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Canti spirituali – Ma Gcig

“La madre unica, luce di Lab” così viene denominata la monaca buddista tibetana Ma Gcig che
visse in Tibet nella metà dell’XI secolo. Il secolo in cui nacque è caratterizzato da un periodo di
pieno fermento religioso e culturale. Ma Gcig lasciò un segno profondo nell’immaginazione dei
tibetani, i quali la considerano la personificazione della Grande Madre, della saggezza assoluta o
addirittura incarnazione della dea Tara, protettrice dei popoli himalayani. La santa tibetana grazie ai
suoi numerosi discepoli e al carattere universale della sua dottrina della “Recisione dei demoni”
divenne parte fondamentale della cultura tibetana tanto che le sue dottrine di diffusero nella
maggior parte delle scuole. Le agiografie ricche di eventi fantastici, surreali e allegorici che si
mischiano con elementi storici ci riportano la vita della santa, da cui non possiamo trarre molti
elementi storici ma da cui possiamo concepire approfonditamente il suo pensiero religioso. Ciò è
frequente non solo in Tibet, ma anche in India, dove vi è uno scarso interesse nel tramandare gli
eventi esatti e obiettivi della storia. La ragione va ricercata nella loro concezione dell’esistenza
fenomenica che non è altro che illusione e proiezione mentale. Le vite dei tanti, o come anche
chiamate dai tibetani “la completa liberazione”, sono centrali nella cultura tibetana perché concepiti
come l’interiorità e la spiritualità dei santi.
L’autorevolezza della santa è attribuita alla credenza che la sua precedente reincarnazione, come il
Buddha, coincidesse con principeschi natali indiani di sesso maschile.
Le biografie ci dicono che Ma Gcig nacque precisamene nel 1055 da una famiglia buddhista con
tutti i segni di una nascita straordinaria. Fin da bambina si mostrò incline allo studio delle sacre
scritture per questo motivo prematuramente apprese i fondamenti del pensiero buddhista, in
particolar modo il “prajnaparamita” ovvero la letteratura della Perfezione della sapienza di cui era
un’appassionata lettrice. Ancora oggi in Tibet si incaricano dei monaci esperti di leggere ad alta
voce le sacre scritture per accumulare azioni virtuose.
Pochi anni dopo la nascita si trasferì nel Tibet meridionale dove presto rimase orfana e divenne
lettrice nel monastero del Lama A Ston, che la iniziò al Buddhismo Mahayana. Avendo, in poco
superato il maestro, quest’ultimo non avendo più nulla da insegnargli, la affidò a uno dei maggiori
Lama dell’epoca, scopritore dei quattro tantra della medicina, che le insegnò approfonditamente la
Prajnaparamita. Si narra che, in particolar modo, la santa fu colpita dal capitolo dedicato ai demoni.
Questa conoscenza appresa induce Ma Gcig a una conoscenza stabile e alla liberazione dal samsara.
Secondo i biografi tibetani questo evento è considerato un primo riconoscimento dell’indipendenza
del suo pensiero religioso. Il risveglio indusse la santa a spogliarsi delle sue vesti e ad andare a
vivere in mezzo a lebbrosi e quelli respinti dalla società.
Secondo la tradizione l’incontro più significativo della yogini fu quello con Pha Dam Pa, il
mahasiddha indiano che introdusse in Tibet la La tradizione religiosa della pacificazione del dolore.
I suoi Insegnamenti avevano come scopo la liberazione degli esseri umani da qualsiasi forma di
dolore attraverso l'eliminazione di tutti gli attacchi menti e di tutte le passioni. Disse:“La mente non
deve provare alcun attaccamento per il corpo lasciate liberi corpo e mente in modo che ciascuno dei
due riposi in se stesso”. Pha Dam Pa era noto per le grandi capacità di yogin e per le abitudini
iconoclaste: distruggeva qualsiasi raffigurazione divina incontrasse ritenendole fonte d'illusione,
così come le cerimonie rituali e le dissertazioni filosofiche: tutto una forma di attaccamento. Egli
incitava i suoi discepoli ad abbandonare i monasteri per andare a praticare in solitudine nei boschi.
Il suo sistema trae origine dalla filosofia Prajnaparamita. E comprende una vasta letteratura
esoterica sulla teoria e la pratica dello yoga sulla meditazione la filosofia e la medicina. Anche le
pratiche del Gcod vengono collegate a Pha Dam Pa, tuttavia dopo essere state rielaborate da Ma
Gcig ebbero uno sviluppo autonomo.
Secondo una delle biografie la prima volta che la Santa incontrò il maestro indiano fu durante la
giovinezza. Non abbiamo certezze sulla durata del periodo trascorso insieme Pha Dam Pa perché le
informazioni a noi note sono discordanti: alcune parlano di tre giorni, altre di un periodo indefinito
e altri ancora di un periodo di ben tre anni.
La yogini possedeva anche una notevole conoscenza dei Tantra. Nonostante l'apprendimento di
tutte queste dottrine, le biografie tendono a precisare l'autonomia religiosa della Santa. Un esempio
di quanto riportato è un evento descritto all’interno degli Annali Azzurri: durante l’iniziazione del
ciclo Tantrico, durante la fase più importante in cui si conferisce l’iniziazione della saggezza, ebbe
un’intuizione istantanea e una volta allontanatasi dal tempo sprofonda in uno stato profondo di
contemplazione e, librandosi in area, inizia a danzare le danze sacre delle dee pacifiche e
insegnando il sanscrito. Dopo di che, andò a meditare su un albero vicino ad un lago, dimora di un
temutissimo serpente (naga). Il demone, inferocito e allo stesso tempo intimorito dall’impassibilità
della yogini, insorse nell’aiuto di altri spiriti e demoni per intimorirla, ma quando ciò accadde Ma
Gcig offrì il suo corpo dimostrando che in lei non vi era alcuna forma di “io” su cui i demoni
potessero infierire. Sconfitti i demoni arrivarono le manifestazioni dei Buddha delle dieci direzioni
che conferirono alla santa le quattro iniziazioni tantriche e altre istruzioni spirituali. Questo episodio
è centrale per capire la figura della santa Ma Gcig, che come viene tramandato nella tradizione
tibetana, gode di una totale autonomia religiosa, seppur si dimostri sempre umile ai piedi dei propri
maestri. (nell’episodio, quando vanno alla ricerca della santa e la trovano quest’ultima si
inginocchia al suo maestro).
A Ma Gcig viene attribuito l’ideale religioso che è alla base della dottrina della Recisione dei
demoni, che consiste nella meditazione del dono del proprio corpo che comporta l’esorcizzazione di
qualsiasi possibile danno.
La seconda parte della vita della santa è caratterizzata dall’incontro con uno yogin indiano Thod pa.
La monaca tibetana si unì a lui matrimonio ed ebbe diversi figli la rinuncia ai voti monastici fu
causa di aspre critiche e la yogini venne chiamata “la rinnegata”. Dopo circa 12 anni decise di
rinunciare alla vita familiare e di ritornare ad una vita interamente dedita alle pratiche spirituali.
Successivamente incontrò di nuovo Pha Dam Pa che le istruì ulteriormente sulla Prajnaparamita e
sullo yoga. Dopodiché cominciò il suo pellegrinaggio, praticò in 108 cimiteri e luoghi sacri.
Raggiunse alla fine Zangs ri khang dmar dove si stabilì in ritiro fino alla morte avvenuta all'età di
95 anni. Nell'ultima parte della sua vita la Santa insegna numerosi discepoli e in particolare sui figli
che svolsero un ruolo fondamentale nella continuazione della dottrina del Gcod in Tibet.
Le linee di trasmissione del Gcod, in generale si può dire che sono suddivise, così come il modello
di categorizzazione dei Tantra, in un lignaggio maschile-paterno o del metodo (upaya) e in un
lignaggio femminile-materno o della sapienza (prajna). In alcuni stemma prima di arrivare a Ma
Gcig si menzionano altri due yogin indiani Aryadeva e Pha Dam pa , mentre in altri la trasmissione
della dottrina Gcod passa direttamente a Ma Gcig da Tara, la dea madre. Anche questo suggerisce la
concezione tibetana dell’autonomia religiosa conferita alla Santa, infatti si dice che solo
successivamente a lei la dottrina si denominò “Gcod”.
Negli ultimi anni della sua vita avvenne un episodio importante: tre dotti indiani, scettici della
validità di una tradizione buddhista che non sia nata in India, si recarono dalla Santa per metterla
alla prova con una disputa filosofica. Ma Gcig accettò e cominciò a dibattere in sanscrito,
sorprendendo i dotti con il suo grande sapere. A questo punto i maestri indiani furono costretti a
riconoscere in lei la manifestazione della Prajnaparamita, la Dea Madre, in persona. Da quel
momento gli insegnamenti del Gcod si propagarono in tutto il Tibet fino ad arrivare in terra indiana,
fu la prima volta, secondo la tradizione, che un insegnamento buddhista di origine tibetana fu
divulgato in India.

Il sistema della Recisione dei demoni. (Gcod)


Secondo questa dottrina la liberazione dal Samsara può avvenire solo attraverso l’annientamento del
proprio orgoglio e quindi tramite la distruzione dell’IO, che è il demone principale da recidere.
Sono l’orgoglio, l’io, l’arroganza i veri ostacoli che non permettono il superamento del dolore di
questa esistenza e al risveglio della conoscenza suprema. In questa tradizione, l’annientamento
dell’io, assume aspetti particolari perché più che su una speculazione filosofica si basa su una serie
di riti. Il rito centrale nel Gcod è una sacra rappresentazione in cui l’officiante, danzando e cantando
al ritmo di tamburi e di una tromba ricavata da un femore umano, invoca gli spiriti e gli dei per
concedergli il suo corpo. Quando si parla del movimento del Gcod, si parla di un movimento
sincretico in cui vi confluiscono elementi buddhisti di origine indiana ed elementi prebuddhisti
tibetani con una chiara influenza sciamanica che danno vita ad un fenomeno religioso basato su una
complessa letteratura in cui vi sono testi sulla danza, sul canto, sulla natura delle visioni e delle
allucinazioni mistiche, sull’esorcismo degli indemoniati, etc.
Secondo alcune tradizioni storico tibetane la dottrina del Gcod deriva da alcuni correnti buddhiste
indiane: la Pacificazione del dolore, di Pha Dam Pa, yogin che visse verso la fine del XI e l’inizio
del XII secolo e da una figura rilevante in india che è il brahmano Aryadeva, che secondo alcuni
testi fu zio di Pha Dam Pa. Aryadeva si pensa fu l’autore di un testo che viene considerato
l’insegnamento di base della teoria del Gcod.
L’atto di donare il proprio corpo era una pratica già precedentemente in uso nel Buddhismo antico e
lo testimoniano vari eventi accaduti nelle vite anteriori dei Buddha. [Ad esempio, il futuro Buddha,
concesse il suo corpo ad una tigre affamata che stava per mangiare i propri cuccioli]
I presupposti teorici del Gcod devono essere ricercati all’interno del corpus letterario indiano della
Prajnaparamita (“la perfezione della sapienza”). In questa tradizione, la sapienza viene raffigurata
dalla Dea Madre, la madre di tutti i Buddha e dei Boddhisattva. Questo elemento potrebbe essere
una testimonianza del culto rivolto alla dea madre delle popolazioni dravidiche dell’india del sud.
Grande importanza, in questa dottrina, viene conferita alla sapienza, così come accade nei vari
sistemi gnostici, tutte si basano sul principio che il risveglio può avvenire attraverso una profonda
conoscenza interiore.
Nella Prajnaparamita la realtà fenomenica viene paragonata ad una illusione, un sogno o
un’apparizione magica e solo chi riesce a generare in se la sapienza (Prajna) può squarciare il velo
dell’ignoranza (Avidya) e vedere la natura ultima di tutta l’esistenza. Si potrebbe parlare dunque di
due verità: una convenzionale e provvisoria (realtà fenomenica) e una definitiva e assoluta. Questo
dualismo in realtà in questa fase del buddhismo è superato e si pensa che sia proprio la vacuità di
questa realtà fenomenica ad essere la verità assoluta, essendo appunto senza forma, senza
caratteristiche e totalmente vuota. Con la teoria della vacuità nel Buddhismo Mahayana si assiste
allo sviluppo di un nuovo idealo: quello del Bodhisattva. Questa figura mistica è colui che, come il
Buddha, nonostante sia riuscito a rompere le catene del samsara, rinuncia al proprio nirvana, e
quindi alla propria liberazione per continuare nel ciclo delle reincarnazioni con l’obbiettivo di
aiutare gli altri nel cammino verso il nirvana. Questo nuovo concetto caratterizzato dall’amore altrui
trova spazio in un testo spirituale scritto da Santideva, un mistico indiano dell’XVIII secolo
chiamato “la condotta di vita del Bodhisattva” in cui si parla di compassione e d’amore e in cui si
analizza il percorso interiore del Bodhisattva. In questo testo si afferma:
“Tutta la gioia di questo mondo
Deriva dal desiderio di gioia per gli altri.
Tutto il dolore di questo mondo
Deriva dal desiderio di gioia per sé”

Ed è proprio su questo che si basa la dottrina del Gcod, la recisione dei demoni, parte
dall’abolizione dell’io. Ordunque questa dottrina si basa fondamentalmente sulla compassione,
ispirata dalla teoria dei Bodhisattva, e dalla dottrina della vacuità del buddhismo mahayana. Non a
caso spesso il termine Gcod (“recisione”) viene sostituito da Spyod (“esercizio spirituale”) che
rimanda al cammino del Bodhisattva.

Un aspetto rilevante del Gcod è dato da una sorte di demonologia in cui si analizzano in modo
accurato i vari demoni che impediscono il risveglio e quindi vanno eliminati radicalmente.
Dal sanscrito Ma̅ra, derivante dalla radice mṛ=morire, da cui parole come mṛtyu=morte, il demone è
colui che causa la morte, sia fisica che spirituale.
Nella letteratura buddhista, Mara è il tentatore, colui che tentò di distogliere il Buddha dal suo
sentiero spirituale. Colui che costringe gli uomini a persistere nel samsara dominato dal potere della
morte. Mara ha un valore ambivalente: da un lato rappresenta il signore del mondo del desiderio;
dall’altro, è identificato come colui che provoca la morte spirituale.
Nel Buddhismo Mahayana Mara assume quattro aspetti che vengono spiegati da Asanga, filosofo
buddhista del V secolo:
1. Mara degli aggregati, ovvero della personalità
2. Mara delle passioni che si estendono ai tre mondi
3. Mara della morte, ovvero colui che fissa il giorno della morte degli esseri sensienti.
4. Mara figlio delle divinità, nato nel mondo dei desideri di cui è signore che distoglie dalla
pratica coloro che tentano di trascendere gli aggregati, le passioni e la morte.
La figura di Mara è presente anche nel Prajnaparamita, in cui si afferma che un Bodhisattva non
potrà mai essere ingannato da un Mara perché è dotato dei quattro principi che sono anche al
cardine della dottrina del Gcod: la consapevolezza della vacuità, l’amore per il prossimo,
l’osservanza della condotta del Bodhisattva e la devozione verso il maestro e il lignaggio spirituale.
Ma nel sistema del Gcod gli aspetti di Mara diventano più articolati: si moltiplicano e si
scompongono in due aspetti: interno ed esterno. I Mara esterni sono quelli della tradizione
Mahayana. (sopra elencati) quelli interni invece sono suddivisi in:

- Tangibili, collegati alla realtà fenomenica, si evincono degli organi sensoriali per instaurare
nella mente delle persone una crescente sensazione di concretezza e di materialità dei
fenomeni, che è considerato uno degli errori più gravi nelle dottrine buddhiste
.
- Intangibili sono eventi puramente mentali. Quando nella mente degli esseri sensienti nasce
la dualità fra bene e male e si divide in ciò che si desidera e si respinge si genera l’ignoranza
che ostacola la visione della realtà ultima.

- Del compiacimento sono tutti quei fattori che inducono a provare compiacimento per i
propri risultati che è la causa dei ostacolo e di blocco nell’ascesi spirituale.
- Dell’orgoglio che danno origine all’arroganza e alla superbia. Questi demoni sono i più
pericolosi perché sono coloro che generano tutti gli altri demoni perché l’attaccamento all’io
è la causa della morte della conoscenza. (prajna)

Vi sono tre regole fondamentale per i Gcod pa (praticanti del Gcod): la scelta di luoghi orridi,
soprattutto i cimiteri (successivamente vedremo perché), l’offerta del proprio corpo e il
superamento della paura. I Gcod pa erano yogin che abbandonavano le convenzioni sociali e il
mondo per iniziare un pellegrinaggio di cimitero in cimitero dove effettuare le loro pratiche
spirituali. La scelta dei cimiteri avveniva perché erano i luoghi orridi per eccellenza: ricordiamo
infatti, che nell’antica tradizione tibetana, si facevano esplodere o le salme venivano fatte sbranare
da corvi o animali feroci.

L’abbigliamento era riconoscibile grazie alla presenza di alcuni elementi:


1. Il damaru= tamburo a doppio battente che si poteva suonare anche con una mano sola, in
modo tale che l’asceta potesse tenere nell’altra mano il secondo elemento distintivo:
2. Il rkang ling, ovvero una tromba ricavata da un femore umano o di un corvo.
Il suono di questi due strumenti musicali permettevano al praticante di dare vita al ritmo su cui
danzava e cantava per invocare i demoni.
3. La campanella rituale
4. La pelle di un animale con gli artigli ancora intatti
5. La tendina pieghevole per proteggersi dalle interperie
6. Un tridente che serviva anche come sostegno per la tenda
7. Un teschio in cui vi riponevano il cibo quotidiano
8. Un cappello rosso rettangolare.
Questo abbigliamento richiama, per certi versi, l’abbigliamento degli shivaiti che in india portarono
le concezioni del tantra indiano all’estremo.

La pratica del Gcod iniziava con una danza in cui lo yogin danzava sul proprio io, sulle concezioni
dualistiche, sulle paure e sulle catene del samsara. La danza aveva luogo al cospetto dei Buddha,
delle divinità tantriche e delle dakini.
Le dakini erano delle divinità già esistenti all’interno del pantheon delle divinità indiane però con
un’importanza inferiore che nel Tantra viene rivalutata conferendogli un ruolo molto importante.
Sono considerate l’energia attiva generata dalla sapienza e vengono raffigurate come figure
femminili dall’aspetto pacifico e attraente, ma anche terrifico e ripugnante. Nella tradizione tibetana
si identifica come “colei che vola nello spazio”, in questo contesto “spazio” rimanda allo stato non
condizionato e puro della realtà, mentre l’atto di volare si traduce nella capacità della sapienza
trascendente di tradursi in atto. Queste divinità possono assumere l’aspetto di una donna carne ed
ossa con lo scopo di aiutare gli yogin a diffondere e proteggere la dottrina del Tantra.
Il Gcod pa durante il rituale proietta la sua coscienza in una dakini che decapita il corpo
depositando il corpo nel cranio, che a sua volta assume le dimensioni del cosmo. Il cadavere in
seguito viene offerto agli ospiti. L’offerta viene suddivisa in diverse categorie:
- L’offerta bianca: in cui il corpo dello yogin si trasforma in ambrosia e viene offerto e
consumato dalle divinità superiori.
- L’offerta policroma, in cui il corpo si divide in ricchezze e beni materiali che si donano agli
spiriti protettori della Legge buddhista.
- L’offerta rossa, in cui il sangue e la carne vengono smembrati all’infinito per compiacere i
demoni e gli spiriti feroci
- L’offerta nera in cui l’officiante proietta tutti gli errori e i mali del mondo nel proprio corpo
dandolo in pasto ai demoni salvando il mondo dal male.
Consumato il sacrificio il praticante si immerge nel nirvana, la verità assoluta.
Tutto questo complesso rituale in realtà è una grande metafora:
i demoni che si invocano durante la cerimonia non sono altro che le inquietudini e le paure umane,
le divinità sono le passioni e i desideri, l’offerta del corpo rappresenta la distruzione delle dualità
del mondo che sono viste da sempre nel pensiero buddhista come la radice di ogni sofferenza. Il
terrore dei luoghi orridi e l’evocazione degli spiriti demoniaci non sono altro che la metafora
dell’angoscia e delle paure che sono al centro dell’esistenza umana. Dunque, l’esasperazione della
paura diventa il metodo per sconfiggerla in modo definitivo. Questa concezione è presente in molte
altre dottrine:

- Nella scuola mistica indiana del Kashmir di scivaiti detta “del movimento” dove i momenti
di forte emozione, di paura, di sorpresa, di passione, risulta essere la rivelazione della realtà
assoluta non offuscata dalle abitudini mentali.
- Nel pensiero occidentale: anche qui l’idea della cura del male attraverso il male stesso è
molto presente, prendiamo ad esempio il mito di Telefo, il figlio di ercole, che viene ucciso
e curato dalla stessa lama. Questo mito divenne così famoso che si trasformò nell’esempio
della guarigione dal male attraverso la sua stessa causa.

Il buddhismo tantrico

Il buddismo tantrico fu una delle dottrine da cui attinse il Gcod. I Tantra buddhisti sono un
fenomeno religioso sincretico in cui si fondono il pensiero Mahayana, i culti e le tradizioni popolari
dell’antica India per dare vita a un sistema di misticismo e gnosi caratterizzato da un forte
simbolismo. Questa fu la terza rivoluzione della ruota dell’insegnamento da parte del Buddha, il
primo è il Grande Veicolo, poi il Grande veicolo e il terzo è il tantrismo detto “Veicolo
Adamantico” – Vajrayana, proveniente da “Vajra” che significa “diamante” proprio per fare
allusione alla perfezione e immutabilità della realtà ultima. Viene anche detta mantrayana che
deriva da “mantra” che sono le formule sacre al centro di questa scuola di pensiero. I primi diffusori
della dottrina del Tantra furono i Siddha (“i perfetti”) che erano dei yogin che vivevano nell’india
medievale e che andavano contro ogni forma di regola monastica o convenzione sociale. Tutto era
incentrato sulle pratiche dello yoga e ciò che per altre scuole di pensiero erano ostacoli, come le
passioni umane, fra cui il desiderio sessuale, per loro era la chiave per giungere alla realtà ultima.
La loro ricerca per spezzare le catene del Samsara li indulgeva a vagabondare lontano dalla società
o a vivere con i fuori casta, a nutrirsi di cibi e bevande proibite come carne e alcolici e ad avere
rapporti sessuali.
Gli insegnamenti del Tantra avevano un forte carattere esoterico e iniziatico, i testi non potevano
essere compresi se non si veniva iniziati alla dottrina o seguiti da un maestro.
Presto il tantrismo arrivò in Tibet, i testi furono tradotti, raccolti e riorganizzati in ciò che i tibetani
chiamano “Kangiur” (bka gyur) testi che erano considerati parole del Buddha stesso. Nel
Buddhismo tibetano le due anime: quello dell’asceta ribelle e quello del monaco dalla condotta
austera convivono in parallelo sostenute da una letteratura estremamente complessa.

Gli elementi prebuddhisti


La tradizione della Recisione dei demoni trae origine dalle tradizioni magico-religiose che risiedono
nella tradizione popolare del Tibet. Nel rituale d’iniziazione del Gcod appare spesso la frase
“l’apertura della porta del cielo” la quale è famosa nella religione popolare del Tibet dove designa
l’ascesa della sfera celeste attraverso la corda magica di luce d’arcobaleno chiamata dmu. La dmu,
come si narra, era utilizzata dai re che discendevano direttamente dal cielo e la utilizzavano per
risalire una volta morti. Ancora oggi all’interno delle case/tende sul tetto viene lasciato un’apertura,
che prende il nome di dmu, attualmente con lo scopo di far sprigionare il fumo del focolare e di far
entrare la luce del sole. La dmu è il simbolo della connessione che vi è fra cielo e terra.
Nel Gcod si possono individuare altri elementi che sono evidenti tracce dell’antico sciamanesimo
famoso in Tibet: come l’uso del tamburo a doppio battente e la tromba ricavata dal femore di un
essere vivente.
I Gcod pa, rivestono un ruolo molto importante all’interno della società tibetana grazie ai loro poteri
esorcizzanti. Secondo i tibetani i praticanti del Gcod erano in grado di far cessare pestilenze e
epidemie perché nella credenza popolare questi ultimi erano causati da spiriti demoniaci. Per questo
motivo i Gcod pa erano gli unici che potevano toccare un cadavere, infatti venivano chiamati, anche
da molto lontano, per effettuare riti funerari o di purificazione. Per comprendere la potenza del
Gcod nella concezione tibetana basta ricordare un evento molto singolare della tradizione tibetana:
un yogin molto importante riceveva costantemente doni e cibo dai suoi devoti. Vista la grande
ricchezza che possedeva dei ladri decisero di derubarlo durante la notte e in più con una spada lo
decapitarono, ma il Gcod pa, che credeva fossero i demoni che lui stesso aveva invocato durante la
meditazione, si alza prende la sua testa, se la rimette sul corpo e ricomincia a meditare. Quando il
giorno dopo il figlio ritrova suo padre pieno di sangue, il yogin realizza ciò che realmente era
successo e la testa gli cade dal corpo. Questo è per far intendere il potere della mente, talmente
forte, da modificare, seppur momentaneamente, la realtà fenomenica. Questa breve e paradossale
storia ci rivela il pensiero dei tibetani sul potere del Gcod.

Le opere

La grande raccolta degli insegnamenti, in cui nel colophon di conferma la maternità della opera a
Ma Gcig. Quest’opera viene considerato il testamento spirituale della santa, infatti, in essa si spiega
chiaramente il suo pensiero religioso. L’importanza dell’opera si deve al fatto che per la prima volta
si narra della suddivisione dei quattro demoni secondo la tradizione del Gcod. Questa distinzione in
realtà non è altro che un pretesto per elencare le varie fasi della sofferenza umana. In questa sua
speculazione si addensano le varie dottrine buddhiste e in realtà la santa definendole ne evidenzia
anche i limiti. Il risultato della sua opera è un inno spirituale alla realtà assoluta che si libera dai
dogmi religiosi e rivela una grande modernità di pensiero. Citando un verso dell’opera “se si taglia
la corda dell’attaccamento, in realtà, dov’è il Buddha?” impressionante l’autonomia religiosa della
santa.

La punta di cappello della sapienza di quest’opera le è attribuita solo la parte in versi. Questo
testo sembra essere maggiormente rivolto ai lettori, possedendo un carattere più didascalico e pieno
di commenti per offrire al lettone una buona chiave di lettura con cui interpretare gli argomenti.
Le opere di Ma Gcig non solo sono importanti per la letteratura tibetana ma per l’intero pensiero
buddhista. Resteranno per sempre degli insegnamenti memorabili che sono giunti ai nostri giorni
dall’antica civiltà tibetana.

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