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La leggenda di Shambala, luogo di potere e di rinnovamento - 1a Parte

di Dana Lloyd Thomas

“Shambala si stenderà su tutta la terra e quest’ultima ritroverà una condizione paradisiaca priva di
guerra e di odio; gli uomini ritroveranno uno stato perduto da tempo e vivranno cento anni”
- Jean Marquès-Rivière, Kalachakra. Iniziazione tantrica del Dalai Lama,

- La leggenda
La leggenda di Shambala, l’antico regno tra il fisico e il metafisico, ha affascinato generazioni di
ricercatori, come luogo di rinnovamento spirituale ma anche del trionfo del bene nella
manifestazione materiale, e quindi in ambito storico-politico. La leggenda si associa
all’insegnamento buddhista del Kalachakra, ma la sua fama si estende ben oltre l’ambito buddhista
per diffondersi anche nel mondo occidentale. In queste pagine ci prefiggiamo di tracciare alcuni
aspetti di questa tradizione e della sua attualità nel mondo odierno, oltre a chiarire alcuni malintesi,
sorti in ambiti esoterici occidentali intorno all’argomento. Shambala (talvolta scritto “Shambhala”),
viene descritta come una città santa a forma di grande loto a otto petali, come il chakra del cuore; e
viene collocata dai tibetani nell’Himalaya, o talvolta in Asia Centrale, a Nord della grande catena
montuosa.1 Il misterioso regno si associa all’archetipo della montagna sacra quale simbolo dell’axis
mundi, il punto di contatto tra cielo e terra.2
Sul piano metastorico, il re di Shambala, Suchandra, ricevette dal Buddha gli insegnamenti del
Kalachakra Tantra, per poi diffonderli nel proprio regno, mentre sul piano storico tale insegnamento
è comunque presente in Tibet da circa mille anni.3
Rispetto al mondo occidentale, notizie su Shambala furono segnalati da uno dei primi studiosi
europei della lingua tibetana, l’ungherese Alexandre Csoma de Körös.4
Tra le molte materie trattate nei testi del Kalachakra, l’ultimo grande ciclo tantrico buddhista, si
ricordano l’astrologia, la matematica, la medicina, la fisiologia sottile e la meditazione.
Questa tradizione comprende anche una vena profetica: infatti, l’ultimo re di Shambala, Rudra
Chakrin, condurrà una battaglia vittoriosa contro i nemici del Dharma, per far trionfare sulla Terra
la suprema legge cosmica. Tale aspetto conobbe una vasta diffusione in Asia e poi in Occidente, e vi
furono anche interessanti risvolti politici.
In quanto all’aspetto escatologico, nei testi del Kalachakra vi è la profezia secondo cui avverrà
un’invasione da genti di stirpe diversa da quella indiana, i “mleccha”, nemici del buddhismo; per
contrastarla, il re di Shambala riunirà gli iniziati al Kalachakra.5
Già con questi brevi accenni si capisce l’importanza di Shambala, e quindi sarà utile fare qualche
considerazione intorno a questa dottrina tradizionale e le relative vicende storiche.

1 Cfr. Marquès-Rivière, Jean. Kalachakra. Iniziazione tantrica del Dalai Lama, pag. 16.
2 Cfr. Hess, Karolina Maria and Sieradzan, Przemyslaw. Explorations of the Esoteric Dreams of the Himalayas, in
Światło i ciemność t. VIII. Imaginatio, Wydawnictwo Uniwersytetu Gdańskiego, Gdańsk 2017, pag. 176.
3 Cfr. Marquès-Rivière, Jean, Op. cit., pag. 17. Per Berzin, annoverato tra i migliori studiosi del buddhismo
Mahayana, Shambala non è una “terra pura”, una dimensione paradisiaca buddhista, bensì un regno umano ove
tutte le condizioni erano favorevoli alla pratica di Kalachakra. Cfr. Berzin, Alexander. Le guerre sante nel
Buddhismo e nell'Islam, https://studybuddhism.com/it/studi-avanzati/ storia-e-cultura/il-buddhismo-e-l-islam/le-
guerre-sante-nel-buddhismo-e-nell-islam.
4 Dal 1837 al 1842 fu bibliotecario alla Asiatic Society di Calcutta, nell’India inglese, uno dei primi centri per la
diffusione in Occidente della cultura orientale.
5 Secondo Pio Filippani-Ronconi, (Il Buddhismo, Newton Compton, Roma 1994, pagg . 59-60), i vari sistemi
spirituali andrebbero classificati secondo i tre “guna” (sapori): “Nella parte più propriamente apocalittica, il Kâla-
cakra emette un giudizio sintetico sui sistemi che l’hanno preceduto, classificandoli secondo la scala decrescente
dei tre guna della filosofia sâmkhya: sattva, ‘trasparenza’, ‘albedine’; rajas, ‘motilità’, ‘rubedine’; tamas, ‘oscurità’,
‘inerzia’, ‘nigredine’. Sono essenziati di sattva i due gruppi degli rsi o Vati vedici. Al rajas appartengono, invece, le
otto incarnazioni di Visnu e le dottrine da loro propagate. Al tamas vengono attribuiti, a cagione della loro opacità
spirituale, l’insieme degli eretici maestri dei barbari (mleccha) che sono chiaramente elencati come Mani, Abramo,
Gesù, il Jina, Mosé ed Enoch, con l’indicazione persino dei luoghi ove si sarebbero manifestati”.
- Kalachakra e Shambala
Il Kalachakra, o “ruota del tempo”, è uno dei Tantra del buddhismo indo-tibetano.6 Nel buddhismo
tibetano esiste la consuetudine della triplice categorizzazione dell’uomo in Corpo, Parola e Mente;
la triplice manifestazione vale anche nei Tantra con la divisione tra esterno, interno e “segreto”.7
Nello specifico, il Kalachakra, nella parte detta esterna si occupa del tempo ciclico in base al
sistema sessagesimale, ossia il sistema calendariale di sessant’anni, simile a quello cinese, in cui si
alterna la serie dei dodici animali zodiacali contrassegnati con i cinque elementi per formare la
“ruota del tempo”. Al ciclo calendariale si ricollegano vari metodi astrologici e divinatori, oltre ad
elementi di matematica.8
Il Kalachakra interno tratta le componenti della fisiologia sottile, alle quali corrispondono mantra da
recitare e divinità dal visualizzare; mentre nel terzo grado, che viene chiamato “alternativo”, si
approfondiscono le dottrine metafisiche e le tecniche di concentrazione sulle divinità meditative.9
Se nella tradizione induista Shambala è indicato come il luogo di perfezione, prescelto per la nascita
di Kalkin, ultimo avatara del dio Vishnu alla fine del Kali Yuga,10 nel buddhismo diventa la “patria”
del Kalachakra. La sua ubicazione è incerta, com’è ambigua la sua condizione di luogo sul piano
fisico oppure su un altro piano dimensionale. Forse in realtà l’una interpretazione non esclude
l’altra. Da una parte, il regno è stato talvolta collocato nello Oddiyana, nell’attuale Valle dello Swat;
con ciò si configurerebbe come regno esistito in passato ma oggi scomparso. Se si colloca invece in
una dimensione iperfisica e, implicitamente, atemporale, occorrono poteri o abilità speciali per
raggiungerlo, come ad esempio i vari “siddhi” attribuiti ai grandi praticanti.
Infatti, come osserva Berzin, “nell’insegnamento vi è un parallelo tra il mondo esterno (astronomia,
geografia, storia) il corpo umano e la pratica tantrica buddhista. Quindi agli invasori contro i quali si
lancia un monito nel Kalachakra, e che saranno sconfitti dalle forze di Shambala, corrispondo livelli
di significato di tipo storico, fisiologico e meditativo.11

6 In ambito buddhista si distinguono tre “veicoli” per raggiungere la buddhità: il Theravada o Hinayana (Piccolo
Veicolo), che si attiene al Canone Pali, ossia testi in lingua pali contenenti la vita e gli insegnamenti del Buddha
Shakyamuni e dei suoi discepoli; in questa via si mira alla fuoriuscita dal samsara, ossia dal mondo fenomenico del
ciclo delle morti e delle rinascite, per raggiungere lo stato di beatitudine del nirvana. Il Mahayana o Grande
Veicolo, si basa invece sul “Prajnaparamita Sutra” ed altri testi in lingua sanscrita; in esso si afferma la superiorità
del Bodhisattva o essere di compassione che rinuncia al nirvana per rinascere come insegnante. Il Vajrayana o Via
del Diamante il quale, oltre ad accogliere il canone del Mahayana, comprende tecniche come la recitazione dei
mantra e il Tantra con l’utilizzo di tecniche yogiche e di visualizzazione. Come ulteriore stadio, il buddhismo
tibetano aggiunge anche il Mahamudra e lo Dzogchen, che mirano al superamento del dualismo tra samsara e
nirvana. Con il caveat che esistono approcci diversi a riguardo, si può affermare che, dal punto di visto dello
Dzogchen, gli insegnamenti del Sutra ingiungono alla rinuncia delle azioni nocive ed alla pratica delle azioni
virtuose, mentre nel Tantra si prevede anche la trasformazione di quanto offerto dal mondo fenomenico, nella
consapevolezza della sua natura illusoria. Nello Dzogchen infine si mira a raggiungere lo stato non-duale,
superando (o integrando) sia la rinuncia, sia la trasformazione. Cfr. ad es. Boaz, David Paul, The Buddhist View:
Sutra, Tantra and Dzogchen, in davidpaulboaz.org.
7 Per sommi capi, nel tantrismo l’apparato esterno comprende vari rami della conoscenza pratica, nonché le basi del
simbolismo e del rituale; poi vi è l’insegnamento interno, in cui il praticante, opportunamente iniziato da un
maestro qualificato, si cimenta in tecniche yogiche e meditative, con particolari respirazioni, visualizzazioni e un
lavoro per sviluppare i canali (“nadi”) e centri (“chakra”) sottili. Vi è poi l’insegnamento “segreto”, in cui il
praticante si prefigge di raggiungere l’unione non-duale con la particolare divinità meditativa (“yidam”) associata
all’insegnamento.
8 Cfr. Marquès-Rivière, Jean, Op. cit., pagg. 149-150. I dodici animali sono: lepre, dragone, serpente, cavallo,
pecora, scimmia, uccello, cane, maiale, topo, bue, tigre. I cinque elementi sono: fuoco, terra, metallo, acqua, legno.
A differenza del sistema cinese, agli elementi si distinguono due polarità una maschile ed una femminile per cui si
susseguono anni contrassegnati da: pecora d’acqua maschile, scimmia d’acqua femminile, uccello di legno
maschile, cane di legno femminile etc..
9 Cfr. Marquès-Rivière, Jean, Op. cit., pagg. 150-152.
10 Cfr. Hess, Karolina Maria and Sieradzan, Przemyslaw, Art. cit., pag. 183.
11 Berzin, Alexander. Kalachakra, Tantra and Their Relation with World Peace, Berzin Archives,
https://studybuddhism.com/en/advanced-studies/vajrayana/kalachakra-advanced/kalachakra-tantra-and-their-
relation-with-world-peace.
Nella tradizione tibetana esistono diverse guide per raggiungere Shambala, un’esplorazione di
percorsi di sviluppo spirituale, un pellegrinaggio in cui il viaggio attraverso i paesaggi della
psicogeografia conta tanto quanto la meta.

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