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Riassunti di E.

FAINI, Italica Gens, Memoria e immaginario politico dei cavalieri cittadini (secoli
XII-XII), viella, 2018.

Primo capitolo

IMMAGINARIO: parte della realtà che ha a che fare con ciò che è già costruito nella realtà. Si
fonda su rappresentazioni, prodotto ideologico, concetto dinamico.

Metafora dei SONNAMBULI→ i leaders del XII secolo vagavano come i sonnambuli perché non
sapevano di stare inventando i Comuni, ma avevano anche la consapevolezza di dove stavano
andando (in che direzioni).

XII-XIII sec→ milites (cavalieri cittadini) gruppo a capo della società.

Memoria collettiva: concetto di M. Halbwachs da cui si basano i concetti di

• memoria sociale, che diventa tale con la comunicazione


• cultura del ricordo, che stabilisce cosa ricordare e cosa no a livello sociale.

Memoria sociale: si divide in

• memoria comunicativa, cioà la memoria di passato recente, nella comunicazione orale.


• Memoria culturale, di un passato remoto con codificazione e contenuto mitico. È
intenzionale.

Nel XII e XIII secolo la memoria comunicativa dei milites si trasforma in memoria culturale e
diventa storiografia locale.

Dicta Testium→ verbali delle testimonianze rese in processo.


I dicta vengono utilizzati dalla storiografia come fonti primarie, però c’è un dibattito da parte di
alcuni storici che ritengono che i dicta non siano delle fonti molto attendibili, perché ci sono
differenze sostanziali in base alla classe sociale del testimone. Classe sociale bassa=differente
linguaggio e modo di pensare. Classe sociale alta=altro tipo di linguaggio e di racconto dei fatti.
Inoltre, nei processi avveniva quello che avviene anche oggi, cioè il testimone riferisce i fatti in
base ai propri ricordi, essi possono essere considerati delle verità assolute?
In più le testimonianze a volte venivano concordate prima di essere rilasciate, non raccontando la
verità o storpiandola. Da uno studio emerge che i milites erano i principali testimoni nei processi,
essendo interessati fortemente alla vita politica.

Annali cittadini: compilazioni relative alla storia urbana fino al primo Diecento.

La prima storiografia urbana era molto differente per estensione del testo, ricordi, elaborazione
retorica e motivazioni che spinsero gli autori a scrivere. Tuttavia, gli studiosi vedono una
caratteristica in comune: l’orgoglio civico. Soprattutto negli annali meridionali l’orgoglio civico era
la principale motivazioni che spinse gli autori e gli scrittori ad entrare in azione. Ciò non riguarda
solo il Medioevo ma anche opere recenti, come le Chronicon Beneventarum di Falcone e altri.

Honor civitatis: nuovo concetto derivante dal civismo e dall’orgoglio cittadino, il concetto viene
accresciuto dalla propaganda, le forme di comunicazione, il profilo degli autori, gli inserti
documentari che venivano ritoccati appunto per una questione di honor civitatis. Questo concetto è
ritenuto ciò che rompe il clichè del nord che riconosce solo la storia cittadina e il sud che si basa
sulla storia “statuale”. Secondo Johannes Bernwieser, l’honor civitatis va letto come figura della
collettività che pervade la cultura scritta del periodo storico di Federico Barbarossa (imperatore dei
Romani, re dei Romani e re d’Italia. Nasce nel 1122 e muore nel 1190).
Il capitale simbolico dato dalla memoria è alla base del revival della città negli ultimi secoli del
Medioevo.

Come nasce la storiografia locale? Gli studiosi hanno condotto i propri studi sulle causa scribendi,
cioè il motivo che ha spinto a scrivere e a creare la storiografia. Oltre al honor civitatis, la prima
caratteristica della storiografia è la scarsa presenza e riferimenti a valori nazionali e universali e la
debolezza della memoria per quanto riguarda il regno italiano. Questo vuoto determina la nascita
della storiografia locale. Per quanto riguarda i territori comunali, la storiografia viene fatta grazie
alla cronotassi formata da liste dei consoli e podestà, che si ricavano dagli annali cittadini.
La caratteristica universale della storiografia è quasi mai si trovano riferimenti a singoli personaggi
per tessere le loro lodi. C’erano opere pensate per l’educazione delle generazioni future, anche se la
biografia o l’autobiografia non sono generi che compaiono spesso. Addirittura in molti esempi le
personalità importanti per la società vengono ridimensionate. Per esempio, del Barbarossa si
ricordano solo gli aspetti funzionali alle singole cittadinanze.

Il profilo degli scrittori: all’inizio dell’era comunale, chi metteva per iscritto erano sia chierici al
servizio dei monasteri, ma soprattutto laici avvocati o scrittori che erano coinvolti nel governo
locale.
Figura del notaio-cronista, io quale sviluppa la laicità e la diffusione del sapere sociale attraverso la
scrittura.
Questa figura diminuisce la propria importanza invece nell’era tardo-comunale, questo perché gli
scritti di origine privata venivano poco diffusi e poco conservati. In questo periodo (XII-XIV sec) la
storiografia si divide in quella ecclesiastica, ufficiale (tipo propaganda) e quella laica molto più
nascosta.
Il modello della cronaca mendicante è quello che prevale nell’età tardo-comunale, che mette in
ombra il periodo precedente dell’autogoverno cittadino. La storiografia laica ha un grande peso,
infatti narra di avvenimenti sconosciuti alle versioni ufficiali degli ecclesiastici ed è molto precisa
nel rappresentare i dati.
In pratica, c’è una storiografia propagandistica, ed una messa in ombra, che torna poi a smentire le
idee ecclesiastiche ufficiali quando l’era dei Comuni viene meno.

Gli studiosi arrivano alla conclusione che la figura del notaio-cronista in realtà era una figura che a
livello storiografico appariva negativa. Questo perché le sue scritture si basavano per la maggior
parte su cronaca autentica, e non sulla cronaca con documenti.

Cenni della storia del Comune di Genova

Con lo spostamento prima dell’anno 1000 di moltissimi dalle campagne alle città, Genova decide di
istituire una specie di consorzio chiamato la Compagna, che all’inizio non aveva una adesione
obbligatoria dei cittadini “boni homines” della città, successivamente diventa una adesione
obbligatoria. Siamo nel 945, anno di fondazione.

A quel tempo il Vescovo Teodolfo aveva diviso i cittadini di Genova in habitatores, cioè gli uomini
che non vivevano secondo buona abitudine e non finanziavano il governo della città, e i boni
homines, cioè coloro che finanziavano la flotta della città e contribuivano. Gli habitatores non erano
degni di fare parte della Compagna.
Rapporto con Pisa→ Genova e Pisa, tra il 1000 e il 1200 erano i detentori del potere mercantile sul
Mediterraneo. Entrambi volevano debellare la pirateria saracena. Quando Pisa tenta di insediare la
Corsica, di proprietà di Genova, inizia la lite e Pisa diventa la maggiore rivale di Genova.
Genova partecipa alle crociate, per liberare la Terra Santa dai seguaci di Meometto. Durante le tre
crociate a cui la città partecipò spicca la figura di Guglielmo Embriaco, che guiderà tutte e tre le
crociate. La seconda fu indetta da papa Urbano II per liberare la Terrasanta dai Turchi.

La storia degli annales, concordano gli studiosi, ha breve termine. La cause scribendi non è quella
di recuperare un passato ormai perduto, o quello di eìargomentare e criticare il passato. Si
raccontano gli avvenimenti per una “politica del ricordo”, per giustificare le azioni del Barbarossa.
Per quanto riguarda la storia dei Comuni di Genova e di Pisa, vengono adottati due testi che
vengono poi considerati quelli storiografici ufficiali già all’epoca.
Per Genova, il testo di Caffaro, che racconta una crisi: la rivalità contro Pisa e la fondazione del
Comune in questione. Il testo sembrava essere facilmente utilizzabile come ufficiale dagli
ecclesiastici, che volevano portare avanti la propria propaganda. Il testo viene definito da uno
studioso tedesco politisches Handbuch. Al suo interno c’era anche una visione ante litteram del
regime del Comune, con basi politico-giuridiche.

Per quanto riguarda Pisa, l’ Annales Pisani di Bernardo Marangoni, considerato un manuale di storia
ad uso dell’elite comunale e della classe dirigente. Il testo fu scritto in concomitanza con una crisi,
per smorzare le polemiche a livello di popolazione e per propaganda. Anche in questo caso, i
protagonisti della visioni politica all’inizio dell’età comunale erano gli ecclesiastici, che si
attaccarono al discorso delle crociate e delle azioni contro i Saraceni da parte di Pisa.

La politica dell’oblio→ oltre alla damnatio memoriae, cioè la rimozione dalla cultura del ricordo di
interi avvenimenti e delle prove di essi, esiste un’altra forma di cancellazione di fatti scomodi, la
damnatio in memoria. Questa pratica veniva utilizzata nel Medioevo quando risultava difficile
cancellare del tutto un avvenimento dalle menti della popolazione. Consisteva nel modificare il
senso dell’avvenimento per darne un concetto negativo e di ripulsione da parte della gente. Era una
politica dell’oblio che arrivava dal gruppo dirigente per controllare il passato e le masse.

Tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, la storiografia cambiò, pur continuando ad esistere i
notai. Il mito entra a far parte della storiografia, per due motivi

• il passato era privo di ricordi storici.


• La connotazione politica che acquisiva il passato.

Anche se il mito contaminava la memoria e la storiografia, questo non vuol dire che sia
completamente falsa o da non considerare.

La nuova storiografia, scritta da nuovi scrittori nel Duecento (provenienti da segmenti della società
rimasti ai margini), coincide con il tramonto della militia. Ne parla Rolandino da Padova, nel nel
Cento del cigno dei cavalieri cittadini, il quale menzione i tempi andati, rendendo consapevolezza
che un’altra epoca stava per iniziare.

Secondo capitolo

- Nella cultura degli annalisti

Esempio della Historia Mediolanensis di Landolfo di San Paolo. Egli era un personaggio facente
parte del clero, il quale fu allontanato dalla chiesa di San Paolo in Compito e non potè più usufruire
dai diritti del clero minore e delle prebende. Egli fece una lunga lotta per riavere i suoi diritti e ne
parla nell’opera, che viene considerata una importante testimonianza sia per il periodo descritto,
periodo di cambiamento e rivoluzione per la lotta alle investiture e per il linguaggio innovativo
utilizzato.

Con la fine della lotta alle investiture si inaugura un nuovo modo di pensare derivante dal fatto che
la lotta alle investiture aveva creato una rete di controversie dovute ad ingiustizie subite che
volevano essere risolte e discusse. Da questo periodo (1073-1122) hanno inizio le testimonianze
date dal legame tra la storia e la giustizia. Vengono ricordati i torti subiti, disposti e catalogati in
ordine e con le responsabilità derivanti da opinioni contemporanee è un’opera di ricerca storica oltre
che di giustizia.

Nel XII secolo i laici scrittori storici erano sopratutto notai e giudici. Gli anni 60 e 70 del XII secolo
è il periodo che vede i giudici figure importanti per la storiografia.

Figura di Caffaro, personaggio che frequentava molto i tribunali pur non essendo giudice. Era uno
scriba. È famoso per la sua opera degli annali che trascriveva testi e testimonianze, aggiungendo i
documenti notarili. Questa opera fu vista e autenticata da un giudice. Per cui è una testimonianza
storica importantissima.

Nel corso del XII secolo la figura del notaio, che doveva sostenere il praticantato, si allontana dalla
figura del giudice. Entrambe le figure erano formate nella grammatica e retorica e nel sistema
giudiziario. Cambia lo stile delle opere, anche nel XIII secolo, in cui facciamo una distinzione tra
opere classiche e opere di giudici e notai.

Nell’Italia centro-settentrionale lo stile è ancora diverso, essendo un periodo di alfabetizzazione, lo


stile diventa molto più pratico, con opere in prosa ,si fanno meno riferimenti alle opere classiche.
Questo anche nei lavori di Caffaro.
La politica gioca un ruolo fondamentale nella storiografia di questo periodo, perché si allargano i
fruitori delle opere e gli spazi politici cambiano. Dalla figura unica del console si passa a spazi
politici più ampi e una forma diversa di dibattito.

La figura di giudice viene presentata nel libro come conoscitore delle leggi, ma di fatto è il sovrano
a stabilire le sentenze. Il Barbarossa viene da alcuni scrittori del tempo considerato “misericordioso
e pio”, viene riconosciuto come sovrano giusto e giudice di fatto.
Anche se in alcuni episodi il sovrano ha dimostrato di prendere decisioni a caldo, senza pensare alle
conseguenze. È il caso della diatriba tra Milano e Lodi e del mercato sottratto a quest’ultima. Dopo
aver ricevuto una lettera in cui si chiedeva di convincere i milanesi a restituire il mercato,
Barbarossa risponde alla lettera e decide a caldo di giustiziare due prigionieri, scatenando le ire
della città, causando poi altri morti. Alla fine Federico riesce a mediare e si guadagna l’appellativo
di “fonte di misericordia”.

La maggiore qualità che rende il sovrano un giudice è la capacità di decidere con la curia quale sarà
la prossima mossa politica.
La distruzione di Milano del 1192 è stata una decisione presa con tutte le città lombarde (Lodi,
Como, Pavia e Cremona), le quali mosse dall’odio decidono per la sua distruzione. Barbarossa
rimane fermo sulla sua decisione, e respinge tutte le preghiere e le lettere di supplica che riceve.
In conclusione: la capacità del sovrano si misura dalla sua abilità nel fare il giudice.

La seconda dieta di Roncaglia viene considerata una grande assemblea giudiziaria. Essa ha luogo a
Roncaglia nel 1152, Barbarossa convoca tutti gli esponenti delle città e della nobiltà feudale, gli
ecclesiastici e alcuni esperti di diritto. Questa convocazione plateale di giuristi ed esperti di diritto è
una novità. Molti scrittori e storici hanno tirato le conclusioni di un aspetto della novità riguardante
una ricerca di maggior fiducia per il sovrano, essendo una modalità che troviamo solo in Italia.

Per quanto riguarda il nipote del Barbarossa, Federico II le cose erano già cambiate (sono passate
due generazioni). Mentre prima il sovrano era pio e misericordioso, adesso il sovrano viene definito
come un “accaparratore di tesori” e viene visto non come un potere superiore ma come un potere tra
i poteri. Questo è simbolo di un cambiamento di era.

La grammatica dei dibattiti pubblici: viene presa in esame la testimonianza descritta nel annale
riguardante il dibattito di fronte a Callisto II nel 1196, che descrive da testimone diretto il dibattito
politico riguardante la diatriba della Corsica, tra pisani e genovesi che se la contendono. In
particolare, si parla del primo concilio lateranense, in cui l’arcivescovo di Ravenna venne incaricato
di riferire al Papa la sentenza dell’assemblea dei prelati.
Viene descritta una strategia di emissione di sentenza non dichiarata, in cui viene dato il consiglio al
Papa di far smettere l’arcivescovo di Pisa nella consacrazione della Corsica. Un parere avente
significato di sentenza, ma non una vera e propria querela.
In secondo vluogo viene descritto l’episodio della rivolta del clero chiamata dall’arcivescovo di
Pisa che si alza e incita vescovi, arcivescovi, abati e cardinali.
Nei dibattiti politici ovviamente molto rilievo veniva rappresentato dalla figura del sovrano o di una
sua figura di rappresentanza, che in questo caso era Oberto Spinola. Viene dato un esempio di
ribellione dialettica verso l’imperatore da parte di Oberto. Esso rivendica il diritto di mantenere la
Sardegna e convince il Barbarossa, che cambia idea e afferma di voler rispettare i diritti di tutti, sia
dei genovesi che dei pisani.
Per rivendicare la Sardegna, i pisani offrono di estinguere di tasca loro il debito dell’isola verso
Genova, affermando però che volevano sapere la somma esatta del debito. Questa affermazione
spinge i genovesi ad una tattica retorica, mostrandosi subito aggressivi definendo gli avversari
“mentitori”.

Con Federico II imperatore, chi raccontava gli annali e i dibattimenti politici erano Maurisio e
Codagnello. I dibattiti sono spesso presentati in discorsi indiretto, con pochi dialoghi diretti. Questo
elemento diminuisce l’autenticità dei testi e le descrizioni dai dibattiti sono meno ricchi di
particolari. Perché questo cambiamento? Il Barbarossa fu molto assente dalla vita politica
nell’ultimo periodo di vita, inoltre il suo successore Enrico VI non fu da meno, per cui il dibattito
arrivò nelle mani di gruppi di dirigenti locali che agivano in totale autonomia. Di nuovo gli annali
che mantengono lo stile precedente sono quelli genovesi.

Il libro propone un annale che descrive un’assemblea del 1231 di Bologna, che serviva a
confermare il giuramento della lega lombarda (insieme di città della Lombardia, che combatterono
contro Federico Barbarossa e Federico II). Durante l’assemblea era chiaro l’intento di voler far
capitolare la precedente assemblea e giuramento voluti da Federico II. Egli si dimostra ostile e da
gli ordini senza voler discutere e senza sentire il parere degli altri, al contrario di Barbarossa.

Dal punto di vista dei toscani viene raccontata negli annali la tradizione di istituire le assemblee a
Roncaglia, come sempre è stato fatto. Si parla degli anni 70 del secolo XII ed esse avvenivano in
presenza di un rappresentante dell’imperatore. Le assemblee venivano istituite sopratutto per
l’honor delle città, essendo ancora fondamentali per determinare il potere dei comuni.

Nel XIII secolo invece le diete a San Genesio scompaiono e non se ne fa più menzione, inoltre
scompare anche la figura dello iudex e l’imperatore non funge più da pensiero sopra le parti ma i
dibattiti diventano diretti da comune a comune. In particolare, nell’era di Federico II le assemlbee
erano costituite da podestà e presenze amiche, con personale specializzato. Questo fino alla morte di
Enrico VI. Viene riportato l’episodio del 1220 in cui Pisani e Fiorentini si azzuffarono prima
dell’incoronazione di Federico II. Qui il dibattito era formato solo da corrispondenze epistolari tra i
due comuni.
Rolandino riporta che gli unici episodi somiglianti alle diete di Barbarossa riguardano gli arenghi,
cioè assemblee cittadine dove si effettuavano dei monologhi forbiti e senza la figura dello iudex,
nessuno oratio recta e nessuna abilità oratoria.
Inoltre, Rolando riferisce di una grande assemblea che fu indetta in occasione della scomunica di
Gregorio IX nel 1239. in questa occasione ci fu un dibattito atto ad impedire il provvedimento. In
questo caso l’imperatore oltre a non essere giudice supremo, diventa addirittura l’accusato. A questo
punto la sovranità viene concepita in modo diverso da prima.
I dibattiti avvenivano in forma epistolare o nei consigli cittadini e i comuni si ritrovarono a
combattersi l’uno contro l’altro, facendo diventare le questioni puramente militari, senza giudice
imparziale.

Libellus: carta di querela utilizzata nel Medioevo, soprattutto nel XII secolo, in cui il querelante
forniva una propria difesa di parte. Essa poteva essere persuasiva o ironica.
La prima fase delle lettera era una serie si ingiuri e torti subiti, successivamente si invoca il potere a
cui si vuole fare appello, poi si scriveva a proposito delle ingiurie ricevute dall’avversario e infine si
conclude con la petitio, un’altra invocazione alla giustizia. Il linguaggio era quello giudiziario, che
fin dall’Antichità veniva utilizzato in queste occasioni, è lo stesso linguaggio che si è mantenuto in
epoca medievale.

Historia custodum: una cronaca scritta da Landolfo che denuncia, querela dei furti avvenuti nella
chiesa di Santo Stefano. L’opera comincia con una invocazione alla Trinità, elemento assai strano
per il genere di riferimento. In questa opera, studiata dagli storici tedeschi, si mantiene la valenza
storiografica, però con un linguaggio pieno di sottintesi, allusioni tipici dei giochi letterari.

Narratio de Longobardie obpressione et subiectione: opera degli anni 60 del XII secolo, scritta da
un cittadino laico di Milano e narrante la storia e le disavventure della città durante e subito dopo la
seconda spedizione italiana di Barbarossa. L’intento è quello di elencare le malefatte di Federico
l’imperatore contro la città di Milano e racconta con particolari e dettagli originali e inediti.
Quest’opera venne ripresa da Codagnello, che la utilizzò nel suo esordio. L’opera viene ripresentata
con il nome di libellus, dettaglio pensato e interpretato dagli studiosi come una accusa velata.
Nell’elenco delle “accuse” all’imperatore alcune sono evidenti ed altre sembrano innocue. In quel
periodo le querele venivano identificate come ordine iudiciarii, cioè istruzioni su come si deve
articolare un processo.

Memoriale delle offese di Siena: di Giudo Guicciardini da Bologna (1223). Opera scritta per conto
del podestà, che elenca tutti i torti subito dalla città di Siena, da parte del podestà. Siena veniva
accusata di non dare ai buoni e ai cattivi ciò che si meritano. È un vero e proprio elenco che spiega
l’utilità della memoria e ha valore storiografico e storico.

Conclusioni del secondo capitolo

dopo Barbarossa le città comunali iniziano a dimostrare sempre meno interesse per la figura
dell’Imperatore, che a sua volta comincia a vacillare dal punto di vista politico e dell’autorità.
Cambiano i dibattiti politici, le diete e le assemblee cittadine iniziano a crollare e a non essere più
praticate. Forse uno dei motivi è anche la difficoltà che ebbe Federico II nel diventare giudice pio e
misericordioso come il suo predecessore.
Quali sono i motivi dell’adozione di un linguaggio giuridico e dell’evocazione del contesto legale?
Di sicuro c’erano dei motivi comunicativi precisi. Per prima cosa, i documenti dovevano essere
lasciati e tramandati ai posteri, per tramandare il senso di honor cittadino e risultare una storia utile.
Inoltre, il linguaggio si faceva anche più formale per denunce pungenti o con intento sarcastico.
Terzo capitolo

Lo spazio politico: secondo due studiosi, Ciccaglioni e Zorzi, lo spazio politico non era un’area
geografica, ma lo spazio in cui vari oggetti interagiscono. Si parla di individui, gruppi sociali,
istituzioni formali, informali, linguaggi e discorsi. È il contenitore politico con una accezione
estensiva. Zorzi ha proposto di individuare come spazio politico la civitas medievale, non il
comune. Nello spazio politico gli attori agivano per perseguire i propri obiettivi. Il considerare la
civitas uno spazio politico significava porre i comuni in un punto di vista cronologico molto ampio:
prima, durante e dopo l’era effettiva dei comuni.
Inoltre, in questo modo l’intero ambito cittadino diventa teatro politico, non solo l’amministrazione
dei comuni.
Parlando delle città, essere erano formate dal rapporto tra contado e città, ma anche tra la città ed
altri centri, sopratutto durante le guerre o tipi di relazione commerciale.

Differenza tra Lombardia→ spazio circa della regione attuale


e Longobardia→ la regione che comprendeva l’intera Italia settentrionale.
La Lombardia si collocava come coordinatrice di tutte le forze comunali, mentre Milano era vicaria
del sovrano, quando non si sostituiva ad esso.

Rahewino descrive una dieta di Roncaglia: avviene in un campo circoscritto, sulle rive del fiume
Po. A questa dieta erano presenti tutti i popoli, il sovrano e i rappresentanti del clero (vescovi e
arcivescovo). Intorno al campo, c’era moltissimo personale ausiliario formato da mercanti e
artigiani che avrebbero dovuto soddisfare tutte le richieste delle persone illustri presenti, che quindi
avevano pretese molto grandi. Il narratore descrive anche la costruzione di un ponte che andava da
un argine all’altro del Po, per collegare i popoli che vivevano da una parte con quelle dell’altra. Le
città erano molto distaccate tra loro in termini di politica e amministrazione, ognuna aveva la sua
fama. Questo è anche dimostrato dal fatto che la Toscana e la Lombardia avevano due luoghi
differenti per proclamare le proprie diete.

Come veniva vista Milano→ era una città descritta come molto potente, che era in grado di decidere
quale sovrano era adatto e di cacciare quelli di troppo. Questo pensiero viene riportato dalla voce di
una persona del tempo, segno che la potenza della città era un’idea locale.
Milano fece guerra a Lodi e Como.

Testi avversi a Milano:


• Carmen de gestis Frederici I in Lombardia→ descrizione della potenza e l’importanza di
Milano, descritta come città che prendeva decisioni riguardo ai sovrani. Inoltre, alcuni versi
rivendicano la sovranità della città sul Regnum Italicum, descritta come sede amatissima dai
re, poco prima della distruzione da parte di Barbarossa (1162).
• Carmen de distructione civitatis Mediolanensis→ un immaginario viaggiatore interroga le
rovine della città dopo la sua distruzione. In quest’opera Milano si ribella contro i vicini, i
quali erano invidiosi e senza difese.
• Narratio de Longobardia obpressione et subiectione→ qui si descrivono le vessazioni verso
Milano che le città vicine hanno inflitto, fino alla sua distruzione. Si parla di Franchi,
Tedeschi, Vandali, Goti e Longobardi.
• Libellus de situ urbis Mediolani→ descrizione da parte di Landolfo di San Paolo di una
assemblea tenuta nel 1117, con la presenza sia di laici che di ecclesiastici. È un esempio
della potenza di Milano perché vengono riunite molte città lombarde, senza il sovrano.
• Liber Cumanus→ negli anni 20-30 del XII secolo. Si descrive la conquista di Como e la
guerra decennale del 1127. Abbiamo un elenco molto esteso di alleati che hanno partecipato
alla guerra contro Como. Questo elenco parrebbe non essere affidabile, anche se delinea
perfettamente lo spazio geografico-politico del periodo. Soprattutto per la distinzione tra
l’asse Bologna-Mantova-Verona e Novara-Vercelli dall’altra parte.
L’autore descrive l’immaginario politico che Milano aveva su di sé stessa. Molte città
seguirono Milano, altre vennero chiamate da essa. Viene anche chiesto alla città di Lodi di
combattere per Milano, essendo la città in debito con Lodi per averle fatto guerra in
precedenza.

Concetti di geografia politica: ci sono molte versioni da diversi autori riguardo agli spazi politici
dell’Italia nel XII-XIII secolo. Sicuramente spicca l’importanza della Toscana e del settentrione.
Questo deriva dal fatto che gli autori parlano delle aree geografiche riferendosi alle due potenze
come città alleate, mentre in alcuni casi descrivono singole città come potenze autonome.
Inoltre, la Lombardia si divide sempre tra la concezione di regione piccolissima e la Longobardia,
corrispondente con tutta l’Italia, quindi concezione grandissima.
Un altro elemento da considerare è il ruolo di Milano, che si contrappone al sovrano e sembra tirare
le file dell’intero sistema geografico-politico del tempo.
Molti autori scrivono in base alla loro concezione personale. Questo porta per esempio Vincenzo a
scrivere della Romania. Oppure porta Ottone Morena a descrivere le diete di Roncaglia come
piccole e a cui partecipavano solo i rappresentanti del nord. Questo concetto ha messo in crisi gli
storiografi, che hanno cominciato ad ipotizzare che molte opere descrivessero in maniera arbitraria
le diete, magari guidati dalle proprie convinzioni politiche o dai propri interessi. Infine, alcuni
elenchi di territori sembrano seguire un ragionamento per ordine di importanza, per cui le regioni
della Toscana vengono citate insieme come una forza unica, mentre altre città vengono elencate una
ad una, essendo meno potenti e importanti.

Osservare il conflitto

I conflitti interni alle città erano molto diffusi, ma ci sono degli esempi di cronaca che non
corrispondono al vero per come sono presentati: annali di Codagnello→ esempio dell’episodio dello
scontro tra populus e milites, scontro perfettamente raccontato, con un testo con inizio, svolgimento
e fine che però non racconta il vero e finisce con la pace concordata da entrambi.
Annales di Sicardo → era il Vescovo scelto da Innocenzo III come suo legato per la Lombardia. Nel
1209 le due parti della città di Cremona in conflitto nominano un proprio podestà e si amministrano
autonomamente, il che per merito di Sicardo, il quale scrive da solo le sue lodi.
Questi due esempi dimostrano la difficoltà nel parlare dell’argomento basandosi solo sulla
storiografia locale. Bisogna osservare più attentamente le vicende tra città e con il sovrano ma
affidandosi ai racconti di estranei.

La diplomazia dei cavalieri-cittadini: i conflitti venivano discussi nelle diete, l’analisi della
storiografia dei secoli XII-XIII arrivano alla conclusione che tra le parti ci fossero delle regole di
diplomazia. Gli incontri diplomatici erano come dei grandi tribunali, dove si discutevano fatti
politici di grande rilievo. Alcune diete prevedevano una sessione privata e una sessione pubblica.
Inoltre, le missioni diplomatiche potevano cambiare mandato nel caso in cui fosse cambiata
l’amministrazione politica, visto che era un cambio repentino.
Nel secolo XII sono scarse le storiografia riguardanti questo argomento, successivamente
aumentano perché aumenta la complessità della società più stratificata. Già alla metà del secolo
però si poneva il problema della rappresentanza come riflesso del carattere composito della società
contadina.
Gli scrittori spesso sono troppo di parte, per loro chi ha sbagliato sono sempre gli altri, che sono
spesso accusati di tradimento. Gli altri non sono autorizzati a rappresentare nessun altro che sé
stessi. La causa scribendi delle cronache locali era quella di raccontare le crisi in maniera artificiosa
e reticente.
Esempio di Ottone di Frisinga, il De Ruina→ Ottone ra lo zio del Barbarossa, un chierico filo-
imperiale per questa parentela con l’imperatore. Nella sua opera, egli fa riferimento alle vicende che
hanno coinvolto la città di Tortona, messa sotto assedio perché alleata di Milano insieme a Pavia.
Lo scrittore invece di elogiare sé stessi e condannare i nemici racconta non solo che le iniziative di
assedio sono state prese senza interrogare i chierici o coinvolgerli, racconta anche dell’inganno
dell’imperatore che prima fa credere che da parte sua ci sia una volontà di pace e poi attacca la città.
I cittadini di Tortona vengono quindi ingannati dall’imperatore e si creano spaccature interne al
popolo.
Altri esempi di vicende che hanno creato discordie nel popolo:

• A Verona l’esercito di Federico viene aggredito sul ritorno in Germania nel 1155. la
popolazione viene mandata per discolparsi tramite il vescovo e due cavalieri-cittadini vicini
all’imperatore, che erano intervenuti per sedare la lotta con Verona. Il Vescovo prima di
accettare l’incarico di ambasciatore aveva indetto un’assemblea della cittadinanza. Le
cittadinanze potevano rivolgere a proprio vantaggio la disomogeneità interna.
• Esempio di Roma: all’assedio di Crema gli ambasciatori giungono in città e sostengono di
rappresentare la parte migliore della popolazione, affermazione che giunge dopo altri
conflitti interni corrispondenti all’incoronazione dell’Imperatore.
• Esempio dell’assedio di Milano, in cui i cittadini erano inizialmente indecisi se assecondare
o meno Barbarossa. Vengono mandati degli ambasciatori perfetti in quanto graditi sia
all’imperatore che ai cittadini di Milano, l’esito si rivolse ai cittadini.

Come erano formate le ambascerie? Avevano due ambasciatori, mai uno solo. Esistono dei casi in
cui si è fatta richiesta di una intercessione con l’imperatore che è stata rifiutata perché
l’ambasciatore non aveva il compagno. Inoltre, gli ambasciatori dovevano essere facoltosi, bravi nel
comunicare e in caso si andasse in Germania anche versatili nel sapere più lingue.

PISA: gli annali di Pisa si dividono per il linguaggio utilizzato→ Bernardo Marangone ha un
linguaggio prosaico semplice e chiaro per arrivare a più persone possibili, per divulgare la storia di
Pisa.
L’opera Liber Maiorichinus è un annale che riferisce della storia di Pisa ma con linguaggio molto
più forbito.
Salem fu un uomo molto facoltoso ma scrive con linguaggio semplice. Questo perché a Pisa era
molto importante l’honor, cioè il vanto delle proprie imprese e del proprio passato. Pisa aveva una
flotta e un arsenale molto valorosi e se ne faceva vanto. Però l’honor va anche considerato in
verticale, cioè dal punto di vista della qualità delle proprie imprese e del proprio spazio politico in
contrapposizione a quello degli altri. L’honor era un valore che ha portato ad una vera e propria
cultura del passato, con la conservazione e la messa in mostra di trofei in città e con la divulgazione
storiografica.
Liber Maiorichinus e carme che narra la storia della lotta di Al-Mahdia:
Le spedizioni sul Mediterraneo sono delle imprese che per i pisani hanno portato ricchezza e hanno
permesso la costruzione della cultura del passato. Pisa era una delle pochissime città ad avere una
marinerai efficiente, cosa che poneva un vantaggio. Inoltre, le lotte contro i musulmani senza honor
ponevano la città in una posizione di prestigio.
Perché si scriveva? Per trionfalismo (molte opere marinare) e le situazioni di crisi che spingevano la
classe dirigente alla cultura del passato.
Pisa era investita però da lotte interne, che non vengono menzionate per questione di perdita di
prestigio.
In queste due opere Pisa è sempre la più prestigiosa delle città e si prende tutti i meriti delle vittorie.
In realtà molte spedizioni erano state condivise anche con altre città.
Annales Pisani: raccontano la storia di Pisa anche come rivale, narra gli episodi con uno sguardo
molto più veritiero. Pisa e Genova sono i maggiori rivali per mare, negli annales pisani sono
menzionate entrambe, vengono descritte sia le vittorie di Pisa che le sconfitte. Tra la prima e la
seconda metà del XII secolo c’è un cambio di scenario, Genova e Pisa che avevano gli arsenali
maggiori erano le protagoniste.
Sulla terra invece ci si sposta su un territorio regionale, in quanto si fa riferimento all’imperatore
come principale interlocutore delle città, ma i rivali sono toscani. AMBIENTAZIONE
REGIONALE.
Componente immateriale dello spazio politico (in contrapposizione alle diete descritte nel cap.2)→
l’honor cittadino era ancora l’obiettivo dello spazio politico, ma anche la buona/cattiva fama.
Non erano solo le guerre a portare fama ma anche le imprese diplomatiche e il ruolo di mediatore
procurava fama. I piani erano molto in sintonia con il Barbarossa. Esempio dello spostamento dei
prigionieri pisani, di cui si citano nomi e cognomi, da parte dei lucchesi verso Genova: questo aveva
procurato cattiva fama ai lucchesi in tutte la Toscana (scrittore Bernardo Marangone). Lo scrittore
afferma che la Toscana era il luogo di contesa dell’honor, ma non parla delle posizioni che
godevano le varie città, come se questa fosse una concezione troppo vecchia x essere considerata
locale contemporanea.

La figura del marchese: la Tuscia (Toscana) nel X secolo era a metà tra il Regnum e i vari comitati.
In precedenza il marchese era la massima potenza a livello locale. A capo dei comitatus c’erano i
comites. Ciò è importante perché Marangone inserisce lo spazio politico nel mezzo di queste entità
politiche.
XI-XII sec: Tiscana sotto i Canossa-Lorenae tra le città toscane c’era un certo coordinamento

Matilde di Canossa→ fu contessa, duchessa, marchesa e vicaria imperiale di Toscana. Matilde fu


una potente feudataria e ardente sostenitrice del papato nella lotta delle investiture; personaggio di
assoluto primo piano, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontificio. Sotto il
suo comando il Dominio dei Canossa raggiunse la massima estensione.
Nel 1076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l'Emilia,
la Romagna e – come duchessa / marchesa – la Toscana, e che aveva il suo centro a Canossa,
nell'Appennino reggiano. (Matilde di Canossa – Wikipedia)
La Toscana in questo periodo sta sotto i Canossa-Lorena, quando sale al trono Enrico IV, la contessa
e il papa ebbero delle fratture nell’argomento della lotta alle investiture. Quando Matilde di Canossa
muore senza eredi, il ruolo del marchese viene meno.
Esempio di Historia Welforum Weingartensis, di un monaco dell’abbazia di Westgarten dedicato al
duce Guelfo VI: lo scrittore descrive tutte le forze politiche del tempo, evidenziando quanto la
Toscana fosse un’area molto unita.
Mito della fondazione di Pisa: Guido ne parla nel Liber Guidorum, riguarda la fine di Troia, in cui si
parla di Pisa nell’Etruria preromana, Pisa e altre città hanno inviato rinforzi a Troia. Pisa esisteva
già prima di Roma e si fa riferimento ad un contesto regionale corrispondente x territorio ma non
per città alla Toscana. Anche l’honor a questo punto ha origini antiche e mitiche e non è stato
inventato da Marangone.

FIRENZE: Gesta Florentinorum di Sanzanome, opera il cui intento era quello di riunire una società
profondmente spaccata al suo interno, nell’ambito della crisi cittadine dopo la guerra di Siena.
Rispetto agli annali pisani il linguaggio è molto più forbito e Firenze viene descritta nei suoi
maggiori trionfi, per risollevare il morale interno. I termini minor e maior sono fondamentali nel
testo. L’opera all’inizio ne contiene un’altra copiata ed è la fine del testo a fare la differenza
storiografica e la storia fiorentina.
Esempio della risposta alla richiesta di Arezzo verso i fiorentini la liberazione di Ranieri Ubertini,
signore fiorentino molto legato alla città. Sanzanome sfoggia le proprie conoscenza giuridiche
tramite due leggi, la prima riguardante l’esenzione del Re nel pagare le tasse, l’altra invitando il Re
a pagarle (dovrebbe pagarle). Sanzanome afferma che Arezzo è minore di Firenze e la città è come
il Re: dovrebbe pagare adempiere ai suoi doveri ma può anche non farlo. L’opera è stata scritta 70
anni dopo la vicenda, per cui è sicuramente l’opinione dell’autore stesso e va preso con le pinze.
La battaglia tra fiorentini e senesi è sempre stata presente nella storia di Firenze, con le contese del
castello Tornano in Chianti e di Montepulciano. I passi considerati sono sempre di Sanzanome e
aprono il dibattito sulla gerarchia presente nelle città. Firenze e Siena si contendono il potere
maggiore, mentre i Montapulcianesi ringraziano i fiorentini, perfettamente consapevoli di essere a
loro sottomessi anche gerarchicamente.
Altra nemica di Firenze: Pistoia → Sanzanome riporta una lettera inviata ai pistoiesi in cui subito si
capisce il pensiero che Firenze venga considerata maggiore rispetto a Pistoia, considerata appunto
minore. Altri testi però non la pensano così, come il Liber de regime civitatum, scritto molto vicino
nel tempo alle Gesta Florentinorum. Il tema delle battaglie del passato e dei riferimenti mitologici
accompagnano questa concezione di città superiore e inferiore.
Il maggior vanto della città di Firenze è la sconfitta di Fiesole, città dalla posizione vantagiosa, che
cadde in mano ai fiorentini. Molti scrissero dell’episodio, tra cui il testo della Chronica de origine,
che riconduce anche alla nascita di Firenze dal punto di vista mitologico, del tutto inventata. Si dice
che fu nelle zone assediate dai romani di Fiesole che nacque la Florentia.
Storia di Firenze e Fiesole: essa era in una posizione perfetta x l’assedio, che però ha successo solo
dopo il terzo tentativo.
FAENZA CONTRO RAVENNA: Chronicon Faventinum → scritto da Tolosano, diacono della città,
descrive la sua storia dalla sua fondazione romana all’età dello scrittore. Tuttavia, egli morì dopo
una paralisi nel 1226, per cui la fine del libro fu scritto da altri scrittori.
Il testo definisce lo spazio politico di Faenza, che aveva dei progetti ambiziosi. Essa è sempre stata
rivale di Ravenna, già dal XII secolo. Inoltre, la regione che venne chiamata Romagna, data la
devozione da parte dei romani era un’area tra le rivali di Faesnza.
Tolosano non tesse solo le lodi di Faenza, ma elogia anche Ravenna. Inoltre, si rifà a fonti esterne
parlando dell’origine mitologica della città di Ravenna.
Il testo racconta di una invidia sanguinosa da parte dei ravennati, costrinsero Faenza ad attaccare
per colpa della loro invidia. Tolosano racconta di alcuni episodi di scontro tra faentini e ravennati,
come lo scontro sul prato di Contra dove i ravennati si erano fermati x riposare dopo una battaglia e
i faenzani li presero di soprassalto e tagliarono loro le dita x prendersi gli anelli preziosi dei
ravennati. Nel testo compare il tema della gerarchia dei centri abitati. Lo spazio politico-
diplomatico di Faenza era quello regionale, essi infatti poterono godere dell’alleanza del conte
Guido Guerra II, proprietario terriero molto amato in Romagna e Toscana. Esso fu anche il
protagonista della più grande umiliazione dell’honor che vissero i ravennati. Nel 1124 invasero e
conquistarono il castello Cunio, costringendo alla ritirata dei ravennati che si trovavano all’interno,
costretti ad andarsene dai metodi utilizzati dal conte Guido Guerra e dai faentini per recuperare il
castello. Durante l’assedio morì un personaggio importante per la società di Ravenna, e la
popolazione decise di fare vendetta.
Altri passi del Chronicon: è sempre Ravenna a convincere i fantini ad attaccare, anche con l’aiuto di
altri popoli alleati di Ravenna.
Descrizione di due battaglie tra Faenza e Ravenna: la prima nella seconda metà del XII secolo,
quando Ravenna attacca Faenza con l’aiuto di altre città ben fuori dal territorio regionale. Questo
dopo che Faenza ha agito contro di loro più volte. Nel brano presentato ci sono molti riferimenti a
poemi epici e l’episodio della battaglia viene raccontato mitologicamente. Questo episodio così
descritto evidenzia la volontà di Tolosano di descrivere la magnificenza di Faenza con scontri
gloriosi. Anche la descrizione in termini positivi di Ravenna all’inizio dell’opera ha questo scopo di
esaltare la bravura dei faentini nel sconfiggerla.
Battaglia di Varano del 1170: i ravennati combattono con l’aiuto dei forlivesi loro alleati→ lo
scrittore si immedesima nel nemico e descrive ciò che avrebbe potuto affermare davanti al proprio
popolo, come un’orazione politica. Perché? Questo metodo di scrittura era una figura retorica molto
impiegata e perché veniva utilizzata dagli allievi delle scuole di grammatica e retorica nel
Medioevo. Probabilmente ci si esercitava per educare i futuri politici del tempo. Lo scrittore fa
riferimento con sdegno alla morte degli illustri Pietro Duca e Guido Tarversari, i quali sono morti in
battaglia in circostanze violente (uno ammazzato o giustiziato, l’altro ucciso con una pietra). In
questo pezzo presentato a pag. 169 ci sono riferimenti importanti ad avvenimenti storici, scritti 80
anni dopo il loro compimento, questa è un’importante fonte storica.
ANCONA CONTRO CRISTIANO DI MAGONZA: l’opera analizzata fu scritta da Boncompagno
da Signa e si intitola Liber de obsidione Ancone, narra l’assedio della città, avvenuta quando
l’autore era un bambino. Si dice che ci siano state due versioni del testo, tutte redatte nell’anno
1201. inoltre, si dice che per la seconda versione Boncompagno avesse incaricato un collega di
leggere l’opera pubblicamente. Essendo queste informazioni derivanti direttamente dalla bocca
dell’autore non sono del tutto affidabili.
Nell’opera troviamo la descrizione delle doti di un personaggio Ugolino Gosia, protagonista delle
cronache, che viene presentato e prende vita. Utilizzando delle strategie di orazione politica,
l’autore da prova delle proprie doti sia di politico che di narratore. Cosa formava l’uomo di politica?
Sia le conoscenze di armi e battaglie, sia la retorica e l’arte della comunicazione. L’autore descrive
attraverso la storia gli impieghi della stessa. L’avvenimento storico dell’assedio viene raccontato
tramite l’esaltazione di Ugolino. Molti degli avvenimenti storici descritti erano già assolutamente
noti nella società in cui si scrive, erano già entrati nella memoria e nella cultura anconese.
Anche Boncompagno fa riferimento alla dimensione regionale e all’honor cittadino: rìsi racconta
dell’assedio capitanato da Cristiano di Magonza, lo spazio regionale viene comunicato nei discorsi
fatti pronunciare agli eroi del racconto o nelle opinioni dell’autore. Si vuole comunicare aspirazioni
e valori di una civitas italica sul finire del XII secolo. Ancona viene paragonata a Milano per
evidenziare l’invidia che i sudditi hanno verso di essa.
Infine, viene lodata l’organicità della società anconese e le sue disuguaglianze, come caratteristiche
per resistere all’assedio e a C. di Magonza.
Cristiano di Magonza: è stato un diplomatico e arcivescovo cattolico tedesco al servizio
dell'imperatore Federico I Barbarossa. Fu conte di Buch, arcivescovo di Magonza (1165–1183),
e cancelliere di Germania (1165–1183). (Cristiano di Magonza - Wikipedia).
LA LOMBARDIA PRIMA DEI LONGOBARDI: si parla di alcune opere e del motivo per cui sono
state scritte: cronaca favolosa di Codagnello→ opera che narra la storia della Lombardia (intesa
come l’insieme dei territori della Lega Lombarda del 1167) e della fondazione di Milano. In
particolare, tratta del regnante Breno, un Franco ricordato anche in altre opere, il quale era Re della
popolazione dei Galli oltre ad altre. Quando si decide di stanziarsi su un’area italiana, i Galli si
staccano dal dominio di Breno, nominano di loro spontanea volontà un nuovo re Bruniscendo e
decidono di chiamare il territorio Mediolanuginis, poi Milano. Si preparano anche ad un attacco da
parte di Brenno. Quest’opera prende spunto da altre fonti come la Historia Longobardorum di
Diacono, la Libellus de situ urbis Mediolani, la Narration de Longobardie obpressione et
subiectione. Queste opere fanno riferimento ai Galli nel popolo dominato da Breno.
Criticità: l’autore pone Breno come il cattivo e Bruniscendo come il salvatore e il fondatore di
Milano. In realtà nelle fonti da cui prende spunto il re Brenno non era un personaggio negativo.
Bruniscendo viene considerato l’erede del Barbarossa, vista la devozione dei milanesi per questo
sovrano.
La questione dei romani fondatori della città: lo storico Busch, critico dell’opera di Codagnello,
stabilisce che originariamente le fonti parlavano dell’importanza dei romani nella fondazione di
Milano, successivamente al tempo di Barbarossa i romani vengono visti come gli oppressori della
Lombardia e di Milano. Codagnello decide di risolvere il problema inserendo due tipologie diverse
di Galli: quelli Cisalpini (Lombardi) e quelli Transalpini (Longobardi, Ungari e Teutonici). I primi
venivano oppressi dai secondi. Il re Diocleziano, viene nominato a capo della oppressione dei Galli
Translapini da parte dei Lombardi.
Epilogo: concetto di libertà per i cavalieri cittadini. Esiste la libertà nel dichiarare e fare guerra,
esiste la libertà forte di parola. Esempio di una testimonianza derivante dalla Francia, quindi ben
fuori dai confini italici, di un fiammingo cavaliere cittadino che protesta contro il re. Questo brano
da lo spunto per parlare di libertà intesa come scarso controllo delle città, che si scontravano tra di
loro e raramente rispettavano i confini. Per cui ne deriva che erano anche liberi di dare un’opinione,
scavalcando le autorità. Si arriva a questo tramite il passaggio di controllo dall’imperatore ai
Comuni. Ci si prende alla fine la libertà di criticare un console o rispondere a tono ad autorità
amministrativa di altre regioni o città.

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