I sei personaggi incarnano ognuno una visione diversa dello stesso dramma che ogni
personaggio vive con una “sua” verità inconciliabile con quella degli altri.
Questo è il dramma pirandelliano della solitudine e dell’incomunicabilità che viene
spiegato dal Padre quando, rivolgendosi al capocomico, gli dice: «ciascuno di noi –
veda – si crede “uno” ma non è vero: è “tanti” signore, “tanti” secondo tutte le
possibilità d’essere che sono in noi; “uno” con questo, “uno” con quello –
diversissimi! E con l’illusione d’esser sempre “uno per tutti” e sempre “quest’uno”
che ci crediamo in ogni nostro atto! Non è vero!».
In questo “teatro nel teatro” Pirandello non narra il dramma dei personaggi ma il loro
tentativo di trovare un autore che lo rappresenti. I sei personaggi sono diversi perché
ognuno di loro vive una parte diversa dello stesso dramma. Il Padre è distrutto dal
rimorso per le proprie colpe; la Figliastra, vittima del Padre si vuole vendicare
proprio rappresentandole e rendendole immortali sul palcoscenico. Il Figlio, sdegnato
con tutti, si sente estraneo alla famiglia. La Madre vive solo per le due creaturine
indifese che ha ai fianchi, le quali vivono anche loro un dramma che non si manifesta.
Nell’ultima parte dell’opera vi è una contrapposizione tra realtà e finzione espressa
per mezzo degli attori che, quando vedono il Giovinetto ferito, si dividono non
sapendo quale è la verità. L’ultima parte e anche surreale perché la Bambina, viva,
recita la propria morte. Sei personaggi in cerca d’autore è un testo teatrale, quindi
Pirandello non narra i fatti ma scrive le battute e le note sceniche; non vi è dunque
voce narrante e il testo è tutto in discorso diretto. L’opera pur essendo un atto unico è
spezzata in tre parti poiché la vicenda si svolge in tempo reale e i cambiamenti di
scena avvengono a sipario alzato; i fatti si svolgono in un pomeriggio e sono narrati
in ordine cronologico ma i personaggi rievocano ricordi passati.
E’ considerata l’opera principe del teatro pirandelliano. Tra l’altro ha avuto anche il
merito d’innovare la tecnica teatrale, quale illustre esempio di “teatro nel teatro” e di
abbattimento della “quarta parete” del palcoscenico, quella invisibile che separa la
scena dal pubblico. Il tema è quello, tipicamente pirandelliano, del contrasto tra la
vita e la “forma”, reso attraverso il contrasto fra i sei personaggi, usciti dalla penna
dell’autore, ma non realizzati in una forma organica e compiuta, e una compagnia di
comici invitati a interpretarli.
La celebre opera pirandelliana evidenzia l’impossibilità della realizzazione, in questa
nostra società, di persone autentiche. La contraddizione tra i personaggi, che si
sentono incompiuti e vogliono realizzarsi, e gli attori, che rappresentano il fluire della
vita, rende in modo quanto mai efficace, il dramma della vita umana, che è un
continuo volgersi di tragedie in commedie e viceversa. Questo proprio perché i
personaggi, che rappresentano i ruoli e le convenzioni sociali, non hanno una loro
consistenza autonoma, ma gli attori, cioè la vita, sono tali proprio in quanto danno un
volto ai personaggi stessi. E’ una contraddizione insanabile quella tra l’identità
immutabile dei personaggi, ma inconsistente, e la sempre diversa interpretazione che
possono darne gli attori, che rappresentano il fluire incessante della vita. E’ un
continuo gioco di finzione e realtà, un intercambiarsi dei ruoli, un volgersi della
tragedia in commedia, che rende il teatro pirandelliano un affascinante paradigma
della vita umana.
I sei personaggi sono misteriose creature che un bel giorno bussano alla porta di un
teatro nel quale una compagnia di attori, diretta da un Capocomico (che noi oggi
chiameremmo regista), sta provando una commedia. I sei chiedono loto attenzione e
la disponibilità a rappresentare sul palcoscenico la propria vicenda familiare. Rispetto
alle novelle (La tragedia di un personaggio), in cui già Pirandello aveva raffigurato il
motivo dei personaggi che si presentano all'autore per chiedergli udienza, questi sei
personaggi non sembrano evanescenti fantasmi della mente, ma assumono una
consistenza corporea. O almeno pare: l'ambiguità è una componente ineliminabile del
dramma.
Una didascalia, ossia un'indicazione dell'autore, prevede che i sei si presentino con
speciali maschere: le maschere dell'antico teatro greco, che fissavano il sentimento
fondamentale dei vari personaggi. Tale sentimento, prosegue la didascalia, è il
rimorso per il Padre, la vendetta per la Figliastra, lo sdegno per il Figlio, il dolore per
la Madre con fisse lagrime di cera nel livido delle occhiaje e lungo le gote. Dunque
non sono individui, ma tipi (non il signor tali, ma il Padre) senza volto né nome,
fissati per sempre nella loro sofferenza ancestrale. Rappresentare a teatro la loro
vicenda non potrà recare loro la purificazione (catarsi) che costituiva l'esito
dell'antica tragedia greca.
Può però alleviare il dolore, sfogandolo e mostrandolo al pubblico. Questo appare
ormai lo scopo dell'arte: se essa non può più fornire un messaggio per migliorare il
mondo, può però dare una testimonianza in cui tutti possiamo contemplare il nostro
dolore.
Luigi Pirandello con questo dramma teatrale,suddiviso in tre parti,ha voluto creare
un’opera di tipo completamente nuovo,alternativo e rivoluzionario.Il suo scopo era
fare capire al pubblico la difficoltà di un autore moderno ad esprimere la sua arte
vincolato da schemi e tradizioni ormai superate.La sua storia,basata su sui Personaggi
abbandonati dal proprio autore era fuori dagli schemi ed andava esposta in modo
completamente nuovo.
Purtroppo il pubblico del tempo non ha capito il suo genio e la profondità delle sue
teorie sul modo di fare arte.Non ha accettato l’intera impostazione dello spettacolo,a
partire da un inizio giudicato scandaloso,quasi offensivo.Mai uno spettatore è entrato
in sala trovando il sipario alzato,con un palcoscenico spoglio di scenari ed un
macchinista impegnato a fissare chiodi a forza di rumorosi colpi di martello.Ma la
vera novità per il pubblico era ciò che lo attendeva dopo:una vicenda assurda,surreale
e piuttosto complicata.Con quest’opera Pirandello ha voluto criticare le più affermate
regole sul modo di fare teatro,sconvolgendo le aspettative e le abitudini di un
pubblico che non ha capito.
Non c’è niente da dire:la lettura di “Sei Personaggi in cerca d’autore” non può fare
altro che affascinare.Il linguaggio utilizzato da Pirandello è un italiano moderno,che
rende la lettura veloce e scorrevole. Contribuisce a questo risultato il grandissimo
numero di dialoghi presenti,vista la natura teatrale dell’opera.Le lunghe e precise
descrizioni interrompono per un attimo il ritmo ma sono indispensabili.
Un difetto di quest’opera può essere considerata la difficoltà dei concetti espressi e la
grande confusione nei dialoghi dei Personaggi.Tutto ciò serve per esprimere le teorie
di Pirandello e per rappresentare al meglio i rapporti d’odio e di supremazia che
hanno i Personaggi tra loro.Devo anche ammettere che,pur avendo già letto l’inizio
dell’opera qualche anno fa e conoscendone vagamente la trama,ho dovuto
ricominciare la lettura tre volte,a causa di una lettura forse troppo distratta.Ma una
volta capita la vicenda e conosciuti i personaggi non si può fare a meno di vedere
come va a finire la storia,peraltro anche piuttosto breve.
L’incomunicabilità
L’arrivo sul palcoscenico dei sei personaggi, efficacissimo colpo di scena, rompe i
confini abituali tra arte e vita: scatenando l’incredulità e l’ironia della compagnia
teatrale i sei personaggi di fantasia rivendicano il diritto alla vita, che per loro
coincide con la rappresentazione della loro vicenda da parte degli attori.
Ma quando gli attori iniziano a recitare la parte dei personaggi, questi si lamentano di
non essere stati compresi, si offendono per gli scherni e l’incredulità degli attori
(«Non sono forse abituati lor signori a veder balzare vivi quassù, uno di fronte
all’altro, i personaggi creati da un autore?»), che reagiscono in modo infastidito e
permaloso.
Tale incomunicabilità si approfondisce nel seguito dell’opera, dividendo anche i sei
personaggi tra loro, e facendo fallire il tentativo di mettere in scena la storia della
lacerazione familiare.