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IL PARADOSSO DELL’ATTORE

Diderot

È una conversazione immaginaria tra due interlocutori per esprimere il parere di Diderot sul
ruolo dell'attore e su come sia il grande attore. Per lui un attore devi avere molta intelligenza,
essere un osservatore attento, freddo e calmo che abbia capacità di penetrazione è che sia
privo di sensibilità, che abbia capacità di imitare tutto o (ciò che è lo stesso) avere un identico
atteggiamento di fronte a ogni sorta di caratteri o ruoli. Diderot sostiene che l'attore non
dovrebbe recitare d’istinto. Se un attore recita d’istinto non può mantenere lo stesso trasporto
alla prima e alla quarta recita. Se invece copia rigorosamente se stesso o i propri studi potrà
rafforzare la recitazione. Spetta alla natura attribuire le qualità di un individuo, ma spetta allo
studio dei grandi modelli, alla conoscenza del cuore umano, alla frequentazione del mondo, al
lavoro assiduo, all'esperienza e alla pratica del teatro perfezionarsi. Come potrebbe la natura
senza l'arte formare il grande attore dal momento che sulla scena nulla accade secondo natura?
Di però parla inoltre dell'influenza negativa Che un collega mediocre ha su un attore eccellente
sostiene che quest'ultimo sebbene abbia una concezione elevata sia costretto a rinunciare al suo
modello ideale per mettersi al livello del collega con cui è in scena. Secondo Diderot due attori
che si sostengono a vicenda sono due personaggi i cui modelli hanno, in modo equilibrato, la
parità o la subordinazione richiesta dalle circostanze in cui il poeta li ha posti.
Il grande attore osserva i fenomeni, l’uomo sensibile gli serve da modello: egli lo studia, e quindi
scopre ciò che deve togliere o deve aggiungere per ottenere il meglio.
Soltanto l’uomo padrone di sé stesso , l’attore raro può abbandonare e riprendere con rapidità
un personaggio.
Un mezzo sicuro per recitare miseramente, meschinamente, e quello di dover recitare il proprio
carattere. se siete un tartufo, un avaro, un misantropo, lo reciterete bene, ma non farete nulla di
ciò che ha fatto il poeta, perché egli ha creato il Tartufo, L'Avaro è il Misantropo. Sono modelli
che sono stati creati dal poeta, basandosi su innumerevoli persone. I modelli possiedono i tratti
più generali e marcati ma non sono fedeli a nessuno degli uomini di riferimento, quindi nessuno
vi si può riconoscere. Le commedie brillanti e di carattere sono esagerate. La battuta da salotto è
una spuma leggera che sulla scena evapora, la battuta teatrale è un’arma tagliente che in società
ferirebbe. Verso individui immaginari non si ha il riguardo che è dovuto agli individui reali. Si
possono scrivere drammi satireschi su un tartufo,ma la commedia la si fa su Il Tartufo. La satira
colpisce un vizioso, la commedia colpisce un vizio.
Un grande attore è un uomo raro, raro quanto è forse più del gran poeta. colui che è in società si
propone di piacere a tutti, non è nulla, Non ha nulla che gli appartenga, che lo distingue, che
entusiasmi uni e a noi gli altri. parla sempre, e sempre bene, È un adulatore di professione, un
grande cortigiano, un grande attore. Un grande cortigiano, abituato fin dal primo respiro al ruolo
di una marionetta meravigliosa, assume ogni sorta di forme a seconda del filo che ha in mano il
suo padrone. Anche il grande attore è una marionetta meravigliosa, e il poeta ne tiene il filo
indicandole ha ogni riga la forma precisa che deve assumere.
Se vediamo così pochi grandi attori, è perché i genitori non destinano mai i figli al teatro, e
perché non vi si viene mai preparati con un'educazione iniziata in gioventù. Una compagnia di
attori non è mai, come dovrebbe accadere presso un popolo che attribuisce le giuste ricompense
alla funzione di parlare agli uomini radunatisi per venire istruiti, divertiti, corretti, una
corporazione formata, come tutte le altre comunità, da soggetti presi da tutte le famiglie della
società e spinti alla scena, da una scelta o da un inclinazione e con il consenso dei loro tutori
naturali.
Le immagini delle passioni a teatro sono soltanto ritratti eccessivi, grande caricature sottoposte a
regole convenzionali. Se si è se stessi per natura, si diventa un altro per imitazione. il vero talento
è quello di conoscere bene i sintomi esteriori dell'animo preso in prestito, di fare appello alle
sensazioni di coloro che ci ascoltano che ci vedono e di ingannarli con l'imitazione di questi
sintomi, con un’ imitazione che ingrandisce tutto nella loro mente e che diventa il loro metro di
giudizio, perché è impossibile apprezzare in un altro modo ciò che accade dentro di noi. colui che
conosce meglio e che rende più perfettamente questi segni esteriori, partendo dal modello
ideale meglio concepito, è dunque l'attore più grande.
Diderot teme che nel suo tempo si sia mescolato il tono della musa tragica con il linguaggio della
musica epica. Il verso alessandrino è troppo lungo È troppo Nobile per il dialogo. Il nostro
endecasillabo è troppo frivolo è troppo delicato.
Quando ho affermato che la sensibilità era la caratteristica della bontà d'animo e della
mediocrità del genio, ho fatto una confessione piuttosto inconsueta, perché se la natura
plasmato un Animo sensibile, Quello è il mio. l'uomo sensibile è troppo soggetto ai capricci del
suo diaframma per essere un grande re, un grande politico, un grande magistrato, un uomo
giusto, un profondo osservatore e quindi un sublime imitatore della natura, A meno che non
possa dimenticarsi, distogliersi da sé stesso, a meno che non sappia crearsi con una forte
immaginazione, e fissare attentamente con una memoria tenace, fantasmi che gli servono da
modelle, Ma allora non è più lui che agisce e lo spirito di un altro che lo domina.
La questione che Diderot et approfondisce è stata discussa In altri tempi da un mediocre
letterato Remond de Saint Albine e un grande attore Riccoboni.
C'è anche un attrice avesse ricevuto una sensibilità paragonabile a quella che l'arte portata al
suo estremo può simulare il teatro offre così tanti caratteri diversi dai Nita re e anche un solo
ruolo principale comporta così tanti aspetti discordanti che quella straordinaria strappalacrime,
incapace di recitare bene due ruoli diversi, emergerebbe appena in alcuni passi dello stesso
ruolo, sarebbe l'attrice più incostante, più limitata in più incapace che si possa immaginare. se
accadesse di tentare uno slancio, la sua sensibilità predominando non tarderebbe a ricondurla
alla mediocrità.
Essere sensibile è una cosa ma sentire è un'altra. La prima è una questione d'animo, la seconda
Gli attori del destino impressione nel pubblico non quando sono curiose, Ma quando recitano
bene il furoredi intelligenza. si può sentire intensamente non saper esprimere, ci si può
esprimere, da soli, in società, al L'angolo del focolare, leggendo, Recitando per pochi ascoltatori,
senza sapere esprimere nulla di valido a teatro, a teatro con ciò che chiamiamo sensibilità,
animo, passione, si può recitare bene uno o due tirate, Ma si ferisce in tutto il resto, abbracciare
l'intera estensione di un grande ruolo, combinare i chiaroscuri, i toni dolci e quelli lievi, apparire
coerente sia nei momenti tranquilli che in quelli agitati, essere versatile tagli, armonioso e
unitario nell'insieme, informarsi un sistema di declamazione caldo, capace addirittura di
riscattare le bizzarrie del poeta tutto è l'opera di una mente fredda, di un'intelligenza profonda,
di gusto squisito, di un'applicazione faticosa, di una lunga esperienza ed una tenacia di memoria
poco comune.
Per Diderot esistono tre modelli: l'uomo della natura, L'uomo del poeta è l'uomo dell'attore.
quello della natura è meno grande di quello del poeta, e il secondo sua volta meno grande di
quello del grande attore, che è il più esagerato di tutti.
Gli attori destano impressione nel pubblico non quando sono furiosi, ma quando recitano bene il
furore. nei Tribunali, nelle assemblee, in tutti i luoghi dove ci si vuole impadronire degli animi, si
finge ora la collera ora il timore, ora la pietà, per condurre gli altri a provare questi sentimenti.

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