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Prof.

Francesco Castaldo

COLLEGIO GEOMETRI DI TORINO E PROVINCIA.


PROVA SIMULATA DI ESAME DI STATO –ANNO 2017 -.

ALCUNE CONSIDERAZIONI GENERALI SULLA PRATICA


PROGETTUALE

Si tratta solo di alcuni spunti offerti per una riflessione che ritengo possa essere utile
sia come guida per una più consapevole attività di progettista che, ancor di più, per
indirizzare lo sviluppo di una attività didattica volta a formare progettisti.

1) Un progetto non si può sviluppare in modo rigorosamente lineare (non è la


risoluzione di un problema matematico): è piuttosto un processo all‟interno del
quale la presenza di un feedback loop –la retroazione- diventa primaria e dunque,
volendo usare un linguaggio da colti, ci troviamo nel bel mezzo della
“cibernetica”. Il percorso di risposta alle richieste di una committenza più o meno
individuabile comincia da una prima ipotesi che deve essere riconsiderata e
ridefinita più e più volte in un continuo approfondimento. E si badi bene che nel
corso di questo approfondimento è più la norma che una eccezione dover rifare
tutto daccapo.
“… la comprensione del problema che si ottiene proprio progettando per
tentativi è molto più efficace del pensiero astratto intorno al problema in
questione, anche e in quanto meno semplificatoria e più predisposta
all‟ambiguità …. Il pensiero progettuale comprende l’arte di risolvere i
problemi non definibili con precisione, ricorrendo a tentativi, orientando la
propria strategia cognitiva verso la soluzione, utilizzando spesso mezzi di
modellazione non verbali. Queste capacità sono possedute da tutti, sia pure in
gradi diversi, costituiscono una forma fondamentale di intelligenza umana che
deve essere riconosciuta e valorizzata attraverso la formazione.” (Raiteri-Cross)

2) “La specificità della disciplina progettuale è in un certo senso proprio la sua A-


specificità, la sua capacità di organizzare le zone vuote tra le discipline, di
<sedurle> verso uno scopo comune in un tutto comune interconnesso” (Raiteri,
pag. 84).
3) “L‟intelligenza progettuale, nel presente, è prima di tutto una intelligenza
connettiva (o se si preferisce „una intelligenza collettiva‟), non per scelta ma per
necessità”. (Raiteri, 86)
4) “L‟esperienza progettuale non è un processo lineare, non una sequenza di fasi
determinabili a priori univocamente; non procede da un inizio alla fine, dal
generale al particolare. Chi compie questo percorso (progettuale) deve ….…..
essere disposto al ripensamento, alla riflessione, a saltare dall‟induzione alla
deduzione e viceversa, a ricominciare daccapo, ad accogliere nuove
informazioni …. che modifichino … i risultati raggiunti, ad avanzare ipotesi e a
scartarle quando non reggono al vaglio delle verifiche.” (Raiteri). Dunque si
evidenzia ancor di più il procedere per tentativi (provo e quindi scarto o
mantengo) che porta l‟attività del progettare in un territorio dove la “razionalità”
non è l‟unica padrona.
5) Le conoscenze e, ancor più, le competenze richieste al progettista sono le più
svariate: la Geologia, l‟Estimo, la Topografia, la Sociologia, la Psicologia, la
Medicina, la Storia, la Letteratura, la Filosofia, la Geografia, l‟Epistemologia ecc.
ecc. Ma non si può essere specialisti in tutto. “La conoscenza ha rilevanza solo e
in quanto si accompagna alla capacità d‟uso della stessa” (Tagliagambe) ma
proprio per questo con il progetto si consente ad essa di “.. esprimersi nella
capacità di affrontare problemi reali”. Nella progettazione può dunque avvenire
la più alta manifestazione concreta del legame necessario tra il „sapere‟ e il „saper
fare‟.
6) Ormai nel progetto è ineludibile l‟apporto di “menti diverse (per forma,per
cultura, per background disciplinare di base) (che) si intreccia nel sistema di
relazioni tra gli attori di questo processo…… privilegiando le interfacce e il
superamento della incomunicabilità tra i linguaggi. Quello che ci si impegna a
fare „insieme‟ travalica ciò che si è o si sa, senza cancellare l‟importanza della
propria provenienza….. Le diverse competenze riescono a collaborare e si
svestono delle loro „livree‟ disciplinari – pur non rinnegando la loro cultura e i
loro saperi specifici – ma mettendo in primo piano la comprensione e
l‟interpretazione del tema comune a tutti e facendone il soggetto di una fervida
negoziazione, di una concertazione nel corso della quale tutti contribuiscono con
il loro apporto ad una paternità collettiva del risultato”.
7) Quante cose dovrebbero aver fatto Renzo Piano, Norman Foster, Jean Nouvel,
Santiago Calatrava, Daniel Libeskind ecc. ecc.? E‟ ovvio che si tratta molte volte
di operazioni di marketing, che portano alla necessità della firma solo per
attribuire ad un edificio il prestigio della “moda” al fine di ottenere una
supervalutazione del prodotto sul mercato immobiliare. Brutta cosa la “moda”
nell‟edilizia!
8) “Oggi la coralità dell‟opera elimina, nell‟essenza, la paternità del singolo come
al tempo delle grandi Cattedrali”.

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