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Le collettività mitiche
Le Amazzoni, le Lemnie, le Danaidi sembrerebbero soddisfare
pienamente i requisiti di ribellione femminile, consapevole e
organizzata: libertà, legislazione autonoma, forza fisica,
esclusione degli uomini e così via.
Se la donna nel mondo greco riveste sostanzialmente il ruolo di
madre, l’unico assegnatole dalla società in vista della
procreazione di figli legittimi che garantiscano la continuità
dell’oikos, se il corpo della donna è concepito in funzione della
maternità, seppure privata del ruolo generativo ,, in quest’ottica la
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rispetta la verginità .
xiv
65.
Significativamente il greco utilizza l’aggettivo ἄδμητος (indomito, non sottomesso)
iii
sia per indicare gli animali non ancora sottoposti al giogo o alle briglie sia le fanciulle
non sposate. L’aggettivo è etimologicamente connesso a δαμάζω (domare,
sottomettere, vincere ma anche sottomettere al giogo matrimoniale, sposare).
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Lisia, Epitafio, 4.
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La maggior parte delle fonti classiche concorda nel collocare le Amazzoni nella
Scizia presso la palude Meotide dalla quale sarebbero poi migrate verso la costa
centro settentrionale dell’Anatolia o viceversa da questa in Scizia. Eschilo, nel
Prometeo Incatenato (vv. 723-725) accenna all’origine caucasica delle Amazzoni e
afferma che migreranno in Anatolia fondando la città di Themiskyra sul fiume
Termodonte (sull’attuale costa turca del Mar Nero). Erodoto (Storie, IV, 110-117) le
colloca, invece, in Scizia presso il fiume Tanai e, contrariamente a Eschilo, fornisce
un elaborato racconto della migrazione delle Amazzoni, sconfitte dai Greci,
dall’originale sede di Temiscira fino alla palude Meotide ove si sarebbero unite a un
gruppo di giovani maschi Sciti migrando, successivamente, assieme a costoro, in una
zona imprecisata lungo il corso del fiume Tanai. In quel luogo i loro figli avrebbero
dato origine a un unico popolo: gli auromati (Sarmati).
Ma la geografia amazzonica è complessa e contraddittoria anche se distribuita
prevalentemente sul versante orientale. Sul tema cfr Strabone, Geografia XII, 3, 21-
24.
vi
Diodoro Siculo, Biblioteca, II 45, 2.
Varie le fonti che narrano i costumi delle Amazzoni: Diodoro Siculo, Biblioteca, II
vii
45; Apollodoro, Biblioteca, II 5,9; Giustino Trogo, Storie Filippiche, II, 4, 12;
Filostrato, Eroico 57, 3-6; Strabone in Geografia XI. 5.1 racconta che le Amazzoni
erano solite compiere, ogni primavera, una visita nel territorio del popolo vicino dei
Gargareni, i quali si offrivano ritualmente per accoppiarsi con le donne guerriere
affinché potessero generare dei figli. L’incontro avveniva in segreto, nell’oscurità,
perché nessuno dei due amanti potesse conoscere l’identità dell’altro. Le femmine
nate da questi brevi incontri erano destinate a divenire Amazzoni, i maschi venivano
restituiti ai padri. In questo modo la popolazione delle donne guerriere poteva
aumentare anche senza la presenza costante di individui di sesso maschile. Secondo
Plutarco la stagione degli accoppiamenti durava due mesi, ogni anno. Poi le
Amazzoni facevano ritorno nei loro territori (Vita di Pompeo 35, 3-4).
Solo per un inciso erudito e soprattutto per ricordare le sue doti di maga è doveroso
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segnalare che per lo storico Mirsilo (Myrs. FGrHist 477 fr. 1 (Schol. Ap. Rhod. I
609-10 Wendel; Antig. Hist. Mir. 118; Phot.-Suid. s.v. Lemnion kakon), la dysosmia
delle donne sarebbe dovuta a un incantesimo di Medea, che, stando a quella che
sembra la versione più antica del mito, era giunta a Lemno insieme agli Argonauti
sulla via del ritorno dalla Colchide (cfr. Pindaro, Pitiche, 4, 250-254).
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Soltanto Ipsipile non si rassegna a uccidere il padre e la notte del massacro lo
nasconde e lo salva spingendolo in mare in un’imbarcazione improvvisata
(Apollodoro, Biblioteca, I, 9, 17 e Igino, Miti, 15, Apollonio Rodio, Argonautiche, I,
609 ss.).
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Apollonio Rodio, Argonautiche, I, vv. 627-630.
xi
Ivi, I, vv. 634-636.
Eschilo, Supplici, v.9.
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Schol. , Nemee, X 10a; Apollodoro, Biblioteca, 2,1,5; Schol. D.Omero, Il. 4,171.
xv
Pindaro, Pitiche, IX, Pausania, III, 12, 2.
xvi
Schol. Euripide, Ecuba, v. 886.
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La tradizione che colloca le figlie di Danao negli Inferi e che parla di orci forati
affonda le radici in un tempo più lontano: una sua prima riproduzione iconografica è
stata, infatti, individuata in una hydrìa apula verosimilmente del 350 a.C. dove sono
raffigurate donne che versano acqua in un pìthos in un’ambientazione che sembra
essere quella infernale. Più tarda invece la tradizione letteraria, la cui prima
attestazione certa troviamo nell’Assioco pseudo platonico, di difficile datazione, forse
del I secolo a.C. dove si incontrano le «Danaidi che attingono l’acqua inesauribile»
(Pseudo Platone, Assioco 371e). È inoltre presente in Igino Miti, 168, Orazio, Odi,
III, 11, 30. Seppur tarda, tale tradizione è talmente consolidata che l’azione di
attingere acqua con un orcio bucato assume la forma di un proverbio.
Eschilo, Supplici, v. 760.
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Ivi, v. 1069.
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Ivi, v. 287.
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Anche un frammento di Melanippide (P.M.G 757) ci restituisce un ritratto
suggestivo di queste fanciulle:
οὐ γὰρ ἀνθρώπων φόρευν μορφάν ἐνεῖδος/ οὐδὲ τὰν αὐτὰν γυναικεὶαν ἔχον/, ἀλλ᾽ἐν
ἁρμάτεσσι διφρύχοις/ ἐσγυμνάζον᾽ ἂν εὐὴλι᾽/ἅλσέα πολλάκις/ θὴραις φρένα
τερπόμεναι, /<αἰ δ’> ἰερόδακρυν λὶβανον εὐώδεις/τε φοίνικας κασίαν τε ματεῦσαι,/
τέρενα Συρίας σπέρματα. («Non avevano sguardo né forma di uomini, né corpo
simile a donne:/ su carri da corsa nude s’addestravano lungo le selve, e spesso nelle
cacce/allietavano la mente o cercando la resina negli alberi di incenso e gli/odorosi
datteri o la cassia, i teneri semi di Siria»).
In tale contesto è doveroso ricordare anche la figura di Atalanta, figlia di Iasio e di
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