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Il canto degli Italiani

1a strofa

1 Fratelli d'Italia O fratelli d'Italia, l'Italia si è svegliata; ha cinto il suo


L'Italia s'è desta, capo con (ha indossato) l'elmo di Scipione.
3 Dell'elmo di Scipio Dove è la dea Vittoria? Essa porga la sua chioma
S'è cinta la testa. all'Italia, perché Dio l'ha resa schiava di Roma.
5 Dov'è la Vittoria? Stringiamoci a formare una coorte, noi siamo pronti
Le porga la chioma, alla morte perché l'Italia chiamò (a lottare).
7 Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
9 Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
11 L'Italia chiamò.

In giallo sono evidenziati i numerosi richiami alla romanità.

Note.
v. 3. Scipio è la forma latina del nome Scipione.

vv. 6-8. Questi versi fanno riferimento all'abitudine delle schiave dell'antica Roma di
portare i capelli corti: le donne romane libere, invece, li portavano lunghi. Per quanto
riguarda "schiava di Roma", il senso è che l'antica Roma fece, con le sue conquiste, la
dea Vittoria "sua schiava". Ora, però, secondo Mameli, la dea Vittoria è pronta a
"essere schiava" della nuova Italia nella serie di guerre che sono necessarie per
cacciare lo straniero dal suolo nazionale e per unificare il Paese.

v. 9. "Stringersi a coorte" significa serrare metaforicamente le file tenendosi pronti a


combattere. Si tratta, dunque, di una chiamata alle armi degli Italiani per combattere
lo straniero.

Dal verso 9 al v. 11 c'è il ritornello che si ripete in tutte le successive strofe.


Il reboante «Sì!» aggiunto da Novaro al ritornello cantato dopo l'ultima strofa allude
al giuramento, da parte del popolo italiano, di battersi fino alla morte pur di ottenere
la liberazione del suolo nazionale dallo straniero e l'unificazione del Paese.
2a strofa

Noi siamo da secoli Noi Italiani siamo da secoli calpestati e derisi perché
13 Calpesti, derisi, non siamo un popolo ma siamo divisi. Un'unica
Perché non siam popolo, bandiera e una speranza unitaria ci raccolga: già è
15 Perché siam divisi. suonata l'ora di unirci.
Raccolgaci un'unica ...
17 Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
19 Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
21 Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Nella seconda strofa si fa riferimento ad un desiderio: la speranza che l'Italia, ancora


divisa negli stati preunitari (erano sette) e quindi da secoli spesso trattata come terra
di conquista, si raccolga finalmente sotto un'unica bandiera fondendosi in una sola
nazione. Mameli, dunque, sottolinea il motivo della debolezza dell'Italia: le divisioni
politiche.

3a strofa

23 Uniamoci, amiamoci, Uniamoci e amiamoci, perché l'unione e


l'Unione, e l'amore l'amore rivelano ai popoli le vie del
25 Rivelano ai Popoli Signore; giuriamo di rendere libero il
Le vie del Signore; suolo in cui siamo nati (la nostra terra):
27 Giuriamo far libero uniti attraverso Dio (con l'aiuto di Dio)
Il suolo natìo: chi ci può vincere (sconfiggere)?
29 Uniti per Dio ...
Chi vincer ci può?
31 Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
33 L'Italia chiamò.

La terza strofa incita alla ricerca dell'unità nazionale con l'aiuto della Provvidenza e
grazie alla partecipazione dell'intero popolo italiano finalmente unito in un intento
comune.
Questi versi riprendono l'idea mazziniana di un popolo unito e coeso che combatte
per la propria libertà seguendo il desiderio di Dio. Infatti i motti della Giovine Italia
erano proprio «Unione, forza e libertà» e «Dio e popolo».
4a strofa

Dall'Alpi a Sicilia Dalle Alpi alla Sicilia dovunque si coglie


35 Dovunque è Legnano, lo spirito di Legnano, ogni uomo ha il
Ogn'uom di Ferruccio cuore (il coraggio) e l'abilità di Ferruccio
37 Ha il core, ha la mano, [Francesco Ferrucci], i bambini italiani si
I bimbi d'Italia chiamano tutti Balilla, il suono di ogni
39 Si chiaman Balilla, campana ridestò la memoria dei Vespri
Il suon d'ogni squilla siciliani.
41 I Vespri suonò. ...
Stringiamci a coorte
43 Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Nella quarta strofa sono inseriti riferimenti ad avvenimenti importanti legati alla
secolare lotta degli italiani contro il dominatore straniero: citando questi esempi,
Mameli vuole infondere coraggio al popolo italiano spingendolo a cercare la
rivincita.

Note

v. 36. Il Ferrucci fu ucciso da Fabrizio Maramaldo. In seguito il sostantivo


"maramaldo" verrà associato a termini quali "vile", "traditore" e "fellone".

v. 39. Balilla è il giovane da cui originò, il 5 dicembre 1746, con il lancio di una
pietra a un ufficiale, la rivolta popolare del quartiere genovese di Portoria contro gli
occupanti asburgici durante la guerra di successione austriaca. Questa rivolta portò
poi alla liberazione della città ligure.

v. 40. Le campane che chiamarono il popolo all'insurrezione furono quelle del


vespro, ossia quelle della preghiera del tramonto, da cui deriva il nome della rivolta.
5a strofa

45 Son giunchi che piegano Le spade vendute, cioè i mercenari, sono


Le spade vendute: come delle canne che si piegano: ormai
47 Già l'Aquila d'Austria l'Aquila austriaca ha perduto le penne.
Le penne ha perdute. Bevette il sangue italiano, quello polacco,
49 Il sangue d'Italia, insieme ai russi, ma come veleno dilania
Il sangue Polacco, il suo cuore.
51 Bevé, col cosacco, ...
Ma il cor le bruciò.
53 Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
55 L'Italia chiamò.
La quinta strofa è dedicata all'Impero austriaco in decadenza. Nel testo si fa infatti
riferimento alle truppe mercenarie asburgiche («Le spade vendute»), di cui la
monarchia asburgica faceva ampio uso. Esse – secondo Mameli – sono "deboli come
giunchi" («Son giunchi che piegano») dato che, combattendo solo per denaro, non
sono valorose come i soldati e i patrioti che si sacrificano per la propria nazione. La
presenza di queste truppe mercenarie, per Mameli, ha indebolito l'Impero austriaco.
Nella strofa si fa anche accenno all'Impero russo (nell'inno chiamato «il cosacco »)
che partecipò, insieme all'Impero austriaco e al Regno di Prussia, alla fine del
Settecento, alla spartizione della Polonia. È quindi presente un richiamo a un altro
popolo oppresso dagli austriaci, quello polacco, che tra il febbraio e il marzo del 1846
fu oggetto di una violenta repressione ad opera dell'Austria e della Russia.
Il testo fa riferimento all'aquila bicipite, stemma imperiale asburgico.

La sesta strofa
La sesta ed ultima strofa, che non viene quasi mai eseguita, comparve nelle edizioni
stampate dopo il 1859 in aggiunta alle cinque definite da Mameli nella scrittura
originaria del canto (Mameli morì il 6 luglio 1849 durante la difesa della Repubblica
Romana) e preannuncia, con gioia, l'unità d'Italia («Evviva l'Italia, / dal sonno s'è
desta»). La strofa prosegue chiudendo il canto con gli stessi tre versi che concludono
la quartina della strofa iniziale («Dell'elmo di Scipio, / s'è cinta la testa. / Dov'è la
Vittoria? / Le porga la chioma, / ché schiava di Roma, / Iddio la creò»).

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