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Aldo Barba, Massimo Pivetti La Scomparsa Della Sinistra in Europa
Aldo Barba, Massimo Pivetti La Scomparsa Della Sinistra in Europa
Copertina
Frontespizio
Colophon
Prefazione
Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo VII
Epilogo
© 2016 Imprimatur srl
Tutti i diritti riservati
Promozione e distribuzione Rizzoli Libri
Sede legale e operativa:
Via Emilia all’Angelo, 7 - 42124 Reggio Emilia
Tel./fax 0522 232222
Prefazione
Nota bibliografica
Per i due esempi di entusiastica quanto incondizionata
adesione al progetto liberista degli ultimi decenni, si
veda S. Weber, The end of the business cycle?, Foreign
Affairs, Vol. 76, n. 4, 1997 e R. E. Lucas, Macroeconomic
Priorities, American Economic Review, marzo 2003. Le
più caute considerazioni del governatore della banca
centrale statunitense A. Greenspan sono tratte da
Testimony of Chairman Alan Greenspan – The Federal
Reserve’s semiannual monetary policy report before
the Committee on Banking, Housing, and Urban
Affairs, U.S. Senate, 26 febbraio 1997. Il titolo
dell’articolo dell’Economist citato è “Secular stagnation
– The long view”, del 3 novembre 2014. Sulla
stagnazione secolare, più in generale, si veda C.
Teulings e R. Baldwin (a cura di), Secular Stagnation:
Facts, Causes and Cures, CPER Press, Londra 2014, in
particolare il saggio introduttivo di Laurence Summers
alle pp. 27-38. Di L. Summers, si veda pure “The age of
secular sagnation – What it is and what to do about it”,
Foreign Affairs, Vol. 95, n. 2, 2016. I dati relativi al tasso
di crescita del prodotto sono tratti dal Total Economy
Database, The Conference Board, www.conference-
board.org/data/economydatabase.
Capitolo II
Nota bibliografica
Per una rassegna dettagliata dei tempi e dei modi in cui
è avvenuto lo smantellamento delle misure volte a
limitare e controllare i movimenti internazionali dei
capitali nelle principali economie avanzate, si veda
Capital Account Convertibility – Review of
Experience and Implications for IMF Policies, a cura
di P.J. Quirk e O. Evans, Occasional Paper 131, IMF,
Washington Dc, ottobre 1995, e Advanced Country
Experiences with Capital Account Liberalization, a
cura di A. Bakker e B. Chapple, Occasional Paper 214,
IMF, Washington Dc 2002. Gli esempi dell’incrollabile
favore delle istituzioni internazionali per una
indiscriminata liberalizzazione dei movimenti di capitale
sono tratti da: The liberalization and management of
capital flows: an institutional view, IMF, 14 novembre
2012; Forty Years’ Experience with the OECD Code of
Liberalisation of Capital Movements, OECD
Publications Service, Parigi 2002 (in particolare, alle
pp.155-165 si offre un’emblematica ricostruzione, tutta
in chiave avversa ai controlli dei capitali,
dell’esperienza francese dal dopoguerra ad oggi);
“Getting the most out of international capital flows”,
OECD Economic Outlook, Vol. 2011/1. Il rapporto
annuale del Fmi, Exchange Arrangements and
Exchange Restrictions (annate varie), contiene le
informazioni più dettagliate circa gli sviluppi delle
normative relative alla convertibilità valutaria (sia in
conto corrente che in conto capitale) nei Paesi più
avanzati e in quelli in via di sviluppo. La citazione di
Carli alle pp.32-33 è da Cinquant’anni di vita italiana,
G. Carli in collaborazione con P. Peluffo, Laterza, Roma
1996. Più in generale, per le vicende europee, si veda
Dominique Servais, Uno spazio finanziario europeo -
Liberalizzazione dei movimenti di capitali e
integrazione finanziaria - La realizzazione dell’unione
economica e monetaria, Ufficio delle pubblicazioni
ufficiali delle Comunità europee, Bruxelles 1995.
Per il confronto tra la crescita del prodotto e del
commercio mondiale negli anni Sessanta e Novanta si
veda Economic Growth in the 1990s: Learning from a
Decade of Reform, The World Bank, Washington Dc
2005, in particolare i capitoli 3 e 5. La citazione di D.
Irwin a p. 39 è da “The Gatt’s Contribution to Economic
Recovery in Post-War Western Europe”, in Europe’s
Post-War Recovery, edito da B. Eichengreen,
Cambridge University Press, Cambridge 1995. Gli
articoli della Carta dell’Havana riportati nel testo sono
in United Nations Conference on Trade and
Employment held at Havana, Cuba, from November
21, 1947, to March 24, 1948, Final Act and Related
Documents, Interim Commission for the International
Trade Organization, Lake Success, New York, aprile
1948. La “Declaration on the Contribution of
the World Trade Organization to Achieving Greater
Coherence in Global Economic Policymaking” è
contenuta negli allegati all’ “Agreement Establishing
the WTO”, in The WTO Agreements Series N.1. Il World
Trade Report dell’Omc (annate varie) costituisce il
principale documento economico ufficiale del consenso
libero-scambista. Per un controcanto, l’unico rapporto
in cui fanno ancora capolino spunti critici e
consapevolezze keynesiane è il Trade and
Development Report dell’UNCTAD (annate varie). La
citazione di D. Rodrik a p. 44 è tratta da “The global
governance of trade as if development really mattered”,
United Nation Development Programme, ottobre 2001.
Per una disamina esaustiva quanto convenzionale
delle modalità di funzionamento del sistema di Bretton
Woods e dei determinanti del suo collasso, si veda A
Retrospective on the Bretton Woods System: Lessons
for International Monetary Reform, a cura di D. Bordo
e B. Eichengreen, NBER, University of Chicago Press,
Chicago 1993. La citazione di Keynes a p. 47 è tratta dai
dettagli del ‘Piano Keynes’ di provvista di liquidità
internazionale, riportato in “Postwar International
Stabilization”, Federal Reserve Bulletin, Washington,
giugno 1943, pp.501-521. Un’informata discussione
degli sviluppi del principio di condizionalità dalla sua
introduzione nel 1950 ad oggi si trova in A. Buira, “An
Analysis of IMF Conditionality”, G-24 Discussion
Paper Series, United Nation, New York 2003.
Il principale e più aggiornato studio di carattere
generale sulla questione migratoria è The Age of
Migration, di S. Castles e M. Miller, Palgrave
Macmillan (4ª edizione), New York 2009. Di particolare
interesse è il confronto tra quest’esaustivo quanto
anodino lavoro e il molto più orientato Immigrant
Workers and Class Structure in Western Europe, di S.
Castles e G. Kosack, Oxford University Press, Oxford
1973, acuta disamina degli effetti dell’immigrazione sulla
coesione della classe lavoratrice in Germania, Francia,
Svizzera e Regno Unito tra il 1945 e il 1973. I dati relativi
alla crescita tra il 2008 e il 2014 degli occupati nati
all’estero a fronte della riduzione degli occupati
indigeni riportati a p. 50 sono tratti da International
migration outlook 2015, OECD, Parigi 2015, pp. 62-63.
Per quanto concerne il tentativo di estendere ad ogni
immigrato lo status di rifugiato, si veda il Report of the
Special Rapporteur on the human rights of migrants,
François Crépeau , Uman Right Council, UN General
Assembly, A/HRC/29/36, 2015.
La citazione di Lenin a p. 51 è tratta da Stato e
Rivoluzione; quella di Adam Smith di p. 52 da La
Ricchezza delle Nazioni. Per una rassegna delle ragioni
teoriche addotte dagli economisti per giustificare il
processo di abbandono della contrattazione collettiva
centralizzata avviatosi nel corso degli anni Ottanta, si
veda R. Freeman e R. Gibbons, “Getting Together and
Breaking Apart: The Decline of Centralized Collective
Bargaining”, in Differences and Changes in Wage
Structures, a cura di R. Freeman e L. Kats, NBER,
University of Chicago Press, Chicago 1995. Il rapporto
Contrattazione Collettiva e Partecipazione dei
Lavoratori in Europa: Processi e Pratiche, Documento
CNEL n. 19, Roma, giugno 2002, offre una chiara analisi
comparata dei cambiamenti della normativa del lavoro in
Francia, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi e
Spagna. La voce “Relazioni Industriali” di G. Cella e T.
Treu, nel Supplemento del 1989 dell’Enciclopedia del
Novecento, è un utile strumento per familiarizzarsi con il
frasario e il modo di porre le questioni (di matrice
anglosassone) proprio di questa disciplina. Labour
Market and Wage Developments in Europe e Industrial
Relations in Europe (annate varie), Commissione
europea, sono un utile fonte di informazione tanto
statistica quanto relativa all’orientamento degli
organismi di governo europei sulla questione. Il
rapporto dell’Ocse da cui sono tratte le citazioni
riportate nel capitolo è The OECD Jobs Study, Facts,
Analysis, Strategies, 1994, in particolare alla parte III.
Le citazioni del presidente Johnson e dei suoi
consiglieri economici sono tratte da Economic report of
the President Trasmitted to the Congress January 1965,
together with The Annual Report of the Council of
Economic Advisers, US Government Printing Office,
Washington 1965. Per una più generale analisi delle
politiche macroeconomiche dei Trenta gloriosi, si veda
The Rise and Fall of the Golden Age, A. Glyn et al.,
WIDER Working Papers 43, aprile 1988. I diversi
caratteri dell’orientamento restrittivo assunto dalla
politica fiscale nel corso dei Trenta pietosi, negli Usa e
in Europa, sono analizzati in A. Barba, “The ebb and
flow of fiscal activism”, Contributions to Political
Economy, Vol. 25, 2006. La citazione della Thatcher alle
pp. 62-63 è riportata da D. Parker nel suo monumentale
The Official History of Privatisation. Vol. II, Popular
Capitalism 1987-1997, Routledge, Londra e New York
2012. T. Piketty e E. Saez in “How progressive is the
U.S. Federal Tax System? A Historical and International
Perspective, Journal of Economic Perspectives”, 21,
2007, analizzano in chiave comparata, attraverso i dati
delle dichiarazioni dei redditi, l’affievolimento della
progressività dei sistemi di prelievo nei Paesi
anglossassoni e in Francia. Per un esempio del favore
di cui oggi gode l’imposizione indiretta, particolarmente
rappresentativo è “Consumption Taxes: the Way of the
Future?”, Policy Brief, OECD, ottobre 2007. I dati
principali circa gli sviluppi più recenti del sistema tasse-
trasferimenti come strumento di riduzione della
disuguaglianza dei redditi nei Paesi capitalisti più
avanzati sono contenuti in “Income inequality and
growth: The role of taxes and transfers”, OECD
Economics Department Policy Notes, n. 9, gennaio
2012.
Tra i numerossisimi interventi che trattano il tema della
disoccupazione giovanile, segnaliamo “Youth
unemployment in advanced economies in Europe:
searching for solutions”, A. Banerji et al., IMF Staff
Discussion Note, SDN/14/11, dicembre 2014. Per quanto
riguarda i NEETS, si veda “Young people not in
employment, education or training: Characteristics,
costs and policy responses in Europe”, Eurofund,
Publication Office of the European Union,
Lussemburgo 2012. “Social inclusion of young people”,
Eurofund, Publication Office of the European Union,
Lussemburgo 2015, discute gli studi che analizzano le
drammatiche conseguenze economiche e sociali del
fenomeno. In merito alla disoccupazione di lunga
durata, si veda Employment and Social Developments
in Europe, Commissione Europea, 2015, cap.II.1,
“Preventing and fighting long-term unemplyment”, in
particolare alle pp.130-1, dove si discute la forte
correlazione che è stata riscontrata tra disoccupazione
totale, di lunga e di lunghissima durata e malattie
cardiache. La parziale sconfessione delle precedenti
conclusioni dell’Ocse circa il benefico ruolo della
flessibilità salariale è contenuta in Boosting Jobs and
Incomes, OECD Employment Outlook, Capitolo 7,
“Reassessing the Role of Policies and Institutions for
Labour Market Performance: A Quantitative Analysis”,
2006 (A. Stiglbauer, “The (New) OECD Jobs Study:
Introduction and Assessment”, Monetary Policy &
The Economy, Q3/06, discute la vicenda di questo
ripensamento). Il Global Wage Report 2014-15
dell’International Labour Office, Ginevra 2015, analizza
la relazione tra l’ampliarsi del divario tra crescita della
produttività e crescita dei salari e i suoi effetti sulla
disuguaglianza della distribuzione dei redditi.
Un’inattesa denuncia dei deludenti esiti economici e
sociali dei Trenta pietosi è contenuta nell’Economic
Report of the President 2015, dove si rileva che
«considerando gli sviluppi della produttività del lavoro,
della distribuzione dei redditi e della partecipazione al
mercato del lavoro nel corso degli ultimi 65 anni, i
redditi della classe media sono passati dal raddoppiare
in una generazione al mostrare quasi nessuna crescita
[…]. Insieme, questi fattori avrebbero quasi
raddoppiato il reddito del nucleo familiare tipico, se
solo fosse proseguito il loro più favorevole andamento
dei precedenti periodi storici».
Capitolo III
Nota Bibliografica
Le concezioni dominanti nei Trenta gloriosi sul ruolo
del controllo nazionale della politica monetaria e di
bilancio e del controllo delle transazioni con il resto del
mondo sono discusse, insieme al loro abbandono a
partire dall’inizio degli anni ’80, in M. Pivetti,
“Maastricht e l’indipendenza politica delle banche
centrali: teoria e fatti”, Studi Economici, Vol. L, n. 55,
1995, e, dello stesso autore, in: “Bretton Woods,
through the lens of state-of-the-art macrotheory and
the European Monetary System”, Contributions to
Political Economy, Vol. 12, 1993; “Debito pubblico e
inflazione: sul progetto di unione monetaria europea
come fattore di disciplina”, in A. Graziani (a cura di),
L’economia mondiale in trasformazione, manifestolibri,
Roma 1998; “Monetary versus political unification in
Europe. On Maastricht as an exercise in ‘vulgar’
politica economy”, Revue of Political Economy, Vol. 10,
n. 1, 1998. Sui vincoli posti dal trattato di Maastricht e
dai piani di rientro del debito pubblico in esso
contenuti ad un utilizzo espansionistico della politica
fiscale nei Paesi sottoscrittori si veda A. Barba “Note
sul ‘patto di stabilità e crescita’ ed il rientro del debito
pubblico”, Studi Economici, n. 68, 1999. Sulla
consapevolezza esistente all’inizio degli anni ’80 circa il
cambiamento radicale che stava verificandosi negli
obiettivi della politica economica dei maggiori Paesi
capitalistici, merita vedere l’indagine conoscitiva che
venne promossa in Inghilterra dalla Camera dei Comuni
sugli effetti economici e sociali del cambiamento: House
of Commons, sessione 1979-1980, Treasury and Civil
Service Committee, Memorandum on Monetary Policy,
2 volumi, HMSO, Londra 1980.
Sul libero scambio, gli investimenti e gli arbitrati
internazionali si vedano, oltre ai dati
dell’Organizzazione mondiale del commercio
sull’espansione degli scambi negli ultimi decenni (Omc,
International Trade Statistics 2014), European
Commission, Transatlantic Trade and Investment
Partnership. The economic analysis explained,
Bruxelles, settembre 2013; United Nations Conference
on Trade and Development, Recent developments in
investor-state dispute settlement (ISDS), New York,
maggio 2013; S. Donan, “EU and US pressed to drop
dispute-settlement rule from trade deal”, Financial
Times, 10 marzo 2014, e il contributo apologetico di R.
Rosencrance, The Resurgence of the West: How a
Transatlantic Union Can Prevent War and Restore the
United States and Europe, Yale University Press, New
Haven 2013. Meritano poi di essere segnalati i seguenti
contributi critici sul ruolo del mercato internazionale
come regolatore per eccellenza dell’attività degli Stati e
la loro progressiva sottomissione a una concorrenza
sempre più impermeabile ad ogni norma sociale,
sanitaria e ambientale: H.E. Daly, “The perils of free
trade”, Scientific American, novembre 1993; R.M.
Jennar e L. Kalafatides, AGCS. Quand les Etats
abdiquent face aux multinationales, Raisons d’agir,
Parigi 2007; R.M. Jennar, Le Grand Marché
Transatlantique. La menace sur les peuples d’Europe,
Cap Bear Editions, Perpignan 2014, e, dello stesso
autore, “Cinquante États négocient en secret la
libéralisation des services», Le Monde Diplomatique,
settembre 2014; S. George, Les usurpateurs. Comme les
entreprises internationales prennent le pouvoir, Seuil,
Parigi 2014; T. Porcher e F. Farah, Tafta. L’accord du
plus fort, Max Milo, Parigi 2014. Sul periodico-bibbia
dei libero scambisti, si veda A. Zevin, “’The
Economist’, le journal le plus influent du monde”, Le
Monde Diplomatique, agosto 2012.
Per le vicende francesi relative alle restrizioni
all’immigrazione degli anni Settanta è utile consultare Y.
Gastaut, “La volte-face de la politique française
d’immigration durant les Trente Glorieuses”, Cahiers de
l’URMIS, 5, 1999; per quelle tedesche, si veda W.
Seifert, “Social and Economic Integration of Foreigners
in Germany”, in Path to Inclusion. The Integration of
migrants in the United States and Germany, a cura di P.
Schuck and R. Munz, Berghahn Books, New York e
Oxford 1998. I dati relativi ai nati all’estero presenti nei
maggiori Paesi europei sono tratti da International
Migrant Stock, The 2015 Revision, Nazioni Unite, New
York 2015. La citazione di Pompidou a p… è da Le
peuple, Organe du syndicat Cgt, novembre 1963.
Un’ampia rassegna della letteratura neoclassica cui
abbiamo fatto riferimento nel testo, relativa agli effetti
dell’immigrazione sui salari, è contenuta in D.B.
Bodwarsson e H. Van der Berg, The Economics of
Immigration. Theory and Policy, Springer, Heildelberg,
Londra e New York 2009. Di G.J. Borjas, il principale
autore neoclassico in materia, si vedano: “The labor
demand curve is downward sloping: reexamining the
impact of immigration on the labor market”, The
Quarterly Journal of Economics, novembre 2003;
“Increasing the supply of labor through immigration.
Measuring the impact on native-born workers”, Center
for Immigration Studies Backgrounder, 2004, e,
insieme a L. Katz, “The evolution of the Mexican-born
workforce in the United States”, in Mexican
Immigration to the United States, University of
Chicago Press, Chicago 2007.
La nozione classico-marxiana del salario è analizzata in
M. Pivetti, “Il concetto di salario come ‘costo e
sovrappiù’ e le sue implicazioni di politica economica”,
in M. Pivetti (a cura di), Piero Sraffa. Contributi per
una biografia intellettuale, Carocci, Roma 2000. Il
brano di Marx sulla divisione della classe lavoratrice in
due campi ostili, citato nella sez. 5, è tratto da Karl
Marx and Friedrich Engels; Selected Correspondence,
Progress Publishers, Mosca 1975 (lettera del 9 aprile
1870). La citazione di Engels alla fine del capitolo è
tratta da La condizione della classe operaia in
Inghilterra (1845), il cui capitolo sull’immigrazione
irlandese illustra la lotta dell’operaio inglese “con un
concorrente che sta nel gradino più basso che è
possibile in un Paese civilizzato e che perciò abbisogna
di un salario minore di chiunque altro”.
Capitolo V
Nota bibliografica
L’impatto delle politiche dell’occupazione e dei livelli
occupazionali sulle istituzioni del mercato del lavoro, il
potere contrattuale dei sindacati e i livelli salariali è
stato analizzato nel corso degli ultimi 10 anni da
numerosi autori. Si vedano in particolare: I. Dew-Becker
e R.J. Gordon, “Selected issues in the rise of income
inequalities”, Brookings Papers on Economic Activity,
2, 2007; W. Salverda e K. Mayhew, “Capitalist
economies and wage inequalities”, Oxford Review of
Economic Policy, Vol. 25, n. 1, 2009; G. Bosch et al.,
“Industrial Relations, legal regulations, and wage
setting”, in J. Scmitt e J. Gautié (a cura di), Low-Wage
Work in the United States and Europe, Russel Sage,
New York 2010; M. Pivetti, “On advanced capitalism
and the determinants of the change in income
distribution: a classical interpretation”, in E.S. Levrero
et al. (a cura di), Sraffa and the Reconstruction of
Economic Theory: Volume One (Theories of Value and
Distribution), Palgrave Macmillan, Londra 2013.
Il processo di sostituzione di indebitamento privato a
salari come strumento di sostegno dei consumi delle
famiglie americane è analizzato in A. Barba e M. Pivetti,
“Rising household debt. Its causes and macroeconomic
implications: a long-period analysis”, Cambridge
Journal of Economics, Vol. 33, n. 1, 2009.
Sull’orientamento neo-mercantilista della politica
economica tedesca e le sue ripercussioni sui Paesi
europei, si veda S. Cesaratto, “Europe, German
mercantilism and the current crisis”, in E. Brancaccio e
G. Fontana, The Global Economic Crisis. New
Perspectives on the Critique of economic Theory and
Policy, Routledge, Londra 2011. Per quanto riguarda
l’accresciuta flessibilità del mercato del lavoro tedesco,
i ridimensionamenti dell’istruzione pubblica in Francia e
i tagli della previdenza e della sanità pubbliche in Italia,
si vedano C. Weinkopf, “A changing role of temporary
agency work in the German employment model?”,
International Employment Relations Review, Vol. 12, n.
1, 2006 e i saggi contenuti in G. Bosch e C. Weinkopf (a
cura di), Low-Wage Work in Germany, Russel Sage,
New York 2008; Cour des Comptes, L’education
nationale face à l’objectif de la réussite de tous les
élèves, Rapport public, La Documentation Française,
Parigi, maggio 2010; A. Parienty, School business.
Comme l’argent dynamite le système éducative, La
Découverte, Parigi 2015 (da cui è tratto il brano citato
nella sez. 5); M. Pivetti, “The ‘principle of scarcity’,
pension policy and growth”, Review of Political
Economy, numero speciale sulle pensioni a cura di S.
Cesaratto, Vol. 18, n. 3, 2006; A. Barba, “Previsioni
demografiche e sostenibilità della spesa pensionistica
in Italia”, Studi Economici, Vol. 94, n. 1, 2008; S.
Gabriele, “Politiche recessive e servizi universali: il caso
della sanità”, in S. Cesaratto e M. Pivetti (a cura di),
Oltre l’austerità, eBook di Micromega, Roma 2012.
La citazione di Tony Blair è tratta da “Leader’s Speech
– Brighton 1995 (Tony Blair)”, in Speech Archive at
www.britishpoliticalspeech.org. Per una rassegna dei
principali argomenti teorici sviluppati nel corso degli
ultimi decenni dagli economisti avversi all’impresa
pubblica si veda A. Shleifer, “State versus private
Ownership”, Journal of Economic Perspectives, Vol.
12, n. 4, autunno 1998. W. Maggison e J. Netter, “From
State to Market: A Survey of Empirical Studies on
Privatization”, Journal of Economic Literature, Vol.
XXXIX, giugno 2001, offre una più articolata disamina
del tema, di carattere sia teorico che empirico. L’articolo
di The Guardian citato a p… è di Seumas Milne, “The
tide is turning against the scam that is privatisation”,
del 9 luglio 2014. Sui pessimi esiti delle privatizzazioni
nel caso inglese, si veda anche J. Meek, Private Island,
why Britain now belongs to someone else, Verso,
Londra 2015. Per un quadro conciso degli effetti della
privatizzazione delle ferrovie in Europa, si veda J.
Mischi e V. Solano, “Accélération de la privatisation du
rail en Europe. Trent-six compagnies pour une ligne de
chemin de fer”, Le Monde Diplomatique, giugno 2016.
Una chiara introduzione ai principali temi del dibattito
corrente sul federalismo fiscale è contenuta in W.
Oates, “An Essay on Fiscal federalism”, Journal of
Economic Literature, XXXVII, n. 3, settembre 1999.
Fiscal Federalism in the European Union, edito da A.
Fossati e G. Pannella, Routledge, Londra 1999, è una
raccolta di saggi che analizzano in chiave comparata i
rapporti economici tra governi locali e centrali in tutti i
principali Paesi europei. La citazione di Togliatti è
dall’intervento all’Assemblea Costituente dell’11 marzo
1947, seduta pomeridiana, Tipografia della Camera dei
Deputati, Roma 1947, p. 2001.
Capitolo VI
4. Gli anni Settanta furono per il Pci anche gli anni del
grande imbarazzo per la passata ammirazione e
solidarietà verso l’Unione Sovietica. Come è noto, la
linea del “compromesso storico” finì per spingere
Berlinguer a compiere un’abiura completa dal sistema e
dal Paese emersi dalla Rivoluzione d’ottobre, fino al
riconoscimento del senso di sicurezza che lui e il partito
ricavavano dall’appartenenza dell’Italia al Patto
Atlantico («mi sento più sicuro da questa parte»,
dichiarò in un’intervista al «Corriere della sera» del 15
giugno 1976). Mentre, come vedremo tra un momento,
sul piano della politica interna si possono individuare
importanti elementi di continuità tra la linea del
“compromesso storico” e la tradizione togliattiana del
Pci, sulla questione dell’Urss e del conflitto tra i due
blocchi la rottura con quella tradizione non avrebbe
potuto essere più netta.
Gli scritti e i discorsi di Togliatti rivelano come egli
considerasse estremamente importante il rafforzamento
dell’Unione Sovietica e come si rendesse perfettamente
conto che la guerra fredda l’avrebbe invece indebolita,
tanto più quanto più accanitamente la corsa agli
armamenti avesse continuato a svilupparsi. Togliatti
pertanto riteneva che il movimento operaio e socialista
di ciascun Paese capitalista – a partire dal movimento
operaio italiano, caratterizzato dalla presenza del
maggior partito comunista del mondo occidentale –
dovesse adoprarsi per la distensione dei rapporti
internazionali e la rimozione degli ostacoli che a questa
si opponevano. È vero che in quegli anni mostrarsi
solidale con l’Unione Sovietica non comportava gli
stessi rischi di isolamento culturale e politico che
avrebbe comportato in seguito. Il sistema sovietico di
fatto riscuoteva ancora un’ammirazione diffusa, in
primo luogo per essere riuscito in poco tempo a
trasformare una nazione per lo più composta di
contadini analfabeti o semi-analfabeti («che si
genuflettevano e invocavano la benedizione dello zar»,
come aveva scritto Benedetto Croce) in una grande
potenza industriale che aveva sconfitto il nazismo e che
stava attirando nella sua orbita un numero crescente di
Paesi. Ma resta il fatto che dalle prese di posizione di
Togliatti sull’Urss emerge in modo chiaro la
consapevolezza della forza e del prestigio che ciascun
movimento operaio e socialista nazionale, non importa
quanto autonoma dall’esperienza del “socialismo reale”
fosse la sua linea, oggettivamente ricavava
dall’esistenza di un modo di produzione e di un sistema
sociale alternativi che si erano mostrati capaci di
assicurare persistentemente, insieme alla piena
occupazione, il soddisfacimento dei bisogni primari
dell’intera collettività (da un alloggio caldo a una buona
istruzione e alla cura della salute per tutti, da una
distribuzione molto egualitaria del reddito a una marcata
parità effettiva tra uomini e donne). E, in aggiunta a
questa consapevolezza, la lucidità del capo dei
comunisti italiani circa l’impatto devastante sulle
condizioni di vita di centinaia di milioni di persone su
tutta la terra che avrebbe avuto un serio indebolimento
dell’Unione Sovietica, o addirittura la sua liquidazione
da parte della maggiore potenza economico-militare
degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Nel corso di
quest’ultimo quarto di secolo, i disastrosi effetti geo-
politici della dissoluzione dell’Urss e del blocco
sovietico si sono andati dispiegando davanti ai nostri
occhi, insieme al degrado economico-sociale dello
stesso capitalismo avanzato che quella dissoluzione ha
contribuito a determinare. Si può affermare, alla luce
dell’esperienza, che l’abiura completa del partito di
Berlinguer dal sistema del “socialismo reale”,
apparentemente lungimirante, fu in realtà anche
un’abiura dall’elemento più intelligente della tradizione
togliattiana.
Il principale tratto di continuità con quella tradizione si
ebbe invece in campo economico, rispetto al quale si
può parlare di un robusto quanto ininterrotto filo rosso
di subalternità del Pci nei confronti della nostra cultura
economica laico-liberale. Nel primo trentennio post-
bellico il partito comunista seppe senza dubbio
conquistarsi una posizione egemone all’interno della
cultura italiana: in campo letterario e artistico, tra gli
uomini di cinema e di teatro. Tuttavia l’intelligentsia
organica al partito, pur presente e influente anche nei
campi filosofico, storiografico e giuridico, continuò a
“brillare” per la sua assenza nella principale disciplina
sociale. Paradossalmente, un grande movimento di
ispirazione marxista continuò a rimanere privo al suo
interno di ogni vera dimestichezza con l’economia
politica critica, i suoi sviluppi, le sue implicazioni di
politica economica. L’insicurezza e la subalternità in
materia economica che hanno caratterizzato tutta la
vicenda del Pci sono in buona misura riconducibili a
una sostanziale carenza di interesse, quindi di
competenza, nella materia. Torneremo alla fine del
capitolo sul carattere per così dire congenito di questa
carenza.
Nota bibliografica
La strategia del “compromesso storico” venne
originariamente delineata da Enrico Berlinguer in tre
articoli apparsi su Rinascita il 28 settembre, il 5 ottobre
e il 12 ottobre 1973, poi ripubblicati nel secondo volume
di E. Berlinguer, La “Questione comunista”, Editori
Riuniti, Roma 1975. Sulla proiezione internazionale di
quella strategia e il suo messaggio socio-economico, si
vedano, dello stesso Berlinguer, La politica
internazionale dei comunisti italiani, Editori Riuniti,
Roma 1976 e Austerità, occasione per trasformare
l’Italia, Editori Riuniti, Roma 1977 (da cui è tratta la
citazione di p. 199). Le implicazioni di politica
economica del “compromesso storico” e della
“solidarietà nazionale”, con particolare riguardo
all’irremovibilità per il Pci dei vincoli esterni alla crescita
dei salari e dell’occupazione, emergono con particolare
chiarezza dagli atti del convegno promosso dal CESPE
nel marzo del 1976, al quale si è fatto riferimento nella
sez. 3, dal titolo «Crisi economica e condizionamenti
internazionali dell’Italia”, Quaderni di Politica ed
economia, Nuova Serie, n. 1, Editori Riuniti, Roma 1976.
Oltre alla comunicazione di Massimo Pivetti, gli altri due
contributi critici a quel convegno furono gli interventi
di Domenico Mario Nuti e di Robert Rowthorn. Sul
convegno del CESPE si veda anche P. Bini, “The Italian
economists and the crisis of the nineteen-seventies.
The rise and fall of the ‘conflict paradigm’”, History of
Economic Thought and Policy, n.1, 2013, pp. 86-89.
Sul convincimento di parte comunista della necessità
di combattere l’inflazione e affrontare il problema della
bilancia dei pagamenti attraverso riduzioni della spesa
pubblica, il contenimento dei salari e lo spostamento di
risorse dai consumi agli investimenti, si veda G.
Chiaromonte, L’accordo programmatico e l’azione dei
comunisti italiani, Editori Riuniti, Roma 1977. La natura
dei vincoli di bilancia dei pagamenti alla crescita
dell’occupazione nel caso italiano e le linee di politica
economica più idonee ad allentarli, sono discusse in M.
Pivetti, Bilancia dei pagamenti e occupazione in
Italia. Integrazione internazionale e equilibri sociali,
Rosenberg & Sellier, Torino 1979. Sull’inutilità
dell’astensione dal consumo come fattore permissivo
dell’investimento in presenza di disoccupazione, si
veda A. Barba e G. De Vivo, “Lo spreco della
parsimonia”, in Economia e luoghi comuni, a cura di A.
Di Maio e U. Marani, L’asino d’oro, Roma 2015. Le
interviste a Lama e a Trentin cui si è fatto riferimento
alle pp. 197-198 del testo, pubblicate rispettivamente nel
gennaio e nel dicembre del 1978 su La Repubblica e Le
Monde, sono citate anche in A. Lipietz, L’audace ou
l’enlisement. Sur les politiques économiques de la
gauche, Editions La Découvert, Parigi 1984, pp. 87-88 e
90-91.
Per un’analisi critica dell’esperimento politico del
“compromesso storico” e della “solidarietà nazionale”,
si vedano D. Sassoon, Cento anni di socialismo: la
sinistra nell’Europa occidentale del XX secolo, Editori
Riuniti, Roma 1997, cap. 20, e, dello stesso autore, The
Strategy of the Italian Communist Party. From the
Resistance to the Historic Compromise, Frances Pinter,
Londra 1981. Si veda anche L. Paggi e M. D’Angelillo, I
comunisti italiani e il riformismo, Einaudi, Torino 1986
(da cui è tratto il titolo del capitolo), in part. cap. I. Il
dissenso, all’interno del Pci, sulla linea dell’EUR (cfr.
sopra, p. 198) è discusso in M. Golden, Labor Divided.
Austerity and Working Class Politics in Contemporary
Italy, Cornell University Press, Ithaca, NY e Londra
1988.
Le posizioni di Togliatti cui si è fatto riferimento nella
sez. 4, tanto quelle sui temi di politica interna che quelle
sull’Urss e il conflitto tra i due blocchi, sono state tratte
soprattutto dai suoi scritti e discorsi ripubblicati con il
titolo Togliatti e il centrosinistra, 1958-1964, Istituto
Gramsci – Sezione di Firenze, Cooperativa Editrice
Universitaria, Firenze 1975. Sul mutato atteggiamento di
Togliatti rispetto alle nazionalizzazioni, si veda la sua
relazione al X congresso del Pci. Per quanto riguarda il
Piano del lavoro, gli atti della conferenza promossa
dalla Cgil, sulla quale ci siamo soffermati nella sez. 5, si
trovano in Il Piano del lavoro. Resoconto integrale
della Conferenza economica nazionale della Cgil,
Roma 18-20 febbraio 1950, Stab. tip. Vesisa, Roma 1950.
Nel 1975 la facoltà di economia e commercio
dell’università di Modena organizzò un convegno sul
Piano del lavoro, i cui atti sono stati pubblicati nel
volume Il piano del lavoro della Cgil, 1949-1950,
Feltrinelli, Milano 1978.
Rispetto alla nozione gramsciana di “intellettuale
organico”, si è fatto riferimento nell’ultima sez. del
capitolo a passi dei Quaderni del carcere contenuti in:
A. Gramsci, Gli intellettuali e l’organizzazione della
cultura, Editori Riuniti, Roma 1991, in part. pp. 5, 7, 9,
13, 41; Il materialismo storico e la filosofia di
Benedetto Croce, Editori Riuniti, Roma 1991, pp. 4, 7, 9-
16, 22-3, 264-71, 335-7, 342-3; Note sul Machiavelli
sulla politica e sullo stato moderno, Editori Riuniti,
Roma 1991, pp. 459-65. Il passo di Marx sui “pugilatori a
pagamento” è contenuto nel poscritto alla seconda
edizione del Primo libro del Capitale. Per le critiche di
Croce a Marx discusse da Gramsci, si vedano i capitoli
III-VII di B. Croce, Materialismo storico ed economia
marxistica, Laterza, Bari 1961 (10^ ediz.), spec. pp. 65-6,
70, 75, 138, 152-58, 160 e 163. Sulle note economiche di
Gramsci, si vedano anche le osservazioni di Sraffa in N.
Badaloni, “Due manoscritti inediti di Sraffa su Gramsci”,
Critica Marxista, 1 (6), 1992. Le seguenti opere
possono poi considerarsi come particolarmente
rappresentative della considerevole mole di letteratura
dedicata all’interpretazione della riflessione carceraria di
Gramsci: N. Badaloni, Il marxismo di Gramsci, Einaudi,
Torino 1975; G. Vacca, Politica e storia in Gramsci,
Editori Riuniti, Roma 1977; C. Luporini, Dialettica e
materialismo, Editori Riuniti, Roma 1978; A. Asor Rosa,
Intellettuali e classe operaia, La Nuova Italia, Firenze
1973. Infine, sul conformismo generato dal fenomeno
dell’”intelligenza organica” e la subalternità dei
comunisti italiani nei confronti della cultura economica
laico-liberale, si veda M. Pivetti, “Sulla rilevanza
analitica dei Quaderni e la questione della loro
influenza”, in G. Vacca (a cura di), Gramsci e il
novecento, Carocci, Roma 1997, Volume Secondo.
Capitolo VII
La sinistra “antagonista”
E ancora:
Nota bibliografica
Le idee sulla “decrescita” e i passi citati nel testo sono
tratti dalle seguenti opere di Serge Latouche, che
contengono un’indicazione esaustiva dei contributi di
questa scuola di pensiero e delle sue principali fonti
d’ispirazione: La scommessa della decrescita,
Feltrinelli, Torino 2007; Breve trattato sulla decrescita
serena, Bollati Boringhieri, Torino 2008; Pour en finir
avec l’économie. Decroissance e critique de la valeur
(in coll. con A. Jaffe), Libre & Solidaire, Parigi 2015. I
contributi italiani più citati in queste opere sono quelli
di A. Magnaghi (Il progetto locale, Bollati Boringhieri,
Torino 2000), M. Pallante (La decrescita felice. La
quantità della vita non dipende dal Pil, Editori Riuniti,
Roma 2005) e F. Gesualdi (Sobrietà. Dalla spesa di
pochi ai diritti per tutti, Feltrinelli, Milano 2005).
L’influenza della scuola della decrescita è inoltre
chiaramente presente nella letteratura italiana in tema di
“beni comuni”, in particolare negli scritti di U. Mattei (si
vedano, di questo autore, Beni comuni: un manifesto,
Laterza, Bari 2011 e Contro riforme, Einaudi, Torino
2013; si veda inoltre “La rivolta dei beni comuni”,
Micromega, n. 3, 2013). Anche la letteratura sui beni
comuni contiene una mitizzazione di situazioni pre-
industriali – una certa nostalgia di legnatico, erbatico,
fungatico.
La citazione che esemplifica l’ansia di mutamento
sociale dei movimenti comunisti più radicali, insieme ai
sentimenti profondamente anti-keynesiani da essa
ispirati, è tratta da un articolo del World Socialist
Website (WSWS.org) del 23 febbraio 2016, dal titolo
“Secular stagnation and the contradictions of
capitalism”, a firma di N. Beam, il leader trotskista del
Socialist Equality Party canadese. La citazione di T.
Piketty è da Il capitale nel XXI secolo, Bompiani,
Milano 2014.
Su SOS Racisme, i suoi fondatori e sostenitori, si veda
É. Zemmour, Le suicide francais, Albin Michel, Parigi
2014, pp. 243-9. In Italia, nel corso degli ultimi
trent’anni, la principale espressione di “generosa
apertura” all’immigrazione da parte della sinistra
antagonista è stata rappresentata dal Manifesto,
fondato nel 1969 sull’onda dell’antisovietismo
montante e dell’idealizzazione della Cina maoista (sulla
formazione del gruppo del Manifesto, si veda V. Foa e
A. Natoli, Dialogo sull’antifascismo, il Pci e l’Italia
repubblicana, Editori Riuniti, Roma 2013, in part. pp.
252-84).
Particolarmente rappresentativo del femminismo della
differenza è il libro di L. Irigaray, Il tempo della
differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; ma si vedano
anche S. Agacinsky, La politica dei sessi, Ponte alle
Grazie, Milano 1998 e F. Héritier, Maschile e
femimminile. Il pensiero della differenza, Laterza, Bari
1997. Il brano di E. Badinter citato nel testo è tratto da
La strada degli errori. Il pensiero femminile al bivio,
Feltrinelli, Milano 2014, pp.116-17. L’opera di S. de
Beauvoir, Il secondo sesso, pubblicata a Parigi da
Gallimard nel 1949 (ed. it. Il Saggiatore, Milano 1961, 2
voll.) fu per 3 decenni il testo di riferimento del
movimento femminista mondiale, prima della svolta
degli anni ’80. Anche le posizioni del nuovo
femminismo hanno trovato spazio in Italia soprattutto
sulle pagine del Manifesto.
Per quanto riguarda il “diritto alla paternità/maternità”,
segnaliamo il lavoro seminale della femminista radicale
G. Corea, The mother machine: Reproductive
technologies from artificial insemination to artificial
wombs, Harper & Row Publishers, New York 1985. La
raccolta di saggi New Cannibal Markets –
Globalization and the Commodification of the Human
Body, edita da J.D. Rainhorn e S. El Boudamoussi,
Edition de la maison des sciences de l’homme, Parigi
2015 (in particolare nella parte 2^: “Wombs for Rent”)
offre un’aggiornata disamina della pratica dell’utero in
affitto negli Stati Uniti, in India e in Israele. Per
un’analisi della condizione di povertà culturale e
materiale in cui versano le ‘donne contenitore’
statunitensi, si veda J. Damelio e K. Sorensen,
“Enhancing autonomy in paid surrogacy”, Bioethics,
2008, 22(5), 269–277. Il documento dell’associazione
CoRP (Collettivo per il rispetto della persona), animata
proprio da S. Agacinsky, figura chiave del più noto
collettivo La manif pour tous, sorto in opposizione al
movimento Le mariage pour tous di Bernard-Henry
Lévy, è consultabile all’indirizzo web
www.stopsurrogacynow.com. La citazione di Marx di p.
239 è dal Manifesto del Partito Comunista. Per la
questione della gravidanza per altri come “gesto
d’amore”, nel testo abbiamo fatto riferimento a
un’intervista concessa da Nichi Vendola a Matrix
(Canale 5), trasmessa il 2 marzo 2016 e citata sul Fatto
Quotidiano del giorno successivo. Sulla “genitorialità
omosessuale” dal punto di vista del femminismo della
differenza, si veda S. Niccolai, “Maternità
omossesussale e diritto delle persone omosessuali alla
procreazione. Sono la stessa cosa? Una proposta di
riflessione”, in Costituzionalismo.it, fasc. 3, 2015.
Infine, per un’analisi critica della tesi tradizionale, in
campo giuridico, di una subalternità dei diritti sociali ai
diritti civili (o “diritti di libertà”), si veda M. Luciani,
“Sui diritti sociali”, in Studi in onore di Manlio
Mazziotti di Celsio, vol. II, Cedam, Padova 1995.
Epilogo