosiano o gregoriano, non v'è
chi abbia dubitato che egli sia mai stato ornato e rivestito di pura so-
norità, quale trovasi essere al presente non ammettendo confronto di
diverse parti .

Questo è però vero ed indubitato che il canto figurato , ossia la mu-


sica armonica che ora abbiamo in uso deve unicamente la sua origine
al canto fermo : come con molta facilità può comprendere chiunque
osserverà che il canto fermo è indipendente affatto dalla musica armo-
nica e non così questa da quello. In poche parole l'armonia suppone le

cantilene, non già queste suppongono quella, perchè il numero armo-


nico resta sempre appoggiato al numero sonoro ma non il sonoro all'ar-
monico : e per finirla il numero armonico aggiunge ricchezza e orna-
mento al numero sonoro, ma il numero sonoro è un appoggio necessario
del numero armonico ( 10 ) .
E' comune opinione che il cantar in armonia cominciasse ai tempi

(8) Nel MS.: cercando [N. d. E.] .


(9) Olimpo Frigio inventore del genere enharmonico trasferì di Tracia in Grecia il
cantare in consonanza (alla tibia) . Vedi il Gal. cart. 103. La qual cosa intendo del cantar
l'istesse arie all'unisono o all'ottava o col bordone. « Quod in Vitruvio harmonicum vides,
enharmonicum intellige; vel enim harmonicum et enharmonicum genus pro eodem ponitur,
vel (quod verius puto) enharmonicum pro harmonico reponendum est » . Vide Buleng. lib.
2º, cap. 4º. Harmonica musica proprie accipitur de cantu vocali ut Isidorus vult. Pappus
et Cleonidas mixtum ex enharmonico, diatono et chromato repererunt. Ita Philo Judeus,
lib. 4º . (Questa nota si trova nel MS. a pagina 22 di questa stessa prima parte del trat-
tato) [N. d. E.] .
( 10) Secondo Zarlino i Greci nelle loro cantilene ecclesiastiche non si servivano delle
cifre descritte da Alipio e da altri, ma bensì di altri caratteri nuovi inventati da S. Gio-
vanni Damasceno il quale li accomodò alle cantilene ecclesiastiche greche di maniera che
non significavano le corde, come facevano i nominati caratteri o cifre, ma dimostrano
l'intervallo che si ha da cantare ascendendo o discendendo.
Istitut. Harm., Parte 4ª , Cap. 8° : Seneca Epistola 84a ha queste parole : « Ex pulpito
omne tibiarum genus organorumque consonuit, fit concertus ex dissonis » .
Come si vede da quest'ultime parole sembra che già in quei primi tempi vi fosse non

422
di Guidone d'Arezzo e prima di quei tempi non certo, ma bensì piut-
tosto molto dopo, cioè circa l'anno 1353 allorchè Gio . De Murris ebbe
inventate le figure musicali onde fu detto canto figurato dalle diverse
figure cantabili.
Lo stesso Guidone fu il primo inventore del solmizare, e il Ga-
lileo ( 11 ) afferma che i Greci allorchè erano principianti nel cantare
ululassero piuttosto che cantare, giacchè il nome dei loro intervalli erano
troppo lunghi per far ciò : come ad es . proslambanomenos, tritediezeug-
menon.
Il solmizare ebbe principio all'inizio dunque del secolo undecimo
e prendo motivo a confermarmi in questo parere da una congettura de-
dotta dallo stesso nome di contrappunto .

Fu S. Gregorio M. che nel 590 in circa per facilitare il canto ec-


clesiastico, pensò di applicare le prime sette lettere dell'alfabeto latino
ad altrettante righe, sopra le quali si andavano disponendo dette lettere
per dinotare i diversi gradi di grave o di acuto; e aveva stabilito che fra
l'una e l'altra di dette lettere vi fosse l'intervallo di un tono graduale,
fuorchè fra Be Ce tra Ee F, in cui vi stabilì l'intervallo di un semi-
tono . Una tal maniera e invenzione durò fino all'anno 1030 in circa,

J
,
E UOA E Ec.ce nomenDomini

EU OU AE Ec_ce no_men Do.mi . ni

Esempio 20

poichè in quel tempo appunto Guidone d'Arezzo , dopo aver pubblicato


il suo Micrologo, non solo inventò la maniera di solmizare che dura
fino al presente, ma inoltre pensò di scegliere dal numero delle sette,
tre sole lettere gregoriane, una delle quali disposta al principio delle ri-
ghe indicasse la posizione ed il sito delle altre, onde le dette tre lettere
che sono : FCG furono chiamate chiavi musicali. Le dette tre let-
tere gregoriane sono state prescelte nel confronto delle altre per servir

solo armonia nella musica, ma che vi fosse già introdotto l'uso delle dissonanze, benchè l'uso
di queste fosse da principio molto rozzo, come si può dedurre da alcuni canti ecclesiastici
ambrosiani riferiti dal Gaffurio nella sua Practica musicae utriusque cantus.
( 11 ) VINCENZO GALILEI, Dialogo della musica antica e della musica moderna, pag. 99.

423
di indice o chiave delle rimanenti, perchè sono le iniziali dei tre diversi
canti : di natura, bemolle, bequadro e di ciascun tetracordo ( 12) . Per
la formazione delle cantilene disposta che aveva una delle dette tre let-
tere al principio delle righe, si andava servendo in appresso di tanti
punti invece di lettere nella maniera che si vede nell'esempio 2° ( 13 ) .
E che detti punti fossero disposti tutti sopra le sole righe, o sopra
le righe e anche negli spazii come ora noi disponiamo le nostre note,
ciò poco importa. Il valore delle note e delle cifre della musica dei
Greci era manifestato solo dalla diversità dei piedi lunghi e brevi e dal-
la diversità del verso sopra delle quali erano accomodate ( 14 ) .
Boezio ( 15 ) dice che tali cifre ponevano raddoppiate una sopra
l'altra e le prime sovraposte erano le note o caratteri che appartenevano
all'ascendere o al discendere; le seconde poi segnavano le percussioni
cioè il tempo lungo o breve ( 16) .
Come i Greci , cantando molti assieme, si accordassero senza co-
rago ossia battitore si può in parte comprendere dal remigare dei ma-
rinai, dal battere dei fabbri e del pestadroghe a Rialto o molto più
dalle parole che usa Plutarco nella vita di Demetrio a proposito di Le-
nofanto Tibicine come ci dice Vincenzo Galilei a carte 102 ( 17) .
Guido costumò insegnare il canto fermo con quattro sole righe,
perchè non si ascendesse o discendesse più di otto o nove voci .
I moderni hanno aggiunto la quinta riga per comodo del canto
figurato come riferisce il Berardi ( 18) .
E' ben da sapersi che tal maniera di scrivere la musica durò fino
all'anno 1353 in circa, nel qual tempo il famoso Gio. De Murris, fran-
cese, insigne matematico, avendo inventato le figure musicali che ora

(12) VIDE OZANAN in Diction.


(13 ) Ex Guidonis Arretini Bibloth . S. Mariae Novellae Florent. Ordin . Predicator.
( 14) ZARLINO, Istitut. Harm., Parte 4ª , Cap. 8° . Milliet autem sic habet quoad haec
« Musica_rithmica ea est quae observat varias in quocumque sono moras, et quasi prolationes
seu ut vocant ad mensuram et numeros canit » . Milliet in De progressu matheseos etc.
(15) Nel Lib. 4º de Musica, Cap. 3º.
(16) ZARLINO, Istitut. Harm., Parte 4ª , Cap. 8º .
( 17) Gli antichi autori del canto fermo hanno usata la linea retta che abbraccia le
cinque linee, colla quale noi musicisti distinguiamo una battuta dall'altra, per indicare un
luogo comune per respirare nel canto. Di questa così parla il Gaffurio nella sua Practica
musicae utriusque cantus, Lib. Iº , Cap . 8º : « Est etiam consideranda distintio in tonorum mo-
dulationibus... Haec autem per neumas declaratur. Neuma enim est vocum seu notularum
unica respiratione pronuntiandarum aggregatio. Neuma graece, latine nutus solet inter-
pretari. Describunt enim notatores in Antiphonis et Nocturnis, Responsoriis atque Gradua-
libus ipsam certa linea in modum pausae cantilenas terminantis omnia linearum intervalla
complectente : distinctiones dividentem qua quidem innuunt vocis ipsius respirationem etc. » .
Di questo neuma parla anche Zarlino nelle sue Institutiones Harmonicae, Parte 3ª,
Cap. 530 e soggiunge a pagina 269 che talora si pongono semplici e talora raddoppiate.
(18) Miscellanea musicale, Parte 2ª, Cap. Iº, pag. 56.

424 —
usiamo , essendo altresì state abbracciate dai più chiari musicisti di quei
tempi come : il Tintore, Francone, Filippo da Caserta , Anselmo da Par-
ma , Fisifo e Prosdocimo di Beademaldo padovano e fu abbandonata la
maniera di scrivere coi punti .
Ora ciò supposto, assolutamente dico che nel tempo preciso in cui
i punti si usavano si incominciò altresì a scrivere in armonia , e dal con-
fronto che si faceva delle consonanze per mezzo dei punti medesimi ,
fu denominata contrappunto l'arte di comporre in musica. Quando poi
tralasciato l'uso dei punti incominciarono i musici a valersi delle musi-
cali figure ritrovate dal De Murris, allora fu anche detto canto figurato
ogni cantilena che posta a fronte di un'altra producesse una regolare
armonia, ed al presente ancora ambedue i nomi conserva di contrappun-
to e canto figurato : abbenchè in oggi più comunemente vien denomi-
nato musica ogni canto di più voci, o di voci e strumenti , ed il canto ,
puramente canto fermo o canto piano vien chiamato .
Si osservi però che l'uso delle note deve essere assai più antico di
quello che comunemente si dice giacchè vedo che il S. Venerabile
Beda ( 19 ) apporta note quadrate con coda e senza, obblique di diversa
figura e a tutte attribuisce il proprio valore di lunga, breve, semibre-
ve etc. Sette note sono sopra le righe o negli spazii che fra esse si ritro-
vano, onde molte invenzioni vengono attribuite a Guido d'Arezzo, a
Gio. De Murris ed altri, le quali ad altri molto più antichi autori con
verità attribuirsi debbono .

Stabilito dunque il tempo, in cui principiò il canto in armonia (20)


convien ora parlare, giusta la promessa dei toni corali resi armoniali,
giacchè sebbene gli stessi toni modali sono tanti i corali semplici , quanto
i corali resi armoniali , nondimeno assai diversamente da quelli questi si
considerano.

Infatti nel canto fermo si considerano soltanto la particolare lettu-


ra dell'ottava in cui ciascuno è fondato e l'estensione delle corde verso
l'acuto o verso il grave : mentre nel canto figurato si richiedono tante
altre osservazioni, oltre le accennate, come vedremo adesso e poi più dif-
fusamente nella seconda parte del Trattato .

Si deve osservare che presso i Greci è frequente il nome di armonia,


benchè con questo termine non intendessero quanto noi presentemente

( 19) In « De Musica quadrata » , Lib. II .


(20) Quanto al canto unito all'armonia abbiamo questa testimonianza del Calmet nella
sua Dissert. sur Lamnazeach, et Sela 1723 : Ce fut un hommé Stratonicus quil inventa
assez tard la tablature (Tablature significa piuttosto i caratteri musicali , qui però significa
il cantare in armonia); le chant ne s'appresoint que par l'usage, et en écoutant chanter le
Maître : a peu pres comme on ensigne encore ausurdhui les enfans dans la Turquie » .

— 425
intendiamo, cioè il confronto di più intervalli consonanti o dissonanti
come dice chiaramente il Perrault (21 ).
Inoltre come riferisce il sopracitato autore i Greci avevano sei ge-
neri di musica ( 22) .
Poichè è certo che il canto figurato ebbe la sua origine quattro e
più secoli dopo la restaurazione ed illustrazione fatta da S. Gregorio M.
nel canto ecclesiastico ed in tempo appunto che non più quattro, ma
bensì otto si numeravano nel canto fermo i toni modali; certissimo si è
altresì che otto sono stati fin da bel principio i toni modali del canto
figurato, cioè quelli stessi che da S. Gregorio Magno furono per il canto
fermo istituiti (23 ) .
Perchè poi il canto figurato dal canto fermo abbi preso ad impre-
stito i toni modali non è cosa da meravigliarsi , qualora si rifletta che uni-
camente al canto fermo deve la sua origine il canto figurato : onde se
uesto da quello ha ricevuto tutto ciò che ha ed è, fuorchè il confronto
questo
di più parti che nel canto fermo non si dà , poteva anche valersi dei suoi
toni modali . Anzi, se ben si considera la cosa in se stessa, così doveva
farsi e non altrimenti, non solo perchè allora il canto figurato non aven-
do toni modali proprii, doveva per necessità valersi di quelli del canto
fermo, ma inoltre perchè in quei primi tempi non vi era alcuna diffe-
renza fra il canto fermo e il canto figurato eccettuato il fatto che il
canto figurato mediante il confronto di più parti produceva l'armonia ,
mentre il canto fermo essendo sempre di sua natura privo di tale con-
fronto, non era atto a produrre che sonorità (24 ).
Il canto figurato dunque si appropriò gli otto toni modali del canto
fermo con tutte le rispettive leggi , che seco portano cioè tutte le leggi
annesse.

Ma siccome fra le leggi degli ecclesiastici toni una delle principali


si è che non debbano, più di uno o due gradi , eccedere nell'acuto o
nel grave i limiti e confini a ciascheduno prescritti nella propria ottava ,

(21 ) Perrault, De la musique des Anciens, pag. 296 : « Selon l'idée que nous avouns
de la musique, nous n'appellons point musique quand une seule voix chants ; et quand
plusieurs entonent un même chant nous n'appellont point aussi cela harmonie. Cependant
les anciens par harmonie n'entendent autre chose que l'ordre de plusieurs sons, (Aristides,
Lib. Iº ) qui se suivent et non pas melange de plusieurs sons comme nous l'entendons, ainsi
qu'il sera expliqué ci - apres » .
(22) Perrault nella stessa opera alla stessa pagina 296 porta questa affermazione rife-
rendosi alla relazione che ne fa Proclus sur l'Harmonie de Ptolomaei.
(23 ) Si veda la nota 31 [ N. d. E.] .
(24) Dagli ultimi versetti del canto nono del Purgatorio di Dante, sembra che fino
ai suoi tempi fosse in uso il cantare con organo, cioè mescolando la voce dei cantanti col
suono dell'organo; nondimeno Landino nel suo commento parla invece del cantare alter-
nativamente fra coro ed organo, onde un verso si intende e l'altro no. Questo commento
si accorda col costume di quei tempi .

426 -
perciò rendevasi impossibile l'esecuzione di simil legge nelle diverse
voci che in armonia si dispongono nel canto figurato , attesochè il con-
tralto, come ognun vede , ha nell'acuto cinque corde meno del soprano,
e nel grave poi ne ha cinque di più; lo stesso succedendo al basso in
ordine al tenore. Visto questo gli armonico-pratici di quei primi tem-
pi si studiarono di conservare in qualche maniera la stessa legge
anche nei contrappunti obbligando le sole cantilene del tenore ai
confini rigorosamente prescritti a ciascun tono modale; ed avvalorarono
la loro legge con la considerazione che essendo la parte del tenore,
tra tutte le altre, la sola voce naturale perciò il solo tenore dovesse esser
ristretto fra gli assegnati limiti ; onde ne viene in conseguenza che chi
dal solo ascendere o discendere della cantilena vuol scoprire di qual
tono sii alcun componimento corale armoniale deve esaminare la sola
parte del tenore, che guida e regge il tono in ogni componimento onde
ebbe a dire il dotto faceto poeta mantovano D. Teofilo Folengo , detto
Merlin Coccai : Tenor est vocum rector vel guida tonorum (25 ) . Non
è però così fatale e precisa cotal legge che alcune volte altrimenti non
succeda. Infatti occorrendo che alcun contrappunto fosse appoggiato a
qualche ecclesiastica cantilena, in tal caso dalla voce o parte, cui ap-
propriato fosse detta cantilena regolarsi deve chiunque rilevar desidera
di qual tono sii un cotal componimento, e se al tenore appoggiate fos-
sero, dal tenore si deve prender norma; se poi alla voce del basso fos-
sero destinate dal basso altresì per lo stesso fine regolarsi deve , e la ra-
gione si è perchè in tal caso l'unica guida del tono si è il canto fermo
sopra il quale è lavorato il contrappunto . Abbiamo esempi del-
l'una e dell'altra maniera in Costanzo Porta, Cristoforo Horales,
Matteo Asola, Adriano Willaert, Palestrina ed altri dalle di cui opere
si può esaminare con la pratica alla mano la verità di quanto or ora di-
cevasi . Sovvienimi d'aver poco fa detto che il contralto ha nell'acuto cin-
que voci di meno e nel grave cinque voci di più del soprano etc. , la qual
cosa, a mio creder non abbisogna di prova poichè ognun vede che es-
sendo la chiave di C sol fa ut disposta nel contralto una quinta
più verso l'acuto , che non nel soprano, deve il contralto aver nel grave
cinque corde le quali non può aver il soprano; ed il soprano per l'oppo-
sto deve aver nell'acuto cinque corde, che non può aver il contralto; tanto
più ciò si verifica in pratica quanto che era invalsa una legge fra gli
armonico- pratici, che nei toni corali hanno scritto, la quale fra noi non
si osserva perchè avendo altri toni ed altre leggi per modulare i com-
ponimenti nostri onninamente a noi non appartiene . La legge dunque

(25) Macaronea Ventesima, v. 169.

427
che essi avevano si è che dovevano restringere le loro cantilene nei con-
fini delle consuete cinque linee, ed in niun conto nè in niun caso gli
era permesso d'aggiunger altre righe sopra o sotto le cinque consuete .
La ragione poi per cui tal legge si facesse da principio è chiara, perchè
sebbene il solo tenore era obbligato a osservare nelle di lui cantilene
i limiti della prescritta ottava armonicamente o aritmeticamente divisa;
nondimeno anche le altre parti volevano che avessero i suoi confini pre-
scritti e limitati; primamente acciò che fosse ciascheduna parte o voce
ristretta in certo numero di corde le più connaturali, e inoltre acciò
che ciascuna parte avesse qualche correlazione o prossima o immediata
al tono modale, anche in ciò che riguarda i confini della cantilena. La
qual cosa acciò meglio s'intenda, convien ricordarsi aver noi detto poco
fa che essendo da prima quattro soli , i toni ecclesiastici , fino al numero
di otto si sono di poi accresciuti mediante l'armonica ed aritmetica di-
visione dell'ottava, onde di ciascheduno dei primi quattro due se ne
sono formati, uno che si chiama autentico o principale e l'altro plagale
o collaterale. Ciò supposto non v'ha dubbio alcuno che non siavi fra
l'autentico e il plagale una intrinseca relazione, e per così dire , anche
stretta cognazione, quale trovasi tra due cose che da uno stesso prin-
cipio derivano. Ritornando ora al nostro proposito si osservi che cia-
scheduna parte o voce ha relazione al tono modale , o mediata o imme-
diata, anche per ciò che riguarda i confini delle cantilene; imperocchè
se il tono è autentico , assieme con il tenore anche il soprano passeggia
per le stesse corde e modula l'autentico, ed il contralto col basso modu-
lano il di lui plagale : se poi per lo contrario il tono è plagale, il con-
tralto e il basso modulano l'autentico , modulando il soprano col tenore
il plagale. E' però ben vero che non sono quanto il tenore, le altre parti
obbligate al rigore della legge, mentre possono queste sorpassare i sud-
detti confini senza errore, purchè non vi si aggiungano altre righe; lad-
dove il tenore essendo parte principale deve stare rigorosamente al pre-
scritto della legge , fuorchè, ( come si disse ) in caso d'obbligazione di
canto fermo ad altre parti destinato, poichè allora la parte, cui era ap-
poggiato il canto fermo è veramente la parte principale, e non il tenore;
delle quali cose tutte abbiamo esempi del Palestrina ( in Missa « Ecce Sa-
cerdos Magnus » ) , di Cristoforo Morales (nei suoi Magnificat) , ed altri .
Dovrebbe di molto abbondare ciò che finora si è detto acciò agevol-
mente rilevar si possa di qualunque componimento il tono, ma perchè
alcuni considerano principalmente la corda finale; debbo qui avvertire e
soggiungere che non sempre il tenore nella principal corda si finisce, poi-
chè talvolta nella terza e anche spesso nella quinta corda del finale
accompagnamento termina; nè ciò è da riprendersi come cosa mal fatta,
così richiedendo le diverse consonanze che nell'accompagnamento con-

428
sonante si contengono onde ciascheduna parte nella principal corda non
deve terminare, acciò tutte le sue parti integrali possano avere l'accom-
pagnamento consonante.
Quelli dunque che dalla corda finale cominciano ad esaminar il
tono ricercare la debbono nel basso più che nel tenore o in qualsivoglia
altra parte, e quindi sapranno tosto essere il tono primo o secondo; ter-
zo o quarto; quinto o sesto etc. e la ragione si è perchè ogni tono plagale
ha la corda finale comune col suo autentico . Volendo poi venirne in pie-
na cognizione, si dovrà esaminare il tenore nel di lui ascendere e di-
scendere, e quindi si saprà poi con tutta sicurezza se autentico sii il tono
ovvero plagale. Che se più di un tenore vi fosse nello stesso componi-
mento, come spesso succede in quelli di più di quattro voci, si osservi
in tal caso che sempre vi sarà un principal tenore al qual soltanto at-
tenerci dobbiamo; abbenchè per toglier ogni equivoco e perchè il prin-
cipal tenore sia conosciuto, si sogliono dare agli altri tenori il nome di
quinto o di sesto ecc. che vuol dire quinta parte (voce) o sesta parte
(voce) conservando sempre al principal tenor il suo vero nome : e que-
sto è quanto si può dire e porre in osservazione, acciò qualunque natural
tono si possi, anche nella moltiplicità delle voci chiaramente discernere .
Non so però se ciò basterà a distinguere e discernere i toni traspor-
tati (26) , poichè sebbene le stesse osservazioni in questi farsi debbono ,
che nei naturali ; nondimeno alla imperita gioventù ogni piccola dif-
ficoltà che sopravvenga basta per sconvolgergli la mente, e confonderli a
tal segno che non sappiano quindi più onde cominciar debbano.
Nel canto fermo certo non si sono vedute mai cantilene anticamen-
te trasportate; bensì alcune se ne veggono al presente, e sono certamen-
te del numero di quelle che dopo l'invenzione del cantare in consonanza,
sono state formate : essendo nata la necessità dei trasporti soltanto nel

(26) L'origine dei trasporti è nata al tempo di Guidone d'Arezzo e non prima, perchè
essendo il canto fermo avanti di esso tutto al genere diatonico appoggiato non v'era uso
nè di bemolle nè di diesis, ma avendo egli voluto formare i suoi sette esacordi, i quali
però essenzialmente tre solamente vengono ad essere, cioè il primo, che comincia in G
sol re ut , il secondo che principia in C sol fa ut , e il terzo che principia in F
fa ut , ha pensato di dividere il tono che è fra A la mi re , e B fa mi
inspessando in tal guisa il genere diatonico; ed ha forse voluto Guido piantare i suoi esa-
cordi in dette tre lettere più che in altre, perchè esse pure sono state scelte per chiavi ,
cioè da disporsi al principio delle cantilene per indicar le altre lettere al cantore; ma però
direi più tosto che queste tre lettere fossero state prescelte per chiave, perchè in ciasche-
duna di esse può aver principio un esacordo e non in altre. Ciò si verifica però soltanto
di quella prima musica, poichè a tempi nostri per questa ragione qualsivoglia delle sette
lettere potrebbe essere destinata chiave delle altre, poichè mediante l'uso di più bemolli
(che ai primi tempi non se ne osserva più d'uno) si può piantare gli esacordi in qualun-
que lettera; ed inoltre lo stesso possiamo ottenere per mezzo dei diesis, che in quella
prima musica dei tempi di Guido, erano affatto incogniti. Osservo però con ammirazione
nel Gaffurio Pract., Lib. 3º, Cap. 13º un esempio con due bemolli alla chiave disposti .

429
canto figurato a motivo di conservare nella parte del tenore i giusti con-
fini nell'ascendere e nel discendere, a ciascuno degli otto toni prescritti .
Ed infatti, supposta la legge di non doversi aggiungere altre righe nè
sotto nè sopra alle cinque consuete, chiaro apparisce che al tenore si ren-
de impossibile di modular le corde gravi del secondo, e quarto tono , ed
anche le acute del settimo , considerandoli nelle loro rispettive naturali
corde : onde a due diversi spedienti hanno ricorso quei primi autori del
contrappunto; uno fu di mutar le chiavi appropriando spesse volte al
tenore la chiave di C sol fa ut in terza riga, che è propria del con-
tralto, e talora quella di F fa ut pure in terza riga, che è propria
del baritono : e così mutavano poi anche le chiavi di tutte le altre voci;
come si vede negli scritti di tutti gli armonico-pratici fino al secolo deci-
mottavo. L'altro spediente fu di trasportar le medesime intiere cantilene ,
le quali alcune volte col mezzo della mutazione di chiave si trasporta-
vano all'ottava alta ; come si trova aver fatto fra gli altri Pier Luigi da
Palestrina nella sua celebre Messa « Papae Marcelli » a sei voci; e tal
sorta di trasporti certamente niuna difficoltà apportano al conoscimento
dei toni, ond'è che universalmente per toni trasportati non si considera-
no, rimanendo essi tuttavia fondati nella stessa loro ottava e corde natu-

rali : nè di questi intendo io di parlare, qualora dei toni trasportati in-


tendo trattare .
Quando i nostri vecchi volevano trasportare i loro toni , per l'ordi-
nario li trasportavano una quarta in sù, o vero una quinta in giù ponen-
do un bemolle alla chiave, acciò la stessa lettura e specie di ottava gli si
conservasse; onde il primo tono che è fondato nella corda ed ottava di
Ꭰ la sol re trasferirono alla corda ed ottava di
D G sol re ut col
bemolle nella posizione di B fab mi : ed ecco infatti che con tale
espediente la stessa lettura trovasi avere l'ottava di G sol re ut ,
e quella di D la sol re .
Alcuni più moderni poi hanno anche voluto talvolta trasportare i
toni una quinta in sù o vero una quarta in giù (che è poi lo stesso) niun
segno ponendo alla chiave senza avvedersi che in tal guisa un grave er-
rore commettevano, mentre ne veniva ad essere mutata la lettura e ot-
tava contro la massima e il precetto, che qualor si vogliono trasportare i
toni, se gli debba non pertanto conservare la specie e lettura della pro-
pria ottava, ond'è che se pur volevano usare tal sorta di trasporti dove-
vano altresì un diesis alla chiave disporre nella posizione di F fa ut ;
ma siccome non si trova nel canto fermo (onde la nostra musica trova
la sua origine) la proprietà di # , come vi si trova quella di b , quindi è
che sono caduti in simile errore : del quale la professione non s'è uni-
versalmente avveduta o almeno non si è persuasa se non da quarant'an-
ni in circa ; infatti della disposizione dei diesis alla chiave si trova averne

430
parlato il Zarlino (27) fino dalla metà del decimosesto secolo, cioè dal
1555; oppure osservato che Maurizio Cazzati e i più dotti del suo tem-
po non si sono rischiati mai di valersene, anche allora quando più d'uno
avrebbero dovuto usarne (Salmi a 8 del Cazzati) e (Messe del P. Bol-
dradi, stampate nel 1694 principalmente in Missa S. Juliani); poichè
dunque non hanno gli antichi usati se non trasporti in figura di b , dei
trasporti in figura di parleremo a suo luogo, dovendo al presente di

quelli solamente discorrerne. Pietro Aron accenna i trasporti in figura


di # nel suo Lucidario alla risoluzione dell'opposizione quinta ( 28 ) .
Qualora si vede accidental figura di bo alla chiave disposta,
infallibile cosa è che il tono è trasportato (29) .
Onde con tale facilissima osservazione voglio credere che qualsivo-
glia scolaretto potrà agevolmente i toni trasportati dai toni naturali di
scernere e distinguere . Per conoscere poi se sia primo, secondo o terzo
etc. convien osservare inoltre la corda finale, qual specie di lettura sia ,

Ꭿ ᎾᎾᎾ Ꮎ

A. ve Ma.ris Stel . · la De. 1 Má ter al - · ma

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60 en

A. ve Ma.ris Stel . la De 1 Ma_ter al . - - ma

Esempio 30

e l'ascender e discendere delle cantilene nella parte del tenore . Per ve-
der poi vieppiù facilmente la verità in tal fatto, si potrà ridurre il tono
trasportato al suo stato naturale, mediante la chiave di lettura . Siccome
però nei toni trasportati alcune volte si lascia a ciascheduna parte la

propria chiave, ed altre volte si mutano le chiavi insiememente e si tra-


sporta il tono, perciò diverse debbono essere altresì le chiavi di lettura; e

(27) Istit. Harm., Parte 4ª , Cap. 17º.


(28) Questo segno nominavano gli antichi musico- pratici diesis, e se ne servirono
per notare le corde colorate; seguitando forse l'opinione di Filolao il quale al dire di Bʊezio
(Musica, Lib. 3º, Capo 8º) diceva che quello spazio per il quale la sesquiterza è maggiore
di due toni si chiama diesis. Credesi che la forma di questo segno fosse introdotta da
alcuni che si sognarono che il tono si componesse di nove comma (Zarlino, Parte 2ª,
Cap. 46º, Carta 169).
(29) La stessa osservazione prescrive ai principianti il P. Zacconi nella Prima Parte
della sua Practica, Libro 4º, Cap. 18º.

- 431
ristringendomi soltanto a parlare del tenore , dal quale come si è detto
dipende la giusta cognizione del tono; se la chiave del trasporto è la so-
lita chiave di C sol fa ut, in quarta riga disposta, la chiave di let-
tura sarà quella del mezzo-soprano ( 30) : se poi la chiave del trasporto
sarà quella di C sol fa ut in terza riga (che è propria del contralto)
in tal caso la chiave di lettura sarà quella del soprano ( 31 ) . Si osservi
però che tal regola suppone l'uso del solo primo trasporto in figura di b ;
che per i rimanenti trasporti nella stessa figura, e per quelli in figura
di #, variano rispettivamente le chiavi di lettura, come si vedrà nella
seconda parte del Trattato. La chiave poi di lettura altro non è che una
chiave disposta o ideata nelle composizioni trasportate, acciò solamente
se ne possa ritrovar la lettura che è la propria di ciaschedun tono na-
turale, come si vede nell'esempio 3º.
Alcune volte anche nel maneggio dei toni naturali, fino dal tempo
di Giosquino, è stato alla chiave disposto il b : avendo così praticato,
come lo attesta Pietro Aron (32) soltanto per risparmiarne il troppo fre-
quente uso nel corso delle cantilene, qualora per evitare l'abborrita in-
tonazione o relazione del tritono con molta frequenza ne viene in uso;
e ciò si è praticato principalmente nel 6° tono, e nello scrivere Salmi
o cantici obbligati alle corali salmodie : come si può vedere nei Ma-
gnificat di Palestrina e di Morales . Ma con loro buona grazia, nè scri-
vendo Salmi o cantici, nè in altra qualunque cosa poterono essi arbitrare
e disporre alla chiave cotale accidental figura in qualunque siasi natu-
ral tono; poichè in tal caso essendo distrutta la naturale lettura dovuta
alla corda ed ottava di F fa ut , non più il 6º ma altro tono si viene
a maneggiare, cioè quello che poi dal Glareano fu detto duodecimo tra-
sportato alla 4" avuta (33).
Perseverano i musico-pratici scrittori nell'uso degli 9 già descritti
toni corali, dalla invenzione del cantar in armonia fino al tempo di
Enrico Glareano che fiorì verso la metà del XVI° secolo ( 34) . Egli fu
uno dei più dotti e periti nelle buone lettere all'età sua, e nello stesso
tempo molto erudito nella musica, i di cui toni modali avendo intra-
preso di migliorare, fino al numero di 12 gli accrebbe , pubblicando nel

(30) Si veda qui appresso l'esempio 2º.


(31 ) Idem.
(32) Trattato dei toni, Cap. 6º.
(33) Non istituirono gli Ecclesiastici più di 8 toni, perchè con 8 soli vengono abbrac-
ciate 15 corde, che sono da A la mi re grave, ad A la mi re sopracuto che è quanto
può discendere ed ascendere ordinariamente l'umana voce; e lo sforzarla cagiona sconciature
orribili, e non v'ha dubbio alcuno : perciò i toni ecclesiastici che prima erano 4, ridus-
sero al numero di 8, acciò non più 11 o 12 voci occupassero, ma soltanto 8 o 9.
(34) Nacque nell'Elvezia l'anno 1487 secondo il Vossio, e secondo il Moresi nel
1488; e in età d'anni 75 morì in Friburgo l'anno 1563 .

432
Ал
1547 un suo libro intitolato Dedecachordon, e pretendendo con ciò di
rimettere in uso gli antichi toni modali di Aristosseno . Ma in ciò di
gran lunga si andò ingannato , imperocchè troppo manifesta si è la dif-
ferenza dei toni del Glareano da quelli di Aristosseno. Disconvengono
primamente fra essi nel numero, essendo 12 i glareanici e tredici gli
aristossenici; inoltre per semitoni sono disposti e si vanno succedendo
quelli di Aristosseno, laddove quelli del Glareano sono disposti ed or-
dinati per quarte e quinte, cioè il primo in D, il secondo in A, il terzo
in E , il quarto in B etc.
Quelli di Aristosseno non differiscono l'uno dall'altro , se non che
uno era più acuto o più grave dell'altro per un semitono, un tono, un
semidittono, un dittono etc. ed infatti poi era ciaschedun tono lo stesso
massimo sistema innalzato o abbassato, come lo dimostra Vicenzo Gali-
lei chiarissimamente con l'esempio ( 35) .
Quelli del Glareano sono fondati sopra le sette ottave di lettura e
specie diversa ( 36) , per mezzo delle quali poi armonicamente e aritme-
ticamente divise vengono ad essere affatto diversi l'uno dall'altro i toni,
siccome diversissime riescono le cantilene in modo tale che una canti-
lena del primo tono per es. non può mai divenire del secondo, o del
terzo, abbenchè mediante il trasporto possa innalzarsi o abbassarsi .
Per qual cagione poi siasi indotto il Glareano ad accrescere altri
4 toni ai primi 8 ecclesiastici lo dice egli stesso ( 37 ) , cioè ciò essere ac-
caduto per l'osservazione e confronto ch'egli ha fatto del 1 ° con l'8°
tono, i quali sono fra se diversi e distinti abbenchè sieno ambedue fon-
dati nella stessa corda ed ottava di D la sol re , con questa sola
differenza che nel primo tono si considera detta ottava divisa armoni-
camente laddove nell'ottavo tono si considera l'ottava medesima aritme-

ticamente divisa, per la qual diversa considerazione viene ad essere di-


versa altresì la corda finale del primo da quella dell'ottavo tono, essen-
do stabilito per legge che la corda finale di ciaschedun tono modale sia
la corda più grave della quinta .
Ora ciò supposto, essendo il secondo tono fondato nella corda ed
ottava di A la mi re aritmeticamente divisa, pensò di dividere la
stessa ottava armonicamente e formarne il nono tono. Così pure essen-
do il terzo tono fondato nella corda ed ottava di E la mi armoni-

camente divisa , nè formò egli poscia il decimo tono dividendo la stessa


ottava aritmeticamente .

(35) Carte 52. Dialogo della musica antica e moderna.


(36) Nel MS . « le quali » [ N. d. E.] .
(37) Glareane dodecachoron, Lib. II°, Cap. VIº : quod necesse sit ponere duodecim
modos . etc.

433
28 . Trattato della Moderna Musica.
Essendo poi occupata dal sesto tono la corda ed ottava di C sol
fa ut aritmeticamente divisa , ne formò egli l'undecimo tono dividen-
dola armonicamente ( 38 ).
E per finire essendo appropriata al settimo tono la corda ed ottava
di G sol re ut armonicamente divisa, per formarne il duodecimo
tono la divise aritmeticamente; ed ecco il modo e la maniera con cui En-
rico Glareano ha aggiunti i suoi quattro toni ai primi otto ecclesiastici .
Che poi essendo 7 le ottave di lettura e specie diversa non abbi esso
formati 14 toni modali piuttosto che 12, la ragione si è, perchè non so-
no capaci le ottave di B fat mi e di F fa ut dell'una, e del-
l'altra divisione, come lo sono le altre 5 ottave; ma bensì priva rimane
dell'armonica divisione l'ottava di B fat mi , perchè non ha nel ge-
nere diatonico la vera e giusta quinta; e l'ottava di F fa ut è inca-
pace della divisione aritmetica, perchè nel supposto genere diatonico
non ha la vera e giusta quarta ( 39 ).
Quale poi sii la vera e giusta quinta ognun lo sa , cioè quella pro-
porzione che nasce dalla sesquialtera fra 2 e 3 ed è composta di tre
graduali toni ed un maggior semitono . La vera e giusta quarta è quella
proporzione che nasce dalla sesquiterza fra 3 e 4 ed è composta di due
graduali toni ed un maggior semitono.
Onde ciò supposto, chiaramente apparisce che nè più nè meno di
dodici possono nè devono essere i toni modali ecclesiastici, e perciò
a gran ragione viene ripreso dal Glareano il Gaffurio, che avendo co-
gnizione della divisione armonica ed aritmetica e considerandola negli
otto ecclesiastici toni non gli sia venuto in mente lo stesso che a esso
Glareano, cioè di aggiungere agli otto gli altri quattro che gli manca-

(38) L'undecimo tono ordinariamente è trasportato all'ottava bassa, e quindi forse prese
occasione il Zarlino di cominciar i suoi dodici toni dal C sol fa ut grave, terminan-
doli in A la mi re ; partendo però dalla corda finale.
(39) Tertius et quartus regulariter in E la mi gravem, irregulariter in mi be-
quadro acutam ; quintus et sextus regulariter in F fa ut gravem, irregulariter in C
sol fa ut acutam. Septimus et octavus regulariter in G sol re ut gravem terminantur,
irregulariter in D la sol re acutum : quamquam Antiphonis et Gradualibus, caeterisque
gregorianis modulationibus raro concesserint confinalem : dicunt enim eos semper regu-
lariter terminare. (Glareano dodecacorden, Lib. 2º, Capo 6º).
I musici però spesse volte si sono serviti delle corde confinali; infatti nelle Messe or-
dinariamente il Christe Eleison, fanno terminare nella corda confinale del tono; e così pur
fanno allorchè dividono in più parti il Gloria in excelsis; il Credo; il Benedictus pure che
pongono fra il Sanctus, e l'ultimo Hosanna. Lo stesso hanno praticato nei motetti ancora
allora che in più parti li hanno divisi, cosicchè in tal caso la prima parte terminavano
nella corda confinale, e la seconda parte con cui si da fine al componimento terminavano
nella sua vera corda finale. Così hanno praticato il Palestrina, Costanzo Porta, Orlando
Lasso ed altri. Onde per rettamente giudicare del tono dalla corda finale, conviene riguar-
dare il termine ed ultimo fine del componimento : «Est enim finis, teste Augustino, ad quem
cuncta referuntur, et cuius causa fiunt reliqua. Et teste Philosopho : Finis est uniuscuisque
rei perfectio.

434
vano. Nè serve ciò che dice Vincenzo Galilei ( 40 ) che gli si debba tal
cosa attribuire a prudenza e molto sapere; imperocchè egli stesso si dà
la zappa sui piedi, come si suol dire, dicendo prima che con sette
toni vengano occupate tutte le sette specie dell'ottava , e poco dopo sog-
giunge che diversi sono il primo ed il secondo tono « non per la diversa
divisione della varia specie di diapason, ma per ricercare il secondo nel
grave più del primo per una diatessaron, e così venire a fare l'armonia
più languida e rimessa e perciò di natura diversa da quella del primo » .
Onde da queste ultime parole si deduce che egli intende assolutamente
essere nella stessa ottava di D la sol re fondati tanto il primo quan-
to il secondo tono , così poi discorrendo conseguentemente anche degli
altri; e perciò essere dagli otto toni occupate quattro sole delle sette ot-
tave, laddove poco prima ( carte 73 ) aveva detto che i primi sette toni
occupano tutte le sette specie dell'ottava e se alcuno prendendo le di-
fese del Galilei, dicesse che con le ultime citate parole non ha egli in-
teso di attribuire al primo e secondo tono la stessa ottava di D la sol
re, ripiglio io subito, e dico : E come dunque potrà il secondo tono,
essendo fondato nella ottava A la mi re servirsi del D la sol re
per corda finale, se non considerandosi detta ottava aritmeticamente di-
visa, e supponendo la sovraccennata legge della cadenza finale, che deb-
ba sempre farsi nella più grave corda della quinta? Ebbe ragione dun-

que il Glareano di meravigliarsi della crassa inavvedutezza del Gaffu-


rio, e tanto più ciò gli fece specie chè 12 toni ha pur anche osservato
esservi nel canto fermo esaminando Graduali, Offertorii , Postcomunioni,
Responsorii e altre simili cose; ed abbenchè otto solamente siano le sal-
modie ordinarie e più usuali (41 ) , nondimeno se si considerano anche le
feriali, e quella che si usa cantando gl'In Exitu vi si troverà l'intiero
conto dei 12 toni come lo accenna lo stesso Glareano (Dodechacordon) ,
e l'agostiniano Padre Lodovico Zacconi . Ma sopra di ciò confesso aver
io dei gran dubbi; i quali a tempo proprio esporrò liberamente , perchè
sono amico della sola verità.
Avendo dunque pubblicato Enrico Glareano il suo Trattato dei
Toni col titolo Dodecachordon nell'anno 1547 col quale dimostra che 12
e non più nè meno sono e debbono essere i toni modali ecclesiastici,
fu egli ben tosto seguito e la di lui opinione abbracciata da tutti i più
virtuosi ed eruditi maestri di musica del suo tempo come lo attesta Gio.

(40) Carte 73. Dialogo della musica antica e moderna.


(41) Le salmodie furono inventate e composte da S. Leone II° negli anni 682, così
riferisce il Berardi nel Capo 4º della Miscellanea, carta 20ª e poche righe sopra, dice che
S. Damaso Papa nell'anno 366 compose e inventò le intonazioni dei Salmi, e di molti
Inni . La sua opinione circa S. Leone appoggia al Cerrone.

435
Battista Doni (42) , e diffusamente lo conferma il Padre Costanzo Porta
(In Prefatione Missarum) con queste parole : <« Haec autem pars conti-
nebit in se sex (ut aiunt) Missas, ad quattuor vocum modulationem
restrictas et redactas : iuxta sex continuos canendi modos... Reliquae
vero sex Missae secundum alios sex modulos compositae et elaboratae :
ut sic tandem omnes duodecim modi aperitissimis huius disciplinae
et facultatis aucthoribus cogniti expleantur (43), in aliud commodius et
aptius tempus reicentur : quousque maturiori iudicio et cura examinatae
et perpolitae (quod ut spero volente Deo brevi fiet) limatius in apertum
prodeant)» .
Gli autori poi che di musica teorica hanno scritto dopo la pubbli-
cazione del Dodecachordon tutti , o almeno la maggior parte alla sen-
tenza del Glareano si sono sottoscritti ; così fece Gioseffo Zarlino nel
1555 , Orazio Tigrini nel 1602 , Giammaria Artusi nel 1598 (alle carte 76
ove soggiunge dover i toni necessariamente esser 12 non solo, ma inoltre
dover incominciare in C sol fa ut e terminare in A la mi re, se-
guendo anche in ciò l'opinione del Zarlino e alle carte 77 divide i toni
in : perfetti, imperfetti , diminuiti, comuni e misti . I perfetti dice essere
quelli che tanto nel grave quanto nell'acuto non trapassano la sua cor-
da finale essendo autentici; se poi sono plagali non debbono passare
l'ottava di cui sono formati . Gli imperfetti altri sono superflui, cioè quel-
li che sorpassano l'ottava di cui sono composti , o nel grave o nell'acuto;
e diminuiti sono quelli che non usando tutte le corde della sua ottava
ne lasciano intatte alcune nel grave e nell'acuto .
I modi comuni sono quelli che sorpassano di tal sorta le corde della
sua ottava che arrivano anche alle corde del suo collaterale. Il modo

(42) Compendio del Trattato de generi e dei modi.


(43) Tra questi autori il P. Porta annovera anche il P. Mauro Saraceni o.f.m. conv.
Giovanni Franchini nella sua Bibliosofia al numero 270, pagina 465, parlando di Mauro
Saraceni da Fossombrone ( 1540-1588), ha queste parole : «... Così cominciando da capo
si diede risoluto a studiare la musica in teorica, e come che era buon matematico e sa-
peva altronde le radici delle proporzioni - arrivò presto a fondi più cupi della professione
vedendo quante cose con quelle sei note si potessero fare, componendo a cartella così
egregiamente bene, che il Padre Costanzo Porta da Cremona nostro Conventuale, maestro
di Cappella a Loreto celebrato per il più studioso contrappuntista del suo tempo, diceva
che il meglio che si sapesse di musica averlo imparato da discorsi col Moro e questo essere
il prim'uomo da cartella ch'egli avesse trovato in Italia» .
Quanto al Padre Porta non si sa la data di nascita . Si sa però che morì nel 1601. Da
un documento esistente nell'Archivio del Santo (ora Museo Civico - Monasteri padova-
ni -- Congregazioni soppresse : Sant'Antonio, N. 81º, Tom. 77º, f. 96º) ci consta che il
P. Porta superò gli ottant'anni di età : « ….. Quanto al convento poco honore può apportare
l'esser suo (del Padre Costanzo Porta) di ottant'anni e più, perchè l'honor di vedere un
vecchio in un coro et luoghi simili et questo o mai, o poche volte compare; sicchè il con-
vento non ha se non danno con poco utile, però per apparenza in luoghi come di sopra.....
Quindi la data di nascita risale almeno prima del 1520 [ N. d . E.] .

436
misto finalmente è quello che spesse volte replica una specie di diapente
o diatessaron d'altro modo che non sia suo collaterale) . P. Lodovico Zac-
coni nel 1596, GiamMaria Bononcini nel 1673 , Angelo Berardi nel
1689, P. Domenico Scorpioni O. F. Min . Conv. nel 1701 , e tanti altri
dei quali non mi sovviene, o non ho veduto. E' però vero che pochi
anni dopo vi fu fatta dal Zarlino suddetto alcuna mutazione, imperoc-
chè laddove il Glareano principia i suoi 12 toni dalla corda ed ottava di
D la sol re , Il Zarlino vuole che si comincino dalla corda ed ottava
di C sol fa ut , e la ragione che a ciò fare lo ha mosso si è che in-
cominciandoli dal C sol fa ut , si vanno l'uno all'altro succedendo
tutti i 12 toni, tanto autentici che plagali senza interruzione alcuna co-
me si vede dall'esempio.

Ba : D
2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 i2
Esempio 40

Laddove incominciando da D la sol re , riescono disgiunti fra


gli autentici il nono dall'undecimo, poichè questo è fondato in C sol
fa ut , e quello in A la mi re; e fra i plagali il 10° dal 12°, essendo
questo fondato in G sol re ut , e quello in E la mi .
Tal mutazione dal Zarlino fatta nel sistema del Glareano fu da tut-
ti conosciuta per giusta e ragionevole, infatti la sostiene l'Artusi alle
carte 76 dell'arte sua del contrappunto, e la approva in teoria anche P.
Lodovico Zacconi, ma da pochi abbracciata , attesa la molta confusione
che in ordine ai toni del canto fermo produce : i di cui professori non
si sono partiti mai dal loro sistema dei toni, nè circa il numero allora
quando aggiunse agli otto toni i suoi quattro il Glareano : nè circa la di-
sposizione allorchè il Zarlino il primo tono chiamò terzo ; il terzo quinto;
quinto settimo; il settimo nono; e dei plagali il secondo tono chiamò
quarto; il quarto sesto; il sesto ottavo; l'ottavo decimo . Ora siccome con-
fessar conviene che la disposizione dal Zarlino fatta dei 12 toni del
Glareano è perfetta e ottima, così negar non si può che, attesa la con-
nessione d'alcuni componimenti musicali al canto fermo, ciò non ca-
gioni di molta confusione, imperciocchè obbligando alcun contrappunto
al canto fermo come hanno fatto tanti e tanti celebri professori, e per
darne un esempio universale e noto a tutto il mondo, dirò come ha fat-
to il Palestrina nella sua Messa « Ecce Sacerdos Magnus» , la quale es-
sendo vera e realmente del settimo tono come lo è anche la suddetta An-

― 437
tifona, seguendo poi l'ordine del Zarlino sarebbe non già del 7° ma del
9º tono : ma pure è certissimo che o all'uno o all'altro tono deve asse-
gnarsi, e niuno mi direbbe non esservi ripugnanza che la Messa sia del
9º, abbenchè l'Antifona sopra la di cui cantilena è fondata sia del 7°
tono, imperocchè è massima troppo universale e principio per sè noto :
«Non potest idem simul esse et non esse» .
Pel corso di 100 e più anni dei 12 toni del Glareano si erano ser-
viti gli armonico-pratici professori , quando dispregiato con detestabile
esempio il tanto utile e necessario studio teorico , e le buone regole del-
l'arte , per attendere ad una semplice ed incolta pratica, sono al fine ri-

caduti nell'uso di otto soli toni modali, i quali però ben considerati al
numero di cinque si riducono, perchè sopra cinque sole ottave di let-
tura e specie diversa sono tutti gli otto fondati senza alcuna applicazio-
ne d'armonica o aritmetica divisione a dette ottave . Che niun conto si
faccia in questi mostruosi toni di armonica o aritmetica divisione, me
ne fa fede il silenzio degli stessi autori che ne parlano come sono il
Bononcini, il Penna, ed il P. Tevo O. F. M. Conv.; e fra i viventi che
tengono la stessa opinione basta per tutti il solo, per altro dottissimo , ma
in tal materia molto pregiudicato Padre Francescantonio Calegari. Che
poi sopra cinque sole ottave di lettura di specie diversa siano tutti otto
fondati è cosa chiara più che il sole di bel mezzo dì ; imperciocchè nella
quarta specie di ottava sono fondati il primo e secondo tono; nella prima
specie sono fondati il terzo e il settimo; nella terza specie il quinto e se-
sto; nella quinta specie il quarto; e nella settima specie l'ottavo, onde
escluse ne restano la seconda e la sesta specie : cosicchè il secondo è un
semplice trasporto del primo; ed il sesto un semplice trasporto del quinto,
ambedue cioè il secondo ed il sesto alla quarta sopra trasportati col be-
neficio di un bemolle nella corda di B fa mi , con questa diffe-

renza però che il primo ed il secondo tono restano fondati nella propria
specie di ottava; laddove il quinto ed il sesto fondati restano nell'ottava
che è propria dell'undecimo e duodecimo tono. Così pure il settimo è
un semplice trasporto del terzo alla quarta sotto col beneficio di un #
nella corda di F fa ut , osservandosi però che nè l'uno nè l'altro
possiede la propria specie di ottava mentre fondato essendo questo terzo
tono in A la mi re occupa l'ottava che è propria del nono tono ,
ovvero se si considerasse che fondato sia nell'ottava di E la mi arit-

meticamente divisa , occuperebbe in tal caso il luogo del quarto tono ed


il settimo veramente nono viene ad essere, trasportato però come sopra
si è detto alla quarta sotto. Il quarto nella maniera che si usa è veramen
te terzo, essendo fondato nell'ottava di E la mi armonicamente di-
visa. L'ottavo è rimasto intatto ed illeso; onde si può veramente dire che

438
nella trasformazione degli otto toni , due soli siano rimasti nello stato loro
naturale, cioè il primo e l'ottavo.
Donde poi sia originato tale abuso, io tengo per certo ciò essere
accaduto per motivo degli otto toni ecclesiastici, che sopra chiamammo
col nome di salmodie . Le più usuali tra queste sono otto e perciò otto
vollero che fossero i toni della musica parimente, e perchè tali salmodie
sopra certe ottave si aggirano per lo più diverse dalle principali corde
e ottave dei toni stessi, cui appartengono dette salmodie, perciò nato
ne è il disordine, che laddove il terzo tono, per es. , è veramente fon-
dato nella corda ed ottava di E la mi , i musico-pratici lo usavano
in A la mi re , sopra la qual corda ed ottava si aggira la di lui sal-
modia; lo stesso è accaduto del settimo tono il quale abbenchè fondato
sii nella corda ed ottava di G sol re ut , nondimeno essi lo prati-
cano in D la sol re col bemolle alla chiave, o in E la mi col
diesis in F fa ut , le quali due corde ed ottave così segnate ven-
gono ad essere un semplice trasporto della ottava di A la mi re , SO-
pra la quale veramente s'aggira, e ordinariamente termina la salmodia
di detto settimo tono e ciò hanno fatto , a mio credere acciochè non fos-
sero totalmente la stessa cosa il terzo ed il settimo tono; tanto più che
l'armonia ed aritmetica divisione, la quale i toni ecclesiastici, che sono
sopra la stessa ottava fondati , ha forza di distinguere non potrebbe di-
stinguere il terzo dal settimo , se anche si osservassero tali divisioni, come
non si osservano; che poi ancorchè posti in uso non avessero tal forza
è manifesto, perchè essendo i detti due toni ambedue autentici non gli
conviene se non la divisione armonica , onde sarebbero la stessa cosa,
ma però la stessa cosa sono nondimeno , poichè non v'è altra differenza
tra l'uno e l'altro se non che il terzo è maneggiato nelle proprie naturali
corde, ed il settimo si maneggia nel primo trasporto, ora in figura di
bemolle ed ora in figura di diesis restando sempre invariata la stes-
sa specie di ottava .
Il secondo tono hanno trasportato per una quarta sopra, acciò ap-

parisse in esso qualche differenza dal primo, e tanto più si sono indotti
a così fare, perchè cantandosi in coro detta salmodia a vicenda con
organo, nella corda ed ottava di G sol re ut , col bemolle alla chia-

ve si suol cantare, perchè troppo bassa riesce alla maggior parte dei co-
risti il cantarla nelle proprie naturali corde . Il quinto e sesto tono fra
gli ecclesiastici sono fondati , come sopra si è veduto, nella corda ed
ottava di F fa ut divisa armonicamente per quello, ed aritmetica-
mente per questo.
Gli armonico-pratici professori del XVII secolo hanno portato il
quinto nella corda ed ottava di C sol fa ut con la sua naturale let

tura, cioè senza accidente alcuno alla chiave ; e ciò dico perchè se un

— 439
diesis si disponesse nella corda di F fa ut , sarebbe in tal caso vero
quinto tono, se non nelle proprie naturali corde, almeno nel suo primo
trasporto in figura di diesis maneggiato, ma in tal guisa disposto non
può essere mai se non undecimo o duodecimo, non già quinto o sesto.
La corda ed ottava di F fa ut , con la sua natural lettura hanno
dai loro toni interamente sbandita , imperocchè la suddetta corda ed otta-
va avendo destinata per la formazione del sesto tono, il bemolle nella
corda di B fa mi hanno alla chiave obbligato, onde non più tono
naturale , ma bensì un semplice trasporto viene a essere di quello
che quinto chiamano.
Al quarto tono gli si assegna la sua propria corda ed ottava di E
la mi , ma nel modulare poi, fuorchè nella cadenza finale, si modula
veramente il nono trasportato alla quarta sotto, che viene a essere lo stes-
so che il settimo sopramentovato (44) .
E poichè della modulazione dei toni è caduto il discorso natural-
mente, osservarsi deve che siccome in questa sorta di toni non si è mai
osservata l'armonica ed aritmetica divisione in ordine alle cantilene ,
così non si è nè tampoco osservata la propria modulazione che a cia-
schedun tono ecclesiastico conviene , come dal confronto dei loro compo-
nimenti con quelli di Palestrina, Morales , Asola ed altri si può com-
prendere; onde tutti assieme si riducono poi al fine a due soli poichè
dalla modulazione , due sole ottave scorgonsi maneggiate una di terza
maggiore composta ed è quella di C sol fa ut , e sotto di essa pas-
sano il quinto, il sesto e l'ottavo tono; l'altra è composta di terza mi-
nore, ed è quella di A la mi re , sotto la quale passano il primo,
secondo, terzo, quarto e settimo tono .
Fra quelli che all'ottava di C sol fa ut si rendono a motivo

di modulazione soggetti, mostruoso apparisce l'ottavo tono atteso che


vi ci modulano la corda di D la sol re con terza maggiore, la qua-
le con la terza minore soltanto ad esso appartiene, e talvolta anche la
corda di B fa mi , vi ci modulano, la quale dall'ottava di G sol
re ut resta esclusa atteso che nelle corde naturali ha in settimo luogo
la corda di F fa ut , laddove maneggiandosi la corda di B fat
mi , conviene aver sempre alle mani il per il F fa ut , che sem-
pre devesi usare come intonazione minore naturale, e solamente per mo-
tivo di finale cadenza vi si concede il diesis.
Fra quelli che all'ottava di A la mi re per ragione di modula-
zione soggetti si rendono , il primo e il secondo principalmente mostruo-

(44) Si esamini nel 3º Libro dei Salmi del Colonna il Laudate pueri, che dallo stesso
è dichiarato del quarto tono, oltre di che ciò si fa manifesto dalla premessa ecclesiastica
intonazione.

440
si riescono allorquando vi si sente modulata la quarta corda con la terza

minore, e la sesta corda ancora dal bemolle diminuita, poichè la lettura


di detti due toni si è : re, mi , fa, sol, re, mi, fa , sol ; * essendo il primo
fondato nelle corde naturali della ottava di D la sol re , ed il se-
condo in G sol re ut col bemolle nella corda di B fa mi alla
chiave obbligato, che infatti altro non è che un semplice trasporto del-
la suddetta ottava di D la sol re . II quarto è mascherato tutto, ed
altro non ha di vero, fuorchè il nome imperocchè essendo impertinente
affatto alla di lui natura l'accidentale maggior figura cioè il diesis , non
di meno vi si adopera liberamente nel modularvi dentro la corda di G
sol re ut ,
e quella di E la mi ancora , come si può vedere dal
Salmo Laudate del Colonna sovracitato (45 ) . Ora se un uomo, che sen-

za contrasto alcuno è stato singolare nell'armonica professione, ha dato


in simili spropositi , qual altra cosa può egli conchiudersi , se non che
gli abusi erano tanto invalsi in simile materia, che non ha lasciato luo-
go nei primi maestri di contrappunto di accorgersi dell'inganno .
Avanti di proseguire in tale materia però, mi conviene avvertire i
miei lettori che anche nel tempo che i musico-pratici già praticavano i
12 accennati toni modali del Glareano, nello stesso tempo gli stessi mae-
stri avevano anche una serie di otto toni distinta da quella dei 12 sud-
detti , ma questi non erano nè gli 8 ecclesiastici sopra descritti , nè quelli
poco fa accennati dei moderni armonico-pratici del 1600 , ma bensì erano
8 toni dalle 8 principali salmodie dipendenti, onde giusto il finimento
della salmodia del 7° tono, regolavano anche le loro cantilene, e perciò
trovansi finire i Magnificat del 7° tono nelle opere del Palestrina e del
Morales in A la mi re ; e pure essi molto ben sapevano che il 7°
tono è fondato nella corda ed ottava di G sol re ut armonicamen-
te divisa; siccome sapevano anche che il 3° tono è fondato nella corda di
E la mi , ed in quella di F fa ut il 5° tono, e pure il 3° e il 5°
nientemeno che il 7° suddetto hanno disposto nella corda ed ottava di
A la mi re armonicamente divisa; la qual cosa aggiungo io, acciò

si vegga che quelli stessi, i quali i 12 glareanici toni professavano in


ogni loro componimento, qualora scrivevano Salmi, alle di loro partico-
lari salmodie unicamente rivolgevano i suoi rifflessi , nulla pensando nè
di armonica nè di aritmetica divisione, la qual cosa osservo nella forma-
zione delle cantilene del tenore nel 4º tono , che da un E la mi al-
l'altro si stendono , e nell'8 ° tono da un G sol re ut all'altro : e pu-
re essendo ambedue plagali il 4° dovrebbe stendersi da un B fab mi
all'altro facendo la cadenza finale in E la mi , e l'8° dovrebbe sten-

(45) Salmi a 8, Lib. 3º.

441
dersi soltanto da un D la sol re all'altro facendo la sua finale ca-
denza in G sol re ut : ma di tale osservazione, siccome osservan-
tissimi si sono dimostrati in ogni altro contrappunto , così nulla affatto
l'hanno riputata qualora i Salmi si sono posti a vestire di armonia , per-
chè in tal caso alla salmodie unicamente come già dissi , si deve aver
ogni riguardo, e ciò principalmente in Salmi che alternativamente col
coro cantandosi dalle proprie rispettive salmodie dipendono; e siccome
questo è il più antico costume di cantar Salmi in armonia, perciò le stes-
se osservazioni hanno usato anche nel scrivere Salmi interi , ai quali però
premettevano sempre l'ecclesiastica intonazione , e così ha praticato
Matteo Asola che forse fu il primo autore di tal pratica; così pure Jacopo
Gastoldi ed altri.
Ora ritornando a ripigliar l'ordine interrotto ci accingeremo a di-
scorrere dei toni musicali armoniali.

Avendo dunque osservato i musico-pratici scrittori che i loro 8 toni


erano tanto poco diversi fra loro, che soltanto tra sè si distinguevano
veramente quelli, che in una ottava di terza maggiore composta erano
fondati, da quelli che fondati erano in una ottava composta di terza mi-
nore, perchè infatti il loro 5º, 6º ed 8° tono modulavano nella stessa
maniera abbenchè tanto diversa sia l'ottava di G sol re ut da quel-
la di C sol fa ut ; ed il loro 1º, 2º, 3º, 4° e 7° tono istessamente
modulavano come se un sol tono fosse stato, e perciò s'indussero a dire
che 2 e non più sono i toni della musica : l'uno dall'altro distinguendo
per questo solo che uno è fondato in una ottava composta di terza
maggiore, e perciò lo chiamarono tono maggiore; l'altro è fondato in
una ottava di terza minore composta , e però lo chiamarono tono minore .
Di questi però non se ne ha notizia, se non dalla viva voce dei presenti
armonico-pratici, e dai loro componimenti , non avendone finora scritto
ex professo chi che sia; o se pur alcuno ne ha scritto, a mia notizia non
sono giunti, poichè ho trovato solamente nel musico Testore del P. Zac-
caria Tevo queste parole ( 46) :
« Vogliono certi novissimi che i toni siino solo 2 , e il fondamento
loro è sopra la considerazione delle terze maggiori , e minori che entra-
no in essi; non distinguendoli se non per queste, sicchè vogliono che la
terza minore formi un tono , e la maggiore un altro affermando che le
ottave, quinte e quarte sempre siino le stesse ! » .
Osservo inoltre che alcuni, come opinione erronea affatto la deri-
dono, onde leggo ironicamente scritto (47) :

(46) Part. 4ª , Lib. 3º, carta 269 .


(47) Nel Teatro alla moda, carta 15.

442 ―
« Non saprà il moderno compositore quali e quanti siano i modi
ovvero toni; non come divisibili, non le proprietà dei medesimi. Anzi
sopra di ciò dirà non darsi che due soli toni maggiore e minore : cioè
maggiore quello che ha la terza maggiore, e minore quello che l'ha
minore >> .
Per ultimo li trovo nominati da Pierfrancesco Tosi , in questi ter-
mini pronunciati da un ignorante moderno contrappuntista :
«La moderna scuola di musica se nol sapeste, non conosce altri toni,
che quelli che succedon al lampo, e con ragione si ride della sciocca
opinione di chi si immagina, che vi sieno due , quanto di chi sostiene
-
che divisi in autentici e plagali sieno otto - e più, se bisogna e lascia
prudentemente libera la volontà ad ognuno di comporre come gli pare
e piace » .
Ecco tutto ciò che dei due armoniali toni modali trovo scritto, e
pure non solamente a teatro e in camera, ma anche in Chiesa altri toni
ormai non si modulano, onde siccome degli altri si è fatto, ancor di
questi converrà scriverne in questo luogo quanto appartiene alla loro
storia .
Osservavano senza dubbio i maestri di musica che vivevano verso il fi-
ne del prossimo passato secolo che fra i loro otto toni modali poca dif-
ferenza vi era, perchè alcuni tra di loro in altro non si distinguevano ,
se non che uno era il trasporto dell'altro , come sopra già abbiamo detto;
e infatti il secondo è un semplice trasporto del primo; il sesto un tra-
sporto del quinto; ed il settimo, o si ponga in D la sol re col be-
molle alla chiave col Bononcini, o si ponga in E la mi col diesis
alla chiave obbligato col Penna e col Padre Angeli da Rivotorto O. F.
M. Conv. , è un semplice trasporto del terzo.
S'aggiunge inoltre che egualmente modulavano il primo, il secondo,
il terzo, il settimo, ed anche il quarto tono ( eccettuandone però in que-
st'ultimo la finale cadenza) come se un sol tono fossero stati , abbenchè
per dir la verità, se non erano uno solo, si riducevano però a due e non
più, come or ora dicevamo; e nella stessa maniera altresì modulavano il
5º, il 6° e l'8°, onde succedette che osservando i professori che nel maneg-
giare l'8° tono (a modo loro però) quasi sempre bisognava segnar il #
nella corda di F fa ut , pensarono alcuni di essi di disporlo alla
chiave, e molti dei più osservanti se ne astenevano come da cosa impro-
pria affatto, cosicchè essendo discordi fra loro , tutta la lite poi si riduce-
va al niente perchè infatti s'accordavano gli uni e gli altri nella maniera
del modulare; per altro quelli che il diesis dispongono alla chiave com-
mettono un errore solo, il quale in ciò consiste che maneggiando il tono
maggiore trasportato s'immaginano di scrivere l'ottavo tono corale . ma
quelli che il diesis alla chiave non vogliono, oltre l'aver con gli altri

443
comune l'errore medesimo or mentovato, nè commettono un altro che
consiste nel vizio della modulazione alla naturale ottava di G sol re
affatto ripugnante. E in questo proposito voglio narrare una con-
tesa, alla quale mi sono trovato presente. Discorrevano fra loro due
ragguardevoli professori di musica sopra la natura dell'ottavo tono, i
quali accordandosi in ciò che egli sia fondato nell'ottava di G sol re
ut , disputavano poi acremente pretendendo uno che vi si debba ob-
bligare il diesis alla chiave nella posizione o corda di F fa ut , men-

tre l'altro voleva che niuna accidentale figura vi si disponesse alla chia-
ve, e quindi nacquero contese accerrime tacciandosi l'un con l'altro da
ignoranti, e frattanto rimanevano gli astanti come immobili , non sapen-
do a chi dar ragione, poichè intendendo essi la materia dei toni niente
meglio dei due litiganti, erano al buio affatto della verità, e io che pur
ero presente, nientemeno restavo ammirato, perchè nella stessa confusio-
ne mi trovavo . Ora però che mediante il lungo studio sopra questa im-
portante materia sono giunto (cred'io , o almen lo spero) a conoscere la
pura verità, ora comprendo che erano come i ciechi allorchè fanno alle
bastonate. Aveva la sua parte di ragione quello che non voleva che si
ammettesse accidental figura alla chiave maneggiandosi l'ottavo tono;
perchè nella 8 di G sol re ut essendo fondato come in sue na-
turali corde, non deve mai ammettere accidentale figura alla chiave ,
poichè ammesso il diesis nella corda di F fa ut resta subito mutata

la specie di 8ª che è propria e naturale dell'8" tono, in quella che poco


avanti era stata destinata al 5° : e infatti se si esaminerà la lettura dell'8"
di G sol re ut col diesis alla chiave si vedrà schiettamente essere

la stessa lettura che è propria e naturale dell'8 " di C sol fa ut ,


cioè : do re mi fa sol re mi fa ( 48 ) .
Aveva in parte ragione anche quello che voleva che si disponesse
il diesis alla chiave, perchè maneggiandosi esso (come essi praticavano ,
non come farsi dovrebbe ) la corda di D la sol re con terza mag-
giore a tutto pasto, come si suol dire , e la corda di E la mi , e da
alcuni anche quella di B fa mi ; sempre si deve aver in pronto
il diesis da segnarne la corda di F fa ut , onde disposto che sii alla
chiave si leverà la confusione che la moltiplicità di quelli che per il

componimento sparsi possono apportare .


Ma quello che più importa si è che disposto alla chiave il diesis.
gli si fanno subito proprie le cadenze in D la sol re con terza mag-

(48) Si veda l'esempio 3º e il Capitolo Vo e XV della Seconda Parte di questo


Trattato dei Toni Modali [N. d. E.] .

444
giore , quella di E la mi , e anche quella di B faħ mi , ed al-
tro errore non fa quest'ultimo se non che supporre di maneggiar l'8°
tono, e s'inganna affatto, poichè maneggia il tono maggiore nel suo pri-
mo trasporto in figura di diesis : laddove l'altro virtuoso conservando al-
1'8° tono le proprie sue corde naturali nell'8" di G sol re ut conte-

nute, modula poi alla peggio; poichè tutte le corde usa che quell'altro ,
di cui finora parlato abbiamo, mentre nulla parlando della modulazio-
ne dell'8° tono , che è ciò che più importa, al solo litigio si sono ridotti
per decidere se l'8° tono richiegga il diesis alla chiave obbligato nella
posizione di F fa ut ; ma ciò sia detto per sollievo più che per
altro.

Eransi dunque a poco a poco ridotti gli armonico-pratici professori


a non riconoscere che due soli toni modali, perchè in una sola maniera
modulavano le tre ottave di terza maggiore composte, che sono quelle
di C sol fa ut , F fa ut e G sol re ut , e in un'altra le quat-
tro ottave composte di 3ª minore; e perchè l'affare non avevano se non
superficialmente esaminato, si restrinsero a distinguerli fra loro col de-
finirli semplicemente, che il tono maggiore si è quello che è fondato
in una 8" di 3ª maggiore composta, e il tono minore è quello che è fon-
dato in una 8ª composta di 3ª minore.
Posto questo principio hanno cominciato a moltiplicare le acci-
dentali figure alla chiave, laddove nella formazione degli otto toni mo-
dali del Penna riportati vi si vedeva un bemolle alla chiave nel 2° e nel
6° tono, e un diesis nel 7°; vi si fecero vedere e due e tre e quattro
diesis : due, tre e quattro bemolli , onde le ottave che naturalmente so-
no di 3ª minore composte hanno trovato modo di far divenire acciden-
talmente composte di 3" maggiore, e per il contrario le ottave che na-
turalmente sono composte di 3ª maggiore hanno trovato maniera di
farle divenire accidentalmente composte di 3ª minore; ed ecco quanto
è stato operato intorno ai toni modali dei Latini dall'origine del canto
ecclesiastico fino al principio del presente secolo.
Fu destinato fino dal 1703 Maestro di Cappella di questo celebre
Santuario il Padre Francescantonio Calegari uomo di sottilissimo e fe-
condo ingegno, e desideroso al sommo di sapere e di intendere tutto
ciò che bramare si possa in un uomo che a posto sì ragguardevole.
destinato, al mondo sia esposto e fatto palese . Onde cominciando a esa-
minare se stesso gli parve d'essere molto difettoso (abbenchè sapesse
tutto ciò che dalla professione ai suoi tempi si insegnava) e perciò ri-
volgendosi ed impegnandosi in ardue e lunghissime meditazioni sopra
l'ammirabile pratica del famoso Gio . Pier Luigi da Palestrina siccome
scoprì di molti errori nella volgar teorica appartenenti al giusto intender

445
dell'armonico numero, informando nuovi precetti ( 49) , e ponendo in
chiaro lume tutto ciò che all'armonia appartiene, così conobbe che i toni
del suddetto Palestrina posti in uso sono di molto, anzi affatto diversi da
quelli dei moderni, onde siccome alcuni fra questi dicevano che i toni
sono due escludendo gli 8 del Penna; i 12 del Glareano etc. ed alcuni
altri dei più vecchi volevano gli 8 del Penna, ed altri i 12 del Glareano;
escludendo vicendevolmente i due dei moderni; il Padre Calegari di-
chiarandosi per gli 8 del Penna chiamandoli ecclesiastici con escluderne
i 12 del Glareano, ammise altresì i due dei moderni , onde venne a di-
chiarare due categorie di toni modali : la prima; degli ecclesiastici, e
la seconda dei musici . In quella degli ecclesiastici ne riconosce sola-
mente otto e precisamente quegli stessi del Penna rapportati; in quella
dei musici ne riconosce due solamente, ma però con diverso modo di
intendere dei professori . Gli 8 denomina ecclesiastici perchè originati
sono dal canto fermo, abbenchè in ciò si inganna di molto, mentre gli
8 ecclesiastici sono quelli che sopra abbiamo rapportato col Gaffurio e
Pietro Aaron . I due denomina musicali, perchè dallo strumento da ta-
sto e dal canto armonico tengono la sua origine . Soggiunge però che
anche gli otto ecclesiastici, abbenchè di sua natura armoniali non siano,
tali possono divenire mediante l'aiuto dei sette accompagnamenti con-
sonanti , come si vede nelle opere armonico-pratiche di tutti i maestri
di musica che son stati fino al cader del 1600.

Da quello che sopra si è detto apparisce che gli autori dei due
moderni toni , non gli avevano assegnata sede alcuna naturale nè al
maggiore, nè al minore, la qual cosa è la più inconveniente che idear
mai si possa; fu pur determinato fra gli ecclesiastici che il primo loro
tono modale fosse fondato nella 8ª di D la sol re e l'8° in quella
di G sol re ut , e a tutti fu assegnata la sua particolare 8 " , con

altre circostanze che distinguono chiaschedun tono modale da ogni altro,

(49) L'applicazione a queste nuove studiose ricerche è affermata dal P. Calegari stesso
in una lettera alla Presidenza della Ven. Arca del Santo, del 5 Aprile 1727 : « E affine di
porre in effetto così nuova pratica per lo miglior servizio di Codesto Sacro Concerto, ho
affaticato molto l'ingegno in nuovi teorici studii ; locchè senza tale precedente applicazione,
non sarebbemi giammai riuscito.
B Questo bensì e non altro, egli è stato l'unico motivo per lo quale (da qualche tempo
in passato), ho ritenuto la penna alla pratic'armonica mia operazione. La qual cosa oggigior-
no ella è (con troppo mio grande dispiacere) conceputa diversamente da quello, che per altro
dovrebbesi all'ottima mia volontà.
« E a gran ragione mi dolgo : perciocchè oggimai il merito demerito diviene. Per lo
che apertamente dicesi (ma a gran torto) ch'abbia posto in dimenticanza il mio dovere;
sicchè per me nulla si faccia . Dissi a gran torto, perocchè l'unico scopo dei miei pensieri
egli è sempre mai stato di eseguire il mio ministero in modo talchè (se pur mi fosse possi-
bile farsi) questo celeberrimo Tempio trasformarsi potrebbe in un Paradiso» . (Autografo
tratto dalla busta N. 128° dell'Archivio della Ven. Arca del Santo) [ N. d. E.] .

446
1
"

o sia egli di diversa o della stessa serie e categoria . Perchè dunque non
dovranno anche questi moderni toni aver la sua propria 8 " , onde sta-
bilita resti di ciascheduna la propria lettura, e per conseguenza le sue
corde subordinate con tutto ciò che di più gli conviene? Assegna per-
tanto il Padre Calegari al tono maggiore l'8" naturale di C sol fa
ut con l'annessa sua lettura, che è precisamente : do re mi fa sol
re mi fa , la quale gli deve essere conservata in qualunque artificioso
trasporto, o sia egli in figura di diesis o di bemolle. Inoltre poi gli as-
segna sei corde di cadenza, onde feconda ne resta di molto la modula-
zione, e sono tali corde divise in due ordini, cioè tre maggiori, e tre
minori . Le prime sono quelle di C sol fa ut , F fa ut , ee G sol
re ut; principale, quarta, e quinta corda , e queste sono le vere e pro-
mi re ,
prie costitutive del tono . Le seconde, cioè le minori sono A la
D la sol re , ed E la mi , seconda , terza e sesta corda , le quali
sono accessorie, ed ausiliarie, perchè veramente sono proprie e costitu-
tive del tono minore e soltanto si concedono al tono maggiore per pro-
durre in esso una più feconda modulazione , e non per altro. Nè ciò
si deve concepire in modo alcuno come una improprietà , atteso che le
corde subordinate in ciaschedun tono ecclesiastico sono le stesse prin-
cipali corde degli altri toni . Al tono minore poi assegnò per base la
corda ed 8ª di D la sol re con la sua naturale lettura che è pre-
cisamente : re mi fa sol re mi fa sol; intendendo (come si è det-

to del tono maggiore) , che detta lettura gli debba essere conservata in
qualunque artificioso trasporto tanto in figura di diesis che di bemolle;
onde vengon ad essere i trasporti del tono minore in tutto simili a quel-
li del primo tono corale , poichè ambedue sono nella stessa ottava di
D la sol re fondati. Inoltre poi gli assegna le sue corde di cadenza
al numero di cinque solamente , in due ordini divise, cioè tre minori
e due maggiori . Le minori sono D la sol re, G sol re ut, cui
si fa la 3ª minore col mezzo del bemolle nella corda di B fa mi
e A la mi re , principale, quarta e quinta corda. Le maggiori sono
C sol fa ut F fa ut: 3 e 7 corda le quali son accessorie
ed ausiliarie, perchè veramente appartengono al tono maggiore come
si è detto poco avanti.
A questo sistema però sebbene mi ero anch'io sottoscritto avendone

fatto uso per diversi anni, nondimeno tre anni sono , cioè nel 1731 ,
mi sono avveduto d'essere col suddetto Padre Calegari in un errore
grande; non già per ciò che riguarda il tono maggiore che sta ottima-
mente stabilito nella corda ed 8ª di C sol fa ut , avendo le dovute
corde di cadenza con tutto ciò che più gli conviene; ma parlando del
tono minore non vi ha dubbio che in niuna maniera può star bene
fondato nella corda ed 8" di D la sol re, perciò ben ponderate le

447
cose ne ho mutato tutto il sistema, accresciute le corde di cadenza, dato
altr'ordine ai trasporti levandone uno dagli otto che ne aveva in figura
di diesis, ed aggiungendogliene un altro agli otto che aveva in figura
di bemolle .
Al tono minore adunque ho assegnato per base e sede naturale
la corda ed 8" di A la mi re, perchè dovendo essere dei due toni
musicali le tre principali corde naturalmente uniformi , (ond'è che non
1'8" di F fa ut, o di G. sol re ut ma bensì quella di C sol
fa ut si è prescelta per base e sede naturale del tono maggiore) fra le 8°
di 3ª minore composte, altra non ve n'è se non quella di A la mi re
cui tale importantissima condizione s'appartenga; e tanto è importante
che questa sola è la cagione per cui l'8" di C sol fa ut è stata
prescelta per sede naturale del tono maggiore. Infatti è legge univer-
sale indispensabile dei toni modali che non possono aver cadenza se
non in quelle corde che nella principale 8" loro sono contenute, e si
debbano usare tali quali si trovano essere ; se hanno naturalmente la
3" maggiore con la terza maggiore si debbono usare, e se l'hanno minore ,
minore istessamente la debbono adoperare : ed essendo questa legge
tanto universale che conviene egualmente ai toni ecclesiastici , ai 12 del
Glareano, agli otto del Penna, ed inoltre anche allo stesso tono mag-
giore armoniale, non crederei che alcuno si dovesse trovare in guisa tale
preoccupato che il solo tono minore pretendesse doverne andare esente.
Ciò supposto adunque se in D la sol re , si stabilisce il tono mi-
nore non potrà ragionevolmente avere le tre corde costitutive di esso,
cioè la principale, quarta e quinta naturalmente uniformi, imperciocchè
la 3ª di G sol re ut è naturalmente maggiore , e a chi mi dicesse
che ogni qualvolta si fa minore col bemolle, e minore vi si adopera
tanto basta, nè altro v'abbisogna ; io rispondo che se ciò fosse vero
si potrebbe egualmente stabilire, come in sua sede naturale il tono mag-
giore nella corda di G sol re ut, ma siccome questa non è capace
di essere base del tono maggiore naturale per difetto della quinta cor-
da che ha naturalmente la terza minore, così neppure l'8ª di D la
sol re , è capace di essere base del tono minore naturale per difetto
della 4ª corda che ha naturalmente la terza maggiore. Dunque chiara-
mente apparisce che la vera base e la sede naturale del tono minore
armoniale si è la corda ed 8a di A la mi re con la sua naturale
lettura, che è precisamente : re mi fa re mi fa sol la; e questa gli
deve essere conservata invariabilmente in qualsivoglia trasporto o sia
egli in figura di diesis o in figura di bemolle. Egli ha poi in conse-
guenza non più cinque, ma sei corde di cadenza, onde feconda ne rie-
sce la modulazione nientemeno nel tono minore di quello che sii nel
tono maggiore; e sono le tre principali quelle di A la mi re, D la

448
sol re ed E la mi ; principale, quarta e quinta corda , le quali sono
le vere e proprie costitutive del tono.
Le tre rimanenti poi sono quelle di C sol fa ut, F fa ut
e G sol re ut , terza e sesta e settima corda, le quali sono accesso-
rie ed ausiliarie, perchè veramente sono costitutive del tono maggiore
e soltanto al tono minore si concedono per produrre in esso una più
feconda modulazione , e non per altro. E in ciò fare imitano i due toni
armoniali i toni ecclesiastici, le di cui corde subordinate di cadenza
null'altro sono se non le stesse principali corde di ciaschedun tono . E
lo stesso succedeva anche nella musica dei Greci, imperocchè passava-
no liberamente da uno all'altro tono il qual passaggio nella loro lingua
chiamano metabole, essendo stato il primo a usare tale mescolanza Sa-
cada Argivo come lo attesta Plutarco (50), e quantunque in una stessa
canzone, inno, ode o altro si usassero tutti e tre i loro modi, dorio, fri-
gio e lidio, nondimeno precisamente del modo dorio si diceva essere, se
a questo principalmente fosse appoggiata la poesia ; e non dubito punto
che se nel modo dorio si cominciasse la cantilena di qualche poesia, per
quanto nel corso della medesima andasse modulato per le corde del fri-
gio e del lidio (parlando dei tempi più antichi ) ed anche per quelle del
mixolidio, ypodorio, ypofrigio etc. parlando dei tempi seguenti, al fine
poi nel modo dorio, in cui s'era incominciata la cantilena, altresì si ter-
minasse. Parlando poi dei contrappuntisti che furono avanti il Glarea-
no ognuno sa che la corda finale di un tono era confinale di un altro;
regolare di uno e irregolare di un altro, come apparisce nel Trattato de-
gli otto toni descritti da Pietro Aaron . Questa verità vieppiù si fa mani-
festa nei 12 toni del Glareano, nei quali la corda di A la mi re, per
es. , è finale del nono e decimo tono; confinale del primo e secondo; re-
golare del 5º e 6º; e irregolare del 3º e 4° 7° e 8° 11 ° e 12°.
Non vi sarà dunque difficoltà alcuna che anche i due toni musi-
cali maggiore e minore si imprestino per così dire, l'un l'altro le loro
corde costitutive; però ne segue che le stesse corde affatto siano nell'uno
e nell'altro tono, con una sola differenza d'ordine , cioè che quelle le
quali sono principali nel tono maggiore diventano subordinate nel mi-
nore; e quelle che sono principali nel tono minore diventano subordi-
nate nel maggiore. Deve poi necessariamente il tono minore essere fon-
dato nella corda ed 8ª di A la mi re , non in quella di D la sol
re per molte e tante ragioni , le quali poichè al trattato appartengono
e non alla storia, di cui è proprio officio ed a cui appartiene la pura

narrazione dei fatti ; perciò diffusamente e con tutte le ragioni che lo

(50) De Musica.

- 449
29 · Trattato della Moderna Musica.
persuadono ne tratteremo nel primo libro del trattato, come nella pre-
fazione abbiamo promesso di fare. Questo è quanto è successo fino al
giorno d'oggi in materia dei toni modali da che è stata introdotta la mu-
sica (per quanto però possiamo ricavarlo dagli scrittori) che per altro
anche in questa materia di molte e tante cose, è certissimo, ed infalli-
bile che siamo affatto all'oscuro. Questa verità ci deve persuadere, se
altro non ci fosse, l'ignoranza totale, in cui ci troviamo della musica
antidiluviana e dei suoi toni, che pur mi voglio persuadere che ci do-
vessero essere anche in quei primi rozzi tempi, imperocchè ad ogni età
conviene il detto di Orazio ( 51 ) .
« Est modus in rebus, sunt certi denique fines quos ultra citraque,
nequit consistere rectum» , a cui fanno eco quell'altre di Ovidio (52 ) :
« Ut desint vires, tamen est laudanda voluntas » e quest'altre di altro
poeta (53): « In magnis et voluisse sat est» .

Erami svanito dalla mente di riferire l'opinione del Signor Gioseffo


Fux ( 54) , il quale asserisce con molta franchezza che sei solamente sono
i toni modali, rifiutando in tal maniera la distinzione e divisione che
se ne fa in autentici e plagali , la qual diversità è stata ammessa dagli ec-
clesiastici nei loro otto toni , e dal Glareano ne suoi 12 ; essendo in quelli
approvata dal Gaffurio e da tutti gli altri, che di toni modali hanno scrit-
to pel corso di quasi 1000 anni , cioè dal 509, nel qual tempo S. Gregorio
li istituì, fino al 1540 nel qual tempo Enrico Glareano ha prodotto il
suo Dodecachordon . Nei 12 poi è stata approvata la divisione in autenti-
ci e plagali dal dottissimo Zarlino, dal Tigrini, dall'Angleria, dall'Artusi ,
dal Zacconi, dal Bononcini e dal Berardi, i quali tutti hanno scritti
trattati teorici; onde si può ben dire che totalmente a capriccio siasi
impegnato a negare un fatto tanto chiaro ed evidente . Ma se pur qui
si fosse fermato poco sarebbe il male; il peggio si è che con piena li-
bertà e con tutta franchezza dice che nè il Palestrina, nè il Morales nè
altri di quel buon secolo, in cui a perfezione si intendevano, e si ma-
neggiavano i toni ecclesiastici; niun - dissi - fra loro pensò mai nè a
divisione armonica o aritmetica, nè a distinzione di autentici o plagali .

Padova, addì 21 Settembre 1734.

(51 ) Sat. Lib. 1º, Saty. Iº, vv. 106-107 .


(52) Epistolae ex Ponto, Lib. IIIº, 4ª, v. 79 [ N. d . E. ] .
(53) Properzio IIº , 10ª , v. 6 [ N. d . E.] .
(54) Gradus ad Parnassum, exerc. Vo, lectio 7a . De Modis.

450 -
DEL TRATTATO DEI TONI MODALI IN CUI SI TRATTA

DEI DODICI TONI ECCLESIASTICI O CORALI

Padova, addi 3 Ottobre 1735

CAPITOLO I.

Del numero dei toni ecclesiastici

Già si è detto nel compendio storico che i toni ecclesiastici furo-


no quattro soli da principio. S'accrebbero poi fino al numero di otto,
e finalmente si stesero fino a 12. Dei primi quattro noi non tratteremo,
atteso che l'istituto nostro si è soltanto di trattare dei toni corali resi ar-
moniali : e poichè quelli sono stati antiquati avanti l'uso del cantar
in armonia, cominceremo a trattare degli 8 , e poi dei 12. Quelli sono
stati praticati dal 1430 ( 1 ) fino al 1547 in circa; e questi poi fino al prin-
cipio del corrente secolo . Gli 8 dunque sono stati posti in uso dagli ar-
monico-pratici pel corso di 120 anni in circa, e i 12 che per opera di
Enrico Glareano sono succeduti agli 8 sono stati praticati pel corso di
150 anni in circa. Degli 8 dunque ne tratteremo poi soltanto per ren-
dere facili ad intendersi i componimenti degli scrittori che sono vissuti

( 1 ) Si veda Galilei Vincenzo.

451
avanti il 1547 e dei 12 poi tratteremo non soltanto per intender gli scrit-
ti degli armonico-pratici che sono vissuti dal 1547 fino al 1700 , ma
inoltre perchè chi volesse esercitarli sappia come operare si debba
per ottenerne l'intento. Siccome però : « Non sunt multiplicanda entia
sine necessitate » , così penso di trattare soltanto dei 12 del Glareano , i
di cui primi 8 sono gli stessi ecclesiastici che esistevano e praticavansi
avanti la pubblicazione del suo Dodecachordon.

452
CAPITOLO II .

Come intender si debbano i toni ecclesiastici

Sembra ad alcuni molto strano che 7 soltanto essendo le 8 di let-


tura e specie diversa, fra le quali una è anche inabile ad essere base
di tono modale, al numero di 12 ascender possano nella stessa serie o
categoria i toni modali . E ciò fu certamente la ragione per cui ha cre-
duto un virtuoso dei nostri tempi Gioseffo Fux ( 1) che non sieno, nè
sieno stati , anzi non possono essere più di sei. Tuttavia però riflettendo
alla doppia divisione armonica ed aritmetica dell'8 " tosto si intende co-
me giungere possano al suddetto numero di 12. Nè occorre dire che nei
toni ecclesiastici resi armoniali non si può osservare nè l'armonica , nè
l'aritmetica divisione dell'8ª , imperocchè , come si è detto tal osserva-
zione devesi avere sempre nella parte del tenore, qualora usar si vo-
glino i toni ecclesiastici . E non v'ha dubbio che da principio si fab-
bricava l'armonia sopra il tenore cioè sopra il canto fermo, come age-
volmente osservasi dai precetti dei primi maestri dell'arte armonica, e
dalle operazioni dei più illustri scrittori, che se dovevano vestir d'armo-
nia cantilene ecclesiastiche le conservavano intatte nel tenore, e se qual-
cosa dovevano porre in musica che non avesse la propria cantilena, le
pigliavano ad imprestito per tal effetto da alcuna canzone, Antifona,
o Inno, come si vede nei titoli delle Messe di diversi autori.

(1) De Modis.

-- 453
CAPITOLO III .

Della divisione armonica ed aritmetica

Per parlar all'uso dei pratici ed ischivar un lungo discorso dico


brevemente che essendo comune ad ambedue le suddette divisioni il
partir la proporzione in due intervalli ineguali, la divisione armonica
dispone il maggior intervallo nella parte grave, ed il minore nella par-
te acuta; e pel contrario la divisione aritmetica dispone il minor inter-
vallo nella parte grave, ed il maggiore nella parte acuta . Siccome adun-
que a noi non abbisogna presentemente di trattare se non della divisio-
ne dell'8 " , considerando che questa si risolve in una quinta ed una quar-
ta, diremo che l'8 " s'intende armonicamente divisa allora quando posta
una corda fra i due estremi si avrà la quinta nella parte grave, e la quar-
ta nella parte acuta; ed allora si intende divisa aritmeticamente quando
si avrà la 4ª nella parte grave , e la 5ª nella parte acuta. Avvertasi però
che la quinta deve essere maggiore, cioè quella che nasce dalla propor-
zione sesquialtera 2 e 3 e la 4ª deve essere minore , cioè quella che na-
sce dalla proporzione sesquiterza 3 e 4.
Ciò supposto restano certamente escluse dal numero delle basi del
tono modale l'8" di B per incapacità d'armonica divisione, e l'8ª di F
per incapacità di divisione aritmetica . Si ammette però l'8" di B se
sia divisa aritmeticamente, ed anche quella di F se armonicamente
si divida, e di tali divisioni sono rispettivamente capaci l'una e l'altra
delle due ottave .

454 -
CAPITOLO IV .

A qual corda fondato sii il primo ecclesiastico tono modale

Allorquando quattro soli erano i toni ecclesiastici non v'ha dubbio


che in D fondato non fosse il 1 °, il 2° in E ; il 3º in F ; ed il 4° in G.
Parimente allorchè otto divennero, il 1 ° si conservò per corda fon-
damentale la D. Giunsero finalmente al numero di 12 e tuttavia il
1° tono si conservò per base la corda di D , imperocchè il Glareano
non s'è sognato mai di mutar l'ordine dei toni modali, ma soltanto di
accrescerne il numero dagli otto ai 12. Sopravvenne il Zarlino, il qua-
le approvò detto numero dei toni, ma gli parve l'ordine sregolato;
infatti egli ha tutte le ragioni del mondo, e per verità doveva il 1° tono
essere fondato in C , e proseguir gli altri con ordine senza interrompi-
mento : ma posto che diversamente è stato fatto dai primi istitutori con-
vien lasciar le cose, come da essi sono state disposte per evitare il mag-
gior disordine, e principalmente nelle salmodie.
Io certamente abbenchè abbi veduti Responsori , Graduali , Offertori
e cose simili scritti nelle corde di C ed A , nondimeno in tali corde
non ho veduto mai Antifone a salmodia obbligate; e quando si parla
della salmodia del 1 ° tono, e si intende subito, ed universalmente di
quella che si adatta alle Antifone fondate in D ; cioè alle Antifone del
1° tono, e supposto il 1 ° tono fondato in C non v'è salmodia adatta-
bile e corrispondente ( 1 ) .

(1 ) Nel Io Libro si deve trattare dei greci toni soltanto istoricamente. Nel 2º si trat-
terà dei 12 toni corali, ed allorchè si dovrà trattare dei trasporti si tralascierà di discorrere
del diesis e bemolle, riservandosi a diffusamente trattarne nel 3º Libro, in cui si tratterà
dei due toni musicali armoniali . (Nota a pag. 7 del manoscritto).
(Da questa nota e dalla lettera del 1728 posta in appendice si può con certezza de-
durre che il 30 Libro, di cui è fatta parola, è divenuto in seguito il Trattato della Scienza
Teorica e Pratica della Moderna Musica, e che per ciò stesso almeno fin dal 1735 il P. Val-
lotti abbia cominciato il Trattato suddetto) [N. d. E.] .

455
CAPITOLO V.

Delle rispettive corde fondamentali dei 12 toni ecclesiastici

Dopo aver stabilito per corda fondamentale del 1° tono la corda


di D resta deciso che il 3º tono è fondato in E , il 5 ° in F , il 7º in G ,
il 9° in A, l'11 ° in C intendendo tutte queste ottave divise armo-
nicamente, e detti toni si intendono principali autentici, et duces. Gli
altri sei poi sono fondati in sei ottave aritmeticamente divise, cioè il 2°
in A , il 4º in B , il 6° in C , l'8° in D , il 10° in E , il 12° in G.
Se poi si dovesse intender col Zarlino che il 1 ° tono fondato sii in
C , il 3º fondato sarebbe in D , il 5º in E , il 7º in F , il 9º in G ,
e l'11 ° in A , e per conseguenza poi il 2° in fondato sarebbe in G , il
4º in A, il 6º in B, 1'8° in C, il 10° in D, il 12º in E ( 1 ) .
Siccome i primi sei toni che sono fondati in tante ottave armoni-
camente divise si chiamano autentici, principali etc. così gli altri sei si
chiamano : plagii o plagali , obbliqui, laterali etc. perchè sono fondati
in tante ottave divise aritmeticamente. Come poi si conoscano i toni
autentici dai plagali, o per meglio dire come si conosca una cantilena
ecclesiastica fondata in una 8ª armonicamente divisa, da un'altra fon-
-
data in una 8ª divisa aritmeticamente - poichè dalla modulazione è più
difficile il conoscerlo - lo vedremo nel seguente capitolo, in cui etc.

(1) Quest'ordine è bellissimo e perfettissimo, e quasi mi muto dall'opinione accennata


nell'antecedente capitolo.

456
CAPITOLO VI.

Delle corde finali dei dodici toni ecclesiastici

Sette solamente essendo le corde ed ottave di lettura e specie di-


versa sembra cosa impossibile che ciascheduno dei 12 toni possa aver
una corda finale distintiva; pure così è mercè l'accorto avvedimento dei
primi istitutori.
Non hanno questi assegnate per corda finale di ciascheduno tono
la corda fondamentale, perchè in tal caso inevitabilmente incorrerebbesi
nel suddetto inconveniente , ma hanno per corda finale assegnata la cor-
da grave di ciascheduna quinta. Onde succede che del tono autentico,

e del plagale sono diverse bensì le corde fondamentali , ma sono dell'uno


e dell'altro comuni le corde finali , siccome comuni sono altresì le quin-
te. Potrebbe qui dir alcuno che non solamente sono comuni all'auten-
tico ed al plagale le quinte, ma che inoltre comuni sono le quarte, e
se a queste aggiungonsi anche le corde finali all'uno ed all'altro comuni
niun vestigio resta, onde l'autentico dal plagale distinguersi possa. Chia-
ra però si osserva la risposta altrettanto, quanto evidente si è il sofisma.
E' vero che all'uno e all'altro sono comuni egualmente le quarte che le
quinte quanto alla specie, ma non sono però le medesime quanto al

grado; imperocchè nei toni autentici le quarte sono in acuto disposte,


cioè sopra la 5ª , laddove nei toni plagali le medesime quarte sono di-
sposte nel grave, e cotesta diversa disposizione di quarta sopra o sotto

la 5ª fa sì che il tono autentico sii fondato in una 8 ed il plagale in


un'altra. Il 1 ° tono per es. - giusto il sistema del Zarlino - è fondato
sopra una 8" che è composta della prima specie di 5ª , e della prima spe-
cie di 4*, e lo stesso accade del 2° tono; e pure il 1 ° tono è fondato nella

- 457
corda ed 8ª di C sol fa ut , laddove il 2° è fondato nella corda ed
8a di G.
Bene sta dunque che le corde finali sieno comuni ai toni autentici
e plagali, perchè in vigore di tali corde vengono i toni ad essere ordi-
nati a due per due; e per distinguere l'autentico dal plagio basta osser-
vare l'ascendere o discendere delle cantilene : se ascendono fino all'8"
sopra la corda finale, il tono è autentico; se ascende solamente per una
5ª sopra la corda finale, e discende per una 4ª, in tal caso il tono è pla-
gale, o sia collaterale.

458
CAPITOLO VII .

Delle corde medie o sia delle cadenze subordinate

Nei toni ecclesiastici una sola è la principal cadenza, di cui nel-


l'antecedente capitolo abbiamo trattato sotto specie di corda finale; ora
che dobbiamo trattare delle corde o cadenze subordinate riferiremo pri-
ma le diverse opinioni per venire finalmente alla sposizione della nostra
opinione. Gli antichi autori che delle subordinate cadenze degli eccle-
siastici toni hanno trattato come sono stati il Gaffurio, Pietro Aaron , ed
altri - le hanno assegnate con assoluta dottrina . I loro posteri, anteces-
sori nostri le hanno assegnate per lo più senza fondamento. Quelli ap-
poggiandosi alla pura pratica, questi affidati al loro cervello : tutti però
con molta confusione, perchè non si sa quali siano o debbano essere
giusto il loro prescritto le assegnate cadenze; non si sa, se di 3ª mag-
giore, o di 3ª minore per lo più, e quelli che si sono presa la briga di
assegnarle con tal diligenza, per nostra disgrazia, sono quelli che non
intendendo la natura dei toni ecclesiastici, ci assegnano per corde di
cadenza in alcun tono quelle che appunto non ci debbono entrare, se
alcuna ne incontrano ce l'assegnano con 3ª maggiore se dev'essere con
3ª minore, e con 3ª minore se dev'essere con 3ª maggiore .
Noi però assegneremo a chiaschedun tono sei corde di cadenza ,
cosicchè saranno tutte e sempre le medesime in ciascheduno, ma l'or-
dine sarà mutato in tal maniera che, anche per ordine alle corde di
cadenza, si vedrà la differenza d'un tono dall'altro. Sei corde con la
sua 3ª e 5ª entrano in ciaschedun tono dunque nè meno nè più che
sei sono le corde di cadenza etc. Non meno, perchè una corda che ab-
bia la sua 3ª o 5ª contenuta nella principal 8ª di un tono, dalle subor-
dinate corde di esso non deve essere esclusa . Non più , perchè se senza

- 459
tale prerogativa s'ammette nel numero delle subordinate una corda pri-
va di tal condizione, non vi sarà poi ragione per escludere qualunque
altra.

Accordo però che qualunque plagale debba avere le stesse corde


subordinate che ha il suo autentico e fors'anche lo stesso ordine fra
dette corde, rimanendo sempre fra loro il gran distintivo della diversa
ottava costitutiva dell'uno e dell'altro tono.

460
CAPITOLO VIII .

Delle subordinate corde del 1° ecclesiastico tono

Supposto già che il 1 ° tono, seguendo il dotto parere del Zarlino ,


sii fondato in Č , questa stessa corda vien considerata per finale e prin-
cipale.
Inoltre gli si convengono per subordinate la corda di G F
DA E , con lo stesso ordine che qui stese si trovano. Le corde di
CGF sono maggiori; quelle di D A E sono minori.
Tutte le dette corde debbon essere maneggiate senza accidentali
figure, fuorchè in caso di formale cadenza, onde maneggiando la G
non devesi adoprare il # nella settima corda . Nella F non si deve ma-
neggiare il b nella 4ª corda; non il # nella 2ª corda maneggiandosi la E ;
non il b nella 6ª corda maneggiandosi la D. Tutte in una parola deb-
bon essere adoprate come richiede la naturale sua lettura, perchè ve-
ramente le corde subordinate di ciaschedun tono ecclesiastico sono le

stesse principali corde degli altri toni , ora essendo infallibile che le prin-
cipali corde di ciaschedun tono modale, tutte si maneggiano secondo la
sua natural lettura, non vi ha dubbio che colla stessa riserva maneg-
giarsi debbono altresì allorchè divengono, di principali che erano d'un
tono, subordinate in un altro.

- 461
CAPITOLO IX.

Delle subordinate corde del 2° ecclesiastico tono

Supposta per corda fondamentale del 1 ° tono la corda di C ,


quella di G per necessaria conseguenza viene ad essere la corda fonda-
mentale del 2º tono; la di cui corda finale si è quella nondimeno di C
per essere la più grave della 5 " contenuta nell'8 " di G aritmeticamente
divisa.

Sono dunque le di lui corde : G C F D A E, le quali


intendersi debbono come nell'antecedente capitolo v'è dichiarato. Ĉon-
vien dunque il 2° tono col 1 ° nella corda finale, e nelle subordinate
rimanenti corde; ma il 2° si distingue poi dal 1 ° in ciò , che questo è
fondato nell'8" di C divisa armonicamente , laddove quello è fondato
nell'8" di G divisa aritmeticamente .
Nel 1° tono la stessa corda è principale e finale nello stesso tempo :
nel 2º la corda principale è diversa dalla finale, e la finale dalla prin-
cipale.
Per la final corda conviene il 2° col 1 °, siccome ogni plagale col
suo autentico; per la principal corda si distingue il 2° dal 1°
κ , siccome
ogni altro plagale si distingue dal suo autentico . Questo tono però reso
armoniale, se si voglia conservare nelle sue corde naturali , necessaria-
mente si deve trasportare per un'8 " in acuto, acciò possa adattarsi al
tenore di cui è proprio il conservare le giuste misure prescritte nelle
cantilene .

462 -
CAPITOLO X.

Delle subordinate corde del 3° ecclesiastico tono

La corda ed 8ª di D con la naturale lettura è destinata base del


3° tono ecclesiastico . La lettura sua si è : re mi fa sol re mi fa sol
Tale 8ª intendesi armonicamente divisa : DA D. La di lui
principale corda è D , e questa stessa è la finale. Le corde sue
di cadenza sono : DAFC GE senza intervento di # o b.
che però tre sono minori cioè DA E e tre sono maggiori, cioè
F C G. Fra queste sei corde una è principale, ed è anche finale ,
cioè la D come già si è detto . Un'altra si chiama media, cioè A che
dal Gaffurio ( 1 ) vien detta anche confinale, perchè se talvolta v'ha a
far alcuna cosa in più parti divisa, nelle parti intermedie si usa di far
cadenza finale con tal corda media o confinale. Aderendo a tal dottri-
na hanno costumato i migliori musico-pratici Palestrina, Morales , Porta
etc. scrivendo Messe , di finir il Xste nella corda confinale, così pure scri-

vendo motetti o madrigali in più parti divisi , hanno costumato di termi-


nare la prima parte nella corda confinale; ma nel terminare di fatto tut-
to il componimento tutti costantemente hanno sempre costumato di
terminare nella vera corda finale : onde dovendo esaminare un com-
ponimento, prima d'ogni altra cosa , se ne deve cercare la corda finale;
e questa per non soggiacere ad inganno di sorta alcuna convien cercarla
al fine del componimento . Trovata poi quella siccome son persuaso
che quella non sii sufficente distintivo dell'ecclesiastico tono - si prose-
guisca poi nelle altre ricerche necessarie per riconoscerlo, ma tutte co-
teste rimanenti ricerche però si debbon fare circa il tenore, non in altre
parti.

(1 ) Pract. Music., Lib. Iº, Cap. 8°.

463
CAPITOLO XI.

Delle subordinate corde del 4° ecclesiastico tono

Cotesto tono fu appoggiato all' 8ª di A aritmeticamente divisa :


ADD A. La di cui lettura si è : re mi fa re mi fa sol
la , le di cui corde sono : ADF C G E. Fra queste la A

è la principale, la Dè la finale; le altre sono ausiliarie.


La principale è altresì confinale, onde si può qui osservare che
nel tono autentico la corda principale è anche la finale; e la corda me-
dia è anche confinale, laddove nel tono plagio la corda principale ser-
ve per la cadenza confinale, e la corda media è veramente corda finale.
Tutta la differenza che trovasi fra il tono autentico al plagale circa le
corde di cadenza si restringe nella permuta della principale, e della
media : quella che nell'autentico è la principale, nel plagale è media : e
-
quella che è media nell'autentico diviene principale nel plagio preciso
però il grado di grave e di acuto - perchè la corda media del tono au-
tentico non diviene principale del tono plagio, se non riportata per un
8ª nel grave, cosicchè laddove A col D nell'autentico formava una

5ª, nel plagio forma una 4ª .

464
CAPITOLO XII .

Delle subordinate corde del 5° ecclesiastico tono

Era questo avanti la riforma del Zarlino fondato in F , ora fon-


dato resta in E , la di cui 8a intendesi armonicamente divisa, cioè
E B E. La di lei lettura si è : Mi, fa, sol , re , mi, fa , sol, la . Le
corde di questo tono sono : ECG DAF Fra queste la
principale si è la E ; la media dovrebbe essere la B poichè ella è che
armonicamente divide l'8ª di E ; ma essendo la B esclusa dalle
assegnate sei corde di cadenze non saprei come poterci dar luogo; onde
potrà servire per corda media la G che è la sua 3ª , e forse meglio
ancora la C che è la sua 6ª , la quale sembra dover avere maggiore
jus al grado di corda media per ragione di vicinanza che non la G
suddetta.
Sembra che la maggior parte dei musico-pratici si sieno serviti della
A per corda media di cotesto tono, ma ciò dato io veggo subito mi-
schiati e confusi il 5° col 12° , essendo questo veramente fondato in E
aritmeticamente diviso , cioè EAE come a suo luogo lo vedremo,
e oltre cotesta confusione osservo l'altro disordine inevitabile, cioè che
d'un tono autentico, se ne forma uno plagale, la qual cosa quanto im-
propria sia non è chi non la intenda. Per l'altra parte è da osservarsi
che la B difficilissimamente può maneggiarsi in una semplice sonora
cantilena, ma vestita d'armonia rendesi affatto impossibile e perciò la
C dovrà assumersi per corda media .

- - 465

30 · Trattato della Moderna Musica.


CAPITOLO XIII.

Delle subordinate corde del 6° ecclesiastico tono

Nell'antica serie era questo fondato in C, nella nostra fondato


ritrovasi per ragione di giusto ordine in B aritmeticamente diviso, cioè :
BEB E B ;; la di cui lettura si è : mi fa re mi fa sol re mi .
Le di cui corde sono : CEGDA F. Fra le quali la
C si computa per principale, la E per finale, e le rimanenti si ammet-
tono come ausiliarie. Se nell'antecedente capitolo siamo stati imbroglia-
ti a cagione della corda media, vieppiù lo siamo nel presente dove si
tratta della principale, la quale non può avere luogo nelle corde di ca-
denza . Onde converrà in avvenire assegnare con l'8ª del tono armoni-
camente o aritmeticamente divisa la di lui principale corda e la media ,
e formare poi la serie delle corde di cadenza separatamente da quelle .
La corda principale adunque del 6° tono si è B e la media la E.
Le corde di cadenza sono ECGD A F fra le quali
la E destinata ritrovasi per la cadenza finale e principale . La C serve
per la cadenza media e confinale, e le rimanenti sono ausiliarie : ed ecco
sciolto un nodo che nelle presenti importanti materie apportava non
poco disturbo e confusione.

466 :
CAPITOLO XIV.

Delle subordinate corde del 7° ecclesiastico tono

Era al 7° tono destinata per base la corda ed 8ª di G. Noi abbia-


mo per base del medesimo la corda ed 8ª di F armonicamente divisa,
cioè : FCF , la di cui lettura si è : Fa sol re mi fa re mi fa .
Le di lui corde di cadenza sono : F C G E A D ; fra le qua-

li la Fè la principale e finale; la C è media e confinale. Qui non v'è


difficoltà per ciò che riguarda le corde di cadenza : tutto va bene, ogni
cosa va a nicchio . La difficoltà sta solamente nella modulazione, onde
molte cose in tale proposito debbo avvertire .
La prima si è che avendo noi in questa 8ª una lettura aspra e dura
conviene stare attenti di non urtare nelle pessime relazioni di tritono,
che sovente possono occorrere qualora non s'abbadi a sfuggire l'incontro
di Fe B non solamente nella formazione delle cantilene, ma inoltre
nel passare da uno all'altro accompagnamento, e questo avvertimento

riguarda la dolcezza della modulazione e la naturalezza . Convien guar-


darsi poi altresì dall'uso del b in B , perchè col mezzo suo si può bensì
raddolcire la modulazione e le cantilene, ma si distrugge poi il tono
e invece del 7° si viene a maneggiare il 1 °, cosa che è affatto impropria
e vergognosa ad un dotto e perito professore, il di cui pregio principal-
mente consister deve nel rendersi facili anche le operazioni più difficili .

- 467
CAPITOLO XV.

Delle subordinate corde del 8° ecclesiastico tono

Fondato ritrovasi presso il Zarlino l'8° tono nella corda ed 8ª di C


aritmeticamente divisa, cioè C F C. La di lui lettura si è si-
mile a quella del primo, cioè : do re mi fa sol re mi fa . Le di lui
corde di cadenza sono : FCGEA D. Fra queste la F

serve per la cadenza finale , la C per la media, e le altre sono ausiliarie


egualmente che nel 7° . E perchè toltane la diversa corda fondamentale
ed 8ª, affatto convengono il tono autentico col suo plagale, in avvenire
li uniremo sotto uno stesso capitolo . Era questo presso i nostri antichi
non già l'8°, ma il 6° tono , in cui alcuni si sono presi la libertà di usare
il b con soverchia frequenza, e perchè il doverlo scrivere toties quoties
troppo rincresceva ad alcuni, hanno pensato di scriverlo per una volta
tanto al principio della riga non avendo però intenzioni di toglierlo
dalle corde sue naturali, come lo asserisce Pietro Aaron ( 1 ) ; ma sog-
giungo io a che serve che essi non avessero intenzione di toglier il tono
dalle proprie corde naturali se di fatto lo toglievano, trasportando ve-
ramente il 2° tono una 4ª in acuto; cosicchè per la verità era 2° tono
e non 6° ?
Infine dunque avvertasi che non debbono essere imitati i nostri an-
tichi, e la scusa non li salva .

(1 ) Nel Toscanello .

468
CAPITOLO XVI .

Delle subordinate corde del 9° e 10° ecclesiastico tono

La corda ed 8ª di G armonicamente divisa, cioè : G D G la


di cui lettura si è : do re mi fa re mi fa sol ; è destinata al nono tono .
Al decimo per necessaria conseguenza resta destinata la corda ed 8ª di
D aritmeticamente divisa, cioè D G D , la di cui lettura si è :
re mi fa sol re mi fa sol . Le loro corde di cadenza sono : GDF
CAE fra le quali la G è per la cadenza finale, la D si è per la
cadenza confinale, e le altre sono puramente ausiliarie .
Questi nel vecchio sistema erano il 7° e l'8°, e quest'ultimo diede
occasione al Glareano d'aggiungere gli altri quattro.
Osservò egli che il primo tono e l'ottavo erano ambedue fondati
nella corda ed 8ª di D con questa sola differenza che detta 8ª per
il primo tono si considerava divisa armonicamente, e per l'ottavo si
considerava divisa aritmeticamente.

Ora (diceva egli) per qual cagione non si possono considerare le


rimanenti 8 sotto cotesta doppia considerazione? Non apparendo partico-
lar ragione dell'8 " di D piucchè dell'altre, le quali tutte son egualmen-
te capaci, eccettuatane l'8" di F la quale non è capace di divisione
aritmetica, e quella di B, la quale non è capace di armonica divi-
sione. Quindi dunque prese giustamente l'occasione il Glareano di mol-
tiplicare gli ecclesiastici toni fino al numero di 12; e chi ha coraggio
di riprovare cotesta ampliazione, conviene che fra gli antichi ecclesia-
stici riprovi l'8° ristringendoli al numero di 7; e non di meno restareb-
bevi che dire, se si ricercasse per qual cagione alcune ottave venghino
armonicamente divise ed altre aritmeticamente, e perchè non si potreb-
be applicare a ciascheduna 8ª , che ne sii capace, l'una e l'altra divi-
sione.

469
CAPITOLO XVII .

Delle subordinate corde del 11° e 12° ecclesiastico tono

La corda ed 8 di A armonicamente divisa , cioè A E A , la


di cui lettura si è : re mi fa re mi fa sol la fu destinata all'11 ° to-
no. Al 12° per necessaria conseguenza fu destinata la corda di E arit-
meticamente divisa, cioè : E A E , la di cui lettura si è: mi fa
sol re mi fa sol la . Le loro corde di cadenza sono : AEG D
F C fra le quali la A si è la cadenza finale, e la E per ca-
denza confinale; le altre sono ausiliarie. Già altre volte ho detto ch'io
non so vedere altra differenza fra il tono autentico ed il suo plagale ,
se non che quello trovasi fondato in una 8ª che da quella del suo pla-
gale è più acuta per una 4" . Inoltre che le cantilene dell'autentico si
stendono sopra la corda finale per una intera 8ª, laddove quella del pla-
gale sopra detta corda si stendono solamente per una 5ª e sotto possono
stendersi verso il grave per una 4 : nel rimanente io trovo in tutti la
stessa natura.

470
CAPITOLO XVIII.

Degli ecclesiastici toni trasportati in genere

Il tono trasportato non è altro, se non che la naturale lettura d'al-


cuna gregoriana lettera sii appropriata ad un'altra lettera, cui natural-
mente non conviene, come se la natural lettera di Dio trasferissi
al G, la qual cosa non si può fare se non mediante un'accidental
figura alla chiave affissa e obbligata . I suoni trasportati non sono stati
conosciuti avanti Guidone d'Arezzo, e questo è tanto certo, quanto è
fuor di dubbio che esso è stato l'inventore del b, mediante il quale

si sono cominciati a mettere in uso i trasporti, con tale economia pe-


rò, che un solo trasporto in figura di b per lungo tempo è stato pra-
ticato e non più : e i trasporti in figura di sono stati incogniti fino
a Nicola Nicentino, cioè fino al 1555; ed abbenchè siano stati am-
messi dal Zarlino, non solo il primo, ma anche il secondo, e forse
anche il terzo tanto in figura di #, quanto in figura di b, non
di meno l'uso della pluralità dei trasporti nell'una e nell'altra figura
non s'è posto in esecuzione se non al fine del secolo passato, o piut-
tosto nel principio del secolo presente, e ciò piuttosto nei due toni ar-
moniali maggiore e minore che non nei 12 toni ecclesiastici .
Ora siccome questi nientemeno di quelli sono capaci di qualunque
trasporto nell'una e nell'altra figura, perciò in tanti distinti capitoli li
accenneremo.

471
CAPITOLO XIX.

Dei trasporti del 1º e 8º ecclesiastico tono

tanto in figura di ‡ quanto in figura di þ

Avendo preventivamente assegnato le corde naturali di tutti i 12


ecclesiastici toni, basta ricordarsi che il primo tono di essi fondato ritro-
vasi nella corda ed 8ª di C, e venendo al proposito di ciò che si
tratta dico che i di lui trasporti in figura di sono dieci, e quelli
in figura di b sono sei solamente; quelli sono precisamente fondati
nelle corde di :

GDA E B F C G D A

questi poi sono fondati nelle corde di :

F BEAD G

Trasporti del primo e ottavo ecclesiastico tono in figura di #.


CCDAE

##########

1° G
#########

2º Ꭰ
########

༢༠
#######


######

5º B
FCCDA

#####


####


###

8º G
##

9º Ꭰ
#

10°

472 —
Trasporti del primo e ottavo ecclesiastico tono in figura di b .

C
1° Fb
2º B b b
3º E b b b
4º A b b b b
5º D b b b b b
6º G b b b b b b

Ciascheduna delle sette ottave può avere fino a 16 trasporti fra


l'una e l'altra figura, e più non ne può avere, perchè più non ne
possono somministrare i tasti di doppia figura. Nè tampoco meno di 16
possono essere perchè in tal caso non sarebbe consumato tutto l'ordine
dei tasti di doppia figura , onde a tal numero debbono necessariamente
giungere, acciocchè l'affare vada come si deve. I toni ecclesiastici non
si sono usati nei trasporti in figura di dagli antichi , onde sembre-
rà questa fatica ad alcuni superflua; io però sono d'opinione diversa , e
dico che non si chiama sapere , se della cosa di cui si tratta , non si sà
tutto ciò che saper si deve.
La musica ha il suo principio, mezzo e fine : ergo etc.

473
CAPITOLO XX.

Dei modi corali armoniali

Allorchè ebbe origine il contrappunto altri modi non si conosce-


vano oltre i corali che per siffatto avvenimento passarono nel secolo un-
decimo dalla semplice melodia ad ornarsi anche dell'armonia .
Per conservare poi l'indole degli originali modi corali semplici, ad
una delle parti armoniche si appoggiava l'estensione dovuta al modo
prescelto, ed era questa per lo più il tenore. Ma siccome le varie parti
hanno ciascheduna la propria estensione delle corde , andando del pari
il tenore col soprano, ed il basso col contralto : perciò sembra ad alcuni
che gli otto modi resi armonici, divengono quattro solamente, e i 12
si restringono in sei . Di gran lunga però questi tali s'ingannano, poichè
la diversità dei due modi autentico e plagale non si restringono nella
sola estensione delle corde, come è ben noto a chi intende a dovere il
canto fermo .

Ciò che più importa però si è che la modulazione procedeva se-


condo l'indole del modo : e questa attenzione ebbero certamente i com-
positori del buon secolo , dico : il Palestrina, il Padre Costanzo Porta,
Matteo Asola ed altri tali .
In progresso di tempo poi si sono veduti celebri compositori che

proponendo un modo corale, affatto poi lo dimenticavano nella modula-


zione. Si vede talora proposto solamente il modo col premetterne l'in-
tonazione corale : e nella modulazione poi tutto sfigurato, più non si
conosce. E per maggior prova dell'abuso si vedono anche dei pezzi di

canto fermo introdotti e posti in armonia con una modulazione estranea


onninamente al modo di essi .

474
Conchiudo pertanto che il canto fermo per ogni conto è in se stes-
so pieno di dignità, decoro e magnificenza : arricchito di armonia colla
modulazione che gli conviene, ne risulta quindi senza dubbio una mu-
sica maestosa insieme e divota, quale più d'ogn'altra conviene alla
Chiesa.

475
APPENDICE

477
Questa che pubblichiamo in appendice è una malacopia autografa
di una lettera del P. Vallotti che si conserva presso l'archivio musicale
del Santo.

Fu indirizzata al Conte Japoco Riccati, insigne ed eruditissimo


matematico, come risulta dal Trattato dei Toni modali (p . I , c. III),
e dalla lettera del P. Vallotti del 22 aprile 1736 indirizzata al figlio del
Conte Jacopo, Conte Giordano Riccati, che pure si conserva nell'archi-
vio musicale del Santo, Padova.
La pubblichiamo tutta per l'interesse storico come per l'impor-
tanza della materia musicale trattata. Infatti da essa appare che il P. Val-
lotti aveva elaborato tutto il suo sistema musicale fin dal 1728 .

Padova, 1728.

Poichè non ho avuto l'onore di poterla riverire in persona nel pas-


sato autunno, avvegnachè sendo stato a ricercarla in casa ben due e tre
volte non abbi mai trovato alcuno , dicendomi solamente i vicini che stava
alla vigna, mi prendo ora la libertà di eseguire col presente foglio ciò che
non potei eseguire personalmente, cioè di protestarli il rispetto e la sti-
ma che li professo per ogni riguardo meritatamente (e nello stesso tempo
riverirle per parte del Signor Abbate Botelli, Signor Germano); per la

qual cosa trovandomi io in certo impegno sono a supplicarla di qualche


lume per mia buona regola.

E' nata contesa fra due virtuosi di rango circa l'intelligenza e ma-
neggio della sesta superflua , asserendo il primo che non si dia veramente
tale intervallo, ma che sia una settima minore scritta coll'accidental
figura maggiore e perciò sia dissonanza; che poi invece di risolvere de-
gradando come tutte l'altre, per esser così scritta risolve ascendendo,
seguendo in tale occasione non la natura delle dissonanze, ma la incli-
nazione delle maggiori accidentali intonazioni . E si sforza inoltre di non
ammettere il suddetto superfluo intervallo perchè ( dic'egli) d'uno stesso
e solo accompagnamento consonante si darebbero due vere seste, la qual
cosa è impropria, ed impossibile con altre molte ragioni , che per brevità
tralascio; all'incontro il secondo sostiene darsi veramente la sesta su-
perflua che nasce da un accompagnamento consonante di terza dimi-
nuita, e quinta minore formato , accidentalmente diviso nella sua prima
parte di mezzo, ed ecco il capo del disordine :
Che il primo stabilisce per base ciò che questi pone per prima

- 479
parte di mezzo, quindi la quinta aggiunta in sentenza di uno è vera
quinta, in sentenza dell'altro è settima. Ma il punto della controversia

verte presentemente sopra la terza diminuita , poichè concessa questa,


ne viene per necessaria conseguenza che si dia il vero intervallo di sesta
superflua; ma se si nega tal sorta di terze , la sesta si concede poi sola-
mente apparente, e che in sostanza sia una settima minore scritta col-
l'accidental figura maggiore. Che si dia la terza diminuita lo nega il pri-
mo dicendo che se questa si dasse sarebbe un intervallo di due semitoni
composto, i quali poichè formano un tono producono la distanza di se-
conda maggiore, e non mai di terza .
Ripiglia il secondo che accidente non muta sostanza, onde siccome
d'una terza maggiore se ne può fare una minore mediante l'aggiunta
del bemolle nella parte superiore, o del diesis nella parte inferiore; co-
sì d'una terza minore se ne può formare una diminuita aggiungendo
il diesis alla parte inferiore se fosse mancante nella parte superiore, ov-
vero aggiungendo il bemolle alla parte superiore se fosse mancante nella
parte inferiore.
Ora questo è lo stato della questione che corre la di cui decisione
da ambedue le parti è stata con molta mia ripugnanza a me rimessa ,
ma poichè io (nonostante la finezza praticatami da questi Signori) ben
conosco la mia debolezza giacchè non ho potuto esimermi dall'impegno
ho preso tempo per maturamente considerare la materia controversa ; ed
abbenchè abbi per tal fine scritte diverse cose nondimeno avanti di espor-
le ho pensato di consultarne un maestro che possa meglio illuminarmi ,
per la qual cosa ho prescelto Vostra Signoria come uomo che prima di
me ha esaminate le scolastiche musicali materie con molto diletto e frut-
to ed ecco il motivo del presente incomodo che le apporto , onde la prego
favorirmi dei suoi sentimenti , e dotto parere per mia buona regola pro-
testandomi debitore.
Non si dà terza diminuita se non apparentemente, poichè se fosse
vera terza sarebbe anche consonanza il che non si può dire :
1º) perchè nel monocordo la natura non produce se non terza mag-
giore, e terza minore quindi procedendo alla formazione della seconda
maggiore.
2°) perchè la stessa distanza non può essere consonanza insieme e
dissonanza; sarebbe consonanza come si suppone e sarebbe dissonanza
perchè due semitoni formano un tono e perciò una seconda maggiore
che rimessone il grave alla parte acuta viene ad essere formata una set-
tima minore .
Che poi non risolva degradando all'uso delle altre dissonanze , ri-
spondo che siccome la settima minore ha questo privilegio fra tutte le
altre , che anche maneggiata in figura di settima, invece di risolversi

480
degradando, può anche trasformarsi in consonanza mediante l'alterazio-
ne fatta per mezzo del diesis ovvero del bequadro; a fortiori sendo ma-
neggiata artificiosamente in figura di sesta superflua apparente per la
diminuita intonazione della base, ed alterata intonazione della stessa
può risolvere ascendendo.
Oltre di che ciò procede da necessità per cui ogni dissonanza è ob-
bligata a risolvere determinatamente in alcuna delle consonanze e non
in altra, così la settima diminuita necessariamente risolve in quinta; ora
la sesta superflua per non aver luogo alla risoluzione in discendendo
risolve ascendendo .

Si osservi ancora che le principali consonanze hanno la loro esi-


stenza nella principale ottava del tono maggiore, così la terza maggio-
re, così la terza minore; non così la terza diminuita.
La sesta superflua è intervallo apparente sendo in sostanza una set-
tima minore mancante nella parte superiore; e se fosse veramente sesta,
di un solo accompagnamento consonante darebbonsi due seste; che poi
tale sesta nasca dalla prima accidentale divisione di un accompagna-
mento consonante di quinta minore e terza diminuita formato (ne segue
per necessaria conseguenza, come già dicemmo) .
Nè la segnatura serve in modo alcuno per provare che sia vera
sesta e perciò consonanza, poichè nel rivolto mi si dice che allora ella
sia maneggiata nella propria base , e ciò è un massimo inganno, la qual
cosa voglio dimostrare col confronto delle due figure, cioè della terza-
decima e della settima minore in figura di sesta superflua.
wuvaŏ

Della Terzadecima Della sesta superflua


200 #

15 13 11 15 10 12 10 8 12 14
1986

20
/
w

13 11 9 13 8 10 8 6 10 12
+ #-

12 10 12 8 6 4 8 10
10 8 10 6# 4# 2# 6# 8#
853

6 4 8 5 3 1 5 7
53

53
31

3-

31

1 1 3 5
3 1

1 1 6#

Si osservi che tutta la varietà che verte fra queste due figure nasce
dalla disposizione della sesta sotto l'ottava, e ciò si fa a cagione che è
vera settima situata sotto l'ottava a gran ragione abbenchè sia maneggiata
in figura di sesta si dispone sotto l'ottava; che se noi volessimo maneg-
giarla nell'intervallo di sua replicazione troveremo essere la stessa figura .

481
31 · Trattato della Moderna Musica.
Ciò si renderà chiaro osservandone il numero accorciato al bisogno del-
la pratica.

753
Terzadecima Sesta superflua

753
64
6 6 11 9 7 6# 6# 6 6
8 8 6
53

6 5 5 4# 4 7
5 3 4 3 3 3 2#

Base Parti di mezzo Rivolto Base Parti di mezzo Rivolto

Se l'accidente non muta sostanza dunque si darà veramente l'ot-


tava diminuita e la superflua, la quale cosa abbenchè proposta da al-
cuni valentuomini, e fra gli altri dal Zarlino, nondimeno non lascia
d'essere un solennissimo sproposito, poichè l'ottava è perfettissima con-
sonanza che pienamente corrisponde alla sua base, cioè all'unisono ed
allo stesso ha perfettissima relazione .
Inoltre il monocordo osserviamo che per quanto si divida trattan-
dosi dell'ottava sempre la produce perfettissima, e non si può dire meno
perfetta quella che nasce tra 8 e 16 di quella che nasce tra 1 e 2.
Nello strumento poi da tasto abbiamo tutte le sette ottave mede-
simamente formate di cinque graduali toni da due semitoni interrotti .
Osserviamo di più che la quinta per essere consonanza meno perfetta
della ottava, di sette quinte che abbiamo una sola è formata di due
toni graduali da due semitoni interrotti, la quale appelliamo quinta
minore, sendo tutte le altre sei formate di tre toni e di un semitono .
La terza poi per essere meno perfetta tra tutte le consonanze in una
stessa ottava ne abbiamo tre maggiori di due graduali toni formate, e
quattro minori formate di un tono ed un semitono.
Dal qual discorso io inferisco, o si deve dire che l'ottava non sia
consonanza perfetta più della quinta e della terza, e per conseguenza
si dia ottava superflua e diminuita , ovvero l'ottava è inalterabilmente
formata di cinque graduali toni e due semitoni . Dunque l'accidente
muta sostanza e perciò non si può dare vera terza diminuita , ne per
conseguenza vera sesta superflua.
La sesta superflua è composta di quattro graduali toni da due se-
mitoni interrotti ugualmente che la settima minore, onde tal sesta ra-
gionevolmente non si concede se non apparente, sendo realmente set-
tima minore scritta in figura maggiore, che per essere poi così scritta
invece di risolvere degradando all'uso delle altre dissonanze, ascendendo
risolve.

482
Nè di ciò accade meravigliarsi poichè la settima minore è di tal
natura che si rende maneggiabile in molto diverse forme da quelle che
si facciano le altre dissonanze; e primieramente osservabile rendesi che
essa invece di risolvere in consonanza può degradare in altra settima
minore e talvolta diminuita; dippiù invece di risolvere può restare im-
mobile trovandosi poi in altro accompagnamento trasformata in unde-
cima; inoltre può trasformarsi in terza maggiore ascendendo invece di
risolvere .
Ora se alla settima minore in figura di settima si concede il tra-
sformarsi in consonanza ascendendo, per qual cagione poi gli si vorrà
negare tal privilegio quando è maneggiata in figura di sesta superflua,
nel qual caso deve ascendere anche in vigore dell'accidental figura mag-
giore; ma se deve risolvere degradando, e in quale consonanza risolverà
dunque?
Io osservo che tale armonica proporzione maneggiabile rendesi sol-
tanto nella sesta corda del tono minore dal b (dal ) diminuita, a cui ne-
cessariamente poi ne segue la quinta corda, con terza maggiore, nel
quale accompagnamento necessariamente deve risolvere; ed osservo an-
cora che acciò la settima, qualunque siasi, possa risolvere degradando
in consonanza richiedonsi due accompagnamenti consonanti o discosti
di una terza o d'una quinta discendendo, ovvero di grado ma ascenden-
do, ed in tal caso la settima risolve in quinta, come per l'ordinario ac-
cade alla settima diminuita, e talvolta ancora alla settima minore e mag-
giore. Quando poi due accompagnamenti di grado discendono, se al
primo dei suddetti sia accoppiata la settima non può risolvere degra-
dando se non in un'altra settima; ora nel caso della settima minore in
figura di sesta superflua chiaramente comprendesi che volendola risol-
vere in consonanza non si può risolvere se non in ottava e perciò ascen-
dendo .
La ragione ancora lo insegna poichè se la sesta superflua fosse vera
sesta e perciò consonanza si darebbero nello stesso accompagnamento
consonante due seste, una che si suppone e l'altra che nasce dalla pri-
ma accidentale divisione dell'accompagnamento , la qual cosa è total-
mente fuor di proposito.

- 483
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488
#
75 88 642
03 64
*
10 6753
6#

# **
87 75 649
5483 642

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* 83
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#
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65 6453 6458 6453 645 #
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Basso 45° del ms .

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543 87
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6
752
32 643 152

2p
மேம. 150
9.

53 53
8

6453 6453
5493 -1649 11642 8453
అణ
8h
10

10

10
7853 785
9743
5843 9753 4988 9943
34 J
89558 63

8
53

3
8

3 8
8
5493 5 6453
6453 6458 5493

3
6453
1700
00
16042 33 Com 53
873
403
48 6

44

8
893
6453 5493 6453 6453
543
7b
3
8
10

8 53 53

3b
8
5813 5493 5493 645 5443 6453
1112
1843 53 8753 53
Adagio

3
6453 6453 6453 8453

3
X · Basso 64% del ms.

65-
64
73
Vivace 10 6 10 6 10
3 3# 6 985 985 9 8

10 #9 9 5
9 8 3# 6 6# 6 5

8 65 6 8 65
4 3# 6#
6 6 3b 6 7 6 43#
2

6 3 8 3
76
6 5

76
7
3# 3#
2

106 10
6 10 9.8 6 106
9
56 98 6b
5 5b 6 6 6 6
9 8
2

8b b
6 5 65
75

87

3b. 3b, 34 4 3#
6 7 6 6 5
346 6 #
5493
38

643

48
87

8 65 # 76 6 3
66 34 43 # 5 5b 3b 3
1785

549

4 5
87

2220

53 65
85

64

24 7
43# 3#
2

10 6 10 6 10 6 10
3# 6 985 985 9 8 5 98 6 6# 3#
65
88
642 # 10
6
4
3

10

See
6

65
35 87
dal ms .

10 #

40.
43

8
65

48
Caro a6
142 1466
Basso 66



#
873
80
∞%
ོ。 643
3
·

Caro
1460
IX

642
65
Larghetto

10#
#
8-8

#9
3
‫אי‬
#4 Sal
% 0
96 642 5493
Basso del P Vallotti tolto dal Trattato di Armonia
di B. Asioli pag. 108

5439
76548994

7432
7034
4

65
6
3

5
7 6 B

Basso
3078

1953
Continuo

953

9445
15
7 3 7 7 3 7 3

Basso Fondamentale
Today

toed
#

#4
7542

7542
66449
64432

7642

13b
65

65
11
44

4
#

3 2#

4753
1773
53
11753

១២

1763
798

7 3 7 7 7 7
885339
6564

5989
4

6442
#
43

43

3
#A

b& 6
5778

3758

186
8

3 7 3 7 3b 3b 7
8
dd
e

6546

19539

644
4444
642

43
6b 6b

7642

104
5 5b 24 4
6b

42
15

41 3
4

3կ bd 6400 e
207 68
A

953

953
13,

‫هه‬

175
7b 11 136
11 5 5 11 56
5 3h 3 7 3b b 5 7 3 3b 3b

4
dod ad bo
#
‫مه‬
1943

‫هه‬
8536

**
###

****
439

742
752 S

43
#9
7 3 3# 4# 2
#9
6
*
#

2# 3# 3#
1743

‫هه‬

9#
153

11
853

13
***

#6
5b 5# 5# 13#
3b 7 3 3# 7 3# 7 3# 3# 3# 3#

5#
3#
6 6# 6 # 11
3# 34 3 3# 4# 5 7

13#
7
5# 11
3 7 3# 34 7 3 3կ E 3# 3 7 5 7
Et in terra pax

a 4 Voci

1727

Larghetto

Et in ter - ra pax bo

Et in ter ra pax ho

Et in terra pax pax ho


76853

Larghetto 8

-mi ni- bus bo · nae vo - lun ·

- mi ni - bus bo - nae ΤΟ · lun ❤ ta

bo - nae го ·- lun · ta tis

mi - ni- bus bo - nae vo - lun · ta tis


11b 10
59
53

6 6
4 7 76 3 5
-ta tis

· tis Et in ter ra pax pax ho .

Et in ter ·. ra ho

0
pax

Et in ter - ra pax ho
79863

5
649

75

9 8
20

pax ho mini-bus pax ho mi · ni bus

mi ni-bus pax ho - mi . Di bus pax ho

-mi ni-bus ho . mi · oi- bus pax ho


0

pax

- mi · ni - bus pax ho mi · oi- bus

6 5 5
4 3. 6 3 3 6 4 3
pax ho · mini-bus bo - pae vo - lun - ta - tis

-mi - ni-bus pax bo · mi ni-bus bo - nae vo - lun -

-mi ni - bus pax ho- mi - ni - bus bo - pae vo - lun -

pax pax pax ho · mi · ni - hus

353
60
75
66

5 9 8 3 76

Et in ter - ra pax

-ta tis Et in ter ·

- ta tis Et in ter · ra

bo · nae VO lun · ta tis

5 5
4 3 76 4 3 76
10
ho · mi ni-bus pax ho - mini - bus

ra pax ho- mi - ni - bus pax ho mini-bus

pax pax ho · mini- bus pax ho

pax ho . mi - ni-bus pax ho


53
14
35

6 5
8 6 4 3b 3 6
10

pax ho mi ni · bus bo · Dae vo - lun -

pax ho mi - ni -bus pax ho - mi ni -bus

-mini- bus рах ho · mi - ni- bus homi- Di-bus

- mi - ` ni- bus pax ho • mi ・· ni- bus ho · mi - oi- bus


364

76

6 5
4 3 6 6 4 3 76
-ta - tis

bo - nae VO · lun ❤ ta tis

bo - nae ΤΟ · lun · ta tis Et

446
Et in ter · ra

0
11b 10

33
5 6
76 3

Et in ter · ra pax ho mi ni - bus

pax ho -

in ter - га рах ho - mi ni- bus


78653

pax ho mi . ni - bus
75

64

5
9 8 ; 3
pax ho - mi - ni- bus pax ho mi · ni-bus bo-

-mi - ni - bus pax ho mi - ni -bus bo bae

pax ho -- mi · ni - bus bo nae

pax ho - mi- ni- bus pax ho - mi - Di- bus


5 6
3 5

nae vo - lun - ta · tis.

lun - ta . · tis.

VO lun - ta . - · tis.

bo · nae VO lun · ta tis.


54

9 32 3
Qui Mariam
Dies ire a 5 Voci
1738

Largo

Qui Ma · ri am ab · sol · vi - sti

Qui Ma · ri - am ab · sol ❤ ri · sti

Qui Ma · ri am ab · sol - vi . sti

The

Qui Mari · am ab · sol - vi . - sti

Qui Ma · ri · am absol · vi - - sti

Largo 3$ 5 6 3$

Vivace

Qui Mariam ab - sol- vi - sti et . la tro nem exau -

Qui Mariam ab - sol- vi- sti et la · tro- nem e

Vivace
Qui Ma - ri - am ab - sol - vi- sti et la .

-di sti mi - hi quo-que spem.

xau - di - sti mihi quo que spem de

Qui Ma · ri - am absol · vi - sti et la · tro


664

පස
10
3# 6#* 24 34 8

-tro- nem xan - di · sti mi hi quo

Qui Ma · · ri - am ab - sol · ri - sti et

de - disti mi - bi quo qne sper de

-di- ·- sti Qui Mari am ab - sol .

nem e . xau - di . - sti mi · hi


763
64

10
3# 2 3# 9 8 64
- que spem de · di · sti Qui Ma -

la · tro nem et la P tro- nem e xau- di

-di - sti

- vi - sti et la · tro - nem et la -tro nem e - xau - di -

quo-que spem. de · di sti spem de - di .


9
10 8. ,
34 34 6 7 3$ 23$

.ri - am ab- sol - vi - sti et. la tro nem e - xau di -

sti mi - hi ված que spem de · di sti Qui Ma -

Qui Mariam ab- sol - vi - sti et la · tro -nem e xau - di

D
bp le p
- sti mì - hi quoque spem . de - di · sti mi - hi
963
543

-sti
753
64

73
76

10
-

76 5 6 4 3h 2 34 714
- sti mi · hi quoque spem de · di - sti spem de -

-ri - am ab - sol · vi - sti et la - tro nem e - xan - di -

-sti mi - hi quo que spem de - di sti

quo que spem de ·. di sti Qui Ma -

Qui Ma- ri - am ab-sol - vi - sti et la · tro-nem e xau - di


Th 10

62
64 2 5 5

-di . - sti

He

. sti mi - hi quo que spem de

Qui Ma - ri - am ab -sol · vi - sti et la · tro

-ri am ab - sol ·. vi sti et la · tro- nem et la .

-sti mi - hi quo que spem de di - sti


643
753

10
GL
64

64
&

10 10 635
9 6 5 64 5b

Qui Mariam ab- sol- vi - sti et ·la .

-di sti mi- bi quo que spem de ·- di

nem e- xau - di · sti mi · hi quo- que spem

-tronem e xan- di · sti mi - hi quo que spem de .

Qui Mari - am ab- sol- vi- stiet la - tro

732
1

២៧
73

6 10 6#

6
64 4 6

-tro-nem e xan - di - sti mi -hi quo que mi - bi

- sti Qui Mariam ah - sol- vi .

de di - ·- sti mi- hi quo que mi - bi

-di - sti spem. de · di sti Qui Mariam ab - sol-

JOL

· nem e - xau - di sti mi hi quo


24

5

6
quo que spem de · di

sti et la - tro nem e xan - di .

quo . que spem de - di .


tot

-vi - sti et la · tro · nem xau - di


75544

· que spem de di .
76453

63

64
564

3# 2 6 3#

E tot

-sti mi hi quo que spem de di sti.

-sti mi - hi quo que spem de di - sti,

fot #

- sti mi - hi qno - que spem de - di sti.

-sti mi hi quo - que spem de - di . sti.

Ω
tot
E

- sti mi · hi quo- que spem. de - di sti.

10
3# 6 5 9 3#
d
Amen

Dal "Dies ire ,, a 5 Voci


1738

Vivace

A -

A - · men

A -
Vivace

-men A - men

A -

A .

A . men A -

- men
642

53
739

6 6
6 5 5 6
O
A . men

·- men A.

men A.

· men

A .
642

69
63

6 2 6 34

A -

men A-

- men A -

招址
men
A 64O

men ·
750
7
43

34 3k
3
men A.

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76
75

6b 6 6b
5 4 3 5

· men A .

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· men A .

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A - · men
649
63


5 3 36 5
· men

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men A.

A -
66

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6b 3

A - · men A .

A - · men A

· men A

· men A -

A.
642

men
649
649

63

63

66

5
3 2
· men A -

men A -

men A-

78858
494

සහ

44
76

men.

men.

**

men.

men.

- men.
1564

63

64

5
68

163

10
3 3 6 9 8
E
Qui Mariam

Dal "Dies ire,, a 4 Voci

1756

Comodo Ma · ri am ab sol ·
Qui

20

-vi · sti et la tro- nem xau

2
|

-di - sti mi - hi quo - que spem de ・ di - sti

mi · hi quo que spem spem

d. d. d हे d
de - di sti Qui Ma · ri am

ab sol · vi sti et la
la · tro- nem

e|

e xan -· di - sti mi ·· hi quo · que

spem de · di · sti mi hi · quo · que

2
d G

spem spem de di sti.

3
Į .
d d d
Finito di stampare il 14 Agosto 1950
nella Tipografia della Provincia Patavina di
S. Antonio dei Frati Minori Conventuali
Basilica del Santo - Padova
IL MESSAGGERO DI S. ANTONIO
BASILICA DEL SANTO - PADOVA

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