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f
Math it. 119 ± 4° (6)

Sulle varie ipotesi riguardo all'origine della TOLETA dei Veneziani

(Studio storico-nautico del Prof. Eugenio Gelcich)

Già in altra occasione ci siamo occupati della storia dello sviluppo


della navigazione con particolare riflesso alla scienza nautica ¹) .
Nelle seguenti pagine intendiamo di pertrattare uno dei più inte-
ressanti capitoli di storia nautica in modo alquanto più scientifico di
quello che si rendeva possibile in un'opera di carattere piuttosto popo-
lare e che, come avevamo detto nell' introduzione alla stessa, non dovea
esser altro che il piano d'una storia generale della navigazione .
Si tratta dell'origine della Lossodrimia, di quella curva si impor-
tante per i marittimi sulla quale si basa uno dei principali e certo il
più comune metodo di navigazione. È la curva che descrive la nave
sulla superficie del mare mantenendo la stessa rotta ; la curva sulla
quale si fondano i problemi della cosidetta navigazione lossodromica, sulla

quale sono basate le „ tavole per fare il punto ", e che acquistò poi mag-
gior importanza coll' introduzione dei nuovi metodi nautico - astronomici e
particolarmente dei metodi di Sumner, Marcque St. Hilaire ecc. Il trian-
golo delle corse che in oggi ci sembra una delle più semplici cose del
mondo , non ha che appena 3 secoli di età , e chi non è versato nella
storia delle scienze matematiche non può immaginare quanta fatica sia
occorsa per stabilirlo. Crediamo quindi di far cosa utile e di offrire
ai lettori della Rivista una lettura aggradevole trattando la storia della
toleta sulla quale si basava la navigazione teoretica nei tempi anti-
lossodromici.

Un primo cenno di un calcolo nautico si riscontra nel periplo di


Anone (Hanos). Varcato ch' ebbe il Cartaginese il Capo Bojador e giunto
presso l'isola Cerne ei computò di trovarsi tanto distante dalle colonne
d'Ercole quanto lo erano queste dalla madrepatria Cartagine. Ma di che
natura sia stato il calcolo eseguito dal grande viaggiatore noi non lo
sappiamo. Così non ci consta che i greci od i romani avessero tenuto
conto del cammino della nave, sebbene Vitruvio narri nella sna archi-

¹) Studien über die Entwickelungs-Geschichte der Schiffahrt mit besonderer Berück-


sichtigung der nautischen Wissenschaften - Laibach 1882.
(1)

Geocin 987
2

tettura di un solcometro ch' era in uso presso le navi romane e che


sarebbe indizio di un principio almeno di determinazione della posizione
della nave mediante la distanza percorsa . Sembra invece che i catalani
e gli abitanti delle Baleari fossero stati i primi marittimi che emancipati
dal più rozzo empirismo basassero l'arte di navigare su qualche prin-
cipio di calcolo.
Il celebre filosofo del secolo XIII Raimondo Lulio o Lullo aveva
scritto un' opera nautica chiamata l'Arte de Navegar nella quale diede
una descrizione dell' Astrolabio . Nella sua Geometria Lulio dichiarò che
l'arte nautica procedeva dalla geometria ; nell' Ars generalis ultima
trattò al cap. 14 sulla navigazione e dimostrò che "; l'arte nautica “ ) di-
scendeva e procedeva dalla geometria e dall' aritmetica, ed a testimo-
„ nianza di ciò disegnava una figura divisa in quattro triangoli rettangoli ,
„ acutangoli ed ottusangoli a simiglianza dei quartieri di riduzione che in
„ oggi offrono si segnalati servizi nella pratica della navigazione. Dichia-
„ rava per mezzo di questa invenzione come succedesse lo spostamento
,,del
"" bastimento dalle direzioni cardinali in conformità al vento che
,, soffiava ecc . " Pur troppo l'opera principale del Lulio in ramo nautico ,
cioè l' Arte de Navegar, si smarri ne fu possibile rinvenirla. Ma ci venne
conservata invece l'Ars magna che dedica un capitolo di quattro pagine
alla Navigazione 2 ) . In esso si dichiara quanto abbiamo già citato riguardo
al nesso della navigazione colla matematica , ma letto, riletto e studiato
il capitolo CXI, confessiamo di non poter dividere l'entusiasmo del Na-
varrete e degli altri cronisti spagnuoli 3 ). L' unico argomento chiaro, po-
sitivo e comprensibile che abbiamo potuto rilevare si è il seguente : Se
un bastimento naviga in una direzione intercardinale, esso avanza verso
le direzioni cardinali (che racchiudono il rombo contemplato) nel rapporto
di 3 : 4. Per es. un bastimento parte da un punto A, e percorre 100
miglia verso Silocco : esso sarà 3/4. 100 = 75 miglia in Levante e 75
=
miglia in Ostro di A. Pone così il coseno di 450 3/4, valore che si
scosta soltanto poco dal reale. Le spiegazioni susseguenti divengono
sempre più oscure, incomprensibili, ed azzardiamo il dirlo anche erronee.
Fra le altre vi è questa : Un monte sito in Levante del porto A dista
dall' ultimo di 4 miglia ; un' altro monte è situato 4 miglia in Silocco di
A, un terzo quattro miglia in Ostro di A ecc .; quanto dista il primo
monte dal secondo e terzo ecc . Il primo monte dista dal terzo miglia 3½ ,
24 ecc.... ! È una soluzione impossibile questa anche ai
dal secondo 2³

¹) Disertacion histórica sobre la parte que tuvieron los espanoles en las guerras
de ultramar ó de las crujadas. Navarrete. Nelle memorie dell'Acad. de la Historia di
Madrid, vol. 5. " (§ 92, pag. 99) .
2) Raymundi Lullii opera Cergactorati, 1617 pag. 550, Cap. CXI , De Navigatione".
3) Vedi Bibl. marit. espanola. Navarrete. Madrid 1851. Tom II pag. 568.
3 .-

tempi del Lulio, come è affatto incompatibile la seguente sua dichiara-


zione : Una nave che naviga verso Ostro si discosta del dopio da Oriente
di una nave che naviga verso Silocco, e la cagione di ciò si è il motivo
che Silocco giace nel mezzo di Oriente e mezzodì !! ' )
Finalmente la figura geometrica disegnata dal Majorchino ha tutto
altro che fare coi quadranti d'oggidì e porta più imbarazzi al lettore
che schiarimenti. Ma non si può negare d'altro canto che il Lulio abbia
veramente dichiarato essere la navigazione basata sulla geometria e che
proponessse o meglio che inserisse nel suo testo la maniera di calcolare il va-
lore dei due cateti di un triangolo rettangolo, l'ipotenusa del quale
era la distanza ad uno degli angoli acuti la corsa seguita dal bastimento .
Anche il valore approssimativo del cos 45° = 3/4 è sufficiente esatto .
Senonchè resterebbe ancora da decidersi se il Lulio sia stato egli
stesso che stabilisse tale sistema di navigazione o se lo apprendesse dai
suoi contemporanei, argomento questo troppo importante per lasciarlo
intrattato e troppo difficile d'altra parte a sciogliersi, giacchè mancano le
basi per un criterio fondato.
Mentre poco sappiamo del Lulio, esistono invece documenti più
esatti sulla marineria veneta .
Prima di entrare nella critica storica della rinomata toleta, sarà
opportuno di dare una succinta descrizione di essa e del suo uso .
Sulla carta di Andrea Bianco che si conserva nella Biblioteca di S. Marco
a Venezia munita dell' iscrizione : „ Andreas Biancho de Veneciis me fecit
MCCCCXXXVI " si osserva sull' orlo superiore sinistro la seguente postilla :
,,Questo si xe lo amaistramento de navegar per la raxon de

martelojo, como apar per questo tondo e quadro e per la toleta , per la
qual podemo saver chose chomo xe la toleta a mente e saver andare
per ogna parte del mondo senca mexura e senca sesto, choncosia che
alguna persona che vora far questa raxon e li a luogo a saver ben
moltiplichar e ben partir, amaistramento del mar si e per saver ben na-
vegar e si se vuol saver la suma de martelojo per questo muodo quanto
se avanca per una quarta di vento e quanto se alarga, chosi per una
quarta e per do e per tre e per quatro e se algun te domandasse per
queste sume se pol far tute raxon de navegar, concosia che nui non
podemo saver la raxon chosi a ponto, ma nui se achosteremo ben a la
vertade. Anchora te volo mostrar per cotal muodo foxa una nave que

1) Abbiamo sacrificato molto tempo al desiderio di comprendere le poche pagine


del Cap. CXI nell' Ars magna, e consultando altri testi, e studiando la storia della mate-
matica nel secolo XIII, e provando di combinare le soluzioni del Lullio con un qualunque
modo possibile di costruzione ecc. Dopo tante fatiche infruttuose ci siamo rivolti a due
celebrità considerevoli onde consultarci in proposito. Ma tanto le ricerche del Dr. Cantor
quanto quelle del Dr. Gunther rimasero affatto frustrance come le nostre,
4

vol andar per Ponente e non de puol andar e si va quarta una de soto
inver el garbin mia cento e alarga se mia vinti dal ponente e avanca
nonanta oto, e per do quarte se alarga mia trenta oto e avanca mia
nonanta do , per tre quarte se alarga mia cinquanta cinque e avanca
mia otanta tre, per quatro quarte se alarga mia setanta un e avanca
mia setanta un, per cinque quarte alargo mia otanta tre avanco mia
cinquanta cinque, per sie quarte se alargo mia nonanta do e avanco mia
trenta oto, per sete quarte alargo mia nonanta oto e avanco mia vinti,
per oto quarte se alargo mia cento e avanco mia nesun , e pero xe lo
retorno, lo qual xe schritto in la toleta de martelojo , chomo apar per le
suo chaxelle a le suo righe.
Vicino alla postilla c'è la seguente tavola :

largar avancar avancar de retorno

per una quarta 20 98 per 1 quarta 51 50

per do quarte 38 92 per 2 quarte 26 24

per tre quarte 55 (56) 83 per 3 quarte 18 15

per quatro quarte 71 71 per 4 quarte 14 10

per cinque quarte 83 55 per 5 quarte 14 (12) 62/4 (7)


per sie quarte 92 38 per 6 quarte 11 4
10 %, 51/10
per sete quarte 98 20 per 7 quarte (10 % ) (20)
per oto quarte 100 00 per 8 quarte 8(10)| 00

Le due prime colonne di cifre danno i valori dei due cateti di un


triangolo rettangolo per angoli da una ad otto quarte essendo l'ipote-
nusa lunga 100 miglia. Le seconde due colonne contengono i valori del-
l'ipotenusa e del cateto adiacente per angoli da uno ad otto rombi,
essendo il cateto opposto di dieci miglia Lo stesso foglio della raccolta
del Bianco contiene altre tavole, due delle quali sono la ripetizione
di quelle qui descritte ; la terza contiene i valori dei cateti per un'ipo-
tenusa di dieci miglia. Gli errori contenuti nella toleta sono eliminati
nella ripetizione, però ne subentra un nuovo . L'avancar de retorno per
8 quarte è cioè indicato con 000 , 000 mentre dovrebb ' essere 10,000.
Di simili tolete oregoledi navigazione ne conosciamo altre due . D'una
di esse parla il Morelli nella sua "9 lettera rarissima del Colombo " ).
È un manoscritto del secolo XV col titolo : „ Alcune raxion de marineri
de mi Piero di Versi " . L'altra fù scoperta nella biblioteca del Foscarini
e descritta dal Toaldo 2 ) . Questa diavoleria de tanti numeri, che pare-

1) Bassano 1810, pag. 40 .


2) Saggi di studi Veneti 1782, pag. 43.
- 5 -

vano peggio che una cabbala" come s'espresse il Toaldo nella sua
lettera a Gacopo de Nani era del seguente tenore :
La Rason del Martologio
tratta da un manoscritto del fu Serenissimo Doge Foscarini, in forma
di 4.0 testo.

" Questo qua de sotto sarà scritto e notado sarà chiamada la Rason
del Martologio, per la qual rason se puol navegare a mente ; zoè mari-
neri per sottil modo, e chi sarano dotti et accorti, e chi savesse la rason
dell' abaco ; perchè el bisogna multiplicare e partire ; el qual martologio
è dichiarado in 4 parti“ .
La prima parte si è alargare, della qual prociede 8 cosse ¹) , i quali
sono questi in 20, 38, 55, 71 , 83 , 92, 98, 100.
La seconda parte si è avanzar, della quale procede 8 cosse, i quali
sono questi in 98, 92, 83, 71 , 55, 38, 20, 0.
La terza parte è ritorno, della qual procede 8 cosse : 51 , 26 , 18,
14, 12 , 11 , 105 , 10 ; e questi sono de ritorno .
La quarta parte si è chiamada avanzo de ritorno, della qual pro-
ciede 8 cosse ; i quali sono questi in 50, 24 , 15 , 10 , 6½ , 4½2 (dovrebbe
essere 4) 1910 , 0, e questi sono la regola d'avanzo de ritorno .
Per comprendere l'uso di queste regole basta riflettere che le
prime carte idrografiche non contenevano le scale delle latitudini e delle
longitudini, ma soltanto la rosa dei venti. Fino che il vento era favore-
vole e la prora diretta per il punto di arrivo , ogni calcolo era superfluo .
Si annotavano semplicemente le miglia fatte, le quali trasportate sulla
carta nella direzione della corsa seguita, davano il punto .
Altre erano le circostanze quando per causa di vento contrario si
era costretti a declinare dalla propria corsa. Allora conveniva sapere di
quanto si progrediva in senso parallelo alla corsa (l'avanzar del martolojo)
e di quanto si si scostava dalla medesima (alargar). Si comprenderà
meglio l'uso della toleta illustrandolo col seguente esempio :
Un bastimento parte da A per un porto che giace nella direzione
Ax ; ma a causa del vento contrario esso non può tenere la rotta Ax
ma quella AB. In B il vento scarseggia e si naviga colla rotta BC da
B fino C. Scarseggiando il vento ancora, in C si vira di bordo . Si do-
manda : le miglia fatte da C, verso D di quanto avvicinano la nave alla
corsa Ax?

¹) Avvertiamo che gli algebristi italiani del secolo XV intendevano per cosa o cossa
l'incognita che si trattava di stabilire o mediante la regola del tre o mediante le equa-
zioni. Così gli algebristi o gli scrittori di algebra si chiamarono Cossisti Tale termino-
logia s'introdusse più tardi anche in Germania ove l'algebra fù chiamata la scienza della
cosa (Lehre von der Koss).
6

Sia p . e. la rotta AB discosta dalla direzione Ax di un importo


di 3 quarte ed AB = 27 miglia ; BC sia discosto da B || Ax di 6
quarte, BC - 42 m. L'angolo GIC sia p. e. 3 quarte. Il computo
eseguito colla tabella del martolojo sarebbe il seguente :
D
Fig. 1.
F G
A w X
3

B H
6

Quarte miglia avanzar largar


3 27 AG = 83 X 0-27 = 22·4 FB 56 X 0.27 = 15 1
6 42 BH = 38 × 0.42 = 16.0 HC = 92 × 0.42 - 38 6
AG = AF + B = 38.4 GC = FB + HC = 53.7
Il bastimento progredi nel senso di Ax di m. 38-4 e si allargò
dalla Ax di m . 53.7.
Ora colla seconda tavola si trova che per avvicinarsi di 10 m . alla
Ax con un angolo GIC = 34 si devono percorrere m. 18.0 nel senso
CI le quali danno un avanzo di 15 m . nel senso GI. La seconda ta-
vola esprime così i valori dell' ipotenusa e di un cateto adiacente essendo
dato un angolo acuto, di un triangolo rettangolo ed essendo il cateto
opposto 10 miglia. Per trovare quindi l'importo CI e quello G I si
risolveranno le proporzioni :
10 : 53.7 - 18 : CI
10 : 53.7 = 15 : GI
СІ = 96.7
GI = 80.6.
Che vuol dire fatte 96-7 miglia il bastimento si troverà nel punto
I distante dal punto di partenza 38-480-6 = 119.0 m
Alcuni vollero che per la costruzione della toleta si fossero impie-
gati i calcoli trigonometrici e questa credenza indusse più particolarmente
il Toaldo e gli altri dotti Veneziani a cercare un nesso fra il martolojo
e la presenza del Regiomontano a Padova e Venezia. Ma in questo ar-
gomento non possiamo che unirci all'opinione del Dr. Braesing il quale
ammette che la toleta sia stata costruita graficamente. E tanto più siamo
convinti di ciò, giacchè come vedremo più tardi la toleta non è altro
che un perfezionamento delle regole Lulliane . Crediamo inutile di intrat-
tenerci sul modo grafico di costruirla , giacchè esso è evidente. Si saranno
7 -

costruiti successivamente dei triangoli rettangoli l'ipotenusa dei quali


comprendeva 100 unità di una misura qualunque ed uno degli angoli
acuti 1929 ecc. sino 7 quarte Col compasso poi si saranno misurati
i valori dei singoli cateti uno dei quali era l'avanzo,
l'altro il largare
Così per costruire la seconda tavola si sarà preso un cateto uguale a
10 unità di misura. Su una estremità dello stesso si sarà eretta una
perpendicolare, sull' altra si saranno costruiti successivamente gli angoli
di 19. , 29. , ecc. Col compasso poi si poteva anche quì trovare il valore
dell'ipotenusa e del secondo cateto.
Già da quando il Foscarini ebbe scoperto nella sua biblioteca il
manoscritto contenente la regola del martelojo, insorse la questione sul-
l'origine e sull' età dello stesso, come pure sul significato del termine
martelojo. Il Formaleoni riconobbe anzitutto che le regole di navigazione
inserite nell' atlante del Bianco e quelle contenute nel manoscritto Fo-
scarini erano identiche, per cui risultava chiaramente datare il martelojo
almeno dalla prima metà del secolo XV. I dotti veneziani come il
Toaldo ¹ ) ed il Formaleoni 2) vedevano un nesso fra l'origine del marte-
lojo e la sosta fatta a Padova e Venezia dal celebre Regiomontano
Giovanni Müller. Alcuni pretendevano che il Müller avesse appreso dai
Veneziani l'uso della trigonometria, altri viceversa che il Müller fosse
stato il promotore della regola del martelojo, ma tutti erano convinti
che si trattava di una prima applicazione della trigonometria , alla nau-
tica . Si ricorse ai filologi e l'abbate Morelli non tardò a dichiarare che
martologio deriva dal greco ἁμαρτολογίων oppure da ἁμαρτεω ο λόγος per
cui il Formaleoni credette poter supporre essere il computo in questione
d'origine greca e datare da un' epoca anteriore al secolo XV. Ed in tal
caso l'estensione del commercio veneziano nel Levante spiegherebbe
l'introduzione della regola nell' uso marittimo della repubblica .
Per molti anni gli autori di storia nautica o geografica seguirono
le orme del Toaldo e del Formaleoni, fino che il Perchel nel pubblicare
l'introduzione all' atlante del Bianco dichiarò non azzardarsi egli di
esporre una nuova ipotesi intorno ad un argomento che fu il rompicapo
dei dotti Veneziani. Appena nel 1879 troviamo emessa una nuova dedu-
zione etimologica 3 ) secondo la quale sarebbe da leggersi martologio e
non martolojo . Il vocabolo martologio significherebbe il complesso delle
cognizioni scientifiche che erano necessarie all ' uomo di mare e che con-
sistevano nel computo aritmetico della posizione della nave dal cammino

1) Saggi di studi Veneti, Venezia 1782.


2) Saggio sulla nautica antica dei Veneziani 1788.
3) Gunther. Der Marto'ogio eine nautische Regel des Mittelalters nella Geogr .
Rundschau 1879 Vedi anche Studien zur Gesch der math . und phys . Geographie. Halle
1879, Pag. 338.
- 8 -

fatto e nell'uso e maneggio della ballestriglia, la parte principale della


quale era il cosidetto martello (marteau).
La circostanza che una prima autorità scientifica del secolo scorso ,
il Röhl parla nella sua astronomia ¹) „ di un regolo più corto detto anche
martello " corre in appoggio del nuovo commentatore il quale forma
adunque il vocabolo da „ regola del martello “ .
Finalmente nel 1881 il Dr. Breusing (versatissimo nella storia della
geografia e della nautica) pubblicò nella „ Zeitschrift für wissenschaftliche
Geogr. " un' articolo sulla toleta nel quale ci dà idee affatto nuove .
Constata anzitutto che il vocabolo martelojo non era in uso che presso
i soli Veneziani, che non lo si riscontra nella letteratura dei popoli me-
diterranei e che si tratta quindi di un termine importato dai Veneziani
i quali fin dal 1300 mantenevano attivissimo commercio coll' Europa
settentrionale, colle coste di Spagna, Portogallo , Francia e Fiandra,
Mentre sulla carta del Bianco si legge la raxon de martelojo , il
Piero di Versi scrive : Alcune raxion de marineri. Da ciò deduce il
Breusing con alquanta sicurezza che martolojo non è altro che una mo-
dificazione veneziana del vocabolo francese "2 matelot " o del bretone
„martolod“ e „ la raxon de martelojo " vorrebbe quindi dire 9:il calcolo
dei marinai “ . Sonvi però ragioni fortissime scoperte dallo stesso Breusing,
le quali dimostrano ad evidenza essere stata la parola toleta (la toleta
de martolojo) in uso anche presso i tedeschi. Se adunque il martolojo è
d'origine francese, cosa si dirà della toleta ? Deriva la toleta dall' ita-
liano toeleta, dal francese toile, toilette, o dal provenzale teleta ? La toleta
sulla carta del Bianco è disegnata in forina di una rete ( così come sono
fatte oggi tutte le tavole matematiche ecc. ), è fatta a caselle e quindi
forse da questa forma il termine toeletta , toile, toilette o teleta . Il Breu-
sing si astiene di decidere in argomento cita però coscienziosamente un
testo tedesco che porta sul titolo il vocabolo to leten e contiene alla pa-
gina 92 una tavola aritmetica fatta di 3 colonne, come la tavola del
Bianco. Il titolo dell' opera tedesca è : Petrus Apianus : „ Ein newe unnd
wolgegrünndte Underweisung aller Kaufmannsrechnung inn dreien Bü-
chern mit schönen Regelnn unnd Fragstücken begriffen . Sunderlich was
fostel unnd Behendigkeit in der Welschen Practica aus Tolleten ge-
braucht würt, bei Christian Egenolff, Frankfurt 1532, 16.º ,, La suma de
martelojo indicherebbe finalmente il metodo di sommare i risultati del
calcolo o nel senso moderno di eseguire il radunamento delle corse .
Ora a noi. La parte filologica della questione è estranea alla cer-
chia del nostro sapere ; la rimettiamo quindi a chi di competenza. Ma

2) Einleitung in die astron . Wissenschaften . Greisswald 1779 , Vol II. pag. 318.
9 -

dal lato storico-nautico ci sia permesso di aggiungere ai recenti commenti


del Günther e del Breusing alcunchè di nostra critica.
Che Regiomonte sia l'inventore del raggio astronomico (ballestriglia)
non v'ha dubbio , ma altrettanto ci sembra certo che questo strumento
sia stato introdotto nella navigazione appena dopo le grandi scoperte
dei portoghesi. Scrive il da Barros nella sua Asia favellando delle
scoperte di Vasco da Gama : „fra i quali veniva un moro, Guzarrate di
natione, chiamato Malemo Canà....." Del cui sapere Vasco da Gama
poichè ebbe praticato con lui fù molto soddisfatto ; specialmente quando
gli mostrò una carta di tutta la costa dell' India fatta al modo dei mori,
in meridiani e paralleli molto minuti ecc..... Et mostrandogli Vasco il
grande Astrolabio di legno che portava et altri di rame con che prendeva
l'altezza del sole non si maravigliò il moro di ciò dicendo che alcuni
piloti del mar rosso usavano strumenti di lattone di figura triangolare e
quadranti con che prendevano l'altezza del sole, e principalmente usa-
vano della stella di che più si servivano nella navigatione.
Ma che lui ed i naviganti di Cambaja et di tutta l'India : perciochè
la loro navigatione era per alcune stelle cosi della tramontana come del
Sud, et per altre notabili, che cursavano per mezzo del cielo d'Oriente in
Ponente, però non prendevano la sua distanza con instrumenti simili a
quelli, ma con un altro di cui si serviva il qual instrumento gli portò
subito a mostrare, ch' era di tre tavole. Et perciò che della figura ed uso di
quelli trattiamo nella nostra Geografia ecc .... basterà che quiì si sappia
che servono a loro in quella operatione, che ora appresso noi serve
quello instrumento che i nostri naviganti chiamano balestrilla" .
Risulta da ciò che quando il Barros descriveva l' Asia i portoghesi
si servivano di già della balestrilla ; ma è pure evidente che il Gama
altro non possedeva a bordo che soltanto gli Astrolabii. Altrimenti vista
l'intelligenza del Guzarrate e posto che il Gama si era inoltrato in
una specie di discussione nautico-scientifica col moro, ei non avrebbe fatto
a meno di mostrargli anche il nuovo strumento , che a dire del Breusing
i Portoghesi conobbero per mezzo del matematico Martino Boemico ¹) .

1 ) In altro luogo avevamo detto che il nuovo astrolabio del Boemico consisteva
forse in una modificazione del Meteoroscopio di Regiomonte . Ora però che i nostri studi
storico-nautici sono più maturi giudichiamo altrimenti. Il Dr. Breusing esprime nella sua
dissertazione sulla ballestriglia l'opinione che il Boemico, discepolo del Regiomonte abbia
introdotto presso i portoghesi l' istrumento del suo grande maestro. Visto che il citato del
Barros parla chiaramente ci uniamo all' opinione del Breusing aggiungendovi però, che la
modificazione del Boemico avrà consistito nell' impiegare lo strumento anche per la misu-
razione delle altezze, mentre il Regiomonte lo usò per altri scopi. Il „baculus " del Re-
giomonte era ancora abbastanza semplice e si fù Giovanni Werner da Norimberga che lo
perfezionò adattandolo a scopi più ampi e rendendolo per così dire più pratico. Il Werner
adottò varie lunghezze per il martello e quindi differenti scale per la divisione della freccia.
(2)
10

Ma se anche i Portoghesi si fossero valsi della ballestriglia già dai


tempi del Gama, noi siamo persuasi che i navigatori del Mediterraneo
continuarono a navigare per molti e molti anni ancora senza far mai
osservazioni astronomiche e ci persuadono di ciò alcune citazioni riportate
dal Breusing nel suo lavoro sulle carte lossodromiche medioevali. Così
scrisse p . e. il portoghese Nonio nella sua opera : „ De regulis et instru-
mentis“ : „ Propter angustiam maris mediteranei et quia frequentes in eo
fiunt navigationes, locorum indicem positiones et intercapedines exactae
sunt exploratae atque compertae, adeo ut navigantibus non sit opus
astrolabiis aut latitudinis cognitione " . Il navigante del Mediterraneo non
ha quindi bisogno dell ' astrolabio. Ed il Dechales scrive alla pag. 178
del suo Art de Naviger 1677 : „ Encore que j aye navigé presque par
toute la Mediterranée, je n'ay jamais vu, que les pilotes de Marseille
prissent hauteur" . Finalmente nel 1817 ancora scriveva il Barone de
Zachi nel suo giornale di Astronomia vol IV che „ si naviga sul medi-
terraneo colla sola bussola e colla barchetta. " La circostanza poi che per
secoli le carte del Mediterraneo non avevano neppur la scala delle lati-
tudini e che quindi la determinazione di questa ultima non avrebbe
offerto vantaggio ai naviganti, pone il suggello alla serie delle prove
che dimostrano non aver usato gli antichi Veneziani il baculus di
Regiomonte.
Resta un'ultima obbiezione da confutarsi e si è quella che i Vene-
ziani già dal 1300 percorrevano anche le coste occidentali d'Europa e
che forse nelle navigazioni extramediterranee facevano uso di qualche
strumento nautico-astronomico. E qui parla chiaro la carta del Biancho
che porta la data del 1436 mentre Giovanni Müller descrisse il suo stru-
mento appena nel 1472 e nacque appena nel 1436.
Con ciò ci sembra aver provato all' evidenza che un nesso fra il
martolojo dei Veneziani ed il martello della ballestriglia è affatto im-
possibile.

E chi sà che questa non sia una perfezione fruttatagli dalla sua permanenza in Italia
che ebbe luogo dal 1493 al 1498 circa. Estendendosi le navigazioni dei Portoghesi sempre
più verso il Sud, il bisogno di uno strumento atto ad osservare l'altezza del sole e
quando questi era prossimo allo zenit e quando culminava in circa 28° (Lisbona) di al-
tezza, deve essere stato sentito dal Boemico. Spinto dai bisogni della pratica ed avendo
fra mani lo strumento del suo maestro, un matematico del peso di Martino Boemico non
poteva tardare a sostituire al martello più corto. (Regiomonte descrisse il baculus " come
strumento destinato alla misurazione del semidiametro apparente della cometa comparsa
l'anno 1472. Vedi Joh . de Monteregio : De cometæ magnitudine longitudineque ac de loco
ejus vero problemata XVI, parecchi martelli di varie dimensioni e quindi differenti scale
della freccia). Questo sarà stato probabilmente il perfezionamento apportato dal Boemico negli
strumenti nautico-astronomici.
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Esclusa così l'ipotesi del Günther dalla sfera delle possibilità, pas-
siamo ad esaminare quella del Dr. Breusing.
Anzitutto sarebbe da decidere se è proprio sulla carta del Bianco
che apparisce per la prima volta il vocabolo toleta, tavola, tabella , tabula
o simili. Se così fosse alla supposizione del Breusing che toleta possa de-
rivare da teletta ecc. ne aggiungeressimo un' altra. E cioè a nostro modo
di vedere assai improbabile che i navigatori di qualsiasi epoca si sieno
presa la briga di apprendere delle cifre a memoria per eseguire i loro
computi ; piuttosto avran tenuto a bordo una copia del martolojo che
per motivi plausibili sarà stata o scritta in pergamena ed attaccata sopra
un quadro di legno o forse eseguita direttamente sopra una tavoletta.
Una semplice copia delle regole sarebbe stata soggetta a logoramenti e
giacchè il martolojo era il pane quotidiano dei piloti così lo si doveva
tener a mano, sempre pronto e quindi niente di meglio che attaccato
sulla tavoletta o in dialetto veneziano sulla toleta.
Ma prima che altri lo facciano noi stessi troviamo di opporro alcune
importanti obbiezioni tanto al nostro metodo di dedurre il significato della
toleta, quanto a quello tenuto dal Dr. Breusing. L'origine del vocabolo
tavola o tabella nel senso matematico che ha questo termine in oggi, op-
pure in un senso simile a questo, rimonta a tempi molto più antichi
delle navigazioni dei Veneziani .
Tutti conoscono la macchina di legno " dei chinesi, una tavoletta
con alcune palle mediante la quale quei popoli „ fanno i loro conti con
gran facilità e brevità " . „ Il celebre missionario della China ", il P. Mar-
tini, ci assicura di essersene servito più volte ; tanto più che senza carta
e calamajo, egli ha potuto più compendiosamente formare i suoi calcoli ¹ ) .
Gli Egizi i Greci ed i Romani si servivano di simili apparati e da una
scoperta fatta appena 40 anni fà risulta che i Greci diedero al cosidetto
abaco pitagorico la forma di un tavolo Uno di questi tavoli fù trovato
a Salamina nell' anno 1846 2). Riteniamo quindi che già da quei tempi
si sarà parlato di una tavola calcolatoria e che tavola in senso matema-
tico avrà significato come oggi una disposizione di cifre o segni desti-
nata ad abbreviare i calcoli. E di fatti dice Orazio :

.... Pueri, magnis a centurionibus orti

Laevo suspensi loculos tabulamque lacerto

Serm. 1. 6. V. 73.

1) Memoria sulle cifre arabiche. Milano 1813 presso G. Pirota, pag. 67.
2) Cantor. n Vorlesungen über die Geschichte der Mathem. " Lipsia 1880. pag. 132.
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La differenza che fà Orazio frà tabulam e loculos il Kostner 1) la


spiega intendendo per tabulam la tavola calcolatoria e per loculos un
recipiente destinato a contenere le unità.
La floridezza del commercio medioevale dell' Italia, e la grande
attività delle città poste al mare ci fa supporre che i commercianti di
quei tempi avranno fatto uso di simili tavole per i calcoli del commercio ,
e particolarmente per la soluzione della regola del tre , secondo il metodo
delle parti aliquote, metodo che i tedeschi chiamano ancora „ la pratica
italiana" e che nel secolo XV chiamarono il calcolo della toleta . E difatti
oltre che nell'opera di P. Apriano menzionata dal Breusing ne troviamo
un'altra stampata a Lipsia nel 14892) un capitolo della quale porta il
titolo : Die Tolietrechnung, e tratta appunto sulle moltiplicazioni e divi-
sioni col metodo delle parti aliquote.
Concludiamo che il vocabolo toleta deve recar meno stupore, che
già i Greci aveano tavoli calcolatorii, che i Romani dicevano tavola al-
l'abaco chinese e che questo termine da Orazio in poi avrà sempre si-
gnificato un metodo matematico di abbreviare i calcoli, come lo fanno
appunto le tavole matematiche di ogni genere .
Nel loro dialetto i Veneziani avranno convertito facilmente tavola
in tola e con riguardo alle dimensioni del martolojo in toleta.
Ritonendo per buone le deduzioni del chiarissimo Breusing riguardo
all'etimologia del secondo e principale vocabolo , della parola martolojo
cioè, procuriamo di stabilire l'origine di queste prime regole di calcolo
nautico.
Sia il Lulluso meno il fondatore della scienza del pilotaggio, certo
è ch' ei trattò questo argomento già intorno al 1300, e che nei suoi
scritti ci presenta i piloti come abili navigatori che sanno maneggiare
carte, strumenti, compassi, l'ago magnetico ecc. 3) .

1) Geschichte der Mathem. Göttingen 1796. Vol. I pag. 38. Il Gesner scrive nelle
sue annot. „tabulam loculatam, lineis distinctam ad usum ducendorum calculorum, ut
calculi in primo loculo positi monadas, in secundo denarios, centenarios in tertio si-
gnificent ut.
2) Behende und hübsche Rechnung auf allen Kaufmannschaft von Johannes Widman
aus Eger. Gedruckt in der fürstlichem Stath Leipczick durch Konrad Kacheloffen. Im
MCCCCLXXXIX Jarc. Vedi il „ Repert. der mathem. Lit. von Müller I Vol. pag. 191 ,
oppure " Entwicklung des Zifferrechneus" von F. Villicus. Progr. dell' i. r. Scuola reale
sup. in Schottenfelde di Vienna anno 1881-82 pag. 16-17.
3) Nell' edizione strassburghese del Lullus manca l'Arbor scientiae stampato a
Lyon l'anno 1515. Il D'Avezac nel Coup d'oeil historique sur la projection des cartes
de géographie" Paris 1863 cita a pag. 38 le seguenti parole del Lulius : „Marinarii quo-
modo mensurant miliara in mari ? ... Et ad hoc instrumentum habent, chartam, compa-
sum, acum et stellam maris. " Va però notato che la parola „ chartam" ha probabilmente
13 -

Ai tempi del duca di Visco Enrico il navigatore, esisteva a Sagres


(1400 circa) un' accademia nautica nella quale Jacobo de Malorca inse-
gnava ai suoi discepoli l'arte di guidare la nave. E siccome che questa
arte era ancora nell'infanzia così è facile a comprendere che Jacobo
avrà istruito i suoi discepoli nel modo di determinare la posizione della
nave secondo le regole Lulliane ; le quali nel corso di un secolo e mercè
.
la benevole infiuenza scientifica degli Arabi sull' Europa occidentale,
avranno subito di certo un qualche perfezionamento. - Ecco adunque
spiegata l'origine del martolojo
In oggi ancora ci possiamo persuadere quanto sieno scrutatori da
una parte e quanto generosi e di carattere cosmopolitico dall' altra, i na-
viganti d'ogni nazione . Visitano i bastimenti appartenenti a bandiera
estera, marcano con occhio sottile le imperfezioni di uno o dell' altro ed
apprezzano scambievolmente quanto c'è da apprezzare. E se entrano in
discussioni nautico - scientifiche terminano coll' analizzare i metodi di cal-
colo usati dagli uni o dagli altri, col prender copia delle formule , col
trascrivere tabelle intiere. Così succede oggi, così succedeva nel secolo
scorso (citiamo ad esempio le tavole di Elford che si propagarono
per tutta l'Europa a forza di manoscritti per apparire ancora nei nostri
giorni come metodo nuovo , mentre contano ben 74 anni di età) e così
sarà successo anche ai tempi in cui la marina veneta dominava su tutte
le acque d'Europa . E che il martolojo sia stato importato o dall'Oriente
o dall' Occidente ce lo conferma un' altro fatto. Non è cioè la sola carta
del Bianco o il manoscritto del Versi che contengano le regole nautiche,
ma si riscontrano anche in un manoscritto di Pietro Loredano ed in una
raccolta di carte nautiche del 1439 1 ) . Finalmente narra il Desimoni 2)
che in certi inventari degli anni 1389 e 1390 si parla di una carta
pro navigando e di un martelogium . Siffatta diffusione proverebbe a nostro
modo di vedere o che si tratti di un' importazione o che il martolojo sia
ben più antico di quello che crediamo .
Per quanto però le apparenze accennino all'origine occidentale,
noi vorressimo tener conto di due fatti ancora . Il Fiorini parlando delle
carte nautiche medioevali scrive : " Ma è probabile che poco dopo il mille
i naviganti latini , e particolarmente gli italiani, imparando dai Greci di
Costantinopoli l'arte di comporre ed usare le carte basate sulle direzioni

altro significato di carta idrografica. Gli antichi chiamavano cioè carta quello che noi di-
ressimo un portolano e non si sà ancora da quando dati il termine carta, per le nostre
carte idrografiche che i vecchi chiamavano, tavola, pintura ecc . La questione sull'uso delle
carte idrografiche non è ancora pienamente risolta e forma un capitolo interessante della
storia dell' arte nautica.
1) Fiorini. Projezioni delle carte geografiche. Bologna 1881 , pag. 688.
2) Giornale linguistico 1875 , e. 1. c.
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e sulle distanze, le abbiano a poco a poco migliorate " . Se così fosse si


dovrebbe ritornare alle vedute del Morelli e credere che anche il mar-
tolojo sia nato nell'impero Bizantino, fonte di scienza e di sapienza come
l'occidente Mauritano. Inoltre ci dà da pensare l'antichissima denomina-
zione italiana degli otto venti principali della rosa . L'Asaph , che si ri
tiene vissuto nel secolo XI avea fatto uso dei nomi Gracum, Scillocum,
Garbinum, Magistrum. Ed il Lullus trattando appunto sulla determina-
zione del punto della nave dice : „ Declaratum est ergo per quem mo- ป

dum possunt cognoscere nautae in quo loco maris est navis, arbitrando
distantias penes tramontana ad oriente meridie atq ; occidente exaloch,
lebeich, maistre & grech, respectu locis maris in quo consistit navis “ .
Concludiamo. La questione sull' origine del martolojo è tutt' altro
che decifrata . Il testo più antico dal quale si possa scoprire un principio
di regole nautiche è quello del Lullus. Ma il Lullus nautico non era
certo, ed il suo modo di scrivere su argomenti matematici inspira più la
venerazione verso il filosofo, che il convincimento d' avere a fare con un
matematico . Le regole che per brevità chiamammo Lulliane, il Lullio
probabilmente non fece che raccoglierle ed erano quindi di già in uso
presso i suoi connazionali. Le distruzioni delle biblioteche orientali pur
troppo ci rapirono tesori che mai più si scopriranno . Dove dunque cer-
care la culla della scienza nautica ? Sono i Majorchini che l'appresero
dai Bizantini ? Gli italiani dal Levante o dal Ponente ? Ma se i Major-
chini facevano uso della deuominazione italiana per la rosa dei venti,
non potrebbero essi aver appreso anche alcunchè di arte nautica dai
navigatori italiani ?

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