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MANDALA

una mappa verso il Divino

Relatore: Jacopo Ceccarelli Insegnante di Meditazione

Tesi di fine corso di Dario De Gaetanis


Corso Insegnanti di Yoga e Meditazione Ananda Ashram Milano 1

SOMMARIO

Introduzione 1. Le origini del Mandala 2. La cultura tantrica 3. Il ciclo della Creazione 4. Il Buddismo 5. Mandala e Yantra: le differenze 6. Gli elementi costitutivi dello Yantra 7. I Chakra 8. Gli elementi costitutivi del Mandala 9. I cinque Dhyanibuddha del Buddismo Vajrayana 10. Lesecuzione del Mandala 11. Gli esempi pi significativi: Shri Yantra e Ruota della Vita 11.1 Lo Shri Yantra 11.2 La Ruota della Vita 12. Le funzioni di Yantra e Mandala 13. Diffusione e universalit del Mandala: Labirinti, vetrate e rosoni 14. Jung e il Mandala come strumento per un viaggio nel profondo Conclusione Bibliografia

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INTRODUZIONE

Mandala significa centro, circonferenza, cerchio magico. Il Mandala pu essere definito come un diagramma simbolico costituito, nella sua essenza, da un cerchio oppure da un quadrato. Nella maggior parte dei casi proprio lassociazione di tutte e due queste figure geometriche, per la precisione il cerchio inserito o, meglio ancora, protetto da un quadrato, che realizza il Mandala. Si pu presupporre che il Mandala, cos come lo intendiamo oggi, nasca come mezzo per la trasmissione della conoscenza in ambito spirituale, trascendentale. Lesposizione verbale ha una sua forza, sicuramente superiore a quella scritta, potendo contare su una serie di elementi di cui un testo scritto non si pu avvalere. Basti pensare alle qualit intrinseche di un soggetto che si esprime, oppure a come questi possa modulare il tono e il volume della voce, per rendere pi o meno intensa e penetrante la propria comunicazione. Il simbolo, che non appartiene n alluna n allaltra categoria espressiva, nasconde nel proprio nucleo una forza ancora superiore. A chi lo considera, o lo osserva con attenzione, consente di capire concetti o vivere esperienze che altrimenti non riuscirebbe neanche a immaginare. Infatti il simbolo va al di l dei luoghi comuni, rompe gli usuali condizionamenti, arriva dritto al punto spezzando, in un batter docchio, qualsiasi catena costrittiva e limitativa che la mente razionale, posta di fronte a nuova idea, propone, o peggio ancora impone, a chi cerca di introiettarla. In questo senso, il sentiero verso il Divino cosparso di innumerevoli ganci, di tanti aiuti, ma anche di tanti pericoli, visibili solo se illuminati dalla luce del sentire e non da quella del pensiero razionale.

E per questo che il simbolo-Mandala riveste un ruolo cos importante per colui che ha deciso di intraprendere un viaggio dallesterno verso linterno, dal manifesto allimmanifesto, dal visibile allinvisibile. Il Mandala perci essenziale e imprescindibile strumento per il ricercatore sincero che sente la necessit di appoggiarsi con fiducia ad una mappa che, sventando pericoli ed evitando dispersioni, gli mostri qual il tragitto pi rapido, e nel contempo pi sicuro, per far rientro a casa.

1. LE ORIGINI DEL MANDALA Se per un attimo assimiliamo il Mandala ad un semplice cerchio, figura che come abbiamo detto ne costituisce la parte essenziale, non difficile verificare che le sue origini siano quasi contemporanee alla nascita delluomo primitivo. Anzi, a ben vedere, proprio luomo che nasce da un cerchio. Cos si presenta, sotto questa forma, luovo femminile che, fecondato dal seme del maschio, concepisce una nuova vita. Forma circolare ha anche il contenitore che lo accoglie e lo protegge durante la gravidanza: lutero materno. Un fascio di muscoli di forma circolare sospinge il nascituro verso la vita; il neonato approda nel mondo uscendo da unapertura anchessa circolare. Per iniziare il suo viaggio sulla terra, pianeta di forma sferica, che ruota in cerchio intorno al sole. Circolare la forma del cielo, cos come appare ai nostri occhi. E se andiamo nellinfinitamente piccolo, per verificare di cosa sia costituito il nostro corpo, ci accorgiamo che anche l troviamo strutture sferiche che ruotano seguendo traiettorie circolari. Grande evidentemente il richiamo che il cerchio ha esercitato, da sempre, sulla mente delluomo. I primi Mandala, seppur in forma molto rudimentale, sono individuabili tra i graffiti rupestri dellAfrica, dellEuropa e del Nord America. Civilt cos diverse e distanti tra loro, impossibilitate a comunicare, iniziano a utilizzare la figura del cerchio, con sempre pi frequenza, perch ne avvertono la carica e la forza simbolica misteriosa e latente. Seduti intorno al fuoco, in cerchio, cercano di cogliere il senso della propria esistenza che si svolge secondo i ritmi della natura e delle stagioni, che appaiono avere un andamento circolare.
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Non difficile intuire il motivo per cui il cerchio entri ben presto, e a pieno titolo, nelle manifestazioni e nelle iniziazioni religiose. Nei riti vodoo, le sacerdotesse disegnano un cerchio nel terreno per evocare gli dei. Alcune danze devozionali si svolgono in cerchio e ogni adepto ruota su se stesso per raggiungere uno stato vicino allestasi e alla comunione con il divino. Il cerchio inizia ad assurgere a ruolo di separatore di spazi. Diventa il confine difficilmente valicabile di quello sacro, che a differenza di quello profano, pu essere visitato solo da chi sia pronto a tale contatto. Solo dopo un viaggio, lungo o istantaneo che sia, allinterno di s stesso per recuperare la propria vera natura, per realizzare il proprio vero S. Il Mandala e nella sua forma primigenia lo Yantra trovano il proprio vero sviluppo e splendore nellambito rispettivamente della cultura buddista e di quella tantrica. Prima di passare alla descrizione delle funzioni e caratteristiche di Mandala e Yantra, forse auspicabile fare un piccolo accenno alle culle religiose e culturali che hanno visto nascere, e che hanno saputo far crescere ed evolvere, tali preziosi strumenti di conoscenza e introspezione.

2. LA CULTURA TANTRICA Il termine tantra, a differenza di ci che molti pensano, non deriva dal sanscrito. E stato coniato da alcuni studiosi occidentali, intorno alla fine del 1800, per cercare di definire, e dare un nome, ad una serie di pratiche sviluppatesi nellantica India. Tali pratiche, non ascrivibili ad alcuna tradizione religiosa specifica, si ponevano come obiettivo di aiutare lessere umano nella propria evoluzione, durante il proprio viaggio di ritorno verso il divino. Tantra letteralmente vuol dire trama di tessuto oppure teoria, norma, sistema. Nel tempo il termine stato fatto risalire alla radice tan che vuol dire tendere e tra che ha il significato di salvare. Ci per intendere che le pratiche tantriche possiedono una tensione intrinseca di carattere salvifico; cio nascono per portare la coscienza di colui che le pratica ad espandersi, ad abbandonare loscurit dellignoranza, per proiettarsi verso la luce della saggezza e della piena realizzazione del S. Il tantrico rifugge dal considerarsi abietto e indegno. E conscio che tutto deriva da Brahman, anche lui stesso, e che quindi attraverso un impegno costante a trascendere lignoranza e le

limitazioni imposte dai sensi, pu tornare ad appropriarsi della propria vera natura, integra e divina. Il pensiero tantrico si svilupp ben presto per buona parte dellIndia, pervadendo le coscienze umane dellepoca alle quali mise a disposizione diversi scritti, denominati anchessi tantra, che indicavano quali pratiche potevano essere di beneficio per levoluzione spirituale. Uno dei supporti pi suggeriti, per il cammino verso il Divino, fu lo yoga. Vale a dire tutto quellinsieme di pratiche psico-fisiche, di osservanze e precetti, che suddivisi in otto stadi, cos come poi furono classificati dal saggio Patanjali, rappresentavano lesatta mappa del viaggio che luomo deve intraprendere per raggiungere il samadhi. In questo quadro storico e culturale, e insieme alle altre pratiche yogiche (asana, pranayama, mudra, ecc.), gli Yantra rivestono unimportanza particolare, quali strumenti capaci di fissare lattenzione del praticante, risvegliare le energie divine latenti in lui, ingenerare stati di coscienza superiori. Tutto ci, in definitiva, per cercare di risvegliare lenergia Kundalini che, secondo il tantrismo, dorme arrotolata su stessa, in tre spire e mezza come un serpente, alla base della colonna vertebrale di ogni uomo. Energia che aspetta di essere stimolata per poter iniziare il proprio cammino di risalita, attraverso ogni centro psico-energetico (chakra) posto lungo la colonna vertebrale, cos da potersi ricongiungere allAssoluto, alla parte di s immobile e immanifesta, che lattende alla sommit del capo: Shiva. A questo proposito, e per poter riuscire a vedere tutti i simboli nascosti nello Yantra di cui si parler nei prossimi capitoli, necessario fare un breve viaggio allinterno della concezione tantrica del Brahmacakra che descrive nel dettaglio: la nascita, levoluzione e la dissoluzione dellUniverso manifesto.

3. IL CICLO DELLA CREAZIONE Per il Tantra quindi tutto procede dallUno. LUno la Coscienza cosmica (Brahman) che ad un certo punto si limita e si contrae nel molti per poi ritornare allUno, alla propria pienezza ed integrit. Cosa inneschi il processo che porti Brahaman a volersi manifestare, non ci dato saperlo.

Nella filosofia induista si cita Kama, e cio il desiderio, quale spinta che induce la Luce Suprema, identificata con Shiva, a volersi riconoscere, quasi a volersi specchiare. Per far s che questa auto-identificazione si possa realizzare, necessario pensare ad unentit diversa da s, ad un principio riflesso nel quale Shiva si possa osservare. Ecco che nasce Shakti, la compagna del Dio Shiva. E con essa si forma la coppia perfetta, che lessenza di tutte le cose: un insieme di coscienza (Shiva) e di energia (Shakti). Shiva e Shakti sono da considerarsi i due aspetti di una stessa identica Unit, come fossero i due lati di uno stesso foglio di carta. Non si pu pensare alluno senza presupporre lesistenza dellaltro. Nella fase originaria della creazione ci troviamo di fronte ad uno stato completamente trascendente, ove la Coscienza prevale, e lenergia di Shakti inespressa e dormiente. Tutto ancora silente, immobile, immanifesto. Per il Brahmacakra siamo nella fase del Nirguna brahma, e cio nel momento in cui le tre qualit, i tre modi con i quali la Shakti si pu esprimere (i tre guna) sono in perfetto equilibrio, e perci non influenzano la purezza del sonno di Shiva. Volendo creare un utile parallelismo con la simbologia dello Yantra, questo il momento in cui la Coscienza Cosmica ha prodotto una vibrazione primordiale che, dopo aver risuonato, si condensata in unico punto: il bindu. Sempre presente nella simbologia mandalica, il bindu incolore, simbolo dellUno, esprime appunto la simultanea presenza, nello stesso istante e nello stesso luogo, sia dellinfinito e delleterno sia dello spazio e del tempo. E come se manifesto e immanifesto, visibile e invisibile convivessero in ununica, medesima realt. La Shakti possiede gi la potenzialit di manifestarsi e di creare, ma ancora inerme. Quasi fosse inconsapevole delle proprie possibilit. Solo per poco, per. Perch spinta dal desiderio di proiettarsi nelle forme, attraverso i guna che la caratterizzano, la Shakti ben presto inizia ad innescare il processo di evoluzione cosmica. Il primo guna che si muove, prevale sugli altri due, e disgrega il perfetto equilibrio che caratterizza il momento pre-evolutivo : sattva. E stabile, leggero, luminoso, ma grazie al suo movimento fa s che la coscienza perda la propria purezza e integrit, e che una parte di essa, quella maggiormente influenzata, si trasformi in Mente Cosmica.

Nel Tantra questa fase denominata Saguna Brahma. Mentre la mente cosmica, che per la prima volta si riconosce, e si rende conto di esistere, viene chiamata: mahat. Per tornare al parallelismo con la simbologia dello Yantra, a questo punto ci troviamo al preludio della differenziazione, della separazione tra Shiva e Shakti. E il bindu diventa met bianco e met rosso. Il processo prosegue e i passaggi successivi vedono gli altri guna, a loro volta, e a turno, predominare. E la volta di Rajas, la forza mutativa. Dinamico e passionale fa s che la Mente Cosmica acquisisca il senso dellazione (Aham). Nasce lego, e con esso il concetto del: io faccio. A seguire prevale Tamas, inerte, lento e oscuro, per ingenerare nella mente cosmica lidea di aver fatto, di aver creato. La mente cosmica inizia ad identificarsi con loggetto stesso della creazione. Il processo di evoluzione cosmica ormai avviato in maniera irreversibile, e la creazione ha inizio con la comparsa dei fattori costituenti luniverso fenomenico. Per primo emerge il fattore etereo, e poi in successione gli altri quattro: aereo, luminoso, liquido e solido. Intanto, sulla scena della creazione compare Maya, lillusione cosmica, che inizia a limitare e frammentare la Coscienza cosmica in tante singole individualit, a cui fa ben presto perdere la reale consapevolezza di s e della propria vera natura. LUnit primordiale ormai completamente soggiogata da Maya, e dalle sue cinque potenti illusioni: la sensazione di individualit che frammenta lonnipotenza divina; lignoranza che offusca lintelletto e lo priva dellonniscienza; lattaccamento che distrugge il senso di pienezza e appagamento; il concetto di tempo che stende un velo sulleternit; il destino che imbriglia il libero arbitrio delluomo e lo lega al samsara, il ciclo di morti e rinascite. Questa fase, che il Tantra denomina saincara, finisce nel momento in cui il molteplice inizia il proprio viaggio di ritorno verso lUnit. Un viaggio difficile e impervio, tenuto conto delle limitazioni e delle illusioni di cui lindividuo preda e a cui soggetto. I Mandala e gli Yantra, per certi aspetti, non sono altro che efficaci rappresentazioni grafiche di questo movimento che, descritto pocanzi, va dal centro verso la periferia, che dallunit si
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dispiega nella molteplicit. Movimento che ad un certo punto sente il bisogno di invertire la rotta, iniziando a percorrere una direzione uguale e contraria. In quanto archetipi potenti, i simboli del Mandala e dello Yantra, sono in grado di sollecitare nel nostro animo emozioni e stati danimo profondi, sensazioni sottili e ricordi lontani, accompagnati per da un chiaro e preciso senso di nostalgia per quellunit e quellarmonia dalla quale siamo certi, seppur inconsapevolmente, di provenire.

4. IL BUDDISMO Se nel tantrismo si parla di shivait, per definire quella scintilla divina, presente in ogni essere vivente, che se debitamente alimentata pu consentire a chiunque di ritrovare la perduta unit con il Tutto, nel buddismo lo stesso concetto espresso dalla parola buddit. Il riferimento allo stato di illuminazione raggiunto, dopo un estenuante peregrinare, dal principe Siddharta, figlio di un re della dinastia degli Shakya, vissuto intorno al 560 a.c. Lappellativo di Buddha, che vuol dire il risvegliato, gli fu attribuito proprio per indicare che attraverso il costante impegno e la profonda dedizione alle pratiche yogiche e meditative, Siddharta era riuscito a risvegliarsi alla luce della saggezza, in grado di spazzare via il pesante velo dellillusione che Maya pone in continuazione sulluniverso manifesto. La corrente pi antica del buddismo lHinayana (detta anche del Piccolo Veicolo) cos definita da quei seguaci del Buddha che invece vollero identificarsi con la corrente Mahayana (detta anche del Grande Veicolo), proprio per indicare quanto la propria visione fosse pi ampia e inclusiva di quella che caratterizzava il Piccolo Veicolo. Le due correnti fiorirono pressoch insieme, ma il Buddismo Mahayana si diffuse pi

rapidamente, e in territori molto pi vasti, forse proprio perch di pi ampie vedute rispetto allortodossia degli Hinayani. Non potendo in questa sede mettere in evidenza tutte le differenze di approccio e di pensiero esistenti tra le due correnti, basti sapere che gli Hinayani basano il loro percorso spirituale sul distacco dalla vita mondana, vedendo nella vita monastica lunica possibilit per raggiungere il nirvana. Secondo tale visione, i laici possono solo cercare di coltivare con costanza le virt della fede, della generosit e della moralit, per accumulare meriti e assicurarsi cos nascite future che li inducano verso la vita monastica.
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I Mahayani, molto meno intransigenti, sono convinti che il nirvana sia appannaggio di tutti, anche dei laici. Anzi, la figura di riferimento dei Mahayani il bodhisattva, essere realizzato che prima di entrare nel nirvana attende e si assicura che tutti gli essere senzienti, che si propone di proteggere e aiutare nel loro cammino, abbiano raggiunto lilluminazione. Intorno al V-VI secolo, attorno alla predicazione di Padmasambhava, mistico buddista operante tra il Tibet e il Nepal, inizia a delinearsi la corrente del buddismo Vajrayana che armonizza aspetti appartenenti a diverse concezioni religiose, come lo sciamanesimo Bon, linduismo e gli insegnamenti del Buddha Shakyamuni. Detto anche buddismo tantrico, il Vajrayana la corrente buddista che pi di ogni altra fa uso del Mandala, quale strumento preminente nel percorso verso la realizzazione. Tutte e tre le correnti sopra citate si basano su alcuni concetti, che seppur con le dovute differenze, costituiscono il comune fondamento della pratica buddista. E il caso di riassumerli brevemente questi concetti, in quanto se ne trova traccia, seppur in forma simbolica, nel Mandala buddista. Il Buddha storico aveva innanzitutto posto laccento sulluniversalit del dolore e su come e quanto il dolore permei lesistenza umana, tanto da rendere la vita, che di per s lemblema dellimpermanenza, priva di senso. Aveva poi individuato nel desiderio e nellattaccamento la radice di ogni sofferenza, e per questo aveva trasmesso insegnamenti atti a sopprimere il desiderio e a superare lattaccamento, fonti inesauribili del continuo ciclo di morti e rinascite a cui luomo , per sua indole, destinato. Tali insegnamenti si incentrano sul cos detto Ottuplice Sentiero, una proposta di vita che ha lo scopo di portare lindividuo alla liberazione dalla ruota del samsara, attraverso la pratica: della retta visione; della retta risoluzione; della retta parola; della retta azione; della retta condotta; del retto sforzo; del retto ricordo e della retta concentrazione. Laggettivo retto, lungi dallavere nelle intenzioni del Buddha una connotazione di carattere morale, sta ad indicare uno sforzo e una concentrazione costanti ma equilibrati, che si collochino nella giusta via di mezzo tra i possibili estremi. Un altro concetto predominante nella dottrina buddista quello della vacuit (shunyata). Il filosofo Nagarjuna, grande esponente di una scuola filosofica appartenente alla corrente Mahayana, vissuto attorno al II-III D.C., ha saputo dare un grosso contributo alla definizione di un
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concetto, qual quello di vuoto e di vacuit, che risulta per lo pi ostico e di difficile comprensione per la mente umana. La Vacuit, la sola e unica Essenza, simile ad uno specchio limpido che riflette tutti i fenomeni; solo lo specchio reale e permanente, mentre i fenomeni sono illusori ed evanescenti. Come lo specchio riflette tutte le immagini, cosi lEssenza abbraccia tutti i fenomeni, poich questi non possono manifestarsi che grazie ad essa. La meditazione sulla vacuit un metodo molto utilizzato nella pratica buddista per cercare di deconcettualizzare la mente, per rompere gli schemi di pensiero costrittivi e ingombranti, per ottenere quella visione limpida che la sola capace di fare entrare in contatto il praticante con la Realt cos com. Vedremo come il Mandala, molto ricco da un punto di vista iconografico, aiuti ladepto ad identificare e ad entrare in contatto con gli ostacoli insiti nella sua mente, che spesso gli impediscono, nonostante lassistenza e laiuto delle divinit che lo scortano nel cammino, di accedere alla parte centrale del diagramma, dove ha sede il Palazzo, o il Grande Stupa, al cui interno si trova la Buddit.

5. MANDALA E YANTRA: LE DIFFERENZE Dopo aver collocato Mandala e Yantra nellambiente culturale e storico nel quale hanno trovato il loro massimo sviluppo e la loro maggiore applicazione, si entrer ora nel cuore della trattazione, partendo da una breve descrizione delle principali differenze che intercorrono tra i due simboli. Tra gli studiosi ci sono pareri discordanti su quale sia lesatto legame tra il Mandala e lo Yantra, non esistendo tra laltro una base documentale che possa fare chiarezza su tale relazione. Nella sua forma pi elementare, ancora scevro dalla simbologia mistica che lo avrebbe caratterizzato con il passare del tempo, il Mandala appare come Yantra. E probabile quindi che il Mandala con il tempo abbia ospitato, al proprio interno, una serie di iconografie e di immagini, subendo quasi una sorta di imbarocchimento, che lo hanno allontanato sempre pi dalla sua forma originale, semplice e rudimentale. In effetti, in epoca vedica, quindi intorno al 1500 A.C., il termine Mandala, la cui etimologia ci riconduce allidea del cerchio, utilizzato per far riferimento al sole, alla luna e alla ruota. Con la

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parola Mandala si alludeva perci a svariate figure circolari, le cui parti componenti erano tutte equidistanti dal centro. Con Yantra, invece, ci si riferiva a qualsiasi congegno o strumento, come potevano essere gli apparecchi meccanici, i ferri chirurgici o attrezzi similari. In ambito tantrico la parola Yantra era utilizzata per far riferimento ad un diagramma con caratteristiche ben precise, che avesse la capacit di ingenerare nel soggetto che lo osservava esperienze di carattere psichico o mentale. Dalla radice yam, che significa mantenere a freno, trattenere, in unione con il suffisso tra, che sta ad indicare lo strumento effettivo di tale azione, per estensione Yantra pu essere tradotto con catena, legame, cinghia. Ci che lo Yantra fissa e imbriglia appunto la mente del praticante che lo utilizza durante la meditazione. A chi osservasse un Mandala e uno Yantra, posti luno di fianco allaltro, le differenze strutturali parrebbero subito abbastanza evidenti. Lo Yantra pressoch costituito solo da forme geometriche, nelle quali troviamo iscritte lettere dellalfabeto sanscrito, la lingua sacra dellIndia, che simboleggiano particolari divinit a cui lo Yantra si riferisce, o che attraverso lo Yantra si cerca di evocare. Il Mandala, al contrario, si presenta molto pi ricco di simboli, di immagini, di descrizioni di luoghi e di intere ambientazioni sceniche, che ne fanno una composizione di complessa, minuziosa e difficile esecuzione. Laltra marcata differenza la cornice che protegge il cuore dei due simboli: quadrata con quattro aperture a T per lo Yantra, circolare per il Mandala. Si gi visto che lambito culturale e religioso in cui vengono utilizzati diverso. Il Mandala usato, in maniera preponderante, in ambito buddista soprattutto nella corrente Vajrayana, mentre lo Yantra privilegiato nel contesto induista, ed in particolar modo in quello tantrico. Per quanto riguarda la loro funzione evocativa, il Mandala rappresenta luniverso fisico e psichico, e pertanto stato anche definito come cosmogramma, mentre lo Yantra richiama una particolare divinit o forza cosmica e quindi stato inserito, da alcuni studiosi, nella categoria dei teogrammi. Tali definizioni vanno per prese con molto cautela, in quanto potrebbero risultare riduttive e fuorvianti, data la complessit di composizione sia del Mandala sia dello Yantra, e la profondit di azione che tutti e due i simboli esercitano su chi ne fa uso.

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E certo che concentrarsi sul Mandala o sullo Yantra, ovvero idearlo, disegnarlo, costruirlo, fa emergere parti dellessere oscure e profonde che, risalendo dallinconscio, possono essere scandagliate ed integrate a livello di coscienza imparando, durante questo arduo percorso, che il macrocosmo e il microcosmo coincidono, che nelluno c il riflesso dellaltro, che nello infinitamente piccolo c tutto linfinitamente grande, che visibile e invisibile sono due aspetti diversi della stessa realt. Per concludere, Mandala e Yantra sono assimilabili per origine, essenza e funzione a delle vere e proprie carte geografiche. Ogni elemento allinterno ha una sua precisa ragione di essere e la relazione dinsieme, che si crea tra i vari elementi, ancor pi significativa e importante. La codifica insita in questi simboli lascia poco spazio alla creativit e alloriginalit di colui che li disegna che, attenendosi a precise regole di realizzazione, deve accantonare qualsiasi ambizione di carattere puramente estetico ed artistico.

6. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLO YANTRA Lo Yantra si avvale del simbolismo geometrico per evocare e attrarre al proprio interno una specifica divinit, connessa con particolari stati psico-fisici e caratterizzata da sottili connessioni cosmiche. La precisione e laccuratezza, la pazienza e il rigore, la concentrazione e lattenzione che necessario porre nel tracciare lo Yantra, diventano esse stesse pratica che inducono colui che lo realizza a superare il particolare per
Yantra con al centro il bindu

proiettarsi nelluniversale, a potenziare e a riattivare quella coscienza cosmica latente nel profondo di s stesso. Lesecuzione di uno Yantra diventa perci, pi che unespressione artistica, un vero e proprio rituale. Il primo elemento geometrico, che occupa il punto centrale, da cui si irradia tutta la struttura dello Yantra, il bindu. Come si gi accennato, parlando del Bramhacakra, il bindu il simbolo dellUno indifferenziato in cui Shiva e Skakti sono ancora pienamente coinvolti nelleterno amplesso cosmico: il maithuna.

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Nel bindu la Shakti non ha ancora consapevolezza di s stessa, n tantomeno della propria capacit creatrice; la manifestazione fenomenica e il suo divenire esistono solo come possibilit. Il punto, figura geometrica per definizione adimensionale, diventa proprio lorigine e il principio da cui parte il movimento che dallinterno si proietta verso lesterno, che dalluno si dispiega nella moltitudine, che dalleternit passa alla limitata dimensione condizionata dal tempo e dallo spazio. Il punto il simbolo per eccellenza del mistero dellEssere: privo di dimensioni, e quindi invisibile, ci che d dimensione al visibile. In esso, infinitamente piccolo, contenuto linfinitamente grande e lorigine di ogni cosa. Il tantra, ponendo lattenzione e la concentrazione nel bindu, intende stimolare proprio tale paradosso: come pu ci che non esiste, ci che non si vede, dare origine e forma allesistenza manifesta? Introiettare tale antitesi utile per spiazzare il ragionamento logico-razionale della mente, e trovare cos un varco verso altri e pi elevati stati di coscienza. Altro elemento costitutivo dello Yantra il cerchio, che in questa sede potremmo vedere come unespansione del bindu. Il bindu, abbiamo gi detto, rappresenta la Coscienza universale che dallUno passa al molteplice, e per far questo innesca un movimento che produce un allontanamento da s stessa, dal centro, dallorigine. Il punto, per diventare cerchio, ha bisogno di autolimitarsi. Il cerchio infatti, a differenza del punto, ha una sua dimensione e circoscrive uno spazio. In questo senso il cerchio diventa anche una sorta di recinzione, di protezione di quello spazio sacro che, allinterno dello Yantra, pu essere raggiunto solo da chi abbia una preparazione e unesperienza adeguate. Il cerchio d anche lidea del tempo circolare, di tutto ci che ritorna al punto di partenza. Il cerchio ruotando su s stesso diventa, nella sua espressione grafica, una spirale che si espande fino a che non ritorna al proprio centro, in una sorta di inevitabile dissoluzione. Il cerchio, infine, pu essere assimilato allo zero che non conta niente di per s, ma d la possibilit agli altri numeri di espandersi allinfinito, anzich rimanere confinati nellangusto spazio dall1 al 9. E anche in questo caso siamo di fronte ad un altro paradosso: dal vuoto del cerchio, assimilato allo zero, si dipana e si dispiega luniverso infinito. La terza figura geometrica, presente nello Yantra, il quadrato che rimanda allelemento terra, di cui ne costituisce il simbolo. Il quadrato evoca i concetti di stabilit, di solidificazione, quasi di
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stagnazione contrapposti allidea dinamica, e di continuo movimento, che la figura del cerchio richiama. Se il cerchio evoca lidea di perfezione, il quadrato simboleggia il concetto di giustizia. Nellantica Grecia il quadrato fu infatti preso come emblema della legge, della norma interiore, di ci che giusto in s. Il quadrato sta al cerchio, come la terra sta al cielo. Il quadrato il riflesso della perfezione divina nel mondo materiale, la figura geometrica che definisce, che regolarizza il creato, che altrimenti si porterebbe dietro elementi ancora caotici e informi. Se il cerchio il Divino, il quadrato rappresenta il Suo manifestarsi sulla terra. Luomo che per eccellenza, durante la propria incarnazione umana, ha abbandonato tutto il proprio essere nelle mani del Divino (del cerchio) il Cristo che, non a caso, nella posizione forzata della croce, oltre ad indicare le direzioni dei quattro punti cardinali, simboleggia una precisa figura geometrica: il quadrato. Il quadrato, che nello Yantra include il cerchio, simboleggia la dimensione umana come derivazione di quella spirituale, a cui necessario fare continuo riferimento, dalla quale non si pu prescindere, alla quale bisogna sempre, in ogni istante, ritornare. Le quattro porte a T, accessi verso il diagramma centrale, poste nella stessa direttiva dei quattro i punti cardinali, simboleggiano la possibilit o la necessit di spostarsi da un piano allaltro, dalla dimensione umana e quella spirituale. Lultima figura geometrica presente nello Yantra il triangolo. Se il vertice rivolto verso lalto simboleggia il fuoco ed collegato con lelemento maschile (Shiva), se il vertice rivolto verso il basso rappresenta lacqua, ed collegato con il principio femminile: la Shakti. Il vertice verso il basso anche simbolo dellUno che si ripiega verso lumanit, mentre il vertice verso lalto lo sforzo delluomo che tenta di ascendere verso il Divino. I tre lati rappresentano le tre caratteristiche insite nellenergia della Shakti, che le hanno permesso di differenziarsi, di dare origine al mondo manifesto. Pi in generale, i tre lati sono riferibili alla Trinit della concezione cristiana o alla Trimurti degli induisti. Lunico simbolo non geometrico che trova posto nello Yantra il fiore di loto, a otto o a dodici petali. Il loto strettamente legato con limmagine del Sole; si apre e si manifesta, in tutto il suo
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splendore, alla luce del giorno per chiudere i propri petali con il calare della notte. Simboleggiando in questo modo limportanza della conoscenza come strada privilegiata verso lilluminazione. Il fiore di loto evoca anche i concetti di perfezione e di purezza. Nonostante le sue radici affondino nella melma delle paludi e degli stagni, i suoi fiori meravigliosi si stagliano verso lalto, assorbendo laria incontaminata del cielo. Cos dovrebbe fare anche luomo: trascendere le proprie limitazioni, e i propri attaccamenti, per nutrirsi della pura energia che emana dal Divino.

7. I CHAKRA

Mulhadara Swadhishtana

Manipura

Anahata

Vishuddhi

Ajna

Sahasrara

Il Tantra e il Buddismo concordano pienamente sul fatto che luomo, sebbene si trovi immerso in un universo materico, soggiogato dalle illusioni di Maya, lunico essere che ha il privilegio di trovarsi in una dimensione nella quale possibile un rapido percorso di evoluzione, di avvicinamento, o addirittura di ricongiunzione con il Divino. Lesistenza umana, di per s stessa, gi il percorso spirituale; il corpo fisico con il quale luomo scende sulla terra, il mezzo imprescindibile attraverso il quale tale percorso diviene possibile. Si gi visto come la nascita dellUniverso dipenda dallo sdoppiamento dellUno in due principi rappresentati simbolicamente da Shiva e Shakti, e si anche intuito come la creazione sia assimilabile ad un campo di energia che si espande progressivamente partendo da un centro. Le scoperte della fisica quantistica di inizio 900 confermano questa ipotesi, dando ragione agli yoghi che 4000 anni fa asserivano che la materia, cos come la percepiamo attraverso i nostri sensi, unillusione. La materia una particolare forma di energia! Anche il corpo umano un campo di energia, al cui interno trovano posto, oltre agli organi fisici, numerosi sistemi e organi sottili, tra i quali i chakra.

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Da questa prospettiva lorganismo umano diventa il riflesso puntuale e la rappresentazione fedele, seppur miniaturizzata, del macrocosmo e di tutte le sue dinamiche energetiche che lo regolano e che lo tengono in vita. Non potendoci dilungare nella trattazione di argomenti di biopsicologia tantrica, che descrivono nel dettaglio la composizione e il funzionamento dei sistemi sottili di cui luomo costituito, in questa sede si tratter solo dei chakra, con particolare riferimento allo Yantra che come vedremo elemento costitutivo e fondamentale della simbologia di questi organi sottili. Il termine chakra deriva dal sanscrito, ed traducibile con la parola italiana ruota o vortice di energia. Posti idealmente lungo la colonna vertebrale, in concomitanza con le ghiandole endocrine, i chakra sono dei veri e propri centri psichici invisibili, valvole energetiche che smistano e distribuiscono lenergia vitale nel corpo, anelli di congiunzione tra il mondo fisico e quello sottile. Sono le tappe che lenergia kundalini deve percorrere, per ascendere dalla base (svayambhu-linga) in cui si trova addormentata, fino al settimo chakra, il Sahasrara, dove pu finalmente ricongiungersi con lAssoluto. Sebbene nel corpo sottile trovino posto svariate migliaia di nadi, sottilissimi canali attraverso i quali scorre lenergia, lunico canale deputato a far ascendere la Kundalini quello centrale: Sushumna. Attorno a Sushumna, rispettivamente a sinistra e a destra, si snodano Ida e Pingala seguendo un andamento sinusoidale e incrociandosi allaltezza di ogni chakra. Ida e Pingala rappresentano una coppia di opposti: la prima associata allenergia lunare, fresca e femminile; la seconda legata allenergia solare, attiva e maschile. Per verificare quanto il corpo umano, in quanto microcosmo, rappresenti esso stesso una sorta di mappa mandalica che, se osservata con gli occhi dello yoghi, consente alluomo di accedere ai segreti del macrocosmo nella sua interezza, utile citare che Ida e Pingala vengono rispettivamente associati ai fiumi indiani Varana e Asi, tra i quali sorge la citt sacra di Varanasi. Varanasi associata con lajna, il chakra dai due petali, dove Ida e Pingala si incontrano per lultima volta.

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Per ci che concerne Sushumna, essa nasce nella zona coccigea, ascende lungo tutta la colonna vertebrale, ed associata al fiume Sarasvati, che si crede si ricongiunga per via sotterranea, al Gange e alla Yamuna, presso la citt di Allahabad. La colonna vertebrale, infine, lequivalente in scala umana del monte Meru, anche detto laxis mundi, lasse cosmico, il centro delluniverso della mitologia induista e buddista, che pone in contatto attraversandoli il mondo sotterraneo, umano e divino. In questa stretta relazione tra macrocosmo e microcosmo, i chakra sono i punti focali dove i piani cosmici, fisici e psichici si incontrano in un dinamico alternarsi di immagini e simboli che includono lo Yantra e altre raffigurazioni mandaliche complesse e ricche di significati esoterici. Per il buddismo tantrico i chakra principali sono cinque e sono posti nella regione sacrale, nella zona dellombelico, allaltezza del cuore, allaltezza della gola e sulla sommit del capo. Per il tantrismo i chakra principali sono sette, aggiungendo a quelli presi in considerazione dal buddismo, un centro posto nella zona genitale e uno situato tra le sopracciglia. Tutti i chakra vengono raffigurati come fiori di loto, il cui numero di petali e il cui colore varia, caratterizzando e distinguendo ciascun chakra. Se prendiamo in considerazione tutti i chakra, il numero complessivo dei loro petali cinquanta; tanti quanti i fonemi dellalfabeto sanscrito che troviamo adagiati, uno per ogni petalo, su tutti i fiori di loto. Sulla corolla del fiore di loto compare lo Yantra che rimanda a uno degli elementi costitutivi del cosmo e agli organi di senso e dazione a questi collegati: Terra-olfatto-piedi (Muladhara); Acquagusto-genitali(Svadhishthana); Fuoco-vista-escretori (Manipura); Aria-tatto-mani (Anahata); Etereudito-voce (Vishuddhi). La ricchezza simbolica dello Yantra, allinterno di ogni chakra, viene arricchita anche grazie alla presenza del bija-mantra, il seme sonoro. Sono questi i mantra costituiti da una sola sillaba, aventi la funzione di animare lo Yantra e che, come tutti i mantra, hanno la capacit di provocare reazioni sottili molto potenti, in quanto sollecitano specifiche energie inducendole ad incarnarsi nelladepto che con fiducia e devozione le evoca. Il primo chakra, anche detto chakra della base o della radice, Muladhara. E posto per lappunto alla base della colonna vertebrale, visualizzato come un loto con quattro petali di colore rosso, ha come Yantra un quadrato. Il quadrato, figura stabile per eccellenza, rimanda al concetto di radicamento nella terra. Infatti, il Muladhara chakra sovrintende alle necessit primarie dellessere umano, come listinto di sopravvivenza e la capacit di adattarsi al mondo.
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Il secondo chakra Svadhisthana, posto alla base degli organi genitali. E un loto con sei petali di colore vermiglio, nel quale raffigurato un Mandala circolare di colore bianco. Allinterno del Mandala vi una falce lunare inscritta tra due ninfee, come richiamo allelemento governato da questo chakra: lacqua. Svadhistana sovrintende alle capacit creative, al pensiero astratto e a tutto ci che correlato al senso estetico. Il terzo chakra Manipura, che si presenta come un loto con dieci petali di colore bluastro; la sua connessione con lelemento fuoco richiamata da uno Yantra triangolare di colore rosso fiammeggiante, posto con il vertice verso il basso, e circondato da tre svastiche sui lati. Manipura promuove laffermazione di s, la longevit e la ricerca di gloria. Salendo troviamo Anahata, loto dai dodici petali. Il suo Yantra costituito da due triangoli che si intersecano, formando una stella a sei punte che lo collega allelemento aria. Questo chakra sviluppa la compassione, lamore incondizionato, il senso di condivisione e di servizio altruistico. Il quinto chakra Vishuddha, un loto con sedici petali di colore turchese, o porpora per alcune tradizioni, localizzato nella gola, che si rif allelemento etere e il cui Yantra costituito da un cerchio bianco come la luna piena. Il Vishuddha chakra realizza la conoscenza. LAjna chakra, detto anche il luogo dove si realizza il comando, visualizzato come un loto con due petali di colore bianco lunare e che come Yantra ha un triangolo con il vertice verso il basso. Questo chakra la sede delle facolt mentali e di discernimento pi elevate. Infine il Sahasrara, il loto dai mille petali, detto anche chakra della corona, di colore bianco e sui suoi petali si trovano tutte le possibili combinazioni delle lettere dellalfabeto sanscrito. Nel pericarpo del fiore trova collocazione lo Yantra: una luna piena bianchissima che cinge una yoni a forma di triangolo dal cui vertice, posto verso lalto, stilla lamrita, il nettare divino prodotto dallunione di Shiva e Shakti. Da questa breve disamina sui chakra emerge una concezione del corpo umano molto diversa da quella che i nostri sensi limitati ci suggeriscono. Il corpo un universo e come tale contiene, al proprio interno, infinite possibilit che vanno dalla schiavit dei sensi, alla liberazione da ogni attaccamento terreno, dalla caducit e dal dolore tipici del mondo materiale, alla realizzazione dellanima e allilluminazione.

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Lo Yantra, e ancor di pi la ricchezza di immagini e di simboli che vedremo inseriti nei Mandala buddisti, ci aiutano a divenire consapevoli anche di questo: delluniverso infinito che si nasconde dentro ognuno di noi.

8. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL MANDALA Il Mandala buddista in genere costituito da tre cornici circolari concentriche, al cui interno posto un quadrato con quattro aperture in direzione dei punti cardinali. In tale architettura di base, composta dal cerchio e dal quadrato, trovano posto oggetti e simboli che raffigurano o evocano divinit e concetti di varia natura. Le cornici circolari, che cingono e proteggono il Mandala, servono a visualizzare i diversi stati di coscienza che il meditante deve raggiungere per poter progredire nel proprio
Esempio di Mandala tibetano

percorso verso lilluminazione. La prima cornice ospita al proprio interno innumerevoli fiamme che stanno a simboleggiare come solo il fuoco, con il suo potere distruttivo e purificatore, in grado di annientare i pensieri e gli attaccamenti mondani, trasformando la mente del praticante e preparandola ad affrontare gli stadi successivi. La seconda cornice raffigura una serie di vajra che alludono alla forza e alla indistruttibilit del diamante che, in grado di tagliare qualsiasi materiale, non pu essere scalfito da nulla. Ci sta a simboleggiare come dovrebbe diventare la mente del praticante: forte, determinata, intrisa di una volont indistruttibile. Solo cos il ricercatore spirituale in grado di superare la paura, o qualsiasi altro ostacolo gli si pari davanti durante il cammino verso il centro del Mandala. Il Vajra, che da una struttura circolare unica, si diparte in due protuberanze opposte costituite da pi punte, serve anche ad evocare il mistero della dualit che contenuta, e scaturisce, dallUnit immanifesta. La terza cornice in genere si articola in otto cimiteri che stanno a simboleggiare come le tendenze umane debbano essere definitivamente
Il Vajra

annientate e sepolte per poter acquisire la chiara visione della Realt.


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Lultima cornice, adornata da una ghirlanda di fiori, o di petali di loto, rimanda al cuore del praticante che deve essere colmo di amore e di pura devozione per poter aspirare ad entrare nel palazzo del Mandala. Il palazzo posto al centro del Mandala, denominato anche il palazzo della consacrazione, circondato e protetto da un alto muro di cinta. A volte questo muro pu essere dipinto di oro, altre volte si presenta abbellito da luccicanti pietre preziose. Nelle mura si aprono, in direzione dei punti cardinali, quattro porte dette: torana. Le torana sono sormontate da diversi oggetti: da parasoli regali, da banderuole che escono da vasi simboleggianti abbondanza e prosperit, da due gazzelle poste luna di fronte allaltra, che ricordano il primo discorso del Buddha Shakyamuni, che si tenne per lappunto nel parco delle gazzelle e che sembrano far da contorno al darmachakra, la ruota ad otto raggi, simbolo dellottuplice sentiero. Laccesso allarea centrale presidiato da divinit dallatteggiamento irato, che orrende e spaventose nelle loro fattezze, scoraggiano il profano dal varcare la soglia del perimetro sacro. Le divinit terribili, molto frequenti nelliconografia buddista, hanno anche un altro scopo. Avvertono il praticante che la meditazione, soprattutto se supportata dal Mandala, pu far emergere materiale scabroso, inquietante ed oscuro dall inconscio, e che a tale evenienza bisogna essere pronti, per evitare di esserne sopraffatti. Non solo, le divinit terribili stanno a simboleggiare che il percorso spirituale del meditante non pu prescindere dal dover attraversare, con coraggio e determinazione, invece di evitarle: paure, angosce e timori di qualsiasi genere. Larea allinterno del palazzo viene generalmente suddivisa mediante le forme geometriche caratterizzanti lo Yantra e cio : il cerchio, il quadrato e il triangolo. La superficie del palazzo pu presentarsi perci divisa in pi quadrati, in genere nove, oppure pu articolarsi in una serie di quadrati incastonati luno dentro laltro, per dare lidea che il palazzo si sviluppi in verticale, come fosse composto da pi terrazze poggiate le une sulle altre. La costruzione pressoch sempre simmetrica e ospita al proprio interno un Buddha, o unaltra divinit, che ha lo scopo di detenere e proteggere il Dharma, qui inteso come ordine, equilibrio, armonia, attuabile anche sul piano umano a patto che si seguano i supremi ideali dellEssere.

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Oltre alle divinit irate, che presidiano i punti di accesso alla parte centrale del diagramma, nel Mandala compaiono numerose altre raffigurazioni divine. Divinit femminili denominate le dee offerenti; i bodhisattva, che aiutano il praticante nel percorso verso lilluminazione instillando nella sua mente le qualit che rappresentano; i Buddha Celesti che favoriscono, ognuno di essi, una specifica forma di meditazione e che spesso si presentano affiancati dalle loro compagne; le dakini che, dotate di enormi poteri, padroneggiano la scienza dello yoga e altre svariate figure ascetiche. I colori dei vestiti, le posizioni del corpo e delle mani, i gesti con cui tali figure si mostrano al praticante non sono casuali. Ogni elemento inserito nel Mandala per figurare un particolare ambito della psiche, unattitudine da interiorizzare. Oppure lesigenza di creare un piccolo squarcio nella mente attraverso cui possa passare il raggio dellilluminazione. In particolare, due elementi figurativi possono stupire chi non addentro allutilizzo dei Mandala: le divinit terrificanti, di cui si gi accennato, e lintreccio erotico nel quale sono avvolte le divinit maschili e femminili presenti sulla scena mandalica. Limmagine dellamplesso l per evocare la necessit di superare lillusione che esista una dualit, che ci sia un maschile e un femminile. Solo al di l di questi concetti si pu sperimentare lo stato di perfetta Unit che costituisce la vera illuminazione. Lidea del maschile e del femminile richiamata anche dai simboli del vajra e della campana. Ma a differenza della concezione tantrica, dove il maschile la coscienza immobile e immanifesta, nel buddismo tantrico il vajra, emblema tra laltro della virt della compassione, simboleggia lazione. La passivit, invece, collegata allenergia femminile di cui la campana, che simboleggia anche la vacuit, ne simbolo.

9. I CINQUE DHYANIBUDDHA DEL BUDDISMO VAJRAYANA Nei Mandala utilizzati dai buddisti della corrente Vajrayana, molto usuale vedere raffigurati i cosiddetti Cinque DhyaniBuddha. Secondo la tradizione del buddismo tantrico, i cinque DhyaniBuddha nacquero come emanazione dellAdiBuddha (dal sanscrito: il primo illuminato oppure il Buddha primordiale) che, nel grande vuoto precedente al tempo e allo spazio, li cre per il desiderio di poter contemplare s stesso.
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Detti anche i cinque Buddha della meditazione, i loro nomi sono: Vairocana, Akshobhya, Ratnasambhava, Amitabha e Amoghasiddi. Nel centro del Mandala posto Vairocana, Colui che risplende, raffigura la vacuit ed ha in mano la ruota ad otto raggi del cammino buddista. E collegato con il primo elemento costitutivo delluniverso: letere/spazio. Il gesto che lo caratterizza la messa in moto della ruota del darma (darmachakramudra) di cui tenutario, protettore e simbolo. A est troviamo Aksobhya, anche detto limperturbabile, limmutabile, il cui cuore irradia una luce purissima e limpida come uno specchio che riflette ogni cosa, senza venirne minimamente turbato. Seduto su un trono sorretto da elefanti, ha un vajra in una mano, mentre laltra mano poggiata a terra ad evocare stabilit e fermezza. E collegato con lelemento acqua. A sud emerge il Buddha Ratnasambhava, con la mano aperta e abbandonata verso il suolo nel gesto di donare i tre gioielli del buddismo: il Dharma, il Sangha e il Buddha. Il suo nome, Ratnasambhava, sta appunto a significare lorigine dei tre gioielli. E il protettore della terra insieme alla sua controparte femminile Mamaki, con la quale si presenta abbracciato. Sono entrambi adagiati su un trono retto da cavalli. A ovest c Amitabha, anche detto linfinito splendore, vestito di rosso come il sole al tramonto, il Buddha legato allelemento Fuoco. Le sue mani, poste in grembo nel gesto della meditazione, sorreggono un loto, simbolo della chiara visione della realt conseguente alla purificazione di tutte le percezioni. E seduto su un trono di pavoni insieme alla sua compagna Pandaravasini, vestita di bianco. Labbinamento del rosso con il bianco stanno a significare rispettivamente: il fiammeggiare della visione discriminante e la luminosit della pura percezione. A nord troviamo Amoghasiddhi, che evoca il mistero del sole a mezzanotte ovvero la presenza, nellanimo di ogni essere vivente, di una luce invisibile quale guida verso lilluminazione. In un mano ha un doppio vajra, simbolo della benevolenza e della compassione, mentre laltra alzata e mostra il palmo nel gesto dellabhayamudra, il mudra del coraggio. E collegato
I Ciqnue Dianybuddha

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allelemento aria, ed nellaria che fluttua insieme alla sua compagna Tara, seduto su un essere mitico, met uomo e met uccello. Ogni Dhyanibuddha, la propria compagna, e tutti gli elementi ad esso correlati (simboli, animali, colori, gesti delle mani e dei corpi, ecc.) non solo non sono affatto casuali, ma costituiscono un insieme di potenti simboli e archetipi, che servono per suscitare delle trasformazioni profonde nella mente del praticante. Se da una parte stimolano lemergere di eventuali tendenze negative, dallaltra inducono il meditante a riferirsi al relativo Buddha che possiede, e quindi pu elargire, le qualit necessarie per poterle superare. In questo senso, ognuno dei cinque Buddha evoca uno stato malato ed uno illuminato della mente, in una concezione che propria del tantrismo che cerca i lati oscuri presenti nellanimo umano, invece di evitarli o rimuoverli, per poterli trasformare in luce, attraverso lacquisizione di particolari attitudini e qualit.

10. LESECUZIONE DEL MANDALA Da quanto detto finora, facilmente intuibile che lesecuzione di un Mandala unoperazione

estremamente complessa. Innanzitutto bisogna distinguere tra i mandali costruiti per i riti di iniziazione, o per le cerimonie propiziatorie, e i Mandala che vengono realizzati perch durino nel tempo e siano strumento e supporto durante la meditazione.
Lesecuzione di un Mandala di sabbia

Nella prima categoria rientrano quelli di sabbia colorata, realizzati con estrema pazienza dai monaci tibetani che, appena terminato un Mandala di questo tipo, con altrettanta accuratezza, lo distruggono per significare che lesistenza umana condizionata e caratterizzata da uno stato di continua impermanenza. Le polveri di sabbia colorata vengono poi poste in unurna, e gettate nelle acque di un fiume o di un lago. I Mandala costruiti durante i riti di iniziazione in genere prevedono che, il giorno della cerimonia, per prima cosa, ladepto riferisca i sogni che ha avuto durante la notte precedente. Questo serve per determinare se quel dato giorno quello pi propizio per poter procedere con il rito di

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costruzione del Mandala, o se al contrario pi prudente posticipare la data del rituale per la presenza di ostacoli o interferenze particolari. Ladepto, esauriti i preliminari, dopo essersi purificato mentalmente e fisicamente, si prepara per lesecuzione. Anche il luogo scelto con estrema cura, e il terreno sul quale avverr il disegno del Mandala viene spianato e preparato attentamente per rimuoverne ogni possibile ostacolo. Lintento simbolico di queste operazioni, che rientrano a pieno titolo nel rituale, quello di assimilare il terreno, su cui verr disegnato il Mandala, al diamante, che limpido e puro nella sua essenza costituisce la base ideale per accogliere un tracciato mandalico. La recitazione di appositi mantra, che fanno da sottofondo a tutte le fasi preparatorie, serve per allontanare qualsiasi negativit. Quando tutto pronto, dopo aver toccato il suolo con il vajra, per sancire che la terra sar testimone del rituale, e ad imitazione di quanto fece il Buddha Shakyamuni la notte del suo risveglio, ladepto prende rifugio nei tre gioielli, il Sangha, il Dharma e il Buddha, fa voto di voler raggiungere lilluminazione e inizia lesecuzione del Mandala. Per effettuare il disegno sul terreno si utilizzano due corde. Una, costituita da un solo filo, intrisa di polvere di riso bianca. Laltra costituita da cinque fili, ognuno dei quali pu essere intriso di un determinato colore, a seconda di quale divinit si intende rappresentare. Le corde si fanno vibrare alternativamente in maniera tale che lascino cadere sul terreno la polvere del colore desiderato, necessario per la realizzazione dei vari tracciati costituenti il Mandala. Al centro dellarea vengono posti dei vasi contenenti acqua e altre essenze, che hanno lo scopo di agevolare la discesa della divinit che render sacra lesecuzione del Mandala. I vasi servono anche ad evocare limmagine del grembo che contiene tutte le potenzialit racchiuse nel liquido vitale; mentre lacqua in questo caso rappresenta lamrita il nettare dellimmortalit e dellilluminazione. Liniziazione di cui abbiamo appena accennato, quella maggiormente diffusa in ambito buddista anche se, in alcuni testi, viene descritto un rituale molto diverso durante il quale ladepto bendato e viene portato al centro di un Mandala che stato gi tracciato. Gli si chiede di gettare sul terreno, senza poter vedere dove, un fiore o un altro oggetto simbolico che a seconda di dove cadr, andr ad identificare quale famiglia di Dianybuddha ladepto dovr prendere come tutore e modello nel suo percorso spirituale.

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Infine, ci sono i Mandala permanenti costruiti come supporti per la meditazione. Di questi fanno parte anche le cosiddette tanke: veri e propri dipinti su stoffa di cotone, seta, oppure lino che oltre al diagramma mandalico ospitano divinit o altri soggetti a carattere religioso. La tecnica originale di esecuzione della tanka, che si tramandava da secoli nei monasteri tibetani, andata pressoch perduta, sia per i tragici fatti politici che pi volte sono scaturiti nelloccupazione del Tibet da parte dei cinesi, sia per un inarrestabile processo di modernizzazione della produzione di manufatti tibetani, che purtroppo hanno svuotato lesecuzione della tanka del suo significato simbolico originario. In precedenza, per realizzare una tanka, si prendeva una tela grezza, la si spalmava di gesso e colla, e la si levigava con una pietra liscia o con una conchiglia. Su questa base si provvedeva ad eseguire il tracciato generale del Mandala. Su unaltra stoffa veniva invece predisposto il disegno vero e proprio in ogni suo minimo dettaglio. La stoffa veniva traforata esattamente in corrispondenza dei contorni del disegno per essere poi posta sulla tela, in maniera tale da combinare il tracciato generale e il disegno del Mandala. A questo punto sulla stoffa veniva sparsa della polvere di carbone che, passando attraverso i fori, cadeva sulla tela andando a tracciare i contorni del disegno che sarebbero stati poi ripresi con inchiostro di china rosso o nero. Delimitati in questo modo i contorni, si provvedeva a dipingere la tela con colori ad acqua misti a colla. Lesecutore non era mai uno solo: alla tela si avvicendavano diversi artisti, ognuno specializzato nella realizzazione dei diversi particolari. Tutte le esecuzioni di cui abbiamo trattato in questo paragrafo seguono regole ben precise che non coinvolgono solo i soggetti e i colori utilizzati nel Mandala, ma addirittura le dimensioni esatte che ogni figura, posta allinterno del Mandala, deve avere. La figura principale, ad esempio, deve essere necessariamente la quarta parte della lunghezza del segmento che taglia idealmente il Mandala dallalto verso il basso. Tale segmento, in ambito cosmico, simboleggia il Monte Meru;
Esempio di Tanka tibetana

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mentre in ambito individuale, con riferimento alla biopsicologia tantrica, rappresenta il canale centrale della sushumna.

11. GLI ESEMPI PIU SIGNIFICATIVI: SHRI YANTRA E RUOTA DELLA VITA. Dopo aver trattato dei caratteri generali, e dei principali elementi costitutivi, dello Yantra e del Mandala, si parler ora di Shri Yantra e di Ruota della Vita in quanto costituiscono i diagrammi simbolici pi diffusi e significativi, rispettivamente in ambito induista e buddista. Sebbene la trattazione non potr essere esaustiva, lapprofondire i due simboli sopra citati dar la possibilit di familiarizzare con alcuni elementi, esemplificativi di concetti e immagini, che si trovano nella maggiore parte degli Yantra e dei Mandala.

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LO SHRI YANTRA

Lo Shri Yantra lo Yantra per eccellenza, come suggerisce lo stesso appellativo Shri che, nella lingua sanscrita, sempre riferito a persona o divinit che merita rispetto e venerazione. E chiamato anche navayoni o navachakra per il fatto che nella parte centrale del diagramma trovano posto nove triangoli. Cinque di questi triangoli hanno il vertice verso il basso, mentre quattro hanno il vertice verso lalto, con un chiaro riferimento: i primi alla Shakti e i secondi a Shiva.
Shri Yantra

E il punto centrale, il bindu, che genera tutti e nove i triangoli. Il bindu il primo segno a emergere sullimmota superficie del vuoto, ed come un seme che racchiude tutte le infinite potenzialit dellEssere. Essere che ad un certo punto si scinde in due diversi aspetti di s stesso: la coscienza, immobile e immanifesta, e lenergia, attiva e creatrice del mondo fenomenico. Nello Shri Yantra, quindi, perfettamente raffigurato il desiderio di Shiva, ossia della Luce Suprema, che ad un certo punto crea un riflesso di s stesso (la Shakti) per potersi specchiare e riconoscere. I cinque triangoli con il vertice verso il basso rappresentano perci i cinque elementi grossi e i cinque elementi sottili, i cinque organi dazione e i cinque organi di senso, secondo la concezione tantrica della creazione delluniverso.
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Il numero totale dei triangoli, il nove, nella simbologia numerica, rappresenta luniverso che nonostante si espanda, alla fine torna ad essere sempre uguale a s stesso. In effetti, se si moltiplica il nove per un qualsiasi numero, la somma delle cifre derivanti da tale prodotto sar a sua volta sempre nove. Per esemplificare il concetto: 9X2= 18; le cifre costituenti il 18, se sommate, fanno ancora 9 (1+8=9). E cos in tutti quei casi in cui il moltiplicatore, o il moltiplicando, uguale a nove. Non solo. Il numero nove multiplo di tre. E quindi pu essere visto anche come un espansore delle triadi divine. Lo Shri Yantra, se da una parte rimanda costantemente il praticante a considerare il concetto della dualit, e di come questa abbia avuto origine, daltra parte lo sprona a superare questa illusoria divisione tra il principio maschile e quello femminile per poter ritornare al bindu, allUno indifferenziato, come traguardo finale del percorso esistenziale. Il possibile viaggio che lo Shri Yantra mostra , per, in due direzioni uguali e contrarie. Dalla periferia al centro, per simulare il percorso di dissoluzione del mondo fenomenico, ovvero dallinterno verso lesterno a simboleggiare lUno che si espande e si differenzia. Volendo in questa sede imitare il percorso del meditante che si dirige verso il centro, nel tentativo di porre fine al proprio viaggio alla scoperta della Verit, analizzeremo lo Shri Yantra partendo dal perimetro esterno, dove posto un quadrato con quattro porte. Andremo poi avanti fino a raggiungere il bindu, dopo aver visitato nove cornici concentriche. La prima cornice costituita per lappunto dal quadrato che riferito

allelemento terra e quindi al muladhara, il primo chakra, il pi basso nellambito del sistema sottile caratterizzante lessere umano. In questa cornice ladepto chiamato a prendere contatto con le proprie pulsioni e passioni pi terrene come: la rabbia, la paura, la lussuria, ecc. Il quadrato cinge tre cerchi, che stanno a rappresentare i tre diversi mondi e le tre diverse influenze a cui gli esseri viventi sono sottoposti. Questa prima parte dello Shri Yantra viene infatti denominata : incantatrice del triplice mondo. A questo livello, tre sono le categorie di divinit coinvolte. Le prime sono le divinit che garantiscono i poteri eccezionali come: la capacit di divenire infinitamente piccoli, o infinitamente grandi, leggerissimi o pesantissimi, il potere di dominare, soggiogare, realizzare ogni
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desiderio e ottenere qualsiasi cosa, di provare il piacere pi totale e di non avere alcun ostacolo nellattuazione dei propri fini. Dato che a questo livello il rapporto con il reale soggiogato dal desiderio, intervengono le Matrika Shakti, terribili e potenti come gli ostacoli insiti nella mente, che sono richiamate nello Sri Yantra proprio per lavorare sulle passioni mondane, al fine di reintegrarle e sublimarle. La terza categoria di divinit evocate quella delle Mudra Shakti, le guardiane delle dieci direzioni dello spazio (inclusi nadir e zenit) che reggono i sigilli, vale a dire i mudra dellautorit. Andando avanti nel percorso verso il centro troviamo i fiori di loto che, iscritti nel quadrato, sono rispettivamente a sedici e a otto petali, e costituiscono la seconda e la terza cornice. I sedici petali rappresentano: i cinque elementi grossi, i cinque organi di senso, i cinque organi di azione e la mente che sovraintende e coordina tutte le sensazioni e le volizioni. In ogni petalo trova posto una divinit, che simboleggia uno specifico tipo di attrazione del mondo manifesto e il conseguente offuscamento che tale attrazione ingenera nella mente. La denominazione di questo livello ci che realizza i desideri; desideri che in questa cornice sono ancora mondani. Il loto a otto petali rimanda ad altrettante divinit, che rappresentano le varie facolt e capacit psicofisiche come: la capacit verbale; di locomozione; di afferrare; di evacuare; e poi lattenzione; la repulsione; la capacit di provare gioia e le sensazioni neutre. Il nome di questa cornice ci che pone tutto in agitazione. Questo per significare che n attraverso lacquisizione di poteri straordinari, n tantomeno attraverso lappagamento dei desideri mondani si raggiunge la pace interiore e la pienezza. Ne discende che per trovare la realizzazione chi arriva a questo livello non pu che andare oltre; non pu che proseguire il suo viaggio per visitare gli altri livelli che lo Shri Yantra gli dispiega davanti e che si presentano, man mano, sempre pi vicini al centro. Questo senso di agitazione che il praticante prova in questa fase non solo normale, ma diventa, nella concezione induista, addirittura auspicabile e desiderabile, perch favorisce la ricerca di soluzioni alternative a ci che la mente razionale suggerirebbe come ottimali.
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Alla fine della terza cornice, potremmo dire che il meditante nelle condizioni di abbandonare la limitata consapevolezza di essere un corpo fisico, per potersi addentrare nel proprio s psichico e nel proprio sistema sottile. Infatti, la quarta cornice, denominata anche quella che garantisce ogni prosperit, formata da quattordici triangoli simboleggianti le quattordici nadi principali, i canali energetici che irrorano il corpo di prana, di essenza vitale. La quinta e la sesta cornice sono entrambe costituite da dieci triangoli. I dieci triangoli della quinta cornice rappresentano le cinque energie principali (prana, apana, udana, samana, vyana) e le cinque energie minori (anche dette upaprana) che circolano nel corpo, e che a questo livello dello Shri Yantra sono presiedute da altrettante divinit di buon auspicio. I dieci triangoli della sesta cornice fanno riferimento ai dieci agni (fuochi gastrici) della medicina ayurvedica, anchessi visualizzati in aspetto divino. Le denominazioni di queste due cornici sono rispettivamente: quello che realizza ogni cosa e quello che protegge da ogni pericolo. Nella settima cornice, quella che rimuove ogni malattia, si trova una figura a otto triangoli che rimanda ad altrettanti concetti come quelli del: caldo, freddo, gioia, dolore, desiderio, distacco, attivit e inerzia. In alcuni testi, e per alcune tradizioni, nella settima cornice ci sono anche i tre guna (sattva, rajas e tamas) a discapito di alcune delle polarit sopra elencate. Lottava cornice, quella che garantisce ogni realizzazione, costituita da un solo triangolo con il vertice posto verso il basso. In tale figura geometrica rappresentata la Shakti nella sua manifestazione primordiale che, come abbiamo gi avuto modo di vedere, scaturisce dal movimento di espansione delle sue tre componenti essenziali: i guna. Lultima cornice, ridondante di ogni beatitudine, costituisce il punto centrale dello Shri Yantra: il bindu. E proprio qui, in questo punto adimensionale, che il meditante chiamato a godere dellunione con la Shakti, dopo aver avuto modo di partecipare a tutte le sue attivit creatrici e metamorfiche. E questo il centro dove cessa ogni dualit, dove lincessante movimento creativo
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della Shakti si ferma, e il meditante pu divenire consapevole di se stesso come di un osservatore immobile e silenzioso, non pi influenzato dal caleidoscopico mondo dei fenomeni. Ma il viaggio non ancora terminato. Vi necessit di andare ancora oltre, di unirsi al Vuoto, di oltrepassare quel limite al di l del quale vi lunione, ancora incontaminata, di Shiva e della sua Shakti. Le varie cornici che abbiamo visto finora possono essere raggruppate in tre triadi strettamente collegate alle fasi cosmiche delluniverso. Il quadrato del perimetro esterno e i due fiori di loto sono associati al processo di emanazione delluniverso, la figura a quattordici e le due a dieci triangoli sono collegate alla fase di conservazione delluniverso, mentre la figura a otto triangoli, il triangolo con il vertice verso il basso e il punto rimandano al processo di dissoluzione. E ancora vi sono i rimandi ai sette chakra del corpo, ai quali se ne aggiungono uno nel palato e un altro sulla radice del naso. Lindividuazione e lanalisi degli archetipi presenti nello Shri Yantra potrebbe continuare a lungo, tanto questo Yantra ancora denso di simboli e significati nascosti oltre quelli finora visti, ma il tema centrale della presente trattazione ci impedisce di andare oltre. Ciononostante il percorso dei nove livelli, che dallesterno vanno verso linterno, ci ha dato perfettamente lidea di come lo Shri Yantra ci possa aiutare a visualizzare quali siano gli ostacoli che siamo chiamati a superare per riappropriarci della nostra interezza e totalit primordiale; ostacoli che per possono essere trasformati in nove gradini, grazie ai quali

possiamo innalzarci fino al pi alto grado di evoluzione spirituale.

11.2

LA RUOTA DELLA VITA

Uno dei Mandala pi diffusi in ambito buddista raffigura una ruota a sei raggi che, girando intorno ad un mozzo, visualizza le sei dimensioni attraverso le quali si svolge lesistenza degli esseri legati alla ruota del samsara, il ciclo continuo di morti e rinascite.
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Il suo nome : La Ruota della Vita. Proprio nel centro, nel mozzo, troviamo tre immagini molto eloquenti: un gallo rosso, simbolo di attaccamento; un serpente di colore verde, che rimanda al concetto di avversione e un maiale nero che raffigura loffuscamento e lignoranza. Questi tre animali si inseguono sul palcoscenico mandalico, mordendosi la coda lun laltro, come in un interminabile girotondo. Ci sta a significare che queste tre pulsioni mondane sono indissolubilmente legate le une alle altre, e sono proprio loro a mettere in moto la ruota del samsara, dimensione nella quale regna lo squilibrio, la dualit e il conflitto. La Ruota del Samsara sotto il potere di Mahakala che dopo averla tenuta ben stretta tra i suoi artigli, e i suoi denti lunghi e aguzzi, la ingoia. Per poi eruttarla di l a poco, in un continuum apparentemente senza fine. I mondi che secondo la concezione buddista costituiscono il gioco dellesistenza, e che ritroviamo rappresentati ne La Ruota della Vita, sono sei: quello degli di, degli inferi, degli asura (demoni), degli uomini, degli animali e dei preta (spettri). Nellambito delliconografia buddista questi mondi, in genere, sono cos posizionati: il raggio in alto appannaggio degli di, contrapposto al mondo degli inferi che posizionato nel raggio in basso. Alla destra del mondo degli di c il regno degli asura, e subito sotto gli asura ci sono i preta. Alla sinistra del regno degli di troviamo invece il mondo degli uomini, che confina in basso con il mondo degli animali. Ora entriamo in ognuna di queste dimensioni, per capirne meglio lambientazione e per cogliere i tratti che le caratterizzano e le distinguono. Il regno degli di la dimensione dei piaceri ineffabili, non c alcun motivo di sofferenza, e chi la abita dedito alla musica e alla danza. Bellezza, longevit, assenza di qualsivoglia malattia sono le caratteristiche predominanti di questo regno che per risulta ripiegato su stesso, poco aperto e per niente propenso ad evolversi e a superare il livello nel quale si trova. Neanche il fatto che le gioie paradisiache siano destinate a finire, con lestinguersi dei meriti karmici che le hanno prodotte, sufficiente a smuovere gli di dalla loro inerzia. Ci che manca in questa dimensione sono il disagio e la sofferenza. Sono queste infatti le molle che spingono lessere a progredire, che gli fanno nascere il desiderio di tornare ad essere uno con il Divino, che lo portano prima o poi, nel seguire questanelito di trascendenza, a saltare fuori dalla ruota del samsara.
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A chi si trova nel regno degli di il percorso da seguire, per superare questo impasse, lo indica Avalokiteshvara, il bodhisattva simbolo della compassione e incarnazione di saggezza. Avalokiteshvara, che ha fatto voto di aiutare tutti gli essere senzienti desiderosi di seguire il cammino del Dharma, appare in tutte e sei le dimensioni esistenziali della Ruota della Vita, con attitudini e qualit diverse a seconda di quali legami karmici, ogni specifico raggio di esistenza ha la necessit di superare. Nel regno degli di Avalokiteshvara vestito di bianco, ha con s un liuto che suona per evocare le note salvifiche della dottrina buddhista. Agli antipodi del regno degli di c il regno degli inferi, popolato da coloro che si sono lasciati sopraffare dallodio e dallavversione. A presiedere questa dimensione c Yama, il Dio della morte, che invece di infliggere pene e tormenti, si limita a reggere lo specchio della conoscenza attraverso il quale ognuno degli esseri infernali pu riconoscere i propri limiti e le proprie mancanze. Linferno buddista, infatti, non un luogo dove si soffre in eterno. E piuttosto una dimensione nella quale c la possibilit di analizzare se stessi e il proprio operato, per poter prendere la risoluzione di evolversi e migliorare. Qui Avalokiteshvara di colore bluastro come il fumo, e regge una fiamma purificatrice. A destra del mondo divino c il reame degli asura, ossia dei demoni che sono in perenne conflitto tra di loro per accaparrarsi il frutto dellalbero dei desideri che posto al confine con il mondo degli dei. In questa dimensione, in cui imperversa la violenza, Avalokiteshvara ha con s una spada che, invece di utilizzare come arma per offendere, mostra a tutti come simbolo della retta conoscenza che trancia di netto gli errori di percezione e volizione. Questo per far s che un altro albero diventi loggetto dei desideri degli asura: quello della saggezza. Sotto il regno degli asura troviamo la dimensione dei preta che, in quanto spettri inquieti e famelici, sono tormentati da un desiderio insaziabile, nonostante ingurgitino in continuazione acqua e cibo. Le loro bocche e le loro gole sono strettissime, e si infiammano ogni volta che un boccone o una goccia dacqua le attraversano. Ai preta, Avalokiteshvara, di colore rosso come la concupiscenza, porge un recipiente colmo di tesori spirituali, unico alimento in grado di saziare per sempre i loro desideri.

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Alla sinistra del regno degli dei c il mondo degli uomini, caratterizzato dalle aspirazioni e dal libero arbitrio, dimensione ideale nella quale progredire. In questa dimensione, infatti, tutti i livelli esistenziali degli altri regni diventano consci. E lunico luogo nel quale pu avvenire la liberazione dal samsara, attraverso la retta visione della realt e il raggiungimento della vacuit. Ma purtroppo il mondo degli uomini costantemente soggiogato dallorgoglio e dallegocentrismo, che spingono gli esseri umani ad inseguire i piaceri mondani e a lasciarsi travolgere dalle passioni intossicanti. Agli uomini Avalokiteshvara appare sotto le spoglie del Buddha Shakyamuni che, vestito con labito giallo della rinuncia, e con in mano la ciotola delle elemosine, indica nel distacco la via da percorrere. Sotto il mondo degli uomini c il mondo animale, dominato dallignoranza, dai ciechi istinti e sopraffatto dalla paura. Agli animali Avalokiteshvara appare di colore blu, ha in mano un libro che sta a significare quanto la conoscenza sia imprescindibile strumento sulla strada della crescita e dellevoluzione interiore. Per ci che concerne gli aspetti figurativi de La Ruota della Vita, intuibile che i colori dei vari regni, e le posizioni che questi occupano nel Mandala, sono lungi dallessere casuali. Cos il nero del mondo degli inferi opposto al bianco del mondo degli dei, il verde del regno animale complementare al rosso del regno degli asura, e il blu del mondo degli uomini complementare al giallo del mondo degli spettri. La posizione agli antipodi rinforza lidea che tra un regno e il proprio opposto vi sia una stretta correlazione: le gioie celestiali del regno degli dei hanno come controparte i dolori del mondo degli inferi, avendo tutti e due questi regni un rapporto sbagliato con il dolore. Assenza totale di sofferenza nel primo caso, eccesso di dolore nel secondo. La violenza che caratterizza il regno degli asura, si scontra con la sottomissione tipica del mondo degli animali. Questo per significare che tutti coloro che spadroneggiano e sottomettono i propri simili potrebbero diventare, prima o poi, essi stessi vittime inermi della prepotenza e dellarroganza altrui. I desideri indomabili del mondo degli uomini diventano fame e sete insaziabile nel mondo degli spettri. Ci per simboleggiare che dando libero sfogo al soddisfacimento delle passioni mondane, si rischia di ingenerare un circolo vizioso senza fine, allinterno del quale si rimane invischiati e dove non c spazio per alcuna soddisfazione piena e duratura.
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I sei mondi vengono anche associati alle sillabe del pi famoso mantra della tradizione buddista, il mantra Om Mani Padme Hum che rappresenta la condensazione sonora del potere della compassione del bodhisattva Avalokiteshvara. La sillaba Om risuona nel regno degli dei e combatte lillusione della perfezione; Ma echeggia nel mondo degli asura e combatte linvidia; la sillaba Ni per il mondo degli uomini, perch ha il potere di annientare lego; Pa ha il potere di dissipare le tenebre del mondo animale; Dme argina la concupiscenza del regno degli spettri e Hum allevia il tormento degli inferi. I sei mondi sono anche visitati e assistiti dai Dianybuddha, che dispensano ogni genere di grazie e qualit benefiche come supporto e aiuto per coloro che vivono ancora intrappolati nella ruota del samsara. Tornando agli aspetti figurativi del Mandala, nel cerchione della ruota trovano posto altre figure simboliche: sopra al regno degli dei vi la presenza di una donna cieca che simboleggia lignoranza; a seguire c limmagine di un vasaio che richiama lidea del karma e dei pericolosi accumuli che esso produce e che prima o poi danno i propri frutti. La terza figura quella di una scimmia irrequieta che salta da un ramo allaltro, esattamente come fa la coscienza che passa con rapidit da unidea allaltra, da una vita allaltra. Sotto ci sono due uomini in barca, simbolo eloquente di quanto possa risultare inquietante questo incessante fluttuare nel mare delle varie esistenze. A seguire limmagine di una casa con sei finestre, che simboleggia i cinque organi di senso e la mente che ad essi presiede. Nella successiva figura ci sono due amanti che raffigurano il contatto degli organi di senso con il mondo esterno, mentre ci che deriva da tale interazione la rappresentazione successiva. Qui c un uomo che ha un occhio forato da una freccia a significare come lattaccamento agli oggetti del desiderio possa scatenare un pericoloso offuscamento della mente. Nellottava immagine c un ubriaco che continua a bere il vino che gli mesce una donna. Qui il riferimento alla sete di vita che innesca immediatamente il desiderio, nonch lidea di possesso, ben rappresentata nellimmagine a seguire delluomo che coglie dei frutti da un albero. E siccome godere nel mangiare i frutti dellalbero vuol dire legarsi allesistenza, ecco che nel successivo riquadro c limmagine di un amplesso che genera una nuova vita, anticamera della morte. Lultima raffigurazione, la dodicesima, proprio quella di un uomo con un cadavere sulle spalle.

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Questa serie di immagini servono per aiutare il meditante a divenire consapevole di tutti i possibili veleni che possono inquinare la mente ovvero a rammentargli che tutti i fenomeni sono interdipendenti e che non esiste alcuna manifestazione fenomenica che non sia riconducibile a quellUno da cui tutto promana. Nel momento in cui si sperimenta tale universalit, lillusione di essere un individuo che vive unesistenza separata dal Tutto, viene a cessare. Ne consegue una chiara visione della realt che porta la Ruota della Vita a smettere di girare e a dissolversi nella Shunyata, la Vacuit.

12.

LE FUNZIONI DI YANTRA E MANDALA

Da quanto finora detto risulta chiara limportanza che i Mandala e gli Yantra rivestono come supporti per la meditazione, e pi in generale come coadiuvanti nella trasformazione della mente del praticante, costituendo una guida sicura e affidabile al corretto orientamento in ambito psichico ed esoterico. Svolgendo il compito di proteggere il meditante dalle distrazioni, a cui sarebbe soggetto durante il proprio viaggio introspettivo, Mandala e Yantra se vissuti totalmente, con sufficiente abbandono e senza remora alcuna, sono in grado di far tornare il praticante al centro di se stesso, alla propria vera identit. E questo per almeno due motivi. Da un lato, i vari settori concentrici che il praticante incontra nel viaggio che fa dalla periferia al centro del Mandala o dello Yantra, rappresentano altrettanti stadi della propria coscienza da osservare, integrare e trascendere. E questo vuol dire conoscere se stessi, vedersi per ci che realmente si . Daltro canto, nel simbolismo mandalico il praticante ritrova schematizzato, con estrema precisione e dettaglio, il proprio essere fisico, cos come trova ben rappresentate tutte le analogie, le interdipendenze e le complementariet che esistono tra il corpo umano (il microcosmo) e luniverso nella sua interezza (il macrocosmo). Oltre agli scopi appena enunciati, soprattutto gli Yantra vengono utilizzati anche in altri ambiti, costituendo in alcuni casi, soprattutto in seno alla cultura tantrica, dei veri e propri accessori di uso pressoch quotidiano. Li si trova infatti sotto forma di talismani, di portafortuna, di simboli di buon auspicio, di strumenti da utilizzare per particolari esorcismi o per attrarre specifiche divinit.

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Altri due contesti, in cui si inseriscono gli Yantra, sono quelli dellastrologia e dellastronomia. Nel primo caso i diagrammi simbolici servono per la stesura degli oroscopi che, in ambito induista, servono soprattutto per verificare lopportunit di unire una coppia in matrimonio. Nel secondo caso lo Yantra diventa una vera e propria costruzione in muratura utilizzata per losservazione e la registrazione dei movimenti astrali. In alcuni di questi casi, come daltronde in molti altri rituali, la costruzione e ancor di pi lutilizzo di Mandala e Yantra abbinata alla recitazione di uno o pi mantra. Come se il mantra fosse il soffio vitale, il prana, che d vita ed energia al diagramma simbolico che invece costituisce la rappresentazione grafica, il corpo, della divinit che si intende evocare o richiamare. Infatti tale operazione, di chiamata della divinit attraverso il mantra, denominata pranapratishtha che, in ambito tantrico, viene utilizzata oltre che per lattivazione dei diagrammi mandalici anche per linstallazione delle murti, le statue sacre. Nel contempo i mantra potenziano lattitudine di Mandala e Yantra a concentrare la mente del praticante, ad allontanare da essa dispersioni e distrazioni. Il mantra infatti ha il potere di proteggere e liberare la mente cos come spiegano le due parole sanscrite dal cui deriva il termine mantra: manas (mente) e trayati (liberare). Ma perch il mantra abbia effetto necessario avere fede, credere che la sua ripetizione abbia la forza di risvegliare o potenziare energie gi presenti, anche se sotto forma di seme, nellanimo umano. Esempio emblematico di ci sono i bijamantra, le sillabe-seme, di cui si gi parlato nel paragrafo relativo ai chakra, che rappresentano appunto degli stati divini presenti in ogni essere vivente. Il Mandala per non solo una rappresentazione grafica che assolve ai compiti di cui si parlato finora. E stato utilizzato da sempre anche in ambito architettonico, assolvendo cos alla sua funzione di

cosmogramma, di simbolo cio che esprime la struttura delluniverso secondo il principio divino. In questo senso il tempio, di qualsiasi epoca, appartenente a qualsivoglia religione o cultura, viene edificato in modo tale che i suoi elementi fondamentali siano altrettante rappresentazioni degli elementi costitutivi delluniverso.
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Non solo. Attraverso idonei rituali si cerca di far s che la divinit si incarni, scenda nel tempio cos che questo diventi un tabernacolo atto a custodire e preservare il corpo del Divino. Tale processo di richiamo della divinit inizia addirittura dalle prime tracce che larchitetto pone sul terreno e cio proprio dalla pianta del tempio che, guarda caso, nella maggior parte dei casi assimilabile in tutto e per tutto ad un diagramma mandalico. Questa usanza riscontrabile sin da epoche antichissime. In ambito induista anche la costruzione dellaltare del fuoco veniva basata su un tracciato mandalico. Anche in epoca cristiana (31 - 340 D.C.) la maggior parte delle costruzioni religiose si rifacevano alla figura del Mandala. Nello specifico a quella del VastupurushaMandala, una griglia a quadrati nella quale inserita una figura umana. Questa la rappresentazione grafica del mito che narra di un temibile demone che, venuto alla luce da una goccia di sudore di Shiva, il Dio dissolutore della Trimurti induista, ha lintento di portare caos e distruzione nel mondo fenomenico. Per fortuna gli di accorrono e, dopo averlo circondato, lo immobilizzano per impedirgli di arrecare danni alla creazione, legandolo al suolo esattamente come compare nella figura del VastupurushaMandala. In questo mito emerge da una parte la lotta tra gli asura e i deva, i demoni e gli angeli della concezione cristiana, che come vedremo ancor meglio esplicitata nel simbolismo del gioco degli scacchi, e daltra parte il sacrificio dellEnergia primordiale che da indistinta e omnipervasiva si lascia condizionare, frammentare, rinunciando quindi alla propria essenza libera e incondizionata, per sottostare agli di che le impongono la propria volont, conditio sine qua non, perch possa nascere il mondo fenomenico. Una costruzione architettonica religiosa, che rispetti i parametri del VastupurushaMandala, intende in qualche modo sottolineare che ogni creazione presente nel mondo manifesto, a maggior ragione un tempio sacro, non casuale, ma lemblema dellEnergia divina che, attraverso un continuo sacrificio di s stessa, provvede a dare una forma ordinata allesistenza. Ancor pi evidenti sono le connessioni tra il diagramma simbolico del Mandala e le piante degli stupa, costruzioni religiose di derivazione buddista, la cui funzione principale era di conservare reliquie sacre, ma che ben presto diventarono luoghi di culto e aggregazione che dallIndia si svilupparono rapidamente in tutta lAsia sud orientale. Lo stupa consiste in una struttura semisferica o campaniforme (anda) circondata da un corridoio che presenta quattro cancelli in corrispondenza dei quattro punti cardinali. In cima alla cupola si
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trova unedicola cubica (harmika) al centro della quale si erge un parasole (yashti). Attorno allo stupa una recinzione in pietra delimita lo spazio perimetrale adibito alla deambulazione, in circolo e sempre in senso orario, dei devoti. Tale corridoio prende il nome di vedika e presenta quattro aperture, i torana, che esattamente come nel disegno mandalico rappresentano il confine tra lambito profano e quello sacro, e che per tale motivo spesso risultano arricchiti di elementi didattici ed iniziatici rivolti ai pellegrini. E inutile sottolineare che la costruzione di uno stupa unoperazione lunga e complessa che, come nel caso della costruzione di un Mandala o di uno Yantra, richiede una conoscenza profonda e il rispetto di regole di edificazione ben precise che, cariche di significato metafisico ed esoterico, si sono tramandate, intatte e senza grosse variazioni, da epoche molto antiche fino ai giorni nostri. Altri esempi eclatanti di come nel tempo luomo abbia voluto portare il diagramma mandalico anche nella dimensione tridimensionale, sono presenti nel sud est asiatico, zona profondamente influenzata dalla cultura e dalla filosofia indiana. Il riferimento qui alledificio sacro di Borobudur di Giava e allAngkor Vat in Cambogia, anche se per esigenze di lunghezza della presente trattazione tralasceremo il secondo e ci soffermeremo, brevemente e in maniera molto sintetica, a trattare solo del monumento indonesiano. Se si osserva con attenzione la topografia del Borobudur non difficile verificare che questo grande tempio buddista, eretto tra lVIII e il IX secolo D.C., risulta impostato su nove livelli, tutti da ascendere per poter giungere in fine al cuore delledificio. Cos come nove sono i circuiti, presenti nello Shri Yantra, che bisogna superare per arrivare al bindu.
Pianta di Borobudur

Lo stupendo ed imponente complesso del Borobudur sorge infatti su una pianta quadrata dalla quale si innalzano cinque terrazze alle quali si accede attraverso quattro ripide scalinate, poste in

concomitanza con i quattro punti cardinali. Proseguendo nel percorso di risalita, si arriva ad altri tre livelli costituiti da altrettante costruzioni circolari,
Borobudur a Giava (VIII IX secolo) 39

sulle quali trovano posto ben 72 piccoli stupa, che ospitano altrettante statue del Buddha. Sullultima piattaforma sorge il grande stupa che costituisce il punto centrale dello Yantra: il bindu. E qui che ha sede la statua del Buddha Vairocana, che dallalto domina lintera struttura monumentale. La struttura piramidale del Borobudur daltra parte simboleggia lascesa del mitico Monte Meru, e quindi il percorso di purificazione e conoscenza che indispensabile fare per poter progredire sul cammino spirituale. A tal fine ledificio presenta, nei primi cinque livelli, immagini raffiguranti il Buddha durante la propria vita mondana. Superato questo stadio, che significa essere andati oltre i desideri e gli attaccamenti terreni, si accede ai livelli superiori dove anche le rappresentazioni grafiche presenti sulle pareti del Borobudur assumono un carattere pi esoterico e spirituale. Si arriva cos allultima terrazza che la rappresentazione della piena realizzazione della vacuit, dellindescrivibile stadio del nirvana. Se si osserva la pianta del Borobudur, invece, si individua uno splendido Mandala dove in corrispondenza del bindu si erge il pilastro centrale che regge i parasoli, dove il cerchio costituito dalla parte circolare e campaniforme della costruzione e dove il quadrato costituito dal basamento stesso delledificio. Allaltezza dei quattro punti cardinali non mancano le quattro aperture che realizzano le porte tipiche del Mandala: le torana. Se ledificazione templare indiana e anche quella del sud est asiatico sono, nella maggior parte dei casi, intuitivamente e facilmente assimilabili alle figure simboliche del Mandala e dello Yantra, per ledificazione sacra che ha caratterizzato la storia dellOccidente tale parallelismo risulta meno immediato, pi difficile da realizzare. Ma, come vedremo nel prossimo paragrafo, anche nel continente europeo in seno ad una cultura cos diversa e in tutti i sensi lontana da quella orientale, si trovano numerosi esempi di costruzioni sacre o profane, di strumenti e addirittura giochi che sono a tutti gli effetti dei veri e propri Mandala ovvero tipiche mappe di percorsi spirituali e iniziatici espressi e realizzati in forma tridimensionale.

13.

DIFFUSIONE E UNIVERSALITA DEL MANDALA: LABIRINTI, VETRATE E ROSONI.

Sono davvero numerosi gli esempi di strutture geometriche che in Occidente, nel corso dei secoli, alla stessa stregua di Mandala e Yantra, hanno assolto al compito di indirizzare e guidare
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levoluzione spirituale delluomo. In questa sede si parler di scacchiere, e poi di labirinti, vetrate e rosoni che spesso ritroviamo, messi in evidenza o nascosti agli occhi dei pi, nelle costruzioni religiose sorte nel nostro continente durante il Medioevo. Si prenderanno come esempio quelli della cattedrale gotica di Chartres, in Francia, in quanto risultano i pi rappresentativi di tale categoria. Ma iniziamo a parlare del gioco degli scacchi che nato in India in epoca remota e imprecisata, sembra sia arrivato in Europa solo agli inizi del Medioevo, grazie alla mediazione di arabi e persiani. I primi scritti, in cui si parla del gioco degli scacchi, risalgono infatti allanno 1000 circa, e sono stati ritrovati in territorio spagnolo. Il supporto sul quale ancora oggi si svolge il gioco degli scacchi, un tipico Mandala a 64 quadrati, che presenta perci grandezza e caratteristiche identiche a quelle di una categoria di VastupurushaMandala; tracciato che come abbiamo visto veniva utilizzato come pianta in fase di edificazione di templi e citt. Da ci si desume che il simbolismo nascosto negli scacchi non solo da ricercarsi nel gioco vero e proprio, ma anche nella scacchiera; in effetti su questa, e solo grazie a questa, la contrapposizione tra i due diversi schieramenti pu avere luogo. La scacchiera quindi la rappresentazione del mondo manifesto che nelle intenzioni di Shiva, che qui esprime la sua qualit di trasformatore delluniverso, deve organizzarsi secondo un ritmo quaternario; tant che una scacchiera la si pu anche vedere come costituita da quattro sotto quadrati disposti intorno ad un ipotetico, invisibile punto centrale: il bindu. Infatti, secondo la cosmologia induista, la vita dellintero universo, dal momento della sua nascita a quello della sua dissoluzione, si sviluppa in quattro ere dette yuga. Altrettanti sono gli stadi che caratterizzano, sempre secondo gli indiani, la vita di un essere umano, cos come quattro sono le stagioni e le fasi di una giornata. Anche la partita a scacchi, sebbene nel corso del tempo molte regole del gioco siano cambiate, ha mantenuto pressoch inalterato il suo simbolismo e la sua capacit intrinseca di istruire e di trasmettere messaggi. Basti pensare che nel Medioevo la bravura nel gioco degli scacchi era una delle virt pi importanti da coltivare per poter essere considerati dei bravi cavalieri e sempre a quel tempo, nellordine

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monastico dei Domenicani, gli scacchi venivano addirittura utilizzati come fonte di ammaestramenti morali. Le pedine sulla scacchiera, nella loro posizione originale, ricostruiscono il modello strategico militare pi in voga nellantico oriente. Le forze armate leggere (i pedoni) costituivano le prime fila e avevano lo scopo di proteggere e salvaguardare le truppe pesanti composte: dai carri da guerra (le torri), dai cavalieri (i cavalli) e dagli elefanti da combattimento (gli alfieri) mentre il re e la sua dama, insieme ai consiglieri reali, si tenevano al centro delle truppe. In questa ambientazione ha luogo la battaglia che simbolicamente contrappone le forze del bene a quelle delle tenebre; deva (gli di) contraddistinti, non a caso, dal colore bianco contro asura (i demoni), caratterizzati dal loro colore nero. Forse nel simbolismo degli scacchi, pi che in qualsiasi altro simbolo, esplicitato il paradosso dellUnit, dalla quale tutto discende e alla quale prima o poi tutto torna, che nel mondo manifesto diventa per Dualit, che arriva addirittura a creare nette contrapposizioni, tra quelle che perci divengono forze antagoniste. Forze che per hanno la medesima origine, e quindi le caratteristiche che manifestano, positive o negative che siano, non sono intrinseche alla loro natura. E come se bene e male non esistessero di per s, ma fossero solo il frutto della lotta che contrappone queste entit. Come se Deva e Asura acquistassero una fisionomia distinta, e un ruolo antagonista, solo perch impegnati sul terreno di battaglia, perch chiamati a interpretare Lila, il gioco di Dio. E questo forse il messaggio pi importante che il gioco degli scacchi vuole trasmettere e, in tal senso, il parallelismo con il poema epico della Bhagavad Gita altrettanto evidente. Arjuna, protagonista della Gita, cos come il giocatore di scacchi, ha la necessit di apprendere e far proprie le coordinate cosmiche, secondo le quali si volge il gioco dellUno che diviene molteplice nel mondo manifesto, per poter uscire salvo e vittorioso dalla battaglia dellesistenza umana. Lasciamo ora il gioco degli scacchi per addentraci nei meandri, nei corridoi del labirinto, costruzione che al pari di altri simboli risulta ancor oggi densa, carica di significati e messaggi profondi.

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Diverse sono le tipologie di labirinto. Bisogna innanzitutto distinguere tra quelli naturali, spesso realizzati dalla forza dellacqua, che con il tempo a volte crea nel terreno un sistema di grotte e gallerie anche di dimensioni amplissime, e quelli artificiali ideati e realizzati dalluomo sin dai tempi pi antichi. Nella seconda categoria troviamo labirinti appartenenti a diverse tipologie: da quelli molto grezzi e spartani a quelli molto curati anche da un punto di vista estetico, da quelli lunghi e complessi ma senza possibilit di errore per chi li percorre, in quanto percorsi obbligati, a quelli che invece impongono delle scelte durante il cammino, che possono poi risultare anche sbagliate. I labirinti possono inoltre essere classificati in base alla loro forma in: rettangolari, circolari o di altro aspetto, e possono essere costituiti da un sistema a svolte rettangolari, curve o miste. Ma, al di l delle mere classificazioni, importante sottolineare che il labirinto prima ancora di essere una struttura tridimensionale, una costruzione situata nella dimensione spazio-temporale, un archetipo, un concetto. Lidea infatti che il labirinto esprime, prima di ogni altra, quella della costrizione. Costrizione dovuta ai corridoi di cui il labirinto composto che, per loro natura, limitano la possibilit di agire, di vedere, di andare al di l. Tale spesso la condizione della mente umana quando, in quei suoi aneliti verso la creativit, lespansione e il superamento dei propri limiti, si ritrova a dover fare i conti con i corridoi angusti e limitanti di una parte del proprio essere, o del mondo in generale, che le si contrappongono sempre in maniera troppo logica e razionale. La vera complessit del percorso proposto dal labirinto proprio questa. Nel riuscire cio ad avanzare, per arrivare presto al centro, senza lasciarsi travolgere e sconvolgere dalle forze disgregatrici che ad ogni svolta, ad ogni curva ti inducono a sviare, a sbagliare, a prendere altre direzioni che portandoti fuori strada di fatto ti impediscono di giungere al fulcro, agli inizi del labirinto dove c la salvezza. Il labirinto quindi il simbolo del percorso spirituale che ogni uomo chiamato a fare, tra mille prove e avversit, verso il proprio S autentico, verso la realizzazione di essere un Atman. Il labirinto ci propone lo stesso identico viaggio del Mandala e nel contempo ci fornisce unimmagine fedele dellUniverso, cos come lo percepiscono gli uomini: il costante peregrinare, le scelte obbligate, le alternative vere o false che siano, le nuove insolite aperture che si schiudono
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improvvise e inaspettate dietro ad una curva cieca, quel senso di limitatezza opprimente che spesso la condizione umana impone. Uscire da un labirinto vuol dire anche saper abbandonare le solite idee, le convenzioni e gli usuali ragionamenti. E inutile inoltrarsi in un labirinto cercando di tenere a mente, passo dopo passo, il percorso gi fatto con lillusione che questo ci aiuti a non smarrirci e a farci avanzare nella giusta direzione. Non passer molto tempo e ci si accorger di quanto la memoria, il ricordo del passato, non servano. Quando si in un labirinto i corridoi si costretti a percorrerli tutti, prima di poter vedere cosa ci sia al di l. E quando si giunti alla fine di un corridoio, e ci si trova ad un bivio o peggio ad un quadrivio, ci si gi smarriti. Tornare indietro sarebbe ancora peggio, pi fuorviante. E quindi la direzione da prendere, il futuro, perch sia davvero nuovo e quindi motivo di crescita e di espansione della coscienza, non pu avere niente a che fare con ci che si stati fino a quel momento. Meglio perci lasciarsi andare alla guida della propria voce interiore, a quellaiuto che la scintilla divina, presente in ognuno di noi, sempre pronta a fornirci quando ci troviamo in uno stato di totale fiducia e abbandono. Arianna che con il suo filo aiuta Teseo a barcamenarsi nei meandri del dedalo in cui entrato per sconfiggere il Minotauro, e cio quella parte animalesca, materiale e inconsapevole di s stesso, non tarda ad arrivare. Forse per questa sacralit insita in esso che il labirinto, a partire dal XII secolo, trov la sua massima diffusione, diventando parte integrante di molte chiese dellepoca. Nel tempo per la maggior parte di questi labirinti andarono distrutti o per semplice incuria, o perch furono intenzionalmente smantellati in quanto inducevano i bambini al gioco, e ci evidentemente arrecava disturbo allatmosfera che si conveniva ci dovesse essere in un luogo sacro. Gli ultimi esempi di labirinto scomparvero durante il periodo della rivoluzione francese. Tra quelli che si sono mantenuti integri fino ai giorni nostri da menzionare il labirinto della cattedrale di Chartres, in Francia. Fatto di pietre bianche e azzurre, ha un diametro di circa nove metri e si snoda per una lunghezza totale pari a
Labirinto della cattedrale di Chartres

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duecentosessantuno metri. Al centro sembra ci fosse una placca in bronzo che fu rimossa e fusa durante le guerre napoleoniche, ma i cui fermi metallici sono visibili ancora oggi. Il vero motivo per il quale, durante il Medioevo, i labirinti vissero una cos grande diffusione in ambiente ecclesiastico, non ci dato saperlo. Tant che sono ancora molte le teorie a riguardo. Alcuni studiosi affermano che il labirinto serviva a simboleggiare gli intrighi, i dubbi e le tribolazioni sempre presenti sul cammino delluomo che cerca la beatitudine celeste. Per altri studiosi i labirinti si diffusero in concomitanza con la decadenza delle Crociate e con il nascere di altri pellegrinaggi sacri quali il sentiero di Compostela, Loreto, ecc. Dovevano cio servire per tutti quei fedeli che, non potendosi recare nei luoghi sacri, trovavano in chiesa, a portata di mano, una pratica devozionale sostitutiva. Altri sono convinti che i labirinti servissero ad ammonire i fedeli, a far capire loro a quanti e a quali pericoli sarebbero andati incontro se solo si fossero allontanati dalla retta via e dalle rigide indicazioni ecclesiastiche. Di parere opposto la teoria che asserisce che i labirinti erano voluti dalle corporazioni dei muratori e dei massoni dellepoca, a mo di emblema che glorificasse la loro opera ovvero in qualit di sigillo carico di simbolismo e mistero, non solo al di l del volere del clero, ma addirittura in odore di eresia. Certo che in quasi tutti i labirinti veniva posto, alla fine del percorso, uno specchio. Luomo dopo aver peregrinato strenuamente alla ricerca del Divino, dopo aver superato mille difficolt e innumerevoli pericoli, raggiunge finalmente la meta e scopre che ci lo aspetta non nientaltro che: s stesso! Esattamente ci che dice lo scrittore Igor Sibaldi ne Il Libro della Personalit, quando cita Dante Alighieri, e di come questi, al termine del suo lungo camminare in quel labirinto ben descritto nella Divina Commedia, cerca di vedere Dio, ma non riesce. Fino a che non si accorge che ci che in lui vede, cio proprio quella coscienza che tutto vede, in ognuno di noi, quel Dio che stava affannosamente cercando. E indubbio quindi che il Medioevo in Occidente, in molte delle
Vetrata Cattedrale di Chartres 45

sue manifestazioni artistiche, presenti una simbologia molto vicina a quella dellinduismo e del mondo orientale pi in generale. A quel tempo, le chiese e le cattedrali iniziano ad ospitare, oltre ai labirinti, vetrate e rosoni la cui somiglianza al Mandala indiscutibile. Ancora Chartres, importante centro culturale che durante il Medioevo accolse materie quali lastronomia e lalchimia, con la sua magnifica cattedrale, rappresenta un ottimo esempio della tendenza tipicamente tantrica ad assimilare luomo al divino. Tendenza che si realizza per tramite della luce e viene espressa appieno tramite lapposizione, allinterno delle costruzioni religiose, di meravigliose e innumerevoli vetrate. Nella Cattedrale di Chartres se ne contano ben 176. Tutte di indubbia bellezza, occupano una superficie pari a circa settemila metri quadri. Gli effetti luminosi che le vetrate creano allinterno della Cattedrale sono stupefacenti e sempre diversi, a seconda dellora e delle condizioni metereologiche. Ma si nota una costante, e cio che ogni vetrata risplende sempre, sia nellora del crepuscolo che in pieno giorno. Dio Luce. Ogni creatura vivente, emanazione di questa Luce, riceve e trasmette lilluminazione divina secondo la propria capacit e il proprio grado di evoluzione. E ogni essere vivente concorre ad illuminare luniverso, senza che alla fine si possa o si riesca a distinguere ogni singolo apporto di luce, perch tutto sfocia in quellUno che pervade lintero creato. Questo probabilmente il messaggio principale che nel Medioevo si inteso affidare al simbolo della vetrata. Vetrata che nella facciata principale della Cattedrale di Chartres assume la forma circolare del rosone, la cui iconografia di indubbio interesse. Il centro costituito da una forma circolare che d lidea di una sorta di mozzo fisso, al pari di quello che abbiamo trovato parlando del Mandala buddista La ruota della Vita. Da tale centro si dipartono una serie di raggi in pietra uniti gli uni agli altri da archi a sesto acuto, in modo tale che ogni coppia di raggi incornici e circoscriva una superficie conclusa. Lo spazio viene cos suddiviso in un certo numero di lancette, a disposizione stellare, che
Rosone della Cattedrale di Chartres

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nel caso specifico risultano essere in numero di dodici. Tale numero non chiaramente casuale essendo da una parte il prodotto dei numeri 3 e 4 (il triangolo e il quadrato presenti nella simbologia mandalica) e rappresentando daltra parte il numero dei mesi dellanno e dei segni dello zodiaco, delle ore del giorno e della notte, delle trib di Israele, degli Apostoli e della Chiesa Universale. Il rosone inoltre riproduce la forma di un fiore e come tale diviene simbolo di energia vitale e di voglia di vivere, di rinnovamento e di caducit ovvero simbolo di quella possibilit che ogni uomo ha di uscire dalle tenebre, se solo si affidasse allenergia della propria anima che sempre pronta a sbocciare. Ma il fiore del rosone assimilabile anche al fiore del loto indiano, cos come i suoi petali sono gli stessi che ritroviamo nei chakra che costituiscono, insieme ai canali energetici, il sistema sottile umano. Quelli citati sono solo alcuni esempi della densa e profonda simbologia che pervade latmosfera che si respira nella Cattedrale gotica di Chartres che, pi di ogni altra costruzione religiosa di quellepoca, sembra custodire ancora tanti misteri e tanti segreti non svelati, nonostante tantissimo si sia gi detto e scritto su di essa.

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JUNG E IL MANDALA COME STRUMENTO PER UN VIAGGIO NEL PROFONDO

Negli anni successivi al Medioevo, in Occidente, il simbolo del Mandala inizia a registrare un lento declino che si acuisce durante il Rinascimento, quando i rosoni scompaiono quasi del tutto dalle costruzioni religiose. Bisogner attendere gli inizi del 900 perch il Mandala non solo venga in qualche modo rivalutato, ma anzi diventi oggetto di studio specifico, e approfondita analisi, da parte di uno psichiatra e psicoanalista svizzero: Carl Gustav Jung (26 luglio 1875 - 6 giugno 1961). Jung scopre, quasi per caso e grazie ad una profonda intuizione, il collegamento tra il Mandala e la sua stessa interiorit. Cos scrisse a tale proposito: ogni mattina schizzavo in un taccuino un piccolo disegno circolare, un Mandala, che sembrava corrispondere alla mia condizione intima di quel periodo Solo un po per volta scoprii che cosa veramente il Mandala il S, la personalit nella sua interezza, che armoniosa se va tutto bene.

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Jung associ quindi il Mandala al S, e ipotizz che il Mandala fosse il simbolo del bisogno umano di esprimere pienamente s stessi, tutto il proprio potenziale e tutta la personalit nella sua globalit. Ma per meglio comprendere il pensiero di Jung necessario introdurre il concetto, sicuramente innovativo per lepoca, e cruciale nella sua speculazione, di inconscio collettivo. Sposando la teoria di Freud, anche Jung riconobbe, nellambito della psiche umana, lesistenza di un inconscio individuale quale ricettacolo di desideri, pulsioni, ricordi ed in generale di materiale psichico rimosso e represso, soprattutto di origine infantile. Anche secondo Jung tale materiale, tuttaltro che inerme, tendeva ad emergere soprattutto nei sogni e nelle nevrosi. A tale inconscio, di natura strettamente individuale e personale, Jung aggiunse quello che defin linconscio collettivo che, secondo la sua teoria, conserva contenuti e comportamenti comuni a tutti gli esseri umani e pertanto costituisce un sostrato sovra personale. A differenza dei contenuti dellinconscio personale, che sono scomparsi dal campo della coscienza perch dimenticati o rimossi, i contenuti dellinconscio collettivo non sono mai stati consci, ma devono la loro esistenza solo ed esclusivamente ad elementi universali, impersonali ed ereditari. Jung, utilizzando un termine derivante dal greco antico, che a suo dire prese dal filosofo Platone, defin tali elementi: archetipi. Letimologia della parola archetipo da ricondurre alla combinazione dei due termini: arch e typos. Il termine typoi sta ad indicare il rapporto che esiste tra una qualunque forma e tutte quelle che da questa derivano. Ad esempio, sono allo stesso modo typoi la fusione metallica, che modella la statua, e la statua stessa. Cos come il bambino costituisce il typoi dei suoi genitori. La parola arch sta invece a significare ci che primo, originario. Jung, definendo i contenuti dellinconscio collettivo come archetipi, voleva dare un nome a quelle forme determinate che sembrano presenti sempre, ovunque e in qualsiasi essere umano. Fra tali forme, Jung inser a pieno titolo il Mandala. Luniversalit del Mandala, secondo Jung, era ampiamente dimostrata dalla presenza, in pi di unepoca storica e in culture anche molto diverse tra loro, di simboli ricorrenti e sempre assimilabili al diagramma mandalico. Ad esempio, Jung era convinto che molte figure preponderanti nellarte cristiana europea possano essere assimilate a dei veri e propri Mandala. Ne sono una classica dimostrazione le aureole che, nei dipinti o in altre iconografie, circondano la

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testa del Cristo o quelle dei santi; le rappresentazioni di Ges circondato dai quattro evangelisti; le ruote solari; i rosoni delle cattedrali o delle chiese medioevali e lo stesso simbolo della croce. Jung riconobbe ulteriori diagrammi mandalici anche nella piante di antiche citt come Roma ovvero nelle mappe di agglomerati urbani di edificazione molto pi recente, come ad esempio Washington. Per Jung anche la forma circolare degli Ufo, argomento a cui dedic parte dei suoi studi e almeno un saggio, ripropone liconografia del Mandala; cos come, sempre secondo Jung, sono Mandala le piante di costruzioni architettoniche come i castelli e le regge; o tanti altri oggetti di uso comune o addirittura alcune parti del corpo umano come la pupilla e liride dellocchio. In definitiva, Jung riconobbe nel Mandala un simbolo di quellunit costituita da: coscienza, inconscio individuale e inconscio collettivo. Lo defin anche uno psico-cosmogramma, per indicare che il Mandala rivela, con la sua iconografia, una netta somiglianza tra corpo-psiche umani e lintera struttura delluniverso. Somiglianza che si ravvisa non solo nelle forme esteriori, ma anche nei meccanismi che tali sistemi utilizzano per evolversi e mantenersi in vita. Jung, dopo aver sperimentato su s stesso lefficacia del Mandala come strumento volto a facilitare unintrospezione profonda, lo utilizz anche nellanalisi psicologica dei suoi pazienti a cui cominci a chiedere di creare delle raffigurazioni grafiche, libere e spontanee, che esprimessero il loro mondo interiore. Quello che Jung not emergere da tali raffigurazioni lo convinse non solo della validit dei Mandala come strumenti di autoconoscenza, ma addirittura della valenza di tali simboli come coadiuvanti nella terapia psicologica che andava somministrando ai suoi pazienti. In primo luogo in tutti i disegni, nonostante le innumerevoli varianti e le differenze grafiche che li distinguevano gli uni dagli altri, apparivano alcune costanti. In ogni disegno vi era un centro, un cerchio e il simbolo di una quaternit. Elementi che, anche se organizzati e combinati in maniera diversa, erano tutti presenti anche nei Mandala orientali. Ci convinse ancor di pi Jung che il Mandala era un potente archetipo che segue e accompagna, in qualsiasi epoca e in qualsivoglia angolo del pianeta, levoluzione dellumanit. Poi appur che disegnare un Mandala, grazie proprio alla presenza delle figure geometriche del cerchio e del quadrato, dava la possibilit al paziente di orientarsi, di centrarsi meglio durante lesperienza di scoperta e di individuazione del S, e cio di quella parte che costituisce la vera

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essenza di ciascun essere umano, le cui prerogative e la cui voce purtroppo non sempre risultano chiare. Per concludere con le parole dello stesso Jung: il Mandala pu venire usato come uno strumento di scoperta del S. Tenendo stretto il filo di Arianna possiamo iniziare il nostro viaggio verso il S, senza garanzia di arrivare, ma con la speranza di uneterna trasformazione.

CONCLUSIONE Disegnare un Mandala oltre che essere un gesto innato e spontaneo, utilizzato quotidianamente dai bambini di ogni parte del mondo, pu risultare per chiunque una meravigliosa esperienza di intimit e di conoscenza della parte pi nascosta e profonda di s stessi. Ci sono svariati testi che possono aiutare chi ha realizzato il suo Mandala a dargli un senso, e ad interpretarlo nella maniera pi corretta; anche se gi nella realizzazione di un Mandala si compie quella magia che ci porta a scoprirci, a mostrarci per ci che veramente siamo, seppur in un intreccio apparentemente incomprensibile di linee, cerchi e altre figure geometriche. E poi di mappe mandaliche piena la nostra vita, quella di tutti i giorni. Dal fiocco di neve, al guscio di una conchiglia, dalle esperienze importanti a quelle a prima vista insignificanti, i simboli da scoprire e interpretare che lesperienza umana ci pone davanti agli occhi sono davvero innumerevoli. Ma tutti forse hanno lo stesso obiettivo. Aiutarci a capire che abbiamo la necessit di tornare al centro di noi stessi, di riappropriarci della nostra vera essenza, della nostra natura pi autentica che di origine divina. Anche per me, la stesura di questa tesi, avvenuta guarda caso in un momento molto particolare della mia vita, stata essa stessa un simbolo, un Mandala che mi ha accompagnato in un viaggio interiore molto impegnativo, ma di inestimabile valore!
Particolare di conchiglia

Fiocco di neve al microscopio

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Bibliografia

Maria Angelillo - I Mandala - Edizioni Xenia; Susanne F. Fincher - I Mandala: una via allintrospezione, alla guarigione allespressione di s - Edizioni Astrolabio; M. Albanese /Gabriella Cella - Mandala, il linguaggio del profondo - Edizioni Xenia; M. Albanese /Gabriella Cella/Zanchi - I Chakra, Luniverso in noi Edizioni Xenia;

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