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soprattutto dalla fine del XII secolo, e poi in maniera più netta
dalla metà del XIII, la produzione storiografica e cronachi
viella
I libri di Viella
377
Scrivere storia nel medioevo
Regolamentazione delle forme
e delle pratiche nei secoli XII-XV
a cura di
Fulvio Delle Donne, Paolo Garbini, Marino Zabbia
viella
Copyright © 2021 Viella s.r.l.
Tutti i diritti riservati
Prima edizione: febbraio 2021
ISBN 978-88-3313-719-3
viella
libreria editrice
via delle Alpi, 32
I-00198 ROMA
tel. 06 84 17 758
fax 06 85 35 39 60
www.viella.it
Indice
Premessa 7
Sara Crea
La costruzione di una cronaca: Francesco Pipino e le sue fonti 171
Marek Thue Kretschmer
La Historia Romana e i marginalia del codice Vat. Lat. 1984 185
Francisco Bautista
Passato medievale e prassi storiografica moderna:
Jerónimo Zurita, fonti documentarie e tradizione umanistica 201
(2018), pp. 547-625, con interventi di Fulvio Delle Donne, Paolo Garbini
e Marino Zabbia (http://www.rmojs.unina.it/index.php/rm/issue/view/423);
e In presenza dell’autore. L’autorappresentazione come evoluzione della
storiografia professionale tra basso medioevo e Umanesimo, a cura di Ful-
vio Delle Donne, Napoli 2018 (Testi. Antichità, Medioevo e Umanesimo,
1), con interventi di Angela Brescia, Sara Crea, Fulvio Delle Donne, Paolo
Garbini, Mariarosa Libonati, Martina Pavoni e Marino Zabbia (http://www.
fedoabooks.unina.it/index.php/fedoapress/catalog/book/93).
La nostra riflessione è partita dalla constatazione che mancano, per
il mondo latino, trattati retorici antichi che insegnino come comporre un
testo storiografico. Se poche e scarne sono le definizioni date da Cicerone
(in particolare De legibus, I 5; De oratore, II 36; Fam., V 12) o Quintiliano
(in particolare Inst., X 1, 31), ancora più elusive sono le caratterizzazioni
dei magistri medievali, che solo molto cursoriamente – come fa ad esem-
pio Giovanni del Virgilio nella sua Ars dictaminis – associano la retorica
storiografica a quella del dictamen prosastico. Dunque, unica possibilità
per comprendere i termini della questione consiste nell’analisi attenta e
analitica del contenuto dei testi storiografici, in cui (soprattutto nelle parti
proemiali) gli autori spiegano l’intento che li ha guidati.
Incerta fu la definizione del “genere” fino all’età umanistica, quando
venne elaborata una specifica ars de historia conscribenda, che, facendo ri-
corso ai riscoperti modelli (sia retorico-precettivi che letterario-applicativi),
nonché alle regole oratorie della narratio (che, però, nei trattati di Cicerone
e nella Rhetorica ad Herennium era di ambito giudiziario) adattò la tecnica
espositiva al rinnovato senso etico della humanitas. Tuttavia, quella rivolu-
zione umanistica fu preannunciata da un lungo percorso in cui alcuni scrittori
rivelarono la propria auto-consapevolezza autoriale, ovvero la loro coscien-
za di aver scritto un’opera dotata di caratteri specifici: in questo contesto
spicca soprattutto la figura di Boncompagno da Signa (autore sia di rinomati
trattati retorici, sia di un’opera storiografica), quella del suo allievo Rolan-
dino da Padova, o, ancora, quella di Albertino Mussato, incoronato poeta et
historicus, a dimostrazione che, all’epoca, i due ambiti letterari non erano
così distanti come ci appaiono ora. L’individuazione e la definizione di que-
sta linea evolutiva è lo scopo del progetto proposto.
In effetti, soprattutto dalla fine del XII secolo, e poi in maniera più netta
dalla seconda metà del XIII secolo, si assiste a una sempre più intensa produ-
zione storiografica e cronachistica, risultato, allo stesso tempo, di molteplici
spinte: una progressiva acquisizione di auto-consapevolezza; una sempre più
Premessa 9
ste le linee evolutive che, tra fine XII e XV secolo, hanno consentito alla
figura dello storiografo l’acquisizione graduale di una caratterizzazione
“professionale”, facendolo diventare un “professionista della memoria”,
talvolta (soprattutto a partire dal XV secolo) anche stipendiato apposita-
mente. Certamente, ci furono gradazioni e sfumature che faranno senz’al-
tro dire a qualcuno che stiamo peccando di eccessive generalizzazioni. Lo
sappiamo bene e procediamo nella consapevolezza profonda che quelle li-
nee di tendenza non sono univoche, che sono ravvisabili già in precedenza,
e che la “professionalizzazione” in senso sociologico o weberiano è (alme-
no apparentemente) altra cosa. Ma con la convinzione altrettanto profonda
che nel flusso interrotto degli eventi è opportuno, se non utile, riconosce-
re dei punti di svolta sia pure ideali e proporre ipotesi interpretative, che
rompano, allo stesso tempo, la piattezza dell’osservazione indistinta e la
schematicità del mainstream dominante.
Lo sforzo qui compiuto è stato quello di provare a fare non ragionamenti
astratti, ispirati a modelli ermeneutici predefiniti (magari mal concepiti e
ancora peggio digeriti), ma di poggiare ogni riflessione sulla conoscenza
approfondita di testi e autori, e di far precedere ogni ipotesi di lettura da
un’accurata disamina storica, filologica e letteraria delle fonti: unica bus-
sola capace di orientare correttamente studi e interpretazioni. Sperando di
esserci riusciti, ringraziamo tutti gli autori di questo volume, che hanno
risposto con prontezza alle nostre sollecitazioni e hanno collaborato attiva-
mente alla realizzazione di un impegnativo progetto di ricerca e di studio.